Un pò9 di storia - Ordine degli Architetti di Padova

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Un pò9 di storia - Ordine degli Architetti di Padova
LA STORIA
"E una cosa divina. Divina e per ora inesprimibile.
Il momento in cui si lascia la terra è di una dolcezza infinita.
Si sente allora il nascere di una sensazione nuova "
Gabriele D'Annunzio - 1909
Premessa
Era il 4 febbraio 1935 quando venne inaugurata, dal Duca di Genova, la nuova aerostazione dell'Aeroporto
Giovanni Nicelli al Lido di Venezia, il secondo, per importanza, dopo quello di Roma. Proprio nello stesso
anno, il poeta aviatore francese Antoine de Saint-Exupéry tentava di battere il record di volo Parigi-Saigon.
L'impresa finì con un drammatico atterraggio sul deserto del Sinai, il poeta e il suo meccanico dopo alcuni
giorni furono trovati da un beduino: il clamore dell'onda lunga delle imprese aeronautiche non si era ancora
conclusa. Il pilota De Pinedo, nel 1925, percorse Asia-Australia-Giappone con ritorno a Roma comprendo
55.000 chilometri, per poi ammarare nel Tevere. Il volo Italia-Brasile del 1931, con al comando il generale
Balbo allora ministro dell'aeronautica, e la Crociera Aerea del Decennale Roma-Chicago-New York-Roma
del 1933, suscitarono non pochi entusiasmi e consensi. L'industria aeronautica e tutte le iniziative ad essa
legate furono utilizzate dal regime fascista per autoesaltarsi; la giovane industria, invece, riusciva a muoversi
con "ali proprie", e le geniali capacità di progettisti e piloti venivano riconosciute a livello mondiale. Ancora
oggi a Chicago esiste una "Balbo Avenue" a ricordo dell'epica trasvolata atlantica del 1933. Questo nuovo
clima agitava anche le arti figurative e, per primi, furono i futuristi a percepire le potenzialità di questo nuovo
mezzo di trasporto con il loro "Manifesto dell'Aeropittura" , nel quale si affermava che "ogni aeropittura
contiene il doppio movimento dell'aeroplano e della mano del pittore".
Questa nuova sensibilità per la macchina e per il moderno aveva già contaminato, oltre che le arti figurative,
anche l'architettura che ormai da anni si confrontava sui temi rivoluzionari proposti dalla nuova Architettura
Razionale. Il dibattito tra novecentisti (architetti di regime) e razionalisti (giovani architetti del Gruppo Sette e
poi del M.I.A.R.) aveva, anche se con difficoltà, sancito la fine della "dittatura della colonna" a favore di
nuove forme e, per dirla alla Piacentini, "La caratteristica fondamentale, quella che immediatamente e
profondamente differenza la nuovissima architettura da tutti gli ultimi tentativi di rinnovamento, è il
predominio dell'orizzontale [...] La linea orizzontale è dunque linea tipo, la linea forza [...] essa è la linea
regnante." Nel dibattito architettonico simili considerazioni del più impegnato architetto di regime potevano
sembrare di carattere riduttivo, quasi a trattare il caso con sufficienza; ben più profonde invece le
considerazioni di Massimo Bontempelli del 1933: "l'ammonimento gridato dall'architettura e dalla poesia edificare senza aggettivi, scrivere a pareti lisce - norma per tutta l'arte, anzi per il costume quotidiano".
L'Architettura Razionale non poteva essere ridotta a una formula, era necessariamente una questione più
articolata e contestualizzata e, se Pagano si concentrava solo sui singoli termini come Razionalismo,
Contemporaneità, Moralità, Mediterraneità, Le Corbusier nell'introduzione per il libro di Sartoris "Architettura
Razionale" cosi scriveva: "E un peccato mettere 'razionale' da un lato della barricata per poter lasciare a
colpo sicuro l'accademico' dall'altra parte. Si dice anche 'funzionale'. Per me, il termine 'architettura' ha
qualcosa di più magico che non il razionale o il funzionale, qualcosa che domina, che predomina, che
impone [...]". Le Corbusier voleva sottolineare come questa nuova spiritualità moralità, che travalicava
schemi e tendenze, fosse l'elemento caratterizzante di questa nuova architettura. Sembra allora che anche
gli edifici abbiano una morale, una morale che non riescono ad esprimere, in quanto non sono in grado di
dettare leggi, ma ci possono dare suggerimenti: sta a noi saperli leggere.
La nuova aerostazione
Tutto iniziò nel 1926, grazie alla lungimiranza e all'entusiasmo di un giovane imprenditore anconetano, il
ventiquattrenne ingegner Renato Morandi: a Venezia si inaugurava il primo aeroporto civile italiano, G.
Nicelli, quando nemmeno città come Roma e Milano possedevano ancora un aeroporto dedicato al traffico
commerciale. Lo scalo veneziano rimase poi per tutti gli anni trenta il secondo aeroporto italiano, superato
solo da quello romano del Littorio.
Nello stesso periodo, Morandi decideva di trasferire a Venezia la società anonima di Navigazione Aerea
Transadriatica, da lui stesso fondata; la società si proponeva di fornire servizi aerei ma, scegliendo come
base d'armamento il campo del Lido, riuscì a trasformarlo in breve nel principale polo di sviluppo
dell'aviazione civile terrestre in Italia. Mentre infatti tutte le altre iniziative nel campo delle linee aeree civili
operavano con idrovolanti ed erano basate quindi unicamente su idroscali, il campo d'aviazione veneziano
divenne, in effetti, il primo vero aeroporto terrestre dell'aviazione commerciale in Italia. Già prevista dall'ing.
Morandi nel 1929, la stazione passeggeri dell'aeroporto Nicelli venne completata nel febbraio 1935, dotando
così la città lagunare di una struttura moderna al passo con i tempi; l'avvenimento, a cui presenziarono
autorità civili e militari, fu descritto dalla stampa locale con particolare attenzione sia per la veste
architettonica dell'edificio, sia per l'importanza degli enti promotori quali l'Aeronautica Militare, la Compagnia
di Bandiera Ala Littoria, la Camera di Commercio di Venezia e la Provincia.
La stazione fu definita come la migliore d'Italia e la più moderna per la fornitura di servizi al volo e ai
passeggeri. L'intera operazione fu gestita dalla provincia di Venezia che, attraverso una convenzione con
l'amministrazione dell'Aeronautica, fece da "corpo commesse". Il 28 giugno 1934 la convenzione fu
approvata, e la spesa di 600.000 lire per costruire l'aerostazione fu così ripartita: Aeronautica £ 130.000,
Comune di Venezia £ 115.000, Consiglio Provinciale dell'Economia Corporativa di Venezia £ 55.000,
Provincia di Venezia £ 130.000 e Società Aerea Mediterranea £ 170.000.
Il progetto venne elaborato dall'Ufficio Aeronautico di Padova, a firma del Colonnello Ing. Felice
Santabarbara e dell'Arch. Mario Emmer; mentre le decorazione e gli arredi furono affidati al Prof. Nei
Pasinetti, Preside della Società Veneziana Arti Decorative. L'edificio, che si sviluppa su altezze diverse, sino
a tre piani, è coronato da un'ampia terrazza alla quale si accede da un'avvolgente scala elicoidale esterna;
questa terrazza era destinata ad ospitare una tribuna per l'accoglienza del pubblico in occasione di
manifestazioni. Da qui si eleva la torre di controllo, un volume tecnologico in ferro e vetro dove la
rappresentazione e la funzione raggiungono un felice e riuscito compromesso. Le bianche facciate
dell'edificio, in rigoroso stile razionalista, sono scandite da ampie finestrature.
Lo schema adottato nella distribuzione delle funzioni prevedeva, al piano terra, una grande sala per la sosta
dei passeggeri, situata in posizione baricentrica nello sviluppo planimetrico a croce, attorno alla quale erano
posti gli uffici, i controlli, il telegrafo, la rivendita di giornali, il barbiere, i servizi. Un bar e un'ampia sala
circolare adibita a ristorante, con annessa cucina, completavano il piano terra. Il ristorante e il bar si
affacciavano su una terrazza rialzata rivolta verso il campo, mentre una comoda scala permetteva di
accedere dalla hall alla terrazza panoramica. La vista era unica: da una parte Venezia, San Nicolo e la
laguna, dall'altra il campo e, sullo sfondo, il mare. Una funzionale scala di servizio portava ai locali dei piani
superiori dove erano collocati gli uffici amministrativi e tecnici. All'ultimo piano, l'ufficio meteorologico e
l'alloggio del custode.
La qualità architettonica del manufatto era notevole anche perché il progetto, redatto da una
amministrazione dello Stato e non da una grande firma dell'architettura, era in sintonia con i tempi nel
rigoroso rispetto di quelle qualità portate avanti, con fatica, dai razionalisti italiani. Per citare ancora Le
Corbusier, era una perfetta "machine ad habiter", in cui rappresentazione e funzione trovavano sintesi in una
sorta di nuova classicità in perfetta armonia con i già citati concetti di razionalismo, contemporaneità,
moralità, mediterraneità. I modelli di riferimento, tra l'altro, erano pochi, e tra questi il disegno
classicheggiante di Baroni per l'aeroporto di Firenze del 1929. Solo nella Triennale del 1933 i futuristi con
Enrico Prampolini realizzarono una Stazione per aeroporto civile quale "esempio di superamento
dell'anonimato inespressivo dell'architettura razionale a favore del lirismo delle masse architettoniche e della
struttura"… "Nell'interno l'impiego di diversi materiali da costruzione e la collaborazione dei pittori futuristi per
la pittura murale, mi ha offerto la stessa continuità di movimento fra quella costruttiva esterna e quella
costruttiva plastica e pittorica dell'interno". La proposta dei futuristi non convinse, troppo macchinosa e poco
funzionale per la funzione che doveva svolgere.
Gli arredi
Proprio sugli interni è necessaria una riflessione, infatti nella descrizione apparsa sulla rivista "Domus" del
luglio 1935 era posto un particolare accento sulla configurazione del pavimento della sala passeggeri, sulla
bellezza delle aeropitture di Tato che ne adornavano le pareti, e sulle linee armoniose dei mobili che si
accompagnavano con i lampadari di Venini. Come per l'architettura, anche per l'arredo il dibattito, negli anni
trenta, era vivo e polemico: se da una parte la rivista "Domus" di Giò Ponti continuava a valorizzare il mobile
singolo, dall'altra Pagano su "La Casa Bella" sottolineava l'importanza del mobile inserito in un progetto
generale degli interni come rivestimenti, lampade, scritte murali ecc... Forse i nuovi arredi, come le poltrone
in tubolare di ferro poste nella hall, trovavano proprio nell'uso del ferro, invece che del legno, un'originalità
nella quale un impegno "diverso dal solito" diventava una "funzione anti tradizionale". Proprio su "La Casa
Bella" del 1931 appare una prima valutazione sui mobili in ferro di Le Corbusier e di Charlotte Perriand: "il
metallo conferisce al mobile un'aria di preziosità maggiore del mogano o dell'ebano", mentre una poltrona in
tubolare di Mies van der Rohe viene letta in chiave lirica, quasi a stemperare le sue origini funzionali. In
quegli anni si erano venuti ad affermare nuovi materiali come il cristallo Securit, il cromalluminio, l'anticordal,
il linoleum, materiali ampiamente usati negli interni dell'Aerostazione. Ed è proprio in questa felice
combinazione tra interno ed esterno che l'assunto teorico di Prampolini per la Stazione per aeroporto civile
della Triennale del 1933 diventa realtà al Lido, con la scelta felice, a suggello di un preciso percorso
progettuale, di decorare le pareti con aeropitture del futurista Tato. La fortuna del mondo aviatorio trasforma
l'aereo in elemento decorativo, come nei piani per i tavoli da pranzo di Albini e Figini-Pollini, finemente
intarsiati con motivi aviatori, o come Roberto Papini faceva notare alla Triennale di Monza del 1930:
"bicchiere, piatti, tegami [...] ad ali di aeroplano, sagome di dirigibile, telai d'automobile"; una provocazione,
in quanto è la forma semplice, dipendente anche dalla funzione, che diventa fondamento di una nuova
estetica e quindi di una nuova forma d'arte. Nell'arredo dell'aerostazione non si è tralasciato il valore
aggiunto che poteva dare l'artigianale locale con l'uso sapiente di materiali quali il vetro e il mosaico; gli
oggetti realizzati in vetro potevano sembrare semplici, in quanto l'esperienza di Venini nel campo
dell'illuminazione era ormai collaudata; in realtà per i lampadari del piano terra furono realizzati sostegni in
metallo nichelato e spazzolato, mentre per i vetri venne scelto il cristallo lavorato con un lavoro di alto valore
tecnico e funzionale. Ben più complesso il bancone del bar, dove il rivestimento a mosaico accompagnava il
disegno monumentale della struttura realizzata con una forma curvilinea ed avvolgente; un rigoroso e lineare
bancone in legno con un ripiano in marmo completava l'insieme.
L’INTERVENTO DI RESTAURO
Avendo condiviso la scelta di riproporre i valori "estetici" e "funzionali" dell'edificio e dando per acquisito che i
caratteri originari siano stati alterati ad un certo punto della storia dell'edificio, abbiano individuato una
condizione di origine, attraverso un'operazione di tipo ricostruttivo. L'intervento dichiara una sua valenza
conservativa (il recupero della tipologia) senza palesare (tramite la scelta progettuale) una valenza
innovativa. In ultima istanza si è riproposto, come metodologia di progetto, quanto espresso nella
Conferenza Internazionale "Cracovia 2000" relativamente al punto 4 (Scopi e Metodi): "(...) La ricostruzione
di parti limitate aventi un 'importanza architettonica possono essere accettate a condizione che siano basate
su una precisa e indiscutibile documentazione. Se necessario per un corretto uso dell 'edifìcio, il
completamento di parti più estese con rilevanza spaziale e funzionale dovrà essere realizzato con un
linguaggio conforme all'architettura contemporanea. "
II nuovo progetto, infatti, si è posto come obiettivi: la reversibilità (ogni nuovo inserimento come impianti,
strutture ecc. doveva essere riconoscibile e realizzato con tecniche tali da non compromettere l'esistente e
con la possibilità, in un futuro, di riportare la struttura esistente allo stato iniziale) e la tecnologia (nell'ambito
della quale devono essere riconosciute le tipologie dei materiali tali da permetterci di ottenere il migliore
risultato progettuale con soluzioni altamente innovative e sostitutive).
Nel restauro l'architetto non può restare solo; Bruno Reichiin affrontava proprio le problematiche della
salvaguardia considerata spesso, dalla Soprintendenza, come un 'attitudine per sua natura difensiva e
sostanzialmente conservatrice. Nel nostro intervento la "salvaguardia" è stata uno dei pochi momenti
progettuali dove si sono saldate ricerca e invenzione, con un riferimento costante ad un sapere cumulativo,
razionalmente trasmissibile e verificabile. Pio Baldi, Dirigente del nuovo Dipartimento del Contemporaneo al
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in un articolo sul restauro del Pirellone di Milano dava alcune
precise indicazioni su come restaurare il moderno, e sottolineava come gli edifici contemporanei, soggetti a
vincolo, devono essere considerati come monumenti paragonabili al Colosseo. Nello specifico del restauro
così si esprimeva: " ...È naturale, quindi, che per intervenire su tali manufatti conservando e non sostituendo
i materiali originar!, bisogna studiare e riprodurre i componenti, le tecniche e gli strumenti di lavorazione “
dell'epoca” assumendo, in questo modo, lo stesso atteggiamento mentale che si ha nei confronti degli edifici
più antichi".
Adeguamento organizzativo-tecnologico
Un aspetto estremamente delicato del nostro restauro è stato rappresentato dalle "necessità" tecnologiche
del presente, spesso non compatibili con le strutture degli edifici soggetti a interventi di restauro. Anche negli
edifici moderni alcuni elementi non possono essere più sostituiti in quanto fuori mercato, oppure obsoleti
perché non più a norma o addirittura considerati nocivi. L'edificio nasce come "une machine ad habiter" con
precise destinazioni d'uso dove le singole unità attive, uffici ecc., rispecchiano tipologie tipiche di una
mentalità funzionale che è stata studiata, recepita e quindi, compatibilmente con i luoghi e le nuove
tecnologie, adeguata o sostituita. Gli impianti, usati come esastruttura, sono divenuti anche ornamento.
Perché restauro e non Manutenzione
Nell'intervento per l'Aeroporto Nicelli si sono proposti, come strumento operativo, la manutenzione
dell'integrità, dell'efficienza funzionale e dell'identità del bene e delle sue parti;
Restauro, termine con il quale si intende l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni
finalizzate all'integrità materiale e al recupero del bene medesimo e, quindi, alla protezione e trasmissione
dei suoi valori culturali.
Questi gli interventi:
Rimozioni:
Le rimozioni hanno interessato parti di edificio dove sono cambiate le destinazioni d'uso e altre parti dove
sono stati necessari interventi di caratterizzazione tipologica (ad esempio la cucina) o per eliminare
superfetazioni che hanno alterato l'impianto tipologico originale.
Queste le demolizioni previste: demolizione di porzione di solaio tra piano terra e primo piano e solaio tra
piano primo - piano secondo con relativi tramezzi ai piani per predisporre un nuovo ascensore e relativo
vano scala; demolizione, al piano secondo, del solaio della torretta; demolizione delle tramezzature relative
ai bagni del piano terra (zona cucina) e alle divisioni tra bagni/cucina; demolizione di alcune rampe e vano
scala esterni.
Nuove costruzioni:
Questi gli interventi murari:- Piano Terra nuovi tramezzi nella zona cucina/bagni; tramezzo divisorio tra zona
bar e ufficio (come da impianto originario del 1934);
ingrossamento dei pilastri della hall (come da impianto originario del 1934);
tromba dell'ascensore e nuova scala (come da impianto originario del 1934).
- Piano Primo
ridistribuzione delle forometrie della facciata sud-ovest (come da impianto originario del 1934);
ridistribuzione planimetrica (come da impianto originario del 1934).
- Piano Secondo
ridistribuzione interna con tramezze per nuovi servizi; nuovo solaio complanare al piano relativamente alla
porzione circolare della torretta (come da impianto originario del 1934).
Pavimenti al piano terra:
piastrelle in gres fine porcellanato della ditta Cotto d 'Este serie Buxy articolo Cenare Lux formato 60x60
(59,4x59,4) spessore mm 14 e formati speciali per le soglie 60x120 (119x59,4) spessore mm 14 a
sostituzione del marmo grigio Repen non più reperibile in quanto le cave sono state chiuse.
Rivestimenti in marmo:
tipo verde alpi usato per: battiscopa h cm 15 con finitura a spigolo vivo più pezzi speciali; rivestimenti delle
colonne della hall; rivestimenti degli stipiti delle porte d'entrata come da disegno.
Paramenti murari verticali:
finitura a grassello di calce lucido con applicazione di minimo due strati d'impasto (tipo Vivastile M de "La
Calce del Brenta"); applicazione eseguita mediante spatola d'acciaio.
Soffitti:
previa una rasatura per uniformare la superficie, è stata messa in opera una tinteggiatura per interni a due
mani con base di silicato liquido di potassio tipo Keim; la scelta della cromia scelta è stata condivisa con la
Soprintendenza.
Infissi in ferro:
Dopo un'attenta verifica del materiale che risultava essere in cantiere, abbiamo convenuto di recuperare e
integrare i serramenti esistenti cercando un giusto compromesso per la loro messa a norma. Per i serramenti
non recuperabili si è proposto un compromesso che salvaguardasse la forma e la funzionalità (vetro camera
di mm 16) pur mantenendo il tipo di cerniera (tipo nuba), e il sistema di chiusura, maniglie e cremonesi,
recuperando anche il sistema di aggancio alla parete. La finitura cromatica scelta è del tipo ferromicaceo.
Infìssi interni in legno:
Per quanto concerne gli infissi, sono stati recuperati e restaurati; dove mancavano, sono stati riproposti con
la filosofia del "com'era e dov'era". Particolare attenzione è stata riservata, quindi, alle rifiniture (verniciatura
finale), alla sostituzione delle minuterie metalliche e alla sostituzione dei vetri. I serramenti mancanti sono
stati realizzati con analoga tipologia, soprattutto nel sistema di ancoraggio alle pareti e nella sezione dei
profili.
Opere di completamento
Per quanto concerne le opere di rifinitura interne, ci siamo attenuti alla documentazione storica (fotografie e
disegni) e ai materiali d'epoca ancora in essere. In particolare, sono state riproposte le marmette sia per
tipologia e misure, il linoleum per gli uffici mentre, per la hall, il bar e la sala da pranzo del ristorante, è stata
scelta la soluzione più compatibile con la tipologia e l'arredo del 1934.
La distribuzione funzionale degli arredi diventa essenziale in quanto condiziona la tipologia e la distribuzione
dei corpi illuminanti e degli elementi radianti per il riscaldamento che hanno rispettato la distribuzione del
1934; le nuove esigenze relative al ricambio d'aria sono state risolte con nuovi diffusori condivisi nella forma
dalla Soprintendenza.