festa degli auguri - Rotary Club Prato
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festa degli auguri - Rotary Club Prato
Nota introduttiva del Presidente: Siamo arrivati a Natale. Ogni volta che si ripresenta questa festività, personalmente sono sottoposto a configgenti sensazioni. Da una parte mi sento partecipe del senso di gioiosa euforia portata dalle giornate della vigilia. Dall’altra, mi nasce un sentimento di non condivisione di un’atmosfera fatta di gioia consumistica che dagli anni sessanta in poi ha un po’ snaturato l’essenza di questa festa. Negli ultimi anni questa tendenza a laicizzare (diciamo così con una brutta parola) il Natale è un pò diminuita; mi piacerebbe capire se ciò sia avvenuto per effetto della crisi economica o per la riscoperta intima di valori religiosi e culturali. L’augurio che faccio a tutti è la riscoperta di tali valori: del presepe fatto in casa, dell’albero con addobbi naturali, della famiglia riunita per vero affetto e non perché si deve fare così. Anche il nostro stare insieme ci riporti veramente all’amicizia e al piacere di dare qualcosa, anche un semplice sorriso agli altri. Fin da ora … buon Natale! Foresto Guarducci PROGRAMMA DEL MESE DI DICEMBRE il Vescovo, Sua Eccellenza Mons. Gastone Simoni ci illustrerà la iniziativa per il conferimento di un attestato di benemerenza alle imprese virtuose denominato "Stefanino d'oro" FESTA DEGLI AUGURI il ns. socio Emanuele Dabizzi ci racconterà la sua esperienza negli Stati Uniti Ci riuniremo per gli auguri di buon anno presso il Ridotto del Politeama recentemente restaurato 7 dicembre Conviviale diurna Hotel Palace ore 13,00 18 dicembre Conviviale serale Hotel Palace ore 20,00 D I C E M B R E 2 0 1 0 21 dicembre Conviviale diurna Hotel Palace ore 13,00 28 dicembre Caminetto Politeama ore 19,00 A tutte le conviviali sono attesi i soci, le gentili signore, gli ospiti e i soci del Rotaract. 1 Fatterelli e riflessioni di Gianni Limberti Una ditta di vera eccellenza nella Prato dell'800 Nei diurni del Comune di Prato dell'anno 1311, a carta 219, si legge che il Consiglio Generale della città il 29 agosto ha deliberato la costruzione di un nuovo carcere nel palazzo di Piazza del Comune. È il Palazzo Pretorio, acquistato nel 1284 a buon prezzo, perché compreso fra i beni confiscati dai Guelfi ai potenti avversari, i Dagomari e loro seguaci. L'opera di adattamento a prigioni va lentissima perché il Comune ha scarsi mezzi : nessuna novità sotto il sole. Una buona fetta di disponibilità economiche se n'è andata per la taglia pretesa dal Re Roberto di Napoli che ha difeso i guelfi in Toscana. Annotano nei diurni : s'erano dovuti mandare cavalli, soldati e denaro. Finalmente il 17 gennaio 1337 ( 26 anni dopo !) i prigionieri vengono trasferiti dalle vecchie carceri, dette “delle Stinche”, che dal 1267 svolgevano il triste ufficio in uno dei luoghi allora più orridi e disabitati della nostra città. Si era in prossimità della porta Capodimonte, che fino alla distruzione nel 1330 della prima cerchia delle mura sorgeva – come ricorda una targa tuttora esistente – nell'attuale via Cairoli in prossimità del teatro Metastasio. In uno spazio abbastanza grande vi erano appunto le prigioni delle “Stinche”, il Castello dell'Imperatore (attestato nei documenti fin dal 1106) e la Chiesa di S. Maria in Castello. Questa si chiamava così perché fabbricata entro le antiche mura castellane in quel tratto di terreno che oggi è la piazzetta S. Maria in Castello (che dall'antica chiesa prende nome), fra quelle Buonamici e di S. Antonio. Nell'edificio che ha oggi il numero civico 6 si vede, mantenuta in evidenza da un sapiente restauro, tracce di quella che probabilmente era la facciata in alberese dell'antica chiesa, e il segno della copertura a capanna. Scrive il sacerdote Franco Franchi nel suo La Madonna e la chiesa delle Carceri (Pistoia 1926) : Si accedeva a queste carceri dal mallevato che era quasi un avamposto della fabbrica dal quale bisognava passare per entrare nel triste luogo: si salivano quattro scalini e si penetrava in un piano lungo dodici metri, largo poco più che otto, ed elevato dal piano stradale circa un metro. Che aspetto tetro e pauroso dovevano avere questo piano, queste mura cadenti, quella muraglia che stava davanti, massiccia metri 1,70 tutta di bozze d'alberese ! Doveva fare viva impressione e stringere il cuore anche di più quello stretto pertugio che metteva nel carcere superiore, e quei monti di sassi e tegoli e calcinacci qua e là, a causa di tetti rovinati, ma specialmente a destra dove si scendeva nella pazzeria [il settore dei pazzi criminali] e nelle prigioni sotterranee. Liberato dai carcerati, le “Stinche” rimasero a lungo abbandonate e si ridussero in completa rovina, come le immagina appunto il Franchi. Anche le forti inferriate furono divelte : ne rimase una sola, a doppia grata, ad una finestra della prigione superiore. Sopra questa finestra vi era un dipinto diviso in due quadri. Uno è andato quasi completamente perduto, nell'altro si vede la Madonna in trono che tiene in braccio Gesù bambino. Ai lati della Vergine Santo Stefano, patrono di Prato, e S. Leonardo, protettore dei carcerati. Giuliano Guizzelmi visse dal 1446 al 1518. Uomo dotto, rivestì cariche importanti a Roma, ad Arezzo e nella sua Prato. Fu di gentile aspetto, ci dice il Franchi, come si rileva dal suo ritratto, dipinto da fra Filippo Lippi, tra quelle tante figure che circondano il feretro di Santo Stefano, negli affreschi del coro della Cattedrale. Il Guizzelmi è genuflesso ai piedi del Santo e 2 tiene il dito indice alla bocca in segno d'accennare il silenzio. Notizia forse da approfondire, visto che il Lippi dipinse questi affreschi fra il 1452 e il 1465, quando il Guizzelmi aveva da 6 a 13 anni ! Ma a noi interessa il Guizzelmi perché ci ha lasciato un codice manoscritto di 72 pagine (oggi conservato alla Roncioniana) intitolato Historia della Apparitione et miracoli di Madonna Sancta Maria del Carcere di Prato. Ecco alcuni passi del manoscritto come li riporta il Franchi. Anno 1484, 6 luglio, martedì, circa le tre del pomeriggio. Jacopo di Antonio di Ser Niccolò di Stefano di ser Tingo sta andando tutto solo a scuola. Questo fanciulletto formosissimo, bianco, biondo, di angelica figura, puro e semplice come un angioletto è un rampollo dei Belcari. Questa famiglia risiede a Prato dai primi del '200 ed ha conosciuto momenti di grande agiatezza e poi di decadenza, sempre abitando nel suo palazzo in via dell'Appianato, in San Francesco. [Quell'edificio, per intendersi, che in tempi recenti era sede della Banca Commerciale ed oggi è della Provincia, N. d. R.]. Jacopo traversa la Piazza San Francesco, prende da Santa Maria in Castello, volta per la strada a tramontana di quel tempio, e si trova solo in quel viottolo che era tra il Mallevato delle Stinche e la ripa del Cassero. Costì gli accade di scorgere un grillo e gli corre dietro. Quel piccolo animale, a forza di saltare, conduce il fanciullo dinanzi alla finestra ferrata, sul muro ancora in piedi del carcere superiore, sulla quale era dipinta la Madonna con Gesù Bambino ed i Santi. E qual visione soprannaturale si presenta al piccolo Jacopo ! La Santa Immagine si stacca dalla muraglia, diviene persona vivente, scende a pie' di quella finestra e colloca su quel terreno il Figliuol suo divino; dipoi, inginocchiatasi dinanzi a Lui, prima lo adora profondamente, quindi incomincia con la destra a percuotersi il petto, come se domandasse perdono e pietà. Poi, lasciato il divin Figlio in terra, vivo che muoveva le sue piccole braccia, scende nel carcere scuro e sotterraneo. Qui pervenuta, con la sua mano medesima per ben tre volte netta il pavimento di quel carcere. Poi risale, riprende in braccio Gesù e ritorna a far parte di quel dipinto dal quale si era prima staccata. Jacopo torna di corsa a casa e racconta tutto alla mamma, che non gli crede. Anzi, pensa che si sia inventato tutto come scusa per far forca. Lo rimbrotta bene bene e lo rimanda a scuola. Ma lui ritorna verso il Mallevato delle Stinche e di nuovo ha una visione : tante luci circondano la Madonna e illuminano anche il carcere sotterraneo, quasi a farlo diventare un Paradiso. Ritorna di corsa a casa a raccontare anche questo alla mamma, che di nuovo lo rimprovera aspramente, imponendogli di andare senza indugio a scuola. Ma, scrive il Franchi, una forza segreta, irresistibile, lo trae una terza volta al medesimo luogo. Questa volta non entra dentro il Mallevato, ma si mette a sedere in cima alle scale. Arrivata l'ora che i ragazzi escon di scuola, passa vicino a Jacopo un suo compagno, Niccolò di Guidetto Guidetti che gli chiede cosa guardi ? Gli risponde Non vedi tu quei lumi laggiù ? Ma Niccolò non vede niente. Corre in una casa di conoscenti e si fa dare delle candele e al lume di quelle entra nei sotterranei, scavalcando macerie e calcinacci. Arrivato in fondo, ecco apparire davanti a lui un numero sterminato di persone, vestite di bianco, con lumi in mano. Proprio nel luogo dove la Madonna aveva pulito il pavimento. Il povero Niccolò non se l'aspettava. Preso dalla paura, corre a casa dove arriva in preda a febbri, tremiti e allucinazioni. La mamma lo mette a letto, chiama il medico, ma nonostante le cure in pochi giorni muore. Poco prima di morire dice ai genitori disperati accanto al letto Non piangete. Qui sono quelli vestiti di bianco, i quali io vidi giù nelle Stinche, coi lumi bianchi in mano, che vengono per me. Poco dopo che il povero Niccolò è scappato a casa, passa dal viottolo delle Stinche Padre Giovanni Celmi, vicario del Vescovo. Vede Jacopo fermo, seduto : lo prende per mano e lo riaccompagna a casa, dove il ragazzo gli racconta per filo e per segno tutto quello che aveva veduto. Alcuni di casa, udito il racconto, lo riferiscono ad altri : in poche ore in Prato non si parla d'altro e sul cominciar della notte il Mallevato non è più capace di contenere la numerosa folla di curiosi che vi è accorsa. In tanti, sbalorditi, vedono l'immagine della Madonna che apre e chiude gli occhi, che da questi sgorgano copiose lacrime, che versa sudore sanguigno e altri prodigi. Non son passate 24 ore e già si parla di ben tre miracoli. L'autorità sia ecclesiastica che civile, allarmata dai clamori e dai fatti raccontati, istituisce un processo secondo le regole. Jacopo è interrogato più volte e non cade mai in contraddizioni : le sue versioni, chiunque lo interroghi, rimangono concordi. E di fronte ad un popolo che accorre sempre più numeroso, si rinnovano i prodigi nell'immagine della Madonna. Incominciano anche le processioni penitenziali. Il primo popolo che arriva processionalmente a Prato è quello di Figline, la domenica 11 luglio. Dicono le cronache : Vengono scalzi, le fanciulle son vestite di bianco, con ghirlande d'ulivo in capo e con candele e fiaccole in mano. Et donano alla Nostra Donna delle Carcere un cero di cera gialla di valuta di lire dodici... Nei giorni successivi le processioni continuano : troppo lungo sarebbe chi volesse anche solo ripetere qui i nomi di tutte le popolazioni che vengono processionalmente a visitare e venerare la santa immagine, annota il Franchi. Tutti quelli che arrivano lasciano doni ed elemosine in tale abbondanza che il Comune deve nominare quattro collettori per ricevere e depositare tutte le offerte. Alla 3 fine di luglio le elemosine ammontano alla somma veramente cospicua di lire mille cento settantasette; i donativi di cera a mazzi cinquecento ottanta. Ci sono mezzi per edificare, come da più parti si chiede, una chiesa nei luoghi dei prodigi. Viene inviata una apposita istanza al Pontefice Sisto IV il quale nomina un prelato perché accerti i fatti e, se li troverà corrispondenti al vero, approvi l'erezione della Chiesa. Ma il 13 agosto 1484, solo 3 giorni dopo queste decisioni, Sisto IV muore. Spetta al suo successore, Innocenzo VIII, eletto con grande rapidità il 16 agosto, provvedere a quanto si richiede da Prato, e lo fa con una Bolla datata 2 settembre che viene accolta con grande gioia ed esultanza. Superati i contrasti, anche aspri, fra comune e autorità ecclesiastica, il 20 aprile 1485 si esaminano i progetti per la nuova chiesa. Viene scelto quello presentato da sir Giuliano di Francesco dalla porta a San Gallo di Firenze. Nell'incarico di far murare la nuova chiesa si prescrive di non toccare la volta delle Stinche e il muro dove è la Nostra Donna. Scrive il Franchi che a mostrare il suo gradimento, nello stesso tempo in cui veniva presa questa decisione la Santa Immagine volse tutte e due gli occhi dieci volte, aperse la bocca, e con la faccia allegra pareva che facesse gran festa al suo Figlio; e il Bambino contraccambiava la festa alla Madre sua. Il 19 maggio si dà inizio ai lavori con una funzione propiziatoria. Nel 1492 la chiesa, lo stupendo capolavoro di Giuliano da San Gallo, è completata. Ma la storia non procede per linee rette : il 24 aprile 1942 vi si celebra la prima cerimonia funebre ed è in suffragio di Lorenzo il Magnifico, morto il giorno 4, benefattore insigne di quella chiesa, senza la cui decisione non si sarebbe potuta realizzare. Era lui che aveva indicato il progettista donando un decisivo contributo per le spese della costruzione. Facciamo un bel salto nel tempo : dal 29 giugno alla domenica 6 luglio 1884 si celebra il quattrocentesimo anniversario della prodigiosa manifestazione di Nostra Donna delle carceri. Tutta la città partecipa alla preparazione perché si vuole che queste feste siano splendide quanto più si può. In Prato è attiva la ditta BENELLI & FIGLI, che svolge l'attività di apparatore di chiese e monumenti. Una vera “eccellenza”, si direbbe oggi. Progettano e realizzano addobbi per le feste nelle chiese e per cerimonie varie. All'epoca un mercato attivo e redditizio. La ditta, quando interpellata, presenta al committente vari progetti (il numero dei disegni preparatori varia con l'importanza dell'incarico) e realizza quello prescelto fornendo e installando le stoffe e gli altri arredi. Ad esempio, quando nel febbraio 1878 muore Pio IX tutte le cattedrali della cristianità vengono addobbate a lutto. Per il Duomo di Prato viene dato incarico alla Ditta Benelli che realizza una paratura di grande effetto. Non ci si meraviglia quindi se il comitato per le feste del 400° anniversario delle Carceri si rivolge a questa ditta che riceve incarichi da tante chiese e municipalità, da Livorno, a Lucca, a Pisa e da numerose altre. Alla Biblioteca Roncioniana sono conservati un grande registro con la descrizione di tutti i lavori fatti da questa ditta e l'indicazione dei relativi prezzi e una cartella contenente oltre 200 disegni preparatori dei lavori commissionati. Per i 400 anni delle Carceri i disegni conservati sono ben 57, tre dei quali trovate a illustrazione di questo articoletto. Nel primo si vede il sontuoso addobbo proposto per l'altar maggiore; nel secondo, che ci sembra forse oggi una pittura moderna, si propone la decorazione con tendaggi della cupola della chiesa. Il terzo disegno è il progetto per le impalcature che consentono agli operai di lavorare sui grandi archi delle chiese. Più di un mese la Chiesa delle Carceri è dovuta rimanere chiusa per montare gli apparati. E finalmente, alle 6 e mezza pomeridiane del 29 giugno 1884 la piazza è gremita di popolo impaziente di salutare la Vergine e vedere l'addobbo del tempio che, stando alle voci trapelate ed ai pochi particolari diffusi da chi ha avuto il privilegio di visitare la chiesa durante i lavori, promettono meraviglie mai viste. Suonano le campane : è il segnale per aprire finalmente le porte della Chiesa. Ci racconta ancora il Franchi : È impossibile descrivere il riversarsi di tanta gente e gli atti di meraviglia al vedere quell'addobbo elegantissimo. Il Tempio illuminato in modo da far risaltare benissimo tutto il bello dell'apparatura. L'affollarsi e l'accalcarsi, ordinato però e riverente, della moltitudine che dopo aver guardato estatica e stupefatta esclamava : è un paradiso ! È inutile il dire che grande fu il concorso della città e della campagna che non bastando la Chiesa ad accogliere la moltitudine accorsa, dové questa riversarsi sulla piazza che cinge da tre lati la Chiesa medesima Gianni Limberti 4 Conviviale del 9 novembre: “…a tutta Birra: relatori della serata il nostro socio Andrea Biancalani ed il Prof. Alberto Laschi” 5 Conviviale del 25 novembre: “INTERCLUB con il Rotary Club Lippi: Conversazione con Beatrice Buscaroli, autrice del volume "Ricordi via Roma. Arte e vita di Amedeo Modigliani” Festeggiano il compleanno Silvio Cerimele 4 Dicembre Giampiero Livi 31 Dicembre …tanti auguri a tutti! ROTARY INTERNATIONAL SEDE MONDIALE: ONE ROTARY CENTER 1560 SHERMAN AVENUE EVANSTON, Illinois 60201 USA Presidente Internazionale: RAY KLINGINSMITH (Rotary Club Kirksville, Missouri, Stati Uniti d'America) Ufficio Europa-Africa: Rotary International Vitikonerstrasse 15 – CH 8032 ZURIGO www.rotary.org Annata Rotariana 2010-2011 (54° anno) Distretto 2070 Governatore: VINICIO FERRACCI, R.C. Livorno Assistente del Governatore: Nello Mari (R.C. Pistoia Montecatini Terme "Marino Marini") per i Rotary Club area Toscana 1: Prato – Prato “Filippo Lippi” – Empoli Fucecchio S.Croce sull’Arno, Pistoia Montecatini, Pistoia Montecatini “Marino Marini”, San Miniato. Segreteria 2010-2011 Distretto 2070 Via dei Cordai 7 57121 LIVORNO Tel. 0039 0586 1980435/6 Fax 0039 0586 1980437 e-mail: [email protected] web: www.rotary2070.org ROTARY CLUB PRATO c/o Hotel Palace, Via Pier della Francesca, 71 – 59100 Prato Segreteria: Tel.: 334 2354722 Fax: 0574 445496 E-mail: [email protected] [email protected] web: www.rotaryprato.it RIUNIONI CONVIVIALI: HOTEL PALACE – PRATO Via Pier della Francesca 71 Il 1° e 3° martedì di ogni mese, ore 13.00 Il 2° e 4° martedì alle ore 20,15 6