CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI

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CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
CENTRO FORMAZIONE
GIOVANI CALCIATORI
rivista informativa • aprile 2014
distribuzione gratuita
inseguendo
il sogno
Alla scoperta dell’accademia di calcio,
fondata a Torino da Vincenzo Catera,
che prepara i giovani di tutta Italia
al calcio professionistico
l’opinione
Ruolo formativo
nel calcio e nella vita
L’OPINIONE di Adriano Torre
Il lavoro del C.F.G.C. secondo il giornalista di Tuttosport
Educare è il mestiere più difficile. Come genitore o come
insegnante scolastico o sportivo. Perché lo sport da sempre è palestra di vita, il luogo
in cui si impara a confrontarsi
con gli altri, a rispettare i ruoli, le regole e chi le applica,
a seguire gli insegnamenti e
far tesoro delle lezioni, a discutere e ragionare sui risultati per cercare di migliorare
strada facendo e senza dare
mai nulla per scontato. Dove
si impara anche ad alimentarsi e a utilizzare le energie
migliori.
Lo sport è specchio di vita e il
calcio lo è più di altri, perché
è radicato nel nostro tessuto
sociale come fosse una necessità, una sorta di colazione energetica per affrontare
con forza la giornata. E poi è
la disciplina sportiva più accessibile: basta un pallone e
già da soli (quante volte si è
tirato contro un muro immaginando che fosse la porta...) si
può dar sfoggio ad abilità tecniche e virtuosismi capaci di
attirare l’attenzione di chiunque (il numero dei giocolieri
da strada è incredibilmente
cresciuto negli ultimi anni,
sono diventati persino attrazioni tra spettacolo e abilità).
In due già si gioca a pallone,
ci si confronta con l’arte (purtroppo un po’ in disuso) del
dribbling e il divertimento si
amplifica quando aumentano
i protagonisti in campo. Oggi il
calcio si gioca a cinque, a sette, a otto, a undici, c’è attenzione e disponibilità per tutti
senza distinzioni di tasche né
di razze, insomma è il gioco
più democratico a disposizio-
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ne di tutti e rispecchia la vita,
coi suoi piaceri, gli entusiasmi e le delusioni, purtroppo
anche le trasgressioni alle
regole.
Nulla si inventa però a scuola
di calcio. Anche i talenti naturali hanno bisogno di affinarsi.
E insegnare a giocare al pallone può sembrare l’arte più
semplice e forse anche scontata (mai banale però) per
troppa gente. In realtà non è
così. Il processo di crescita e
di maturazione di un giovane
ha dei contorni molto delicati.
Se nella scuola un insegnante che non sa suscitare curiosità e interesse e non riesce a
stimolare gli allievi può creare
danni e deviare le motivazioni, così è nel calcio. Esempi
e insegnamenti sbagliati rischiano di creare attese e
convinzioni errate.
Una scuola calcio vera, non
è quella che troppo superficialmente viene definita una
fabbrica di illusioni. In realtà è
una palestra-laboratorio in cui
si lavora e si fabbricano delle
speranze, dove si sviluppano
dei talenti in grado poi di scegliere la loro strada professionale, con serenità e con tutti
gli strumenti tecnici a disposizione per far bene, anche se
ognuno si esprimerà su livelli
differenti, quasi fosse una selezione naturale. Di spazio ce
n’è per (quasi) tutti, l’importante è imparare a conoscere
bene il mestiere e le regole
che lo definiscono.
La scuola calcistica è una
delle realtà più affascinanti
del nostro tessuto sociale. Intanto, non dimentichiamo che
il calcio rappresenta una del-
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le attività imprenditoriali più
importanti del nostro Paese,
capace da una vita di tenere
testa alla crisi. È globalmente una “industria” dai grandi
fatturati, che dà lavoro e crea
opportunità di lavoro a centinaia di migliaia di persone e
al tempo stesso si affida alla
collaborazione e al volontariato di un numero ancora
più grande e impressionante
di persone. È un mondo nel
mondo. Insomma, il calcio
muove soldi e persone, dunque deve aiutare il suo popolo
a crescere e ad avere gli strumenti per tenere viva e florida
questa azienda. Partendo dal
primo gradino, appunto: la
scuola calcio, dove si passa
dal tirare calci a un pallone al
concetto di giocare a calcio e
di appartenere a un gruppo.
E come in ogni scuola che
si rispetti il secondo gradino
rappresenta una sorta di specializzazione: dalla “scuola
dell’obbligo” all’istituto superiore dove ogni “studente” si
affina e arriva a scegliere il
suo percorso.
Ecco, in questa categoria di
istituti che accolgono e accompagnano i ragazzi nella
fascia di età più delicata della
loro vita si colloca il C.F.G.C.,
il Centro Formazione Giovani Calciatori. Qui si lavora, si
studia, si cresce, si va agli
esami, si affrontano le sfide. In sostanza qui nasce la
preparazione alla vita, sia sul
piano calcistico inseguendo
un sogno che – ribadiamo – è
una speranza, sia in un altro
campo professionale. Perché
al C.F.G.C. sanno, da Catera a Perla a tutti i tecnici e ai
componenti di staff e struttura, di avere la grande responsabilità di crescere le giovani
speranze e di dare loro l’assistenza di una vera famiglia,
come se fossero a casa: dunque il calcio è il benvenuto
e un orizzonte, ma prima ci
sono l’educazione e la scuola perché una mente elastica,
pronta, attenta, fa funzionare meglio i piedi... e senza
questi presupposti si rischia
di essere destinati a lasciare
nel mondo dello sport e nel
rettangolo di gioco soltanto
dei segni facilmente cancellabili. Il Centro deve avere
qualità e un ruolo altamente
formativo ed educativo, altrimenti non avrebbe lunga
vita. Serietà, qualità tecniche,
sostanza, capacità di penetrare nel mondo calcistico che
conta ricevendo attenzione e
i giusti meriti. Il C.F.G.C. ha
dimostrato nel tempo di avere queste prerogative basilari
nel suo dna e di lavorare su
questi fondamentali presupposti, ha formato speranze
e promesse del calcio, ha
lanciato molti nomi verso il
mondo del professionismo,
ma soprattutto ha formato ragazzi che sanno lottare nella
vita per traguardi e obiettivi
importanti, per loro stessi e
per le loro famiglie. Soprattutto ha dato anche l’opportunità
di lavorare con divertimento e
col sorriso sulle labbra. Non
ha creato illusioni, ma ha insegnato a crescere e aiutato
a scegliere. E questo è già un
ottimo risultato al di là di vedere i propri allievi protagonisti del calcio che conta.
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cos’è il C.F.G.C.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
FILOSOFIA E OBIETTIVI
ORGANIGRAMMA
IL CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI È UNA SCUOLA DI PERFEZIONAMENTO CALCISTICO CHE OPERA DAL 1999 A TORINO MA SI RIVOLGE A RAGAZZI PROVENIENTI DA TUTTA ITALIA.
Vincenzo CATERA
presidente
L’ATTIVITÀ DEL C.F.G.C. SI RIVOLGE ALLA FASCIA D’ETÀ DAI 13 AI 17 ANNI E INTENDE
CURARE NON SOLO GLI ASPETTI ATLETICO-CALCISTICI, MA LA FORMAZIONE DEL
GIOVANE DAL PUNTO DI VISTA UMANO E SOCIALE.
Gianfranco PERLA
direttore generale
GLI OBIETTIVI PRINCIPALI DEL C.F.G.C. SONO I SEGUENTI:
• SVILUPPARE UN’ATTIVITÀ DI SCOUTING DIRETTA ALLA RICERCA DI GIOVANI PROMESSE SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE, TRAMITE OSSERVAZIONI INDIVIDUALI
O RADUNI COLLETTIVI;
• RECLUTARE I GIOVANI CALCIATORI RITENUTI PIÙ INTERESSANTI;
• ATTUARE UN ALLENAMENTO QUOTIDIANO, SPECIFICO E MIRATO PER PERFEZIONARE LE QUALITÀ NATURALI DEL GIOVANE GIOCATORE, IN MODO DA VALORIZZARNE
IL POTENZIALE;
• CURARE LO SVILUPPO INTEGRALE DELLA PERSONALITÀ DEL GIOVANE IN TUTTE
LE SUE AREE: AFFETTIVA, COGNITIVA, SOCIALE E MOTORIA, PERCHÉ LA CRESCITA
UMANA E CALCISTICA DEL GIOVANE VANNO DI PARI PASSO;
• OPERARE UNA CONTINUA SELEZIONE: RESTANO NEL C.F.G.C., INFATTI, SOLO QUEI
GIOVANI CHE MANIFESTANO NON SOLO QUALITÀ SPORTIVE, MA ANCHE IMPEGNO
E MATURAZIONE, PERCHÉ PER OTTENERE BUONI RISULTATI OCCORRONO LAVORO,
SERIETÀ, RESPONSABILITÀ E VOLONTÀ DI MIGLIORARSI;
• OFFRIRE OPPORTUNITÀ DI PARTECIPARE A STAGE, TORNEI NAZIONALI E INTERNAZIONALI, AMICHEVOLI CON SQUADRE PROFESSIONISTICHE;
• ORGANIZZARE PROVINI CON SOCIETÀ PROFESSIONISTICHE.
Marco RUSSO
istruttore e tutor
IL CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI NON È QUINDI UNA SEMPLICE SCUOLA CALCIO, MA SI COLLOCA TRA LE SOCIETÀ DILETTANTISTICHE E QUELLE PROFESSIONISTICHE. LO SCOPO È MIGLIORARE LA FORMAZIONE DEI GIOVANI CALCIATORI
E PROPORLI AL CALCIO PROFESSIONISTICO, POSSIBILITÀ NON SEMPRE PRESENTI
NELLE SOCIETÀ DILETTANTISTICHE, SOPRATTUTTO NELLE REGIONI DEL SUD ITALIA.
IL CARDINE SU CUI GIRA TUTTA L’ATTIVITÀ DEL C.F.G.C. È FORMARE GIOCATORI
ADEGUATI ALLE ESIGENZE DELLE SOCIETÀ PROFESSIONISTICHE. I GIOCATORI PIÙ
PROMETTENTI SONO PROPOSTI AGLI OSSERVATORI DELLE SOCIETÀ PROFESSIONISTICHE DURANTE AMICHEVOLI, STAGE E PROVINI.
IL CENTRO SI AVVALE ANCHE DELLA COLLABORAZIONE DI UNO STAFF DI PROCURATORI (CHE RICOPRE TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE E ANCHE ALCUNI PAESI
ESTERI) PER AVVIARE I CONTATTI CON LE SOCIETÀ PROFESSIONISTICHE.
Gianluigi GENTILE
Gianluca PETRUZZELLI
Sergio COLAJANNI
istruttore
Nello SANTIN
istruttore
preparatore atletico
Alessandro PIERRO
preparatore atletico
Antonio PETRONE
preparatore atletico
responsabile tecnico
Fabrizio CAPODICI
Andrea SPERANDIO
preparatore dei portieri
IL C.F.G.C. CURA LA FORMAZIONE DI CIRCA 40 GIOVANI CALCIATORI, NON DI PIÙ PER
POTER ASSICURARE A OGNI ISCRITTO L’ATTENZIONE CHE MERITA.
Marco GIAVENO
medico e fisioterapista
LO STAFF DEL C.F.G.C. È ATTUALMENTE COMPOSTO DA 13 PROFESSIONISTI, TRA CUI
OTTO ALLENATORI PATENTATI UEFA, DUE ALLENATORI DEI PORTIERI, TRE PREPARATORI ATLETICI E UN CONSULENTE DI MERCATO.
È INOLTRE CONVENZIONATO CON UNO STUDIO MEDICO.
Christian MANFREDINI
consulente di mercato
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indice
Vincenzo Catera
racconta un sogno
diventato realtà
e rilancia
per il futuro
a pag. 6/7/8/9
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NEL GIORNALE DEL CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
Sergio Pellissier
simbolo
e capitano
del Chievo
dei miracoli
Gianfranco Perla
e Marco Russo,
colonne portanti
del C.F.G.C.
in campo e fuori
a pag. 14/15
a pag. 10/11/12
Gianluigi Gentile,
17 anni alla Juve
e ancora
tanta voglia
di allenare
Scudetto e Champions
nel palmares
di Nello Santin:
“Insegniamo
a marcare a uomo”
Colajanni
e Petruzzelli,
maestri di calcio
tutti i giorni
con i ragazzi
a pag. 16/17
a pag. 18/19
a pag. 20/21
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indice
Capodici
e Sperandio,
i preparatori
dei portieri
a pag. 22/23/24
Tutti i ragazzi
che crescono
a None e quelli
che già giocano
nel professionismo
a pag. 36/37/40/41
NEL GIORNALE DEL CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
a pag. 34/35
Christian
Manfredini
e la Scuola
calcio
di Battipaglia
Grande collaborazione
stages e amichevoli
con Torino, Juventus
e le altre società
professionistiche
a pag. 42/43
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I coordinatori regionali,
a caccia di talenti
in giro per tutta Italia
con tanta passione
e competenza
da pag. 26 a pag. 31
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Vincenzo Catera
IL PRESIDENTE di Daniele Pallante
“È una frase in cui riconosco
la mia storia e la mia terra.
Io voglio offrire ai ragazzi
quella possibilità”
AVERE
LA POSSIBILITÀ
DI DIVENTARE
UN CAMPIONE
OPPURE
DI NON ESSERLO
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un sogno
diventato realtà
“Avere la possibilità di diventare un campione, oppure di non
esserlo. È una frase in cui mi
riconosco profondamente, perché rispecchia la realtà della
terra dove sono nato e cresciuto, la Calabria, come di tutto il
sud Italia. Lì non ci sono grandi
occasioni, soprattutto per i giovani, non ci sono possiblità di
esprimersi e di emergere. La
differenza è proprio questa,
avere la possibilità di diventare
un campione, nel calcio come
in qualsiasi altra attività. Io non
posso garantire ai ragazzi che
alleno che diventeranno dei
campioni, racconterei bugie.
Ma posso, voglio offrire loro
l’occasione di farcela”.
È così, Vincenzo Catera. Ti
siedi a parlare di calcio - e ne
sa, eccome se ne sa - e ti ritrovi
a parlare di radici, di possibilità, di sogni, a parlare di vita a
tutto tondo. Tondo come un
pallone. Le nuvole in cui
ci si perde a ragionare
sono, sempre e comunque, quelle che gravitano
su un campo di calcio. In
erba sintetica, in erba naturale, o di terra battuta,
con le gobbe e le buche,
come quasi sempre al sud.
Quei campi dove il giovane Catera si è fatto prima giocatore,
poi allenatore e scopritore di
talenti. “Il Centro nasce dalla
mia personale esperienza di
calciatore - spiega Catera, che
è arrivato fino alla serie B con la
maglia del Catanzaro - e da un
progetto di vita. Tante volte mi
è capitato di vedere dei giovani,
dotati di buone qualità naturali,
che avevano bisogno solo di
opportunità per migliorare la
propria formazione, per essere
conosciuti e per diventare dei
calciatori affermati. Le società dilettantistiche, soprattutto
nelle regioni del sud Italia, non
hanno sempre la possibilità di
interagire con le società professionistiche
e
di offrire così ai giova-
ni promettenti ciò di cui hanno
bisogno per arrivare ai massimi
livelli. Le abilità e la formazione
di un giocatore sono la sommatoria di qualità naturali che
devono essere perfezionate,
poi valorizzate e utilizzate al
meglio. Ecco allora delinearsi
il mio progetto di vita: costruire
una scuola di perfezionamento
calcistico, che offrisse ai ragazzi la possibilità di crescere dal
punto di vista sportivo e umano
e di proporsi al calcio che conta, di diventare dei professionisti e realizzare i loro sogni”.
Per Catera, il Centro Formazione Giovani Calciatori è “un
sogno diventato realtà”. La filosofia è semplice: prendere i
migliori talenti delle regioni del
sud Italia e non solo; portarli a
Torino e allenarli con metodologie professionali e impostazioni
personalizzate; curare di pari
passo la loro crescita come
persone, in particolare con
l’impegno scolastico; proporli tramite amichevoli e provini
individuali alle società professionistiche, seguirne l’ingresso
nel mondo del calcio attraverso attività di procura sportiva.
E incoraggiare, tifare, sperare.
Perché tu puoi preparare un
ragazzo al professionismo, ma
poi subentrano altre variabili
come la fortuna di trovarsi al
posto giusto nel momento giusto e la personalità, per saltare
al volo su quel treno che chissà
se e quando ripasserà.
Finora Catera ha allenato quasi un centinaio di ragazzi che
sono approdati nel professionismo. Chi per vincere una Coppa del Mondo, come il giovane
Ringhio Gattuso seguito in uno
stage in Calabria. Chi per vivere una carriera da bomber
a cavallo tra serie A e serie B,
come Daniele Cacia, allenato
invece per lungo tempo e rimasto legato da profonda amicizia
a Catera: “Con Daniele ci sentiamo spesso, è un amico. Oltre a un grande carattere, ha un
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IL PRESIDENTE di Daniele Pallante
talento pazzesco, secondo me
poteva fare anche di più, nella
sua carriera, se non si fosse
infortunato nel momento decisivo, quello del salto in serie
A”. Anche Amauri e Pellissier,
bomber di Parma e Chievo
Verona, sono stati allenati da
Catera. Tra serie B, Lega Pro
e serie D ci sono tantissimi altri
ragazzi seguiti per qualche allenamento o cresciuti in modo
continuativo. Gli ultimi in ordine
di tempo - dopo Michele Canale, difensore ‘96 di proprietà del
Torino che gioca alla Pro Vercelli - sono Marchio e Girasole
(primavera del Crotone), Aloisi
e Vaccarello (rispettivamente
Allievi e Giovanissimi nazionali
del Catania). Tutti simboli del
Centro Formazione Giovani
Calciatori, ragazzi arrivati dalle regioni del sud affamati di
calcio e accompagnati passo
dopo passo nel calcio che conta.
“Se penso a quando, nel
1994, ho fondato il Centro, ne
è passato di tempo... E quanto siamo cresciuti”. Con tanto
di luccichio agli occhi, perché
Catera sa unire una professionalità estrema a una sorprendente sensibilità. Oggi il Centro
Formazione Giovani Calciatori
vanta strutture all’avanguardia dentro e fuori dal campo
(palestra, centro medico, dormitori, mensa...), ha uno staff
di istruttori di primissimo livello
(su tutti Gianluigi Gentile, 17
stagioni di Juve, e Nello Santin,
campionato, coppa Campioni
e Intercontinentale al Milan, poi
l’ultimo scudetto del Toro), ha
selezionatori e uomini mercato
in tutta Italia (da due anni anche
Christian Manfredini, ex ala di
Chievo e Lazio), parla con decine di società professionistiche,
non solo Juventus e Torino. È
una solida realtà del calcio, uno
dei tramiti più efficaci tra dilettantismo e professionismo.
continua a pag. 8
L’ETICA
NELLO SPORT
La “Carta di Gand”
sull’etica nello sport
giovanile, sottoscritta da
Panathlon International
nel settembre 2004,
è una vera e propria
Magna Charta europea
in materia di etica dello
sport ed è stata adottata
fra gli altri da Onu, Unesco, Fifa, Fiba e Coni.
Ecco i punti principali.
1. Promuoveremo i valori
positivi nello sport giovanile con grande impegno.
2. Continueremo ad
impegnarci per eliminare
nello sport giovanile ogni
forma di discriminazione.
Questo è coerente con
il fondamentale principio
etico di uguaglianza. (...)
3. Riconosciamo che lo
sport può anche produrre
effetti negativi e che
misure preventive sono
necessarie per proteggere i giovani.
4. Siamo favorevoli
all’aiuto degli sponsor
e dei media purché in
accordo con gli obiettivi
dello sport giovanile.
5. Sottoscriviamo la “Carta dei Diritti del Ragazzo
nello Sport” adottata dal
Panathlon che prevede
per tutti i ragazzi il diritto
di:
• praticare sport
• divertirsi e giocare
• vivere in un ambiente
salutare
• essere trattati con
dignità
• essere allenati ed
educati da persone
competenti
• ricevere un allenamento
adatto alla loro età, ritmo
e capacità individuali
• gareggiare con ragazzi
dello stesso livello in una
idonea competizione
• praticare lo sport in
condizioni di sicurezza
• usufruire di un adeguato periodo di riposo
• avere la possibilità di
diventare un campione,
oppure di non esserlo.
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non accontentarsi mai
IL PRESIDENTE di Daniele Pallante
Preparazione fisica, tecnica, tattica
e mentale per formare i ragazzi
al professionismo: “Ma non basta,
perché sono io in prima persona
che seguo il loro ingresso e i loro
trasferimenti nel calcio che conta,
non li abbandono ai procuratori”
Nuovo progetto: dall’anno prossimo
una squadra del C.F.G.C. giocherà
nel campionato Allievi del Piemonte
“Ma il nostro lavoro e il nostro
impegno - continua Catera non finiscono quando il ragazzo è pronto per il calcio professionistico, come succede nelle
altre scuole di formazione. Io in
prima persona, grazie ai contatti e alla credibilità costruita in
tanti anni, seguo l’ingresso nel
professinismo dei ragazzi, di
tutti i ragazzi. Abbiamo rapporti
di collaborazione con importanti procuratori e agenti Fifa, ma
non ci piace “scaricare” loro la
responsabilità dei ragazzi, ce
la teniamo noi fino in fondo. Il
motivo è semplice: il mondo
del calcio è spesso regolato da
dinamiche che purtroppo mettono in secondo piano il merito
rispetto ai rapporti economici.
Io invece mi affeziono ai ragazzi che seguo, ma non è solo
una questione sentimentale, la
credibilità della mia accademia
dipende dalla strada che fanno
i ragazzi che alleno. Per questo
tratto in prima persona con le
società per garantire a tutti le
possibilità migliori, dalla serie A
alla Lega Pro rispetto al livello
del singolo ragazzo e alle possibilità che si presentano. Per
questo li seguo nei loro passaggi di annata, di categoria e,
se necessario, di squadra. Non
li affido nelle mani di altri senza
darmene pensiero e non li ab-
8
bandono al loro destino. Quando è necessario, ovviamente,
faccio subentrare dei procuratori professionisti di mia fiducia,
ma sono sempre io in prima
persona a prendermi le responsabilità. Sono fatto così, e trovo
che sia giusto nei confronti dei
ragazzi e delle famiglie che mi
accordano la loro fiducia”.
Sapete quel è il segreto di
Vicenzo Catera, oltre la sua
professionalità e il suo - chiamiamolo così - attaccamento
alla maglia? Non accontentarsi
mai, non sentirsi mai arrivato,
non sedersi ad ammirare quanto fatto, ma guardare sempre
al futuro. La nuova “mossa”
del Centro Formazione Giovani Calciatori è stata quella
di creare e gestire una nuova
società sportiva affiliata alla
Figc, l’ASD None FC. L’idea
è nata da quando il C.F.G.C.
ha assunto la gestione diretta
di un impianto sportivo, quello
appunto di None, dopo anni
passati come “ospiti” di altre società sportive. Una volta avuto il
centro tecnico dove far allenare
quotidianamente i ragazzi, creare una società sportiva è stata
una conseguenza. Nell’ultima
stagione sportiva, il None FC
ha iscritto alcune squadre di
Scuola calcio, dove hanno trovato spazio i giovani del paese,
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e una Prima squadra di “amici”
di Terza categoria. Adesso, è
l’ora della svolta, come spiega Vincenzo Catera: “Siamo
pronti, nella prossima stagione
sportiva iscriveremo una squadra di Allievi al campionato dilettantistico piemontese, e costruiremo una mista di ‘98, ‘99
e anche 2000. Una squadra
forte, per puntare al titolo regionale, con la filosofia di formare
dei giocatori veri, come faceva
la Gabetto qualche anno fa,
quando era conosciuta in tutta
Italia come una delle più competitive società di puro Settore
giovanile e come una fucina di
talenti. Io ho allenato in quella
Gabetto, dove ha giocato e vinto anche Cacia. Adesso voglio
ricostruire una realtà calcistica
di quel genere. I vantaggi sono
molteplici, e oltre alla visibilità
del Centro Formazione Giovani Calciatori riguardano la
formazione dei ragazzi, che è
sempre e comunque in primo
piano. Chi è pronto per il professionismo, ovviamente, andrà a giocare dove merita, nelle
giovanili nazionali. Chi ancora
non è pronto per questo salto,
avrà la possibilità di giocare
comunque in un campionato
di alto livello com’è quello piemontese. E non dovrà limitarsi
agli allenamenti quotidiani e
alle amichevoli di prestigio, opportunità che comunque non
cambieranno di una virgola.
Tanto alla fine quella che conta
è sempre la risposta del campo. Tu puoi studiare quanto
vuoi, ma è all’esame che devi
dimostrare la tua preparazione.
Così è anche nel calcio, è la
partita, quella vera, quella con
il risultato in ballo, che ti dice
quanto sei pronto da tutti i punti
di vista: tecnico, fisico, tattico e
soprattutto mentale e caratteriale. Gli Allievi dell’ASD None
FC, gestiti direttamente da me
e dal mio staff, ci daranno dei
nuovi, importanti elementi per
far crescere ulteriormente i ragazzi del Centro”.
Capito com’è fatto Vincenzo
Catera? Non accontentarsi
mai, rilanciare sempre con ambizione e intelligenza, costruire
giorno per giorno senza mai
sedersi sugli allori, sognare a
occhi aperti ma tenendo sempre i piedi ben piantati per terra.
Nella sua vita dentro e fuori dal
campo, Vincenzo Catera ha
sempre fatto così. Se i ragazzi
del Centro Formazione Giovani
Calciatori avranno la sua ambizione, il suo coraggio, la sua
“fame”, arrivare nel professionismo sarà più facile. E altri sogni
diventeranno realtà.
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insieme al capitano
ALESSANDRO DEL PIERO CON I RAGAZZI DEL C.F.G.C.
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Sergio Pellissier
il personaggio di Daniele Pallante
Recordman
di presenze e gol
con la maglia
del Chievo Verona,
l’attaccante
cresciuto nel Toro
si racconta
a 360 gradi:
“Qualità, testa,
carattere e fortuna
sono le componenti
per diventare
un calciatore
professionista”
non si diventa
una bandiera
per caso
10
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umiltà e orgoglio
il personaggio di Daniele Pallante
“Quando sei giovane
è importante incontrare
le persone giuste
che ti aiutino nelle scelte”
Non si diventa una bandiera,
un simbolo, un’icona per caso.
Capitano, detiene il record di
presenze e di gol in serie A (330
gettoni conditi da 86 centri) e il
primato di presenze in assoluto,
ne mancano solo 9 per arrivare a 400, e le reti in totale sono
108. Numeri pazzesci. Stiamo
parlando di Sergio Pellissier,
maglia numero 31 del Chievo
Verona, una delle ultime vere e
proprie bandiere del calcio italiano, insieme a Totti, Zanetti, Marchisio e pochi altri che dell’attaccamento alla maglia hanno fatto
qualcosa in più di una semplice
dichiarazione di circostanza.
Sergio Pellissier, aostano classe ‘79, sa che cosa vuol dire
uscire di casa a 11 anni e fare la
gavetta, quella dura, per arrivare al calcio che conta, fino a realizzare il sogno di tutti i bambini,
indossare la maglia azzurra della Nazionale. Tutta la trafila nelle
giovanili del Toro per poi essere
“scaricato” ai clivensi alle buste,
le serie minori e il calcio di provincia al Varese e alla Spal, fino
all’affermazione come icona e
simbolo del miracolo Chievo, un
quartiere di Verona che grazie
alla programmazione e alla serietà è ormai una presenza fissa della massima serie italiana,
una mosca bianca in mezzo ai
colossi metropolitani.
“Per diventare un calciatore
professionista - spiega Pellissier - servono
tante componenti. Pri-
ma di tutto, la qualità, perché
se non ne hai difficilmente puoi
fare il calciatore. Arrivano in alto
anche giocatori con meno qualità, però hanno testa e fisico
fuori dal comune, in serie A ce
ne sono tanti esempi. Uno su
tutti è Chiellini, che magari non
è eccelso con i piedi, ma oltre il
fisico ha una testa straordinaria,
intelligenza e attenzione oltre la
media, e così è diventato uno
dei difensori più forti d’Italia. La
testa, infatti, è il secondo elemento fondamentale, soprattutto se non sei un fenomeno con i
piedi. La testa e il carattere, perché non è semplice arrivare, ma
ancora più difficile è rimanere a
certi livelli. Non ultima, serve la
fortuna, ovvero trovare un allenatore che crede in te, avere le
occasioni di mettersi in mostra
al momento giusto e sfruttarle
appieno. Se non riesci tu, dietro
ce ne sono molti altri...”
Il carattere e l’orgoglio hai dovuto tirarli fuori fin da subito, perché andare via di casa a 11 anni
non è facile. “Ho fatto uno stage,
mi hanno selezionato e già a 11
anni sono entrato al Toro, e ho
fatto tutta la trafila, dagli Esordienti alla Prima squadra. Ci
sono stati tanti momenti difficili,
ma mi ha aiutato molto avere
alle spalle una famiglia attenta
ma tranquilla, ed essere un ragazzo senza grilli per la testa:
non fumavo e non bevevo, mi
concedevo poche uscite, invece
in quegli anni ne ho visti tanti di
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
giocatori e di ragazzi che si sono
persi perché mettevano altre
cose davanti al calcio”.
Ti avranno aiutato anche i tuoi
allenatori (tra cui il giovane
Vincenzo Catera, che andava
in campo come tecnico nelle
scuole di perfezionamento calcistico che Pellissier frequentava allora): quali sono stati quelli
fondamentali, negli anni delle
giovanili? “Beh sono tanti quelli
che devo ringraziare, per quegli
anni di formazione. Giorgio Tonino, che mi ha scelto la prima
volta per il Torino, Sergio Fantinuoli, che mi ha riportato al Toro
quando volevo tornare a casa. E
Claudio Sala: all’inizio sembrava che mi odiasse, poi ci siamo
capiti e abbiamo fatto un anno
straordinario, con la vittoria a
Viareggio e la chiamata in Prima
squadra. Sono tanti gli allenatori
che mi hanno fatto crescere, si
impara sempre da tutti. Un altro
personaggio fondamentale è
stato Franco Melotti. Quando a
14 anni sono tornato a Torino, lui
ci faceva da tutor, ci guardava e
ci dava una mano nelle questioni di tutti i giorni, e ci dava consigli importanti. Soprattutto negli
ultimi anni del Settore giovanile,
quando l’imbuto della selezione
si stringe progressivamente e la
maggior parte dei ragazzi che
sono cresciuti con te esce dal
giro, avere intorno le persone
giuste che ti aiutino nelle scelte
è fondamentale”.
continua a pag. 12
carriera
da bomber
Sergio Pellissier (Aosta,
12 aprile 1979), attaccante e capitano del
Chievo Verona, detiene
il primato di presenze in
serie A e anche in tutte le
competizioni, è primatista per numero di gol
nella massima serie e il
secondo in assoluto: in
tutto vanta più di 100 reti
in quasi 400 presenze
con i clivensi
Cresciuto nelle giovanili del Torino (con cui
vinse anche un torneo di
Viareggio), esordisce in
serie B nel 1997 contro
la Salernitana, ma in
granata non arriverà
mai in serie A. Nel ‘98
va in prestito al Varese
in C1 (52 presenze e 9
gol in due stagioni). Nel
2000 il Chievo Verona
lo riscatta alle buste dal
Toro e lo gira subito alla
Spal, di nuovo in prestito:
17 reti in 44 gare. Dalla
stagione 2002/2003 entra
stabilmente nella rosa
del Chievo Verona, e non
ne uscirà più. Nella sua
prima stagione in serie
A colleziona 5 gol in 25
presenze, negli anni successivi mantiene una media realizzativa costante:
i suoi gol saranno 3, 7,
13, 9, ben 22 nell’unica
stagione di serie B, poi
ancora 13, 11, 11, 8,
5 e uno nella stagione
in corso. In seguito a
Calpciopoli e al conseguente quarto posto del
Chievo, nella stagione
2006-2007 realizza le
sue uniche tre presenze
in Europa, ma alla fine di
quella incredibile stagione retrocede in serie B:
Pellissier rimane, diventa
capitano e trascina la
squadra alla vittoria del
campionato cadetto. In
Nazionale, una presenza
e un gol, nell’amichevole
del 6 giugno 2009 contro
l’Irlanda del Nord.
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il capitano del Chievo
il personaggio di Daniele Pallante
In Nazionale
una presenza e un gol:
“Un regalo alla carriera,
ma altri sono più forti”
Finalmente, il salto dal Settore
giovanile al mondo dei grandi.
Anche questo, un passaggio
tutt’altro che facile. “Dopo aver
fatto tutta la trafila del Toro,
mi è dispiaciuto non esordire
in serie A con la maglia granata: prima sono stato dato in
prestito al Varese, poi mi hanno scaricato. Ci sono rimasto
molto male, ma io sono molto
orgoglioso, penso di aver costruito una carriera di alto profilo perché sono così a livello
caratteriale: se uno mi attacca,
reagisco. Non essere considerato dal Torino, che alle buste
mi ha lasciato al Chievo senza
mettere un soldo, dopo anni di
sacrifici e sudore, mi ha dato
molto fastidio ma è stato anche
uno stimolo a dimostrare che io
me la meritavo, la serie A. Con
il senno di poi, magari è stata
la mia fortuna, perché se non
fossi andato via non avrei fatto
la carriera che ho fatto”.
Infatto dopo un altro prestito ricco di soddisfazioni alla
Spal, Pellissier ha iniziato la
sua decennale carriera con la
maglia del Chievo, di cui presto
è diventato bomber, simbolo e
capitano: “è una società che,
nel suo piccolo, ha sempre
fatto cose straordinarie, io ci
vivo come in una famiglia. Altre
società hanno soldi, pubblicità,
pubblico, televisioni, noi otteniamo risultati grandiosi senza
avere niente di tutto questo: qui
se vinci è perché te lo sei me-
12
ritato pienamente, e la nostra
vittoria è la salvezza, quando la
ottieni ti togli un peso immenso, perché se retrocedi cambia
tutto e in una realtà come la
nostra rischi di non avere più
la forza di tornare su. Mi è già
successo, so quanto è dura
retrocedere, e anche se quella
volta siamo riusciti a riconquistare subito la serie A, spero di
non dover mai più vivere quella
delusione”.
Anche se l’anno della serie
B, con la scelta di rimanere
e i tuoi 22 gol a timbrare il repentino ritorno nella massima
serie, è stato forse quello che
ti ha legato a doppia mandata
a quella maglia. “Sono orgoglioso, ti dicevo: retrocedere
mi ha dato fastidio, e allora ho
cercato di capire il motivo e ho
voluto subito rifarmi. Il Chievo
non voleva darmi via, e io vovevo dimostrare che non meritavamo la serie B: devi avere
dentro il fuoco dell’ambizione,
se vuoi raggiungere obiettivi
importanti”.
Se la retrocessione è stato il
momento più difficile e spiacevole, con la maglia del Chievo hai raggiunto anche vette
impensabili, come giocare le
coppe europee, compresi i preliminari di Champions League,
nell’anno di calciopoli e del
quarto posto. “Beh eravamo
forti, avevamo giocatori importanti come Amauri, uno che fa
ancora la differenza ma allora
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era in piena ascesa, e quando
vinci sei più contento, prendi
fiducia e vinci ancora di più. è
stato davvero emozionante, direi impagabile portare in Europa una realtà di quartiere come
quella del Chievo, e fare anche
una bella figura”.
Da Amauri a Paloschi, in tanti
anni hai avuto tanti compagni
d’attacco. “Alberto sta facendo
molto bene, ha molta voglia di
migliorarsi e chiede consigli ai
più esperti, come me: è questo
che fa crescere le persone e i
calciatori, l’umiltà di ascoltare
e prendere il meglio dagli altri.
E la capacità di capire i propri
errori e cercare di correggerli:
sbaglio io che ho 18 anni di
campo sulle spalle, mentre ci
sono ragazzi della Primavera
che pensano di non sbagliare
mai...”
Nella tua carriera tutta vissuta in provincia c’è anche una
presenza in Nazionale, per di
più condita da un gol. In quel
caso, la tua occasione l’hai
sfruttata al meglio, ma non se
n’è ripresentata un’altra. Va
bene così o c’è un po’ di delusione? “è giusto così perché ci
sono giocatori più forti di me. Io
sono stato fortunato e ringrazio
mister Lippi perché mi ha dato
questo premio, ma io so di non
essere da nazionale. Non trovo
giusto convocare un giocatore
perché ha fatto due mesi alla
grande, uno deve avere tutta
una carriera che gli faccia me-
ritare la maglia della nazionale,
e infatti solo i gruppi consolidati
sono quelli che poi riescono a
vincere. Ripeto, io sono contentissimo di esserci andato, è
stata la realizzazione di un sogno e un grande regalo a coronamento della mia carriera, ma
la nazionale è per altri”.
Un’umiltà straordinaria, da
grande uomo, più che da grande calciatore. “Non è umiltà,
ma consapevolezza dei propri
limiti, io non sono Cristiano
Ronaldo (e qui ci scappa una
gustosa risata, ndr), ma sono
anche la dimostrazione che i
sogni possono avverarsi, se
uno ci crede veramente e lavora tutti i giorni per realizzarli”.
E il futuro cosa riserva a Sergio Pellissier, magari una panchina? “Voglio giocare ancora
qualche anno, superare le 400
presenze con il Chievo e magari fare ancora qualche golletto, ma bisogna avere anche
fortuna per segnare. Quando
avrò smesso di giocare, sinceramente, non so. Il mondo del
calcio ha tanti aspetti brutti, è
vero, ma anche altrettanti belli, e poi è il mio mondo. Io mi
auguro di rimanerci, ma non so
se farò l’allenatore, non so se
ne sono portato”.
La saggezza, oltre alla classe, c’è tutta, per fare di Sergio
Pellissier un vero “maestro” di
calcio anche fuori dal rettangolo verde.
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allievi di Catera
in giro per il mondo
personaggi di Guido Guerrieri
cota
“gabetto e toro,
che ricordi”
Doppia cifra nella classifica
marcatori in serie A, in gol anche nelle coppe europee. Va
bene, parliamo del campionato
albanese, ma è comunque una
carriera importante - nonché divertente da giocare - quella che
si sta costruendo Mirel Cota,
attaccante classe ‘88 che nelle giovanili era considerato un
fenomeno. Tanto che il Torino
lo prese dalla Gabetto, e se lo
tenne bello stretto per due anni,
fino alla Primavera. Poi il ginocchio ha fatto crack una, due, tre
volte. Dopo le operazioni, Cota
si è ritrovato a giocare in Albania, con la maglia numero 9 del
Tirana, il club più titolato del suo
paese: “Non è come in Italia, ma
qui si sta bene. Ho un contratto
di due anni con il Tirana, gioco
titolare, quest’anno ho già fatto 12 gol, anche se la
squadra è nelle zone
basse della classifica,
mentre l’anno scorso ne ho fatti
10 ma siamo arrivati quarti, a un
solo punto dalle coppe europee.
Ho anche esordito in Europa
League, e ho segnato alla squadra norvegese dell’Aalesund.
Insomma, qualche soddisfazione me la sto togliendo...” C’è
stata anche una piccola parentesi in Nazionale: “L’allenatore è
Gianni De Biasi, si ricordava di
me dai tempi del Toro, ho fatto
qualche allenamento con lui in
Prima squadra. Mi ha chiamato
per uno stage, ma non ho mai
esordito. Vedremo”.
De Biasi allenava il Torino quando Cota scalpitava per mettersi
in mostra nella Primavera: “Al
Toro sono stato dai 16 ai 18
anni, ma mi sono rotto il ginocchio tre volte, e alla fine ho dovuto operarmi e ho perso quella
grande occasione. Sono stato
sfortunato”.
Tirana, Torino, Gabetto. Andan-
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zenon
caravella
do a ritroso nella ancora giovane
carriera di Mirel Cota, all’inizio
c’è Vincenzo Catera: “Il grande
Catera - esulta Cota -, quando
mi allenava lui facevo due o tre
gol a partita. Lui, che è stato un
grande attaccante, mi ha insegnato tante cose, alla Gabetto
e al suo Centro, dove andavo
ad allenarmi. Come allenatore
non si discute, ma prima di tutto
è una brava persona, è sempre
corretto e leale. E sa parlare con
noi giocatori, che non è una cosa
da poco: ho avuto tanti allenatori
magari preparati, ma che non ti
sapevano parlare nel modo giusto e non riuscivano a motivarti,
tutte qualità che invece a mister
Catera non mancano”.
Dal passato al futuro. A fine anno
scade il contratto con il Tirana.
Dopo? “Vedremo, sto vagliando
alcune proposte, certo tornare in
Italia non mi dispiacerebbe”.
Guardate la foto qui sopra:
il capellone che rende la
vita difficile al nostro emigrante di lusso Alessandro
Del Piero è Zenon Caravella, 30 anni, centrocampista
australiano con passaporto italiano che gioca nel
Newcastle Jets. Nazionale australiano, giocatore
dell’anno nel 2009-2010,
vincitore del campionato
2011-2012 con l’Adelaide
United, Caravella è un giramondo, ha giocato anche
in Olanda e Turchia e ha
sfiorato il ritorno in Italia nel
2008, quando si erano interessate a lui Pisa, Triestina,
Albinoleffe e Bari. Ritorno,
sì, perché da ragazzo Caravella era venuto a imparare il calcio in Italia. Chi lo
ha allenato? Vincenzo Catera, ovviamente.
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Marco
Alessandro
Russo
Pierro
La cura del Infortuni
particolare no problem
GLI UOMINI DEL CENTRO di Orlando Mancini
Tra gli allenatori “emergenti”
del calcio piemontese c’è sicuramente Alessandro Pierro:
umile e competente allo stesso tempo, Pierro allena in una
società dilettantistica torinese
ma è già sul taccuino di Juventus e Torino, oltre società
fuori regione come Cesena e
Lecce. Poteva Vincenzo Catera lasciarsi sfuggire un simile
“talento” della panchina? Il lavoro per cui Alessandro Pierro è stato chiamato al Centro
Formazione Giovani Calciatori
è significativo della “cura del
particolare” che caratterizza
la filosofia di questa scuola di
perfezionamento calcistico: “Mi
occupo del recupero funzionale dagli infortuni - spiega Pierro
-. In pratica, lo staff medico visita i ragazzi reduci da infortuni
“La prima cosa che garantiamo è il passaggio da una famiglia, quella vera, a un’altra famiglia”. Marco Russo è figura
cardine del Centro Formazione Giovani Calcatori ormai da
sei anni. Fa l’istruttore calcistico e il tutor scolastico, ovvero
conosce i ragazzi dentro e fuori dal campo: “Noi siamo anche
educatori, perché ci rapportiamo con ragazzi in fase adolescenziale, che ai problemi tipici
di quell’età sommano la lontananza da casa. Dobbiamo
essere sempre vicini alle loro
esigenze, non può esserci crescita calcistica senza crescita
personale, umana”. Un impegno a 360 gradi che si riflette
anche sul campo di calcio. “La
cura del particolare - continua il
“professor” Marco Russo - è un
14
e ne stabilisce il programma di
recupero, poi io li seguo quotidianamente sul campo, applicando gli esercizi di postura e
mobilitazione utili a un completo recupero del ragazzo. Sono
laureato Isef, qualcosa ne capisco...” scherza Pierro.
Non solo. Nonostante la sua
giovane età, Pierro è stato
scelto da Catera per organizzare degli stage in Scuole
calcio del sud: “In Calabria, in
Puglia, in Sicilia: vado nelle
Scuole calcio, conduco un allenamento facendo vedere le
nostre metodologie, porto i nostri programmi, e nel frattempo
mi aggiorno e osservo cosa c’è
di interessante sul territorio.
Uno scambio di culture calcistiche, insomma”.
aspetto determinante, lavorare
sullo specifico fa la differenza
tra professionisti e dilettanti.
Lo staff del Centro si è evoluto e specializzato con figure
professionali di altissimo livello
che curano ogni aspetto, tecnico, tattico e fisico: ormai c’è
un’organizzazione tale per cui
le figure possono anche cambiare, ma la struttura resta. Un
altro punto è fondamentale: il
nostro programma di crescita
è sempre rapportato alle esigenze del singolo, perché è
vero che il calcio è uno sport di
squadre e nelle amichevoli misuriamo la crescita del gruppo,
ma il nostro principale obiettivo formativo è finalizzato alla
specializzazione del singolo
calciatore”.
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Gianfranco Perla
IL DIRETTORE GENERALE di Guido Guerrieri
PAROLA D’ORDINE
CREDIBILITÀ
“I professionisti
si fidano di noi
e dei nostri talenti”
Guardate questa foto, Gianfranco Perla
con il telefonino incollato all’orecchio e
la faccia concentrata. È l’immagine simbolo del direttore generale del Centro
Formazione Giovani Calciatori, il braccio
destro di Vincenzo Catera fin dall’inizio
del “sogno diventato realtà”. Sempre in
movimento, sempre in contatto: “Negli
anni sono passato da un ruolo di campo
a un ruolo esclusivamente dirigenziale
- spiega Perla - così posso dedicarmi
a tempo pieno a curare i rapporti con le
società professionistiche del Piemonte e
non solo. Organizzo amichevoli e provini, parlo con le società di procura, porto
i nostri ragazzi dove vengono formate le
squadre professionistiche e li sponsorizzo con gli addetti ai lavori, insomma faccio da tramite tra il Centro e il mondo del
professionismo”.
I risultati si vedono, eccome: “A parte Michele Canale, che ormai da quattro anni
è di proprietà del Torino anche se adesso gioca in prestito alla Pro Vercelli, ogni
anno 10-15 dei nostri ragazzi giocano
nelle giovanili di società professionistiche, e la maggior parte viene confermata anche quando esce dal controllo diretto del Centro. E viste le premesse, sarà
così anche nei prossimi anni”. La parola
della svolta è credibilità: “Sì, ormai vantiamo rapporti privilegiati
con tante società professionistiche, basta
vedere quante amichevoli facciamo
ogni anno: Torino,
Juventus, Milan,
Inter, Sampdoria,
Genoa, Modena,
le altre piemontesi come Pro
Vercelli, Cuneo,
Alessandria, Bra, e
sicuramente me ne
dimentico qualcuna. La
differenza la sento ogni giorno: prima
dovevamo cercare tutti noi, le società,
gli allenatori, i giocatori. Adesso abbiamo la fila, dobbiamo fare selezione, a
qualcuno dobbiamo dire no. In 11 anni
che sono qui, ho visto i risultati incredibili dei sacrifici e degli sforzi di Catera, miei e di tutto lo staff. Il Centro
è migliorato in qualità da tutti i punti di
vista. Le strutture sono all’avanguardia, abbiamo i migliori allenatori
sulla piazza, e anche il livello dei
giocatori che selezioniamo è cresciuto tantissimo. Le società professionistiche ormai lo sanno, per questo ci
cercano. E il mio lavoro è diventato più
semplice...” se la ride Perla, di gusto.
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“Giocatori, allenatori,
direttori sportivi,
procuratori, c’è la fila
per lavorare con noi.
Ogni anno piazziamo
10-15 nostri ragazzi
nel professionismo,
e la maggior parte
ci rimane a lungo.
Dopo 11 anni di lavoro
e di sacrifici,
ormai lo sanno tutti
che da noi c’è qualità”
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Gianluigi
Gentile
IL PERSONAGGIO di Orlando Mancini
“Qui metti i ragazzi
in condizione di sapere
qual è la vita
del calciatore professionista,
in campo e fuori dal campo.
E questi ragazzi hanno voglia
di imparare”
L’AMORE
PER IL CALCIO
DA MARCHISIO
AI RAGAZZI
DEL CENTRO
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una vita
alla Juventus
“Il calcio è la mia vita”. Lo ripete
come un tantra, Gianluigi Gentile, e non è difficile credergli.
Basta guardare l’impegno e la
passione con cui allena i ragazzi del Centro
Formazione
Giovani Calciatori. Lo stesso impegno e la
stessa passione che ha messo nel formare gente come
Claudio Marchisio e Paolo De
Ceglie, campioni che ha conosciuto da bambini e che ancora lo cercano, quando hanno
bisogno di un consiglio sincero. Pochi allenatori possono
vantare diciassette stagioni di
Juventus, ma “vantare” non è
la parola giusta, quando si parla di Gianluigi Gentile: “Sono
stato fortunato a vivere tanti
anni di Juve, ci penso adesso che la nuova dirigenza ha
cambiato tutto. Mi piacerebbe
avere un’altra occasione nel
professionismo, ma il
calcio è la
mia vita e
MARCHISIO, DE CEGLIE E GLI ALTRI
Se chiedi a Gentile i campioni che ha contribuito a forgiare,
parte un elenco infinito: Marchisio, De Ceglie, Sorrentino,
Grabbi, Paolucci, Lanzafame, Marrone, Ariaudo, Maniero,
Venitucci, Pasquato e molti altri. Ma forse l’annata cui è
rimasto più legato è quella ‘86. “In quella squadra c’erano
tre fenomeni, uno non ce l’ha fatta, Giovanni Di Natale.
Marchisio era talmente bravo che avevo paura, allenandolo potevi solo rovinarlo. De Ceglie è un giocatore sottovalutato, è un po’ timido, ma ha una tecnica calcistica impressionante, e se gli lasci spazio è devastante”.
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IL PERSONAGGIO di Orlando Mancini
continuo ad allenare”. Ne sono
ben contenti i ragazzi del Centro:
“Qui c’è gente che ha voglia di
imparare - continua Gentile - e
quando vedo la passione negli
occhi di un ragazzo, mi viene più
voglia di trasmettere tutto quello
che ho”. Gentile cura la parte
tecnica degli allenamenti,
ma ha interiorizzato
la filosofia
che
c’è dietro
la scuola di perfezionamento
calcistico costruita da Vincenzo
Catera: “Parto dalla storia di Loris Del Nevo, uno che ha giocato
al Genoa, al Cagliari, uno bravo.
Uscito dalla Primavera è andato
ad Ascoli con l’atteggiamento di
chi dice “io arrivo dalla Juve”. Lì
c’era gente con famiglia, gente
con il mutuo, e ha preso solo
schiaffi. Ma ha imparato e ha
fatto una grande carriera. Ecco,
non tutti i giocatori vanno alla
Juve e al Milan, e noi dobbiamo
preparare questi ragazzi, soprattutto quelli che vengono dal
sud, dove c’è meno possibilità di avere vetrina e
di confrontarsi con il professionismo. Qui li metti
in condizione di sapere
qual è la vita del giocatore
professionista, fuori dal campo
perché vivono lontano da casa,
ma soprattutto in campo. I ragazzi lavorano a 360 gradi, c’è la
preparazione fisica, la tecnica, la
tattica, tutto fatto da gente competente. È come passare dalla
scuola elementare, con un unico
maestro, al liceo, dove ci sono
tanti professori, ognuno con la
sua materia specifica”.
UN MAESTRO
DEL PALLONE
Gianluigi Gentile, 57
anni l’8 giugno portati
con il piglio di un ragazzino, ha fatto Il Settore
giovanile (allora nucleo
di addestramento per
giovani calcatori) alla
Juventus, ma la sua
carriera da calciatore è stata stroncata
dalla pleurite. Il suo
“maestro” in bianconero, Mario Pedrale (lo
scopritore di Bettega,
Causio, Marocchino
e molti altri), allora lo
portò ad allenare al
Gruppo sportivo Lancia,
dove rimase per 8 anni.
Poi 10 anni alla Sisport
Fiat, e finalmente
l’approdo in bianconero,
dove Gentile ha allenato per ben 17 anni, un
record, insieme a tanti
“mister” con cui aveva
giocato nelle giovanili,
tra cui Gasperini, Maggiora e Chiarenza. In
bianconero è partito dai
Pulcini, poi gli Esordienti e i Giovanissimi, fino
a specializzarsi - per 7
stagioni - negli Allievi
secondo anno, quelli
che giocano nei regionali. “Allenare nelle giovanili della Juve è come
dirigere un’industria che
deve creare un prodotto
finito, e il prodotto finito
è il calciatore. Lo scopo
non è vincere le partite,
ma creare il giocatore”.
Lo stesso obiettivo, con
le dovute proporzioni,
che Gentile ha portato
al Centro Formazione
Giovani Calciatori, dove
cura la parte tecnica.
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Nello Santin
il personaggio di Daniele Pallante
Spirito di sacrificio, grinta
e carattere sono le componenti
fondamenteli per emergere:
i ragazzi del C.F.G.C. le hanno,
noi gli insegniamo le basi,
come la marcatura a uomo
il sudore
del campione
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l’Apache
che ha vinto tutto
il personaggio di Daniele Pallante
A Torino, prima di Carlos Tevez,
c’era già un Apache con lo scudetto cucito sulla maglia. Si chiama Nello Santin, oggi ha 68 anni,
e quella maglia, rigorosamente
granata, gli è ancora stampata
addosso. “Non so come sia uscito, quel soprannome, sarà stato
per i capelli lunghi, o per la grinta. Ma io avevo anche tecnica e
classe, venivo dalla scuola di Liedholm, nelle giovanili del Milan”.
Orgoglio e umiltà, la consapevolezza di dove si è partiti e di dove
si è arrivati. Dall’oratorio di San
Giovanni alla Coppa Campioni.
“Ho vinto tutto, è vero, grazie a
dio sono entrato in quel ciclo al
Milan, alla fine degli anni sessanta, io che ero cresciuto lì. Potevo
anche smettere a 24 anni”. Vincere al Milan di Rocco e Rivera è un
conto, vincere al Toro è un altro.
“Eccezionali, i 5 anni al Toro, con
lo Scudetto del 1976 ma con lo
straordinario campionato dei 50
punti l’anno dopo, un altro Scudetto che non ci hanno permesso di vincere, i bianconeri...” Ma
quale maglia è rimasta impressa
più a fondo, sulla pelle di Nello
Santin? “Metà rossonera e metà
granata, perché una volta messa
la maglia del Toro ti rimane, quando calpesti l’erba del Filadelfia, il
campo dei campioni che hanno
dettato legge in tutto il mondo, la
storia ti prende e non te lo dimentichi più”.
Ma qual è il segreto di una carriera del genere, cosa devono
fare i ragazzi di oggi per provarci? “Spirito di sacrificio, prima di
tutto. Non puoi fare serata, non
puoi saltare un allenamento. Io
a 17 anni ero già grande, ero già
professionista. Vengo da una
famiglia di poveri emigranti dal
Veneto, siamo andati da Cinisello Balsamo a Milano solo perché
mio padre ha vinto alla Sisal. Ho
vissuto il dopoguerra, so cosa
vuol dire avere fame, dividere il
pane con 10 fratelli. Quando ho
avuto fortuna con il pallone, mi
sono ricordato com’era
prima e non ho fatto la
fine di tanti altri, quando hai soldi
e gloria non è facile, ma io dopo il
campo andavo a dormire. Prima
o poi la mazzata arriva, solo se
hai carattere riesci a rinascere”.
Qual è stata la tua mazzata?
“L’infortunio in Coppa Campioni
con l’Ajax, ho perso il tram per il
Milan e per la Nazionale, perché
dopo tutte le giovanili azzurre era
il mio momento. La chirurgia non
era come oggi, ho perso 6 mesi e
poi ho deciso di operarmi, contro
il volere del Milan. Poi mi diedero
in prestito a Vincenza, da li con
carattere e voglia sono ritornato
in alto. Ma se non fai sacrifici, non
torni”.
Però al Milan hai avuto anche
grandi maestri, hai diviso lo spogliatoio con personaggi indimenticabili. “Il primo è Trapattoni, campione anche come uomo, si vede
dalla carriera che ha fatto da calciatore e da allenatore. Io andavo
a Milanello a piedi, passava Altafini in Posche e non mi prendeva
su, passava Trap e mi dava un
passaggio sulla sua Millecento, la
differenza è questa, questi sono i
personaggi veri. Anche con Rivera qualche uscita l’abbiamo fatta,
aveva pochi anni più di me ma
era il capitano e comandava tutti.
Era un altro mondo, noi giovani io, Maldera, Prati - portavamo le
borse dei vecchi, io cercavo sempre quella di Rivera o di Maldini.
Vaglielo a dire adesso, ai giovani,
di portare le borse degli altri...”
Tu sei stato scoperto all’oratorio,
quella dimensione di calcio che
Rivera, come presidente Sgs,
voleva riscoprire. Come si fa ad
emergere, oggi? “Una volta si
diventava campioni senza saperlo. Terra battuta, croste sulle
ginocchia che si riaprivano ad
ogni svicolata. Poi passava un
osservatore e ti cambiava la vita.
Da noi è passato prima quello
dell’Inter, ma non mi prese perché ero troppo “picinin”, mi scartò
il grande Meazza. La mia famiglia
era interista, ci rimasi male. Tre
mesi dopo mi prese il Milan, e in
un derby di giovanili Meazza mi
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
ha riconosciuto e si pentì, “hai
visto com’è cresciuto”, diceva.
Oggi è dura, perché sacrifici non
ne fa più nessuno, o li fa chi è povero, ragazzi del sud o stranieri.
Io giocavo con un pallone di carta
e fili di ferro, oggi senza le scarpe
di marca non vanno neanche ai
giardinetti. Ma devi meritartele,
quelle scarpe... ma vallo a dire ai
ragazzi di oggi, o ai loro genitori”.
Beh, i ragazzi del Centro Formazione Giovani Calciatori almeno
un po’ di quella fame ce l’hanno.
“Sì, è un’accademia diversa dalle tradizionali Scuole calcio, da
qui qualcuno può uscire, perché
sono ragazzi che fanno sacrifici,
lontano dalla loro famiglia e dai
genitori, questa è la loro fortuna.
Lo vedi dagli allenamenti: sono
cattivi, reattivi, attenti a quello che
dici, ai movimenti che gli fai vedere. Questi ragazzi hanno fame”.
E tu gli insegni il calcio, dall’alto
della tua esperienza. “Io volevo
fare l’allenatore, avevo iniziato
al Torino, ma l’arrivo di Moggi
mi ha tagliato le gambe. Adesso
insegno ai giovani e mi diverto,
partendo dalla base, stop e passaggio, cosa che nessuno fa più.
Con Catera ci conosciamo da
anni, mi ha chiesto di lavorare
con lui e devo dire che questa è
la miglior realtà che abbia trovato,
non sono dilettanti allo sbaraglio,
è una scuola vera, che insegna il
calcio. Faccio un esempio. Ormai
tutte le squadre giocano a zona,
la marcatura a uomo non esiste
più. Risultato, non ci sono più i
difensori di una volta. Allora, alleniamo la tattica a zona e curiamo i piedi buoni, ma insegnamo
anche la marcatura, nei 16 metri
fa la differenza. Per questo insegniamo a seguire l’uomo, dove
mandarlo nell’uno contro uno,
come stargli dietro senza farlo girare, come saltare di testa senza
perdere di vista né palla né uomo,
i fondamentali, insomma. Se sai
giocare bene a zona, e sai anche
stare sull’uomo, solo così sei un
difensore eccezionale”.
l’ultimo
scudetto
del torino
Nello Santin (Eraclea,
3 luglio 1946), difensore tutto grinta, corsa e
cuore, ha collezionato
274 presenze e 5 gol in
serie A con le maglie di
Milan, Sampdoria, Torino
e Vicenza, più 6 gettoni e
una rete in serie B.
Il Milan lo scova a 13
anni nell’oratorio di San
Giovanni, l’esordio in Serie A arriva nel settembre
del 1963. Sette stagioni
con la maglia rossonera,
non sempre da titolare
ma con un curriculum
impressionante: scudetto
(1967-68); Coppa dei
Campioni (1969),
Coppa Intercontinentale
(1969), Coppa delle
Coppe (1968), Coppa
Italia (1967). Memorabile
l’incredibile salvataggio
sulla linea di porta a
Cudicini battuto nella
semifinale di Coppa dei
Campioni contro il Manchester Utd nel 1969.
Ceduto in prestito al
Lanerossi Vicenza nella
stagione 1970-71, a fine
campionato passa a
titolo definitivo alla Sampdoria, dove rimane tre
anni. Approda nel Torino
di Gigi Radice, in granata
vince da protagonista
lo scudetto 1975-76,
l’ultimo della Maratona.
Da una sua galoppata
scaturì l’autorete di
Re Cecconi e il pareggio esterno contro la
Lazio alla 27ª giornata,
un punto che risultò
fondamentale nella lotta
contro la Juventus per la
conquista del titolo.
Dopo altri tre campionati
sotto la Mole, la cessione
nella stagione 1979-80 al
Vicenza in Serie B.
Meno successi per Santin da allenatore, l’apice
sulla panchina della
SPAL in Serie C2.
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19
Gianluca
Petruzzelli
L’ISTRUTTORE di Guido Guerrieri
UN ALLENATORE EMERGENTE
Grintoso, pignolo, preparatissimo, Gianluca Petruzzelli è
uno dei giovani allenatori emergenti più quotati in Piemonte.
Petruzzelli, classe ‘78, ha smesso di giocare a soli 28 anni
“perché il ginocchio non mi reggeva più”. Centrocampista
centrale, poi difensore, è arrivato fino alla serie D, con Imperia e Valle d’Aosta. Da allenatore Petruzzelli ha guidato per
due stagioni gli Allievi dell’Orbassano, poi la Prima squadra dell’Atletico Gabetto. L’anno successivo è tornato alle
giovanili, vincendo i campionati Allievi e Giovanissimi fascia
B con l’Atletico Gabetto. Così Petruzzelli si è conquistato “sul
campo” la chiamata del professionismo: oggi è un allenatore
del Settore giovanile del Cuneo.
Professionismo,
ecco come si fa
Sono passati ormai quattro
Allenatore
anni da quando Gianluca Petruzzelli ha iniziadel Cuneo,
to il suo percorso con il
Centro Formazione Giovani
Calciatori. “Da quando sono
’istruttore
qui le cose sono cambiate,
migliorate:
più ragazzi, più
della fase
organizzazione, più qualità. Si
vede che è una struttura in condifensiva
tinua crescita. Non per merito
mio, eh...” E invece no, il merito
al Centro:
è anche di personaggi preparati
come Petruzzelli, se la creatura
“Allenamenti di Vincenzo Catera continua a
crescere. Basta sentilo parlare
del suo lavoro per capirlo: “Sono
specifici
tutti i giorni sul campo, io mi ocdella parte tattica. Avendo
per preparare cupo
più tempo di una squadra di
club e quattro istruttori in campo
al meglio
per 20/25 ragazzi, c’è tempo per
curare i particolari, lavorare per
i ragazzi,
reparto, fare esercizi personalizzati. Io in particolare mi occudella difesa, lavoro sulla linea
poi solo chi podifensiva
e sulla fase di possesso
e
non
possesso collettiva.
ha fame può Lavorare sulla
linea difensiva
vuol dire coperture preventive,
emergere”
diagonali, uscita del centrale
20 CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
o dell’esterno, copertura della
porta, impostazione del corpo in
base alla posizione della palla,
eccetera. Nella tattica collettiva
di non possesso, cerco sempre
di inculcare nei ragazzi concetti
come pressione e intensità, raddoppi e squadra corta, massimo
30-35 metri, e lavoriamo per indirizzare l’avversario dove lo vogliamo mandare noi, non dove
vuole andare lui. Invece in fase
di costruzione studiamo come
metterci in campo per prendere
ampiezza e dare sempre soluzioni predefinite al portatore di
palla. Se la palla dal portiere va
all’esterno basso piuttosto che
al centrale, tutta la squadra si
deve muovere per creare l’azione offensiva”. Con un lavoro del
genere, come dice Petruzzelli,
“se uno ha delle potenzialità,
qui vengono fuori”. Poi sta ai
ragazzi giocarsi le proprie carte:
“Noi li prepariamo al meglio, ma
in campo ci vanno loro. C’è una
cosa che non si può insegnare:
la personalità. Di sicuro qui parecchi hanno fame, e solo chi ha
fame emerge”.
Petruzzelli sa bene quello che
dice, quando parla di professionismo, perché allena - nelle giovanili del Cuneo - ragazzi che
sono già a metà strada, nel percorso verso il professionismo:
“Alleno una buona squadra,
con 4/5 elementi di prospettiva,
un gruppo in crescita, come dimostrano anche i risultati. Sono
tante le differenze rispetto alle
società dilettantistiche: nell’organizzazione societaria, nella
disponibilità dei ragazzi, in campo c’è più qualità e un ritmo di
gioco più alto”. Un’esperienza
professionale che ha dei risvolti
positivi anche per il Centro Formazione Giovani Calciatori: “I
ragazzi del Centro che giocano
con me a Cuneo sono migliorati
tantissimo, dal confronto con
una realtà professionistica, e
ovviamente anch’io aumento
quotidianamente il mio bagaglio
di esperienze che poi riporto ai
ragazzi del Centro. Inoltre vedi
più facilmente a che punto di
crescita sono effettivamente i
ragazzi”.
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Sergio Colajanni
“Allenare i giovani
è una missione”
L’ISTRUTTORE di Giacomo Tonello
Da Enna a Torino
carico di entusiasmo:
“È stata una scelta di vita.
Nel mio percorso professionale
mi mancava l’’accademia,
stare al fianco dei ragazzi
12 ore al giorno e farli crescere
non solo sul campo”.
Dalla Sicilia al Piemonte, da
Enna a Torino per coltivare un
sogno e inseguire un pallone.
Non è la storia di uno dei tanti ragazzi scelti dal Centro Formazione Giovani Calciatori, ma di Sergio Colajanni, che del C.F.G.C.
è istruttore, preparatore atletico
e anche tutor, oltre a mantenere
il ruolo di coordinatore territoriale
per la Sicilia.
“Per me è stata una vera e propria scelta di vita. Nel mio percorso professionale mi mancava
l’esperieza dell’accademia, stare
al fianco dei ragazzi 12 ore al
giorno, non solo sul campo. È un
lavoro molto duro e una responsabilità importante, ti tiene impegnato dal mattino alla sera e ti
impegna a 360 gradi, ma sono
felice perché faccio quello che
mi piace, io vivo di calcio e mi
nutro della positività dei ragazzi.
Se devo riassumere il mio stato
d’animo in una frase, lavorare
per il Centro Formazione Giovani Calciatori è un’esperienza
meravigliosa”.
Trasuda entusiasmo, Sergio Colajanni, quando indossa la tuta
del Centro e parla della sua vita
da allenatore, che definisce “una
missione, quando lavori con i
giovani”. Colajanni ha appeso
le scarpette al chiodo già a 25
anni, perché il suo vero obiettivo
era quello di sedere in panchina,
ma con i gradi di allenatore. “Ho
allenato tutte le categorie: nelle
giovanili ho fatto tanti anni di Allievi e Juniores, tra i dilettanti ho
giudato squadre dalla Seconda
categoria all’Eccellenza, e ho
sempre ottenuto buoni risultati,
vincendo numerosi campionati.
Un’altra esperienza importante
della mia carriera è stata quella
di selezionatore della rappresentativa provinciale Allievi di Enna.
Nonostante guidassi la provincia
più piccola della Sicilia, al cospetto di colossi come la provincia di Palermo, in tre anni abbiamo sempre vinto il nostro girone.
È la dimostrazione, se ancora
ce ne fosse bisogno, che con la
programmazione e con il lavoro i
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
ragazzi crescono, ovunque e in
qualsiasi condizione, ed è solo
questa la chiave per ottenere risultati e soddisfazioni”.
Poi è arrivata la chiamata del
Centro Formazione Giovani Calciatori: “Mi ha contattato Vincenzo Catera - racconta Colajanni
- e mi ha detto che mi voleva
come istruttore nella sua accademia, o almeno come coordinatore per la provincia di Enna
e l’intera Sicilia. Io ho accettato
subito questa doppia proposta,
perché va bene fare il coordinatore, tenere i rapporti con il
territorio e segnalare i migliori
prospetti, ma io ho bisogno del
campo, voglio pensare calcio
dalla mattina alla sera, e questa
nuova esperienza che mi ha portato a cambiare tutto e a vivere a
Torino è uno stimolo a studiare,
a migliorare, a crescere anch’io
come allenatore”.
Colajanni, nel giro di pochi mesi,
è diventato subito una colonna portante nella struttura del
Centro Formazione Giovani
Calciatori. Lavora con i ragazzi
sul campo, tutti i giorni, insieme
agli altri istruttori, “e quando sei
al fianco di personaggi come
Santin e Gentile, hai tante cose
da osservare e da imparare”.
Non solo, perché Colajanni vive
all’hotel Arcadia, dove alloggiano i ragazzi, e condivide quindi
con Marco Russo la responsabilità di seguirli anche nel percorso
di studi e nelle esigenze quotidiane. Ma questo impegno non
spaventa Sergio Colajanni, anzi:
“Primo, come dico sempre, lavorare con i giovani non è un semplice lavoro, è una missione. Poi
allenare i giovani è più difficile
che allenare i grandi, sono due
settori che richiedono linguaggi ed esperienze diverse. Con i
piccoli un istruttore deve sempre
proporre esempi positivi, e non
solo da punto di vista tecnico,
perché la crescita umana e caratteriale dev’essere sempre in
primo piano”. Esattamente la filosofia del C.F.G.C.
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Fabrizio Capodici
IL PREPARATORE DEI PORTIERI di Daniele Pallante
LA PASSIONE
È una storia da raccontare,
quella di Fabrizio Capodici. C’è
passione, c’è fatica, ci sono sogni e sfortuna. C’è una carriera
da professionista conquistata e
svanita, per colpa di un ginocchio che ha fatto crack, “e il treno
è passato”, racconta con voce
ferma, ma non senza rimpianto.
E c’è una seconda vita, scandita dalla saggezza popolare che
sentenzia: non è forte chi non
cade, ma chi cade ed è capace
di rialzarsi. Ecco, forse questa è
la vera “grandezza sportiva” di
Fabrizio Capodici. Il treno del
professionismo è passato, ma
con la stessa passione, la stessa grinta e la stessa ambizione
(e gli stessi guantoni, anche
se negli anni ne avrà cambiati
parecchi...) c’è una carriera da
preparatore dei portieri da portare avanti, per trasmettere ai
giovani la propria esperienza e
gonfiare il petto quando uno dei
tuoi allievi spicca il salto verso il
professionismo. “Lavoro da due
anni con Vincenzo Catera - racconta il portierone - e i risultati ci
hanno subito dato ragione. Due
ragazzi che ho allenato l’anno
scorso adesso giocano uno a
Perugia, l’altro all’Alessandria.
Queste sono soddisfazioni”. Il
22
La Juve Giovanissimi allenata da Schincaglia:
Capodici è in piedi a destra, accosciati
ci sono De Ceglie (il terzo) e Marchisio (il penultimo)
lavoro quotidiano con il Centro
Formazione Giovani Calciatori
(che divide con il giovane Andrea Sperandio) è una parte
della “seconda vita” di Fabrizio
Capodici, che fa il preparatore
dei portieri anche in una scuola
personale e per alcune società dilettantistiche. Ma è fuori di
dubbio che la sua storia, oltre
alle sue evidenti capacità, affascinano i ragazzi che allena: “I
ragazzi mi seguono e imparano, in particolare quelli selezionati dal C.F.G.C. sono educati
e mi danno sempre la massima
disponibilità. Vengono dal sud,
hanno lasciato la loro casa per
inseguire il sogno di diventare
calciatori, è ovvio che sono più
affamati e più disposti al sacrificio. Un ragazzo che viene qui a
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
Torino da una regione del sud e
lascia tutto per coltivare la sua
passione è da apprezzare a
prescindere. Poi questi ragazzi
sono anche bravi...” E la capacità di Capodici - come di tutto
lo staff di professionisti messo
insieme da Enzo Catera - è proprio quella di esaltare questa
bravura, di affinare le doti naturali: “Ad allenare i portieri ho imparato da Gandini, a Piacenza,
il mio mentore, il più bravo di tutti, uno che è stato vent’anni con
Novellino. Con lui sono cresciuti
portieri come Coppola, che negli anni è rimasto un mio grande
amico, e Puggioni. La ricetta è
semplice: devi adattare i metodi
di allenamento al portiere che
hai davanti, e non viceversa. Se
non sai camminare, non posso
insegnarti a correre. Allenamenti personalizzati e specifici,
rispetto alle qualità e ai difetti di
ciascuno. Tutto qui”. Il rapporto
che si instaura tra l’allievo di
un’accademia calcistica e un
istruttore è quindi particolare, va
al di là del semplice rapporto tra
giocatore e allenatore: “Mi informo di come vanno a scuola,
chiedo come sono andati nelle
loro squadre di club, insomma
li seguo anche fuori dal campo.
Per questo, quando uno riesce
ad entrare in una società professionistica, la soddisfazione
è doppia”.
Un po’ di teoria, infine, non guasta, soprattutto con un numero
1 del livello di Fabrizio
Capodici. Sul portiere
c’è tanta letteratura, che
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storia di un numero 1
IL PREPARATORE DEI PORTIERI di Daniele Pallante
NEI GUANTONI
La ricetta per formare
grandi portieri:
“Lavoro personalizzato
sulle qualità del singolo,
tranquillità nell’accettare
gli errori e tanto coraggio”
ruolo è per davvero, è solo
leggenda che i portieri sono
tutti pazzi? “Il ruolo del portiere è unico e particolare. Un po’
pazzo devi esserlo, sì, se no
come fai a buttarti con la faccia
e con le mani sui piedi di uno
che sta calciando in porta? O
come fai a buttarti su qualunque terreno di gioco, pioggia,
fango o terra dura che ci sia?
Il coraggio penso che debba
essere la caratteristica principale di un buon portiere, il
coraggio e la giusta spavalderia. Poi da solo il coraggio non
basta, ovviamente. Servono
doti naturali, serve una grande
preparazione tecnica e serve
tranquillità”. Infatti il
lavoro di preparazione
di un giovane portiere,
oltre alla preparazione fisica
e tecnica, prevede un grande
lavoro sulla testa del giovane:
“Io prima di tutto cerco di trasmettere tranquillità. Ai ragazzi
dico di non preoccuparsi, di
non fissarsi sull’errore. Sbaglia
Buffon che è il portiere più forte
del mondo, possono sbagliare
anche loro. L’errore del portiere salta subito all’occhio, non
c’è nessuno dietro che possa
rimediare, e quasi sempre vuol
dire beccarsi un gol. Ma l’errore è inevitabile, prima o poi,
per questo non deve diventare
un problema: bisogna capire
cosa si sbaglia per evitare di
ripetere gli stessi errori, per
migliorarsi, ma sempre con
tranquillità”.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
LA CARRIERA
Fabrizio Capodici (Venaria, 24 gennaio 1986), il “fisic du role”
del portiere ce l’ha tutto: 1.94 di altezza per 86 kg. I primi
guantoni li ha indossati a Venaria, a 8 anni, ma la Juve si è
subito accorta di lui e lo ha portato a casa. In bianconero Capodici fa tutta la trafila delle giovaili (a parte la stagione degli
Allievi nazionali, in prestito alla Pro Vercelli), fino alla Berretti,
con cui vince lo Scudetto. Era la squadra di Marchisio, De
Ceglie e di Giovinco, mica male. Già a 17 anni Capodici si
affaccia nel calcio dei grandi. Due le stagioni in serie D, prima
a Cenate (Bergamo), poi all’Uso Calcio (Brescia), con cui
vince la Coppa Italia. Arriva la chiamata dalla rappresentativa
di serie D, lo vogliono il ct Berrettini e il preparatore dei portieri Pazzagli. Con la selezione azzurra partecipa al torneo di
Viareggio, e con grandi prestazioni conquista un posto in top
11 (insieme a gente come Cavani, allora al Danubio, e Cerci).
Tutti lo vogliono, lo prende il Piacenza, in serie B, per fare il
dodicesimo del titolare Coppola. Capodici firma per 5 anni,
ma quando la sua carriera di portiere entra nel vivo, arriva
la mazzata: operazione al tendine rotuleo, un anno e mezzo
di stop. La sfortuna si accanisce: l’esordio tra i professionisti sfuma per problemi con il procuratore (c’è una causa in
corso), il Piacenza nel 2011 fallisce, quando Capodici aveva
appena rescisso. Ricomincia dalla serie D a Chiavari, poi
Eccellenza a Gaeta, Prima categoria all’Atletico Villaretto, ancora serie D a Chieri. Ma oggi Capodici si sente prima di tutto
un allenatore, un preparatore dei portieri: ha una sua scuola
personale (Goalkeeper School Fabrizio Capodici) con una
trentina di iscritti, collabora con il Centro Formazione Giovani
Calciatori e con un paio di società dilettantistiche (Atletico
Gabetto e Cenisia), partecipa ai camp estivi con il Torino.
Una nuova vita, ma sempre con i guantoni.
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23
Andrea
Sperandio
L’ISTRUTTORE di Giacomo Tonello
Classe ‘92, da quest’anno
preparatore dei portieri:
“Ho ancora tanto
da imparare, ma voglio
trasmettere la passione
per questo ruolo”
“Portiere?
Non lo scegli, lo sei”
Per essere un giovane portiere
classe ‘92, Andrea Sperandio
ha le idee molto chiare. Sul ruolo, sulla sua carriera, sulla formazione degli estremi difensori
ancora più giovani di lui, che in
parallelo al “mestiere” di calciatore ha iniziato anche a fare il
preparatore.
“Ho iniziato a 6 anni - racconta
Andrea - subito come portiere,
anche ai giardinetti con gli amici
giocavo in porta. È un ruolo che
non scegli, o sei portiere o non
lo sei”. Portiere per passione,
portiere “perché mi piace proprio, te lo senti dentro”. Un po’
matto, come devono essere i
portieri? “No, quello è un luogo
comune. Il portiere deve avere grande personalità, e deve
essere quello più razionale di
tutti, perché in una frazione di
secondo devi prendere una
decisione, e deve essere la decisione giusta, perché l’errore
del portiere è l’unico non rimediabile. Sbaglia l’attaccante ma
ha l’occasione di rifarsi, sbaglia
il centrocampista e dietro c’è il
difensore, sbaglia il difensore
24
e c’è ancora chi può rimediare,
l’unico che non può sbagliare è
il portiere, dalle sue decisioni dipende il successo o l’insuccesso di tutta la squadra”. Eppure
capita, l’errore... “Eh sì - ricorda
Andrea - una volta mi sono buttato in porta un cross innocuo
proveniente dalla trequarti. Ma
capitano anche i miracoli, quelli che salvano il risultato. Ogni
tanto vado a rivedermi un video
su youtube, Pro Imperia-Asti di
serie D, colpo di testa da due
passi dell’attaccante e non so
come ho fatto a toglierla dalla
porta, una grande soddisfazione. Ricordo ancora che l’attaccante mi ha mandato a quel
paese, ma alla fine è venuto a
farmi i complimenti”.
Sette anni al Rivalta, poi quattro stagioni al Chisola - con un
titolo regionale perso per tanto
così, nella finale con il Paradiso
Collegno - e finalmente la chiamata dal professionismo. “Mi
ha preso la Valenzana - continua Andrea Sperandio - e lì ho
giocato negli Allievi nazionali,
in Berretti e in Prima squadra,
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
con tanto di tre panchine in
Lega Pro, purtroppo senza fare
l’esordio nei professionisti. L’anno dopo sono andato ad Asti,
28 presenze da titolare in serie
D, quindi Corneliano in Promozione e Atletico Gabetto in
Eccellenza”. Poi la possibilità di
iniziare come preparatore atletico, a soli 22 anni appena compiuti: “Alla Gabetto mi allena
Capodici, che è molto impegnato come preparatore, quindi mi
ha chiesto di dargli una mano, e
lo faccio molto volentieri. Nella
mia carriera ho avuto tanti allenatori bravi, come Biagio Micale alla Valenzana, e anche se
ho ancora tanto da imparare,
mi piace trasmettere quello che
so ai giovani. La prima cosa da
trasmettere, al di là degli aspetti
tecnici, è la passione per questo ruolo, il più bello e decisivo
tra tutti nel gioco del calcio”
Ormai Andrea Sperandio è un
elemento fisso nella squadra
del Centro Formazione Giovani Calciatori: “Ne avevo sentito
parlare - spiega il giovane preparatore - ma vivere dal di den-
tro questa realtà è tutta un’altra
cosa. C’è una struttura molto
organizzata, di stampo professionale, perché c’è una cura dei
dettagli pazzesca, dal materiale
per gli allenamenti allo staff tecnico, dai programmi di allenamento al livello dei giocatori, tutto è di altissima qualità”. Sono i
giovani giocatori, il nucleo vitale
del C.F.G.C., e Andrea Sperandio lo sa perfettamente: “A 16
anni sono uscito di casa per
andare alla Valenzana, posso
capire questi ragazzi anche
più giovani che sono venuti
qui a Torino dalle regioni del
sud, anche se la loro scelta è
ancora più radicale della mia,
e per questo più ammirevole. Devi avere tanta passione
per fare un passo del genere,
e devi credere fermamente di
potercela fare, ad emergere nel
mondo del calcio. Tutti i ragazzi
del Centro Formazione Giovani
Calciatori sono da apprezzare,
per questo, e il nostro compito è
fare del nostro meglio per
aiutarli a realizzare il loro
sogno”.
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Antonio Petrone
L’UOMO DELLA TECNOLOGIA di Orlando Mancini
IL PALLONE
NEL COMPUTER
Antonio Petrone è
un antesignano della
tecnologia applicata al
calcio. Nel 2002 ha “inventato” un programma informatico capace
di leggere una partita,
un sistema in grado di
snocciolare i 90 minuti
di gioco in ogni singola
frazione. In pratica, si
tratta di un programma
che suddivide il filmato
della partita nelle sue
azioni di gioco (circa
200, in media) e le
cataloga automaticamente in varie fasi.
Un’archiviazione che
permette allo staff tecnico di ridurre i tempi
di analisi e di proporre
alla squadra solo le
azioni utili negli specifici momenti didattici.
Questo sistema è stato
applicato, per la prima
volta, alla Primavera della Juve nella
stagione 2002-03, con
Gasperini allenatore
e in campo, tra gli
altri, Palladino Konko,
Paro, Mirante, Scicchitano, Giovinco. Poi
Petrone ha lavorato
sempre con Gasperini
al Crotone e al Genoa,
all’Udinese con Cosmi
e al Canavese con
Storgato. “Facevo
parte del team - spiega
Petrone - guardavo
la partita con il mio
programma e mi
rapportavo all’allenatore per decidere
cosa far vedere ai
ragazzi. Quando ero
in ritiro in Austria con il
Genoa, anche Mourinho è venuto a vedere
cosa facevamo. E mi
risulta che continua a
lavorare secondo
metodologie simili”.
Il calcio
è una scienza
(quasi) esatta
Un po’ allenatore, un po’ scienziato, un po’ stregone, Antonio
Petrone è un personaggio davvero particolare. Nel 2002, con
il suo innovativo programma
capace di “leggere” e rendere
frubile a livello didattico il filmato
di una partita “ho inventato un
mestiere nuovo, Sky non faceva ancora le cose che fa oggi”.
Con la sua invenzione, Petrone
ha fatto una trasmissione televisica - “Giovani in gol” -, una sorta di reality che seguiva la vita
quotidiana di una squadra dilettantistica, ha sempre allenato
(la Mappanese, poi la juniores
nazionale del Casale, da 6 anni
guida il Leinì) e ha collaborato
con tante società professionistiche, Genoa e Udinese su tutte.
“Adesso utilizzo questa tecnologia - spiega Antonio Petrone anche per il Centro Formazione
Giovani Calciatori di Catera, seguo le amichevoli. Filmo la partita, il programma la suddivide
e cataloga nelle sue varie fasi,
insieme a Catera e al suo staff
la anlizziamo per poi riproporla
ai ragazzi. Ho condotto qualche allenamento e mi ha colpito
quanto i ragazzi assorbano dal
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
“Il mio programma
permette di analizzare
una partita nelle sue circa
200 azioni di gioco:
l’ho applicato con Juve,
Genoa, Udinese, adesso
anche con il Centro”
punto di vista dell’insegnamento, si vede che hanno voglia
di crescere. In un contesto del
genere, è utile applicare queste
tecnologie”.
Petrone ha ben chiari i pro e i
contro del Centro: “Tutti gli anni
c’è un gruppo nuovo, la difficoltà principale è questa. I ragazzi
di questa tornata dal punto di
vista tecnico sono molto bravi,
dal punto di vista tattico stanno
imparando, ma è normale vista
la giovane età. Non essendo
una vera e propria squadra ma
un insieme di ragazzi che verranno collocati in squadre, sono
molto avanti su tecnica e tattica
individuale, più che sul collettivo. Ma è giusto così, il lavoro
individuale è fondamentale per
chi vuole coltivare un sogno”.
Le applicazioni della tecnologia
al Centro, in futuro, potranno
moltiplicarsi: “Molto dipende
dalla materia prima, quindi dalle
selezioni dei giocatori. Applicare la tecnologia ai raduni di selezione si può fare, magari con
esercizi individuali di tecnica di
base prima della partitella, dove
la tensione può giocare brutti
scherzi”.
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25
cerchiamo talenti
in tutta Italia...
...e li troviamo
grazie ai
coordinatori
regionali
I RADUNI DI SELEZIONE di Orlando Mancini
I raduni di selezione, che si
tengono periodicamente in
giro per l’Italia, sono momenti
basilari nella vita del Centro
Formazione Giovani Calciatori, perché permettono di osservare, individuare e reclutare dei giovani promettenti,
da preparare e curare nelle
strutture del C.F.G.C., a Torino. Uno staff di istruttori qualificati e professionali valuta
le qualità degli atleti partecipanti ai raduni. Comunque,
una volta selezionati, i giovani talenti continuano ad essere tenuti sotto osservazione
e, prima di entrare a far parte
“ufficialmente” del Centro,
devono superare anche dei
provini individuali, della durata di circa una settimana, che
si tengono a Torino.
Il cardine su cui gira tutta
l’attività del Centro è, infatti,
formare giocatori adeguati
alle esigenze delle società
professionistiche. La scelta
degli elementi potenzialmente validi - dal punto di vista
non solo fisico e tecnico, ma
anche comportamentale - è
il primo, imprendiscibile tassello del lavoro dello staff del
Centro Formazione Giovani
Calciatori.
Per questo il lavoro che i
coordinatori (personaggi capaci e conosciuti come Pino
26
Vicario e Claudio Agnello in
Sicilia, Carlo Della Volpe in
Calabria, per fare solo alcuni
esempi) svolgono sul territorio è di fondamentale importanza. In ogni regione d’Italia
c’è almeno un coordinatore,
in tutto sono più di trenta.
Particolare attenzione è riservata alle regioni del sud,
per una questione d’origine
e di affetto da parte di Vincenzo Catera, originario della
Calabria, e del suo staff, ma
soprattutto perché nel meridione ci sono meno
strutture e meno possibilità per i giovani.
Che spesso hanno
più “fame”, caratteristica fondamentale per emergere, non solo nel mondo del
calcio.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
I raduni
di selezione
sono la base
del lavoro
sul territorio
www.cfgc.it • [email protected]
dalla Sicilia con furore
Marchese
Vicario
Il Professore Il prossimo
dei giovani è Spataro
I COORDINATORI REGIONALI di Orlando Mancini
Pino Vicario è ormai un personaggio “storico” per il Centro
Formazione Giovani Calciatori.
Uno di quegli uomini di calcio
che nei giovani crede davvero.
Direttore sportivo della Mamertina, sta facendo un campionato
di Promozione con un gruppo
giovanissimo: “Ha già esordito
- racconta Vicario - un ‘98, Manuel Spataro, che ha gli occhi
addosso di Catania e Palermo.
E stiamo rilanciando una vecchia conoscenza del Centro,
quel Matteo Serio ancora di
proprietà del Valle d’Aosta, che
abbiamo preso in prestito per
farlo recuperare da un lungo
infortunio. Da quando è tornato,
siamo imbattuti”. La Mamertina,
in collaborazione con con la
Scuola calcio New Idols, fa un
Che personaggio, il professor
Marchese: 63 anni, di casa ad
Acireale “al confine tra Catania
e Messina, con l’Etna che ci
domina”, insegnante negli istituti tecnici, una passione grande
così per il calcio vissuta in tutte le
sue dimensioni. Calciatore fino
all’Interregionale, allenatore con
esperienze fino alla serie C, poi
una vita nella Scuola calcio, “fino
a due anni fa, perché un allenatore ha bisogno di una dirigenza
solida che condivida i suoi principi”. Ovvero, il bene dei ragazzi
prima di tutto, come formazione
e come opportunità. “Per questo
mi sento gratificato con questa
mia nuova attività di coordinatore del CFGC. Vado a scoprire
talenti in zone spesso trascurate,
poi sono Enzo e i suoi
collaboratori a fare le
selezioni, prima qui, poi
importante lavoro sul territorio,
che nella collaborazione con
Catera ha uno sbocco importante verso il professionismo: “Finora ho portato 4/5 ragazzi, altri
saliranno per lo stage di giugno,
ma è sempre difficile perché noi
siciliani siamo troppo mammoni... Qui ci sono talenti a non finire, ma per andare fino a Torino,
dove ci sono opportunità maggiori, devi affrontare tanti sacrifici. Io conosco bene la realtà del
Centro, so come lavora Enzo,
quanta passione ci mette. È partito da zero, ora ha una struttura
impressionamnte dal punto di
vista logistico e soprattutto tecnico, vedi Gentile e Santin. Per
questo sono tranquillo ogni volta
che gli segnalo un ragazzo”.
a Torino. Solo i più bravi vengono scelti nel Centro Formazione
Giovani Calciatori, dove vengono allenati in modo professionale, senza trascurare mai lo studio
e l’educazione”. Una collaborazione già proficua: “Vaccarello,
che ha provato anche nel Torino,
gioca nei Giovanissimi nazionali
del Catania. In 2 anni di collaborazione, ho mandato 25 ragazzi,
tanti giocano nei professionisti.
In generale, ho visto lo staff del
Centro lavorare e ho toccato con
mano la loro serietà. Un esempio: ho mandato un portiere di
Acireale del ‘98, bravo davvero
ma un po’ sovrappeso Dopo due
mesi, è tornato che neanche la
mamma lo ricosceva più... Insomma, per sfondare nel calcio
serve anche la fortuna, ma la fortuna va coltivata”.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
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Mimmo Galeano
185 gol “tutti di sinistro”
Adesso “scopro i talenti”
I COORDINATORI REGIONALI di Orlando Mancini
“Le punizioni dal limite, per me,
erano come un calcio di rigore”.
Parola di Mimmo Galeano, classe ‘70, 185 gol nella sua carriera
da professionista, “quasi tutti di
sinistro, perché il destro lo uso
solo per salire sul pulman”. Uno
nato non con la camicia - “la
mia scuola è stata la strada” ma con il numero dieci tatuato
sulla schiena. Oggi Galeano ha
aperto una scuola calcio a Pizzo Calabro (in provincia di Vibo
Valentia) e fa l’osservatore per
il Centro Formazione Giovani
Calciatori, ma la sua carriera nel
calcio è tutta da raccontare. “A
17 anni ero ad Alessandria, ci
sono arrivato perché sono del
paese di Mimmo Fanello, attaccante che in Grigio ha fatto 29
gol nell’86/’87. Mi hanno subito
convocato in Prima squadra,
ma giocavo con la Primavera.
L’anno dopo sono andato a
Biella, ma lì dovevano giocare
i ragazzi in prestito dalla Sampdoria, così ho mandato a quel
paese l’allenatore e sono tornato giù. Gianni Di Marzio mi ha
visto nella rappresentativa nazionale e mi ha voluto a Cosenza, in serie B, dove Eddy Reja
mi ha fatto esordire in Prima
squadra. Avevo 20 anni, mi ha
fatto fare il terzino fludificante, io
gli ho detto: ‘mister, pure in porta, basta che gioco’. A Cosenza
ho fatto 16 presenze e un gol,
ma poi il nuovo allenatore si è
portato un nuovo trequartista e
io ho cambiato squadra. La mia
carriera l’ho fatta tutta in serie C:
Bisceglia, Monopoli, Catanzaro,
Lamezia, Frosinone. Dei miei
185 gol più della metà li ho fatti
su palla inattiva. Tutti avevano
paura, quando c’era una punizione dal limite...” Una carriera
lunga e piena di soddisfazioni,
ma forse meno prestigiosa di
28
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
quanto il suo sinistro avrebbe
meritato: “Non ho mai avuto un
procuratore, oggi chi ha talento
ha molte più possibilità. Ma meglio una carriera da protagonista in una serie minore, in cui ti
diverti e fai valere la tua forza,
piuttosto che fare panchina un
po’ più su”.
Da due anni Galeano ha aperto
la Scuola calcio “All Stars” insieme al suo socio Francesco Pucciano, e collabora con il Centro
Formazione Giovani Calciatori
di Vincenzo Catera, “che conosco e stimo da una vita, come
uomo e come calciatore, siamo
stati tutti e due a Catanzaro, anche se in anni diversi”. Galeano
fa un grande lavoro sul territorio,
“organizzo raduni e, se vedo un
ragazzo forte, lo segnalo. Al sud
ci sono poche strutture e poche
possibilità, non c’è cultura calcistica, anche se è qui che ci
sono talenti e fame, quella che
permette di fare strada. Ma qui i
ragazzi si perdono, per emergere bisogna salire al nord, dove
c’è più visibilità, più professionalità. Il Centro dà questa grande
opportunità ai ragazzi, certo
bisogna fare dei sacrifici, ma
almeno possono provarci”. La
collaborazione tra Galeano e il
C.F.G.C. ha già dato i suoi frutti:
“Finora ho mandato tre ragazzi, due della mia scuola calcio.
Credo così tanto nel progetto
che ho mandato anche mio figlio Francesco, anche lui è tutto
mancino: la tecnica ce l’ha, deve
formarsi un po’ il carattere. Non
voglio imporgli di fare il calciatore, io gli ho dato la possibilità di
farlo, e nel frattempo non deve
mollare con lo studio. In ogni
caso è un’importante esperienza di vita e di crescita, poi sta a
lui giocarsi le sue carte”.
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obiettivo sulla Calabria
Belardo Della Volpe
La filosofia Carattere
del lavoro
e grinta
I COORDINATORI REGIONALI di Orlando Mancini
“Ero un mediano, un cursore,
tipo Tardelli o Gattuso, generoso in campo. Il gol? 2 o 3 all’anno capitavano...” La carriera di
Carlo Della Volpe ha sfiorato il
paradiso della serie A - tutte le
giovanili con il Napoli, con tanto
di scudetto Primavera e finale di Coppa Italia persa con la
Juve - ma si è poi concretizzata in serie C: 3 anni a Crotone,
altri 3 a Cosenza e Messina,
una stagione a Teramo e una a
Livorno, con tre promozioni dalla C2 alla C1: “Ho fatto il vagabondo per il calcio, ma lo rifarei
subito, fai una bella vita e la professione che ti piace”. Insomma
Della Volpe è uno che sa di
cosa parla, quando fa l’allenatore. Oggi ha una Scuola calcio
tutta sua, ad Acrì in provincia
di Cosenza (50 ragazzi 6-14
anni), dopo tante esperienze su
Mirto Crosia, provincia di Cosenza, Scuola calcio Elisir.
Sono queste le coordinate di
Domenico Belardo, presidente
di una società di puro Settore
giovanile nata nell’89 che oggi
conta più di 100 iscritti e un
centro sportivo all’avanguardia,
con campi in erba sintetica, tribuna, bar e ristorante. “Siamo
partiti da un campo di calcetto,
poi un altro e così via. Lavorando seriamente si ottiene tutto”,
è la filosofia di Belardo. La società Elisir è affiliata al Cesena,
“ma io preferisco lavorare con
Catera, persona seria, e con
il Centro Formazione Giovani
Calciatori, una realtà che... non
ci sono parole per descriverla.
Basti dire che in questi
anni di proficua collaborazione ho mandato
panchine di giovanili e dilettanti.
“Se vuoi emergere devi avere
rabbia, cattiveria agonistica in
ogni contrasto, forse me n’è
mancata un pizzico per arrivare in serie A, ma adesso voglio
trasmetterla ai ragazzi, anche
se non è facile, perché oggi i
ragazzi hanno tutto quello che
vogliono. Lo sport fa bene alla
salute ed è un divertimento, ma
se uno vuole diventare calciatore, servono i sacrifici. La parte
atletica, nel calcio moderno, è
fondamentale, ma piedi e corsa
non bastano, senza carattere,
fortuna, personalità, fame”. E
le occasioni giuste: “Per questo
collaboro con Catera, in questi
anni gli ho mandato tanti ragazzi, adesso ne ho 5/6 veramente
interessanti, annate ‘99 e 2000,
se uno esce fuori ho fatto la mia
fortuna...”
a Torino una quindicina di ragazzi e tra questi anche mio figlio, che è al Centro da due anni
e adesso gioca nella Juniores
nazionale dell’Aosta”. Il motivo
di questa fiducia è semplice:
“Il percorso calcistico è lungo
e non facile - spiega Belardo -,
un conto è arrivare nel professionismo, un altro è rimanerci.
Il Centro Formazione Giovani
Calciatori è un trampolino di lancio, i ragazzi lavorano sei giorni
su sei con allenatori e metodologie degne del professionismo,
un tipo di preparazione che non
è possibile nelle società come
la nostra. Solo attraverso la valorizzazione al cento per cento
delle potenzialità, un ragazzo
può provare a emergere nel
mondo del calcio”.
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Calabria mon amour
Pirrone, Scalise, Scigliano
e Zarà a caccia di prospetti
I COORDINATORI REGIONALI di Giacomo Tonello
La Calabria è la terra natale di
Catera, Perla e Russo, logica
conseguenza è la particolare
attenzione riservata a questa
regione splendida ma poco valorizzata.
ROBERTO PIRRONE
“Non c’era spazio per i ragazzi, così insieme ad alcuni amici
abbiamo fondato la Nuova Polisportiva Atletico Imperiale. Abbiamo una ventina di ragazzi,
non male in un paese di mille
abitanti. Meglio pochi ma buoni,
visto che siamo primi nel girone
di Csi in cui giochiamo”. Parole
e musica di Roberto Pirrone da
Rocca Imperiale, allenatore tesserato Uefa - “per lavorare con
i ragazzi, bisogna essere qualificati” - e importante riferimento
per il C.F.G.C. nella provincia di
Cosenza: “Con Vincenzo c’è una
bella collaborazione - spiega Pirrone - mi piace il suo progetto
non solo per quello che offre ai
ragazzi che salgono a Torino, ma
perché dà un punto di riferimento
e dei nuovi stimoli a tutti i ragazzi
della nostra Scuola calcio, che
hanno bisogno di obiettivi importanti per impegnarsi al massimo
nel lavoro di tutti i giorni”.
ENZO SCALISE
è un vero personaggio Enzo
Scalise, 65 anni, fondatore,
presidente e allenatore della
“personalissima” Scuola calcio Scalisiana, che divide i suoi
30
campi tra Roseto Capo Spulico
e Trebisacce: “Facciamo tutto io
e mia moglie, dai Primi calci agli
Esordienti. La sede sociale è il
portabagli della mia macchina...”
spiega il vulcanico Scalise, vero
scopritore di talenti: “Abbiamo
appena preso, seppur tra mille complicazioni, il premio alla
carriera per Davide Gatto, che
adesso gioca al Lanciano dopo
le esperienze all’Atalanta e al
Pisa, e da poco ha esordito in
Under 21. Suo fratello Massimiliano gioca nella Primavera del
Chievo, mentre Francesco Salandria è nella Primavera della
Reggina. In Piemonte ha giocato
Naglieri, in Lega Pro a Casale,
adesso è finito in bulgaria. E
chissà quanti altri ne sono passati, visto che io li cresco e poi
li dò via, dove hanno più possibilità di emergere.”. La ricetta?
Semplice: “Quando sono piccoli
tutti vogliono giocare, gli dai un
pallone e si “scialano”. Ma tu
li devi far lavorare, e da 25 ne
restano 10, quelli a cui il calcio
piace veramente. Gli fai vedere
il gesto tecnico, loro assorbono,
memorizzano e, quando acquisiscono coordinazione, ripetono il
gesto tecnico”. Un approccio che
si sposa con l’Accademia di Catera: “Conosco Enzo da sempre,
è uno intelligente, umile e preparato, ha fatto sacrifici e messo in
piedi una struttura davvero importante. Adesso, quando ho un
giocatore buono, lo dò a lui”.
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GREGORIO SCIGLIANO
Anche Gregorio Scigliano è un
personaggio a tutto tondo: vicesindaco di Amendolara e grande
appassionato di calcio - “ce l’ho
nell’animo” -, da 40 anni corre
dietro al pallone, prima come
giocatore, oggi come allenatore
di giovanili e scopritore di talenti.
“Da tre anni collaboro con Catera, ho mandato molti ragazzi
in prova anche se, con la crisi
attuale, andare fuori di casa è
sempre più difficile. Ma qualche
bella soddisfazione ce la stiamo togliendo, vedi Matteo Lista,
che gioca negli Allievi nazionali
dell’Alessandria”. La situazione, vista da un “calciofilo” che è
anche un amministratore della
cosa pubblica: “In ambito calcistico e non solo, al sud mancano
le strutture, e anche dal punto di
vista della preparazione al nord
c’è un altro mondo. In particolare, sono stato a None e ho visto
come lavorano Catera e i suoi
collaboratori, ormai il Centro è
una realtà affermata. Per questo
cerco di scovare e possibilmente
mandargli più ragazzi possibili”.
natale zarà
Natale Zarà è uno che il calcio
vero l’ha accarezzato sul serio.
Da 13 a 17 anni nel Settore giovanile del Napoli dal ‘76 all’80
- “Diego l’ho mancato, ma c’era
gente come Chiarugi e Savoldi”
-, già in panchina in serie A a soli
16 anni. “La fortuna di un gioca-
tore passa anche dai suoi allenatori - ricorda Zarà -, Di Marzio
stravedeva per me, ero un centrocampista dai piedi buoni. Poi è
arrivato Corso che non mi vedeva e sono andato via”. Savoia in
c2, poi Ercolanese, un’avventura
al nord nell’anno del militare, poi
sempre in Calabria tra Interregionale ed Eccellenza: “Erano
gironi tosti, andavi in Campania
e Sicilia, se non avevi gli attributi
non entravi neanche in campo”.
Appese le scarpe al chiodo, Zarà
ha preso il patentino da allenatore Uefa e “alleno da 15 anni,
preferisco lavorare con i ragazzi.
Ho una mia società, l’Audax Ravagnese, il quartiere di Reggio
Calabria dove c’è l’aeroporto.
Abbiamo Scuola calcio e Settore
giovanile, e anche una Seconda
categoria, per dare continuità al
lavoro con i ragazzi, ma quelli
bravi cerchiamo di mandarli dove
hanno la possibilità di emergere.
Qualcuno l’ho dato alla Reggina,
qualcuno al Lamezia, e da 5 anni
lavoro insieme a Catera”. Una
collaborazione fruttuosa, perché
nasce dallo stesso obiettivo: “Voglio crescere talenti - continua
Natale Zarà - e portare qualcuno a fare strada nel mondo del
calcio, vincere le partite non mi
interessa. Catera ha una grande
struttura e lavora in modo davvero professionale, per questo
voglio mandargli altri talenti, oltre a quelli che già
sono a Torino”.
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Campania
Puglia
Montone Rocco Russo
Attenzione Per i talenti
da genitore di domani
I COORDINATORI REGIONALI di Giacomo Tonello
“Nella vita ci andrebbero la forza di un giovane e la saggezza
di un vecchio”. Lo sa bene Rocco Russo, 63 anni, che da ragazzino era un grande talento:
“A 16 anni mi ha preso il Genoa,
ma non avevo testa e sono tornato giù”. Inizia così una lunga
carriera in Interregionale, quasi tutta a Rossano, 10 anni da
capitano e il record di 214 gol.
Da idolo della zona: “Gattuso,
mio amico intimo, mi dice sempre: tu dovevi essere lì dove
sono arrivato io. Qui sono nati
tanti campioni, che venivamo a
vedermi giocare: Gattuso è di
Corigliano, Tosto e Cozza del
mio paese, Cariati, dov’è nato
anche Berardi del Sassuolo. E
un paio di giovani sono a Siena,
chissà...” Allenatore patentato
Uefa, Rocco Russo adesso al-
L’autentica passione di Alfonso
Montone per il calcio si concretizza prima di tutto nella carriera
del figlio, che gioca in serie D:
“Seguendolo, ho visto che trafila incredibile e quanti ostacoli
deve superare un ragazzo che
vuole giocare a pallone, per
questo voglio dare una mano
ai ragazzi più giovani, in base
a questa esperienza acquisita
sulla nostra pelle”. Montone è di
Piedimonte Matese, in provincia di Caserta, ha tante amicizie
in Campania ma anche nel Molise (il figlio ha fatto la Berretti
a Campobasso). Ex calciatore
dilettante e allenatore solo per
caso - “non ho tempo, con il
lavoro” - Montone si racconta
così: “Sono un vero
appassionato di calcio.
Mi piace osservare i
lena l’Eccellenza e la Juniores
dell’Audace Rossanese, oltre
ad essere il presidente (da 18
anni) di una Scuola calcio tutta
sua, con ragazzi dai 6 ai 14 anni.
Una fucina di campioni di domani: “Io ho imparato a giocare
a pallone scalzo, sulla sabbia,
esisteva solo il pallone. A me,
per arrivare in alto, è mancata
una figura come quella di Catera, uno che fa capire ai ragazzi
come stanno le cose. Non solo
nella preparazione fisica e tecnica: parti da un paesino e vai
a Torino, qui sei il campione lì
uno dei tanti, devi preparare un
ragazzo a tutto questo, e Catera lo fa, per questo lo apprezzo.
Per questo sono orgoglioso di
fare un lavoro capillare sul territorio di Puglia e Calabria, dove
conosco tutti”.
giovani e segnalarli, in quest’ottica do una mano a Vincenzo
Catera, per vedere se c’è qualcuno di prospettiva in giro per
le Scuole calcio della mia zona.
L’anno scorso ne ho mandati
dieci, tre sono stati scelti, uno è
rimasto a Torino, Umberto Del
Sesto, un ragazzino davvero
promettente. Qui il calcio piace,
ci sono tanti giovani talenti, ma
non ci sono professionisti che
si dedicano esclusivamente a
fare Scuola calcio ad alto livello,
se non in poche società professionistiche. Invece al Centro
Formazione Giovani Calciatori
c’è qualità e serietà, un ragazzo
formato lì ha molte più possibilità, perché il talento non basta,
servono preparazione, costanza, testa e sacrifici”.
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Basilicata coast to coast
Lauria, Perrucci, Polino
e Sisto, una regione
tutta da valorizzare
I COORDINATORI REGIONALI di Giudo Guerrieri
Basilicata coast to coast. Come
nel divertente film di Rocco Papaleo, i coordinatori regionali
del Centro Formazione Giovani Calciatori coprono tutto il
territorio di una regione, calcisticamente parlando, tutta da
scoprire. Michele Lauria, Francesco Perrucci, Pietro Polino e
Michele Sisto: se c’è un talento
sulla costa del mar Ionio, loro lo
troveranno.
MICHELE LAURIA
Ferrandina, provincia di Matera: qui allena Michele Lauria,
che della Scuola calcio del Real
Ferrandina è il responsabile. Da
giocatore è arrivato fino alla serie D - allora Interregionale - con
la maglia del Policoro, ma a soli
26 anni ha appeso le scarpette
al chiodo, per fare l’allenatore,
la sua vera missione. Allenatore
e osservatore, fin dai tempi del
Perugia calcio di Gaucci, una
società all’avanguardia nello
scoprire talenti in territori e categorie che altri non consideravano. Proprio a Perugia Lauria
e Catera si sono conosciuti, in
occasione di uno stage: “Collaboriamo da 7/8 anni, ogni giugno porto un gruppo di ragazzi
a provare a None, poi organizziamo stage sul territorio, l’ultimo l’abbiamo fatto a Pisticci.
Ormai conosco bene il Centro
32
Formazione Giovani Calciatori,
tengono i ragazzi e li preparano
con allenatori di altissimo livello
come Gentile, che è stato una
vita alla Juve, e infine li portano
nel professionismo. Il problema
è rimanere, perché tanti ragazzi
fanno un anno e poi mollano,
per arrivare in alto bisogna sacrificarsi. Adesso speriamo che
ce la faccia Nicolas Casiero, ragazzo di Ferrandina che gioca
al Cuneo”.
il calcio. Ha visto dei miei giocatori a un raduno e ha capito
come lavoro, per questo è nata
la collaborazione. Io sono un
uomo di campo, gli segnalo dei
ragazzi nella speranza di poterli
portare in un’organizzazione
migliore, di stampo professionale, perché qui intorno c’è il
deserto, da quando Potenza e
Matera non sono più nel professionismo, e chi vuole emergere
è costretto ad emigrare”.
FRANCESCO PERRUCCI
Matera è la città di Francesco
Perrucci, che da calciatore ha
militato in Eccellenza nel calcio
a 11, ma è arrivato fino alla serie A2 nel futsal, come capitano
della Iula Matera, con cui ha
anche vinto una Coppa Italia di
serie B. Diplomato Isef e allenatore con il patentino Uefa B, per
14 anni Perrucci ha allenato le
giovanili del Matheola, per poi
passare alla Vigor Matera (qui
con i Pulcini del 2000 ha guadagnato le finali nazionali del
“Sei bravo a...” a Coverciano),
da due anni è tecnico dei Giovanissimi dell’Invicta Matera.
Adesso nella sua carriera c’è
anche la collaborazione con
il Centro Formazione Giovani
Calciatori: “Con Vincenzo ci
siamo piaciuti subito, si vede da
come parla la sua passione per
PIETRO POLINO
Tre anni fa è tornata in vita la
matricola del Potenza Sport
Club 1919, la vecchia società
che era stata in serie B, prima
di fallire. Merito di Pietro Polino,
una vita nel mondo del calcio
come giocatore (Eccellenza
e c1 nel calcio a 5), allenatore
di giovanili e oggi presidentetuttofare “di una bella realtà che
vanta già 200 iscritti, non poco
in un paese di 100mila abitanti.
Io non mi limito a fare il presidente perché sono un uomo
di campo, mi piace allenare e
far crescere i ragazzi. Curiamo
tutti gli aspetti, non solo quelli
calcistici, ma l’educazione è in
primo piano. La nostra parola
d’ordine è qualità”. Su questa
base è nata la collaborazione
con il Centro Formazione Giovani Calciatori: “Ho conosciuto
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
Catera due anni fa, in uno stage
in Calabria. La sua è una realtà
bella e interessante, soprattutto
per territori come il nostro, dove
è impossibile diventare professionisti, Napoli e Bari sono troppo lontane. A nord ci sono più
sbocchi, e per me è un piacere
collaborare con una struttura
che dà la possibilità di emergere ai nostri ragazzi”.
MICHELE SISTO
“Facciamo giocare i ragazzi del
luogo e cerchiamo di valorizzare il territorio”. Michele Sisto
è l’anima della società Pisticci
United S.E.T.A.C., una quarantina di ragazzi della Scuola
calcio più una Prima squadra
piena di ‘96 e ‘97. Da quest’anno collabora con Vincenzo Catera: “È una persona a modo, e
ha il grande pregio di lavorare
con i ragazzi e di dare loro la
possibilità di emergere nel calcio: in Italia i giovani sono poco
valorizzati, chi lavora per farli
crescere è sempre lodevole.
Poi c’è un ragazzo di zona, Giovanni Benedetto, che fa parte
della sua accademia, si trova
bene e ci racconta come si lavora. Per questo è un piacere e
uno stimolo lavorare in questo
contesto, organizzare raduni e
segnalare nuovi talenti”.
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Qui Toscana In Sardegna
Canigiani Carzedda
Passione e il nuovo
talent scout
Sirigu
I COORDINATORI REGIONALI di Giudo Guerrieri
Sardegna, provincia di Nuoro, comune di Siniscola, quasi
12mila abitanti affacciati su
una delle coste più belle del
mondo. Da qui il Centro Formazione Giovani Calciatori
parte alla scoperta di una nuova regione, di un nuovo territorio. Terra fertile, calcisticamente parlando, visto che ha
dato i natali a Salvatore Sirigu,
portiere del Psg e della nazionale italiana. “Si vede che l’aria
di mare fa bene anche al calcio” sorride Michele Carzedda,
nuovo coordinatore regionale
per la Sardegna. Giocatore a
livello dilettantistico, oggi Carzedda è allenatore del La Caletta: “Ho sempre fatto calcio
in zona, adesso alleno Scuola
calcio e giovanili, mai più su
della categoria Giovanissimi,
L’ultimo “acquisto” della squadra di osservatori di Vincenzo
Catera è Riccardo Canigiani,
talent scout di Pistoia e nuovo
coordinatore regionale della
Toscana. Una regione fin qui
non “battuta” dal C.F.G.C., perché fuori dagli abituali confini
territoriali del sud Italia e ricca
di strutture calcistiche all’avanguardia. Ma Catera non è certo
uno che si pone limiti e accetta confini predisposti, né territoriali né tecnologici. Sentite
cosa racconta Canigiani: “Ci
siamo conosciuti su Internet,
ho visitato il sito del Centro e
mi sono subito interessato alla
struttura. Ho visto che cercavano collaboratori e mi sono
proposto. Per questo
sono andato a None,
in provincia di Torino,
perché mi piace lavorare con
i giovani e l’ambiente è più
pulito. Qui è pieno di squadre
di calcio e ci sono tanti talenti
- continua Carzedda - ma c’è
poca educazione calcistica, noi
stiamo provando a creare un
ambiente dove l’educazione
e il rispetto delle regole siano
elementi fondamentali”. In questo contesto, la collaborazione
con il Centro: “Conosco Catera da qualche anno, grazie ad
amici comuni, e adesso stiamo
approfondendo la collaborazione, con raduni in zona e un
gruppo che verrà a Torino. Collaborare con una struttura così
importante è entusiasmante,
perché permette di abbinare
la passione per il calcio alla
possibilità di scoprire, magari,
il nuovo Sirigu...”
a visitare la struttura del Centro
Formazione Giovani Calciatori
e ne sono rimasto affascinato.
Ho visto il modo di lavorare e le
persone, ne ho ricavato davvero un’ottima impressione, soprattutto se paragonato a quello che si vede in giro. Un modo
di operare e di curare i ragazzi
molto minuzioso, attento al
dettaglio, sempre pronto a correggere il minimo errore. Ho
capito subito che volevo collaborare con loro. Certo, abbiamo iniziato da pochi mesi e siamo solo all’inizio di un percorso
che, spero, possa dare grandi
soddisfazioni a tutti. Intanto ho
già selezionato alcuni ragazzi
da mandare a Torino a giugno,
a provare, poi vedremo, non
poniamoci limiti”.
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Christian Manfredini
IL PERSONAGGIO di Daniele Pallante
“La differenza
la fanno le strutture
e le occasioni,
per questo è nata
l’affiliazione della
mia scuola calcio
con Catera”
ADESSO
INSEGNO
CALCIO
AI BAMBINI
34
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il pallone
che passione
IL PERSONAGGIO di Daniele Pallante
Chissà quanti, di questi tempi
di scarsa memoria, ricordano
Christian Manfredini. L’ala con
le treccine, da Battipaglia alle
giovanili della Juve, tanta gavetta prima dell’esplosione nello
spettacolare Chievo di Delneri.
“Un percorso lungo e bello, che
mi è servito tanto. Ho giocato in
tutte le categorie, ho sofferto e
imparato. Nelle giovanili della
Juve ero uno dei più quotati,
molti sono andati subito in serie
A o in serie B, io pensavo di seguire le loro orme, invece sono
finito in C1 e ho fatto una lunga gavetta. Ma ripensandoci a
mente fredda, sono rimasto più
anni in serie A di quasi tutti gli
altri, vuol dire che a qualcosa è
servito”. Poi la Lazio, prima la
maturità calcistica, poi due anni
di lotta “sindacale”: “Gli anni
migliori della mia carriera li ho
giocati al Chievo, ma chi vuole
il grande calcio non può fermarsi in piccole realtà, per quanto
belle. L’esperienza con la Lazio
è stata giusta da provare, ho
giocato con grandi campioni e
vinto una Coppa Italia. Poi è finita male perché c’era una persona che dettava legge, se non
voleva più un giocatore, pensava di poter interrompere il rapporto fregandosene dei contratti. Io avevo 34-35 anni, e gli ho
fatto la guerra. Fossi stato più
giovane, non l’avrei fatto. Non
ho giocato per due anni, ma ho
pensato che fosse giusto così.
Ma alla fine ho perso
io perché non ho gio-
cato, non ho fatto quello che mi
piaceva fare”.
Ma il pallone è una “malattia”
da cui non si guarisce: “Non mi
è passata la passione e gioco
ancora, quest’anno in serie D,
ma l’importante è giocare, a
qualsiasi livello”.
Passione vera, autentica, quella che Manfredini, ivoriano
naturalizzato italiano classe
‘75, trasmette ai bambini della
Scuola calcio che porta il suo
nome. L’ha aperta insieme ai
suoi amici sei anni fa, sede a
Battipaglia, provincia di Salerno, il paese dove Manfredini
è arrivato a due anni. “È una
Scuola calcio che porta il mio
nome, la gestiscono i miei
amici. C’erano 30 ragazzi il
primo anno, sono 200 adesso, al sesto anno; per tre anni
siamo stati affiliati alla Juventus, adesso camminiamo sulle
nostre gambe. Seguiamo una
fascia d’età dai 5 ai 12 anni,
l’anno prossimo saliremo fino
a 14. È bello seguire i giovani,
magari qualcuno si farà, ma
per adesso li alleniamo e li educhiamo. Sono piccoli, devono
solo divertirsi, sempre con il
pallone tra i piedi però, basta
correre intorno al campo. Il ruolo sociale è quello più importante, poi man mano che si cresce
inizia a contare anche l’aspetto
tecnico. Il campione puoi aiutarlo a uscire, ma devi essere
fortunato a trovarlo”.
Come si aiuta un ragazzo ad
emergere? “Strutture e oc-
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
casioni, quello che manca al
sud. Noi abbiamo cambiato la
mentalità di Battipaglia con un
centro sportivo con campi in
erba sintetica e istruttori formati
nelle Juventus Accademy. Ma
siamo un’eccezione. Al capitolo
occasioni sta l’affiliazione della
mia Scuola calcio con il Centro
Formazione Giovani Calciatori
di Vincenzo Catera”.
C’è lo zampino di Vincenzo
Manzo, in questa affiliazione.
“Con Enzo ho fatto le giovanili
della Juve, era proprio bravo,
ma per colpa degli infortuni ha
dovuto mollare presto. Siamo
molto amici, lui è di Salerno, io
di Battipaglia, tra di noi c’è stato
feeling a prima vista. Tramite
Manzo ho conosicuto Catera, e
abbiamo intrapreso questa collaborazione. Lui fa provini dalle
nostre parti, se noi gli troviamo
qualche giovane interessante,
lo prende, lo allena, lo propone
alle società professionistiche
con cui è in contatto. Insieme vogliamo offrire occasioni.
La differenza sta nell’avere la
possibilità di fare le cose, poi
ognuno se le deve sfruttare al
meglio. Perché per chi vuole diventare calciatore non c’è solo
la massima serie, puoi fare il
calciatore in tutte le categorie,
crescendo nel carattere e nella
mentalità”.
Un po’ come hai fatto tu...
“Sì, l’importante è fare tutte le
categorie a salire, come ho fatto io, e non a scendere...”
CARRIERA
IN TUTTE
LE SERIE
Christian José Manfredini Sisostri, ivoriano
naturalizzato italiano
classe ‘75, gioca ancora
in serie D, con la maglia
dell’Agropoli.
Cresciuto nelle giovanili
della Juventus, dopo
aver girovagato in serie
C1 e C2, esordisce in
serie B a 23 anni, con
il Cosenza (4 gol in 32
partite in quella stagione). Un altro anno di B al
Genoa, poi viene ceduto
al Chievo di Delneri.
Con i clivensi ottiene la
promozione in serie A ed
esordisce nella massima
serie il 26 agosto 2001
contro la Fiorentina, in
28 partite di campionato
realizza 2 reti.
A fine stagione viene
ingaggiato dalla Lazio
del presidente Sergio
Cragnotti, ma gioca
pochissimo e a gennaio del 2003 passa in
prestito all’Osasuna in
Spagna (11 presenze ed
un gol). L’anno dopo va
in prestito alla Fiorentina
in serie B, a gennaio al
Perugia in serie A. Nelle
stagioni successive, alla
Lazio, gioca con poca
continuità, ma segna
gol importanti, tra cui al
Werder Brema in Champions League, e contro
il Benevento in una
sfida della Coppa Italia
2008-2009, vinta dalle
Aquile. Nelle stagioni
2009-2010 e 2010-2011
Manfredini rimane fuori
rosa. Nell’estate 2011 va
da svincolato alla Sambonifacese, nel maggio
2012 passa all’Agropoli,
neopromossa in serie D,
dove ancora gioca.
Mai chiamato nella
Nazionale italiana, vanta
2 presenze e 1 gol (alla
Spagna) con la Costa
d’Avorio.
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35
giovanili nazionali
NEL PROFESSIONISMO di Marco Russo
il treno
verso il
professionismo
A Bra ci sono 9 ragazzi,
6 negli Allievi,
3 nei Giovanissimi
Giocare in un campionato giovanile nazionale non vuol dire
avercela fatta, aver coronato il
proprio sogno, essere diventato un campione. Ma sicuramente vuol dire essere sulla
strada giusta. Per arrivare a
diventare un calciatore professionista bisogna passare in
un imbuto sempre più stretto:
tutti i bambini sognano la serie
A, solo alcuni hanno il talento
per provarci, ancora meno il
carattere e la volontà. Poi inizia la selezione del campo, e
i numeri si fanno sempre più
ridotti, la preparazione e la
fortuna iniziano a giocare un
ruolo decisivo. Una manciata
di quei bambini che sognavano i riflettori della ribalta
sono ancora sui campi nelle
giovanili, ancora meno nelle
giovanili nazionali. Finita qui?
No, perché solo i più bravi riusciranno a salire su quel treno
che porta verso il professionismo. Un treno con pochi posti,
è vero, che però passa solo
per i binari tracciati da questa
gavetta lunga e difficile. Per
questo giocare nelle giovanili
nazionali non vuol dire avercela fatta, ma ritrovarsi in una
posizione privilegiata per crederci fino in fondo.
“Noi prepariamo i ragazzi al
professionismo - spiega Vincenzo Catera - da tutti i punti di vista: atletico, tecnico,
36
tattico, non ultimo umano e
caratteriale. Ma il verdetto è
sempre e solo uno, quello del
campo. Per questo, insieme al
mio staff, piazziamo i ragazzi
già pronti nelle società professionistiche, e facciamo giocare quelli un po’ più indietro nei
dilettanti, per avere la risposta
del campo, l’unica che conta
davvero, l’unica in grado di definire con precisione la qualità
del lavoro svolto”.
I numeri contano anche per
definire la qualità del lavoro
del Centro Formazione Giovani Calciatori. Non può essere un caso se 24 ragazzi del
C.F.G.C. giocano attualmente
nelle categorie nazionali, dalla Primavera ai Giovanissimi,
passando per Berretti e Allievi.
E stiamo parlando, ovviamente, solo dei ragazzi ancora
minorenni e ancora “controllati” dal Centro Formazione
Giovani Calciatori, perché se
dovessimo andare all’indietro
nella decennale storia di Enzo
Catera e della sua accademia
di campioni, non basterebbero
dieci pagine per elencare tutti
i ragazzi che hanno avuto la
loro chance concreta di professionismo.
E allora andiamo a conoscerli, questi ragazzi che tengono
alto il nome del C.F.G.C. in
giro per i più importanti campi
d’Italia.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
primavera
La categoria principe delle
giovanili nazionali è sicuramente la Primavera, dove i
ragazzi sono già dei progetti
di campione ben definiti. Nati
al sud, formati al nord, tornati
al sud per emergere definitivamente nel calcio. è la storia
di Domenico Marchio e Alberto Girasole, entrambi
centrocampisti,
classe
‘95 il primo, di un anno
più giovane il secondo.
Dopo l’esperienza e la
formazione alla scuola di Catera, in questa
stagione sono due
pilastri della Primavera del Crotone, una
società che punta
tantissimo sulla linea
verde (basta guardare
le nazionali under 21:
Bernardeschi, Cataldi e
Dezi sono azzurrini, Koné è
titolare nella Francia e Ishak
nella Svezia). Insomma, il
contesto giusto per fare l’ultimo, decisivo salto verso il
calcio che conta. Un percorso simile è quello di Leonardo Zocco, talentuoso
esterno alto che - dopo due
anni passati a None - è stato comprato l’anno scorso
dal Lecce, per la Primavera, ora diventata Berretti
vista la retrocessione in
Lega Pro dei salentini.
Michele
Canale,
punto fermo
della Pro
Vercelli
Berretti,
è ancora
di proprietà
del Torino
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dalla Primavera in giù
NEL PROFESSIONISMO di Marco Russo
PRIMAVERA
DOMENICO MARCHIO
ALBERTO GIRASOLE
(CROTONE)
BERRETTi
Marchio e Girasole
guidano il centrocampo
della Primavera del Crotone,
berretti
La Berretti è la categoria dove
si esprime il talento di Paolino D’Amico, centrocampista
offensivo classe ‘96 passato
anche dal Torino e dalla Pro
Vercelli, quest’anno al Pavia:
genio e sregolatezza, appena
D’Amico riuscirà a trovare la
sua giusta dimensione dentro
e fuori dal campo, non ce ne
sarà più per nessuno. Stessa
categoria, stessa annata, ma
ruolo e carattere completamente opposto: è un difensore
centrale di grande affidabilità
Michele Canale, fisico, concentrazione e un bel mancino
a disposizione della Pro Vercelli. Canale, ragazzo di straordinaria umiltà, è un simbolo
della qualità e della credibilità
che il Centro Formazione Giovani Calciatori ha ormai nella
realtà del calcio piemontese
e non solo. Difensore magari
poco appariscente ma sicuramente molto efficace, Canale
si è allenato per quasi un anno
con il Torino, prima di essere
tesserato dalla società granata. Per due stagioni Canale ha
giocato al Toro, nei Giovanissimi e negli Allievi fascia B, mentre da due anni è stato girato in
prestito alla Pro Vercelli, dove
ha giocato negli Allievi nazionali e ora sta giocando nella Berretti, sempre da titolare.
allievi
Nella categoria Allievi il Centro
Formazione Giovani Calciatori ha i numeri più importanti,
semplicemente perché sulle
annate ‘97 e ‘98 si è concetrato il lavoro degli ultimi anni, e i
frutti di una semina efficace si
raccolgono solo nel corso del
tempo: nel calcio non esistono
progetti di immediata applicazione, chi promette tutto e subito - di solito - vende fumo.
Allievi nazionali, dicevamo. In
copertina c’è sicuramente Andrea Alosi, difensore classe
‘97, che veste la prestigiosa
maglia del Catania. Anche lui
ha fatto il percorso di andata
al nord e ritorno al sud, e non
è certo il solo. Sono tanti i talenti nati in Calabria e Sicilia,
formati nell’accademia di Vincenzo Catera nelle nebbie del
nord, e tornati a splendere nel
professionismo sotto il sole del
sud Italia. Due sono i prospetti
tesserati dal Messina, ovvero
Cosimo Mammone e Dario
Parafioriti. Con la maglia del
Barletta gioca Giovanni Lettieri, mentre in quel di Cosenza
brilla la stella di Andrea Pittelli.
Non solo sud, anche nelle
società professionistiche del
Piemonte ci sono tanti ragazzi
del Centro Formazione Giovani Calciatori che attualmente vivono e si allenano nelle
strutture di None e si muovono
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
quotidianamente verso Alessandria, Cuneo e Bra. Con la
storica maglia dei Grigi giocano Matteo Lista e Cristian Viscido. A Cuneo - società in cui,
ricordiamo, allena l’istruttore
del C.F.G.C. Gianluca Petruzzelli - ci sono Danilo Abbate
e Nicolas Casiero. Infine Bra,
dove mezza squadra è stata
“fornita” da Vincenzo Catera: stiamo parlando di Marco
Cosentino, Alessandro Suma,
Giovanni La Mantia, Leonardo
Monte, Rocco Sapienza e Vittorio Giordano.
Giovanissimi
Enzo Vaccarello, attaccante
classe ‘99, gioca nel Catania.
Il talento esploso nel suo anno
di formazione a None è stato
a lungo seguito dal Torino, ma
alla fine ha scelto di giocarsi la
sua chance di professionismo
più vicino a casa, alle pendici
dell’Etna, in una realtà a lui più
congeniale e comunque molto
attenta alla valorizzazione della linea verde. Altri tre ragazzi
dell’annata dei Giovanissimi
si stanno mettendo alla prova
con il calcio che conta: stiamo
parlando del trio che gioca nel
Bra, ovvero Salvatore Murazio, professione attaccante,
Giordano Consiglio, difensore
di ruolo, e Matteo Ciurlanti,
anche lui con la vocazione del
bomber.
MICHELE CANALE
(PRO VERCELLI)
PAOLO D’AMICO
(PAVIA)
LEONARDO ZOCCO
(LECCE)
D’Amico,
telento
del Pavia
ALLIEVI
ANDREA ALOSI
(CATANIA)
COSIMO MAMMONE
DARIO PARAFIORITI
(MESSINA)
GIOVANNI LETTIERI
(BARLETTA)
ANDREA PITTELLI
(COSENZA)
MATTEO LISTA
CRISTIAN VISCIDO
(ALESSANDRIA)
DANILO ABBATE
NICOLAS CASIERO
(CUNEO)
MARCO COSENTINO
ALESSANDRO SUMA
GIOVANNI LA MANTIA
LEONARDO MONTE
ROCCO SAPIENZA
VITTORIO GIORDANO
(BRA)
GIOVANISSIMI
ENZO VACCARELLO
(CATANIA)
SALVATORE MURAZIO
GIORDANO CONSIGLIO
MATTEO CIURLANTI
(BRA)
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37
la storia del C.F.G.C.
Dalla Calabria a Torino
per offrire opportunità
ai ragazzi del sud Italia
LA STORIA di Daniele Pallante
Nato nel 1994 da un’idea di Vincenzo Catera,
trasferitosi sotto la Mole dal 1999, il Centro
ha formato al professionismo centinaia di ragazzi
Vincenzo Catera è l’ideatore,
il fondatore e il presidente del
Centro Formazione Giovani
Calciatori. Ieri giocatore, poi
allenatore e dirigente, oggi osservatore di società professionistiche e talent-scout affermato
su tutto il territorio nazionale,
Catera ha costruito il C.F.G.C.
per offrire ai giovani talenti quelle possibilità di emergere nel
calcio professionistico che lui,
da ragazzo, si è dovuto faticosamente conquistare. Catera
è arrivato fino alla serie B con
la maglia del Catanzaro, ma è
un dato oggettivo che nelle regioni del sud le strutture sono
carenti e mancano le occasioni per farsi notare dalle società
professionistiche ed emergere
nel calcio che conta. Da qui
la necessità di costruire una
scuola di perfezionamento calcistico, che offrisse ai ragazzi la
possibilità di crescere dal punto di vista sportivo e umano e
di proporsi al calcio che conta,
con l’obiettivo di diventare dei
professionisti.
Catera fonda il Centro Formazione Giovani Calciatori nel
1994, in Calabria. La prima
svolta, la più importante, avviene già nel 1999, quando il
C.F.G.C. si trasferisce a Torino.
Catera affina la sua preparazione da “maestro di calcio” colla-
38
borando con Franco Melotti nella Torino International Soccer
School e allenando un validissimo gruppo di giovani calciatori
tra cui Amauri, Gattuso, Cacia,
Sarli, e tanti altri passati poi al
professionismo.
Terminata la proficua collaborazione con Melotti, Catera si
dedica esclusivamente alla crescita del C.F.G.C. La sede del
Centro e le strutture ricettive per
i ragazzi sono situati a None,
tranquilla cittadina a pochi chilometri da Torino. I campi di
allenamento sono prima a Grugliasco, sui campi della Scuola
calcio Gabetto, ma dal 2008 il
C.F.G.C. si trasferisce a Torino,
nell’impianto sportivo dell’Atletico Mirafiori, e per un periodo in
quello del Vianney.
Nella città della Juventus e del
Torino, Catera trova l’ambiente
giusto perché il suo centro di
perfezionamento calcistico sia
anche un tramite tra le società
dilettantistiche, dove i ragazzi
del Centro vanno a farsi le ossa,
e quelle professionistiche (non
solo Juve e Toro, ma Novara,
Pro Vercelli, Cuneo, Alessandria, Bra...), coinvolte continuamente in amichevoli e provini.
Ma l’ambito d’azione del Centro
non è mai locale. Da tutta Italia
arrivano i giovani calciatori, reclutati tramite una rete di coordi-
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
natori nazionali che monitorano
le migliori promesse in tutte le
regioni d’Italia e organizzano
continui raduni di selezione.
E in tutta Italia possono andare a giocare gli stessi giovani
calciatori, una volta formati nel
C.F.G.C.: non solo Torino (dove
è tesserato da tre anni il difensore classe ‘96 Michele Canale) e Juventus, società con le
quali Catera vanta un rapporto
privilegiato, ma tutte le società
di serie A, serie B e Lega Pro.
Non è un caso, per fare un solo
esempio tra i tanti possibili, che
con la maglia del Catania giochino due talenti di sicuro avvenire, Andrea Alosi negli Allievi
ed Enzo Vaccarello nei Giovanissimi.
Un continuo percorso di miglioramento caratterizza anche le
scelte riguardanti lo staff operativo: Vincenzo Catera, il direttore generale Gianfranco Perla e il
fedelissimo Marco Russo sono i
punti fissi, a loro si aggiungono
allenatori e preparatori atletici,
medici e massaggiatori, dirigenti e tutor, un gruppo di lavoro
degno di una società professionistica. Trasferirsi dalla Calabria
al Piemonte è un passaggio di
vita fondamentale, sia per l’apripista Vincenzo Catera e per il
suo staff di lavoro, sia per i giovani talenti, che per la maggior
parte arrivano dalle regioni del
sud Italia. Più di quindici anni
di storia all’ombra della Mole,
quelli che può vantare il Centro
Formazione Giovani Calciatori.
Sfere di attività sempre nuove,
tappe continuamente più importanti e ambiziose, tanti progetti
concretizzati nel corso delle stagioni sportive, ragazzi, metodologie di lavoro e collaborazioni
in continuo miglioramento, ma
non è mai cambiata la ragione
d’essere di questa realtà.
Vincenzo Catera e il Centro
Formazione Giovani Calciatori
volevano e vogliono
• essere vicino ai giovani che
sognano di diventare calciatori;
• farli diventare maturi dal
punto di vista calcistico e
umano;
• offrire tutte le occasioni per
passare al professionismo.
“Il sogno di un ragazzo diventato
realtà”. È il Centro Formazione
Giovani Calciatori per Vincenzo
Catera, che ama ripetere questa frase per far capire il senso
del suo lavoro. È il professionismo per i giovani che salgono a
Torino con le scarpette chiodate
e che, un giorno, con le stesse
scarpe entreranno all’Olimpico o allo Juventus Stadium dal
tunnel degli spogliatoi.
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il campo
di allenamento
le strutture sportive e ricettive
Impianto sportivo,
palestra e spogliatoi
degni del professionismo
Un centro sportivo
di proprietà a None
La differenza, oltre alle occasioni di farsi notare dal calcio
che conta, la fanno le strutture.
Di questo è convinto lo staff del
Centro Formazione Giovani
Calciatori, che allena i suoi ragazzi in strutture che nulla hanno da invidiare alle società professionistiche. Strutture che,
da due anni a questa parte,
sono gestite direttamente dallo
staff di Catera: basta essere
“ospiti” di altre società sportive,
è il C.F.G.C. che ha assunto
in prima persona la gestione
dell’impianto sportivo di None.
Bellissimo e comodissimo, visto che l’Hotel Arcadia - dove
risiedono i ragazzi - dista pochi
minuti a piedi. Due campi a undici (uno in erba naturale è tra
i più belli del Piemonte, con la
sua tribuna coperta), un campo a 5. Poi c’è una palestra
all’avanguardia, spogliatoi di
fresca ristrutturazione e, quando se ne presenta la necessità,
un centro medico associato.
Insomma, strutture da società
professionistica.
l’hotel arcadia
Che spettacolo. Non c’è
altro modo per descrivere
la location dove i ragazzi
del Centro Formazione
Giovani Calciatori trovano
alloggio: l’Hotel Arcadia
di None, tre stelle di qualità. Situato in posizione strategica
a pochi chilometri
da Torino, in direzione Pinerolo e Sestriere, l’Hotel
Arcadia è un ambiente
piacevole, caratterizzato
dalla cura per i particolari e
dai comfort molto elevati.
Le stanze, singole o doppie, sono bellissime, tutte
con bagno privato e televisione in camera. Il bar e
il ristorante sono all’avanguardia, nell’arredamento
e nella qualità del servizio.
In tutto l’albergo c’è il WiFi, così i ragazzi possono
“collegarsi” gratuitamente
a internet e ai social network. Dentro e fuori dal
campo, il C.F.G.C. offre il
massimo.
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39
i campioni di domani
32 storie di vi
Per ragazzi tra i 13 e i 17 anni, lasciare la famiglia per coltivare il proprio sogno è una gioia, un
divertimento, una grande occasione. Ma è anche
un notevole sacrificio, inutile nasconderlo. Perché
questo distacco da casa non sia troppo traumatico e per garantire a tutti i giovani una crescita
sana e corretta da tutti i punti di vista - e non solo
sotto l’aspetto calcistico - il Centro Formazione
Giovani Calciatori si è organizzato in strutture ricettive di altissimo livello.
L’albergo dove alloggiano i ragazzi e la mensa
dove consumano i pasti si trovano a None, un
piccolo centro a pochi chilometri da Torino, scelto
per la tranquillità del luogo. Nelle stanze dell’Hotel Arcadia, sempre pulite e dotate di tutti i comfort, è sempre presente un membro dello staff
del C.F.G.C. Della mensa si occupa una cuoca,
che assicura ai ragazzi un’alimentazione sana e
abbondante. Poi c’è l’aspetto scolastico, fondamentale nella filosofia che il presidente Vincenzo
40
Catera ha voluto imprimere alla sua scuola di perfezionamento calcistico. I ragazzi hanno l’obbligo
della frequenza scolastica perché sport, cultura
ed educazione non sono elementi scindibili. Nel
loro percorso di studi, i ragazzi sono assistiti da
un tutor, che li accompagna nella preparazione
delle lezioni e nello svolgimento dei compiti a
casa, e hanno l’obbligo di riportare buoni risultati.
Il C.F.G.C. è convenzionato con i seguenti istituti
scolastici: Primo Levi di Torino; Prever di Pinerolo;
Buniva di Pinerolo; Pininfarina di Moncalieri; Maxwell di Nichelino; Porro di Pinerolo.
Per gli spostamenti dei ragazzi, oltre all’utilizzo dei
mezzi pubblici (autobus e treno), il C.F.G.C. dispone di due pulmini. Parlando di strutture, non ultimi, ovviamente, ci sono i campi di allenamento. Il
C.F.G.C. gestisce direttamente l’impianto sportivo
di None, composto da due campi a 11, un campo
a 5, palestra, infermeria, spogliatoi, tribuna coperta, servizi, uffici e bar.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
Non solo calcio:
la vita quotidiana
dei ragazzi è organizz
nel dettaglio. Gli allog
e la mensa sono a Non
nella cintura torinese
C’è l’obbligo di freque
scolastica, con istitut
convenzionati e un tu
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i giocatori del centro formazione giovani calciatori
vita
na
ganizzata
i alloggi
o a None,
rinese.
requenza
istituti
un tutor.
Giuseppe anile
1998
difensore
giovanni benedetto
1999
difensore
nicolas casiero
1998
difensore
salvatore castorina
1998
attaccante
matteo ciurlanti
1999
attaccante
marco cosentino
1997
attaccante
umberto del sesto
2000
centrocampista
davide fusaro
1998
attaccante
francesco galeano
1998
centrocampista
franco gici
1998
difensore
paolo giorgio’
2000
ATTACCANTE
FEDERICO giovane
2001
DIFENSORE
ivan ivanov
1998
CENTROCAMPISTA
RAYENE lafi’
1996
CENTROCAMPISTA
GIUSEPPE lamanna
2001
CENTROCAMPISTA
GIOVANNI licata
1999
CENTROCAMPISTA
MATTEO lista
1998
DIFENSORE
LEONARDO monte
1997
CENTROCAMPISTA
SALVIO murazio
1999
ATTACCANTE
FRANCESCO privitera
1998
PORTIERE
ALESSANDRO restivo
1998
CENTROCAMPISTA
FRANCESCO scarlato
1997
PORTIERE
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
ANGELO salpietro
1999
DIFENSORE
ALESSANDRO suma
1997
CENTROCAMPISTA
giordano consiglio
1999
difensore
vittorio giordano
1997
difensore
GIOVANNI la mantia
1997
CENTROCAMPISTA
SALVATORE pappalardo
1998
CENTROCAMPISTA
SALVATORE santuccio
2000
ATTACCANTE
ROCCO sapienza
1997
DIFENSORE
LEONARDO vinci
1998
CENTROCAMPISTA
VINCENZO vivacqua
2001
DIFENSORE
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41
amici di Torino
e Juventus
LE SOCIETÀ PROFESSIONISTICHE di Daniele Pallante
Antonio Comi:
“Lavoriamo insieme
per il bene dei ragazzi”
Juventus e Torino, i principali poli calcistici del Piemonte,
sono amici sinceri del Centro
Formazione Giovani Calciatori
e delle sue tre anime principali:
Vincenzo Catera, Gianfranco
Perla e Marco Russo.
Michele Canale, il difensore
classe ‘96 ancora di proprietà
granata (gioca nella Berretti della Pro Vercelli), ha aperto una
strada. Ma sono tanti i talenti
segnati con la matita rossa sul
taccuino di Gianluca Pessotto,
responsabile del vivaio bianconero insieme a Stefano Braghin, e di Antonio Comi, Massimo Bava e Silvano Benedetti,
il tris d’assi granata. L’aggiornamento è continuo, perché le
amichevoli con le varie squadre
del Toro si tengono almeno una
volta al mese, mentre l’amichevole con la Juve è un appuntamento stagionale, irrinunciabile
e gustoso proprio perché meno
frequente.
42
“C’è amicizia e stima sul lavoro,
si collabora in un discorso di
crescita comune, tutti lavoriamo
per il bene del calcio e dei ragazzi”. Parole e musica del direttore
generale granata Antonio Comi.
“L’obiettivo finale di dare giocatori al Toro va di pari passo con
la necessità di far crescere le
società dilettantistiche e le realtà come il Centro Formazione
Giovani Calciatori, che sono il
bacino delle società professionistiche. Per noi le amichevoli
sono test importanti e possibilità di vedere da vicino giovani
interessanti, per loro sono una
soddisfazione e una cartina
di tornasole del lavoro svolto,
perché solo dal confronto con
il professionismo puoi capire il
livello di quello che hai in casa”.
A proposito di Torino, Massimo
Bava, da tempo amico e stretto
collaboratore di Enzo Catera, è
ormai radicato da tre anni come
responsabile del Settore giova-
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
nile granata, una promozione
guadagnata sul campo grazie
ai successi ottenuti da direttore
generale del Canavese prima,
del Cuneo poi.
Ma in Piemonte non ci sono
solo Juve e Toro. Una strada
importante porta alla Pro Vercelli, società di blasone ritornata
ai vertici nelle ultime stagioni,
vissute a cavallo tra la serie B e
la Lega Pro: con il responsabile
delle giovanili Alberto Gusella - uno cresciuto nei dilettanti,
quindi ben consapevole di cos’è
la gavetta - i rapporti di amicizia
sono profondi. Così come con
Oscar Becchio, anima delle
giovanili del Cuneo. Con i biancorossi quest’anno giocano due
ragazzi nella categoria Allievi
Nazionali (Abbate e Caserio),
mentre l’istruttore del C.F.G.C.
Gianluca Petruzzelli proprio a
Cuneo allena la squadra del
‘98. Anche con l’Alessandria i
rapporti sono stretti e proficui,
non per caso nell’ultima stagione sportiva due ragazzi (Lista
e Viscido) vestono la maglia
dei Grigi, negli Allievi Nazionali.
Ma non finisce qui, perché un
pulmino parte quotidianamente
da None per raggiungere Bra,
dove giocano nelle categorie
nazionali ben nove ragazzi della scuderia di Catera, sei negli
Allievi e tre nei Giovanissimi.
I contatti del C.F.G.C., ovviamente, non si fermano ai confini della regione. Oltre ai tanti
ragazzi formati a None che
adesso giocano nelle squadre
del sud Italia (Catania, Crotone, Lecce, Messina, Barletta,
Cosenza), fuori dal Piemonte,
solo nell’ultimo anno i ragazzi
del Centro Formazione Giovani Calciatori si sono misurati in amichevole con Milan,
Sampdoria, Genoa, Modena e
Vicenza. Semplicemente straordinario.
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i prof parlano di noi
GLI ADDETTI AI LAVORI di Orlando Mancini
MASSIMO BAVA, RESPONSABILE DELLE GIOVANILI DEL TORINO
Massimo Bava, responsabile delle giovanili del Toro: “Il lavoro del Centro Formazione Giovani Calciatori è utile
alle società professionistiche perché porta dal sud ragazzi di buona prospettiva, fa una prima selezione, poi
quelli più bravi e meglio preparati hanno l’occasione di misurarsi con il professionismo. Vincenzo Catera è una
persona preparata e professionale, capace di inculcare messaggi importanti per chi vuole vivere nel calcio. Di lui
ci si può fidare”.
ALESSANDRO PIZZOLI, RESPONSABILE DELLE GIOVANILI DELLA SAMPDORIA
Alessandro Pizzoli, responsabile delle giovanili
della Sampdoria: “Siamo aperti ad ogni collaborazione, perché vogliamo vedere più ragazzi
possibili e fare le scelte in modo oculato, perché
puntare sui giovani cresciuti nel proprio vivaio è
fondamentale per una società come la Sampdoria. Ma portare via ragazzi dal Piemonte, dove ci
sono Juve e Toro, non è facile, per questo l’aiuto
di strutture che lavorano sul territorio come il Centro Formazione Giovani Calciatori è importante”.
CLAUDIO FRANCIONI, RESPONSABILE DEGLI OSSERVATORI DEL LIVORNO
Claudio Francioni, responsabile degli osservatori del Livorno per le giovanili: “Avercene come Enzo: ha qualità sul piano tecnico ma
anche morale, è una persona su cui si può sempre fare affidamento. È un ottimo educatore, i ragazzi che ci porta ai provini sono
tutti educati e rispettosi”.
MORENO LONGO, ALLENATORE DELLA PRIMAVERA DEL TORINO
Moreno Longo conosce bene la realtà del Centro Formazione Giovani Calciatori: “Enzo Catera
lo conosco da un paio d’anni, posso dire che è una persona leale e corretta, dall’impressione che
mi ha dato e soprattutto da quanto mi dicono tanti amici”. Da allenatore, Longo si sofferma sullo staff
tecnico: “La qualità dello staff tecnico sta a dimostrare quello che la scuola vuole offrire ai propri iscritti: allenatori
tra i più bravi in Piemonte che offrono diverse metodologie di allenamento e mettono le loro capacità a disposizione dei ragazzi. Questa scuola è sì una vetrina, un palcoscenico importante per ragazzi che vengono dal sud, ma
non solo, qui si impara a giocare a pallone”.
VINCENZO MANZO, ALLENATORE
DEL BORGOSESIA (SERIE D)
Nella carriera di Vincenzo Manzo, allenatore
emergente da due anni al Borgosesia (serie D),
c’è anche spazio per il Centro Formazione Giovani
Calciatori: “Catera lo conosco da tanto, si è inventato un progetto e si è sbattuto per realizzarlo. Dà
a ragazzi del sud la possibilità di provare a fare
calcio in una terra dove ci sono le occasioni e le
strutture per farlo. L’anno scorso allenavo il gruppo
una volta a settimana, cercando di mettere le mie
conoscenze e la mia esperienza al servizio di questi ragazzi, che fanno sacrifici e hanno lasciato le
famiglie, come me a 13 anni. Ho trovato in questi
ragazzi un impegno pari alle società professionistiche e tantissima educazione, testimonianza della linea di serietà che Catera dà
alla sua scuola”.
CENTRO FORMAZIONE GIOVANI CALCIATORI
Negli ultimi anni
amichevoli con Juve,
Toro, Milan, Sampdoria,
Genoa, Modena e Vicenza
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