Romantici e Macchiaioli

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Romantici e Macchiaioli
Romantici e Macchiaioli
Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea
Palazzo Ducale, Appartamento del Doge
21 ottobre 2005 - 12 febbraio 2006
Romantici e Macchiaioli
Giuseppe Mazzini e la grande pittura europea
“En peinture, il faut voire”
“In pittura, bisogna vedere“
(Giuseppe Mazzini, 1841)
Questa mostra non è una rassegna storica sul Risorgimento, ma un
percorso, scandito da alcuni capolavori, nella pittura dell’Ottocento,
condotti da una guida d’eccezione, Giuseppe Mazzini (Genova 1805 - Pisa
1872). Egli è stato l’uomo dei grandi ideali. Colui che ha elaborato nei
suoi scritti, traducendolo poi nella sua azione politica e nel suo apostolato
laico, un sistema di pensiero, un’idea di nazione e di popolo, che ha
contribuito a creare una vera coscienza nazionale.
Rispetto agli altri padri della patria (come Garibaldi, Cavour, Vittorio
Emanuele II), Mazzini fu un uomo di vasta e profonda cultura, e quindi si
pose il problema che per creare una vera nazione, là dove erano sempre
esistite varie realtà politiche e civili locali, fosse necessario, oltre che
rinnovare la società e le coscienze, unire anche culturalmente la penisola.
In questo grandioso disegno egli era convinto che l’arte potesse svolgere
un ruolo fondamentale. Soprattutto la grande pittura che era sempre stato
un vanto e un forte motivo di identità per gli italiani, che vi riconoscevano
la loro memoria storica. A questa pittura egli ora affidava la missione
del riscatto nazionale.
Mazzini è stato un profondo conoscitore non solo dell’arte del passato,
ma anche del proprio tempo. Si era formato un gusto sicuro frequentando
le grandi collezioni della sua città e i musei europei, quando aveva
dovuto abbandonare l’Italia.
Un lungo e bellissimo saggio, scritto in francese (poi da lui stesso
tradotto in italiano) e intitolato La peinture moderne en Italie venne
pubblicato su una rivista inglese negli anni del suo esilio a Londra,
precisamente sull’autorevole “London and Westminster Review” del 1841.
In queste pagine molto coinvolgenti egli conferma la sua profonda cultura,
la sua apertura europea e la sua originalità di critico d’arte. Identifica
nel Romanticismo il movimento che ha saputo dare espressione agli ideali
del secolo, diventando quell’arte nazionale e popolare, interprete anche
dei profondi cambiamenti che allora stavano sconvolgendo in tutto
il mondo la politica e la società. Un’arte che si facesse interprete delle
aspirazioni del popolo avviato a conquistare finalmente la ribalta della
storia. Perché per lui l’ “Arte” è l’ “espressione appassionata, simpatica,
poetizzata dell’Ideale, come l’Umanità lo concepisce, lo intuisce, o lo
desidera” ed “ogni grande Artista è storico o profeta… è un essere
d’Amore; e che cosa è l’Amore se non il potere di sentire la vita altrui,
di farla sua?…”.
La mostra, per ricordare in maniera originale il bicentenario della
nascita, intende, ispirandosi proprio alla vita e agli scritti di Mazzini,
presentare e mettere a confronto i capolavori di artisti come Canova,
Hayez, Luigi, Francesco e Giuseppe Sabatelli, Giuseppe Bezzuoli, Pelagio
Palagi, Massimo d’Azeglio, Giuseppe Molteni, Giovanni Migliara, Vitale
Sala e molti altri (tutti i protagonisti del Romanticismo italiano), dando
rilievo soprattutto alle opere che egli ha conosciuto e di cui ha saputo
scrivere in maniera straordinaria.
La presenza poi di dipinti significativi di Paul Delaroche o Paul Scheffer
potrà dare il giusto rilievo a pittori allora molto famosi in tutta Europa
e particolarmente amati in Italia. Le loro opere, presenti in importanti
collezioni come quella leggendaria del principe russo Anatolio Demidoff
allora a Firenze, che Mazzini deve avere conosciuto, hanno infatti
influenzato profondamente i loro colleghi italiani.
Un allestimento, particolarmente suggestivo, anche dal punto di vista
degli apparati grafici, intende sottolineare lo stretto rapporto che ricollega
il pensiero e i giudizi sull’arte di Mazzini con le opere esposte.
Egli infatti, dopo aver celebrato il grande spirito individuale, espresso
nei due geni del secolo, Napoleone e Byron (da lui messi a confronto),
rievoca, attraverso i dipinti degli artisti da lui prediletti, in modo
particolare Luigi Sabatelli e Francesco Hayez, gli eventi salienti della
storia dell’umanità che furono espressione invece di uno spirito collettivo:
dalle Crociate, alla lotta per l’indipendenza della Grecia contro l’oppressione
turca, che allora tanto appassionò l’opinione pubblica europea, alle
rivoluzioni divampate nel 1830 a Parigi e nel 1848 in tutta Europa.
Sarà dato particolare rilievo ai capolavori del pittore più amato, Hayez,
di cui Mazzini conosceva molto bene le opere, e che considerava “il capo
della scuola di Pittura Storica, che il pensiero Nazionale reclamava
in Italia: l’artista più inoltrato che noi conosciamo nel sentimento
dell’Ideale che è chiamato a governare tutti i lavori dell’Epoca”. Le pagine
a lui dedicate sono indimenticabili e rappresentano, insieme a quelle
di Stendhal, quanto di meglio sia mai stato scritto all’epoca su questo
artista geniale.
La gloriosa e drammatica vicenda della Repubblica romana (1848-1849),
di cui Mazzini insieme a Garibaldi è stato il grande protagonista, sarà
adeguatamente evocata, nelle due sezioni collocate al centro della mostra,
da dipinti di particolare fascino. Da un lato vaste tele allegoriche che
riflettono il suo pensiero sul destino dell’Italia e sulla sua missione, come
faro di civiltà, nel mondo. Dall’altro, in un suggestivo contrasto
i piccoli, ma bellissimi, dipinti dei pittori-soldati, come Gerolamo Induno,
o Federico Faruffini, che erano presenti a quegli eventi eroici, e che hanno
raffigurato, in maniera commovente, Roma devastata dalla guerra.
La fine di quella grandiosa utopia sarà allora la partenza per la seconda
parte della mostra, completamente diversa dalla prima per tipo di opere
e per contenuti. Di conseguenza cambieranno anche i criteri dell’allestimento
per sottolineare meglio questa svolta. Vi saranno esposti i dipinti dei
Macchiaioli, ma presentati ed interpretati in una prospettiva originale
e insolita, confrontandoli, per quanto riguarda gli stessi temi, con quella
dei pittori lombardi, che come Domenico e Gerolamo Induno, ma anche
Federico Faruffini, hanno condiviso gli stessi ideali risorgimentali ed hanno
sperimentato una pittura profondamente mutata rispetto a quella del
Neoclassicismo e del Romanticismo.
In particolare i Macchiaioli, questi pittori rivoluzionari che si ispiravano
infatti ai principi democratici e repubblicani di Mazzini, volevano, come
lui, gettare attraverso un’arte assolutamente diversa rispetto alla tradizione e
alle regole le basi di una società nuova. Elaborarono quindi una pittura
alternativa rispetto a quella romantica, dove il messaggio veniva ora
affidato non più ai procedimenti narrativi o ad espedienti melodrammatici,
ma alle forme, al colore, come poi negli Impressionisti.
I capolavori - il pubblico avrà modo di vedere con occhi nuovi opere molto
popolari - di Fattori, Signorini, Abbati, Borrani, Cecioni, Lega, autore
quest’ultimo del magnifico ritratto di Mazzini morente (uno dei ritratti più
originali e impressionanti della storia dell’arte) proveniente dal Museo di
Providence, potranno essere affiancati a dipinti che documentano
l’influenza del pensiero e degli ideali mazziniani in questi artisti insofferenti
di ogni vincolo. L’Italia monarchica, la stessa che costringeva Mazzini
all’esilio in patria sotto falso nome, finirà con l’emarginarli, ma noi oggi li
amiamo e li sentiamo più vicini dei pittori ufficiali allora celebrati.
La mostra che si era aperta sotto il segno di una morte eroica, quella di
lord Byron in Grecia, rappresentata nel magnifico quadro di Joseph
Odevaere, un seguace belga di David, proveniente dal Museo di Bruges,
si chiuderà con l’immagine, straziante ma anche piena di speranza, della
fine di Mazzini, esule a Pisa, come addormentato sul suo letto. Lega ha
voluto rappresentarlo da solo, isolato in primo piano, ma avvolto nello
scialle a quadretti che era appartenuto ad un altro grande del nostro
Risorgimento Carlo Cattaneo.
La mostra sarà suddivisa nelle seguenti
sezioni
I.
In un secolo di grandi ideali,
i protagonisti
Secondo Mazzini Napoleone e Byron
rappresentano gli ultimi eroi di una
storia fatta dai grandi individui,
cui subentrano nel nuovo secolo,
l’Ottocento, quegli ideali collettivi
e civili di cui si sono fatti interpreti
i grandi poeti, come Alfieri, Foscolo
e Manzoni, i musicisti, come Donizetti
e Rossini, le protagoniste di una società
nuova, come Giuditta Pasta, Cristina
Belgiojoso e George Sand.
B. Thorvaldsen, Lord Byron, 1817-1833
1. B. Thorvaldsen, Napoleone, 1830
2. B. Thorvaldsen, Lord Byron, 1817-1833
3. J. Odevaere, Morte di Lord Byron, 1826
4. F. X. Fabre, Vittorio Alfieri, 1793
5. F. X. Fabre, Ugo Foscolo, 1813
6. G. Molteni e M. d’Azeglio, Alessandro Manzoni, 1835
7. F. Coghetti, Gaetano Donizetti, 1832
8. G. Molteni, Giuditta Pasta, 1829
9. G. Molteni, Gioacchino Rossini, 1834
10. F. Hayez, Cristina Belgiojoso, 1831
11. A. Charpentier, George Sand, 1838
F. Hayez, Cristina Belgiojoso, 1831
F. Coghetti, Gaetano Donizetti, 1832
II.
Gli eroi neoclassici. Il culto
dell’antichità e della forma
Per Mazzini nelle rappresentazioni,
pur esemplari, dei pittori neoclassici
la “forma predomina sulla sostanza,
la Materia sullo Spirito”, come
nell’ “Arte Greca della quale si facevano
restauratori”. “Si rimane dunque freddi
dinanzi ai loro quadri, nonostante la
correttezza, la purezza del disegno,
la maestria del panneggiamento, del
raggruppamento sapiente e classico.
Si ammira, ma non si rimane commossi.
Non v’è nulla colà che faccia battere il
nostro cuore di un sentimento fraterno;
nulla che si trasfonda da questi artisti
in noi stessi, e che, a nostra volta, ci
faccia diventare per qualche momento
artisti nell’anima”.
I dipinti di Giuseppe Bossi e Pietro
Benvenuti rappresentano l’ultima
espressione di questa grande tradizione
classicista, che viene portata al
massimo livello e superata, in una
rappresentazione del sublime che
preannuncia la nuova sensibilità
romantica, in Luigi Sabatelli o Vitale Sala.
Esemplare è il tema dell’eroe in conflitto
con gli dei. Aiace che, affrontato da
Canova, Hayez e Francesco Sabatelli
in opere straordinarie, rappresenta per
Mazzini la più “energica protesta contro
la fatalità”, assumendo quindi un
significato patriottico: “L’anima
dell’artista lanciava con ciò, bollente
d’indignazione, il programma dell’Italia”.
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G. Bossi, Autoritratto, 1805-1810
G. Bossi, Incontro di Edipo cieco con le figlie, 1800
G. Bossi, Paolo e Francesca, 1810
V. Sala, Paolo e Francesca, 1823
G. Molteni, Ritratto di Vitale Sala, 1830
C. Bellosio, Davide che trattiene il braccio del compagno
Abisail in atto di trafiggere re Saul nel sonno, 1835
18. P. Benvenuti, Sibilla Delfica, 1810
19. A. Canova, Aiace, 1811-1812
G. Bossi, Incontro di Edipo cieco con le figlie, 1800
F. Hayez, Aiace, 1822
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F. Hayez, Aiace, 1822
F. Sabatelli, Aiace, 1829
L. Sabatelli, Autoritratto, 1820
L. Sabatelli, La Peste di Firenze, 1801-1802
L. Sabatelli, Serie di acqueforti dell’Apocalisse, 1809
L. Sabatelli, La visione di Daniele, 1809
L. Sabatelli, Ettore e Aiace, 1820
L. Sabatelli, Giunone entra nella grotta del Sonno, 1820
III.
I Romantici e la pittura civile
Basandosi sulla conoscenza diretta dei
dipinti di Hayez, di Giovanni Migliara
e degli altri protagonisti della Scuola
Romantica, e sui nuovi ideali della
pittura civile elaborati da Gian Domenico
Romagnosi e dal suo allievo Defendente
Sacchi, Mazzini vede nel Romanticismo
Storico l’arte “dell’avvenire”, la cui
missione è rendere esemplari i grandi
eventi del passato, come le Crociate,
o della storia più recente, come le lotte
combattute dai Greci per conquistare
la libertà, dove il popolo è stato
protagonista. Alcuni dei dipinti presentati
in questa sezione sono proprio quelli
descritti ed interpretati con una grande
sensibilità da Mazzini.
28. A. Canova, L’Italia piangente davanti al busto di
Alfieri, 1804-1805
29. A. Canova, L’Italia piangente nel Monumento ad
Alifieri, 1805
30. F. Hayez, Pietro Rossi si congeda dalla famiglia,
1818-1821
31. P. Palagi, Cristoforo Colombo si imbarca nel porto di
Palos, 1826-1828
32. F. Hayez, I due apostoli Giacomo e Filippo (I fratelli
Ciani in esilio), 1825-1827
33. F. Hayez, La congiura dei Lampugnani, 1826-1828
34. F. Hayez, Il conte Arese in carcere, 1828
35. P. Delaroche, Cromwell davanti al cadavere di Carlo I,
1831
36. F. Podesti, Tasso alla corte Estense declama la
“Gerusalemme liberata”, 1831-1834
37. G. Molteni, Gian Domenico Romagnosi, 1830
38. P. Palagi, Defendente Sacchi, 1830
39. F. Hayez, Francesco Peloso collezionista genovese, 1824
40. F. Hayez, Pietro l’Eremita predica la prima Crociata,
1827-1829
41. F. Hayez, Urbano II indice la prima Crociata, 1835
42. G. Bisi, Arrivo dei primi Crociati a Gerusalemme, 1839
43. G. Molteni, Giovanni Migliara, 1829
44. G. Migliara, La spezieria di un chiostro, 1823
45. M. d’Azeglio, Morte di Leonida alle Termopili, 1823
46. F. Hayez, Gli abitanti di Parga abbandonano la loro
patria, 1826-1831
47. L. Lipparini, La morte di Marco Botsaris, 1841
48. L. Sabbatelli, Lord Byron giura sul sepolcro di Marco
Botsaris, 1850
49. A. Scheffer, Il Giaurro, 1832
50. F. Hayez, Ritratto di Carlo Prayer nel personaggio di Alp
(Il rinnegato veneto), 1832
51. G. Trécourt, Autoritratto in costume orientale, 1840
52. F. Faruffini, Vendetta in un Harem (La Greca), 1854
53. G. Trécourt, Lord Byron sulle sponde del mare ellenico,
1850
P. Palagi, Cristoforo Colombo si imbarca nel porto di Palos,
1826-1828
F. Hayez, Pietro l’Eremita predica la prima Crociata,
1827-1829
F. Hayez, Gli abitanti di Parga abbandonano la loro patria,
1826-1831
A. Scheffer,
Il Giaurro, 1832
IV.
Il culto di Dante
Tra i temi cari alla cultura del
Romanticismo storico e ai pittori
impegnati, prediletti da Mazzini,
come il fiorentino Giuseppe Bezzuoli,
ci furono quelli ispirati alla Divina
Commedia di Dante. Il grande poema
era infatti interpretato come uno dei
simboli dell’identità nazionale. Così la
rappresentazione della vita e dell’esilio
dell’Alighieri assumeva un significato
patriottico.
G. Bezzuoli, Il ritrovamento del cadavere di Manfredi
dopo la battaglia di Benevento, 1838
54. G. Bezzuoli, Il ritrovamento del cadavere di Manfredi
dopo la battaglia di Benevento, 1838
55. G. Sabatelli, Farinata degli Uberti alla Battaglia del
Serchio, 1839-1842
56. G. Bertini, Dante e Frate Ilario, 1845
57. G. Bertini, Il Trionfo di Dante (Vetrata dantesca), 1851
58. F. Faruffini, La porta della casa degli Alighieri, 1859
G. Bertini, Il Trionfo di Dante (Vetrata dantesca), 1851
V.
Hayez e il sentimento dell’ideale
Mazzini riconosce in Francesco Hayez
il “capo della Scuola di Pittura Storica,
che il pensiero Nazionale reclamava
in Italia: l’artista più inoltrato che noi
conosciamo nel sentimento dell’Ideale
che è chiamato a governare tutti i lavori
dell’Epoca”. Infatti in lui “l’ispirazione
emana direttamente dal Popolo; la sua
potenza direttamente dal proprio Genio
[…] Il secolo gli da l’idea e l’idea
la forma”. Il messaggio nazionale,
l’ispirazione che Mazzini chiedeva
alla sua pittura appare più esplicito
nei capolavori degli anni quaranta,
quando elabora delle figure femminili
allegoriche che rappresentano, con forti
accenti sensuali e sentimentali, l’Italia
e il suo destino.
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F. Hayez, La Meditazione, 1851
F. Hayez, Autoritratto, 1860
F. Hayez, La Ciociara, 1842
F. Hayez, La Malinconia, 1842
F. Hayez, Tamar di Giuda, 1847
F. Hayez, La Meditazione, 1850
F. Hayez, La Meditazione, 1851
V. Vela, La Desolazione, 1851
D. Induno, La Malinconia, 1849
F. Canella, L’Italia in catene, 1852
A. Appiani junior, Giovane italiana emigrata che
stringe al cuore i colori nazionali, 1855
V. Vela, La Desolazione, 1851
F. Hayez, La Ciociara, 1842
© Museo Vela - Foto Andy Vattilana, Riva San Vitale
Mauro Zeni - Lugano
VI.
L’Italia e la sua missione
Nonostante la sua decadenza politica
ed economica, quando gli stranieri
la definiscono una “mera espressione
geografica” o la “terra dei morti”,
l’Italia continua ad essere considerata,
grazie al suo glorioso passato, un faro
della civiltà. A Roma, che era stata
la culla del Cristianesimo, erano nati
infatti quei principi etici alla base
del mondo moderno. Dal sentimento
religioso avevano preso impulso anche
le lettere e le arti con cui per secoli
la cultura italiana aveva civilizzato
l’Occidente.
La pittura di genere allegorico, che
precede e segue la svolta rivoluzionaria
del 1848, celebrò questa missione
millenaria caratterizzandola con un
nuovo significato patriottico, dove
il risveglio morale, religioso e culturale
veniva inteso come il fattore decisivo
del riscatto nazionale. Il Trionfo della
Verità di Luigi Mussini, un dipinto
eseguito nel 1847 per un italiano
esule ed esposto con successo
al Salon di Parigi del 1849, rappresenta
il manifesto figurativo di questa nuova
religione civile ed universale ben
riflessa anche nel pensiero mazziniano.
S. Valeri, Allegoria con la Giustizia, la Legge e la Pace che
stracciano il trattato di Vienna, 1840
69. S. Valeri, Allegoria con la Giustizia, la Legge e la
Pace che stracciano il trattato di Vienna, 1840
70. L. Mussini, Il Trionfo della Verità, 1847
71. C. Zatti, Allegoria con l’Italia e Roma illuminate
dalla tavola dei Principi, 1850
72. T. De Vivo, L’Italia e i suoi Geni
C. Zatti, Allegoria con l’Italia e Roma illuminate dalla tavola
dei Principi, 1850
VII.
Roma 1848-1849:
la difesa della repubblica romana
La presenza a Roma, tra il 1848 e il
1849, di Mazzini e Garibaldi, li vede
fondatori e protagonisti di una effimera
Repubblica che sembra poter finalmente
realizzare i loro ideali rivoluzionari.
Molti artisti accorsero da tutta Italia
a difesa di questa. Tra questi pittori
soldati emersero il veneto Ippolito Caffi
e, in particolare, il lombardo Gerolamo
Induno, che sostituiscono nei loro dipinti,
alle rovine antiche tradizionalmente
raffigurate dagli artisti presenti a Roma,
le distruzioni e le ferite inferte dalla
guerra nel tessuto monumentale della
città eterna.
La fine di questo magnifico sogno
di poter restituire Roma all’Italia evoca,
come nel dipinto di un altro pittore
soldato lombardo Federico Faruffini,
il fantasma di un antico rivoluzionario
Cola di Rienzo rappresentato mentre
medita davanti alla maestà delle rovine
antiche.
73. L. Calamatta, Giuseppe Mazzini a Roma, 1843
74. I. Caffi, Benedizione di Pio IX dal Quirinale, 1848
75. I. Caffi, Dimostrazione patriottica a Roma nel 1848,
1848
76. I. Caffi, Dimostrazione patriottica a Roma nel 1848,
1848
77. G. Induno, Garibaldi al Vascello, 1849
78. G. Induno, Porta San Pancrazio, 1849
79. G. Induno, Legionario garibaldino, 1849
80. G. Induno, Sentinella, 1849
81. G. Induno, Legionario, 1849
82. D. Induno, Vivandiera, 1849
83. F. Faruffini, Cola di Rienzo che dalle alture di Roma
ne contempla le rovine, 1855
84. A. Lanfredini, La fucilazione di Ugo Bassi, 1860
G. Induno,
Garibaldi al Vascello, 1849
D. Induno, Vivandiera, 1849
G. Induno, Sentinella, 1849
G. Induno,
Porta San Pancrazio, 1849
VIII.
Mazzini, Garibaldi
e la sua leggenda
I pittori soldati, che partecipano
o sono testimoni diretti della II Guerra
d’Indipendenza conclusa con il
conseguimento dell’Unità nazionale,
si riconoscono nel pensiero di Mazzini
e nell’azione di Garibaldi. Tra i
Macchiaioli toscani, l’unico di essi
ad avere sperimentato la scultura,
Adriano Cecioni abbina le immagini
dei due patrioti rappresentandoli
in tratti essenziali e senza alcuna
retorica. Sempre senza retorica, ma
con molta partecipazione i lombardi
come Gerolamo Induno e pure
i Macchiaioli, in particolare Lega
e Fattori, alimentano la leggenda
di Garibaldi celebrandolo come vero
eroe popolare, dimensione che Mazzini
invece non riuscirà a raggiungere.
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A. Cecioni, Mazzini, 1880
A. Cecioni, Garibaldi, 1880
G. Induno, Imbarco di Garibaldi a Genova, 1860
C. Bartolena, I volontari livornesi, 1872
G. Fattori, Garibaldi a Palermo, 1860
S. Lega, Ritratto di Garibaldi, 1861
G. Induno, Garibaldi davanti a Capua, 1861
L. Steffani, Veduta di Caprera, 1864-1865
V. Cabianca, Garibaldi a Caprera, 1870-1880
G. Induno, Imbarco di Garibaldi a Genova, 1860
G. Induno, Garibaldi davanti a Capua, 1861
IX.
Mazzini, i Macchiaioli
e la guerra di liberazione
In particolare i Macchiaioli toscani,
ma anche i giovani pittori lombardi
che ebbero rapporti con loro, come
Gerolamo Induno e Federico Faruffini,
amico dei fratelli Cairoli, furono
i protagonisti del fondamentale
passaggio dalla pittura del
Romanticismo Storico, che aveva
rievocato e idealizzato il passato, ad
un realismo che rappresentò senza
retorica e con uno stile completamente
nuovo le guerre risorgimentali.
94. A. Cecioni, Mazzini, 1878-1879
95. F. Buonamici, La caserma di Modena con i volontari
toscani, 1859
96. F. Didioni, Un’ambulanza militare, 1861
97. S. Altamura, La prima bandiera italiana portata in
Firenze, 1859
98. G. Fattori, Soldati francesi del ’59, 1859-1860
99. G. Fattori, Soldati francesi alle Cascine, 1859
100. G. Fattori, Accampamento di bersaglieri, 1860
101. G. Fattori, Il campo italiano dopo la battaglia di
Magenta, 1860
102. G. Induno, La battaglia di Magenta, 1861
103. C. Ademollo, La “Controcania” a San Martino, 1859
104. S. Lega, Un’imboscata di bersaglieri in Lombardia,
1860
105. S. Lega, Bersaglieri che conducono prigionieri
austriaci, 1861
106. T. Signorini, L’artiglieria toscana a Montechiaro, 1860
107. G. Induno, La presa di Palestro, 1860
108. A. Trezzini, Morte di Ferdinando Cartellieri a San
Fermo, 1863
109. F. Faruffini, La battaglia di Varese, 1862
G. Fattori, Soldati francesi alle Cascine, 1859
G. Fattori, Soldati francesi del ’59, 1859-1860
S. Lega, Bersaglieri che conducono prigionieri austriaci, 1861
A. Trezzini, Morte di Ferdinando Cartellieri a San Fermo, 1863
X.
Ii Risorgimento
nei cuori dei semplici
Sia i Macchiaioli toscani, come
Odoardo Borrani, che i pittori lombardi,
come Domenico Induno, hanno saputo
rendere in struggenti scene di interno
o di vita popolare, i risvolti delle lotte
risorgimentali quali poterono essere
vissuti, con grande dignità e
partecipazione, dalle famiglie italiane.
La storia veniva così rappresentata nei
suoi risvolti quotidiani, affidandosi ad
atmosfere sospese o pervase da un
doloroso sentimento di sconfitta.
110. D. Induno, L’arrivo del Bollettino di Villafranca
(prima versione), 1861-1862
111. D. Induno, L’arrivo del Bollettino di Villafranca
(versione definitiva), 1862
112. O. Borrani, Il 26 aprile 1859 a Firenze, 1861
113. O. Borrani, Le cucitrici di camicie rosse, 1863
114. F. Faruffini, I fratelli Cairoli al campo, 1865
115. G. Induno, Morte di Enrico Cairoli a Villa Glori, 1868
116. O. Borrani, Il richiamo del contingente, 1869
117. O. Borrani, Il Bollettino del 9 gennaio 1878, 1880
G. Induno, Morte di Enrico Cairoli a Villa Glori, 1868
O. Borrani, Il 26 aprile 1859 a Firenze, 1861
O. Borrani, Le cucitrici di camicie rosse, 1863
XI.
Le ombre dei grandi
tra le antiche mura d’Italia
Dal Camposanto di Pisa a San
Miniato, a San Zeno, gli antichi
monumenti medievali, carichi di
reminiscenze storiche, dove aleggia
lo spirito di Dante e di Giotto,
vennero raffigurati dai Macchiaioli,
in particolare il solitario Giuseppe
Abbati, ma anche Odoardo Borrani
e Vincenzo Cabianca, senza indulgere
alle suggestioni estetiche care
ai Romantici, come spazi spogli,
luoghi del silenzio, sacri alla storia
della patria, dove poter riflettere
sull’eredità dei grandi e trovare
rifugio da quell’Italia moderna, nata
dall’Unità, in cui non si riconoscevano.
G. Abbati, Veduta del Camposanto di Pisa, 1864
118. E. Agneni, Le ombre dei grandi uomini fiorentini
che protestano contro il dominio straniero, 1857
119. G. Abbati, Veduta del Camposanto di Pisa, 1864
120. G. Abbati, Interno di San Miniato, 1861
121. G. Abbati, Monaco al coro, 1865
122. G. Boldini, Ritratto di Giuseppe Abbati, 1865
123. G. Abbati, La torre del Palazzo del Podestà a
Firenze, 1865
124. V. Cabianca, Il chiostro di San Zeno a Verona, 1867
125. O. Borrani, Al coro, 1866
126. A. Puccinelli, Chiostro dell’Ospedale del ceppo a
Pistoia, 1873
127. V. Cabianca, Avanzi della chiesa di San Pietro a
Portovenere, 1860
128. V. Cabianca, Scena medievale, 1861
G. Boldini, Ritratto di Giuseppe Abbati, 1865
XII.
I valori del lavoro
e della fatica quotidiana
Ispirati dal pensiero di Mazzini e dal
socialismo di Proudhon i Macchiaioli
hanno esaltato, nei loro dipinti
rappresentanti scene di umile vita
quotidiana, i valori di una società
fondata sulla famiglia, sulla solidarietà
e caratterizzata dai ritmi lenti di
un’economia agricola, estranea
alle trasformazioni industriali che
cominciavano a coinvolgere
e trasformare le città.
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S. Altamura, Il lavoro, 1869
S. Lega, Il bindolo, 1863
S. Lega, Orti a Piagentina, 1864-1865
G. Abbati, Il lattivendolo di Piagentina, 1864
G. Fattori, Le macchiaiole, 1865
S. Lega, La visita alla balia, 1865
S. Lega, La nonna, 1865
G. Abbati, La lettura, 1865
O. Borrani, L’analfabeta, 1869
S. Lega, L’elemosina, 1864
S. Lega, Gli sposi novelli, 1866
G. Abbati, Bovi al carro, 1866
G. Fattori, La raccolta del fieno in Maremma, 1870
G. Fattori, Il carro rosso, 1885
S. Lega, Orti a Piagentina, 1864-1865
G. Abbati, Bovi al carro, 1866
S. Lega, Gli sposi novelli, 1866
S. Lega, L’elemosina, 1864
G. Fattori, La raccolta del fieno in Maremma, 1870
G. Fattori, Il carro rosso, 1885
XIII.
Lega, Fattori
e il Risorgimento tradito
Nel ritratto di Mazzini morente
eseguito da Lega e negli ultimi quadri
di soggetto militare di Fattori si avverte
un forte sentimento di dramma e di
disagio, dovuto ad un atteggiamento
critico nei confronti di una nazione
che si era appena formata e ora stava
mutando profondamente, avendo
tradito gli antichi ideali e lo spirito
democratico della Giovane Italia
e del 1848.
143. G. Fattori, Episodio della campagna contro
il brigantaggio, 1864
144. G. Fattori, In vedetta, 1872
145. G. Fattori, Militari a cavallo, 1870-1875
146. G. Fattori, Posta militare, 1874
147. G. Fattori, Carica di cavalleria, 1877
148. G. Fattori, Lo staffato, 1880
149. S. Lega, Don Giovanni Verità, 1885
150. S. Lega, Mazzini morente (bozzetto), 1872-1873
151. S. Lega, Mazzini morente, 1873
G. Fattori, In vedetta, 1872
S. Lega, Mazzini morente (bozzetto), 1872-1873
G. Fattori, Carica di cavalleria, 1877