Afasia e facoltà di linguaggio - Università degli Studi di Verona
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Afasia e facoltà di linguaggio - Università degli Studi di Verona
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN LINGUISTICA TESI DI LAUREA AFASIA E FACOLTÀ DI LINGUAGGIO. Aspetti neuro-linguistici e cognitivi del deficit afasico dell’agrammatismo. Relatore: Ch.mo Prof. DENIS DELFITTO Laureanda: MARIA SCAPPINI _________________________________________________ A.A. 2009/2010 Ai miei genitori INDICE INTRODUZIONE……………………………………………………………………………...……9 PARTE PRIMA: AFASIA E CERVELLO…………………………………………...……………..11 1. PREMESSA: LO STUDIO DEL CERVELLO E DEL LINGUAGGIO ATTRAVERSO LA PATOLOGIA LINGUISTICA………………………………………………………………………………..11 2. LA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE LINGUISTICHE NEL CERVELLO….……………………..17 2.1 Le scoperte di Paul Broca e di Carl Wernicke ………………………………………..17 2.2 Le attuali conoscenza sulla neuroanatomia del sistema linguistico……………….…..19 3. L‟AFASIA DI BROCA E IL DEFICIT LINGUISTICO DELL‟AGRAMMATISMO……………….…..23 3.1 Agrammatismo e produzione linguistica………………………………..…….……………..24 3.2 Agrammatismo e comprensione linguistica………………………………...………….26 PARTE SECONDA: MODELLI LINGUISTICI E COGNITIVI DEL DEFICIT AFASICO….………29 1. IL MODELLO DI GRODZINSKY E L‟IPOTESI DEL LOSS OF KNOWLEDGE………………………29 1.1. La Trace Deletion Hypothesis di Grodzinsky……………………………...…………..30 1.1.1 La comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico…….…………....32 1.1.2. L'espressione di giudizi di grammaticalità e svolgimento di compiti on-line………..37 1.2 Restrizioni sul modello della Trace Deletion Hypothesis……………………………39 1.2.1 Il Trace Based Account……………………………………………..…….……...40 1.2.2 La R-Strategy………………………………………………………………....…41 1.3 Principali obiezioni alla TDH……………………..…………………………..…….43 1.3.1 Critiche all'interpretazione dei dati sperimentali …………………………..………43 1.3.2 Critiche alle assunzioni teoriche della TDH……………………………………….46 1.4 Conclusioni sul modello di Grodzinsky……………………………………….………..48 2. L'IPOTESI DEL LOSS OF PROCESSING……………………………………………………........51 2.1 Il modello cognitivo di Ullman………………………………………………...………..51 2.1.1. La memoria dichiarativa ………………..……………………..…….………….53 2.1.2. La memoria procedurale ………………………….………………….…………55 2.1.3 Il modello dichiarativo/procedurale………………………………..……………..56 2.1.4 Evidenze neurologiche del modello DP………………………….………………..59 2.1.4.1 Le patologie del linguaggio come deficit dichiarativo…………………….60 2.1.4.2 Le patologie del linguaggio come deficit procedurale…………………….61 2.1.5 Conclusioni sul modello di Ullman…………………………………………..…...63 2.2. Modelli linguistici di deficit procedurale………………………………………………65 2.2.1 Il deficit agrammatico come difficoltà di implementazione ..…………………..…..66 2.2.1.1 Hickok & Avrutin (1995): il contributo della „referenzialità‟………………66 2.2.1.2 Avrutin et al. (1999): l‟interpretazione dell‟accento contrastivo…………....67 2.2.2. Il deficit agrammatico come ritardo nella costruzione della struttura sintattica.......….…………………………………………………………….…73 2.2.3 Conclusioni sui modelli linguistici di deficit procedurale……………….……...…..76 3. IL MODELLO DELLA SLOWER-THAN-NORMAL SYNTAX: EVIDENZE LINGUISTICHE E SPERIMENTALI……...…………………………………………………………………79 3.1 L’interpretazione dei pronomi personali e riflessivi……….………………….....…..79 3.1.1 Studi off-line sull’interpretazione dei pronomi personali e passivi……………...…..80 3.1.1.1 Le prime evidenze: Grodzinsky et al.(1993)…………………………...….80 3.1.1.2 L‟interpretazione dei pronomi personali nelle costruzioni transitive e ECM: Ruigendijk & Avrutin (2003)……………………………………..………81 3.1.1.3 Sensibilità ai tratti morfo-sintattici nell'interpretazione pronominale: Vasić & Ruigendijk (2005) ………………………………………….…..86 3.1.2 Studi on-line sull’assegnazione della referenza pronominale…………………....…90 3.1.2.1 L'effetto di priming nell'interpretazione pronominale: Love et al. (1998)…………………………………………..……………..…..……90 3.1.2.2 L'interpretazione dei riflessivi logoforici e co-argomentali: Piñango & Burkhardt (2001)……………………………………….…….92 3.1.2.3 L'interpretazione dei riflessivi olandesi: Burkhardt et al. (2008)…….……..93 3.2 L’interpretazione dei pronomi personali in diversi contesti sintattici:alcuni studi di Vasić (2006)…………………………………………………….….……….98 3.2.1 L’interpretazione co-referenziale di dipendenze pronominali extra-frasali: Vasić (2006)...…………………………………………………………………98 3.2.2 L’interpretazione dei pronomi nelle VP-ellipsis constructions: Vasić et al.(2006).……...………………………………………………….……105 3.3 Conclusioni sullo Slow-syntax model……..……...……………………………..…..110 PARTE TERZA: ESPRESSIONE AGRAMMATICA E POSSIBILITÀ DI UNA SPIEGAZIONE UNIFICATA DEL DEFICIT…...……………………………………………………..115 1. CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE AGRAMMATICA ……….……………………...…115 1.1.Il disturbo nella produzione dei morfemi grammaticali….…………………...…….116 1.1.1. Omissione e sostituzione dei morfemi flessivi verbali …………..…………….….116 1.1.2. Omissione del pronome soggetto e dei determinatori ………………………...….119 1.2 Il deficit lessicale e il disturbo nella produzione dei predicati verbali………..120 1.2.1 Influenza delle proprietà sintattiche sui processi di recupero lessicale dei verbi …...121 2. MODELLI LINGUISTICI DEL DEFICIT ESPRESSIVO …………………………………....…….125 2.1 Le function word theories…………………………………………………………..…125 2.2 La Tree Pruning Hypothesis………………..……………………………………..……127 2.3 La possibilità di un account unificato del deficit.…………………………...………..131 2.3.1 Il modello del discorso di Avrutin…………………………………...……..…….133 3. AGRAMMATISMO E ACQUISIZIONE LINGUISTICA ………………………..……...…………137 3.1 L’acquisizione del linguaggio come incremento delle risorse procedurali …...……..138 CONCLUSIONI………...…………………………………………...………………………...….141 RINGRAZIAMENTI………………………………………...……………………………………145 BIBLIOGRAFIA…………………………………………………….……………………………147 INTRODUZIONE All‟inizio di ogni lavoro è bene delimitare il campo d‟analisi, definendone l‟oggetto, lo scopo e le aspettative. Questo studio si apre, perciò, con un capitolo introduttivo sul legame tra linguaggio, cervello e patologia linguistica. La Premessa discute il legame tra lo studio della patologia linguistica e quello del linguaggio, la possibilità che il primo porti ad un approfondimento del secondo e le modalità in cui questo può avvenire. Il secondo capitolo della prima parte offre una panoramica delle attuali conoscenze del coinvolgimento delle aree cerebrali nei differenti processi linguistici, ripercorrendo brevemente la storia della loro scoperta e dei principali approcci adottati nello studio della relazione tra linguaggio e cervello. Il terzo capitolo introduce, infine, l‟oggetto proprio del nostro lavoro, ovvero il deficit afasico dell‟agrammatismo, illustrandone le caratteristiche principali. Come ribadito più volte all‟interno della nostra presentazione, esso non costituisce una patologia linguistica a sé stante, ma uno dei sintomi che più frequentemente definiscono il disturbo dell‟afasia di Broca. La seconda e la terza parte sono dedicate alla discussione di alcuni modelli psicolinguistici proposti a spiegazione dell‟agrammatismo. Tra le molte impostazioni possibili, la nostra presentazione si sviluppa sulla base di due direttrici principali, considerando, da un lato, modelli presupponenenti la perdita di una parte della conoscenza linguistica in contrapposizione a spiegazioni basate sull‟idea che il sistema linguistico agrammatico rimanga strutturalmente intatto, pur soffrendo di un rallentamento delle abilità procedurali; dall‟altro, la distinzione tra impostazioni teoriche che considerano il disturbo espressivo e quello recettivo degli agrammatici come il prodotto di un unico danno compromettente – in modo parallelo – i due procedimenti, e quelle che negano la possibilità che i deficit osservati ai due livelli possano avere un‟origine comune. A margine di queste differenze sostanziali, si osserva che le teorie del disturbo agrammatico differiscono anche sotto numerosi altri aspetti, come, per esempio, il riferimento teorico assunto, l‟identificazione del componente e delle operazioni linguistiche compromessi, l‟estensione e la specificità del danno. Contrariamente allo sviluppo cronologico degli studi tradizionali sull‟afasia e dell‟ordine in cui è avvenuto il riconoscimento dei disturbi caratteristici dell‟agrammatismo, la nostra trattazione non prende avvio dalla considerazione delle capacità espressive degli agrammatici, bensì di quelle recettive, privilegiando i modelli A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini cognitivi e linguistici elaborati a partire dall‟osservazione di quest‟ultimo aspetto. La terza parte offre una rapida – e, consapevolmente, inesaustiva – presentazione delle difficoltà di espressione di questo tipo di afasici e delle spiegazioni proposte a questo riguardo. Il terzo capitolo della seconda sezione, così come diverse parti degli altri capitoli, è interamente dedicato alla presentazione di studi sperimentali testanti la comprensione di particolari strutture sintattiche da parte di soggetti agrammatici. Oltre a fornire importanti evidenze a favore o in contraddizione delle molte spiegazioni all‟agrammatismo esistenti, queste sezioni offrono la possibilità di mostrare – almeno indirettamente – l‟appassionante e continuo raffronto tra dati e teoria linguistica che caratterizza gli studi neuro-linguistici e che ha animato il mio interesse nel corso della preparazione di questa tesi. Malgrado la sua estrema importanza, non ci occuperemo dell‟aspetto riabilitativo dell‟agrammatismo, in quanto esula – come si può capire – dal nostro scopo e, soprattutto, dalle nostre competenze. In molti mi hanno chiesto a che cosa serva, allora, lo studio linguistico delle patologie del linguaggio. Forse con ingenuo „idealismo‟, credo possa servire a conoscere di più il sistema del linguaggio e il modo in cui la nostra mente ci permette di comunicare. Che è conoscere un po‟ di più l‟uomo. 10 PARTE PRIMA: AFASIA E CERVELLO 1. PREMESSA: LO STUDIO DEL CERVELLO E DEL LINGUAGGIO ATTRAVERSO LA PATOLOGIA LINGUISTICA. Sin dal suo inizio, lo studio delle patologie linguistiche si è rivelato di grandissima importanza nell‟ambito dell‟indagine sulla facoltà di linguaggio e sulla localizzazione delle funzioni cerebrali. Dall‟osservazione e dall‟analisi dei deficit provocati da traumi e disturbi cerebrali di diverso tipo proviene, infatti, larga parte dell‟attuale, pur se ancora parziale, conoscenza del funzionamento del cervello. La preziosità di questo contributo deriva anzitutto dalla prospettiva privilegiata offerta dalla patologia linguistica sul sistema complesso del linguaggio: ciò che appare come un tutt‟uno nel parlante sano, dove diverse abilità interagiscono a costruire l‟espressione e a garantire la comprensione linguistica, si presenta nel soggetto afasico come „scomposto‟ in sotto-moduli o „sottosistemi‟ parzialmente differenziati.1 Da un lato, la privazione di alcune capacità consente di osservare „meglio‟ e senza „interferenze‟ le abilità rimaste intatte e di identificarne più chiaramente i costituenti; dall‟altro, la specificità dei deficit esibiti da alcuni soggetti afasici suggerisce la possibilità di „conoscere attraverso la mancanza‟, ovvero di considerare la particolare carenza di alcune abilità come indice della relazione tra area danneggiata e particolare processo cognitivo. 2 Grazie al componente sperimentale che lo caratterizza, lo studio delle afasie ha fornito, inoltre, importanti contributi allo sviluppo della teoria linguistica. Al pari di quelli condotti con soggetti sani – e talvolta a integrazione di questi – gli studi psicolinguistici con pazienti afasici offrono, infatti, la possibilità di verificare il valore predittivo e l‟adeguatezza delle teorie linguistiche proposte: replicando o invalidando i risultati già ottenuti; costringendo a precisazioni dei termini o al definitivo abbandono di particolari impostazioni; evidenziando, attraverso l‟emergere di differenze significative tra 1 Come sottolineato da Moro (2006: 148-154) e da Obler & Gjerlow (1999: 27-36), l‟osservazione delle afasie ha rappresentato per tutto il diciannovesimo secolo la sola possibilità di identificare le componenti cognitive del linguaggio e le aree cerebrali ad esse deputate, prima che le più moderne tecniche di neuroimmagine sviluppate a partire dagli anni ‟80 del Novecento permettessero di „vedere il pensiero‟ in vivo e su soggetti sani. Per una rassegna delle tecniche attualmente in uso nello studio del linguaggio si veda Cacciari (2001: 84-95); per una sintesi delle attuali conoscenze sul funzionamento del cervello si segnala Obler & Gjerlow (1999: 27-36). 2 Seguendo la terminologia comunemente adottata, chiameremo questo tipo di considerazione “ragionamento sottrattivo”. Come vedremo, tuttavia, questo modo di procedere richiede una certa cautela. A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini prestazione sana e „compromessa‟, aspetti interessanti del modo in cui linguaggio è processato e rappresentato dal parlante sano. La possibilità che il test sui soggetti afasici contribuisca alla formulazione di teorie generali del linguaggio poggia sul presupposto che il sistema linguistico dei soggetti afasici non si differenzi completamente da quello „normale‟, ma ne rappresenti una forma in qualche modo più trasparente, poiché semplificata dalla privazione di qualcuno dei suoi componenti. A questa possibilità di una migliore comprensione del funzionamento „normale‟ del linguaggio attraverso i suoi malfunzionamenti si deve l‟attenzione della linguistica generale all‟afasia, considerata soprattutto come strumento per la conoscenza di fenomeni linguistici comuni, analogamente all‟approccio adottato già dagli anni Trenta nello studio delle lesioni cerebrali in generale: siamo avvezzi all‟idea che la patologia possa rendere evidenti, ingrandendole e rendendole più vistose, condizioni normali che altrimenti ci sarebbero sfuggite. Dove essa ci mostra una frattura o uno strappo, normalmente può esistere un‟articolazione. Se gettiamo a terra un cristallo, questo si frantuma, ma non in modo arbitrario; si spacca secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benché invisibili, erano tuttavia determinati in precedenza dalla struttura del cristallo (Freud 1932, cit. in Morabito 2004:137). Dall‟altro lato, la linguistica formale costituisce a sua volta un importante contributo allo sviluppo della ricerca sperimentale suggerendo al ricercatore linee di ricerca per le rilevazioni empiriche, metodi per la verifica e, infine, ipotesi esplicative dei dati ottenuti. 3 Particolarmente promettente si è dimostrato anche lo studio comparato tra „regressione‟ del linguaggio in soggetti affetti da patologie linguistiche e acquisizione del linguaggio nei bambini, che ha permesso, come vedremo meglio in seguito, l‟identificazione di importanti parallelismi tra i due processi. Lo studio delle funzioni cognitive e della loro localizzazione attraverso l‟analisi di deficit acquisiti, come quello delle afasie, richiede tuttavia molte cautele. Anzitutto, ci si potrebbe chiedere se lo studio sui soggetti affetti da patologie sia effettivamente legittimo: siamo certi che il danno subito dagli afasici interferisca direttamente con il modo in cui il linguaggio normalmente funziona, con strutture specifiche del linguaggio, e non con il sistema nella sua integrità? Ѐ possibile capire quale abilità linguistica viene compromessa 3 Per un approfondimento sul rapporto tra psicolinguistica, grammatiche formali e scienze cognitive si segnala l‟articolo di Ferreira (2005). Interessanti testi introduttivi alla neuropsicologia cognitiva e alla ricerca afasiologica sono anche anche Basso (2005: 11-25; 39-57), Obler & Gjerlow (1999) e Caplan (1987: 3-43). 12 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini all‟interno del sistema del linguaggio, che si mantiene anche nell‟afasico complesso e interattivo? Ѐ verosimile credere che gli afasici di un certo tipo esibiscano – tutti e allo stesso modo – uno specifico comportamento, nonostante la vasta variabilità intersoggettiva e intercategoriale? 4 Pur se lungi dal poter fornire risposte esaurienti e definitive a tutti questi quesiti, gli sviluppi neuro-linguistici hanno permesso di rispondere positivamente almeno a una parte di queste domande. Da un lato, infatti, sono stati trovati schemi di lesione specifici, adatti a essere usati come paragone per l‟elaborazione normale; dall‟altro, i dati offerti dall‟impiego delle più recenti tecniche di neuroimmagine hanno confermato l‟idea che le basi neuronali che supportano il linguaggio siano, almeno in parte, ristrette ed identificabili. 5 Una seconda considerazione importante riguarda la „realtà psicologica‟ delle categorie e delle strutture grammaticali identificate dai linguisti nello studio teorico della grammatica: è giusto credere che l‟elaborazione mentale del linguaggio rispecchi queste classificazioni? Ѐ legittima l‟aspettativa che ai sotto-domini di sintassi, semantica, morfologia e fonologia sottendano processi cognitivi parzialmente diversi? In che misura è possibile attribuire a questi procedimenti sistemi autonomi l‟uno dall‟altro? Nonostante la domanda sulla corrispondenza tra nozioni teoriche astratte ed effettivo funzionamento del linguaggio sia stata trascurata da molti dei paradigmi teorici attuali – tra cui quello generativista, che tanta influenza ha avuto nella teoria linguistica dell‟ultimo secolo –, essa non può naturalmente essere evitata dagli studi neuro-linguistici, cui peculiarità è appunto, come sottolineato da Basso (2005: 33), “l‟utilizzazione di principi linguistici, esplicitamente riferiti ad una teoria linguistica, per studiare i disturbi del linguaggio”. A qualunque inquadramento teorico s‟intenda fare riferimento, si dovrà dunque ammettere che le grammatiche formulate dai linguisti abbiano una qualche connessione con il modo in cui il linguaggio viene processato e rappresentato all‟interno del cervello, o, più in particolare, che “differences between major modules of the grammatical system correspond with differences in processes at the neural level and vice versa”, come espresso dalla correspondence thesis di Reuland (2003: 3). La risposta all‟ultimo quesito che abbiamo posto – in che misura l‟elaborazione linguistica possa essere attribuita a sistemi autonomi ed indipendenti – ci permette di ripercorrere brevemente i diversi approcci teorici che si sono susseguiti nello studio di mente e cervello. L‟idea che la 4 Per un approfondimento di queste considerazioni si rimanda a Caplan (1987: 13-14); per un approccio critico alla possibilità di studiare i soggetti afasici come gruppo si segnalano Caramazza (1986) e Caramazza et. al. (2001). 5 Cfr. Morabito (2004: 127-133). 13 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini mente non dovesse essere intesa come un‟entità singola, ma come un sistema di diverse facoltà specifiche e localizzabili ha origini molto antiche; in accordo con i diversi testi che ne ripercorrono la storia, essa risalirebbe già all‟epoca egizia. 6 Ѐ tuttavia soltanto con la frenologia della fine del diciottesimo secolo che essa inizia ad assumere una trattazione più sistematica. Assunto principale di questa teoria era l‟idea che i particolari tratti della personalità degli individui si manifestassero con l‟incremento delle aree cerebrali ad esse corrispondenti e fossero perciò rinvenibili nell‟effettiva conformazione del cranio. Le risorse linguistiche venivano unanimemente situate nei due lobi frontali cerebrali, rimaneva tuttavia incerto se esistesse una singola „facoltà di linguaggio‟, o se invece, come suggerito dal medico tedesco F. Gall (1758-1828), le si dovessero attribuire almeno due centri, uno per la memoria delle parole, l‟altro per l‟articolazione del discorso. 7 L‟impostazione „localizzazionista‟, nata a partire dalle intuizioni „speculative‟ della teoria frenologica, trovò le prime conferme nei pioneristici lavori di Pierre P. Broca (18241880) e di Carl Wernicke (1848-1905), cui lo studio delle lesioni cerebrali e dei disturbi linguistici ad esse associati aveva offerto l‟evidenza del coinvolgimento dell‟emisfero sinistro nell‟elaborazione e nella comprensione del linguaggio.8 Allo stesso Wernicke si deve anche l‟osservazione che il linguaggio dovesse consistere non dell‟attività di una sola regione cerebrale, ma della connessione di più aree, dal momento che i diversi malfunzionamenti osservati rappresentavano l‟esito di lesioni in zone diverse del cervello. I successivi sviluppi nell‟identificazione delle risorse linguistiche confermarono l‟intuizione dello studioso tedesco, portando all‟abbandono della ricerca di una localizzazione „stretta‟ delle funzioni cognitive, intesa come identificazione di una e sola area cerebrale interamente responsabile di una particolare attività umana. Pur se sottoposto a progressive revisioni, l‟approccio localizzazionista non ha smesso d‟essere utilizzato e di dimostrarsi produttivo nell‟identificazione dell‟ „architettura funzionale‟ dei processi mentali, resa ancora più accurata dall‟impiego delle tecniche di neuroimmagine. La considerazione di Wernicke rappresentò anche la nascita dell‟approccio „connessionista‟ allo studio del linguaggio, caratterizzato dall‟attribuzione dell‟elaborazione linguistica a diversi centri posti in differenti aree cerebrali in qualche 6 Tralasceremo di trattare ogni singola tappa dello sviluppo di questa concezione e della progressione dei diversi orientamenti teorici nella neuropsicologia, segnalando al lettore interessato i lavori di Morabito (2004: 5-21) e di Roth & Heilman (2000: 3-11). Gli stessi testi sono da considerarsi il principale riferimento di tutta la sezione seguente. 7 Principali esponenti di questa teoria furono, oltre a Gall, il tedesco Spurzheim e il francese Bouillaud. Per un approfondimento delle rispettive posizioni cfr. Morabito (2004: 22-37). 8 Onde evitare ridondanze, rimandiamo al par.1.2 la descrizione di queste scoperte. 14 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini modo connesse tra loro. Uno dei maggiori sviluppi di quest‟impostazione è stato rappresentato, negli ultimi decenni, dai modelli computazionali di elaborazione linguistica, nei quali l‟architettura mentale viene riprodotta come una rete di unità neuronali interconnesse, attivate in modo differente per la propagazione delle diverse attività. E‟ importante notare, tuttavia, come essi manchino della componente „localizzazionista‟ presente nel connessionismo del diciannovesimo secolo, cosicché conoscenza e attività linguistiche vengono assegnate, al pari degli altri processi mentali, all‟intera rete di interconnessioni, anziché a parti specificamente deputate a processarle. 9 La concezione delle risorse linguistiche come „distribuite‟ all‟interno del cervello riprende la visione „olistica‟ della mente, secondo cui il linguaggio dipenderebbe da risorse cognitive generali come memoria, attenzione, pensiero astratto, etc. In quest‟ottica, i disturbi linguistici non rappresenterebbero l‟esito di lesioni in particolari aree cerebrali deputate al linguaggio, ma un unico fenomeno di maggiore o minore intensità causato dalla perdita o dal danneggiamento di una delle risorse cognitive generali implicate nel linguaggio. 10 A più di un secolo dal suo inizio, il dibattito tra localizzazionismo e connessionismo non ha ancora abbandonato gli studi neuropsicologici. Ciononostante, è possibile riconoscere il delinearsi di un approccio predominante nella neurolinguistica contemporanea, definibile come „interazionista‟ in senso lato, caratterizzato dall‟interesse per la localizzazione di specifici fenomeni linguistici, ma anche dal riconoscimento del 9 Pur se non in contraddizione a priori con il localizzazionismo, l‟impostazione connessionista ne ha rappresentato – di fatto – l‟alternativa. L‟attribuzione del linguaggio a sistemi più ampi e diffusi è corrisposta, infatti, all‟impossibilità di identificarne i componenti, o meglio, di ritenere specificamente linguistici processi e aree cerebrali considerate comuni anche ad altri compiti cognitivi diversi dal linguaggio. Può essere tuttavia utile ricordare come Wernicke non intendesse negare la localizzazione delle funzioni cognitive, ma piuttosto precisare che “[i frenologi] sbagliavano nel tentativo di localizzare complessi attributi mentali. Possono essere localizzate solo semplici funzioni motorie e sensoriali” (Morabito 2004: 42-43). Per un approfondimento della differenze generali tra localizzazionismo e connessionismo si segnala Obler & Gjerlow (1999: 9-12); per una spiegazione dei modelli connessionisti di elaborazione linguistica, tra cui i più conosciuti modelli di Parallel Distributed Processing elaborati da McClelland & Rumelhart, si rimanda a Nadeau (2000). 10 Tra i maggiori esponenti della corrente olistica del diciannovesimo secolo si ricordano Pierre Marie e Goldstein. Come spiegato in Basso (2005: 13), “Pierre Marie sostenne che vi è una sola vera forma di afasia […] dovuta alla perdita di una speciale forma di intelligenza. […] Goldstein introdusse il concetto di attitudine astratta, e cioè della capacità di passare da un esemplare concreto alla categoria generale e astratta. Secondo Goldstein i soggetti afasici avrebbero perso proprio la capacità di astrarre dal singolo concetto e di considerare la categoria cui il concetto appartiene.” Per una considerazione più approfondita dell‟approccio olistico, delle sue origini e del suo sviluppo si segnalano anche Morabito (2004: 75-86) e Roth & Heilman (2000: 18-22). In chiara contrapposizione con la concezione olistica e connessionista si pose la proposta della „mente modulare‟ di Fodor (1983). Data la natura del nostro lavoro eviteremo di estendere ulteriormente questa discussione, limitandoci a ricordare l‟assunto principale di questa teoria, secondo cui la mente umana sarebbe costituita, in una certa misura, da „moduli‟, ovvero da sistemi separati, funzionalmente indipendenti e geneticamente specializzati per la trattazione di un determinato tipo di input. Per un‟introduzione alla concezione modulare delle attività cognitive cfr. Morabito (2004: 124-126). 15 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini contributo di sistemi cognitivi generali in particolari aspetti dell‟elaborazione linguistica. Pur nell‟ammissione del funzionamento, almeno in parte, modulare del cervello, non si dà perciò l‟aspettativa dell‟esistenza di aree interamente responsabili del linguaggio in contrapposizione ad aree completamente irrelate con esso: Ora si ritiene che le cose non siano così semplici: non esiste una singola «area del linguaggio», così come probabilmente non esiste nessuna singola area dedicata a nulla: il cervello attiva reti complesse e le «aree» sono solo zone di coinvolgimento preferenziale, ma non rivestono un carattere assoluto rispetto a una certa funzione (Moro 2006: 153).11 Come vedremo nel paragrafo successivo, inoltre, la nostra conoscenza dell‟architettura funzionale del cervello non dipende soltanto dall‟impostazione teorica che si intende assumere: molto può oggi essere detto sulla nostra organizzazione cerebrale, a partire dalla „neuro-anatomia‟ del sistema linguistico. 11 Per una descrizione dei principi assunti nella neuropsicologia cognitiva contemporanea e, implicitamente, anche all‟interno del nostro lavoro si veda Basso (2005: 39-41) e Vallar (1990: 130-137). 16 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini 2. LA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE LINGUISTICHE NEL CERVELLO Data la sua natura principalmente speculativa, il dibattito localizzazionista del diciannovesimo secolo non offrì risposte definitive al „problema‟ della distribuzione delle risorse cognitive; tuttavia, esso insegnò che le funzioni mentali potevano essere separate e localizzate in modo distinto, ponendo le basi per lo studio scientifico successivo. 2.1 Le scoperte di Paul Broca e di Carl Wernicke La prima scoperta importante fu costituita dall‟evidenza della dominanza dell‟emisfero sinistro nell‟elaborazione linguistica, offerta, come già accennato, dai lavori di P. Broca. In un suo articolo del 1861, l‟anatomista francese descrisse il caso signor Leborgne, ricoverato all‟ospedale Bicêtre di Parigi e chiamato „Tan‟ dagli altri pazienti, che aveva subito la perdita quasi completa dell‟espressione linguistica: nonostante la sua intelligenza generale e la comprensione del linguaggio stesso sembrassero intatte, egli non era più in grado di pronunciare che poche parole, tra le quali il “tan” che gli valse il noto soprannome. Incolumi erano rimasti anche gestualità e intonazione, di cui l‟uomo si serviva per comunicare a dispetto del limitatissimo repertorio lessicale rimastogli. Fu soltanto l‟autopsia, effettuata da Broca alla morte del paziente, a permettere la spiegazione di quello che era rimasto un caso „misterioso‟ per i medici del tempo: 12 il signor Leborgne presentava un‟ampia lesione cerebrale, situata principalmente nell‟emisfero sinistro anteriore (pur se comprendente anche parti minori del lobo frontale, dell‟insula, del corpus striatum e del lobo temporale superiore). 13 Studi successivi, che lo stesso Broca ebbe la possibilità di effettuare su soggetti con lesioni meno estese, confermarono in modo inequivocabile la sua tesi, secondo cui l‟articolazione linguistica doveva dipendere da un‟area piuttosto ristretta dell‟emisfero sinistro, quella della terza circonvoluzione frontale. La zona che il medico francese aveva indicato come maggiormente responsabile del linguaggio articolato assunse il nome di “area di Broca”, il disturbo ad essa associato quello di “afasia motoria” o, ancora una volta dal nome del 12 Al momento del suo ricovero, infatti, il signor „Tan‟ non presentava nessun altro malfunzionamento oltre a quello della „perdita‟ del linguaggio, che lo aveva reso un caso unico e particolarmente curioso; solo a distanza di dieci anni da questo primo sintomo, il disturbo si era esteso alla comparsa di un deficit motorio nella parte destra del corpo. 13 Per una spiegazione della struttura del cervello si veda Basso (2005: 4-9). Le informazioni sulla scoperta di Broca sono tratte da Roth & Heilman (2000: 8-11). A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini suo scopritore, “afasia di Broca”.14 Nonostante il maggiore coinvolgimento di uno o dell‟altro emisfero in particolari attività fosse stato ipotizzato anche da studiosi precedenti, esso non aveva mai ricevuto una conferma così evidente. Oggi sappiamo che l‟asimmetricità negli emisferi cerebrali riguarda una moltitudine di aspetti. Come spiegato in Basso (2005: 7) [g]li emisferi cerebrali sono simmetrici ma non identici. Le simmetrie riguardano, ad esempio, il controllo dei movimenti delle due metà del corpo e i messaggi sensoriali […]. Le asimmetrie riguardano numerose altre funzioni, come il linguaggio, elaborato essenzialmente (ma non esclusivamente) dall‟emisfero di sinistra, o l‟elaborazione spaziale controllata soprattutto dall‟emisfero destro. L‟emisfero sinistro è l‟emisfero dominante per il linguaggio nella vasta maggioranza dei soggetti destrimani e in circa i due terzi dei soggetti mancini o ambidestri. 15 Alla scoperta del medico francese s‟aggiunse dopo pochi anni, come sopra accennato, la localizzazione della comprensione linguistica, offerta ancora una volta dall‟osservazione dei disturbi linguistici. Nel 1874, infatti, venne pubblicata ad opera di Carl Wernicke la descrizione di due casi di afasici che presentavano deficit linguistici diversi da quelli analizzati da Broca: nonostante avessero mantenuto intatte la produzione e la prosodia linguistica, ciò che dicevano sembrava non avere alcun senso in quanto completamente irrelato con la conversazione in atto. Wernicke intuì, perciò, che doveva esistere un secondo tipo di afasia – che denominò „sensoriale‟– caratterizzata da gravi deficit nella comprensione linguistica e causata, come scoprì in seguito, dalla lesione della parte posteriore della prima circonvoluzione temporale sinistra. Quest‟area, che ha preso il nome di “area di Wernicke”, è tuttora identificata come il centro maggiormente responsabile della comprensione linguistica e di alcuni disturbi espressivi, come quello della „parafasia‟ semantica (incapacità di usare correttamente le parole nel loro significato, che si manifesta nella sostituzione di parole con altre simili o in qualche modo correlate, ripetizioni, etc). 16 Come accennato, a Wernicke si deve anche l‟elaborazione di un importante modello di organizzazione cerebrale. Come spiegato in Basso (2005: 12-13), 14 L‟area di Broca si trova, più precisamente, nel piede della terza circonvoluzione frontale, corrispondente alle aree 44 e 45 della numerazione di Brodmann (1909). Rimandiamo al par. 3.1 le considerazioni sulla problematicità dell‟attuale impiego della denominazione di “afasia di Broca”. 15 Per un approfondimento della nozione di specializzazione emisferica cfr. Làdavas & Umiltà (1990). 16 Cfr. Morabito (2004: 42-45). L‟area di Wernicke corrisponde all‟area 22 della numerazione di Brodmann (1909). 18 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini Wernicke concepiva il linguaggio come una funzione senso-motoria; le memorie acustiche delle parole sono conservate, secondo Wernicke, nella parte posteriore della prima circonvoluzione temporale, adiacente all‟area uditiva primaria, mentre le memorie motorie delle parole sono conservate nell‟area frontale adiacente all‟area motoria primaria per i movimenti bucco-facciali e queste due aree sono in connessione tra loro. Un danno alla memoria uditiva delle parole provoca, oltre al disturbo della comprensione, anche un deficit della produzione dovuto al mancato controllo esercitato attraverso le vie di connessione tra le due aree […]. Sulla base di questo modello Wernicke ipotizzò anche l‟esistenza di una terza forma di afasia, da lui chiamata afasia di conduzione, dovuta al danno delle vie che collegano l‟area posteriore all‟area frontale.17 2.2 Le attuali conoscenze sulla neuroanatomia del sistema linguistico Come si può notare, il riconoscimento delle aree cerebrali coinvolte nel funzionamento linguistico generale poteva dirsi quasi completo già alla fine del diciannovesimo secolo. Le scoperte di Broca e Wernicke, tuttavia, non esaurirono l‟interesse localizzazionista che ancora oggi caratterizza larga parte gli studi neurolinguistici. Gli studi successivi si sono dedicati, da un lato, all‟esplorazione del cervello in vivo, che ha portato alla conferma della correttezza di molte delle osservazioni ricavate dallo studio delle lesioni cerebrali; dall‟altro, ad una più precisa identificazione delle aree corticali specializzate per i diversi sotto-componenti del sistema linguistico. I risultati più importanti recentemente ottenuti nell‟indagine di quest‟ultimo tipo sono dovuti all‟utilizzo delle tecniche di neuro-imaging sopra accennate, che hanno permesso una chiara individuazione delle aree cerebrali attivate in soggetti sottoposti a diversi „compiti‟ linguistici. Tra le applicazioni più interessanti ricordiamo i lavori di Embick et al. (2000) e di Moro (2006), che hanno portato al riconoscimento delle aree specificamente coinvolte nell‟elaborazione sintattica: servendosi di frasi contenenti errori selettivamente sintattici quale espediente per rendere „visibile‟ la rete neuronale utilizzata per l‟attività sintattica, i ricercatori hanno potuto individuare la significativa (pur se non esclusiva) attivazione dell‟area di Broca, fornendo le prime evidenze dell‟autonomia, anche neuronale, del componente sintattico. 18 Più problematica si è rivelata la localizzazione del 17 Il modello di Wernicke venne poi integrato dal lavoro di Lichteim, che vi introdusse un livello di elaborazione astratta assente nell‟impostazione originaria; egli stesso ne completò anche la classificazione delle afasie. Per una considerazione del contributo di Lichteim si veda Basso (2005: 13). 18 Per un chiarimento di cosa si intenda con l‟espressione di „autonomia della sintassi‟ in questi studi cfr. Moro (2006: 172). Il riconoscimento dell‟attivazione strettamente „sintattica‟ delle aree corticali è stata ottenuta sottraendo le reazioni corticali già emerse nel riconoscimento da parte degli stessi soggetti di errori 19 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini componente semantico-lessicale del linguaggio, che si troverebbe largamente distribuito all‟interno del cervello. Lo studio dei disturbi lessicali provocati da danni cerebrali e l‟utilizzo delle tecniche di neuro-imaging per la rilevazione delle aree attivate nei procedimenti semantici, infatti, hanno offerto dati a favore dell‟esistenza di una complessa rete di regioni cerebrali diversamente coinvolte nei diversi aspetti dell‟elaborazione semantica, come le regioni temporali e parietali posteriori dell‟emisfero sinistro, le regioni temporali inferiori e parti della corteccia frontale inferiore. Secondo alcune recenti proposte teoriche, una prima distinzione sul modo in cui le parole sono „conservate‟ nel cervello corrisponderebbe alla diversa modalità in cui parole regolari ed irregolari arriverebbero ad essere impiegate nel discorso. In accordo con Pinker (1998; 2000), in particolare, le parole irregolari sarebbero „immagazzinate‟ nelle regioni medio temporali e temporali-posteriori, dove si troverebbero tutti gli elementi lessicali la cui conoscenza dipende dalla pura „memorizzazione‟, come detti, proverbi, radici lessicali e parole irregolari. Le altre unità del lessico (principalmente, le parole regolari) trarrebbero invece la forma adeguata all‟inserimento nel discorso da un processo di „assemblaggio‟ (quale flessione, suffissazione, etc.) che si svolgerebbe nelle regioni temporali. La differente modalità di „recupero‟ degli elementi lessicali corrisponderebbe, perciò, all‟esistenza di almeno due diversi loci cerebrali associabili al lessico linguistico.19 Se anche questa considerazione (nata ancora una volta dall‟osservazione dei danni cerebrali in differenti aree e di come essi influiscano diversamente sulla capacità di „recupero lessicale‟) venisse ulteriormente confermata, l‟individuazione dei „magazzini lessicali‟ non rivelerebbe molto sulle basi neuronali corrispondenti all‟elaborazione semantica. Le informazioni più importanti riguardo quest‟ultimo aspetto derivano da recentissimi studi di neuro-immagine, come quelli effettuati alla Carnegie Mellon University della Pennsylvania. In particolare, importanti risultati sono stati ottenuti dagli esperimenti di Just et al. (2010), cui si deve “the discovery of a set of biologically-driven semantic extra-sintattici alla misurazione ottenuta in presenza di quelli sintattici; per una descrizione più dettagliata del metodo „sottrattivo‟ utilizzato in questo tipo di esperimenti si rimanda a Moro (2006: 173-184). Pur se condotti in modo analogo i due studi presentano importanti differenze tanto nella procedura degli esperimenti, quanto nell‟impostazione dei lavori stessi. Per una descrizione degli esperimenti e delle tecniche utilizzate (risonanza magnetica funzionale o FMRI, nel caso di Embick et al., tomografia a emissione di positroni, o PET, nel caso di Moro) si rimanda agli originali in Embick et al. (2000) e Moro (2006: 171-191); per una precisazione sulle differenze tra i due studi si veda Moro (2006: 176). 19 L‟osservazione di Pinker si inserisce all‟interno di una più vasta re-impostazione teorica del rapporto tra parole e regole nel linguaggio umano, che avremo modo di trattare più precisamente nel secondo capitolo. Per una discussione di diversi modelli di elaborazione semantica si segnalano Cacciari (2001: 159-216) e Raymer & Gonzales-Rothi (2000: 108-111). In quest‟ultimo testo è presente anche il tentativo di tracciare una neuroanatomia del sistema semantico (cfr. ivi: 116-119). 20 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini dimensions underlying the neural representation of concrete nouns” (Just et al. 2010: 1). Le misurazioni effettuate nel corso dello studio hanno permesso, infatti, l‟identificazione delle aree corticali attivate in presenza di nomi di oggetti fisici aventi un particolare set di tratti semantici. Poiché al variare dei tratti semantici corrispondeva il variare dell‟attivazione corticale relativa, in un secondo momento è stato anche possibile per i ricercatori riuscire a capire a quale tipo di oggetto i soggetti stessero pensando al momento della rilevazione sperimentale semplicemente considerando le aree cerebrali attivate.20 Molte altre ricerche potrebbero essere ricordate prima di poter esaurire la rassegna delle attuali conoscenze del rapporto tra cervello e linguaggio. Tuttavia, data l‟immensità di questo tema e il diverso obiettivo del nostro lavoro, limiteremo a questi brevi accenni la nostra considerazione dell‟argomento, per rivolgerci finalmente all‟oggetto proprio del nostro studio. 20 Cfr. la descrizione della procedura e dei risultati dell‟esperimento in Just et al. (2010). Per una rassegna delle attuali conoscenze sulle „basi anatomiche‟ del linguaggio si rimanda a Price (2010). 21 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini 3. L‟ AFASIA DI BROCA E IL DEFICIT LINGUISTICO DELL‟ “ AGRAMMATISMO” L‟impiego dell‟espressione di “afasia di Broca” per indicare il deficit linguistico derivato da una lesione nella cosiddetta “area di Broca” è di poco successivo all‟identificazione della stessa regione cerebrale. Dal punto di vista clinico, venne associata al danno in quella particolare area del cervello; dal punto di vista linguistico, fu identificata con il sintomo più evidente nei primi soggetti analizzati da Broca: la perdita dell‟eloquio fluente e la presenza di un‟articolazione in qualche misura ridotta. Quest‟ultimo aspetto ha costituito, in seguito, il principale discrimine tra i primi due tipi di afasia inizialmente riconosciuti, quella „di Broca‟ (o “motoria”, relativa alla produzione linguistica) e quella „di Wernicke‟ (o “sensoriale”, relativa alla comprensione linguistica). Nel farsi più rigoroso della classificazione delle sindromi afasiche e del riconoscimento dei deficit linguistici ad esse correlate, il significato di queste denominazioni originarie ha subito, tuttavia, importanti mutamenti; inalterato nel tempo è rimasto, invece, il senso attribuito al termine di afasia. Come sottolineato da Basso (2005: 1-2), esso non indica qualsiasi disturbo linguistico, ma il suo uso è ristretto alla “perdita, totale o parziale, del linguaggio conseguente alla lesione di determinate aree cerebrali”; risultano perciò esclusi da questa denominazione i ritardi evolutivi del linguaggio – come la dislessia, la disgrafia e il disturbo del linguaggio conosciuto con la sigla di SLI (Specific Language Impairment) – e i deficit derivati da difetti degli organi periferici o legati a demenze più generali.21 Invariata è rimasta anche l‟importanza attribuita al criterio della fluenza verbale, sulla base del quale si opera la distinzione delle forme cliniche dell‟afasia in due grandi gruppi, caratterizzati, l‟uno, dal mantenimento di un eloquio spontaneo pressoché „normale‟; l‟altro, dalla sua quasi totale compromissione: Fluent aphasic speech associated with posteriorly placed lesions is commonly characterized by normal or excessive rate; normal phrase length, rhythm, melody, and articulatory agility; and either normal or paragrammatic form. In contrast, nonfluent aphasic speech associated with anteriorly placed lesions is characterized by slow rate, reduced phrase length, abnormal intonational contour, effortful 21 Come spiegato da Basso (2005: 2), “la lesione deve […] colpire specifiche aree cerebrali perché si possa parlare di afasia: non si parla di afasia in senso stretto se i disturbi del linguaggio conseguono a lesioni diffuse, come si possono avere nelle demenze”. Per un‟indicazione delle lesioni cerebrali più spesso responsabili di afasia e per una descrizione delle forme cliniche di afasia si segnala Basso (2005: 9-10;1924). Per una descrizione generale delle patologie linguistiche si rimanda a Cacciari (2001: 217-225); per trattazioni più dettagliate si segnalano Greenwland (2000) per le sindromi dislessiche; Rapcsak & Beeson (2000) per le forme di disgrafia o agrafia, Leonard (1998) per il cosiddetto “disturbo specifico del linguaggio” (SLI). Del contributo di Basso (2005) ci serviremo per tutta la sezione seguente. A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini articulation, and simplified syntax and/or absent grammar (Greenland et al. 2000: 32). Un secondo aspetto della produzione linguistica che ha assunto rilevanza nella classificazione afasica è quello della ripetizione, danneggiata nelle forme di afasia derivanti da lesioni nelle aree perisilviane, ma conservata in quelle causate da danni alle aree extrasilviane. L‟utilizzo di criteri „empirici‟ di questo tipo nella classificazione delle afasie si è rivelato di fondamentale importanza per la risoluzione della debole omogeneità delle sindromi tradizionali formulate seguendo il principio dalla somiglianza dell‟area e dell‟estensione della lesione subita. Quest‟ultimo principio, infatti, si era rivelato inadeguato sotto due principali aspetti: da un lato, la possibilità di poter individuare lesioni coinvolgenti esattamente le stesse regioni cerebrali era risultata considerevolmente scarsa; dall‟altro, si era potuto osservare che lesioni dello stesso tipo non portavano necessariamente all‟emergere degli stessi sintomi, cosicché ogni soggetto rappresentava un conguaglio di sintomi diversi, piuttosto che riflettere una sindrome „pura‟.22 3.1 Agrammatismo e produzione linguistica Seguendo i criteri della fluenza e della ripetizione, l‟afasia di Broca è oggi definita come una sindrome caratterizzata da articolazione non fluente e ripetizione compromessa non necessariamente associato a lesioni nella terza circonvoluzione frontale (“area di Broca”): “se è vero infatti che si continua ad utilizzare l‟espressione di «afasia di Broca», con questa etichetta si indica oggi la perdita della capacità di produrre un eloquio fluente e la concomitante omissione di morfemi grammaticali liberi o legati” (Moro 2006: 153154).23 Dei due aspetti segnalati da Moro, che possono apparire con diversa intensità in base alla gravità del disturbo, il più evidente è la natura telegrafica dell‟espressione, abbondantemente documentata dagli studiosi. Il campione in (1) corrisponde alla 22 All‟adozione di „nuovi‟ criteri nella classificazione delle sindromi afasiche è seguita, naturalmente, l‟introduzione di nuovi principi nella valutazione dei pazienti. A questo proposito si segnala Basso (2005: 59-69). 23 Come spiegato da Moro (2006: 153-154), il disturbo di cui soffriva il signor „Tan‟ corrisponde alla patologia attualmente indicata con il nome di „anartria‟, coinvolgente aree molto più vaste di quelle che erano state riconosciute dal medico francese. Recenti studi hanno inoltre dimostrato come i danni cerebrali provocanti questo tipo di afasia possano espandersi fino all‟intera corteccia perisilviana e come possano esistere casi di soggetti con lesioni ristrette all‟area di Broca ma non manifestanti questo tipo di sindrome (cfr. Vasic 2006: 6, in nota). 24 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini descrizione di un‟immagine effettuata da diversi pazienti, i cui nomi sono indicati dalle iniziali: (1) M. M. L. at 8 years after onset: The water is overflowing. The stool is gonna . . . is gonna happen. The people are . . . the boy and girl, and they had to . . . stumble. Also . . . he‟s . . . falling back. The mother is . . . She‟s wash . . . wiping the dishes. M. M. L. at 10.5 years after onset: uh, uh, boy . . . uh, uh, girl . . . and . . . cookies . . . uh, uh, uh H. M. S. at 3 years after onset: mother . . . water . . . dishes . . . curtains . . . cupboard. H. M. S. at 4 years after onset: boy . . . girl . . . water. (She spontaneously wrote at the same time: „„Boy se cookies. Girl wash dishing. Water flo stool dish.‟‟) A. T. N. at 5 years after onset: Stealing cookies . . . Sink is overflowing . . . He‟s about fall . . . stealing cookies . . . sharing them. A. T. N. at 6 years after onset: Sink overflowing. Boy falling down. 24 A livello sintattico, l‟espressione degli afasici di Broca è caratterizzata da frasi brevi e raramente complesse, dalla presenza di subordinate incomplete (come quelle introdotte dai complementatori del tipo dell‟inglese that e dell‟italiano che), e, spesso, dall‟ordine scorretto dei costituenti delle frasi stesse. Com‟è visibile anche nel campione sopra riportato, i soggetti afasici presentano inoltre notevole difficoltà nel recupero degli elementi lessicali, frequente omissione dei verbi principali e uso prevalente – e talvolta esclusivo – delle parole a classe aperta in contrapposizione alla quasi totale assenza di parole a classe chiusa (parole funzionali e morfemi grammaticali, come articoli, ausiliari e preposizioni). Quest‟ultima tendenza si riflette, a livello morfologico, nell‟eliminazione e/o sostituzione dei morfemi flessivi legati, come la desinenza -s del plurale inglese e i morfemi indicanti la flessione temporale. 25 Le caratteristiche morfo-sintattiche 24 Fonte di questa trascrizione è Hillis et al. (2002: 1107). Per il seguente elenco dei deficit manifestati dagli afasici di Broca nell‟espressione e nella comprensione verbale ci serviamo in modo sostanziale delle informazioni contenute in Vasić (2006: 7-12). 25 Cfr. Badecker & Caramazza (1985: 100, in nota) per l‟indicazione puntuale delle evidenze sperimentali alla base di queste osservazioni; cfr. i saggi in Denes & Pizzamiglio (1990: 299-402) per una descrizione approfondita dei disturbi linguistici nell‟afasia. 25 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini dell‟espressione afasica sono solitamente indicate con il termine di “agrammatismo”, proposto da Pick (1913) in riferimento al complesso dei malfunzionamenti implicanti un danno al „componente grammaticale‟ del linguaggio. Nonostante la spiegazione del deficit offerta dallo stesso studioso non abbia portato contributi sostanziali per l‟identificazione della natura del disturbo afasico, l‟introduzione di questo termine si è rivelata di grande importanza per la possibilità di indicare in modo non ambiguo uno degli aspetti più frequenti del comportamento linguistico degli afasici di Broca. 26 3.2 Agrammatismo e comprensione linguistica I deficit nella produzione linguistica degli agrammatici sono spesso accompagnati da difficoltà nella comprensione di particolari strutture linguistiche. Il riconoscimento di questo secondo aspetto, rimasto fino ad allora inosservato per la minore vistosità dei suoi effetti, si deve a uno studio sull‟interpretazione di frasi con diversa struttura sintattica condotto da Caramazza & Zurif (1976). I risultati di quel lavoro rivelarono che gli agrammatici hanno problemi nell‟interpretazione di frasi relative – con relativizzazione del complemento oggetto – semanticamente reversibili (2), mentre sono in grado di comprendere correttamente frasi dello stesso tipo dal significato non reversibile (3): (2) (3) The horse that the bear is kicking is brown. The horse that the man is riding is brown. 27 Come spiegato in Vasić (2006: 8), la maggiore difficoltà nella comprensione delle frasi del primo tipo non poteva essere attribuita al grado di complessità della costruzione sintattica soggiacente, del tutto simile a quella delle frasi correttamente intese dagli agrammatici, ma piuttosto alla diversa importanza assunta dalle informazioni sintattiche nell‟interpretazione dei due tipi di frasi. Se, infatti, l‟interpretazione delle frasi non reversibili viene ristretta dal significato stesso delle parole che la compongono, lo stesso 26 Data l‟ambiguità assunta dalla denominazione originaria di “afasia di Broca”, ci serviremo d‟ora in avanti della denominazione corrente di “agrammatismo” per l‟identificazione di questo disturbo linguistico e di quella di “agrammatici” per i soggetti che ne sono affetti. In accordo con Pick (1913), il disturbo degli agrammatici consisterebbe nella difficoltà di produrre le categorie grammaticali, che li costringerebbe all‟adozione di un „principio di economia‟, e dunque, all‟omissione delle parole non strettamente necessarie, come i morfemi grammaticali. 27 La frase (2) proviene dal campione delle frasi utilizzate nell‟esperimento fornito in Caramazza & Zurif (1976: 575); la frase (3) è invece di nostra creazione. 26 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini non avviene nelle frasi semanticamente reversibili, nelle quali la corretta ri-costruzione della struttura sintattica rappresenta il solo modo per identificare adeguatamente chi stia esercitando l‟azione espressa del verbo. Così, mentre è possibile intendere correttamente il significato di (3) considerando semplicemente l‟informazione semantica congiuntamente al fatto che è molto più probabile che l‟uomo cavalchi il cavallo marrone, piuttosto che avvenga il contrario, l‟interpretazione di (2) deve affidarsi a criteri sintattici, dal momento che non c‟è nessuna ragione semantica o logica a priori per definire se sia il cavallo a calciare l‟orso o se avvenga viceversa. In particolare, la corretta comprensione di (2) richiede la „riattivazione‟ dopo il verbo del sintagma nominale adeguato, garantita dai legami sintattici rappresentati in (4): 28 (4)The horsei that the bear is kicking ti is brown. La causa del fallimento dell‟interpretazione delle frasi relative semanticamente reversibili risiederebbe, perciò, nell‟impossibilità di ri-costruire strutture sintattiche particolarmente complesse, come quelle presentanti un ordine „non canonico‟ dovuto a movimenti sintattici di qualche tipo. Difficoltà di comprensione sono state individuate anche nell‟interpretazione delle frasi passive, di frasi relative a soggetto relativizzato (centerembedded relatives), di alcuni tipi di dipendenze pronominali, di frasi interrogative introdotte dal pronome interrogativo which.29 La misura in cui comprensione e produzione linguistiche vengono compromesse, tuttavia, varia molto tra un soggetto e l‟altro. Per questa ragione, si usa classificare gli agrammatici in due grandi gruppi, comprendenti, il primo, i soggetti con difficoltà nell‟interpretazione delle relazioni sintattiche tra le parole (asyntactic comprehension); il secondo, quelli con maggiori deficit nell‟elaborazione dei morfemi grammaticali (agrammatic production). Anche all‟interno di queste categorie principali, il comportamento linguistico dei diversi soggetti può presentare importanti differenze, come dimostrato dallo studio di Miceli et al. (1989) sul tipo e la frequenza delle omissioni morfologiche prodotte dagli agrammatici. L‟osservazione di Caramazza & Zurif (1976) e le numerose conferme che ne sono seguite hanno ulteriormente esteso il „problema‟ dell‟identificazione della natura del deficit afasico, portando alla formulazione di ipotesi basate sull‟idea che l‟agrammatismo 28 Ci serviamo dagli espedienti grafici e dei presupposti teorici della „teoria della traccia‟, secondo cui la lettera t viene usata nelle rappresentazioni di movimento sintattico ad indicazione della „traccia‟ lasciata nella sua posizione di partenza dall‟elemento spostato, cui viene sottoscritta. Per la spiegazione di questa teoria si rimanda a Chomsky (1975). 29 Cfr. la rassegna presentata in Hickok & Avrutin (1995). 27 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini dipenda da un disturbo di parte della conoscenza linguistica generale tale da compromettere in modo simile produzione e comprensione linguistica. Nonostante i risultati sperimentali successivi abbiano determinato l‟esclusione dell‟esistenza di un modulo sintattico unificato,30 la possibilità di individuare un procedimento comune ai processi di comprensione e produzione rimane un aspetto dibattuto nelle teorie linguistiche. 30 Ci riferiamo, da un lato, ai lavori di Miceli et al. (1983) e di Kolk et al. (1985), che rivelarono casi di soggetti con in cui il deficit aveva compromesso „solo‟ uno dei due procedimenti di produzione e comprensione linguistiche; dall‟altro, alla ricerca di Linebarger et al. (1983), che dimostrò come soggetti con disturbi ad entrambi i livelli linguistici mantengano intatta la capacità di esprimere giudizi di grammaticalità. 28 PARTE SECONDA: MODELLI LINGUISTICI E COGNITIVI DEL DEFICIT AFASICO 1 . IL MODELLO DI GRODZINSKY E L‟IPOTESI DEL LOSS OF KNOWLEDGE31 Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la scoperta dei deficit di comprensione degli agrammatici si deve a uno studio di Caramazza & Zurif (1976) sull‟interpretazione di particolari strutture sintattiche da parte di tre diversi tipi di afasici – di Broca, di Wernicke, di conduzione – dove i primi rivelarono l‟incapacità di intendere correttamente le frasi a soggetto relativizzato semanticamente reversibili.32 La difficoltà degli agrammatici venne spiegata, come abbiamo detto, con l‟impossibilità di determinare la struttura sintattica delle frasi analizzate, e di potersene servire nei casi in cui le proprietà semantiche dei costituenti della frase non sono sufficienti a garantirne un‟interpretazione univoca. Pur riconoscendo correttamente il deficit agrammatico della comprensione come un disturbo specificamente sintattico, Caramazza & Zurif ipotizzarono che il deficit recettivo fosse molto vasto, paragonabile per estensione a quello osservato nella produzione agrammatica e compromettente l‟intero sistema sintattico: The present analysis of their comprehension skills suggests that such patients are as impaired in comprehension as they are in production. The impairment, moreover, is a specific one – they are unable to use syntactic-like algorithmic processes. Yet, of equal importance, they have retained the capacity to use heuristic procedures to assign a semantic interpretation to, at best, an incompletely represented syntactic organization (Caramazza & Zurif 1986: 581, corsivo mio). Una spiegazione diversa fu offerta dalla mapping theory di Schwartz et al. (1980), che considerarono il deficit recettivo come l‟esito del danneggiamento non del sistema sintattico, bensì di quello „interpretativo‟: ciò che gli agrammatici avrebbero perso sarebbe la capacità di assegnare i ruoli tematici ai componenti della frase; mancando di questa abilità, essi si troverebbero incapaci di ricostruire correttamente l‟evento espresso nella frase. 33 Pur differenziandosi sostanzialmente nel riconoscimento della capacità 31 Per l‟articolazione di questo paragrafo seguiamo la rassegna di Grodzinsky (1995a). Lo studio di Caramazza & Zurif non rappresentò, naturalmente, l‟unica indagine sulla comprensione degli agrammatici. Nello stesso anno, per esempio, furono riportati casi di soggetti con difficoltà nell‟interpretazione delle costruzioni con il dativo, come le frasi inglesi: He showed her the baby pictures e He showed her baby the pictures (cfr. Heilman & Scholes 1976). 33 Per una spiegazione dei criteri di assegnazione dei ruoli tematici si rimanda a Donati (2008: 79-81). 32 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini linguistica danneggiata, i due modelli condividono l‟ipotesi che il danno linguistico subito dagli afasici consista nella perdita di parte della conoscenza linguistica, ovvero, in una sorta di „menomazione‟ del sistema linguistico. Entrambe queste spiegazioni, tuttavia, non hanno ricevuto conferme dalle evidenze sperimentali. I buoni risultati ottenuti nel riconoscimento delle violazioni di grammaticalità dimostrarono che gli agrammatici non perdono interamente particolari abilità linguistiche (come, per esempio, quella sintattica), dal momento che essi sono in grado di usarle nell‟esecuzione di altri compiti, come quello dei grammaticality judgment tests.34 Linebarger et al. (1983) rivelarono come anche i soggetti con gravi difficoltà di comprensione mantengano intatta la sensibilità alle sottocategorizzazioni lessicali e l‟abilità di esprimere accurati giudizi di grammaticalità, riconoscendo violazioni sintattiche come quelle presenti in (1) e (2) o coinvolgenti dipendenze da una frase all‟altra: (1) (2) The policeman was talking a woman The gift my mother was very nice Analogamente, i corretti giudizi di grammaticalità espressi con frasi implicanti il riferimento ai ruoli tematici comportarono l‟abbandono dell‟ipotesi che la difficoltà di comprensione degli agrammatici fosse legata alla mancata rappresentazione dei ruoli tematici. Saffran & Schwartz (1994) conclusero che il danno dovesse essere posto nell‟accesso all‟informazione sintattica necessaria all‟assegnazione dei ruoli tematici, piuttosto che nella loro completa „perdita‟. Un‟applicazione „rigorosa‟ della mapping theory com‟era stata originariamente formulata, inoltre, avrebbe comportato l‟ipotesi del fallimento dell‟interpretazione di pressoché tutti i tipi di frasi, dal momento che la totale mancanza di ruoli tematici avrebbe reso qualsiasi struttura indistintamente „indecifrabile‟. Quest‟ipotesi poteva tuttavia dirsi falsificata „in partenza‟ dal fatto che il disturbo agrammatico di comprensione era emerso solo nell‟analisi di particolari strutture sintattiche, mostrando, per esempio, una generale facilità nell‟interpretazione delle frasi attive in contrapposizione al fallimento riscontrato con le strutture passive. 35 34 I grammaticality judgment tests sono usati per valutare in modo selettivo la conoscenza di particolari aspetti linguistici. Essi consistono nel chiedere ai soggetti in esame di giudicare la grammaticalità di alcune strutture linguistiche, parte delle quali contenenti errori di un qualche tipo. L‟accuratezza raggiunta nell‟espressione di questi giudizi e, quindi, la capacità di identificazione delle violazioni presenti (es. cattivo ordine dei costituenti) sono considerati indice delle abilità linguistiche dei soggetti rispetto al particolare ambito della grammatica testato. 35 Un‟ultima predizione errata di questa teoria è costituita dall‟ipotesi che la mancata assegnazione dei ruoli tematici sia anche all‟origine dei problemi di produzione degli agrammatici. Come vedremo, un‟importante 30 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini I dati progressivamente raccolti evidenziavano, dunque, come il deficit agrammatico non riguardasse il sistema sintattico nella sua integrità, né l‟intero apparato dei ruoli tematici, pur coinvolgendo parte dell‟uno e dell‟altro. Tanto l‟ipotesi dell‟asyntactic comprehension quanto gli assunti della mapping theory si dimostravano, dunque, troppo „forti‟, predicendo patterns di errore molto più estesi di quelli effettivamente trovati nei soggetti analizzati. 1.1. La Trace Deletion Hypothesis di Grodzinsky36 Una delle prime ipotesi „restrittive‟ è rappresentata dal modello della Trace Deletion Hypothesis, proposta per la prima volta in Grodzinsky (1984), secondo cui il deficit agrammatico consiste in un danno parziale del sistema sintattico tale da influenzare l‟assegnazione dei ruoli tematici. Rifacendosi alla teoria della traccia chomskyana e alla teoria dei ruoli tematici, 37 Grodzinsky assume che gli elementi linguistici soggetti a movimento sintattico lascino una traccia dietro di sé, indicata graficamente con il simbolo t nella loro posizione di partenza: (3) Chii credi che Gianni abbia visto ti? La traccia svolge un ruolo di grande importanza nei processi di interpretazione linguistica, fungendo da „intermediario‟ per la trasmissione delle informazioni linguistiche degli elementi mossi. Tra queste, particolare rilevanza è assunta dal ruolo tematico (o “ruolo-θ”). Poiché esso viene assegnato sulla base dell‟ordine gerarchico degli elementi linguistici, se una posizione tematica è occupata da una traccia, il ruolo-θ viene assegnato in quella posizione: sarà poi la traccia a trasmetterlo all‟elemento linguistico corrispondente. Se, dunque, il sistema di „co-indicizzazione‟ tra l‟elemento obiezione alla considerazione di un deficit unitario per i problemi di comprensione e produzione agrammatica è data dal fatto che la difficoltà espressiva non è sempre accompagnata da disturbi a livello recettivo, né vale l‟implicazione contraria. 36 Presentiamo, in questo paragrafo, la spiegazione del modello come formulato originariamente, corrispondente a Grodzinsky (1984; 1986; 1990), rimandando ai paragrafi seguenti l‟analisi dei successivi restringimenti introdotti a partire da Grodzinsky (1995a). 37 Grodzinsky si rifà, nelle prime formulazioni, alla teoria del Government and Binding chomskyana (cfr. Chomsky 1981). Per una spiegazione della teoria della traccia si rimanda a Chomsky (1975). 31 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini mosso e la sua posizione di partenza viene per qualche ragione interrotto, diventa impossibile interpretare correttamente la frase, dal momento che non è possibile stabilire quale ruolo tematico assegnare all‟elemento mosso. Quest‟ultimo sarebbe, secondo Grodzinsky, esattamente il caso dei soggetti agrammatici, che, privi della rappresentazione della traccia, non si troverebbero in grado di ricostruire correttamente l‟evento espresso in particolari tipi di frasi. Il deficit non risiederebbe, dunque, nella perdita della conoscenza dei ruoli tematici, ma piuttosto nella mancanza degli elementi deputati alla loro trasmissione nella rappresentazione linguistica. 1.1.1 La comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico Come riconosciuto da Grodzinsky stesso, la Trace Deletion Hypothesis nacque per spiegare le poche evidenze sperimentali allora disponibili sulla comprensione degli afasici di Broca. La scarsità dei dati raccolti non aveva impedito il delinearsi di un quadro piuttosto chiaro: nonostante la maggior parte delle abilità sintattiche (conoscenza della struttura sintagmatica e delle proprietà lessicali, assegnazione dei ruoli tematici e del caso, capacità di determinazione delle relazioni di dipendenza) apparissero intatte, come dimostrato dalla buona comprensione di frasi del tipo di (3), la possibilità di una corretta interpretazione appariva compromessa in tutti i casi in cui la struttura della frase fosse derivata da movimento sintattico, come nel caso delle frasi in (4): (3) Above-chance performance a. The girl pushed the boy. b. The girl who pushed the boy was tall. c. Show me the girl who pushed the boy. d. It is the girl who pushed the boy. e. The boy was interested in the girl. f. The woman was uninspired by the man. (4) Chance performance a. The boy was pushed by the girl. b. The boy who the girl pushed was tall. c. Show me the boy who the girl pushed. d. It is the boy who the girl pushed. e. The woman was unmasked by man.38 38 La fonte di questo campione di frasi è Grodzinsky (1995a: 31-32). 32 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini Prima di procedere ad una spiegazione dettagliata del modo in cui la perdita della „traccia‟ determini il fallimento dell‟interpretazione agrammatica nelle strutture originate da movimento sintattico, può essere utile ricordare in che senso le frasi in (4) debbano essere considerate il prodotto di movimento sintattico. In accordo con le impostazioni della grammatica generativa, l‟ordine assunto dagli elementi delle frasi nella loro struttura superficiale (o “struttura S”, ovvero, approssimativamente, l‟ordine in cui gli elementi vengono pronunciati) non è sempre uguale a quello della loro struttura profonda (o “struttura-P”, ovvero il livello in cui sono espressi i rapporti di relazione semantica tra i costituenti). In alcuni casi, infatti, esso rappresenta il prodotto dell‟applicazione di regole „trasformazionali‟ operanti a livello della struttura-S (superficiale). Frasi come quelle presentate in (4), per esempio, sarebbero determinate da movimenti del tipo “Muovi NP”, ovvero dallo spostamento di un sintagma nominale da una posizione ad un‟altra della frase. Un esempio tipico è quello del passaggio dalla costruzione attiva a quella passiva dei verbi, in cui il SN oggetto della frase attiva (5) viene „sollevato‟ a soggetto della corrispondente passiva (6) attraverso il movimento rappresentato in (7): (5) The girl pushed the boy. (6)*Was pushed the boy by the girl. (7) The boyi was pushed ti by the girl.39 Data questa breve premessa, è possibile capire meglio in che modo la presenza del movimento sintattico si riveli il principale fattore in grado di „sfavorire‟ la comprensione da parte degli agrammatici. Abbiamo detto che l‟ipotesi centrale della TDH è rappresentata dall‟idea che questi soggetti risultino privi della rappresentazione della „traccia‟ sintattica. Una perdita di questo tipo non determina, perciò, alcun impedimento all‟interpretazione delle frasi che non presentano movimento sintattico al loro interno, ma assume rilevanza decisiva nei casi in cui il soggetto necessita dell‟informazione della traccia. La perdita di queste informazioni, tuttavia, non sembra di per sé sufficiente a spiegare l‟erronea interpretazione di particolari tipi di frasi da parte degli agrammatici, dal momento che esistono esempi di strutture – come, per esempio, le relative del soggetto – in cui la comprensione avviene correttamente, nonostante la derivazione dal 39 Si noti come questa regola possa operare solo nel caso in cui sia stata già applicata un‟operazione di “posposizione di SN” tale da lasciare libera la posizione del soggetto, rappresentato. Per precisazioni su questo tipo di movimento sintattico cfr. Chomsky (1975). 33 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini movimento sintattico. Accanto alla „cancellazione‟ della traccia, Grodzinsky assume perciò l‟esistenza di una strategia cognitiva extralinguistica, conosciuta con il nome di default strategy: nei contesti in cui le informazioni linguistiche non si rivelano sufficienti all‟assegnazione dei ruoli tematici, essi lo ricevono in base alla loro posizione nell‟ordine lineare; se, perciò, il SN in prima posizione si trova ad essere privo di ruolo tematico, esso riceve – di default – quello di Agente. Questa strategia sarebbe condivisa tanto dai soggetti „sani‟ quanto da quelli affetti da patologie linguistiche; non ricevendo le informazioni normalmente trasmesse dalla „catena sintattica‟, tuttavia, gli afasici di Broca si affiderebbero a questa soluzione molto più spesso di quanto non accada nell‟interpretazione da parte degli altri soggetti. Il sintagma nominale spostato in prima posizione nella costruzione passiva delle frasi, perciò, riceve nell‟interpretazione agrammatica (8) il ruolo di Agente, anziché quello corretto di Paziente assegnatogli dalla traccia nella rappresentazione „normale‟ (9): (8) The boy was pushed by the girl. (9) The boyi was pushed ti by the girl. Agente Paziente (Paziente) (per l‟applicazione della default strategy) Contemporaneamente, il ruolo di Agente viene assegnato – tanto nell‟interpretazione agrammatica quanto in quella „normale‟ – anche al SN che svolge l‟effettivo ruolo di agente dell‟azione, che lo riceve per via sintattica -direttamente dalla preposizione by che lo precede: (9) The boy (Paziente) rappresentazione normale was pushed by the girl (Agente). 40 (Agente) rappresentazione agrammatica La rappresentazione dei ruoli tematici così ottenuta dagli agrammatici, come si può intuire, non è però di nessuna utilità per l‟interpretazione della frase; al contrario, la doppia presenza del ruolo tematico di Agente provoca l‟impossibilità di scegliere a quale dei due NP esso debba essere legittimamente attribuito, costringendo, infine, a una scelta casuale, origine della cattiva performance registrata nella comprensione di frasi di questo tipo. 40 Il fatto che questo secondo sintagma nominale riceva il ruolo tematico appropriato non è in contrapposizione con quanto detto sinora sulla perdita della rappresentazione della traccia da parte degli agrammatici; in quest‟ultimo caso, infatti, il ruolo tematico è assegnato in modo diretto, ovvero non mediato da tracce, e perciò corretto. 34 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini Pur essendo valida per la maggior parte delle costruzioni passive, la spiegazione appena fornita presenta l‟importante eccezione delle costruzioni passive dei verbi psicologici. Grodzinsky (1995b) trovò infatti che, nonostante la struttura sintattica del tutto simile a quella delle altre strutture passive, frasi del tipo di (10) vengono correttamente intese dagli agrammatici: (10) a. The boy (Esperiente) was interested in the girl (Tema). b. The woman (Esperiente) was uninspired by the man (Tema). La differenza tra le costruzioni passive dei verbi psicologici e le altre strutture passive che abbiamo analizzato risiede, come si può vedere, nei ruoli tematici coinvolti nell‟interpretazione. Poiché nessun ruolo d‟agente è previsto per l‟interpretazione di questo tipo di frasi, l‟adozione della default strategy non costituisce un ostacolo alla corretta interpretazione. Pur se scorretta anche in questo contesto (e – in un certo senso – doppiamente „scorretta‟ in quanto non prevista dalla griglia tematica del verbo), l‟assegnazione del ruolo di Agente al primo SN non determina, infatti, la competizione tra elementi riceventi lo stesso ruolo tematico che abbiamo considerato nel caso delle frasi passive „standard‟, ma una rappresentazione in cui ogni ruolo tematico è associato ad un solo elemento linguistico: (11) a. The boy (Agente)was interested in the girl (Tema). b. The woman (Agente) was uninspired by the man (Tema).41 Il successo degli agrammatici in questo tipo di frasi venne considerato da Grodzinsky come la principale prova della legittimità dell‟assunzione di una strategia „Agent-first’, senza la quale non sarebbe possibile spiegare, secondo lo studioso, il diverso successo ottenuto dagli agrammatici in strutture sintattiche così simili, ugualmente caratterizzate da movimento sintattico e – perciò – dalla perdita delle informazioni affidate alla traccia. 42 Una spiegazione analoga a quella che abbiamo considerato per le strutture passive „standard‟ è proposta da Grodzinsky anche per gli altri tipi di frasi scorrettamente intese dagli agrammatici. Consideriamo le rimanenti frasi dei nostri campioni (3) e (4). Le frasi 41 Per evitare ridondanze nell‟esposizione, abbiamo omesso di riproporre le considerazioni analoghe a quanto accade nell‟interpretazione dei passivi „standard‟, come la derivazione della struttura da movimento sintattico e la „mancanza‟ della traccia nella rappresentazione agrammatica. Per maggiori informazioni sulla comprensione di questo tipo di frasi cfr. Grodzinsky (1995b.) 42 Per un approfondimento sul funzionamento della default strategy e sull‟assegnazione dei ruoli tematici in generale si suggerisce Grodzinsky (1995b). 35 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini b, c, e d, che riportiamo di seguito, rappresentano casi di frasi relative del soggetto (12) e dell‟oggetto (13): (12) a. The girli who pushed the boy ti was tall. b. Show me the girl who pushed the boy. c. It is the girl who pushed the boy. (13) a. The boyi who the girl pushed ti was tall. b. Show me the boyi who the girl pushed ti. c. It is the boyi who the girl pushed ti. Nonostante l‟estrema similarità delle due strutture, il grado di successo ottenuto dagli agrammatici nella loro interpretazione è molto diverso: mentre la comprensione è generalmente buona per le relative del soggetto, essa è tipicamente fallimentare per le relative dell‟oggetto. La relazione tra questi tipi di frasi è del tutto simile a quella sussistente tra frasi attive e passive, esprimenti lo stesso significato attraverso l‟impiego di strutture sintattiche diverse, come si può notare dalla coppia di relative seguente: (12) a. The girli who pushed the boy ti was tall. (13) a. The boyi who the girl pushed ti was tall. In entrambe le frasi, la perdita della traccia provoca la mancanza dell‟indicazione del ruolo tematico da attribuire al SN in prima posizione, e in entrambe le frasi esso riceve quello di Agente per l‟applicazione della default strategy. L‟assegnazione del ruolo tematico di default provoca, tuttavia, un effetto molto diverso nelle due frasi. Mentre in (12) esso corrisponde „accidentalmente‟ al ruolo effettivamente svolto dal SN nella frase, determinando così la compensazione delle informazioni perse con la traccia, in (13) entra in competizione con il ruolo di Agente assegnato per via sintattica: Agente (12) a. The girli who pushed the boy ti was tall. Agente Paziente (strategia di default) (via sintattica) Paziente (13) a. The boyi who the girl pushed ti was tall. Agente Agente (strategia di default) (via sintattica) 36 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini Il pattern di errore nella comprensione agrammatica può essere spiegato, perciò, come sintetizzato da Grodzinsky, come l‟esito della „cancellazione‟ della traccia, da un lato, e dall‟effetto prodotto dall‟applicazione della default strategy, dall‟altro: In sum, the derivation of the agrammatic performance rates on all constructions is done by assuming trace-deletion and a strategy. Performance is thus deduced through either thematic competition or compensation: The strategy always assigns an Agent label to clause-initial NPs. Thus, if a moved constituted is linked to a different Θ-role normally (as is the case in passive, object-gap relatives, object clefts, and the like), this constituent now becomes Agent, and since there is another, grammatically assigned Agent in the thematic representation, the two Agents compete, thereby inducing chance performance by agrammatics. In cases where the moved NP was supposed to be Agent […], this role is not assigned normally through the trace due to Trace-Deletion, yet strategy correctly compensates by assigning that NP the Agent role by default (Grodzinsky, 1995a: 34). 1.1.2 L’espressione di giudizi di grammaticalità e lo svolgimento di compiti on-line Per essere verificata, l‟ipotesi della „cancellazione‟ della traccia, supportata dai risultati riscontrati nella comprensione sintattica, necessitava di conferme provenienti anche dall‟esecuzione di compiti diversi. Accanto alla difficoltà nell‟interpretazione delle frasi derivate da movimento sintattico, Grodzinsky prevedeva l‟insuccesso degli agrammatici nell‟identificazione delle violazioni di grammaticalità riguardanti frasi derivate da movimento sintattico. Questa predizione, tuttavia, non ha ricevuto conferme univoche dagli studi sperimentali. Studi condotti con soggetti di diverse lingue, come quelli presentati in Vasić (2006: 11) e lo studio di Linebarger et al. (1983) cui abbiamo già fatto riferimento, hanno dimostrato che la capacità generale di esprimere accurati giudizi di grammaticalità si mantiene intatta negli agrammatici. Ciononostante Grodzinsky ha continuato a sostenere che, pur se generalmente intatta, essa sia compromessa in tutti i casi in cui il riconoscimento delle violazioni interessa costituenti soggetti a movimento, come dimostrato dai risultati ottenuti da altri studi, come – per esempio – quello di Schwartz et al. (1987).43 L‟interpretazione di questi lavori rimane, 43 L‟esperimento condotto da Schwartz e colleghi utilizzava, in realtà, frasi con errori a diversi livelli linguistici; l‟incapacità di riconoscere violazioni esclusivamente sintattico, tuttavia, sarebbe confermata 37 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini tuttavia, controversa, e non esiste alcun accordo rispetto all‟ipotesi che il disturbo agrammatico si estenda anche al riconoscimento delle violazioni sintattiche. L‟ultima predizione del modello di Grodzinsky è rappresentata dall‟idea che la perdita della rappresentazione della traccia possa essere riconosciuta nell‟esecuzione di compiti on-line. Gli studi condotti per verificare quest‟ipotesi hanno confermato quest‟ipotesi, dimostrando come la computazione delle strutture sintattiche con tracce sintattiche da parte degli agrammatici si differenzi dal processing „normale‟ anche nei casi di frasi che sembrano essere comprese correttamente nell‟interpretazione off-line. L‟esempio tipicamente utilizzato per spiegare questa differenza è rappresentato dalla frase in (14): 44 (14) The priest enjoyed the drink i 1 that the caterer was 2 serving ti 3 to the guests. Come si può notare, la comprensione di strutture di questo tipo – conosciute con il nome di gap-filling sentences – richiede il „riempimento‟ della posizione vuota t, la cui interpretazione presuppone il „recupero‟ dell‟elemento mosso e la sua „riattivazione‟ nella mente di chi interpreta la frase. L‟occorrenza della „ri-attivazione‟ di the drink nelle tre posizioni indicate dai numeri cardinali in (14) è stata studiata da Swinney e collaboratori attraverso la tecnica del cross-modal lexical priming.45 Questo paradigma sperimentale prevede la presentazione orale degli stimoli (nel nostro caso, frasi del tipo di 14) e, contemporaneamente, in corrispondenza di una delle tre posizioni indicate con i numeri cardinali, la visualizzazione di una parola target (nel nostro caso, juice) rispetto alla quale il soggetto deve svolgere un compito di decisione lessicale (normalmente, decidere se la parola apparsa sullo schermo corrisponda o meno a una parola realmente esistente). La presenza del SN the drink in 1 e la sua ri-attivazione a riempimento della posizione vuota 3 determinerebbero, secondo gli studiosi, un effetto di facilitazione (priming) nello svolgimento del compito di decisione con parole (come, appunto, juice, semanticamente correlate con esso), osservabile in una riduzione del tempo di reazione rispetto a quello registrato nel caso in cui la parola target sia presentata in altre posizioni (come, per esempio, il punto 2). I risultati dello studio di Swinney e collaboratori hanno dimostrato secondo Grodzinsky dai risultati ottenuti da Grodzinsky & Finkel (1998), specificamente incentrato sulla buona o cattiva formazione delle costruzioni sintattiche. 44 Per le informazioni relative a questo tipo di studi seguiamo la rassegna presentata in Grodzinsky (2000: 11), cui si rimanda per tutte le indicazioni bibliografiche. 45 Per l‟indicazione degli studi di Swinney et al. da cui sono tratti questi risultati, cfr. Grodzinsky (2000a: 11). 38 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini come la rapidità di svolgimento del compito di decisione lessicale da parte di soggetti „sani‟ sia effettivamente maggiore nei casi in cui juice viene presentato in corrispondenza 1 e di 3. I risultati ottenuti nel test con gli agrammatici hanno confermato, inoltre, l‟ipotesi che gli agrammatici non siano in grado di re-integrare correttamente la posizione vuota, non dimostrando alcun effetto di facilitazione in prossimità di 3. In accordo con il modello di Grodzinsky, quest‟incapacità sarebbe determinata, come abbiamo detto, dalla cancellazione della traccia sintattica, che impedirebbe il mantenimento della legame tra the drink e la posizione vuota 3, impedendo la ri-attivazione del primo in sostituzione della seconda. Pur fallendo nella costruzione della più veloce connessione tra la traccia e il suo antecedente, tuttavia, gli agrammatici riuscirebbero a raggiungere una buona interpretazione della frase servendosi di operazioni diverse da quelle adottate dai soggetti „sani‟. Lo stesso studio ha rivelato come questo comportamento possa essere considerato tipico degli afasici di Broca, non coinvolgendo soggetti affetti da altre forme di afasia, come, per esempio, l‟afasia di Wernicke.46 1.2. Restrizioni sul modello della Trace Deletion Hypothesis47 Come ammesso di frequente dallo stesso Grodzinsky, la prima versione della TDH venne formulata sulla base di un limitato repertorio di dati, costituito dai risultati ottenuti dagli agrammatci in sentence-to-picture matching tests coinvolgenti un limitato set di strutture sintattiche (interpretazione di frasi attive e passive, subject e object clefts, frasi relative dell‟oggetto e del soggetto) e testanti, principalmente, la capacità di assegnazione dei ruoli tematici. 48 Gli sviluppi della teoria linguistica e degli studi sulla comprensione degli agrammatici confermarono in parte e in parte indebolirono la centralità del movimento sintattico nel disturbo recettivo, imponendo la modifica di alcuni aspetti della TDH così come originariamente formulata. 46 Cfr. Zurif et al. (1993). Per le informazioni di questa sezione facciamo riferimento a Grodzinsky (1995a,1995b, 2000b). 48 I sentence-to-picture matching tests sono usati per determinare la comprensione di frasi con diverse strutture sintattiche, valutando la capacità dei soggetti di associare le frasi in esame con l‟immagine che la rappresenta correttamente, presentata in alternativa a raffigurazioni molto simili (come, per esempio, la medesima azione con attori diversi o „rovesciati‟ rispetto a quanto espresso dalla frase). Il termine di object/subject relatives clefts indica le frasi ad oggetto/soggetto scisso. Per il riferimento puntuale agli studi citati cfr. Grodzinsky (1995a: 30; 2000b: 10). 47 39 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini 1.2.1 Il Trace Based Account Come abbiamo detto, la prima versione della TDH assumeva che tutte le tracce (di qualsiasi tipo e in qualsiasi posizione esse si trovassero) fossero cancellate nella rappresentazione agrammatica. Gli sviluppi della teoria sintattica, tuttavia, richiesero un adeguamento dei termini della TDH. In particolare, la considerazione dell‟esistenza di catene sintattiche A e Aˈ e dei Movimenti di tipo X0 evidenziò come solo i Movimenti di SN costituissero un ostacolo all‟interpretazione da parte degli agrammatici. 49 Poiché le tracce relative ai movimenti della „testa‟ dei sintagmi potevano ritenersi conservate, l‟assunzione della „perdita‟ della traccia da parte degli agrammatici venne limitata alle catene sintattiche del tipo A, derivate dal movimento di SN: (15) Restrictive TDH (rough version I): Traces of XP movement are deleted (Grodzinsky 1995a: 39). In seguito, Grodzinsky notò come i dati ottenuti sulla comprensione nei soggetti agrammatici provenissero esclusivamente da compiti „interpretativi‟, ovvero consistenti nell‟assegnazione dei ruolo-θ agli elementi della frase. Quest‟osservazione suggerì la possibilità che il deficit non determinasse la perdita completa delle tracce (ipotesi che non veniva in nessun modo sostenuta dai dati disponibili), ma piuttosto la loro „indisponibilità‟ (o „invisibilità‟) alle operazioni di assegnazione tematica. Venne perciò adottato un ulteriore „restringimento‟ dell‟ipotesi della TDH, caratterizzato da una riduzione dei contesti di „cancellazione‟ della traccia sintattica e dalla possibilità della „semplice‟ indisponibilità della traccia all‟operazione di assegnazione dei ruoli tematici: (16) Trace-Based Account (TBA) Traces in Θ-positions are deleted from agrammatic representation (or are invisible to Θ-role assignment).50 49 La distinzione tra catene A, catene Aˈ e Movimenti X, è stata proposta, per esempio, da Chomsky (1992). Le prime sono formate dal movimento di SN, le seconde derivano dallo spostamento di elementi wh-, mentre i Movimenti X0 indicano lo spostamento della „testa‟ di un sintagma. Per maggiori informazioni a questo proposito si rimanda a Graffi (1994: 230-231). 50 Cfr. Grodzinsky (1995a: 41). Può essere utile sottolineare come questa formulazione sottintenda la conservazione nell‟interpretazione agrammatica tanto di tutte le categorie vuote, quanto della traccia dei movimenti del verbo. 40 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini 1.2.2. La R-strategy Nonostante l‟adeguamento alla teoria sintattica corrente avesse portato a restrizioni sostanziali, la formulazione originaria della TDH si mostrava ancora inadeguata alla spiegazione dei dati sperimentali nel frattempo raccolti. Tra questi, una particolare „minaccia‟ alla coerenza della TDH era rappresentato dal diverso successo degli agrammatici ottenuto da Hickok & Avrutin (1995) nell‟interpretazione di quattro tipi di interrogative: (17) a. Who did the girl push t? b. Who pushed the girl? c. Which boy did the girl push t? d. Which boy pushed the girl?51 Come previsto dalla diversa difficoltà di interpretazione di altri tipi di frasi caratterizzati dall‟asimmetria soggetto vs complemento oggetto, i soggetti mostravano una buona comprensione delle interrogative del soggetto (17b) e (17d), fallendo nell‟interpretazione dell‟interrogativa del complemento oggetto pronominalizzato con which (17c). Contrariamente alle attese degli sperimentatori, tuttavia, essi raggiungevano una buona comprensione anche nel caso dell‟interrogativa dell‟oggetto introdotta da who (17a). Hickok & Avrutin spiegarono questo fenomeno servendosi della nozione di „referenzialità‟ formulata da Rizzi (1990), secondo cui gli elementi linguistici possono essere definiti „referenziali‟ (o D-linked, ovvero discourse linked) se la loro interpretazione necessita delle informazioni sintattiche e contestuali contenute nel discorso, „non referenziali‟ nei casi in cui l‟interpretazione è libera da ogni presupposizione precedente. In accordo con Rizzi, inoltre, il movimento di elementi referenziali (come which) e quello di elementi non referenziali (come who) determinerebbero la creazione di due diverse catene sintattiche, chiamate binding chains nel primo caso, government chains nel secondo. Servendosi di questa classificazione, i due sperimentatori conclusero che il deficit agrammatico fosse spiegabile come il malfunzionamento delle le catene del primo tipo, riguardanti il movimento di elementi Dlinked. Grodzinsky criticò questa spiegazione considerandola inadeguata a spiegare il fallimento degli agrammatici in molti tipi di frasi (come, per esempio, le strutture passive) 51 Seguendo la convenzione adottata sino a qui, omettiamo di inserire le tracce nei casi in cui esse non comportino conseguenze empiriche rilevanti per l‟interpretazione considerata. 41 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini e il successo ottenuto in (17d), rappresentante un caso di binding chain correttamente intesa dagli agrammatici: (17) d. Which boy pushed the girl? Neanche l‟applicazione della TBA, tuttavia, portava ad una spiegazione corretta di questi dati, non rendendo conto delle buona performance ottenuta nelle interrogative del complemento oggetto introdotte da who (es.: 17a), caratterizzate dallo spostamento in prima posizione di un elemento diverso da quello di Agente. La ricerca di una spiegazione adeguata condusse Grodzinsky ad assumere che la default strategy fosse applicata soltanto agli elementi referenziali, non comportando alcuna ambiguità nelle strutture introdotte da elementi non-referenziali come who.52 Questa soluzione offriva una spiegazione anche ad un secondo tipo di strutture inaspettatamente comprese dagli agrammatici, ovvero, le frasi passive introdotte da quantificatori del tipo di every: (18) (Every boy)i was hit ti by the man.53 In accordo con la nuova impostazione, l‟applicazione della default strategy sarebbe anche in questo caso „bloccata‟ dalla caratteristica di non-referenzialità dei quantificatori, che li distingue – con il pronome interrogativo who – da tutti gli altri SN referenziali per cui vale la strategia di default. Non applicandosi la strategia, non si verificherebbe dunque la „competizione‟ determinata dalla doppia assegnazione del ruolo di Agente che sarebbe all‟origine del fallimento della comprensione agrammatica. La TDH risultante dalla limitazione della „cancellazione‟ della traccia e dalla riduzione dell‟applicabilità della default strategy corrisponde alla formulazione in (19): (19) a. TBA: Traces in Θ-positions are deleted from agrammatic representation (or are invisible to Θ-assignment). b. R-strategy: Assign a referential NP a role by its linear position iff it has no Θ-role (Grodzinsky 1995a: 46, corsivo mio). 52 Che la conoscenza delle proprietà referenziali si mantenga intatta nei soggetti agrammatici è stato dimostrato dai risultati ottenuti in frasi riguardanti il cosiddetto Do-support, per i quali si rimanda a Grodzinsky (1995a: 39-43). 53 Cfr. Grodzinsky (2000a: 14). Onde evitare ridondanze, tralasciamo la considerazione degli aspetti dei comuni ai procedimenti che abbiamo considerato nel caso dei passivi „standard‟, come la derivazione da movimento sintattico e la conseguente perdita del ruolo tematico del sintagma every boy. 42 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini La specificità del disturbo, così come delineato dalla TDH, rappresenta per Grodzinsky l‟evidenza dell‟organizzazione modulare del cervello. La stessa modularità e la stessa specificità funzionale sarebbero riconoscibili, secondo lo studioso, anche all‟interno delle sotto-regioni corticali. In quest‟ottica, l‟area di Broca svolgerebbe un ruolo molto specifico nella comprensione e nell‟elaborazione del linguaggio occupandosi, nel primo caso, del mantenimento della relazione tra i costituenti mossi e le loro posizioni d‟origine, nel secondo, come vedremo in seguito, della costruzione delle parti più alte dell‟albero sintattico. Questa considerazione è basata, tuttavia, su una serie di gravi imprecisioni, che affronteremo nel prossimo paragrafo. 1.3. Principali obiezioni alla TDH Pur costituendo, secondo Grodzinsky, un modello coerente, del tutto adeguato alla descrizione del deficit agrammatico di comprensione, e corroborato tanto dalle evidenze nei test con gli agrammatici di diverse lingue, quanto da studi di neuro-immagine,54 la TDH è stata oggetto di un ampio di numero di obiezioni. La maggior parte delle critiche rivolte al modello di Grodzinsky, riguardanti sia l‟interpretazione dei dati che gli assunti stessi della teoria della cancellazione della traccia, sono raccolte nel Commentario a Grodzinsky (2000a), di cui ci serviremo come principale riferimento delle prossime sezioni. 1.3.1. Critiche all’interpretazione dei dati sperimentali Molte delle critiche rivolte alla TDH riguardano l‟incompatibilità della teoria con parte dei dati raccolti e la mancata considerazione di risultati sperimentali difficilmente compatibili con l‟impostazione della TDH. In particolare, molti esperimenti condotti sulla comprensione degli agrammatici (che avremo modo, in parte, di considerare nel terzo capitolo) hanno dimostrato come il pattern di fallimento dell‟interpretazione agrammatica non riguardi esclusivamente le frasi derivate da movimento sintattico, ma una gamma 54 Cfr. Grodzinsky (2000a: 8-13). 43 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini molto ampia di strutture. 55 Come osservato da Caplan (2000), inoltre, i numerosi test condotti sulla comprensione dei soggetti agrammatici non hanno portato in nessun caso all‟identificazione di soggetti presentanti un deficit limitato al solo meccanismo di coindicizzazione delle tracce. Hickok (2000) sottolinea come la comprensione degli agrammatici sia compromessa anche nei casi delle frasi principali ospitanti relative „incassate‟ del tipo di (20), dove gli agrammatici non riescono a ricostruire la relazione tra il soggetto the dog e il predicato is brown; in frasi con preposizioni locative del tipo di (21) e, in alcuni casi, anche nelle costruzioni attive, la cui comprensione è lontana dall‟essere perfetta in tutti i soggetti, come sostenuto, invece, da Grodzinsky: (20) The dog that chased the cat is brown (21) The dog is behind the cat. Contro-evidenze sono state trovate anche ai casi per la spiegazione dei quali la TDH era stata originariamente formulata, ovvero le strutture derivate da movimento sintattico. Molti contributi osservano come il modello di Grodzinsky e, in particolare, l‟applicazione della strategia di default non assumano validità universale. Un esempio è offerto dal caso dell‟ungherese presentato da Bánréti (2000): in accordo con lo studioso, i ruoli tematici non sono assegnati, in ungherese, sulla base delle posizioni configurazionali, dal momento che la struttura del sintagma verbale ha una struttura „piana‟ in questa lingua; poiché tutti gli argomenti verbali si trovano nella struttura sintattica nella posizione di „sorelle‟ del verbo, posto alla loro sinistra, e ognuno di questi elementi può – teoricamente – muoversi al di fuori della posizione interna del predicato verbale, non esiste una posizione di „soggetto‟ in ungherese, ma soltanto la posizione re-iterabile di Tema. L‟assegnazione dei ruoli tematici avviene, perciò, in base alle informazioni di caso; è dunque difficile immaginare come una strategia cognitiva come quella formulata da Grodzinsky possa applicarsi ad una lingua di questo tipo. La mancata universalità della default strategy e la trascuratezza da parte di Grodzinsky dell‟importanza assunta dal caso nei compiti di comprensione con lingue diverse dall‟inglese è oggetto anche del contributo Frisch et al. (2000). Pur affermando che le informazioni che riguardano il caso sono mantenute intatte negli agrammatici, Grodzinsky non spiega come questi soggetti se ne servano, soprattutto in lingue – come, per esempio, il tedesco – in cui il caso assume un‟importanza cruciale per l‟assegnazione 55 Molti studi sulla comprensione delle dipendenze pronominali da parte degli agrammatici sono riportati, come vedremo, in trovati in Vasić (2006). 44 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini dei ruoli tematici. Gli studi condotti con agrammatici tedeschi hanno dimostrato, inoltre, come i tratti casuali favoriscano la buona interpretazione di frasi presentanti un ordine non canonico dei costituenti. Un simile effetto di „facilitazione‟ non è stato trovato, tuttavia, in casi di lingue con una morfologia altrettanto ricca come il giapponese, dimostrando come l‟informazione del caso non assuma la stessa importanza nei processi d‟interpretazione nelle diverse lingue. Frisch e colleghi evidenziano, infine, come Grodzinsky trascuri di considerare i risultati emersi in compiti di comprensione da parte di agrammatici olandesi, dimostranti una buona performance indipendentemente dalla posizione assunta dal sintagma preposizionale introdotto da by.56 Che questa spiegazione si possa considerare più corretta della TDH o meno, i dati presentati sembrano comunque documentare che la strategia lineare assunta da Grodzinsky non può considerarsi universale.57 Il contributo di Bánréti (2000), cui abbiamo già fatto riferimento per la considerazione dell‟assegnazione dei ruoli tematici in ungherese, sottolinea inoltre come l‟intatta capacità di esprimere giudizi grammaticali dimostrata da studi verificanti il riempimento di posizioni vuote (filling-gap conditions) rappresenti una contraddizione non trascurabile rispetto all‟ipotesi della „cancellazione‟ della traccia. Un ampio numero di contributi critica la classificazione degli agrammatici e la definizione dell‟afasia di Broca sottese alle evidenze raccolte da Grodzinsky, ritenendo che l‟inappropriata selezione dei soggetti sia sufficiente a invalidare le conclusioni stesse dello studioso. Il pattern di fallimento considerato come „standard‟ dal modello della TDH rispecchia, secondo i suoi oppositori, solo un sottogruppo di pazienti agrammatici, selezionato sulla base del criterio che possano essere considerati agrammatici quei soggetti che dimostrano una maggiore difficoltà nell‟interpretazione delle frasi passive. Sono così esclusi dai gruppi considerati da Grodzinsky tutti quegli agrammatici che presentano il pattern inverso (maggiore facilità nell‟interpretazione delle frasi attive). 58 56 Gli sperimentatori hanno spiegato questi dati assumendo che in lingue in cui l‟ordine dei costituenti è meno rigido che in inglese, come, per esempio, il tedesco e l‟olandese, gli agrammatici si affiderebbero di più al ruolo di Agente assegnato dalla preposizione by che alla strategia cognitiva basata sull‟ordine lineare. 57 Lo stesso contributo considera anche il problema posto dalla Internal Subject Hypothesis al modello di Grodzinsky, che, se accettata, porterebbe alla conclusione che anche le costruzioni attive sottendano a movimento sintattico; per una discussione dettagliata di questo aspetto si rimanda a Frisch et al. (2000: 34). 58 Cfr. Berndt (2000). 45 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini 1.3.2. Critiche alle assunzioni teoriche della TDH Un numero altrettanto vasto di obiezioni è stato rivolto all‟impostazione teorica assunta da Grodzinsky. Il contributo di Shalom (2000) considera come il processing della traccia sintattica comprenda tre principali operazioni: costruzione delle categorie vuote (traccia o gap); recupero dell‟elemento sintattico cui l‟elemento si riferisce; creazione della connessione fra traccia ed elemento corrispondente. In accordo con Grodzinsky, il deficit comprometterebbe la terza operazione. Come rilevato da Shalom, tuttavia, nessun dato sperimentale dimostra che la traccia venga „costruita‟ e poi „cancellata‟ nell‟interpretazione agrammatica; il deficit degli agrammatici potrebbe perciò consistere nella mancata costruzione della traccia, anziché dipendere da problemi nel suo mantenimento. Al contrario, Edwards & Lightfoot (2000) evidenziano come i risultati ottenuti dagli agrammatici nei grammaticality judgment tests suggeriscano che la traccia rimanga intatta nel sistema linguistico di questo tipo di afasici, e che il disturbo consista nell‟accesso „intermittente‟ a questa conoscenza.59 Le critiche di Beretta (2000) e di Newmeyer (2000) si concentrano sull‟inadeguatezza della default strategy. Poiché gli agrammatici sembrano mantenere intatta la rappresentazione lessicale dei verbi, la perdita di un ruolo tematico non sarebbe sufficiente, secondo Beretta, a determinare l‟applicazione della default strategy; al contrario, la conoscenza del ruolo tematico corretto di uno dei due SN presenti nella frase dovrebbe permettere agli agrammatici di inferire correttamente quello mancante. Il deficit agrammatico dovrebbe determinare, perciò, la perdita dei ruoli tematici di entrambi i SN. L‟improbabilità dell‟esistenza di una strategia cognitiva come quella ipotizzata da Grodzinsky sarebbe dimostrata, inoltre, dai risultati ottenuti in uno studio condotto allo scopo di verificare l‟effettiva comparsa di una rappresentazione con doppio Agente. Una simile obiezione alla default strategy era stata oggetto delle osservazioni di Hickok (1992) e Mauner et al. (1993), che avevano proposto una versione alternativa della TDH, priva di questa strategia cognitiva. La principale differenza tra la proposta di questi autori e la formulazione della TDH di Grodzinsky consiste nell‟adozione da parte dei primi della VP-Internal Subject Hypothesis, secondo cui il soggetto grammaticale sarebbe „generato‟ all‟interno del sintagma del predicato e spostato, in seguito, in una 59 Un‟altra importante critica alla TDH è rappresentata dalle obiezioni sulla legittimità dell‟assunzione dell‟esistenza stessa della traccia sintattica, la cui considerazione ci porterebbe però lontani dallo scopo del nostro lavoro. 46 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini posizione tematica. 60 In accordo con Hickok e Mauner (et al.), quest‟impostazione permetterebbe di spiegare la diversa performance ottenuta dagli agrammatici nelle relative del soggetto „incassate‟ del tipo di (22) e nelle relative dell‟oggetto incassate del tipo di (23): (22) It was the psychologist that attacked the linguist. (23) It was the psychologist that the linguist attacked. La buona comprensione delle frasi del primo tipo sarebbe giustificata dalla presenza di una sola catena sintattica al suo interno: data la conoscenza della griglia tematica del verbo e del ruolo tematico del SN non sottoposto a movimento sintattico (in questo caso the linguist), gli agrammatici sarebbero in grado di inferire il ruolo tematico da assegnare al primo SN. Al contrario, la presenza di due movimenti sintattici all‟interno di (23) determinerebbe la perdita di tutti i ruoli tematici della frase, rendendo impossibile l‟interpretazione. Il successo nella comprensione di frasi attive semplici, e il corrispondente insuccesso nelle strutture passive „standard‟ sarebbe spiegabile allo stesso modo. L‟introduzione della VP-Internal Hypothesis e l‟abbandono della default strategy permetterebbero, inoltre, la spiegazione del fallimento degli agrammatici in frasi come: (24) The psychologist that attacked the linguist is tall . Nell‟ottica di Grodzinsky, esse dovrebbero essere comprese correttamente dagli agrammatici, dal momento che nessuna traccia medierebbe il legame tra soggetto e predicato delle frasi; nell‟ottica della VP-Internal Hypothesis, invece, il fallimento nell‟interpretazione di queste frasi risulta del tutto giustificato: il soggetto the psychologist, generato all‟interno del sintagma verbale e poi spostato in una posizione tematica, riceverebbe il proprio ruolo tematico dal predicato is tall per mezzo di una catena sintattica. A causa della compromissione di quest‟ultima, tuttavia, quest‟assegnazione non si verificherebbe nei soggetti agrammatici; entrambi i SN rimarrebbero privi di ruolo tematico risultando così non interpretabili. 61 In accordo con Newmeyer (2000), infine, la scorrettezza delle ipotesi della default strategy deriverebbe 60 Tra le molteplici implicazioni di questa teoria, è importante considerare come frasi attive e frasi passive dovrebbero richiedere una analoga difficoltà per gli agrammatici, in quanto entrambe derivate da movimento sintattico. La TDH di Grodzinsky attribuisce, tuttavia, il miglior successo ottenuto nell‟interpretazione delle frasi attive all‟effetto di compensazione ottenuto dall‟applicazione della default strategy in questo contesto (il SN in prima posizione riceverebbe, infatti, il ruolo „corretto‟ di Agente). 61 Per una considerazione più approfondita cfr. Hickok (1992) e Hickok & Avrutin (1995: 16). 47 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini dal fatto che gli agrammatici mantengono intatta la capacità di riconoscere violazioni nell‟uso dei ruoli tematici, che dovrebbe impedire tanto l‟associazione di due ruoli tematici dello stesso tipo (es. due ruoli di Agente), quanto l‟inserimento del ruolo tematico di Agente nelle costruzione passive, non richiesto dalla griglia tematica del verbo. Le considerazioni più importanti riguardano, tuttavia, la natura dell‟afasia di Broca e le conclusione di Grodzinsky sul coinvolgimento delle aree cerebrali nei processi sintattici. Come abbiamo detto, Grodzinsky considera l‟area di Broca responsabile di un ruolo linguistico molto specifico, ovvero del mantenimento della traccia sintattica. Come osservato da Dronkers (2000), tuttavia, questa conclusione si basa sull‟errata considerazione che l‟area di Broca rappresenti la regione cerebrale responsabile dei processi danneggiati negli afasici di questo tipo. Lo sviluppo delle conoscenze delle lesioni cerebrali determinanti disturbi del linguaggio ha rivelato, infatti, come la sindrome includa soggetti con danni in aree più estese e in parte diverse da quella di Broca; i più recenti studi di neuro-immagine hanno dimostrato, inoltre, l‟eterogeneità funzionale delle aree cerebrali deputate al linguaggio, contrastando l‟idea che il danno degli agrammatici possa essere così nettamente specificato.62 Analogamente, Friederici & von Cramon (2000) criticano la mancanza di precisione neuro anatomica di Grodzinsky, opponendovi i risultati di studi di neuro-immagine indicanti come le aree deputate al processing sintattico nel cervello debbano essere considerate più ampie di quelle riconosciute da Grodzinsky (2000a). L‟ultimo punto debole del modello sarebbe rappresentato dall‟assunzione che i procedimenti di comprensione e produzione linguistica sottendano a moduli parzialmente diversi, come previsto dall‟ipotesi riguardante il deficit espressivo proposta, per esempio, in Grodzinsky (2000a).63 L‟adozione di teorie diverse per la spiegazione del disturbo espressivo e di quello recettivo rappresenterebbe, infatti, una soluzione „anti-economica‟ per la spiegazione del danno agrammatico nella sua totalità. 64 62 A questo proposito si segnala anche il contributo di Cappa et al. (2000). Ci riferiamo alla Tree Pruning Hypothesis, che considereremo nella terza parte del nostro lavoro. 64 Per la considerazione di questo punto si segnala, tra gli altri, Bánréti (2000).All‟interno del Commentario non mancano, naturalmente, contributi favorevoli al modello di Grodzinsky, e la risposta puntuale dell‟autore a larga parte di queste critiche. 63 48 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini 1.4 Conclusioni sul modello di Grodzisnky L‟ipotesi che il danno degli agrammatici consista nella perdita della rappresentazione della traccia sintattica implica assunzioni molto forti tanto sul funzionamento cerebrale quanto sulla natura del deficit agrammatico. Anzitutto, essa presuppone un‟organizzazione rigidamente modulare del cervello e dei sistemi cognitivi in generale ed una specializzazione funzionale all‟interno delle regioni cerebrali stesse, come, per esempio, all‟interno del lobo frontale sinistro. Questa considerazione contrasta, tuttavia, con le evidenze offerte dall‟impiego delle tecniche di neuro-immagine, che hanno mostrato come ogni area cerebrale debba essere considerata, almeno in parte, funzionalmente eterogenea. Come abbiamo già discusso, inoltre, l‟idea che il deficit agrammatico dipenda dalla „cancellazione‟ della traccia sintattica implica aspettative a un tempo troppo ampie e troppo ristrette sulla performance degli agrammatici, predicendo patterns di errori non confermati dai dati (come, per esempio, l‟incapacità di esprimere corretti giudizi di grammaticalità) e mancando di prevedere il fallimento nell‟interpretazione di strutture non derivate da movimento sintattico (come, per esempio, quelle coinvolgenti dipendenze pronominali). La possibilità che l‟interpretazione agrammatica si affidi all‟applicazione di una strategia di default si è rivelata, infine, incompatibile con parte dei dati raccolti e, quindi, non-universale. Come riconosciuto anche da parte dei suoi oppositori, tuttavia, la TDH ha costituito un importante contributo alla conoscenza del deficit agrammatico e al tentativo di fornirne una spiegazione strettamente linguistica. In primo luogo, essa ha rappresentato un notevole progresso a livello descrittivo, portando ad un‟adeguatezza descrittiva prima assente e all‟individuazione di problemi molto specifici caratterizzanti (almeno) una parte della popolazione agrammatica. In secondo luogo, gli studi condotti da Grodzinsky e collaboratori hanno costituito una delle prime evidenze del fatto che la difficoltà di comprensione degli agrammatici non dipende dal grado di complessità sintattica delle frasi, ma dalla presenza di catene sintattiche al loro interno. Infine, deve essere riconosciuto a Grodzinsky il merito d‟aver ricercato la formulazione di una teoria sistematica e sufficientemente ristretta (seppure, a posteriori, errata) da risultare conciliabile con i dati empirici inizialmente disponibili, e di aver tentato la raccolta di evidenze comparative a favore della sua ipotesi. Nonostante questi ultimi aspetti e i significativi „restringimenti‟ cui è stato 49 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini sottoposto, il modello di Grodzinsky non si rivela, comunque, adeguato alla spiegazione „globale‟ del deficit agrammatico della comprensione, ricoprendo solo parte dei fenomeni che lo caratterizzano. 50 2. L‟ IPOTESI DEL LOSS OF PROCESSING La maggior parte dei limiti della TDH dipende da un‟assunzione centrale nel modello di Grodzinsky, ovvero dall‟idea che il danno degli agrammatici consista in una perdita strutturale. Molti di questi limiti, tuttavia, possono essere risolti considerando che la difficoltà degli agrammatici derivi da un indebolimento di alcune capacità linguistiche, anziché dalla loro completa mancanza. Come vedremo in questo capitolo, l‟ipotesi di un danno di natura procedurale comporta diversi vantaggi: da un lato, permette la spiegazione della compromissione di strutture sintattiche diverse, siano esse derivate da movimenti trasformazionali o meno; in secondo luogo, consente di spiegare tanto i diversi gradi di severità del deficit quanto la possibilità che gli agrammatici siano in grado di utilizzare determinate informazioni sintattiche solo nel corso di alcuni processi linguistici, come dimostrato dallo svolgimento di compiti particolari (es.: grammaticality judgment tests). La compromissione procedurale delle capacità linguistiche viene spiegata in modi diversi dai modelli di loss of processing. Alcuni, come il modello dichiarativo/procedurale di Ullman, assumono un indebolimento di un sistema cognitivo generale, ma significativamente coinvolto nei processi linguistici; altri, come il modello di Avrutin, considerano che il deficit coinvolga procedimenti esclusivamente linguistici. La scelta tra queste diverse impostazioni dipende dalle caratteristiche attribuite al linguaggio, e, più precisamente, dalla considerazione del linguaggio come una „capacità‟ paragonabile alle altre facoltà cognitive in contrapposizione al riconoscimento della sua unicità rispetto a tutte le altre abilità cognitive. In entrambi i casi, la perdita subita dagli agrammatici non consisterebbe nella cancellazione di parte della conoscenza grammaticale, ma in un indebolimento delle capacità procedurali, e, quindi, nella difficoltà di usare quel tipo di conoscenza nello svolgimento di compiti in tempo reale. 2.1 Il modello cognitivo di Ullman65 Il modello elaborato da Ullman presuppone l‟esistenza di due tipi di memoria cognitiva e di due costituenti principali del linguaggio. Questi ultimi corrispondono al 65 Per tutta la sezione seguente, ci serviamo in modo sostanziale delle informazioni contenuta in Ullman (2004). A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini „lessico mentale memorizzato‟ da un lato, e alla „grammatica mentale computazionale‟ dall‟altro. Il lessico mentale rappresenta “a repository of all idiosyncratic word-specific information” (Ullman 2004: 233), ovvero un „magazzino‟ di tutte le forme fonologiche e dei corrispondenti significati che non possono essere derivati l‟uno dall‟altro. Esso include, perciò, le parole semplici „non composizionali‟, come la parola gatto; le informazioni irregolari o specifiche relative alle diverse parole, come il tipo di argomenti adatti ad accompagnare un verbo o le forme irregolari dei predicati; le informazioni „distintive‟ minori delle parole (come i morfemi legati) e le espressioni idiomatiche del tipo dell‟inglese kick the bucket e del corrispondente italiano tirare le cuoia, il cui significato non può essere derivato dalla „somma‟ delle parti che le costituiscono. Tutto ciò che non ha bisogno di essere „memorizzato‟ ed è deducibile dalle regolarità del linguaggio è considerato il prodotto dall‟applicazione di regole conservate nel secondo costituente del linguaggio umano, quello della „grammatica computazionale‟. Le regole della grammatica determinano il modo in cui le forme complesse possono essere derivate dalla combinazione delle forme semplici memorizzate, come per esempio, la creazione del passato inglese del verbo walk, costituito dall‟associazione di walk con il morfema -ed (walked) o del corrispondente italiano camminavo; stabiliscono l‟ordine sequenziale degli elementi lessicali nelle parole complesse, nei sintagmi e nelle frasi, determinano le relazioni gerarchiche sussistenti tra questi elementi. La produttività delle regole coinvolge, dunque, le operazioni di formazione linguistica a tutti i livelli, tanto di natura morfologica (es. formazione di nuove parole, flessione di forme verbali e nominali) quanto di natura sintattica (es. formazione di frasi e di sintagmi). Le regole della grammatica ricoprono però un ruolo di grande importanza anche nei processi d‟interpretazione linguistica, consentendo la comprensione di forme complesse mai sentite o né viste prima. Ullman si serve dell‟esempio della pseudo-frase seguente: (25) Clementina glicked the plag. Pur non conoscendo Clementina, né potendo capire a cosa si riferiscano il predicato e il secondo SN della frase, ogni parlante inglese posto di fronte a (25) inferirà che un soggetto di nome Clementina ha svolto un‟azione su un‟entità chiamata plag. Queste informazioni sono garantite dalla conoscenza implicita che tutti i parlanti hanno delle regole della grammatica della propria lingua. Non soltanto la conoscenza di queste regole è da considerarsi inconscia da parte dei soggetti (che la possiedono, pur senza essersi mai 52 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini sottoposti al suo „apprendimento‟), ma anche la sua attivazione avviene in molti casi in modo inconsapevole per il soggetto, venendo innescata automaticamente dalla presenza dello stimolo linguistico. Il sistema del lessico e quello della grammatica interagiscono in molti modi. Come abbiamo visto, la grammatica si serve degli elementi lessicali per la formazione di unità lessicali maggiori e delle espressioni complesse; in secondo luogo, le strutture idiosincratiche memorizzate nel lessico non si sottraggono alle regole della grammatica. L‟espressione idiomatica inglese kick the bucket, per esempio, viene flessa allo stesso modo di tutti gli altri predicati, con l‟inserimento di -s nei casi in cui accompagni in soggetto in terza persona singolare e con la desinenza -ed nel caso in cui essa si riferisca ad un‟azione avvenuta nel passato: (26) Tom kicks the bucket. (27) Tom kicked the bucket. Nonostante le rappresentazioni complesse possano essere create dal soggetto ogni qualvolta gli siano necessarie (come accade senz‟altro quando la forma non è mai stata incontrata prima), in linea di principio esse potrebbero essere immagazzinate nel lessico mentale dopo essere state costruite o ascoltate per la prima volta. Infine, la considerazione dell‟interazione tra lessico e grammatica ha portato alla constatazione del fatto che nell‟uso dei parlanti di diverse lingue le forme idiosincratiche e irregolari sono di norma preferite a quelle derivabili tramite l‟impiego delle regole grammaticali. Quest‟osservazione ha trovato una formulazione teorica nel cosiddetto Elsewhere principle, secondo il quale le unità memorizzate nel lessico mentale avrebbero la precedenza su quelle composte dalla grammatica. 66 A questi costituenti del linguaggio corrispondono, secondo Ullman, due sistemi cognitivi generali caratterizzati da altrettanta indipendenza e interazione: la memoria dichiarativa e la memoria procedurale. 2.1.1 La memoria dichiarativa La memoria dichiarativa corrisponde alla parte della memoria usata per l‟apprendimento, la rappresentazione e l‟uso della conoscenza di fatti (conoscenza 66 Questo principio è stato proposto, tra gli altri, da Halle & Marantz (1993). 53 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini semantica) e di episodi (conoscenza episodica). Essa svolge un ruolo fondamentale per l‟apprendimento rapido delle informazioni associate in modo arbitrario, come nel caso degli stimoli incontrati una sola volta. Questo tipo di conoscenza è appreso in modo consapevole, può essere accessibile a più di un sistema mentale e può venire, almeno parzialmente, esplicitamente ricordata dai soggetti. La memoria dichiarativa è situata nelle strutture del lobo medio-temporale, e, in particolare, nella regione ippocampale, nella corteccia entorinale, nella corteccia perinale e in quella paraippocampale. Il complesso medio-temporale, come spiegato da Ullman, è organizzato gerarchicamente67 e viene impiegato nello svolgimento di diverse funzioni, come la codifica, il consolidamento e il recupero delle nuove informazioni; le diverse regioni di quest‟area sarebbero, perciò, specializzate per la memorizzazione di diversi tipi di conoscenza. Nonostante il loro coinvolgimento sia stato meno studiato di quello del lobo medio-temporale, anche i corpi mamillari e parti del talamo vengono attivati nelle operazioni di memoria dichiarativa. Studi recenti hanno evidenziato come anche altre sotto-regioni svolgano ruoli importanti in questo tipo di memorizzazione: la corteccia laterale prefrontale sarebbe coinvolta nella codifica delle nuove informazioni e nella selezione durante il recupero della conoscenza dichiarativa; parti del cervelletto potrebbero essere coinvolte nella ricerca d‟informazioni in questo tipo di memoria; infine, la corteccia inferiore posteriore-dorsale sarebbe adibita agli aspetti fonologici degli elementi memorizzati; mentre quella inferiore anteriore-ventrale alle informazioni semantiche. Queste ultime due aree della corteccia, tuttavia, sarebbero associate anche allo svolgimento di compiti propri della memoria di lavoro. La memoria dichiarativa è strettamente connessa con il sistema del flusso ventrale, radicato nelle regioni inferiori e laterali dei lobi temporali e responsabile della percezione e della rappresentazione degli oggetti e delle loro relazioni reciproche; esso si occupa, inoltre, del riconoscimento delle rappresentazioni presenti nel magazzino della memoria dichiarativa e del loro paragone con quelle „nuove‟ via via inseritevi.68 67 Per maggiori informazioni su questo aspetto si rimanda a Ullman (2004: 235). Per le informazioni sugli studi che hanno portato a queste conclusioni e per una considerazione della memoria dichiarativa a livello cellulare e molecolare cfr. Ullman (2004: 236). 68 54 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini 2.1.2 La memoria procedurale La memoria procedurale è implicata nell‟acquisizione delle abilità cognitive, sensomotorie e di altre procedure (come per esempio, la capacità di andare in bicicletta, o l‟essere esperti giocatori di un qualche gioco) e del controllo di quelle già consolidate. Questo secondo tipo di memoria è considerato „implicito‟, dal momento che tanto l‟apprendimento di queste conoscenze, quanto la loro permanenza nel sistema cognitivo avvengono in modo automatico, „inconsapevole‟ e indipendente dal nostro controllo; la conoscenza acquisita da questo sistema, inoltre, deve essere considerata „informazionalmente incapsulata‟, o vvero, quasi del tutto inaccessibile agli altri sistemi mentali. E‟ importante notare come Ullman si serva della denominazione di „memoria procedurale‟ per il riferimento a un tipo preciso di memoria implicita e non-dichiarativa, non per l‟indicazione di tutti i sistemi di questo tipo, e che il termine viene impiegato per l‟intero sistema coinvolto nell‟apprendimento, la rappresentazione e l‟uso di questa conoscenza, non soltanto per la parte utilizzata nell‟acquisizione i nuovi elementi (es. nuove abilità/abitudini). Il sistema procedurale è di particolare importanza per l‟apprendimento di tutte le relazioni dipendenti dal contesto rigide, inflessibili e non influenzate dagli altri sistemi mentali (rule-like relations) e per la loro computazione in tempo reale; l‟acquisizione delle informazioni in questo tipo di memoria avviene in modo graduale, in seguito al ripetersi degli stimoli e delle risposte e, quindi, in modo molto meno immediato di quanto non avvenga nella memoria dichiarativa. L‟identificazione delle basi neuronali della memoria procedurale si è rivelata più complessa di quanto non sia accaduto nello studio del sistema dichiarativo. La memoria procedurale dipende, infatti, da un‟ampia rete di strutture cerebrali, coinvolgente i gangli frontali e basali, porzioni della corteccia superiore, della corteccia temporale superiore (inclusa l‟area di Broca) e della corteccia parietale e il nucleo dentato del cervelletto. L‟esecuzione in tempo reale delle abilità coinvolgenti sequenze è guidata dalla corteccia parietale posteriore, che è strettamente connessa alle regioni frontali. Le regioni parietali inferiori servono, invece, da magazzino della conoscenza di queste abilità. Il cervelletto permette, da un lato, la coordinazione dei movimenti già acquisiti, il controllo dell‟equilibrio e l‟apprendimento motorio; dall‟altro, la coordinazione mentale, il controllo dell‟attenzione, l‟identificazione degli errori e l‟apprendimento di informazioni dagli errori stessi. I gangli basali servono numerose funzioni, come l‟acquisizione procedurale in generale, l‟apprendimento delle relazioni senso-motorie tramite la presentazione di stimolo-risposta, il rafforzamento di abilità già acquisite, il controllo e la pianificazione motoria in tempo reale di conoscenza, il mantenimento di diverse funzioni nella memoria di lavoro e il passaggio dallo 55 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini svolgimento dell‟una a quello dell‟altra. Le diverse strutture dei gangli basali sono strettamente interconnesse tra loro; i circuiti paralleli che le costituiscono hanno organizzazione sinaptica simile, che suggerisce che essi siano impegnati per lo svolgimento di compiti simili: ciò significa che se i gangli basali svolgono un qualche ruolo nella grammatica, esso sarà simile dal punto di vista computazionale a quello che le stesse strutture svolgono in altri domini; è inoltre possibile che i circuiti gangliari specificamente dedicati alla grammatica proiettino le informazioni ad altre regioni corticali, come per esempio, l‟area di Broca, piuttosto che ad altri circuiti gangliari. L‟apprendimento delle sequenze motorie dipende principalmente dall‟attività della corteccia frontale inferiore sinistra, compresa l‟area di Broca. Quest‟ultima ricopre un ruolo molto importante anche nell‟apprendimento di sequenze contenenti strutture astratte e – potenzialmente – gerarchiche, in contrapposizione alle sequenze lineari fisse memorizzate dal sistema dichiarativo. L‟area di Broca sembra essere implicata, infine, nel processing di tutte le sequenze extra-motorie, come quelle musicali, e per le sequenze fonologiche mantenute nella memoria di lavoro; come dimostrato anche dai risultati di diversi studi, essa permette, dunque, la manipolazione di tutti i tipi di sequenze, indipendentemente dalle informazioni che le costituiscono. Questi dati, insieme all‟evidenza del coinvolgimento dell‟area di Broca in importanti funzioni della working memory, suggeriscono l‟esistenza di un collegamento tra la memoria di lavoro e l‟apprendimento e la computazione delle sequenze. Data la sua prossimità con il flusso del sistema dorsale, inoltre, è stato ipotizzato che la principale funzione della memoria consista nell‟analisi degli input visivi e nella „produzione‟ dei comportamenti motori „visivamente guidati‟. 2.1.3. Il modello dichiarativo/procedurale L‟assunzione principale del modello DP di Ullman è rappresentata dall‟idea che i sistemi cerebrali dedicati alla memoria dichiarativa e a quella procedurale svolgano nel linguaggio ruoli analoghi a quelli che svolgono nei domini extra-linguistici. Le funzioni del lessico mentale sarebbero svolte, perciò, dal sistema della memoria dichiarativa, mentre quelle della grammatica funzionale dalla memoria procedurale. In quest‟ottica, la memoria dichiarativa costituisce il repertorio non solo di fatti ed eventi, ma anche delle parole, comprendendo tutte le informazioni arbitrarie idiosincratiche e specifiche dei vari vocaboli, come l‟associazione tra forma fonologica e significato, la loro rappresentazione astratta e la loro categoria grammaticale. Oltre alle parole caratterizzate da aspetti non deducibili 56 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini dall‟applicazione delle regole della grammatica, essa contiene anche elementi „regolari‟, che possono essere immagazzinati in questa parte di memoria o a causa della loro frequenza, o per qualche peculiarità dei soggetti (es. ridotte capacità procedurali). Un‟altra importante abilità conservata all‟interno del sistema dichiarativo è costituita dalla memoria „associativa super-posizionale‟, che permette la generalizzazione delle informazioni da una rappresentazione all‟altra. Come spiegato da Ullman (2004: 245), perciò, la memorizzazione dell‟associazione tra certe radici verbali e la forma del loro passato irregolare (es. spring-sprang e sing-sang) costituirà la capacità da parte del soggetto di generalizzare queste similarità fonologiche a verbi simili, tanto esistenti (es.: bring-brang) quanto inesistenti (es.: spling-splang). Questo tipo di generalizzazioni suggerisce la possibilità che sia presente un certo grado di produttività anche all‟interno della memoria dichiarativa. La grammatica computazionale, dall‟altra parte, dipende dai circuiti cerebrali della memoria procedurale, che sottende, come già abbiamo detto, alla capacità di apprendimento delle procedure „regolari‟ del linguaggio e al controllo di quelle già acquisite. In accordo con il modello di Ullman, il sistema della memoria procedurale è responsabile della costruzione di tutte le strutture generate da regole, come quelle caratterizzanti i sotto-domini della sintassi, della morfologia, e – probabilmente – della fonologia; in particolare, esso ricoprirebbe un ruolo centrale nelle operazioni di merging („fusione‟) che permettono la derivazione di forme complesse a partire dalle rappresentazioni astratte conservate nella memoria dichiarativa. Anche l‟acquisizione (implicita) delle regole della grammatica dipende dalle componenti dedicate all‟apprendimento procedurale. Le diverse funzioni svolte da questo sistema sono state parzialmente riconosciute anche a livello neuronale: la corteccia frontale e i gangli basali sembrano servire un „dominio generale‟, operando in processi sia linguistici sia extralinguistici, mentre alcuni circuiti dei gangli basali e particolari regioni frontali si occuperebbero esclusivamente del processing grammaticale, e forse, solo di particolari aspetti della sintassi e della morfologia. Le strutture del sistema responsabili di operazioni linguistiche sarebbero, comunque, strettamente connesse con quelle relative a processi non linguistici, e i canali usati dalla grammatica potrebbero servire anche altri domini, dimostrandosi, almeno in una certa misura, indipendenti dal dominio. 69 Pur evidenziando l‟esistenza di molti aspetti comuni tra le due componenti linguistiche e i due sistemi di 69 Una possibilità alternativa è quella di considerare che i canali siano specifici di ciascun dominio e servano, per esempio, solo la computazione grammaticale. In quest‟ottica, la loro „generalità‟ consisterebbe nell‟essere parte di un sistema procedurale di dominio generale in cui analoghe computazioni vengono svolte da canali paralleli funzionalmente separati e dedicati ad altri domini (cfr. Ullman 2004: 246). 57 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini memoria e attribuendo lo svolgimento di molte funzioni linguistiche ai due sistemi di memoria, il modello non suggerisce, quindi, un isomorfismo tra lessico e memoria dichiarativa da un lato, e grammatica computazionale dall‟altro. Al contrario, come precisato dallo stesso Ullman, esso ammette che possano esserci parti di ciascun sistema non implicate in alcuna funzione linguistica, che non tutti gli aspetti del linguaggio possono essere ricondotti all‟interazione dei due sistemi e che altre strutture neuronali o componenti cognitive o computazionali potrebbero svolgere un ruolo importante per i sistemi stessi del lessico e della grammatica. I sistemi della memoria dichiarativa e della memoria procedurale interagiscono in diversi modi: anzitutto, alcune delle strutture cerebrali operanti nella memoria procedurale si occupano anche della selezione e del mantenimento nella memoria operativa degli elementi selezionati dal sistema dichiarativo; in secondo luogo, nonostante le aree cerebrali coinvolte nell‟uno e nell‟altro sistema siano, per la maggior parte, distinte, alcune parti dei due lobi sono utilizzate da entrambi i sistemi; infine, i due sistemi possono „completarsi‟ a vicenda nell‟acquisizione della stessa conoscenza (come, per esempio, nel caso delle sequenze) o di una conoscenza simile (la „complementarità‟ delle due memorie, tuttavia, si dà solo nel caso in cui entrambi i sistemi non siano danneggiati per qualche ragione). I due sistemi possono interagire, inoltre, anche in modo competitivo, come nei casi in cui l‟apprendimento da parte di uno dei due sistemi indebolisce il coinvolgimento dell‟altro tipo di memoria in quella particolare operazione e nei casi in cui il malfunzionamento dell‟uno porta all‟intensificazione del lavoro dell‟altro. Il complesso delle interazioni collaborative e competitive dei due sistemi può essere osservato anche nello svolgimento delle funzioni linguistiche. Un primo esempio è rappresentato dalla costruzione delle strutture complesse a partire dalle unità lessicali più semplici, che vengono generate dalla combinazione degli elementi lessicali della memoria dichiarativa da parte della memoria procedurale. Il sistema procedurale si occuperebbe, inoltre, dell‟apprendimento delle regole relative a queste strutture, del mantenimento delle rappresentazioni complesse nella memoria operativa e della loro strutturazione. In secondo luogo, le parti superiori del lobo temporale, responsabili dell‟immagazzinamento dei dati nella memoria dichiarativa, sono implicate anche nella memorizzazione delle informazioni sulle relazioni tra rappresentazioni strutturate acquisite dalla memoria procedurale. Come abbiamo detto, infatti, le stesse (o simili) conoscenze possono essere apprese da entrambi i tipi di memoria: il rapido immagazzinamento delle sequenze delle forme lessicali da parte del sistema dichiarativo potrebbe rappresentare, perciò, un „deposito‟ per l‟estrazione – più lenta e implicita – delle regole grammaticali da parte della memoria procedurale. La conoscenza 58 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini esplicita di queste regole, inoltre, costituisce, in alcuni casi, un supporto alla computazione – e, forse, all‟apprendimento – delle regole stesse da parte del sistema di acquisizione procedurale. Si danno, infine, casi d‟interazione competitiva. L‟accesso nella memoria dichiarativa a una rappresentazione lessicale derivabile anche tramite operazioni procedurali, per esempio, blocca la composizione attraverso l‟applicazione delle regole della grammatica (come accade, per esempio, nei casi in cui ci deve servire della forma irregolare di un verbo, anziché di quella regolare). Danni al sistema dichiarativo, infine, determinerebbero un rafforzamento della capacità di acquisizione e di processing del sistema procedurale. Allo stesso modo, il modello di Ullman predice che, in caso di malfunzionamenti del sistema procedurale, la memoria dichiarativa sviluppi la capacità di supplire almeno a parte delle sue funzioni. Come vedremo nel prossimo paragrafo, quest‟ultima ipotesi ha ricevuto importanti conferme dalla considerazione delle patologie linguistiche come danno all‟uno o all‟altro sistema di memoria. 2.1.4 Evidenze neurologiche del modello DP 70 La prima serie di dati presentati da Ullman è costituita dai risultati di esperimenti condotti su soggetti „sani‟ (nel senso in cui abbiamo impiegato questo termine nel corso di tutto il nostro lavoro, ovvero privi di disturbi linguistici) attraverso l‟impiego delle tecniche di neuro-immagine. Le rilevazioni del flusso emodinamico effettuate attraverso la tomografia ad emissione di positroni (PET)71 hanno confermato l‟attivazione dell‟area di Broca tanto nello svolgimento di operazioni „generiche‟ della memoria procedurale quanto in compiti espressivi e recettivi implicanti il processing sintattico. L‟elaborazione sintattica coinvolge, tuttavia, anche aree più vaste, come le regioni adiacenti l‟opercolo frontale, i gangli basali, il nucleo caudato e la parte anteriore del giro temporale superiore. L‟utilizzo della parte della conoscenza sintattica immagazzinata, insieme ai vocaboli stessi, nel repertorio lessicale (come, per esempio, l‟informazione del numero di argomenti di un verbo) richiede, inoltre, l‟attivazione del lobo temporale inferiore. Le misurazioni del potenziale evento-correlato (ERP),72 dall‟altro lato, hanno dimostrato 70 Cfr. Ullman (2004: 250-256) per i rimandi puntuali agli studi citati all‟interno di questo paragrafo. Questa tecnica permette la rilevazione delle aree corticali maggiormente attivate in una particolare operazione attraverso la registrazione del flusso emodinamico regionale, osservabile grazie all‟iniezione di una sostanza (tipicamente la variante radioattiva di qualche atomo biologicamente compatibile) funzionante da „marcatore‟. 72 La misurazione del potenziale evento-correlato consiste nella registrazione elettroencefalografica delle risposte elettrofisiologiche attivate dalla presenza di un particolare stimolo. 71 59 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini come difficoltà ed errori a livello lessicale e al livello (non-linguistico) concettualesemantico determinino l‟attivazione di parti del lobo frontale corrispondenti a quelle identificate da Ullman come sede della memoria dichiarativa. 2.1.4.1 I disturbi del linguaggio come deficit del sistema dichiarativo Importanti conferme della validità del modello sono derivate anche dall‟interpretazione dei disturbi linguistici proposta da Ullman, secondo cui le patologie del linguaggio determinerebbero un danno all‟uno o all‟altro dei due sistemi di memoria. Molti tipi di afasie fluenti rifletterebbero, secondo lo studioso, malfunzionamenti del sistema dichiarativo. Questo tipo di patologie è determinato da danni alle regioni temporali e temporali-parietali e presenta caratteristiche opposte a quelle presentate dagli afasici di Broca: difficoltà nella comprensione, ma non nella produzione linguistica, problemi nella lettura e nel riconoscimento della forma fonologica e del significato delle parole funzionali, così come nella conoscenza concettuale; difficoltà nell‟espressione di giudizi di grammaticalità riguardanti forme di passato irregolari. Il paragone tra le difficoltà degli afasici definiti come „fluenti‟ e di quelli „non-fluenti‟ ha suggerito l‟esistenza di un legame tra forme irregolari, memoria semantica (non-lessicale), corteccia temporale e temporo-parietale, da un lato, e di una relazione tra forme regolari, sintassi, abilità motorie e corteccia sinistra frontale e gangli basali, dall‟altro. Evidenze a favore del modello dichiarativo/procedurale sono emerse anche dall‟analisi di patologie non specificamente linguistiche, come le malattie neurodegenerative compromettenti aspetti del sistema linguistico e di altre facoltà cognitive. Il morbo di Alzheimer provoca difficoltà nell‟apprendimento di nuove conoscenze lessicali e concettuali e nell‟utilizzo di quelle già presenti nella memoria, lasciando intatta, dall‟altra parte, la capacità di acquisire e processare abilità motorie, cognitive e aspetti di processing sintattico. A livello della produzione linguistica, i soggetti affetti da Alzheimer rivelano problemi nella denominazione di fatti e di oggetti, insieme ad errori nell‟uso dei passati irregolari, come dimostrato da studi analizzanti la conoscenza delle forme del passato di verbi con flessione regolare e irregolare. Questo tipo di disturbi sarebbe spiegato dalla compromissione di porzioni del lobo temporale, dedicate nel modello di Ullman alle funzioni della memoria dichiarativa; l‟integrità delle strutture cui abbiamo assegnato lo svolgimento dei compiti procedurali (come l‟area di Broca, le regioni motorie e i gangli basali) spiegherebbe, invece, la facilità dimostrata 60 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini nella flessione regolare. La patologia conosciuta con il nome di demenza semantica è associata a una grave degenerazione delle regioni inferiori e laterali del lobo temporale; essa ha effetti simili, tuttavia, a quelli che abbiamo considerato per il morbo di Alzheimer, determinando la perdita della conoscenza lessicale e concettuale ed errori nella produzione de verbi irregolari. I soggetti colpiti dalla sindrome di Williams, infine, soffrono di gravi difficoltà nel recupero lessicale, pur disponendo di abilità sintattiche (e, più in generale, grammaticali) completamente intatte, come dimostrato dalla difficoltà nella produzione delle forme irregolari del passato e dai frequenti errori di iperregolarizzazione del tipo di digged e mouses (corrispondenti alle forme irregolari, e corrette, dug e mice). Ancora una volta, l‟interpretazione degli errori prodotti dai soggetti affetti da disturbi linguistici di qualche tipo conferma la dissociazione tra forme regolari e irregolari e il loro legame con la memoria procedurale da un lato, e con la memoria lessicale dall‟altro. 2.1.4.2 I disturbi del linguaggio come deficit del sistema procedurale Il disturbo evolutivo conosciuto con il nome di SLI (Specific Language Impairment)73 viene spiegato da Ullman come un danno del sistema procedurale coinvolgente, in modo particolare, la memoria operativa, la capacità di analizzare stimoli presentati per un periodo particolarmente breve e quella di comprendere sequenze particolarmente rapide. Nonostante i significativi deficit a livello grammaticale, i soggetti affetti da questa patologia mantengono un repertorio lessicale pressoché intatto, come dimostrato dal mantenimento della capacità di riconoscimento e apprendimento delle parole. La ridotta capacità procedurale determinerebbe un maggiore affidamento alle potenzialità del sistema rimasto integro, ovvero, in questo caso, la memoria dichiarativa. Gli interessanti risultati ottenuti da alcuni studi condotti con bambini affetti da SLI hanno dimostrato la difficoltà di questi soggetti nella produzione di nuove forme regolari (es.: plam-plammed) e, in generale, nell‟applicazione del suffisso -ed in modo produttivo. Altri studi hanno rivelato come le parole composte prodotte dai bambini affetti da SLI comprendano solo plurali di forma irregolare, confermando l‟impossibilità di utilizzo delle operazioni procedurali per la costruzione di forme flesse a partire dalle unità lessicali disponibili nel magazzino dichiarativo. I bambini affetti da SLI tenderebbero, perciò, alla memorizzazione delle forme flesse regolari nel magazzino lessicale, accanto a 73 Cfr. Leonard (1998) per maggiori informazioni su questo disturbo. 61 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini quelle di derivazione irregolare. Similmente, le forme di afasia non-fluente, come quella – di nostro interesse – dell‟agrammatismo, sarebbero spiegabili come un disturbo del sistema della memoria procedurale. Le caratteristiche stesse della produzione di questi soggetti, contraddistinta dall‟omissione dei morfemi grammaticali tanto liberi quanto legati, dimostrano come le difficoltà degli agrammatici siano determinate dall‟uso della morfologia regolare, piuttosto che da quella irregolare. Nonostante la capacità di riconoscimento e comprensione di parole „contenuto‟ semplici (cioè, non in composizione) si mantenga inalterata, il „recupero‟ di parole di questo tipo richiede notevolissimi sforzi agli agrammatici, determinandone spesso l‟omissione. I sintomi degli afasici non-fluenti, che abbiamo sin qui sintetizzato, sono del tutto compatibili con le supposizioni del modello di Ullman, secondo cui l‟area di Broca e i gangli basali (compromessi in questi soggetti) si occuperebbero proprio del recupero lessicale. Il discorso agrammatico sarebbe l‟esito, invece, di lesioni circoscritte alla parte sinistra dei gangli basali o alla parte destra del cervelletto. Il disturbo linguistico dell‟afasia di Broca è solitamente accompagnato da compromissioni a livello motorio, sia di tipo linguistico (riguardanti, per esempio, aspetti fonologici) che extra-linguistico (relative, per esempio, all‟esecuzione di compiti specifici, come quelli costituiti da sequenze) confermanti l‟idea che il disturbo di questo tipo di afasia corrisponda a un deficit procedurale. La compromissione di parte della memoria procedurale spiegherebbe anche i disturbi linguistici legati a patologie evolutive non specificamente linguistiche, come quelle della dislessia, dell‟ Attention Deficit Hyperactivity Disorder e dell‟autismo, caratterizzati – seppure in modo parzialmente diverso l‟uno dall‟altro – da difficoltà grammaticali e di recupero lessicale. Tra le malattie neurodegenerative, i l morbo di Parkinson viene associato ad un indebolimento del sistema procedurale. La perdita della dopamina, caratteristica di questa patologia, spiegherebbe la soppressione dell‟attività motoria, la notevole difficoltà nell‟espressione di sequenze motorie e i deficit manifestati nel processing grammaticale dai soggetti che ne sono affetti. L‟integrità del lobo temporale, invece, determinerebbe il buon mantenimento dell‟uso delle parole e delle conoscenze di fatti riscontrati negli stessi soggetti. Anche il morbo di Huntington dipenderebbe da problemi a livello procedurale, pur compromettendo strutture differenti da quelle del morbo di Parkinson. Tra i diversi errori linguistici prodotti da questi soggetti, particolarmente interessante è la produzione di forme come walkeded e dugged: la mancanza di errori analoghi con i verbi di forma irregolare (es.: dugug o keptet) dimostra che essi non sono 62 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini attribuibili a deficit articolari o motori, ma a un disturbo specificamente procedurale determinante la suffissazione insopprimibile di -ed. La degenerazione della regione del nucleo caudato determina anche l‟esecuzione di movimenti insopprimibili (ipercinesi). Questi dati dimostrano come le strutture dei gangli basali e della corteccia cerebrale possano essere considerati effettivamente responsabili dell‟esecuzione delle regole grammaticali e delle funzioni motorie, indicando anche come si possa assumere che esse svolgano una funzione simile nei due domini. 2.1.5 Conclusioni sul modello dichiarativo/procedurale Anche il modello di Ullman, come quello di Grodzinsky, presuppone un‟organizzazione modulare dei sistemi cognitivi, in cui le diverse aree cerebrali si occupano di funzioni cognitive e computazionali distinte e, in qualche misura, identificabili. Il modello dichiarativo/procedurale, tuttavia, si differenzia dalle teorie precedenti che abbiamo sin qui considerato. 74 Anzitutto, esso risulta inconciliabile con alcune delle conclusioni tratte in Grodzinsky (2000a), e, in particolare, con il set di funzioni linguistiche attribuito all‟area di Broca nel modello della TDH. A differenza di quest‟ultimo, Ullman riconosce la possibilità di un‟eterogeneità funzionale delle aree cerebrali, che svolgerebbero compiti analoghi in domini diversi (o, in una visione alternativa, si occuperebbero di funzioni specifiche di un certo domino con attività del tutto simili a quelle svolte da circuiti paralleli per gli altri domini). Di conseguenza, l‟area di Broca non è considerata né il locus di attività sintattiche molto specifiche (come, per esempio, quella del mantenimento della traccia proposta da Grodzinsky), né la sede delle attività sintattiche o grammaticali in generale. L‟importante ruolo procedurale che essa svolge nelle operazioni linguistiche (come, per esempio, nella formazione delle frasi, dei sintagmi e delle parole a flessione regolare) è considerato, invece, del tutto analogo e parallelo a quello che essa ricopre nell‟esecuzione di attività di altri domini, come l‟apprendimento di sequenze di vario genere (motorie, musicali, etc.). Per la stessa, radicale, differenza d‟impostazione il modello di Ullman si differenzia dal modularismo „rigido‟ di Fodor (1983): i circuiti neuronali responsabili della memoria procedurale sono considerati, infatti, nel modello di Ullman, indipendenti dai diversi domini in cui vengono impiegati. I circuiti responsabili delle funzioni linguistiche si occuperebbero, quindi, 74 Cfr. le considerazioni in Ullman (2004: 248-249). 63 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini anche dell‟esecuzione di compiti simili nelle funzioni extra-linguistiche, o vi sarebbero, almeno, strettamente legati. Il modello di Ullman è solo parzialmente paragonabile, infine, ai modelli di computazione connessionista. Pur ipotizzando, in modo molto simile a Ullman, che il linguaggio derivi dall‟interazione di un network di aree cerebrali non specificamente linguistiche, questi modelli non considerano l‟esistenza di associazioni „empiriche‟ tra domini grammaticali e memoria procedurale e tra domini lessicali e memoria procedurale, né la possibilità di una dissociazione tra due tipi di memoria. Come emerso dal confronto con altri modelli modulari, la maggiore novità introdotta da Ullman consiste nell‟idea che le diverse aree cerebrali, pur essendo funzionalmente specializzate, non debbano essere considerate anche domain-specific. Diversamente da quanto proposto per lungo tempo da molte teorie linguistiche cognitive sul funzionamento del linguaggio, non esisterebbero funzioni o moduli cerebrali esclusivamente dedicati al linguaggio all‟interno del sistema cognitivo umano. La considerazione della non-unicità del linguaggio umano sarebbe supportata, secondo Ullman, da diverse osservazioni, derivate tanto dall‟organizzazione „topografica‟ delle strutture cerebrali (le cui sotto-regioni svolgerebbero, come abbiamo visto, compiti analoghi in domini diversi) quanto dall‟idea che le strutture biologiche sottostanti determinate capacità umane siano il prodotto dall‟evoluzione di strutture già esistenti e originariamente adibite a compiti diversi. L‟opinione che il linguaggio umano costituisca un unicum all‟interno delle capacità umane sarebbe alimentata, infine, dalla scarsa conoscenza dei suoi procedimenti, determinata anche dalla mancanza di modelli animali; circuiti cerebrali simili a quelli attivati nell‟elaborazione del linguaggio umano sarebbero identificabili, tuttavia, anche in altre specie animali. Per quanto riguarda l‟aspetto che più ci interessa, abbiamo visto come Ullman attribuisca il deficit delle afasie di tipo non-fluente a un indebolimento della memoria procedurale e alla compromissione di tutte le operazioni linguistiche da essa dipendenti, che spiegherebbe tanto l‟omissione dei morfemi flessivi nella produzione agrammatica, quanto la difficoltà dimostrata nell‟interpretazione in alcune strutture sintattiche. I risultati ottenuti da diversi studi sperimentali, tuttavia, si sono rivelati inconsistenti con le predizioni del modello di Ullman, dimostrando come molti soggetti agrammatici presentino difficoltà anche nell‟uso della morfologia irregolare. 75 2.2. Modelli linguistici di deficit procedurale 75 Cfr., per esempio, de Diego-Balaguer et al. (2002). 64 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini L‟ipotesi che il disturbo agrammatico non dipenda da una perdita strutturale, ma da un indebolimento di alcune capacità computazionali è condivisa anche da molte teorie linguistiche del deficit. Non adottando la distinzione tra i due sistemi di memoria caratteristici del modello di Ullman, tuttavia, le teorie linguistiche non considerano le diverse forme di afasia come uno dei deficit derivati dalla compromissione di un sistema cognitivo generale (come quello della memoria dichiarativa o di quella procedurale), ma come l‟espressione di un disturbo esclusivamente linguistico. Il deficit agrammatico della comprensione sarebbe dovuto, in quest‟ottica, a una riduzione delle risorse procedurali richieste per l‟esecuzione di alcune operazioni linguistiche, osservabile in un significativo rallentamento nel loro svolgimento. Il sistema linguistico degli agrammatici, perciò, non sarebbe qualitativamente diverso da quello dei soggetti „sani‟ (come affermato, per esempio, da Grodzinsky), ma soltanto caratterizzato da un processing particolarmente lento. Quest‟ipotesi ha ricevuto una delle prime conferme in uno studio di Swinney e collaboratori sull‟effetto di priming lessicale in frasi a riempimento di posizione vuota (gap-filling sentences), con cui gli sperimentatori hanno integrato i risultati già ottenuti da studi precedenti dello stesso tipo. 76 Posticipando il punto d‟indagine dell‟effetto di priming, Swinney e collaboratori hanno potuto osservare come la ri-attivazione dell‟antecedente non sia del tutto assente nell‟interpretazione agrammatica, ma avvenga con circa 500ms di ritardo rispetto al punto t in cui essa è registrata nell‟interpretazione normale. Nonostante i dati empirici a sostegno di quest‟ipotesi siano piuttosto recenti, l‟idea che il deficit agrammatico derivi da un disturbo computazionale era stata suggerita anche da modelli teorici precedenti. Kolk et al. (1985) avevano ipotizzato che il deficit recettivo degli agrammatici riflettesse una limitazione della memoria fonologica. In accordo con questi studiosi, la comprensione delle frasi richiederebbe il mantenimento dei diversi costituenti frasali all‟interno di una „memoria operativa fonologica‟, da cui il parser („analizzatore‟) sintattico trarrebbe le informazioni utili alle successive fasi dell‟interpretazione. A causa della ridotta capacità della loro memoria fonologica, tuttavia, nel caso degli agrammatici il parser sintattico sarebbe costretto a lavorare su 76 Come abbiamo spiegato al par. 1.2.2, precedenti studi di Swinney e collaboratori avevano rivelato come l‟interpretazione agrammatica di queste strutture si differenziasse da quella „normale‟ a causa della mancata ri-attivazione dell‟antecedente in corrispondenza della posizione vuota t; questi risultati erano stati interpretati, come abbiamo detto, come una prova favore dell‟ipotesi della cancellazione della traccia, che avrebbe impedito il collegamento tra l‟elemento mosso e la sua posizione originaria, e, quindi, la sua riattivazione in luogo di t. Lo studio di Swinney et al. cui facciamo riferimento in questa sezione è riportato in Zurif (2003). 65 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini stringhe fonologiche particolarmente brevi, impedendo la comprensione „normale‟ delle frasi.77. Altri studiosi hanno interpretato il deficit recettivo degli agrammatici come l‟incapacità di implementare le informazioni espresse dai morfemi grammaticali, la cui comprensione appare selettivamente compromessa in alcuni soggetti. Pur concordando nella considerazione dell‟agrammatismo come una difficoltà di implementazione delle informazioni linguistiche, gli studi più recenti hanno cercato una più precisa identificazione del livello linguistico oggetto in cui può essere osservata la compromissione. 2.2.1. Il deficit agrammatico come difficoltà di implementazione al livello del discorso78 2.2.1.1 Hickock & Avrutin (1995): il contributo della ‘referenzialità’ Una delle prime formulazioni dell‟ipotesi che la limitazione procedurale degli agrammatici determini una difficoltà di implementazione al livello del discorso è rappresentata dal lavoro di Hickok & Avrutin (1995), cui abbiamo fatto riferimento al par. 1.2.2. I due studiosi hanno osservato come, a parità di complessità sintattica, gli agrammatici mostrino maggiore difficoltà nell‟interpretazione delle frasi (a) delle coppie seguenti, rispetto a quella delle frasi (b): 79 (29) a. Which psychologist attacked the linguist? b. Who attacked the linguist? (30) a. Is Mama Bear touching her? b. Is every bear touching her? Hickok & Avrutin hanno spiegato questi risultati considerando la proprietà semantica di referenzialità comune ad alcuni degli elementi di tutte le frasi del tipo (a), la cui comprensione determinerebbe uno sforzo computazionale maggiore a causa del 77 Come abbiamo già accennato, Saffran & Schwartz (1994) avevano proposto che gli agrammatici soffrissero di una difficoltà nell‟accesso alla conoscenza grammaticale soltanto nello svolgimento di alcuni compiti linguistici (come, per esempio, quelli di comprensione linguistica), pur non mostrando alcun deficit nell‟esecuzione di altri, come dimostrato dal buon riconoscimento delle violazioni grammaticali. 78 Il livello interpretativo del „discorso‟ si riferisce a tutte le informazioni linguistiche relative a livelli „maggiori‟ di quello della rappresentazione della singola frase. Esso coinvolge, perciò, tanto le informazioni extra-linguistiche relative al contesto, quanto la conoscenza di tutto quanto precedentemente espresso. 79 Lo studio cui stiamo facendo riferimento presenta i risultati ottenuti nei test con due soli agrammatici; questi dati rappresentano, tuttavia, una replica dei risultati registrati da studi precedenti con gruppi di afasici dello stesso tipo. Per una considerazione dettagliata di questo studio si rimanda a Hickok & Avrutin (1995: 19-20). 66 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini riferimento al contesto linguistico, come dimostrato dalla maggiore difficoltà riscontrata nell‟interpretazione del pronome interrogativo which (referenziale) rispetto al suo corrispondente who (non-referenziale) e dei SN nominali referenziali (es. Mama Bear) rispetto quelli introdotti dal quantificatore every (non-referenziale). 80 L‟indebolimento delle risorse computazionali subito dagli agrammatici permetterebbe loro di condurre a termine l‟interpretazione delle unità linguistiche non referenziali, ma non quella di elementi richiedenti l‟implementazione delle informazioni discorsive contestuali. 81 2.2.1.2 Avrutin et al. (1999): l’interpretazione dell’accento contrastivo Un‟ulteriore evidenza a sostegno di quest‟ipotesi è stata offerta dagli esperimenti sull‟interpretazione dell‟accento contrastivo condotti da Avrutin e collaboratori (1999). Lo studio, effettuato su 8 afasici di Broca e 5 soggetti „sani‟ assolventi la funzione di controls, consta di due esperimenti: nel primo, l‟interpretazione dell‟accento rappresenta un fattore determinante per l‟assegnazione delle referenze pronominali; nel secondo, costituisce il discrimine per la distinzione tra parole composte e sintagmi omofoni composti da un nome e da un aggettivo. Il primo esperimento è stato usato per testare la comprensione dei soggetti in 52 frasi isolate, presentate in ordine casuale: 13 frasi rappresentanti la condizione accentata (SC, stressed condition), 13 frasi rappresentanti la condizione non accentata (UC, unstressed condition), 26 frasi di controllo. Le frasi della condizione accentata e di quella non accentata, aventi tutte una struttura del tipo di (31) per la SC e del tipo di (32) per la UC, rappresentavano coppie minime dove l‟accento costituiva un‟indicazione determinante per la corretta attribuzione della referenza: 82 (31) First John (verb)s Bill and then Mary (verb)s HIM. (32) First John (verb)s Bill and then MARY (verb)s him. Nelle frasi del primo tipo (SC), il pronome si riferisce al SN nominale soggetto della prima frase; nelle frasi del secondo tipo, invece, esso è legato al SN oggetto del primo congiunto, come indicato dagli esempi seguenti: 80 Alla nozione di „referenzialità‟ semantica abbiamo fatto riferimento al par. 1.2.2, cui si rimanda per la spiegazione di questo concetto. 81 I due autori propongono anche una diversa spiegazione del fallimento degli agrammatici nell‟interpretazione delle costruzioni passive. Per informazioni a questo riguardo cfr. Hickok & Avrutin (1995: 14). 82 Le lettere maiuscole indicano la parola su cui cade l‟accento. 67 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini (33) First John hits Bill and then Mary hits HIM. (SC). (34) First John hits Bill and then MARY hits him (UC). Le frasi di controllo, infine, presentavano una struttura del tipo seguente: (35) First John (verb)s Bill and then they X. Quest‟ultime non richiedevano l‟assegnazione di referenze pronominali né presentavano parole marcate dall‟accento; il verbo utilizzato corrispondeva, inoltre, a uno di quelli impiegati nelle 13 frasi delle due condizioni precedenti, mentre X poteva corrispondere tanto a un sintagma verbale quanto a un sintagma nominale (mai ad un pronome). L‟effettiva comprensione delle frasi è stata testata attraverso l‟espediente del pictureselection task: in un primo momento veniva presentata ai soggetti un‟immagine raffigurante la prima parte della frase (es. John hits Bill, seconda immagine a sinistra); quindi, erano presentate loro altre tre immagini tra le quali il soggetto doveva scegliere quella corrispondente alla seconda parte della frase (es. then MARY hits him = prima immagine a destra; then Mary hits HIM = seconda immagine a destra/ then they X = terza immagine a destra): Fig.1 68 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini La performance agrammatica si è rivelata peggiore di quella normale in entrambe le condizioni (con e senza accento contrastivo), confermando la generale difficoltà di questi soggetti nell‟interpretazione delle referenze pronominali. 83 I risultati hanno rivelato, inoltre, come la scelta dell‟immagine fosse scorretta il 20% delle volte in più nella condizione in cui era richiesta l‟interpretazione dell‟accento marcato sul pronome rispetto alla condizione non-accentata (accento „neutrale‟ su Mary). Questi dati sono stati interpretati come una prova del fatto che, pur essendo sensibili all‟accento in condizioni „normali‟ (e quindi potenzialmente capaci di interpretarne l‟informazione), gli agrammatici non sono in grado di servirsene per l‟assegnazione di referenze pronominali in frasi in cui esso assume valore contrastivo. La significativa ma non eccessiva differenza di errore tra le due condizioni (20%) indica, tuttavia, come essi riescano, occasionalmente, a portare a buon fine l‟implementazione dell‟accento contrastivo. Il secondo esperimento è stato condotto per controllare se la difficoltà degli agrammatici nell‟implementazione dell‟accento emersa nel primo esperimento non dovesse essere attribuita, in qualche misura, a un problema interpretativo più ampio, legato alla computazione di informazioni al livello del discorso (discourse-level processing) in generale. Gli stimoli del secondo esperimento sono stati costruiti, perciò, in modo che la loro comprensione richiedesse solo lo svolgimento di operazioni morfosintattiche. Le 40 frasi utilizzate avevano una struttura comune del tipo: (36) Show me an X. Venti di esse rappresentavano frasi di controllo, in cui l‟accento non giocava alcun ruolo per la determinazione di X, che poteva corrispondere tanto a un SN semplice (es. girl) quanto a un SN modificato (es. young girl). Le 20 frasi non di controllo costituivano, invece, 10 coppie minime in cui X poteva essere riconosciuto solo sulla base dell‟indicazione dell‟accento: in 10 di esse, corrispondeva a un nome composto, presentante l‟accento principale sul primo elemento lessicale e l‟accento secondario sul secondo elemento lessicale (es. BLACKboard nel senso di „lavagna‟; condizione marcata o accentata); nelle altre 10, esso corrispondeva a un sintagma nominale modificato, 83 Di questa difficoltà ci occuperemo in modo specifico nel prossimo capitolo. La nostra indicazione di „cattiva performance’ corrisponde, nella maggior parte degli esperimenti, al risultato indicato dagli sperimentatori con l‟espressione di chance-level performance, usata nei casi in cui vengono date risposte/interpretazioni errate a più della metà degli stimoli sperimentali. Analogamente, l‟espressione di buona performance deve essere intesa come corrispondente del livello above-chance, usato quando più della metà delle risposte/interpretazioni degli agrammatici in una determinata condizione corrispondono all‟opzione corretta. 69 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini caratterizzato dal pattern intonativo inverso (es. black BOARD, ovvero una tavola nera). Anche in questo caso, la verifica della comprensione era effettuata attraverso un pictureselection task: il soggetto doveva indicare a cosa corrispondesse X nelle varie condizioni, scegliendo tra tre diverse immagini. Tra queste, un‟immagine raffigurava qualcosa di completamente irrelato (es. a man, prima immagine Fig.2); un‟altra la parola composta (es. HOT-dog, seconda immagine Fig.2, corretta nel caso in cui l‟accento fosse posto sul primo elemento lessicale), l‟ultima, il sintagma aggettivale „corrispondente‟ (es. hot DOG, terza immagine Fig.2, scelta corretta in caso di accento sul secondo elemento lessicale): Fig. 2 I risultati del secondo esperimento hanno rivelato che gli agrammatici manifestano una maggiore sensibilità all‟accento nelle condizioni in cui costituisce l‟unico indizio per il riconoscimento di X come nome composto, pur non favorendo in modo particolare l‟interpretazione dei sintagmi nominali modificati. Gli sperimentatori hanno interpretato i dati raccolti nei due esperimenti come una conferma del processing account (PA) proposto da Zurif (1995), secondo cui il danno caratteristico dell‟agrammatismo (così come di altre patologie linguistiche) risiederebbe in una ridotta capacità di processing. Le operazioni linguistiche richiedenti una certa 70 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini quantità di risorse procedurali (come, per esempio, la risoluzione delle dipendenze pronominali) risulterebbero perciò impossibili ai soggetti affetti da questo disturbo. L‟interpretazione della condizione non accentata da parte di soggetti „sani‟ implicherebbe, secondo gli sperimentatori, l‟applicazione di una strategia al livello del discorso, detta parallel function strategy,84 grazie alla quale il pronome oggetto del secondo congiunto viene associato al SN oggetto della principale (Bill): (37) First John hits Billi and then Mary hits himi. L‟accento contrastivo sul pronome him determinerebbe il passaggio a un‟interpretazione diversa da quella „standard‟ ottenuta sulla base del parallelismo dei ruoli grammaticali, richiedendo l‟assegnazione del pronome al primo SN della frase principale: (38) First Johni hits Bill and then Mary hits HIM i. Nell‟interpretazione agrammatica, tuttavia, la risoluzione della referenza pronominale avverrebbe in modo casuale tanto nei contesti accentati quanto in quelli non-accentati. L‟applicazione della parallel function strategy necessiterebbe, infatti, delle „etichette‟ sintattiche (es.: di soggetto, oggetto, etc.) assegnate ai diversi elementi della frase nelle prime fasi dell‟interpretazione e mantenute nella memoria operativa per tutto il corso del processo di comprensione. Come spiegato da Kolk (1987), però, esse decadrebbero particolarmente in fretta dalla rappresentazione linguistica degli agrammatici che, non potendo affidarsi ad alcun tipo di parallelismo per l‟assegnazione della dipendenza pronominale, procederebbero in modo casuale all‟interpretazione della frase. L‟indicazione di un cambiamento di referente rispetto all‟interpretazione „standard‟ portata dall‟accento non assumerebbe, perciò, alcun valore per questi soggetti, dal momento che l‟interpretazione stessa della condizione non-accentata sarebbe stabilita in modo del tutto arbitrario. La comprensione delle frasi del secondo esperimento, al contrario, non richiede una sincronia tra modulo della sintassi e modulo del discorso: l‟indicazione dell‟accento opera, infatti, a un livello strettamente morfo-sintattico. L‟indicazione del passaggio da un contorno intonativo all‟altro, perciò, può essere correttamente avvertita dagli agrammatici, come riscontrato nel riconoscimento dei nomi 84 Questo principio assume che si debba assegnare al pronome personale della frase secondaria il ruolo del SN posto nella stessa posizione nella frase principale; nei casi in cui il pronome si trova nella prima posizione, per esempio, esse viene interpretato nella maggior parte dei casi come soggetto grammaticale della frase che lo contiene. 71 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini composti. La mancanza di operazioni a livello del discorso, tuttavia, dovrebbe favorire in modo simile anche l‟interpretazione dei sintagmi nominali modificati. La peggior perfomance emersa nella seconda condizione sperimentale è stata spiegata dagli sperimentatori come il prodotto della difficoltà di accesso lessicale caratteristica di questo tipo di afasici: la necessità di accesso a due unità lessicali memorizzate (hot e dog), anziché ad una sola (hot-dog), determinerebbe un incremento computazionale tale da impedire un miglioramento nella percezione dell‟accento da parte di questi soggetti nel riconoscimento di questo tipo di sintagmi. Il carico di lavoro „addizionale‟ richiesto nell‟implementazione delle informazioni a livello del discorso spiegherebbe, secondo gli autori, anche la maggiore difficoltà dimostrata nella comprensione delle dipendenze pronominali (39) rispetto a quella dei pronomi riflessivi (40): (39) Is Mama Beary touching heri? (40) Is Mama Beari touching herselfi? Come spiegato da Avrutin e collaboratori, e in linea con la Binding Theory chomskyana, l‟antecedente dei pronomi riflessivi può essere identificato sulla base di criteri puramente sintattici, tramite dall‟applicazione del “Principio A”: (41) Principle A: An anaphor is bound in its governing category.85 L‟interpretazione dei pronomi personali non-riflessivi, dall‟altra parte, richiede invece il riferimento a aspetti extra-sintattici. Contrariamente al Principio A, il Principio B (proposto dalla stessa teoria per l‟interpretazione dei pronomi non-anaforici) non definisce, infatti, a quale elemento della frase si debba attribuire il pronome, ma soltanto in quale contesto sintattico esso non possa essere trovato: (42) Principle B: A pronoun is free in its governing category. 85 Cfr. Chomsky (1981). Come spiegato in Graffi (1994: 318), il termine di anafora indica quegli elementi linguistici che “non [possono] denotare da sole un‟entità o una classe di entità: esse possono riferirsi soltanto alle entità cui si riferisce il loro antecedente. Questo ha come conseguenza che le anafore debbono avere un precedente, ossia che sono obbligatoriamente legate”. La governing category (o „dominio locale‟) di un elemento a è individuata sulla base di criteri configurazionali e definita come la porzione minima di frase contenente a, l‟elemento che lo regge e un soggetto (nel nostro caso, il SN) posto in una relazione di c-comando con il suo antecedente. Per chiarimenti su questo e su altri aspetti della teoria del legamento si rimanda a Graffi (1994: 315-347). 72 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Lo stabilimento della referenza pronominale richiede, quindi, il ricorso a principi interpretativi a un livello più ampio, determinante un incremento computazionale e, perciò, una maggiore difficoltà da parte dei soggetti agrammatici. A differenza della spiegazione proposta per la maggiore difficoltà d‟interpretazione dei pronomi personali rispetto a quella dei pronomi riflessivi, il commento dei due sperimentatori all‟impossibilità di servirsi dell‟accento contrastivo nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali sembra presupporre un deficit sintattico (troppo rapida „disintegrazione‟ delle etichette sintattiche) piuttosto che discorsivo. Come vedremo nei prossimi paragrafi, il riconoscimento della natura sintattica del disturbo agrammatico costituisce l‟ipotesi di base anche di alcuni importanti modelli di loss of processing del deficit afasico. 2.2.2. Il deficit agrammatico come ritardo della costruzione della struttura sintattica Molti studiosi hanno interpretato il deficit di comprensione degli agrammatici come l‟esito di un ritardo nella costruzione della struttura sintattica, che impedirebbe l‟esecuzione delle operazioni linguistiche nei limiti temporali cui è sottoposta la comprensione linguistica. La ragione di questo ritardo ha ricevuto, tuttavia, spiegazioni diverse. In accordo con Swinney et al. (1989) e Zurif (2003), esso sarebbe l‟esito della particolare lentezza d‟accesso lessicale di questi soggetti, che determinerebbe un rallentamento complessivo della costruzione sintattica. 86 Le simulazioni condotte con il modello computazionale di Haarmann & Kolk (1991) hanno approfondito quest‟ipotesi, mettendo in luce come a una maggiore lentezza di attivazione dei costituenti corrispondesse una più elevata rapidità di decadimento. In accordo con i due studiosi, il disturbo agrammatico dipenderebbe, perciò, non soltanto dalla ritardata attivazione delle unità lessicali e dei sintagmi frasali che costituiscono la struttura sintattica, ma anche dal loro rapido decadimento dalla rappresentazione linguistica. 87 86 La lentezza nell‟accesso lessicale da parte degli agrammatici è stata dimostrata da numerosi studi. I risultati ottenuti negli esperimenti condotti a questo proposito hanno dimostrato, per esempio, come il priming lessicale si verifichi negli agrammatici solo nel caso in cui venga lasciato loro un tempo particolarmente lungo per lo svolgimento del processo di comprensione (cfr., per esempio, Prather et al. 1997). 87 Come si può notare, quest‟ultima ipotesi riprende parte di quella proposta dallo stesso Kolk (1985) e da Kolk et al. (1987), che abbiamo considerato all‟inizio del paragrafo 2.2, secondo cui il deficit agrammatico sarebbe determinato da un troppo rapido decadimento delle „etichette‟ sintattiche dalla memoria operativa fonologica. 73 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini I modelli più recenti hanno attribuito il ritardo nella formazione della struttura sintattica a un indebolimento specifico del modulo sintattico. Quest‟ipotesi, conosciuta con il nome di weak syntax o di Slow-syntax model, nasce dall‟osservazione degli errori emersi nella comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico e nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali: In light of [these] observations, […] a generalization suggests itself: agrammatic comprehension fails whenever the underlying syntactic representation is unable to properly constrain the possible interpretations that comprehension system can contemplate for a sentence. In fact, it is only in those cases where correct interpretation depends exclusively on the proper implementation of syntactic structure that agrammatic system predictably fails (Burkhardt et al. 2008: 121).88 In accordo con questa teoria, gli agrammatici non perderebbero nessuna delle abilità necessarie alla costruzione della struttura sintattica (come ipotizzato dai modelli di deficit strutturale), né si troverebbero privi di qualche aspetto necessario per il suo completamento (come proposto, per esempio, dai modelli di riduzione della memoria operativa e dall‟ipotesi dello slow lexical access); il deficit degli agrammatici dipenderebbe, invece, dal rallentamento delle operazioni sintattiche stesse. A causa di questo rallentamento, la formazione della struttura sintattica non sarebbe completata in tempo utile per servire al processo di comprensione. L‟interpretazione delle frasi avverrebbe, perciò, attraverso il ricorso principi extra-sintattici. Come si può notare, quest‟ipotesi spiegherebbe perché il disturbo agrammatico non compromette in misura uguale la comprensione di tutti i tipi di frasi: il deficit agrammatico sarebbe osservabile, infatti, solo nei casi in cui (a) l‟interpretazione delle frasi richiede lo svolgimento di operazioni sintattiche; (b) l‟interpretazione dedotta attraverso lo sfruttamento di principi interpretativi extra-sintattici non corrisponda a quella che sarebbe ottenuta attraverso la considerazione delle strutture sintattiche. Come approfondiremo nel prossimo capitolo, la maggior parte delle evidenze sperimentali a sostegno dello Slow-syntax model proviene dagli esperimenti sull‟interpretazione delle dipendenze pronominali. Molti studi condotti a questo riguardo si sono serviti, come vedremo, del modello teorico della Economy Hierarchy di Reuland (2001), secondo cui le operazioni sintattiche rappresenterebbero, nell‟interpretazione 88 Lo Slow-syntax model deve la sua formulazione a Piñango (1999), pur essendo stata sostenuta e approfondita in collaborazione con molti altri ricercatori tra i quali, come vedremo nel prossimo capitolo, Sergey Avrutin, Petra Burkhardt, Esther Ruigendijk, Nada Vasić. La denominazione di weak syntax si deve ad Avrutin (cfr., per esempio, Avrutin 2006); quella di slower-than-normal syntax a Burkhardt et. al (2008). 74 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini normale, il modo più rapido e automatico di stabilire le referenze pronominali. A causa dell‟indebolimento della loro sintassi, la gerarchia di economicità delle risorse interpretative sarebbe diversa per gli agrammatici: le operazioni sintattiche rappresenterebbero, infatti, la via più dispendiosa per il riconoscimento delle dipendenze pronominali da parte di questi soggetti. Il rallentamento delle operazioni sintattiche permetterebbe, inoltre, il ricorso ad altri livelli d‟interpretazione (come quello del discorso e quello extra-linguistico, normalmente bloccato dalla più rapida attivazione della sintassi) conducenti ad assegnazioni diverse da quelle determinate da principi sintattici e, perciò, scorrette. Il fallimento degli agrammatici nell‟interpretazione delle strutture derivate da movimento sintattico sarebbe spiegabile in modo del tutto analogo. Il deficit agrammatico non comprometterebbe la capacità di stabilire la „catena sintattica‟ originata dal fenomeno di movimento, come affermato, per esempio, da Grodzinsky, ma la possibilità che essa venga costruita nei tempi „rapidi‟ richiesti dal processo di comprensione linguistica. Non potendosi servire delle informazioni sintattiche, gli agrammatici sarebbero indotti ad affidarsi – anche in questo caso – a principi operanti ad altri livelli linguistici. L‟interpretazione degli elementi mossi risentirebbe in modo particolare della competizione tra modulo sintattico e regole interpretative del discorso, come si può notare nel caso delle frasi passive: il SN spostato in prima posizione non potrebbe ricevere il proprio ruolo tematico in tempo attraverso la costruzione della struttura sintattica dal momento che essa avverrebbe, come abbiamo detto, con particolare ritardo in questo tipo di afasici. Per questa ragione, esso sarebbe interpretato attraverso la regola della topicpreference, un principio interpretativo al livello del discorso, secondo cui, in presenza di due SN, il soggetto ricoprirebbe il ruolo di Tema della frase.89 Quest‟assegnazione contrasterebbe, però, con il ruolo assegnatogli, una volta disponibile, dalla catena sintattica: (43) The boy (Tema) per applicazione della topic-preference was pushed by the girl (Agente). (Paziente) per assegnazione della catena sintattica Errori simili a quelli emersi negli studi condotti sugli agrammatici sono stati trovati nell‟esecuzione degli stessi compiti da parte dei bambini in età pre-scolare. Questa 89 Si noti come Avrutin non attribuisca l‟assegnazione del ruolo tematico all‟applicazione di una strategia extralinguistica, com‟era nel caso della default strategy di Grodzinsky, ma all‟intervento di un principio linguistico, anche se extra-sintattico. 75 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini convergenza, i cui aspetti considereremo in modo più approfondito nel prossimo capitolo, è stata considerata una conferma che il disturbo agrammatico non possa essere attribuito a una perdita strutturale, ma a una ridotta capacità di processing: non si spiegherebbe, altrimenti, la somiglianza con la performance dei bambini, la cui difficoltà non può essere certamente attribuita alla perdita di parte del sistema linguistico, ma, piuttosto, a un incompleto sviluppo delle capacità procedurali che permettono l‟implementazione delle informazioni sintattiche. 2.2.3 Conclusioni sui modelli linguistici di deficit procedurale Come abbiamo brevemente considerato, l‟idea che il disturbo agrammatico derivi da un loss of processing piuttosto che dalla perdita di qualche conoscenza linguistica costituisce l‟ipotesi centrale di molti modelli linguistici del deficit afasico. Un‟impostazione teorica di questo tipo determina diversi vantaggi sia dal punto di vista descrittivo che da quello esplicativo. In primo luogo, essa permette la spiegazione tanto della variabilità intra-soggettiva quanto di quella emersa nello svolgimento di compiti diversi da parte degli stessi soggetti. In secondo luogo, essa non implica predizioni eccessivamente ristrette sui patterns di fallimento degli agrammatici, come accadeva nella teoria del loss of knowledge di Grodzinsky che abbiamo discusso nella prima parte di questo capitolo. Essa permette, perciò, la descrizione e la spiegazione unitaria dei fenomeni osservabili nella comprensione agrammatica, senza presupporre l‟esistenza di disturbi diversi determinanti la difficoltà nell‟una o nell‟altra struttura sintattica. Il fallimento dell‟interpretazione agrammatica dipenderebbe – in tutti i casi – da un incremento computazionale, determinante, seppure a causa di fattori parzialmente distinti, un carico di lavoro eccedente le capacità procedurali degli agrammatici. Lo svolgimento di alcune operazioni linguistiche risulterebbe, perciò, significativamente rallentato nell‟interpretazione agrammatica. I diversi modelli che abbiamo presentato differiscono nell‟identificazione della causa di questo rallentamento. L‟ipotesi dello slow-lexical access di Swinney e Zurif, e quella del troppo rapido decadimento dei costituenti linguistici dalla rappresentazione agrammatica di Kolk presentano il grosso limite di predire patterns di fallimento molto più ampi di quelli effettivamente riscontrati negli studi sperimentali. Tanto l‟una quanto l‟altra proposta non chiariscono, infatti, per quale ragione la difficoltà di implementazione 76 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini osservato nella comprensione, per esempio, delle frasi passive e delle relative dell‟oggetto, non emerga né nell‟interpretazione delle loro corrispondenti attive, né in quella delle relative del soggetto, correttamente intese dagli agrammatici. L‟indisponibilità della struttura sintattica nelle prime fasi dell‟interpretazione predetta dal modello della Slow-syntax di Piñango, Zurif e collaboratori offre una spiegazione più adeguata del fatto che il deficit recettivo non emerge in tutti i tipi di frasi, ma solo nella comprensione di particolari strutture e, in alcuni casi, solo in determinate „versioni‟ della stessa costruzione (es.: relative del soggetto vs relative dell‟oggetto). Come approfondiremo nel prossimo capitolo, inoltre, quest‟ultima ipotesi ha ricevuto il sostegno di numerose evidenze empiriche, che ne hanno rafforzato l‟impostazione dimostrando come la considerazione di un ritardo a livello della costruzione sintattica rappresenti un punto di vista particolarmente adeguato alla conoscenza del deficit agrammatico. 77 3. IL MODELLO DELLA SLOWER-THAN- NORMAL SYNTAX: EVIDENZE LINGUISTICHE E SPERIMENTALI. L‟ipotesi che il deficit agrammatico della comprensione derivi da un indebolimento specifico del modulo sintattico, anziché da un rallentamento del sistema procedurale o linguistico in generale, è stata confermata da un ampio numero di lavori sperimentali. Parte di questi studi ha analizzato l‟interpretazione delle frasi derivate da movimento sintattico, come le strutture passive; il gruppo più corposo, tuttavia, riguarda l‟interpretazione di dipendenze sintattiche non derivate da movimento trasformazionale, come quelle coinvolgenti pronomi personali e riflessivi. Ci serviremo, perciò, della presentazione di questi studi per fornire una spiegazione più esauriente del modello della Slow-syntax.90 3.1. L’interpretazione dei pronomi personali e riflessivi La risoluzione delle dipendenze pronominali rappresenta un test particolarmente adeguato alla verifica dell‟ipotesi che il deficit agrammatico derivi da un ritardo nella costruzione della struttura sintattica, poiché l‟assegnazione dell‟antecedente pronominale, così come l‟identificazione del dominio locale necessaria per stabilirlo, possono avvenire solo una volta che la struttura sintattica è stata completa. Come vedremo, i risultati ottenuti nello svolgimento di compiti on-line hanno messo in luce che le informazioni necessarie al riconoscimento delle relazioni pronominali si rendono disponibili più lentamente nell‟interpretazione agrammatica che in quella dei soggetti „sani‟. Gli stessi studi hanno rivelato come il processing agrammatico si serve di strategie diverse da quelle utilizzate dai soggetti „normali‟ anche nei casi in cui essi dimostrano una buona comprensione off-line. Come approfondiremo nei prossimi paragrafi, gli studi sulla risoluzione delle dipendenze pronominali si sono serviti – principalmente – del riferimento a tre modelli teorici: la Government Theory chomskyana; il Reflexivity Model di Reinhart & Reuland (1993) e l‟Economy Hierarchy di Reuland (2001). 90 Sono stati condotti, infine, studi testanti l‟interpretazione agrammatica di costruzioni filler-gap, dei quali non ci occuperemo per ragioni di rapidità espositiva. Per un approfondimento di questo aspetto nell‟ottica dello Slow-syntax model si rimanda a Burkhardt et al. (2003) e a Love et al. (2001). A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini 3.1.1 Studi off-line sull’interpretazione dei pronomi personali e passivi 3.1.1.1 Le prime evidenze: Grodzinsky et al. (1993) Nonostante la TDH non consideri il fallimento degli agrammatici nella comprensione di strutture non derivate da movimento sintattico, si deve proprio ad uno studio di Grodzinsky e di altri collaboratori una delle prime evidenze delle difficoltà degli agrammatici nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali. Il lavoro di Grodzinsky et al. (1993) costituisce la replica di un esperimento condotto da alcuni studiosi dello stesso gruppo con bambini in età pre-scolare. I risultati di questo primo esperimento avevano dimostrato come l‟interpretazione dei pronomi personali dipendenti da un antecedente referenziale (es. 1) fosse più „difficile‟ di quella degli stessi pronomi in dipendenza di antecedenti introdotti da quantificatori (es. 2) e di quella dei pronomi riflessivi (es. 3): (1) The girl touched her. (2) Every girl touched her. (3) The girl touched herself. L‟esecuzione di un esperimento dello stesso tipo con i soggetti afasici, attraverso il paradigma sperimentale del yes/no judgment91 e con frasi-stimolo del tipo seguente, ha mostrato che il pattern di errore di questi soggetti riflette esattamente quello riscontrato nei test condotti sui bambini di età pre-scolare: le frasi del tipo di (4) e (5) hanno evidenziato, infatti, la maggiore difficoltà degli agrammatici nell‟interpretazione dei pronomi personali rispetto a quella dei riflessivi, mentre gli stimoli del tipo di (6) hanno messo in luce come la comprensione delle referenze pronominali non risulti compromessa nei casi in cui l‟antecedente sia costituito da un elemento non-referenziale. (4) *Is Mama Beari touching heri? (5) Is Mama Beari touching herselfi? (6) *(Every boy)i pointed at himi.92 91 Lo yes/no judgment paradigm analizza la correttezza della comprensione dei soggetti sottoponendo loro diverse domande descriventi in modo più o meno appropriato l‟azione svolta in un‟immagine presentata loro. Se, per esempio, la frase corrisponde alla domanda Is Mama Bear touching herself?, e l‟immagine alla raffigurazione di un‟orsa che tocca se stessa, la risposta affermativa del soggetto viene considerata la prova della corretta comprensione del significato della frase e delle dipendenze sintattiche inserite in essa. 92 L‟asterisco, posto al principio di una frase, è usato per indicare l‟agrammaticalità della frase stessa. 79 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Grodzinsky et al. (1993) hanno interpretato l‟insuccesso mostrato dagli agrammatici nell‟interpretazione dei pronomi dipendenti da antecedenti referenziali come l‟esito della riduzione della loro capacità procedurale, considerata un disturbo parallelo e indipendente da quello della cancellazione della traccia sintattica (determinante, come abbiamo visto, il fallimento dell‟interpretazione di altre strutture sintattiche). L‟errata attribuzione del pronome personale al SN che immediatamente lo precede deriverebbe, tanto nei bambini quanto negli agrammatici, dall‟impossibilità di applicare la cosiddetta Rule-I, dovuta alla limitata capacità procedurale dei due gruppi di soggetti: (7) Rule-I: Intrasentential coreference NP A cannot co-refer with NP B if replacing A with C, C A-bound by B yields and indistinguishable interpretation.93 In accordo con gli sperimentatori, la rappresentazione delle due possibilità interpretative e il paragone richiesto per la verifica che esse non determinino un‟interpretazione indistinguibile eccederebbero le possibilità della memoria operativa dei due gruppi di soggetti. Non potendo servirsi della Rule-I, gli agrammatici e i bambini in età pre-scolare permetterebbero, perciò, l‟interpretazione co-referenziale anche nei casi in cui essa sarebbe negata dalla corretta applicazione della regola. La considerazione che la compromissione procedurale agrammatica determini un rallentamento specificamente sintattico si deve a studi successivi e ad autori diversi. Pur non attribuendo a questo aspetto del deficit una natura primariamente sintattica, tuttavia, la spiegazione di Grodzinsky e collaboratori ipotizza, come abbiamo detto, che la compromissione della memoria operativa agrammatica comporti implicazioni dirette sull‟applicazione dei principi sintattici di interpretazione pronominale. 3.1.1.2 L’interpretazione dei pronomi personali in frasi transitive e ECM: Ruigendijk & Avrutin (2003) L‟esperimento condotto da Ruigendijk & Avrutin (2003) rappresenta una conferma e un ampliamento dei risultati ottenuti nel lavoro di Grodzinsky e collaboratori. In questo secondo studio, la comprensione delle dipendenze pronominali è stata testata su tre gruppi 93 Cfr. Vasić (2006: 38) per una spiegazione più dettagliata dell‟applicazione della Rule-I. Una diversa spiegazione degli stessi risultati è offerta da Hickok (1992), secondo cui essi dipenderebbero dalla compromissione della catena sintattica. Per informazioni a questo riguardo cfr. Hickok (1992) e Hickok & Avrutin (1995: 17-18). 80 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini di parlanti olandesi: 7 agrammatici, 2 afasici di Wernicke e 14 soggetti di controllo. Le frasi-stimolo, che presentiamo – per praticità – nella loro traduzione inglese, costituivano tre condizioni sperimentali: una condizione in cui il pronome personale era inserito in una frase semplice con verbo transitivo (8); una condizione richiedente l‟interpretazione di un pronome riflessivo nello stesso contesto sintattico (9); una terza condizione (10) in cui il pronome personale faceva parte di in una struttura Exceptional Case Marking (ECM):94 (8) *Peteri touched himi. (9) Peteri touched himselfi. (10) *Peteri saw himi dance. Come indicato in questi esempi, nelle frasi semplici transitive e nelle strutture ECM il pronome him non può riferirsi al SN (Peter) che lo precede all‟interno del dominio locale. L‟interpretazione dei pronomi riflessivi richiede, invece, che esso venga associato al SN Peter.95 L‟esperimento è stato condotto attraverso la tecnica del picture-selection task: in un primo momento, venivano presentate ai soggetti una frase e l‟immagine ad essa corrispondente, cui seguiva una seconda frase (avente la struttura prevista in una delle tre condizioni) accompagnata da tre immagini, tra le quali i soggetti dovevano scegliere quella meglio rappresentante il significato espresso nella seconda frase. Di queste, una descriveva l‟azione corretta, un‟altra la stessa azione raffigurata in modo tale che il pronome richiedesse un diverso antecedente e la terza un‟azione diversa svolta dagli stessi „attori‟. Un esperimento dello stesso tipo è stato condotto da Vasić (2006). Anche se non ci occuperemo in modo dettagliato di questo studio (che riprende il paradigma sperimentale di Ruigendijk & Avrutin, confermandone i risultati), 96 presentiamo alcune delle immagini utilizzate dalla studiosa ad esemplificazione del picture-selection task adottato in questo tipo di esperimenti. La Figura 1 rappresenta il set di immagini usate per testare la comprensione della frase ECM (11): 94 Questa denominazione si applica a frasi bi-proposizionali dove il soggetto della frase subordinata (nel nostro caso, il pronome him) riceve Caso astratto dal verbo della frase principale (saw). Un altro esempio di questo tipo di frasi è rappresentato dalle infinitive oggettive latine, dove il soggetto delle frase è declinato in accusativo. 95 Come abbiamo detto, l‟indicazione di queste dipendenze è data dal principio A e dal principio B della Government and Binding Theory di Chomsky (1981). 96 Gli agrammatici testati in Vasić (2006) hanno dimostrato, contrariamente ai risultati ottenuti negli studi precedenti, una performance above-chance (interpretazione corretta in più della metà dei casi) nella condizione in cui il pronome personale seguiva verbi di forma transitiva. Non ci soffermeremo a considerare questa differenza, dal momento che essa non rappresenta una contraddizione sostanziale ai dati raccolti da Grodzinsky et al. e da Ruigendijk & Avrutin, rimandando a Vasić (2006: 42-50) per maggiori considerazioni a questo riguardo. 81 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini (11) First the boyi and the man ate and then the man saw himi playing soccer. La prima immagine rappresenta il primo congiunto (First the boy and the man ate…); le tre immagini a sinistra corrispondono, invece, alle tre possibilità di scelta tra le quali i soggetti dovevano indicare la più adatta a raffigurare la seconda parte della frase (…then the man saw him playing soccer). Come si può notare, la prima immagine a destra rappresenta l‟azione espressa dalla frase, ma compiuta dal personaggio sbagliato; la seconda corrisponde alla scelta esatta (sia l‟azione che il personaggio corrispondono a quelli richiesti dalla frase); la terza immagine mostra il ragazzo svolgere un‟azione diversa da quella indicata dalla frase: Fig.1 I 2 afasici di Wernicke studiati da Ruigendijk & Avrutin hanno mostrato una performance peggiore dei soggetti di controllo in tutte le condizioni, confermando l‟ipotesi che essi risentano di un deficit lessicale determinante errori generali di interpretazione, indipendenti dal tipo di dipendenza strutturale contenuta nelle frasi. La performance agrammatica ha confermato, nelle prime due condizioni (pronomi personali vs pronomi riflessivi in frasi transitive semplici), i risultati dell‟esperimento condotto da Grodzinsky et al. (1993), indicando una maggiore difficoltà nell‟interpretazione dei pronomi personali rispetto a quelle dei riflessivi. La terza condizione ha rivelato, inoltre, 82 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini che la comprensione agrammatica dei pronomi personali è peggiore nei casi in cui essi siano inseriti in costruzioni ECM rispetto a quelli in cui essi appaiono all‟interno di frasi transitive semplici. La spiegazione dei dati proposta dagli sperimentatori si basa sul modello teorico della Hierarchy Economy di Reuland (2001) per l‟assegnazione delle dipendenze pronominali (cui abbiamo accennato al par. 2.2.2), secondo cui i diversi tipi di dipendenze referenziali sarebbero stabiliti a livelli linguistici differenti: (12) Level (Operation) Narrow syntax (feature checking) Semantics (bound variable) Discourse (coreference) (Non-linguistic source) (deixis) In accordo con questo modello, l‟aumento delle operazioni cross-modulari richieste per la risoluzione delle dipendenze pronominali ai diversi livelli linguistici determinerebbe un incremento delle risorse procedurali. Le operazioni di narrow syntax, basate sul controllo dei tratti morfo-sintattici rilevanti per l‟assegnazione pronominale, consisterebbero di due passaggi cross-modulari, ovvero il riconoscimento della basic expression e quello della syntactic dependency. La dipendenza di tipo semantico implicherebbe, invece, considerazioni a un livello più ampio, presupponendo la presenza di due elementi appartenenti a diverse catene sintattiche ma interpretabili come una sola variabile a livello semantico (es. Peteri touched himselfi). La dipendenza a livello del discorso dipenderebbe, infine, dall‟esecuzione di 4 operazioni cross-modulari, corrispondendo ai casi in cui il pronome e il suo antecedente appartengono a due catene sintattiche distinte, rappresentano differenti variabili semantiche ma assumono lo stesso valore a livello del discorso (es. The mani sat down. Hei was tired). Le operazioni nel componente interpretativo del discorso sarebbero evitate, perciò, in tutti i casi in cui è possibile stabilire la dipendenza in un modo più economico. L‟esclusione dell‟interpretazione a variabile legata di him nelle frasi (8) e (10) dell‟esperimento sarebbe determinata, in accordo con il modello di Reuland, da 83 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini considerazioni primariamente sintattiche; la corretta assegnazione del riflessivo al SN che lo precede in (9) dipenderebbe, invece, da operazioni sia sintattiche (possibilità dei riflessivi di riferirsi a un SN che li precede nel dominio locale) che semantiche (riconoscimento che le restrizioni lessicali del verbo non sono violate dalla presenza di due SN argomenti co-referenziali, come accadrebbe in presenza di altri verbi, es.: *John saw himself).97 I risultati ottenuti dal test sugli agrammatici sembrano contraddire le considerazioni di economicità del modello di Reuland. Nonostante l‟estrema economicità delle dipendenze sintattiche, infatti, gli agrammatici mostrano maggiori difficoltà nelle condizioni in cui l‟assegnazione della referenza pronominale dipende dallo svolgimento di operazioni sintattiche, come dimostrato dalla chance-level performance emersa nell‟interpretazione dei pronomi personali. Queste evidenze hanno suggerito che la gerarchia di economicità dell‟interpretazione „normale‟ non si mantenga inalterata negli agrammatici: a causa dal rallentamento del loro modulo sintattico, le operazioni sintattiche diventerebbero, per questi soggetti, le più dispendiose a livello computazionale. Non potendo accedere rapidamente alle informazioni sintattiche, gli agrammatici ricorrerebbero a risorse interpretative extra-sintattiche anche per lo stabilimento della referenza dei pronomi personali. Quest‟ipotesi spiegherebbe la maggiore difficoltà dimostrata nell‟interpretazione dei pronomi nelle frasi ECM. Come abbiamo detto, l‟agrammaticità della dipendenza del pronome personale in (8) dal SN Peter è determinata da ragioni sintattiche. Come sottolineato dagli autori, tuttavia, essa potrebbe essere esclusa anche sulla base di considerazioni strettamente semantiche: le caratteristiche lessicali del verbo (touched) impediscono, infatti, l‟interpretazione coreferenziale dei suoi due argomenti in tutti i casi in cui il secondo di essi non è un pronome riflessivo. Le restrizioni lessicali del predicato, al contrario, non giocano alcun ruolo nella risoluzione di (10), dal momento che pronome e SN non sono argomenti dello stesso verbo. La corretta interpretazione di him dipenderebbe, perciò, in questo caso, solo da ragioni di economicità: la lettura co-referenziale, stabilita al livello del discorso, 97 Quest‟ultimo aspetto può essere spiegato attraverso le condizioni di legamento formulate nel Reflexivity Model di Reinhart & Reuland (1993): Binding Conditions A: A reflexive-marked predicate must be interpreted reflexively. B: A reflexively interpreted predicate must be reflexive marked. Tralasciamo per il momento di considerare questo modello, cui Ruigendijk & Avrutin non ricorrono per la spiegazione dei dati raccolti. Come dimostrato anche in Vasić (2006: 35-76), inoltre, esso appare complessivamente inadeguato alla spiegazione dei fenomeni di binding. 84 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini dovrebbe essere bloccata dalla più rapida e più economica attivazione dell‟interpretazione sintattica. Nei soggetti agrammatici, tuttavia, le operazioni sintattiche non sarebbero disponibili in tempo per bloccare il ricorso ai principi interpretativi di altro tipo. Il maggior numero di errori riscontrati nell‟interpretazione dei pronomi personali nelle frasi ECM rispetto a quelli effettuati dagli stessi soggetti nelle frasi transitive semplici sarebbe dovuto, perciò, alla mancanza di indicazioni extra-sintattiche in grado di sfavorire, in qualche modo, l‟interpretazione co-referenziale, compensando la tarda disponibilità delle risorse sintattiche. 3.1.1.3. La rilevanza dei tratti morfo-sintattici nell’interpretazione pronominale: Vasić & Ruigendijk (2005) Lo studio di Vasić & Ruigendijk, riportato in Vasić (2006: 54-70), è stato elaborato per escludere la possibilità che la cattiva performance agrammatica emersa nell‟interpretazione dei pronomi personali dipenda dall‟incapacità di accedere ai tratti morfo-sintattici dei pronomi. In accordo con il Reflexivity Model di Reinhart & Reuland (1993), l‟interpretazione co-referenziale dei pronomi sarebbe impedita, nelle frasi ECM, dall‟applicazione della “condizione sulle catene A”: (11) Condition on A-chains A maximal A-chain (α1…αn) has exactly one link: α1, which is both [R+] and marked for structural case. Where an element is [R+] when it is referentially independent and specified for all-Φ features.98 Come osservato in Vasić (2006: 54-55), l‟errore degli agrammatici potrebbe dipendere dalla mancata applicazione di questa condizione, e, più precisamente, dall‟incapacità degli agrammatici di interpretare le informazioni morfosintattiche dei pronomi: non avendo accesso alle indicazioni di genere e numero, essi potrebbero considerare i pronomi come elementi (-R) e quindi non soggetti alle restrizioni espresse dalla regola. La sensibilità ai tratti morfo-sintattici è stata testata sottoponendo gli agrammatici alla comprensione di frasi in cui il pronome e il SN immediatamente precedente nel dominio locale non condividevano (o condividevano solo in parte) i tratti di genere e numero. La capacità di servirsi dei tratti morfo-sintattici avrebbe determinato, così, un 98 Il tratto „R‟ rappresenta la caratteristica di referenzialità; [+R] corrisponde perciò all‟indicazione di referenzialità di un elemento linguistico, [-R] alla mancanza di questa proprietà. 85 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini miglioramento nella comprensione dei pronomi personali, dove l‟incongruenza tra le indicazioni di numero e di genere avrebbe rappresentato una chiara indicazione a sfavore dell‟interpretazione co-referenziale. L‟esperimento, condotto su 6 agrammatici olandesi e su 9 soggetti olandesi „sani‟, era costituito da tre condizioni. Le prime due condizioni riguardavano l‟interpretazione dei pronomi in frasi transitive: nella prima, il pronome e il SN antecedente nel dominio locale erano incongruenti nel tratto del numero (13); nella seconda, in quello del genere (14). (12) De meisjes kussen haar. [= The girls kiss her]. (13) Het meisje kust hem. [= The girl kisses him]. La comprensione delle frasi è stata testata attraverso la tecnica del yes/no paradigm: dopo aver udito la frase, i soggetti dovevano scegliere se l‟immagine presentata loro corrispondesse o meno a quanto enunciato. Le immagini erano di due tipi: una versione in cui l‟azione espressa dall‟enunciato veniva compiuta in modo non-riflessivo, per la quale la risposta attesa era affermativa (es: YES condition Fig. 2 e 4); una versione rappresentante un‟azione riflessiva o reciproca, dove la risposta attesa era negativa (es. NO condition, es. Fig. 3 e 5). 99 (14) Incongruenza di numero De boeven wijzen hem aan. [= The thieves point at him]. 99 Tanto le frasi-stimolo quanto le immagini qui presentate sono ricavate da Vasić (2006:59-64), dove è anche possibile trovare maggiori informazioni sulle procedure adottate nell‟esperimento. 86 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Fig. 2: NO condition Fig. 3: YES condition (15) Incongruenza di genere: De prinses wijst hem aan. [=The princess points at him]. Fig. 4: YES condition 87 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Fig. 5: NO condition Il terzo set di frasi, rappresentante il caso in cui il pronome era inserito in un contesto ECM, prevedeva solo l‟incongruenza di numero tra il pronome e il SN. Quest‟ultima condizione è stata testata attraverso un picture-selection task, in cui veniva testata la comprensione del secondo congiunto (es.: Fig. 6): (16) First the boy and the men biked, then the boyi saw them*i/j waving. Fig.6 88 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini I risultati hanno rivelato un notevole miglioramento nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali nelle condizioni di incongruenza di genere e/o numero sia nelle frasi transitive che nelle costruzioni ECM, indicando che gli agrammatici mantengono intatti l‟accesso alle informazioni morfo-sintattiche e la capacità di servirsene in operazioni di questo tipo. 100 Come sottolineato dall‟autrice, questi risultati determinano, perciò, l‟esclusione dell‟ipotesi che il deficit riscontrato nell‟interpretazione pronominale possa risiedere nell‟insensibilità ai tratti morfo-sintattici e, quindi, nella mancata applicazione della Rule-I. La spiegazione offerta dagli sperimentatori corrobora, invece, l‟ipotesi dello Slow-syntax model, secondo cui la difficoltà di questo tipo di afasici sarebbe determinata dal ricorso a principi interpretativi extra-sintattici, dovuto, come abbiamo detto, alla particolare dispendiosità dell‟esecuzione delle operazioni sintattiche da parte di questi soggetti. 3.1.2 Studi on-line sull’assegnazione della referenza pronominale L‟ipotesi che la cattiva interpretazione delle dipendenze pronominali degli agrammatici derivi da un indebolimento del modulo sintattico è stata confermata anche dai risultati ottenuti negli esperimenti on-line. Oltre a comprovare la difficoltà nell‟interpretazione dei pronomi personali, questi studi hanno rivelato, come vedremo, che l‟iter interpretativo agrammatico si differenzia da quello normale anche nel corso dell‟interpretazione di strutture, come quella dei pronomi riflessivi, la cui comprensione appare intatta nei test off-line. 3.1.2.1. L’effetto di priming lessicale nell’interpretazione pronominale: Love et al. (1998) Lo studio di Love et al. (1998) ha testato la comprensione di pronomi personali e riflessivi attraverso l‟osservazione del cross-modal lexical priming. L‟esperimento è stato condotto su tre gruppi di soggetti: 3 afasici di Broca, 3 afasici di Wernicke e alcuni soggetti di controllo. Le frasi-stimolo avevano strutture del tipo di (17) e (18) e venivano presentate oralmente ai soggetti: 100 Può essere interessante notare che, a differenza di quanto emerso negli esperimenti precedenti, gli agrammatici testati in questo studio hanno mostrato una performance above-chance nell‟interpretazione dei pronomi nella condizione di congruenza di genere e di numero nelle frasi transitive. 89 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini (17) The boxer said that the skieri in the hospital had blamed himselfi 1 for the recent injury. (18) The boxer said that the skieri in the hospital had blamed himj/*i 1 for the recent injury. Nello stesso tempo, veniva mostrata loro su uno schermo una parola target, in corrispondenza della posizione 1 ; essa poteva essere semanticamente legata all‟antecedente, completamente irrelata con esso o rappresentare una pseudo-parola. I soggetti dovevano quindi esprimersi, premendo un bottone, sull‟esistenza della parola target nel lessico inglese. Il tempo di reazione necessario allo svolgimento di questo secondo compito veniva registrato e utilizzato come indicazione indiretta del tipo di interpretazione scelta dai soggetti: la registrazione di un tempo di reazione relativamente lungo era considerato come indice della mancata ri-attivazione del SN the skier in luogo del pronome; tempi di reazione relativamente brevi erano attribuiti, invece, all‟effetto di priming (facilitazione) provocato dalla ri-attivazione del SN. In accordo con le aspettative sperimentali, perciò, la corretta interpretazione del pronome riflessivo (corrispondente alla lettura co-referenziale con il SN the skier) avrebbe dovuto innescare una risoluzione particolarmente rapida del compito di decisione lessicale, mentre l‟interpretazione a variabile legata dei pronomi personali avrebbe dovuto essere osservabile in tempi di reazione più lunghi. La performance dei soggetti di controllo e degli afasici di Wernicke ha confermato queste predizioni, indicando priming solo nel caso dei pronomi riflessivi. Gli afasici di Broca, al contrario, non hanno rivelato alcun effetto di facilitazione nelle frasi coinvolgenti pronomi riflessivi. Diversamente dai soggetti degli altri due gruppi, inoltre, gli agrammatici hanno mostrato la ri-attivazione dell‟antecedente scorretto (the skier) in corrispondenza del pronome personale him (18). Oltre a confermare la difficoltà degli afasici di Broca nell‟interpretazione dei pronomi personali (cui permettono la coreferenza con il SN che lo precede nel dominio locale; es., nel nostro caso, the skier), i dati raccolti da Love e collaboratori sull‟interpretazione dei pronomi riflessivi hanno messo in luce, perciò, come il processing agrammatico possa divergere da quello normale anche nei casi in cui la comprensione off-line appare buona e non compromessa. La scorretta assegnazione dell‟antecedente nel caso dei pronomi personali e la mancata riattivazione del SN corretto nel caso dei pronomi riflessivi sono state interpretate come un‟evidenza a favore dell‟ipotesi che il disturbo agrammatico comporti l‟incapacità di 90 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini stabilire automaticamente le dipendenze sintattiche, come accade nell‟interpretazione „normale‟. 3.1.2.2 L’interpretazione dei riflessivi logoforici e co-argomentali: Piñango & Burkhardt (2001) I risultati di Love et al. sono stati integrati dallo studio di Piñango & Bukhardt (2001), che ha considerato la comprensione di due diversi tipi di riflessivi. Il primo tipo, chiamato riflessivo non-logoforico o co-argomentale, corrisponde ai casi in cui tanto il pronome quanto il SN cui esso si riferisce sono argomenti dello stesso verbo (es.: 19); il secondo tipo, indicato con il nome di riflessivo logoforico, indica i casi in cui essi non sono argomenti dello stesso verbo (es.: 20): (19) The lawyer who was young i difended himselfi when.. (20) The daughteri hid a present behind herselfi when.. Come accennato nei paragrafi precedenti, l‟interpretazione dei riflessivi co-argomentali avviene al livello semantico della gerarchia di Reuland. A causa della mancata coargomentalità dei due elementi, la comprensione dei riflessivi logoforici richiede, invece, la considerazione di un contesto linguistico più ampio e viene stabilita, perciò, tramite l‟applicazione di regole interpretative al livello del discorso. Gli studi sull‟interpretazione dei riflessivi logoforici da parte di soggetti „sani‟ (come, per esempio, quello di Piñango et al. 2001) hanno confermato le previsioni del modello di Reuland, dimostrando che l‟interpretazione dei riflessivi logoforici implica un maggior investimento di risorse computazionali rispetto a quella dei riflessivi non-logoforici. Lo studio di Piñango & Bukhardt (2001) si è proposto di verificare se la stessa differenza si mantenga negli agrammatici. Piñango & Bukhardt (2001) si sono serviti della tecnica del cross-modal semantic priming, presentando le frasi oralmente e proiettando, nel momento immediatamente successivo al riflessivo, una stringa di lettere o una parola semanticamente irrelata con quelle presenti nelle frasi-stimolo. I soggetti dovevano scegliere se la parola (o la pseudo-parola) apparsa sullo schermo appartenesse al lessico inglese. Come spesso accade nell‟impiego di questo paradigma sperimentale, la rapidità di svolgimento di questo secondo compito era valutata come indice della conclusione del primo, ovvero dell‟avvenuta interpretazione del riflessivo: il tempo di reazione al compito di decisione 91 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini lessicale sarebbe tanto più lungo quanto maggiore è la quantità di risorse computazionali richieste per l‟assegnazione della referenza pronominale. 101 L‟esperimento è stato condotto su un gruppo di agrammatici e su alcuni soggetti di controllo. La performance di questi ultimi ha confermato i risultati degli studi precedenti, mostrando tempi di reazione più lunghi nell‟interpretazione dei riflessivi logoforici. I soggetti agrammatici, al contrario, non hanno rivelato una differenza sostanziale nello svolgimento del compito di decisione lessicale nelle due condizioni (riflessivi logoforici vs riflessivi non logoforici). In accordo con lo Slow-syntax model, i due ricercatori hanno interpretato questo risultato come l‟esito del ritardo nella costruzione della struttura sintattica caratteristico degli agrammatici, che impedirebbe una rapida risoluzione della dipendenza pronominale tanto nel caso dei riflessivi co-argomentali quanto in quello dei riflessivi logoforici. Per testare quest‟ipotesi, Piñango & Bukhardt (2001) hanno ripetuto l‟esperimento ritardando di 200ms la presentazione della parola target, posticipando, così, il punto di registrazione. I risultati trovati in questa seconda versione dell‟esperimento hanno confermato pienamente le aspettative sperimentali, mostrando una differenza tra i tempi di reazione nelle due condizioni simile a quella riscontrata nella performance „normale‟. Questi ultimi dati rappresentano una chiara evidenza a favore dell‟ipotesi che gli agrammatici non perdano la capacità di formazione della struttura sintattica ma siano costretti, a causa della lentezza della loro sintassi, a una costruzione più protratta nel tempo, comportante un ritardo nello svolgimento di tutte le operazioni successive. La gerarchia di economicità ai livelli successivi a quello sintattico si manterrebbe, perciò, invariata negli agrammatici, come dimostrato dalla differenza computazionale emersa nell‟interpretazione dei due tipi di riflessivi. 3.1.1.3 L’interpretazione dei riflessivi olandesi: Burkhardt et al. (2008) Lo studio di Burkhardt et al. (2008) è nato dall‟esigenza di testare l‟adeguatezza dello Slow-syntax model in esperimenti on-line coinvolgenti agrammatici di lingue diverse dall‟inglese e costituisce, perciò, una replica dello studio sull‟interpretazione dei 101 Come sottolineato in Vasić, questa impostazione sottintende che lo svolgimento dei due compiti implichi lo stesso tipo di risorse computazionali: “The idea is that the two tasks that have to be performed draw computational resources from the same pool. If the primary task, in this case comprehending the sentence, requires more resources because more work needs to be performed, then this will be detected in the secondary task. The reaction time will increase if more resources are required” (Vasić 2006: 18). 92 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini riflessivi condotto da Piñango & Bukhardt (2001). Prima di procedere alla presentazione dell‟esperimento, è importante notare come l‟ipotesi del rallentamento della costruzione sintattica assuma, in questo studio, connotati molto specifici. In accordo con gli autori, esso si rifletterebbe, infatti, nel malfunzionamento di una singola operazione sintattica, quella del Merge,102 che determinerebbe il rallentamento complessivo della formazione della struttura sintagmatica e sintattica complessiva tipico degli agrammatici. La mancanza delle informazioni strutturali porterebbe gli agrammatici a intraprendere l‟interpretazione pronominale attraverso procedimenti diversi da quelli sintattici. Una volta completata la formazione della struttura sintattica, però, l‟agrammatico si troverebbe di fronte a due diversi processi di interpretazione in competizione tra loro. La corretta interpretazione della frase dipenderebbe, perciò, come vedremo, dalla scelta dell‟uno o dell‟altro. Nonostante l‟interpretazione dei riflessivi non-logoforici e logoforici dipenda, tanto in inglese quanto in olandese, dagli stessi principi (informazioni strutturali, nel caso dei riflessivi non-logoforici; principi interpretativi al livello del discorso nel caso di quelli logoforici), le due lingue si differenziano nel modo di esprimere la caratteristica di riflessività dei predicati all‟interno delle frasi.103 In inglese, essa è sempre indicata dalla presenza di una SELF anaphor (es.: himself, herself, etc.) caratterizzata dai tratti di genere e numero, le cui caratteristiche impediscono l‟interpretazione co-referenziale tanto dei pronomi non marcati riflessivamente con un SN ad esso co-argomentale (es.: *Philipi defended himi), quanto tra antecedenti e pronomi che non presentano concordanza morfosintattica. L‟olandese si serve invece tanto di SELF anaphors (come hemzelf, zichzelf, corrispondenti dell‟inglese himself) quanto di SE anaphors non specificate per genere e numero, ma solo per persona (es.: zich): (21) Philipi verdedigde zichi [=Philipi defended himselfi] (22) Anni ledge het speelgoed achter zichi [=Anni put the toys behind herselfi] (riflessivo non-logoforico) (riflessivo logoforico) 102 L‟operazione di Merge consiste nella „fusione‟ di due categorie sintattiche in un costituente maggiore nella formazione della struttura sintagmatica. Per informazione più dettagliate cfr. Chomsky (1995). 103 Come abbiamo già accennato, la condizione di riflessività è stata formalizzata attraverso due enunciati nel Reflexivity Model di Reinhart & Reuland (1993): “a) un predicato è riflessivo se e solo se due dei suoi argomenti sono co-indicizzati; b) un predicato è marcato riflessivamente se e solo se il predicato P presenta la caratteristica semantica della riflessività o uno degli argomenti di P è costituito da un‟anafora riflessiva (SELF anaphor)” (Cfr. Vasić 2006: 23, traduzione mia). 93 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini L‟uso di questo tipo di pronomi anche nelle frasi riflessive è possibile grazie alla grande quantità di predicati intrinsecamente riflessivi (come, per esempio, verdedigen) esistenti in olandese, la cui caratteristica lessicale di riflessività è sufficiente a garantirne un‟interpretazione non transitiva. Come osservato dagli sperimentatori, le differenze nell‟espressione della riflessività potrebbero rappresentare un vantaggio o uno svantaggio per l‟interpretazione dei riflessivi nelle due lingue. In accordo con il Reflexivity Model di Reuland (2001), l‟interpretazione di SE anaphors sarebbe meno dispendiosa di quella delle SELF anaphors; i riflessivi olandesi, caratterizzati da predicati semanticamente riflessivi e pronomi del tipo SE, rappresenterebbero perciò una dipendenza pronominale più economica rispetto a quella dei loro corrispondenti inglesi. Se invece, contrariamente a quanto affermato dal modello di Reuland, la risoluzione delle dipendenze sintattiche si basasse, principalmente, sulle informazioni morfo-sintattiche, l‟interpretazione dei riflessivi da parte degli agrammatici inglesi dovrebbe apparire facilitata. 104 Nonostante le sostanziali differenze nell‟espressione della riflessività, l‟interpretazione dei riflessivi non-logoforici nelle due lingue condivide la necessità del riconoscimento della coargomentalità del pronome e del suo antecedente e, perciò, la necessità delle informazioni legate alla struttura sintattica. L‟interpretazione dei riflessivi co-argomentali dovrebbe comportare, perciò, una difficoltà simile per gli agrammatici delle due lingue, ugualmente impediti nella costruzione della struttura sintattica a causa della compromissione del Merge. Burkhardt e collaboratori si sono serviti delle stesse condizioni sperimentali usate in Piñango & Burkhardt (2001), testando la comprensione di frasi con riflessivi logoforici (23) e non-logoforici (24) attraverso la tecnica del cross-modal lexical priming: (23) De fietseri verbogn een gewonnen gouden beker achter zichi, ondanks het luide juichen en klappen van het blije publiek. [=The cyclisti hid a won golden behind himselfi, despite the loud cheering and applauding from the happy audience]. (24) De fietseri die verschrikkelijk hard erede had troostte zichi ondanks het verlies met de gedache aan de mooie tijdrit. [=The cyclisti who had cycled terribly fast comforted himselfi, despite the defeat with the thought of the good time-trial].105 104 Abbiamo già visto nello studio di Vasić & Ruigendijk (2006) che gli agrammatici sono in grado di servirsi delle informazioni morfo-sintattiche per l‟assegnazione delle dipendenze pronominali; Burkhardt e colleghi si domandano, tuttavia, in che misura esse determinino l‟economicità dell‟interpretazione. 105 La lunghezza delle frasi stimolo, caratterizzate, come si può vedere, da una subordinata successiva alla posizione del riflessivo e non rilevante per la sua interpretazione, è spiegata come una precauzione assunta al fine di evitare end-of-sentence wrap up effects nei punti di indagine. Per ulteriori dettagli sulle procedure sperimentali adottate si rimanda a Burkhardt et al. (2008: 128-130). 94 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Lo studio è stato suddiviso in tre sessioni sperimentali, caratterizzate da tre diversi „punti di indagine‟: 400ms prima dell‟ascolto del riflessivo; 100ms e 600ms dopo la presentazione della parola target. La registrazione a -400ms (corrispondente al predicato nel caso di riflessivi co-argomentali e al nome o alla preposizione nella condizione logoforica) è stato usato come punto di confronto „base‟ tra le due condizioni per verificare se le differenze strutturali tra le due frasi non determinassero un incremento di processing prima dell‟apparizione del riflessivo, rivelando una difficoltà indipendente dal compito di interpretazione pronominale. L‟osservazione della posizione a 100ms dal riflessivo corrisponde al punto in cui, in accordo con i dati registrati negli studi precedenti, sarebbe registrabile un incremento computazionale nell‟assegnazione della referenza dei riflessivi logoforici rispetto a quella dei riflessivi co-argomentali da parte dei soggetti normali. La posizione a 600ms dal riflessivo è stata scelta come punto di registrazione dello stesso effetto nell‟interpretazione agrammatica, che si verificherebbe, secondo gli sperimentatori, con un certo ritardo rispetto al momento in cui esso appare nei soggetti normali a causa del rallentamento della formazione della struttura sintattica. Come previsto, i tempi di reazioni registrati nello svolgimento del compito di decisione lessicale da parte dei soggetti „sani‟ hanno mostrato una differenza significativa nelle due condizioni, manifestando tempi di risoluzione più lunghi nel caso dei riflessivi logoforici. Una differenza simile, seppure posticipata di circa 600ms, è stata trovata nell‟esecuzione dello stesso compito da parte dei tre soggetti agrammatici coinvolti nello studio, confermando i dati emersi negli studi con pazienti inglesi. 106 L‟esperimento di Burkhardt et al. (2008) ha fornito, perciò, un‟ulteriore evidenza a favore dell‟ipotesi che il deficit agrammatico sia caratterizzato da una riduzione della capacità computazionale, determinante un ritardo nella costruzione della struttura sintattica e, quindi, nello svolgimento di tutti i compiti da essa dipendenti (come, appunto, l‟assegnazione delle referenze pronominali). I lunghi tempi di reazione registrati nello svolgimento del compito di lessicale nella condizione logoforica dagli agrammatici di entrambi i gruppi linguistici possono essere determinati, infatti, solo da una difficoltà nel riconoscimento della co-argomentalità di pronome e antecedente, dal momento che essa corrisponde all‟unico indice di riflessività comune alle due lingue. 106 Cfr. Piñango & Burkhardt (2001) presentato nel paragrafo precedente. 95 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Come abbiamo accennato, il rallentamento nello svolgimento delle operazioni sintattiche dipenderebbe, secondo gli sperimentatori, da una compromissione dell‟operazione di Merge: The current data thus indicate that underlying syntactic structure formation lies at the center of this sentence comprehension impairment and impacts structure building proper (i.e. Merge) (as opposed to Move XP). The main effect of the slowing of the Merge operation is that the arguments of a particular predicate become available at a later-than-normal processing moment (Burkhardt et al. 2008: 132, corsivo mio). 107 La costruzione della struttura sintattica sarebbe ritardata tanto nell‟interpretazione dei riflessivi logoforici quanto in quella dei co-argomentali. Nel secondo caso, però, le informazioni della struttura sintattica sarebbero sufficienti, una volta disponibili, a determinare la co-referenza del riflessivo, necessario a soddisfare la struttura argomentale del predicato (e, dunque, la grammaticalità della frase). Nel caso dei riflessivi logoforici, al contrario, l‟interpretazione del riflessivo necessita di operazioni al livello del discorso, più lente e più dispendiose di quelle sintattiche. La gerarchia di economicità dello svolgimento delle diverse operazioni linguistiche degli agrammatici, perciò, non sarebbe diversa da quella dei soggetti „normali‟, ma richiederebbe tempi più lunghi. La lentezza del componente sintattico indurrebbe i soggetti ad avviare l‟interpretazione attraverso operazioni extra-sintattiche, che entrano in competizione con quella sintattica una volta che la struttura sintattica viene completata. A questo punto, la pressione temporale indurrebbe l'afasico a scegliere casualmente tra due interpretazioni risultanti ugualmente possibili: quella extra-sintattica (interpretante zich come un elemento non riflessivo) e quella logoforica (corretta). L‟ipotesi del rallentamento del sistema sintattico spiegherebbe, secondo gli sperimentatori, anche il fallimento degli agrammatici nell‟interpretazione di altri tipi di frasi. Nel caso delle frasi passive, per esempio, la mancanza di informazioni strutturali nelle prime fasi del processo di comprensione permetterebbe l‟assegnazione della posizione t a costituenti diversi dal SN spostato da quella posizione (per es., a un referente dotato di particolare salienza discorsiva, come il SN introdotto dalla preposizione by/da). Una volta completata, la struttura sintattica indicherebbe, tuttavia, l‟esistenza di una relazione strutturale tra la posizione t e il SN soggetto a movimento sintattico. Il successo nell‟interpretazione di queste strutture dipenderebbe, perciò, dal 107 L‟accenno all‟operazione di Move XP è motivato dal fatto che, come si ricorderà, Grodzinsky limitava il fallimento dell‟interpretazione agrammatica alle frasi caratterizzate dall‟applicazione di questa operazione. 96 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini sistema interpretativo vincente la competizione: la corretta identificazione dell‟antecedente corrisponderebbe ai casi in cui il soggetto sceglie di affidarsi all‟interpretazione offerta dalla sintassi; il fallimento dell‟interpretazione ai casi in cui l‟agrammatico addotta l‟interpretazione stabilita, contemporaneamente, al livello del discorso. L‟impostazione di Burkhardt et al. presenta una differenza sostanziale rispetto alle versioni della weak syntax proposte negli esperimenti e negli studi di Vasić (2006) che affronteremo nel prossimo paragrafo, secondo cui il successo occasionalmente raggiunto dagli agrammatici nella comprensione di strutture sintattiche normalmente critiche dipenderebbe dal fatto di riuscire, talvolta, a costruire la struttura sintattica in tempo. Nell‟ottica di Burkhardt e collaboratori, non accade mai che la struttura sintattica sia costruita in tempo; la riuscita nell‟interpretazione della frase dipenderebbe invece dal prevalere, in alcuni casi, del sistema sintattico sugli altri tipi di interpretazione precedentemente avviati. 3.2. L’interpretazione dei pronomi personali in altri contesti sintattici 3.2.1 L’interpretazione co-referenziale delle dipendenze pronominali extra-frasali: Vasić (2006)108 Il lavoro di Vasić (2006) costituisce una raccolta di quattro esperimenti sulla comprensione delle dipendenze pronominali da parte di soggetti agrammatici. Il terzo studio presentato dalla ricercatrice è stato condotto per verificare se i problemi emersi nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali e dei riflessivi logoforici non possano essere attribuiti a difficoltà interpretative extra-sintattiche. L‟esperimento si è servito, perciò, di dipendenze pronominali la cui interpretazione richiede esclusivamente dall‟applicazione di principi al livello del discorso, come accade nei casi in cui l‟antecedente non è parte della stessa frase del pronome. Gli stimoli erano costituiti da frasi complesse di due congiunti, di cui il primo conteneva due SN potenziali antecedenti del pronome, il secondo l‟elemento pronominale. Come dimostrato dagli esempi seguenti, le frasi potevano essere di due tipi, distinte dalla differente posizione del pronome: 108 Cfr. Vasić (2006: 79-107). 97 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini (25) First the girli pinched the woman and then shei pinched the man. (26) First the girl pinched the womani and then the man pinched heri.109 La risoluzione della dipendenza pronominale veniva testata sottoponendo i soggetti ad un picture-selection task. In tutti i casi, l‟unica interpretazione possibile era quella coreferenziale. La lettura sintattica e semantica erano negate da ragioni strutturali, dal momento che nessuno dei due SN si trovava in una relazione di c-comando con il pronome del secondo congiunto. 110 La lettura extra-linguistica di tipo deittico (secondo cui il pronome potrebbe riferirsi a una qualunque persona non presente nella frase, ma, per esempio, nel contesto visivo del parlante; es. her=the grandmother), invece, non veniva mai raffigurata tra le opzioni presentate ai soggetti; per questa ragione, la sperimentatrice suppone che quest‟interpretazione non venisse mai presa in considerazione dai soggetti analizzati. La lettura co-referenziale, determinante l‟associazione del pronome con uno dei due SN presenti nel primo congiunto, sarebbe guidata, come abbiamo già detto, dall‟applicazione del principio del parallelismo dei ruoli grammaticali, secondo cui il pronome deve essere associato al SN che svolge il suo stesso ruolo grammaticale nella prima parte della frase. 111 L‟esperimento, condotto su 6 agrammatici olandesi e 15 soggetti di controllo, prevedeva quattro condizioni: una condizione non accentata, focus principale dello studio, dove il pronome poteva svolgere sia il ruolo di soggetto (unstressed subject condition) che di oggetto (unstressed object condition) del secondo congiunto, e una condizione accentata, dove il pronome poteva ricoprire le stesse posizioni (stressed subject/object condition), ma la cui comprensione era determinata dall‟ implementazione dell‟accento contrastivo. La Fig. 7 e la Fig. 8 corrispondono alle immagini utilizzate, rispettivamente, nella unstressed subject condition e nella unstressed object condition:112 109 L‟esperimento è stato condotto su agrammatici olandesi. Le frasi-stimolo erano presentate, naturalmente, in olandese; poiché le due lingue non mostrano alcuna differenza sostanziale nell‟espressione di questo tipo di frasi, ci limitiamo a presentarle nella loro traduzione inglese. I campioni originali possono essere trovati in Vasić (2006: 80). 110 In accordo con la definizione di A-binding proposta in Reuland (2001), la relazione di c-comando tra antecedente e pronome rappresenta un requisito inevitabile per lo stabilimento dell‟interpretazione a variabile legata. La nozione di c-comando è definita sulla base di considerazioni configurazionali; come spiegato in Graffi: Un nodo A-c-comanda un nodo B se e solo se: (a) Nessuno dei due nodi domina l‟altro (b) Il primo nodo ramificante che domina A domina anche B. (Graffi 1994: 166). 111 Questo principio può non essere applicato per ragioni pragmatiche (es.: Mary hit Sue and then Mr. Smith punished her, dove ad essere punita è più probabilmente colei che ha compiuto l‟azione di picchiare, piuttosto che colei che è stata picchiata) o prosodiche (accento marcato sull‟elemento pronominale). 112 Le immagini sono tratte da Vasić (2006: 87-88). 98 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Fig 7: First the girli pinched the woman and then she i pinched the man. Fig.8: First the girl pinched the womani and then the man pinched heri. 99 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini I risultati degli agrammatici nella condizione accentata hanno confermato i dati ottenuti da Avrutin et al. (1999), mostrando come la difficoltà di implementazione dell‟accento contrastivo sia indipendente dal ruolo grammaticale svolto dal pronome all‟interno della frase.113 La performance agrammatica si è mostrata peggiore di quella dei soggetti di controllo anche nelle condizioni non accentate, rivelando come il fallimento dell‟interpretazione agrammatica non dipenda esclusivamente dall‟impossibilità di servirsi dell‟informazione dell‟accento, né dall‟incapacità di applicare particolari principi sintattici (come, per esempio, quello della Rule-I proposto in Grodzinsky et al. 1993). I risultati hanno messo in luce anche un altro aspetto interessante: i sei soggetti agrammatici non hanno rivelato tutti lo stesso tipo di difficoltà nelle due condizioni non accentate (pronome ricoprente il ruolo di soggetto vs pronome in posizione di oggetto). In particolare, quattro di essi hanno compiuto maggiori errori nella comprensione delle frasi in cui il pronome occupava la posizione di oggetto, riflettendo il pattern emerso – seppure in misura minore – con i soggetti di controllo; due di essi, invece, hanno mostrato maggiore difficoltà nei casi in cui il pronome occupava la posizione di soggetto. Secondo la sperimentatrice, questa differenza rifletterebbe due diversi modi di procedere nell‟assegnazione della referenza pronominale. Il secondo gruppo, composto dai due soggetti con maggiori problemi nei casi del pronome-soggetto, si sarebbe servito di una strategia del tipo “andare alla ricerca del SN disponibile più vicino e/o più recentemente attivato”, attribuendo così il pronome al SN oggetto del primo congiunto. Questo tipo di interpretazione sarebbe giustificato dall‟idea, confermata da diversi studi sperimentali, che l‟impegno computazionale richiesto dall‟assegnazione delle dipendenze pronominali accresca con l‟aumentare della distanza tra pronome e antecedente.114 Gli errori del primo gruppo sarebbero determinati, invece, dall‟applicazione di una regola del discorso conosciuta con il nome di topic preference, secondo cui, in un contesto neutrale, il tema della frase sarebbe il principale candidato alla co-referenza con il pronome della frase seguente. Quest‟ultimo principio sarebbe impiegato, seppure occasionalmente, anche dai parlanti „sani‟ nei casi in cui il criterio del parallelismo non si rivela adeguato all‟interpretazione delle referenze pronominali. La difficoltà emersa nell‟interpretazione di dipendenze pronominali la cui risoluzione non dipende, principalmente, dall‟applicazione delle operazioni sintattiche 113 Per una spiegazione di questa difficoltà si rimanda alla presentazione di Avrutin et al. (1999) al par. 2.2.1.2. 114 Cfr. Vasić (2006: 92) per l‟indicazione degli studi condotti a questo riguardo. 100 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini non contraddirebbe, secondo l‟autrice, il modello della Slow-syntax. Al contrario, la studiosa spiega come anche questi risultati possano essere considerati un effetto del rallentamento della costruzione della struttura sintattica. Per fare ciò, Vasić propone una rivisitazione del parallelismo dei ruoli grammaticali, servendosi del modello teorico del discorso elaborato da Avrutin (1999). Questo modello assume l‟esistenza di una syntaxdiscourse interface, da cui dipenderebbero la comunicazione tra i due moduli linguistici e la trasformazione delle unità sintattiche in unità del discorso. Ogni categoria funzionale della struttura sintattica determinerebbe la creazione di un‟unità al livello del discorso: la presenza di un sintagma del determinatore (DP, o SD nella terminologia adottata in italiano) definirebbe la costituzione di una individual file card (Fig. 8); quella di un sintagma temporale (TP, o FLESS – sintagma della flessione – nella terminologia italiana), la creazione di una event file card (Fig. 9):115 Fig. 8: Esempio di individual file card 115 Cfr. Vasić (2006: 94-95). 101 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Fig.9: Esempio di event file card Come indicato dalle immagini, ogni card della rappresentazione discorsiva sarebbe costituita da due parti: una frame, che fornisce l‟indicazione del tipo di unità utilizzata, e una heading, che ne definisce il contenuto referenziale. Le frames delle individual cards, sarebbero introdotte dalla categoria funzionale Dˈ (es: a); le loro headings dal SN complemento del determinante (es. man). La frame di una event card corrisponderebbe, invece, alla categoria funzionale Tˈ, esprimente le caratteristiche di tempo, e la sua heading, alla categoria lessicale VP (verbal phrase, ovvero il complemento del nodo del tempo; es.: kiss). L‟inserimento di un DP indefinito provocherebbe la creazione di una nuova card, relativa a un referente „unico‟, al livello del discorso. La presenza di SD definiti, invece, riferirendosi a informazioni già presenti all‟interno del discorso, attiverebbe cards „connesse‟ ad altre già esistenti. L‟associazione di un‟unità nuova ad una già esistente consisterebbe nell‟aggiornamento delle informazioni della file card già presente attraverso un‟operazione detta incorporation. Un caso di questo tipo è rappresentato, come esemplificato in (27), dall‟interpretazione dei pronomi coreferenziali: (27) John saw a man. The man ran away. He was terrified. Il SD indefinito a man attiva la creazione di una nuova individual file card. Il SD the man della seconda frase, a sua volta, attiva una file card, la cui cornice risulta incompleta fino a quando non viene associata al referente a man che lo precede attraverso l‟incorporazione della nuova informazione. Analogamente, il pronome he della terza frase rappresenta un caso di SD incompleto dal punto di vista referenziale, dal momento che la 102 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini sua interpretazione richiede l‟associazione a un antecedente. La sua presenza all‟interno della frase determina, perciò, la costituzione di una file card priva di heading. L‟attribuzione di contenuto referenziale avviene attraverso l‟identificazione del corretto antecedente e l‟applicazione della cosiddetta cut & paste operation, che permette l‟aggiornamento della file card del pronome attribuendovi il contenuto referenziale dell‟antecedente e stabilendo una dipendenza tra i due elementi al livello del discorso. Come abbiamo accennato, la considerazione del modello del discorso di Avrutin è funzionale alla proposta di un diverso tipo di parallelismo. In accordo con Vasić, l‟interpretazione pronominale non si servirebbe, infatti, del parallelismo dei ruoli grammaticali, ma di quello dei ruoli tematici. Questi ultimi sarebbero specificati nella file cards di ogni elemento, così da favorire, attraverso la cut & paste operation, l‟associazione di cards aventi uguale ruolo tematico. L‟applicazione di questo parallelismo dipenderebbe, tuttavia, da una serie di operazioni: in primo luogo, la costruzione della struttura sintattica, necessaria per l‟assegnazione dei ruoli tematici ai costituenti di ogni congiunto; quindi, il mantenimento nella memoria a breve termine della rappresentazione tematica dei due congiunti, il loro confronto e lo stabilimento delle dipendenze. Gli errori prodotti dagli agrammatici dipenderebbero, secondo la sperimentatrice, dall‟incapacità di applicare questo principio dovuta tanto al ritardo nella costruzione della struttura sintattica, quanto dell‟eccessivo carico di lavoro richiesto alla memoria operativa dal paragone tra le due condizioni. La lentezza nella costruzione della struttura sintattica favorirebbe il ricorso al principio della topic-preference, di cui gli agrammatici si servirebbero molto più spesso dei soggetti „sani‟, non essendo in grado, a differenza di questi ultimi, di servirsi rapidamente del parallelismo dei ruoli tematici. L‟applicazione di questo principio determinerebbe associazioni del tipo seguente: (28) *First the girl pinched the womani and then shei pinched the man. (29) First the girl pinched the womani and then the man pinched heri.116 Esso spiegherebbe anche la miglior performance ottenuta da quattro dei sei agrammatici nelle frasi in cui il pronome ricopriva il ruolo di Tema del secondo congiunto. In quest‟ultimo caso l‟interpretazione derivata dall‟applicazione della topic-preference coincide, come si può notare, con quella raggiunta attraverso l‟applicazione del 116 L‟esperimento è stato condotto su un gruppo di agrammatici olandesi; le frasi-stimolo erano presentate, perciò, in olandese. Poiché le due lingue non mostrano differenze sostanziali nella costruzione di questo tipo di frasi, ci limitiamo a citarle nella loro traduzione inglese. I campioni originali possono essere trovati in Vasić (2006: 80). 103 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini parallelismo dei ruoli tematici. Nei casi di frasi del tipo (28), invece, in cui il pronome non ricopre il ruolo di Tema della frase, l‟applicazione della topic-preference determina una scorretta assegnazione della dipendenza pronominale. La chance-level performance degli agrammatici in questo tipo di frasi non sarebbe determinata, perciò, dalla competizione tra operazioni a diversi livelli di interpretazione (principi interpretativi della narrow syntax vs regole interpretative del discorso), ma tra due principi al livello del discorso (parallelismo dei ruoli tematici vs strategia topicpreference) richiedenti una diversa quantità di risorse procedurali e il supporto, nel caso del parallelismo, delle informazioni della struttura sintattica. 3.2.2 L’interpretazione dei pronomi nelle VP-ellipsis construction: Vasić et al. (2006) Il quarto esperimento presentato in Vasić (2006), realizzato in collaborazione con Avrutin e Ruigendijk, ha testato la comprensione di pronomi inseriti nelle cosiddette VPellipsis constructions. Questa denominazione si applica a tutte le frasi in cui l‟azione del secondo congiunto, pur non essendo realizzata foneticamente, viene intesa come una reiterazione di quella espressa dal verbo del primo congiunto, come, per esempio, in (30): (30) Peters likes cars and Stuart does <e> too.117 Nonostante l‟azione svolta da Stuart non sia effettivamente espressa nella frase, ogni parlante inglese può inferire che anche il soggetto del secondo congiunto ama le auto, „copiando‟ nel corso della rappresentazione mentale il predicato del primo congiunto nella posizione vuota del secondo: (31) Peters likes cars and Stuart <likes cars>. La comprensione di questo tipo di frasi è attribuita all‟utilizzo di un operatore semantico astratto, chiamato λ-operator, che faciliterebbe la copia del predicato e la sostituzione del SN del primo congiunto (Peter) con la variabile legata x: (32) Peter (λx (x likes cars)) and Stuart (λx (x likes cars)).118 117 L‟inserimento di e è usato per indicare una posizione vuota o non realizzata foneticamente (empty). La notazione λ determina, in ogni contesto, la corrispondenza di x al SN che la precede. La frase (32), per esempio, presuppone una lettura del tipo: “Bill è un‟entità x tale che x [=Bill] ama le auto e John è un‟entità tale che x [=John] ama le auto”. 118 104 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini La variabile x riceverebbe poi, attraverso il processo della conversion, il valore del SN che la precede localmente, ovvero, nel nostro caso, Peter nel primo congiunto, Stuart nel secondo. L‟interpretazione di queste frasi diventa più complessa nel caso in cui il primo congiunto contenga un pronome possessivo: (33) Bill touches his dog and John does <e>too. Esistono, in questo caso, tre possibili interpretazioni. La prima, conosciuta con il nome di sloppy reading, corrisponde alla lettura a variabile legata, dove x riceve valore sulla base del SN che lo precede localmente: (34) a. Bill touches Bill‟s dog and John touches John‟s dog. b. Bill (λx (x touches x‟s dog)) and John (λx (x touches x‟s dog)). La seconda, chiamata strict reading, corrisponde alla lettura co-referenziale, dove l‟antecedente del possessivo rimane invariato nel primo e nel secondo congiunto: (35) a. Bill touches Bill‟s dog and John touches Bill‟s dog. b. Bill (λx (x touches z‟s dog) & z=Bill) and John (λx(x touches z‟s dog) & z=Bill) La terza interpretazione, detta „deittica‟ o other strict reading, corrisponde ai casi in cui il referente, pur rimandendo fisso all‟interno dei due congiunti, non è assegnato sulla base di considerazioni linguistiche, ma pragmatiche: (36) a. Bill touches Sam‟s dog and John touches Sam‟s dog. b. Bill (λx (x touches z‟s dog)) & z=Sam) and John (λx (x touches z‟s dog)). Gli studi condotti sull‟interpretazione di questo tipo di frasi da parte di soggetti „sani‟ hanno mostrato come, in linea con le previsioni della Economy Hierarchy di Reuland (2001) l‟interpretazione a variabile legata, stabilita a livello semantico, venga di norma preferita a quella co-referenziale, determinata sulla base di operazioni più dispendiose dal punto di vista computazionale. Lo studio di Vasić et al. (2006) si è proposto di verificare se questa preferenza si mantenga invariata nell‟interpretazione agrammatica, e se questi gli afasici manifestino maggiori difficoltà nello stabilimento dell‟uno o dell‟altro tipo di dipendenza. 105 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini L‟esperimento, condotto con 6 agrammatici olandesi, 3 afasici di Wernicke e 11 soggetti „sani‟, si è servito della tecnica del picture-selection task. Dopo aver sentito una frase-stimolo del tipo di (37) e osservato un‟immagine corrispondente alla prima parte della frase, i soggetti dovevano scegliere quale delle tre immagini successive raffigurasse meglio l‟azione espressa dalla seconda frase: (37) The grandmother photographs her horse and the woman does too. 119 Il test era costituito da tre condizioni: una condizione in cui la sola interpretazione possibile (corrispondente alla sola immagine corretta disponibile) era rappresentata dall‟interpretazione a variabile legata (Fig. 11); una condizione in cui era possibile solo la lettura co-referenziale (Fig. 12); una condizione in cui potevano essere scelte tanto l‟interpretazione co-referenziale quanto quella a variabile legata (Fig. 13).120 Fig.11 119 Ancora una volta, ci limitiamo alla presentazione degli stimoli nella loro versione inglese. Per l‟indicazione degli items sperimentali nella loro versione originale si veda Vasić (2006: 203-205). 120 Le immagini sono tratte da Vasić et al. (2006: 196-197). 106 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Fig. 12 Fig.13 I risultati hanno mostrato una buona performance degli agrammatici (paragonabile a quella dei soggetti di controllo) nella condizione in cui era ammessa solo l‟interpretazione a variabile legata; una performance chance level nella condizione in 107 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini cui era possibile solo la lettura co-referenziale121 e una preferenza per la lettura a variabile legata nei casi in cui erano ammesse entrambe le interpretazioni. Gli afasici di Wernicke, al contrario, non hanno mostrato di favorire l‟una o l‟altra interpretazione, rivelando una performance peggiore dei soggetti di controllo in tutte le condizioni. La Fig. 14 riporta la percentuale di risposte corrette date dai tre gruppi di soggetti nelle tre condizioni: 122 Fig. 14. [BV-only indica la condizione in cui era ammessa solo l‟interpretazione a variabile legata; CO-only, la condizione richiedente lettura co-referenziale, BVCOP, la condizione in cui entrambe le interpretazioni erano ammesse]. Questi dati hanno messo in luce diversi aspetti dell‟interpretazione agrammatica. In primo luogo, essi hanno confermato i risultati degli studi precedenti, corroborando la difficoltà degli agrammatici nella risoluzione delle dipendenze pronominali. In secondo luogo, hanno rivelato che essa si estende anche all‟interpretazione di pronomi inseriti in costruzioni a predicato inespresso. Il maggior successo registrato nella condizione in cui era permessa solo l‟interpretazione a variabile legata, inoltre, ha supportato l‟ipotesi che la gerarchia di costo delle operazioni linguistiche proposta da Reuland (2001) si mantenga invariata negli agrammatici: le operazioni ai livelli successivi quello sintattico non appaiono ugualmente accessibili agli agrammatici, che sono in grado di servirsi delle operazioni al livello semantico (interpretazione a variabile legata), ma non di quelle a livello del discorso (interpretazione co-referenziale). La maggiore difficoltà dell‟interpretazione co-referenziale è data dal suo trovarsi più „in basso‟ nella gerarchia di 121 In questa condizione è emersa, in realtà, una divergenza tra le misurazioni delle due sessioni sperimentali; complessivamente essa può essere considerata, tuttavia, chance-level perfermance. 122 Il grafico è tratto da Vasić et al. (2006: 199). 108 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Reuland, implicando un maggior numero di operazioni cross-modulari e, conseguentemente, di risorse computazionali. Il maggior costo di quest‟ultima interpretazione è osservabile anche nel comportamento dei parlanti „normali‟, che prediligono – ove possibile – la lettura a variabile legata. Avendo bisogno di un tempo più lungo per la costruzione della struttura sintattica, gli agrammatici si affiderebbero in modo molto più significativo al criterio dell‟economicità delle operazioni linguistiche. L‟interpretazione co-referenziale (es.: boy touches boy’s dog) non sarebbe disponibile in tempo per essere copiata nel secondo congiunto con la rapidità richiesta dal processo di comprensione; terminato il tempo a loro disposizione, gli agrammatici sceglierebbero perciò l‟interpretazione più economica anche nel caso in cui essa non corrisponde alla lettura corretta.123 3.3 Conclusioni sullo Slow-syntax model Come abbiamo detto, il modello della Slow-syntax assume che il deficit procedurale degli agrammatici comporti – principalmente – un rallentamento del processing sintattico. La particolare lentezza di svolgimento delle operazioni sintattiche determinerebbe un ritardo nella costruzione della struttura sintattica delle frasi, che impedirebbe agli agrammatici di servirsi delle informazioni sintattiche nelle prime fasi dell‟interpretazione. Contrariamente a quanto accade nell‟interpretazione „normale‟, dove la risoluzione sintattica rappresenta la modalità automatica e più economica di interpretazione, l‟indisponibilità della struttura sintattica permetterebbe agli agrammatici di ricorrere a livelli linguistici normalmente bloccati dalla più rapida applicazione dei principi sintattici, come quello semantico e del discorso. La gerarchia di economicità delle risorse interpretative degli agrammatici si differenzierebbe, perciò, da quella formulata da Reuland per i soggetti „sani‟: i mezzi sintattici non rappresenterebbero, nel loro caso, la via più rapida di interpretazione, ma, al contrario, la più dispendiosa. Se così non fosse, il 123 Quest‟ipotesi è stata supportata dai risultati emersi nella condizione in cui la sola interpretazione possibile era rappresentata dalla lettura co-referenziale, dove gli errori compiuti dagli agrammatici non derivano mai dalla scelta dell‟immagine completamente irrelata, ma sempre da quella dell‟immagine rappresentante la lettura a variabile legata. Gli agrammatici di Wernicke, al contrario, sceglierebbero casualmente in tutte le condizioni, a causa di un problema cognitivo più generale, legato all‟esecuzione del compito stesso. L‟ipotesi che l‟interpretazione co-referenziale agrammatica fallisca in quanto non disponibile in tempo per essere copiata nel secondo congiunto ammette, come si può notare, che gli agrammatici siano in grado di completare con successo questo tipo di interpretazione nel caso in cui le frasi vengano presentate loro in una modalità di discorso più lenta di quella normale; quest‟ultima possibilità è oggetto di molti studi recenti sul processing agrammatico. 109 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini ricorso a livelli interpretativi extra-sintattici rappresenterebbe una violazione della gerarchia di economicità, secondo cui l‟interpretazione linguistica deve sempre servirsi di mezzi più economici a disposizione, corrispondenti – normalmente – alle operazioni sintattiche. Il costo computazionale si manterrebbe invariato, invece, ai livelli successivi a quello sintattico, come dimostrato dalla preferenza per l‟interpretazione a variabile legata rispetto a quella co-referenziale manifestata dagli agrammatici nell‟interpretazione di dipendenze pronominali inserite in VP-ellipsis constructions.124 Pur condividendo quest‟impostazione generale, le formulazioni dello Slow-syntax model proposte dai diversi studiosi si differenziano nella spiegazione dell‟origine degli errori degli agrammatici. Secondo Vasić (2006), i casi di cattiva comprensione sarebbero determinati dall‟affidamento a principi extra-sintattici indicanti interpretazioni diverse da quella determinabile su base sintattica, mentre i casi di buona comprensione delle strutture critiche per gli agrammatici rivelerebbero che gli agrammatici riescono – occasionalmente – a costruire la struttura sintattica in tempo per servirsene nel corso dell‟interpretazione. Secondo Burkhardt et al. (2008), invece, la comprensione agrammatica sarebbe caratterizzata da una competizione tra la route interpretativa sintattica e quelle extra-sintattiche; il successo nell‟interpretazione dipenderebbe da quale dei due processi vince la competizione. La spiegazione di Burkhardt e collaboratori si differenzia, perciò, in modo sostanziale da quella proposta da Vasić: gli agrammatici riuscirebbero sempre a completare la costruzione della struttura sintattica, ma mai in tempo utile per bloccare l‟attivazione di principi interpretativi ad altri livelli linguistici. Una volta disponibile, l‟interpretazione sintattica si troverebbe così in contrasto con quella suggerita dalla strategia extra-sintattica adottata sino a quel momento, entrando in competizione con essa. La chance-level performance dipenderebbe, dunque, dall‟esito di questa competizione, risultando corretta nei casi di „vittoria‟ dell‟interpretazione sintattica e scorretta negli altri casi. In accordo con Burkhardt et al., inoltre, l‟indebolimento del modulo sintattico non comporterebbe un rallentamento generico del modulo sintattico, ma la compromissione dell‟operazione di Merge, che impedirebbe la formazione in tempi rapidi della struttura sintattica. Tanto per Vasić (2006) quanto per Burkhardt et al. (2008), le costruzioni normalmente intese in modo corretto dagli agrammatici (es.: frasi attive, relative del soggetto, etc.) rappresenterebbero casi di strutture in cui la mancanza di informazioni sintattiche non costituisce un ostacolo all‟interpretazione dal momento che 124 Cfr. Vasić et al. (2006), par. 3.2.2 110 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini l‟interpretazione suggerita dall‟applicazione di principi a livello semantico o interpretativo del discorso corrisponde a quella, corretta, deducibile per via sintattica. Una competizione simile sarebbe osservabile, secondo Vasić (2006), anche tra principi operanti allo stesso livello linguistico, come dimostrato dalla contrapposizione dei principi della topic preference e del parallelismo dei ruoli tematici (entrambi applicati al livello del discorso) nell‟interpretazione di dipendenze sintattiche tra diverse frasi. L‟ipotesi della slower-than-normal syntax è stata confermata, come abbiamo visto, da un ampio numero di studi sperimentali, e, in particolar modo, dagli esperimenti testanti l‟interpretazione delle dipendenze pronominali. Ruigendijk & Avrutin (2003) hanno messo in luce come la minor difficoltà emersa nell‟interpretazione di pronomi personali in frasi semplici transitive rispetto a quelli in frasi ECM possa essere attribuita all‟effetto di facilitazione rappresentato dalle proprietà lessicali del verbo, sufficienti a escludere l‟interpretazione co-referenziale nel caso delle farsi transitive ma del tutto irrilevanti nel caso di strutture ECM, dove il pronome non è parte della struttura argomentale del verbo. I risultati degli studi on-line (come, per esempio, quello di Love et al. 1998) hanno corroborato l‟ipotesi del rallentamento del processing agrammatico, mostrando come gli agrammatici non siano in grado di stabilire in modo rapido le dipendenze sintattiche, come testimoniato dalla scorretta ri-attivazione del SN antecedente nel dominio sintattico locale anche nel caso dei pronomi personali. Gli studi sull‟interpretazione dei riflessivi logoforici e co-argomentali, come quello condotto da Piñango & Burkhardt (2001), hanno dimostrato che l‟interpretazione dei primi richiede un carico di lavoro maggiore rispetto a quella dei secondi e che l‟assegnazione di entrambe le referenze da parte degli agrammatici necessita, in entrambi i casi, di un tempo maggiore di quello richiesto per lo svolgimento dello stesso compito da parte dei soggetti „sani‟. Il maggior sforzo emerso nell‟assegnazione della referenza dei pronomi personali rispetto a quella dei pronomi riflessivi è stata attribuita, infine, alla necessità di riferimento a un contesto linguistico più ampio nel primo rispetto al secondo, cui sono sufficienti le informazioni comprese nel dominio locale del pronome stesso. L‟ipotesi che il deficit agrammatico della comprensione sia determinato dal ritardo della costruzione della struttura sintattica e dallo sfruttamento di principi interpretativi extra-sintattici è adottata anche per la spiegazione del fallimento nell‟interpretazione di 111 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini strutture non derivate da movimento sintattico. 125 La gerarchia di economicità, formulata da Reuland per l‟assegnazione delle dipendenze pronominali, viene assunta, quindi, come una gerarchia di costo computazionale valida per pressoché tutti i processi di interpretazione linguistica. Allo stesso modo, la difficoltà emersa nell‟implementazione delle informazioni linguistiche al livello del discorso (come, per esempio, quella portata dall‟accento contrastivo nell‟interpretazione pronominale) e il fallimento dell‟applicazione di alcuni principi interpretativi extra-sintattici (come, per esempio, quello del parallelismo dei ruoli tematici) sono attribuiti al ritardo nella costruzione della struttura sintattica che caratterizzerebbe il processing agrammatico. In molti altri casi, però, il modello della slower-than-normal syntax afferma che, in assenza delle informazioni strutturali, gli agrammatici sono costretti a intraprendere il processo di interpretazione servendosi esclusivamente di principi semantici (come, per esempio, la considerazione delle proprietà lessicali dei verbi) e di strategie operanti al livello interpretativo del discorso (come quello della topic preference, della salienza discorsiva e così via), lasciando presupporre che esse possano essere applicate senza bisogno dell‟ausilio delle informazioni sintattiche. Considerati insieme, questi ultimi due aspetti rivelano, perciò, un‟ambiguità di fondo: quali strategie extra-sintattiche possono essere applicate senza necessità della costruzione sintattica, prima ed indipendentemente da essa? E‟ possibile l‟applicazione di principi interpretativi a livello del discorso in assenza di qualsiasi informazione strutturale? (O è possibile solo in alcuni casi?). Pur confermando l‟ipotesi del rallentamento delle operazioni sintattiche, i dati raccolti non sembrano confermare in modo chiaro che gli agrammatici ricorrano ad altri livelli linguistici nell‟ordine previsto dalla gerarchia di economicità. 126 Nonostante il riconoscimento di un rallentamento nello svolgimento delle operazioni sintattiche si riveli adeguato alla spiegazione di un ampio numero di fenomeni, perciò, la mancanza di un chiarimento del modo in cui gli agrammatici possano servirsi di altri sistemi interpretativi determina, a tratti, l‟impressione di un ragionamento „circolare‟. 127 125 Nel caso delle frasi passive, per esempio, la cattiva comprensione sarebbe determinata dalla considerazione del primo SN come Tema della frase, basata sul principio della maggior salienza discorsiva. 126 Potrebbe darsi, per esempio, che gli agrammatici scelgano i principi di cui servirsi semplicemente sulla base della loro applicabilità anche in mancanza delle informazioni sintattiche e indipendentemente dal livello linguistico cui essi appartengono. 127 L‟interpretazione scorretta è attribuita, infatti, nella maggior parte dei casi, all‟applicazione di principi extra-sintattici; nello stesso tempo, l‟impossibilità di portare a termine l‟applicazione di strategie interpretative a livello del discorso osservata in altri contesti sarebbe determinata dalla mancanza della struttura sintattica di riferimento (come, per esempio, nel caso dell‟implementazione dell‟accento, 112 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o Mar ia S capp ini Le diverse formulazioni dell‟ipotesi della Slow-syntax che abbiamo considerato mancano, inoltre, di considerare i casi di fallimento dell‟interpretazione agrammatica non attribuibili, in alcun modo, a un deficit sintattico o da esso derivabile, come la difficoltà di interpretazione dei pronomi personali rispetto a quella dei pronomi riflessivi (attribuita, come abbiamo detto, alla necessità di un contesto linguistico più ampio) e l‟ostacolo rappresentato dalle unità linguistiche referenziali documentata da Hickok & Avrutin (1995). Pur non essendo esplicitato in nessuno degli studi discussi in questo capitolo, perciò, il modello della Slow-syntax sembra lasciar immaginare che il deficit procedurale degli agrammatici non sia ristretto al modulo sintattico ma comprometta, seppure secondariamente e, forse, solo occasionalmente, anche parte dei livelli interpretativi successivi. Un ultimo punto di debolezza della slower-than-normal syntax è rappresentato, nella sua formulazione più recente (tra quelle che abbiamo considerato, lo studio di Burkhardt e collaboratori), dalla mancata precisazione dei criteri determinati la vittoria dell‟una o dell‟altra route interpretativa in competizione. Un‟imperfezione simile è presente, tuttavia, anche nella versione di Vasić (2006), che non esplicita quali fattori favoriscano l‟occasionale riuscita di una rapida costruzione della struttura sintattica. Nonostante questi limiti, il modello della weak syntax costituisce un approccio sostanzialmente migliore dei precedenti. Contrariamente all‟ipotesi di loss of knowledge di Grodzinsky, esso permette, infatti, la considerazione della varietà inter-soggettiva e intra-soggettiva (relativa alla performance di uno stesso soggetto) caratteristica degli agrammatici. La considerazione del rallentamento del sistema sintattico consente, inoltre, la spiegazione del fallimento degli agrammatici nella comprensione di strutture molto diverse, godendo di una buona generalità pur senza incorrere in predizioni troppo „ampie‟, come accadeva, per esempio, nel caso del modello di Ullman. Come vedremo nei capitoli seguenti, infine, la slower-than-normal syntax si rivela adeguata tanto alla spiegazione del deficit espressivo degli agrammatici, quanto delle somiglianze osservate tra la performance linguistica di questo tipo di afasici e quella dei bambini nel corso del processo di acquisizione linguistica. dell‟applicazione del parallelismo dei ruoli tematici e della lettura co-referenziale di dipendenze pronominali extra-frasali). 113 PARTE TERZA: ESPRESSIONE AGRAMMATICA E POSSIBILITÀ DI UNA SPIEGAZIONE UNIFICATA DEL DEFICIT 1. CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE AGRAMMATICA Nonostante la nostra trattazione si sia limitata, sin qui, alla considerazione del disturbo recettivo degli agrammatici, esso costituisce l‟aspetto meno vistoso (e perciò, in un certo senso, secondario) del deficit. In questo ultima parte del nostro lavoro ci dedicheremo, pur senza alcuna pretesa di esaustività, alle difficoltà espressive degli agrammatici. Considereremo, inoltre, alcuni dei modelli linguistici che ne hanno proposto una spiegazione, distinguendo tra le proposte che hanno ricercato la formulazione di un account unificato del deficit e quelle che attribuiscono i disturbi espressivi e recettivi degli agrammatici a deficit distinti, compromettenti – nei due casi – livelli diversi del sistema linguistico. Come abbiamo accennato nella prima parte del nostro lavoro, la principale caratteristica del deficit espressivo degli agrammatici è costituita dalla natura „telegrafica‟ dell‟eloquio spontaneo, caratterizzato da scarsa fluenza, uso ridotto della morfologia flessiva e assenza di frasi complesse. L‟aspetto non-fluente della produzione agrammatica è determinato, principalmente, dalla grande quantità di omissioni degli elementi funzionali e, talvolta, di intere unità lessicali. Il numero delle omissioni morfologiche varia, come vedremo, tanto in base al tipo di morfema quanto alla lingua parlata dal soggetto. La difficoltà lessicale degli agrammatici può essere notata soprattutto nella produzione degli elementi verbali, come dimostrato dal frequente ricorso a nominalizzazioni (es.: 1, dove viene prodotto il SN la sedia in luogo del verbo sedere) e dai casi di omissione dell‟intero predicato (2): (1) (2) Io discuto…cinque minuti…poi, la sedia…eh, (il) verbo…io (mi) sono…(il) verbo!.. la sedia, no! Prima … (il) sapone, poi … (la) schiuma, poi (col) rasoio, taglia. Fatto!128 Il deficit agrammatico può comportare, inoltre, problemi a livello sintattico, come dimostrato dagli errori nell‟ordine delle parole 129 e dalla quasi totale assenza di strutture 128 I due campioni sono tratti da Miceli (1990: 376). Come è stato osservato, tuttavia, non si danno mai casi di sequenze del tipo nome-nome-verbo e verbonome-nome. Quest‟osservazione ha suggerito che il problema nell‟ordine delle parole sia limitato alla 129 sintattiche complesse, come le costruzioni passive, le interrogative wh- e le frasi relative. Anche la costruzione di frasi attive semplici, tuttavia, non è priva di difficoltà, come testimoniato dalla presenza di costruzioni frammentarie, dall‟omissione di alcuni argomenti verbali e dalla produzione di sintagmi incompleti, solitamente sprovvisti del determinatore o delle preposizioni. Nonostante l‟espressione della negazione non appaia generalmente compromessa, la performance degli agrammatici si dimostra migliore nel caso delle frasi affermative rispetto a quelle negative. E‟ stato notato, inoltre, che gli agrammatici tendono a evitare la cliticizzazione delle particelle negative al verbo (come, per esempio, quella dell‟inglese not in don’t), privilegiando l‟uso della constituent negation.130 Ad eccezione dell‟omissione dei morfemi grammaticali, che rappresenta uno dei principali criteri per la classificazione dei soggetti agrammatici, nessuno dei sintomi che abbiamo descritto è riscontrabile in tutti i soggetti affetti dal deficit: la variabilità rappresenta, infatti, un altro aspetto tipico della produzione agrammatica, tanto a livello inter-soggettivo quanto all‟interno della produzione di uno stesso soggetto. 131 E‟ importante notare, infine, come il deficit determini disturbi parzialmente diversi in soggetti agrammatici parlanti lingue tipologicamente differenti. 1.1 Il disturbo nella produzione dei morfemi grammaticali 1.1.1 Omissione e sostituzione dei morfemi flessivi verbali Come abbiamo accennato, l‟omissione dei morfemi grammaticali rappresenta uno degli aspetti caratteristici della produzione agrammatica. Diversamente da quanto inizialmente creduto, però, l‟agrammatismo non colpisce in modo uguale la produzione di tutti i tipi di morfemi: nonostante non manchino casi di violazione dell‟accordo, le flessioni verbali sono omesse con una frequenza molto maggiore di quanto non accada ai disposizione dei nomi intorno al verbo e sia attribuibile ad un disturbo nell‟attribuzione dei ruoli tematici, come ipotizzato, per esempio, da Saffran et al. (1980). 130 La consituent negation consiste nell‟espressione della negazione attraverso la contrapposizione di due costituenti frasali, il primo negativo ed il secondo affermativo, del tipo John is not doing y, but Z/ John is not (verbo x), but (verbo y). Per una trattazione più dettagliata dell‟uso della negazione da parte degli agrammatici cfr. Bastiaanse et al. (2000: 183-189). 131 Come abbiamo già accennato, l‟osservazione dell‟eterogeneità della performance agrammatica è stata considerata da una parte degli studiosi come un indice dell‟inadeguatezza dell‟approccio metodologico adottato nell‟indagine del deficit afasico e dell‟impossibilità di condurre studi „di gruppo‟ su questi soggetti (cfr., per esempio, Caramazza 1986). 115 morfemi esprimenti i tratti di genere e numero. 132 Lo studio dell‟espressione degli afasici delle diverse lingue ha messo in luce, inoltre, come gli errori degli agrammatici non violino mai le regole di buona formazione lessicale (producendo, per esempio, parole inesistenti o parti di parole). La difficoltà osservata nella produzione dei morfemi grammaticali assume, perciò, in base alla lingua parlata dal soggetto, la forma dell‟omissione dei tratti grammaticali o quella della loro sostituzione: nelle lingue caratterizzate dal tratto (+ zero morphology), come l‟inglese e il giapponese, in cui le radici verbali corrispondono a unità lessicali indipendenti, gli agrammatici tendono a omettere i morfemi grammaticali legati, come, per esempio, la -s richiesta dal presente della terza persona singolare e la desinenza -ed del passato (es.: *Bill run in luogo di Bill runs); nelle lingue (– zero morphology), come l‟ebraico, il russo e l‟italiano, dove non è possibile l‟utilizzo di radici verbali senza flessione (es.: italiano *corr-), gli agrammatici compiono, invece, errori di sostituzione (es.: *Gianni corro), ma mai di omissione: (3) a. Inglese Uh, oh, I guess six month . . . my mother pass away. [Uh, credo sei mese fa.. mia madre si spegne] b. Ebraico tiylu anaxnu ba‟ali ve-‟ani [passeggiano, noi, mio marito ed io] c. Russo grustnaja malchik. stol stoyit, vot, stol stoyat stoyi [malinconica ragazzo. il tavolo sta, ecco, il tavolo stanno, il tavolo sta]. d. Italiano Cappuccetto rossa andava.133 Molti studiosi hanno notato, tuttavia, come gli errori morfologici degli agrammatici potrebbero essere considerati casi di sostituzione in entrambi i tipi di lingue, realizzati attraverso l‟impiego di altre desinenze fonologicamente realizzate nel caso delle lingue (– zero morphology), e attraverso l‟utilizzo della flessione “zero” – fonologicamente nulla – in lingue (+ zero morphology) come l‟inglese e il giapponese. Un‟altra caratteristica dell‟espressione agrammatica è rappresentata dall‟uso di forme verbali non finite in posizioni richiedenti la presenza di verbi flessi, come, per esempio, all‟interno delle frasi principali: 132 Non sono mai stati trovati, infatti, soggetti dimostranti il pattern contrario (maggiori omissioni dei morfemi di accordo rispetto a quelli verbali). 133 Le frasi in lingua originale sono state tratte da Grodzinsky (2000: 14). 116 (4) a. Olandese televisie kopen [una televisione comprare] b. Tedesco Ich morgen aufstehen [Io mattino alzarmi] c. Svedese sen jag ringa till Maud syster [poi io chiamare la sorella Maud].134 Anche l‟uso delle forme verbali non-finite non è distribuito casualmente nella produzione agrammatica. Come osservato da Baastianse & Zonneveld (1998) nel caso degli agrammatici olandesi, esse non appaiono, infatti, con la stessa frequenza in tutti i tipi di frasi. I risultati del compito di completamento di frasi elaborato dai due studiosi hanno rivelato come i soggetti producano un numero molto maggiore di forme finite nelle frasi principali (86% dei casi, es.: 5), rispetto a quanto non accada nelle frasi subordinate (49%, es.: 6): (5) (6) De boer.. de koe. [Il contadino… (munge)… la mucca] Ik zie dat de man…… het koor [Vedo che l‟uomo….(dirige)…. il coro].135 La forma non-finita, inoltre, non viene applicata in misura uguale a tutti i tipi di predicati. Gli studi condotti su agrammatici olandesi e italiani hanno dimostrato, per esempio, che essa è utilizzata più spesso nei casi di predicati esprimenti azioni rispetto a quelli di predicati stativi. 136 Come osservato da Friedmann (2000: 155), infine, gli agrammatici delle diverse lingue prediligono l‟uso di forme non-finite diverse in sostituzione dei verbi di forma finita. Come esemplificato in (7), la produzione agrammatica italiana è caratterizzata, per esempio, dal frequente ricorso al participio verbale: (7) Non c‟è il pollo, mangiato il cane. Un interessante esperimento condotto da de Diego-Balaguer et al. (2004) ha smentito l‟ipotesi, a lungo condivisa dagli studiosi e sostenuta, in modo particolare, da Ullman, che 134 Gli esempi di espressione spontanea di agrammatici delle diverse lingue sono riportati in Avrutin (2001). L‟influenza della posizione sintattica sull‟omissione delle categorie funzionali e, come vedremo, di alcune unità lessicali è stata interpretata come una prova a favore della Tree Pruning Hypothesis, secondo cui gli errori di produzione degli agrammatici apparirebbero solo in alcune posizioni dell‟albero sintattico a causa dell‟incapacità da parte di questi soggetti di costruire interamente la struttura sintattica. Di questa e di altre ipotesi del deficit agrammatico della produzione ci occuperemo nel capitolo seguente. 136 Cfr., rispettivamente, Kolk (2001) e Avrutin & Manzoni (2000). 135 117 gli agrammatici abbiano maggiori problemi nella produzione della morfologia regolare rispetto a quella irregolare, dimostrando che il deficit agrammatico compromette entrambi i sistemi di flessione morfologici. 137 Bastiaanse e collaboratori (2000) hanno notato, infine, che la varietà lessicale dei verbi utilizzati nell‟espressione spontanea è più limitata negli agrammatici che producono un minor numero di sostituzioni di verbi flessi che nei soggetti che usano molte forme non-finite. La quantità di omissioni dipende, naturalmente, in modo determinante anche dalla severità del danno subito dai diversi soggetti. La caratteristica di variabilità è osservabile anche all‟interno dell‟espressione di un singolo soggetto: lo stesso agrammatico può produrre, infatti, la forma scorretta di un verbo poco dopo averlo utilizzato correttamente. 1.1.2. Omissione del pronome-soggetto e dei determinatori L‟omissione del soggetto nella produzione agrammatica è nota da molto tempo agli studiosi. Una delle prime documentazioni risale allo studio di Goodglass & Geeschwind (1976), che hanno notato come gli agrammatici inglesi tendano a produrre frasi del tipo (8), normalmente scorrette in lingue non a soggetto nullo, come, appunto, l‟inglese: (8) *Write a letter Gli studi più recenti hanno dimostrato che queste omissioni non possono essere attribuite alla generale difficoltà di accesso lessicale degli agrammatici, dal momento che omissioni simili non sono mai registrate nelle frasi in cui il pronome ricopre il ruolo di complemento oggetto. 138 Come dimostrato anche dalla maggior frequenza dell‟omissione dei determinatori che accompagnano il SN soggetto rispetto a quelli precedenti SN in posizione di complemento oggetto, non soltanto gli agrammatici si mantengono sensibili alle posizioni strutturali dei diversi elementi della frase, ma la configurazione sintattica sembra giocare un ruolo determinante nella produzione di queste omissioni. De Roo (1999) e Avrutin & Manzoni (2000) hanno messo in luce, inoltre, l‟esistenza di una 137 Cfr. de Diego et. al. (2004). I dati sono stati raccolti sottoponendo due agrammatici parlanti bilingui di spagnolo e catalano alla produzione di forme verbali regolari e irregolari; l‟esperimento ha fornito, perciò, anche importanti informazioni sul fenomeno del bilinguismo. Può essere utile ricordare che il modello dichiarativo/procedurale di Ullman considerava l‟agrammatismo come l‟esito di una compromissione procedurale determinante problemi nella costruzione on-line delle forme verbali, ma non nell‟uso delle unità memorizzate nella memoria dichiarativa, come, per esempio, i verbi irregolari. 138 Cfr. de Roo (1999). 118 correlazione tra finitezza del tempo verbale e mancata espressione del soggetto, omesso più spesso all‟interno di frasi in cui il soggetto si serve scorrettamente dei verbi in forma non-finita rispetto ai casi in cui i soggetti riescono a produrre correttamente la forma verbale flessa. Alla stessa de Roo (1999) si deve anche l‟osservazione che i determinatori in prima posizione della frase vengono omessi in misura maggiore di quelli posti nelle altre posizioni, come testimoniato dagli esempi seguenti: (9) a. Wie is dat meisje? [Chi è quella ragazza?] b. *Dat is (een) meisje van school [Lei è *(una) ragazza della scuola]. 1.2 Il deficit lessicale e il disturbo nella produzione dei predicati verbali Gli studi sulla rapidità di accesso lessicale degli agrammatici hanno dimostrato che essa è complessivamente inferiore a quella dei soggetti „sani‟ tanto nel recupero lessicale degli elementi verbali quanto in quello degli elementi nominali. Come abbiamo accennato, tuttavia, la produzione dei predicati appare molto più compromessa di quella dei nomi: non soltanto gli elementi verbali sono omessi più spesso di quelli nominali, ma, come abbiamo detto, anche i tratti morfo-sintattici del verbo sono soggetti a „eliminazione‟ con una frequenza estremamente maggiore di quanto accade alla flessione nominale. 139 In accordo con Bastiaanse et al. (2000), la struttura verbale giocherebbe un ruolo centrale nella pianificazione della frase; molti aspetti dell‟espressione telegrafica degli agrammatici (come, per esempio, la mancanza di flessione verbale, la scarsa varietà lessicale, l‟omissione dei pronomi e dei determinatori) potrebbero essere legati, perciò, alla difficoltà mostrata nella produzione dei verbi. La caratteristica semantica della referenzialità (ostacolante, come abbiamo visto, anche la comprensione di alcune strutture linguistiche da parte degli agrammatici) 140 rappresenta un altro fattore di difficoltà per l‟espressione agrammatica, come dimostrato dall‟uso inappropriato delle espressioni definite (es.: inserimento di pronomi e articoli definiti in contesti in cui nessuna referenza 139 Ciononostante, gli agrammatici non sembrano distinguersi dai soggetti „sani‟ nella sensibilità alla complessità del verbo, come rivelato da uno studio di Shapiro & Levine (1990), che ha dimostrato che la comprensione di verbi che ammettono diverse possibilità nella struttura argomentale, come, per esempio, i verbi bi-argomentali che possono essere accompagnati anche dal solo argomento esterno (es.: il caso dell‟italiano bere: Gianni beve /Gianni beve un birra) richiede, per entrambe le categorie di soggetti, un tempo maggiore di quello necessario alla comprensione di strutture verbali aventi una sola possibilità. 140 Cfr. Hickok & Avrutin (1995). 119 è stata stabilita).141 Questi errori sono stati interpretati come prove a supporto dell‟ipotesi che l‟espressione agrammatica sia caratterizzata da una sovra-estensione dell‟uso dei „registri speciali‟ che permettono l‟omissione di particolari unità linguistiche deducibili dal contesto.142 Analogamente, la difficoltà osservata nell‟espressione della morfologia verbale (e, in particolare, nell‟espressione del tratto di tempo) ha indotto gli studiosi a escludere l‟ipotesi che il disturbo selettivo nella produzione dei verbi possa dipendere da un deficit riguardante, esclusivamente, il livello lessicale e/o semantico. Lo studio condotto da Caramazza & Finocchiaro (2002) su diversi gruppi di afasici ha dimostrato, infatti, come a una maggiore difficoltà nella produzione dei nomi o dei verbi corrisponda una più evidente difficoltà nello svolgimento di compiti morfologici riguardanti la medesima categoria grammaticale. La stessa disparità viene mantenuta anche nello svolgimento dello stesso compito su pseudo-parole aventi la forma di nomi e di verbi. I due studiosi hanno interpretato questi dati come una prova della natura grammaticale del deficit e come una dimostrazione del fatto che l‟accesso alle proprietà grammaticali specifiche delle categorie dei verbi debba essere considerato indipendente da quello alle proprietà grammaticali dei nomi. 1.2.1 Influenza delle proprietà sintattiche sui processi di recupero lessicale dei verbi Diversi fattori possono influenzare la riuscita e la facilità del recupero lessicale dei predicati da parte degli agrammatici. Tra questi, un ruolo di particolare rilevanza è svolto dalle caratteristiche sintattiche dei verbi, specificate all‟interno della loro entrata lessicale.143 Thompson et al. (1997) hanno considerato l‟effetto della struttura argomentale del verbo, dimostrando che la facilità di produzione di ciascuna voce verbale da parte degli agrammatici è influenzata anche dal numero dei suoi argomenti, dal momento che essi mostravano una chiara preferenza per i verbi con un solo argomento rispetto a quelli che 141 Cfr., per esempio, Bates et al. (1983). Si tratta, come vedremo, dell‟ipotesi centrale del modello di Avrutin (1999; 2001; 2004), di cui ci occuperemo nel prossimo capitolo. 143 In accordo con le impostazioni linguistiche correnti, le entrate lessicali dei verbi consistono, infatti, di diverse informazioni, come gli aspetti di sotto-categorizzazione (indicanti il contesto sintattico in cui una determinata voce lessicale può essere inserita), la struttura argomentale e la struttura tematica. La struttura argomentale del verbo si riferisce al numero di sintagmi obbligatoriamente richiesti dal verbo. 142 120 ne presentano un numero maggiore. Lo stesso studio ha mostrato come anche le diverse possibilità di disposizione degli argomenti verbali possono sfavorirne l‟utilizzo da parte di questi afasici, come testimoniato dal fatto che i verbi con una sola possibilità di disposizione degli argomenti vengono prodotti correttamente più spesso degli altri. 144 Thompson e collaboratori hanno notato, infine, che anche la struttura tematica influenza la facilità di produzione dei predicati, mostrando che le frasi implicanti solo il ruolo di Agente/Esperiente sono prodotte correttamente più spesso di quelle coinvolgenti anche i ruoli di Tema/Paziente. Lo studio di Jonkers (2000) ha analizzato l‟influenza della transitività degli elementi verbali sulla produzione agrammatica sottoponendo 15 agrammatici a un compito di denominazione di immagini.145 L‟esperimento prevedeva due condizioni: nella prima, i soggetti dovevano descrivere l‟immagine attraverso l‟impiego di verbi isolati, nella seconda tramite la costruzione di frasi. I risultati hanno mostrato come la transitività produca un effetto di facilitazione nel caso in cui i soggetti si debbano servire di verbi in isolamento (dove i verbi transitivi erano usati più correttamente di quelli intransitivi), ma non nella condizione nei casi in cui è richiesta la costruzione di frasi. Gli agrammatici hanno mostrato due diversi tipi di performance: una parte di essi ha ottenuto risultati migliori nel compito di denominazione in isolamento, l‟altra metà nel compito di denominazione attraverso la produzione di frasi. Il gruppo migliore nel compito di denominazione tramite verbi isolati mostrava, in entrambe le condizioni, minore difficoltà nel recupero dei verbi transitivi rispetto a quello dei verbi intransitivi, mentre il gruppo migliore nella denominazione tramite frasi non mostrava questa differenza solo nella condizione richiedente la produzione di verbi in isolamento. Il primo gruppo (preferenza per verbi transitivi in entrambe le condizioni) mostrava, inoltre, un minor numero di omissioni dei SN soggetto in presenza di verbi transitivi rispetto a quelli intransitivi; il secondo gruppo mostrava un numero maggiore di verbi intransitivi rispetto a quelli utilizzati dall‟altro sotto-gruppo nel compito di produzione di frasi, ma anche un minor numero di omissioni. La maggior facilità mostrata da entrambi i sotto-gruppi nell‟uso dei verbi transitivi nel compito di denominazione in isolamento ha dimostrato che il maggior 144 Si tratta dei cosiddetti obligatory two-place.verbs, che possono essere prodotti solo se accompagnati da entrambi i suoi argomenti (es.: The man kisses the woman/ * The man kisses), cui si contrappongono i verbi bi-argomentali detti optional two-place verbs, che permettono tanto l‟assenza (es.: The man drinks) quanto la presenza dell‟argomento interno (es.: The man drinks a beer). 145 Studi simili hanno mostrato che i bambini in età pre-scolare hanno maggiori difficoltà nella denominazioni di immagini tramite l‟uso dei verbi transitivi rispetto ai casi in cui è richiesto il ricorso a verbi intransitivi. I riferimenti a questi studi sono riportati in Jonkers (2000). 121 numero di argomenti non rappresenta, in sé, un impedimento alla produzione del predicato. Come rivelato dai risultati della condizione richiedente la costruzione di frasi, tuttavia, esso può ostacolare l‟uso dello stesso verbo all‟interno del contesto frasale. Nonostante la struttura verbale transitiva abbia una maggiore frequenza d‟uso e risulti, perciò, più rapidamente accessibile di quella dei verbi intransitivi, la maggior quantità di argomenti necessari al suo inserimento all‟interno della frase comporta un maggiore sforzo a livello dell‟accesso lessicale, cui i soggetti risponderebbero, secondo gli sperimentatori, attraverso due diverse strategie, come dimostrato dal delinearsi dei due sotto-gruppi. Alcuni agrammatici proverebbero a elaborare tutte le informazioni sintattiche richieste dal verbo e a produrre una frase completa, manifestando maggiori difficoltà nell‟uso dei verbi transitivi a livello di costruzione della frase che a quello di utilizzo del verbo in isolamento (come provato dalla frequente omissione dei SN complemento oggetto). Altri agrammatici sceglierebbero di ridurre in partenza il carico di lavoro, prediligendo frasi semplici senza complemento oggetto e producendo, perciò, un maggior numero di verbi intransitivi nella costruzione delle frasi. 122 2. MODELLI LINGUISTICI DEL DEFICIT ESPRESSIVO 2.1 Le function word theories Le prime spiegazioni del deficit espressivo degli agrammatici condividono l‟idea che esso derivi da una difficoltà selettiva nell‟utilizzo degli elementi funzionali. Una delle prime ipotesi di questo tipo è stata formulata da Kean (1977), secondo cui il deficit sottenderebbe a un disturbo di natura fonologica: gli agrammatici perderebbero la capacità di processare le phonological non-words; le omissioni caratteristiche della produzione agrammatica colpirebbero, perciò, in modo particolare, le unità linguistiche prive di accento e la cui presenza non altera in alcun modo il contorno intontivo della parola e/o della frase. Quest‟ipotesi spiegherebbe anche la variabilità osservata nell‟omissione di uno stesso elemento funzionale, come esemplificato dal caso dal suffisso del plurale inglese -s, che sarebbe omesso solo nei casi in cui esso non modifica la struttura sillabica della parola (es.: sing. pack, plur. packs) e pronunciato in tutti i casi in cui determina la produzione di una sillaba aggiuntiva (es.: sing. horse, plur. horses). Una spiegazione simile era stata proposta da Goodglass et al. (1967), che avevano ipotizzato che l‟omissione dei morfemi grammaticali fosse determinata dalla combinazione dei fattori di prominenza fonologica e di prominenza psicologica. In accordo con questi studiosi, gli agrammatici conserverebbero la capacità di pianificare tutti i tipi di frasi; a causa della lesione subita, tuttavia, il processo di produzione linguistica richiederebbe loro uno sforzo computazionale particolarmente elevato. Pur partendo da rappresentazioni frasali anche molto complesse, essi finirebbero con il produrre, perciò, solo gli elementi caratterizzati da stress e saliency.146 L‟Adaptation Theory di Kolk (1995) si basa, in modo parzialmente simile alla teoria di Goodglass e colleghi, sul principio dell‟economia di sforzo. In accordo con Kolk, le omissioni degli agrammatici (così come, come vedremo, quelle caratterizzanti l‟espressione infantile) sarebbero il frutto di una strategia di scelta attuata dal parlante al fine di minimizzare lo sforzo di produzione. Come osservato da Avrutin (2004: 71), tuttavia, 146 Gli stessi studiosi hanno raccolto evidenze a favore di quest‟ipotesi, dimostrando, per esempio, che la produzione di interrogative negative da parte degli agrammatici risulta più accurata di quella delle corrispondenti affermative: mentre, infatti, le particelle do/did poste in posizione iniziale delle interrogative affermative vengono spesso omesse dagli agrammatici, le particelle negative don’t/didn’t appaiono meno suscettibili all‟omissione a causa, secondo sperimentatori, della loro tonicità e della maggiore salienza psicologica. A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini one (undesiderable) consequence of the adaptation model […] is that one would have to view speech production in aphasia as an almost conscious process where patients would be actively involved in allocating resources between more or less informative elements [and] this is certainly not what happens in aphasia in real time as the process of speech planning and production is largely unconscious. In accordo con Bradley et al. (1980), il deficit risiederebbe, invece, in un disturbo di natura lessicale: l‟accesso alle categorie lessicali a classe chiusa (come le desinenze flessive e i determinatori) richiederebbe un costo computazionale maggiore di quello necessario per l‟accesso alle parole a classe aperta, risultando insostenibile per questi soggetti. Le difficoltà osservate nei processi di comprensione sarebbero determinate, similmente, dall‟incapacità di stabilire la funzione degli items lessicali delle frasi espressa dai morfemi grammaticali legati. La considerazione del fatto che non tutti i morfemi flessivi (e nemmeno tutti i morfemi flessivi verbali del tempo, come dimostrato dal mantenimento della desinenza dell‟infinito tedesco -en e del progressivo inglese -ing) vengono omessi all‟interno della produzione agrammatica ha determinato, tuttavia, l‟abbandono della maggior parte delle word function theories, accomunate dalla mancata spiegazione del diverso grado di „vulnerabilità‟ dei morfemi di tempo verbale (perlopiù omessi) rispetti a quelli esprimenti i tratti di genere e tempo. 147 Come osservato da Kiss (2000), inoltre, questi modelli non rendono conto della diversa produttività di formazione morfologica registrata nello svolgimento di compiti diversi, né del fatto che le radici verbali non rappresentano sempre la scelta preferita dagli afasici delle diverse lingue, anche in lingue, come il tedesco, in cui la radice verbale corrisponde a un‟ unità lessicale autonoma. La maggior parte di essi non forniscono, infine, una spiegazione adeguata dei disturbi recettivi degli agrammatici.148 Un‟ipotesi parzialmente diversa è presentata da de Diego-Balaguer et al. (2004), che hanno interpretato la difficoltà osservata sia nei procedimenti di flessione regolare che in quelli irregolari come una prova del fatto che l‟afasia colpisce una serie di procedimenti, inclusi quelli responsabili del recupero lessicale, dell‟interpretazione e 147 Un‟eccezione è rappresentata dalla Split Inflection Hypothesis di Pollock (1989), secondo cui la maggiore omissione dei morfemi del tempo rispetto a quelli portanti i tratti di accordo sarebbe determinata dalla maggiore complessità „strutturale‟ dei primi rispetto ai secondi. I due gruppi di morfemi, rappresenterebbero, in quest‟ottica, due distinte categorie funzionali. 148 La maggior parte delle function word theories sono state formulate, tuttavia, prima che il deficit recettivo fosse conosciuto e descritto adeguatamente. 124 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini dell‟integrazione dei tratti grammaticali. 2.2 La Tree Pruning Hypothesis 149 La Tree Pruning Hypothesis assume che il deficit agrammatico della produzione dipenda da un disturbo compromettente aspetti molto specifici della costruzione sintattica.150 Come osservato da Friedmann (1998), il mantenimento dell‟espressione dei tratti di genere e numero dimostra che gli agrammatici non perdono completamente la capacità di rappresentazione della struttura sintattica. L‟utilizzo delle forme verbali nonfinite in posizioni richiedenti l‟utilizzo di forme flesse, dall‟altra parte, indica che essi non sono in grado di servirsi in maniera adeguata dei morfemi di tempo verbale. La considerazione della natura dei morfemi omessi e della loro distribuzione all‟interno della rappresentazione linguistica, perciò, ha indotto lo studioso a ipotizzare che gli agrammatici soffrano di un disturbo selettivo nella rappresentazione del nodo sintattico T (Tense): (10) Tree-Pruning Hypothesis (simplified): Broca‟s aphasics cannot represent T; higher branches of the tree are pruned . 151 Il deficit agrammatico della produzione dipenderebbe, perciò, dall‟incapacità di portare a termine la costruzione dell‟albero sintattico, la cui rappresentazione sarebbe „potata‟ (pruned) all‟altezza del nodo del tempo, come indicato dalla linea curva posta tra T e NegP: 149 La Tree Pruning Hypothesis è stata proposta in molti lavori di Friedmann e di Grodzinsky. Per un approfondimento si vedano, per esempio, Grodzinsky (2000) e Friedmann (1998), di cui ci siamo serviti per la nostra presentazione. 150 Gli alberi sintattici rappresentano, nella teoria linguistica, la struttura gerarchica soggiacente l‟espressione linguistica nella sua forma lineare di superficie. Per un presentazione adeguata di questa nozione si rimanda a Graffi (2004: 159-166). 151 Tanto la definizione della Tree Pruning Hypothesis quanto l‟albero sintattico sotto riportato sono tratti da Grodzinsky (2000a: 16-17). 125 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini L‟indisponibilità della parte superiore della struttura sintattica renderebbe impossibile lo svolgimento di tutte le operazioni linguistiche implicanti T e i nodi sintattici situati sopra di esso. Il mantenimento dell‟espressione dei tratti di genere e numero sarebbe spiegata, perciò, dal fatto di non richiedere l‟accesso a nessun nodo superiore a T; la compromissione del procedimento di flessione verbale dipenderebbe, invece, dell‟impossibilità del verbo di spostarsi dalla posizione di specificatore di Vˈ, in cui esso viene generato, a quella di T, dove riceverebbe i tratti di tempo: 126 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini Il deficit agrammatico della produzione non comporterebbe, perciò – come inizialmente ipotizzato – la „cancellazione‟ dei morfemi grammaticali del tempo, bensì la sostituzione delle forme flesse con forme realizzabili al di sotto del nodo T (corrispondenti, solitamente, alle forme non-finite del verbo).152 L‟ipotesi che l‟assenza di flessione verbale derivi dalla perdita della rappresentazione di T (e, dunque, dall‟impossibilità di sollevamento del verbo) sarebbe confermata, secondo Grodzinsky, dagli errori prodotti nell‟ordine delle parole dagli agrammatici delle cosiddette verb second languages, caratterizzate dalla posizione fissa del predicato nella seconda posizione delle frasi principali. Come dimostrato dal caso degli afasici olandesi studiati da Baastianse & van Zonneveld (1998), le frasi principali prodotte dagli agrammatici olandesi non si differenzierebbero da quella „normali‟ soltanto per l‟uso di forme verbali non flesse in contesti richiedenti verbi a flessione finita, ma anche per la collocazione dei predicati al termine della frase, anziché in seconda posizione. In accordo con la Tree Pruning Hypothesis, entrambi gli errori sarebbero riconducibili alla mancata rappresentazione della parte superiore della struttura sintattica e, quindi, all‟impossibilità del verbo di innalzarsi oltre il nodo sintattico del Tense, così da ricevere i tratti di flessione verbale e occupare, come richiesto dalle regole di buona formazione sintattica, la seconda posizione della frase. Questa spiegazione giustificherebbe anche la mancanza di errori nell‟ordine delle parole e nella flessione dei verbi delle frasi secondarie prodotte dagli agrammatici della stessa lingua, caratterizzate dal verbo in forma infinita e in posizione finale di frase.153 Friedmann (1998) ha notato che la Tree Pruning Hypothesis fornisce anche una spiegazione dell‟uso di hard infinitives osservato nella produzione degli agrammatici ebraici, caratterizzata da infiniti verbali privi del prefisso le- (corrispondente alla 152 Quest‟ipotesi fornisce anche una spiegazione omogenea delle differenze osservate nella sostituzione delle forme verbali flesse nella produzione degli agrammatici di diverse lingue. In particolare, essa elimina l‟apparente differenza tra l‟uso della radice verbale osservato nella produzione agrammatica inglese e quello della forma infinita del verbo privilegiato dagli agrammatici tedeschi assumendo che gli agrammatici si servano, in entrambi i casi, della forma non-finita del verbo, coincidente, nel caso dell‟inglese, con la radice verbale stessa. 153 Gli studi condotti su agrammatici italiani (cfr. per esempio, Lonzi & Luzzatti 1993) hanno mostrato che la loro produzione verbale non presenta mai errori nel posizionamento del predicato all‟intero della frase, sia esso di forma finita o di forma non-finita: i verbi finiti appaiono solo prima dell‟avverbio , mentre i nonfiniti possono essere posti sia prima che dopo di esso. Nei casi in cui la frase contiene una negazione, inoltre, entrambi i tipi di verbi sono prodotti solo dopo di essa. In accordo Friedmann, tuttavia, questi dati non costituiscono un‟obiezione alla Tree Pruning Hypothesis, poichè “when a verb is produced correctly inflected, it has moved up and therefore it appears before the adverb” (Friedmann 2000: 162). Alla relazione tra la forma verbale e ordine dei costituenti frasali nell‟espressione agrammatica è dedicata larga parte del lavoro di Friedmann (2000), cui si rimanda per ulteriori approfondimenti. 127 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini particella to inglese). In accordo con la sperimentatrice, la performance agrammatica dimostrerebbe, infatti, che esso costituisce un morfema del tempo. La sua produzione richiederebbe, perciò, l‟innalzamento del verbo nella posizione sintattica del Tense. Non potendo ricorrere né alla flessione corretta del verbo, né alla costruzione della sua forma infinita, la produzione degli agrammatici ebraici sarebbe caratterizzata dal ricorso, casuale, a diverse forme flessive. Essi manterrebbero, tuttavia, la sensibilità alla distinzione tra forme verbali finite e non-finite, come dimostrato dal fatto di non servirsi mai di una forma finita per la sostituzione di una forma non-finita, né, viceversa, di forme finite in posizioni richiedenti l‟uso di verbi a flessione finita. Il caso degli agrammatici ebraici evidenzia, perciò, che l‟infinito non rappresenta la scelta di default per la sostituzione delle forme flesse nella produzione agrammatica; la preferenza per l‟una o l‟altra forma verbale sarebbe determinata, invece, solo dal fatto di non richiedere l‟innalzamento di V oltre il nodo del Tense, indipendentemente dal carattere di finitezza. Come abbiamo accennato, il modello di Grodzinsky suppone che il deficit agrammatico non determini difficoltà solo nella produzione degli elementi richiedenti il ricorso al nodo Tense, ma anche nell‟espressione di tutte le unità legate ai nodi sintattici superiori ad esso. Tutte le omissioni osservabili nell‟espressione agrammatica sarebbero riconducibili, perciò, a proprietà sintattiche definite dal nodo del Tense (come, per esempio, la copula) o da nodi superiori a esso (come nei casi della mancata produzione del soggetto grammaticale, delle frasi incassate e delle interrogative wh-, quasi del tutto assenti nella produzione agrammatica). L‟omissione dei morfemi grammaticali non dipenderebbe, quindi, dal tipo di informazione portata (es.: espressione del tempo verbale vs espressione dei tratti di numero e genere), ma dalla posizione assunta all‟interno dell‟albero sintattico. Una spiegazione parzialmente simile a quella di Grodzinsky è stata proposta da Hagiwara (1995), secondo cui il deficit agrammatico non dipenderebbe da un disturbo grammaticale, bensì da un deficit procedurale. La limitata disponibilità di risorse procedurali comprometterebbe la ripetuta applicazione di Merge necessaria alla costruzione della struttura sintattica, impedendo agli agrammatici di portare a termine la costruzione dell‟albero sintattico. Il modello della Tree Pruning Hypothesis è stato oggetto di numerose critiche. Penke (2000) ha osservato che, contrariamente da quanto predetto dal modello di Grodzinsky, la produzione del sintagma del complementatore e dell‟accordo verbale 128 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini risulta intatta nell‟espressione degli agrammatici tedeschi, pur corrispondendo a nodi superiori a T all‟interno della rappresentazione sintattica. La maggior parte delle obiezioni coincide, tuttavia, con quelle mosse alla Trace Deletion Hypothesis proposta dallo stesso studioso a spiegazione del deficit recettivo degli agrammatici. Tra queste, una delle più rilevanti è rappresentata dalle critiche alla considerazione che il deficit afasico comprometta in modo diverso i processi di produzione e comprensione linguistica, implicante l‟idea che i due procedimenti si servano di moduli cerebrali parzialmente diversi. 154 Nonostante non tutte le difficoltà espressive degli agrammatici trovino corrispondenza nei disturbi recettivi degli stessi soggetti (né, viceversa, si possano trovare a livello della produzione compromissioni del tutto simili a quelle riscontrabili nella comprensione), molti studiosi concordano nell‟idea che sia ragionevole pensare a un deficit compromettente in modo analogo e – almeno parzialmente – comune i due procedimenti. 2.3 La possibilità di un account unificato del deficit Il tentativo di fornire un‟ipotesi unitaria del deficit è posteriore, naturalmente, alla scoperta e alla descrizione dei disturbi recettivi degli agrammatici, inaugurata, come abbiamo detto, dal lavoro di Caramazza & Zurif (1976). Quest‟ultimo studio determinò l‟abbandono della credenza che il disturbo agrammatico compromette meccanismi responsabili esclusivamente del processo di produzione linguistica. Le prime proposte di spiegazione unificata del deficit sostenevano l‟ipotesi che l‟interpretazione agrammatica fallisse negli stessi casi in cui la loro espressione risultava ostacolata, ovvero, in accordo con le function words theories, nelle strutture contenenti morfemi grammaticali di qualche tipo.155 Queste proposte, tuttavia, sono state contraddette, da un lato, dall‟osservazione che il deficit non compromette in misura uguale tutti i tipi di morfemi; dall‟altro, dall‟approfondirsi della conoscenza dei disturbi 154 Cfr., per esempio, Kempen (2000), che osserva come non si possa assumere l‟esistenza di due distinti processori sintattici responsabili dei procedimenti sintattici ai due livelli. 155 Un esempio è rappresentato dall‟ipotesi di disturbo fonologico proposta da Kean (1977), secondo cui la comprensione agrammaticafallirebbe in tutti i casi in cui essa dipende dall‟interpretazione di particelle prive di salienza fonologica. La proposta di deficit lessicale formulata da Bradley e collaboratori (1980) supponeva, invece, che gli agrammatici soffrano di un disturbo selettivo nell‟utilizzo dell parole a classe chiusa, compromettente in modo simile i processi di produzione e comprensione linguistica. 129 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini recettivi degli agrammatici, che si dimostravano indipendenti, nella maggior parte dei casi, dal tipo di morfemi grammaticali presenti nella frase. Caramazza & Zurif (1976) hanno ipotizzato, per la prima volta, che il deficit agrammatico rifletta la compromissione di un meccanismo sintattico „centrale‟ determinante tanto la agrammatic production, quanto l‟asyntactic comprehension caratteristiche di questi soggetti. 156 La concezione unitaria del deficit venne indicata con il nome di OverArching Agrammatism, secondo cui l‟agrammatismo colpirebbe tutte le modalità linguistiche, determinando patterns di errore simili nell‟uno e nell‟altro processo linguistico: (11) OverArching Agrammatism (OAA) The language disruption in agrammatism (a) spans all modalities, (b) the selective pattern of impairment and sparing is identical cross-modally (Grodzinsky 2000b: 76). Ipotesi sintattiche unitarie sono state formulate, più recentemente, da Friedmann (1998) e da Bastiaanse et al. (2003). In accordo con la studiosa, sia i disturbi espressivi che quelli recettivi degli agrammatici sarebbero spiegati dalla Tree Pruning Hypothesis di Grodzinsky. I casi di fallimento dell‟interpretazione agrammatica sarebbero sempre caratterizzati, infatti, dalla cancellazione della traccia sintattica del costituente frasale spostato nella posizione di soggetto. L‟indisponibilità della traccia sintattica potrebbe essere attribuita, perciò, alla mancata rappresentazione della parte superiore dell‟albero sintattico caratteristica degli agrammatici. Il modello di Friedmann fornisce, così, una sintesi delle ipotesi della Trace Deletion e della Tree Pruning elaborate da Grodzinsky, risolvendo uno dei limiti dell‟approccio grodzinskiano, caratterizzato dal presupposto che i due processi linguistici siano supportati da moduli cognitivi parzialmente diversi. Essa condivide, tuttavia, l‟erronea previsione della Trace Deletion Hypothesis secondo cui il deficit recettivo degli agrammatici comprometterebbe soltanto la comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico. Secondo Baastianse et al. (2003), tanto gli errori espressivi quanto quelli recettivi sarebbero determinati, invece, dalla compromissione dell‟operazione stessa del movimento sintattico. Quest‟ipotesi sarebbe supportata, secondo gli studiosi, dalla quasi totale mancanza – nell‟espressione agrammatica – di strutture derivate da movimento 156 Come abbiamo detto, il fallimento della comprensione agrammatica emergerebbe, secondo i due studiosi, in tutti i casi in cui le strategie semantiche non sono sufficienti a compensare la mancanza di informazioni sintattiche, come osservato nel caso delle frasi semanticamente reversibili. 130 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini sintattico e dall‟incapacità di spostamento del verbo in seconda posizione osservata nella produzione di afasici delle lingue „a verbo secondo‟. Anche quest‟ultima proposta presenta, tuttavia, il difetto di limitare il fallimento della comprensione agrammatica alle frasi coinvolgenti movimento sintattico, trascurando le difficoltà osservate, per esempio, nell‟assegnazione delle referenze pronominali. 2.3.1 Il modello del discorso di Avrutin La spiegazione del disturbo agrammatico formulata da Avrutin (1999; 2001; 2004) assume che il deficit sintattico degli agrammatici determini un malfunzionamento dell‟interfaccia tra il modulo della sintassi e quello del livello interpretativo del discorso. Come abbiamo spiegato nella seconda parte del nostro lavoro, gli errori osservati nella comprensione linguistica rappresenterebbero, secondo lo studioso, l‟esito dalla competizione tra interpretazione sintattica e principi interpretativi al livello del discorso. La competizione tra procedimenti interpretativi ai diversi livelli linguisti sarebbe determinata, come abbiamo detto, dal ritardo nella costruzione della struttura sintattica caratteristico di questi soggetti, che soffrirebbero di un rallentamento nello svolgimento delle operazioni sintattiche. L‟indebolimento del modulo sintattico caratteristico del sistema linguistico di questi soggetti determinerebbe un‟importante differenza nel costo computazionale richiesto dalle diverse operazioni linguistiche rispetto a quella formulata nella gerarchia di Reuland (2001). A differenza di quanto accade per i soggetti „sani‟, infatti, le operazioni sintattiche non rappresenterebbero il livello linguistico più economico per gli agrammatici bensì, al contrario, quello più dispendioso. La maggior lentezza della sintassi e il maggior costo computazionale da essa richiesto determinerebbero la „predilezione‟ agrammatica per l‟utilizzo di principi linguistici extrasintattici, osservabile, secondo lo studioso, tanto nella comprensione quanto nella produzione linguistica. Le omissioni delle categorie funzionali caratteristiche dell‟espressione agrammatica sarebbero spiegabili come una generalizzazione – impropria – delle possibilità permesse nell‟uso linguistico di registri speciali in cui l‟informazione normalmente espressa dalla presenza di determinati elementi sintattici può essere dedotta dal contesto linguistico, permettendo l‟occasionale omissione di quegli elementi sintattici. La mancata espressione del soggetto grammaticale sovra-estenderebbe, per esempio, una caratteristica del 131 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini cosiddetto diary style, all‟interno del quale è permessa la produzione di frasi del tipo seguente: (12) Got up at 7. Took shower. Had to go work. Left.157 A causa del maggior carico di lavoro richiesto loro dallo svolgimento delle operazioni sintattiche, gli agrammatici si servirebbero di queste possibilità „eccezionali‟ anche nell‟espressione di frasi in cui il contesto non può compensare le informazioni sintattiche omesse, determinando la produzione di strutture ininterpretabili. In accordo con l‟impostazione formale proposta dallo studioso, si dovrebbe dire che gli agrammatici generalizzano la possibilità di produrre file cards prive di contenuto referenziale. Come abbiamo detto nei capitoli precedenti, il modello di Avrutin assume, infatti, che la rappresentazione linguistica al livello del discorso sia determinata dall‟input della narrow syntax: a ogni categoria funzionale del livello sintattico corrisponderebbe la creazione di una file card al livello del discorso, costituita, nei casi normali, da una frame esprimente la categoria dell‟elemento linguistico, e da una heading corrispondente al suo contenuto referenziale.158 La buona formazione della rappresentazione al livello del discorso richiederebbe, come abbiamo accennato, la soddisfazione di due condizioni: (13) Interpretably Condition 1: Information units must be interpretable. Interpretability Condition 2: To be fully interpretable, an information unit must contain a frame and a heading (Avrutin 2004: 76). I „registri speciali‟ cui abbiamo fatto accenno permetterebbero di non esprimere la cornice di una file card al livello sintattico nei casi in cui essa può essere derivata dal contesto tramite presupposizione. Il riempimento della frame di una individual frame card attraverso le informazioni del contesto è esemplificato dalla frase olandese in (14), dove il determinatore het non viene espresso in quanto deducibile tramite presupposizione:159 (14) Q: Wie heeft jou gisteren gebeld? [=Who called you yesterday?] A: Oh, meisje van school. [=Oh, girl from school]. 157 Cfr. Haegeman (1990.) Tutte le immagini seguenti sono tratte da Vasić (2006: 179-181). 159 E‟ importante notare come Avrutin (2004) intenda il contesto come un livello non linguistico, determinato da diversi fattori, come, per esempio, la conoscenza generale dei soggetti. Al livello extralinguistico del contesto si contrappone quello linguistico del discorso, responsabile di operazioni come la risoluzione di alcune dipendenze anaforiche, l‟identificazione del topic e del focus e l‟identificazione dell‟antecedente dei riflessivi logoforici. Le frasi olandesi riportate sono tratte da Vasić (2006: 180). 158 132 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini Fig. 3: Esempio di riempimento della frame di una individual card attraverso presupposizione Un esempio di riempimento della cornice di una event card è offerto, invece, dalle costruzioni russe del tipo (14), dove il parlante fornisce un punto temporale specifico nella prima parte della frase, cui può essere „ancorato‟ il tempo verbale – inespresso – del secondo enunciato: 160 (15) Ded Moroz prinjos podarki. Deti prygat' ot radosti. [=Santa Clause has brought gifts. Children to-jump-(INF) of joy] Fig. 4: Esempio di riempimento della frame di una event card attraverso presupposizione Nella gerarchia di costo computazionale, i registri speciali assumono uno status speciale per ragioni di economicità: poiché la via sintattica è, di norma, la più economica, solo in 160 Cfr. Vasić (2006: 181). 133 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini specifiche circostanze si abbandona la narrow syntax per servirsi degli altri livelli linguistici. La differente gerarchia di costo degli agrammatici spiegherebbe la loro preferenza per l‟introduzione della frame a partire dal contesto, anziché a livello sintattico.161 Così come la competizione tra narrow syntax e discourse level determinante la comprensione linguistica agrammatica non è sempre vinta dai principi interpretativi extrasintattici, allo stesso modo la produzione agrammatica non è sempre caratterizzata dal ricorso alle possibilità espressive dei registri speciali, come dimostrato dalla variabilità osservabile tanto nella performance di soggetti diversi, quanto all‟interno dell‟espressione di uno stesso soggetto (dove possono apparire pronomi-soggetto non omessi e verbi presentati la corretta flessione temporale). La mancata precisazione di quali fattori determinino la vittoria dell‟uno o dell‟altro livello linguistico costituisce, tuttavia, come abbiamo già accennato in occasione della presentazione dello stesso modello a spiegazione del deficit agrammatico della comprensione, uno dei maggiori limiti dell‟ipotesi di Avrutin. Un secondo aspetto problematico è rappresentato dal fatto che la tipologia di registri speciali varia molto da una lingua all‟altra. La possibilità di omissione dei determinatori, per esempio, è permessa in diversi contesti dalla lingua olandese, ma quasi impossibile in italiano, dove essa è utilizzata quasi esclusivamente all‟interno dei titoli di giornale. Quest‟ultima considerazione rappresenta, perciò, per stessa ammissione di Avrutin (2004: 89), una domanda aperta sul modello della compromissione dell‟interfaccia tra narrow syntax e discourse level. 161 Vasić (2006) ha esteso il modello di Avrutin ai patterns di omissione dei pronomi personali. Come dimostrato dalla quasi assoluta concomitanza della produzione dei verbi di forma non-finita e dell‟omissione degli elementi pronominali, quest‟ultimo aspetto sarebbe determinato, secondo la studiosa, principalmente dalla difficoltà mostrata nella produzione dei verbi flessi, la cui assenza determinerebbe la mancanza di un predicato in grado di assegnare Caso astratto ai pronomi. Per un approfondimento di questo aspetto si rimanda a Vasić (2006: 183-184). 134 2. AGRAMMATISMO E ACQUISIZIONE LINGUISTICA Gli errori compiuti dagli agrammatici hanno rivelato molte analogie con quelli prodotti dai bambini nel corso dell‟acquisizione del linguaggio. L‟interesse per questi parallelismi risale alle prime osservazioni del deficit afasico, che avevano costatato una sorta di specularità nell‟ordine di acquisizione delle abilità linguistiche e in quello osservabile nella sua „dissoluzione‟ afasica. Questa considerazione aveva trovato una formulazione teorica nella cosiddetta Regression Hypothesis, secondo cui la perdita delle abilità linguistiche caratteristica delle patologie linguistiche seguirebbe l‟ordine inverso di quello assunto nella loro acquisizione: le capacità acquisite per ultime dai bambini sarebbero le prime a essere perse dagli afasici. Quest‟impostazione si basava, come si può notare, su due principali convenzioni: una form constraint, secondo cui le varie forme di „dissoluzione‟ del linguaggio osservate nei pazienti affetti da afasie corrisponderebbero alle forme della facoltà di linguaggio nelle diverse fasi dell‟acquisizione delle sue abilità; un‟order constraint, secondo cui le abilità linguistiche acquisite più tardi nel processo di acquisizione linguistica sarebbero le più vulnerabili in caso di danno cerebrale.162 Un più attento paragone dei due processi ha rivelato, tuttavia, come l‟ipotesi della „regressione‟ del sistema linguistico agrammatico non fosse del tutto adeguata a spiegare le similarità riscontrate nei due procedimenti. In primo luogo si notò come, diversamente da quanto supposto dalla form constraint, molti aspetti dei disturbi linguistici non potessero essere associati a nessuna fase dell‟acquisizione linguistica da parte dei bambini. In secondo luogo, l‟approfondirsi della conoscenza dei deficit afasici rivelò come l‟ordine della perdita alcuni aspetti linguistici non rispettasse quello in cui essi vengono acquisiti, come dimostrato, per esempio, dai casi di afasici aventi maggiori difficoltà nella produzione dei nomi rispetto ai verbi (che appaiono, tipicamente, più tardi dei nomi nel processo di acquisizione linguistica). L‟esclusione della Regression Hypothesis non ha determinato, però, l‟abbandono dello studio comparato dei due processi. I risultati delle ricerche sperimentali hanno confermato l‟esistenza di molte somiglianze, seppure non descrivibili attraverso le nozioni di form constraint e order 162 Una similarità di form constraint era stata identificata, per esempio, nella natura „telegrafica‟ caratteristica della parlata infantile e, come abbiamo visto, delle afasie non-fluenti. Le denominazioni di form constraint e di order constraint, così come molte delle considerazioni che seguono, sono tratte da Caramazza (1994: 121-122). La Regression Hypothesis è stata sostenuta, tra gli altri, da Jakobson (1944); in ambito psicologico un‟idea del tutto simile era stata proposta, tuttavia, già da Ribot (1883). A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini constraint. Gli studi di Maratsos (1973) e di Avrutin et al. (1999) hanno dimostrato che tanto i bambini in età pre-scolare quanto i soggetti affetti da agrammatismo non sembrano essere in grado di implementare la conoscenza dell‟accento contrastivo come indicatore di cambio del referente pronominale. Lo studio di Maratsos ha mostrato, inoltre, come questa capacità migliori nei bambini con l‟accrescere dell‟età. Gli esperimenti sulla comprensione delle dipendenze pronominali condotti, per esempio, da Vasić (2006), hanno evidenziato che il pattern di errore dei bambini rispecchia quelli emersi nell‟interpretazione delle stesse strutture da parte degli agrammatici. Allo stesso modo dei soggetti afasici, i bambini mostrano maggiore difficoltà nella comprensione dei pronomi personali rispetto a quella dei riflessivi, permettendo l‟interpretazione co-referenziale dei pronomi personali con il SN che li precede nel dominio locale (es.: *The boyi pointed at himi). Esattamente come gli agrammatici, inoltre, i bambini compiono maggiori errori nell‟interpretazione di pronomi inseriti in frasi ECM (es.: *Maryi saw heri dance) rispetto a quelli posti in frasi semplici transitive semplici, e si dimostrano incapaci di applicare il principio del parallelismo dei ruoli tematici nella risoluzione di dipendenze pronominali extra-frasali.163 Avrutin (2000) ha rilevato, infine, che i bambini condividono la difficoltà manifestata dagli agrammatici nella comprensione delle interrogative wh- introdotte da pronomi referenziali (which). Analogamente, l‟osservazione dell‟espressione spontanea dei due gruppi di soggetti ha messo in luce importanti analogie anche a livello della produzione linguistica, come, per esempio, la frequente omissione dei determinatori e dei sintagmi flessivi del tempo. 164 3.1 L’acquisizione del linguaggio come incremento delle risorse procedurali Molti studiosi hanno interpretato i parallelismi osservati nel sistema di acquisizione del linguaggio e nel suo impoverimento tipico delle afasie come indice di una comune carenza di risorse procedurali. Nel caso dei soggetti afasici essa sarebbe determinata, naturalmente, dagli effetti del danno cerebrale subito; nel caso dei bambini in età prescolare, invece, esso dipenderebbe dall‟incompleta maturazione cerebrale, che renderebbe 163 Alle evidenze sperimentali raccolte nel test con i bambini in età pre-scolare e alle teorie esplicative date da diversi studiosi è interamente dedicata l‟ultima parte del lavoro di Vasić (2006). Come sottolineato dall‟autrice, la performance dei bambini si differenzia da quella agrammatica solo nell‟interpretazione dei pronomi inseriti in VP-elipssis constructions, che i bambini risolvono attraverso l‟uso di risorse extralinguistiche (lettura deittica). Per un approfondimento di quest‟ultimo aspetto cfr. Vasić (2006: 162-168). 164 Cfr., a questo riguardo, Avrutin (2004). 136 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini impossibile l‟esecuzione di operazioni linguistiche richiedenti una grande quantità di risorse computazionali. In accordo con l‟Adaptation Theory di Kolk (1995), bambini e agrammatici condividerebbero una riduzione della capacità di mantenere simultaneamente nella rappresentazione linguistica i diversi elementi della frase. A causa dell‟indebolimento del loro sistema procedurale, i due gruppi di soggetti adatterebbero il loro linguaggio alla quantità di risorse rimaste a loro disposizione, producendo frasi incomplete e frammentarie. Come abbiamo già detto, tuttavia, il modello di Kolk presenta il limite di presupporre che i parlanti siano in grado di „adattare‟ la produzione sulla base delle risorse procedurali disponibili, attribuendo alla produzione linguistica un carattere di consapevolezza di cui è priva. Secondo Avrutin (2004), la ridotta quantità di risorse procedurali a disposizione dei due gruppi di soggetti comporterebbe un rallentamento del loro processing sintattico. In accordo con lo studioso, infatti, la narrow syntax diventerebbe completamente operativa solo una volta che le aree cerebrali ad essa adibite raggiungono la completa maturazione, diventando capaci di intraprendere la via più economica di interpretazione e d‟espressione linguistica; nei casi in cui esse vengono danneggiate, tuttavia, il „vantaggio‟ raggiunto con il completamento della maturazione cerebrale sarebbe – naturalmente – compromesso. Il rallentamento del modulo sintattico provocherebbe, come abbiamo detto, un aumento del costo computazionale richiesto per lo svolgimento delle operazioni sintattiche, e, conseguentemente, una maggiore facilità di ricorso agli altri livelli linguistici: [I]f the neuronal substrates supporting syntactic computation are not fully developed (or damaged), it is possible that a certain operation will require more resources than for a fully developed unimpaired system. In this case, alternative systems, such as the context, may become equally economical. I suggest that this is precisely the case for children and aphasic speakers. As the narrow syntax operations are for these populations more resource consuming than for unimpaired adult speakers, they may sometimes rely on alternatives means of introducing information units. Recall that such an option is not completely prohibited: for normal adults it is the case of special registers. […] It is important to emphasize that children (and aphasic speakers) do not do anything that goes against principles of the narrow syntax. They sometimes may not use it, but if they do, they do it correctly (Avrutin 2004: 80). Come osservato da Avrutin stesso, le omissioni effettuate dai due gruppi di soggetti non determinerebbero mai, perciò, la produzione di strutture agrammaticali, ma, piuttosto, frasi ininterpretabili a causa dell‟uso inappropriato all‟interno di espressioni „standard‟delle possibilità concesse soltanto da particolari registri. 137 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini L‟ipotesi della weak syntax sarebbe adeguata, infine, alla spiegazione non soltanto dei molti aspetti comuni riscontrati nel comportamento linguistico dei bambini e degli agrammatici, ma anche del carattere di variabilità (o, adottando una traduzione del termine usato da Avrutin, di opzionalità) che li caratterizza, derivante, come abbiamo detto, dalla competizione tra narrow syntax e livelli linguistici extra-sintattici.165 Essa sembra essere contraddetta, però, dall‟osservazione che, nonostante la maturazione cerebrale avvenga con rapidità pressoché identica nei bambini di tutte le lingue, la misura delle omissioni ai diversi stadi dell‟acquisizione linguistica si rivela diversa nei bambini parlanti lingue differenti. Lo stadio dell‟uso delle forme verbali infinite in luogo di quelle flesse, per esempio, si mantiene molto più a lungo nella produzione dei bambini olandesi e tedeschi rispetto a quanto accade nel caso dei bambini delle lingue romanze, che non producono frasi all‟infinito.166 Un secondo aspetto problematico dell‟applicazione del modello di Avrutin al processo di acquisizione linguistica è rappresentato dal fatto che gli errori di produzione sembrano „scomparire‟ prima di quelli legati alla comprensione linguistica. Quest‟ultima differenza è stata giustificata da Avrutin attraverso la considerazione che lo svolgimento di picture-selection tasks – rappresentanti, come abbiamo visto, il test più usato nella valutazione delle capacità recettive – richiederebbe uno sforzo cognitivo tale da far „ricadere‟ i bambini in uno stadio precedente dello sviluppo linguistico. 165 Per una trattazione più dettagliata delle somiglianze osservate nella produzione infantile ed in quella agrammatica si rimanda a Avrutin (2004: 81). 166 Differenze simili sono state osservate anche nell‟uso dei determinatori da parte dei bambini di diverse lingue. Si veda Avrutin (2004: 88) per il riferimento agli studi che hanno documentato queste asimmetrie e per una presentazione di alcune delle spiegazioni di queste differenze. 138 CONCLUSIONI Nei primi capitoli del nostro lavoro abbiamo considerato la legittimità e l‟utilità dello studio delle patologie linguistiche per l‟approfondimento della conoscenza del funzionamento del sistema linguistico. La considerazione dei diversi approcci emersi negli studi neuro-linguistici ci ha condotto alla distinzione tra diverse concezioni dell‟organizzazione cerebrale e al riconoscimento dell‟orientamento oggi prevalente, rappresentato, come abbiamo detto, da una visione „interazionista‟ in senso ampio, non priva di una componente localizzazionista. Dopo aver fornito una breve rassegna delle attuali conoscenze della relazione tra specifiche attività linguistiche e particolari aree del cervello, ci siamo dedicati a una sintetica presentazione dell‟afasia di Broca e del disturbo linguistico dell‟agrammatismo, che ne costituisce, spesso, uno degli aspetti caratteristici. Tra le osservazioni più rilevanti a questo riguardo, abbiamo sottolineato come questo tipo di afasia non possa essere considerata – come inizialmente creduto – l‟esito di una lesione all‟area di Broca, e come essa venga oggi identificata sulla base di una serie di „sintomi‟ (come, per esempio, la caratteristica della non-fluenza verbale) provocati dal danneggiamento di diverse regioni cerebrali. Questa considerazione ci ha permesso di osservare, inoltre, che l‟afasia di Broca non rappresenta, perciò, una sindrome „pura‟. Ciononostante, l‟osservazione del comportamento linguistico dei soggetti che ne sono affetti ha permesso il riconoscimento di alcune tendenze comuni e la formulazione di ipotesi sulla sua origine. La seconda parte del nostro lavoro è stata dedicata alla presentazione di alcuni dei modelli linguistici formulati a spiegazione del deficit agrammatico della comprensione. La presentazione delle diverse proposte teoriche ha messo in luce l‟inadeguatezza dei modelli di loss ok knowledge, inadeguati alla spiegazione dei differenti gradi di severità del deficit, della variabilità della performance agrammatica nello svolgimento di compiti linguistici diversi e dell‟eterogeneità delle strutture linguistiche determinanti il fallimento dell‟interpretazione agrammatica, non riconducibile alla perdita di una singola abilità linguistica. Tra questi, abbiamo approfondito la Trace Deletion Hypothesis di Grodzinsky, secondo cui gli agrammatici soffrirebbero di un danno sintattico molto specifico, provocante la cancellazione della traccia nelle posizioni tematiche della struttura sintattica. L‟indisponibilità della catena sintattica determinerebbe l‟affidamento A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini degli agrammatici ad una strategia interpretativa extra-linguistica che assegnerebbe il ruolo di Agente a tutti i SN referenziali privi di ruolo tematico posti in prima posizione della frase. L‟adozione di questo principio spiegherebbe, secondo lo studioso, tanto la buona comprensione dimostrata dagli agrammatici in frasi in cui l‟assegnazione di default del ruolo di Agente non entra in competizione con l‟interpretazione sintattica (compensandone la mancata trasmissione attraverso la traccia), quanto l‟insuccesso registrato in tutti i casi in cui il ruolo tematico di Agente viene assegnato contemporaneamente ad un altro elemento della frase, determinando una rappresentazione non-interpretabile a causa della doppia presenza dello stesso ruolo. La buona comprensione registrata nell'interpretazione di costruzioni passive coinvolgenti verbi psicologici viene spiegata dallo studioso attraverso la considerazione del fatto che, poiché la griglia tematica di questo tipo di verbi non richiede l‟attribuzione del ruolo di Agente all‟interno della frase, l‟assegnazione di default non determinerebbe, in questo caso, una competizione tra elementi presentanti lo stesso ruolo tematico. La restrizione della default strategy ai soli elementi referenziali, infine, giustificherebbe la buona comprensione delle frasi passive introdotte da elementi non-referenziali come every e delle interrogative con who. Come abbiamo discusso nei diversi paragrafi dedicati alle critiche mosse allo studioso, tuttavia, l‟ipotesi di Grodzinsky si è rivelata incompatibile con un ampio numero di dati sperimentali, predicendo il fallimento della comprensione agrammatica solo nelle frasi prodotte da movimento sintattico. Essa si basa, inoltre, sull‟errata considerazione dell‟afasia di Broca come il prodotto di un danno all‟area di Broca e sulla correlazione – altrettanto scorretta – tra questa regione cerebrale e capacità sintattiche molto specifiche, come, appunto, la rappresentazione della traccia sintattica. Nella seconda parte della stessa sezione, ci siamo dedicati ai modelli di loss of processing, considerando – in primo luogo – il modello dichiarativo/procedurale di Ullman, secondo cui l‟agrammatismo rifletterebbe un deficit procedurale generale: il linguaggio non si servirebbe, infatti, di moduli specifici a esso dedicati, ma dell‟interazione di due sistemi cognitivi generali (quello della memoria dichiarativa e quello della memoria procedurale) responsabili di aspetti simili in tutti i domini cognitivi. Molti modelli linguistici di deficit procedurale assumono, invece, che il danno cerebrale subito dagli agrammatici determini un indebolimento computazionale specificamente linguistico, compromettente, in modo particolare, le operazioni al livello sintattico. In accordo con la proposta della Slow-syntax, che abbiamo privilegiato nel corso della nostra trattazione, esso determinerebbe un ritardo nella costruzione della struttura sintattica, che 140 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini indurrebbe gli agrammatici a servirsi di strategie interpretative extra-sintattiche anche nei casi in cui esse non rappresentano la modalità appropriata d‟interpretazione. Quest‟ipotesi è stata confermata, come abbiamo documentato in larga parte della seconda sezione, da un ampio numero di lavori sperimentali, rivelandosi un approccio particolarmente proficuo all‟indagine del deficit recettivo degli agrammatici (e, come abbiamo rapidamente considerato, alle difficoltà espressive di questi soggetti). Essa si rivela adatta, inoltre, tanto alla spiegazione delle analogie osservate tra il comportamento linguistico degli agrammatici e quello dei bambini in età pre-scolare (con cui gli agrammatici condividerebbero la scarsa quantità di risorse procedurali a disposizione), quanto alla formulazione di un account unificato del deficit agrammatico. La proposta della slowerthan-normal syntax di Avrutin, Burkhardt, Vasić e collaboratori manca tuttavia di considerare, come abbiamo già sottolineato, i problemi riscontrati nell‟interpretazione dell‟accento marcato sugli elementi pronominali, che aveva suggerito che il problema recettivo degli agrammatici risiedesse nelle difficoltà di implementazione delle informazioni al livello interpretativo del discorso. Non viene chiarito, inoltre, quali fattori permettano l‟occasionale comprensione di strutture sintattiche tipicamente critiche per gli agrammatici, in quali contesti i sistemi interpretativi extra-sintattici possano operare anche in assenza delle informazioni strutturali, e in quali casi la loro applicazione presupponga la disponibilità della struttura sintattica. Nella terza parte, abbiamo brevemente considerato i disturbi espressivi degli agrammatici e messo a confronto alcune delle proposte teoriche che hanno cercato di identificarne l‟origine. Come abbiamo detto, le prime ipotesi presentate, conosciute con il nome di function word theories in quanto accomunate dall‟idea che l‟espressione agrammatica rifletta una difficoltà nell‟elaborazione delle parole funzionali, sono state smentite dall‟osservazione che il deficit non colpisce in modo uguale tutti i tipi di morfemi grammaticali. Esse erano del tutto inadeguate, inoltre, alla spiegazione del disturbo recettivo degli agrammatici. La considerazione della diversa misura di omissione dei morfemi verbali del tempo rispetto a quelli di flessione nominale ha suggerito la formulazione della Tree Pruning Hypothesis di Grodzinsky, secondo cui gli agrammatici non sarebbero in grado di costruire interamente la struttura sintattica, mancando così della rappresentazione del nodo Tense e di tutti i nodi superiori ad esso. Anche quest‟ipotesi, tuttavia, non si è mostrata del tutto compatibile ai dati sperimentali raccolti; essa implica, inoltre, l‟esistenza di due moduli sintattici paralleli e – almeno parzialmente – distinti, responsabili, l‟uno, dei procedimenti sintattici della comprensione (che l‟afasia di Broca 141 A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o Mar ia S capp ini danneggerebbe impedendo la rappresentazione della traccia sintattica), l‟altro, di quelli coinvolti nella produzione linguistica (che l‟agrammatismo comprometterebbe impedendo la rappresentazione dei nodi sintattici superiori a quello del Tense, e del Tense stesso). La nostra trattazione si è conclusa, perciò, con la considerazione del modello della weak syntax di Avrutin a spiegazione delle difficoltà espressive di questo tipo di afasici. In accordo con lo studioso, gli errori prodotti dagli agrammatici nell‟espressione spontanea sarebbero determinati, esattamente come quelli osservati al livello della comprensione linguistica, dalla particolare dispendiosità dell‟utilizzo delle risorse sintattiche da parte di questi soggetti e dalla sovra-estensione dell‟uso degli altri livelli linguistici. L‟omissione degli elementi funzionali rifletterebbe, per esempio, un uso generalizzato delle possibilità di espressione al livello del discorso permesse da particolari registri linguistici. Oltre a dimostrarsi soddisfacentemente in accordo con le evidenze sperimentali raccolte, il modello del discorso di Avrutin presenta l‟importante vantaggio di non assumere che i disturbi recettivi ed espressivi degli agrammatici derivino dalla compromissione di moduli differenziati. Pur non costituendo una risposta definitiva al problema dell‟identificazione della natura del deficit agrammatico, il modello della weak syntax rappresenta, ad oggi, la migliore ipotesi per la sua spiegazione. 142 RINGRAZIAMENTI Al termine di questo lavoro, desidero esprimere la mia riconoscenza a quanti hanno reso possibile la stesura di questa tesi e così appassionante lo studio di questi anni. Il primo ringraziamento spetta al professor Denis Delfitto, cui sono grata di aver potuto occuparmi di un tema che mi aveva incuriosito già dal secondo anno di Università, della fiducia dimostratami e del tempo – prezioso, come ho potuto scoprire in questi mesi – dedicatomi. Ringrazio, inoltre, Gaetano Fiorin, per i molti chiarimenti e incoraggiamenti e, in modo particolare, per l‟immancabile disponibilità. Uno speciale ringraziamento va anche al professor Giorgio Graffi, ai cui corsi devo l‟entusiasmo e l‟interesse per la linguistica generale, e al professor Andrea Moro, che ha suscitato in me l‟iniziale curiosità per la psico-linguistica e alla cui pubblicazione de I confini di Babele devo la consapevolezza che il particolare non è mai staccato dal tutto, neanche nella linguistica. Ringrazio tutti gli amici che hanno reso belli questi due anni di Università: Gianluca Bottaro, Karin Martin, Rossana Bianchi e Nadia Ometto, compagni di interessanti scoperte e di incessanti battaglie burocratiche nella waste land dell‟interfacoltà; Nicholas Begolo, per la compagnia e il sostegno in questi mesi di stesura; Francesca, Silvia, Annamaria, Pietro, Dada e Carmelo per la preziosa amicizia; Chiara, Matilde, Pieter, Marco, Laurens, Jasper, Gabrielle e Therese della grande compagnia nei mesi olandesi; Ema, Deborah e Alessandra per l‟entusiasmo e per tutti i vostri „sì‟; Uccio, Gege, Manuel, Gilda. Ringrazio di cuore tutti gli amici del Clu di Verona, per tante ragioni diverse, ma soprattutto perché non mi lasciate mai „tranquilla‟; i compagni di avventura di Student Office, per aver scoperto insieme a me come è bello interessarsi a tutto, anche ai dettagli più aridi di questa „macchina‟ burocratica che è, tante volte, l‟Università (grazie Angel, grazie Otta!); tutti quanti hanno condiviso con me l‟esperienza dell‟Ass. Rosmini e il tentativo ironico di „giudicare tutto e trattenere il bello‟ (forza Uccio che „la bellezza salverà il mondo‟). Ringrazio i miei genitori e i miei fratelli per la grande libertà che mi hanno sempre regalato, e per il notevole sacrificio „logistico‟ che è stato permettermi di partire per 143 l‟Erasmus, di cui vi sono estremamente grata. Un grazie particolare anche a zia Annalisa, per la disponibilità assoluta e il sostegno incondizionato (o quasi!). Ringrazio infine, last but not least, Stefano, che mi prende sul serio più di quanto io non sappia fare con me stessa e mi vuole bene più di quanto io non sappia fare con me stessa. 144 BIBLIOGRAFIA AVRUTIN, S. (1999). Development of the Syntax-Discourse Interface. Kluwer Academic Press, Dordrecht. AVRUTIN, S. (2000). Comprehension of D-linked and non-D-linked Wh-questions by Children and Broca‟s aphasics. In Y. Grodzinsky, L. Shapiro & D. Swinney (a cura di). Language and the Brain, Academic Press, San Diego, 295-313. AVRUTIN, S. (2001). Linguistics and Agrammatism. GLOT International, 5 (3), 1-5. AVRUTIN, S. (2004). Optionality in Child and Aphasic Language. Lingue e Linguaggio, 3 (1), 6596. AVRUTIN, S. (2006). Weak Syntax, in Y. Grodzinsky & K. Amunts (a cura di), Broca’s Region. Oxford University Press, Oxford, 49-62. AVRUTIN, S., LUBARSKY, S. & GREENE, J. (1999). Comprehension of Contrastive Stress by Agrammatic Broca‟s Aphasics. Brain and Language, 70, 163-186. 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