Afasia e facoltà di linguaggio - Università degli Studi di Verona

Transcript

Afasia e facoltà di linguaggio - Università degli Studi di Verona
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA
FACOLTÀ DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE
CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN LINGUISTICA
TESI DI LAUREA
AFASIA E FACOLTÀ DI LINGUAGGIO.
Aspetti neuro-linguistici e cognitivi del deficit afasico dell’agrammatismo.
Relatore:
Ch.mo Prof. DENIS DELFITTO
Laureanda:
MARIA SCAPPINI
_________________________________________________
A.A. 2009/2010
Ai miei genitori
INDICE
INTRODUZIONE……………………………………………………………………………...……9
PARTE PRIMA: AFASIA E CERVELLO…………………………………………...……………..11
1. PREMESSA: LO STUDIO DEL CERVELLO E DEL LINGUAGGIO ATTRAVERSO LA PATOLOGIA
LINGUISTICA………………………………………………………………………………..11
2. LA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE LINGUISTICHE NEL CERVELLO….……………………..17
2.1 Le scoperte di Paul Broca e di Carl Wernicke ………………………………………..17
2.2 Le attuali conoscenza sulla neuroanatomia del sistema linguistico……………….…..19
3. L‟AFASIA DI BROCA E IL DEFICIT LINGUISTICO DELL‟AGRAMMATISMO……………….…..23
3.1 Agrammatismo e produzione linguistica………………………………..…….……………..24
3.2 Agrammatismo e comprensione linguistica………………………………...………….26
PARTE SECONDA: MODELLI LINGUISTICI E COGNITIVI DEL DEFICIT AFASICO….………29
1. IL MODELLO DI GRODZINSKY E L‟IPOTESI DEL LOSS OF KNOWLEDGE………………………29
1.1. La Trace Deletion Hypothesis di Grodzinsky……………………………...…………..30
1.1.1 La comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico…….…………....32
1.1.2. L'espressione di giudizi di grammaticalità e svolgimento di compiti on-line………..37
1.2 Restrizioni sul modello della Trace Deletion Hypothesis……………………………39
1.2.1 Il Trace Based Account……………………………………………..…….……...40
1.2.2 La R-Strategy………………………………………………………………....…41
1.3 Principali obiezioni alla TDH……………………..…………………………..…….43
1.3.1 Critiche all'interpretazione dei dati sperimentali …………………………..………43
1.3.2 Critiche alle assunzioni teoriche della TDH……………………………………….46
1.4 Conclusioni sul modello di Grodzinsky……………………………………….………..48
2. L'IPOTESI DEL LOSS OF PROCESSING……………………………………………………........51
2.1 Il modello cognitivo di Ullman………………………………………………...………..51
2.1.1. La memoria dichiarativa ………………..……………………..…….………….53
2.1.2. La memoria procedurale ………………………….………………….…………55
2.1.3 Il modello dichiarativo/procedurale………………………………..……………..56
2.1.4 Evidenze neurologiche del modello DP………………………….………………..59
2.1.4.1 Le patologie del linguaggio come deficit dichiarativo…………………….60
2.1.4.2 Le patologie del linguaggio come deficit procedurale…………………….61
2.1.5 Conclusioni sul modello di Ullman…………………………………………..…...63
2.2. Modelli linguistici di deficit procedurale………………………………………………65
2.2.1 Il deficit agrammatico come difficoltà di implementazione ..…………………..…..66
2.2.1.1 Hickok & Avrutin (1995): il contributo della „referenzialità‟………………66
2.2.1.2 Avrutin et al. (1999): l‟interpretazione dell‟accento contrastivo…………....67
2.2.2. Il deficit agrammatico come ritardo nella costruzione della struttura
sintattica.......….…………………………………………………………….…73
2.2.3 Conclusioni sui modelli linguistici di deficit procedurale……………….……...…..76
3. IL MODELLO DELLA SLOWER-THAN-NORMAL SYNTAX: EVIDENZE LINGUISTICHE E
SPERIMENTALI……...…………………………………………………………………79
3.1 L’interpretazione dei pronomi personali e riflessivi……….………………….....…..79
3.1.1 Studi off-line sull’interpretazione dei pronomi personali e passivi……………...…..80
3.1.1.1 Le prime evidenze: Grodzinsky et al.(1993)…………………………...….80
3.1.1.2 L‟interpretazione dei pronomi personali nelle costruzioni transitive e ECM:
Ruigendijk & Avrutin (2003)……………………………………..………81
3.1.1.3 Sensibilità ai tratti morfo-sintattici nell'interpretazione pronominale:
Vasić & Ruigendijk (2005) ………………………………………….…..86
3.1.2 Studi on-line sull’assegnazione della referenza pronominale…………………....…90
3.1.2.1 L'effetto di priming nell'interpretazione pronominale: Love et al.
(1998)…………………………………………..……………..…..……90
3.1.2.2 L'interpretazione dei riflessivi logoforici e co-argomentali:
Piñango & Burkhardt (2001)……………………………………….…….92
3.1.2.3 L'interpretazione dei riflessivi olandesi: Burkhardt et al. (2008)…….……..93
3.2 L’interpretazione dei pronomi personali in diversi contesti sintattici:alcuni
studi di Vasić (2006)…………………………………………………….….……….98
3.2.1 L’interpretazione co-referenziale di dipendenze pronominali extra-frasali:
Vasić (2006)...…………………………………………………………………98
3.2.2 L’interpretazione dei pronomi nelle VP-ellipsis constructions:
Vasić et al.(2006).……...………………………………………………….……105
3.3 Conclusioni sullo Slow-syntax model……..……...……………………………..…..110
PARTE TERZA: ESPRESSIONE AGRAMMATICA E POSSIBILITÀ DI UNA SPIEGAZIONE
UNIFICATA DEL DEFICIT…...……………………………………………………..115
1. CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE AGRAMMATICA ……….……………………...…115
1.1.Il disturbo nella produzione dei morfemi grammaticali….…………………...…….116
1.1.1. Omissione e sostituzione dei morfemi flessivi verbali …………..…………….….116
1.1.2. Omissione del pronome soggetto e dei determinatori ………………………...….119
1.2 Il deficit lessicale e il disturbo nella produzione dei predicati verbali………..120
1.2.1 Influenza delle proprietà sintattiche sui processi di recupero lessicale dei verbi …...121
2. MODELLI LINGUISTICI DEL DEFICIT ESPRESSIVO …………………………………....…….125
2.1 Le function word theories…………………………………………………………..…125
2.2 La Tree Pruning Hypothesis………………..……………………………………..……127
2.3 La possibilità di un account unificato del deficit.…………………………...………..131
2.3.1 Il modello del discorso di Avrutin…………………………………...……..…….133
3. AGRAMMATISMO E ACQUISIZIONE LINGUISTICA ………………………..……...…………137
3.1 L’acquisizione del linguaggio come incremento delle risorse procedurali …...……..138
CONCLUSIONI………...…………………………………………...………………………...….141
RINGRAZIAMENTI………………………………………...……………………………………145
BIBLIOGRAFIA…………………………………………………….……………………………147
INTRODUZIONE
All‟inizio di ogni lavoro è bene delimitare il campo d‟analisi, definendone
l‟oggetto, lo scopo e le aspettative. Questo studio si apre, perciò, con un capitolo
introduttivo sul legame tra linguaggio, cervello e patologia linguistica. La Premessa
discute il legame tra lo studio della patologia linguistica e quello del linguaggio, la
possibilità che il primo porti ad un approfondimento del secondo e le modalità in cui
questo può avvenire. Il secondo capitolo della prima parte offre una panoramica delle
attuali conoscenze del coinvolgimento delle aree cerebrali nei differenti processi
linguistici, ripercorrendo brevemente la storia della loro scoperta e dei principali approcci
adottati nello studio della relazione tra linguaggio e cervello. Il terzo capitolo introduce,
infine, l‟oggetto proprio del nostro lavoro, ovvero il deficit afasico dell‟agrammatismo,
illustrandone le caratteristiche principali. Come ribadito più volte all‟interno della nostra
presentazione, esso non costituisce una patologia linguistica a sé stante, ma uno dei
sintomi che più frequentemente definiscono il disturbo dell‟afasia di Broca.
La seconda e la terza parte sono dedicate alla discussione di alcuni modelli psicolinguistici proposti a spiegazione dell‟agrammatismo. Tra le molte impostazioni possibili,
la nostra presentazione si sviluppa sulla base di due direttrici principali, considerando, da
un lato, modelli presupponenenti la perdita di una parte della conoscenza linguistica in
contrapposizione a spiegazioni basate sull‟idea che il sistema linguistico agrammatico
rimanga strutturalmente intatto, pur soffrendo di un rallentamento delle abilità
procedurali; dall‟altro, la distinzione tra impostazioni teoriche che considerano il disturbo
espressivo e quello recettivo degli agrammatici come il prodotto di un unico danno
compromettente – in modo parallelo – i due procedimenti, e quelle che negano la
possibilità che i deficit osservati ai due livelli possano avere un‟origine comune. A
margine di queste differenze sostanziali, si osserva che le teorie del disturbo agrammatico
differiscono anche sotto numerosi altri aspetti, come, per esempio, il riferimento teorico
assunto, l‟identificazione del componente e delle operazioni linguistiche compromessi,
l‟estensione e la specificità del danno.
Contrariamente allo sviluppo cronologico degli studi tradizionali sull‟afasia e
dell‟ordine
in
cui
è
avvenuto
il
riconoscimento
dei
disturbi
caratteristici
dell‟agrammatismo, la nostra trattazione non prende avvio dalla considerazione delle
capacità espressive degli agrammatici, bensì di quelle recettive, privilegiando i modelli
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
cognitivi e linguistici elaborati a partire dall‟osservazione di quest‟ultimo aspetto. La
terza parte offre una rapida – e, consapevolmente, inesaustiva – presentazione delle
difficoltà di espressione di questo tipo di afasici e delle spiegazioni proposte a questo
riguardo.
Il terzo capitolo della seconda sezione, così come diverse parti degli altri capitoli, è
interamente dedicato alla presentazione di studi sperimentali testanti la comprensione di
particolari strutture sintattiche da parte di soggetti agrammatici. Oltre a fornire importanti
evidenze a favore o in contraddizione delle molte spiegazioni all‟agrammatismo esistenti,
queste sezioni offrono la possibilità di mostrare – almeno indirettamente –
l‟appassionante e continuo raffronto tra dati e teoria linguistica che caratterizza gli studi
neuro-linguistici e che ha animato il mio interesse nel corso della preparazione di questa
tesi.
Malgrado la sua estrema importanza, non ci occuperemo dell‟aspetto riabilitativo
dell‟agrammatismo, in quanto esula – come si può capire – dal nostro scopo e,
soprattutto, dalle nostre competenze. In molti mi hanno chiesto a che cosa serva, allora, lo
studio linguistico delle patologie del linguaggio. Forse con ingenuo „idealismo‟, credo
possa servire a conoscere di più il sistema del linguaggio e il modo in cui la nostra mente
ci permette di comunicare. Che è conoscere un po‟ di più l‟uomo.
10
PARTE PRIMA: AFASIA E CERVELLO
1. PREMESSA:
LO STUDIO DEL CERVELLO E DEL LINGUAGGIO ATTRAVERSO LA
PATOLOGIA LINGUISTICA.
Sin dal suo inizio, lo studio delle patologie linguistiche si è rivelato di grandissima
importanza nell‟ambito dell‟indagine sulla facoltà di linguaggio e sulla localizzazione
delle funzioni cerebrali. Dall‟osservazione e dall‟analisi dei deficit provocati da traumi e
disturbi cerebrali di diverso tipo proviene, infatti, larga parte dell‟attuale, pur se ancora
parziale, conoscenza del funzionamento del cervello. La preziosità di questo contributo
deriva anzitutto dalla prospettiva privilegiata offerta dalla patologia linguistica sul sistema
complesso del linguaggio: ciò che appare come un tutt‟uno nel parlante sano, dove
diverse abilità interagiscono a costruire l‟espressione e a garantire la comprensione
linguistica, si presenta nel soggetto afasico come „scomposto‟ in sotto-moduli o „sottosistemi‟ parzialmente differenziati.1 Da un lato, la privazione di alcune capacità consente
di osservare „meglio‟ e senza „interferenze‟ le abilità rimaste intatte e di identificarne più
chiaramente i costituenti; dall‟altro, la specificità dei deficit esibiti da alcuni soggetti
afasici suggerisce la possibilità di „conoscere attraverso la mancanza‟, ovvero di
considerare la particolare carenza di alcune abilità come indice della relazione tra area
danneggiata e particolare processo cognitivo. 2
Grazie al componente sperimentale che lo caratterizza, lo studio delle afasie ha
fornito, inoltre, importanti contributi allo sviluppo della teoria linguistica. Al pari di quelli
condotti con soggetti sani – e talvolta a integrazione di questi – gli studi psicolinguistici
con pazienti afasici offrono, infatti, la possibilità di verificare il valore predittivo e
l‟adeguatezza delle teorie linguistiche proposte: replicando o invalidando i risultati già
ottenuti; costringendo a precisazioni dei termini o al definitivo abbandono di particolari
impostazioni; evidenziando, attraverso l‟emergere di differenze significative tra
1
Come sottolineato da Moro (2006: 148-154) e da Obler & Gjerlow (1999: 27-36), l‟osservazione delle
afasie ha rappresentato per tutto il diciannovesimo secolo la sola possibilità di identificare le componenti
cognitive del linguaggio e le aree cerebrali ad esse deputate, prima che le più moderne tecniche di neuroimmagine sviluppate a partire dagli anni ‟80 del Novecento permettessero di „vedere il pensiero‟ in vivo e
su soggetti sani. Per una rassegna delle tecniche attualmente in uso nello studio del linguaggio si veda
Cacciari (2001: 84-95); per una sintesi delle attuali conoscenze sul funzionamento del cervello si segnala
Obler & Gjerlow (1999: 27-36).
2
Seguendo la terminologia comunemente adottata, chiameremo questo tipo di considerazione
“ragionamento sottrattivo”. Come vedremo, tuttavia, questo modo di procedere richiede una certa cautela.
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
prestazione sana e „compromessa‟, aspetti interessanti del modo in cui linguaggio è
processato e rappresentato dal parlante sano. La possibilità che il test sui soggetti afasici
contribuisca alla formulazione di teorie generali del linguaggio poggia sul presupposto
che il sistema linguistico dei soggetti afasici non si differenzi completamente da quello
„normale‟, ma ne rappresenti una forma in qualche modo più trasparente, poiché
semplificata dalla privazione di qualcuno dei suoi componenti. A questa possibilità di una
migliore comprensione del funzionamento „normale‟ del linguaggio attraverso i suoi
malfunzionamenti si deve l‟attenzione della linguistica generale all‟afasia, considerata
soprattutto come strumento per la conoscenza di fenomeni linguistici comuni,
analogamente all‟approccio adottato già dagli anni Trenta nello studio delle lesioni
cerebrali in generale:
siamo avvezzi all‟idea che la patologia possa rendere evidenti, ingrandendole e
rendendole più vistose, condizioni normali che altrimenti ci sarebbero sfuggite. Dove
essa ci mostra una frattura o uno strappo, normalmente può esistere un‟articolazione.
Se gettiamo a terra un cristallo, questo si frantuma, ma non in modo arbitrario; si
spacca secondo le sue linee di sfaldatura in pezzi i cui contorni, benché invisibili,
erano tuttavia determinati in precedenza dalla struttura del cristallo (Freud 1932, cit.
in Morabito 2004:137).
Dall‟altro lato, la linguistica formale costituisce a sua volta un importante contributo allo
sviluppo della ricerca sperimentale suggerendo al ricercatore linee di ricerca per le
rilevazioni empiriche, metodi per la verifica e, infine, ipotesi esplicative dei dati ottenuti. 3
Particolarmente promettente si è dimostrato anche lo studio comparato tra „regressione‟
del linguaggio in soggetti affetti da patologie linguistiche e acquisizione del linguaggio
nei bambini, che ha permesso, come vedremo meglio in seguito, l‟identificazione di
importanti parallelismi tra i due processi.
Lo studio delle funzioni cognitive e della loro localizzazione attraverso l‟analisi di
deficit acquisiti, come quello delle afasie, richiede tuttavia molte cautele. Anzitutto, ci si
potrebbe chiedere se lo studio sui soggetti affetti da patologie sia effettivamente legittimo:
siamo certi che il danno subito dagli afasici interferisca direttamente con il modo in cui il
linguaggio normalmente funziona, con strutture specifiche del linguaggio, e non con il
sistema nella sua integrità? Ѐ possibile capire quale abilità linguistica viene compromessa
3
Per un approfondimento sul rapporto tra psicolinguistica, grammatiche formali e scienze cognitive si
segnala l‟articolo di Ferreira (2005). Interessanti testi introduttivi alla neuropsicologia cognitiva e alla
ricerca afasiologica sono anche anche Basso (2005: 11-25; 39-57), Obler & Gjerlow (1999) e Caplan (1987:
3-43).
12
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
all‟interno del sistema del linguaggio, che si mantiene anche nell‟afasico complesso e
interattivo? Ѐ verosimile credere che gli afasici di un certo tipo esibiscano – tutti e allo
stesso modo – uno specifico comportamento, nonostante la vasta variabilità
intersoggettiva e intercategoriale? 4 Pur se lungi dal poter fornire risposte esaurienti e
definitive a tutti questi quesiti, gli sviluppi neuro-linguistici hanno permesso di rispondere
positivamente almeno a una parte di queste domande. Da un lato, infatti, sono stati trovati
schemi di lesione specifici, adatti a essere usati come paragone per l‟elaborazione
normale; dall‟altro, i dati offerti dall‟impiego delle più recenti tecniche di neuroimmagine hanno confermato l‟idea che le basi neuronali che supportano il linguaggio
siano, almeno in parte, ristrette ed identificabili. 5
Una seconda considerazione importante riguarda la „realtà psicologica‟ delle
categorie e delle strutture grammaticali identificate dai linguisti nello studio teorico della
grammatica: è giusto credere che l‟elaborazione mentale del linguaggio rispecchi queste
classificazioni? Ѐ legittima l‟aspettativa che ai sotto-domini di sintassi, semantica,
morfologia e fonologia sottendano processi cognitivi parzialmente diversi? In che misura
è possibile attribuire a questi procedimenti sistemi autonomi l‟uno dall‟altro? Nonostante
la domanda sulla corrispondenza tra nozioni teoriche astratte ed effettivo funzionamento
del linguaggio sia stata trascurata da molti dei paradigmi teorici attuali – tra cui quello
generativista, che tanta influenza ha avuto nella teoria linguistica dell‟ultimo secolo –,
essa non può naturalmente essere evitata dagli studi neuro-linguistici, cui peculiarità è
appunto, come sottolineato da Basso (2005: 33), “l‟utilizzazione di principi linguistici,
esplicitamente riferiti ad una teoria linguistica, per studiare i disturbi del linguaggio”. A
qualunque inquadramento teorico s‟intenda fare riferimento, si dovrà dunque ammettere
che le grammatiche formulate dai linguisti abbiano una qualche connessione con il modo
in cui il linguaggio viene processato e rappresentato all‟interno del cervello, o, più in
particolare, che “differences between major modules of the grammatical system
correspond with differences in processes at the neural level and vice versa”, come
espresso dalla correspondence thesis di Reuland (2003: 3). La risposta all‟ultimo quesito
che abbiamo posto – in che misura l‟elaborazione linguistica possa essere attribuita a
sistemi autonomi ed indipendenti – ci permette di ripercorrere brevemente i diversi
approcci teorici che si sono susseguiti nello studio di mente e cervello. L‟idea che la
4
Per un approfondimento di queste considerazioni si rimanda a Caplan (1987: 13-14); per un approccio
critico alla possibilità di studiare i soggetti afasici come gruppo si segnalano Caramazza (1986) e
Caramazza et. al. (2001).
5
Cfr. Morabito (2004: 127-133).
13
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
mente non dovesse essere intesa come un‟entità singola, ma come un sistema di diverse
facoltà specifiche e localizzabili ha origini molto antiche; in accordo con i diversi testi
che ne ripercorrono la storia, essa risalirebbe già all‟epoca egizia. 6 Ѐ tuttavia soltanto con
la frenologia della fine del diciottesimo secolo che essa inizia ad assumere una trattazione
più sistematica. Assunto principale di questa teoria era l‟idea che i particolari tratti della
personalità degli individui si manifestassero con l‟incremento delle aree cerebrali ad esse
corrispondenti e fossero perciò rinvenibili nell‟effettiva conformazione del cranio. Le
risorse linguistiche venivano unanimemente situate nei due lobi frontali cerebrali,
rimaneva tuttavia incerto se esistesse una singola „facoltà di linguaggio‟, o se invece,
come suggerito dal medico tedesco F. Gall (1758-1828), le si dovessero attribuire almeno
due centri, uno per la memoria delle parole, l‟altro per l‟articolazione del discorso. 7
L‟impostazione „localizzazionista‟, nata a partire dalle intuizioni „speculative‟ della teoria
frenologica, trovò le prime conferme nei pioneristici lavori di Pierre P. Broca (18241880) e di Carl Wernicke (1848-1905), cui lo studio delle lesioni cerebrali e dei disturbi
linguistici ad esse associati aveva offerto l‟evidenza del coinvolgimento dell‟emisfero
sinistro nell‟elaborazione e nella comprensione del linguaggio.8 Allo stesso Wernicke si
deve anche l‟osservazione che il linguaggio dovesse consistere non dell‟attività di una
sola regione cerebrale, ma della connessione di più aree, dal momento che i diversi
malfunzionamenti osservati rappresentavano l‟esito di lesioni in zone diverse del cervello.
I successivi sviluppi nell‟identificazione delle risorse linguistiche confermarono
l‟intuizione dello studioso tedesco, portando all‟abbandono della ricerca di una
localizzazione „stretta‟ delle funzioni cognitive, intesa come identificazione di una e sola
area cerebrale interamente responsabile di una particolare attività umana. Pur se
sottoposto a progressive revisioni, l‟approccio localizzazionista non ha smesso d‟essere
utilizzato e di dimostrarsi produttivo nell‟identificazione dell‟ „architettura funzionale‟
dei processi mentali, resa ancora più accurata dall‟impiego delle tecniche di neuroimmagine. La considerazione di Wernicke rappresentò anche la nascita dell‟approccio
„connessionista‟
allo
studio
del
linguaggio,
caratterizzato
dall‟attribuzione
dell‟elaborazione linguistica a diversi centri posti in differenti aree cerebrali in qualche
6
Tralasceremo di trattare ogni singola tappa dello sviluppo di questa concezione e della progressione dei
diversi orientamenti teorici nella neuropsicologia, segnalando al lettore interessato i lavori di Morabito
(2004: 5-21) e di Roth & Heilman (2000: 3-11). Gli stessi testi sono da considerarsi il principale riferimento
di tutta la sezione seguente.
7
Principali esponenti di questa teoria furono, oltre a Gall, il tedesco Spurzheim e il francese Bouillaud. Per
un approfondimento delle rispettive posizioni cfr. Morabito (2004: 22-37).
8
Onde evitare ridondanze, rimandiamo al par.1.2 la descrizione di queste scoperte.
14
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
modo connesse tra loro. Uno dei maggiori sviluppi di quest‟impostazione è stato
rappresentato, negli ultimi decenni, dai modelli computazionali di elaborazione
linguistica, nei quali l‟architettura mentale viene riprodotta come una rete di unità
neuronali interconnesse, attivate in modo differente per la propagazione delle diverse
attività. E‟ importante notare, tuttavia, come essi manchino della componente
„localizzazionista‟ presente nel connessionismo del diciannovesimo secolo, cosicché
conoscenza e attività linguistiche vengono assegnate, al pari degli altri processi mentali,
all‟intera rete di interconnessioni, anziché a parti specificamente deputate a processarle. 9
La concezione delle risorse linguistiche come „distribuite‟ all‟interno del cervello
riprende la visione „olistica‟ della mente, secondo cui il linguaggio dipenderebbe da
risorse cognitive generali come memoria, attenzione, pensiero astratto, etc. In
quest‟ottica, i disturbi linguistici non rappresenterebbero l‟esito di lesioni in particolari
aree cerebrali deputate al linguaggio, ma un unico fenomeno di maggiore o minore
intensità causato dalla perdita o dal danneggiamento di una delle risorse cognitive
generali implicate nel linguaggio. 10
A più di un secolo dal suo inizio, il dibattito tra localizzazionismo e
connessionismo non ha ancora abbandonato gli studi neuropsicologici. Ciononostante, è
possibile riconoscere il delinearsi di un approccio predominante nella neurolinguistica
contemporanea, definibile come „interazionista‟ in senso lato, caratterizzato dall‟interesse
per la localizzazione di specifici fenomeni linguistici, ma anche dal riconoscimento del
9
Pur se non in contraddizione a priori con il localizzazionismo, l‟impostazione connessionista ne ha
rappresentato – di fatto – l‟alternativa. L‟attribuzione del linguaggio a sistemi più ampi e diffusi è
corrisposta, infatti, all‟impossibilità di identificarne i componenti, o meglio, di ritenere specificamente
linguistici processi e aree cerebrali considerate comuni anche ad altri compiti cognitivi diversi dal
linguaggio. Può essere tuttavia utile ricordare come Wernicke non intendesse negare la localizzazione delle
funzioni cognitive, ma piuttosto precisare che “[i frenologi] sbagliavano nel tentativo di localizzare
complessi attributi mentali. Possono essere localizzate solo semplici funzioni motorie e sensoriali”
(Morabito 2004: 42-43). Per un approfondimento della differenze generali tra localizzazionismo e
connessionismo si segnala Obler & Gjerlow (1999: 9-12); per una spiegazione dei modelli connessionisti di
elaborazione linguistica, tra cui i più conosciuti modelli di Parallel Distributed Processing elaborati da
McClelland & Rumelhart, si rimanda a Nadeau (2000).
10
Tra i maggiori esponenti della corrente olistica del diciannovesimo secolo si ricordano Pierre Marie e
Goldstein. Come spiegato in Basso (2005: 13), “Pierre Marie sostenne che vi è una sola vera forma di afasia
[…] dovuta alla perdita di una speciale forma di intelligenza. […] Goldstein introdusse il concetto di
attitudine astratta, e cioè della capacità di passare da un esemplare concreto alla categoria generale e
astratta. Secondo Goldstein i soggetti afasici avrebbero perso proprio la capacità di astrarre dal singolo
concetto e di considerare la categoria cui il concetto appartiene.” Per una considerazione più approfondita
dell‟approccio olistico, delle sue origini e del suo sviluppo si segnalano anche Morabito (2004: 75-86) e
Roth & Heilman (2000: 18-22). In chiara contrapposizione con la concezione olistica e connessionista si
pose la proposta della „mente modulare‟ di Fodor (1983). Data la natura del nostro lavoro eviteremo di
estendere ulteriormente questa discussione, limitandoci a ricordare l‟assunto principale di questa teoria,
secondo cui la mente umana sarebbe costituita, in una certa misura, da „moduli‟, ovvero da sistemi separati,
funzionalmente indipendenti e geneticamente specializzati per la trattazione di un determinato tipo di input.
Per un‟introduzione alla concezione modulare delle attività cognitive cfr. Morabito (2004: 124-126).
15
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
contributo di sistemi cognitivi generali in particolari aspetti dell‟elaborazione linguistica.
Pur nell‟ammissione del funzionamento, almeno in parte, modulare del cervello, non si dà
perciò l‟aspettativa dell‟esistenza di aree interamente responsabili del linguaggio in
contrapposizione ad aree completamente irrelate con esso:
Ora si ritiene che le cose non siano così semplici: non esiste una singola «area del
linguaggio», così come probabilmente non esiste nessuna singola area dedicata a
nulla: il cervello attiva reti complesse e le «aree» sono solo zone di coinvolgimento
preferenziale, ma non rivestono un carattere assoluto rispetto a una certa funzione
(Moro 2006: 153).11
Come vedremo nel paragrafo successivo, inoltre, la nostra conoscenza dell‟architettura
funzionale del cervello non dipende soltanto dall‟impostazione teorica che si intende
assumere: molto può oggi essere detto sulla nostra organizzazione cerebrale, a partire
dalla „neuro-anatomia‟ del sistema linguistico.
11
Per una descrizione dei principi assunti nella neuropsicologia cognitiva contemporanea e, implicitamente,
anche all‟interno del nostro lavoro si veda Basso (2005: 39-41) e Vallar (1990: 130-137).
16
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
2. LA DISTRIBUZIONE DELLE RISORSE LINGUISTICHE NEL CERVELLO
Data la sua natura principalmente speculativa, il dibattito localizzazionista del
diciannovesimo secolo non offrì risposte definitive al „problema‟ della distribuzione delle
risorse cognitive; tuttavia, esso insegnò che le funzioni mentali potevano essere separate e
localizzate in modo distinto, ponendo le basi per lo studio scientifico successivo.
2.1 Le scoperte di Paul Broca e di Carl Wernicke
La prima scoperta importante fu costituita dall‟evidenza della dominanza
dell‟emisfero sinistro nell‟elaborazione linguistica, offerta, come già accennato, dai lavori
di P. Broca. In un suo articolo del 1861, l‟anatomista francese descrisse il caso signor
Leborgne, ricoverato all‟ospedale Bicêtre di Parigi e chiamato „Tan‟ dagli altri pazienti,
che aveva subito la perdita quasi completa dell‟espressione linguistica: nonostante la sua
intelligenza generale e la comprensione del linguaggio stesso sembrassero intatte, egli
non era più in grado di pronunciare che poche parole, tra le quali il “tan” che gli valse il
noto soprannome. Incolumi erano rimasti anche gestualità e intonazione, di cui l‟uomo si
serviva per comunicare a dispetto del limitatissimo repertorio lessicale rimastogli. Fu
soltanto l‟autopsia, effettuata da Broca alla morte del paziente, a permettere la
spiegazione di quello che era rimasto un caso „misterioso‟ per i medici del tempo: 12 il
signor Leborgne presentava un‟ampia lesione cerebrale, situata principalmente
nell‟emisfero sinistro anteriore (pur se comprendente anche parti minori del lobo frontale,
dell‟insula, del corpus striatum e del lobo temporale superiore). 13 Studi successivi, che lo
stesso Broca ebbe la possibilità di effettuare su soggetti con lesioni meno estese,
confermarono in modo inequivocabile la sua tesi, secondo cui l‟articolazione linguistica
doveva dipendere da un‟area piuttosto ristretta dell‟emisfero sinistro, quella della terza
circonvoluzione frontale. La zona che il medico francese aveva indicato come
maggiormente responsabile del linguaggio articolato assunse il nome di “area di Broca”,
il disturbo ad essa associato quello di “afasia motoria” o, ancora una volta dal nome del
12
Al momento del suo ricovero, infatti, il signor „Tan‟ non presentava nessun altro malfunzionamento oltre
a quello della „perdita‟ del linguaggio, che lo aveva reso un caso unico e particolarmente curioso; solo a
distanza di dieci anni da questo primo sintomo, il disturbo si era esteso alla comparsa di un deficit motorio
nella parte destra del corpo.
13
Per una spiegazione della struttura del cervello si veda Basso (2005: 4-9). Le informazioni sulla scoperta
di Broca sono tratte da Roth & Heilman (2000: 8-11).
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
suo scopritore, “afasia di Broca”.14 Nonostante il maggiore coinvolgimento di uno o
dell‟altro emisfero in particolari attività fosse stato ipotizzato anche da studiosi
precedenti, esso non aveva mai ricevuto una conferma così evidente. Oggi sappiamo che
l‟asimmetricità negli emisferi cerebrali riguarda una moltitudine di aspetti. Come spiegato
in Basso (2005: 7)
[g]li emisferi cerebrali sono simmetrici ma non identici. Le simmetrie riguardano, ad
esempio, il controllo dei movimenti delle due metà del corpo e i messaggi sensoriali
[…]. Le asimmetrie riguardano numerose altre funzioni, come il linguaggio,
elaborato essenzialmente (ma non esclusivamente) dall‟emisfero di sinistra, o
l‟elaborazione spaziale controllata soprattutto dall‟emisfero destro.
L‟emisfero sinistro è l‟emisfero dominante per il linguaggio nella vasta maggioranza
dei soggetti destrimani e in circa i due terzi dei soggetti mancini o ambidestri. 15
Alla scoperta del medico francese s‟aggiunse dopo pochi anni, come sopra accennato, la
localizzazione della comprensione linguistica, offerta ancora una volta dall‟osservazione
dei disturbi linguistici. Nel 1874, infatti, venne pubblicata ad opera di Carl Wernicke la
descrizione di due casi di afasici che presentavano deficit linguistici diversi da quelli
analizzati da Broca: nonostante avessero mantenuto intatte la produzione e la prosodia
linguistica, ciò che dicevano sembrava non avere alcun senso in quanto completamente
irrelato con la conversazione in atto. Wernicke intuì, perciò, che doveva esistere un
secondo tipo di afasia – che denominò „sensoriale‟– caratterizzata da gravi deficit nella
comprensione linguistica e causata, come scoprì in seguito, dalla lesione della parte
posteriore della prima circonvoluzione temporale sinistra. Quest‟area, che ha preso il
nome di “area di Wernicke”, è tuttora identificata come il centro maggiormente
responsabile della comprensione linguistica e di alcuni disturbi espressivi, come quello
della „parafasia‟ semantica (incapacità di usare correttamente le parole nel loro
significato, che si manifesta nella sostituzione di parole con altre simili o in qualche modo
correlate, ripetizioni, etc). 16
Come accennato, a Wernicke si deve anche l‟elaborazione di un importante modello
di organizzazione cerebrale. Come spiegato in Basso (2005: 12-13),
14
L‟area di Broca si trova, più precisamente, nel piede della terza circonvoluzione frontale, corrispondente
alle aree 44 e 45 della numerazione di Brodmann (1909). Rimandiamo al par. 3.1 le considerazioni sulla
problematicità dell‟attuale impiego della denominazione di “afasia di Broca”.
15
Per un approfondimento della nozione di specializzazione emisferica cfr. Làdavas & Umiltà (1990).
16
Cfr. Morabito (2004: 42-45). L‟area di Wernicke corrisponde all‟area 22 della numerazione di Brodmann
(1909).
18
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
Wernicke concepiva il linguaggio come una funzione senso-motoria; le memorie
acustiche delle parole sono conservate, secondo Wernicke, nella parte posteriore
della prima circonvoluzione temporale, adiacente all‟area uditiva primaria, mentre le
memorie motorie delle parole sono conservate nell‟area frontale adiacente all‟area
motoria primaria per i movimenti bucco-facciali e queste due aree sono in
connessione tra loro. Un danno alla memoria uditiva delle parole provoca, oltre al
disturbo della comprensione, anche un deficit della produzione dovuto al mancato
controllo esercitato attraverso le vie di connessione tra le due aree […]. Sulla base di
questo modello Wernicke ipotizzò anche l‟esistenza di una terza forma di afasia, da
lui chiamata afasia di conduzione, dovuta al danno delle vie che collegano l‟area
posteriore all‟area frontale.17
2.2 Le attuali conoscenze sulla neuroanatomia del sistema linguistico
Come si può notare, il riconoscimento delle aree cerebrali coinvolte nel
funzionamento linguistico generale poteva dirsi quasi completo già alla fine del
diciannovesimo secolo. Le scoperte di Broca e Wernicke, tuttavia, non esaurirono
l‟interesse localizzazionista che ancora oggi caratterizza larga parte gli studi neurolinguistici. Gli studi successivi si sono dedicati, da un lato, all‟esplorazione del cervello in
vivo, che ha portato alla conferma della correttezza di molte delle osservazioni ricavate
dallo studio delle lesioni cerebrali; dall‟altro, ad una più precisa identificazione delle aree
corticali specializzate per i diversi sotto-componenti del sistema linguistico. I risultati più
importanti recentemente ottenuti nell‟indagine di quest‟ultimo tipo sono dovuti
all‟utilizzo delle tecniche di neuro-imaging sopra accennate, che hanno permesso una
chiara individuazione delle aree cerebrali attivate in soggetti sottoposti a diversi „compiti‟
linguistici. Tra le applicazioni più interessanti ricordiamo i lavori di Embick et al. (2000)
e di Moro (2006), che hanno portato al riconoscimento delle aree specificamente
coinvolte nell‟elaborazione sintattica: servendosi di frasi contenenti errori selettivamente
sintattici quale espediente per rendere „visibile‟ la rete neuronale utilizzata per l‟attività
sintattica, i ricercatori hanno potuto individuare la significativa (pur se non esclusiva)
attivazione dell‟area di Broca, fornendo le prime evidenze dell‟autonomia, anche
neuronale, del componente sintattico. 18 Più problematica si è rivelata la localizzazione del
17
Il modello di Wernicke venne poi integrato dal lavoro di Lichteim, che vi introdusse un livello di
elaborazione astratta assente nell‟impostazione originaria; egli stesso ne completò anche la classificazione
delle afasie. Per una considerazione del contributo di Lichteim si veda Basso (2005: 13).
18
Per un chiarimento di cosa si intenda con l‟espressione di „autonomia della sintassi‟ in questi studi cfr.
Moro (2006: 172). Il riconoscimento dell‟attivazione strettamente „sintattica‟ delle aree corticali è stata
ottenuta sottraendo le reazioni corticali già emerse nel riconoscimento da parte degli stessi soggetti di errori
19
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
componente semantico-lessicale del linguaggio, che si troverebbe largamente distribuito
all‟interno del cervello. Lo studio dei disturbi lessicali provocati da danni cerebrali e
l‟utilizzo delle tecniche di neuro-imaging per la rilevazione delle aree attivate nei
procedimenti semantici, infatti, hanno offerto dati a favore dell‟esistenza di una
complessa rete di regioni cerebrali diversamente coinvolte nei diversi aspetti
dell‟elaborazione semantica, come le regioni temporali e parietali posteriori dell‟emisfero
sinistro, le regioni temporali inferiori e parti della corteccia frontale inferiore. Secondo
alcune recenti proposte teoriche, una prima distinzione sul modo in cui le parole sono
„conservate‟ nel cervello corrisponderebbe alla diversa modalità in cui parole regolari ed
irregolari arriverebbero ad essere impiegate nel discorso. In accordo con Pinker (1998;
2000), in particolare, le parole irregolari sarebbero „immagazzinate‟ nelle regioni medio
temporali e temporali-posteriori, dove si troverebbero tutti gli elementi lessicali la cui
conoscenza dipende dalla pura „memorizzazione‟, come detti, proverbi, radici lessicali e
parole irregolari. Le altre unità del lessico (principalmente, le parole regolari) trarrebbero
invece la forma adeguata all‟inserimento nel discorso da un processo di „assemblaggio‟
(quale flessione, suffissazione, etc.) che si svolgerebbe nelle regioni temporali. La
differente modalità di „recupero‟ degli elementi lessicali corrisponderebbe, perciò,
all‟esistenza di almeno due diversi loci cerebrali associabili al lessico linguistico.19 Se
anche questa considerazione (nata ancora una volta dall‟osservazione dei danni cerebrali
in differenti aree e di come essi influiscano diversamente sulla capacità di „recupero
lessicale‟) venisse ulteriormente confermata, l‟individuazione dei „magazzini lessicali‟
non rivelerebbe molto sulle basi neuronali corrispondenti all‟elaborazione semantica. Le
informazioni più importanti riguardo quest‟ultimo aspetto derivano da recentissimi studi
di neuro-immagine, come quelli effettuati alla Carnegie Mellon University della
Pennsylvania. In particolare, importanti risultati sono stati ottenuti dagli esperimenti di
Just et al. (2010), cui si deve “the discovery of a set of biologically-driven semantic
extra-sintattici alla misurazione ottenuta in presenza di quelli sintattici; per una descrizione più dettagliata
del metodo „sottrattivo‟ utilizzato in questo tipo di esperimenti si rimanda a Moro (2006: 173-184). Pur se
condotti in modo analogo i due studi presentano importanti differenze tanto nella procedura degli
esperimenti, quanto nell‟impostazione dei lavori stessi. Per una descrizione degli esperimenti e delle
tecniche utilizzate (risonanza magnetica funzionale o FMRI, nel caso di Embick et al., tomografia a
emissione di positroni, o PET, nel caso di Moro) si rimanda agli originali in Embick et al. (2000) e Moro
(2006: 171-191); per una precisazione sulle differenze tra i due studi si veda Moro (2006: 176).
19
L‟osservazione di Pinker si inserisce all‟interno di una più vasta re-impostazione teorica del rapporto tra
parole e regole nel linguaggio umano, che avremo modo di trattare più precisamente nel secondo capitolo.
Per una discussione di diversi modelli di elaborazione semantica si segnalano Cacciari (2001: 159-216) e
Raymer & Gonzales-Rothi (2000: 108-111). In quest‟ultimo testo è presente anche il tentativo di tracciare
una neuroanatomia del sistema semantico (cfr. ivi: 116-119).
20
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
dimensions underlying the neural representation of concrete nouns” (Just et al. 2010: 1).
Le misurazioni effettuate nel corso dello studio hanno permesso, infatti, l‟identificazione
delle aree corticali attivate in presenza di nomi di oggetti fisici aventi un particolare set di
tratti semantici. Poiché al variare dei tratti semantici corrispondeva il variare
dell‟attivazione corticale relativa, in un secondo momento è stato anche possibile per i
ricercatori riuscire a capire a quale tipo di oggetto i soggetti stessero pensando al
momento della rilevazione sperimentale semplicemente considerando le aree cerebrali
attivate.20 Molte altre ricerche potrebbero essere ricordate prima di poter esaurire la
rassegna delle attuali conoscenze del rapporto tra cervello e linguaggio. Tuttavia, data
l‟immensità di questo tema e il diverso obiettivo del nostro lavoro, limiteremo a questi
brevi accenni la nostra considerazione dell‟argomento, per rivolgerci finalmente
all‟oggetto proprio del nostro studio.
20
Cfr. la descrizione della procedura e dei risultati dell‟esperimento in Just et al. (2010). Per una rassegna
delle attuali conoscenze sulle „basi anatomiche‟ del linguaggio si rimanda a Price (2010).
21
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
3. L‟ AFASIA DI BROCA E IL DEFICIT LINGUISTICO DELL‟ “ AGRAMMATISMO”
L‟impiego dell‟espressione di “afasia di Broca” per indicare il deficit linguistico
derivato da una lesione nella cosiddetta “area di Broca” è di poco successivo
all‟identificazione della stessa regione cerebrale. Dal punto di vista clinico, venne
associata al danno in quella particolare area del cervello; dal punto di vista linguistico, fu
identificata con il sintomo più evidente nei primi soggetti analizzati da Broca: la perdita
dell‟eloquio fluente e la presenza di un‟articolazione in qualche misura ridotta.
Quest‟ultimo aspetto ha costituito, in seguito, il principale discrimine tra i primi due tipi
di afasia inizialmente riconosciuti, quella „di Broca‟ (o “motoria”, relativa alla produzione
linguistica) e quella „di Wernicke‟ (o “sensoriale”, relativa alla comprensione linguistica).
Nel farsi più rigoroso della classificazione delle sindromi afasiche e del riconoscimento
dei deficit linguistici ad esse correlate, il significato di queste denominazioni originarie ha
subito, tuttavia, importanti mutamenti; inalterato nel tempo è rimasto, invece, il senso
attribuito al termine di afasia. Come sottolineato da Basso (2005: 1-2), esso non indica
qualsiasi disturbo linguistico, ma il suo uso è ristretto alla “perdita, totale o parziale, del
linguaggio conseguente alla lesione di determinate aree cerebrali”; risultano perciò esclusi
da questa denominazione i ritardi evolutivi del linguaggio – come la dislessia, la disgrafia
e il disturbo del linguaggio conosciuto con la sigla di SLI (Specific Language
Impairment) – e i deficit derivati da difetti degli organi periferici o legati a demenze più
generali.21 Invariata è rimasta anche l‟importanza attribuita al criterio della fluenza
verbale, sulla base del quale si opera la distinzione delle forme cliniche dell‟afasia in due
grandi gruppi, caratterizzati, l‟uno, dal mantenimento di un eloquio spontaneo pressoché
„normale‟; l‟altro, dalla sua quasi totale compromissione:
Fluent aphasic speech associated with posteriorly placed lesions is commonly
characterized by normal or excessive rate; normal phrase length, rhythm, melody,
and articulatory agility; and either normal or paragrammatic form. In contrast,
nonfluent aphasic speech associated with anteriorly placed lesions is characterized
by slow rate, reduced phrase length, abnormal intonational contour, effortful
21
Come spiegato da Basso (2005: 2), “la lesione deve […] colpire specifiche aree cerebrali perché si possa
parlare di afasia: non si parla di afasia in senso stretto se i disturbi del linguaggio conseguono a lesioni
diffuse, come si possono avere nelle demenze”. Per un‟indicazione delle lesioni cerebrali più spesso
responsabili di afasia e per una descrizione delle forme cliniche di afasia si segnala Basso (2005: 9-10;1924). Per una descrizione generale delle patologie linguistiche si rimanda a Cacciari (2001: 217-225); per
trattazioni più dettagliate si segnalano Greenwland (2000) per le sindromi dislessiche; Rapcsak & Beeson
(2000) per le forme di disgrafia o agrafia, Leonard (1998) per il cosiddetto “disturbo specifico del
linguaggio” (SLI). Del contributo di Basso (2005) ci serviremo per tutta la sezione seguente.
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
articulation, and simplified syntax and/or absent grammar (Greenland et al. 2000:
32).
Un secondo aspetto della produzione linguistica che ha assunto rilevanza nella
classificazione afasica è quello della ripetizione, danneggiata nelle forme di afasia
derivanti da lesioni nelle aree perisilviane, ma conservata in quelle causate da danni alle
aree extrasilviane. L‟utilizzo di criteri „empirici‟ di questo tipo nella classificazione delle
afasie si è rivelato di fondamentale importanza per la risoluzione della debole omogeneità
delle sindromi tradizionali formulate seguendo il principio dalla somiglianza dell‟area e
dell‟estensione della lesione subita. Quest‟ultimo principio, infatti, si era rivelato
inadeguato sotto due principali aspetti: da un lato, la possibilità di poter individuare
lesioni coinvolgenti esattamente le stesse regioni cerebrali era risultata considerevolmente
scarsa; dall‟altro, si era potuto osservare che lesioni dello stesso tipo non portavano
necessariamente all‟emergere degli stessi sintomi, cosicché ogni soggetto rappresentava
un conguaglio di sintomi diversi, piuttosto che riflettere una sindrome „pura‟.22
3.1 Agrammatismo e produzione linguistica
Seguendo i criteri della fluenza e della ripetizione, l‟afasia di Broca è oggi definita
come una sindrome caratterizzata da articolazione non fluente e ripetizione compromessa
non necessariamente associato a lesioni nella terza circonvoluzione frontale (“area di
Broca”): “se è vero infatti che si continua ad utilizzare l‟espressione di «afasia di Broca»,
con questa etichetta si indica oggi la perdita della capacità di produrre un eloquio fluente
e la concomitante omissione di morfemi grammaticali liberi o legati” (Moro 2006: 153154).23 Dei due aspetti segnalati da Moro, che possono apparire con diversa intensità in
base alla gravità del disturbo, il più evidente è la natura telegrafica dell‟espressione,
abbondantemente documentata dagli studiosi. Il campione in (1) corrisponde alla
22
All‟adozione di „nuovi‟ criteri nella classificazione delle sindromi afasiche è seguita, naturalmente,
l‟introduzione di nuovi principi nella valutazione dei pazienti. A questo proposito si segnala Basso (2005:
59-69).
23
Come spiegato da Moro (2006: 153-154), il disturbo di cui soffriva il signor „Tan‟ corrisponde alla
patologia attualmente indicata con il nome di „anartria‟, coinvolgente aree molto più vaste di quelle che
erano state riconosciute dal medico francese. Recenti studi hanno inoltre dimostrato come i danni cerebrali
provocanti questo tipo di afasia possano espandersi fino all‟intera corteccia perisilviana e come possano
esistere casi di soggetti con lesioni ristrette all‟area di Broca ma non manifestanti questo tipo di sindrome
(cfr. Vasic 2006: 6, in nota).
24
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
descrizione di un‟immagine effettuata da diversi pazienti, i cui nomi sono indicati dalle
iniziali:
(1)
M. M. L. at 8 years after onset:
The water is overflowing. The stool is gonna . . . is
gonna happen. The people are . . . the boy and girl, and
they had to . . . stumble. Also . . . he‟s . . . falling back. The
mother is . . . She‟s wash . . . wiping the dishes.
M. M. L. at 10.5 years after onset:
uh, uh, boy . . . uh, uh, girl . . . and . . . cookies . . . uh,
uh, uh
H. M. S. at 3 years after onset:
mother . . . water . . . dishes . . . curtains . . . cupboard.
H. M. S. at 4 years after onset:
boy . . . girl . . . water. (She spontaneously wrote at the
same time: „„Boy se cookies. Girl wash dishing. Water flo
stool dish.‟‟)
A. T. N. at 5 years after onset:
Stealing cookies . . . Sink is overflowing . . . He‟s about
fall . . . stealing cookies . . . sharing them.
A. T. N. at 6 years after onset:
Sink overflowing. Boy falling down. 24
A livello sintattico, l‟espressione degli afasici di Broca è caratterizzata da frasi brevi e
raramente complesse, dalla presenza di subordinate incomplete (come quelle introdotte
dai complementatori del tipo dell‟inglese that e dell‟italiano che), e, spesso, dall‟ordine
scorretto dei costituenti delle frasi stesse. Com‟è visibile anche nel campione sopra
riportato, i soggetti afasici presentano inoltre notevole difficoltà nel recupero degli
elementi lessicali, frequente omissione dei verbi principali e uso prevalente – e talvolta
esclusivo – delle parole a classe aperta in contrapposizione alla quasi totale assenza di
parole a classe chiusa (parole funzionali e morfemi grammaticali, come articoli, ausiliari e
preposizioni). Quest‟ultima tendenza si riflette, a livello morfologico, nell‟eliminazione
e/o sostituzione dei morfemi flessivi legati, come la desinenza -s del plurale inglese e i
morfemi indicanti la flessione temporale. 25 Le caratteristiche morfo-sintattiche
24
Fonte di questa trascrizione è Hillis et al. (2002: 1107). Per il seguente elenco dei deficit manifestati dagli
afasici di Broca nell‟espressione e nella comprensione verbale ci serviamo in modo sostanziale delle
informazioni contenute in Vasić (2006: 7-12).
25
Cfr. Badecker & Caramazza (1985: 100, in nota) per l‟indicazione puntuale delle evidenze sperimentali
alla base di queste osservazioni; cfr. i saggi in Denes & Pizzamiglio (1990: 299-402) per una descrizione
approfondita dei disturbi linguistici nell‟afasia.
25
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
dell‟espressione afasica sono solitamente indicate con il termine di “agrammatismo”,
proposto da Pick (1913) in riferimento al complesso dei malfunzionamenti implicanti un
danno al „componente grammaticale‟ del linguaggio. Nonostante la spiegazione del
deficit offerta dallo stesso studioso non abbia portato contributi sostanziali per
l‟identificazione della natura del disturbo afasico, l‟introduzione di questo termine si è
rivelata di grande importanza per la possibilità di indicare in modo non ambiguo uno
degli aspetti più frequenti del comportamento linguistico degli afasici di Broca. 26
3.2 Agrammatismo e comprensione linguistica
I deficit nella produzione linguistica degli agrammatici sono spesso accompagnati
da difficoltà nella comprensione di particolari strutture linguistiche. Il riconoscimento di
questo secondo aspetto, rimasto fino ad allora inosservato per la minore vistosità dei suoi
effetti, si deve a uno studio sull‟interpretazione di frasi con diversa struttura sintattica
condotto da Caramazza & Zurif (1976). I risultati di quel lavoro rivelarono che gli
agrammatici hanno problemi nell‟interpretazione di frasi relative – con relativizzazione
del complemento oggetto – semanticamente reversibili (2), mentre sono in grado di
comprendere correttamente frasi dello stesso tipo dal significato non reversibile (3):
(2)
(3)
The horse that the bear is kicking is brown.
The horse that the man is riding is brown. 27
Come spiegato in Vasić (2006: 8), la maggiore difficoltà nella comprensione delle frasi
del primo tipo non poteva essere attribuita al grado di complessità della costruzione
sintattica soggiacente, del tutto simile a quella delle frasi correttamente intese dagli
agrammatici, ma piuttosto alla diversa importanza assunta dalle informazioni sintattiche
nell‟interpretazione dei due tipi di frasi. Se, infatti, l‟interpretazione delle frasi non
reversibili viene ristretta dal significato stesso delle parole che la compongono, lo stesso
26
Data l‟ambiguità assunta dalla denominazione originaria di “afasia di Broca”, ci serviremo d‟ora in avanti
della denominazione corrente di “agrammatismo” per l‟identificazione di questo disturbo linguistico e di
quella di “agrammatici” per i soggetti che ne sono affetti. In accordo con Pick (1913), il disturbo degli
agrammatici consisterebbe nella difficoltà di produrre le categorie grammaticali, che li costringerebbe
all‟adozione di un „principio di economia‟, e dunque, all‟omissione delle parole non strettamente
necessarie, come i morfemi grammaticali.
27
La frase (2) proviene dal campione delle frasi utilizzate nell‟esperimento fornito in Caramazza & Zurif
(1976: 575); la frase (3) è invece di nostra creazione.
26
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
non avviene nelle frasi semanticamente reversibili, nelle quali la corretta ri-costruzione
della struttura sintattica rappresenta il solo modo per identificare adeguatamente chi stia
esercitando l‟azione espressa del verbo. Così, mentre è possibile intendere correttamente
il
significato
di
(3)
considerando
semplicemente
l‟informazione
semantica
congiuntamente al fatto che è molto più probabile che l‟uomo cavalchi il cavallo marrone,
piuttosto che avvenga il contrario, l‟interpretazione di (2) deve affidarsi a criteri sintattici,
dal momento che non c‟è nessuna ragione semantica o logica a priori per definire se sia il
cavallo a calciare l‟orso o se avvenga viceversa. In particolare, la corretta comprensione
di (2) richiede la „riattivazione‟ dopo il verbo del sintagma nominale adeguato, garantita
dai legami sintattici rappresentati in (4): 28
(4)The horsei that the bear is kicking ti is brown.
La causa del fallimento dell‟interpretazione delle frasi relative semanticamente reversibili
risiederebbe, perciò, nell‟impossibilità di ri-costruire strutture sintattiche particolarmente
complesse, come quelle presentanti un ordine „non canonico‟ dovuto a movimenti
sintattici di qualche tipo. Difficoltà di comprensione sono state individuate anche
nell‟interpretazione delle frasi passive, di frasi relative a soggetto relativizzato (centerembedded relatives), di alcuni tipi di dipendenze pronominali, di frasi interrogative
introdotte dal pronome interrogativo which.29 La misura in cui comprensione e
produzione linguistiche vengono compromesse, tuttavia, varia molto tra un soggetto e
l‟altro. Per questa ragione, si usa classificare gli agrammatici in due grandi gruppi,
comprendenti, il primo, i soggetti con difficoltà nell‟interpretazione delle relazioni
sintattiche tra le parole (asyntactic comprehension); il secondo, quelli con maggiori
deficit nell‟elaborazione dei morfemi grammaticali (agrammatic production). Anche
all‟interno di queste categorie principali, il comportamento linguistico dei diversi soggetti
può presentare importanti differenze, come dimostrato dallo studio di Miceli et al. (1989)
sul tipo e la frequenza delle omissioni morfologiche prodotte dagli agrammatici.
L‟osservazione di Caramazza & Zurif (1976) e le numerose conferme che ne sono
seguite hanno ulteriormente esteso il „problema‟ dell‟identificazione della natura del
deficit afasico, portando alla formulazione di ipotesi basate sull‟idea che l‟agrammatismo
28
Ci serviamo dagli espedienti grafici e dei presupposti teorici della „teoria della traccia‟, secondo cui la
lettera t viene usata nelle rappresentazioni di movimento sintattico ad indicazione della „traccia‟ lasciata
nella sua posizione di partenza dall‟elemento spostato, cui viene sottoscritta. Per la spiegazione di questa
teoria si rimanda a Chomsky (1975).
29
Cfr. la rassegna presentata in Hickok & Avrutin (1995).
27
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
dipenda da un disturbo di parte della conoscenza linguistica generale tale da
compromettere in modo simile produzione e comprensione linguistica. Nonostante i
risultati sperimentali successivi abbiano determinato l‟esclusione dell‟esistenza di un
modulo sintattico unificato,30 la possibilità di individuare un procedimento comune ai
processi di comprensione e produzione rimane un aspetto dibattuto nelle teorie
linguistiche.
30
Ci riferiamo, da un lato, ai lavori di Miceli et al. (1983) e di Kolk et al. (1985), che rivelarono casi di
soggetti con in cui il deficit aveva compromesso „solo‟ uno dei due procedimenti di produzione e
comprensione linguistiche; dall‟altro, alla ricerca di Linebarger et al. (1983), che dimostrò come soggetti
con disturbi ad entrambi i livelli linguistici mantengano intatta la capacità di esprimere giudizi di
grammaticalità.
28
PARTE SECONDA: MODELLI LINGUISTICI E COGNITIVI DEL DEFICIT AFASICO
1 . IL MODELLO DI GRODZINSKY E L‟IPOTESI DEL LOSS OF KNOWLEDGE31
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la scoperta dei deficit di
comprensione degli agrammatici si deve a uno studio di Caramazza & Zurif (1976)
sull‟interpretazione di particolari strutture sintattiche da parte di tre diversi tipi di afasici –
di Broca, di Wernicke, di conduzione – dove i primi rivelarono l‟incapacità di intendere
correttamente le frasi a soggetto relativizzato semanticamente reversibili.32 La difficoltà
degli agrammatici venne spiegata, come abbiamo detto, con l‟impossibilità di determinare
la struttura sintattica delle frasi analizzate, e di potersene servire nei casi in cui le
proprietà semantiche dei costituenti della frase non sono sufficienti a garantirne
un‟interpretazione univoca. Pur riconoscendo correttamente il deficit agrammatico della
comprensione come un disturbo specificamente sintattico, Caramazza & Zurif
ipotizzarono che il deficit recettivo fosse molto vasto, paragonabile per estensione a
quello osservato nella produzione agrammatica e compromettente l‟intero sistema
sintattico:
The present analysis of their comprehension skills suggests that such patients are as
impaired in comprehension as they are in production. The impairment, moreover, is a
specific one – they are unable to use syntactic-like algorithmic processes. Yet, of
equal importance, they have retained the capacity to use heuristic procedures to
assign a semantic interpretation to, at best, an incompletely represented syntactic
organization (Caramazza & Zurif 1986: 581, corsivo mio).
Una spiegazione diversa fu offerta dalla mapping theory di Schwartz et al. (1980),
che considerarono il deficit recettivo come l‟esito del danneggiamento non del sistema
sintattico, bensì di quello „interpretativo‟: ciò che gli agrammatici avrebbero perso
sarebbe la capacità di assegnare i ruoli tematici ai componenti della frase; mancando di
questa abilità, essi si troverebbero incapaci di ricostruire correttamente l‟evento espresso
nella frase. 33 Pur differenziandosi sostanzialmente nel riconoscimento della capacità
31
Per l‟articolazione di questo paragrafo seguiamo la rassegna di Grodzinsky (1995a).
Lo studio di Caramazza & Zurif non rappresentò, naturalmente, l‟unica indagine sulla comprensione
degli agrammatici. Nello stesso anno, per esempio, furono riportati casi di soggetti con difficoltà
nell‟interpretazione delle costruzioni con il dativo, come le frasi inglesi: He showed her the baby pictures e
He showed her baby the pictures (cfr. Heilman & Scholes 1976).
33
Per una spiegazione dei criteri di assegnazione dei ruoli tematici si rimanda a Donati (2008: 79-81).
32
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
linguistica danneggiata, i due modelli condividono l‟ipotesi che il danno linguistico subito
dagli afasici consista nella perdita di parte della conoscenza linguistica, ovvero, in una
sorta di „menomazione‟ del sistema linguistico. Entrambe queste spiegazioni, tuttavia,
non hanno ricevuto conferme dalle evidenze sperimentali. I buoni risultati ottenuti nel
riconoscimento delle violazioni di grammaticalità dimostrarono che gli agrammatici non
perdono interamente particolari abilità linguistiche (come, per esempio, quella sintattica),
dal momento che essi sono in grado di usarle nell‟esecuzione di altri compiti, come quello
dei grammaticality judgment tests.34 Linebarger et al. (1983) rivelarono come anche i
soggetti con gravi difficoltà di comprensione mantengano intatta la sensibilità alle
sottocategorizzazioni lessicali e l‟abilità di esprimere accurati giudizi di grammaticalità,
riconoscendo violazioni sintattiche come quelle presenti in (1) e (2) o coinvolgenti
dipendenze da una frase all‟altra:
(1)
(2)
The policeman was talking a woman
The gift my mother was very nice
Analogamente, i corretti giudizi di grammaticalità espressi con frasi implicanti il
riferimento ai ruoli tematici comportarono l‟abbandono dell‟ipotesi che la difficoltà di
comprensione degli agrammatici fosse legata alla mancata rappresentazione dei ruoli
tematici. Saffran & Schwartz (1994) conclusero che il danno dovesse essere posto
nell‟accesso all‟informazione sintattica necessaria all‟assegnazione dei ruoli tematici,
piuttosto che nella loro completa „perdita‟. Un‟applicazione „rigorosa‟ della mapping
theory com‟era stata originariamente formulata, inoltre, avrebbe comportato l‟ipotesi del
fallimento dell‟interpretazione di pressoché tutti i tipi di frasi, dal momento che la totale
mancanza di ruoli tematici avrebbe reso qualsiasi struttura indistintamente „indecifrabile‟.
Quest‟ipotesi poteva tuttavia dirsi falsificata „in partenza‟ dal fatto che il disturbo
agrammatico di comprensione era emerso solo nell‟analisi di particolari strutture
sintattiche, mostrando, per esempio, una generale facilità nell‟interpretazione delle frasi
attive in contrapposizione al fallimento riscontrato con le strutture passive. 35
34
I grammaticality judgment tests sono usati per valutare in modo selettivo la conoscenza di particolari
aspetti linguistici. Essi consistono nel chiedere ai soggetti in esame di giudicare la grammaticalità di alcune
strutture linguistiche, parte delle quali contenenti errori di un qualche tipo. L‟accuratezza raggiunta
nell‟espressione di questi giudizi e, quindi, la capacità di identificazione delle violazioni presenti (es.
cattivo ordine dei costituenti) sono considerati indice delle abilità linguistiche dei soggetti rispetto al
particolare ambito della grammatica testato.
35
Un‟ultima predizione errata di questa teoria è costituita dall‟ipotesi che la mancata assegnazione dei ruoli
tematici sia anche all‟origine dei problemi di produzione degli agrammatici. Come vedremo, un‟importante
30
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
I dati progressivamente raccolti evidenziavano, dunque, come il deficit
agrammatico non riguardasse il sistema sintattico nella sua integrità, né l‟intero apparato
dei ruoli tematici, pur coinvolgendo parte dell‟uno e dell‟altro. Tanto l‟ipotesi
dell‟asyntactic comprehension quanto gli assunti della mapping theory si dimostravano,
dunque, troppo „forti‟, predicendo patterns di errore molto più estesi di quelli
effettivamente trovati nei soggetti analizzati.
1.1. La Trace Deletion Hypothesis di Grodzinsky36
Una delle prime ipotesi „restrittive‟ è rappresentata dal modello della Trace
Deletion Hypothesis, proposta per la prima volta in Grodzinsky (1984), secondo cui il
deficit agrammatico consiste in un danno parziale del sistema sintattico tale da
influenzare l‟assegnazione dei ruoli tematici. Rifacendosi alla teoria della traccia
chomskyana e alla teoria dei ruoli tematici, 37 Grodzinsky assume che gli elementi
linguistici soggetti a movimento sintattico lascino una traccia dietro di sé, indicata
graficamente con il simbolo t nella loro posizione di partenza:
(3) Chii credi che Gianni abbia visto ti?
La traccia svolge un ruolo di grande importanza nei processi di interpretazione
linguistica, fungendo da „intermediario‟ per la trasmissione delle informazioni
linguistiche degli elementi mossi. Tra queste, particolare rilevanza è assunta dal ruolo
tematico (o “ruolo-θ”). Poiché esso viene assegnato sulla base dell‟ordine gerarchico
degli elementi linguistici, se una posizione tematica è occupata da una traccia, il ruolo-θ
viene assegnato in quella posizione: sarà poi la traccia a trasmetterlo all‟elemento
linguistico corrispondente. Se, dunque, il sistema di „co-indicizzazione‟ tra l‟elemento
obiezione alla considerazione di un deficit unitario per i problemi di comprensione e produzione
agrammatica è data dal fatto che la difficoltà espressiva non è sempre accompagnata da disturbi a livello
recettivo, né vale l‟implicazione contraria.
36
Presentiamo, in questo paragrafo, la spiegazione del modello come formulato originariamente,
corrispondente a Grodzinsky (1984; 1986; 1990), rimandando ai paragrafi seguenti l‟analisi dei successivi
restringimenti introdotti a partire da Grodzinsky (1995a).
37
Grodzinsky si rifà, nelle prime formulazioni, alla teoria del Government and Binding chomskyana (cfr.
Chomsky 1981). Per una spiegazione della teoria della traccia si rimanda a Chomsky (1975).
31
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
mosso e la sua posizione di partenza viene per qualche ragione interrotto, diventa
impossibile interpretare correttamente la frase, dal momento che non è possibile stabilire
quale ruolo tematico assegnare all‟elemento mosso. Quest‟ultimo sarebbe, secondo
Grodzinsky,
esattamente il
caso
dei
soggetti
agrammatici,
che,
privi
della
rappresentazione della traccia, non si troverebbero in grado di ricostruire correttamente
l‟evento espresso in particolari tipi di frasi. Il deficit non risiederebbe, dunque, nella
perdita della conoscenza dei ruoli tematici, ma piuttosto nella mancanza degli elementi
deputati alla loro trasmissione nella rappresentazione linguistica.
1.1.1 La comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico
Come riconosciuto da Grodzinsky stesso, la Trace Deletion Hypothesis nacque per
spiegare le poche evidenze sperimentali allora disponibili sulla comprensione degli afasici
di Broca. La scarsità dei dati raccolti non aveva impedito il delinearsi di un quadro
piuttosto chiaro: nonostante la maggior parte delle abilità sintattiche (conoscenza della
struttura sintagmatica e delle proprietà lessicali, assegnazione dei ruoli tematici e del
caso, capacità di determinazione delle relazioni di dipendenza) apparissero intatte, come
dimostrato dalla buona comprensione di frasi del tipo di (3), la possibilità di una corretta
interpretazione appariva compromessa in tutti i casi in cui la struttura della frase fosse
derivata da movimento sintattico, come nel caso delle frasi in (4):
(3) Above-chance performance
a. The girl pushed the boy.
b. The girl who pushed the boy was tall.
c. Show me the girl who pushed the boy.
d. It is the girl who pushed the boy.
e. The boy was interested in the girl.
f. The woman was uninspired by the man.
(4) Chance performance
a. The boy was pushed by the girl.
b. The boy who the girl pushed was tall.
c. Show me the boy who the girl pushed.
d. It is the boy who the girl pushed.
e. The woman was unmasked by man.38
38
La fonte di questo campione di frasi è Grodzinsky (1995a: 31-32).
32
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
Prima di procedere ad una spiegazione dettagliata del modo in cui la perdita della
„traccia‟ determini il fallimento dell‟interpretazione agrammatica nelle strutture originate
da movimento sintattico, può essere utile ricordare in che senso le frasi in (4) debbano
essere considerate il prodotto di movimento sintattico. In accordo con le impostazioni
della grammatica generativa, l‟ordine assunto dagli elementi delle frasi nella loro struttura
superficiale (o “struttura S”, ovvero, approssimativamente, l‟ordine in cui gli elementi
vengono pronunciati) non è sempre uguale a quello della loro struttura profonda (o
“struttura-P”, ovvero il livello in cui sono espressi i rapporti di relazione semantica tra i
costituenti). In alcuni casi, infatti, esso rappresenta il prodotto dell‟applicazione di regole
„trasformazionali‟ operanti a livello della struttura-S (superficiale). Frasi come quelle
presentate in (4), per esempio, sarebbero determinate da movimenti del tipo “Muovi NP”,
ovvero dallo spostamento di un sintagma nominale da una posizione ad un‟altra della
frase. Un esempio tipico è quello del passaggio dalla costruzione attiva a quella passiva
dei verbi, in cui il SN oggetto della frase attiva (5) viene „sollevato‟ a soggetto della
corrispondente passiva (6) attraverso il movimento rappresentato in (7):
(5) The girl pushed the boy.
(6)*Was pushed the boy by the girl.
(7) The boyi was pushed ti by the girl.39
Data questa breve premessa, è possibile capire meglio in che modo la presenza del
movimento sintattico si riveli il principale fattore in grado di „sfavorire‟ la comprensione
da parte degli agrammatici. Abbiamo detto che l‟ipotesi centrale della TDH è
rappresentata dall‟idea che questi soggetti risultino privi della rappresentazione della
„traccia‟ sintattica. Una perdita di questo tipo non determina, perciò, alcun impedimento
all‟interpretazione delle frasi che non presentano movimento sintattico al loro interno, ma
assume rilevanza decisiva nei casi in cui il soggetto necessita dell‟informazione della
traccia. La perdita di queste informazioni, tuttavia, non sembra di per sé sufficiente a
spiegare l‟erronea interpretazione di particolari tipi di frasi da parte degli agrammatici,
dal momento che esistono esempi di strutture – come, per esempio, le relative del
soggetto – in cui la comprensione avviene correttamente, nonostante la derivazione dal
39
Si noti come questa regola possa operare solo nel caso in cui sia stata già applicata un‟operazione di
“posposizione di SN” tale da lasciare libera la posizione del soggetto, rappresentato. Per precisazioni su
questo tipo di movimento sintattico cfr. Chomsky (1975).
33
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
movimento sintattico. Accanto alla „cancellazione‟ della traccia, Grodzinsky assume
perciò l‟esistenza di una strategia cognitiva extralinguistica, conosciuta con il nome di
default strategy: nei contesti in cui le informazioni linguistiche non si rivelano sufficienti
all‟assegnazione dei ruoli tematici, essi lo ricevono in base alla loro posizione nell‟ordine
lineare; se, perciò, il SN in prima posizione si trova ad essere privo di ruolo tematico,
esso riceve – di default – quello di Agente. Questa strategia sarebbe condivisa tanto dai
soggetti „sani‟ quanto da quelli affetti da patologie linguistiche; non ricevendo le
informazioni normalmente trasmesse dalla „catena sintattica‟, tuttavia, gli afasici di Broca
si affiderebbero a questa soluzione molto più spesso di quanto non accada
nell‟interpretazione da parte degli altri soggetti.
Il sintagma nominale spostato in prima posizione nella costruzione passiva delle
frasi, perciò, riceve nell‟interpretazione agrammatica (8) il ruolo di Agente, anziché
quello corretto di Paziente assegnatogli dalla traccia nella rappresentazione „normale‟ (9):
(8) The boy was pushed by the girl.
(9) The boyi was pushed ti by the girl.
Agente
Paziente
(Paziente)
(per l‟applicazione della default strategy)
Contemporaneamente, il ruolo di Agente viene assegnato – tanto nell‟interpretazione
agrammatica quanto in quella „normale‟ – anche al SN che svolge l‟effettivo ruolo di
agente dell‟azione, che lo riceve per via sintattica -direttamente dalla preposizione by che
lo precede:
(9) The boy
(Paziente) rappresentazione normale
was pushed by the girl (Agente). 40
(Agente) rappresentazione agrammatica
La rappresentazione dei ruoli tematici così ottenuta dagli agrammatici, come si può
intuire, non è però di nessuna utilità per l‟interpretazione della frase; al contrario, la
doppia presenza del ruolo tematico di Agente provoca l‟impossibilità di scegliere a quale
dei due NP esso debba essere legittimamente attribuito, costringendo, infine, a una scelta
casuale, origine della cattiva performance registrata nella comprensione di frasi di questo
tipo.
40
Il fatto che questo secondo sintagma nominale riceva il ruolo tematico appropriato non è in
contrapposizione con quanto detto sinora sulla perdita della rappresentazione della traccia da parte degli
agrammatici; in quest‟ultimo caso, infatti, il ruolo tematico è assegnato in modo diretto, ovvero non
mediato da tracce, e perciò corretto.
34
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
Pur essendo valida per la maggior parte delle costruzioni passive, la spiegazione
appena fornita presenta l‟importante eccezione delle costruzioni passive dei verbi
psicologici. Grodzinsky (1995b) trovò infatti che, nonostante la struttura sintattica del
tutto simile a quella delle altre strutture passive, frasi del tipo di (10) vengono
correttamente intese dagli agrammatici:
(10) a. The boy (Esperiente) was interested in the girl (Tema).
b. The woman (Esperiente) was uninspired by the man (Tema).
La differenza tra le costruzioni passive dei verbi psicologici e le altre strutture passive che
abbiamo analizzato risiede, come si può vedere, nei ruoli tematici coinvolti
nell‟interpretazione. Poiché nessun ruolo d‟agente è previsto per l‟interpretazione di
questo tipo di frasi, l‟adozione della default strategy non costituisce un ostacolo alla
corretta interpretazione. Pur se scorretta anche in questo contesto (e – in un certo senso –
doppiamente „scorretta‟ in quanto non prevista dalla griglia tematica del verbo),
l‟assegnazione del ruolo di Agente al primo SN non determina, infatti, la competizione tra
elementi riceventi lo stesso ruolo tematico che abbiamo considerato nel caso delle frasi
passive „standard‟, ma una rappresentazione in cui ogni ruolo tematico è associato ad un
solo elemento linguistico:
(11) a. The boy (Agente)was interested in the girl (Tema).
b. The woman (Agente) was uninspired by the man (Tema).41
Il successo degli agrammatici in questo tipo di frasi venne considerato da Grodzinsky
come la principale prova della legittimità dell‟assunzione di una strategia „Agent-first’,
senza la quale non sarebbe possibile spiegare, secondo lo studioso, il diverso successo
ottenuto dagli agrammatici in strutture sintattiche così simili, ugualmente caratterizzate da
movimento sintattico e – perciò – dalla perdita delle informazioni affidate alla traccia. 42
Una spiegazione analoga a quella che abbiamo considerato per le strutture passive
„standard‟ è proposta da Grodzinsky anche per gli altri tipi di frasi scorrettamente intese
dagli agrammatici. Consideriamo le rimanenti frasi dei nostri campioni (3) e (4). Le frasi
41
Per evitare ridondanze nell‟esposizione, abbiamo omesso di riproporre le considerazioni analoghe a
quanto accade nell‟interpretazione dei passivi „standard‟, come la derivazione della struttura da movimento
sintattico e la „mancanza‟ della traccia nella rappresentazione agrammatica. Per maggiori informazioni sulla
comprensione di questo tipo di frasi cfr. Grodzinsky (1995b.)
42
Per un approfondimento sul funzionamento della default strategy e sull‟assegnazione dei ruoli tematici in
generale si suggerisce Grodzinsky (1995b).
35
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
b, c, e d, che riportiamo di seguito, rappresentano casi di frasi relative del soggetto (12) e
dell‟oggetto (13):
(12) a. The girli who pushed the boy ti was tall.
b. Show me the girl who pushed the boy.
c. It is the girl who pushed the boy.
(13) a. The boyi who the girl pushed ti was tall.
b. Show me the boyi who the girl pushed ti.
c. It is the boyi who the girl pushed ti.
Nonostante l‟estrema similarità delle due strutture, il grado di successo ottenuto dagli
agrammatici nella loro interpretazione è molto diverso: mentre la comprensione è
generalmente buona per le relative del soggetto, essa è tipicamente fallimentare per le
relative dell‟oggetto. La relazione tra questi tipi di frasi è del tutto simile a quella
sussistente tra frasi attive e passive, esprimenti lo stesso significato attraverso l‟impiego
di strutture sintattiche diverse, come si può notare dalla coppia di relative seguente:
(12) a. The girli who pushed the boy ti was tall.
(13) a. The boyi who the girl pushed ti was tall.
In entrambe le frasi, la perdita della traccia provoca la mancanza dell‟indicazione del
ruolo tematico da attribuire al SN in prima posizione, e in entrambe le frasi esso riceve
quello di Agente per l‟applicazione della default strategy. L‟assegnazione del ruolo
tematico di default provoca, tuttavia, un effetto molto diverso nelle due frasi. Mentre in
(12) esso corrisponde „accidentalmente‟ al ruolo effettivamente svolto dal SN nella frase,
determinando così la compensazione delle informazioni perse con la traccia, in (13) entra
in competizione con il ruolo di Agente assegnato per via sintattica:
Agente
(12) a. The girli who pushed the boy ti was tall.
Agente
Paziente
(strategia di default)
(via sintattica)
Paziente
(13) a. The boyi who the girl pushed ti was tall.
Agente
Agente
(strategia di default)
(via sintattica)
36
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
Il pattern di errore nella comprensione agrammatica può essere spiegato, perciò, come
sintetizzato da Grodzinsky, come l‟esito della „cancellazione‟ della traccia, da un lato, e
dall‟effetto prodotto dall‟applicazione della default strategy, dall‟altro:
In sum, the derivation of the agrammatic performance rates on all constructions is
done by assuming trace-deletion and a strategy. Performance is thus deduced through
either thematic competition or compensation: The strategy always assigns an Agent
label to clause-initial NPs. Thus, if a moved constituted is linked to a different Θ-role
normally (as is the case in passive, object-gap relatives, object clefts, and the like),
this constituent now becomes Agent, and since there is another, grammatically
assigned Agent in the thematic representation, the two Agents compete, thereby
inducing chance performance by agrammatics. In cases where the moved NP was
supposed to be Agent […], this role is not assigned normally through the trace due to
Trace-Deletion, yet strategy correctly compensates by assigning that NP the Agent
role by default (Grodzinsky, 1995a: 34).
1.1.2 L’espressione di giudizi di grammaticalità e lo svolgimento di compiti on-line
Per essere verificata, l‟ipotesi della „cancellazione‟ della traccia, supportata dai
risultati riscontrati nella comprensione sintattica, necessitava di conferme provenienti
anche dall‟esecuzione di compiti diversi. Accanto alla difficoltà nell‟interpretazione delle
frasi derivate da movimento sintattico, Grodzinsky prevedeva l‟insuccesso degli
agrammatici nell‟identificazione delle violazioni di grammaticalità riguardanti frasi
derivate da movimento sintattico. Questa predizione, tuttavia, non ha ricevuto conferme
univoche dagli studi sperimentali. Studi condotti con soggetti di diverse lingue, come
quelli presentati in Vasić (2006: 11) e lo studio di Linebarger et al. (1983) cui abbiamo
già fatto riferimento, hanno dimostrato che la capacità generale di esprimere accurati
giudizi di grammaticalità si mantiene intatta negli agrammatici. Ciononostante
Grodzinsky ha continuato a sostenere che, pur se generalmente intatta, essa sia
compromessa in tutti i casi in cui il riconoscimento delle violazioni interessa costituenti
soggetti a movimento, come dimostrato dai risultati ottenuti da altri studi, come – per
esempio – quello di Schwartz et al. (1987).43 L‟interpretazione di questi lavori rimane,
43
L‟esperimento condotto da Schwartz e colleghi utilizzava, in realtà, frasi con errori a diversi livelli
linguistici; l‟incapacità di riconoscere violazioni esclusivamente sintattico, tuttavia, sarebbe confermata
37
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
tuttavia, controversa, e non esiste alcun accordo rispetto all‟ipotesi che il disturbo
agrammatico si estenda anche al riconoscimento delle violazioni sintattiche.
L‟ultima predizione del modello di Grodzinsky è rappresentata dall‟idea che la
perdita della rappresentazione della traccia possa essere riconosciuta nell‟esecuzione di
compiti on-line. Gli studi condotti per verificare quest‟ipotesi hanno confermato
quest‟ipotesi, dimostrando come la computazione delle strutture sintattiche con tracce
sintattiche da parte degli agrammatici si differenzi dal processing „normale‟ anche nei
casi di frasi che sembrano essere comprese correttamente nell‟interpretazione off-line.
L‟esempio tipicamente utilizzato per spiegare questa differenza è rappresentato dalla frase
in (14): 44
(14) The priest enjoyed the drink i 1 that the caterer was 2 serving ti 3 to the guests.
Come si può notare, la comprensione di strutture di questo tipo – conosciute con il nome
di gap-filling sentences – richiede il „riempimento‟ della posizione vuota t, la cui
interpretazione presuppone il „recupero‟ dell‟elemento mosso e la sua „riattivazione‟ nella
mente di chi interpreta la frase. L‟occorrenza della „ri-attivazione‟ di the drink nelle tre
posizioni indicate dai numeri cardinali in (14) è stata studiata da Swinney e collaboratori
attraverso la tecnica del cross-modal lexical priming.45 Questo paradigma sperimentale
prevede la presentazione orale degli stimoli (nel nostro caso, frasi del tipo di 14) e,
contemporaneamente, in corrispondenza di una delle tre posizioni indicate con i numeri
cardinali, la visualizzazione di una parola target (nel nostro caso, juice) rispetto alla quale
il soggetto deve svolgere un compito di decisione lessicale (normalmente, decidere se la
parola apparsa sullo schermo corrisponda o meno a una parola realmente esistente). La
presenza del SN the drink in 1 e la sua ri-attivazione a riempimento della posizione vuota 3
determinerebbero, secondo gli studiosi, un effetto di facilitazione (priming) nello
svolgimento del compito di decisione con parole (come, appunto, juice, semanticamente
correlate con esso), osservabile in una riduzione del tempo di reazione rispetto a quello
registrato nel caso in cui la parola target sia presentata in altre posizioni (come, per
esempio, il punto 2). I risultati dello studio di Swinney e collaboratori hanno dimostrato
secondo Grodzinsky dai risultati ottenuti da Grodzinsky & Finkel (1998), specificamente incentrato sulla
buona o cattiva formazione delle costruzioni sintattiche.
44
Per le informazioni relative a questo tipo di studi seguiamo la rassegna presentata in Grodzinsky (2000:
11), cui si rimanda per tutte le indicazioni bibliografiche.
45
Per l‟indicazione degli studi di Swinney et al. da cui sono tratti questi risultati, cfr. Grodzinsky (2000a:
11).
38
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
come la rapidità di svolgimento del compito di decisione lessicale da parte di soggetti
„sani‟ sia effettivamente maggiore nei casi in cui juice viene presentato in corrispondenza
1
e di 3. I risultati ottenuti nel test con gli agrammatici hanno confermato, inoltre, l‟ipotesi
che gli agrammatici non siano in grado di re-integrare correttamente la posizione vuota,
non dimostrando alcun effetto di facilitazione in prossimità di 3. In accordo con il modello
di Grodzinsky, quest‟incapacità sarebbe determinata, come abbiamo detto, dalla
cancellazione della traccia sintattica, che impedirebbe il mantenimento della legame tra
the drink e la posizione vuota 3, impedendo la ri-attivazione del primo in sostituzione
della seconda. Pur fallendo nella costruzione della più veloce connessione tra la traccia e
il suo antecedente, tuttavia, gli agrammatici riuscirebbero a raggiungere una buona
interpretazione della frase servendosi di operazioni diverse da quelle adottate dai soggetti
„sani‟. Lo stesso studio ha rivelato come questo comportamento possa essere considerato
tipico degli afasici di Broca, non coinvolgendo soggetti affetti da altre forme di afasia,
come, per esempio, l‟afasia di Wernicke.46
1.2. Restrizioni sul modello della Trace Deletion Hypothesis47
Come ammesso di frequente dallo stesso Grodzinsky, la prima versione della TDH
venne formulata sulla base di un limitato repertorio di dati, costituito dai risultati ottenuti
dagli agrammatci in sentence-to-picture matching tests coinvolgenti un limitato set di
strutture sintattiche (interpretazione di frasi attive e passive, subject e object clefts, frasi
relative dell‟oggetto e del soggetto) e testanti, principalmente, la capacità di assegnazione
dei ruoli tematici. 48 Gli sviluppi della teoria linguistica e degli studi sulla comprensione
degli agrammatici confermarono in parte e in parte indebolirono la centralità del
movimento sintattico nel disturbo recettivo, imponendo la modifica di alcuni aspetti della
TDH così come originariamente formulata.
46
Cfr. Zurif et al. (1993).
Per le informazioni di questa sezione facciamo riferimento a Grodzinsky (1995a,1995b, 2000b).
48
I sentence-to-picture matching tests sono usati per determinare la comprensione di frasi con diverse
strutture sintattiche, valutando la capacità dei soggetti di associare le frasi in esame con l‟immagine che la
rappresenta correttamente, presentata in alternativa a raffigurazioni molto simili (come, per esempio, la
medesima azione con attori diversi o „rovesciati‟ rispetto a quanto espresso dalla frase). Il termine di
object/subject relatives clefts indica le frasi ad oggetto/soggetto scisso. Per il riferimento puntuale agli studi
citati cfr. Grodzinsky (1995a: 30; 2000b: 10).
47
39
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
1.2.1 Il Trace Based Account
Come abbiamo detto, la prima versione della TDH assumeva che tutte le tracce (di
qualsiasi tipo e in qualsiasi posizione esse si trovassero) fossero cancellate nella
rappresentazione agrammatica. Gli sviluppi della teoria sintattica, tuttavia, richiesero un
adeguamento dei termini della TDH. In particolare, la considerazione dell‟esistenza di
catene sintattiche A e Aˈ e dei Movimenti di tipo X0 evidenziò come solo i Movimenti di
SN costituissero un ostacolo all‟interpretazione da parte degli agrammatici. 49 Poiché le
tracce relative ai movimenti della „testa‟ dei sintagmi potevano ritenersi conservate,
l‟assunzione della „perdita‟ della traccia da parte degli agrammatici venne limitata alle
catene sintattiche del tipo A, derivate dal movimento di SN:
(15) Restrictive TDH (rough version I):
Traces of XP movement are deleted (Grodzinsky 1995a: 39).
In seguito, Grodzinsky notò come i dati ottenuti sulla comprensione nei soggetti
agrammatici provenissero esclusivamente da compiti „interpretativi‟, ovvero consistenti
nell‟assegnazione dei ruolo-θ agli elementi della frase. Quest‟osservazione suggerì la
possibilità che il deficit non determinasse la perdita completa delle tracce (ipotesi che non
veniva in nessun modo sostenuta dai dati disponibili), ma piuttosto la loro
„indisponibilità‟ (o „invisibilità‟) alle operazioni di assegnazione tematica. Venne perciò
adottato un ulteriore „restringimento‟ dell‟ipotesi della TDH, caratterizzato da una
riduzione dei contesti di „cancellazione‟ della traccia sintattica e dalla possibilità della
„semplice‟ indisponibilità della traccia all‟operazione di assegnazione dei ruoli tematici:
(16) Trace-Based Account (TBA)
Traces in Θ-positions are deleted from agrammatic representation (or are
invisible to Θ-role assignment).50
49
La distinzione tra catene A, catene Aˈ e Movimenti X, è stata proposta, per esempio, da Chomsky (1992).
Le prime sono formate dal movimento di SN, le seconde derivano dallo spostamento di elementi wh-,
mentre i Movimenti X0 indicano lo spostamento della „testa‟ di un sintagma. Per maggiori informazioni a
questo proposito si rimanda a Graffi (1994: 230-231).
50
Cfr. Grodzinsky (1995a: 41). Può essere utile sottolineare come questa formulazione sottintenda la
conservazione nell‟interpretazione agrammatica tanto di tutte le categorie vuote, quanto della traccia dei
movimenti del verbo.
40
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
1.2.2. La R-strategy
Nonostante l‟adeguamento alla teoria sintattica corrente avesse portato a restrizioni
sostanziali, la formulazione originaria della TDH si mostrava ancora inadeguata alla
spiegazione dei dati sperimentali nel frattempo raccolti. Tra questi, una particolare
„minaccia‟ alla coerenza della TDH era rappresentato dal diverso successo degli
agrammatici ottenuto da Hickok & Avrutin (1995) nell‟interpretazione di quattro tipi di
interrogative:
(17) a. Who did the girl push t?
b. Who pushed the girl?
c. Which boy did the girl push t?
d. Which boy pushed the girl?51
Come previsto dalla diversa difficoltà di interpretazione di altri tipi di frasi caratterizzati
dall‟asimmetria soggetto vs complemento oggetto, i soggetti mostravano una buona
comprensione delle interrogative del soggetto (17b) e (17d), fallendo nell‟interpretazione
dell‟interrogativa del complemento oggetto pronominalizzato con which (17c).
Contrariamente alle attese degli sperimentatori, tuttavia, essi raggiungevano una buona
comprensione anche nel caso dell‟interrogativa dell‟oggetto introdotta da who (17a).
Hickok & Avrutin spiegarono questo fenomeno servendosi della nozione di
„referenzialità‟ formulata da Rizzi (1990), secondo cui gli elementi linguistici possono
essere definiti „referenziali‟ (o D-linked, ovvero discourse linked) se la loro
interpretazione necessita delle informazioni sintattiche e contestuali contenute nel
discorso, „non referenziali‟ nei casi in cui l‟interpretazione è libera da ogni
presupposizione precedente. In accordo con Rizzi, inoltre, il movimento di elementi
referenziali (come which) e quello di elementi non referenziali (come who)
determinerebbero la creazione di due diverse catene sintattiche, chiamate binding chains
nel primo caso, government chains nel secondo. Servendosi di questa classificazione, i
due sperimentatori conclusero che il deficit agrammatico fosse spiegabile come il
malfunzionamento delle le catene del primo tipo, riguardanti il movimento di elementi Dlinked. Grodzinsky criticò questa spiegazione considerandola inadeguata a spiegare il
fallimento degli agrammatici in molti tipi di frasi (come, per esempio, le strutture passive)
51
Seguendo la convenzione adottata sino a qui, omettiamo di inserire le tracce nei casi in cui esse non
comportino conseguenze empiriche rilevanti per l‟interpretazione considerata.
41
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
e il successo ottenuto in (17d), rappresentante un caso di binding chain correttamente
intesa dagli agrammatici:
(17) d. Which boy pushed the girl?
Neanche l‟applicazione della TBA, tuttavia, portava ad una spiegazione corretta di questi
dati, non rendendo conto delle buona performance ottenuta nelle interrogative del
complemento oggetto introdotte da who (es.: 17a), caratterizzate dallo spostamento in
prima posizione di un elemento diverso da quello di Agente. La ricerca di una
spiegazione adeguata condusse Grodzinsky ad assumere che la default strategy fosse
applicata soltanto agli elementi referenziali, non comportando alcuna ambiguità nelle
strutture introdotte da elementi non-referenziali come who.52 Questa soluzione offriva una
spiegazione anche ad un secondo tipo di strutture inaspettatamente comprese dagli
agrammatici, ovvero, le frasi passive introdotte da quantificatori del tipo di every:
(18) (Every boy)i was hit ti by the man.53
In accordo con la nuova impostazione, l‟applicazione della default strategy sarebbe anche
in questo caso „bloccata‟ dalla caratteristica di non-referenzialità dei quantificatori, che li
distingue – con il pronome interrogativo who – da tutti gli altri SN referenziali per cui
vale la strategia di default. Non applicandosi la strategia, non si verificherebbe dunque la
„competizione‟ determinata dalla doppia assegnazione del ruolo di Agente che sarebbe
all‟origine del fallimento della comprensione agrammatica. La TDH risultante dalla
limitazione della „cancellazione‟ della traccia e dalla riduzione dell‟applicabilità della
default strategy corrisponde alla formulazione in (19):
(19) a. TBA: Traces in Θ-positions are deleted from agrammatic representation (or
are invisible to Θ-assignment).
b. R-strategy: Assign a referential NP a role by its linear position iff it has no
Θ-role (Grodzinsky 1995a: 46, corsivo mio).
52
Che la conoscenza delle proprietà referenziali si mantenga intatta nei soggetti agrammatici è stato
dimostrato dai risultati ottenuti in frasi riguardanti il cosiddetto Do-support, per i quali si rimanda a
Grodzinsky (1995a: 39-43).
53
Cfr. Grodzinsky (2000a: 14). Onde evitare ridondanze, tralasciamo la considerazione degli aspetti dei
comuni ai procedimenti che abbiamo considerato nel caso dei passivi „standard‟, come la derivazione da
movimento sintattico e la conseguente perdita del ruolo tematico del sintagma every boy.
42
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
La specificità del disturbo, così come delineato dalla TDH, rappresenta per
Grodzinsky l‟evidenza dell‟organizzazione modulare del cervello. La stessa modularità e
la stessa specificità funzionale sarebbero riconoscibili, secondo lo studioso, anche
all‟interno delle sotto-regioni corticali. In quest‟ottica, l‟area di Broca svolgerebbe un
ruolo molto specifico nella comprensione e nell‟elaborazione del linguaggio occupandosi,
nel primo caso, del mantenimento della relazione tra i costituenti mossi e le loro posizioni
d‟origine, nel secondo, come vedremo in seguito, della costruzione delle parti più alte
dell‟albero sintattico. Questa considerazione è basata, tuttavia, su una serie di gravi
imprecisioni, che affronteremo nel prossimo paragrafo.
1.3. Principali obiezioni alla TDH
Pur costituendo, secondo Grodzinsky, un modello coerente, del tutto adeguato alla
descrizione del deficit agrammatico di comprensione, e corroborato tanto dalle evidenze
nei test con gli agrammatici di diverse lingue, quanto da studi di neuro-immagine,54 la
TDH è stata oggetto di un ampio di numero di obiezioni. La maggior parte delle critiche
rivolte al modello di Grodzinsky, riguardanti sia l‟interpretazione dei dati che gli assunti
stessi della teoria della cancellazione della traccia, sono raccolte nel Commentario a
Grodzinsky (2000a), di cui ci serviremo come principale riferimento delle prossime
sezioni.
1.3.1. Critiche all’interpretazione dei dati sperimentali
Molte delle critiche rivolte alla TDH riguardano l‟incompatibilità della teoria con
parte dei dati raccolti e la mancata considerazione di risultati sperimentali difficilmente
compatibili con l‟impostazione della TDH. In particolare, molti esperimenti condotti sulla
comprensione degli agrammatici (che avremo modo, in parte, di considerare nel terzo
capitolo) hanno dimostrato come il pattern di fallimento dell‟interpretazione agrammatica
non riguardi esclusivamente le frasi derivate da movimento sintattico, ma una gamma
54
Cfr. Grodzinsky (2000a: 8-13).
43
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
molto ampia di strutture. 55 Come osservato da Caplan (2000), inoltre, i numerosi test
condotti sulla comprensione dei soggetti agrammatici non hanno portato in nessun caso
all‟identificazione di soggetti presentanti un deficit limitato al solo meccanismo di coindicizzazione delle tracce. Hickok (2000) sottolinea come la comprensione degli
agrammatici sia compromessa anche nei casi delle frasi principali ospitanti relative
„incassate‟ del tipo di (20), dove gli agrammatici non riescono a ricostruire la relazione
tra il soggetto the dog e il predicato is brown; in frasi con preposizioni locative del tipo di
(21) e, in alcuni casi, anche nelle costruzioni attive, la cui comprensione è lontana
dall‟essere perfetta in tutti i soggetti, come sostenuto, invece, da Grodzinsky:
(20) The dog that chased the cat is brown
(21) The dog is behind the cat.
Contro-evidenze sono state trovate anche ai casi per la spiegazione dei quali la TDH
era stata originariamente formulata, ovvero le strutture derivate da movimento sintattico.
Molti contributi osservano come il modello di Grodzinsky e, in particolare, l‟applicazione
della strategia di default non assumano validità universale. Un esempio è offerto dal caso
dell‟ungherese presentato da Bánréti (2000): in accordo con lo studioso, i ruoli tematici
non sono assegnati, in ungherese, sulla base delle posizioni configurazionali, dal
momento che la struttura del sintagma verbale ha una struttura „piana‟ in questa lingua;
poiché tutti gli argomenti verbali si trovano nella struttura sintattica nella posizione di
„sorelle‟ del verbo, posto alla loro sinistra, e ognuno di questi elementi può –
teoricamente – muoversi al di fuori della posizione interna del predicato verbale, non
esiste una posizione di „soggetto‟ in ungherese, ma soltanto la posizione re-iterabile di
Tema. L‟assegnazione dei ruoli tematici avviene, perciò, in base alle informazioni di
caso; è dunque difficile immaginare come una strategia cognitiva come quella formulata
da Grodzinsky possa applicarsi ad una lingua di questo tipo.
La mancata universalità della default strategy e la trascuratezza da parte di
Grodzinsky dell‟importanza assunta dal caso nei compiti di comprensione con lingue
diverse dall‟inglese è oggetto anche del contributo Frisch et al. (2000). Pur affermando
che le informazioni che riguardano il caso sono mantenute intatte negli agrammatici,
Grodzinsky non spiega come questi soggetti se ne servano, soprattutto in lingue – come,
per esempio, il tedesco – in cui il caso assume un‟importanza cruciale per l‟assegnazione
55
Molti studi sulla comprensione delle dipendenze pronominali da parte degli agrammatici sono riportati,
come vedremo, in trovati in Vasić (2006).
44
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
dei ruoli tematici. Gli studi condotti con agrammatici tedeschi hanno dimostrato, inoltre,
come i tratti casuali favoriscano la buona interpretazione di frasi presentanti un ordine
non canonico dei costituenti. Un simile effetto di „facilitazione‟ non è stato trovato,
tuttavia, in casi di lingue con una morfologia altrettanto ricca come il giapponese,
dimostrando come l‟informazione del caso non assuma la stessa importanza nei processi
d‟interpretazione nelle diverse lingue. Frisch e colleghi evidenziano, infine, come
Grodzinsky trascuri di considerare i risultati emersi in compiti di comprensione da parte
di agrammatici olandesi, dimostranti una buona performance indipendentemente dalla
posizione assunta dal sintagma preposizionale introdotto da by.56 Che questa spiegazione
si possa considerare più corretta della TDH o meno, i dati presentati sembrano comunque
documentare che la strategia lineare assunta da Grodzinsky non può considerarsi
universale.57 Il contributo di Bánréti (2000), cui abbiamo già fatto riferimento per la
considerazione dell‟assegnazione dei ruoli tematici in ungherese, sottolinea inoltre come
l‟intatta capacità di esprimere giudizi grammaticali dimostrata da studi verificanti il
riempimento di posizioni vuote (filling-gap conditions) rappresenti una contraddizione
non trascurabile rispetto all‟ipotesi della „cancellazione‟ della traccia.
Un ampio numero di contributi critica la classificazione degli agrammatici e la
definizione dell‟afasia di Broca sottese alle evidenze raccolte da Grodzinsky, ritenendo
che l‟inappropriata selezione dei soggetti sia sufficiente a invalidare le conclusioni stesse
dello studioso. Il pattern di fallimento considerato come „standard‟ dal modello della
TDH rispecchia, secondo i suoi oppositori, solo un sottogruppo di pazienti agrammatici,
selezionato sulla base del criterio che possano essere considerati agrammatici quei
soggetti che dimostrano una maggiore difficoltà nell‟interpretazione delle frasi passive.
Sono così esclusi dai gruppi considerati da Grodzinsky tutti quegli agrammatici che
presentano il pattern inverso (maggiore facilità nell‟interpretazione delle frasi attive). 58
56
Gli sperimentatori hanno spiegato questi dati assumendo che in lingue in cui l‟ordine dei costituenti è
meno rigido che in inglese, come, per esempio, il tedesco e l‟olandese, gli agrammatici si affiderebbero di
più al ruolo di Agente assegnato dalla preposizione by che alla strategia cognitiva basata sull‟ordine lineare.
57
Lo stesso contributo considera anche il problema posto dalla Internal Subject Hypothesis al modello di
Grodzinsky, che, se accettata, porterebbe alla conclusione che anche le costruzioni attive sottendano a
movimento sintattico; per una discussione dettagliata di questo aspetto si rimanda a Frisch et al. (2000: 34).
58
Cfr. Berndt (2000).
45
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
1.3.2. Critiche alle assunzioni teoriche della TDH
Un numero altrettanto vasto di obiezioni è stato rivolto all‟impostazione teorica
assunta da Grodzinsky. Il contributo di Shalom (2000) considera come il processing della
traccia sintattica comprenda tre principali operazioni: costruzione delle categorie vuote
(traccia o gap); recupero dell‟elemento sintattico cui l‟elemento si riferisce; creazione
della connessione fra traccia ed elemento corrispondente. In accordo con Grodzinsky, il
deficit comprometterebbe la terza operazione. Come rilevato da Shalom, tuttavia, nessun
dato sperimentale dimostra che la traccia venga „costruita‟ e poi „cancellata‟
nell‟interpretazione agrammatica; il deficit degli agrammatici potrebbe perciò consistere
nella mancata costruzione della traccia, anziché dipendere da problemi nel suo
mantenimento. Al contrario, Edwards & Lightfoot (2000) evidenziano come i risultati
ottenuti dagli agrammatici nei grammaticality judgment tests suggeriscano che la traccia
rimanga intatta nel sistema linguistico di questo tipo di afasici, e che il disturbo consista
nell‟accesso „intermittente‟ a questa conoscenza.59
Le critiche di Beretta (2000) e di Newmeyer (2000) si concentrano
sull‟inadeguatezza della default strategy. Poiché gli agrammatici sembrano mantenere
intatta la rappresentazione lessicale dei verbi, la perdita di un ruolo tematico non sarebbe
sufficiente, secondo Beretta, a determinare l‟applicazione della default strategy; al
contrario, la conoscenza del ruolo tematico corretto di uno dei due SN presenti nella frase
dovrebbe permettere agli agrammatici di inferire correttamente quello mancante. Il deficit
agrammatico dovrebbe determinare, perciò, la perdita dei ruoli tematici di entrambi i SN.
L‟improbabilità dell‟esistenza di una strategia cognitiva come quella ipotizzata da
Grodzinsky sarebbe dimostrata, inoltre, dai risultati ottenuti in uno studio condotto allo
scopo di verificare l‟effettiva comparsa di una rappresentazione con doppio Agente.
Una simile obiezione alla default strategy era stata oggetto delle osservazioni di
Hickok (1992) e Mauner et al. (1993), che avevano proposto una versione alternativa
della TDH, priva di questa strategia cognitiva. La principale differenza tra la proposta di
questi autori e la formulazione della TDH di Grodzinsky consiste nell‟adozione da parte
dei primi della VP-Internal Subject Hypothesis, secondo cui il soggetto grammaticale
sarebbe „generato‟ all‟interno del sintagma del predicato e spostato, in seguito, in una
59
Un‟altra importante critica alla TDH è rappresentata dalle obiezioni sulla legittimità dell‟assunzione
dell‟esistenza stessa della traccia sintattica, la cui considerazione ci porterebbe però lontani dallo scopo del
nostro lavoro.
46
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
posizione tematica. 60 In accordo con Hickok e Mauner (et al.), quest‟impostazione
permetterebbe di spiegare la diversa performance ottenuta dagli agrammatici nelle
relative del soggetto „incassate‟ del tipo di (22) e nelle relative dell‟oggetto incassate del
tipo di (23):
(22) It was the psychologist that attacked the linguist.
(23) It was the psychologist that the linguist attacked.
La buona comprensione delle frasi del primo tipo sarebbe giustificata dalla presenza di
una sola catena sintattica al suo interno: data la conoscenza della griglia tematica del
verbo e del ruolo tematico del SN non sottoposto a movimento sintattico (in questo caso
the linguist), gli agrammatici sarebbero in grado di inferire il ruolo tematico da assegnare
al primo SN. Al contrario, la presenza di due movimenti sintattici all‟interno di (23)
determinerebbe la perdita di tutti i ruoli tematici della frase, rendendo impossibile
l‟interpretazione. Il successo nella comprensione di frasi attive semplici, e il
corrispondente insuccesso nelle strutture passive „standard‟ sarebbe spiegabile allo stesso
modo. L‟introduzione della VP-Internal Hypothesis e l‟abbandono della default strategy
permetterebbero, inoltre, la spiegazione del fallimento degli agrammatici in frasi come:
(24) The psychologist that attacked the linguist is tall .
Nell‟ottica di Grodzinsky, esse dovrebbero essere comprese correttamente dagli
agrammatici, dal momento che nessuna traccia medierebbe il legame tra soggetto e
predicato delle frasi; nell‟ottica della VP-Internal Hypothesis, invece, il fallimento
nell‟interpretazione di queste frasi risulta del tutto giustificato: il soggetto the
psychologist, generato all‟interno del sintagma verbale e poi spostato in una posizione
tematica, riceverebbe il proprio ruolo tematico dal predicato is tall per mezzo di una
catena
sintattica.
A
causa
della
compromissione
di
quest‟ultima,
tuttavia,
quest‟assegnazione non si verificherebbe nei soggetti agrammatici; entrambi i SN
rimarrebbero privi di ruolo tematico risultando così non interpretabili. 61 In accordo con
Newmeyer (2000), infine, la scorrettezza delle ipotesi della default strategy deriverebbe
60
Tra le molteplici implicazioni di questa teoria, è importante considerare come frasi attive e frasi passive
dovrebbero richiedere una analoga difficoltà per gli agrammatici, in quanto entrambe derivate da
movimento sintattico. La TDH di Grodzinsky attribuisce, tuttavia, il miglior successo ottenuto
nell‟interpretazione delle frasi attive all‟effetto di compensazione ottenuto dall‟applicazione della default
strategy in questo contesto (il SN in prima posizione riceverebbe, infatti, il ruolo „corretto‟ di Agente).
61
Per una considerazione più approfondita cfr. Hickok (1992) e Hickok & Avrutin (1995: 16).
47
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
dal fatto che gli agrammatici mantengono intatta la capacità di riconoscere violazioni
nell‟uso dei ruoli tematici, che dovrebbe impedire tanto l‟associazione di due ruoli
tematici dello stesso tipo (es. due ruoli di Agente), quanto l‟inserimento del ruolo
tematico di Agente nelle costruzione passive, non richiesto dalla griglia tematica del
verbo.
Le considerazioni più importanti riguardano, tuttavia, la natura dell‟afasia di Broca
e le conclusione di Grodzinsky sul coinvolgimento delle aree cerebrali nei processi
sintattici. Come abbiamo detto, Grodzinsky considera l‟area di Broca responsabile di un
ruolo linguistico molto specifico, ovvero del mantenimento della traccia sintattica. Come
osservato da Dronkers (2000), tuttavia, questa conclusione si basa sull‟errata
considerazione che l‟area di Broca rappresenti la regione cerebrale responsabile dei
processi danneggiati negli afasici di questo tipo. Lo sviluppo delle conoscenze delle
lesioni cerebrali determinanti disturbi del linguaggio ha rivelato, infatti, come la sindrome
includa soggetti con danni in aree più estese e in parte diverse da quella di Broca; i più
recenti studi di neuro-immagine hanno dimostrato, inoltre, l‟eterogeneità funzionale delle
aree cerebrali deputate al linguaggio, contrastando l‟idea che il danno degli agrammatici
possa essere così nettamente specificato.62 Analogamente, Friederici & von Cramon
(2000) criticano la mancanza di precisione neuro anatomica di Grodzinsky, opponendovi i
risultati di studi di neuro-immagine indicanti come le aree deputate al processing
sintattico nel cervello debbano essere considerate più ampie di quelle riconosciute da
Grodzinsky (2000a). L‟ultimo punto debole del modello sarebbe rappresentato
dall‟assunzione che i procedimenti di comprensione e produzione linguistica sottendano a
moduli parzialmente diversi, come previsto dall‟ipotesi riguardante il deficit espressivo
proposta, per esempio, in Grodzinsky (2000a).63 L‟adozione di teorie diverse per la
spiegazione del disturbo espressivo e di quello recettivo rappresenterebbe, infatti, una
soluzione „anti-economica‟ per la spiegazione del danno agrammatico nella sua totalità. 64
62
A questo proposito si segnala anche il contributo di Cappa et al. (2000).
Ci riferiamo alla Tree Pruning Hypothesis, che considereremo nella terza parte del nostro lavoro.
64
Per la considerazione di questo punto si segnala, tra gli altri, Bánréti (2000).All‟interno del Commentario
non mancano, naturalmente, contributi favorevoli al modello di Grodzinsky, e la risposta puntuale
dell‟autore a larga parte di queste critiche.
63
48
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
1.4 Conclusioni sul modello di Grodzisnky
L‟ipotesi
che
il danno
degli agrammatici
consista
nella
perdita
della
rappresentazione della traccia sintattica implica assunzioni molto forti tanto sul
funzionamento cerebrale quanto sulla natura del deficit agrammatico. Anzitutto, essa
presuppone un‟organizzazione rigidamente modulare del cervello e dei sistemi cognitivi
in generale ed una specializzazione funzionale all‟interno delle regioni cerebrali stesse,
come, per esempio, all‟interno del lobo frontale sinistro. Questa considerazione contrasta,
tuttavia, con le evidenze offerte dall‟impiego delle tecniche di neuro-immagine, che
hanno mostrato come ogni area cerebrale debba essere considerata, almeno in parte,
funzionalmente eterogenea. Come abbiamo già discusso, inoltre, l‟idea che il deficit
agrammatico dipenda dalla „cancellazione‟ della traccia sintattica implica aspettative a un
tempo troppo ampie e troppo ristrette sulla performance degli agrammatici, predicendo
patterns di errori non confermati dai dati (come, per esempio, l‟incapacità di esprimere
corretti
giudizi
di
grammaticalità)
e
mancando
di
prevedere
il
fallimento
nell‟interpretazione di strutture non derivate da movimento sintattico (come, per esempio,
quelle coinvolgenti dipendenze pronominali). La possibilità che l‟interpretazione
agrammatica si affidi all‟applicazione di una strategia di default si è rivelata, infine,
incompatibile con parte dei dati raccolti e, quindi, non-universale.
Come riconosciuto anche da parte dei suoi oppositori, tuttavia, la TDH ha costituito
un importante contributo alla conoscenza del deficit agrammatico e al tentativo di
fornirne una spiegazione strettamente linguistica. In primo luogo, essa ha rappresentato
un notevole progresso a livello descrittivo, portando ad un‟adeguatezza descrittiva prima
assente e all‟individuazione di problemi molto specifici caratterizzanti (almeno) una parte
della popolazione agrammatica. In secondo luogo, gli studi condotti da Grodzinsky e
collaboratori hanno costituito una delle prime evidenze del fatto che la difficoltà di
comprensione degli agrammatici non dipende dal grado di complessità sintattica delle
frasi, ma dalla presenza di catene sintattiche al loro interno. Infine, deve essere
riconosciuto a Grodzinsky il merito d‟aver ricercato la formulazione di una teoria
sistematica e sufficientemente ristretta (seppure, a posteriori, errata) da risultare
conciliabile con i dati empirici inizialmente disponibili, e di aver tentato la raccolta di
evidenze comparative a favore della sua ipotesi.
Nonostante questi ultimi aspetti e i significativi „restringimenti‟ cui è stato
49
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
sottoposto, il modello di Grodzinsky non si rivela, comunque, adeguato alla spiegazione
„globale‟ del deficit agrammatico della comprensione, ricoprendo solo parte dei fenomeni
che lo caratterizzano.
50
2. L‟ IPOTESI DEL LOSS OF PROCESSING
La maggior parte dei limiti della TDH dipende da un‟assunzione centrale nel
modello di Grodzinsky, ovvero dall‟idea che il danno degli agrammatici consista in una
perdita strutturale. Molti di questi limiti, tuttavia, possono essere risolti considerando che
la difficoltà degli agrammatici derivi da un indebolimento di alcune capacità linguistiche,
anziché dalla loro completa mancanza. Come vedremo in questo capitolo, l‟ipotesi di un
danno di natura procedurale comporta diversi vantaggi: da un lato, permette la
spiegazione della compromissione di strutture sintattiche diverse, siano esse derivate da
movimenti trasformazionali o meno; in secondo luogo, consente di spiegare tanto i diversi
gradi di severità del deficit quanto la possibilità che gli agrammatici siano in grado di
utilizzare determinate informazioni sintattiche solo nel corso di alcuni processi linguistici,
come dimostrato dallo svolgimento di compiti particolari (es.: grammaticality judgment
tests).
La compromissione procedurale delle capacità linguistiche viene spiegata in modi
diversi
dai
modelli
di
loss
of
processing.
Alcuni,
come
il
modello
dichiarativo/procedurale di Ullman, assumono un indebolimento di un sistema cognitivo
generale, ma significativamente coinvolto nei processi linguistici; altri, come il modello
di Avrutin, considerano che il deficit coinvolga procedimenti esclusivamente linguistici.
La scelta tra queste diverse impostazioni dipende dalle caratteristiche attribuite al
linguaggio, e, più precisamente, dalla considerazione del linguaggio come una „capacità‟
paragonabile alle altre facoltà cognitive in contrapposizione al riconoscimento della sua
unicità rispetto a tutte le altre abilità cognitive. In entrambi i casi, la perdita subita dagli
agrammatici non consisterebbe nella cancellazione di parte della conoscenza
grammaticale, ma in un indebolimento delle capacità procedurali, e, quindi, nella
difficoltà di usare quel tipo di conoscenza nello svolgimento di compiti in tempo reale.
2.1 Il modello cognitivo di Ullman65
Il modello elaborato da Ullman presuppone l‟esistenza di due tipi di memoria
cognitiva e di due costituenti principali del linguaggio. Questi ultimi corrispondono al
65
Per tutta la sezione seguente, ci serviamo in modo sostanziale delle informazioni contenuta in Ullman
(2004).
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
„lessico mentale memorizzato‟ da un lato, e alla „grammatica mentale computazionale‟
dall‟altro. Il lessico mentale rappresenta “a repository of all idiosyncratic word-specific
information” (Ullman 2004: 233), ovvero un „magazzino‟ di tutte le forme fonologiche e
dei corrispondenti significati che non possono essere derivati l‟uno dall‟altro. Esso
include, perciò, le parole semplici „non composizionali‟, come la parola gatto; le
informazioni irregolari o specifiche relative alle diverse parole, come il tipo di argomenti
adatti ad accompagnare un verbo o le forme irregolari dei predicati; le informazioni
„distintive‟ minori delle parole (come i morfemi legati) e le espressioni idiomatiche del
tipo dell‟inglese kick the bucket e del corrispondente italiano tirare le cuoia, il cui
significato non può essere derivato dalla „somma‟ delle parti che le costituiscono. Tutto
ciò che non ha bisogno di essere „memorizzato‟ ed è deducibile dalle regolarità del
linguaggio è considerato il prodotto dall‟applicazione di regole conservate nel secondo
costituente del linguaggio umano, quello della „grammatica computazionale‟. Le regole
della grammatica determinano il modo in cui le forme complesse possono essere derivate
dalla combinazione delle forme semplici memorizzate, come per esempio, la creazione
del passato inglese del verbo walk, costituito dall‟associazione di walk con il morfema -ed
(walked) o del corrispondente italiano camminavo; stabiliscono l‟ordine sequenziale degli
elementi lessicali nelle parole complesse, nei sintagmi e nelle frasi, determinano le
relazioni gerarchiche sussistenti tra questi elementi. La produttività delle regole
coinvolge, dunque, le operazioni di formazione linguistica a tutti i livelli, tanto di natura
morfologica (es. formazione di nuove parole, flessione di forme verbali e nominali)
quanto di natura sintattica (es. formazione di frasi e di sintagmi). Le regole della
grammatica ricoprono però un ruolo di grande importanza anche nei processi
d‟interpretazione linguistica, consentendo la comprensione di forme complesse mai
sentite o né viste prima. Ullman si serve dell‟esempio della pseudo-frase seguente:
(25) Clementina glicked the plag.
Pur non conoscendo Clementina, né potendo capire a cosa si riferiscano il predicato e il
secondo SN della frase, ogni parlante inglese posto di fronte a (25) inferirà che un
soggetto di nome Clementina ha svolto un‟azione su un‟entità chiamata plag. Queste
informazioni sono garantite dalla conoscenza implicita che tutti i parlanti hanno delle
regole della grammatica della propria lingua. Non soltanto la conoscenza di queste regole
è da considerarsi inconscia da parte dei soggetti (che la possiedono, pur senza essersi mai
52
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
sottoposti al suo „apprendimento‟), ma anche la sua attivazione avviene in molti casi in
modo inconsapevole per il soggetto, venendo innescata automaticamente dalla presenza
dello stimolo linguistico.
Il sistema del lessico e quello della grammatica interagiscono in molti modi. Come
abbiamo visto, la grammatica si serve degli elementi lessicali per la formazione di unità
lessicali maggiori e delle espressioni complesse; in secondo luogo, le strutture
idiosincratiche memorizzate nel lessico non si sottraggono alle regole della grammatica.
L‟espressione idiomatica inglese kick the bucket, per esempio, viene flessa allo stesso
modo di tutti gli altri predicati, con l‟inserimento di -s nei casi in cui accompagni in
soggetto in terza persona singolare e con la desinenza -ed nel caso in cui essa si riferisca
ad un‟azione avvenuta nel passato:
(26) Tom kicks the bucket.
(27) Tom kicked the bucket.
Nonostante le rappresentazioni complesse possano essere create dal soggetto ogni
qualvolta gli siano necessarie (come accade senz‟altro quando la forma non è mai stata
incontrata prima), in linea di principio esse potrebbero essere immagazzinate nel lessico
mentale dopo essere state costruite o ascoltate per la prima volta. Infine, la considerazione
dell‟interazione tra lessico e grammatica ha portato alla constatazione del fatto che
nell‟uso dei parlanti di diverse lingue le forme idiosincratiche e irregolari sono di norma
preferite
a
quelle
derivabili
tramite
l‟impiego
delle
regole
grammaticali.
Quest‟osservazione ha trovato una formulazione teorica nel cosiddetto Elsewhere
principle, secondo il quale le unità memorizzate nel lessico mentale avrebbero la
precedenza su quelle composte dalla grammatica. 66
A questi costituenti del linguaggio corrispondono, secondo Ullman, due sistemi
cognitivi generali caratterizzati da altrettanta indipendenza e interazione: la memoria
dichiarativa e la memoria procedurale.
2.1.1 La memoria dichiarativa
La memoria dichiarativa corrisponde alla parte della memoria usata per
l‟apprendimento, la rappresentazione e l‟uso della conoscenza di fatti (conoscenza
66
Questo principio è stato proposto, tra gli altri, da Halle & Marantz (1993).
53
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
semantica) e di episodi (conoscenza episodica). Essa svolge un ruolo fondamentale per
l‟apprendimento rapido delle informazioni associate in modo arbitrario, come nel caso
degli stimoli incontrati una sola volta. Questo tipo di conoscenza è appreso in modo
consapevole, può essere accessibile a più di un sistema mentale e può venire, almeno
parzialmente, esplicitamente ricordata dai soggetti.
La memoria dichiarativa è situata nelle strutture del lobo medio-temporale, e, in
particolare, nella regione ippocampale, nella corteccia entorinale, nella corteccia perinale
e in quella paraippocampale. Il complesso medio-temporale, come spiegato da Ullman, è
organizzato gerarchicamente67 e viene impiegato nello svolgimento di diverse funzioni,
come la codifica, il consolidamento e il recupero delle nuove informazioni; le diverse
regioni di quest‟area sarebbero, perciò, specializzate per la memorizzazione di diversi tipi
di conoscenza. Nonostante il loro coinvolgimento sia stato meno studiato di quello del
lobo medio-temporale, anche i corpi mamillari e parti del talamo vengono attivati nelle
operazioni di memoria dichiarativa. Studi recenti hanno evidenziato come anche altre
sotto-regioni svolgano ruoli importanti in questo tipo di memorizzazione: la corteccia
laterale prefrontale sarebbe coinvolta nella codifica delle nuove informazioni e nella
selezione durante il recupero della conoscenza dichiarativa; parti del cervelletto
potrebbero essere coinvolte nella ricerca d‟informazioni in questo tipo di memoria; infine,
la corteccia inferiore posteriore-dorsale sarebbe adibita agli aspetti fonologici degli
elementi memorizzati; mentre quella inferiore anteriore-ventrale alle informazioni
semantiche. Queste ultime due aree della corteccia, tuttavia, sarebbero associate anche
allo svolgimento di compiti propri della memoria di lavoro. La memoria dichiarativa è
strettamente connessa con il sistema del flusso ventrale, radicato nelle regioni inferiori e
laterali dei lobi temporali e responsabile della percezione e della rappresentazione degli
oggetti e delle loro relazioni reciproche; esso si occupa, inoltre, del riconoscimento delle
rappresentazioni presenti nel magazzino della memoria dichiarativa e del loro paragone
con quelle „nuove‟ via via inseritevi.68
67
Per maggiori informazioni su questo aspetto si rimanda a Ullman (2004: 235).
Per le informazioni sugli studi che hanno portato a queste conclusioni e per una considerazione della
memoria dichiarativa a livello cellulare e molecolare cfr. Ullman (2004: 236).
68
54
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
2.1.2 La memoria procedurale
La memoria procedurale è implicata nell‟acquisizione delle abilità cognitive, sensomotorie e di altre procedure (come per esempio, la capacità di andare in bicicletta, o l‟essere
esperti giocatori di un qualche gioco) e del controllo di quelle già consolidate. Questo
secondo tipo di memoria è considerato „implicito‟, dal momento che tanto l‟apprendimento di
queste conoscenze, quanto la loro permanenza nel sistema cognitivo avvengono in modo
automatico, „inconsapevole‟ e indipendente dal nostro controllo; la conoscenza acquisita da
questo sistema, inoltre, deve essere considerata „informazionalmente incapsulata‟, o vvero,
quasi del tutto inaccessibile agli altri sistemi mentali. E‟ importante notare come Ullman si
serva della denominazione di „memoria procedurale‟ per il riferimento a un tipo preciso di
memoria implicita e non-dichiarativa, non per l‟indicazione di tutti i sistemi di questo tipo, e
che il termine viene impiegato per l‟intero sistema coinvolto nell‟apprendimento, la
rappresentazione e l‟uso di questa conoscenza, non soltanto per la parte utilizzata
nell‟acquisizione i nuovi elementi (es. nuove abilità/abitudini). Il sistema procedurale è di
particolare importanza per l‟apprendimento di tutte le relazioni dipendenti dal contesto rigide,
inflessibili e non influenzate dagli altri sistemi mentali (rule-like relations) e per la loro
computazione in tempo reale; l‟acquisizione delle informazioni in questo tipo di memoria
avviene in modo graduale, in seguito al ripetersi degli stimoli e delle risposte e, quindi, in
modo molto meno immediato di quanto non avvenga nella memoria dichiarativa.
L‟identificazione delle basi neuronali della memoria procedurale si è rivelata più
complessa di quanto non sia accaduto nello studio del sistema dichiarativo. La memoria
procedurale dipende, infatti, da un‟ampia rete di strutture cerebrali, coinvolgente i gangli
frontali e basali, porzioni della corteccia superiore, della corteccia temporale superiore
(inclusa l‟area di Broca) e della corteccia parietale e il nucleo dentato del cervelletto.
L‟esecuzione in tempo reale delle abilità coinvolgenti sequenze è guidata dalla corteccia
parietale posteriore, che è strettamente connessa alle regioni frontali. Le regioni parietali
inferiori servono, invece, da magazzino della conoscenza di queste abilità. Il cervelletto
permette, da un lato, la coordinazione dei movimenti già acquisiti, il controllo dell‟equilibrio
e l‟apprendimento motorio; dall‟altro, la coordinazione mentale, il controllo dell‟attenzione,
l‟identificazione degli errori e l‟apprendimento di informazioni dagli errori stessi. I gangli
basali
servono numerose funzioni, come l‟acquisizione procedurale in generale,
l‟apprendimento delle relazioni senso-motorie tramite la presentazione di stimolo-risposta, il
rafforzamento di abilità già acquisite, il controllo e la pianificazione motoria in tempo reale di
conoscenza, il mantenimento di diverse funzioni nella memoria di lavoro e il passaggio dallo
55
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
svolgimento dell‟una a quello dell‟altra. Le diverse strutture dei gangli basali sono
strettamente interconnesse tra loro; i circuiti paralleli che le costituiscono hanno
organizzazione sinaptica simile, che suggerisce che essi siano impegnati per lo svolgimento
di compiti simili: ciò significa che se i gangli basali svolgono un qualche ruolo nella
grammatica, esso sarà simile dal punto di vista computazionale a quello che le stesse strutture
svolgono in altri domini; è inoltre possibile che i circuiti gangliari specificamente dedicati
alla grammatica proiettino le informazioni ad altre regioni corticali, come per esempio, l‟area
di Broca, piuttosto che ad altri circuiti gangliari. L‟apprendimento delle sequenze motorie
dipende principalmente dall‟attività della corteccia frontale inferiore sinistra, compresa l‟area
di Broca. Quest‟ultima ricopre un ruolo molto importante anche nell‟apprendimento di
sequenze contenenti strutture astratte e – potenzialmente – gerarchiche, in contrapposizione
alle sequenze lineari fisse memorizzate dal sistema dichiarativo. L‟area di Broca sembra
essere implicata, infine, nel processing di tutte le sequenze extra-motorie, come quelle
musicali, e per le sequenze fonologiche mantenute nella memoria di lavoro; come dimostrato
anche dai risultati di diversi studi, essa permette, dunque, la manipolazione di tutti i tipi di
sequenze, indipendentemente dalle informazioni che le costituiscono. Questi dati, insieme
all‟evidenza del coinvolgimento dell‟area di Broca in importanti funzioni della working
memory, suggeriscono l‟esistenza di un collegamento tra la memoria di lavoro e
l‟apprendimento e la computazione delle sequenze. Data la sua prossimità con il flusso del
sistema dorsale, inoltre, è stato ipotizzato che la principale funzione della memoria consista
nell‟analisi degli input visivi e nella „produzione‟ dei comportamenti motori „visivamente
guidati‟.
2.1.3. Il modello dichiarativo/procedurale
L‟assunzione principale del modello DP di Ullman è rappresentata dall‟idea che i
sistemi cerebrali dedicati alla memoria dichiarativa e a quella procedurale svolgano nel
linguaggio ruoli analoghi a quelli che svolgono nei domini extra-linguistici. Le funzioni
del lessico mentale sarebbero svolte, perciò, dal sistema della memoria dichiarativa, mentre
quelle della grammatica funzionale dalla memoria procedurale. In quest‟ottica, la memoria
dichiarativa costituisce il repertorio non solo di fatti ed eventi, ma anche delle parole,
comprendendo tutte le informazioni arbitrarie idiosincratiche e specifiche dei vari vocaboli,
come l‟associazione tra forma fonologica e significato, la loro rappresentazione astratta e la
loro categoria grammaticale. Oltre alle parole caratterizzate da aspetti non deducibili
56
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
dall‟applicazione delle regole della grammatica, essa contiene anche elementi „regolari‟,
che possono essere immagazzinati in questa parte di memoria o a causa della loro
frequenza, o per qualche peculiarità dei soggetti (es. ridotte capacità procedurali).
Un‟altra importante abilità conservata all‟interno del sistema dichiarativo è costituita
dalla memoria „associativa super-posizionale‟, che permette la generalizzazione delle
informazioni da una rappresentazione all‟altra. Come spiegato da Ullman (2004: 245),
perciò, la memorizzazione dell‟associazione tra certe radici verbali e la forma del loro
passato irregolare (es. spring-sprang e sing-sang) costituirà la capacità da parte del
soggetto di generalizzare queste similarità fonologiche a verbi simili, tanto esistenti (es.:
bring-brang) quanto inesistenti (es.: spling-splang). Questo tipo di generalizzazioni
suggerisce la possibilità che sia presente un certo grado di produttività anche all‟interno
della memoria dichiarativa. La grammatica computazionale, dall‟altra parte, dipende dai
circuiti cerebrali della memoria procedurale, che sottende, come già abbiamo detto, alla
capacità di apprendimento delle procedure „regolari‟ del linguaggio e al controllo di
quelle già acquisite. In accordo con il modello di Ullman, il sistema della memoria
procedurale è responsabile della costruzione di tutte le strutture generate da regole, come
quelle caratterizzanti i sotto-domini della sintassi, della morfologia, e – probabilmente –
della fonologia; in particolare, esso ricoprirebbe un ruolo centrale nelle operazioni di
merging („fusione‟) che permettono la derivazione di forme complesse a partire dalle
rappresentazioni astratte conservate nella memoria dichiarativa. Anche l‟acquisizione
(implicita)
delle
regole
della
grammatica
dipende
dalle
componenti
dedicate
all‟apprendimento procedurale. Le diverse funzioni svolte da questo sistema sono state
parzialmente riconosciute anche a livello neuronale: la corteccia frontale e i gangli basali
sembrano servire un „dominio generale‟, operando in processi sia linguistici sia extralinguistici, mentre alcuni circuiti dei gangli basali e particolari regioni frontali si
occuperebbero esclusivamente del processing grammaticale, e forse, solo di particolari aspetti
della sintassi e della morfologia. Le strutture del sistema responsabili di operazioni
linguistiche sarebbero, comunque, strettamente connesse con quelle relative a processi non
linguistici, e i canali usati dalla grammatica potrebbero servire anche altri domini,
dimostrandosi, almeno in una certa misura, indipendenti dal dominio. 69 Pur evidenziando
l‟esistenza di molti aspetti comuni tra le due componenti linguistiche e i due sistemi di
69
Una possibilità alternativa è quella di considerare che i canali siano specifici di ciascun dominio e
servano, per esempio, solo la computazione grammaticale. In quest‟ottica, la loro „generalità‟ consisterebbe
nell‟essere parte di un sistema procedurale di dominio generale in cui analoghe computazioni vengono
svolte da canali paralleli funzionalmente separati e dedicati ad altri domini (cfr. Ullman 2004: 246).
57
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
memoria e attribuendo lo svolgimento di molte funzioni linguistiche ai due sistemi di
memoria, il modello non suggerisce, quindi, un isomorfismo tra lessico e memoria
dichiarativa da un lato, e grammatica computazionale dall‟altro. Al contrario, come precisato
dallo stesso Ullman, esso ammette che possano esserci parti di ciascun sistema non implicate
in alcuna funzione linguistica, che non tutti gli aspetti del linguaggio possono essere
ricondotti all‟interazione dei due sistemi e che altre strutture neuronali o componenti
cognitive o computazionali potrebbero svolgere un ruolo importante per i sistemi stessi del
lessico e della grammatica.
I sistemi della memoria dichiarativa e della memoria procedurale interagiscono in
diversi modi: anzitutto, alcune delle strutture cerebrali operanti nella memoria procedurale si
occupano anche della selezione e del mantenimento nella memoria operativa degli elementi
selezionati dal sistema dichiarativo; in secondo luogo, nonostante le aree cerebrali coinvolte
nell‟uno e nell‟altro sistema siano, per la maggior parte, distinte, alcune parti dei due lobi
sono utilizzate da entrambi i sistemi; infine, i due sistemi possono „completarsi‟ a vicenda
nell‟acquisizione della stessa conoscenza (come, per esempio, nel caso delle sequenze) o di
una conoscenza simile (la „complementarità‟ delle due memorie, tuttavia, si dà solo nel caso
in cui entrambi i sistemi non siano danneggiati per qualche ragione). I due sistemi possono
interagire, inoltre, anche in modo competitivo, come nei casi in cui l‟apprendimento da parte
di uno dei due sistemi indebolisce il coinvolgimento dell‟altro tipo di memoria in quella
particolare
operazione
e
nei
casi
in cui
il
malfunzionamento
dell‟uno
porta
all‟intensificazione del lavoro dell‟altro.
Il complesso delle interazioni collaborative e competitive dei due sistemi può essere
osservato anche nello svolgimento delle funzioni linguistiche. Un primo esempio è
rappresentato dalla costruzione delle strutture complesse a partire dalle unità lessicali più
semplici, che vengono generate dalla combinazione degli elementi lessicali della memoria
dichiarativa da parte della memoria procedurale. Il sistema procedurale si occuperebbe,
inoltre, dell‟apprendimento delle regole relative a queste strutture, del mantenimento delle
rappresentazioni complesse nella memoria operativa e della loro strutturazione. In secondo
luogo, le parti superiori del lobo temporale, responsabili dell‟immagazzinamento dei dati
nella memoria dichiarativa, sono implicate anche nella memorizzazione delle informazioni
sulle relazioni tra rappresentazioni strutturate acquisite dalla memoria procedurale. Come
abbiamo detto, infatti, le stesse (o simili) conoscenze possono essere apprese da entrambi i
tipi di memoria: il rapido immagazzinamento delle sequenze delle forme lessicali da parte del
sistema dichiarativo potrebbe rappresentare, perciò, un „deposito‟ per l‟estrazione – più lenta
e implicita – delle regole grammaticali da parte della memoria procedurale. La conoscenza
58
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
esplicita di queste regole, inoltre, costituisce, in alcuni casi, un supporto alla computazione –
e, forse, all‟apprendimento – delle regole stesse da parte del sistema di acquisizione
procedurale. Si danno, infine, casi d‟interazione competitiva. L‟accesso nella memoria
dichiarativa a una rappresentazione lessicale derivabile anche tramite operazioni procedurali,
per esempio, blocca la composizione attraverso l‟applicazione delle regole della grammatica
(come accade, per esempio, nei casi in cui ci deve servire della forma irregolare di un verbo,
anziché di quella regolare). Danni al sistema dichiarativo, infine, determinerebbero un
rafforzamento della capacità di acquisizione e di processing del sistema procedurale. Allo
stesso modo, il modello di Ullman predice che, in caso di malfunzionamenti del sistema
procedurale, la memoria dichiarativa sviluppi la capacità di supplire almeno a parte delle sue
funzioni. Come vedremo nel prossimo paragrafo, quest‟ultima ipotesi ha ricevuto importanti
conferme dalla considerazione delle patologie linguistiche come danno all‟uno o all‟altro
sistema di memoria.
2.1.4 Evidenze neurologiche del modello DP 70
La prima serie di dati presentati da Ullman è costituita dai risultati di esperimenti
condotti su soggetti „sani‟ (nel senso in cui abbiamo impiegato questo termine nel corso
di tutto il nostro lavoro, ovvero privi di disturbi linguistici) attraverso l‟impiego delle
tecniche di neuro-immagine. Le rilevazioni del flusso emodinamico effettuate attraverso
la tomografia ad emissione di positroni (PET)71 hanno confermato l‟attivazione dell‟area
di Broca tanto nello svolgimento di operazioni „generiche‟ della memoria procedurale
quanto in compiti espressivi e recettivi implicanti il processing sintattico. L‟elaborazione
sintattica coinvolge, tuttavia, anche aree più vaste, come le regioni adiacenti l‟opercolo
frontale, i gangli basali, il nucleo caudato e la parte anteriore del giro temporale superiore.
L‟utilizzo della parte della conoscenza sintattica immagazzinata, insieme ai vocaboli
stessi, nel repertorio lessicale (come, per esempio, l‟informazione del numero di
argomenti di un verbo) richiede, inoltre, l‟attivazione del lobo temporale inferiore. Le
misurazioni del potenziale evento-correlato (ERP),72 dall‟altro lato, hanno dimostrato
70
Cfr. Ullman (2004: 250-256) per i rimandi puntuali agli studi citati all‟interno di questo paragrafo.
Questa tecnica permette la rilevazione delle aree corticali maggiormente attivate in una particolare
operazione attraverso la registrazione del flusso emodinamico regionale, osservabile grazie all‟iniezione di
una sostanza (tipicamente la variante radioattiva di qualche atomo biologicamente compatibile) funzionante
da „marcatore‟.
72
La misurazione del potenziale evento-correlato consiste nella registrazione elettroencefalografica delle
risposte elettrofisiologiche attivate dalla presenza di un particolare stimolo.
71
59
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
come difficoltà ed errori a livello lessicale e al livello (non-linguistico) concettualesemantico determinino l‟attivazione di parti del lobo frontale corrispondenti a quelle
identificate da Ullman come sede della memoria dichiarativa.
2.1.4.1 I disturbi del linguaggio come deficit del sistema dichiarativo
Importanti
conferme
della
validità
del
modello
sono
derivate
anche
dall‟interpretazione dei disturbi linguistici proposta da Ullman, secondo cui le patologie
del linguaggio determinerebbero un danno all‟uno o all‟altro dei due sistemi di memoria.
Molti tipi di afasie fluenti rifletterebbero, secondo lo studioso, malfunzionamenti del
sistema dichiarativo. Questo tipo di patologie è determinato da danni alle regioni
temporali e temporali-parietali e presenta caratteristiche opposte a quelle presentate dagli
afasici di Broca: difficoltà nella comprensione, ma non nella produzione linguistica,
problemi nella lettura e nel riconoscimento della forma fonologica e del significato delle
parole funzionali, così come nella conoscenza concettuale; difficoltà nell‟espressione di
giudizi di grammaticalità riguardanti forme di passato irregolari. Il paragone tra le
difficoltà degli afasici definiti come „fluenti‟ e di quelli „non-fluenti‟ ha suggerito
l‟esistenza di un legame tra forme irregolari, memoria semantica (non-lessicale), corteccia
temporale e temporo-parietale, da un lato, e di una relazione tra forme regolari, sintassi,
abilità motorie e corteccia sinistra frontale e gangli basali, dall‟altro.
Evidenze a favore del modello dichiarativo/procedurale sono emerse anche
dall‟analisi
di
patologie
non
specificamente
linguistiche,
come
le
malattie
neurodegenerative compromettenti aspetti del sistema linguistico e di altre facoltà
cognitive. Il morbo di Alzheimer provoca difficoltà nell‟apprendimento di nuove
conoscenze lessicali e concettuali e nell‟utilizzo di quelle già presenti nella memoria,
lasciando intatta, dall‟altra parte, la capacità di acquisire e processare abilità motorie,
cognitive e aspetti di processing sintattico. A livello della produzione linguistica, i
soggetti affetti da Alzheimer rivelano problemi nella denominazione di fatti e di oggetti,
insieme ad errori nell‟uso dei passati irregolari, come dimostrato da studi analizzanti la
conoscenza delle forme del passato di verbi con flessione regolare e irregolare. Questo
tipo di disturbi sarebbe spiegato dalla compromissione di porzioni del lobo temporale,
dedicate nel modello di Ullman alle funzioni della memoria dichiarativa; l‟integrità delle
strutture cui abbiamo assegnato lo svolgimento dei compiti procedurali (come l‟area di
Broca, le regioni motorie e i gangli basali) spiegherebbe, invece, la facilità dimostrata
60
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
nella flessione regolare. La patologia conosciuta con il nome di demenza semantica è
associata a una grave degenerazione delle regioni inferiori e laterali del lobo temporale;
essa ha effetti simili, tuttavia, a quelli che abbiamo considerato per il morbo di
Alzheimer, determinando la perdita della conoscenza lessicale e concettuale ed errori
nella produzione de verbi irregolari. I soggetti colpiti dalla sindrome di Williams, infine,
soffrono di gravi difficoltà nel recupero lessicale, pur disponendo di abilità sintattiche (e,
più in generale, grammaticali) completamente intatte, come dimostrato dalla difficoltà
nella produzione delle forme irregolari del passato e dai frequenti errori di iperregolarizzazione del tipo di digged e mouses (corrispondenti alle forme irregolari, e
corrette, dug e mice). Ancora una volta, l‟interpretazione degli errori prodotti dai soggetti
affetti da disturbi linguistici di qualche tipo conferma la dissociazione tra forme regolari e
irregolari e il loro legame con la memoria procedurale da un lato, e con la memoria
lessicale dall‟altro.
2.1.4.2 I disturbi del linguaggio come deficit del sistema procedurale
Il disturbo evolutivo conosciuto con il nome di SLI (Specific Language
Impairment)73 viene spiegato da Ullman come un danno del sistema procedurale
coinvolgente, in modo particolare, la memoria operativa, la capacità di analizzare stimoli
presentati per un periodo particolarmente breve e quella di comprendere sequenze
particolarmente rapide. Nonostante i significativi deficit a livello grammaticale, i soggetti
affetti da questa patologia mantengono un repertorio lessicale pressoché intatto, come
dimostrato dal mantenimento della capacità di riconoscimento e apprendimento delle
parole. La ridotta capacità procedurale determinerebbe un maggiore affidamento alle
potenzialità del sistema rimasto integro, ovvero, in questo caso, la memoria dichiarativa.
Gli interessanti risultati ottenuti da alcuni studi condotti con bambini affetti da SLI hanno
dimostrato la difficoltà di questi soggetti nella produzione di nuove forme regolari (es.:
plam-plammed) e, in generale, nell‟applicazione del suffisso -ed in modo produttivo. Altri
studi hanno rivelato come le parole composte prodotte dai bambini affetti da SLI
comprendano solo plurali di forma irregolare, confermando l‟impossibilità di utilizzo
delle operazioni procedurali per la costruzione di forme flesse a partire dalle unità
lessicali disponibili nel magazzino dichiarativo. I bambini affetti da SLI tenderebbero,
perciò, alla memorizzazione delle forme flesse regolari nel magazzino lessicale, accanto a
73
Cfr. Leonard (1998) per maggiori informazioni su questo disturbo.
61
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
quelle di derivazione irregolare. Similmente, le forme di afasia non-fluente, come quella –
di nostro interesse – dell‟agrammatismo, sarebbero spiegabili come un disturbo del
sistema della memoria procedurale. Le caratteristiche stesse della produzione di questi
soggetti, contraddistinta dall‟omissione dei morfemi grammaticali tanto liberi quanto
legati, dimostrano come le difficoltà degli agrammatici siano determinate dall‟uso della
morfologia regolare, piuttosto che da quella irregolare. Nonostante la capacità di
riconoscimento e comprensione di parole „contenuto‟ semplici (cioè, non in
composizione) si mantenga inalterata, il „recupero‟ di parole di questo tipo richiede
notevolissimi sforzi agli agrammatici, determinandone spesso l‟omissione.
I sintomi degli afasici non-fluenti, che abbiamo sin qui sintetizzato, sono del tutto
compatibili con le supposizioni del modello di Ullman, secondo cui l‟area di Broca e i
gangli basali (compromessi in questi soggetti) si occuperebbero proprio del recupero
lessicale. Il discorso agrammatico sarebbe l‟esito, invece, di lesioni circoscritte alla parte
sinistra dei gangli basali o alla parte destra del cervelletto. Il disturbo linguistico
dell‟afasia di Broca è solitamente accompagnato da compromissioni a livello motorio, sia
di tipo linguistico (riguardanti, per esempio, aspetti fonologici) che extra-linguistico
(relative, per esempio, all‟esecuzione di compiti specifici, come quelli costituiti da
sequenze) confermanti l‟idea che il disturbo di questo tipo di afasia corrisponda a un
deficit procedurale.
La compromissione di parte della memoria procedurale spiegherebbe anche i
disturbi linguistici legati a patologie evolutive non specificamente linguistiche, come
quelle della dislessia, dell‟ Attention Deficit Hyperactivity Disorder e dell‟autismo,
caratterizzati – seppure in modo parzialmente diverso l‟uno dall‟altro – da difficoltà
grammaticali e di recupero lessicale. Tra le malattie neurodegenerative, i l morbo di
Parkinson viene associato ad un indebolimento del sistema procedurale. La perdita della
dopamina, caratteristica di questa patologia, spiegherebbe la soppressione dell‟attività
motoria, la notevole difficoltà nell‟espressione di sequenze motorie e i deficit manifestati nel
processing grammaticale dai soggetti che ne sono affetti. L‟integrità del lobo temporale,
invece, determinerebbe il buon mantenimento dell‟uso delle parole e delle conoscenze di fatti
riscontrati negli stessi soggetti. Anche il morbo di Huntington dipenderebbe da problemi a
livello procedurale, pur compromettendo strutture differenti da quelle del morbo di
Parkinson. Tra i diversi errori linguistici prodotti da questi soggetti, particolarmente
interessante è la produzione di forme come walkeded e dugged: la mancanza di errori
analoghi con i verbi di forma irregolare (es.: dugug o keptet) dimostra che essi non sono
62
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
attribuibili a deficit articolari o motori, ma a un disturbo specificamente procedurale
determinante la suffissazione insopprimibile di -ed. La degenerazione della regione del
nucleo caudato determina anche l‟esecuzione di movimenti insopprimibili (ipercinesi). Questi
dati dimostrano come le strutture dei gangli basali e della corteccia cerebrale possano essere
considerati effettivamente responsabili dell‟esecuzione delle regole grammaticali e delle
funzioni motorie, indicando anche come si possa assumere che esse svolgano una funzione
simile nei due domini.
2.1.5 Conclusioni sul modello dichiarativo/procedurale
Anche il modello di Ullman, come quello di Grodzinsky, presuppone
un‟organizzazione modulare dei sistemi cognitivi, in cui le diverse aree cerebrali si
occupano di funzioni cognitive e computazionali distinte e, in qualche misura,
identificabili. Il modello dichiarativo/procedurale, tuttavia, si differenzia dalle teorie
precedenti che abbiamo sin qui considerato. 74 Anzitutto, esso risulta inconciliabile con
alcune delle conclusioni tratte in Grodzinsky (2000a), e, in particolare, con il set di
funzioni linguistiche attribuito all‟area di Broca nel modello della TDH. A differenza di
quest‟ultimo, Ullman riconosce la possibilità di un‟eterogeneità funzionale delle aree
cerebrali, che svolgerebbero compiti analoghi in domini diversi (o, in una visione
alternativa, si occuperebbero di funzioni specifiche di un certo domino con attività del
tutto simili a quelle svolte da circuiti paralleli per gli altri domini). Di conseguenza, l‟area
di Broca non è considerata né il locus di attività sintattiche molto specifiche (come, per
esempio, quella del mantenimento della traccia proposta da Grodzinsky), né la sede delle
attività sintattiche o grammaticali in generale. L‟importante ruolo procedurale che essa
svolge nelle operazioni linguistiche (come, per esempio, nella formazione delle frasi, dei
sintagmi e delle parole a flessione regolare) è considerato, invece, del tutto analogo e
parallelo a quello che essa ricopre nell‟esecuzione di attività di altri domini, come
l‟apprendimento di sequenze di vario genere (motorie, musicali, etc.). Per la stessa,
radicale, differenza d‟impostazione il modello di Ullman si differenzia dal modularismo
„rigido‟ di Fodor (1983): i circuiti neuronali responsabili della memoria procedurale sono
considerati, infatti, nel modello di Ullman, indipendenti dai diversi domini in cui vengono
impiegati. I circuiti responsabili delle funzioni linguistiche si occuperebbero, quindi,
74
Cfr. le considerazioni in Ullman (2004: 248-249).
63
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
anche dell‟esecuzione di compiti simili nelle funzioni extra-linguistiche, o vi sarebbero,
almeno, strettamente legati. Il modello di Ullman è solo parzialmente paragonabile,
infine, ai modelli di computazione connessionista. Pur ipotizzando, in modo molto simile
a Ullman, che il linguaggio derivi dall‟interazione di un network di aree cerebrali non
specificamente linguistiche, questi modelli non considerano l‟esistenza di associazioni
„empiriche‟ tra domini grammaticali e memoria procedurale e tra domini lessicali e
memoria procedurale, né la possibilità di una dissociazione tra due tipi di memoria.
Come emerso dal confronto con altri modelli modulari, la maggiore novità
introdotta da Ullman consiste nell‟idea che le diverse aree cerebrali, pur essendo
funzionalmente specializzate, non debbano essere considerate anche domain-specific.
Diversamente da quanto proposto per lungo tempo da molte teorie linguistiche cognitive
sul funzionamento del linguaggio, non esisterebbero funzioni o moduli cerebrali
esclusivamente dedicati al linguaggio all‟interno del sistema cognitivo umano. La
considerazione della non-unicità del linguaggio umano sarebbe supportata, secondo
Ullman, da diverse osservazioni, derivate tanto dall‟organizzazione „topografica‟ delle
strutture cerebrali (le cui sotto-regioni svolgerebbero, come abbiamo visto, compiti
analoghi in domini diversi) quanto dall‟idea che le strutture biologiche sottostanti
determinate capacità umane siano il prodotto dall‟evoluzione di strutture già esistenti e
originariamente adibite a compiti diversi. L‟opinione che il linguaggio umano costituisca
un unicum all‟interno delle capacità umane sarebbe alimentata, infine, dalla scarsa
conoscenza dei suoi procedimenti, determinata anche dalla mancanza di modelli animali;
circuiti cerebrali simili a quelli attivati nell‟elaborazione del linguaggio umano sarebbero
identificabili, tuttavia, anche in altre specie animali.
Per quanto riguarda l‟aspetto che più ci interessa, abbiamo visto come Ullman
attribuisca il deficit delle afasie di tipo non-fluente a un indebolimento della memoria
procedurale e alla compromissione di tutte le operazioni linguistiche da essa dipendenti,
che spiegherebbe tanto l‟omissione dei morfemi flessivi nella produzione agrammatica,
quanto la difficoltà dimostrata nell‟interpretazione in alcune strutture sintattiche. I
risultati ottenuti da diversi studi sperimentali, tuttavia, si sono rivelati inconsistenti con le
predizioni del modello di Ullman, dimostrando come molti soggetti agrammatici
presentino difficoltà anche nell‟uso della morfologia irregolare. 75
2.2. Modelli linguistici di deficit procedurale
75
Cfr., per esempio, de Diego-Balaguer et al. (2002).
64
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
L‟ipotesi che il disturbo agrammatico non dipenda da una perdita strutturale, ma da
un indebolimento di alcune capacità computazionali è condivisa anche da molte teorie
linguistiche del deficit. Non adottando la distinzione tra i due sistemi di memoria
caratteristici del modello di Ullman, tuttavia, le teorie linguistiche non considerano le
diverse forme di afasia come uno dei deficit derivati dalla compromissione di un sistema
cognitivo generale (come quello della memoria dichiarativa o di quella procedurale), ma
come l‟espressione di un disturbo esclusivamente linguistico. Il deficit agrammatico della
comprensione sarebbe dovuto, in quest‟ottica, a una riduzione delle risorse procedurali
richieste per l‟esecuzione di alcune operazioni linguistiche, osservabile in un significativo
rallentamento nel loro svolgimento. Il sistema linguistico degli agrammatici, perciò, non
sarebbe qualitativamente diverso da quello dei soggetti „sani‟ (come affermato, per
esempio, da Grodzinsky), ma soltanto caratterizzato da un processing particolarmente
lento. Quest‟ipotesi ha ricevuto una delle prime conferme in uno studio di Swinney e
collaboratori sull‟effetto di priming lessicale in frasi a riempimento di posizione vuota
(gap-filling sentences), con cui gli sperimentatori hanno integrato i risultati già ottenuti da
studi precedenti dello stesso tipo. 76 Posticipando il punto d‟indagine dell‟effetto di
priming, Swinney e collaboratori hanno potuto osservare come la ri-attivazione
dell‟antecedente non sia del tutto assente nell‟interpretazione agrammatica, ma avvenga
con circa 500ms di ritardo rispetto al punto t in cui essa è registrata nell‟interpretazione
normale.
Nonostante i dati empirici a sostegno di quest‟ipotesi siano piuttosto recenti, l‟idea
che il deficit agrammatico derivi da un disturbo computazionale era stata suggerita anche
da modelli teorici precedenti. Kolk et al. (1985) avevano ipotizzato che il deficit recettivo
degli agrammatici riflettesse una limitazione della memoria fonologica. In accordo con
questi studiosi, la comprensione delle frasi richiederebbe il mantenimento dei diversi
costituenti frasali all‟interno di una „memoria operativa fonologica‟, da cui il parser
(„analizzatore‟)
sintattico
trarrebbe
le
informazioni
utili
alle
successive
fasi
dell‟interpretazione. A causa della ridotta capacità della loro memoria fonologica,
tuttavia, nel caso degli agrammatici il parser sintattico sarebbe costretto a lavorare su
76
Come abbiamo spiegato al par. 1.2.2, precedenti studi di Swinney e collaboratori avevano rivelato come
l‟interpretazione agrammatica di queste strutture si differenziasse da quella „normale‟ a causa della mancata
ri-attivazione dell‟antecedente in corrispondenza della posizione vuota t; questi risultati erano stati
interpretati, come abbiamo detto, come una prova favore dell‟ipotesi della cancellazione della traccia, che
avrebbe impedito il collegamento tra l‟elemento mosso e la sua posizione originaria, e, quindi, la sua riattivazione in luogo di t. Lo studio di Swinney et al. cui facciamo riferimento in questa sezione è riportato
in Zurif (2003).
65
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
stringhe fonologiche particolarmente brevi, impedendo la comprensione „normale‟ delle
frasi.77. Altri studiosi hanno interpretato il deficit recettivo degli agrammatici come
l‟incapacità di implementare le informazioni espresse dai morfemi grammaticali, la cui
comprensione appare selettivamente compromessa in alcuni soggetti. Pur concordando
nella considerazione dell‟agrammatismo come una difficoltà di implementazione delle
informazioni linguistiche, gli studi più recenti hanno cercato una più precisa
identificazione del livello linguistico oggetto in cui può essere osservata la
compromissione.
2.2.1. Il deficit agrammatico come difficoltà di implementazione al livello del discorso78
2.2.1.1 Hickock & Avrutin (1995): il contributo della ‘referenzialità’
Una delle prime formulazioni dell‟ipotesi che la limitazione procedurale degli
agrammatici determini una difficoltà di implementazione al livello del discorso è
rappresentata dal lavoro di Hickok & Avrutin (1995), cui abbiamo fatto riferimento al
par. 1.2.2. I due studiosi hanno osservato come, a parità di complessità sintattica, gli
agrammatici mostrino maggiore difficoltà nell‟interpretazione delle frasi (a) delle coppie
seguenti, rispetto a quella delle frasi (b): 79
(29) a. Which psychologist attacked the linguist?
b. Who attacked the linguist?
(30) a. Is Mama Bear touching her?
b. Is every bear touching her?
Hickok & Avrutin hanno spiegato questi risultati considerando la proprietà semantica di
referenzialità comune ad alcuni degli elementi di tutte le frasi del tipo (a), la cui
comprensione determinerebbe uno sforzo computazionale maggiore a causa del
77
Come abbiamo già accennato, Saffran & Schwartz (1994) avevano proposto che gli agrammatici
soffrissero di una difficoltà nell‟accesso alla conoscenza grammaticale soltanto nello svolgimento di alcuni
compiti linguistici (come, per esempio, quelli di comprensione linguistica), pur non mostrando alcun deficit
nell‟esecuzione di altri, come dimostrato dal buon riconoscimento delle violazioni grammaticali.
78
Il livello interpretativo del „discorso‟ si riferisce a tutte le informazioni linguistiche relative a livelli
„maggiori‟ di quello della rappresentazione della singola frase. Esso coinvolge, perciò, tanto le informazioni
extra-linguistiche relative al contesto, quanto la conoscenza di tutto quanto precedentemente espresso.
79
Lo studio cui stiamo facendo riferimento presenta i risultati ottenuti nei test con due soli agrammatici;
questi dati rappresentano, tuttavia, una replica dei risultati registrati da studi precedenti con gruppi di afasici
dello stesso tipo. Per una considerazione dettagliata di questo studio si rimanda a Hickok & Avrutin (1995:
19-20).
66
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
riferimento al contesto linguistico, come dimostrato dalla maggiore difficoltà riscontrata
nell‟interpretazione del pronome interrogativo which (referenziale) rispetto al suo
corrispondente who (non-referenziale) e dei SN nominali referenziali (es. Mama Bear)
rispetto quelli introdotti dal quantificatore every (non-referenziale). 80 L‟indebolimento
delle risorse computazionali subito dagli agrammatici permetterebbe loro di condurre a
termine l‟interpretazione delle unità linguistiche non referenziali, ma non quella di
elementi richiedenti l‟implementazione delle informazioni discorsive contestuali. 81
2.2.1.2 Avrutin et al. (1999): l’interpretazione dell’accento contrastivo
Un‟ulteriore evidenza a sostegno di quest‟ipotesi è stata offerta dagli esperimenti
sull‟interpretazione dell‟accento contrastivo condotti da Avrutin e collaboratori (1999).
Lo studio, effettuato su 8 afasici di Broca e 5 soggetti „sani‟ assolventi la funzione di
controls, consta di due esperimenti: nel primo, l‟interpretazione dell‟accento rappresenta
un fattore determinante per l‟assegnazione delle referenze pronominali; nel secondo,
costituisce il discrimine per la distinzione tra parole composte e sintagmi omofoni
composti da un nome e da un aggettivo.
Il primo esperimento è stato usato per testare la comprensione dei soggetti in 52
frasi isolate, presentate in ordine casuale: 13 frasi rappresentanti la condizione accentata
(SC, stressed condition), 13 frasi rappresentanti la condizione non accentata (UC,
unstressed condition), 26 frasi di controllo. Le frasi della condizione accentata e di quella
non accentata, aventi tutte una struttura del tipo di (31) per la SC e del tipo di (32) per la
UC, rappresentavano coppie minime dove l‟accento costituiva un‟indicazione
determinante per la corretta attribuzione della referenza: 82
(31) First John (verb)s Bill and then Mary (verb)s HIM.
(32) First John (verb)s Bill and then MARY (verb)s him.
Nelle frasi del primo tipo (SC), il pronome si riferisce al SN nominale soggetto della
prima frase; nelle frasi del secondo tipo, invece, esso è legato al SN oggetto del primo
congiunto, come indicato dagli esempi seguenti:
80
Alla nozione di „referenzialità‟ semantica abbiamo fatto riferimento al par. 1.2.2, cui si rimanda per la
spiegazione di questo concetto.
81
I due autori propongono anche una diversa spiegazione del fallimento degli agrammatici
nell‟interpretazione delle costruzioni passive. Per informazioni a questo riguardo cfr. Hickok & Avrutin
(1995: 14).
82
Le lettere maiuscole indicano la parola su cui cade l‟accento.
67
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
(33) First John hits Bill and then Mary hits HIM. (SC).
(34) First John hits Bill and then MARY hits him (UC).
Le frasi di controllo, infine, presentavano una struttura del tipo seguente:
(35) First John (verb)s Bill and then they X.
Quest‟ultime non richiedevano l‟assegnazione di referenze pronominali né presentavano
parole marcate dall‟accento; il verbo utilizzato corrispondeva, inoltre, a uno di quelli
impiegati nelle 13 frasi delle due condizioni precedenti, mentre X poteva corrispondere
tanto a un sintagma verbale quanto a un sintagma nominale (mai ad un pronome).
L‟effettiva comprensione delle frasi è stata testata attraverso l‟espediente del pictureselection task: in un primo momento veniva presentata ai soggetti un‟immagine
raffigurante la prima parte della frase (es. John hits Bill, seconda immagine a sinistra);
quindi, erano presentate loro altre tre immagini tra le quali il soggetto doveva scegliere
quella corrispondente alla seconda parte della frase (es. then MARY hits him = prima
immagine a destra; then Mary hits HIM = seconda immagine a destra/ then they X = terza
immagine a destra):
Fig.1
68
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
La performance agrammatica si è rivelata peggiore di quella normale in entrambe le
condizioni (con e senza accento contrastivo), confermando la generale difficoltà di questi
soggetti nell‟interpretazione delle referenze pronominali. 83 I risultati hanno rivelato,
inoltre, come la scelta dell‟immagine fosse scorretta il 20% delle volte in più nella
condizione in cui era richiesta l‟interpretazione dell‟accento marcato sul pronome rispetto
alla condizione non-accentata (accento „neutrale‟ su Mary). Questi dati sono stati
interpretati come una prova del fatto che, pur essendo sensibili all‟accento in condizioni
„normali‟ (e quindi potenzialmente capaci di interpretarne l‟informazione), gli
agrammatici non sono in grado di servirsene per l‟assegnazione di referenze pronominali
in frasi in cui esso assume valore contrastivo. La significativa ma non eccessiva
differenza di errore tra le due condizioni (20%) indica, tuttavia, come essi riescano,
occasionalmente, a portare a buon fine l‟implementazione dell‟accento contrastivo.
Il secondo esperimento è stato condotto per controllare se la difficoltà degli
agrammatici nell‟implementazione dell‟accento emersa nel primo esperimento non
dovesse essere attribuita, in qualche misura, a un problema interpretativo più ampio,
legato alla computazione di informazioni al livello del discorso (discourse-level
processing) in generale. Gli stimoli del secondo esperimento sono stati costruiti, perciò,
in modo che la loro comprensione richiedesse solo lo svolgimento di operazioni morfosintattiche. Le 40 frasi utilizzate avevano una struttura comune del tipo:
(36) Show me an X.
Venti di esse rappresentavano frasi di controllo, in cui l‟accento non giocava alcun ruolo
per la determinazione di X, che poteva corrispondere tanto a un SN semplice (es. girl)
quanto a un SN modificato (es. young girl). Le 20 frasi non di controllo costituivano,
invece, 10 coppie minime in cui X poteva essere riconosciuto solo sulla base
dell‟indicazione dell‟accento: in 10 di esse, corrispondeva a un nome composto,
presentante l‟accento principale sul primo elemento lessicale e l‟accento secondario sul
secondo elemento lessicale (es. BLACKboard nel senso di „lavagna‟; condizione marcata
o accentata); nelle altre 10, esso corrispondeva a un sintagma nominale modificato,
83
Di questa difficoltà ci occuperemo in modo specifico nel prossimo capitolo. La nostra indicazione di
„cattiva performance’ corrisponde, nella maggior parte degli esperimenti, al risultato indicato dagli
sperimentatori con l‟espressione di chance-level performance, usata nei casi in cui vengono date
risposte/interpretazioni errate a più della metà degli stimoli sperimentali. Analogamente, l‟espressione di
buona performance deve essere intesa come corrispondente del livello above-chance, usato quando più
della metà delle risposte/interpretazioni degli agrammatici in una determinata condizione corrispondono
all‟opzione corretta.
69
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
caratterizzato dal pattern intonativo inverso (es. black BOARD, ovvero una tavola nera).
Anche in questo caso, la verifica della comprensione era effettuata attraverso un pictureselection task: il soggetto doveva indicare a cosa corrispondesse X nelle varie condizioni,
scegliendo tra tre diverse immagini. Tra queste, un‟immagine raffigurava qualcosa di
completamente irrelato (es. a man, prima immagine Fig.2); un‟altra la parola composta
(es. HOT-dog, seconda immagine Fig.2, corretta nel caso in cui l‟accento fosse posto sul
primo elemento lessicale), l‟ultima, il sintagma aggettivale „corrispondente‟ (es. hot
DOG, terza immagine Fig.2, scelta corretta in caso di accento sul secondo elemento
lessicale):
Fig. 2
I risultati del secondo esperimento hanno rivelato che gli agrammatici manifestano una
maggiore sensibilità all‟accento nelle condizioni in cui costituisce l‟unico indizio per il
riconoscimento di X come nome composto, pur non favorendo in modo particolare
l‟interpretazione dei sintagmi nominali modificati.
Gli sperimentatori hanno interpretato i dati raccolti nei due esperimenti come
una conferma del processing account (PA) proposto da Zurif (1995), secondo cui il danno
caratteristico dell‟agrammatismo (così come di altre patologie linguistiche) risiederebbe
in una ridotta capacità di processing. Le operazioni linguistiche richiedenti una certa
70
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
quantità di risorse procedurali (come, per esempio, la risoluzione delle dipendenze
pronominali) risulterebbero perciò impossibili ai soggetti affetti da questo disturbo.
L‟interpretazione della condizione non accentata da parte di soggetti „sani‟
implicherebbe, secondo gli sperimentatori, l‟applicazione di una strategia al livello del
discorso, detta parallel function strategy,84 grazie alla quale il pronome oggetto del
secondo congiunto viene associato al SN oggetto della principale (Bill):
(37) First John hits Billi and then Mary hits himi.
L‟accento contrastivo sul pronome him determinerebbe il passaggio a un‟interpretazione
diversa da quella „standard‟ ottenuta sulla base del parallelismo dei ruoli grammaticali,
richiedendo l‟assegnazione del pronome al primo SN della frase principale:
(38) First Johni hits Bill and then Mary hits HIM i.
Nell‟interpretazione agrammatica, tuttavia, la risoluzione della referenza pronominale
avverrebbe in modo casuale tanto nei contesti accentati quanto in quelli non-accentati.
L‟applicazione della parallel function strategy necessiterebbe, infatti, delle „etichette‟
sintattiche (es.: di soggetto, oggetto, etc.) assegnate ai diversi elementi della frase nelle
prime fasi dell‟interpretazione e mantenute nella memoria operativa per tutto il corso del
processo di comprensione. Come spiegato da Kolk (1987), però, esse decadrebbero
particolarmente in fretta dalla rappresentazione linguistica degli agrammatici che, non
potendo affidarsi ad alcun tipo di parallelismo per l‟assegnazione della dipendenza
pronominale,
procederebbero
in
modo
casuale
all‟interpretazione
della
frase.
L‟indicazione di un cambiamento di referente rispetto all‟interpretazione „standard‟
portata dall‟accento non assumerebbe, perciò, alcun valore per questi soggetti, dal
momento che l‟interpretazione stessa della condizione non-accentata sarebbe stabilita in
modo del tutto arbitrario. La comprensione delle frasi del secondo esperimento, al
contrario, non richiede una sincronia tra modulo della sintassi e modulo del discorso:
l‟indicazione dell‟accento opera, infatti, a un livello strettamente morfo-sintattico.
L‟indicazione del passaggio da un contorno intonativo all‟altro, perciò, può essere
correttamente avvertita dagli agrammatici, come riscontrato nel riconoscimento dei nomi
84
Questo principio assume che si debba assegnare al pronome personale della frase secondaria il ruolo del
SN posto nella stessa posizione nella frase principale; nei casi in cui il pronome si trova nella prima
posizione, per esempio, esse viene interpretato nella maggior parte dei casi come soggetto grammaticale
della frase che lo contiene.
71
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
composti. La mancanza di operazioni a livello del discorso, tuttavia, dovrebbe favorire in
modo simile anche l‟interpretazione dei sintagmi nominali modificati. La peggior
perfomance emersa nella seconda condizione sperimentale è stata spiegata dagli
sperimentatori come il prodotto della difficoltà di accesso lessicale caratteristica di questo
tipo di afasici: la necessità di accesso a due unità lessicali memorizzate (hot e dog),
anziché ad una sola (hot-dog), determinerebbe un incremento computazionale tale da
impedire un miglioramento nella percezione dell‟accento da parte di questi soggetti nel
riconoscimento di questo tipo di sintagmi.
Il carico di lavoro „addizionale‟ richiesto nell‟implementazione delle informazioni a
livello del discorso spiegherebbe, secondo gli autori, anche la maggiore difficoltà
dimostrata nella comprensione delle dipendenze pronominali (39) rispetto a quella dei
pronomi riflessivi (40):
(39) Is Mama Beary touching heri?
(40) Is Mama Beari touching herselfi?
Come spiegato da Avrutin e collaboratori, e in linea con la Binding Theory chomskyana,
l‟antecedente dei pronomi riflessivi può essere identificato sulla base di criteri puramente
sintattici, tramite dall‟applicazione del “Principio A”:
(41) Principle A: An anaphor is bound in its governing category.85
L‟interpretazione dei pronomi personali non-riflessivi, dall‟altra parte, richiede invece il
riferimento a aspetti extra-sintattici. Contrariamente al Principio A, il Principio B
(proposto dalla stessa teoria per l‟interpretazione dei pronomi non-anaforici) non
definisce, infatti, a quale elemento della frase si debba attribuire il pronome, ma soltanto
in quale contesto sintattico esso non possa essere trovato:
(42) Principle B: A pronoun is free in its governing category.
85
Cfr. Chomsky (1981). Come spiegato in Graffi (1994: 318), il termine di anafora indica quegli elementi
linguistici che “non [possono] denotare da sole un‟entità o una classe di entità: esse possono riferirsi
soltanto alle entità cui si riferisce il loro antecedente. Questo ha come conseguenza che le anafore debbono
avere un precedente, ossia che sono obbligatoriamente legate”. La governing category (o „dominio locale‟)
di un elemento a è individuata sulla base di criteri configurazionali e definita come la porzione minima di
frase contenente a, l‟elemento che lo regge e un soggetto (nel nostro caso, il SN) posto in una relazione di
c-comando con il suo antecedente. Per chiarimenti su questo e su altri aspetti della teoria del legamento si
rimanda a Graffi (1994: 315-347).
72
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Lo stabilimento della referenza pronominale richiede, quindi, il ricorso a principi
interpretativi a un livello più ampio, determinante un incremento computazionale e,
perciò, una maggiore difficoltà da parte dei soggetti agrammatici.
A differenza
della spiegazione proposta per
la
maggiore difficoltà
d‟interpretazione dei pronomi personali rispetto a quella dei pronomi riflessivi, il
commento dei due sperimentatori all‟impossibilità di servirsi dell‟accento contrastivo
nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali sembra presupporre un deficit sintattico
(troppo rapida „disintegrazione‟ delle etichette sintattiche) piuttosto che discorsivo. Come
vedremo nei prossimi paragrafi, il riconoscimento della natura sintattica del disturbo
agrammatico costituisce l‟ipotesi di base anche di alcuni importanti modelli di loss of
processing del deficit afasico.
2.2.2. Il deficit agrammatico come ritardo della costruzione della struttura sintattica
Molti studiosi hanno interpretato il deficit di comprensione degli agrammatici come
l‟esito di un ritardo nella costruzione della struttura sintattica, che impedirebbe
l‟esecuzione delle operazioni linguistiche nei limiti temporali cui è sottoposta la
comprensione linguistica. La ragione di questo ritardo ha ricevuto, tuttavia, spiegazioni
diverse. In accordo con Swinney et al. (1989) e Zurif (2003), esso sarebbe l‟esito della
particolare lentezza d‟accesso lessicale di questi soggetti, che determinerebbe un
rallentamento complessivo della costruzione sintattica. 86 Le simulazioni condotte con il
modello computazionale di Haarmann & Kolk (1991) hanno approfondito quest‟ipotesi,
mettendo in luce come a una maggiore lentezza di attivazione dei costituenti
corrispondesse una più elevata rapidità di decadimento. In accordo con i due studiosi, il
disturbo agrammatico dipenderebbe, perciò, non soltanto dalla ritardata attivazione delle
unità lessicali e dei sintagmi frasali che costituiscono la struttura sintattica, ma anche dal
loro rapido decadimento dalla rappresentazione linguistica. 87
86
La lentezza nell‟accesso lessicale da parte degli agrammatici è stata dimostrata da numerosi studi. I
risultati ottenuti negli esperimenti condotti a questo proposito hanno dimostrato, per esempio, come il
priming lessicale si verifichi negli agrammatici solo nel caso in cui venga lasciato loro un tempo
particolarmente lungo per lo svolgimento del processo di comprensione (cfr., per esempio, Prather et al.
1997).
87
Come si può notare, quest‟ultima ipotesi riprende parte di quella proposta dallo stesso Kolk (1985) e da
Kolk et al. (1987), che abbiamo considerato all‟inizio del paragrafo 2.2, secondo cui il deficit agrammatico
sarebbe determinato da un troppo rapido decadimento delle „etichette‟ sintattiche dalla memoria operativa
fonologica.
73
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
I modelli più recenti hanno attribuito il ritardo nella formazione della struttura
sintattica a un indebolimento specifico del modulo sintattico. Quest‟ipotesi, conosciuta
con il nome di weak syntax o di Slow-syntax model, nasce dall‟osservazione degli errori
emersi nella comprensione delle strutture derivate da movimento sintattico e
nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali:
In light of [these] observations, […] a generalization suggests itself: agrammatic
comprehension fails whenever the underlying syntactic representation is unable to
properly constrain the possible interpretations that comprehension system can
contemplate for a sentence. In fact, it is only in those cases where correct
interpretation depends exclusively on the proper implementation of syntactic
structure that agrammatic system predictably fails (Burkhardt et al. 2008: 121).88
In accordo con questa teoria, gli agrammatici non perderebbero nessuna delle abilità
necessarie alla costruzione della struttura sintattica (come ipotizzato dai modelli di deficit
strutturale), né si troverebbero privi di qualche aspetto necessario per il suo
completamento (come proposto, per esempio, dai modelli di riduzione della memoria
operativa e dall‟ipotesi dello slow lexical access); il deficit degli agrammatici
dipenderebbe, invece, dal rallentamento delle operazioni sintattiche stesse. A causa di
questo rallentamento, la formazione della struttura sintattica non sarebbe completata in
tempo utile per servire al processo di comprensione. L‟interpretazione delle frasi
avverrebbe, perciò, attraverso il ricorso principi extra-sintattici. Come si può notare,
quest‟ipotesi spiegherebbe perché il disturbo agrammatico non compromette in misura
uguale la comprensione di tutti i tipi di frasi: il deficit agrammatico sarebbe osservabile,
infatti, solo nei casi in cui (a) l‟interpretazione delle frasi richiede lo svolgimento di
operazioni sintattiche; (b) l‟interpretazione dedotta attraverso lo sfruttamento di principi
interpretativi extra-sintattici non corrisponda a quella che sarebbe ottenuta attraverso la
considerazione delle strutture sintattiche.
Come approfondiremo nel prossimo capitolo, la maggior parte delle evidenze
sperimentali a
sostegno dello
Slow-syntax model
proviene
dagli esperimenti
sull‟interpretazione delle dipendenze pronominali. Molti studi condotti a questo riguardo
si sono serviti, come vedremo, del modello teorico della Economy Hierarchy di Reuland
(2001), secondo cui le operazioni sintattiche rappresenterebbero, nell‟interpretazione
88
Lo Slow-syntax model deve la sua formulazione a Piñango (1999), pur essendo stata sostenuta e
approfondita in collaborazione con molti altri ricercatori tra i quali, come vedremo nel prossimo capitolo,
Sergey Avrutin, Petra Burkhardt, Esther Ruigendijk, Nada Vasić. La denominazione di weak syntax si deve
ad Avrutin (cfr., per esempio, Avrutin 2006); quella di slower-than-normal syntax a Burkhardt et. al (2008).
74
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
normale, il modo più rapido e automatico di stabilire le referenze pronominali. A causa
dell‟indebolimento della loro sintassi, la gerarchia di economicità delle risorse
interpretative
sarebbe
diversa
per
gli
agrammatici:
le
operazioni
sintattiche
rappresenterebbero, infatti, la via più dispendiosa per il riconoscimento delle dipendenze
pronominali da parte di questi soggetti. Il rallentamento delle operazioni sintattiche
permetterebbe, inoltre, il ricorso ad altri livelli d‟interpretazione (come quello del
discorso e quello extra-linguistico, normalmente bloccato dalla più rapida attivazione
della sintassi) conducenti ad assegnazioni diverse da quelle determinate da principi
sintattici e, perciò, scorrette.
Il fallimento degli agrammatici nell‟interpretazione delle strutture derivate da
movimento sintattico sarebbe spiegabile in modo del tutto analogo. Il deficit agrammatico
non comprometterebbe la capacità di stabilire la „catena sintattica‟ originata dal fenomeno
di movimento, come affermato, per esempio, da Grodzinsky, ma la possibilità che essa
venga costruita nei tempi „rapidi‟ richiesti dal processo di comprensione linguistica. Non
potendosi servire delle informazioni sintattiche, gli agrammatici sarebbero indotti ad
affidarsi – anche in questo caso – a principi operanti ad altri livelli linguistici.
L‟interpretazione degli elementi mossi risentirebbe in modo particolare della
competizione tra modulo sintattico e regole interpretative del discorso, come si può notare
nel caso delle frasi passive: il SN spostato in prima posizione non potrebbe ricevere il
proprio ruolo tematico in tempo attraverso la costruzione della struttura sintattica dal
momento che essa avverrebbe, come abbiamo detto, con particolare ritardo in questo tipo
di afasici. Per questa ragione, esso sarebbe interpretato attraverso la regola della topicpreference, un principio interpretativo al livello del discorso, secondo cui, in presenza di
due SN, il soggetto ricoprirebbe il ruolo di Tema della frase.89 Quest‟assegnazione
contrasterebbe, però, con il ruolo assegnatogli, una volta disponibile, dalla catena
sintattica:
(43) The boy
(Tema) per applicazione della topic-preference
was pushed by the girl (Agente).
(Paziente) per assegnazione della catena sintattica
Errori simili a quelli emersi negli studi condotti sugli agrammatici sono stati trovati
nell‟esecuzione degli stessi compiti da parte dei bambini in età pre-scolare. Questa
89
Si noti come Avrutin non attribuisca l‟assegnazione del ruolo tematico all‟applicazione di una strategia
extralinguistica, com‟era nel caso della default strategy di Grodzinsky, ma all‟intervento di un principio
linguistico, anche se extra-sintattico.
75
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
convergenza, i cui aspetti considereremo in modo più approfondito nel prossimo capitolo,
è stata considerata una conferma che il disturbo agrammatico non possa essere attribuito a
una perdita strutturale, ma a una ridotta capacità di processing: non si spiegherebbe,
altrimenti, la somiglianza con la performance dei bambini, la cui difficoltà non può essere
certamente attribuita alla perdita di parte del sistema linguistico, ma, piuttosto, a un
incompleto sviluppo delle capacità procedurali che permettono l‟implementazione delle
informazioni sintattiche.
2.2.3 Conclusioni sui modelli linguistici di deficit procedurale
Come abbiamo brevemente considerato, l‟idea che il disturbo agrammatico derivi
da un loss of processing piuttosto che dalla perdita di qualche conoscenza linguistica
costituisce l‟ipotesi centrale di molti modelli linguistici del deficit afasico.
Un‟impostazione teorica di questo tipo determina diversi vantaggi sia dal punto di vista
descrittivo che da quello esplicativo. In primo luogo, essa permette la spiegazione tanto
della variabilità intra-soggettiva quanto di quella emersa nello svolgimento di compiti
diversi da parte degli stessi soggetti. In secondo luogo, essa non implica predizioni
eccessivamente ristrette sui patterns di fallimento degli agrammatici, come accadeva
nella teoria del loss of knowledge di Grodzinsky che abbiamo discusso nella prima parte
di questo capitolo. Essa permette, perciò, la descrizione e la spiegazione unitaria dei
fenomeni osservabili nella comprensione agrammatica, senza presupporre l‟esistenza di
disturbi diversi determinanti la difficoltà nell‟una o nell‟altra struttura sintattica. Il
fallimento dell‟interpretazione agrammatica dipenderebbe – in tutti i casi – da un
incremento computazionale, determinante, seppure a causa di fattori parzialmente distinti,
un carico di lavoro eccedente le capacità procedurali degli agrammatici. Lo svolgimento
di alcune operazioni linguistiche risulterebbe, perciò, significativamente rallentato
nell‟interpretazione agrammatica.
I diversi modelli che abbiamo presentato differiscono nell‟identificazione della
causa di questo rallentamento. L‟ipotesi dello slow-lexical access di Swinney e Zurif, e
quella del troppo rapido decadimento dei costituenti linguistici dalla rappresentazione
agrammatica di Kolk presentano il grosso limite di predire patterns di fallimento molto
più ampi di quelli effettivamente riscontrati negli studi sperimentali. Tanto l‟una quanto
l‟altra proposta non chiariscono, infatti, per quale ragione la difficoltà di implementazione
76
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
osservato nella comprensione, per esempio, delle frasi passive e delle relative
dell‟oggetto, non emerga né nell‟interpretazione delle loro corrispondenti attive, né in
quella
delle
relative
del
soggetto,
correttamente
intese
dagli
agrammatici.
L‟indisponibilità della struttura sintattica nelle prime fasi dell‟interpretazione predetta dal
modello della Slow-syntax di Piñango, Zurif e collaboratori offre una spiegazione più
adeguata del fatto che il deficit recettivo non emerge in tutti i tipi di frasi, ma solo nella
comprensione di particolari strutture e, in alcuni casi, solo in determinate „versioni‟ della
stessa costruzione (es.: relative del soggetto vs relative dell‟oggetto). Come
approfondiremo nel prossimo capitolo, inoltre, quest‟ultima ipotesi ha ricevuto il sostegno
di numerose evidenze empiriche, che ne hanno rafforzato l‟impostazione dimostrando
come la considerazione di un ritardo a livello della costruzione sintattica rappresenti un
punto di vista particolarmente adeguato alla conoscenza del deficit agrammatico.
77
3. IL
MODELLO DELLA
SLOWER-THAN- NORMAL SYNTAX:
EVIDENZE LINGUISTICHE E
SPERIMENTALI.
L‟ipotesi che il deficit agrammatico della comprensione derivi da un indebolimento
specifico del modulo sintattico, anziché da un rallentamento del sistema procedurale o
linguistico in generale, è stata confermata da un ampio numero di lavori sperimentali.
Parte di questi studi ha analizzato l‟interpretazione delle frasi derivate da movimento
sintattico, come le strutture passive; il gruppo più corposo, tuttavia, riguarda
l‟interpretazione di dipendenze sintattiche non derivate da movimento trasformazionale,
come quelle coinvolgenti pronomi personali e riflessivi. Ci serviremo, perciò, della
presentazione di questi studi per fornire una spiegazione più esauriente del modello della
Slow-syntax.90
3.1. L’interpretazione dei pronomi personali e riflessivi
La risoluzione delle dipendenze pronominali rappresenta un test particolarmente
adeguato alla verifica dell‟ipotesi che il deficit agrammatico derivi da un ritardo nella
costruzione della struttura sintattica, poiché l‟assegnazione dell‟antecedente pronominale,
così come l‟identificazione del dominio locale necessaria per stabilirlo, possono avvenire
solo una volta che la struttura sintattica è stata completa. Come vedremo, i risultati
ottenuti nello svolgimento di compiti on-line hanno messo in luce che le informazioni
necessarie al riconoscimento delle relazioni pronominali si rendono disponibili più
lentamente nell‟interpretazione agrammatica che in quella dei soggetti „sani‟. Gli stessi
studi hanno rivelato come il processing agrammatico si serve di strategie diverse da
quelle utilizzate dai soggetti „normali‟ anche nei casi in cui essi dimostrano una buona
comprensione off-line. Come approfondiremo nei prossimi paragrafi, gli studi sulla
risoluzione delle dipendenze pronominali si sono serviti – principalmente – del
riferimento a tre modelli teorici: la Government Theory chomskyana; il Reflexivity Model
di Reinhart & Reuland (1993) e l‟Economy Hierarchy di Reuland (2001).
90
Sono stati condotti, infine, studi testanti l‟interpretazione agrammatica di costruzioni filler-gap, dei quali
non ci occuperemo per ragioni di rapidità espositiva. Per un approfondimento di questo aspetto nell‟ottica
dello Slow-syntax model si rimanda a Burkhardt et al. (2003) e a Love et al. (2001).
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
3.1.1 Studi off-line sull’interpretazione dei pronomi personali e passivi
3.1.1.1 Le prime evidenze: Grodzinsky et al. (1993)
Nonostante la TDH non consideri il fallimento degli agrammatici nella
comprensione di strutture non derivate da movimento sintattico, si deve proprio ad uno
studio di Grodzinsky e di altri collaboratori una delle prime evidenze delle difficoltà degli
agrammatici nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali.
Il lavoro di Grodzinsky et al. (1993) costituisce la replica di un esperimento
condotto da alcuni studiosi dello stesso gruppo con bambini in età pre-scolare. I risultati
di questo primo esperimento avevano dimostrato come l‟interpretazione dei pronomi
personali dipendenti da un antecedente referenziale (es. 1) fosse più „difficile‟ di quella
degli stessi pronomi in dipendenza di antecedenti introdotti da quantificatori (es. 2) e di
quella dei pronomi riflessivi (es. 3):
(1) The girl touched her.
(2) Every girl touched her.
(3) The girl touched herself.
L‟esecuzione di un esperimento dello stesso tipo con i soggetti afasici, attraverso il
paradigma sperimentale del yes/no judgment91 e con frasi-stimolo del tipo seguente, ha
mostrato che il pattern di errore di questi soggetti riflette esattamente quello riscontrato
nei test condotti sui bambini di età pre-scolare: le frasi del tipo di (4) e (5) hanno
evidenziato, infatti, la maggiore difficoltà degli agrammatici nell‟interpretazione dei
pronomi personali rispetto a quella dei riflessivi, mentre gli stimoli del tipo di (6) hanno
messo in luce come la comprensione delle referenze pronominali non risulti compromessa
nei casi in cui l‟antecedente sia costituito da un elemento non-referenziale.
(4) *Is Mama Beari touching heri?
(5) Is Mama Beari touching herselfi?
(6) *(Every boy)i pointed at himi.92
91
Lo yes/no judgment paradigm analizza la correttezza della comprensione dei soggetti sottoponendo loro
diverse domande descriventi in modo più o meno appropriato l‟azione svolta in un‟immagine presentata
loro. Se, per esempio, la frase corrisponde alla domanda Is Mama Bear touching herself?, e l‟immagine alla
raffigurazione di un‟orsa che tocca se stessa, la risposta affermativa del soggetto viene considerata la prova
della corretta comprensione del significato della frase e delle dipendenze sintattiche inserite in essa.
92
L‟asterisco, posto al principio di una frase, è usato per indicare l‟agrammaticalità della frase stessa.
79
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Grodzinsky et al. (1993) hanno interpretato l‟insuccesso mostrato dagli agrammatici
nell‟interpretazione dei pronomi dipendenti da antecedenti referenziali come l‟esito della
riduzione della loro capacità procedurale, considerata un disturbo parallelo e indipendente
da quello della cancellazione della traccia sintattica (determinante, come abbiamo visto, il
fallimento dell‟interpretazione di altre strutture sintattiche). L‟errata attribuzione del
pronome personale al SN che immediatamente lo precede deriverebbe, tanto nei bambini
quanto negli agrammatici, dall‟impossibilità di applicare la cosiddetta Rule-I, dovuta alla
limitata capacità procedurale dei due gruppi di soggetti:
(7) Rule-I: Intrasentential coreference
NP A cannot co-refer with NP B if replacing A with C, C A-bound by B yields and
indistinguishable interpretation.93
In accordo con gli sperimentatori, la rappresentazione delle due possibilità interpretative e
il paragone richiesto per la verifica che esse non determinino un‟interpretazione
indistinguibile eccederebbero le possibilità della memoria operativa dei due gruppi di
soggetti. Non potendo servirsi della Rule-I, gli agrammatici e i bambini in età pre-scolare
permetterebbero, perciò, l‟interpretazione co-referenziale anche nei casi in cui essa
sarebbe negata dalla corretta applicazione della regola.
La considerazione che la compromissione procedurale agrammatica determini un
rallentamento specificamente sintattico si deve a studi successivi e ad autori diversi. Pur
non attribuendo a questo aspetto del deficit una natura primariamente sintattica, tuttavia,
la spiegazione di Grodzinsky e collaboratori ipotizza, come abbiamo detto, che la
compromissione della memoria operativa agrammatica comporti implicazioni dirette
sull‟applicazione dei principi sintattici di interpretazione pronominale.
3.1.1.2 L’interpretazione dei pronomi personali in frasi transitive e ECM:
Ruigendijk & Avrutin (2003)
L‟esperimento condotto da Ruigendijk & Avrutin (2003) rappresenta una conferma e
un ampliamento dei risultati ottenuti nel lavoro di Grodzinsky e collaboratori. In questo
secondo studio, la comprensione delle dipendenze pronominali è stata testata su tre gruppi
93
Cfr. Vasić (2006: 38) per una spiegazione più dettagliata dell‟applicazione della Rule-I. Una diversa
spiegazione degli stessi risultati è offerta da Hickok (1992), secondo cui essi dipenderebbero dalla
compromissione della catena sintattica. Per informazioni a questo riguardo cfr. Hickok (1992) e Hickok &
Avrutin (1995: 17-18).
80
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
di parlanti olandesi: 7 agrammatici, 2 afasici di Wernicke e 14 soggetti di controllo. Le
frasi-stimolo, che presentiamo – per praticità – nella loro traduzione inglese, costituivano
tre condizioni sperimentali: una condizione in cui il pronome personale era inserito in una
frase semplice con verbo transitivo (8); una condizione richiedente l‟interpretazione di un
pronome riflessivo nello stesso contesto sintattico (9); una terza condizione (10) in cui il
pronome personale faceva parte di in una struttura Exceptional Case Marking (ECM):94
(8) *Peteri touched himi.
(9) Peteri touched himselfi.
(10) *Peteri saw himi dance.
Come indicato in questi esempi, nelle frasi semplici transitive e nelle strutture ECM il
pronome him non può riferirsi al SN (Peter) che lo precede all‟interno del dominio locale.
L‟interpretazione dei pronomi riflessivi richiede, invece, che esso venga associato al SN
Peter.95 L‟esperimento è stato condotto attraverso la tecnica del picture-selection task: in
un primo momento, venivano presentate ai soggetti una frase e l‟immagine ad essa
corrispondente, cui seguiva una seconda frase (avente la struttura prevista in una delle tre
condizioni) accompagnata da tre immagini, tra le quali i soggetti dovevano scegliere
quella meglio rappresentante il significato espresso nella seconda frase. Di queste, una
descriveva l‟azione corretta, un‟altra la stessa azione raffigurata in modo tale che il
pronome richiedesse un diverso antecedente e la terza un‟azione diversa svolta dagli
stessi „attori‟.
Un esperimento dello stesso tipo è stato condotto da Vasić (2006). Anche se non ci
occuperemo in modo dettagliato di questo studio (che riprende il paradigma sperimentale
di Ruigendijk & Avrutin, confermandone i risultati), 96 presentiamo alcune delle immagini
utilizzate dalla studiosa ad esemplificazione del picture-selection task adottato in questo
tipo di esperimenti. La Figura 1 rappresenta il set di immagini usate per testare la
comprensione della frase ECM (11):
94
Questa denominazione si applica a frasi bi-proposizionali dove il soggetto della frase subordinata (nel
nostro caso, il pronome him) riceve Caso astratto dal verbo della frase principale (saw). Un altro esempio di
questo tipo di frasi è rappresentato dalle infinitive oggettive latine, dove il soggetto delle frase è declinato in
accusativo.
95
Come abbiamo detto, l‟indicazione di queste dipendenze è data dal principio A e dal principio B della
Government and Binding Theory di Chomsky (1981).
96
Gli agrammatici testati in Vasić (2006) hanno dimostrato, contrariamente ai risultati ottenuti negli studi
precedenti, una performance above-chance (interpretazione corretta in più della metà dei casi) nella
condizione in cui il pronome personale seguiva verbi di forma transitiva. Non ci soffermeremo a
considerare questa differenza, dal momento che essa non rappresenta una contraddizione sostanziale ai dati
raccolti da Grodzinsky et al. e da Ruigendijk & Avrutin, rimandando a Vasić (2006: 42-50) per maggiori
considerazioni a questo riguardo.
81
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
(11) First the boyi and the man ate and then the man saw himi playing soccer.
La prima immagine rappresenta il primo congiunto (First the boy and the man ate…); le
tre immagini a sinistra corrispondono, invece, alle tre possibilità di scelta tra le quali i
soggetti dovevano indicare la più adatta a raffigurare la seconda parte della frase (…then
the man saw him playing soccer). Come si può notare, la prima immagine a destra
rappresenta l‟azione espressa dalla frase, ma compiuta dal personaggio sbagliato; la
seconda corrisponde alla scelta esatta (sia l‟azione che il personaggio corrispondono a
quelli richiesti dalla frase); la terza immagine mostra il ragazzo svolgere un‟azione
diversa da quella indicata dalla frase:
Fig.1
I 2 afasici di Wernicke studiati da Ruigendijk & Avrutin hanno mostrato una
performance peggiore dei soggetti di controllo in tutte le condizioni, confermando
l‟ipotesi che essi risentano di un deficit lessicale determinante errori generali di
interpretazione, indipendenti dal tipo di dipendenza strutturale contenuta nelle frasi. La
performance agrammatica ha confermato, nelle prime due condizioni (pronomi personali
vs pronomi riflessivi in frasi transitive semplici), i risultati dell‟esperimento condotto da
Grodzinsky et al. (1993), indicando una maggiore difficoltà nell‟interpretazione dei
pronomi personali rispetto a quelle dei riflessivi. La terza condizione ha rivelato, inoltre,
82
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
che la comprensione agrammatica dei pronomi personali è peggiore nei casi in cui essi
siano inseriti in costruzioni ECM rispetto a quelli in cui essi appaiono all‟interno di frasi
transitive semplici.
La spiegazione dei dati proposta dagli sperimentatori si basa sul modello teorico
della Hierarchy Economy di Reuland (2001) per l‟assegnazione delle dipendenze
pronominali (cui abbiamo accennato al par. 2.2.2), secondo cui i diversi tipi di
dipendenze referenziali sarebbero stabiliti a livelli linguistici differenti:
(12)
Level
(Operation)
Narrow syntax
(feature checking)
Semantics
(bound variable)
Discourse
(coreference)
(Non-linguistic source)
(deixis)
In accordo con questo modello, l‟aumento delle operazioni cross-modulari richieste per la
risoluzione delle dipendenze pronominali ai diversi livelli linguistici determinerebbe un
incremento delle risorse procedurali. Le operazioni di narrow syntax, basate sul controllo
dei tratti morfo-sintattici rilevanti per l‟assegnazione pronominale, consisterebbero di due
passaggi cross-modulari, ovvero il riconoscimento della basic expression e quello della
syntactic dependency. La dipendenza di tipo semantico implicherebbe, invece,
considerazioni a un livello più ampio, presupponendo la presenza di due elementi
appartenenti a diverse catene sintattiche ma interpretabili come una sola variabile a livello
semantico (es. Peteri touched himselfi). La dipendenza a livello del discorso
dipenderebbe, infine, dall‟esecuzione di 4 operazioni cross-modulari, corrispondendo ai
casi in cui il pronome e il suo antecedente appartengono a due catene sintattiche distinte,
rappresentano differenti variabili semantiche ma assumono lo stesso valore a livello del
discorso (es. The mani sat down. Hei was tired). Le operazioni nel componente
interpretativo del discorso sarebbero evitate, perciò, in tutti i casi in cui è possibile
stabilire la dipendenza in un modo più economico.
L‟esclusione dell‟interpretazione a variabile legata di him nelle frasi (8) e (10)
dell‟esperimento sarebbe determinata, in accordo con il modello di Reuland, da
83
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
considerazioni primariamente sintattiche; la corretta assegnazione del riflessivo al SN che
lo precede in (9) dipenderebbe, invece, da operazioni sia sintattiche (possibilità dei
riflessivi di riferirsi a un SN che li precede nel dominio locale) che semantiche
(riconoscimento che le restrizioni lessicali del verbo non sono violate dalla presenza di
due SN argomenti co-referenziali, come accadrebbe in presenza di altri verbi, es.: *John
saw himself).97
I risultati ottenuti dal test sugli agrammatici sembrano contraddire le considerazioni
di economicità del modello di Reuland. Nonostante l‟estrema economicità delle
dipendenze sintattiche, infatti, gli agrammatici mostrano maggiori difficoltà nelle
condizioni in cui l‟assegnazione della referenza pronominale dipende dallo svolgimento
di operazioni sintattiche, come dimostrato dalla chance-level performance emersa
nell‟interpretazione dei pronomi personali. Queste evidenze hanno suggerito che la
gerarchia di economicità dell‟interpretazione „normale‟ non si mantenga inalterata negli
agrammatici: a causa dal rallentamento del loro modulo sintattico, le operazioni
sintattiche
diventerebbero,
per
questi
soggetti, le
più
dispendiose a
livello
computazionale. Non potendo accedere rapidamente alle informazioni sintattiche, gli
agrammatici ricorrerebbero a risorse interpretative extra-sintattiche anche per lo
stabilimento della referenza dei pronomi personali. Quest‟ipotesi spiegherebbe la
maggiore difficoltà dimostrata nell‟interpretazione dei pronomi nelle frasi ECM. Come
abbiamo detto, l‟agrammaticità della dipendenza del pronome personale in (8) dal SN
Peter è determinata da ragioni sintattiche. Come sottolineato dagli autori, tuttavia, essa
potrebbe essere esclusa anche sulla base di considerazioni strettamente semantiche: le
caratteristiche lessicali del verbo (touched) impediscono, infatti, l‟interpretazione coreferenziale dei suoi due argomenti in tutti i casi in cui il secondo di essi non è un
pronome riflessivo. Le restrizioni lessicali del predicato, al contrario, non giocano alcun
ruolo nella risoluzione di (10), dal momento che pronome e SN non sono argomenti dello
stesso verbo. La corretta interpretazione di him dipenderebbe, perciò, in questo caso, solo
da ragioni di economicità: la lettura co-referenziale, stabilita al livello del discorso,
97
Quest‟ultimo aspetto può essere spiegato attraverso le condizioni di legamento formulate nel Reflexivity
Model di Reinhart & Reuland (1993):
Binding Conditions
A: A reflexive-marked predicate must be interpreted reflexively.
B: A reflexively interpreted predicate must be reflexive marked.
Tralasciamo per il momento di considerare questo modello, cui Ruigendijk & Avrutin non ricorrono per la
spiegazione dei dati raccolti. Come dimostrato anche in Vasić (2006: 35-76), inoltre, esso appare
complessivamente inadeguato alla spiegazione dei fenomeni di binding.
84
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
dovrebbe essere bloccata dalla più rapida e più economica attivazione dell‟interpretazione
sintattica. Nei soggetti agrammatici, tuttavia, le operazioni sintattiche non sarebbero
disponibili in tempo per bloccare il ricorso ai principi interpretativi di altro tipo. Il
maggior numero di errori riscontrati nell‟interpretazione dei pronomi personali nelle frasi
ECM rispetto a quelli effettuati dagli stessi soggetti nelle frasi transitive semplici sarebbe
dovuto, perciò, alla mancanza di indicazioni extra-sintattiche in grado di sfavorire, in
qualche modo, l‟interpretazione co-referenziale, compensando la tarda disponibilità delle
risorse sintattiche.
3.1.1.3. La rilevanza dei tratti morfo-sintattici nell’interpretazione pronominale:
Vasić & Ruigendijk (2005)
Lo studio di Vasić & Ruigendijk, riportato in Vasić (2006: 54-70), è stato elaborato
per escludere la possibilità che la cattiva performance agrammatica emersa
nell‟interpretazione dei pronomi personali dipenda dall‟incapacità di accedere ai tratti
morfo-sintattici dei pronomi. In accordo con il Reflexivity Model di Reinhart & Reuland
(1993), l‟interpretazione co-referenziale dei pronomi sarebbe impedita, nelle frasi ECM,
dall‟applicazione della “condizione sulle catene A”:
(11)
Condition on A-chains
A maximal A-chain (α1…αn) has exactly one link: α1, which is both
[R+] and marked for structural case.
Where an element is [R+] when it is referentially independent and
specified for all-Φ features.98
Come osservato in Vasić (2006: 54-55), l‟errore degli agrammatici potrebbe dipendere
dalla mancata applicazione di questa condizione, e, più precisamente, dall‟incapacità
degli agrammatici di interpretare le informazioni morfosintattiche dei pronomi: non
avendo accesso alle indicazioni di genere e numero, essi potrebbero considerare i
pronomi come elementi (-R) e quindi non soggetti alle restrizioni espresse dalla regola.
La sensibilità ai tratti morfo-sintattici è stata testata sottoponendo gli agrammatici
alla comprensione di frasi in cui il pronome e il SN immediatamente precedente nel
dominio locale non condividevano (o condividevano solo in parte) i tratti di genere e
numero. La capacità di servirsi dei tratti morfo-sintattici avrebbe determinato, così, un
98
Il tratto „R‟ rappresenta la caratteristica di referenzialità; [+R] corrisponde perciò all‟indicazione di
referenzialità di un elemento linguistico, [-R] alla mancanza di questa proprietà.
85
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
miglioramento nella comprensione dei pronomi personali, dove l‟incongruenza tra le
indicazioni di numero e di genere avrebbe rappresentato una chiara indicazione a sfavore
dell‟interpretazione co-referenziale. L‟esperimento, condotto su 6 agrammatici olandesi e
su 9 soggetti olandesi „sani‟, era costituito da tre condizioni. Le prime due condizioni
riguardavano l‟interpretazione dei pronomi in frasi transitive: nella prima, il pronome e il
SN antecedente nel dominio locale erano incongruenti nel tratto del numero (13); nella
seconda, in quello del genere (14).
(12) De meisjes kussen haar.
[= The girls kiss her].
(13) Het meisje kust hem.
[= The girl kisses him].
La comprensione delle frasi è stata testata attraverso la tecnica del yes/no paradigm: dopo
aver udito la frase, i soggetti dovevano scegliere se l‟immagine presentata loro
corrispondesse o meno a quanto enunciato. Le immagini erano di due tipi: una versione in
cui l‟azione espressa dall‟enunciato veniva compiuta in modo non-riflessivo, per la quale
la risposta attesa era affermativa (es: YES condition Fig. 2 e 4); una versione
rappresentante un‟azione riflessiva o reciproca, dove la risposta attesa era negativa (es.
NO condition, es. Fig. 3 e 5). 99
(14)
Incongruenza di numero
De boeven wijzen hem aan.
[= The thieves point at him].
99
Tanto le frasi-stimolo quanto le immagini qui presentate sono ricavate da Vasić (2006:59-64), dove è
anche possibile trovare maggiori informazioni sulle procedure adottate nell‟esperimento.
86
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Fig. 2: NO condition
Fig. 3: YES condition
(15) Incongruenza di genere:
De prinses wijst hem aan.
[=The princess points at him].
Fig. 4: YES condition
87
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Fig. 5: NO condition
Il terzo set di frasi, rappresentante il caso in cui il pronome era inserito in un contesto
ECM, prevedeva solo l‟incongruenza di numero tra il pronome e il SN. Quest‟ultima
condizione è stata testata attraverso un picture-selection task, in cui veniva testata la
comprensione del secondo congiunto (es.: Fig. 6):
(16)
First the boy and the men biked, then the boyi saw them*i/j waving.
Fig.6
88
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
I risultati hanno rivelato un notevole miglioramento nell‟interpretazione delle dipendenze
pronominali nelle condizioni di incongruenza di genere e/o numero sia nelle frasi
transitive che nelle costruzioni ECM, indicando che gli agrammatici mantengono intatti
l‟accesso alle informazioni morfo-sintattiche e la capacità di servirsene in operazioni di
questo tipo. 100 Come sottolineato dall‟autrice, questi risultati determinano, perciò,
l‟esclusione dell‟ipotesi che il deficit riscontrato nell‟interpretazione pronominale possa
risiedere nell‟insensibilità ai tratti morfo-sintattici e, quindi, nella mancata applicazione
della Rule-I. La spiegazione offerta dagli sperimentatori corrobora, invece, l‟ipotesi dello
Slow-syntax model, secondo cui la difficoltà di questo tipo di afasici sarebbe determinata
dal ricorso a principi interpretativi extra-sintattici, dovuto, come abbiamo detto, alla
particolare dispendiosità dell‟esecuzione delle operazioni sintattiche da parte di questi
soggetti.
3.1.2 Studi on-line sull’assegnazione della referenza pronominale
L‟ipotesi che la cattiva interpretazione delle dipendenze pronominali degli
agrammatici derivi da un indebolimento del modulo sintattico è stata confermata anche
dai risultati ottenuti negli esperimenti on-line. Oltre a comprovare la difficoltà
nell‟interpretazione dei pronomi personali, questi studi hanno rivelato, come vedremo,
che l‟iter interpretativo agrammatico si differenzia da quello normale anche nel corso
dell‟interpretazione di strutture, come quella dei pronomi riflessivi, la cui comprensione
appare intatta nei test off-line.
3.1.2.1. L’effetto di priming lessicale nell’interpretazione pronominale: Love et al.
(1998)
Lo studio di Love et al. (1998) ha testato la comprensione di pronomi personali e
riflessivi attraverso l‟osservazione del cross-modal lexical priming. L‟esperimento è stato
condotto su tre gruppi di soggetti: 3 afasici di Broca, 3 afasici di Wernicke e alcuni
soggetti di controllo. Le frasi-stimolo avevano strutture del tipo di (17) e (18) e venivano
presentate oralmente ai soggetti:
100
Può essere interessante notare che, a differenza di quanto emerso negli esperimenti precedenti, gli
agrammatici testati in questo studio hanno mostrato una performance above-chance nell‟interpretazione dei
pronomi nella condizione di congruenza di genere e di numero nelle frasi transitive.
89
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
(17) The boxer said that the skieri in the hospital had blamed himselfi 1 for the
recent injury.
(18) The boxer said that the skieri in the hospital had blamed himj/*i 1 for the
recent injury.
Nello stesso tempo, veniva mostrata loro su uno schermo una parola target, in
corrispondenza
della
posizione
1
;
essa
poteva
essere
semanticamente
legata
all‟antecedente, completamente irrelata con esso o rappresentare una pseudo-parola. I
soggetti dovevano quindi esprimersi, premendo un bottone, sull‟esistenza della parola
target nel lessico inglese. Il tempo di reazione necessario allo svolgimento di questo
secondo compito veniva registrato e utilizzato come indicazione indiretta del tipo di
interpretazione scelta dai soggetti: la registrazione di un tempo di reazione relativamente
lungo era considerato come indice della mancata ri-attivazione del SN the skier in luogo
del pronome; tempi di reazione relativamente brevi erano attribuiti, invece, all‟effetto di
priming (facilitazione) provocato dalla ri-attivazione del SN. In accordo con le aspettative
sperimentali, perciò, la corretta interpretazione del pronome riflessivo (corrispondente
alla lettura co-referenziale con il SN the skier) avrebbe dovuto innescare una risoluzione
particolarmente rapida del compito di decisione lessicale, mentre l‟interpretazione a
variabile legata dei pronomi personali avrebbe dovuto essere osservabile in tempi di
reazione più lunghi.
La performance dei soggetti di controllo e degli afasici di Wernicke ha confermato
queste predizioni, indicando priming solo nel caso dei pronomi riflessivi. Gli afasici di
Broca, al contrario, non hanno rivelato alcun effetto di facilitazione nelle frasi
coinvolgenti pronomi riflessivi. Diversamente dai soggetti degli altri due gruppi, inoltre,
gli agrammatici hanno mostrato la ri-attivazione dell‟antecedente scorretto (the skier) in
corrispondenza del pronome personale him (18). Oltre a confermare la difficoltà degli
afasici di Broca nell‟interpretazione dei pronomi personali (cui permettono la coreferenza con il SN che lo precede nel dominio locale; es., nel nostro caso, the skier), i
dati raccolti da Love e collaboratori sull‟interpretazione dei pronomi riflessivi hanno
messo in luce, perciò, come il processing agrammatico possa divergere da quello normale
anche nei casi in cui la comprensione off-line appare buona e non compromessa. La
scorretta assegnazione dell‟antecedente nel caso dei pronomi personali e la mancata riattivazione del SN corretto nel caso dei pronomi riflessivi sono state interpretate come
un‟evidenza a favore dell‟ipotesi che il disturbo agrammatico comporti l‟incapacità di
90
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
stabilire automaticamente le dipendenze sintattiche, come accade nell‟interpretazione
„normale‟.
3.1.2.2 L’interpretazione dei riflessivi logoforici e co-argomentali: Piñango & Burkhardt
(2001)
I risultati di Love et al. sono stati integrati dallo studio di Piñango & Bukhardt (2001),
che ha considerato la comprensione di due diversi tipi di riflessivi. Il primo tipo, chiamato
riflessivo non-logoforico o co-argomentale, corrisponde ai casi in cui tanto il pronome
quanto il SN cui esso si riferisce sono argomenti dello stesso verbo (es.: 19); il secondo
tipo, indicato con il nome di riflessivo logoforico, indica i casi in cui essi non sono
argomenti dello stesso verbo (es.: 20):
(19) The lawyer who was young i difended himselfi when..
(20) The daughteri hid a present behind herselfi when..
Come accennato nei paragrafi precedenti, l‟interpretazione dei riflessivi co-argomentali
avviene al livello semantico della gerarchia di Reuland. A causa della mancata coargomentalità dei due elementi, la comprensione dei riflessivi logoforici richiede,
invece, la considerazione di un contesto linguistico più ampio e viene stabilita, perciò,
tramite l‟applicazione di regole interpretative al livello del discorso. Gli studi
sull‟interpretazione dei riflessivi logoforici da parte di soggetti „sani‟ (come, per
esempio, quello di Piñango et al. 2001) hanno confermato le previsioni del modello di
Reuland, dimostrando che l‟interpretazione dei riflessivi logoforici implica un maggior
investimento di risorse computazionali rispetto a quella dei riflessivi non-logoforici. Lo
studio di Piñango & Bukhardt (2001) si è proposto di verificare se la stessa differenza si
mantenga negli agrammatici.
Piñango & Bukhardt (2001) si sono serviti della tecnica del cross-modal semantic
priming, presentando le frasi oralmente e proiettando, nel momento immediatamente
successivo al riflessivo, una stringa di lettere o una parola semanticamente irrelata con
quelle presenti nelle frasi-stimolo. I soggetti dovevano scegliere se la parola (o la
pseudo-parola) apparsa sullo schermo appartenesse al lessico inglese. Come spesso
accade nell‟impiego di questo paradigma sperimentale, la rapidità di svolgimento di
questo secondo compito era valutata come indice della conclusione del primo, ovvero
dell‟avvenuta interpretazione del riflessivo: il tempo di reazione al compito di decisione
91
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
lessicale sarebbe tanto più lungo quanto maggiore è la quantità di risorse computazionali
richieste per l‟assegnazione della referenza pronominale. 101 L‟esperimento è stato
condotto su un gruppo di agrammatici e su alcuni soggetti di controllo. La performance
di questi ultimi ha confermato i risultati degli studi precedenti, mostrando tempi di
reazione più lunghi nell‟interpretazione dei riflessivi logoforici. I soggetti agrammatici,
al contrario, non hanno rivelato una differenza sostanziale nello svolgimento del
compito di decisione lessicale nelle due condizioni (riflessivi logoforici vs riflessivi non
logoforici).
In accordo con lo Slow-syntax model, i due ricercatori hanno interpretato questo
risultato come l‟esito del ritardo nella costruzione della struttura sintattica caratteristico
degli agrammatici, che impedirebbe una rapida risoluzione della dipendenza
pronominale tanto nel caso dei riflessivi co-argomentali quanto in quello dei riflessivi
logoforici. Per testare quest‟ipotesi, Piñango & Bukhardt (2001) hanno ripetuto
l‟esperimento ritardando di 200ms la presentazione della parola target, posticipando,
così, il punto di registrazione. I risultati trovati in questa seconda versione
dell‟esperimento hanno confermato pienamente le aspettative sperimentali, mostrando
una differenza tra i tempi di reazione nelle due condizioni simile a quella riscontrata
nella performance „normale‟.
Questi ultimi dati rappresentano una chiara evidenza a favore dell‟ipotesi che gli
agrammatici non perdano la capacità di formazione della struttura sintattica ma siano
costretti, a causa della lentezza della loro sintassi, a una costruzione più protratta nel
tempo, comportante un ritardo nello svolgimento di tutte le operazioni successive. La
gerarchia di economicità ai livelli successivi a quello sintattico si manterrebbe, perciò,
invariata negli agrammatici, come dimostrato dalla differenza computazionale emersa
nell‟interpretazione dei due tipi di riflessivi.
3.1.1.3 L’interpretazione dei riflessivi olandesi: Burkhardt et al. (2008)
Lo studio di Burkhardt et al. (2008) è nato dall‟esigenza di testare l‟adeguatezza
dello Slow-syntax model in esperimenti on-line coinvolgenti agrammatici di lingue
diverse dall‟inglese e costituisce, perciò, una replica dello studio sull‟interpretazione dei
101
Come sottolineato in Vasić, questa impostazione sottintende che lo svolgimento dei due compiti implichi
lo stesso tipo di risorse computazionali: “The idea is that the two tasks that have to be performed draw
computational resources from the same pool. If the primary task, in this case comprehending the sentence,
requires more resources because more work needs to be performed, then this will be detected in the
secondary task. The reaction time will increase if more resources are required” (Vasić 2006: 18).
92
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
riflessivi condotto da Piñango & Bukhardt (2001). Prima di procedere alla presentazione
dell‟esperimento, è importante notare come l‟ipotesi del rallentamento della costruzione
sintattica assuma, in questo studio, connotati molto specifici. In accordo con gli autori,
esso si rifletterebbe, infatti, nel malfunzionamento di una singola operazione sintattica,
quella del Merge,102 che determinerebbe il rallentamento complessivo della formazione
della struttura sintagmatica e sintattica complessiva tipico degli agrammatici. La
mancanza delle informazioni strutturali porterebbe gli agrammatici a intraprendere
l‟interpretazione pronominale attraverso procedimenti diversi da quelli sintattici. Una
volta completata la formazione della struttura sintattica, però, l‟agrammatico si troverebbe
di fronte a due diversi processi di interpretazione in competizione tra loro. La corretta
interpretazione della frase dipenderebbe, perciò, come vedremo, dalla scelta dell‟uno o
dell‟altro.
Nonostante l‟interpretazione dei riflessivi non-logoforici e logoforici dipenda, tanto
in inglese quanto in olandese, dagli stessi principi (informazioni strutturali, nel caso dei
riflessivi non-logoforici; principi interpretativi al livello del discorso nel caso di quelli
logoforici), le due lingue si differenziano nel modo di esprimere la caratteristica di
riflessività dei predicati all‟interno delle frasi.103 In inglese, essa è sempre indicata dalla
presenza di una SELF anaphor (es.: himself, herself, etc.) caratterizzata dai tratti di genere
e numero, le cui caratteristiche impediscono l‟interpretazione co-referenziale tanto dei
pronomi non marcati riflessivamente con un SN ad esso co-argomentale (es.: *Philipi
defended himi), quanto tra antecedenti e pronomi che non presentano concordanza morfosintattica. L‟olandese si serve invece tanto di SELF anaphors (come hemzelf, zichzelf,
corrispondenti dell‟inglese himself) quanto di SE anaphors non specificate per genere e
numero, ma solo per persona (es.: zich):
(21) Philipi verdedigde zichi
[=Philipi defended himselfi]
(22) Anni ledge het speelgoed achter zichi
[=Anni put the toys behind herselfi]
(riflessivo non-logoforico)
(riflessivo logoforico)
102
L‟operazione di Merge consiste nella „fusione‟ di due categorie sintattiche in un costituente maggiore
nella formazione della struttura sintagmatica. Per informazione più dettagliate cfr. Chomsky (1995).
103
Come abbiamo già accennato, la condizione di riflessività è stata formalizzata attraverso due enunciati
nel Reflexivity Model di Reinhart & Reuland (1993): “a) un predicato è riflessivo se e solo se due dei suoi
argomenti sono co-indicizzati; b) un predicato è marcato riflessivamente se e solo se il predicato P presenta
la caratteristica semantica della riflessività o uno degli argomenti di P è costituito da un‟anafora riflessiva
(SELF anaphor)” (Cfr. Vasić 2006: 23, traduzione mia).
93
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
L‟uso di questo tipo di pronomi anche nelle frasi riflessive è possibile grazie alla grande
quantità di predicati intrinsecamente riflessivi (come, per esempio, verdedigen) esistenti
in olandese, la cui caratteristica lessicale di riflessività è sufficiente a garantirne
un‟interpretazione non transitiva. Come osservato dagli sperimentatori, le differenze
nell‟espressione della riflessività potrebbero rappresentare un vantaggio o uno svantaggio
per l‟interpretazione dei riflessivi nelle due lingue. In accordo con il Reflexivity Model di
Reuland (2001), l‟interpretazione di SE anaphors sarebbe meno dispendiosa di quella
delle SELF anaphors; i riflessivi olandesi, caratterizzati da predicati semanticamente
riflessivi e pronomi del tipo SE, rappresenterebbero perciò una dipendenza pronominale
più economica rispetto a quella dei loro corrispondenti inglesi. Se invece, contrariamente
a quanto affermato dal modello di Reuland, la risoluzione delle dipendenze sintattiche si
basasse, principalmente, sulle informazioni morfo-sintattiche, l‟interpretazione dei
riflessivi da parte degli agrammatici inglesi dovrebbe apparire facilitata. 104 Nonostante le
sostanziali differenze nell‟espressione della riflessività, l‟interpretazione dei riflessivi
non-logoforici nelle due lingue condivide la necessità del riconoscimento della coargomentalità del pronome e del suo antecedente e, perciò, la necessità delle informazioni
legate alla struttura sintattica. L‟interpretazione dei riflessivi co-argomentali dovrebbe
comportare, perciò, una difficoltà simile per gli agrammatici delle due lingue, ugualmente
impediti nella costruzione della struttura sintattica a causa della compromissione del
Merge.
Burkhardt e collaboratori si sono serviti delle stesse condizioni sperimentali usate in
Piñango & Burkhardt (2001), testando la comprensione di frasi con riflessivi logoforici
(23) e non-logoforici (24) attraverso la tecnica del cross-modal lexical priming:
(23) De fietseri verbogn een gewonnen gouden beker achter zichi, ondanks het
luide juichen en klappen van het blije publiek.
[=The cyclisti hid a won golden behind himselfi, despite the loud
cheering and applauding from the happy audience].
(24) De fietseri die verschrikkelijk hard erede had troostte zichi ondanks het verlies
met de gedache aan de mooie tijdrit.
[=The cyclisti who had cycled terribly fast comforted himselfi, despite the
defeat with the thought of the good time-trial].105
104
Abbiamo già visto nello studio di Vasić & Ruigendijk (2006) che gli agrammatici sono in grado di
servirsi delle informazioni morfo-sintattiche per l‟assegnazione delle dipendenze pronominali; Burkhardt e
colleghi si domandano, tuttavia, in che misura esse determinino l‟economicità dell‟interpretazione.
105
La lunghezza delle frasi stimolo, caratterizzate, come si può vedere, da una subordinata successiva alla
posizione del riflessivo e non rilevante per la sua interpretazione, è spiegata come una precauzione assunta
al fine di evitare end-of-sentence wrap up effects nei punti di indagine. Per ulteriori dettagli sulle procedure
sperimentali adottate si rimanda a Burkhardt et al. (2008: 128-130).
94
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Lo studio è stato suddiviso in tre sessioni sperimentali, caratterizzate da tre diversi „punti
di indagine‟: 400ms prima dell‟ascolto del riflessivo; 100ms e 600ms dopo la
presentazione della parola target. La registrazione a -400ms (corrispondente al predicato
nel caso di riflessivi co-argomentali e al nome o alla preposizione nella condizione
logoforica) è stato usato come punto di confronto „base‟ tra le due condizioni per
verificare se le differenze strutturali tra le due frasi non determinassero un incremento di
processing prima dell‟apparizione del riflessivo, rivelando una difficoltà indipendente dal
compito di interpretazione pronominale. L‟osservazione della posizione a 100ms dal
riflessivo corrisponde al punto in cui, in accordo con i dati registrati negli studi
precedenti, sarebbe registrabile un incremento computazionale nell‟assegnazione della
referenza dei riflessivi logoforici rispetto a quella dei riflessivi co-argomentali da parte
dei soggetti normali. La posizione a 600ms dal riflessivo è stata scelta come punto di
registrazione dello stesso effetto nell‟interpretazione agrammatica, che si verificherebbe,
secondo gli sperimentatori, con un certo ritardo rispetto al momento in cui esso appare nei
soggetti normali a causa del rallentamento della formazione della struttura sintattica.
Come previsto, i tempi di reazioni registrati nello svolgimento del compito di
decisione lessicale da parte dei soggetti „sani‟ hanno mostrato una differenza significativa
nelle due condizioni, manifestando tempi di risoluzione più lunghi nel caso dei riflessivi
logoforici. Una differenza simile, seppure posticipata di circa 600ms, è stata trovata
nell‟esecuzione dello stesso compito da parte dei tre soggetti agrammatici coinvolti nello
studio, confermando i dati emersi negli studi con pazienti inglesi. 106 L‟esperimento di
Burkhardt et al. (2008) ha fornito, perciò, un‟ulteriore evidenza a favore dell‟ipotesi che il
deficit agrammatico sia caratterizzato da una riduzione della capacità computazionale,
determinante un ritardo nella costruzione della struttura sintattica e, quindi, nello
svolgimento di tutti i compiti da essa dipendenti (come, appunto, l‟assegnazione delle
referenze pronominali). I lunghi tempi di reazione registrati nello svolgimento del
compito di lessicale nella condizione logoforica dagli agrammatici di entrambi i gruppi
linguistici possono essere determinati, infatti, solo da una difficoltà nel riconoscimento
della co-argomentalità di pronome e antecedente, dal momento che essa corrisponde
all‟unico indice di riflessività comune alle due lingue.
106
Cfr. Piñango & Burkhardt (2001) presentato nel paragrafo precedente.
95
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Come abbiamo accennato, il rallentamento nello svolgimento delle operazioni
sintattiche
dipenderebbe,
secondo
gli
sperimentatori,
da
una
compromissione
dell‟operazione di Merge:
The current data thus indicate that underlying syntactic structure formation lies at the
center of this sentence comprehension impairment and impacts structure building
proper (i.e. Merge) (as opposed to Move XP). The main effect of the slowing of the
Merge operation is that the arguments of a particular predicate become available at a
later-than-normal processing moment (Burkhardt et al. 2008: 132, corsivo mio). 107
La costruzione della struttura sintattica sarebbe ritardata tanto nell‟interpretazione dei
riflessivi logoforici quanto in quella dei co-argomentali. Nel secondo caso, però, le
informazioni della struttura sintattica sarebbero sufficienti, una volta disponibili, a
determinare la co-referenza del riflessivo, necessario a soddisfare la struttura argomentale
del predicato (e, dunque, la grammaticalità della frase). Nel caso dei riflessivi logoforici,
al contrario, l‟interpretazione del riflessivo necessita di operazioni al livello del discorso,
più lente e più dispendiose di quelle sintattiche. La gerarchia di economicità dello
svolgimento delle diverse operazioni linguistiche degli agrammatici, perciò, non sarebbe
diversa da quella dei soggetti „normali‟, ma richiederebbe tempi più lunghi. La lentezza
del componente sintattico indurrebbe i soggetti ad avviare l‟interpretazione attraverso
operazioni extra-sintattiche, che entrano in competizione con quella sintattica una volta
che la struttura sintattica viene completata. A questo punto, la pressione temporale
indurrebbe l'afasico a scegliere casualmente tra due interpretazioni risultanti ugualmente
possibili: quella extra-sintattica (interpretante zich come un elemento non riflessivo) e
quella logoforica (corretta).
L‟ipotesi del rallentamento del sistema sintattico spiegherebbe, secondo gli
sperimentatori, anche il fallimento degli agrammatici nell‟interpretazione di altri tipi di
frasi. Nel caso delle frasi passive, per esempio, la mancanza di informazioni strutturali
nelle prime fasi del processo di comprensione permetterebbe l‟assegnazione della
posizione t a costituenti diversi dal SN spostato da quella posizione (per es., a un
referente dotato di particolare salienza discorsiva, come il SN introdotto dalla
preposizione by/da). Una volta completata, la struttura sintattica indicherebbe, tuttavia,
l‟esistenza di una relazione strutturale tra la posizione t e il SN soggetto a movimento
sintattico. Il successo nell‟interpretazione di queste strutture dipenderebbe, perciò, dal
107
L‟accenno all‟operazione di Move XP è motivato dal fatto che, come si ricorderà, Grodzinsky limitava il
fallimento dell‟interpretazione agrammatica alle frasi caratterizzate dall‟applicazione di questa operazione.
96
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
sistema
interpretativo
vincente
la
competizione:
la
corretta
identificazione
dell‟antecedente corrisponderebbe ai casi in cui il soggetto sceglie di affidarsi
all‟interpretazione offerta dalla sintassi; il fallimento dell‟interpretazione ai casi in cui
l‟agrammatico addotta l‟interpretazione stabilita, contemporaneamente, al livello del
discorso. L‟impostazione di Burkhardt et al. presenta una differenza sostanziale rispetto
alle versioni della weak syntax proposte negli esperimenti e negli studi di Vasić (2006)
che affronteremo nel prossimo paragrafo, secondo cui il successo occasionalmente
raggiunto dagli agrammatici nella comprensione di strutture sintattiche normalmente
critiche dipenderebbe dal fatto di riuscire, talvolta, a costruire la struttura sintattica in
tempo. Nell‟ottica di Burkhardt e collaboratori, non accade mai che la struttura sintattica
sia costruita in tempo; la riuscita nell‟interpretazione della frase dipenderebbe invece dal
prevalere, in alcuni casi, del sistema sintattico sugli altri tipi di interpretazione
precedentemente avviati.
3.2. L’interpretazione dei pronomi personali in altri contesti sintattici
3.2.1 L’interpretazione co-referenziale delle dipendenze pronominali extra-frasali:
Vasić (2006)108
Il lavoro di Vasić (2006) costituisce una raccolta di quattro esperimenti sulla
comprensione delle dipendenze pronominali da parte di soggetti agrammatici. Il terzo
studio presentato dalla ricercatrice è stato condotto per verificare se i problemi emersi
nell‟interpretazione delle dipendenze pronominali e dei riflessivi logoforici non possano
essere attribuiti a difficoltà interpretative extra-sintattiche. L‟esperimento si è servito,
perciò, di dipendenze pronominali la cui interpretazione richiede esclusivamente
dall‟applicazione di principi al livello del discorso, come accade nei casi in cui
l‟antecedente non è parte della stessa frase del pronome. Gli stimoli erano costituiti da
frasi complesse di due congiunti, di cui il primo conteneva due SN potenziali antecedenti
del pronome, il secondo l‟elemento pronominale. Come dimostrato dagli esempi seguenti,
le frasi potevano essere di due tipi, distinte dalla differente posizione del pronome:
108
Cfr. Vasić (2006: 79-107).
97
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
(25) First the girli pinched the woman and then shei pinched the man.
(26) First the girl pinched the womani and then the man pinched heri.109
La risoluzione della dipendenza pronominale veniva testata sottoponendo i soggetti ad un
picture-selection task. In tutti i casi, l‟unica interpretazione possibile era quella coreferenziale. La lettura sintattica e semantica erano negate da ragioni strutturali, dal
momento che nessuno dei due SN si trovava in una relazione di c-comando con il
pronome del secondo congiunto. 110 La lettura extra-linguistica di tipo deittico (secondo
cui il pronome potrebbe riferirsi a una qualunque persona non presente nella frase, ma,
per esempio, nel contesto visivo del parlante; es. her=the grandmother), invece, non
veniva mai raffigurata tra le opzioni presentate ai soggetti; per questa ragione, la
sperimentatrice
suppone
che
quest‟interpretazione
non venisse
mai presa
in
considerazione dai soggetti analizzati. La lettura co-referenziale, determinante
l‟associazione del pronome con uno dei due SN presenti nel primo congiunto, sarebbe
guidata, come abbiamo già detto, dall‟applicazione del principio del parallelismo dei
ruoli grammaticali, secondo cui il pronome deve essere associato al SN che svolge il suo
stesso ruolo grammaticale nella prima parte della frase. 111
L‟esperimento, condotto su 6 agrammatici olandesi e 15 soggetti di controllo,
prevedeva quattro condizioni: una condizione non accentata, focus principale dello studio,
dove il pronome poteva svolgere sia il ruolo di soggetto (unstressed subject condition)
che di oggetto (unstressed object condition) del secondo congiunto, e una condizione
accentata, dove il pronome poteva ricoprire le stesse posizioni (stressed subject/object
condition), ma la cui comprensione era determinata dall‟ implementazione dell‟accento
contrastivo. La Fig. 7 e la Fig. 8 corrispondono alle immagini utilizzate, rispettivamente,
nella unstressed subject condition e nella unstressed object condition:112
109
L‟esperimento è stato condotto su agrammatici olandesi. Le frasi-stimolo erano presentate, naturalmente,
in olandese; poiché le due lingue non mostrano alcuna differenza sostanziale nell‟espressione di questo tipo
di frasi, ci limitiamo a presentarle nella loro traduzione inglese. I campioni originali possono essere trovati
in Vasić (2006: 80).
110
In accordo con la definizione di A-binding proposta in Reuland (2001), la relazione di c-comando tra
antecedente e pronome rappresenta un requisito inevitabile per lo stabilimento dell‟interpretazione a
variabile legata. La nozione di c-comando è definita sulla base di considerazioni configurazionali; come
spiegato in Graffi:
Un nodo A-c-comanda un nodo B se e solo se:
(a) Nessuno dei due nodi domina l‟altro
(b) Il primo nodo ramificante che domina A domina anche B. (Graffi 1994: 166).
111
Questo principio può non essere applicato per ragioni pragmatiche (es.: Mary hit Sue and then Mr. Smith
punished her, dove ad essere punita è più probabilmente colei che ha compiuto l‟azione di picchiare,
piuttosto che colei che è stata picchiata) o prosodiche (accento marcato sull‟elemento pronominale).
112
Le immagini sono tratte da Vasić (2006: 87-88).
98
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Fig 7: First the girli pinched the woman and then she i pinched the man.
Fig.8: First the girl pinched the womani and then the man pinched heri.
99
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
I risultati degli agrammatici nella condizione accentata hanno confermato i dati ottenuti
da Avrutin et al. (1999), mostrando come la difficoltà di implementazione dell‟accento
contrastivo sia indipendente dal ruolo grammaticale svolto dal pronome all‟interno della
frase.113 La performance agrammatica si è mostrata peggiore di quella dei soggetti di
controllo anche nelle condizioni non accentate, rivelando come il fallimento
dell‟interpretazione agrammatica non dipenda esclusivamente dall‟impossibilità di
servirsi dell‟informazione dell‟accento, né dall‟incapacità di applicare particolari principi
sintattici (come, per esempio, quello della Rule-I proposto in Grodzinsky et al. 1993).
I risultati hanno messo in luce anche un altro aspetto interessante: i sei soggetti
agrammatici non hanno rivelato tutti lo stesso tipo di difficoltà nelle due condizioni non
accentate (pronome ricoprente il ruolo di soggetto vs pronome in posizione di oggetto). In
particolare, quattro di essi hanno compiuto maggiori errori nella comprensione delle frasi
in cui il pronome occupava la posizione di oggetto, riflettendo il pattern emerso – seppure
in misura minore – con i soggetti di controllo; due di essi, invece, hanno mostrato
maggiore difficoltà nei casi in cui il pronome occupava la posizione di soggetto. Secondo
la sperimentatrice, questa differenza rifletterebbe due diversi modi di procedere
nell‟assegnazione della referenza pronominale. Il secondo gruppo, composto dai due
soggetti con maggiori problemi nei casi del pronome-soggetto, si sarebbe servito di una
strategia del tipo “andare alla ricerca del SN disponibile più vicino e/o più recentemente
attivato”, attribuendo così il pronome al SN oggetto del primo congiunto. Questo tipo di
interpretazione sarebbe giustificato dall‟idea, confermata da diversi studi sperimentali,
che l‟impegno computazionale richiesto dall‟assegnazione delle dipendenze pronominali
accresca con l‟aumentare della distanza tra pronome e antecedente.114 Gli errori del primo
gruppo sarebbero determinati, invece, dall‟applicazione di una regola del discorso
conosciuta con il nome di topic preference, secondo cui, in un contesto neutrale, il tema
della frase sarebbe il principale candidato alla co-referenza con il pronome della frase
seguente. Quest‟ultimo principio sarebbe impiegato, seppure occasionalmente, anche dai
parlanti „sani‟ nei casi in cui il criterio del parallelismo non si rivela adeguato
all‟interpretazione delle referenze pronominali.
La difficoltà emersa nell‟interpretazione di dipendenze pronominali la cui
risoluzione non dipende, principalmente, dall‟applicazione delle operazioni sintattiche
113
Per una spiegazione di questa difficoltà si rimanda alla presentazione di Avrutin et al. (1999) al par.
2.2.1.2.
114
Cfr. Vasić (2006: 92) per l‟indicazione degli studi condotti a questo riguardo.
100
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
non contraddirebbe, secondo l‟autrice, il modello della Slow-syntax. Al contrario, la
studiosa spiega come anche questi risultati possano essere considerati un effetto del
rallentamento della costruzione della struttura sintattica. Per fare ciò, Vasić propone una
rivisitazione del parallelismo dei ruoli grammaticali, servendosi del modello teorico del
discorso elaborato da Avrutin (1999). Questo modello assume l‟esistenza di una syntaxdiscourse interface, da cui dipenderebbero la comunicazione tra i due moduli linguistici e
la trasformazione delle unità sintattiche in unità del discorso. Ogni categoria funzionale
della struttura sintattica determinerebbe la creazione di un‟unità al livello del discorso: la
presenza di un sintagma del determinatore (DP, o SD nella terminologia adottata in
italiano) definirebbe la costituzione di una individual file card (Fig. 8); quella di un
sintagma temporale (TP, o FLESS – sintagma della flessione – nella terminologia
italiana), la creazione di una event file card (Fig. 9):115
Fig. 8: Esempio di individual file card
115
Cfr. Vasić (2006: 94-95).
101
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Fig.9: Esempio di event file card
Come indicato dalle immagini, ogni card della rappresentazione discorsiva sarebbe
costituita da due parti: una frame, che fornisce l‟indicazione del tipo di unità utilizzata, e
una heading, che ne definisce il contenuto referenziale. Le frames delle individual cards,
sarebbero introdotte dalla categoria funzionale Dˈ (es: a); le loro headings dal SN
complemento del determinante (es. man). La frame di una event card corrisponderebbe,
invece, alla categoria funzionale Tˈ, esprimente le caratteristiche di tempo, e la sua
heading, alla categoria lessicale VP (verbal phrase, ovvero il complemento del nodo del
tempo; es.: kiss). L‟inserimento di un DP indefinito provocherebbe la creazione di una
nuova card, relativa a un referente „unico‟, al livello del discorso. La presenza di SD
definiti, invece, riferirendosi a informazioni già presenti all‟interno del discorso,
attiverebbe cards „connesse‟ ad altre già esistenti. L‟associazione di un‟unità nuova ad
una già esistente consisterebbe nell‟aggiornamento delle informazioni della file card già
presente attraverso un‟operazione detta incorporation. Un caso di questo tipo è
rappresentato, come esemplificato in (27), dall‟interpretazione dei pronomi coreferenziali:
(27) John saw a man. The man ran away. He was terrified.
Il SD indefinito a man attiva la creazione di una nuova individual file card. Il SD the man
della seconda frase, a sua volta, attiva una file card, la cui cornice risulta incompleta fino
a quando non viene associata al referente a man che lo precede attraverso
l‟incorporazione della nuova informazione. Analogamente, il pronome he della terza frase
rappresenta un caso di SD incompleto dal punto di vista referenziale, dal momento che la
102
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
sua interpretazione richiede l‟associazione a un antecedente. La sua presenza all‟interno
della frase determina, perciò, la costituzione di una file card priva di heading.
L‟attribuzione di contenuto referenziale avviene attraverso l‟identificazione del corretto
antecedente e l‟applicazione della cosiddetta cut & paste operation, che permette
l‟aggiornamento della file card del pronome attribuendovi il contenuto referenziale
dell‟antecedente e stabilendo una dipendenza tra i due elementi al livello del discorso.
Come abbiamo accennato, la considerazione del modello del discorso di Avrutin è
funzionale alla proposta di un diverso tipo di parallelismo. In accordo con Vasić,
l‟interpretazione pronominale non si servirebbe, infatti, del parallelismo dei ruoli
grammaticali, ma di quello dei ruoli tematici. Questi ultimi sarebbero specificati nella file
cards di ogni elemento, così da favorire, attraverso la cut & paste operation,
l‟associazione di cards aventi uguale ruolo tematico. L‟applicazione di questo
parallelismo dipenderebbe, tuttavia, da una serie di operazioni: in primo luogo, la
costruzione della struttura sintattica, necessaria per l‟assegnazione dei ruoli tematici ai
costituenti di ogni congiunto; quindi, il mantenimento nella memoria a breve termine
della rappresentazione tematica dei due congiunti, il loro confronto e lo stabilimento delle
dipendenze. Gli errori prodotti dagli agrammatici dipenderebbero, secondo la
sperimentatrice, dall‟incapacità di applicare questo principio dovuta tanto al ritardo nella
costruzione della struttura sintattica, quanto dell‟eccessivo carico di lavoro richiesto alla
memoria operativa dal paragone tra le due condizioni. La lentezza nella costruzione della
struttura sintattica favorirebbe il ricorso al principio della topic-preference, di cui gli
agrammatici si servirebbero molto più spesso dei soggetti „sani‟, non essendo in grado, a
differenza di questi ultimi, di servirsi rapidamente del parallelismo dei ruoli tematici.
L‟applicazione di questo principio determinerebbe associazioni del tipo seguente:
(28) *First the girl pinched the womani and then shei pinched the man.
(29) First the girl pinched the womani and then the man pinched heri.116
Esso spiegherebbe anche la miglior performance ottenuta da quattro dei sei agrammatici
nelle frasi in cui il pronome ricopriva il ruolo di Tema del secondo congiunto. In
quest‟ultimo caso l‟interpretazione derivata dall‟applicazione della topic-preference
coincide, come si può notare, con quella raggiunta attraverso l‟applicazione del
116
L‟esperimento è stato condotto su un gruppo di agrammatici olandesi; le frasi-stimolo erano presentate,
perciò, in olandese. Poiché le due lingue non mostrano differenze sostanziali nella costruzione di questo
tipo di frasi, ci limitiamo a citarle nella loro traduzione inglese. I campioni originali possono essere trovati
in Vasić (2006: 80).
103
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
parallelismo dei ruoli tematici. Nei casi di frasi del tipo (28), invece, in cui il pronome
non ricopre il ruolo di Tema della frase, l‟applicazione della topic-preference determina
una scorretta assegnazione della dipendenza pronominale.
La chance-level performance degli agrammatici in questo tipo di frasi non sarebbe
determinata, perciò, dalla competizione tra operazioni a diversi livelli di interpretazione
(principi interpretativi della narrow syntax vs regole interpretative del discorso), ma tra
due principi al livello del discorso (parallelismo dei ruoli tematici vs strategia topicpreference) richiedenti una diversa quantità di risorse procedurali e il supporto, nel caso
del parallelismo, delle informazioni della struttura sintattica.
3.2.2 L’interpretazione dei pronomi nelle VP-ellipsis construction: Vasić et al. (2006)
Il quarto esperimento presentato in Vasić (2006), realizzato in collaborazione con
Avrutin e Ruigendijk, ha testato la comprensione di pronomi inseriti nelle cosiddette VPellipsis constructions. Questa denominazione si applica a tutte le frasi in cui l‟azione del
secondo congiunto, pur non essendo realizzata foneticamente, viene intesa come una
reiterazione di quella espressa dal verbo del primo congiunto, come, per esempio, in (30):
(30) Peters likes cars and Stuart does <e> too.117
Nonostante l‟azione svolta da Stuart non sia effettivamente espressa nella frase, ogni
parlante inglese può inferire che anche il soggetto del secondo congiunto ama le auto,
„copiando‟ nel corso della rappresentazione mentale il predicato del primo congiunto
nella posizione vuota del secondo:
(31) Peters likes cars and Stuart <likes cars>.
La comprensione di questo tipo di frasi è attribuita all‟utilizzo di un operatore semantico
astratto, chiamato λ-operator, che faciliterebbe la copia del predicato e la sostituzione del
SN del primo congiunto (Peter) con la variabile legata x:
(32) Peter (λx (x likes cars)) and Stuart (λx (x likes cars)).118
117
L‟inserimento di e è usato per indicare una posizione vuota o non realizzata foneticamente (empty).
La notazione λ determina, in ogni contesto, la corrispondenza di x al SN che la precede. La frase (32),
per esempio, presuppone una lettura del tipo: “Bill è un‟entità x tale che x [=Bill] ama le auto e John è
un‟entità tale che x [=John] ama le auto”.
118
104
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
La variabile x riceverebbe poi, attraverso il processo della conversion, il valore del SN
che la precede localmente, ovvero, nel nostro caso, Peter nel primo congiunto, Stuart nel
secondo.
L‟interpretazione di queste frasi diventa più complessa nel caso in cui il primo
congiunto contenga un pronome possessivo:
(33) Bill touches his dog and John does <e>too.
Esistono, in questo caso, tre possibili interpretazioni. La prima, conosciuta con il nome di
sloppy reading, corrisponde alla lettura a variabile legata, dove x riceve valore sulla base
del SN che lo precede localmente:
(34) a. Bill touches Bill‟s dog and John touches John‟s dog.
b. Bill (λx (x touches x‟s dog)) and John (λx (x touches x‟s dog)).
La seconda, chiamata strict reading, corrisponde alla lettura co-referenziale, dove
l‟antecedente del possessivo rimane invariato nel primo e nel secondo congiunto:
(35) a. Bill touches Bill‟s dog and John touches Bill‟s dog.
b. Bill (λx (x touches z‟s dog) & z=Bill) and John (λx(x touches z‟s dog) &
z=Bill)
La terza interpretazione, detta „deittica‟ o other strict reading, corrisponde ai casi in cui il
referente, pur rimandendo fisso all‟interno dei due congiunti, non è assegnato sulla base
di considerazioni linguistiche, ma pragmatiche:
(36) a. Bill touches Sam‟s dog and John touches Sam‟s dog.
b. Bill (λx (x touches z‟s dog)) & z=Sam) and John (λx (x touches z‟s dog)).
Gli studi condotti sull‟interpretazione di questo tipo di frasi da parte di soggetti „sani‟
hanno mostrato come, in linea con le previsioni della Economy Hierarchy di Reuland
(2001) l‟interpretazione a variabile legata, stabilita a livello semantico, venga di norma
preferita a quella co-referenziale, determinata sulla base di operazioni più dispendiose dal
punto di vista computazionale. Lo studio di Vasić et al. (2006) si è proposto di verificare
se questa preferenza si mantenga invariata nell‟interpretazione agrammatica, e se questi
gli afasici manifestino maggiori difficoltà nello stabilimento dell‟uno o dell‟altro tipo di
dipendenza.
105
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
L‟esperimento, condotto con 6 agrammatici olandesi, 3 afasici di Wernicke e 11
soggetti „sani‟, si è servito della tecnica del picture-selection task. Dopo aver sentito una
frase-stimolo del tipo di (37) e osservato un‟immagine corrispondente alla prima parte
della frase, i soggetti dovevano scegliere quale delle tre immagini successive raffigurasse
meglio l‟azione espressa dalla seconda frase:
(37) The grandmother photographs her horse and the woman does too. 119
Il test era costituito da tre condizioni: una condizione in cui la sola interpretazione
possibile (corrispondente alla sola immagine corretta disponibile) era rappresentata
dall‟interpretazione a variabile legata (Fig. 11); una condizione in cui era possibile solo la
lettura co-referenziale (Fig. 12); una condizione in cui potevano essere scelte tanto
l‟interpretazione co-referenziale quanto quella a variabile legata (Fig. 13).120
Fig.11
119
Ancora una volta, ci limitiamo alla presentazione degli stimoli nella loro versione inglese. Per
l‟indicazione degli items sperimentali nella loro versione originale si veda Vasić (2006: 203-205).
120
Le immagini sono tratte da Vasić et al. (2006: 196-197).
106
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Fig. 12
Fig.13
I risultati hanno mostrato una buona performance degli agrammatici (paragonabile a
quella dei soggetti di controllo) nella condizione in cui era ammessa solo
l‟interpretazione a variabile legata; una performance chance level nella condizione in
107
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
cui era possibile solo la lettura co-referenziale121 e una preferenza per la lettura a
variabile legata nei casi in cui erano ammesse entrambe le interpretazioni. Gli afasici
di Wernicke, al contrario, non hanno mostrato di favorire l‟una o l‟altra
interpretazione, rivelando una performance peggiore dei soggetti di controllo in tutte le
condizioni. La Fig. 14 riporta la percentuale di risposte corrette date dai tre gruppi di
soggetti nelle tre condizioni: 122
Fig. 14.
[BV-only indica la condizione in cui era ammessa solo l‟interpretazione a
variabile legata; CO-only, la condizione richiedente lettura co-referenziale,
BVCOP, la condizione in cui entrambe le interpretazioni erano ammesse].
Questi dati hanno messo in luce diversi aspetti dell‟interpretazione agrammatica. In primo
luogo, essi hanno confermato i risultati degli studi precedenti, corroborando la difficoltà
degli agrammatici nella risoluzione delle dipendenze pronominali. In secondo luogo,
hanno rivelato che essa si estende anche all‟interpretazione di pronomi inseriti in
costruzioni a predicato inespresso. Il maggior successo registrato nella condizione in cui
era permessa solo l‟interpretazione a variabile legata, inoltre, ha supportato l‟ipotesi che
la gerarchia di costo delle operazioni linguistiche proposta da Reuland (2001) si mantenga
invariata negli agrammatici: le operazioni ai livelli successivi quello sintattico non
appaiono ugualmente accessibili agli agrammatici, che sono in grado di servirsi delle
operazioni al livello semantico (interpretazione a variabile legata), ma non di quelle a
livello
del
discorso
(interpretazione
co-referenziale).
La
maggiore
difficoltà
dell‟interpretazione co-referenziale è data dal suo trovarsi più „in basso‟ nella gerarchia di
121
In questa condizione è emersa, in realtà, una divergenza tra le misurazioni delle due sessioni
sperimentali; complessivamente essa può essere considerata, tuttavia, chance-level perfermance.
122
Il grafico è tratto da Vasić et al. (2006: 199).
108
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Reuland,
implicando
un
maggior
numero
di
operazioni
cross-modulari
e,
conseguentemente, di risorse computazionali. Il maggior costo di quest‟ultima
interpretazione è osservabile anche nel comportamento dei parlanti „normali‟, che
prediligono – ove possibile – la lettura a variabile legata. Avendo bisogno di un tempo più
lungo per la costruzione della struttura sintattica, gli agrammatici si affiderebbero in
modo molto più significativo al criterio dell‟economicità delle operazioni linguistiche.
L‟interpretazione co-referenziale (es.: boy touches boy’s dog) non sarebbe disponibile in
tempo per essere copiata nel secondo congiunto con la rapidità richiesta dal processo di
comprensione; terminato il tempo a loro disposizione, gli agrammatici sceglierebbero
perciò l‟interpretazione più economica anche nel caso in cui essa non corrisponde alla
lettura corretta.123
3.3 Conclusioni sullo Slow-syntax model
Come abbiamo detto, il modello della Slow-syntax assume che il deficit procedurale
degli agrammatici comporti – principalmente – un rallentamento del processing sintattico.
La particolare lentezza di svolgimento delle operazioni sintattiche determinerebbe un
ritardo nella costruzione della struttura sintattica delle frasi, che impedirebbe agli
agrammatici di servirsi delle informazioni sintattiche nelle prime fasi dell‟interpretazione.
Contrariamente a quanto accade nell‟interpretazione „normale‟, dove la risoluzione
sintattica rappresenta la modalità automatica e più economica di interpretazione,
l‟indisponibilità della struttura sintattica permetterebbe agli agrammatici di ricorrere a
livelli linguistici normalmente bloccati dalla più rapida applicazione dei principi sintattici,
come quello semantico e del discorso. La gerarchia di economicità delle risorse
interpretative degli agrammatici si differenzierebbe, perciò, da quella formulata da
Reuland per i soggetti „sani‟: i mezzi sintattici non rappresenterebbero, nel loro caso, la
via più rapida di interpretazione, ma, al contrario, la più dispendiosa. Se così non fosse, il
123
Quest‟ipotesi è stata supportata dai risultati emersi nella condizione in cui la sola interpretazione
possibile era rappresentata dalla lettura co-referenziale, dove gli errori compiuti dagli agrammatici non
derivano mai dalla scelta dell‟immagine completamente irrelata, ma sempre da quella dell‟immagine
rappresentante la lettura a variabile legata. Gli agrammatici di Wernicke, al contrario, sceglierebbero
casualmente in tutte le condizioni, a causa di un problema cognitivo più generale, legato all‟esecuzione del
compito stesso. L‟ipotesi che l‟interpretazione co-referenziale agrammatica fallisca in quanto non
disponibile in tempo per essere copiata nel secondo congiunto ammette, come si può notare, che gli
agrammatici siano in grado di completare con successo questo tipo di interpretazione nel caso in cui le frasi
vengano presentate loro in una modalità di discorso più lenta di quella normale; quest‟ultima possibilità è
oggetto di molti studi recenti sul processing agrammatico.
109
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
ricorso a livelli interpretativi extra-sintattici rappresenterebbe una violazione della
gerarchia di economicità, secondo cui l‟interpretazione linguistica deve sempre servirsi di
mezzi più economici a disposizione, corrispondenti – normalmente – alle operazioni
sintattiche. Il costo computazionale si manterrebbe invariato, invece, ai livelli successivi a
quello sintattico, come dimostrato dalla preferenza per l‟interpretazione a variabile legata
rispetto a quella co-referenziale manifestata dagli agrammatici nell‟interpretazione di
dipendenze pronominali inserite in VP-ellipsis constructions.124
Pur condividendo quest‟impostazione generale, le formulazioni dello Slow-syntax
model proposte dai diversi studiosi si differenziano nella spiegazione dell‟origine degli
errori degli agrammatici. Secondo Vasić (2006), i casi di cattiva comprensione sarebbero
determinati dall‟affidamento a principi extra-sintattici indicanti interpretazioni diverse da
quella determinabile su base sintattica, mentre i casi di buona comprensione delle
strutture critiche per gli agrammatici rivelerebbero che gli agrammatici riescono –
occasionalmente – a costruire la struttura sintattica in tempo per servirsene nel corso
dell‟interpretazione. Secondo Burkhardt et al. (2008), invece, la comprensione
agrammatica sarebbe caratterizzata da una competizione tra la route interpretativa
sintattica e quelle extra-sintattiche; il successo nell‟interpretazione dipenderebbe da quale
dei due processi vince la competizione. La spiegazione di Burkhardt e collaboratori si
differenzia, perciò, in modo sostanziale da quella proposta da Vasić: gli agrammatici
riuscirebbero sempre a completare la costruzione della struttura sintattica, ma mai in
tempo utile per bloccare l‟attivazione di principi interpretativi ad altri livelli linguistici.
Una volta disponibile, l‟interpretazione sintattica si troverebbe così in contrasto con
quella suggerita dalla strategia extra-sintattica adottata sino a quel momento, entrando in
competizione con essa. La chance-level performance dipenderebbe, dunque, dall‟esito di
questa competizione, risultando corretta nei casi di „vittoria‟ dell‟interpretazione sintattica
e scorretta negli altri casi. In accordo con Burkhardt et al., inoltre, l‟indebolimento del
modulo sintattico non comporterebbe un rallentamento generico del modulo sintattico, ma
la compromissione dell‟operazione di Merge, che impedirebbe la formazione in tempi
rapidi della struttura sintattica. Tanto per Vasić (2006) quanto per Burkhardt et al. (2008),
le costruzioni normalmente intese in modo corretto dagli agrammatici (es.: frasi attive,
relative del soggetto, etc.) rappresenterebbero casi di strutture in cui la mancanza di
informazioni sintattiche non costituisce un ostacolo all‟interpretazione dal momento che
124
Cfr. Vasić et al. (2006), par. 3.2.2
110
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
l‟interpretazione suggerita dall‟applicazione di principi a livello semantico o
interpretativo del discorso corrisponde a quella, corretta, deducibile per via sintattica. Una
competizione simile sarebbe osservabile, secondo Vasić (2006), anche tra principi
operanti allo stesso livello linguistico, come dimostrato dalla contrapposizione dei
principi della topic preference e del parallelismo dei ruoli tematici (entrambi applicati al
livello del discorso) nell‟interpretazione di dipendenze sintattiche tra diverse frasi.
L‟ipotesi della slower-than-normal syntax è stata confermata, come abbiamo visto,
da un ampio numero di studi sperimentali, e, in particolar modo, dagli esperimenti testanti
l‟interpretazione delle dipendenze pronominali. Ruigendijk & Avrutin (2003) hanno
messo in luce come la minor difficoltà emersa nell‟interpretazione di pronomi personali
in frasi semplici transitive rispetto a quelli in frasi ECM possa essere attribuita all‟effetto
di facilitazione rappresentato dalle proprietà lessicali del verbo, sufficienti a escludere
l‟interpretazione co-referenziale nel caso delle farsi transitive ma del tutto irrilevanti nel
caso di strutture ECM, dove il pronome non è parte della struttura argomentale del verbo.
I risultati degli studi on-line (come, per esempio, quello di Love et al. 1998) hanno
corroborato l‟ipotesi del rallentamento del processing agrammatico, mostrando come gli
agrammatici non siano in grado di stabilire in modo rapido le dipendenze sintattiche,
come testimoniato dalla scorretta ri-attivazione del SN antecedente nel dominio sintattico
locale anche nel caso dei pronomi personali. Gli studi sull‟interpretazione dei riflessivi
logoforici e co-argomentali, come quello condotto da Piñango & Burkhardt (2001), hanno
dimostrato che l‟interpretazione dei primi richiede un carico di lavoro maggiore rispetto a
quella dei secondi e che l‟assegnazione di entrambe le referenze da parte degli
agrammatici necessita, in entrambi i casi, di un tempo maggiore di quello richiesto per lo
svolgimento dello stesso compito da parte dei soggetti „sani‟. Il maggior sforzo emerso
nell‟assegnazione della referenza dei pronomi personali rispetto a quella dei pronomi
riflessivi è stata attribuita, infine, alla necessità di riferimento a un contesto linguistico più
ampio nel primo rispetto al secondo, cui sono sufficienti le informazioni comprese nel
dominio locale del pronome stesso.
L‟ipotesi che il deficit agrammatico della comprensione sia determinato dal ritardo
della costruzione della struttura sintattica e dallo sfruttamento di principi interpretativi
extra-sintattici è adottata anche per la spiegazione del fallimento nell‟interpretazione di
111
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
strutture non derivate da movimento sintattico. 125 La gerarchia di economicità, formulata
da Reuland per l‟assegnazione delle dipendenze pronominali, viene assunta, quindi, come
una gerarchia di costo computazionale valida per pressoché tutti i processi di
interpretazione linguistica. Allo stesso modo, la difficoltà emersa nell‟implementazione
delle informazioni linguistiche al livello del discorso (come, per esempio, quella portata
dall‟accento
contrastivo
nell‟interpretazione
pronominale)
e
il
fallimento
dell‟applicazione di alcuni principi interpretativi extra-sintattici (come, per esempio,
quello del parallelismo dei ruoli tematici) sono attribuiti al ritardo nella costruzione della
struttura sintattica che caratterizzerebbe il processing agrammatico. In molti altri casi,
però, il modello della slower-than-normal syntax afferma che, in assenza delle
informazioni strutturali, gli agrammatici sono costretti a intraprendere il processo di
interpretazione servendosi esclusivamente di principi semantici (come, per esempio, la
considerazione delle proprietà lessicali dei verbi) e di strategie operanti al livello
interpretativo del discorso (come quello della topic preference, della salienza discorsiva e
così via), lasciando presupporre che esse possano essere applicate senza bisogno
dell‟ausilio delle informazioni sintattiche. Considerati insieme, questi ultimi due aspetti
rivelano, perciò, un‟ambiguità di fondo: quali strategie extra-sintattiche possono essere
applicate senza necessità della costruzione sintattica, prima ed indipendentemente da
essa? E‟ possibile l‟applicazione di principi interpretativi a livello del discorso in assenza
di qualsiasi informazione strutturale? (O è possibile solo in alcuni casi?). Pur
confermando l‟ipotesi del rallentamento delle operazioni sintattiche, i dati raccolti non
sembrano confermare in modo chiaro che gli agrammatici ricorrano ad altri livelli
linguistici nell‟ordine previsto dalla gerarchia di economicità. 126 Nonostante il
riconoscimento di un rallentamento nello svolgimento delle operazioni sintattiche si riveli
adeguato alla spiegazione di un ampio numero di fenomeni, perciò, la mancanza di un
chiarimento del modo in cui gli agrammatici possano servirsi di altri sistemi interpretativi
determina, a tratti, l‟impressione di un ragionamento „circolare‟. 127
125
Nel caso delle frasi passive, per esempio, la cattiva comprensione sarebbe determinata dalla
considerazione del primo SN come Tema della frase, basata sul principio della maggior salienza discorsiva.
126
Potrebbe darsi, per esempio, che gli agrammatici scelgano i principi di cui servirsi semplicemente sulla
base della loro applicabilità anche in mancanza delle informazioni sintattiche e indipendentemente dal
livello linguistico cui essi appartengono.
127
L‟interpretazione scorretta è attribuita, infatti, nella maggior parte dei casi, all‟applicazione di principi
extra-sintattici; nello stesso tempo, l‟impossibilità di portare a termine l‟applicazione di strategie
interpretative a livello del discorso osservata in altri contesti sarebbe determinata dalla mancanza della
struttura sintattica di riferimento (come, per esempio, nel caso dell‟implementazione dell‟accento,
112
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m ati s m o
Mar ia S capp ini
Le diverse formulazioni dell‟ipotesi della Slow-syntax che abbiamo considerato
mancano, inoltre, di considerare i casi di fallimento dell‟interpretazione agrammatica non
attribuibili, in alcun modo, a un deficit sintattico o da esso derivabile, come la difficoltà di
interpretazione dei pronomi personali rispetto a quella dei pronomi riflessivi (attribuita,
come abbiamo detto, alla necessità di un contesto linguistico più ampio) e l‟ostacolo
rappresentato dalle unità linguistiche referenziali documentata da Hickok & Avrutin
(1995). Pur non essendo esplicitato in nessuno degli studi discussi in questo capitolo,
perciò, il modello della Slow-syntax sembra lasciar immaginare che il deficit procedurale
degli agrammatici non sia ristretto al modulo sintattico ma comprometta, seppure
secondariamente e, forse, solo occasionalmente, anche parte dei livelli interpretativi
successivi. Un ultimo punto di debolezza della slower-than-normal syntax è
rappresentato, nella sua formulazione più recente (tra quelle che abbiamo considerato, lo
studio di Burkhardt e collaboratori), dalla mancata precisazione dei criteri determinati la
vittoria dell‟una o dell‟altra route interpretativa in competizione. Un‟imperfezione simile
è presente, tuttavia, anche nella versione di Vasić (2006), che non esplicita quali fattori
favoriscano l‟occasionale riuscita di una rapida costruzione della struttura sintattica.
Nonostante questi limiti, il modello della weak syntax costituisce un approccio
sostanzialmente migliore dei precedenti. Contrariamente all‟ipotesi di loss of knowledge
di Grodzinsky, esso permette, infatti, la considerazione della varietà inter-soggettiva e
intra-soggettiva (relativa alla performance di uno stesso soggetto) caratteristica degli
agrammatici. La considerazione del rallentamento del sistema sintattico consente, inoltre,
la spiegazione del fallimento degli agrammatici nella comprensione di strutture molto
diverse, godendo di una buona generalità pur senza incorrere in predizioni troppo
„ampie‟, come accadeva, per esempio, nel caso del modello di Ullman. Come vedremo
nei capitoli seguenti, infine, la slower-than-normal syntax si rivela adeguata tanto alla
spiegazione del deficit espressivo degli agrammatici, quanto delle somiglianze osservate
tra la performance linguistica di questo tipo di afasici e quella dei bambini nel corso del
processo di acquisizione linguistica.
dell‟applicazione del parallelismo dei ruoli tematici e della lettura co-referenziale di dipendenze
pronominali extra-frasali).
113
PARTE TERZA: ESPRESSIONE AGRAMMATICA E POSSIBILITÀ DI UNA
SPIEGAZIONE UNIFICATA DEL DEFICIT
1. CARATTERISTICHE DELLA PRODUZIONE AGRAMMATICA
Nonostante la nostra trattazione si sia limitata, sin qui, alla considerazione del
disturbo recettivo degli agrammatici, esso costituisce l‟aspetto meno vistoso (e perciò, in
un certo senso, secondario) del deficit. In questo ultima parte del nostro lavoro ci
dedicheremo, pur senza alcuna pretesa di esaustività, alle difficoltà espressive degli
agrammatici. Considereremo, inoltre, alcuni dei modelli linguistici che ne hanno proposto
una spiegazione, distinguendo tra le proposte che hanno ricercato la formulazione di un
account unificato del deficit e quelle che attribuiscono i disturbi espressivi e recettivi
degli agrammatici a deficit distinti, compromettenti – nei due casi – livelli diversi del
sistema linguistico.
Come abbiamo accennato nella prima parte del nostro lavoro, la principale
caratteristica del deficit espressivo degli agrammatici è costituita dalla natura „telegrafica‟
dell‟eloquio spontaneo, caratterizzato da scarsa fluenza, uso ridotto della morfologia
flessiva e assenza di frasi complesse. L‟aspetto non-fluente della produzione agrammatica
è determinato, principalmente, dalla grande quantità di omissioni degli elementi
funzionali e, talvolta, di intere unità lessicali. Il numero delle omissioni morfologiche
varia, come vedremo, tanto in base al tipo di morfema quanto alla lingua parlata dal
soggetto. La difficoltà lessicale degli agrammatici può essere notata soprattutto nella
produzione degli elementi verbali, come dimostrato dal frequente ricorso a
nominalizzazioni (es.: 1, dove viene prodotto il SN la sedia in luogo del verbo sedere) e
dai casi di omissione dell‟intero predicato (2):
(1)
(2)
Io discuto…cinque minuti…poi, la sedia…eh, (il) verbo…io (mi) sono…(il)
verbo!.. la sedia, no!
Prima … (il) sapone, poi … (la) schiuma, poi (col) rasoio, taglia. Fatto!128
Il deficit agrammatico può comportare, inoltre, problemi a livello sintattico, come
dimostrato dagli errori nell‟ordine delle parole 129 e dalla quasi totale assenza di strutture
128
I due campioni sono tratti da Miceli (1990: 376).
Come è stato osservato, tuttavia, non si danno mai casi di sequenze del tipo nome-nome-verbo e verbonome-nome. Quest‟osservazione ha suggerito che il problema nell‟ordine delle parole sia limitato alla
129
sintattiche complesse, come le costruzioni passive, le interrogative wh- e le frasi relative.
Anche la costruzione di frasi attive semplici, tuttavia, non è priva di difficoltà, come
testimoniato dalla presenza di costruzioni frammentarie, dall‟omissione di alcuni
argomenti verbali e dalla produzione di sintagmi incompleti, solitamente sprovvisti del
determinatore o delle preposizioni. Nonostante l‟espressione della negazione non appaia
generalmente compromessa, la performance degli agrammatici si dimostra migliore nel
caso delle frasi affermative rispetto a quelle negative. E‟ stato notato, inoltre, che gli
agrammatici tendono a evitare la cliticizzazione delle particelle negative al verbo (come,
per esempio, quella dell‟inglese not in don’t), privilegiando l‟uso della constituent
negation.130
Ad eccezione dell‟omissione dei morfemi grammaticali, che rappresenta uno dei
principali criteri per la classificazione dei soggetti agrammatici, nessuno dei sintomi che
abbiamo descritto è riscontrabile in tutti i soggetti affetti dal deficit: la variabilità
rappresenta, infatti, un altro aspetto tipico della produzione agrammatica, tanto a livello
inter-soggettivo quanto all‟interno della produzione di uno stesso soggetto. 131 E‟
importante notare, infine, come il deficit determini disturbi parzialmente diversi in
soggetti agrammatici parlanti lingue tipologicamente differenti.
1.1 Il disturbo nella produzione dei morfemi grammaticali
1.1.1 Omissione e sostituzione dei morfemi flessivi verbali
Come abbiamo accennato, l‟omissione dei morfemi grammaticali rappresenta uno
degli aspetti caratteristici della produzione agrammatica. Diversamente da quanto
inizialmente creduto, però, l‟agrammatismo non colpisce in modo uguale la produzione di
tutti i tipi di morfemi: nonostante non manchino casi di violazione dell‟accordo, le
flessioni verbali sono omesse con una frequenza molto maggiore di quanto non accada ai
disposizione dei nomi intorno al verbo e sia attribuibile ad un disturbo nell‟attribuzione dei ruoli tematici,
come ipotizzato, per esempio, da Saffran et al. (1980).
130
La consituent negation consiste nell‟espressione della negazione attraverso la contrapposizione di due
costituenti frasali, il primo negativo ed il secondo affermativo, del tipo John is not doing y, but Z/ John is
not (verbo x), but (verbo y). Per una trattazione più dettagliata dell‟uso della negazione da parte degli
agrammatici cfr. Bastiaanse et al. (2000: 183-189).
131
Come abbiamo già accennato, l‟osservazione dell‟eterogeneità della performance agrammatica è stata
considerata da una parte degli studiosi come un indice dell‟inadeguatezza dell‟approccio metodologico
adottato nell‟indagine del deficit afasico e dell‟impossibilità di condurre studi „di gruppo‟ su questi soggetti
(cfr., per esempio, Caramazza 1986).
115
morfemi esprimenti i tratti di genere e numero. 132 Lo studio dell‟espressione degli afasici
delle diverse lingue ha messo in luce, inoltre, come gli errori degli agrammatici non
violino mai le regole di buona formazione lessicale (producendo, per esempio, parole
inesistenti o parti di parole). La difficoltà osservata nella produzione dei morfemi
grammaticali assume, perciò, in base alla lingua parlata dal soggetto, la forma
dell‟omissione dei tratti grammaticali o quella della loro sostituzione: nelle lingue
caratterizzate dal tratto (+ zero morphology), come l‟inglese e il giapponese, in cui le
radici verbali corrispondono a unità lessicali indipendenti, gli agrammatici tendono a
omettere i morfemi grammaticali legati, come, per esempio, la -s richiesta dal presente
della terza persona singolare e la desinenza -ed del passato (es.: *Bill run in luogo di Bill
runs); nelle lingue (– zero morphology), come l‟ebraico, il russo e l‟italiano, dove non è
possibile l‟utilizzo di radici verbali senza flessione (es.: italiano *corr-), gli agrammatici
compiono, invece, errori di sostituzione (es.: *Gianni corro), ma mai di omissione:
(3)
a. Inglese
Uh, oh, I guess six month . . . my mother pass away.
[Uh, credo sei mese fa.. mia madre si spegne]
b. Ebraico
tiylu anaxnu ba‟ali ve-‟ani
[passeggiano, noi, mio marito ed io]
c. Russo
grustnaja malchik. stol stoyit, vot, stol stoyat stoyi
[malinconica ragazzo. il tavolo sta, ecco, il tavolo stanno, il tavolo sta].
d. Italiano
Cappuccetto rossa andava.133
Molti studiosi hanno notato, tuttavia, come gli errori morfologici degli agrammatici
potrebbero essere considerati casi di sostituzione in entrambi i tipi di lingue, realizzati
attraverso l‟impiego di altre desinenze fonologicamente realizzate nel caso delle lingue (–
zero morphology), e attraverso l‟utilizzo della flessione “zero” – fonologicamente nulla –
in lingue (+ zero morphology) come l‟inglese e il giapponese.
Un‟altra caratteristica dell‟espressione agrammatica è rappresentata dall‟uso di
forme verbali non finite in posizioni richiedenti la presenza di verbi flessi, come, per
esempio, all‟interno delle frasi principali:
132
Non sono mai stati trovati, infatti, soggetti dimostranti il pattern contrario (maggiori omissioni dei
morfemi di accordo rispetto a quelli verbali).
133
Le frasi in lingua originale sono state tratte da Grodzinsky (2000: 14).
116
(4)
a. Olandese
televisie kopen
[una televisione comprare]
b. Tedesco
Ich morgen aufstehen
[Io mattino alzarmi]
c. Svedese
sen jag ringa till Maud syster
[poi io chiamare la sorella Maud].134
Anche l‟uso delle forme verbali non-finite non è distribuito casualmente nella produzione
agrammatica. Come osservato da Baastianse & Zonneveld (1998) nel caso degli
agrammatici olandesi, esse non appaiono, infatti, con la stessa frequenza in tutti i tipi di
frasi. I risultati del compito di completamento di frasi elaborato dai due studiosi hanno
rivelato come i soggetti producano un numero molto maggiore di forme finite nelle frasi
principali (86% dei casi, es.: 5), rispetto a quanto non accada nelle frasi subordinate
(49%, es.: 6):
(5)
(6)
De boer.. de koe.
[Il contadino… (munge)… la mucca]
Ik zie dat de man…… het koor
[Vedo che l‟uomo….(dirige)…. il coro].135
La forma non-finita, inoltre, non viene applicata in misura uguale a tutti i tipi di predicati.
Gli studi condotti su agrammatici olandesi e italiani hanno dimostrato, per esempio, che
essa è utilizzata più spesso nei casi di predicati esprimenti azioni rispetto a quelli di
predicati stativi. 136 Come osservato da Friedmann (2000: 155), infine, gli agrammatici
delle diverse lingue prediligono l‟uso di forme non-finite diverse in sostituzione dei verbi
di forma finita. Come esemplificato in (7), la produzione agrammatica italiana è
caratterizzata, per esempio, dal frequente ricorso al participio verbale:
(7) Non c‟è il pollo, mangiato il cane.
Un interessante esperimento condotto da de Diego-Balaguer et al. (2004) ha smentito
l‟ipotesi, a lungo condivisa dagli studiosi e sostenuta, in modo particolare, da Ullman, che
134
Gli esempi di espressione spontanea di agrammatici delle diverse lingue sono riportati in Avrutin (2001).
L‟influenza della posizione sintattica sull‟omissione delle categorie funzionali e, come vedremo, di
alcune unità lessicali è stata interpretata come una prova a favore della Tree Pruning Hypothesis, secondo
cui gli errori di produzione degli agrammatici apparirebbero solo in alcune posizioni dell‟albero sintattico a
causa dell‟incapacità da parte di questi soggetti di costruire interamente la struttura sintattica. Di questa e di
altre ipotesi del deficit agrammatico della produzione ci occuperemo nel capitolo seguente.
136
Cfr., rispettivamente, Kolk (2001) e Avrutin & Manzoni (2000).
135
117
gli agrammatici abbiano maggiori problemi nella produzione della morfologia regolare
rispetto a quella irregolare, dimostrando che il deficit agrammatico compromette entrambi
i sistemi di flessione morfologici. 137 Bastiaanse e collaboratori (2000) hanno notato,
infine, che la varietà lessicale dei verbi utilizzati nell‟espressione spontanea è più limitata
negli agrammatici che producono un minor numero di sostituzioni di verbi flessi che nei
soggetti che usano molte forme non-finite.
La quantità di omissioni dipende, naturalmente, in modo determinante anche dalla
severità del danno subito dai diversi soggetti. La caratteristica di variabilità è osservabile
anche all‟interno dell‟espressione di un singolo soggetto: lo stesso agrammatico può
produrre, infatti, la forma scorretta di un verbo poco dopo averlo utilizzato correttamente.
1.1.2.
Omissione del pronome-soggetto e dei determinatori
L‟omissione del soggetto nella produzione agrammatica è nota da molto tempo agli
studiosi. Una delle prime documentazioni risale allo studio di Goodglass & Geeschwind
(1976), che hanno notato come gli agrammatici inglesi tendano a produrre frasi del tipo
(8), normalmente scorrette in lingue non a soggetto nullo, come, appunto, l‟inglese:
(8) *Write a letter
Gli studi più recenti hanno dimostrato che queste omissioni non possono essere attribuite
alla generale difficoltà di accesso lessicale degli agrammatici, dal momento che omissioni
simili non sono mai registrate nelle frasi in cui il pronome ricopre il ruolo di
complemento oggetto. 138 Come dimostrato anche dalla maggior frequenza dell‟omissione
dei determinatori che accompagnano il SN soggetto rispetto a quelli precedenti SN in
posizione di complemento oggetto, non soltanto gli agrammatici si mantengono sensibili
alle posizioni strutturali dei diversi elementi della frase, ma la configurazione sintattica
sembra giocare un ruolo determinante nella produzione di queste omissioni. De Roo
(1999) e Avrutin & Manzoni (2000) hanno messo in luce, inoltre, l‟esistenza di una
137
Cfr. de Diego et. al. (2004). I dati sono stati raccolti sottoponendo due agrammatici parlanti bilingui di
spagnolo e catalano alla produzione di forme verbali regolari e irregolari; l‟esperimento ha fornito, perciò,
anche importanti informazioni sul fenomeno del bilinguismo. Può essere utile ricordare che il modello
dichiarativo/procedurale di Ullman considerava l‟agrammatismo come l‟esito di una compromissione
procedurale determinante problemi nella costruzione on-line delle forme verbali, ma non nell‟uso delle
unità memorizzate nella memoria dichiarativa, come, per esempio, i verbi irregolari.
138
Cfr. de Roo (1999).
118
correlazione tra finitezza del tempo verbale e mancata espressione del soggetto, omesso
più spesso all‟interno di frasi in cui il soggetto si serve scorrettamente dei verbi in forma
non-finita rispetto ai casi in cui i soggetti riescono a produrre correttamente la forma
verbale flessa. Alla stessa de Roo (1999) si deve anche l‟osservazione che i determinatori
in prima posizione della frase vengono omessi in misura maggiore di quelli posti nelle
altre posizioni, come testimoniato dagli esempi seguenti:
(9)
a. Wie is dat meisje?
[Chi è quella ragazza?]
b. *Dat is (een) meisje van school
[Lei è *(una) ragazza della scuola].
1.2 Il deficit lessicale e il disturbo nella produzione dei predicati verbali
Gli studi sulla rapidità di accesso lessicale degli agrammatici hanno dimostrato che
essa è complessivamente inferiore a quella dei soggetti „sani‟ tanto nel recupero lessicale
degli elementi verbali quanto in quello degli elementi nominali. Come abbiamo
accennato, tuttavia, la produzione dei predicati appare molto più compromessa di quella
dei nomi: non soltanto gli elementi verbali sono omessi più spesso di quelli nominali, ma,
come abbiamo detto, anche i tratti morfo-sintattici del verbo sono soggetti a
„eliminazione‟ con una frequenza estremamente maggiore di quanto accade alla flessione
nominale. 139 In accordo con Bastiaanse et al. (2000), la struttura verbale giocherebbe un
ruolo centrale nella pianificazione della frase; molti aspetti dell‟espressione telegrafica
degli agrammatici (come, per esempio, la mancanza di flessione verbale, la scarsa varietà
lessicale, l‟omissione dei pronomi e dei determinatori) potrebbero essere legati, perciò,
alla difficoltà mostrata nella produzione dei verbi. La caratteristica semantica della
referenzialità (ostacolante, come abbiamo visto, anche la comprensione di alcune strutture
linguistiche da parte degli agrammatici) 140 rappresenta un altro fattore di difficoltà per
l‟espressione agrammatica, come dimostrato dall‟uso inappropriato delle espressioni
definite (es.: inserimento di pronomi e articoli definiti in contesti in cui nessuna referenza
139
Ciononostante, gli agrammatici non sembrano distinguersi dai soggetti „sani‟ nella sensibilità alla
complessità del verbo, come rivelato da uno studio di Shapiro & Levine (1990), che ha dimostrato che la
comprensione di verbi che ammettono diverse possibilità nella struttura argomentale, come, per esempio, i
verbi bi-argomentali che possono essere accompagnati anche dal solo argomento esterno (es.: il caso
dell‟italiano bere: Gianni beve /Gianni beve un birra) richiede, per entrambe le categorie di soggetti, un
tempo maggiore di quello necessario alla comprensione di strutture verbali aventi una sola possibilità.
140
Cfr. Hickok & Avrutin (1995).
119
è stata stabilita).141 Questi errori sono stati interpretati come prove a supporto dell‟ipotesi
che l‟espressione agrammatica sia caratterizzata da una sovra-estensione dell‟uso dei
„registri speciali‟ che permettono l‟omissione di particolari unità linguistiche deducibili
dal contesto.142
Analogamente, la difficoltà osservata nell‟espressione della morfologia verbale (e,
in particolare, nell‟espressione del tratto di tempo) ha indotto gli studiosi a escludere
l‟ipotesi che il disturbo selettivo nella produzione dei verbi possa dipendere da un deficit
riguardante, esclusivamente, il livello lessicale e/o semantico. Lo studio condotto da
Caramazza & Finocchiaro (2002) su diversi gruppi di afasici ha dimostrato, infatti, come
a una maggiore difficoltà nella produzione dei nomi o dei verbi corrisponda una più
evidente difficoltà nello svolgimento di compiti morfologici riguardanti la medesima
categoria grammaticale. La stessa disparità viene mantenuta anche nello svolgimento
dello stesso compito su pseudo-parole aventi la forma di nomi e di verbi. I due studiosi
hanno interpretato questi dati come una prova della natura grammaticale del deficit e
come una dimostrazione del fatto che l‟accesso alle proprietà grammaticali specifiche
delle categorie dei verbi debba essere considerato indipendente da quello alle proprietà
grammaticali dei nomi.
1.2.1 Influenza delle proprietà sintattiche sui processi di recupero lessicale dei verbi
Diversi fattori possono influenzare la riuscita e la facilità del recupero lessicale dei
predicati da parte degli agrammatici. Tra questi, un ruolo di particolare rilevanza è svolto
dalle caratteristiche sintattiche dei verbi, specificate all‟interno della loro entrata
lessicale.143
Thompson et al. (1997) hanno considerato l‟effetto della struttura argomentale del
verbo, dimostrando che la facilità di produzione di ciascuna voce verbale da parte degli
agrammatici è influenzata anche dal numero dei suoi argomenti, dal momento che essi
mostravano una chiara preferenza per i verbi con un solo argomento rispetto a quelli che
141
Cfr., per esempio, Bates et al. (1983).
Si tratta, come vedremo, dell‟ipotesi centrale del modello di Avrutin (1999; 2001; 2004), di cui ci
occuperemo nel prossimo capitolo.
143
In accordo con le impostazioni linguistiche correnti, le entrate lessicali dei verbi consistono, infatti, di
diverse informazioni, come gli aspetti di sotto-categorizzazione (indicanti il contesto sintattico in cui una
determinata voce lessicale può essere inserita), la struttura argomentale e la struttura tematica. La struttura
argomentale del verbo si riferisce al numero di sintagmi obbligatoriamente richiesti dal verbo.
142
120
ne presentano un numero maggiore. Lo stesso studio ha mostrato come anche le diverse
possibilità di disposizione degli argomenti verbali possono sfavorirne l‟utilizzo da parte
di questi afasici, come testimoniato dal fatto che i verbi con una sola possibilità di
disposizione degli argomenti vengono prodotti correttamente più spesso degli altri. 144
Thompson e collaboratori hanno notato, infine, che anche la struttura tematica influenza
la facilità di produzione dei predicati, mostrando che le frasi implicanti solo il ruolo di
Agente/Esperiente sono prodotte correttamente più spesso di quelle coinvolgenti anche i
ruoli di Tema/Paziente.
Lo studio di Jonkers (2000) ha analizzato l‟influenza della transitività degli
elementi verbali sulla produzione agrammatica sottoponendo 15 agrammatici a un
compito di denominazione di immagini.145 L‟esperimento prevedeva due condizioni: nella
prima, i soggetti dovevano descrivere l‟immagine attraverso l‟impiego di verbi isolati,
nella seconda tramite la costruzione di frasi. I risultati hanno mostrato come la transitività
produca un effetto di facilitazione nel caso in cui i soggetti si debbano servire di verbi in
isolamento (dove i verbi transitivi erano usati più correttamente di quelli intransitivi), ma
non nella condizione nei casi in cui è richiesta la costruzione di frasi. Gli agrammatici
hanno mostrato due diversi tipi di performance: una parte di essi ha ottenuto risultati
migliori nel compito di denominazione in isolamento, l‟altra metà nel compito di
denominazione attraverso la produzione di frasi. Il gruppo migliore nel compito di
denominazione tramite verbi isolati mostrava, in entrambe le condizioni, minore difficoltà
nel recupero dei verbi transitivi rispetto a quello dei verbi intransitivi, mentre il gruppo
migliore nella denominazione tramite frasi non mostrava questa differenza solo nella
condizione richiedente la produzione di verbi in isolamento. Il primo gruppo (preferenza
per verbi transitivi in entrambe le condizioni) mostrava, inoltre, un minor numero di
omissioni dei SN soggetto in presenza di verbi transitivi rispetto a quelli intransitivi; il
secondo gruppo mostrava un numero maggiore di verbi intransitivi rispetto a quelli
utilizzati dall‟altro sotto-gruppo nel compito di produzione di frasi, ma anche un minor
numero di omissioni. La maggior facilità mostrata da entrambi i sotto-gruppi nell‟uso dei
verbi transitivi nel compito di denominazione in isolamento ha dimostrato che il maggior
144
Si tratta dei cosiddetti obligatory two-place.verbs, che possono essere prodotti solo se accompagnati da
entrambi i suoi argomenti (es.: The man kisses the woman/ * The man kisses), cui si contrappongono i verbi
bi-argomentali detti optional two-place verbs, che permettono tanto l‟assenza (es.: The man drinks) quanto
la presenza dell‟argomento interno (es.: The man drinks a beer).
145
Studi simili hanno mostrato che i bambini in età pre-scolare hanno maggiori difficoltà nella
denominazioni di immagini tramite l‟uso dei verbi transitivi rispetto ai casi in cui è richiesto il ricorso a
verbi intransitivi. I riferimenti a questi studi sono riportati in Jonkers (2000).
121
numero di argomenti non rappresenta, in sé, un impedimento alla produzione del
predicato. Come rivelato dai risultati della condizione richiedente la costruzione di frasi,
tuttavia, esso può ostacolare l‟uso dello stesso verbo all‟interno del contesto frasale.
Nonostante la struttura verbale transitiva abbia una maggiore frequenza d‟uso e risulti,
perciò, più rapidamente accessibile di quella dei verbi intransitivi, la maggior quantità di
argomenti necessari al suo inserimento all‟interno della frase comporta un maggiore
sforzo a livello dell‟accesso lessicale, cui i soggetti risponderebbero, secondo gli
sperimentatori, attraverso due diverse strategie, come dimostrato dal delinearsi dei due
sotto-gruppi. Alcuni agrammatici proverebbero a elaborare tutte le informazioni
sintattiche richieste dal verbo e a produrre una frase completa, manifestando maggiori
difficoltà nell‟uso dei verbi transitivi a livello di costruzione della frase che a quello di
utilizzo del verbo in isolamento (come provato dalla frequente omissione dei SN
complemento oggetto). Altri agrammatici sceglierebbero di ridurre in partenza il carico di
lavoro, prediligendo frasi semplici senza complemento oggetto e producendo, perciò, un
maggior numero di verbi intransitivi nella costruzione delle frasi.
122
2.
MODELLI LINGUISTICI DEL DEFICIT ESPRESSIVO
2.1 Le function word theories
Le prime spiegazioni del deficit espressivo degli agrammatici condividono l‟idea
che esso derivi da una difficoltà selettiva nell‟utilizzo degli elementi funzionali. Una delle
prime ipotesi di questo tipo è stata formulata da Kean (1977), secondo cui il deficit
sottenderebbe a un disturbo di natura fonologica: gli agrammatici perderebbero la
capacità di processare le phonological non-words; le omissioni caratteristiche della
produzione agrammatica colpirebbero, perciò, in modo particolare, le unità linguistiche
prive di accento e la cui presenza non altera in alcun modo il contorno intontivo della
parola e/o della frase. Quest‟ipotesi spiegherebbe anche la variabilità osservata
nell‟omissione di uno stesso elemento funzionale, come esemplificato dal caso dal
suffisso del plurale inglese -s, che sarebbe omesso solo nei casi in cui esso non modifica
la struttura sillabica della parola (es.: sing. pack, plur. packs) e pronunciato in tutti i casi
in cui determina la produzione di una sillaba aggiuntiva (es.: sing. horse, plur. horses).
Una spiegazione simile era stata proposta da Goodglass et al. (1967), che avevano
ipotizzato che l‟omissione dei morfemi grammaticali fosse determinata dalla
combinazione dei fattori di prominenza fonologica e di prominenza psicologica. In
accordo con questi studiosi, gli agrammatici conserverebbero la capacità di pianificare
tutti i tipi di frasi; a causa della lesione subita, tuttavia, il processo di produzione
linguistica richiederebbe loro uno sforzo computazionale particolarmente elevato. Pur
partendo da rappresentazioni frasali anche molto complesse, essi finirebbero con il
produrre, perciò, solo gli elementi caratterizzati da stress e saliency.146 L‟Adaptation
Theory di Kolk (1995) si basa, in modo parzialmente simile alla teoria di Goodglass e
colleghi, sul principio dell‟economia di sforzo. In accordo con Kolk, le omissioni degli
agrammatici (così come, come vedremo, quelle caratterizzanti l‟espressione infantile)
sarebbero il frutto di una strategia di scelta attuata dal parlante al fine di minimizzare lo
sforzo di produzione. Come osservato da Avrutin (2004: 71), tuttavia,
146
Gli stessi studiosi hanno raccolto evidenze a favore di quest‟ipotesi, dimostrando, per esempio, che la
produzione di interrogative negative da parte degli agrammatici risulta più accurata di quella delle
corrispondenti affermative: mentre, infatti, le particelle do/did poste in posizione iniziale delle interrogative
affermative vengono spesso omesse dagli agrammatici, le particelle negative don’t/didn’t appaiono meno
suscettibili all‟omissione a causa, secondo sperimentatori, della loro tonicità e della maggiore salienza
psicologica.
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
one (undesiderable) consequence of the adaptation model […] is that one would
have to view speech production in aphasia as an almost conscious process where
patients would be actively involved in allocating resources between more or less
informative elements [and] this is certainly not what happens in aphasia in real time
as the process of speech planning and production is largely unconscious.
In accordo con Bradley et al. (1980), il deficit risiederebbe, invece, in un disturbo di
natura lessicale: l‟accesso alle categorie lessicali a classe chiusa (come le desinenze
flessive e i determinatori) richiederebbe un costo computazionale maggiore di quello
necessario per l‟accesso alle parole a classe aperta, risultando insostenibile per questi
soggetti. Le difficoltà osservate nei processi di comprensione sarebbero determinate,
similmente, dall‟incapacità di stabilire la funzione degli items lessicali delle frasi espressa
dai morfemi grammaticali legati.
La considerazione del fatto che non tutti i morfemi flessivi (e nemmeno tutti i
morfemi flessivi verbali del tempo, come dimostrato dal mantenimento della desinenza
dell‟infinito tedesco -en e del progressivo inglese -ing) vengono omessi all‟interno della
produzione agrammatica ha determinato, tuttavia, l‟abbandono della maggior parte delle
word function theories, accomunate dalla mancata spiegazione del diverso grado di
„vulnerabilità‟ dei morfemi di tempo verbale (perlopiù omessi) rispetti a quelli esprimenti
i tratti di genere e tempo. 147 Come osservato da Kiss (2000), inoltre, questi modelli non
rendono conto della diversa produttività di formazione morfologica registrata nello
svolgimento di compiti diversi, né del fatto che le radici verbali non rappresentano
sempre la scelta preferita dagli afasici delle diverse lingue, anche in lingue, come il
tedesco, in cui la radice verbale corrisponde a un‟ unità lessicale autonoma. La maggior
parte di essi non forniscono, infine, una spiegazione adeguata dei disturbi recettivi degli
agrammatici.148
Un‟ipotesi parzialmente diversa è presentata da de Diego-Balaguer et al. (2004),
che hanno interpretato la difficoltà osservata sia nei procedimenti di flessione regolare
che in quelli irregolari come una prova del fatto che l‟afasia colpisce una serie di
procedimenti, inclusi quelli responsabili del recupero lessicale, dell‟interpretazione e
147
Un‟eccezione è rappresentata dalla Split Inflection Hypothesis di Pollock (1989), secondo cui la
maggiore omissione dei morfemi del tempo rispetto a quelli portanti i tratti di accordo sarebbe determinata
dalla maggiore complessità „strutturale‟ dei primi rispetto ai secondi. I due gruppi di morfemi,
rappresenterebbero, in quest‟ottica, due distinte categorie funzionali.
148
La maggior parte delle function word theories sono state formulate, tuttavia, prima che il deficit recettivo
fosse conosciuto e descritto adeguatamente.
124
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
dell‟integrazione dei tratti grammaticali.
2.2 La Tree Pruning Hypothesis 149
La Tree Pruning Hypothesis assume che il deficit agrammatico della produzione
dipenda da un disturbo compromettente aspetti molto specifici della costruzione
sintattica.150 Come osservato da Friedmann (1998), il mantenimento dell‟espressione dei
tratti di genere e numero dimostra che gli agrammatici non perdono completamente la
capacità di rappresentazione della struttura sintattica. L‟utilizzo delle forme verbali nonfinite in posizioni richiedenti l‟utilizzo di forme flesse, dall‟altra parte, indica che essi non
sono in grado di servirsi in maniera adeguata dei morfemi di tempo verbale. La
considerazione della natura dei morfemi omessi e della loro distribuzione all‟interno della
rappresentazione linguistica, perciò, ha indotto lo studioso a ipotizzare che gli
agrammatici soffrano di un disturbo selettivo nella rappresentazione del nodo sintattico T
(Tense):
(10) Tree-Pruning Hypothesis (simplified):
Broca‟s aphasics cannot represent T; higher branches of the tree are pruned . 151
Il deficit agrammatico della produzione dipenderebbe, perciò, dall‟incapacità di portare a
termine la costruzione dell‟albero sintattico, la cui rappresentazione sarebbe „potata‟
(pruned) all‟altezza del nodo del tempo, come indicato dalla linea curva posta tra T e
NegP:
149
La Tree Pruning Hypothesis è stata proposta in molti lavori di Friedmann e di Grodzinsky. Per un
approfondimento si vedano, per esempio, Grodzinsky (2000) e Friedmann (1998), di cui ci siamo serviti per
la nostra presentazione.
150
Gli alberi sintattici rappresentano, nella teoria linguistica, la struttura gerarchica soggiacente
l‟espressione linguistica nella sua forma lineare di superficie. Per un presentazione adeguata di questa
nozione si rimanda a Graffi (2004: 159-166).
151
Tanto la definizione della Tree Pruning Hypothesis quanto l‟albero sintattico sotto riportato sono tratti
da Grodzinsky (2000a: 16-17).
125
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
L‟indisponibilità della parte superiore della struttura sintattica renderebbe impossibile lo
svolgimento di tutte le operazioni linguistiche implicanti T e i nodi sintattici situati sopra
di esso. Il mantenimento dell‟espressione dei tratti di genere e numero sarebbe spiegata,
perciò, dal fatto di non richiedere l‟accesso a nessun nodo superiore a T; la
compromissione
del
procedimento
di
flessione
verbale
dipenderebbe,
invece,
dell‟impossibilità del verbo di spostarsi dalla posizione di specificatore di Vˈ, in cui esso
viene generato, a quella di T, dove riceverebbe i tratti di tempo:
126
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
Il deficit agrammatico della produzione non comporterebbe, perciò – come inizialmente
ipotizzato – la „cancellazione‟ dei morfemi grammaticali del tempo, bensì la sostituzione
delle forme flesse con forme realizzabili al di sotto del nodo T (corrispondenti,
solitamente, alle forme non-finite del verbo).152
L‟ipotesi
che l‟assenza
di flessione verbale
derivi dalla
perdita
della
rappresentazione di T (e, dunque, dall‟impossibilità di sollevamento del verbo) sarebbe
confermata, secondo Grodzinsky, dagli errori prodotti nell‟ordine delle parole dagli
agrammatici delle cosiddette verb second languages, caratterizzate dalla posizione fissa
del predicato nella seconda posizione delle frasi principali. Come dimostrato dal caso
degli afasici olandesi studiati da Baastianse & van Zonneveld (1998), le frasi principali
prodotte dagli agrammatici olandesi non si differenzierebbero da quella „normali‟ soltanto
per l‟uso di forme verbali non flesse in contesti richiedenti verbi a flessione finita, ma
anche per la collocazione dei predicati al termine della frase, anziché in seconda
posizione. In accordo con la Tree Pruning Hypothesis, entrambi gli errori sarebbero
riconducibili alla mancata rappresentazione della parte superiore della struttura sintattica
e, quindi, all‟impossibilità del verbo di innalzarsi oltre il nodo sintattico del Tense, così da
ricevere i tratti di flessione verbale e occupare, come richiesto dalle regole di buona
formazione
sintattica,
la
seconda
posizione
della
frase.
Questa
spiegazione
giustificherebbe anche la mancanza di errori nell‟ordine delle parole e nella flessione dei
verbi delle frasi secondarie prodotte dagli agrammatici della stessa lingua, caratterizzate
dal verbo in forma infinita e in posizione finale di frase.153
Friedmann (1998) ha notato che la Tree Pruning Hypothesis fornisce anche una
spiegazione dell‟uso di hard infinitives osservato nella produzione degli agrammatici
ebraici, caratterizzata da infiniti verbali privi del prefisso le- (corrispondente alla
152
Quest‟ipotesi fornisce anche una spiegazione omogenea delle differenze osservate nella sostituzione
delle forme verbali flesse nella produzione degli agrammatici di diverse lingue. In particolare, essa elimina
l‟apparente differenza tra l‟uso della radice verbale osservato nella produzione agrammatica inglese e
quello della forma infinita del verbo privilegiato dagli agrammatici tedeschi assumendo che gli agrammatici
si servano, in entrambi i casi, della forma non-finita del verbo, coincidente, nel caso dell‟inglese, con la
radice verbale stessa.
153
Gli studi condotti su agrammatici italiani (cfr. per esempio, Lonzi & Luzzatti 1993) hanno mostrato che
la loro produzione verbale non presenta mai errori nel posizionamento del predicato all‟intero della frase,
sia esso di forma finita o di forma non-finita: i verbi finiti appaiono solo prima dell‟avverbio , mentre i nonfiniti possono essere posti sia prima che dopo di esso. Nei casi in cui la frase contiene una negazione,
inoltre, entrambi i tipi di verbi sono prodotti solo dopo di essa. In accordo Friedmann, tuttavia, questi dati
non costituiscono un‟obiezione alla Tree Pruning Hypothesis, poichè “when a verb is produced correctly
inflected, it has moved up and therefore it appears before the adverb” (Friedmann 2000: 162). Alla
relazione tra la forma verbale e ordine dei costituenti frasali nell‟espressione agrammatica è dedicata larga
parte del lavoro di Friedmann (2000), cui si rimanda per ulteriori approfondimenti.
127
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
particella to inglese). In accordo con la sperimentatrice, la performance agrammatica
dimostrerebbe, infatti, che esso costituisce un morfema del tempo. La sua produzione
richiederebbe, perciò, l‟innalzamento del verbo nella posizione sintattica del Tense. Non
potendo ricorrere né alla flessione corretta del verbo, né alla costruzione della sua forma
infinita, la produzione degli agrammatici ebraici sarebbe caratterizzata dal ricorso,
casuale, a diverse forme flessive. Essi manterrebbero, tuttavia, la sensibilità alla
distinzione tra forme verbali finite e non-finite, come dimostrato dal fatto di non servirsi
mai di una forma finita per la sostituzione di una forma non-finita, né, viceversa, di forme
finite in posizioni richiedenti l‟uso di verbi a flessione finita.
Il caso degli agrammatici ebraici evidenzia, perciò, che l‟infinito non rappresenta la
scelta di default per la sostituzione delle forme flesse nella produzione agrammatica; la
preferenza per l‟una o l‟altra forma verbale sarebbe determinata, invece, solo dal fatto di
non richiedere l‟innalzamento di V oltre il nodo del Tense, indipendentemente dal
carattere di finitezza.
Come abbiamo accennato, il modello di Grodzinsky suppone che il deficit
agrammatico non determini difficoltà solo nella produzione degli elementi richiedenti il
ricorso al nodo Tense, ma anche nell‟espressione di tutte le unità legate ai nodi sintattici
superiori ad esso. Tutte le omissioni osservabili nell‟espressione agrammatica sarebbero
riconducibili, perciò, a proprietà sintattiche definite dal nodo del Tense (come, per
esempio, la copula) o da nodi superiori a esso (come nei casi della mancata produzione
del soggetto grammaticale, delle frasi incassate e delle interrogative wh-, quasi del tutto
assenti nella produzione agrammatica). L‟omissione dei morfemi grammaticali non
dipenderebbe, quindi, dal tipo di informazione portata (es.: espressione del tempo verbale
vs espressione dei tratti di numero e genere), ma dalla posizione assunta all‟interno
dell‟albero sintattico. Una spiegazione parzialmente simile a quella di Grodzinsky è stata
proposta da Hagiwara (1995), secondo cui il deficit agrammatico non dipenderebbe da un
disturbo grammaticale, bensì da un deficit procedurale. La limitata disponibilità di risorse
procedurali comprometterebbe la ripetuta applicazione di Merge necessaria alla
costruzione della struttura sintattica, impedendo agli agrammatici di portare a termine la
costruzione dell‟albero sintattico.
Il modello della Tree Pruning Hypothesis è stato oggetto di numerose critiche.
Penke (2000) ha osservato che, contrariamente da quanto predetto dal modello di
Grodzinsky, la produzione del sintagma del complementatore e dell‟accordo verbale
128
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
risulta intatta nell‟espressione degli agrammatici tedeschi, pur corrispondendo a nodi
superiori a T all‟interno della rappresentazione sintattica.
La maggior parte delle obiezioni coincide, tuttavia, con quelle mosse alla Trace
Deletion Hypothesis proposta dallo stesso studioso a spiegazione del deficit recettivo
degli agrammatici. Tra queste, una delle più rilevanti è rappresentata dalle critiche alla
considerazione che il deficit afasico comprometta in modo diverso i processi di
produzione e comprensione linguistica, implicante l‟idea che i due procedimenti si
servano di moduli cerebrali parzialmente diversi. 154 Nonostante non tutte le difficoltà
espressive degli agrammatici trovino corrispondenza nei disturbi recettivi degli stessi
soggetti (né, viceversa, si possano trovare a livello della produzione compromissioni del
tutto simili a quelle riscontrabili nella comprensione), molti studiosi concordano nell‟idea
che sia ragionevole pensare a un deficit compromettente in modo analogo e – almeno
parzialmente – comune i due procedimenti.
2.3 La possibilità di un account unificato del deficit
Il tentativo di fornire un‟ipotesi unitaria del deficit è posteriore, naturalmente, alla
scoperta e alla descrizione dei disturbi recettivi degli agrammatici, inaugurata, come
abbiamo detto, dal lavoro di Caramazza & Zurif (1976). Quest‟ultimo studio determinò
l‟abbandono della credenza che il disturbo agrammatico compromette meccanismi
responsabili esclusivamente del processo di produzione linguistica.
Le prime proposte di spiegazione unificata del deficit sostenevano l‟ipotesi che
l‟interpretazione agrammatica fallisse negli stessi casi in cui la loro espressione risultava
ostacolata, ovvero, in accordo con le function words theories, nelle strutture contenenti
morfemi grammaticali di qualche tipo.155 Queste proposte, tuttavia, sono state
contraddette, da un lato, dall‟osservazione che il deficit non compromette in misura
uguale tutti i tipi di morfemi; dall‟altro, dall‟approfondirsi della conoscenza dei disturbi
154
Cfr., per esempio, Kempen (2000), che osserva come non si possa assumere l‟esistenza di due distinti
processori sintattici responsabili dei procedimenti sintattici ai due livelli.
155
Un esempio è rappresentato dall‟ipotesi di disturbo fonologico proposta da Kean (1977), secondo cui la
comprensione agrammaticafallirebbe in tutti i casi in cui essa dipende dall‟interpretazione di particelle prive
di salienza fonologica. La proposta di deficit lessicale formulata da Bradley e collaboratori (1980)
supponeva, invece, che gli agrammatici soffrano di un disturbo selettivo nell‟utilizzo dell parole a classe
chiusa, compromettente in modo simile i processi di produzione e comprensione linguistica.
129
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
recettivi degli agrammatici, che si dimostravano indipendenti, nella maggior parte dei
casi, dal tipo di morfemi grammaticali presenti nella frase.
Caramazza & Zurif (1976) hanno ipotizzato, per la prima volta, che il deficit
agrammatico rifletta la compromissione di un meccanismo sintattico „centrale‟
determinante tanto la agrammatic production, quanto l‟asyntactic comprehension
caratteristiche di questi soggetti. 156 La concezione unitaria del deficit venne indicata con
il nome di OverArching Agrammatism, secondo cui l‟agrammatismo colpirebbe tutte le
modalità linguistiche, determinando patterns di errore simili nell‟uno e nell‟altro processo
linguistico:
(11) OverArching Agrammatism (OAA)
The language disruption in agrammatism (a) spans all modalities, (b) the
selective pattern of impairment and sparing is identical cross-modally
(Grodzinsky 2000b: 76).
Ipotesi sintattiche unitarie sono state formulate, più recentemente, da Friedmann (1998) e
da Bastiaanse et al. (2003). In accordo con la studiosa, sia i disturbi espressivi che quelli
recettivi degli agrammatici sarebbero spiegati dalla Tree Pruning Hypothesis di
Grodzinsky. I casi di fallimento dell‟interpretazione agrammatica sarebbero sempre
caratterizzati, infatti, dalla cancellazione della traccia sintattica del costituente frasale
spostato nella posizione di soggetto. L‟indisponibilità della traccia sintattica potrebbe
essere attribuita, perciò, alla mancata rappresentazione della parte superiore dell‟albero
sintattico caratteristica degli agrammatici. Il modello di Friedmann fornisce, così, una
sintesi delle ipotesi della Trace Deletion e della Tree Pruning elaborate da Grodzinsky,
risolvendo uno dei limiti dell‟approccio grodzinskiano, caratterizzato dal presupposto che
i due processi linguistici siano supportati da moduli cognitivi parzialmente diversi. Essa
condivide, tuttavia, l‟erronea previsione della Trace Deletion Hypothesis secondo cui il
deficit recettivo degli agrammatici comprometterebbe soltanto la comprensione delle
strutture derivate da movimento sintattico.
Secondo Baastianse et al. (2003), tanto gli errori espressivi quanto quelli recettivi
sarebbero determinati, invece, dalla compromissione dell‟operazione stessa del
movimento sintattico. Quest‟ipotesi sarebbe supportata, secondo gli studiosi, dalla quasi
totale mancanza – nell‟espressione agrammatica – di strutture derivate da movimento
156
Come abbiamo detto, il fallimento della comprensione agrammatica emergerebbe, secondo i due
studiosi, in tutti i casi in cui le strategie semantiche non sono sufficienti a compensare la mancanza di
informazioni sintattiche, come osservato nel caso delle frasi semanticamente reversibili.
130
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
sintattico e dall‟incapacità di spostamento del verbo in seconda posizione osservata nella
produzione di afasici delle lingue „a verbo secondo‟. Anche quest‟ultima proposta
presenta, tuttavia, il difetto di limitare il fallimento della comprensione agrammatica alle
frasi coinvolgenti movimento sintattico, trascurando le difficoltà osservate, per esempio,
nell‟assegnazione delle referenze pronominali.
2.3.1 Il modello del discorso di Avrutin
La spiegazione del disturbo agrammatico formulata da Avrutin (1999; 2001; 2004)
assume che il deficit sintattico degli agrammatici determini un malfunzionamento
dell‟interfaccia tra il modulo della sintassi e quello del livello interpretativo del discorso.
Come abbiamo spiegato nella seconda parte del nostro lavoro, gli errori osservati nella
comprensione linguistica rappresenterebbero, secondo lo studioso, l‟esito dalla
competizione tra interpretazione sintattica e principi interpretativi al livello del discorso.
La competizione tra procedimenti interpretativi ai diversi livelli linguisti sarebbe
determinata, come abbiamo detto, dal ritardo nella costruzione della struttura sintattica
caratteristico di questi soggetti, che soffrirebbero di un rallentamento nello svolgimento
delle operazioni sintattiche. L‟indebolimento del modulo sintattico caratteristico del
sistema linguistico di questi soggetti determinerebbe un‟importante differenza nel costo
computazionale richiesto dalle diverse operazioni linguistiche rispetto a quella formulata
nella gerarchia di Reuland (2001). A differenza di quanto accade per i soggetti „sani‟,
infatti, le operazioni sintattiche non rappresenterebbero il livello linguistico più
economico per gli agrammatici bensì, al contrario, quello più dispendioso. La maggior
lentezza della sintassi e il maggior costo computazionale da essa richiesto
determinerebbero la „predilezione‟ agrammatica per l‟utilizzo di principi linguistici extrasintattici, osservabile, secondo lo studioso, tanto nella comprensione quanto nella
produzione linguistica.
Le omissioni delle categorie funzionali caratteristiche dell‟espressione agrammatica
sarebbero spiegabili come una generalizzazione – impropria – delle possibilità permesse
nell‟uso linguistico di registri speciali in cui l‟informazione normalmente espressa dalla
presenza di determinati elementi sintattici può essere dedotta dal contesto linguistico,
permettendo l‟occasionale omissione di quegli elementi sintattici. La mancata espressione
del soggetto grammaticale sovra-estenderebbe, per esempio, una caratteristica del
131
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
cosiddetto diary style, all‟interno del quale è permessa la produzione di frasi del tipo
seguente:
(12)
Got up at 7. Took shower. Had to go work. Left.157
A causa del maggior carico di lavoro richiesto loro dallo svolgimento delle operazioni
sintattiche, gli agrammatici si servirebbero di queste possibilità „eccezionali‟ anche
nell‟espressione di frasi in cui il contesto non può compensare le informazioni sintattiche
omesse, determinando la produzione di strutture ininterpretabili.
In accordo con l‟impostazione formale proposta dallo studioso, si dovrebbe dire che
gli agrammatici generalizzano la possibilità di produrre file cards prive di contenuto
referenziale. Come abbiamo detto nei capitoli precedenti, il modello di Avrutin assume,
infatti, che la rappresentazione linguistica al livello del discorso sia determinata dall‟input
della narrow syntax: a ogni categoria funzionale del livello sintattico corrisponderebbe la
creazione di una file card al livello del discorso, costituita, nei casi normali, da una frame
esprimente la categoria dell‟elemento linguistico, e da una heading corrispondente al suo
contenuto referenziale.158 La buona formazione della rappresentazione al livello del
discorso richiederebbe, come abbiamo accennato, la soddisfazione di due condizioni:
(13) Interpretably Condition 1: Information units must be interpretable.
Interpretability Condition 2: To be fully interpretable, an information unit
must contain a frame and a heading (Avrutin 2004: 76).
I „registri speciali‟ cui abbiamo fatto accenno permetterebbero di non esprimere la cornice
di una file card al livello sintattico nei casi in cui essa può essere derivata dal contesto
tramite presupposizione. Il riempimento della frame di una individual frame card
attraverso le informazioni del contesto è esemplificato dalla frase olandese in (14), dove il
determinatore het non viene espresso in quanto deducibile tramite presupposizione:159
(14)
Q: Wie heeft jou gisteren gebeld?
[=Who called you yesterday?]
A: Oh, meisje van school.
[=Oh, girl from school].
157
Cfr. Haegeman (1990.)
Tutte le immagini seguenti sono tratte da Vasić (2006: 179-181).
159
E‟ importante notare come Avrutin (2004) intenda il contesto come un livello non linguistico,
determinato da diversi fattori, come, per esempio, la conoscenza generale dei soggetti. Al livello extralinguistico del contesto si contrappone quello linguistico del discorso, responsabile di operazioni come la
risoluzione di alcune dipendenze anaforiche, l‟identificazione del topic e del focus e l‟identificazione
dell‟antecedente dei riflessivi logoforici. Le frasi olandesi riportate sono tratte da Vasić (2006: 180).
158
132
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
Fig. 3: Esempio di riempimento della frame di una individual card attraverso
presupposizione
Un esempio di riempimento della cornice di una event card è offerto, invece, dalle
costruzioni russe del tipo (14), dove il parlante fornisce un punto temporale specifico
nella prima parte della frase, cui può essere „ancorato‟ il tempo verbale – inespresso – del
secondo enunciato: 160
(15)
Ded Moroz prinjos podarki. Deti prygat' ot radosti.
[=Santa Clause has brought gifts. Children to-jump-(INF) of joy]
Fig. 4: Esempio di riempimento della frame di una event card attraverso
presupposizione
Nella gerarchia di costo computazionale, i registri speciali assumono uno status speciale
per ragioni di economicità: poiché la via sintattica è, di norma, la più economica, solo in
160
Cfr. Vasić (2006: 181).
133
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
specifiche circostanze si abbandona la narrow syntax per servirsi degli altri livelli
linguistici. La differente gerarchia di costo degli agrammatici spiegherebbe la loro
preferenza per l‟introduzione della frame a partire dal contesto, anziché a livello
sintattico.161
Così come la competizione tra narrow syntax e discourse level determinante la
comprensione linguistica agrammatica non è sempre vinta dai principi interpretativi extrasintattici, allo stesso modo la produzione agrammatica non è sempre caratterizzata dal
ricorso alle possibilità espressive dei registri speciali, come dimostrato dalla variabilità
osservabile tanto nella performance di soggetti diversi, quanto all‟interno dell‟espressione
di uno stesso soggetto (dove possono apparire pronomi-soggetto non omessi e verbi
presentati la corretta flessione temporale). La mancata precisazione di quali fattori
determinino la vittoria dell‟uno o dell‟altro livello linguistico costituisce, tuttavia, come
abbiamo già accennato in occasione della presentazione dello stesso modello a
spiegazione del deficit agrammatico della comprensione, uno dei maggiori limiti
dell‟ipotesi di Avrutin. Un secondo aspetto problematico è rappresentato dal fatto che la
tipologia di registri speciali varia molto da una lingua all‟altra. La possibilità di omissione
dei determinatori, per esempio, è permessa in diversi contesti dalla lingua olandese, ma
quasi impossibile in italiano, dove essa è utilizzata quasi esclusivamente all‟interno dei
titoli di giornale. Quest‟ultima considerazione rappresenta, perciò, per stessa ammissione
di Avrutin (2004: 89), una domanda aperta sul modello della compromissione
dell‟interfaccia tra narrow syntax e discourse level.
161
Vasić (2006) ha esteso il modello di Avrutin ai patterns di omissione dei pronomi personali. Come
dimostrato dalla quasi assoluta concomitanza della produzione dei verbi di forma non-finita e
dell‟omissione degli elementi pronominali, quest‟ultimo aspetto sarebbe determinato, secondo la studiosa,
principalmente dalla difficoltà mostrata nella produzione dei verbi flessi, la cui assenza determinerebbe la
mancanza di un predicato in grado di assegnare Caso astratto ai pronomi. Per un approfondimento di questo
aspetto si rimanda a Vasić (2006: 183-184).
134
2.
AGRAMMATISMO E ACQUISIZIONE LINGUISTICA
Gli errori compiuti dagli agrammatici hanno rivelato molte analogie con quelli
prodotti dai bambini nel corso dell‟acquisizione del linguaggio. L‟interesse per questi
parallelismi risale alle prime osservazioni del deficit afasico, che avevano costatato una
sorta di specularità nell‟ordine di acquisizione delle abilità linguistiche e in quello
osservabile nella sua „dissoluzione‟ afasica. Questa considerazione aveva trovato una
formulazione teorica nella cosiddetta Regression Hypothesis, secondo cui la perdita delle
abilità linguistiche caratteristica delle patologie linguistiche seguirebbe l‟ordine inverso di
quello assunto nella loro acquisizione: le capacità acquisite per ultime dai bambini
sarebbero le prime a essere perse dagli afasici. Quest‟impostazione si basava, come si può
notare, su due principali convenzioni: una form constraint, secondo cui le varie forme di
„dissoluzione‟ del linguaggio osservate nei pazienti affetti da afasie corrisponderebbero
alle forme della facoltà di linguaggio nelle diverse fasi dell‟acquisizione delle sue abilità;
un‟order constraint, secondo cui le abilità linguistiche acquisite più tardi nel processo di
acquisizione linguistica sarebbero le più vulnerabili in caso di danno cerebrale.162
Un più attento paragone dei due processi ha rivelato, tuttavia, come l‟ipotesi della
„regressione‟ del sistema linguistico agrammatico non fosse del tutto adeguata a spiegare
le similarità riscontrate nei due procedimenti. In primo luogo si notò come, diversamente
da quanto supposto dalla form constraint, molti aspetti dei disturbi linguistici non
potessero essere associati a nessuna fase dell‟acquisizione linguistica da parte dei
bambini. In secondo luogo, l‟approfondirsi della conoscenza dei deficit afasici rivelò
come l‟ordine della perdita alcuni aspetti linguistici non rispettasse quello in cui essi
vengono acquisiti, come dimostrato, per esempio, dai casi di afasici aventi maggiori
difficoltà nella produzione dei nomi rispetto ai verbi (che appaiono, tipicamente, più tardi
dei nomi nel processo di acquisizione linguistica). L‟esclusione della Regression
Hypothesis non ha determinato, però, l‟abbandono dello studio comparato dei due
processi.
I risultati delle ricerche sperimentali hanno confermato l‟esistenza di molte
somiglianze, seppure non descrivibili attraverso le nozioni di form constraint e order
162
Una similarità di form constraint era stata identificata, per esempio, nella natura „telegrafica‟
caratteristica della parlata infantile e, come abbiamo visto, delle afasie non-fluenti. Le denominazioni di
form constraint e di order constraint, così come molte delle considerazioni che seguono, sono tratte da
Caramazza (1994: 121-122). La Regression Hypothesis è stata sostenuta, tra gli altri, da Jakobson (1944); in
ambito psicologico un‟idea del tutto simile era stata proposta, tuttavia, già da Ribot (1883).
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
constraint. Gli studi di Maratsos (1973) e di Avrutin et al. (1999) hanno dimostrato che
tanto i bambini in età pre-scolare quanto i soggetti affetti da agrammatismo non sembrano
essere in grado di implementare la conoscenza dell‟accento contrastivo come indicatore
di cambio del referente pronominale. Lo studio di Maratsos ha mostrato, inoltre, come
questa capacità migliori nei bambini con l‟accrescere dell‟età. Gli esperimenti sulla
comprensione delle dipendenze pronominali condotti, per esempio, da Vasić (2006),
hanno evidenziato che il pattern di errore dei bambini rispecchia quelli emersi
nell‟interpretazione delle stesse strutture da parte degli agrammatici. Allo stesso modo dei
soggetti afasici, i bambini mostrano maggiore difficoltà nella comprensione dei pronomi
personali rispetto a quella dei riflessivi, permettendo l‟interpretazione co-referenziale dei
pronomi personali con il SN che li precede nel dominio locale (es.: *The boyi pointed at
himi). Esattamente come gli agrammatici, inoltre, i bambini compiono maggiori errori
nell‟interpretazione di pronomi inseriti in frasi ECM (es.: *Maryi saw heri dance) rispetto
a quelli posti in frasi semplici transitive semplici, e si dimostrano incapaci di applicare il
principio del parallelismo dei ruoli tematici nella risoluzione di dipendenze pronominali
extra-frasali.163 Avrutin (2000) ha rilevato, infine, che i bambini condividono la difficoltà
manifestata dagli agrammatici nella comprensione delle interrogative wh- introdotte da
pronomi referenziali (which). Analogamente, l‟osservazione dell‟espressione spontanea
dei due gruppi di soggetti ha messo in luce importanti analogie anche a livello della
produzione linguistica, come, per esempio, la frequente omissione dei determinatori e dei
sintagmi flessivi del tempo. 164
3.1 L’acquisizione del linguaggio come incremento delle risorse procedurali
Molti studiosi hanno interpretato i parallelismi osservati nel sistema di acquisizione
del linguaggio e nel suo impoverimento tipico delle afasie come indice di una comune
carenza di risorse procedurali. Nel caso dei soggetti afasici essa sarebbe determinata,
naturalmente, dagli effetti del danno cerebrale subito; nel caso dei bambini in età prescolare, invece, esso dipenderebbe dall‟incompleta maturazione cerebrale, che renderebbe
163
Alle evidenze sperimentali raccolte nel test con i bambini in età pre-scolare e alle teorie esplicative date
da diversi studiosi è interamente dedicata l‟ultima parte del lavoro di Vasić (2006). Come sottolineato
dall‟autrice, la performance dei bambini si differenzia da quella agrammatica solo nell‟interpretazione dei
pronomi inseriti in VP-elipssis constructions, che i bambini risolvono attraverso l‟uso di risorse extralinguistiche (lettura deittica). Per un approfondimento di quest‟ultimo aspetto cfr. Vasić (2006: 162-168).
164
Cfr., a questo riguardo, Avrutin (2004).
136
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
impossibile l‟esecuzione di operazioni linguistiche richiedenti una grande quantità di
risorse computazionali. In accordo con l‟Adaptation Theory di Kolk (1995), bambini e
agrammatici
condividerebbero
una
riduzione
della
capacità
di
mantenere
simultaneamente nella rappresentazione linguistica i diversi elementi della frase. A causa
dell‟indebolimento del loro sistema procedurale, i due gruppi di soggetti adatterebbero il
loro linguaggio alla quantità di risorse rimaste a loro disposizione, producendo frasi
incomplete e frammentarie. Come abbiamo già detto, tuttavia, il modello di Kolk presenta
il limite di presupporre che i parlanti siano in grado di „adattare‟ la produzione sulla base
delle risorse procedurali disponibili, attribuendo alla produzione linguistica un carattere di
consapevolezza di cui è priva.
Secondo Avrutin (2004), la ridotta quantità di risorse procedurali a disposizione dei
due gruppi di soggetti comporterebbe un rallentamento del loro processing sintattico. In
accordo con lo studioso, infatti, la narrow syntax diventerebbe completamente operativa
solo una volta che le aree cerebrali ad essa adibite raggiungono la completa maturazione,
diventando capaci di intraprendere la via più economica di interpretazione e d‟espressione
linguistica; nei casi in cui esse vengono danneggiate, tuttavia, il „vantaggio‟ raggiunto con
il completamento della maturazione cerebrale sarebbe – naturalmente – compromesso. Il
rallentamento del modulo sintattico provocherebbe, come abbiamo detto, un aumento del
costo computazionale richiesto per lo svolgimento delle operazioni sintattiche, e,
conseguentemente, una maggiore facilità di ricorso agli altri livelli linguistici:
[I]f the neuronal substrates supporting syntactic computation are not fully developed
(or damaged), it is possible that a certain operation will require more resources than
for a fully developed unimpaired system. In this case, alternative systems, such as
the context, may become equally economical. I suggest that this is precisely the case
for children and aphasic speakers. As the narrow syntax operations are for these
populations more resource consuming than for unimpaired adult speakers, they may
sometimes rely on alternatives means of introducing information units. Recall that
such an option is not completely prohibited: for normal adults it is the case of special
registers. […] It is important to emphasize that children (and aphasic speakers) do
not do anything that goes against principles of the narrow syntax. They sometimes
may not use it, but if they do, they do it correctly (Avrutin 2004: 80).
Come osservato da Avrutin stesso, le omissioni effettuate dai due gruppi di soggetti non
determinerebbero mai, perciò, la produzione di strutture agrammaticali, ma, piuttosto,
frasi ininterpretabili a causa
dell‟uso inappropriato all‟interno di espressioni
„standard‟delle possibilità concesse soltanto da particolari registri.
137
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
L‟ipotesi della weak syntax sarebbe adeguata, infine, alla spiegazione non soltanto
dei molti aspetti comuni riscontrati nel comportamento linguistico dei bambini e degli
agrammatici, ma anche del carattere di variabilità (o, adottando una traduzione del
termine usato da Avrutin, di opzionalità) che li caratterizza, derivante, come abbiamo
detto, dalla competizione tra narrow syntax e livelli linguistici extra-sintattici.165 Essa
sembra essere contraddetta, però, dall‟osservazione che, nonostante la maturazione
cerebrale avvenga con rapidità pressoché identica nei bambini di tutte le lingue, la misura
delle omissioni ai diversi stadi dell‟acquisizione linguistica si rivela diversa nei bambini
parlanti lingue differenti. Lo stadio dell‟uso delle forme verbali infinite in luogo di quelle
flesse, per esempio, si mantiene molto più a lungo nella produzione dei bambini olandesi
e tedeschi rispetto a quanto accade nel caso dei bambini delle lingue romanze, che non
producono frasi all‟infinito.166 Un secondo aspetto problematico dell‟applicazione del
modello di Avrutin al processo di acquisizione linguistica è rappresentato dal fatto che gli
errori di produzione sembrano „scomparire‟ prima di quelli legati alla comprensione
linguistica. Quest‟ultima differenza è stata giustificata da Avrutin attraverso la
considerazione che lo svolgimento di picture-selection tasks – rappresentanti, come
abbiamo visto, il test più usato nella valutazione delle capacità recettive – richiederebbe
uno sforzo cognitivo tale da far „ricadere‟ i bambini in uno stadio precedente dello
sviluppo linguistico.
165
Per una trattazione più dettagliata delle somiglianze osservate nella produzione infantile ed in quella
agrammatica si rimanda a Avrutin (2004: 81).
166
Differenze simili sono state osservate anche nell‟uso dei determinatori da parte dei bambini di diverse
lingue. Si veda Avrutin (2004: 88) per il riferimento agli studi che hanno documentato queste asimmetrie e
per una presentazione di alcune delle spiegazioni di queste differenze.
138
CONCLUSIONI
Nei primi capitoli del nostro lavoro abbiamo considerato la legittimità e l‟utilità
dello studio delle patologie linguistiche per l‟approfondimento della conoscenza del
funzionamento del sistema linguistico. La considerazione dei diversi approcci emersi
negli studi neuro-linguistici ci ha condotto alla distinzione tra diverse concezioni
dell‟organizzazione cerebrale e al riconoscimento dell‟orientamento oggi prevalente,
rappresentato, come abbiamo detto, da una visione „interazionista‟ in senso ampio, non
priva di una componente localizzazionista. Dopo aver fornito una breve rassegna delle
attuali conoscenze della relazione tra specifiche attività linguistiche e particolari aree del
cervello, ci siamo dedicati a una sintetica presentazione dell‟afasia di Broca e del disturbo
linguistico dell‟agrammatismo, che ne costituisce, spesso, uno degli aspetti caratteristici.
Tra le osservazioni più rilevanti a questo riguardo, abbiamo sottolineato come questo tipo
di afasia non possa essere considerata – come inizialmente creduto – l‟esito di una lesione
all‟area di Broca, e come essa venga oggi identificata sulla base di una serie di „sintomi‟
(come, per esempio, la caratteristica della non-fluenza verbale) provocati dal
danneggiamento di diverse regioni cerebrali. Questa considerazione ci ha permesso di
osservare, inoltre, che l‟afasia di Broca non rappresenta, perciò, una sindrome „pura‟.
Ciononostante, l‟osservazione del comportamento linguistico dei soggetti che ne sono
affetti ha permesso il riconoscimento di alcune tendenze comuni e la formulazione di
ipotesi sulla sua origine.
La seconda parte del nostro lavoro è stata dedicata alla presentazione di alcuni dei
modelli linguistici formulati a spiegazione del deficit agrammatico della comprensione.
La presentazione delle diverse proposte teoriche ha messo in luce l‟inadeguatezza dei
modelli di loss ok knowledge, inadeguati alla spiegazione dei differenti gradi di severità
del deficit, della variabilità della performance agrammatica nello svolgimento di compiti
linguistici diversi e dell‟eterogeneità delle strutture linguistiche determinanti il fallimento
dell‟interpretazione agrammatica, non riconducibile alla perdita di una singola abilità
linguistica. Tra questi, abbiamo approfondito la Trace Deletion Hypothesis di
Grodzinsky, secondo cui gli agrammatici soffrirebbero di un danno sintattico molto
specifico, provocante la cancellazione della traccia nelle posizioni tematiche della
struttura sintattica. L‟indisponibilità della catena sintattica determinerebbe l‟affidamento
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
degli agrammatici ad una strategia interpretativa extra-linguistica che assegnerebbe il
ruolo di Agente a tutti i SN referenziali privi di ruolo tematico posti in prima posizione
della frase. L‟adozione di questo principio spiegherebbe, secondo lo studioso, tanto la
buona comprensione dimostrata dagli agrammatici in frasi in cui l‟assegnazione di default
del ruolo di Agente non entra in competizione con l‟interpretazione sintattica
(compensandone la mancata trasmissione attraverso la traccia), quanto l‟insuccesso
registrato in tutti i casi in cui il ruolo tematico di Agente viene assegnato
contemporaneamente ad un altro elemento della frase, determinando una rappresentazione
non-interpretabile a causa della doppia presenza dello stesso ruolo. La buona
comprensione registrata nell'interpretazione di costruzioni passive coinvolgenti verbi
psicologici viene spiegata dallo studioso attraverso la considerazione del fatto che, poiché
la griglia tematica di questo tipo di verbi non richiede l‟attribuzione del ruolo di Agente
all‟interno della frase, l‟assegnazione di default non determinerebbe, in questo caso, una
competizione tra elementi presentanti lo stesso ruolo tematico. La restrizione della default
strategy ai soli elementi referenziali, infine, giustificherebbe la buona comprensione delle
frasi passive introdotte da elementi non-referenziali come every e delle interrogative con
who. Come abbiamo discusso nei diversi paragrafi dedicati alle critiche mosse allo
studioso, tuttavia, l‟ipotesi di Grodzinsky si è rivelata incompatibile con un ampio
numero di dati sperimentali, predicendo il fallimento della comprensione agrammatica
solo nelle frasi prodotte da movimento sintattico. Essa si basa, inoltre, sull‟errata
considerazione dell‟afasia di Broca come il prodotto di un danno all‟area di Broca e sulla
correlazione – altrettanto scorretta – tra questa regione cerebrale e capacità sintattiche
molto specifiche, come, appunto, la rappresentazione della traccia sintattica.
Nella seconda parte della stessa sezione, ci siamo dedicati ai modelli di loss of
processing, considerando – in primo luogo – il modello dichiarativo/procedurale di
Ullman, secondo cui l‟agrammatismo rifletterebbe un deficit procedurale generale: il
linguaggio non si servirebbe, infatti, di moduli specifici a esso dedicati, ma
dell‟interazione di due sistemi cognitivi generali (quello della memoria dichiarativa e
quello della memoria procedurale) responsabili di aspetti simili in tutti i domini cognitivi.
Molti modelli linguistici di deficit procedurale assumono, invece, che il danno cerebrale
subito dagli agrammatici determini un indebolimento computazionale specificamente
linguistico, compromettente, in modo particolare, le operazioni al livello sintattico. In
accordo con la proposta della Slow-syntax, che abbiamo privilegiato nel corso della nostra
trattazione, esso determinerebbe un ritardo nella costruzione della struttura sintattica, che
140
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti neur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
indurrebbe gli agrammatici a servirsi di strategie interpretative extra-sintattiche anche nei
casi in cui esse non rappresentano la modalità appropriata d‟interpretazione. Quest‟ipotesi
è stata confermata, come abbiamo documentato in larga parte della seconda sezione, da
un ampio numero di lavori sperimentali, rivelandosi un approccio particolarmente
proficuo all‟indagine del deficit recettivo degli agrammatici (e, come abbiamo
rapidamente considerato, alle difficoltà espressive di questi soggetti). Essa si rivela adatta,
inoltre, tanto alla spiegazione delle analogie osservate tra il comportamento linguistico
degli agrammatici e quello dei bambini in età pre-scolare (con cui gli agrammatici
condividerebbero la scarsa quantità di risorse procedurali a disposizione), quanto alla
formulazione di un account unificato del deficit agrammatico. La proposta della slowerthan-normal syntax di Avrutin, Burkhardt, Vasić e collaboratori manca tuttavia di
considerare, come abbiamo già sottolineato, i problemi riscontrati nell‟interpretazione
dell‟accento marcato sugli elementi pronominali, che aveva suggerito che il problema
recettivo degli agrammatici risiedesse nelle difficoltà di implementazione delle
informazioni al livello interpretativo del discorso. Non viene chiarito, inoltre, quali fattori
permettano l‟occasionale comprensione di strutture sintattiche tipicamente critiche per gli
agrammatici, in quali contesti i sistemi interpretativi extra-sintattici possano operare
anche in assenza delle informazioni strutturali, e in quali casi la loro applicazione
presupponga la disponibilità della struttura sintattica.
Nella terza parte, abbiamo brevemente considerato i disturbi espressivi degli
agrammatici e messo a confronto alcune delle proposte teoriche che hanno cercato di
identificarne l‟origine. Come abbiamo detto, le prime ipotesi presentate, conosciute con il
nome di function word theories in quanto accomunate dall‟idea che l‟espressione
agrammatica rifletta una difficoltà nell‟elaborazione delle parole funzionali, sono state
smentite dall‟osservazione che il deficit non colpisce in modo uguale tutti i tipi di
morfemi grammaticali. Esse erano del tutto inadeguate, inoltre, alla spiegazione del
disturbo recettivo degli agrammatici. La considerazione della diversa misura di omissione
dei morfemi verbali del tempo rispetto a quelli di flessione nominale ha suggerito la
formulazione della Tree Pruning Hypothesis di Grodzinsky, secondo cui gli agrammatici
non sarebbero in grado di costruire interamente la struttura sintattica, mancando così della
rappresentazione del nodo Tense e di tutti i nodi superiori ad esso. Anche quest‟ipotesi,
tuttavia, non si è mostrata del tutto compatibile ai dati sperimentali raccolti; essa implica,
inoltre, l‟esistenza di due moduli sintattici paralleli e – almeno parzialmente – distinti,
responsabili, l‟uno, dei procedimenti sintattici della comprensione (che l‟afasia di Broca
141
A fas ia e fac oltà d i ling uagg i o. A s pe tti ne ur o- lin guis t ici e cog niti vi del de fici t a fas ic o del l’ agr am m atis m o
Mar ia S capp ini
danneggerebbe impedendo la rappresentazione della traccia sintattica), l‟altro, di quelli
coinvolti
nella
produzione
linguistica
(che
l‟agrammatismo
comprometterebbe
impedendo la rappresentazione dei nodi sintattici superiori a quello del Tense, e del Tense
stesso). La nostra trattazione si è conclusa, perciò, con la considerazione del modello
della weak syntax di Avrutin a spiegazione delle difficoltà espressive di questo tipo di
afasici. In accordo con lo studioso, gli errori prodotti dagli agrammatici nell‟espressione
spontanea sarebbero determinati, esattamente come quelli osservati al livello della
comprensione linguistica, dalla particolare dispendiosità dell‟utilizzo delle risorse
sintattiche da parte di questi soggetti e dalla sovra-estensione dell‟uso degli altri livelli
linguistici. L‟omissione degli elementi funzionali rifletterebbe, per esempio, un uso
generalizzato delle possibilità di espressione al livello del discorso permesse da
particolari registri linguistici. Oltre a dimostrarsi soddisfacentemente in accordo con le
evidenze sperimentali raccolte, il modello del discorso di Avrutin presenta l‟importante
vantaggio di non assumere che i disturbi recettivi ed espressivi degli agrammatici
derivino dalla compromissione di moduli differenziati. Pur non costituendo una risposta
definitiva al problema dell‟identificazione della natura del deficit agrammatico, il
modello della weak syntax rappresenta, ad oggi, la migliore ipotesi per la sua spiegazione.
142
RINGRAZIAMENTI
Al termine di questo lavoro, desidero esprimere la mia riconoscenza a quanti hanno reso
possibile la stesura di questa tesi e così appassionante lo studio di questi anni. Il primo
ringraziamento spetta al professor Denis Delfitto, cui sono grata di aver potuto occuparmi
di un tema che mi aveva incuriosito già dal secondo anno di Università, della fiducia
dimostratami e del tempo – prezioso, come ho potuto scoprire in questi mesi –
dedicatomi. Ringrazio, inoltre, Gaetano Fiorin, per i molti chiarimenti e incoraggiamenti
e, in modo particolare, per l‟immancabile disponibilità. Uno speciale ringraziamento va
anche al professor Giorgio Graffi, ai cui corsi devo l‟entusiasmo e l‟interesse per la
linguistica generale, e al professor Andrea Moro, che ha suscitato in me l‟iniziale
curiosità per la psico-linguistica e alla cui pubblicazione de I confini di Babele devo la
consapevolezza che il particolare non è mai staccato dal tutto, neanche nella linguistica.
Ringrazio tutti gli amici che hanno reso belli questi due anni di Università: Gianluca
Bottaro, Karin Martin, Rossana Bianchi e Nadia Ometto, compagni di interessanti
scoperte e di incessanti battaglie burocratiche nella waste land dell‟interfacoltà; Nicholas
Begolo, per la compagnia e il sostegno in questi mesi di stesura; Francesca, Silvia,
Annamaria, Pietro, Dada e Carmelo per la preziosa amicizia; Chiara, Matilde, Pieter,
Marco, Laurens, Jasper, Gabrielle e Therese della grande compagnia nei mesi olandesi;
Ema, Deborah e Alessandra per l‟entusiasmo e per tutti i vostri „sì‟; Uccio, Gege, Manuel,
Gilda.
Ringrazio di cuore tutti gli amici del Clu di Verona, per tante ragioni diverse, ma
soprattutto perché non mi lasciate mai „tranquilla‟; i compagni di avventura di Student
Office, per aver scoperto insieme a me come è bello interessarsi a tutto, anche ai dettagli
più aridi di questa „macchina‟ burocratica che è, tante volte, l‟Università (grazie Angel,
grazie Otta!); tutti quanti hanno condiviso con me l‟esperienza dell‟Ass. Rosmini e il
tentativo ironico di „giudicare tutto e trattenere il bello‟ (forza Uccio che „la bellezza
salverà il mondo‟).
Ringrazio i miei genitori e i miei fratelli per la grande libertà che mi hanno sempre
regalato, e per il notevole sacrificio „logistico‟ che è stato permettermi di partire per
143
l‟Erasmus, di cui vi sono estremamente grata. Un grazie particolare anche a zia Annalisa,
per la disponibilità assoluta e il sostegno incondizionato (o quasi!). Ringrazio infine, last
but not least, Stefano, che mi prende sul serio più di quanto io non sappia fare con me
stessa e mi vuole bene più di quanto io non sappia fare con me stessa.
144
BIBLIOGRAFIA
AVRUTIN, S. (1999). Development of the Syntax-Discourse Interface. Kluwer Academic Press,
Dordrecht.
AVRUTIN, S. (2000). Comprehension of D-linked and non-D-linked Wh-questions by Children
and Broca‟s aphasics. In Y. Grodzinsky, L. Shapiro & D. Swinney (a cura di). Language
and the Brain, Academic Press, San Diego, 295-313.
AVRUTIN, S. (2001). Linguistics and Agrammatism. GLOT International, 5 (3), 1-5.
AVRUTIN, S. (2004). Optionality in Child and Aphasic Language. Lingue e Linguaggio, 3 (1), 6596.
AVRUTIN, S. (2006). Weak Syntax, in Y. Grodzinsky & K. Amunts (a cura di), Broca’s Region.
Oxford University Press, Oxford, 49-62.
AVRUTIN, S., LUBARSKY, S. & GREENE, J. (1999). Comprehension of Contrastive Stress by
Agrammatic Broca‟s Aphasics. Brain and Language, 70, 163-186.
AVRUTIN, S. & MANZONI, D. (2000). Grammatical Constraints on Agrammatic Speech: Evidence
from Italian. Saggio presentato alla conferenza sulla teoria linguistica, l‟espressione e la
patologia linguistica, Padova, 25 agosto.
BADECKER, W. & CARAMAZZA, A. (1985). On Consideration of Method and Theory Governing
the Use of Clinical Categories in Neurolinguistics and Cognitive Neuropsychology. The
Case against Agrammatism. Cognition, 20, 97-125.
BÁNRÉTI, Z. (2000). Which Grammar Has Been Chosen For Neurological Feasibility? In Y.
Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary.
Behavioral and Brain Sciences, 23, 21-22.
BASSO, A. (2005). Conoscere e rieducare l’afasia. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma.
BASTIAANSE, R., KOEKKOEK, J., & ZONNEVELD, VAN, R. (2003). Object Scrambling in Dutch
Broca‟s Aphasia. Brain and Language, 86, 2, 287-299.
BAASTIANSE, R., RISPENS, J., & VAN ZONNEVELD, R. (2000). Verb Retrieval, Verb
Inflection and Negation in Agrammatic Aphasia, in Y. Bastiaanse & Y. Grodzinsky (a cura
di), Grammatical Disorders in Aphasia. A Neurolinguistic Perspective. Whurr Publishers
London and Philadelphia, London, 171-190.
BASTIAANSE, R. & VAN ZONNEVELD, R. (1998). On the Relation between Verb Inflection and
Verb Position in Dutch Agrammatic Aphasics. Brain and Language, 64, 165-181.
BATES, E., HAMBY, S., & ZURIF, E. (1983). The Effects of Focal Brain Damage on Pragmatic
Expression. Canadian Journal of Psychology, 37, 59-84.
BERETTA, A. (2000). Why the TDH Fails to Contribute to a Neurology of Syntax, in Y.
Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary.
Behavioral and Brain Sciences, 23, 23.
BERNDT, R.S. (2000). Sentence Comprehension in Broca‟s Aphasia: A Critique of the Evidence,
in Y. Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s
Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 24.
145
BRADLEY, D.C., GARRETT, M.F., & ZURIF, E.B. (1980). Syntactic Deficits in Broca‟s Aphasia, in
D. Caplan (a cura di), Biological Studies of Mental Processing. MIT Press, Cambridge,
Massachusetts, 269-286.
BROCA, P. (1861). Remarque sur le siege de la faculté du lungage articulé. Suivies d‟une
observation d‟aphémie (parte de la parole). Bulletins de la Société d’Antrophologie, VI,
330-357.
BRODMANN, K. (1909). Vergleichende Lokalisationslehre des Grosshirnrinde. Barth, Leipzig.
BURKHARDT, P., AVRUTIN, S., PIÑANGO, M. & RUIGENDIJK, E. (2008). Slower-Than-Normal
Syntactic Processing in Agrammatic Broca‟s Aphasia: Evidence from Dutch. Journal of
Neurolinguistics, 12 (2), 120-137.
BURKHARDT, P, PIÑANGO,M, WONG,K. (2003). The Role of Anterior Left Hemisphere in Realtime Sentence Comprehension: Evidence from Split Intransitivity. Brain and Language, 86
(1), 9-22.
CACCIARI, C. (2001). Psicologia del linguaggio. Il Mulino, Bologna.
CAPLAN, D. (1987). Neurolinguistics and Linguistic Aphasiology. An Introduction. Cambridge
University Press, Cambridge.
CAPLAN, D. (2000). Lesion Location and Aphasic Syndrome do not Tell us whether a Patient will
Have an Isolated Deficit Affecting the Coindexation of Traces, in Y. Grodzinsky The
Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary. Behavioral and
Brain Sciences, 23, 25-28.
CAPPA, S., MORO, A., PERANI, D. & PIATTELLI-PALMARINI, M. (2000). Broca‟s Aphasia, Broca‟s
Area, and Syntax: A complex relationship, in Y. Grodzinsky, The Neurology of Syntax:
Language Use without Broca‟s Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 2728.
CARAMAZZA, A. (1986). On Drawing Inferences about the Structure of Normal Cognitive
Systems from the Analysis of Patterns of Impaired Performance: The Case for SinglePatient Studies. Brain and Cognition, 5, 41-66.
CARAMAZZA, A. (1994). Parallelism and Divergences in the Acquisition and Dissolution of
Language. Philosophical Transactions: Biological Sciences, 346, 121-127.
CARAMAZZA, A., CAPITANI, E., CAPASSO, R. & MICELI, G. (2005). Patterns of
Comprehension Performance in Agrammatic Broca‟s Aphasia: A Test of the Trace
Deletion Hypothesis. Brain and Language, 94, 43–53.
CARAMAZZA, A., CAPITANI, E., REY, A. & BERNDT, R.S. (2001). Agrammatic Broca‟s Aphasia is
not Associated with a Single Pattern of Comprehension Performance. Brain and Language,
76, 158-184.
CARAMAZZA, A. & FINOCCHIARO C. (2002). Classi grammaticali e cervello. Lingue e
Linguaggio, 1, 3-38.
CARAMAZZA, A. & Z URIF, E.B. (1976). Dissociation of Algorithmic and Heuristic Processes
Language Comprehension: Evidence from Aphasia. Brain and Language, 3, 572-582.
in
CHATTERJEE, A. & MAHER, L. (2000). Grammar and Agrammatism, in S.E. Nadeau, L.J.
Gonzales-Rothi & B. Crosson, B. (a cura di), Aphasia and Language. Theory to
Practice. The Guilford Press, New York, 133-158.
146
CHEN, S. & BATES, E. (1998). The Dissociation between Nouns and Verbs in Agrammatic
Aphasia: Finding from Chinese. Aphasiology, 12, 5-36.
CHOMSKY, N. (1975). Reflections on Language. Random House, New York.
CHOMSKY, N. (1981). Lectures on Government and Binding. Foris Publications, Dordrecht.
CHOMSKY, N. (1992). A Minimalist
Massachusetts.
Program for Linguistic
Theory. MIT
Press,
CHOMSKY, N. (1995). The Minimalist Program. Blackwell, Oxford.
DE DIEGO BALAGUER, R., COSTA, A., SEBASTIAN-GALLES, N., JUNCADELLA, M. & CARAMAZZA,
A. (2002). Regular and Irregular Morphology and its Relationship with Agrammatism:
Evidence from two Spanish-Catalan Bilinguals. Brain and Language, 91, 212-222.
DONATI, C. (2008). La sintassi. Regole e strutture. Il Mulino, Bologna.
DRONKERS, N.F. (2000). The Gratuitous Relationship between Broca‟s Aphasia e Broca‟s Area,
in Y. Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s
Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 30-31.
EDWARDS, S. & LIGHTFOOD, D. (2000). Intact Grammars but Intermittent Access, in Grodzinsky,
Y., The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary.
Behavioral and Brain Sciences, 23, 31-32.
EMBICK, D., MARANTZ, A., MIYASHITA, Y., O‟NEIL, W. & SAKAI, L.K. (2000 a). Syntactic
Specialization for Broca‟s Area. PNAS, 97, 6150-6154.
FERREIRA, F. (2005). Psycholinguistics, Formal Grammars, and Cognitive Science. The
Linguistic Review, 22, 365-380.
FODOR, J.A. (1983). Modularity of Mind: An Essay on Faculty Psychology. MIT Press,
Cambridge.
FRIEDERICI, A.D. & VON CRAMON D.Y. (2000). Syntax in the Brain: Linguistics versus
Neuroanatomical Specificity, in Y. Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use
without Broca‟s Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 32-33.
FRISCH, S., SADDY, D. & FRIEDRICI, D.A. (2000). Cutting a Long Story (too) Short, in Y.
Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary.
Behavioral and Brain Sciences, 23, 34-35.
FRIEDMANN, N. (1998). Functional Categories in Agrammatism. Doctoral dissertation, Tel Aviv
University.
FRIEDMANN, N. (2000). Moving Verbs in Agrammatic Production, in Y. Bastiaanse & Y.
Grodzinsky (a cura di), Grammatical Disorders in Aphasia. A Neurolinguistic Perspective.
Whurr Publishers London and Philadelphia, London, 153-169.
FRIEDMANN, N. (2001). Agrammatism and the Psychological Reality of the Syntactic Tree.
Journal of Psycholinguistic Research, 30 (1), 71-90.
GOODGLASS, H., FODOR, I.G., & SCHULHOFF, C. (1967). Prosodic Factors in Grammar:
Evidence from Aphasia. Journal of Speech and Hearing Research, 3, 267-276.
GOODGLASS, H. & GESCHWIND, N. (1976). Language Disorders (Aphasia), in E.C. Carterette &
M. Friedman (a cura di), Handbook of Perception (Vol. 7). Academic Press, New York.
147
GRAFFI, G. (1994). Sintassi. Il Mulino, Bologna.
GREENWLAND, M.L. (2000). The Acquired Dislexias., in S.E. Nadeau, L.J. Gonzales-Rothi
& B. Crosson (a cura di), Aphasia and Language. Theory to Practice. The Guilford Press,
New York, 159-183.
GREENWLAND, M.L., NADEAU, S.E. & GONZALES-ROTHI, L.J. (2000). Fluency, in S.E. Nadeau,
L.J. Gonzales-Rothi & B. Crosson (a cura di), Aphasia and Language. Theory to Practice.
The Guilford Press, New York, 31-39.
GRODZINSKY, Y. (1984). Language Deficits and Linguistic Theory. Doctoral dissertation,
Brandeis University.
GRODZINSKY, Y. (1990). Theoretical Perspectives on Language Deficits. MIT Press,
Cambridge Massachusetts.
GRODZINSKY, Y. (1995a). A Restrictive Theory of Agrammatic Comprehension. Brain and
Language, 50, 27-51.
GRODZINSKY, Y. (1995b). Trace Deletion, Θ-Roles and Cognitive Stategies. Brain and
Language, 469-497.
GRODZINSKY, Y. (1995c). Imaging the Grammatical Brain, in M. Arbib (a cura di),
Handbook of Brain Theory and Neural Networks (2° ed.). MIT Press, Cambridge
Massachusetts.
GRODZINSKY, Y. (2000a). The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area.
Behavioral and Brain Sciences, 23, 47-117.
GRODZINSKY, Y. (2000b). Overarching Agrammatism, in Y. Grodzinsky, L. Shapiro & D.
Swinney (a cura di), Language and the Brain: Representation and Processing. Academic
Press, San Diego.
GRODZISNKY, Y. & FINKEL, L. (1998). The Neurology of Empty Categories: Aphasics Failure to
Detect Ungrammaticality. Journal of Cognitive Neuroscience, 10 (2), 281-292.
GRODZISNKY, Y., WEXLER, K., CHIEN, Y.C., MARAKOVITZ, S. & SALOMON, J. (1993). The
Breakdown of Binding Relations. Brain and Language, 45, 395-422.
HAEGEMAN, L. (1990). Understood Subjects in English Diaries: On the Relevance of Theoretical
Syntax for the Study of Register Variation. Multilingua, 9, 157-199.
HAGIWARA, H. (1993). The Breakdown of Japanese Passives and Theta-role Assignment
Principle by Broca‟s Aphasics. Brain and Language, 45, 318-339.
HALLE, M. & MARANTZ, A. (1993). Distributed Morphology and Pieces of Inflection, in K. Hale
& S.J. Keyser (a cura di), The View from Building 20. MIT Press, Cambridge
Massachusetts.
HEILMAN, K.M. & SCHOLES, R.J. (1976). The Nature of Comprehension Error in Broca‟s
Conduction and Wernicke‟s Aphasics. Cortex, 12 (3), 257-302.
HICKOK, G. (1992). Agrammatic Comprehension and the Trace-Deletion Hypothesis.
Occasional paper n. 45, MIT Center for Cognitive Science, Massachusetts.
HICKOK, G. (2000). The Left Frontal Convolution Plays no Special Role in Syntactic
Comprehension, in Y. Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without
Broca‟s Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 35-36.
148
HICKOK, G. & AVRUTIN, S. (1995). Representation, Referentiality, and Processing in Agrammatic
Comprehension: Two Case Studies. Brain and Language, 50, 10-26.
HICKOK, G. & AVRUTIN, S. (1996). Comprehension of Wh-questions in two Broca‟s
Aphasics. Brain and Language, 52 (2), 314-327.
HILLIS, E., TUFFIASH, E. & CARAMAZZA, A. (2002). Modality-Specific Deterioration in Naming
Verbs in Nonfluent Primary Progressive Aphasia. Journal of Cognitive Neuroscience, 14
(7), 1099-1108.
JACKENDOFF, R. (2002). Foundations of Language. Brain, Meaning, Grammar, Evolution.
Oxford University Press, New York.
JAKOBSON, R. (1944). Kindersprache und Aphasie; trad. it. Il farsi e il disfarsi del linguaggio.
Torino, Einaudi, 1971 (nuova ed. 2006).
JONKERS, R. (2000). Verb-finding Problems in Broca‟s Aphasics, in Y. Bastiaanse & Y.
Grodzinsky (a cura di), Grammatical Disorders in Aphasia. A Neurolinguistic Perspective.
Whurr Publishers London and Philadelphia, London, 105-121.
JUST, M.A., CHERKASSKY V.L., ARYAL, S. & MITCHELL, T.M. (2010). A Neurosemantic Theory
of Concrete Noun Representation Based on the Underlying Brain Code. Plos One, 5
gennaio.
KEAN, M.L. (1977). The Linguistic Interpretation of Aphasic Syndromes: Agrammatism in
Broca‟s Aphasia, an Exemple. Cognition, 5, 9-46.
KEMPEN, G. (2000). Could Grammatical Encoding and Grammatical Decoding be Subserved by
the Same Processing Module?, in Y. Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use
without Broca‟s Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 38-39.
KISS, K. (2000). Effect on Verb Complexity on Agrammatic aphasics‟ Sentence Production, in Y.
Bastiaanse & Y. Grodzinsky (a cura di), Grammatical Disorders in Aphasia. A
Neurolinguistic Perspective. Whurr Publishers London and Philadelphia, London, 122-151.
KOLK, H.H.J. (1995). A Time-based Approach to Agrammatic Production. Brain and
Language, 50, 282-303.
KOLK, H.H.J. (2001). Does Agrammatic Speech Constitute a Regression to Child Language? A
Three-Way Comparison between Agrammatic, Child, and Normal Ellipsis. Brain and
Language, 77 (3), 340-350.
KOLK, H.H. J, VAN GRUNSVEN, M.G.F. & KEYSER, A. (1985). On Parallelism between
Production and Comprehension in Agrammatism, in M.L. Kean (a cura di), Language
Processing and Linguistic Theory. Reidel, Dordecht, 1989.
KOLK, H.H. J, VAN GRUNSVEN, M.G.F. & KEYSER, A. (1987). A Theory of Grammatical
Impairment in Aphasia, in G. Kempen (a cura di), Natural Language Generation. Nijhoff,
Dordrecht.
LÀDAVAS, E. & UMILTÀ, C. (1990). Specializzazione emisferica, in G. Denes & L. Pizzamiglio (a
cura di), Manuale di neuropsicologia. Normalità e patologia dei processi cognitivi.
Zanichelli, Bologna, 177-212.
LEONARD, L.B. (1998). Children with Specific Language Impairment. MIT Press, Cambridge
Massachusetts.
149
LINEBARGER, M., SCHWARTZ, M. & SAFFRAN, E. (1983). Sensitivity to Grammatical
Structure in So Called Agrammatic Aphasics. Cognition, 13, 361-392.
LOVE, T., NICOL, J., SWINNEY, D., HICKOK, G. & ZURIF, E.B. (1998). The Nature of
Aberrant Understanding and Processing of Pro-forms by Brain-damaged Populations.
Abstract of the Proceedings of the Academy of Aphasia, Brain and Language, 65, 9-62.
LOVE, T., SWINNEY, D. & ZURIF, E.B. (2001). Aphasia and the Time-course of Processing
Long Distance Dependencies. Brain and Language, 79 (1), 169-170.
MARATSOS, M. (1973). The Effect of Stress on the Understanding of Pronominal Coreference in
Children. Journal of Psycholinguistic Research, 2, 1-8.
MAUNER, G., CARPENTER, P.A., & JUST, M.A. (1993). Normal Adults’ Syntactic
Comprehension under Strong Temporal Constraints: Implications for Theories of Syntactic
Comprehension Disorders. Academy of Aphasia, Tucson, AZ.
MICELI, G. (1990). Deficit grammaticali nell‟afasia, in G. Denes & L. Pizzamiglio (a cura
di), Manuale di neuropsicologia. Normalità e patologia dei processi cognitivi.
Zanichelli, Bologna, 365-402.
MICELI, G., SILVERI, A., ROMANI, C. & CARAMAZZA, A. (1989). Variation in the Pattern of
Omissions and Substitutions of Grammatical Morphemes in the Spontaneous Speech of Socalled Agrammatic Patients. Brain and Language, 36, 447-492.
MORABITO, C. (2004). La mente nel cervello. Un’introduzione storica alla neuropsicologia
cognitiva. Laterza, Bari.
MORO, A. (2006). I confine di Babele. Il cervello e il mistero delle lingue impossibili.
Longanesi, Milano.
NADEAU, S. E. (2000). Connectionist Models and Language in S.E. Nadeau, L.J. Gonzales-Rothi
& B. Crosson (a cura di), Aphasia and Language. Theory to Practice. The Guilford Press,
New York, 299-347.
NEWMEYER, F.J. (2000). Agent-assignment, Tree-pruning, and Broca‟s Aphasia, in Y.
Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s
Area/Commentary. Behavioral and Brain Sciences, 23, 44-45
OBLER, L.K. & GJERLOW, K. (1999). Language and the Brain. Cambridge University Press,
Cambridge.
PENKE, M. (2000). Unpruned Trees in German Broca‟s Aphasia, in Y. Grodzinsky, The
Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary. Behavioral and
Brain Sciences, 46-47.
PICK, A. (1913). Die agrammatischen Sprachstörungen. Springer-Verlag, Berlino.
PIÑANGO, M. (1999). Some Syntactic and Semantic Operations and their Neurological
Underpinnings. Doctoral dissertation, Brandeis University.
PIÑANGO, M. & BURKHARDT, P. (2001). Pronominals in Broca‟s Aphasia Comprehension:
The Consequences of Syntactic Delay. Brain and Language, 79 (1), 167-168.
PINKER, S. (2000). Words and Rules: The Ingredients of Language. Perennial, Harper Collins,
New York.
150
POLLOCK, J.K. (1989). Verb Movement, Universal Grammar and the Structure of IP.
Linguistic Inquiry, 20, 365-424.
PRATHER, P., ZURIF, E.B. & LOVE, T. (1992). Time Course of Lexical Access in Fluent and
Nonfluent Aphasia. Presentazione alla Academy of Aphasia Conference, cit. in N. Vasić,
Pronoun Comprehension in Agrammatic Aphasia. The Structure and Use of Linguistic
Knowledge. LOT, Dissertation Series, University of Utrecht, 13.
PRICE, C.J. (2010). The Anatomy of Language: A Review of 100 fMRI Studies Published
in 2009. Annals of the New York Academy of Sciences, 1191, 62-88.
RAPCSAK, S.Z & BEESON, P.M. (2000). Agraphia, in S.E. Nadeau, L.J. Gonzales-Rothi & B.
Crosson (a cura di), Aphasia and Language. Theory to Practice. The Guilford Press, New
York, 184-220.
RAYMER, A.M. & GONZALES-ROTHI, L.J. (2000). The Semantic System, in S.E. Nadeau, L.J.
Gonzales-Rothi & B. Crosso (a cura di), Aphasia and Language. Theory to Practice. The
Guilford Press, New York, 108-132.
REINAHART, E. & REULAND, E. (1993). Reflexivity. Linguistic Inquiry, 24 (4), 657-720.
REULAND, E. (2001). Primitives of Binding. Linguistic Inquiry, 24 (4), 657-720.
REULAND, E. (2003). State-of-the-article. Anaphoric Dependecies: A Window into the
Architecture of the Language System. GLOT International, 7.1/2, 2-25.
RIBOT, T.A. (1883). Diseases of Memory: An Essay in the Positive Psychology.University
Publications of America, Washington.
RIZZI, L. (1999). Relativized Minimality. MIT Press, Cambridge, Massachusetts.
ROO, DE, E. (1999). Agrammatic Grammar. Doctoral dissertation. Leiden University.
ROTH, H.L. & HEILMAN, K.M. (2000). Aphasia: a Historical Perspective in S.E. Nadeau, L.J.
Gonzales-Rothi & B. Crosson (a cura di), Aphasia and Language. Theory to Practice. The
Guilford Press, New York, 3-30.
RUIGENDIJK, E. & AVRUTIN, S. (2003). The Comprehension of Pronouns and Reflexives in
Agrammatic and Wernicke's Aphasia. Brain and Language, 87 (1), 17-19.
RUML, W., CARAMAZZA, A., SHELTON, J.R. & CHAILANT, D. (2000). Testing Assumptions in
Computational Theories of Aphasia. Journal of Memory and Language, 43, 217-248.
SAFFRAN, E.M., SCHWARTZ, M.F. & MARIN, O.S.M. (1980). The Word Order Problem in
Agrammatism:II.Production. Brain and Language, 10, 249-262.
SAFFRAN, E.M. & SCHWARTZ, M.F. (1994). Impairments of Sentence Comprehension.
Philosophical Transactions of the Royal Society of London, Series B, 346, 47-53.
SHALOM, D.B. (2000). Trace Deletion and Fiederici‟s (1995) Model of Syntactic Processing, in Y.
Grodzinsky, The Neurology of Syntax: Language Use without Broca‟s Area/Commentary.
Behavioral and Brain Sciences, 23, 22-23.
SHAPIRO, L.P. & LEVINE, B.A. (1990). Verb Processing during Sentence Comprehension in
Aphasia. Brain and Language, 38, 21-47.
151
SHAPIRO, K., SHELTON, J. & CARAMAZZA, A. (2000). Grammatical Class in Lexical
Production and Morphological Processing: Evidence from a Case of Fluent Aphasia.
Cognitive Neuropshychology, 17 (8), 665-682.
SCHWARTZ, E.M, LINEBARGER, M.C, SAFFRAN, E.M & PATE, D.C. (1987). Syntactic
Transparency and Sentence Interpretation in Aphasia. Language and Cognitive
Processes, 2, 85-113.
SCHWARTZ, E.M, SAFFRAN, E. & MARIN, O. (1980a). The Word-oder Problem in
Agrammatism:I.Comprehension. Brain and Language, 10, 249-262.
SCHWARTZ, E.M, SAFFRAN, E. & MARIN, O. (1980b). The Word-order Problem in
Agrammatism:II.Comprehension. Brain and Language, 10, 263-280.
SWINNEY, D., ZURIF, E. & NICOL, J. (1989). The Effects of Focal Brain Damage on
Sentence Processing: An Examination of the Neurological Organization of a Mental
Module. Journal of Cognitive Neuroscience, 1, 25-37.
THOMPSON, C.K, SHAPIRO, L.P., BALLARD, K.J., JACOBS, B.J., SCHNEIDER, S.S. & TAIT, M.E.
(1997). Training and Generalized Production of Wh- and NP-movement Structures in
Agrammatic Aphasia. Journal of Speech, Language and Hearing Research, 40, 228-244.
ULLMAN, M.T. (2004). Contributions of Memory
Declarative/Procedural Model. Cognition, 92, 231-270.
Circuits
to
Language:
The
VASIĆ, N. (2006). Pronoun Comprehension in Agrammatic Aphasia. The Structure and Use of
Linguistic Knowledge. LOT, Dissertation Series, University of Utrecht.
VASIĆ, N., AVRUTIN, S. & RUIGENDIJ, E. (2006). Interpretation of Pronouns in VP-ellipsis
Constructions in Dutch Broca's and Wernicke's Aphasics. Brain and Language, 96 (2),
191-206.
VASIĆ, N. & RUIGENDIJK, E. (2005). The Comprehension of Number and Gender Information on
Pronuons in Dutch Broca‟s Aphasia. Stem- Spraak- and Taalpathologie, 13 (1), 14-24.
VALLAR, G. (1990). I fondamenti metodologici della neuropsicologia, in G. Denes & L.
Pizzamiglio (a cura di), Manuale di neuropsicologia. Normalità e patologia dei processi
cognitivi. Zanichelli, Bologna, 119-176.
WEPMAN, J.M. & JONES, L.V. (1966). Studies in Aphasia: Classification of Aphasic Speech by
the Noun-pronoun Ratio. British Journal of Disorders of Communication, 1, 46-54.
ZURIF, E.B. (1995). Brain Regions of Relevance to Syntactic Processing, in R.L. Gleiman & M.
Liberman (a cura di), Language: An Invitation to Cognitive Science (2° ed., vol. 1). MIT
Press, Cambridge, Massachusetts.
ZURIF, E.B. (2003). The Neuroanatomical Organization of Some Features of Sentence
Comprehension: Studies of Real-time Syntactic and Semantic Composition. Psychologica,
32, 13-24.
ZURIF, E.B., SWINNEY D., PRATHER, P., SOLOMON, J. & BUSHELL, C. (1993). An On-line
Analysis of Syntactic Processing in Broca‟s and Wernicke‟s Aphasia. Brain and Language,
45, 448-464.
152