Subvertising è anche su

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Subvertising è anche su
Nba & mba
Q
uando ero all’Università e qualcuno accennava alla sigla MBA in frasi tipo ‘Tizio ha fatto bene
ad andare a Londra per fare l’MBA?’ oppure, ‘non
basta l’università ci vorrebbe proprio un MBA..’ mi
trovavo sempre a fare ampi cenni di assenso come
dire ‘ovvio, so di cosa parli, altroché, e concordo
pienamente..’. La realtà è che nel vuoto pneumatico della mia testa al suono di quelle tre lettere cominciava a rimbalzare una grande palla da basket,
contesa - poco dopo - da Isiah Thomas e Larry Bird.
Avendo, purtroppo, oggi ben chiara la differenza tra un campo da basket e un’aula di Business
School introduco questo numero con un’altra sigla
che segna un passo importante per il nostro giornale e che è collegata a entrambi questi contesti.
Si tratta di NBA o Natural Born Advertisers, il primo
corso Subvertising sul Guerrilla Marketing rivolto
a studenti universitari che stiamo organizzando.
Dopo avere a lungo raccontato, commentato, analizzato, sviscerato, presentato… abbiamo deciso
di ampliare l’offerta di Subvertising, sfruttando le
competenze della nostra redazione e della rete
di collaboratori. Il corso, come vedrete seguendo
le istruzioni all’interno, ha la formula del ‘ti sbatto subito in prima linea’; pochi appunti e subito
pratica, seguendo il metodo ‘imparare facendo’
mettendo a confronto le persone che partecipano
con le dinamiche e richieste delle grandi aziende.
A sposare subito la formula NBA è arrivata la
Gazzetta dello Sport, Partner ufficiale che tinge di rosa questa prima edizione, e che testerà creatività, impegno e coerenza del gruppo di partecipanti. Dando loro una chance.
Una formazione utile per aiutare studenti all’ingresso nel mondo del lavoro, proprio come dovrebbe fare un MBA, e da prendere al volo come
una palla che rimbalza in un campo della National
Basket Association. I posti sono limitati per cui:
studenti interessati, non fate i timidi. Nell’attesa
gustatevi questo ricchissimo numero di marzo in
versione turistica, passeggiando nello spazio con
Adidas, seguendo le lettere di Ivan il poeta, soffermandovi a mirare le nuove rubriche, e approdando nella Regione Veneto in veste non istituzionale.
Direttore Responsabile
Pietro Pierangeli
[email protected]
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Subvertising
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Stars and stripes
Anno IV, numero 27 del 15/03V/2010
Direttore responsabile
Pietro Pierangeli: [email protected]
Segreteria di redazione
Flavia Farina ([email protected])
Comunicati stampa, informazioni
o altre richieste
[email protected]
Grafica e impaginazione
Gstudios.it
Edizioni Cnet Web
Mensile iscritto presso il Tribunale di Bologna,
numero 7803 del 16/10/2007
Subvertising.it
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Brandizzare il territorio:
lo sguardo semiotico
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Marketing turistico non convenzionale:
la comunicazione del Veneto
Anche l’intervista è un’occasione
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Dagli ufo agli antistress
Tutte le sperimentazioni
non convenzionali del turismo
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Old Glory: il termine che comunemente soprannomina la mitica
L’assalto poetico e urbano di Ivan
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I dettagli di una cucina
non convenzionale e di design
Subvertising è anche su
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bandiera a stelle e strisce mi sembra descrivere bene l’esclusiva
collaborazione tra adidas Originals, icona internazionale della
moda street, e STAR WARS™, uno dei marchi più conosciuti ed
amati al mondo. La collezione Primavera/Estate 2010 del celebre
marchio three-stripes unisce infatti i personaggi e le scene della
saga di Guerre Stellari alle linee di calzature e abbigliamento
classiche di adidas Originals. A rendere anche più interessante
il cobranding è la scelta di pubblicizzare la collezione sposando
comunicazione convenzionale e non convenzionale. Per saperne di più sul progetto e sulla strategia di marketing ad esso legata intervisto Tecla Citterio, Style Communication Manager di
adidas Italy.
Parole appiccicate
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Da dove nasce l’idea di un’intera linea di
prodotti adidas Originals basata sulla saga
originale di Star Wars?
Adidas Originals è la divisione lifestyle di adidas. La collaborazione tra adidas Originals
e Lucasfilm Ltd. nasce da una condivisione di idee e di progetti. Sia adidas Originals
che il marchio STAR WARS™ fanno parte
dell’immaginario collettivo e della cultura pop
in maniera rilevante. La collezione STAR
WARS™, che si ispira alla trilogia, offre calzature, abbigliamento e accessori per uomo,
donna e bambino sia in edizione limitata che
per la vendita su larga scala. I classici track
top adidas Originals e i modelli di sneaker più
leggendari sono stati reinterpretati attraverso
l’uso dai personaggi e dalle immagini della
saga epica. Questa collezione dà l’opportunità
di scoprire il potere della Forza o di abbracciarne il Lato Oscuro, grazie a un design divertente e innovativo.
L’idea, così originale, merita un lancio altrettanto originale.
Oltre al video virale avete in mente qualche altra iniziativa di marketing non convenzionale
legata a questa collezione in particolare?
Sì, il video virale ha avuto un enorme successo. In realtà questa attività di lancio è stata
un’operazione integrata che ha coinvolto tutti
i vari strumenti della comunicazione, con una
forte attenzione per il web.
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Abbiamo utilizzato sia strumenti tradizionali
(advertising print e digital, PR, supporto POS),
che attività non convenzionali (Facebook, video virale, azioni di guerrilla).
Focalizzandoci sulla strategia digital, la comunicazione si è sviluppata in tre fasi: un
primo video teaser ispirato alla saga, online
da dicembre 2009, integrato con l’innovativa
applicazione google earth, che consente di
scoprire i punti vendita più vicini dove poter
trovare questi prodotti, scaricabile dal nostro
sito www.adidas.com/originals.
C’è stato poi un secondo viral con protagonisti alcuni tra i brand ambassador più celebri
del trifoglio tra i quali David Beckham, Snoop
Dogg, Neil Armstrong. Solo su YouTube questo video ha ricevuto quasi un milione di visite.
Per quanto riguarda gli eventi, lo scorso gennaio adidas Originals con la collezione STAR
WARS™ ha invaso le principali città della penisola e i negozi lifestyle più ricercati, durante
gli appuntamenti più importanti della moda. Milano, Firenze e Roma sono state protagoniste
di una grandiosa operazione di guerrilla marketing che ha visto i personaggi più noti della
trilogia colonizzare le strade e presiedere ai
più importanti appuntamenti fashion. E’ stata
un’azione che ci è piaciuta molto e che ha generato molto buzz.
In perfetto stile Originals.
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Siete stati tra i primi brand a servirvi del guerrilla marketing e ancora oggi, a distanza di anni,
vi avvalete degli strumenti che la comunicazione non convenzionale offre.
Oltre al vantaggio economico cosa vi ha spinto
a proseguire su questa strada?
Sicuramente uno dei motivi fondamentali è
l’attitudine del nostro marchio “Celebrate Originality”: guida tutte le iniziative di comunicazione e aiuta a rinforzare il legame con gli affezionati delle tre strisce.
adidas Originals è da sempre il marchio che
celebra l’originalità: siamo sempre stati affascinati dalla comunicazione non convenzionale,
che è diventata col tempo una parte rilevante
del nostro mondo. E’ un universo che ci è affine e per tanti versi ancora inesplorato: è fonte
continua di idee e nuove ispirazioni, in cui possiamo dar spazio a tutta la nostra creatività.
Inoltre, uno dei nostri target più importanti è
costituito dai teenager, che noi amiamo definire
“sceenager”, per il rapporto sempre più stretto,
quasi morboso, che hanno con tutto ciò che è
tv, mobile, web e nuove applicazioni. Riuscire
a coinvolgere questo target con gli strumenti
“classici” non è semplice, il web – ancor più
se con azioni virali – è decisamente molto più
efficace.
Attualmente la pagina di Facebook di adidas
Originals ha più di 2 milioni e 300 mila fan,
dato in continua crescita; la nostra pagina è
inoltre integrata al nostro sito web, cosa estremamente utile perché permette a tutti nostri fan di lasciare commenti e di “chattare” tra
di loro mentre navigano nel mondo Originals.
Proprio in questi giorni, i giornali parlano di
come i fashion blog comincino a dettare le
regole in quanto a moda e nuove tendenze.
Noi di questo ne siamo certi, ci sono siti e blogger che trattano la moda in modo autentico,
persone curiose che amano le cose nuove, le
cose ricercate, le cose originali. E che sono diventate dei veri punti di riferimento per tantissimi fashion-addict.
Il primo messaggio “pubblicitario” di questa serie è avvenuto tramite il video virale.
Vi indirizzate quindi verso un pubblico prevalentemente on line? Che rapporto avete con
questo tipo di pubblico?
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Qual è il valore aggiunto, secondo voi, che il
marketing alternativo può apportare al vostro
marchio?
Il valore aggiunto è coinvolgere direttamente il
nostro target. Quelli che prima erano semplicemente dei “consumatori passivi” ora diventano
dei protagonisti: non si limitano a guardare una
pagina o un cartello pubblicitario ma sono coinvolti nel processo di comunicazione, diventano membri attivi. Con il marketing alternativo
riusciamo a catturare la loro attenzione, e se
l’azione di guerrilla è potente, diventano loro
stessi i veicoli che diffondono il nostro messaggio.
L’idea, così originale, merita un lancio altrettanto originale.
Oltre al video virale avete in mente qualche altra iniziativa di marketing non convenzionale
legata a questa collezione in particolare?
Sempre per il lancio di Star Wars, lo scorso
gennaio si è tenuta una grandiosa azione di
guerrilla marketing a New York: un vero e proprio corteo di Stormtrooper, capitanato dal celebre rapper e fan del trifoglio Snoop Dogg, ha
invaso la città. I newyorkesi sono un popolo
abituato a vedere davvero qualsiasi cosa, ma
un gruppo di Stormtrooper che marciano nel
centro di Manhattan di sicuro è stata una novità anche per loro.
La semiotica applicata allo studio del territorio è uno strumento
per creare valore dello spazio, attraverso l’analisi dei segni che
lo compongono. Esattamente come per le marche – per le quali
si attuano operazioni di branding – il territorio e la sua cultura
possono, devono, essere oggetto di posizionamento: attraverso strategie di opposizione rispetto a ciò che identifica territori
analoghi e competitor. Opposizione che faccia emergere i valori
distintivi della zona e dei suoi tratti socio-culturali.
Differenziare, facendo emergere con precisione l’immagine etno-socio-culturale che distingue il territorio dagli altri.
Visti i rapidi sviluppi avvenuti nell’ultimo decennio nel campo della pubblicità,
come credete potrà essere il futuro del guerrilla marketing?
Vediamo nella guerrilla uno strumento di marketing davvero potente, un mezzo che può
coinvolgere il singolo consumatore in maniera
diretta e profonda. Di certo c’è l’altro lato della medaglia: sempre più brand infatti stanno
ricorrendo a questo strumento, che nonostante le grandi potenzialità rischia di diventare
“inflazionato”.
Il marketing non convenzionale funziona solamente quando è davvero innovativo.
E riguardo al futuro? Potete darci qualche anticipazione? Avete in progetto di lanciare altre
linee “monotematiche”?
Per il momento possiamo solo dirvi che la collezione adidas Originals per STAR WARS™
continuerà per tutto il 2010.
Teneteci d’occhio!
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Quale è la relazione tra un’operazione pratica di
branding, di marketing territoriale, e un punto di vista teorico, quale è quello semiotico? La progettazione della differenza. Progettare, cioè, un universo
di significati che valgano a stabilire l’immagine di
quel luogo, la sua identità e unicità.
Progettare e qualificare il territorio come meccanismo generatore di significato unico e originale.
E quanto più numerose saranno le connotazioni, i
significati profondi, che il territorio sarà in grado di
generare, tanto più grande sarà la sua forza persuasiva.
Si tratta cioè delle associazioni che il territorio è in
grado di produrre all’interno del contratto con il visitatore. Partiamo da una riflessione all’opposto: dal
punto di vista di noi visitatori, di ciò che facciamo
quando siamo in un luogo diverso dal nostro.
Sentiamo il dovere e il piacere di visitare mostre,
musei, luoghi …che non si trovano “che là” (la ricerca della unicità). Le nostre visite si riempiono di
significati che creeranno un contesto più o meno
originale e coerente.
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I significati del nostro essere altrove sono
sostanzialmente:
- l’occasione unica di vedere “dal vivo, in quel
luogo” (solo in quel luogo)
- l’incontro con i segni differenti del paesaggio, della sua economia e dell’umanità (che
sono solo in quel luogo)
- la ricerca e il sentore di nuove
emozioni culturalie.
Innanzitutto, il territorio è un oggetto di valore,
di un valore differenziale: è valore in rapporto
ad altri luoghi, ad altri territori. Si tratta così
di comprendere quali siano tutte le caratteristiche che formano la diversità, consapevoli
che non sia possibile costruire un’immagine
propria se non si conosce l’identità altrui.
Come creare una base per la comunicazione
del territorio, un terreno di attributi che consentano di raccontarlo con efficacia?
Sono tre le operazioni iniziali e fondamentali:
Valutare la componente configurativa del territorio. Tener conto, cioè, del valore di quel
luogo scomponendolo nelle sue parti costitutive. Esaminare la componente tassica.
Non spaventi il termine. Si tratta di porre a
confronto il territorio rispetto ad altri analoghi,
anche – e proprio – sugli elementi minimi
costitutivi che si sono smontati nella prima
fase.
Esporre la componente funzionale secondo
tre binari, che corrono parallelamente:
l’aspetto strumentale del territorio: le sue
prestazioni, i servizi che è in grado di offrire
al turismo, reale e potenziale
(ampliamento del target).
Il lato mitico: il suo prestigio, i valori che da
sempre sono ancorati al territorio e formano
la sua reputazione
L’aspetto estetico ed espressivo: la bellezza
del territorio e tutto ciò che di figurativo, di
visibile, costituisce la particolarità che rende
convincente quel luogo, attraverso le sue
componente reali.
L’analisi sin qui esposta costituisce un prepositioning: si pone come una base conoscitiva, prima della messa in atto, vera e propria, del branding.
Tutto ciò dovrà condurre a gestire il senso e
dare origine alla struttura del mix di comunicazione. E far circolare l’Oggetto di Valore.
Fare, cioè, branding del territorio.
Quest’ ultimo significato è il più ampio e
comprensivo: la ricerca della emozione, fine
a se stessa. Si tratta del senso euforizzante
derivante dalla scoperta di ciò che è originale, che ci sorprende abbastanza da darci
il senso di opposizione alla vita quotidiana
(l’insolito versus il solito). In un territorio nuovo si cerca, primariamente, ciò che trasporta
emozione.
Ritorniamo ora nel territorio e inseriamo un
osservatore esterno, o meglio cerchiamo di
capire come costruire l’identità del luogo in
modo da comunicarla efficacemente.
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Partendo dal presupposto che il valore di
un’istituzione come un assessorato - sia esso del turismo, del commercio o dell’agricoltura - non risiede soltanto nelle politiche pratiche che esso riesce concretamente (quanto improbabilmente) a realizzare, ma anche nella capacità di instaurare
una buona comunicazione con i cittadini e con la stampa e, partendo anche dal presupposto che
un’intervista (che in teoria potrebbe essere scaricata e letta in media fino a 1500 volte) possa essere una buona forma di pubblicità, questo mese ho (avevo) deciso di intervistare alcuni assessori
regionali al turismo di qualche regione italiana.
Anche se il ritmo delle giornate di questi assessori in questo periodo può sembrare ispirato alla
maratona di New York, credevo che la possibilità di far vetrina di se stessi e della loro amministrazione fosse una buona occasione. Mi sbagliavo e volevo rendervene partecipi.
Questo preambolo per raccontarvi che l’unica regione, tra le molte che, invano, ho cercato di convincere a rispondere alla mia intervista, (tra cui potete trovare Puglia, Sicilia, Sardegna, Emilia Romagna, Trentino e Calabria), è stata il Veneto.
Così ha risposto il dottor Franco Manzato, assessore alle Politiche dell’Agricoltura e del Turismo
della regione Veneto, alle mie domande sul guerrilla marketing e sulla comunicazione non convenzionale dedicato al turismo della sua regione.
Così ha risposto il Dott. Franco Manzato assessore alle Politiche dell’Agricoltura e del Turismo, della
regione Veneto alle mie domande sul guerrilla marketing e sulla comunicazione non convenzionale
dedicato al turismo della sua regione.
Dottor Manzato, il nostro magazine tratta i temi del guerrilla marketing e della comunicazione non convenzionale.
Lei conosce questi sistemi di comunicazione, che opinione
ha in merito?
Sì, li conosco, e sono convinto che vadano usati con estremo buon senso in un settore come quello del turismo che
non è fatto di economia “mordi e fuggi” ma di qualità ed
emozione che devono restare dentro all’ospite per riportarlo
anno dopo anno nel nostro Veneto, la regione più turistica
d’Italia con 60 milioni 444 mila presenze in un anno nero
come il 2009. Presenze, aggiungo, che per il 60 per cento
sono straniere, e di queste circa il 45 per cento generate da
ospiti provenienti da Germania e Austria. Provo a spiegarmi
meglio. Il Veneto è di per sé una regione non convenzionale, basti pensare a Venezia, città improbabile che oggi
neppure si potrebbe costruire, a norma di legge.
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Ma nello stesso tempo il Veneto è una regione
dal carattere identitario fatto di perseveranza
e tranquillità: è famoso il “mi no odio nisun (io
non odio nessuno)” pronunciato dal Canova ai
bonapartisti che gli dicevano di odiare i privilegiati. Convenzionalità e anticonvenzionalità
sono dunque continuamente miscelati e proprio questo mix costituisce l’ulteriore attrattiva
di un territorio che garantisce sempre il meglio, con sorprese emozionali ma non negative.
Noi dobbiamo trasmettere ai potenziali ospiti
un’emozione, che è quella che si prova a vivere e soggiornare da noi, tra arte, paesaggio, cultura, cibi e cucina ai più alti livelli, vini
eccellenti e tanta amicizia, contraddistinta da
quel “ciao”, nato qui e diventato saluto normale in tutto il mondo. La nostra promozione
è e deve essere così: aggressiva, forte, incisiva, non banale e non convenzionale, ma
deve proporre il piacere della qualità della vita
che il Veneto è in grado di offrire. E’ quello che
facciamo, che abbiamo fatto soprattutto negli
ultimi anni, assieme al sistema privato con il
quale abbiamo costruito una sinergia vincente. Anche l’ultima BIT è stata l’esempio di un
Veneto fatto di concretezza, ma anche di spettacoli, emozioni e divertimento.
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Avete mai utilizzato campagne di guerrilla
marketing per rilanciare il turismo nella vostra
regione? Se sì, quale valore aggiunto credete
che queste campagne abbiano portato alla
vostra regione?
Hanno avuto gli effetti sperati?
Questi metodi sono usati spesso nel settore
privato e poco in quello pubblico. Cosa frena,
secondo lei, le istituzioni pubbliche a utilizzare
questi sistemi di comunicazione, innovativi efficaci e meno costosi rispetto alla pubblicità
tradizionale?
Le istituzioni pubbliche devono rispondere alla
generalità dei cittadini, che la pensano in maniere varie e diverse, anche profondamente
differenti. Il nostro obiettivo è convincere senza suscitare negatività in alcuno. Questo vale
come istituzione, ma vale anche come sistema turistico. Una pubblicità che per qualsiasi
motivo provoca nel turismo turbamento, impressione o scandalo ha fallito la sua mission
perché lo allontana. Diverso invece è il caso
della sicurezza stradale, ad esempio, dove la
Regione del Veneto per prima ancora 25 anni
fa ha utilizzato immagini di Toscani con il beneplacito
dei testimonial. Quanto al costo, be’, come
Regione a statuto ordinario abbiamo assai
meno risorse dei nostri concorrenti più vicini
a statuto speciale, eppure otteniamo risultati
migliori, spendendo di meno. Dietro questo
c’è sicuramente oculatezza, ma c’è anche capacità di coniugare qualità del messaggio con
budget assai risicati.
No, guerrilla marketing vera e propria non
l’abbiamo usata, e ne ho spiegato i motivi. Ma
pubblicità non convenzionale e molto impattante sì. Mi fermo a Vinitaly, per fare un esempio: siamo stati i primi a “vestire” i padiglioni
della fiera di Verona, quella che ospita i nostri vini, con immagini lungo tutto il perimetro,
trasformando dei capannoni di tipo industriale in una fotografia di Venezia, poi dei nostri
vigneti, poi delle nostre città. Abbiamo fatto
scuola e siamo stati imitati, ma soprattutto
abbiamo unito la bellezza del nostro territorio
alla bontà dei nostri vini. Quanto all’economia
turistica, abbiamo soprattutto seminato: meno
iniziative ma forti e diffuse. Ricordo l’ultima in
ordine di tempo: un “truck” che ha portato un
pezzo di Veneto nei Paesi dell’Est, con tanto
di orchestra veneziana, cucina veneta e concorso con offerta di soggiorni omaggio. Il rapporto tra spesa e ritorno è stato eccellente.
Per inciso, ormai puntiamo a prendere i turisti
per la gola: un’immagine non vale nulla di per
sé, nel senso che tutti propongono il meglio.
Ma un’immagine vista con un calice di Prosecco in mano ha un altro effetto.
Il turismo si può definire, in parte, uno dei punti
di forza della vostra regione. La crisi economica quanto ha inciso sul turismo del Veneto?
No, non in parte almeno: il turismo è la nostra maggiore industria, vale il 6,1 per cento
del Pil, un fatturato di circa 12 miliardi di euro,
un’occupazione attorno alle 400 mila persone,
strutture ricettive, economia non trasferibile né
delocalizzabile, la cui ricchezza si riverbera nel
territorio e viceversa. Per questo sin dall’inizio
della crisi economica Regione e operatori privati ci siamo rimboccati le maniche anzitutto
per non perdere ospiti, e ci siamo riusciti, poi
per proporci alla grande a mano a mano che
la crisi cesserà di far sentire nel mondo i suoi
perversi effetti.
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Quali sono le vostre risorse e soprattutto i
vostri mezzi preferiti per sviluppare un efficiente marketing territoriale e una buona politica
del turismo?
Quanto, secondo la sua opinione, questi due
aspetti sono legati tra loro?
Il turismo è marketing territoriale e il marketing territoriale, per il Veneto, è sempre economia turistica. Abbiamo cercato di assemblare
bene le due cose a tutti i livelli, proponendo il
Veneto non tanto nelle sue singole offerte. Noi
non offriamo camere, ma emozioni a 360 gradi
e il piacere di vivere qualche giorno in una regione dove la qualità della vita è altissima e la
gente vive bene. Dove si vive bene, il turista
può stare sicuro: sta bene anche lui.
Non ha sorprese.
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Può anticiparci qualcosa riguardo ai progetti e
alle novità di marketing turistico che avete in
programma per il futuro?
Per promuovere l’offerta di ospitalità del Veneto nelle sue diverse sfaccettature abbiamo
previsto una spesa complessiva di 16 milioni
di euro per il 2010. Di questa somma, 8 milioni
sono destinati a comunicazione e pubblicità
di tipo “ordinario” attraverso iniziative e mezzi
di comunicazione di ogni tipo, che appunto
mette in sinergia turismo, cultura ed enogastronomia. La parte rimanente si riferisce alla
partecipazione a iniziative fieristiche e manifestazioni in Italia e all’estero e al sostegno di
progettualità locali.
Va peraltro ricordato che, nonostante lo sforzo
finanziario crescente della Regione negli ultimi anni, le nostre potenzialità sono limitate da
pesanti vincoli di bilancio rispetto a due dei tre
nostri immediati e confinanti concorrenti interni: Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia
(il terzo è l’Emilia Romagna). Il federalismo fiscale, da questo punto di vista, ci consentirà di
amministrare meglio la ricchezza che il sistema veneto è in grado di produrre e di ottenere
risultati di sicuro interesse.
Il turismo è un settore notoriamente caratteriz-
zato da formule di promozione molto tradizionali. La comunicazione che gravita intorno ad
esso prevede generalmente tecniche ed espedienti visti e rivisti, un po’ scontati.
Il guerrilla marketing applicato al turismo ha
fatto la sua timida comparsa in Italia con la
famosa campagna dal claim: “Riccione: Ultimo pianeta prima della Terra”. Si tratta di
un’operazione di marketing decisamente di
rottura rispetto alle azioni precedenti riguardanti lo stesso settore, realizzata nel 2001 da
Andrea Ruggeri, il quale ha messo in scena un
“media hoax” coi fiocchi!
La bufala consisteva nella diffusione della
notizia di un falso atterraggio Ufo nei pressi
dell’Acquafan di Riccione, accreditata da prove
e testimonianze, per poi approdare al “reveal”,
cioè che si trattava di una trovata pubblicitaria
volta alla promozione del territorio di Riccione.
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Sulla falsariga di questa campagna è stato
fatto, purtroppo, ben poco in Italia. Ricordiamo, ad esempio, l’ambient allestito da Costa
Crociere nel 2006 presso la Stazione di Roma
Termini, in occasione della Festa del Cinema
di quell’anno, di cui era sponsor ufficiale. Si
trattava di un tendone all’interno del quale gli
accostamenti visivi e concettuali tra cinema e
mare (navigazione), sono rappresentati su vari
manifesti. Perché proprio la stazione ferroviaria? Perché è un luogo di gran “via vai”, un
luogo di passaggio, frequentato ogni giorno da
milioni e milioni di persone, a volte per viaggi
di piacere, ma più spesso per viaggi di lavoro.
Quale location migliore per suggerire a tutta
questa gente, spesso stressata ed affrettata,
una pausa-relax con i soggiorni Costa Crociere???
Il marketing non convenzionale trova riscontro
molto più ampio all’estero.
Nel 2008 l’ente turistico della South Carolina
ha realizzato una campagna di ambient marketing a Greenville: enormi conchiglie poste
a decoro di cabine telefoniche, con la scritta:
“South Carolina is calling. Listen”, oppure installazione di valige messe al posto degli
scalini, disseminate per tutta la cittadina, con
il claim: “Pack your bags. It’s time to thaw”.
Mi sembra abbastanza “poco convenzionale”,
no???!!! Anche l’Austria, caratterizzata da una
forte mentalità conservatrice, ha, ultimamente,
messo in atto uno “svecchiamento” dei metodi
comunicativi volti a promuovere le sue risorse
turistiche. L’anno scorso, presso la Stazione
Centrale di Milano è stato ideato un evento
di street painting 3D in cui era raffigurata una
vallata austriaca su una superficie di circa 40
metri quadri. Durante la performance veniva
distribuito un travelbook con vari itinerari da
sperimentare.
Molto più recente è il marketing del turismo
non convenzionale della località svizzera di
Braunwald. La ridente cittadina ha una curiosa
particolarità: è vietata la circolazione di qualsiasi tipo di auto!
L’agenzia Wirz BBDO Network svizzera si è
messa subito a lavoro per cercare di rendere
l’idea di un simile valore aggiunto, realizzando
un ambient suggestivo ed accattivante: lungo
le pareti stradali è stato disposto un billboard
raffigurante un tipico paesaggio svizzero (monti
innevati), interamente ricoperto da quel materiale “plasticoso fatto a palline pronte da strizzare”, che tanto fa impazzire grandi e bambini.
Metodo davvero innovativo ed efficace per
monopolizzare l’attenzione dei passanti! E per
quanto riguarda il viral? Non poteva non far
sentire la sua “voce” anche in questo campo…
Il Gruppo Alpitour è stato geniale a tal proposito, lanciando in rete un video teaser molto misterioso dal claim: “Dove hai la tersta oggi”, che
riprendeva un ragazzo in scene di vita quotidiana che appartengono alla fase del risveglio
mattutino. Probabilmente nella mente degli
autori di questa brillante campagna viral c’è
la volontà di paragonare il lento risveglio del
protagonista del video all’impacciato risveglio
del settore turistico in termini di mutamenti, innovazione, ecc.
Siamo, dunque, in attesa di una nuova epoca
per il turismo non convenzionale, poiché, se
oggi il risveglio sembra essere ancora fiacco,
domani è pur sempre un altro giorno…
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Ivan, ma allora l’arte è commerciabile?
Arte, Poesia e Cultura hanno ovviamente
anche molte ribalte: tra queste anche, banale dirlo, commerciale. Come Art Kitchen
tentiamo di far “società prima che arte” e di
scegliere partners che garantiscano una certa
coesione di senso tra il loro business e quel
che noi facciamo. Campari ha tra il suo storico artisti come Depero e Nespolo, la parola
Rinascente la creò d’Annunzio e Dudovich ne
inventò l’immagine, altri aziende similmente si
nutrono di creatività e innovazione artistica. Il
nostro tentativo porta poi verso una contaminazione costante di contenuti e contenitori,
nel tentativo di affermare che nulla è impermeabile a quel che lo circonda e che di tutto si
può far commistione. Certo poi, molto invece
poco commercialmente, rifiutiamo di vendere
e stampare libri, facciamo solo mostre a ingresso gratuito, non siamo rappresentati da
gallerie o mercanti d’arte in particolare.
Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo: questo il manifesto non di un poeta francese di qualche
centinaio di anni fa, ma del milanese Ivan, anzi, I-v-a-n Il Poeta. Classe 1981, studente alla Bicocca,
avanguardista della poesia di strada e dell’assalto poetico. Serrande, muri, cartelloni pubblicitari,
l’asfalto: lui vede tutte queste cose con un occhio diverso dagli animi meno sensibili. E il risultato è
una città più gradevole, romantica, impegnata, pensata. Con il collettivo Art Kitchen Ivan declina,
insieme ad altri artisti, i propri versi, le proprie rime ma anche installazioni e tele verso la comunicazione e immagine aziendale: Campari e Byblos, per dirne alcuni.
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Fortunatamente non è così per te ed Art Kitchen, che invece vi dilettate in numerose declinazioni della vostra arte: tele, installazioni, oltre
le poesie di strada. Si tratta solo di inventare
nuove rappresentazioni oppure anche nuove
modalità, forme di espressione con cui far
fruire l’arte? In prima istanza c’è un tentativo
costante di attualizzare e riproporre forme e
contenuti della poesia.
L’assalto poetico trova tante strade per la necessità di far del “poeta chi legge” e per recuperare la sua dimensione pubblica ormai
rinchiusa in libri che troppi scrivono e pochi
leggono. Tutto resta poi centrato rispetto al
tessuto urbano e sociale, nella volontà di democratizzare l’accesso alla cultura e di affermare che il sapere (così come la sua costruzione) non s’accresce se non condiviso.
Inoltre, forse questa è la verità, tendo ad annoiarmi piuttosto presto e come gli squali, se
mi fermo, soffoco.
Eppure fino alla tua gentilissima conferma ho
temuto di non riuscire ad intervistarti. Pare che
molti tuoi colleghi siano affetti da panico nei
confronti di tutto quel che riguarda la partita
iva. Come mai?
Non so onestamente...perdonate la banalità
ma forse dovreste chiederlo a loro. A volte
fare “i duri e puri” a tutti i costi è un atteggiamento, oltre che poco veritiero, decisamente lontano dalla realtà del produrre
cultura e creatività.
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Il sapere come la felicità: nulli se non condivisi.
Eppure, visto che la street art è così in voga,
non rischia di essere fagocitata dal cassetto
dell’abitudine, dallo scompartimento del “normale”?
La street art (noi ultimamente preferiamo
chiamarla arte pubblica) è stato uno dei pochi movimenti contemporanei a strutturare la
propria visibilità dal basso verso il mondo della
comunicazione e della pubblicità. Quando inaugurammo “Street Art Sweet Art” al padiglione di arte contemporanea di Milano, le 60.000
presenze non furono dovute all’esposizione in
sè, ma al lavoro di molti di noi nei dieci anni
precedenti. Se, al contrario, inizia a farsi persistente e pressante un discorso che cala sul
movimento le proprie volontà, inizieremo (e in
buona parte è un processo già in atto), a smarrire il confine tra produzioni genuine e confezionate. Certo finchè s’assalteranno le strade e
si continuerà costantemente a cercare “l’altro
attraverso il proprio lavoro”, scomparira forse
la corrente street art, ma non si potrà interropperne la scossa e la sua conduzione.
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Come vive un artista, un poeta di strada, a Milano, nel regno del business e dell’economia,
nella patria esportatrice della velocità e frenesia?
Allora la pubblicità fa bene all’arte...
Personalmente direi che fa bene qualora rispetta le proposte del creativo e lo stimola a
nuovi orizzonti di senso e forma. Altrettanto è
odiosa nel suo strutturare identità attraverso
il consumo, nel suo comprarsi giganti spazi
pubblici inquinando le nostre città (e sottraendo spazi all’arte pubblica), nel svilire contenuti
spesso molto più validi del discorso con cui
sono presentati. Inutile dirvi quanto poi rubi a
piene mani talvolta dal nostro lavoro...
In verità Milano è molto frenetica vero, ma
molto poco regno; ultimamente più che altro mi
pare una provincia, dimenticata, dell’impero.
Tendenze e nuove correnti si misurano ormai su scala europea se non mondiale. Certo
rispetto all’Italia è l’indubbio epicentro della
creatività, del design, dell’arte e di molto altro
forse. Come Art Kitchen ne respiriamo i germi e nostravolta ne mettiamo in giro di nuovi,
lasciando che l’organismo risponda (per dirla
alla Durkheim) e che alla peggio si becchi una
bella febbre. Milano è anche una città molto
chiusa e alienata ultimamente, che rastrella i
migranti sugl’autobus, che sfrecccia tra i pargoli con i Suv di lusso, che uccide di smog i
propri cittadini; d’altrocanto, e questa è la città
con cui tentiamo di collaborare, è la città dove
gettar semi al vento, presto, farà fiorire il cielo.
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(redazione@subvertising)
A
partire da questo numero di Subvertising che scorre proprio ora sul vostro schermo,si apre
una nuova piccola finestra sul variegato mondo dei blogger. Ogni mese ne intervisteremo uno
diverso, per farci raccontare come nasce un blog, quali sono le fonti di cui si avvale e come si
attira l’attenzione dei lettori con argomenti accattivanti, pur non avendo a disposizione nè una
redazione né un direttore, ma solo una mente al lavoro, con i suoi interessi, le sue ricerche sul
web e i suoi post. E’ un tipo di comunicazione che si è data delle regole, è molto cresciuta negli
ultimi anni e soprattutto è stata capace di porsi come agorà mediatica attenta e critica sia per i
privati che per le aziende.
Il primo blogger che abbiamo intervistato per voi è Davide Nonino che ci racconta “Paroleappiccicate”, un blog in cui fioccano ogni giorno segnalazioni gustose di campagne pubblicitarie, applicazioni su facebook, concorsi, video e operazioni di viral marketing. E’ di certo da aggiungere ai
preferiti se non volete sentirvi “out” in materia e volete scovare delle chicche prima che diventino
dei tormentoni.
Di che cosa parla il tuo blog? puoi svelarci qualcuna delle tue fonti?
Di ispirazione: nella comunicazione, nel design, nella tecnologia e nel mondo che mi circonda ogni giorno. L’obiettivo è quello di far
parlare le idee, quelle che ispirano, quelle
che hanno una marcia in più. Ah purtroppo
nel mezzo del blog ci ficco anche le mie fissazioni…
La ricerca è la parte migliore …. trovare una
piccola grande idea sulla rete che non sia il
solito virale che fan girare i grandi blog e dargli
una strofinata e un po’ di luce è una gran bella
soddisfazione. Le fonti sono le più disparate,
dalla fotoblogger australiana che si firma Art
Pixie che ha 16 anni e un gusto infinito, alla
semplice bacheca di Vimeo, dove creatività,
arte e design sono alla portata di 5 minuti ben
spesi di streaming.
Il tuo blog è pieno di foto, filmati, immagini create al computer, tutti molto sfiziosi e curati,
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Se l’idea riesce ad essere trasmessa nella sua
genuinità e trasparenza volerà da sola... Un
esempio? La Teoria del divertimento lanciata
da Volkswagen prima in sordina in Svezia che
poi ha contagiato tutto il mondo.
Il blog non ha un direttore, ma solo un autore
che “posta” in base al suo gusto e alla sua intelligenza. Come definiresti la posizione dei
blogger oggi nel panorama della comunicazione e del marketing?
Per le aziende quanto è importante la “pagella” che un blog come il tuo può dare
all’efficacia di una campagna pubblicitaria o
ad un’operazione di viral marketing?
Credo sia un ottimo specchio, soprattutto se
l’azienda riesce a valutare la qualità e non solo
la capacità di influenza del blog (un grande
feedback potrebbe arrivare da un blog anche
senza commenti e visite nell’ultimo mese).
Personalmente nei casi in cui le aziende mi
hanno contattato per valutazioni di campagne
e operazioni di viral marketing c’è sempre stato un sereno e costruttivo dibattito in cui credo
siamo cresciuti entrambi (e gratis).
Qual’è l’ingrediente che secondo te non può
mancare in un’operazione di marketing che
possa dirsi davvero riuscita?
(puoi fare un esempio di una case history per
te davvero memorabile?)
La spontaneità in tutto e per tutto... anche se
è un’operazione costruita a tavolino si deve
necessariamente vedere il valore dell’idea e
soprattutto la sua messa in pratica in un contesto reale.
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Post scelto per noi:
Incuriosito dal primo ascolto dello spot Barilla
di Mina sono andato alla ricerca di una conferma della voce e ho riportato semplicemente
il video dello spot da YouTube... beh, è stato
il mio post più visto del 2009 con migliaia di
ricerche durante tutto l’anno e la durata della
campagna per via degli utenti che cercavano
di dare una voce certa a quella sentita in TV.
Sono arrivati così un sacco di commenti che
dalla voce sono andati fino al prodotto dimostrando come possano decisamente essere non
convenzionali e non controllabili le vie della
conversazione ;)
In un contesto in cui le aziende hanno aperto (o
lo stanno per fare) le orecchie e quindi iniziano
a gestire seriamente la propria reputazione in
rete, la posizione del blogger è senz’altro interessante, soprattutto se presa con la giusta
umiltà e con un pizzico di ironia, evitando atteggiamenti poco trasparenti (vedasi i blogger
che parlano di comunicazione sperando di
vendere consulenze o di ricevere articoli retribuiti dalle aziende che dicono di vendere buzz
- ma il buzz si può vendere?).
Ma chi è la voce Barilla degli ultimi spot? Ormai non resisto più ad ascoltare quella voce
che pare straniera e stranita e che mi resta in testa senza sapere di chi si tratti…..
‘to see more’ vai sul blog di Davide
“http://paroleappiccicate.tumblr.com/post/128000582/lavocebarilla”
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WWW.SUBVERTISING.IT
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