N° 13 - Tracce d`Eternità

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N° 13 - Tracce d`Eternità
Tracce d’eternità
La rivista elettronica del mistero
Anno III Nr.13 (Marzo 2011)
UN REPORT DI
ROBERTO LA PAGLIA
STEFANO PANIZZA
2012
L’ULTIMA
APOCALISSE
Verità e fantasie
sul disastro finale
YURI LEVERATTO
GLI ENIGMATICI DISEGNI DI
BLAS VALERA: NUOVI
ORIZZONTI
SULL’UBICAZIONE DEL
PAITITI
GIANLUCA RAMPINI
MATTEO AGOSTI
INTERVISTA
DAVID
JACOBS
TRADUZIONE DI SABRINA PASQUALETTO
ENRICO VINCENZI
GLI ENIGMATICI
MEN IN BLACK
GIAPETO
ALIENANTE LUNA
NEPHILIM?
ANDREA RICHINI
IL PETTORALE DI ARONNE
TRA LE TOMBE DEI FARAONI
LE FIRME DI QUESTO NUMERO
Yuri Leveratto
Stefano Panizza
Maria Benedetta Errigo
Michele Proclamato
Franco Pavone (C.U.T.)
Massimo Maravalli
Nicoletta Travaglini
Tarcisio Pezzana
Gaetano Masciullo
Andrea Richini
Antonio Remigio Pengo
Enrico Vincenzi
Luciano Scognamiglio
Roberto La Paglia
Daniele Bonfanti
Simone Lega
Simone Corà
Stefano Sampietro
Matteo Carriero
Matteo Agosti
Noemi Stefani
Antonella Beccaria
Simonetta Santandrea
Andrea della Ventura
Simone Barcelli
Gianluca Rampini
MICHELE PROCLAMATO
L’UOMO DI DIO
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autori.
NOTE A MARGINE
2
Gianluca Rampini [email protected]
ha 35 anni ed è un ricercatore indipendente che si
occupa, in special modo, di ufologia e abductions.
In rete collabora con Ufomachine, Ufoonline,
Paleoseti e altri siti tematici.
UN “NUOVO” MONDO,
TRA CONGIURE E CATACLISMI
Il mondo sta cambiando o
qualcuno vuole che cambi?
Ho cercato per lungo tempo
di tenere a bada la mia
propensione alla
“dietrologia” ma devo
ammettere che faccio sempre
più fatica a riuscirci. È
possibile che dietro a tutto
quello che sta accadendo nel
mondo vi sia la volontà di un
ristretto gruppo di persone?
Secondo me sì ma non solo.
Lo scenario tipicamente
riassunto della definizione
“New World Order” non è
nemmeno del tutto
sufficiente. La situazione, se
possibile, è ancora più
complessa. A un livello di
lettura, estremamente
superficiale, risulta evidente
che, nonostante la fine della
guerra fredda, vi sia una
contrapposizione tra due
fazioni composte da un lato
dagli Stati Uniti d’America e
l’Unione Europea e dall’altro
dalla Russia e la Cina.
Scendendo di un livello,
nell’ambito del
Cospirazionismo, questa
ipotesi viene contestata come
una facciata per un comune
progetto volto in ogni caso al
dominio del mondo da parte
degli “Illuminati”. Li chiamo
così per comodità. A mio
parere, invece, uno scontro
tra i gruppi che ho
menzionato esiste ma non
tanto a livello di nazioni e
Stati sovrani quanto piuttosto
tra due fazioni di questi
“Illuminati”. Il fatto che
coincidano con i blocchi
continentali che ho citato è,
secondo me, irrilevante o
addirittura casuale. In ogni
caso, nessuno dei due
schieramenti ha a cuore
l’umanità. Hanno forse
diversi obiettivi ma di certo
sistemi paragonabili. Non
potendo, per ovvie ragioni,
intraprendere azioni belliche
tradizionali è molto probabile
che stiano ricorrendo
all’utilizzo di armi, diciamo
così, non convenzionali. Dal
tempo dell’uragano Katrina si
può notare un ricorrere
tristemente ravvicinato di
catastrofi climatiche e
sismiche. Non farò la
cronistoria degli eventi,
perché sono perlopiù
conosciuti. Voglio
concentrarmi piuttosto sulla
plausibilità di una simile
teoria. Naturalmente non ci
sono prove certe. La storia
della Terra è da sempre
costellata da cataclismi di
varia natura. È il segnale che
il nostro è un pianeta ancora
vivo, o vitale, se non
vogliamo accostarci a un
altro argomento che avrebbe
diritto di cittadinanza in
questo contesto, ma che non
voglio affrontare ora. Ci sono
però alcuni fatti che vanno
considerati. Soprattutto
esistono documenti e
affermazioni di persone,
diciamo così, che rivestono
ruoli importanti che ci
possono aiutare a chiarire
qualche dubbio. Esiste, ad
esempio un documento delle
Nazioni Unite, la risoluzione
31/72, in cui si vieta agli Stati
di utilizzare strumenti di
controllo climatico come
armi o comunque in
qualunque modo ostile.
(http://daccess-ods.un.org/
TMP/4671112.29896545.htm
l). Difficile immaginare che
una risoluzione vieti
l’utilizzo di un arma che non
esiste. E’ altresì vero che le
risoluzioni della Nazioni
Unite non sempre vengono
rispettate. Tanto meno se le
operazioni che
contravvengono alle
risoluzioni vengono portate
avanti segretamente, grazie a
fondi neri e all’insaputa di
chi ufficialmente governa le
nazioni del mondo. Ma il
timore che si arrivasse a
questo punto non è cosa del
giorni d’oggi. Già nel 1975,
un sotto comitato del Senato
3
Americano, presieduto dal
senatore Claiborne Penn, ha
rilasciato la seguente
dichiarazione: “C’è bisogno
di un trattato ora, prima che i
leader militari del mondo
comincino a indirizzare
tempeste, manipolando il
clima e provocando terremoti
contro i loro nemici.”
Andando ancora più indietro,
vale la pena ricordare che
Nikola Tesla costruì uno
strumento con il quale era in
grado di trasmettere energia
meccanica a lunga distanza
senza perdita di energia.
Inizialmente immaginato per
la prospezione geologica non
è difficile immaginare quale
uso distorto se ne è potuto
fare. La trasmissione
televisiva Mythbusters ha
realizzato, su scala ridotta,
questa “macchina per i
terremoti” ( ossia un
oscillatore meccanico) con il
quale hanno dimostrato su un
ponte stradale come
l’energia veniva trasmessa
anche a notevole distanza.
Sul sito di Ron Paul, più
volte candidato alla
presidenza Usa, si può
trovare la seguente citazione
dell’ex Segretario Alle
Difesa, William Cohen, che
conferma quanto detto sino
ad ora: “Altri ( terroristi )
stanno dando vita ad un
terrorismo ecologico nel
quale possono alterare il
clima, scatenare terremoti,
vulcani in remoto tramite
l’uso di onde
elettromagnetiche… Quindi lì
fuori è pieno di menti
ingegnose che stanno trovano
modi con cui riversare
terrore sulle nazioni… E’
vero, ed è la ragione per cui
dobbiamo intensificare lo
sforzo antiterroristico.”
Secondo una solida abitudine
di politici, soprattutto se
affiliati a società segrete,
quando si dice una cosa se ne
intende il contrario e quando
è possibile si nasconde una
verità tra varie bugie. In
questo caso più che essere i
terroristi a possedere queste
armi, è assai probabile che lo
siano i militari. Non solo
americani. Circola la voce
che qualche gruppo
criminale, come la Yakuza,
sia in possesso di tecnologia
di questo genere. Ma non so
quanto ci sia di vero in
questo. E parlando di Yakuza
accenniamo brevemente al
Giappone. In tutta onestà non
pensavo che due eventi
sismici con relativo tsunami,
li avrei visti in tutta una vita.
A così breve distanza sembra
davvero incredibile. Ma una
semplice questione temporale
non mi avrebbe mai fatto
dubitare che ci potesse essere
qualcosa sotto. Anche in
questo caso. Non saprei dire
da che parte dei due
schieramenti citati all’inizio
si collochi il Giappone.
Ufficialmente è considerato
un alleato importante degli
Stati Uniti ma come abbiamo
capito, questo significa ben
poco. Sta di fatto che il
disastro che li ha investiti
potrebbe essere devastante
anche per l’economia
statunitense. Il Giappone
possiede infatti una “bella
fetta” del debito americano.
Ora, per far fronte alle
necessità economiche per la
ricostruzione, potrebbero
decidere di liberarsene,
allagando il mercato di
dollari che inevitabilmente si
svaluterebbero. Altri
sostengono che gli americani
hanno provocato il terremoto
proprio perché il Giappone si
è rifiutato di aumentare i suoi
investimenti nella loro
moneta. Sia in modo o sia
nell’altro o in nessuno dei
due, sta di fatto che poco
prima del terremoto sono
state scattate alcune
fotografie di nuvole che
ricordano molto da vicino
l’effetto che viene
normalmente attribuito ad
HAARP. Parrebbe inoltre,
dico parrebbe perché non
sono riuscito a tracciare
questa informazione fino alla
fonte, che l’università di
Tokyo abbia rilevato tramite
un magnetometro ad
induzione un picco proprio
nell’ambito delle frequenze
utilizzate dalle installazioni
HAARP (per chi non lo
sapesse HAARP è un sistema
di antenne tramite il quale si
possono sparare nella
ionosfera grandi quantità di
energia che riflettendosi su di
essa può essere indirizzata
dovunque nel mondo).
Fenomeni elettromagnetici
simili alle aurore boreali
sarebbero stati visti poco
prima del terremoto, proprio
come successe in altre
occasioni. Ad esempio in
Cina nel 2007. Quel
terremoto provocò il crollo di
una montagna sotto la quale
si trovava un’installazione
militare cinese che conteneva
testate nucleari. Molti analisti
informati sostengono che una
di queste testate sia persino
esplosa. A proposito di
nucleare: come può collegarsi
tutto questo all’ufologia? Beh
è presto detto. Innanzitutto
perché sono numerosi i casi
in cui oggetti volanti non
identificati sono stati
avvistati vicino a centrali
nucleari o poco prima di
terremoti ed eruzioni
vulcaniche. Durante la crisi
di Chernobyl, centinaia di
4
testimoni, hanno avvistato un
oggetto volante sostare nei
pressi della centrale. Alcuni
hanno anche visto l’oggetto
emettere un raggio verso il
reattore. Questo fatto ha
coinciso con l’abbassamento
del livello di radioattività.
Non va inoltre dimenticato
che gli avvistamenti moderni
sono iniziati negli anni
quaranta, proprio quando
l’uomo iniziava a
sperimentare l’utilizzo bellico
dell’energia atomica. Mi pare
davvero poco probabile che
sia un caso che proprio a
Roswell, sede nel 1947,
dell’unico squadrone
aereonautico capace di
trasportare la bomba atomica,
cadde un disco volante. Fu da
Roswell infatti che partì
l’Enola Gay alla volta di
Nagasaki ed Hiroshima. Gli
episodi sarebbero molti altri,
persino di importanza
decisiva per la storia
dell’umanità, ma non
abbiamo il tempo di esplorali
ora. Rimane indubitabile il
fatto che vi sia un
preoccupato interesse da
parte degli occupanti degli
Ufo verso il nostro
“trafficare” con l’energia
atomica. E come non esserlo?
Basta talmente poco e tutto
potrebbe letteralmente andare
a scatafascio. Tra tutte
queste notizie ve n’è una che
non deve passare inosservata.
Tracce d’eternità compie
due anni. Sono sicuro di poter
parlare a nome di tutti coloro
che contribuiscono a questo
progetto, nel dire che sembra
incredibile che siano passati
già due anni. Da un verso mi
sembra di averlo sempre
fatto, dall’altro sembra ieri
che Simone mi coinvolse in
questa sua magnifica idea.
Forse potrei smettere di
definirlo progetto, ma è un
po’ come per le squadre umili
che dicono sempre di puntare
a non retrocedere. Non è
nella mia natura accettare di
aver raggiunto un traguardo.
Sono sempre nella
condizione di vedere qual è
quello successivo, di vedere
cosa si può fare in più. E vi
assicuro che non sono frasi di
circostanza. Siamo sempre
all’opera per migliorare il
nostro prodotto e qualcosa in
pentola già bolle. Se poi ne
uscirà qualcosa di buono
sarete i primi a saperlo.
Concludo ringraziando i miei
compagni di avventura,
Simone e Simonetta, e da un
paio di numeri anche Andrea.
Alla via così.
NOTE A MARGINE
5
Simonetta Santandrea [email protected]
ha 40 anni ed è la fondatrice del gruppo “Tracce
d’eternità” sulla piattaforma Facebook, gruppo di cui
tuttora è responsabile. Si occupa di Storia Antica e in
rete collabora con Luoghi Misteriosi, Paleoseti ed
altri siti tematici.
PIÙ LANTERNE AD
ILLUMINARE IL CAMMINO
Vorrei raccontarvi questi
primi due anni di Tracce
d’eternità e lo farò
lasciandovi leggere le parole
del cuore:
“…Il vostro amico è il
vostro bisogno saziato.
E' il campo che seminate
con amore e mietete con
riconoscenza.
E' la vostra mensa e il
vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate
in lui e lo ricercate per la
vostra pace.
Quando l'amico vi confida il
suo pensiero, non negategli
la vostra approvazione,
né abbiate paura di
contraddirlo.
E quando tace, il vostro
cuore non smetta di
ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero,
ogni desiderio, ogni attesa
nasce in silenzio e
viene condiviso con
inesprimibile gioia.
Quando vi separate
dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può
chiarirvi ciò che in lui più
amate,
come allo scalatore la
montagna è più chiara della
pianura.
E non vi sia nell'amicizia
altro scopo che
l'approfondimento dello
spirito.
Poiché l'amore che non
cerca in tutti i modi lo
schiudersi del proprio
mistero non è amore,
ma una rete lanciata in
avanti e che afferra solo ciò
che è vano.
E il meglio di voi sia per
l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il
riflusso della vostra marea,
fate che ne conosca anche la
piena.
Quale amico è il vostro, per
cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore
di vita.
Poiché lui può colmare ogni
vostro bisogno, ma non il
vostro vuoto.
E condividete i piaceri
sorridendo nella dolcezza
dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle
piccole cose il cuore ritrova
il suo mattino e si ristora.”
Kahlil Gibran, “Il profeta”
Queste parole di Gibran
sono lo specchio di ciò che
per me rappresenta Tracce
d’eternità: uno scambio di
rispetto, di esperienze, di
momenti privati, di gioie, di
delusioni, di scienza e di
conoscenza. Tutto questo
resiste nonostante lo
scorrere del tempo: due anni
di collaborazioni, di crescita
continua, di idee e nuovi
progetti che sfidano le
distanze e gli impegni di
ognuno di noi ma che
sempre trovano sostegno in
questi imprescindibili
principi. Tracce d’eternità è
il frutto di un bel lavoro
d’équipe, ma dietro a Tracce
ci sono delle persone
speciali con le quali ho la
fortuna di condividere un
tratto di vita. Li ringrazio
semplicemente di esserci, e
naturalmente per tutto ciò
che fanno. Nel tempo i
compagni di viaggio sono
aumentati di numero…
abbiamo più lanterne ad
illuminare il cammino, più
compagnia per non sentire
la fatica e un orizzonte più
ampio cui tendere. Lunga
vita a Tracce d’eternità... In
alto i calici, prosit!
6
CONTENUTI
ARTICOLI
pag. 13 Nicoletta Travaglini
Il volto santo
pag. 15 Andrea Richini
Il Pettorale di Aronne tra le tombe dei faraoni
pag. 17 Antonio Remigio Pengo
L’altarino devozionale dedicato al “Cristo doloroso”
pag. 19 Massimo Maravelli
La copia della Sacra Sindone tra storia, verità e… fantasia
pag. 55 Roberto La Paglia
2012: l’ultima apocalisse
pag. 66 Maria B. Errigo
Il Cristo e la lepre di Rennes Les Bains
pag. 70 Simone Barcelli
Quindici mummie e una muffa che non c’è
pag. 75 Yuri Leveratto
Gli enigmatici disegni di Blas Valera: nuovi orizzonti sul Paititi
pag. 82 Gaetano Masciullo
Piramidi in Europa
pag. 87 Enrico Vincenzi
Gli enigmatici “Men in Black”
pag. 91 Gianluca Rampini
L’isola del gigante dormiente
pag. 98 Luciano Scognamiglio
Rapimenti in Italia: 25 anni di ricerche in Italia
pag. 102 Andrea della Ventura
Un volto alieno a Stonehenge?
pag. 106 Matteo Agosti
Giapeto… alienante luna Nephilim? (I° parte)
INTERVISTE
pag. 43 Gianluca Rampini
REDAZIONE
David Jacobs
Traduzione di Sabrina Pasqualetto
Simonetta Santandrea [email protected]
RUBRICHE
Gianluca Rampini [email protected]
pag. 2 NOTE A MARGINE Gianluca Rampini e
Simonetta Santandrea
Simone Barcelli [email protected]
pag. 7 LIBRARSI Simonetta Santandrea
Sabrina Pasqualetto [email protected]
pag. 9 REPORT Stefano Panizza
Anna Florio [email protected]
Andrea della Ventura [email protected]
pag. 23 LO SPAZIO DELL’OTTAVA Michele Proclamato
pag. 28 LIFE AFTER LIFE Noemi Stefani
pag. 31 XAARAN Antonella Beccaria
pag. 34 CONFESSO, HO VIAGGIATO Noemi Stefani
pag. 37 INTORNO XII Daniele Bonfanti e Simone Lega
Interventi di Simone Corà, Stefano
Sampietro e Matteo Carriero
Pag. 49 PAGINE DEL C.U.T. Franco Pavone
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Traduzioni
Antonio Nicolosi [email protected]
Germana Maciocci [email protected]
Carla Masolo [email protected]
Progetto grafico e
impaginazione
a cura di Simone
Barcelli.
Revisione testi a cura
di Simonetta
Santandrea.
7
LIBRARSI
Simonetta Santandrea [email protected] ha
40 anni ed è la fondatrice del gruppo “Tracce d’eternità”
sulla piattaforma Facebook, gruppo di cui tuttora è
responsabile. Si occupa di Storia Antica e in rete collabora
con Luoghi Misteriosi, Paleoseti ed altri siti tematici.
Bardo Thodol,
il libro tibetano dei
morti
Autore:Mario Pincherle
Editore:Anima Edizioni
Data pubblicazione:Settembre 2006
Pagine:103
Anima Edizioni
Il Libro Tibetano dei morti, o Bardo
Thödol, è un testo funebre molto più
recente del suo corrispondente egizio e
possiede incomparabilmente maggior
consistenza interna e coerenza. A
differenza del Pert em hru ( libro dei morti
egizio) è un testo ben definito e omogeneo,
del quale conosciamo l’autore e la data
approssimata della sua redazione.
Nonostante abbia la sua base in un
materiale orale molto più antico, fu scritto
per la prima volta nell’ottavo secolo a.C. ed
è attribuito al Grande Guru
Padmasambhava. Questo leggendario
maestro spirituale ha introdotto il
Buddismo nel Tibet ed ha stabilito i
fondamenti del Vajarayana, un insieme di
insegnamenti buddisti e di elementi di una
tradizione indigena ancestrale chiamata
Bon, che fu la religione principale del Tibet
prima dell’arrivo di Padmasambhava. Il
Bardo Thodol è una guida alla morte e al
morire, un manuale che aiuta chi è partito a
riconoscere, con l’aiuto di un lama
competente, i vari stadi dello stato
intermediario tra la morte e la successiva
rinascita e ad ottenere la liberazione. Il
Libro Tibetano dei Morti fu scritto come
una guida per il morire; tuttavia possiede
livelli di significato addizionali. Secondo
gli insegnamenti buddisti, morte e rinascita
non avvengono soltanto in connessione con
il decesso biologico e il successivo inizio di
un’altra vita, bensì in ogni momento della
nostra esistenza. Gli stati descritti nel
Bardo Thodol possono essere sperimentati
anche in stati meditativi durante una pratica
spirituale sistematica. Questo importante
testo è, perciò, al tempo stesso, una guida
per la morte, una guida per la vita e una
guida per i ricercatori spirituali. Esso è
costituito da una serie di istruzioni su sei
8
tipi di liberazione: liberazione attraverso
l’udire, l’indossare, il vedere, il ricordare, il
gustare e il toccare. Le istruzioni circa i
diversi tipi di liberazione furono formulate
da Padmasambhava e scritte da sua moglie.
Padmasanbhava sotterrò questi testi sulle
colline Gampo del Tibet centrale, così
come fu fatto con molti altri testi e oggetti
sacri, chiamati termas o “tesori nascosti”.
Egli concesse il potere di scoprirli a
venticinque dei suoi discepoli principali.
I testi del Bardo Thodol furono scoperti più
tardi da Karma Lingpa, che appartenne alla
tradizione Nyingma e che si incarnò
successivamente in uno di questi discepoli.
Questi testi sono utilizzati, da secoli, da chi
studia con serietà i suoi insegnamenti,
come guide importanti per la liberazione e
l’illuminazione. Il Bardo Thodol descrive
le esperienze a cui si va incontro al
momento della morte (Chikhai Bardo),
durante il periodo in cui si hanno le visioni
archetipiche e le illusioni karmiche che si
susseguono alla morte (Chonyid Bardo) e
nel processo in cui si cerca la rinascita
(Sidpa Bardo). Tradizionalmente, questo
testo viene cantato dai maestri, o lama, per
un periodo di quarantanove giorni dopo la
morte, al fine di istruire lo spirito del
defunto circa ciò che si deve aspettare
nello stato Bardo e come utilizzare le
esperienze in vista della liberazione. La
casa editrice Anima ha pubblicato nel 2006
il Libro Tibetano dei Morti con un
commento a cura di Mario Pincherle,
grande archeologo, poeta e attento studioso
dell'uomo. A lui si devono fondamentali
scoperte all'interno del Tempio del Sole, la
grande piramide d'Egitto. Fra i suoi libri
ricordiamo: il Best Seller "Il Quinto
Vangelo - Il Vangelo di Tommaso" tratto
dai manoscritti del Nilo, il più straordinario
documento della nostra Era, rimasto per
diciannove secoli sotterrato e inaccessibile;
Il Gesù proibito; Il Mosè proibito; Oro
granulato; La Grande Piramide e lo Zed;
Enoch - il primo libro del mondo.
Collabora a riviste di archeologia italiane e
straniere, scrive sui Rendiconti
dell'Accademia dei Lincei.
Tutti alla cerca di qualcosa che pare perdersi nei meandri della
storia: una clessidra d’avorio, che ben rappresenta la bramosia
dell’uomo di raggiungere la perfezione. Un romanzo storico ben
scritto, in cui si percepisce lo sforzo degli autori nella ricerca
bibliografica, con l’innesto dell’abile intreccio tra l’arte
alchemica e il giuoco degli scacchi (che tanto hanno in comune
per le interpretazioni simboliche), su piani temporali diversi che
s’intersecano e riescono a coesistere grazie alle pagine ingiallite
di un memoriale scritto da un alchimista quattrocento anni fa.
Ambientato essenzialmente nei primi anni del XIX secolo,
racconta del nobile francese Darius Berthier de Lasalle e di suo
figlio Sebastien su e giù per la nostra penisola, sulle tracce
dell’avventuriero Moran de la Fuente. La mente corre
inevitabilmente al viaggio di Johann Wolfgang von Goethe nel
1786 (e alle magnifiche pagine che narrano di questa esperienza,
pubblicate quasi trent’anni dopo), un’impresa notevole per quei
tempi in cui, tra lentezza, incertezza e pericolo, in pochi avevano
l’ardire di mettersi in cammino, se non per una valida ragione.
Nel romanzo ciò che muove il protagonista è il sentimento
dell’amicizia, la sensazione che Moran si sia cacciato in un
brutto guaio e abbia inconsciamente bisogno di lui. Il lettore
dovrà interrogarsi anche sul tormentato rapporto padre-figlio
perché le problematiche che affiorano in queste pagine non si
discostano da quelle che affrontiamo ancor oggi. L’ombra di
Paracelso, enigmatico studioso del Rinascimento, accompagnerà
costantemente un pur scettico Darius, fornendogli infine
l’ispirazione di cui necessita per dipanare l’intricata matassa.
Simone Barcelli
9
REPORT
12 FEBBRAIO 2011
DARWIN
DAY
2011
MUSEO
NATURALISTICO
PALEONTOLOGICO
DI SAN DANIELE PO
(CREMONA)
Stefano Panizza
[email protected] ha 47 anni
e vive in provincia di Parma.
Ricercatore indipendente di
tematiche di frontiera, ha
relazionato in convegni
nazionali e in programmi
radiofonici e televisivi.
I suoi studi sono apparsi sulle
riviste specializzate di settore
(Hera, Il Giornale dei Misteri,
UFO Notiziario,
ArcheoMisteri e Area di
Confine).
Sopravviveremo al nostro
futuro? Questa, in sintesi, la
domanda a cui hanno cercato
di rispondere i vari relatori.
Ricordiamo che i Darwin
Day sono stati celebrati per
la prima volta in Italia nel
2003 e che sono promossi a
livello internazionale dalla
International Darwin Day
Foundation come momento
per ricordare il famoso
naturalista inglese e le sue
scoperte e, più in generale,
celebrare i benefici derivanti
dalle scoperte scientifiche.
Ma torniamo alla nostra
domanda. Un buon
approccio potrebbe essere
quello di conoscere il nostro
passato biologico ed il
contesto ambientale nel
quale si è evoluto; poi
comprendere se le mutevoli
condizioni ambientali alle
quali è sopravvissuto
potrebbero ripresentarsi in
futuro. Su un punto non
esiste discussione: l’Uomo,
nella sua storia milionaria, è
stato la vittima di un
ambiente in continuo
mutamento ed ha vinto la sua
battaglia adattandosi
morfologicamente e
socialmente ai cambiamenti
climatici, geologici e, più in
generale, ambientali che si
sono succeduti. Ad esempio,
come ha ricordato Fabio Di
Vincenzo del Dipartimento
di Biologia Ambientale
dell’Università di Roma, la
sparizione nel continente
10
Fabio Di Vincenzo
africano di una tipo di
vegetazione a vantaggio di
un’altra, ha costretto i nostri
antenati a cambiare il
proprio regime alimentare.
La presenza allora di
vegetali più resistenti ha
portato alla modifica della
masticazione e alla tipologia
di dentatura e,
conseguentemente, di tutta la
morfologia del cranio. Così
come la necessità di smaltire
il calore, in un ambiente
sempre più caldo, ha favorito
lo sviluppo dell’altezza
perché le gambe permettono
un più efficiente smaltimento
del calore corporeo (un po’
come le orecchie
dell’elefante che funzionano
da “radiatori”). Fino a pochi
anni fa l’osservazione degli
scheletri ritrovati era la
principale fonte di
informazione per conoscere
le caratteristiche dei nostri
antenati. Ora ci si può
avvalere dell’analisi del
cosiddetto “DNA antico”,
cioè di quello estratto da
vecchi reperti ossei e, più in
generale, biologici.
Operazione tutt’altro che
facile, come ha sostenuto
David Caramelli del
Dipartimento di Biologia
Evoluzionistica
dell’Università di Firenze.
Ciò perché esso si degrada, e
quindi mancano delle
“sequenze” oppure quelle
presenti possono essere poco
comprensibili, per non
parlare delle contaminazioni
da DNA moderno nel corso
degli esperimenti. Qualcosa
abbiamo comunque
imparato. Ma ogni nuova
scoperta, si sa, apre le porte
a nuove domande.
Ad esempio, se da una parte
sembra sufficientemente
assodato che l’Homo Sapiens
e l’Homo di Neanderthal
sono state due specie ben
distinte (anche se non tutti
sono d’accordo), ci si chiede
come mai la prima è
sopravvissuta mentre la
seconda è scomparsa. Si è
trattato di un genocidio da
parte “nostra”, oppure perché
era composta da un numero
di individui non sufficienti
per far fronte ai mutamenti
ambientali, o è stata una
questione prettamente
biologica? Al momento non
vi sono certezze, anzi una
recentissima scoperta ha
complicato ancora di più il
puzzle. Si parla infatti della
presenza contemporanea al
Sapiens e Neanderthal del
cosiddetto Homo Denisova.
Siamo nel sud della Siberia,
nei pressi dei Monti Altai.
Nel 2008 in una grotta
vennero ritrovate alcune ossa
umane appartenenti forse ad
un bambino. A dire il vero si
tratta della misera falange di
un dito, ma sufficiente per
l’analisi del suo DNA e per
far sospettare la presenza di
una specie umana del tutto
sconosciuta. Sarebbe, in
pratica, la quarta del genere
Homo, considerando anche il
David Caramelli
11
Caverna di Denisova www.wondermondo.com
Florensiensis, ritrovato nel
2003 nell’isola indonesiana
di Flores, sulla cui
scomparsa, poi, si fanno solo
nebulose congetture. Il fatto
che solo negli ultimi dieci
anni siano state scoperte due
nuove specie, suggerisce che
l’evoluzione umana è ancora
ben lungi dall’essere chiarita.
Si diceva poc’anzi che
l’Uomo ha subito l’ambiente
e i suoi cambiamenti. Ma
come si fa a conoscere
quest’ultimi? Bisogna
“perforare”. In che senso? Si
va, ad esempio, in Antartide
con il Progetto Andrill, come
hanno fatto Fabio Florindo
dell’Istituto Nazionale di
Geologia e Vulcanologia, e
Davide Persico, paleontologo
naturalista e sindaco di San
Daniele, paese ospitante il
convegno. Lì, con le
opportune attrezzature, si
trivella profondamente il
terreno (si parla tecnicamente
di “carotaggio”) e si
prelevano campioni di
ghiaccio e terriccio. Dalla
loro analisi si comprende
quale è stato il clima del
passato, scoprendo, ad
esempio, che 35 milioni di
anni fa il clima era molto più
caldo di quello odierno.
Riassumendo, dunque, con le
più sofisticate tecniche di
ricerca si può ricostruire il
nostro passato come specie,
il contesto climatico ed
ambientale nel quale siamo
vissuti. Ma ritorniamo alla
nostra domanda iniziale,
conosciuto il passato,
possiamo comprendere il
nostro futuro e capire se esso
ci può creare dei problemi?
In parte si. E dal quel che si
può intuire le prospettive
sono tutt’altro che rosee.
Ultimamente, e nel giro di
pochi mesi, in Antartide si
sono disintegrati ben 3000
metri quadri di ghiaccio, in
proiezione milioni di
tonnellate all’anno. E la
circolazione di questa acqua
fredda finirà probabilmente
per stravolgere il clima.
La temperatura del pianeta è
in costante aumento, causa la
sempre più alta
concentrazione di CO2,
dovuta alla combustione
massiccia di carbone e
petrolio. Il primo a sostenere
una correlazione fra questi
fattori fu lo scienziato
svedese Svante Arrhenius
(si, proprio quello della
panspermia) nel lontano
1896, ma le sue teorie
vennero completamente
ignorate dalla scienza di
allora. Tornando ai giorni
nostri, alcuni hacker sono
riusciti a consultare
abusivamente la posta
elettronica di alcuni
scienziati del Centro
Ricerche sul Clima
dell’University of East
Anglia (Regno Unito).
Scoprono email dalle quali
risulta palese la
falsificazione i dati per
Fabio Florindo
12
giustificare la teoria del
riscaldamentio globale.
Volendo approfondire la
faccenda si scopre che, in
realtà, non sembra essere un
caso isolato. La stessa
NOAA (National Oceanic
and Atmospheric
Administration’s) è accusata
di manipolazione dei risultati
e di inventasi teorie
fantasiose. Trovare degli
scienziati con la “bocca
sporca di marmellata” non è
una novità. Lo stesso Galileo
eseguì esperimenti in
maniera molto
approssimativa (ad esempio,
misurando il tempo con il
battito del polso) ma
soprattutto, in certi casi,
“aggiustò” i dati per farli
quadrare con le proprie idee.
Ma è anche vero che se
l’idea è corretta, pur con
queste debolezze
metodologiche, non tarda a
trovare positivi riscontri,
anzi molto prima di quanto
certe correnti cospirazioniste
vogliano far credere.
Si potrebbe allora dire che se
da una parte la Scienza
sembra sostanzialmente
concorde nel sostenere la
teoria del riscaldamento
globale, dall’altra, e per
alcuni, vi sono zone d’ombra
che non appaiono
sufficientemente chiarite.
Ma torniamo alla versione
“ufficiale”. Si stima che in
200 anni porteremo la
temperatura del pianeta a
come era in Antartide 35
milioni di anni fa. Come ha
detto Luca Percalli, volto
noto della tv con il
programma “Che tempo che
fa”, la temperatura nella
Davide Persico e Luca Percalli
Pianura Padana salirà allora
di 6/7 gradi in pochi decenni,
con estati come quella afosa
del 2003, una riduzione
drastica della portata del
fiume Po e la sparizione
della cultura del mais. È
anche vero che nel passato
l’Uomo si adattato ai
cambiamenti climatici. Ma
questi erano lenti. Ora questi
sono molto più veloci ma
soprattutto è Lui a essere
diverso da un tempo. Una
volta gli individui erano
pochi milioni ed erano
nomadi. Ora siamo diversi
miliardi e strettamente
ancorati al territorio.
L’innalzamento del livello
dei mari potrebbe costringere
milioni di persone ad
evacuare le zone in cui
abitualmente risiedono e
lavorano. Seppur esiste una
tecnologia che può in parte
compensare a questo disagio,
siamo nel complesso più
vulnerabili che in passato.
In pratica l’Uomo, ieri
vittima del clima e
dell’ambiente, sta ora Lui
influenzando (“uccidendo”)
il proprio pianeta, con uno
sfruttamento esasperato delle
risorse e l’aumento
demografico. Il risultato è la
costruzione rapida di un
mondo troppo diverso da
quello attuale (seppur in
parte simile al nostro lontano
passato) , ma troppo veloce
per non avere conseguenze
nefaste. Come si può evitare
tutto ciò? Solo con
un’evoluzione non più
biologica ma culturale.
Lo sviluppo deve avere dei
limiti perché le risorse non
sono infinite e deve essere
improntato alla riduzione
della dipendenza dal
petrolio, allo sviluppo di
fonti energetiche alternative,
al contenimento dei rifiuti.
Siamo arrivati al “collo di
bottiglia” dell’evoluzione
dell’Uomo: o si cambia o
non ci più nulla da far
evolvere.
13
IL
VOLTO
SANTO
Nicoletta Camilla Travaglini è una
ricercatrice indipendente di
tradizioni popolari, miti e misteri
inerenti l’Abruzzo, la sua regione.
Laureata in lingue straniere e
educazione ambientale, è traduttrice
internazionale accreditata presso
l’Unesco. Ha scritto e scrive per
diverse testate giornalistiche, anche
estere; collabora alla realizzazione di
mostre fotografiche dedicate
all’archeologia, archeoastronomia,
poesia, ecologia e mistero.
Posta su un’ altura della
riva destra del fiume
Pescara a soli 217 sul
livello del mare
nell’entroterra abruzzese,
sorge Manoppello il cui
etimo deriva,
probabilmente dalla parola
“manoppio”, cioè la
quantità di grano contenuta
nella mano del contadino
che lo miete. Fondata
intorno al 1061 dal conte
Boamondo, questa
deliziosa cittadina, nasce su
insediamenti romani
persistenti, testimoniati da
due monasteri, quelli di
Santa Maria Arabona e di
Vallebona, che dimostrano
l’esistenza di culti non solo
precristiani dedicati alle
dea Bona. Sorse su un
poggio per scopi
meramente difensivi e le
sue quattro porte poste in
corrispondenza dei quattro
punti cardinali, dovevano
servire proprio a questo
fine. Tuttavia, nonostante
tutti questi accorgimenti di
sorta, fu più volte attaccata
e depredata finché, nel
1140, Ruggero di Tarsia
non pose fine a questo stato
di cose, facendone uno dei
più potenti feudi
d’Abruzzo. Verso la fine
del 1100 questo
possedimento fu donato da
Federico II ai fratelli
Pagliara, che dominarono
su Manoppello fino a circa
la metà del 1200, quando
Tommasa, l’ultima
discendente di questa
14
dinastia, la donò a sua
figlia, Maria di Suliaco:
questa a sua volta lo portò
in dote al marito
Napoleone II Orsini.
Questa potente e nobile
famiglia, che aveva feudi
sparsi per tutto l’Abruzzo,
arrivò a batter moneta nel
1383. Purtroppo verso la
fine del 1400 Ferdinando I
strappò loro di mano
questo importante feudo
per donarlo prima a
Bartolomeo D’Alviano e
poi ai Colonna: restò per
lungo tempo un loro
possedimento. Nel 1506,
durante il dominio dei
Colonna, Manoppello legò
il proprio nome a quello
del Volto Santo, cioè il
Velo della Veronica, che
riproduce il Volto di Gesù
quando si apprestava a
salire sul Calvario. La
leggenda narra che il
dottor Giacomo Antonio
Leonelli, un ricco
proprietario terriero,
mentre si trovava sul
sagrato della Chiesa di San
Nicola e conversava
amabilmente con i suoi
amici, fu avvicinato da uno
sconosciuto che, tiratolo in
disparte, gli consegnò un
fardello. L’uomo,
incuriosito, aprì il pacco
e… con sommo stupore
riconobbe il Velo della
Veronica, scomparso molti
anni prima da San Pietro in
Roma e di cui se ne
dubitava perfino
l’esistenza. Il dottore cercò
delle spiegazioni dal
misterioso individuo latore
del pacco, ma nessuno lo
vide uscire dalla Chiesa:
sembrava come svanito nel
nulla. Molte sono le ipotesi
sul misterioso latore,
alcuni affermano che fosse
un Angelo, altri un Santo
del Paradiso; sta di fatto
che il Velo passò di
proprietario in proprietario
fino a giungere in possesso
dei Frati Minori
Cappuccini che, postolo in
mezzo a due vetri, fecero
costruire, intorno alla
prima metà del 1600, un
santuario dedicato alla
sacra Icona che oggi si
ubica a pochi metri fuori
dal centro urbano di
Manoppello.
15
IL PETTORALE
DI ARONNE
TRA LE
TOMBE
DEI FARAONI
Questo articolo,
relativo allo studio di
Tarcisio Pezzana, è
stato scritto da
Andrea Richini del
Giornale di Brescia
Lo studioso di simboli sacri
Tarcisio Pezzana ha scoperto
una sorprendente analogia tra
l’antico vestimento rituale e
l’architettura sepolcrale dei
sovrani dell’antico Egitto.
Proseguono a Chiavari le
ricerche sul cosiddetto
"Pettorale di Aronne", il
reticolo mistico di linee
geometriche che, ideato dal
religioso e studioso di misteri
sacri Tarcisio Pezzana,
riprodurrebbe l’antico
ornamento portato dal
Sommo Sacerdote ebraico.
Dopo aver scoperto una
rilevante analogia tra il
Pettorale e la "Rosa
Camuna", uno dei più diffusi
simboli d'arte rupestre della
Valle Camonica, ben
raffigurato dallo stemma
ufficiale della Regione
Lombardia, Pezzana ha
formulato una teoria sul
rapporto, o meglio sulla
corrispondenza, esistente tra
il Pettorale e le piramidi della
Piana di Giza, in Egitto. “Più
che nelle singole piramidi –
spiega lo studioso originario
proprio della vallata bresciana
– l’analogia è da ricercare
nella loro disposizione nella
piana e nella loro
correlazione”. L'idea da cui è
partita la ricerca nasce infatti
dalla presenza, nella piana
stessa, di alcune piramidi
minori, quasi oscurate
dall'imponenza delle tre
strutture funerarie principali
del sito: le piramidi di
Cheope, Menkaura e Kafra.
Queste piccole piramidi, dette
anche "delle Regine", sono in
totale nel numero di sette e
16
sono distribuite secondo uno
schema apparentemente ben
preciso, anche se non ancora
decifrato. Le prime tre, le
piramidi delle regine
Heteperes, Meritetes e
Henutsen, si trovano accanto
alla piramide di Cheope in
direzione nord-sud. Altre tre,
di cui si conosce però soltanto
la piramide della regina
Kamerernebty, si trovano
invece accanto alla tomba di
Menkaura, allineate in
direzione ovest-est. Infine ve
n'è un'ultima, proprio a
ridosso della piramide di
Kafra. Studiando la mappa
satellitare dell’area,
un’immagine presa
esattamente allo zenith della
piana, lo studioso, esperto nel
ricercare corrispondenze
simbologiche nelle diverse
culture, ha immediatamente
notato come la disposizione
delle strutture richiamasse
uno schema geometrico ben
definito. Proseguendo con un
semplice pennarello, le linee
rappresentate dai lati delle
piramidi più esterne, Pezzana
ha presto scoperto come tutta
l’area fosse in realtà iscritta
nel perimetro di un quadrato
praticamente perfetto, i cui
angoli estremi sono proprio
gli angoli esterni di due delle
piccole piramidi. Unendo con
una linea i vertici esterni di
queste due stesse piramidi,
inoltre, si trova inoltre
esattamente la diagonale del
quadrato, il cui centro è
rappresentato proprio
dall'angolo più interno della
piramide di Kafra rivelando
una disposizione che non può
certo essere stata frutto del
caso, ma di un’attenta
progettazione architettonica e
di un simbolismo che
richiama chiaramente la
struttura stessa della forma
piramidale. Anche gli assi
orizzontale e verticale
risultano sorprendentemente
allineati al resto delle
strutture presenti nell’area: il
primo scaturisce infatti dalla
Sfinge ed attraversa l’area
inscritta nel quadrato
dividendola in due metà
uguali, mentre il secondo
rasenta il lato interno della
piramide del Faraone Kafra
dividendo l’area in altrettante
uguali metà secondo il verso
dall’alto in basso.
Sovrapponendo il rilievo, e
tutti i suoi punti di
riferimento, allo schema del
Pettorale di Aronne, proprio
come aveva in precedenza
fatto con la Rosa Camuna, lo
studioso ha notato ulteriori
coincidenze. “Ho anche
provato a collimare il centro
del Pettorale con la testa
della Sfinge – spiega lo
studioso – trovando che il
lato nord-sud del reticolo
coincide con il perimetro
della Grande Piramide”.
Grazie a queste prove
Pezzana ha quindi potuto
stabilire con precisione
un’indubitabile correlazione
tra la piantina dell’area e lo
schema geometrico del
simbolo sacro, ampliamente
dimostrata dai rilievi eseguiti
e dal filmato visibile sulla
Rete (www.youtube.com/
watch?v=M52yenXZN0E).
Dal suo studio emergono
quindi interessanti scoperte di
carattere religioso e simbolico
che dimostrano come la
correlazione tra i segni sacri
delle diverse culture antiche
sia molto più che una
semplice coincidenza,
evidenziando nel contempo
una sorprendente attenzione
per lo studio dei numeri,
dell’algebra e della geometria
in epoche in cui i numeri
erano certamente un concetto
non ancora molto chiaro e
definito da regole precise.
17
L’ALTARINO
DEVOZIONALE
DEDICATO
AL “CRISTO
DOLOROSO”
DA DONATELLO
A MICHELANGELO
Antonio Remigio Pengo
[email protected] è
presidente del Circolo
Filatelico Numismatico
Maddalenino. È “referente
di zona” di Tracce
d’eternità per la Sardegna.
Il piccolo altare conservato in
questa teca è probabilmente
della scuola padovana di
scultura tardo-manieristica, e
il Cristo doloroso ha origine
dalla celebre creazione di
Michelangelo. L’iscrizione
che riporta il nome di
“DONATELLI OPUS
ANNO MCD”, messa alla
base dell’ancona, presenta
due incognite:
- in primo luogo
l’indicazione dell’anno 1400
è perlomeno contrastante, e
certo ci indica che l’autore
della cornice non conosceva
la data esatta del lavoro che
incorniciava. Dato che
l’oggetto proviene da
Padova, forse chi ha scritto
l’iscrizione si ricollegava
idealmente al periodo in
cui il maestro rimase a
Padova dal 1444 al 1450;
- in secondo luogo, visto
che il Crocifisso contenuto
nella cornice deriva
certamente da un disegno
di Michelangelo, è errata
l’affermazione che
l’opera sia di Donatello.
Questo può derivare dal
fatto che, data la distanza
di tempo tra l’esecuzione
18
della cornice e l’opera
d’arte in essa contenuta,
l’autore della cornice
credeva erroneamente che il
Crocifisso fosse di
Donatello, oppure l’opera
originaria, effettivamente di
Donatello, è poi stata
sostituita con l’attuale
Crocifisso.
La cornice, come si può
vedere è molta sontuosa,
anche nelle piccole
dimensioni, ed ha forma di
altare con ancona barocca.
La fusione in bronzo del
Cristo deriva direttamente
dal quadro che Michelangelo
Buonarroti fece per la
Marchesa Vittoria Colonna
nel 1541 e conservato nella
cattedrale di Santa Maria de
La Redonda “La Rioja” in
Spagna, che rappresentava un
calvario con Cristo vivo, la
Vergine Dolorosa, San
Giovanni evangelista e Maria
Maddalena. Esiste anche un
disegno di Michelangelo col
solo Crocifisso, identico sia
al quadro che al nostro
crocifisso in bronzo. Questo
Crocifisso in bronzo è forse
l’unico nel suo insieme ; altri
crocifissi fatti dai tanti
scultori dal ‘400 fino al tardo
‘700 sono molto diversi a
stare anche alle versioni
descritte dal Vasari e dai
biografi dell’epoca. Il
manufatto è realizzato in
buona parte in legno, le
colonne sono rivestite in
radica, tutto il resto presenta
l’applicazione di sottili fogli
di ebano che dà un’immagine
molto ben lavorata ed
arricchita con capitelli
corinzi in ottone, putti che
sembrano a guardia dello
stesso crocifisso, una
colomba (Spirito Santo) che
sovrasta l’interno della
nicchia, ed un angelo con le
ali aperte ad ornamento della
base. La dimensione del
basamento è di cm. 28 con
un’altezza di cm. 40, una
profondità di cm 5,0. Nella
parte superiore è mancante
forse qualche altra figura in
ottone che completava
l’opera e l’angelo posto
subito dopo sia stato messo
per risaltare in modo più
chiaro quello che è
conservato nell’edicola. Le
parti bianche sono in avorio,
alcune mancanze dovute
all’opera del tempo non sono
mai state successivamente
restaurate. Anche il piano
intarsiato che sostiene il
Crocifisso è in avorio. In
alto vi è un anello in ferro
che permetteva di appendere
l’opera. Sul retro rimangono
delle iscrizioni a inchiostro
nero con delle date e delle
lettere non interpretate, che
in un lavoro di restauro
potrebbero dare indicazioni
importanti. La proprietaria di
questo oggetto è di una
famiglia nobile di Palmanova
(Udine), che ha voluto
esporlo presso il Museo
Diocesano di La Maddalena
per diffondere la conoscenza
dei nostri grandi maestri
scultori del passato.
L’expertise è stato effettuato
sulla base storica e
fotografica dell’oggetto da
parte di studiosi di storia
dell’arte di Firenze e di
Padova.
Michele Proclamato ha scritto di Giordano Bruno. E lo ha fatto come solo lui ci
ha abituato a fare, fondendo cuore e intuito. Il risultato? Per la prima volta, dopo
secoli, i SIGILLI ERMETICI del Nolano hanno trovato una spiegazione, valida,
potente, unica. L’Autore attraverso un percorso conoscitivo originalissimo,
carico di emozione , è riuscito a regalare a noi tutti un Bruno finalmente capace
di rivelare cosa veramente nascondesse dietro la sua Ars Memorandi. Ecco, di
conseguenza, apparire un Universo animicamente vivo in tutte le sue parti,
capace di dialogare, attraverso il simbolismo dei Sigilli, con un uomo finalmente
conscio dei suoi poteri, per ospitare un percorso conoscitivo rivolto verso la
LUCE DIVINA. Percorso nel quale verranno coinvolti Platone, Leucippo,
Alessandro Magno, Leonardo da Vinci, Galileo, Newton, Lissajous, Nativi
Americani, Cerchi nel Grano, Renato Palmieri. Sicuramente il libro più bello
scritto da Proclamato, sicuramente un modo unico per intuire il come e il perché
della Creazione. Assolutamente da leggere. Prima però preparatevi alla
commozione del sapere, dove l’uomo è degnamente un figlio divino.
19
ARQUATA DEL TRONTO (AP)
LA COPIA
DELLA
SACRA
SINDONE
TRA STORIA,
STORIA,
VERITÀ E… “FANTASIA”
Massimo Maravalli
[email protected] vive a
Pescara ed è un giornalista
di "Profili Italia". Gestisce
il blog Razionale insipienza
http://razionaleinsipienza.bl
ogspot.com/
“Extractum ab originali”, è la
frase impressa nella copia del
drappo sacro esposto nella
chiesa di San Francesco sita a
Borgo, una frazione di
Arquata del Tronto (AP).
Tutto, o quasi, è stato scritto
su di essa in libri, articoli e
documentazioni varie. Per
questo motivo, iniziare un
altro elaborato su questo
tema, è cosa assai ardua. Il
“coraggio”, per intraprendere
questa iniziativa, è alimentato
solo dalla convinzione che
ogni pensiero possa essere
espresso liberamente
rispettando sempre e
comunque quello degli altri e
viceversa. Detto questo,
provo a esprimerlo “nec spes
nec metu”. La storia della
Sindone di Arquata, come
predetto, è già nota, quindi,
ne riporto solo le parti
salienti semplicemente per
far entrare il lettore in
sintonia con l’argomento.
Come risulta dai documenti
rinvenuti, detta copia fu fatta
eseguire il primo maggio
1655 su richiesta del vescovo
Giovanni Paolo Bucciarelli.
In quel periodo il
monsignore, era segretario
del Cardinale Federico
Borromeo cugino di Carlo
Borromeo, conosciuto come
gran “contemplatore” di
Cristo crocifisso e devoto
viscerale della Sacra
Sindone, canonizzato nel
1610 da Papa Paolo V (ndr).
L’anno successivo, il
“pastore” di origine
arquetana morì. Il piccolo
comune ascolano, avendo
ricevuto in dono questa
reliquia, la consegnò ai frati
francescani di Borgo che la
custodirono con cura e
devozione. L’ultima volta
che fu messa a contatto con il
Sudario torinese, anche se ce
ne sono state altre più recenti,
risale al 1931 in occasione
della pubblica ostensione. La
sua ultima apparizione in
pubblico, invece, è
riconducibile al periodo della
seconda guerra mondiale.
Poi, non se ne seppe più
20
nulla, fino alla
ristrutturazione della chiesa
dedicata a San Francesco,
avvenuta a cavallo tra il 1980
e il 1981. Il telo di lino sacro
fu ritrovato ben piegato
all’interno di un’urna dorata
nascosta dentro una nicchia
di un altare. Una storia
davvero avvincente che
lambisce misteriosamente
quella del telo sindonico
originale. Questa copia,
appunto, non è una semplice
raffigurazione del sudario di
Torino ma, come già detto,
un estratto dall’originale. Ciò
dovrebbe significare che
l’uomo non ha messo mano
alla sua realizzazione. Ci
sono tante altre riproduzioni
in giro per l’Europa, ma,
tutte, hanno delle
caratteristiche che si
differenziano sia da quella
originale sia da quella
esposta nel comune piceno.
La verità sul telo sindonico è
suffragata dalle pergamene
rinvenute. Naturalmente, tutti
gli atti ritrovati o presenti
negli archivi storici, non
possono essere messi in
discussione in quanto
originali, così come sono
veritiere, tutte le fonti cui si è
attinto per scrivere gli
avvenimenti del passato. In
altre parole, è come se ci si
trovasse di fronte ad una
verità incontrovertibile
basata su atti coevi di data
certa. L’unica incertezza
riguarda solo il come sia stata
riprodotta, anche se è
difficile per i fedeli, non
credere a una trasposizione
miracolosa. In ogni caso,
anche la stessa Sacra Sindone
di Torino non ha tutte le
peculiarità che ha quella di
Arquata del Tronto, anzi,
diversi studiosi hanno messo
addirittura in discussione la
sua autenticità.
Naturalmente, è più facile
risalire alla creazione di una
copia piuttosto che a un
originale risalente a più di
duemila anni fa. La realtà sul
sudario di Arquata, dunque, è
“confermata” dalla sua storia.
Ora, proprio in base ad
avvenimenti realmente
accaduti, vengono alla mente
delle ipotesi che si basano su
fantateorie che possono avere
una chiave di lettura del tutto
differente. La fantasia, come
si sa, al contrario della realtà
è creativa e basa le proprie
fondamenta sui pensieri
“logici” di una visuale intima
e immaginaria dando “voce”
al proprio estro più recondito
e, il suo ruolo più difficile, è
proprio quello di mettere in
risalto l’invisibilità di una
possibile verità, ovvero, far
risaltare lo scritto su un
foglio bianco senza utilizzare
alcun tipo di contrasto. Su
quanto anticipato e su quello
che seguirà, offro la seguente
chiave di lettura: “nullius in
verba”. Andiamo per ordine.
Molti sanno che la prima
“apparizione” della Sacra
Sindone è avvenuta in
Francia nel 1353 nelle mani
di Goffredo di Charny,
discendente dell’omonimo
cavaliere templare. Questa
data è molto importante,
infatti, si inserisce
perfettamente nel periodo
indicato dai risultati
scientifici ottenuti nel 1988
in tre laboratori di ricerca
diversi, utilizzando una
tecnica definita “carbonio
14”. Secondo gli studiosi che
hanno eseguito il test, il telo
di lino risalirebbe ad un
periodo storico che va dal
1260 al 1390. Potrebbe
essere, dunque, quello che ha
avvolto un uomo crocifisso
ma non sarebbe lo stesso
utilizzato per coprire Gesù.
La risposta di queste analisi
combacia perfettamente
anche con i documenti
ufficiali della Chiesa. Nel
1390, infatti, Papa Clemente
VII su indicazione del
vescovo di Troyes (luogo
dove furono ufficializzati i
cavalieri templari), emanò
quattro bolle con le quali
permise sì l’ostensione ma
21
con l’obbligo di dire a voce
alta, che il telo non era il
vero sudario di nostro
Signore Gesù Cristo ma un
semplice dipinto fatto a sua
imitazione. Davvero curioso.
D’altro canto, invece, alcuni
studiosi che tentano di
ricostruire la storia della
Sacra Sindone per il periodo
antecedente al XIII secolo,
sostengono che il sudario sia
proprio il Mandylion o
“immagine di Edessa”. Esso
è rappresentato come un telo
di piccole dimensioni che
raffigurava solo il volto del
Cristo, conservato appunto a
Edessa (oggi Urfa) in
Turchia dal 544 al 944 d.C.,
per poi essere trasferito a
Costantinopoli. Sempre
secondo loro, sarebbe rimasta
lì fino al 1204, quando la
città fu saccheggiata dai
crociati che nella circostanza
asportarono molte reliquie.
Per rendere verosimile la loro
tesi, ipotizzano che il piccolo
telo di lino non era altro che
la Sacra Sindone ripiegata su
se stessa per otto volte e
chiusa in un apposito
reliquario che consentiva di
vederne solo il volto. In
questo modo, si oppongono
fermamente alla datazione
del sudario stabilita con
l’innovativa tecnica del
carbonio 14. Strano, ci si
chiede com’è possibile
sostenere così fortemente
quest’ultima teoria se un
pontefice ha “ammesso”
ufficialmente che il lenzuolo
di cui trattasi è falso? Bene,
anche questa è supportata da
una bolla papale del 1506
emanata da S.S. Giulio II,
con la quale ribaltò il
giudizio del suo predecessore
e ne autorizzò il culto
pubblico con regolare messa
e Ufficio proprio. La
situazione sembra
ingarbugliarsi, difficile
esprimersi sia a favore che
contro. Questo chiarimento
ufficiale della Santa Sede,
comunque, consentì la
diffusione delle copie della
Sindone, tra le quali appunto
quella di Arquata.
Ritornando alla sindone
originale, voglio raccontare
un aneddoto storico molto
singolare. Il 4 dicembre 1532
la reliquia rischiò di essere
distrutta a causa di un
incendio avvenuto nel luogo
in cui si trovava: la Sainte
Chapelle del castello di
Chambéry. Cosa c’è di così
singolare? Presto detto: dopo
il rogo, il duca di Savoia,
titolare della reliquia, chiese
poi a papa Clemente VII di
Roma, di nominare una
commissione per eseguire un
controllo sul lenzuolo sacro;
S.S. incaricò alcuni vescovi
che, dopo averla esaminata, il
15 aprile del 1534
certificarono che il telo era
sicuramente quello autentico.
Incredibile, cosa spinse il
monarca a fare questa
richiesta? Aveva forse notato
qualche divergenza tra il telo
precedente e quello uscito
incolume dalle fiamme?
Difficilmente si potrà sapere
ma un fatto è certo, il Duca
fece fare l’accertamento.
Dopo quest’avvenimento, la
Sacra Sindone si spostò in
varie parti d’Europa facendo
ritorno a Chambéry. In
22
seguito, i Savoia trasferirono
la loro capitale a Torino ma il
cimelio rimase in Francia.
Come già accennato, uno dei
più grandi devoti del
lenzuolo funebre di Cristo, fu
Carlo Borromeo. Questi, nel
1578, per sciogliere un voto
fatto durante la pestilenza di
Milano avvenuta nei due anni
precedenti, decide di recarsi a
piedi a Chambéry a far visita
al telo che riportava impressa
l’immagine del corpo di
Cristo crocifisso. Emanuele
Filiberto, sapute le sue
intenzioni, per abbreviare il
viaggio dell'illustre prelato,
dispose lo spostamento della
reliquia a Torino. Il viaggio
del cardinale durò solo
quattro giorni e, una volta
giuntovi, si mise in preghiera
davanti alla reliquia e
partecipò alle quaranta ore di
ostensione. Da allora, salvo
qualche breve trasloco, qui è
rimasta e in seguito, Umberto
II di Savoia, ultimo Re
d’Italia, la donò al Papa.
Queste particolari situazioni
storiche, m’inducono a pormi
questa domanda: devo
credere a quelli che dicono
che la Sacra Sindone è vera
oppure a chi afferma il
contrario? Al di là del fatto
che la risposta non dovrebbe
minimamente intaccare la
fede di nessuno, formulo
delle mere ipotesi che
possano mettersi in contrasto
con il “vuoto” creato dalle
ambigue informazioni
ufficiali. Ai sostenitori
dell’autenticità del telo
sindonico e ai credenti vorrei
ricordare che la persona
raffigurata nel telo
miracoloso di Torino, oltre
alla datazione accertata da
scienziati di tutto rispetto con
il metodo del carbonio 14,
presenta la frattura del setto
nasale. Che cosa vuol dire? A
mio avviso, se davvero il
drappo sacro fosse autentico,
non corrisponderebbe con
quanto scritto dal profeta
Isaia: “nessun osso gli sarà
spezzato” e quindi con le
parole di Dio in quanto per
spezzato si intende anche
rotto (nisi crediteritis non
intelligetis). La Sindone di
Arquata, come già detto in
preambolo, è un “Extractum
ab originali”, cioè,
un’immagine creatasi con la
sola trasposizione. Oltre alle
tante differenze oggettive tra
i due teli (tra le quali il naso),
osservandola attentamente
viene da chiedersi: perché
non si fa uno studio
approfondito sull’autenticità
della stessa che possa
diramare i dubbi dei credenti
e dire con certezza che
l’uomo non è l’artefice di tale
immagine? Sarebbe
interessante svelare l’arcano
della Sindone originale con
l’aiuto di una “copia”. Si
teme forse di fornire prova
certa? Non so, ma penso che
gli “interessati” non debbano
sapere o avere alcuna
certezza fino a quando non
arriverà il “momento”
opportuno. Un’altra domanda
sorge spontanea: perché?
“Onus probandi fidelibus”!
23
L’UOMO
DI
DIO
Michele Proclamato
www.micheleproclamato.it è
un ricercatore indipendente
che vive a L'Aquila. Ha
codificato per primo il
linguaggio dei Rosoni e ha
ideato il “Tour del Mistero”,
basato sui siti sacri più
importanti della città, a cui ha
aggiunto la prima guida
esoterica aquilana: “La
rivelazione dell'Aquila” con la
collaborazione di altri autori.
Ha scritto diversi libri e cura
rubriche per alcuni portali in
rete e per riviste specializzate.
Ho smesso di scrivere di
LUI una notte dell’Agosto
del 2010 e non sono più
riuscito ad aggiungere
nient’altro al già scritto, già
pensato, già dedotto. Per un
anno infatti non ho fatto
altro che occuparmi di
Giordano Bruno, tutti i
giorni a qualsiasi ora e
nonostante sapessi di poter
dire la mia esclusivamente
solo su un aspetto del suo
variegato ed incompreso
sapere, i SIGILLI, ho
continuato a rinviare il
tutto conscio di come la
mia ultima parola su di Lui
mai ultima sarebbe stata.
Sono stato soggiogato,
diretto, deriso, irriso, dal
suo sapere e ne sono uscito,
fortunosamente,
mantenendo in una mano
una piccola perla fatta da
un solo attimo conoscitivo,
intenso, appagante,
inatteso. Ora, come in
24
questi mesi spesso mi sono
riproposto, dovrei ripetere,
meglio riassumere ciò che
ho appreso da
un’esperienza che spesso
mi ha visto pronto a
ritrarmi, ad arrendermi
poiché sentitamente violato
e prostrato da una mente
intransigente, genialmente
costruitasi attraverso i più
grandi personaggi del
pensiero metafisico di tutti
i tempi, indisponente,
nonché rissosa ancora
oggi, nonostante i
maldestri tentavi sulfurei
di porre fine alla sua voce.
Ma come LUI diceva, Dio
aveva generosamente
donato ali al suo pensare al
suo ricercare la luce divina,
prima vera responsabile
della Creazione. Quindi
che dire, da dove
cominciare in questo
sterminato pianoro di
affermazioni e massime
che costituiscono solo una
piccolissima parte del
SUO conoscere, visto lo
spazio, in questo caso, così
limitato. Vediamo un po’,
facciamo così, immaginate
in un magnifico giorno di
primavera inoltrata, di
recarvi in un luogo
magnifico ed
incontaminato dove un
piccolo e magnifico lago
dalle acque cristalline
porrà le sue sponde
profumate a vostra
completa disposizione,
bisognosi come siete, si
spera, di fare chiarezza
nella vostra vita, di avere
un momento tutto per voi
per rivedere e rivedervi nel
vostro vivere quotidiano,
mai disponibile realmente a
concedervi quella libertà di
cui il vostro animo
veramente è bisognoso. E
mentre contemplate e vi
contemplate,
improvvisamente sentite di
essere osservati da un
essere, non un uomo, dalle
sicure sembianze umane.
Prima intimoriti, dal suo
sguardo e poi sempre più
incuriositi dallo stesso,
lentamente, senza
accorgervene, vi
avvicinerete a LUI come se
la sua personalità fosse
fatta dalla stessa forza
attrattiva che governa i
rapporti gravitazionali fra
corpi celesti. Stupiti da voi
stessi e dalla vostra
inaspettata scelta ancor di
più vi sconvolgerete nel
sentirvi dire e rivolgere ad
un presunto e perfetto
sconosciuto la seguente
domanda: “COME
PUO’DIO CREARE
TUTTO CIO’?”. A quel
punto ormai impossibilitati
nel poter tornare indietro
dalla vostra domanda,
indirizzerete nuovamente a
quell’angolo di natura
perfetta il vostro sguardo e
aperta la vostra mente,
consci di assistere ad uno
spettacolo unico, porrete il
vostro cuore e tutta la
vostra attenzione alle
parole che sicuramente
quello sconosciuto
dedicherà voi. Ed infatti…
“Fratello, sappi che il
mondo che tu vedi è
triplice, è fatto di idee,
vestigia delle idee e ombre
delle idee”
“In che senso?”
“Credi forse di osservare
solo materia? Tutto ciò che
vedi è il frutto di pensieri
perfetti destinati a
diventare qualsiasi forma
in natura e immagini della
stessa nella tua mente”.
“E di chi sono queste…
idee?”
“Di dio”
“Quindi tutto è Dio?”
“Esatto”
“Ma allora sarà ovunque”
“Sì”
“In che modo, in che
percentuale?”
“La tua è una domanda
tipica dei tuoi tempi, ma ti
basti sapere che DIO si
trova in ogni cosa nelle
percentuali che le spettano”
“Anche nelle pietre?”
“Nelle pietre, nelle piante,
negli animali, nei pianeti,
nelle stelle, negli dei, nella
giusta proporzione”.
“Negli DEI? Scusami ma
gli Dei mi sembrano un
concetto un po’
sorpassato”.
“Davvero? Allora dimmi,
se Dio dovesse, come dire,
dividersi, quale sarebbe il
primo grado di
suddivisione del suo
creare?”
“Mi stai dicendo che
esistono entità
identificabili con gli Dei?”
“Ti sto dicendo che anche
tu come tutti, mai potrai
veramente spiegare tutti gli
eventi della tua vita se non
accetterai in essa la
25
presenza di qualcosa di più
“alto” e operante”
“Non è possibile”
“Davvero? Allora dimmi
sei innamorato?”
“Sì”
“E come è nato tutto?”
“Per puro caso,
assolutamente per puro
caso, e oggi vivo con una
persona meravigliosa con
cui ho scoperto avere
moltissimo in comune”
“Bene, a distanza di tempo
puoi dire che tutto ciò sia
potuto nascere per caso?”
“In effetti le coincidenze
che hanno fatto sì che ci
incontrassimo sono state
davvero stupefacenti”
“E se ti dicessi che quelle
coincidenze si potrebbero
accreditare alla volontà di
un entità chiamata, come tu
ben sai, CUPIDO, il tutto
avrebbe più senso?”
“Forse sì, in effetti
considerando ciò che poi è
successo, sembrerebbe
che… sì, per quanto
incredibile, potrebbe
essere”
“Allora pur essendo un
uomo moderno se posso ti
suggerirei di pensare che il
destino umano è deciso
dalle sue scelte…solo a
metà.”
“Tutto è vivo e consegna le
sue caratteristiche
all’uomo”
“ E come può avvenire
tutto ciò?”
“Semplicemente perché
ogni cosa è specchio di
un’altra essendo tutte figlie
della stessa matrice, quindi
ricorda, chi non intende
uno non intende nulla.”
“Ma cosa trasmette tutto
ciò?”
“Colei che conserva ogni
sapere …la LUCE”
A questo punto
probabilmente osserverete
quell’essere con occhi
perlomeno curiosi e vi
ritrarrete forse spaventati
da tanta sicurezza nel
descrivere un mondo così
diverso da quello
percepito, e spontanea
nella vostra mente
comincerà a sorgere la
speranza mai coltivata, che
tutto ciò che vediamo non è
altro che il risultato finale
di una “mente” capace di
trasformarsi in ciò che
pensa.
“Ma se accetto tutto ciò,
dovrò pensare che persino i
corpi celesti hanno un
anima”.
“Noi chiamavamo gli
stessi, animali, cioè dotati
di anima”.
“Esatto”
“Come hai potuto sentire
ciò che pensavo?”
“Non ha importanza
piuttosto domandati di cosa
è fatta questa mente”
“Non saprei, tu mi hai
detto di idee”
“E le idee dentro di te di
cosa sono fatte?”
“Mi stai chiedendo qual è
l’energia che alimenta e
crea i pensieri umani?”
“Quindi tutto è vivo”
“Diciamo di sì”
Mente (F1)
“Non saprei, forse …
forse.”
“Bravo dai voce al tuo
sentire, stai intuendo in
modo esatto. Il pensiero è
suono è vibrazione”
“Di conseguenza le idee di
Dio che se mi permetti
definirei archetipi, non
sono altro che suoni”
“Otto suoni ben precisi
destinati a diventare ciò
che vedi e ciò che mai
vedrai in quest’universo
infinito”
“E solo otto suoni come
possono diventare …
materia, spazio, tempo,
luce.”
“Vedo che questo posto ti
sta dando il giusto
equilibrio per immaginare
le giuste domande”
“Otto frequenze, che
sarebbe meglio definire
otto entità possono
diventare il nostro mondo,
trasformandosi prima in
pura geometria per la
precisione in 5 momenti
geometrici ben precisi.”
“E come la geometria può
diventare forma, come una
26
figura geometrica può diventare
un colibrì”
“Bravissimo sei incalzante,
stai intraprendendo anche
tu la via del ritorno a Dio.
Vuoi sapere come?
Attraverso un'unica legge,
l’unica legge aggregante
esistente in tutto l’Universo
vera responsabile di tutte le
vostre improbabili leggi
fisiche”.
“Dimmela”
“La legge Spiralica”
“Vuoi dire che gli archetipi
divini acquisiscono miliardi di
forme attraverso un sistema
aggregante spiralico?”
“Voi oggi direste così”
“ Allora di cosa sono fatte
queste miliardi di cose, di
cosa è fatta la materia?”
“Voi affermereste oggi,
dalla somma spiralica di
miliardi di fotoni, io direi
semplicemente di LUCE”
“Quindi DIO vibra se
stesso diventando LUCE
destinata ad essere
materia?”
“Pressappoco”
A quel punto osserverete il
paesaggio intorno a voi e
capirete che la differenza
fra la luce che illumina
quel panorama e ciò che
costituisce lo stesso è
minima e spontaneamente
vedrete nascere dentro di
voi la constatazione che se
tutto è pensiero il vero
luogo in cui si crea la
realtà è la vostra mente ed
attratti da una soluzione
finale sarete costretti a
pensare che la differenza
fra voi e Dio dovrà essere
effettivamente minima, se
si considera che anche e
soprattutto l’uomo è mente
e chiederete come mi son
chiesto.
“Io sono come…….
DIO?”
“Sei la cosa più simile a
lui conosciuta su questo
pianeta”
“Perché ci sono altri esseri
intelligenti come l’uomo?
“Come l’uomo, più
dell’uomo e meno
dell’uomo, in tutto
l’universo”
“Io non ne sarei tanto
sicuro”
“Peccato, se tu vedessi il
creato attraverso la legge
della simmetricità, della
similitudine e
dell’analogia, come
effettivamente è, forse non
avresti titubanze, ma non
tutti hanno abbastanza
coraggio per essere …
uomini.”
“Piuttosto spiegami come
usa la sua mente DIO
….Maestro”
“La usa utilizzando dei
meccanismi mentali
tipicamente presenti in
tutti gli esseri viventi ma
ultimamente bistrattati.”
“Che cosa vuoi dire?”
“Osserva la creazione, per
avere la tua risposta, in
quanti modi la natura
esprime la vita”
“In che senso?”
“Se la natura è Dio e la
natura crea per esempio un
essere come il Pesce
Volante o l’Ornitorinco, o
la Megattera oppure la
Giraffa, non ti sembra che
essa sia abbondantemente
fornita di
Immaginazione?”
“Sì, in effetti sì”
“Allora come puoi ben
vedere una delle
caratteristiche migliori del
creatore sarà proprio la
fantasia o
l’immaginazione. Ora
dimmi, forse nella natura
così complessa non esiste
un reale effettivo
equilibrio che bilancia
tutto?”
“Sì, esiste.”
“Allora pensa al fatto che
DIO è sì fantasia ma anche
ordine, quindi
immaginazione e
razionalità
contemporaneamente”
“Ma sono caratteristiche
mentali umane queste!
Quindi esiste un progetto
intelligente alla base
dell’Universo?”
Intelletto (F2)
27
“Esiste un progetto
numericamente
intelligente da millenni
conosciuto e da millenni
codificato”
“Maestro perdonami stai
forse affermando che
esiste una codifica
numerica della
creazione ?”
“Ma certo, non solo, esiste
un linguaggio simbolico
dedotto dal progetto
divino, utilizzato da
sempre da i grandi iniziati
per creare ogni tipo di
capolavoro”
“Mi stai dicendo che il
pensiero divino è stato
codificato simbolicamente
e l’utilizzo di tali simboli
permetterebbe all’uomo di
creare … qualsiasi cosa
egli voglia in modo …
perfetto?”
“E’ così”
“Allora se osserviamo
attentamente la Natura
possiamo percorrere il
tragitto divino al contrario,
scoprendo in essa gli
archetipi e quindi i
SIGILLI alla base del
creato”
“Che giornata
meravigliosa, vero?”
“Maestro rispondi alla mia
domanda ti prego, sono
forse l’immaginazione, la
fantasia, l’intuito, la
razionalità e i sensi i mezzi
attraverso i quali tornare a
LUI?
“Sì figlio mio, quelli sono
i modi per ridestare la tua
anima, ognuno di essi è un
atto di Luce utile a
risvegliare quella parte di
luminosità divina
dormiente in te ma da
sempre presente”
“Maestro ma allora sulle
rive di questo lago sto
ricordando attraverso le
tue parole ciò che in me è
già presente”
“Ricorda, numero, arte,
amore, magia, questi
dovranno essere sempre i
tuoi maestri se a Dio
vorrai ritornare,
rimembrando”
“Aspetta maestro non
andare via, se così è, se
l’uomo può ricordare,
allora mai muore
veramente, in qualche
modo vede il creatore o i
suoi archetipi”
“Ora sai il perché l’Arte
della Memoria fu per me
così importante”
“Un’ultima domanda, poi
ti lascerò andar via”
“Dimmi”
“Perché DIO ha creato?”
“Per puro, semplice e
meraviglioso Amore. Ora
va e cerca fra gli esseri
umani e vedrai che
qualcuno più di altri potrà
dirti perché non esistono
tanti segreti nell’umanità,
bensì un solo mistero, il
quale indagato con
l’impegno meritato, forse
vi permetterà di capire
perché nulla divide il
sapere delle antiche civiltà
da quello che costruì le
musicali cattedrali gotiche,
che diede modo a tanti
iniziati di creare capolavori
inarrivabili e inesausto di
Amore (F3)
riapparire nei Campi di
Grano di tutto il mondo,
per opera di chi da sempre
sa che il tempo è solo uno
degli effetti del suono, per
opera di chi vi sorvola
utilizzando un energia fatta
di puri intervalli musicali,
matrice geometrica di un
universo fatto solo di
frequenze dodecafoniche.”
Detto questo, quell’essere
verso il quale sentirete un
amore e un affetto infinito,
in quel momento, sulla
stretta e sabbiosa riva di
quel lago reso perfetto
dall’imperfezione divina,
con un semplice ramo
portato a riva dall’opera
lunare, inciderà indelebili,
poche e perfette parole, le
seguenti:
“Mente (F1), Intelletto
(F2), Amore (F3)”. Saprete
allora che in quel mondo di
pura immaginazione
avrete avuto come me la
fortuna immensa di aver
incontrato l’unico il vero
“Dormitantium Animorum
“xcubitor” ( Risvegliatore
di Animi Dormienti).
LIFE AFTER LIFE
28
Noemi Stefani [email protected] sensitiva e ricercatrice della storia
delle religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo
numerose conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a
visitare i posti più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha
preso parte a convegni con tematiche riguardanti “ la vita oltre la
vita “ facendo da tramite per le persone che erano in attesa di
risposte e conferme dall’aldilà. Ha tenuto conferenze, intervenendo
anche a trasmissioni radio (RTL 102,5) e televisive (Maurizio
Costanzo show).
SERAFINO
DETTO
E
FATTO
Erano gli anni novanta
e si incominciava a
parlare dei crope-circles
(cerchi nel grano grandi
centinaia di metri),
elaboratissimi
disegni che si formano
nella notte in modo
inspiegabile e repentino, e
io ero molto interessata
all'argomento. Avevo
deciso di partecipare a un
Convegno a Rimini dove
si sarebbe parlato di
questo e di ciò che
riguarda la spiritualità,
che forse mi
interessava anche di più.
29
Non amo guidare, e perciò
decido di partire in treno.
Il viaggio è lungo e il
paesaggio monotono.
Dopo aver letto per un
po’, prendo l’agenda con
gli appunti, la sfoglio
distrattamente, e sento che
il mio angelo custode
(Serafino) mi deve dire
qualcosa. Allora scrivo,
sotto dettatura come
sempre e non so cosa sto
scrivendo.
“Il tuo pensiero serve
poco a quelli che escono
dalla retta via. Il tuo
pensiero deve essere
capito ma senza forzare”.
E poi solo quattro parole:
“Mi farò sentire presto”.
Ormai lo conosco troppo
bene... So che mantiene
sempre la parola data e
quindi non mi resta che
aspettare e vedere quando
succederà. Arrivo a
Rimini, cerco l' Hotel che
mi è stato assegnato e
tutto procede tranquillo
fino alla mattina seguente.
Scendo per la colazione e
al mio tavolo faccio
conoscenza con
un’occhialuta prof.
d’inglese che viene da
Milano come me. Si
chiacchiera, e tra una
tazzina di caffè e un’altra,
lei si lamenta di avere un
problema agli occhi. Ha
fatto diverse cure ma i
medici non hanno capito
un bel niente. Era venuta
al Convegno con la
speranza di trovare l’idea
di un rimedio, non sapeva
bene nemmeno lei in cosa
sperare. Poi mi aveva
chiesto perché ero lì.
Piano piano avevo
introdotto il discorso della
spiritualità e della
certezza che gli Angeli
esistono veramente perché
il mio lo sentivo da
sempre. Aveva spalancato
gli occhi prima
di riabbassarli subito sulla
fetta di pane e marmellata
che stava spalmando con
attenzione, e un sorrisetto
di compatimento era
affiorato alle sue labbra.
Con gesto di sfida mi
butta lì un ... “perché non
proviamo a chiedere a
loro?”. Per nulla in
imbarazzo tiro fuori la
mia agenda personale e
facendomi un po’ di posto
tra piatti e tazzine provo a
chiedere, e a trascrivere,
tento di lasciar fluire
attraverso me l’Energia
Angelica. Mentre
scrivevo, l'avevo vista
sorridere con gli occhi
bassi dietro agli
occhiali. Forse pensava
chissà quale sciocchezza
mi vorrà propinare questa
qui. Il mio Serafino
risponde
“Si tratta di onde
magnetiche, sono quelle il
tuo male”, poi aggiunge
“E vai a trovare tua
madre perché non lo fai
mai”.
Leggo il messaggio ad
alta voce e la donna
sobbalza sulla sedia.
Adesso l’espressione di
compatimento era
diventata un’espressione
di sorpresa. “È tutto vero.
Abito in una casa vicino
alla RAI di Milano e
quindi per le onde
magnetiche è più che
possibile. Ed è anche
vero, e mi sento in colpa,
che dovrei andare più
spesso a trovare mia
madre”. Mi aveva chiesto
scusa per aver dubitato di
me e poi si era alzata per
andare a parlare al tavolo
di altre due signore, ed era
tornata per presentarmele.
Loro erano di
Roma e parevano molto
interessate al mondo
spirituale, così finita la
colazione tutte insieme ci
avviamo al Convegno.
Passano le ore, è ora di
pranzo e ci fermiamo in
un ristorante a mangiare
un bel piatto di pesce. Tra
un boccone e l'altro torna
il discorso degli Angeli, di
come per me siano una
presenza viva e costante.
Una delle due romane è
scettica. Mi risponde che
lei non ci crede, anche se
una volta ne ha visto uno
sul soffitto della stanza.
L’ha anche descritto
enorme e bellissimo,
vestito di verde, con gli
abiti ricchi e
ridondanti, drappeggiati in
modo rinascimentale tipo
gli angeli di Raffaello. La
osservava dall’alto e le
30
sorrideva in tutto il suo
splendore. Eppure non ci
crede. Se lo ricordava
molto bene eppure aveva
preferito rimuovere questo
ricordo dalla mente
perché nessuno ci avrebbe
creduto. Finito di pranzare
la donna dice che deve
andare a prelevare in
banca perché non ha più
uno spicciolo e siccome lo
devo fare anch’io
partiamo tutte e tre. È
presto e la banca è ancora
chiusa. Fuori ci sono già
delle persone che
attendono. Per fortuna a
noi serve il prelievo
automatico, il Bancomat.
L’amica romana inserisce
la tessera e aspetta. Prova
e riprova più volte, ma
niente, non funziona.
Abbiamo fretta perché è
tempo di tornare al
Convegno che è un po’
distante da lì, ma i soldi ci
servono. Lei mi dice
prova tu. Inserisco la mia
tessera Bancomat ma non
succede nulla, e le dico
prova ancora adesso...
L’amica inserisce di
nuovo la sua tessera, la
vedo di spalle. Si gira e in
mano di tessere ne ha due.
Viene verso di me e mi
dice “guarda!”. “Ohhh…
ecco cos’era”. Lo dice
alzando la voce, e anche
le persone che sono vicine
si voltano a guardarci
incuriosite. Dice “guarda”
e intanto mi abbraccia
forte. Sulla seconda
tessera Bancomat è
stampato un bellissimo
Angelo. È vestito di
rosa come quello della
foto al S.Sepolcro a
Gerusalemme, e la scritta
“maestro” sotto
all’immagine completa il
quadro esatto. A proposito
di quadri, quell’immagine
la rivedo molto spesso
perché ne ho una così
appesa in cucina a casa
mia. Era come se io le
avessi dato l'accesso (mi
fa notare l'amica romana)
come se le avessi dato una
nuova opportunità di
aprirsi alla fede. Ancora
una volta Serafino era
stato di parola. Si era fatto
sentire e vedere, eccome.
Lui l’aveva detto mentre il
treno correva verso questa
bella avventura e ancora
una volta non aveva
mancato al Suo impegno.
XAARAAN
31
Antonella Beccaria [email protected] editor e traduttrice, scrive e pubblica
con la casa editrice Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri e con Socialmente Edizioni.
I suoi libri sono disponibili sia in libreria che online: tra questi "Il programma di
Licio Gelli" (2009), "Pentiti di niente - Il sequestro Saronio, la banda Fioroni e le
menzogne di un presunto collaboratore di giustizia" (2008), "Uno bianca e trame
nere – Cronaca di un periodo di terrore" (2007), "Bambini di Satana – Processo al
diavolo: i reati mai commessi di Marco Dimitri" (2006) e "NoSCOpyright – Storie di
malaffare nella società dell'informazione" (2004). http://antonella.beccaria.org/
KRIMINAL
BANK
Un asettico annuncio: “Data
ultima per richieste di
risarcimento: 31 marzo
2010”. E da allora più nessun
aggiornamento sul sito della
Bank of Credit and
Commerce International
(Bcci), posta in liquidazione
dopo i blitz che tra il 1991 e il
1992 vennero condotti, sulla
scia di quanto già accaduto
negli Stati Uniti, in diversi
Paesi europei e che portarono
alla chiusura di numerose
filiali sparse nel Vecchio
Continente. Per quanto poco
conosciuta, la storia di questa
banca (bollata dai media
come “Kriminal Bank”) è
interessante perché tocca,
spaziando per mezzo mondo,
alcuni dei principali business
criminali. E finisce per
comprendere anche l’Italia,
dove venne tentata la scalata
alla Montedison. Fu fondata
dal banchiere originario del
sub-continente indiano : era il
1971 e gli accordi definitivi
vennero presi in un hotel di
Beirut. Da allora l’ascesa fu
vertiginosa: sedi che vengono
inaugurate un po’ ovunque
per arrivare a una presenza in
una settantina di nazioni, 417
filiali (molte delle quali in
Gran Bretagna), un milione e
trecentomila clienti, oltre a un
attivo di quasi 21 miliardi di
dollari. Nel frattempo, in
un’ottica di “ottimizzazione”
delle attività, si diede vita a
una serie di controllate
distribuite tra il
Lussemburgo, Dubai e le
Cayman mentre i manager
venivano “gratificati” con
costosissime convention
scandite dalla presenza di
decine di ragazze non tutte
maggiorenni. Inoltre
l’estrema disinvoltura nella
scelta dei partner in affari fu
un fattore determinante per
l’espansione della banca
d’ispirazione islamica. Tra
questi, Pablo Escobar, il
colombiano a capo di uno dei
più potenti cartelli della
droga, e il generale
32
Agha Hassan Abedi
panamense Manuel Noriega.
Ma Abedi, diventato celebre
per una serie di attività
filantropiche (sostegno alla
minoranza linguistica urdu in
Europa e alle relative attività
letterarie, creazione di facoltà
tecnologiche e scientifiche in
Medio Oriente – soprattutto
in Pakistan – quando non di
intere università,
mecenatismo nei settori più
vari che vanno dall’arte allo
sport), coltivò però contatti
ben più particolari. Come
quelli con Kamal Adhman, a
capo dei servizi segreti
militari sauditi, e con uomini
della Cia e referenti
dell’amministrazione Usa
(Nixon in primis, ma più
avanti, dopo lo scandalo
Watergate, non disdegnò
affatto ambienti democratici)
che qualche conto in sospeso
lo volevano regolare,
soprattutto con l’Unione
Sovietica e con l’Iran. Di
fatto la Bcci – emerge dalle
indagini giudiziarie
internazionali condotte a
cavallo di oltre vent’anni (le
prime risalgono al 1989,
quando sette dirigenti
dell’istituto di credito
vennero condannati in Florida
per il riciclaggio dei proventi
del narcotraffico) – fu la
cassa a cui l’intelligence
direttamente o indirettamente
legata agli Stati Uniti attinse
per alcuni episodi “caldi”
della guerra fredda (tra cui
l’invasione dell’Afghanistan
e la guerra Iran-Iraq). Inoltre
c’erano i cordialissimi
rapporti con il dittatore
pakistano Mohamman Zia ulHaq, che assicurò alla Bcci
proprietà e controllo dei pozzi
petroliferi in quella zona. E
proprio sulla questione
petrolifera (estesa poi più in
generale al settore della
chimica) si innestano le
relazione con l’Italia, dove
però la Bcci non ebbe mai
neanche uno sportello. Tra i
primi a rilevarle fu all’alba
degli anni Ottanta il giudice
istruttore Carlo Palermo, ai
tempi delle sue inchieste a
Trento e poi a Trapani (le
racconterà in seguito nel suo
libro Il quarto livello, uscito
nel 2002 per Editori Riuniti).
Se all’inizio fu la guardia di
finanza di Milano e poi la
commissione P2 a ipotizzarne
il coinvolgimento in attività
discutibili, nel 1993 altre
conferme arrivarono dal
Congresso americano, che
aveva incaricato la Task
Force on terrorism and
unconventional warfare di
occuparsi del bubbone
finanziario mediorientale. Le
relazioni italiane della Bcci si
ufficializzano nel 1978, per
quanto contatti perlustrativi
fossero in corso da almeno un
paio d’anni. E le mire della
banca mediorientale si
concentrarono su Eni (ai
tempi della direzione
finanziaria di Florio Fiorini) e
Montedison. Di quest’ultima,
il 10 per cento delle quote
venne rilevato sempre nel ‘78
a Gaith Pharaon, l’uomo Bcci
accreditato negli ambienti
occidentali che si avvalse
dell’intermediazione di
Massimiliano Gritti, in
precedenza collaboratore di
Eugenio Cefis. Inoltre il 4
ottobre di quell’anno con
l’ente petrolifero si raggiunse
un accordo che portò alla
creazione della Italfinanze
International Spa nel cui
consiglio d’amministrazione,
oltre allo stesso Fiorini, c’era
anche il presidente dell’Agip,
Raffaele Santoro. Siamo nel
periodo in cui dall’Eni escono
flussi di denaro che finiscono
nel Banco Ambrosiano di
Roberto Calvi e, risalendo
33
una catena di società e
indagini, si giunge ai rapporti
tra la Bcci e l’italiana Banca
Nazionale del Lavoro, sotto il
controllo socialista. Più nello
specifico si parla del
coinvolgimento della filiale
di Atlanta in un prestito
illegale per centinaia di
miliardi di lire (oltre –
raccontano articoli
giornalistici dell’epoca e gli
atti di una commissione
d’inchiesta – alla fornitura di
navi, munizioni e mezzi di
manutenzione targati
Fincantieri) all’Iraq di
Saddam Hussein. Scandalo
che finì per lambire anche
l’italiana dell’aeronautica
Agusta in un periodo in cui
l’astro di Bettino Craxi era in
ascesa e su cui, dopo la
vittoria nel braccio di ferro
Eni-Petronim, la P2 iniziò a
puntare apertamente.
(Questo articolo è stato pubblicato
sul numero di febbraio 2011 del
mensile La voce delle voci)
Anno 2010. È trascorso ferragosto da un paio di giorni
quando Francesco Cossiga muore in un ospedale romano.
Con lui, si è detto nei giorni successivi, se n'è andato un
pezzo di storia d'Italia che si sarebbe guardato bene dal
raccontare, un armadio da aprire alla ricerca di quelli che
lui stesso chiama gli “arcana della Repubblica”. Ma a
rileggere ciò che il grande vecchio della politica tricolore
scrisse e dichiarò, è possibile aggiungere qualche tassello a
un mosaico fatto di servizi segreti e carabinieri, terroristi
perdonati e magistrati invisi, stragi e Gladio. Dal rapimento
Moro all'infiltrazione nelle organizzazioni estremistiche,
dalla passione per l'intrigo alle guerre intestine nella
Democrazia Cristiana, da Ustica all'amore per gli ex
comunisti, dall'amicizia con i palestinesi ai conflitti
silenziosi sullo scacchiere del Mediterraneo. Questi sono
alcuni degli argomenti di cui Francesco Cossiga parlò a più
riprese. Per ribadire, come gli insegnò il suo mentore, Aldo
Moro, “sacrificato sull'altare della Ragione di Stato”, che
“noi non ci faremo processare”.
34
CONFESSO, HO VIAGGIATO
Noemi Stefani [email protected] sensitiva e ricercatrice della storia delle
religioni, indaga da più di 20 anni nel paranormale ricevendo numerose
conferme alle sue tesi. Le sue esperienze l’hanno portata a visitare i posti
più misteriosi e ricchi di spiritualità della terra. Ha preso parte a convegni
con tematiche riguardanti “ la vita oltre la vita “ facendo da tramite per
le persone che erano in attesa di risposte e conferme dall’aldilà. Ha
tenuto conferenze, intervenendo anche a trasmissioni radio (RTL 102,5)
e televisive (Maurizio Costanzo show).
UNA NUOVA CIVILTÀ
SCONOSCIUTA O UN
POPOLO ANTICO?
ANTICO?
LA CIVILTA'
VILLANOVIANA
(ETRUSCHI?)
Verucchio
Siamo in Italia e
precisamente in Romagna.
Si, ancora castelli ... La mia
mente segue il filo logico e
ha ripescato qualcosa di
veramente interessante da
scoprire. Se avrete voglia di
seguire il mio spaziare nei
ricordi, magari quando
sarete in vacanza a Rimini
dopo tanti tuffi nell'azzurro
farete un vero tuffo nel
passato che dista solo poca
strada da lì. Andiamo,
facciamo questa salita
perché là in cima c'è tutto
da vedere. Parlano di un
Museo dove si trovano
reperti di straordinaria
bellezza ed unici in Italia.
L'abitato di Verucchio si
trova in cima ad uno
sperone di roccia e la sua
storia è piuttosto antica in
quanto risale tra il IX e il
VII secolo a.C. Forza,
andiamo a vedere …
Costruzioni da medio evo.
Entro in una piccola piazza
da cui si dipartono più
strade ed è quasi il
tramonto, un silenzio che fa
quasi rumore. Mi guardo
intorno ma non c'è nessuno
35
a cui chiedere indicazioni.
Temo che sia tardi per
una visita al museo, forse
sarà già chiuso. Nella
piazza c'è una piccola
tintoria e dentro vedo un
bambino. Piccoletto,
smilzo, testa rasata e
occhietti furbi, forse avrà
sette o otto anni. Gli
chiedo dov'è il monastero
dei Monaci Agostiniani, il
museo insomma.
“Non è distante, ti ci
porto io” mi risponde
gentile, “Mi chiamo
Gabriele”. Lo seguo. In
quel paesaggio surreale e
deserto è come fosse la
mia guida spirituale. Mi
cammina un po’ al fianco
un po’ saltellando
allegramente davanti a
me, che lo seguo con il
fiatone ... bisogna fare in
fretta. Forse per lui sono
un piacevole diversivo
alla noia del tardo
pomeriggio, ma per me è
veramente la miglior
guida che potessi avere.
Sa tutto, conosce tutta la
storia di Verucchio e gli
piace raccontarmela. Il
paesino è in cima alla
montagna, scavando un
po’ uscì fuori la prima
tomba e poi si è scoperta
la necropoli. In seguito
agli scavi effettuati
tutt'intorno all' antico
abitato a partire dalla fine
dell' 800 sono stati
rinvenuti resti di doti
funebri e tombe. Per gli
studiosi migliaia di anni
fa qui viveva una fiorente
comunità che è stata
definita “Civiltà
Villanoviana”. Centinaia
di tombe che sono state
aperte hanno restituito
non solo reperti unici per
il valore archeologico, ma
anche un mondo estetico
e simbolico molto
raffinato, materiale e
spirituale. Nel 1613 in
una cronaca dell'epoca si
descrive … “Certe olle
grandi piene di cenere
come che fossero di corpi
umani abbruciati secondo
la pagana usanza”. Tra le
prime 126 tombe
ritrovate, anche due
straordinarie inumazioni
principesche. Inoltre,
tracce di costruzioni,
capanne e fornaci.
L'impressione che si
prova a visitare questo
museo è strana. Sembra di
vedere reperti di designer
e orafi contemporanei,
talmente gli oggetti
conservano nella loro
bellezza una straordinaria
modernità. Possibile che
siamo di fronte a un'antica
tribù di contadini e
guerrieri? Basta guardare
la ricercatezza dei gioielli
d'ambra, le elaborate
fibule d'oro e di osso, e lo
spettacolo di un trono
ligneo tutto intagliato e
conservato al meglio. Ci
sono alcuni corredi
principeschi, con scudi e
armi, vasellame e bronzi,
materiali organici come
legno, vimini, cibo,
tessuti, tavolini, sgabelli. I
resti di un cassone ed il
prezioso trono ricoperto
da eleganti intagli
raffiguranti scene di vita
quotidiana e parate
cerimoniali. Gabriele, il
piccolino mi sta accanto e
guarda con me con occhio
attento mentre viene
proiettato un video, un
filmato che propone come
poteva essere un rito
funebre Villanoviano
secondo i risultati degli
scavi. Il bambino mi
chiede l'ora, dice che è
36
tardi e che deve tornare a
casa di corsa. Vorrei
dargli qualche soldino
come ringraziamento per
avermi fatto compagnia
ma mentre cerco il
portafoglio è già distante,
perso tra gli ultimi
visitatori. Gabriele (come
l'angelo) mi sorride, fa
ciao con la mano e
schizza via. Resto sola e
penso. Questo castello era
dei Malatesta ed è ancora
molto evidente l'impronta
medioevale di una
fortezza. Con questa
Signoria Verucchio
ottenne un' ottima
posizione di prestigio. Il
fiume Marecchia con il
suo vasto letto permetteva
alle navi di risalire il
corso ed attraccare in un
luogo più protetto rispetto
alla costa. Sorta su un
territorio roccioso eroso e
modellato durante il
Pliocene (3 milioni di
anni fa), Verucchio è stata
da sempre considerata una
fortezza naturale. Che
spettacolo! Chissà perché,
con tanta storia e tante
bellezze da mostrare
Verucchio non ha
mantenuto nel tempo la
stessa fama di altri luoghi,
di cui non ha proprio
nulla da invidiare. Luoghi
che conosco. Molto più
nominati ma che pur
avendo tanta storia da
raccontare, non
trasmettono le stesse
sensazioni “a pelle” che
ho provato qui.
37
DIETRO LE MASCHERE DI CARNEVALE:
TRES, DI SIMONE CORÀ
Daniele Bonfanti
[email protected] pianista,
compositore ed ex
campione di kayak, ha
frequentato la facoltà di
Filosofia presso
l’Università Statale di
Milano. Editor, autore,
curatore di raccolte e
giornalista divulgativo in
ambito di antichi misteri.
Per Edizioni XII lavora
attualmente come editorin-chief e dirige la
collana Camera Oscura,
dedicata alla narrativa
esoterica. Il titolo del suo
ultimo romanzo,
recentemente tornato in
libreria in una nuova
edizione, è Melodia.
Simone Lega
[email protected]
nasce il 13 novembre
1978 a Siracusa.
Ha pubblicato racconti
per Perrone editore e su
varie riviste e si è beccato
pure qualche premio.
Collabora con la casa
editrice 'Edizioni XII
(caporedattore del blog) e
per “Il Teatro Instabile
Siracusa” svolge di volta
in volta il ruolo di autore,
lettore impacciato in
spettacoli – reading,
maldestro tecnico luci…
Nella seconda metà del
2011, per Edizioni XII
nella collana Mezzanotte,
è in uscita il suo primo
romanzo
[D.B.] Occorre aspettarsi tutto,
a Carnevale, così come occorre
aspettarsi tutto dalla vena
morbosa e bizzarra di Simone
Corà – e lo dimostra, per chi
avesse ancora dubbi, nel suo
spassosissimo primo romanzo,
di imminente uscita: Maledette
zanzare. Nel suo racconto Tres,
pubblicato nella raccolta
Carnevale che ho recentemente
curato insieme a David Riva
per Edizioni XII (collana
Camera Oscura), in mezzo a
intrecci imprevedibili tra calli,
canali e le seducenti promesse
di una festa in maschera,
assisteremo a esplosioni di
grottesca meraviglia disgustata.
Magia del Carnevale, allo stato
puro. Ecco che Simone ci
racconta com'è nata questa
fantasmagoria di carne e colori.
E in anteprima, la tavola di
Tres, illustrata da Diramazioni.
Tres, il making of
Prima che Tres prendesse
realmente forma, le idee iniziali
riguardavano una storia di zombi
in quel della Venezia
Carnevalesca – un esercito di
morti viventi mascherati che
barcolla tra le calli suonando
trombette e lanciando stelle filanti
è uno spunto che mi ha sempre
tentato. Avevo bisogno di una
maschera in particolare attorno
alla quale scrivere la storia, una
maschera che potesse far
camminare il protagonista tra
l’orda di resuscitati senza essere
notato – questa era l’idea,
l’immagine principale su cui
stavo lavorando mentalmente.
Quindi, cosa meglio del vecchio
Bernardon, un cencioso, vecchio
mendicante distrutto dalla sifilide,
che a stento riusciva a stare in
piedi? La storia ha preso poi
strade totalmente diverse, mi sono
indirizzato su uno degli
argomenti horror che preferisco e
che sfrutto, spesso e volentieri, in
tutto ciò che scrivo, ovvero
mutazioni organiche, fusioni di
corpi, pasticci di carne. Mi piace
parlare di cose disgustose e
splatter in un tono però un po’
scanzonato e ironico, o che
comunque non prenda troppo sul
serio la situazione, qualcosa
vicino a certi horror sanguinari
degli anni Ottanta (c’è un’enorme
citazione/omaggio di un certo
film simbolo di quel periodo, non
è troppo difficile scoprire quale).
Qui, la maschera del Bernardon si
inserisce sia per la repulsione
provata verso il povero vecchio,
sia per il concetto di elemosina,
38
attività in cui, in un modo o
nell’altro, realistico o orrori
fico, sono impegnati tutti i
protagonisti. Al di là della
componente soprannaturale e
della maschera, il racconto
affronta i concetti di
coincidenze e casualità, di
destino, se vogliamo, e di
facoltà di scelta. Tutti i
personaggi agiscono per
sbaglio, chi per terribile
errore chi per concreta
stupidità, in un quadro
complessivo che, però,
sembra costruito e reso
possibile proprio da queste
fatalità. Oltre all’elemento
gore, un’altra cosa che adoro
fare, infatti, anche se spesso
mi crea ulcere urticanti, è di
stratificare la struttura
portante, complicare le
vicende, aggiungere elementi
ed elementi ed elementi che
si incastrino tra loro. Tres
contiene tre episodi, tutti e
tre con un personaggio
travestito da Bernardon, tre
storie che continuano a
sfiorarsi, intrecciarsi,
incontrasi (per caso o no?)
fino a combaciare nella parte
conclusiva. Ci sono tre baldi
ragazzini in cerca di un
appartamento dove si svolge
una festa, uno sfortunato
turista rapinato e costretto a
mendicare per compare il
biglietto del treno e tornare a
casa, e un innamorato
disilluso che insegue
vanamente la felicità
creandosi un siero apposito.
Far quadrare i conti, alla fine
del viaggio, mi porta sempre
a chiedermi perché diavolo
mi complichi la vita in
questa maniera, e difatti la
lunga parte conclusiva è
stata modificata
pesantemente più volte (se il
finale non dovesse piacervi,
ditemelo, ve ne spedisco un
sacco di alternativi, altro che
gli extra dei dvd!).
Simone Corà
L'autore
Vicentino, classe 1982,
laureando in Scienze
dell’Educazione dopo un
passato come falegname e
orafo, si dimentica spesso di
dormire per scrivere e leggere
fino all’alba. Attivo da anni
nell’underground narrativo
italiano, dal 2009 collabora
come editor con Edizioni XII,
per la quale ha contribuito con
un suo saggio, nel 2010, al
volume Garth Ennis – Nessuna
pietà agli eroi. Scrive inoltre
articoli e recensioni per i
maggiori portali di
informazione horror:
LaTelaNera.com,
CinemaHorror.it e
Scheletri.com. Appassionato di
cinema, serie TV e anime, cura
un blog dedicato all’horror in
tutte le sue forme, Midian, e ne
co-gestisce un altro
sull’animazione nipponica,
Anime Asteroid. Maledette
zanzare è il titolo del suo primo
romanzo, in uscita il 28 marzo
2011 per Edizioni XII.
MATEMATICA E ANTICO EGITTO
IL MISTERO DELLE 100 SPIGHE
di Stefano Sampietro
Prima parte
Il papiro di Rhind, o papiro di Ahmes, dal nome
dello scriba che si ritiene lo abbia trascritto nel 1650
a.C., è il documento dell'antico Egitto di natura
matematica più esteso che sia mai giunto fino a noi.
È largo 33 cm e lungo 5.46 metri. Fu acquistato nel
1858 a Luxor dall'antiquario scozzese Henry Rhind
e ora si trova al British Museum (tranne che per
qualche frammento custodito nel museo di
Brooklyn). Non è scritto con caratteri geroglifici,
bensì mediante scrittura ieratica (cioè sacra), e va
letto da destra verso sinistra. Il testo è redatto in due
colori, nero e rosso, ed è arricchito da disegni di
figure geometriche. In sostanza, è una raccolta di
problemi matematici, ottantaquattro in tutto, di
vario genere: algebrici, geometrici, ecc. I problemi
sono quasi tutti di natura pratica e riguardano il
commercio, la suddivisione di prodotti agricoli,
l'agrimensura, e così via. Ma c'è una strana
eccezione. Il problema numero 79 sembra più un
indovinello (o, per usare un termine moderno, un
esempio di matematica ricreativa):
In una proprietà ci sono 7 case,
in ogni casa ci sono 7 gatti,
ogni gatto acchiappa 7 topi,
ogni topo mangia 7 spighe di grano,
39
ogni spiga dà 7 misure di grano.
Quante cose ci sono in tutto in questa storia?
Oltre all'evidente struttura a mo' di filastrocca,
quello che si nota subito è la futilità della domanda
finale. Non si chiedono, ad esempio, le misure di
grano complessive, il che potrebbe avere una
qualche valenza pratica, bensì si domanda il numero
totale degli oggetti coinvolti. Vale la pena citare una
filastrocca d'epoca moderna che si ispira
chiaramente al problema di Ahmes:
As I was going to St. Ives,
I met a man with seven wives;
Every wife had seven sacks,
Every sack had seven cats,
Every cat had seven kits.
Kits, cats, sacks and wives,
How many were going to St. Ives?
Ne esiste anche una versione italiana:
Per una strada che mena a Camogli
passava un uomo con sette mogli.
E ogni moglie aveva sette sacche,
e ogni sacca aveva sette gatte,
e ogni gatta sette gattini.
Fra gatti e gatte e sacchi e mogli,
in quanti andavano, dite, a Camogli?
Il problema della sette case vanta anche una
versione medievale. Nel Liber Abaci del 1202 di
Leonardo Pisano, il famoso Fibonacci, viene infatti
riproposto in un contesto ancora differente:
Septem vetule vadunt roma,
quarum quelibet habet burdones 7,
et in quolibet burdone sunt saculi 7,
et in quolibet saculo panes 7,
et quilibet panis habet cultellos 7,
et quilibet cultellus habet vaginas 7.
Queritur summa omnium predictorum.
(Sette vecchie donne andarono a Roma, ciascuna
donna aveva sette muli, ciascun mulo portava sette
sacchi ciascun sacco conteneva sette forme di pane
e con ciascuna forma di pane v'erano sette coltelli,
ciascun coltello era infilato in sette guaine.)
essere una stridente eccezione. E poi c'è un altro
fatto curioso. Il problema, così come riportato nel
papiro, contiente un grossolano errore di calcolo. La
figura seguente mostra il problema riportato in un
foglio elettronico:
La parte destra (come già detto, il papiro va letto da
destra a sinistra) è chiara ed elenca il numero di
oggetti (potenze di sette), la cui somma dà la
soluzione al problema. Un semplice controllo
aritmetico mostra però che il numero di spighe è
sbagliato: sette alla quarta non dà 2301 ma 2401 (il
totale riportato è invece esatto, cioé 19607 è in
effetti la somma delle prime cinque potenze di
sette). Dunque, all'appello mancano cento spighe.
Perché questo errore? Possibile che Ahmes si sia
sbagliato? In questo caso, si è trattato di una svista
nella copiatura o era già presente nella fonte
originaria? E se invece non fosse un abbaglio? Se
Ahmes avesse intenzionalmente riportato un
numero erroneo? Dice lo stesso Ahmes in un
passaggio del papiro:
"Calcolo esatto: l'accesso alla conoscenza di tutte
le cose esistenti e di tutti gli oscuri misteri".
Sarebbe affascinante vedere in questa frase una
chiave interpretativa... se il calcolo esatto ci dona la
conoscenza di ciò che esiste, possiamo vedere in un
errore l'indizio per accedere a un mondo invisibile?
La breccia verso qualcosa che non è "esistente", ma
che lo è stato o lo sarà?
Materia per narrativa, forse, più che storica. Del
resto siamo nel posto giusto… Il problema 79 pone
comunque altri quesiti, come per esempio:
1) Cosa significa la parte sinistra del problema?
2) Perché viene usato proprio il numero sette?
Seconda parte
Sembra proprio che il problema 79, pur cambiando
forma, abbia attraversato i secoli e sia giunto fino a
noi. Perché Ahmes inserì un frivolo indovinello in
un elenco di problemi pratici? Si ritiene che il
papiro avesse un uso didattico: è probabile che la
filastrocca servisse a fare pratica con le potenze di
7, senza che fosse necessaria un'applicazione
concreta. Tuttavia ci si può chiedere come mai con
gli altri problemi si è ritenuto indispensabile un
risvolto pragmatico... insomma, il 79 continua a
"Calcolo esatto: l'accesso alla conoscenza di tutte le
cose esistenti e di tutti gli oscuri misteri"
(Ahmes, 1650 a.C.)
Il primo a tradurre il papiro di Rhind in una lingua
moderna fu August Eisenlohr (1832 - 1902), un
egittologo tedesco, nel 1877. La prima traduzione
inglese risale invece al 1923, per opera di Thomas
Eric Peet (1882 - 1934), ma l'edizione più completa
40
e che ha dato notorietà al papiro è quella del 1929 di
Arnold Buffum Chase (1845–1932), un uomo
d'affari americano divenuto appassionato di
egittologia dopo un viaggio in Africa nel 1910.
Come già detto la volta scorsa, il papiro è stato
redatto dallo scriba Ahmes (o Ahmòse), il quale lo
ha trascritto da una fonte più antica. Lo stesso
Ahmes, nell'introduzione del papiro scrive:
This book was copied in the year 33, in the fourth
month of the
inundation season, under the majesty of the king of
Upper and
Lower Egypt, ‘A-user-Re’, endowed with life, in
likeness to writings
of old made in the time of the king of Upper and
Lower Egypt,
Ne-ma’et-Re’. It is the scribe A’h-mose who copies
this writing.
Il primo faraone citato, "A-user-Re", è stato
identificato come un membro della dinastia Hykos,
vissuto attorno al 1650 a.C.. Il secondo, "Ne-ma'etRe", ha invece regnato tra il 1849 e il 1801 a.C.
Dunque possiamo stabilire che tra il lavorodi
Ahmes e l'originale sono trascorsi dai 150 ai 200
anni.
Già sappiamo che il papiro è una raccolta di
problemi matematici. Il problema numero 79,
introdotto la volta scorsa, recita:
soluzione? Altro non è che una scorciatoia per
giungere al risultato. Noterete che la procedura
comincia da un numero, il 2801: questo viene poi
raddoppiato una volta (5602) e poi un'altra (11204).
La somma di queste tre cifre è proprio 19607! Come
si arriva a questa procedura? Essa deriva da due
proprietà matematiche che gli antichi Egizi
evidentemente conoscevano:
PRIMA PROPRIETÀ: Ogni numero intero può
essere espresso come somma di termini appartenenti
alla successione geometrica 1, 2, 4, 8, ecc. Ad
esempio possiamo scrivere 7 come 1 + 2 + 4.
SECONDA PROPRIETÀ: x + x2 + x3 + ... + xn = x
(1 + x + x2 + ... + xn-1)
Questa è semplicemente un raccoglimento a fattor
comune: si noti che consente di risolvere la somma
in modo "iterativo", riducendo il numero di
moltiplicazioni necessarie.
Ora, per risolvere il problema 79, non dobbiamo
fare altro che calcolare la seguente somma:
7 + 72 + 73 + 74 + 75 =
grazie alla seconda proprietà, possiamo raccogliere
il 7:
= 7 · (1 + 7 + 72 + 73 + 74 ) = 7 · 2801 =
In una proprietà ci sono 7 case,
in ogni casa ci sono 7 gatti,
ogni gatto acchiappa 7 topi,
ogni topo mangia 7 spighe di grano,
ogni spiga dà 7 misure di grano.
Quante cose ci sono in tutto in questa storia?
ecco da dove viene il 2801. Usando ora la prima
proprietà, scomponiamo il 7 e arriviamo alla
soluzione:
= (1 + 2 + 4) · 2801 = 2810 + 2 · 2801 + 2 · 2 · 2801
= 19607
La soluzione proposta dal papiro è:
Ricordiamo che contiene un errore: le spighe non
sono 2301 ma 2401. Il totale invece è esatto, quindi
la risposta al quesito è 19607 (qualcuno potrebbe far
notare che sia più corretto rispondere con 19608,
visto che c'è anche una "proprietà"... siccome il
papiro è presumibilmente una raccolta a uso
scolastico, mi piace immaginare un maestro egizio
punire lo studente che facesse questa spiritosa
osservazione).
Qual è il significato della parte sinistra della
Dunque lo scopo del problema 79 è probabilmente
quello di mostrare una procedura di calcolo
alternativa e più agevole rispetto alla somma diretta
delle potenze. Ma perché proprio il numero 7? Una
possibile risposta, come suggerisce Richard J.
Gillings nel libro Mathematics in the Times of the
Pharaohs, risiede nella prima delle proprietà che
abbiamo appena illustrato: il numero 7 può essere
"elegantemente" espresso come somma di raddoppi
(1 + 2 + 4). Si potrebbe obiettare che non è l'unico
numero con questa caratteristica, come fa Eli Maor
nel trattato Trigonometric delights. In effetti, anche
il 3 e il 15 possono essere espressi in questo modo:
3=1+2
15 = 1 + 2 + 4 + 8
Tuttavia, è probabile che se Ahmes avesse usato il
3, i vantaggi della sua "scorciatoia" non sarebbero
apparsi significativi. Viceversa, sviluppare il
problema con la base di 15 sarebbe stato troppo
41
complicato e avrebbe minato l'utilità didattica
dell'indovinello. Insomma, il numero sette sembra
un buon compromesso… Un'ultima riflessione. Il
numero sette è carico di significati (pensiamo solo
alle sette meraviglie del mondo antico, a cui la
grande piramide appartiene). Non si possono quindi
escludere spiegazioni più esoteriche. Forse per
Ahmes, o per gli autori della fonte a cui lo scriba ha
attinto, il sette andava scelto anche per ragioni di
carattere simbolico o religioso (un tema questo che
esulerebbe dai territori di questo articolo).
Riferimenti bibliografici
Carl B. Boyer, "Storia della matematica",
Mondadori, 1990.
Eli Maor, "Trigonometric delights", Princeton
University Press, 1998.
http://math.buffalo.edu/
http://www.artemate.it/
Richard J. Gillings, "Mathematics in the Times of
the Pharaohs", Massachusetts Institute of
Technology, 1972.
L’autore
Stefano Sampietro nasce a Como il 20 febbraio 1973.
Dopo la Laurea in Economia, consegue il Dottorato di
Ricerca in Finanza Matematica e diviene docente a
contratto presso l’Università Bocconi, prima, e presso
l’Università LIUC Carlo Cattaneo, poi. Dal 2004, a
fianco dell’attività universitaria, lavora in una società di
ingegneria finanziaria.
L’esordio nel mondo della narrativa avviene con il
successo in due concorsi letterari a carattere locale. Negli
anni seguenti, alcuni suoi racconti vengono pubblicati
sulla rivista di fantascienza Futuro Europa (Perseo Libri
editore). Come autore di Edizioni XII ha pubblicato nel
2010 La clessidra d'avorio in collaborazione con Davide
Cassia e ha partecipato alla raccolta Corti.
IL RENE RUBATO E ALTRI FURTI D'ORGANI
di Matteo Carriero
Una delle leggende
metropolitane più diffuse e
conosciute è quella legata al
furto di organi, e più
precisamente del furto di
reni.
Una leggenda che resterà in
circolazione ancora per
tanto tanto tempo…
La leggenda urbana del rene
rubato conosce molte varianti
e rappresenta un interessante
caso di italianizzazione di un
mito americano (prima) ed
europeo (poi). In Italia questa
leggenda metropolitana ha
cominciato a diffondersi nel
1994, prevalentemente al
Nord, in Veneto, Lombardia,
Piemonte ed Emilia. La
stampa locale e nazionale si è
interessata al caso al punto
che dovettero perfino
apparire delle smentite
ufficiali da parte delle forze
dell’ordine. A marzo ’94 su
La stampa apparve un
articolo nello spazio dedicato
alle province di Asti e Cuneo,
a cura di Gianni Martini, in
cui si riportava la leggenda
della donna fascinosa e del
malcapitato cui, dopo essere
stata somministrata della
droga, veniva espiantato un
rene. L’articolo faceva
riferimento a un uomo di
Imperia, esistente, ma in
realtà mai incappato in simili
vicissitudini. La leggenda
conosce molte declinazioni:
talvolta l’uomo rimorchia la
bella in un bar, anziché in
discoteca; altre volte dopo la
discoteca i due vanno ad
acquattarsi in auto, ed è lì che
si consuma l’espianto, con
l’uomo che si risveglia la
mattina dopo in auto, davanti
un ospedale, o in un fosso
con una flebo ancora
attaccata al braccio. Altre
volte ancora, il tutto avviene
in una camera d’albergo. La
leggenda presenta diverse
analogie con la notissima
AIDS Mary, in cui dopo un
felice abbordaggio il
protagonista ritrova sullo
specchio del bagno, impressa
col rossetto, la scritta
Benvenuto nel mondo
dell’AIDS. A riprova
dell’influenza di AIDS Mary,
in Italia la leggenda del rene
rubato, specie ai suoi albori,
narrava del viaggio di un
italiano a New York, dove
appunto il protagonista
veniva turlupinato e
"alleggerito". Nonostante le
analogie con due terzi della
leggenda sull’HIV, la storia
del rene rubato non può
essere considerata a cuor
leggero (tanto per restare in
tema) una sua diretta
filiazione. Prima del
passaparola che ha dato il via
alla leggenda nel nord Italia,
storie molto simili di reni
rubati erano già apparse in
diversi paesi europei:
Turchia, Germania, Belgio,
Danimarca, Olanda, Irlanda.
Le precedenti versioni
europee, come riporta Paolo
Toselli nel libro La famosa
invasioni delle vipere volanti,
vedevano il protagonista
impegnato in un viaggio
all’estero (come in Italia nelle
prime versioni della
leggenda). Direzione: paesi
42
esotici o Est europeo, dove
come è noto il mercato degli
organi è tutt’oggi
particolarmente attivo e
redditizio.Come sottolinea
Stefano Bugnasco in un
articolo sul sito del CICAP,
la leggenda non è molto
verosimile in quanto
l’espianto d’organi, in vista
d’un loro efficace riutilizzo, è
questione tutt’altro che
semplice. Tuttavia ci sono
posti in cui il furto di un rene
potrebbe persino essere
possibile. Non in Italia, è
lecito supporre, benché
talvolta vengano lanciati
preoccupanti allarmi riguardo
alla scomparsa di bambini o
adulti extracomunitari.
Tuttavia su una cosa non c’è
dubbio: a meno di casi limite,
a lungo ponderati, è sempre
meglio tenersi dentro tutto,
finché si è vivi.
Il rene rubato:
la leggenda nella realtà
Se come si diceva sopra è
lecito supporre che queste
cose non accadano in Italia,
lo stesso non può essere detto
degli stati più poveri. Nel
2008 per esempio il
Washington Post, non certo
una testata da gossip di
quartiere, ha pubblicato
l'articolo “India Uncovers
Kidney Racket” dove
metteva a nudo il racket del
traffico d'organi che vedeva
"vittime" i lavoratori più
poveri del paese, attirati in
luoghi appositi da false
promesse di lavoro
giornaliero per essere poi
"depredati" di un rene...
Il rene rubato: filmografia
Anche il cinema si è
occupato del furto di reni.
Nel 2002 il film inglese Dirty
Pretty Things, diretto da
Stephen Frears e interpretato
dalla francese Audrey
Tautou, era ambientato in un
lussuoso hotel londinese dove
avveniva ogni genere di
scambio: di droga, di sesso e
di organi… In Sympathy for
Mr. Vengeance, del regista
Park Chan-wook (2002), il
protagonista sordomuto Ryu
viene imbrogliato da una
banda di trafficanti di organi
che, con la promessa di
trovare un rene alla sua
morente sorella malata,
costringono l'uomo a donare
loro uno dei suoi e a pagare
una ingente somma di
denaro, sparendo poi nel
nulla… In Crank 2: High
Voltage al protagonista Chev
Chelios (l'attore Jason
Statham) viene rubato il
cuore per poterlo trapiantare
nel corpo di un vecchio uomo
d'affari orientale desideroso
di vivere a lungo… Nel film
horror Turistas giovani turisti
americani in Brasile vengono
braccati, catturati e uccisi per
ricavarne organi da mettere in
vendita al mercato nero...
Il rene rubato in letteratura
Non mancano i casi di furto
d'organi anche in narrativa e
letteratura. Nel famoso Coma
di Robin Cook all'interno di
un ospedale medici senza
scrupoli inducono la morte
cerebrale in pazienti sani al
fine di rubarne segretamente
gli organi e venderli al
mercato nero… Nel romanzo
The Repossession Mambo di
Eric Garcia (da cui è stato
tratto il film omonimo) nel
futuro forze di polizia
speciali hanno il compito di
andare a recuperare gli organi
trapiantati nel corpo di
persone non più in grado di
pagare le rate del prestito con
cui si sono pagate il trapianto
d'organo… Nel romanzo
Baciami, Giuda di Will
Christopher Baer al
protagonista, l'ex poliziotto
tossico e maledetto Phineas
Poe, viene rubato un rene da
un'affascinante quanto bella e
misteriosa donna di nome
Jude, che lui non potrà fare a
meno di odiare, amare,
desiderare e inseguire per
tutti gli Stati Uniti
d'America...
Articolo apparso in origine
sul portale LaTelaNera.com
(adattato per gentile
autorizzazione a “Tracce
d’eternità”), all’indirizzo
http://www.latelanera.com/
leggendemetropolitane/
leggendemetropolitane.asp?
id=162
L’autore:
Matteo nasce nel 1985 a Nardò, in
provincia di Lecce. Da cinque anni
vive a Firenze, dove studia per
prendere la laurea magistrale in
Lettere. Dopo un anno senza quasi
scrivere una riga, esperienza che
giura di non ripetere mai più, nel
2009 si è classificato primo al
concorso Nella Tela! (sezione 666
passi nel delirio) e ha vinto la
quinta edizione del
premio NASF. Un suo racconto è
stato pubblicato
sull’antologia Cronache da mondi
incantati dopo essere stato
selezionato nella SFIDA del Trofeo
RiLL; altri suoi racconti sono
apparsi sulle raccolte 365 racconti
erotici per un anno della Delos
Books, su Corti – Seconda
Stagione di Edizioni XII e sulla
rivista telematica Sagarana.
Dal 2010 è entrato a far parte della
redazione di Edizioni XII.
LE INTERVISTE DI
GIANLUCA RAMPINI
43
Gianluca Rampini [email protected] ha
35 anni ed è un ricercatore indipendente che si
occupa, in special modo, di ufologia e abductions. In
rete collabora con Ufomachine, Ufoonline, Paleoseti
e altri siti tematici.
DAVID
JACOBS
TRADUZIONE DI SABRINA PASQUALETTO
Può dirci qualcosa circa il
suo background e come è
stato coinvolto nel
fenomeno dei rapimenti
alieni?
Mi dedicai per la prima volta
al fenomeno UFO verso la
metà degli anni ‘60, quando
ero studente presso la
University of California a
Los Angeles (UCLA). Non
sono sicuro del motivo che mi
spinse ad interessarmi agli
UFO. Mi incuriosivano per
qualche ragione. Ho letto
libri sull’argomento e
continuai ad interessarmene
anche quando andai alla
scuola di specializzazione
presso l'Università del
Wisconsin - Madison, nel
1966. Feci abbonamenti a
periodici che parlavano di
UFO e mi iscrissi a
organizzazioni sul tema. Ho
studiato i casi e parlato con i
testimoni. Ho pubblicato
articoli e recensioni di libri
sull'argomento. Ben presto
mi resi conto che ero molto
più interessato agli UFO che
alla tesi di dottorato che
stavo scrivendo: “
l'immagine della donna nella
storia del cinema”. Ho
cambiato la mia tesi sulla
storia della controversia
UFO . La tesi è stata
approvata e ho ricevuto il
mio dottorato di ricerca in
storia americana nel 1973. In
quei giorni, gli avvistamenti
erano tutto. In quel periodo si
pensava che il fenomeno
delle abductions fosse
sicuramente di origine
psicologica. Mi interessava
poco. Ho intervistato Betty
Hill nel 1976 ed è stata una
persona vera e sincera, ma
che non mi bastava per
passare alla ricerca sui
rapimenti. Nel 1982 ho
incontrato Budd Hopkins. In
realtà lo avevo incontrato
brevemente un anno prima a
una conferenza. Mi diede un
documento sui rapimenti, ma
non mi interessava e non
sono rimasto alla sua lettura.
Quando un amico comune mi
portò a casa sua nel 1982,
44
ero ancora molto
disinteressato. Ma, Hopkins
era intelligente e stava
facendo un ottimo lavoro,
correttamente e con
attenzione, e quando ha mi
spiegato la sua ricerca, mi ha
impressionato. Per
coincidenza stavo passando
le mie vacanze in una città
dove stava lui, a Cape Cod
nel Massachusetts. L'ho
incontrato e sono rimasto
ancora più colpito. Mi sono
incuriosito su quello che
stava facendo. Ho deciso che
aveva scoperto qualcosa d’
importante. Mi ci sono voluti
altri quattro anni, ma nel
1986, dopo aver appreso
tutto quello che avevo potuto
sui rapimenti, ho iniziato la
mia ricerca utilizzando
l’ipnosi, consentendo ai
rapiti di ricordare cosa era
successo loro. Da quel
momento, ho dedicato tutta la
mia attenzione al fenomeno
abduction e ho condotto oltre
1.000 sessioni con circa 150
rapiti.
Budd Hopkins e David Jacobs
Il suo lavoro sui rapimenti
ha influenzato altri campi
della sua vita?
Cominciare la ricerca sui
rapimenti non è stata una
bella mossa per la mia
carriera. La comunità
accademica ritiene che i
rapimenti (e gli UFO) siano
un’assurdità totale e tutti
coloro che trascorrono la
loro intera carriera
studiando il soggetto devono
avere dei problemi seri di
giudizio. Così, studiare
l'argomento non mi ha
aiutato nella mia carriera
alla Temple University.
Certo, sapevo che sarebbe
successo. Ma sapevo anche
che non si ha spesso la
possibilità di dare un
contributo importante in un
settore di così straordinaria
importanza.
Parliamo del suo lavoro con
i rapiti. Come si fa a capire
chi davvero è stato rapito e
chi non lo è?
Non è così difficile come si
potrebbe immaginare di
primo acchito. Gli addotti
hanno una vita molto
particolare piena di fantasmi
e di visioni di figure
religiose; parlano con gli
animali come gufi e procioni
e viaggiano sul piano astrale,
vedendo parenti defunti e
così via. Essi hanno spesso
avuto "sogni" nei quali
stavano al tavolo con gente
strana che li guardava.
Hanno avuto "sogni" nei
quali tenevano bambini in
braccio. Essi hanno visto gli
UFO. Questi sono i segni (ma
non sempre). Quando sono
sotto l'ipnosi non si
ricordano di aver parlato con
un procione, ma con un
alieno. Essi imparano di non
aver viaggiato sul piano
astrale. Si rendono conto che
i loro sogni sono ricordi di
esperienze concrete. Ho un
questionario sul mio sito
(http://ww.ufoabduction.com
) che mi permette di filtrare
quelle persone che
potrebbero essere degli
addotti e quelli che
45
potrebbero non esserlo.
Naturalmente, ogni persona
deve essere attentamente e
seriamente interrogata prima
di fare qualsiasi
supposizione. Altre persone
ricordano le loro esperienze
di rapimento senza ipnosi e
sanno di essere stati rapiti
prima ancora di venire da
me. Ciascuno di questi casi
deve essere attentamente e
seriamente esaminato.
Alcune persone pensano di
essere rapiti e non lo sono.
Alcune persone hanno seri
problemi mentali. Capire chi
è o chi non è un addotto non
è la parte difficile. La parte
difficile sta nell’indagare su
quello che dicono e capire
ciò che è vero e ciò che non
lo è.
Quali tecniche usa per
indagare?
Nella maggior parte dei casi,
le persone vengono da me
per scoprire cosa sta
succedendo loro. Ricordano
flash e pezzi di cose che
coinvolgono un periodo a
loro mancante e altri eventi
straordinari. Vogliono
ricordare. L’ipnosi, usata
con competenza, li può
aiutare a ricordare. Ho
imparato che quando
descrivono quello che è
successo loro usando piena
coscienza della memoria,
quei ricordi possono essere
estremamente imprecisi.
Quindi, l'ipnosi, con tutti i
suoi problemi, è ancora il
modo migliore per scoprire
cosa è effettivamente
accaduto. Ci sono ancora un
sacco di amatori che provano
l'ipnosi, spesso con pochi
risultati. Senza saperlo, la
gente dirà cose che non sono
vere. Essi confabulano. Essi
descrivono eventi che hanno
inconsapevolmente distorto.
Essi saltano sezioni delle loro
esperienze. E 'compito dell’
ipnotizzatore competente
capire quando la persona è
precisa e quando non lo è.
Questo richiede un sacco di
esperienza e formazione. E
'anche molto importante per
l'ipnotista non indurre la
persona, non mettere i
pensieri nella mente della
persona, non mettere le sue
idee come la New Age, la
religione, la trasformazione
spirituale e così via. La
precisione è l’obiettivo più
importante per
l'ipnotizzatore, quando
avviene il recupero della
memoria. Aiutare la persona
a far fronte con le sue
memorie è l'obiettivo più
importante dell’ ipnotizzatore
dopo il recupero dei ricordi.
Derrel Sims sta iniziando
una indagine genetica sugli
addotti per vedere se c'è un
profilo genetico comune a
questo fenomeno. Quali
criteri pensa che gli alieni
usino per scegliere le
persone?
Le prove indicano
chiaramente che tutti gli
addotti hanno una cosa in
comune: sono tutti figli di
rapiti. Purtroppo, uno o più
dei loro figli sarà anch’egli
rapito. Questo aspetto
intergenerazionale del
fenomeno è stato scoperto
molti anni fa da Budd
Hopkins. Resta vero anche
oggi. Pertanto, penso che
sarà molto difficile trovare
comuni profili genetici in
loro. Quando un addotto
sposa un non-addotto, i figli
saranno anch’essi dei rapiti.
Quando sposano addotti , i
loro figli saranno rapiti.
Così, il fenomeno ha una
casualità che gli permette di
pervadere la società umana
Immagine tratta da “Fourth Kind”, in cui nella memoria dei rapiti gli alieni apparivano come gufi
46
ovunque. E 'sempre possibile,
tuttavia, che ci possa essere
un marker genetico che
facilita i loro rapimenti o
indica chi sono i rapiti.
Quante persone stanno
subendo questa intrusione?
Non abbiamo statistiche per
nessuna parte tranne che per
gli Stati Uniti e a causa del
fatto che ogni caso deve
essere studiato prima che sia
fatta una determinazione, le
nostre statistiche sono solo
supposizioni sofisticate. Nel
1991 io e Budd Hopkins
abbiamo condotto un
sondaggio su 6.000 individui
scelti a caso per scoprire in
che modo molte persone negli
Stati Uniti avevano avuto
esperienze simili al
rapimento. Non abbiamo
chiesto se fossero mai stati
rapiti, perché sappiamo che
la maggioranza dei rapiti
questo non lo sa. Il numero al
quale siamo arrivati è stato
di circa il 2%. Questo
numero è estremamente
limitato, il numero effettivo
potrebbe essere molto più
alto. Ho scritto del sondaggio
ne “La minaccia”, se
qualcuno fosse interessato.
Qual è la sua opinione sugli
impianti? Ne ha mai trovati
o provato a rimuoverli?
Pensa che ci sia un modo
per fermare un rapimento?
Ha mai cercato di liberare i
rapiti dalla loro situazione?
Sono molto ottimista circa
l'individuazione degli
impianti. Molti dei rapiti li
hanno fatti uscire con lo
starnuto prima di sapere di
essere stati rapiti. Gli
impianti sono stati gettati via
o sono andati persi. Tuttavia,
penso che prima o poi ne
recupereremo uno e avremo
la certezza che si tratta
inequivocabilmente di un
impianto alieno. Il Dr. Roger
Leir è specializzato nella
rimozione di impianti dai
corpi delle persone (e non
dalle loro teste, dove la
maggior parte degli impianti
sono stati trovati) e ha
trovato alcuni aspetti che
suggeriscono la teoria di una
stimolazione del pensiero.
Tuttavia, non si deve solo
dimostrare che essi non sono
stati fatti sulla terra, ma
anche la loro funzione. Senza
la comprensione della loro
funzione, sarà molto difficile
dimostrare che il materiale
recuperato dal corpo di un
addotto è extraterrestre.
Nessun incantesimo o
recitare parole religiose o
invocare la divinità; nessuna
contrattazione o negoziazione
o qualsiasi altra cosa che
venga dalla bocca o dal
cervello può fermare i
rapimenti. C'è una persona,
Michael Menkin, ( ndr:
Menkin a questo proposito ha
scritto per Tracce un articolo
in esclusiva sul numero 10 )
che ha inventato un cappello
che assomiglia a un casco da
aviatore della Seconda
Guerra Mondiale, rivestito
con materiali speciali che
fanno da scudo per il rapito e
può impedire un rapimento
individuale. Purtroppo, la
persona non può indossare il
casco per tutto il giorno e
tutta la notte. Questo,
tuttavia, è l'unica cosa che io
abbia mai visto che in realtà
è efficace nel bloccare un
rapimento. Ma, dovete capire
che i rapimenti iniziano
nell'infanzia e continuano per
tutto il corso della vita fino
alla vecchiaia. Pertanto, le
persone vengono rapite
sempre e per sempre. Inoltre,
il fenomeno è mondiale. Si
potrebbe essere in grado di
impedire un rapimento di
volta in volta, ma la scala del
programma rapimento è
massiccia e fermarne solo
alcuni è ben poca cosa.
Quando si pensa di fermare i
rapimenti dobbiamo pensare
al problema su scala globale.
Qual è il miglior modo per
dimostrare la realtà di
questo fenomeno?
Mi piacerebbe dire che
basterebbe il duro lavoro e il
costante accumulo di casi da
parte dei ricercatori
competenti. Tuttavia, so che
l'improbabilità e
l'implausibilità del fenomeno
delle abductions è così alta
che probabilmente non sarà
mai provata fino a quando
non sarà troppo tardi.
Come cambiano le persone
47
dopo essere state rapite e
dopo essersi rese conto di
essere state rapite?
In generale, il fenomeno
abduction inizia nella prima
infanzia e prosegue per tutta
la vita. Fa parte della
propria esperienza, anche se
potrebbe essere inconscio. Le
persone vengono rapite più e
più volte e alcuni con grande
frequenza. E' la
consapevolezza in età adulta
di essere stati rapiti che può
avere una profonda influenza
su di loro; la paura e il
trauma che subiscono
quando cominciano a
ricordare le loro esperienze.
Possono diventare molto
depressi per un breve
periodo. A volte si sentono
isolati dalle altre persone.
Quando si rendono conto che
i rapimenti sono successi a
loro molte, molte e molte
volte nel corso della loro
vita, diventano meno paurosi
e si comportano come
scienziati/osservatori e
riferiscono ciò che sta loro
accadendo con la massima
precisione possibile. Le
prime tre sessioni sono di
solito le più difficili e gli
addotti hanno bisogno di un
aiuto psicologico enorme per
affrontare il ricordo di queste
esperienze.
Qual è il ruolo degli ibridi
nella storia?
Questa è una domanda che
richiede una risposta molto
complessa. La farò breve. Gli
ibridi, aiutano gli alieni in
molti modi durante i
rapimenti, si prendonoi cura
degli ibridi più giovani a
bordo di un UFO, conducono
le procedure sul rapiti,
Un ibrido alieno, disegnato su descrizione di un rapito
sorvegliano il
comportamento dell’addotto
e, in generale, fanno un gran
numero di altre attività utili
al programma di rapimento.
Ma, il motivo principale per
cui gli ibridi sono stati creati
e la ragione per cui molti di
loro hanno un aspetto così
“umano” è che gli ibridi
sono il mezzo per
raggiungere il loro fine. Le
prove che ho scoperto
suggeriscono che gli ibridi
con sembianze umane sono
stati creati in gran numero
per integrarsi nella società
umana.
Qual è l'obiettivo principale
di questo programma?
Gli addotti hanno dato un
sacco di testimonianze su ciò
che gli ibridi stanno facendo.
Il mio prossimo libro sarà
sulla burocrazia e i processi
di integrazione ibrida nella
società. Non conosciamo
tutte le ragioni per le quali
vogliono fare quello che
stanno facendo. Non
sappiamo l'impulso che sta
alla base del programma di
integrazione. Gli ibridi non si
conoscono. Gli alieni sanno
ma non vogliono dare questa
conoscenza ai rapiti.
Quando ha avuto inizio
tutto?
Utilizzando storie di famiglia
e di altri metodi, possiamo
datare il fenomeno con un
relativo grado di precisione
alla fine del XIX secolo.
Forse un po' prima, ma le
prove sono poche.
48
Ha avuto la possibilità di
capire chi sono questi
alieni?
Dopo quasi cinquanta anni di
ricerca sui rapimenti da
parte di molte persone, non
sappiamo le loro motivazioni
né i loro scopi. Non
sappiamo da dove vengono.
Non sappiamo come sono
arrivati qui. Non sappiamo
niente della loro tecnologia.
Sappiamo poche cose sulla
loro società.
Che tipo di connessione
pensa che ci sia tra gli alieni
e i governi umani?
Non ho sentito nessuna delle
persone con cui lavoro dire
nulla su qualsiasi governo.
Per quanto ne so i governi
non conoscono il fenomeno
abduction e non se ne
curano.
Ha percepito un'evoluzione
nei loro programmi?
Stanno accelerando o si
tratta di un lavoro
costante?
Nel 2003 ho notato un
cambiamento significativo
nei racconti di alcune
persone. Hanno parlato del
programma di integrazione e
dei loro ruoli personali per
aiutare gli ibridi a vivere
nella società. I loro rapimenti
sono stati molto più frequenti
rispetto a quelli di persone
che non sono addetti
all’integrazione degli ibridi
i loro scopi. Non sono qui per
rendere la nostra società
migliore secondo i nostri
standard. Potrebbero
pensare che la nostra società
sarebbe meglio con i loro
standard. Non mi piace e non
voglio i loro standard.
Qual è lo scenario futuro
per l'umanità?
Cosa ne pensa
dell’Esopolitica e dell'idea
di alieni “buoni”?
Sono molto, molto,
pessimista. Il problema è che
ci possono controllare
neurologicamente e noi non
possiamo controllare loro.
Questo fa di noi una specie
inferiore soggetta alla
volontà di una superiore.
Ovviamente, le implicazioni
di tutto questo non sono
buone.
L’esopolitica non è mai
venuta fuori nei racconti dei
rapiti. Gli alieni sono qui per
Bene, ti ringraziamo per il
tempo che ci hai concesso,
buon lavoro e alla
prossima.
49
PAGINE DEL CUT
Il CUT è una associazione, apartitica, non settaria e senza scopi di lucro, che ha il compito di
divulgare, analizzare e studiare tutto ciò che riguarda il problema UFO (Unidentified Flying
Objects) e materie connesse. Questo centro di studio, composto da validi ricercatori,
razionali ma con la mente aperta, non ha una risposta univoca sull’origine, la natura e la
provenienza degli UFOs. Al momento la più probabile ipotesi di lavoro è quella che alcuni
UFO siano davvero di origine “estranea” al nostro Pianeta. Per qualunque informazione
contattare il nostro indirizzo email [email protected]
I FILES
SEGRETI
DEL PROJECT
AQUARIUS
Franco Pavone
Nella nostra continua ricerca di
notizie e documenti che
riguardano l’ufologia, ci si
imbatte alcune volte in
situazioni strane che ci portano
al quesito principale che è
quello se il documento in
questione sia vero o falso .
Purtroppo l’assenza di prove
concrete o fisiche, come amano
dire i rappresentanti della
scienza ufficiale, è una palla al
piede che dà al caso in
questione una scarsa credibilità
o addirittura la completa falsità
. Ma mi permetto di obiettare
che come non ci sono prove
materiali dell’attendibilità della
faccenda in quel momento
analizzata, non ci sono prove
attendibili neanche del
contrario, a meno che i
testimoni o il testimone di quel
caso non siano truffatori
acclarati di cui si ha evidenza .
La stessa cosa si può dire se sul
problema in questione ci siano
documenti declassificati o meno
, perché nessuno può affermare
con certezza se quei documenti
siano originali o inventati di
sana pianta e quindi ciascuno
di essi può essere vero o
artefatto , e questo vale tanto
per fare un esempio , sia per i
tanto vituperati files Majestic
12 , che per altri documenti
cosiddetti ” ufficiali ” . Perché
purtroppo da quando ” qualcuno
” ha insinuato negli addetti ai
lavori e nell’opinione pubblica
il dubbio che tanti documenti
vengano declassificati e resi
pubblici per fare
50
disinformazione , non si sa più
che cosa è vero o che cosa è
falso . Quindi sono sempre più
convinto che le testimonianze
umane oltre alle esperienze
strettamente personali, sono
tutto quello che abbiamo a
disposizione per acclarare la
verità dei fatti , in attesa di una
rivelazione globale , e se queste
testimonianze valgono per i
processi penali o civili , dove
svariate volte si è condannati o
assolti per tale motivo , la cosa
è attendibile e lampante .
Questa lunga ma dovuta
premessa serve ad introdurre un
altro caso controverso ma allo
stesso tempo affascinante che ci
ha molto interessato e che
riguarda i files di presunta
provenienza governativa del
Project Aquarius . A dire la
verità questi casi controversi
sono , a dispetto degli scettici di
turno prevenuti per i motivi che
abbiamo illustrato in
precedenza, molto interessanti
sulla nostra strada per la ricerca
della verità , perché se non altro
ci fanno capire risvolti che
altrimenti rimarrebbero oscuri .
Come sappiamo , ed è stato
riportato anche recentemente
dall’attento ricercatore Pablo
Ayo nel suo interessante libro
“Alien Report”, pare che nel
Febbraio 1954 una ” presunta ”
delegazione aliena ebbe un ”
presunto ” incontro con il
Presidente degli Stati Uniti
Dwight Eisenhower , 34°
Presidente americano dal
Gennaio 1953 al Gennaio 1961
, nella base area di Muroc Air
Field nel deserto della
California , oggi diventata base
Edwards , con testimoni tra gli
altri : il noto reporter Franklin
Allen , il vescovo di Los
Angeles James Me Intyre ,
grande autorità ecclesiastica e il
conosciutissimo uomo d’affari
Gerald Light. Tra l’altro pare
che gli alieni volessero rendere
palese la loro presenza sulla
Terra , ma il Presidente USA
negò questa eventualità , perché
non riteneva pronta l’umanità a
questo clamoroso contatto . In
effetti quel giorno per
giustificare l’assenza di
Eisenhower dai suoi soliti
compiti istituzionali, fu data
l’intera giornata ! Qualche anno
fa il giornalista e ricercatore
Maurizio Baiata parlò di questo
evento in una puntata tv del
Maurizio Costanzo show , dove
gli fu concessa scarsa credibilità
, e questa è l’ennesima
dimostrazione che se un fatto lo
afferma un qualche ” esperto ”
dell’ufologia italiana , la cosa è
veritiera , se lo afferma
qualcuno che non rientra nelle
grazie dell’establishment
ufologico nostrano , allora
quella persona o non è sana di
mente o non ha prove concrete .
Purtroppo cose già viste . Ma
stranamente proprio
recentemente alcune riviste a
tiratura nazionale hanno
rispolverato il caso con nuove
testimonianze , rivalutandolo
con una dichiarazione
dell’Onorevole Henry W. Me
Elroy Jr. , rappresentante dello
Stato del New Hampshire in
pensione , che ha affermato nel
Febbraio 2010 che l’ex
Presidente USA, tramite una
lettera di provenienza militare ,
era stato informato negli anni
precedenti all’incontro di
Muroc , della presenza aliena
sulla Terra e quindi questa
faccenda si riallaccia al Project
Aquarius di cui voglio scrivere
in questo articolo . L’allora
Presidente americano , una
volta informato su questa
sconvolgente realtà , dovette
decidere sul da farsi per creare
gruppi di ricerca con esperti in
grado di studiare , entrare in
contatto ed integrarsi con la
realtà aliena . Eisenhower
ritenne insieme ai vertici
militari dell’epoca , che gli
UFO rappresentavano una
minaccia per la sicurezza
nazionale e quindi nel 1953 , un
anno prima dei fatti di Muroc ,
creò il Project Gleem ( Progetto
Bagliore ) , divenuto poi dal
1966 il segretissimo Project
Aquarius ( Progetto Acquario ,
portatore d’acqua , in questo
caso portatore di segreti alieni )
. Aprendo una parentesi , nel
1985 il ricercatore Chris
Lambright fece una richiesta
ufficiale alla NSA ( National
Security Agency ) , per avere
copia di qualche documento
declassificato attestante il
presunto Project Aquarius , ma
questi gli risposero che la cosa
poteva arrecare gravi danni alla
sicurezza nazionale; ma se tale
progetto era falso , la NSA
avrebbe dovuto rispondere che
tali documenti non esistevano ,
mentre invece gli comunicarono
che c’erano problemi per la
sicurezza , quindi
evidentemente qualcosa
esisteva ! Nonostante
Lambright abbia insistito nella
sua richiesta tramite il Freedom
of Information Act ( FOIA ) la
legge sulla libertà di
informazione americana , non
ha ottenuto nulla dalla NSA .
Infatti le poche informazioni
che si hanno sul Project GleemAquarius sono opera degli
insiders come Michael Wolff ed
altri . Queste fonti collegano
inoltre Aquarius al Darpa (
Defense Advanced Research
Project Agency ) e affermano
che per coprire i veri
intendimenti del progetto , fu
usata una copertura di comodo .
Questa copertura consisteva ,
secondo alcuni documenti del
FOIA indicati con il seguente
codice : AD 507.423 relazione
trimestrale Project Aquarius , in
un programma di sorveglianza
oceanica per dimostrare
sperimentalmente la potenza dei
missili balistici lanciati da
sottomarini e aerei in epoca di
Guerra Fredda , con la
possibilità di individuare navi e
sottomarini oltre l’orizzonte con
l’ausilio di radar e sonar
monostatici . Quindi
apparentemente niente a che
fare con gli UFO . Ma secondo
molti ricercatori e insiders , la
NSA ha fatto opera di
disinformazione , rilasciando
51
notizie fuorvianti al fine di
influenzare l’opinione pubblica
e gli ufologi privati .
Stranamente però un telex
rilasciato dalla stessa NSA (
anche questo per opera di
disinformazione ? ) , menziona
assieme all’Aquarius Project
anche l’MJ 12 , e il ricercatore
americano Bill Moore ,
coautore con Charles Berlitz del
libro : The Roswell incident,
parla di tre progetti
apparentemente diversi :
Aquarius A , Aquarius B e
Aquarius C , in un suo libro del
1990 , dove si conferma il
timore dell’NSA sul fatto che ”
tali rivelazioni possono causare
un danno grave per la sicurezza
nazionale ” . Insomma si dice e
non si dice se questo progetto
riguarda gli UFO e ne
comprendiamo perfettamente i
motivi , perché questa è
semplicemente strategia della
confusione . Come abbiamo
detto prima , il presunto Project
Aquarius era stato creato nel
1953 su ordine del Presidente
Eisenhower con tre finalità :
studio , contatto e integrazione
con forme di vita intelligente
esogene . Come sappiamo però ,
e questa è storia ,
precedentemente altri progetti
governativi erano stati creati ad
hoc per studiare gli UFO e le
eventuali entità biologiche che
li governavano . Ricordiamo il
Project Sign in seguito
ribattezzato Project Saucers con
centinaia di rapporti ai confini
della realtà . Fu poi la volta del
Project Grudge agganciato
all’Air Technical Intelligence
Center a Wright Field . Nello
stesso periodo degli anni
quaranta , l’allora Presidente
Harry Truman , 33° Presidente
USA dall’Aprile 1945 al
Gennaio 1953 , creò il Majestic
12 per lo studio e il recupero
degli UFO precipitati . Si
vocifera anche di altri Projects
quasi sconosciuti come il
Project Orcon e il Project
Snowbird , adibiti
rispettivamente all’influenza
avuta sull’evoluzione umana
dalle culture aliene e allo studio
della loro tecnologia . Abbiamo
tralasciato volutamente il
Project Blue Book ( Libro
Azzurro ) , perché ormai lo si
conosce a menadito . Quando
Eisenhower fu informato
dall’MJ 12 del fatto che
esistevano rapporti sui
cosiddetti UFO-crash e rapporti
UFO dal Project Gleem Aquarius , con la collaborazione
dello stesso MJ 12 , della NSA ,
della CI A , della Defense
Intelligence Agency ( DIA ) ,
oltre che dal Center Command
Military National del Pentagono
, capì che bisognava occultare il
tutto sotto il manto della
sicurezza nazionale , il mondo
non era pronto alla rivelazione
sulla realtà aliena . Il Maggiore
dell’Aeronautica Donald E.
Keyhoe aveva già rivelato nelle
pieghe del suo libro : The flyng
saucer conspiracy ( Henry Holt
e Company 1955 ) , parte di
questi segreti .
Susseguentemente al crash di
Roswell e alla creazione
dell’ormai arcinota base non più
segreta Area 51 , fu creato il
Project RedLight ( luce rossa ) ,
che studiava la tecnologia di
propulsione dei velivoli non
identificati. Tra l’altro pare che
il primo direttore di Dreamland
( terra di sogno ) , come viene
chiamata tutt’ora l’Area 51 , fu
Edward Teller , il padre della
bomba all’idrogeno . Nella mia
lunga ricerca ho scoperto che il
Project Aquarius era anche
adibito allo studio , da un punto
di vista medico , delle entità
biologiche extraterrestri ( EBE )
, menzionate nel suo libro : The
day after Roswell , anche dal
Colonnello Philip J. Corso , e
che queste entità non erano
aggressive . Quando il Project
Blue Book fu chiuso , il Project
Aquarius passò sotto il
controllo dell’MJ 12 e del
National Security Council , e gli
studi seguenti confermarono il
fatto che le EBE erano
interessate alle basi militari ,
soprattutto dove c’era
armamento nucleare . Si
spiegano così allora le
motivazioni dei fatti di Roswell
e il loro timore dell’uso che si
poteva fare dell’energia atomica
. Evidentemente film come :
Ultimatum alla Terra del 1951 ,
erano stati prodotti per spiegare
con la fiction avvenimenti reali.
In effetti come diceva Goethe ,
pochi hanno fantasia sufficiente
ad immaginare la realtà .
Tornando ad Aquarius , un altro
paragrafo interessante afferma
che la prima visita aliena sulla
Terra risalirebbe a oltre 2000
anni fa , con questi antichi
progenitori esogeni che
avrebbero inserito sul nostro
pianeta degli esseri che
crearono la civiltà umana . Noi
saremmo in pratica i loro
discendenti , ma chiaramente
qui siamo in un campo ipotetico
, anche se può darsi che vi siano
indizi a sostegno di questa tesi.
Nella mia ricerca , oltre ad
Aquarius ho scoperto altri
Projects poco conosciuti
inerenti gli UFO , in special
modo su misteriosi siti Internet
ballerini in lingua straniera , che
oggi sono consumabili e
domani no , cancellati in
maniera sospetta . Ne riporto i
nomi , per una serietà e
precisione di informazione :
Project Sigma , adibito al primo
contatto con civiltà aliene ,
Project Plato , adibito alle
future relazioni diplomatiche
con gli alieni ( Esopolitica ) , il
già citato Project Aquarius ,
progetto storico-analitico della
presenza aliena sulla Terra e
della sua integrazione con la
razza umana , Project Pluto ,
valutazione di tutte le
informazioni relative agli UFO
e agli IAC ( velivoli alieni
identificati ) , Project Pounce ,
recupero velivoli alieni
precipitati, Project Redlight, test
ed esperimenti su velivoli alieni
recuperati , effettuati a Groom
Lake nell’Area 51, Project
Snowbird , progetto di
copertura del Redlight per la
52
costruzione di un velivolo
discoidale con tecnologia
terrestre per spiegare gli
avvistamenti UFO con
tecnologia convenzionale agli
occhi dell’opinione pubblica ,
Project Bando , per raccogliere
informazioni mediche sulle
creature aliene sopravvissute
agli UFO-crash , al recupero dei
corpi e per fornire risposte sulla
loro evoluzione , Project Blue
Book , progetto di raccolta di
informazioni e rapporti di
avvistamento , nonché
soprattutto di disinformazione ,
che una volta chiuso fu
assorbito stranamente dal
Project Aquarius, Project
Carnet , responsabile del
controllo di tutte le
informazioni e dei documenti
concernenti la materia aliena ,
NRO , National Reconaissance
Organization con sede a Fort
Carson , Colorado ,
responsabile della sicurezza
degli alieni e dei loro velivoli,
Project Delta , gruppo operativo
addetto alla protezione dei
progetti riguardanti gli alieni ,
Luna Groupment , nome in
codice dei silencers o men in
black ( MIB ) , Project Blue
Team , primo progetto creato
per il recupero dei velivoli non
identificati gestito dall’ U.S. Air
Force Material Command .
Progetti come si vede quasi
sconosciuti , gestiti e
supervisionati probabilmente
dall’MJ 12 , cominciando dal
nostro Project Aquarius , con un
rapporto classificato : Report
Number 13 , che contiene le
uniche informazioni importanti
del progetto , mai divulgate
nonostante il FOIA e che non è
accessibile neanche oggi nel
2011 . Poi ci tocca sentire
ancora domande del tipo : ma
esistono gli UFO ? E invece
pare che le risultanze esogene
dei files Aquarius siano servite
e molto al programma spaziale
americano , contribuendo a
farlo progredire di molto e
culminato con gli sbarchi sulla
Luna e chissà se in URSS è
avvenuta la stessa cosa nei
Project UFO sovietici. Un
briefing Aquarius organizzato
per il Presidente Jimmy Carter ,
tra l’altro testimone di un
importante avvistamento UFO ,
citava il caso Kenneth Arnold e
il disco volante precipitato a
Roswell, con i suoi occupanti
alieni . Inoltre menzionava un
altro UFO-crash datato 1958 nel
deserto dello Utah , con un
veicolo trovato in ottime
condizioni , abbandonato per
qualche ragione sconosciuta dal
suo equipaggio . Gli scienziati
americani considerarono
l’oggetto una ” meraviglia
tecnologica ” , ma il suo
funzionamento non fu compreso
appieno . Dopo accurate
indagini , le gerarchie militari e
scientifiche appurarono che le
intenzioni delle entità esogene
non erano ostili , ma che non si
poteva fare una rivelazione
mondiale per paura del panico .
Però in effetti c’era un piano
governativo atto a rivelare
gradualmente la presenza aliena
, anche con produzioni
cinematografiche orientate e
forse il Project Aquarius
rientrava in tale contesto . Nel
progetto si fa riferimento anche
all’atterraggio UFO della base
di Holloman dell’Aprile del
1964 , e lo citiamo perché il
famoso film : Incontri
ravvicinati del terzo tipo , del
1977 , del regista Steven
Spielberg , girato con la
consulenza di Joseph Allen
Hynek , lo ricostruisce nella sua
stupenda scena finale . Inoltre il
documento rivela che la Cia
custodisce nel suo quartier
generale di Langley in Virginia
, un enorme volume intitolato :
” La Bibbia ” , con tutti i nomi e
le direttive dei Project
americani sugli UFO e la vita
extraterrestre intelligente . A
quanto pare il servizio
investigativo del Project
Aquarius , teneva anche sotto
controllo l’APRO ( Aerial
phenomena research
organization ) dei coniugi Jim e
Goral Lorenzen , per monitorare
lo sviluppo delle loro indagini ,
essendo in quel momento il
centro di studio privato sugli
UFO più rinomato degli USA .
Un presunto telex datato 17-111980 , con scambio di
informazioni tra le sedi della
base di Bolling a Washington ,
quartier generale dell’AFOSI ,
Air Porce of Special
Investigations ( ufficio di
investigazioni speciali
dell’Aeronautica ) e la base
AFOSI di Kirkland , cita delle
cose estremamente interessanti ,
cominciando dal fatto che
l’Usaf non è più attivo (!) nella
ricerca UFO , però si interessa
degli avvistamenti di UFO su
basi militari e sui siti di test
missilistici . Ma altre agenzie
governative coordinate dalla
Nasa , si muovono attivamente
sui casi UFO ritenuti attendibili
tramite organizzazioni di
copertura , tipo TUFO
Reporting Center e il Geodetic
Survey , con la Nasa che filtra i
rapporti per appropriati reparti
militari e di intelligence ,
interessati a quel particolare
avvistamento . Inoltre per la
particolare politica del Governo
USA , i rapporti con i risultati
del Project Aquarius sono
ancora classificati ” top secret ”
, non accessibili al di fuori dei
canali di intelligence e con
accesso limitato solo al tanto
vituperato Majestic 12 . Questo
presunto telex , è stato chiamato
” Aquarius Document ” . Sulla
sua attendibilità però ci sono
molti dubbi , e in effetti questo
dimostra e conferma che
infiltrazioni governative
raccolgono informazioni sui
centri ufologici per diffondere
false informazioni che creano
scompiglio , e non si sa mai
dove comincia la realtà e dove
la finzione . Dimostra anche
come sia impossibile far uscire
dagli archivi i fìles veramente
importanti. Nella mia ricerca ho
anche scoperto, non ne ho però
le prove materiali, che alcuni
documenti sono talmente
53
protetti, che sono composti da
un tipo di carta speciale che si
disintegra dopo pochi secondi
di esposizione all’aria , come
nei migliori film di James Bond
. Alcuni di questi fìles Aquarius
pare che parlino di un accordo
tra il Governo americano ed
ipotetici extraterrestri . Il
Project Aquarius era
originariamente inserito in un
più ampio programma definito
ALPHACOM , che significava
” prima comunicazione ” . Ci
furono dei tentativi di dialogo
con le entità aliene con un
sistema di comunicazione
chiamato ” PICTURE
GRAPHICS ” , dove il
linguaggio extraterrestre era
convertito in immagini-video . I
presunti alieni avevano più
volte sorvolato basi atomiche
USA , disattivando i sistemi di
controllo e quindi le autorità
militari vararono un programma
tecnologico per evitare questo
tipo di influenza sulle armi
nucleari . Questo ci fa ricordare
come negli anni della Guerra
Fredda si rischiò un conflitto
nucleare tra la Nato e il Patto di
Varsavia per colpa degli UFO ,
perché intrusi penetravano nei
rispettivi spazi aerei , con le
opposte fazioni convinte che
questi intrusi non erano altro
che ricognitori spia del nemico ,
come l’iconografìa di quei
tempi acclarava . Si ha
addirittura menzione durante la
guerra in Vietnam del recupero
di un velivolo non identificato
subacqueo , classificato per
comodità come sottomarino
russo . Dagli studi su questi
oggetti , pare che essi
distorcano lo spazio-tempo , e
questo confermerebbe la teoria
astrofisica dei cunicoli spaziotemporali , i cosiddetti
wormholes , e il fatto che essi
possono rendersi invisibili ,
come tanti avvistamenti UFO
dimostrano , quando questi
oggetti apparentemente
svaniscono di colpo come
inghiottiti da un’altra
dimensione . Inoltre cosa strana
, anche se questo è un punto di
cui sono stato sempre convinto ,
se un UFO subisce un’avaria ,
esso non si schianta , ma si
adagia dolcemente nel cratere
di impatto . Inoltre pare che il
Blue Book sapesse
perfettamente cosa erano quegli
oggetti, aldilà delle
dichiarazioni di comodo , e uno
dei più noti UFO-scettici ,
Philip Klass , presunto
giornalista aerospaziale , è un
probabile debunker che lavora
per l’intelligence . Inoltre dalle
risultanze Aquarius , emerge
che i dati scientifici raccolti su
UFO e alieni sono stati inseriti
in saggi di letteratura scientifica
pubblicati in America . Dalla
loro biologia risulterebbe che
respirano come noi, nonostante
il fatto che il cuore è connesso
ai polmoni mediante un unico
organo , cosa che osservammo
stranamente anche nella falsa
autopsia del Santilli – footage .
Risulta anche che si
baserebbero sulla vita vegetale ,
assorbendo il nutrimento per via
epidermica , espellendo le
scorie per secrezione cutanea e
qui sembra di vedere il film :
“La cosa da un altro mondo”
del 1951 .Si cita anche il nome
di un certo Dott. Guillermo
Mendoza , addetto alle ”
autopsie ” , nome rintracciabile
facilmente su Internet ,
componente del National
Research Council Associateship
. Fin qui quello che abbiamo
scoperto sul fantomatico Project
Aquarius . A corollario di ciò ,
per dimostrare quante
coincidenze strane ci sono nel
mosaico dell’ufologia , voglio
raccontare di due enigmatici
libri da me reperiti nel mio
peregrinare nelle librerie
dell’usato e non di Tarante in
quasi 40 anni di studi, due delle
decine di libri in nostro
possesso sulle tematiche a noi
care . Il primo si intitola : Alerte
aux ovni, scritto da un certo E.
M. Archdeacon , chiaramente
uno pseudonimo , pubblicato
nel 1976 dalle edizioni francesi
Pigmalion , in Italia pubblicato
dall’Editore De Vecchi di
Milano nel 1977 in 270 pagine ,
dal titolo : Allarme UFO ,
romanzo-inchiesta realizzato
con la collaborazione di Robert
Bernadini , nome fittizio ,
dell’Ufficio Ricerche del
Dipartimento di Polizia di San
Francisco . Chiaramente
essendo una storia vera , i nomi
originali dei personaggi in
questione sono stati cambiati ,
anche per pericolo di ritorsioni.
In questo libro pubblicato
appunto nel 1976 , si narra nelle
sue pieghe con altre
denominazioni di : Majestic 12 ,
Mib o silencers , UFO-crash ,
basi segrete tipo Area 51 ,
progetti segreti di ricerca UFO ,
quando di questi argomenti
nessuno sapeva ancora nulla ,
tranne forse un certo Frank
Scully , e non erano entrati
nell’immaginario dell’opinione
pubblica. Nella presentazione di
questo enigmatico tomo è
scritto sul retro di copertina : «
Gli UFO esistono . Contro ogni
convinzione , malgrado lo
scetticismo della scienza
ufficiale e il silenzio delle
autorità , sono una realtà
documentata . E’ quello che ,
suo malgrado , dovrà ammettere
il protagonista di questo
racconto , un uomo come tanti
che si trova improvvisamente al
centro di una situazione
inspiegabile e allucinante .
L’episodio , realmente vissuto e
documentato negli archivi
segreti di alcuni ministeri , è
raccontato come se si trattasse
di un’avventura , più
appassionante di un romanzo
giallo » . Argomentazioni che
ripeto non erano ancora di
dominio pubblico . L’altro libro
è invece un romanzo in piena
regola , scritto da Giordano Pitt,
titolo : UFO , costellazione
miraggio , pubblicato nel 1975
dall’Editrice Mursia di Milano (
! ) in 260 pagine , storia di
fantasia ( ! ) , ma che parla
anch’essa di basi segrete , con
stanze occultate contenenti
54
cadaveri alieni , UFO-crash ,
Mib , progetti e organizzazioni
segrete simil Aquarius e MJ 12 ,
con un giornalista che indaga
mettendo la sua vita in pericolo
, e inoltre un UFO-crash nelle
isole Svalbard , allo Spitsbergen
, evento forse realmente
accaduto nel 1946 , e quando
ancora non se ne parlava
diffusamente . Questi due libri
sono solo un caso , o sono
un’anteprima di rivelazioni
sconvolgenti creati ad arte ? Chi
vivrà vedrà , ma consiglio
caldamente a chi riesce a
reperirli , di leggerli, e non
rimarrà deluso perché qui si
parla di 1975 e 1976 , 36 anni fa
. Detto senza polemica alcuna ,
i fautori di un certo tipo di
ufologia adesso si
scandalizzeranno , ma
purtroppo non ci possiamo fare
niente . Bisogna riportare i fatti
così come si scoprono , a
dispetto della mancanza di
prove , quelle in un senso o
nell’altro le potrà portare solo il
tempo . Noi siamo gli ” ufologi
” del “presunto ” , ma anche
quelli del coraggio delle nostre
ricerche e studi, nonché delle
nostre idee . Il resto lo lasciamo
ai sapienti dell’ufologia italiana
, ma come ho detto in un’altra
occasione , non ci sono laureati
in ufologia e forse l’unica
cattedra del genere è ubicata
all’Accademia delle Scienze
russa . Bisogna riportare tutto
quello che si scopre , piaccia o
no e non solo quello che ( ci )
aggrada , sennò non è più
ricerca vera , ma solo quello che
più conviene per motivi di
opportunità e per paura di non
esporsi al ridicolo per non
perdere le proprie posizioni .
Questa è la vera ricerca libera e
senza condizionamenti , credo
su cui si fonda il pensiero del
Centro Ufologico Taranto ,
perché ovviamente non ci rende
succubi di nessuno . Quindi
liberi di dissertare di qualunque
argomento , senza essere
creduloni ma neanche con
disprezzo prima dell’indagine ,
come diceva un certo Hynek .
Se questo fatto ci rende un po’
scomodi in certi ambienti ,
pazienza , noi continuiamo per
la nostra strada . Solo il tempo
potrà dire se i fatti fin qui
esposti sono veri o falsi, non
abbiamo prove in un senso o
nell’altro , del resto abbiamo
solo cercato di fare
informazione , senza emettere
giudizi, per tentare di capire ,
perché se non se ne parla non
troveremo mai la verità , che
nessuno ha in tasca o
precostituita e nessuno è in
grado di emettere sentenze
sommarie sugli argomenti in
questione . Abbiamo solo
testimonianze , anche sui files
Aquarius . E anche se un
domani non scopriremo niente
di sicuro , il nostro tempo non è
trascorso invano , perché è
sempre bello e gratificante
andare a caccia della verità ,
qualunque essa sia , quindi
bisogna essere ottimisti e come
disse una volta il primo ministro
inglese Winston Churchill : «
Gli ottimisti vedono opportunità
in ogni pericolo , i pessimisti
pericolo in ogni opportunità » .
Però , concludo , chi va a caccia
di stelle in maniera onesta , può
anche rimanere a mani vuote ,
ma mai sporche di fango .
FONTI BIBLIOGRAFICHE
Siti Internet stranieri sconosciuti
sui files Aquarius .
POST SCRIPTUM
Recentemente ho di nuovo
visionato il bellissimo film del
regista Ron Howard : Apollo 13
, girato nel 1995 , con interpreti
gli attori : Tom Hanks , Kevin
Bacon , Bill Paxton , Gary
Sinise , Ed Harris, basato sulla
vera storia della navicella
americana destinata a sbarcare
sulla Luna nell’Aprile del 1970
sull’altipiano di Fra Mauro ,
come terzo sbarco americano sul
nostro satellite , missione fallita
per un guasto ad una serpentina
difettosa che causò un piccolo
corto circuito con conseguente
perdita di ossigeno vitale per la
vita degli astronauti a bordo , e
di cui sono ancora in possesso
dei giornali dell’epoca . La
storia degli astronauti Jim
Lovell, Fred Haise e Jack
Swigert, definito il più grande
fallimento di successo , per la
grande bravura e il coraggio dei
tecnici a terra capitanati dal
direttore di volo Gene Kranz ,
oltre che dall’astronauta Ken
Mattingly , sostituito nella
missione da Jack Swigert per
colpa del morbillo , e con la
competenza dell’eroico
equipaggio che lotta contro il
tempo e contro le avversità per
tornare a casa , riuscendoci .
Pochi sanno però un particolare
forse insignificante e forse no .
Il modulo lunare che avrebbe
dovuto portare questi eroi sulla
Luna e che invece fu usato per
portarli sani e salvi sulla Terra ,
era stato chiamato modulo ”
AQUARIUS ” , forse
collegandolo ai misteri ufologici
lunari dell’Apollo 11 . Una
coincidenza ? O un nome
evocativo ? Non lo sappiamo .
Fatto sta che le coincidenze in
effetti cominciano a diventare
un po’ troppe , ma come
abbiamo detto in precedenza ,
solo il tempo ci darà conto in un
modo o nell’altro.
55
2012
L’ULTIMA
APOCALISSE
VERITÀ E FANTASIE
SUL DISASTRO FINALE
CONSIDERAZIONI
PRELIMINARI
Roberto La Paglia
[email protected] , oltre
ad essere giornalista
freelance, è scrittore e
ricercatore. Mente
fervida, alimentata da un
intenso ed inesauribile
desiderio di ricerca,
attraverso le sue opere,
accompagna i lettori in un
viaggio verso l'ignoto,
guidandoli nei meandri
più nascosti delle dottrine
occulte ed esoteriche. Uno
dei suoi ultimi libri è
“Archeologia Aliena”
(Ed. Cerchio della Luna,
2008).
Ventidue Dicembre 2012:
questa data ormai da qualche
tempo rimbalza in modo
sinistro su molti siti internet,
nelle liste di discussione e in
numerosi libri nei quali
l’argomento si presenta come
sfondo per catastrofiche
storie. Questo particolare
giorno, come un arcano gioco
matematico, è in pratica la
nuova caratterizzazione di
una paura che puntuale
ricorre a ogni millennio,
quella della fine del mondo.
Seguendo il calendario Maya,
ci troveremmo attualmente
nell’Età dell’Oro, la quinta
delle precedenti quattro Ere,
(Acqua, Aria, Fuoco e Terra);
la nostra Era vedrà il suo
termine esattamente il
ventuno dicembre dell’anno
2012 e, come accadde per le
precedenti, la sua fine
coinciderà con una serie di
immani sconvolgimenti
ambientali, causati da una
inversione del campo
magnetico terrestre dovuto ad
uno spostamento dell’asse del
pianeta. Questo scenario, in
verità, non ci è del tutto
nuovo; tutte le previsioni
apocalittiche hanno sempre
avuto come sfondo questo
genere di sconvolgimenti, ma
perché oggi questa data
sembra fare più paura di tutte
le altre? C’è qualcosa di vero
in quella che dovrebbe essere
la nostra ultima apocalisse?
Lo scopo di questa ricerca
non sarà soltanto quello di
descrivere gli scenari relativi
all’anno 2012 e le teorie
sviluppate in merito dai vari
ricercatori, ma anche di
vagliare gli elementi
disponibili alla ricerca di una
qualche verità che possa in
qualche modo avallare i
timori diffusi. Rispetto allo
56
scenario proposto, il termine
apocalisse è quanto meno
appropriato ed esprime in
maniera coerente quanto
dovrebbe accadere, ma sarà
davvero l’ultima? A questo
quesito non sarà facile
rispondere, soprattutto in
mancanza di elementi che
possano determinare un ampio
raggio di prove a sostegno
delle diverse teorie; unico dato
certo è che sicuramente, se
avverrà, non sarà sicuramente
la prima: le cronache antiche
riportano, spesso con dovizia
di particolari, le immani
catastrofi alle quali venne
sottoposto il nostro pianeta,
catastrofi che agli occhi degli
antichi osservatori rivestivano
sicuramente carattere
apocalittico e mondiale,
soprattutto rispetto alla loro
visione della terra. Inutile
ricordare il diffuso ricordo del
Diluvio Universale, le
glaciazioni e gli innumerevoli
meteoriti che da sempre
bersagliano la nostra amata
terra. Parlare del 2012 non
rappresenta certo un compito
semplice da assolvere; troppo
facilmente si potrebbe cadere
nella trappola della semplice
ricerca che impressioni il
lettore, sfruttando uno dei tanti
aspetti delle fobie sulla fine
dei tempi, paura e intrigo allo
stesso tempo. Si potrebbe
anche tentare la carta del
solito libro sullo stato di salute
del nostro pianeta, spiegando
la paura del 2012 e le profezie
che la riguardano come la
causa scontata del nostro
irrazionale comportamento
rispetto all’ambiente che ci
circonda; non sarebbero meno
interessanti i vari filoni
fantascientifici o riguardanti
gli studi ufologici, ma esiste
sempre una via di mezzo,
quella che racchiude insieme
gli argomenti, li analizza e
lascia semplicemente al lettore
la facoltà di credere o non
credere, oppure di abbracciare
una determinata tesi rispetto
alle altre. Proprio quest’ultimo
è il parametro che si è sforzati
di seguire, analizzare
semplicemente tutto quello
che riguarda l’argomento 2012
e riportare in maniera
semplice ogni storia e
conclusione, rispettando i
principi della divulgazione che
sono alla base del sapere e del
diritto – dovere alla
conoscenza. D’altra parte è
anche vero che le profezie
riguardanti la fine
dell’umanità sono
innumerevoli: c’è chi prevede
fiamme e fuoco dal cielo, chi
terremoti e catastrofi naturali,
chi l'impatto di un meteorite,
chi parla di guerre nucleari a
cui la razza umana non
sopravvivrà o quantomeno
solo pochi meritevoli o
“risvegliati”. Eppure, in
questo terribile scenario, ciò
che colpisce maggiormente i
lettori non sono le differenze
tra le varie profezie, bensì le
loro somiglianze. Avviene a
volte infatti, che autori diversi,
appartenenti a epoche storiche
diverse, senza sapere nulla
l’uno dell’altro, descrivano
scene simili. I profeti erano
considerati dei viaggiatori del
tempo, riuscivano ad andare
avanti e dare uno sguardo a
quello che sarebbe stato il
destino, (o uno dei tanti
probabili destini), della storia
umana. Diverse profezie
divenute famose descrivono
una sorta di catastrofe che si
abbatterà sul nostro pianeta e
sarà preannunciata da tre
giorni di buio su tutta la terra;
il ventuno dicembre 2012
potrebbe essere la data
fatidica, il giorno nel quale la
rotazione terrestre sul proprio
asse si fermerà per ben
settantadue ore, per poi
riprendere in senso inverso. La
conseguenza di una tale
anomalia sarà innanzitutto
l’inversione dei poli
magnetici, ma non meno
trascurabili saranno le
anomalie climatiche e
sismiche. Un anno nefasto
quindi che vanta già numerosi,
sinistri, appellativi, tra i quali:
“la fine del mondo”, l’epoca
dei cataclismi”, “l’anno del
rinnovamento spirituale”.
Resta il fatto che, per quanto
temuta, la fine del mondo è
stata sempre attesa, ma cosa si
intende esattamente con
questo termine? Pensare che la
terra, così come la
conosciamo, finisca
drasticamente in un’enorme
massa di polvere
confondendosi con i detriti che
viaggiano nello spazio,
sarebbe quantomeno sinistro
anche se non improbabile; è
comunque interessante
avvicinarsi ad una diversa
ipotesi, quella di una fine del
mondo che conosciamo inteso
come coscienza, livello
tecnologico e progresso. Pare
comunque che il fenomeno
legato al 2012 sia del tutto
naturale per la nostra Terra e
che, stando al computo del
tempo del calendario Maya
basato sulla “precessione degli
equinozi”, si manifesti con
regolarità ogni 12.960 anni (a
seconda dell’attendibilità delle
fonti questa cifra risulta
diversa, anche se poi tutte le
interpretazioni sono concordi
riguardo alla data del 2012,
inizio dell’era dell’Acquario).
E anche se a tutto oggi è
taciuto, sembrerebbe noto
anche alla scienza ufficiale
che sfrutterebbe, tra i
numerosi metodi di datazione,
57
ad una conclusione prima
dell’arrivo dell’anno tragico.
LA FINE DEL MONDO
proprio l’inversione magnetica
terrestre. La Terra avrebbe
iniziato la sua fase di
rallentamento già intorno agli
anni ’60 del novecento (primi
rilevamenti effettuati), un
rallentamento iniziale di
portata sicuramente
infinitesimale, ma che
comunque è stato taciuto.
Questa lenta frenata avrebbe
un andamento esponenziale e
non lineare, perciò si avrebbe
una fase iniziale del
rallentamento quasi “nulla” e
una finale molto accentuata. In
pratica, se disegnassimo su un
piano cartesiano gli anni
sull’asse x e la velocità di
rotazione sull’asse y,
otterremmo una linea appena
inclinata che va dall’anno
1960 fino al 2002 circa, cioè
pari ad un lievissimo
rallentamento, mentre dal
2003 al 2012 vedremmo la
linea incurvarsi velocemente
fino a orientarsi verticalmente,
cioè fino alla totale fermata.
Questo giustificherebbe
l’ignoranza di quasi tutta
l’umanità in proposito. Per chi
non è munito dei giusti mezzi
di misurazione, un minuto in
più o in meno nell’arco di un
anno fa poca differenza.
Nell’epoca attuale, però, ci
troviamo a perdere ormai
alcuni minuti ogni anno,
ovvero i giorni si stanno
allungando, ma la
disattenzione umana unita al
sofisticato sistema di
occultazione, ne rendono
difficile il rilevamento. Alcuni
ricercatori indipendenti hanno
provato a misurare con
metodo empirico, non
avendone altri a disposizione,
il rallentamento della
rotazione terrestre. Dal luglio
dell’anno 2004 al luglio
dell’anno 2005, secondo le
loro osservazioni, la Terra ha
rallentato di circa 3 minuti. E
dal luglio dell’anno 2005 al
luglio dell’anno 2006 di circa
5 minuti. La vita, nata così
miracolosamente e altrettanto
misteriosamente, è destinata a
cessare per sempre? Per
rispondere dovremmo prima
tentare di comprendere qual è
esattamente il nostro concetto
di vita, sperando che questa
profonda riflessione, forse
l’unico modo per scongiurare
l’imminente catastrofe, giunga
Prima o poi, così come accade
per tutto ciò che ci circonda,
anche la nostra amata terra
sarà destinata a sparire; questa
convinzione, molto radicata
nell’immaginario collettivo,
parte in realtà da un concetto
errato di fine: in natura infatti
nulla si distrugge veramente e
il termine fine indica l’inizio
di una nuova forma di vita.
Nonostante ciò i volumi che si
occupano di più o meno
imminenti catastrofi sono
numerosissimi, molti di essi si
avvalgono della consulenza di
ricercatori, scienziati,
astrofisici o semplici
“investigatori” dei segni dei
tempi. Isaac Asimov, uno dei
maggiori ricercatori e
divulgatori statunitensi, oltre
che biochimico e scrittore,
suddivise la fine del mondo in
cinque diverse tipologie di
catastrofi: fenomeni di
carattere universale, fenomeni
localizzati nel sistema solare
(la morte del sole), fenomeni
attinenti esclusivamente alla
terra stessa (impatto con
asteroidi), distruzione
determinata da guerre e
catastrofi di tipo energetico o
ecologico. Queste cinque
diverse interpretazioni della
causa che porterà alla fine del
mondo, sono in seguito servite
da parametro per quasi tutti i
libri, romanzi e saggi, che
hanno trattato l’argomento; di
contro la scienza si è sempre
limitata a tracciare probabili
scenari, senza mai entrare in
azzardate previsioni rispetto al
periodo nel quale,
presumibilmente, questi stessi
scenari determineranno la fine
vera e propria. Per sopperire a
58
questa “lacuna” non sono
invece mancate folte schiere di
“profeti” che già fin
dall’antichità hanno iniziato a
scrivere sull’argomento;
sempre più precisi e
irrimediabilmente pessimisti,
hanno sempre portato avanti
un’unica e incrollabile
convinzione: la fine del
mondo è vicina. L’Induismo ci
avverte che stiamo vivendo
l’ultimo millennio del Kali
Yuga, l’Era Oscura, un ciclo
cosmico negativo che ha avuto
inizio nel 3102 a.C. e che avrà
termine proprio con la fine del
mondo fisico; la stessa Bibbia
è intrisa di previsioni e
profezie che già dall’inizio del
mondo iniziavano a
presentirne la fine, mentre
ritorna oggi l’antica paura di
un periodo per alcuni già
iniziato, per altri ancora a
venire, caratterizzato da una
grande trasformazione
spirituale ma anche foriero dei
nostri ultimi giorni in questo
mondo: l’Età dell’Acquario.
La catastrofe potrebbe quindi
essere imminente e si
verificherà quando il primo
punto dell’Ariete nello
Zodiaco tropicale uscirà dalla
costellazione dei Pesci e
entrerà nella costellazione
dell’Acquario. Questa
puntualizzazione, anche se a
prima vista sembra essere
particolarmente dettagliata,
risulta in realtà assolutamente
impossibile da collocare in un
determinato periodo storico;
nessuno infatti conosce con
esattezza quale punto dello
Zodiaco debba essere
considerato con esattezza il
confine tra Pesci e Acquario.
Allo stato attuale delle cose,
l’unico modo possibile per
tentare di avvicinarsi a una
data approssimativa è di
affidarsi alle interpretazioni:
secondo il volume “Mundane
Astrology”, le date presunte,
calcolate da vari esperti,
sarebbero molteplici e tutte
differenti tra loro: secondo le
stime del veggente Cherio
l’Età dell’Acquario ebbe
addirittura inizio nel 1762,
secondo il ricercatore Ernest
Tied inizierà invece nel 3550.
L’astrologo inglese Alan
Oaken fissa l’inizio del
passaggio con il primo passo
dell’astronauta americano Neil
Armstrong sulla Luna, mentre
Carl Gustav Jung, uno dei
padri della psicanalisi, colloca
l’avvenimento nell’arco di due
secoli, dal 1997 al 2200. Tutto
questo non ha impedito, sia
nel passato che in tempi
recenti, il proliferare di profeti
e veggenti pronti a
scommettere che la fine del
mondo è ormai prossima; la
stragrande maggioranza delle
profezie sono spesso poco
chiare, volutamente ricche di
metafore e allo stesso tempo
estremamente scarse di vere e
proprie informazioni.
Nostradamus, ad esempio, uno
dei più consultati e conosciuti
profeti, sembra aver
azzeccato, a detta dei suoi
sostenitori, tutti gli
avvenimenti relativi al
passato, ma si è sbagliato su
quelle relative al nostro
presente, mentre è ancora in
discussione la validità delle
sue visioni future. Questo
modo di intendere le profezie
rispecchia in un certo senso,
tutta la complessità del
problema; riuscire ad adattare
sibillini versi ad avvenimenti
già accaduti è statisticamente
molto semplice ma non
rilascia alcuna assicurazione
sulla totale bontà delle
profezie. Una valida profezia,
quella che potremmo definire
la “profezia perfetta”,
attraverso la quale sia
possibile appurare l’effettiva
capacità divinatoria del suo
autore, dovrebbe rispondere a
dei precisi requisiti:
• Deve essere facilmente
riscontrabile a livello storico,
ovvero deve contenere la
riproduzione della su prima
stesura al fine di evitare il
problema di aggiunte durante
le varie ristampe.
• Il testo deve essere
trascritto nella sua forma
originale e nella lingua
originale con la quale è stato
concepito; posto questo
requisito, porterà a fronte la
traduzione in lingua
59
moderna.
Queste due basi, sicuramente
essenziali, garantirebbero
l’assenza di manipolazioni,
oltre che la premessa per il
suo commento. Tutto questo,
ovviamente, non è quasi mai
avvenuto, il bisogno di
conoscere a tutti i costi il
proprio futuro spesso lascia
poco spazio alla riflessione, e
le tradizioni locali, i costumi
sociali e non ultimi, gli
atteggiamenti religiosi,
finiscono sempre per falsare
ogni sano intendimento di
ricerca. Nel mondo
occidentale, il Cristianesimo
fissa la data dell’inizio della
nuova epoca, nel terzo
millennio dell’Era di Cristo;
le ragioni di questa scelta
sono estremamente
complesse e non si trova
alcun riscontro in nessuno
dei testi adottati dai cristiani.
Malgrado l’assenza di
espliciti riferimenti, sorsero
ben presto molti movimenti
che predicavano l’imminente
fine del mondo; gli Ebioniti
nel II secolo, i Montanisti nel
III secolo, i Gioachimisti nel
XII secolo, gli Anabattisti nel
XVI secolo, i Mormoni nel
1830, gli Avventisti nel
1833, gli Avventisti del
Settimo Giorno nel 1860, gli
Studenti Biblici nel 1879, i
Testimoni di Geova nel 1831.
Quasi tutti questi gruppi
vennero considerati eretici e
perseguitati dalla Chiesa
Cattolica. Questo non impedì
il fiorire di date e profezie,
per fortuna sempre errate; nel
tentare di porre un limite alla
nostra amata terra si sono
cimentati nel tempo
scienziati, scrittori, filosofi,
uomini di Chiesa e anche
umili contadini.
Concludiamo riportando un
breve elenco estratto da una
pubblicazione del 1980: “The
book of Predictions” di
David Wallechinsky, Amy e
Irving Wallace, sperando che
tutti questi errori non siano
gli ultimi su quanto sembra
dovrebbe capitare al nostro
pianeta:
ANNO DELLA FINE
PROFETA
Settembre 1186
Giovanni da Toledo
1260 Gioachimiti
1347/1349
Setta dei
Flagellanti
1524 Johannes Stoeffler
1761 William Bell
1842 John Dee
1843 William Miller
fondatore degli Avventisti
1844 William Miller
1944 William Miller
1910 Per il passaggio della
cometa Halley
1914 William Taze
Testimoni di Geova
1915 Testimoni di Geova
1924 Testimoni di Geova
1953 Profezie della Grande
Piramide
1975 Testimoni di Geova
1984 Testimoni di Geova
1986 Per il passaggio della
cometa Halley
1997 Nostradamus
1999 Profeti vari
LE PROFEZIE DEI
MAYA
Come abbiamo già detto in
apertura, secondo i Maya ci
furono cinque Ere cosmiche,
corrispondenti ad altrettante
civiltà. Alcuni studiosi
affermano che la prima
civiltà, quella distrutta
dall’Acqua, era la mitica
Atlantide; questo in
riferimento a un passo tratto
dal Popol Vuh dei Maya
Quiché, nel quale si legge:
“un diluvio fu suscitato dal
Cuore del Cielo... una pesante
resina cadde dal cielo.. la
faccia della terra si oscurò, e
una nera pioggia cadde su di
essa, notte e giorno". Tutti i
cataclismi che
caratterizzarono la fine delle
Ere secondo i Maya furono
causati da un singolo e
ripetitivo evento, l’inversione
del campo magnetico terrestre
dovuto allo spostamento
dell’asse del pianeta, la stessa
causa che si presenterà nel
2012. Sulla scorta delle
previsioni divulgate dallo
storico Immanuel
Velikovsky, un catastrofico
terremoto farà tremare
l’intero globo, la terra sarà
spazzata da violenti uragani
mentre i mari investiranno
furiosamente i continenti; la
temperatura diventerà torrida,
le rocce liquefatte, le eruzioni
vulcaniche ricopriranno
vastissime zone. Se lo
spostamento dell’asse fosse
accompagnato da un
cambiamento nella velocità di
rotazione, le acque degli
oceani equatoriali si
ritirerebbero verso i poli e
alte maree, seguite da
uragani, spazzerebbero la
Terra da un polo all’altro. Lo
scenario ipotizzato da
Velikovsky presuppone la
fine della vita sul nostro
pianeta, un avvenimento che
a molti potrebbe apparire
come semplice fantascienza
ma che nell’universo ricorre
con grande frequenza, senza
tralasciare il fatto che
basterebbe l’impatto con un
asteroide di enormi
dimensioni per evocare
fedelmente gli scenari appena
descritti. Per quanto queste
ipotesi possano apparire
assurde, si tratterebbe in
realtà di eventi naturali, che
60
in fin dei conti rappresentano
il metro con il quale si può
misurare la fragilità
dell’essere umano rispetto
all’universo e, allo stesso
tempo, la vera ragione della
sua atavica paura di una fine
prossima, ovvero la presa di
coscienza della nostra
estrema debolezza di fronte
alla forza della natura.
Importante notare come tutte
le più pessimistiche
previsioni, comprese quelle
del ricercatore russo,
ricalchino in qualche modo le
profezie dei Maya, oltre che,
proprio nel caso di
Velikovsky, le profezie del
monaco Basilio Cotterell.
Ritorniamo quindi ai Maya, e
in particolare all’ipotesi che
proprio uno spostamento
dell’asse terrestre contribuì
definitivamente alla
scomparsa di questa civiltà;
questa ipotesi, se avvalorata,
darebbe maggiore credibilità
agli eventi che dovrebbero
caratterizzare il 2012, proprio
perché si stabilirebbe che si
tratta di fenomeni ciclici. Un
primo avvaloramento di
questa profezia, anche se
indiretto, è contenuto nel
dossier presentato nel 2003
dal Pentagono, nel quale si
prevedono proprio per quel
periodo immani catastrofi
causate dall’innalzamento
della temperatura; studi
recenti, effettuati dopo la
divulgazione di questo
dossier, sembrano dar credito
all’ipotesi che esista una sorta
di “reset ciclico” terrestre, un
reset che dovrebbe ormai
essere prossimo. E’ ovvio, a
questo punto, proporre un
quesito: i Maya erano in
possesso di mezzi e
conoscenze scientifiche tali
da poter arrivare a
profetizzare il 2012 come
anno della fine? Il Grande
Conto, ovvero il trascorrere
degli anni, veniva misurato
utilizzando stelle e pianeti; il
tempo veniva diviso in una
serie di cicli che avevano
inizio dalla nascita di Venere,
anche se sarebbe interessante
sapere in quale modo si
giunse a definire l’esatta
nascita del pianeta in
questione. Ogni ciclo durava
1 milione e 872 000 giorni,
mentre il ciclo che ora stiamo
vivendo ha avuto inizio il 13
agosto dell'anno 3114 prima
di Cristo e vedrà la sua fine
esattamente il 21 dicembre
2012 dopo Cristo. I Maya
erano del tutto sicuri
dell'attuale ciclo ed erano
altrettanto convinti che fosse
l'ultimo. Quando il mondo
avrà completato questo ciclo,
dicevano, finirà fra disastrose
inondazioni, terremoti e
incendi: uno scenario molto
simile alle profezie del Nuovo
Testamento. Tralasciando un
attimo queste profezie, non
sarà difficile notare come già
oggi, sotto i nostri occhi, tutti
i giorni ci sono guerre, i
vulcani sembrano essersi
svegliati da lunghi anni di
letargo, i terremoti e i
maremoti fanno tremare il
cuore degli uomini.
Assistiamo continuamente e
inermi ad alluvioni e tifoni
che sembrano spazzare via la
nostra amata terra, così come
inermi, ma a volte anche
complici, assistiamo alla
progressiva contaminazione
del globo terrestre dovuta agli
scarti industriali,
all’immondizia e quanto altro.
Stiamo devastando l'armonia
naturale, e non c’è bisogno di
ricorrere alle profezie di
un’antica civiltà per prendere
coscienza che il clima sia
cambiato, che la temperatura
stia aumentando e che questo
aumento provoca piogge
anomale con conseguenze di
tifoni, tornado , terremoti e
maremoti. Ritornando
nuovamente al nostro
argomento, com'è possibile
che da un calendario si possa
desumere tutto questo? Il
calendario così come lo
conosciamo noi oggi,
rappresenta l'apice di un certo
tipo di cultura databile al I°
secolo a.C., ovvero tra il 50 e
il 100 a.C., e quasi
sicuramente, in base a quanto
dicono gli esperti, non sono
stati i Maya bensì i Toltechi a
farlo. Si tratta in effetti di un
calendario estremamente
preciso, redatto da sacerdoti
che erano allo stesso tempo
astronomi, filosofi e
scienziati; un calendario così
preciso che intorno al 3000
a.C. descrisse l’eclissi solare
avvenuta l’undici agosto 1999
con soli trentatré secondi di
ritardo rispetto al nostro
tempo. Non si trattava quindi
di un semplice calendario per
computare il passare del
tempo, lo scopo principale era
quello di raccordare le azioni
degli uomini e dei capi Maya
rispetto a tutto il movimento
dell’universo; l’azione finale
era quella di trovare una
concordanza con l’equilibrio
universale in modo che le
azioni dei re fossero in
perfetta sinergia con i ritmi
cosmici. Per raggiungere
questo fine era necessario
stabilire un equilibrio ma
soprattutto, avere una visione
chiara di quali fossero le leggi
che regolano la vita su questa
terra e fuori di essa; si scoprì
in tal modo che, così come la
Terra gira intorno al Sole,
tutto il sistema solare nel
quale anche la Terra si trova
gira intorno alla galassia.
61
Prendendo questo parametro
come linea di misura, il
calendario Maya dura 25625
anni, non 365 giorni, quasi
rappresentasse l'anno
galattico e non l'anno
terrestre! Lo studio sul Sole
portato avanti dai sacerdoti
giunse alla conclusione che
l’intero sistema solare si
muove, che l'universo ha dei
cicli periodici di tempo che
iniziano e che hanno un
termine, come il giorno e la
notte. I Maya scoprirono che
il sistema solare percorre
un’ellisse che ha come centro
il centro della galassia,
deducendone che il Sole e
tutti i suoi pianeti si muovono
in cicli, in relazione alla luce
centrale della galassia.
Stabiliti questi parametri, il
ciclo completo di 25.625 anni
che compie il sistema solare
venne codificato come giorno
galattico; alla metà di questo
percorso, circa 12.800 anni,
siamo più vicini al centro
della galassia, così come
avviene per noi con le
stagioni. I Maya avevano
scoperto che quando il
sistema solare andava agli
estremi della galassia era la
notte, lontano dal Sole;
quando si riavvicinava era il
giorno. Questo mezzo giro
dura 12.800, quindi abbiamo
12.800 anni di giorno e
12.800 di notte, come sono le
12 ore di dì e 12 ore di notte,
ci sono le 12 ore dell'alba e le
12 ore del tramonto. E per la
notte è lo stesso, ci sono le 12
ore del vespro e le 12 ore che
precedono l'alba. Questa
sintetica descrizione del
calendario è necessaria per
comprendere un punto
importante dell’argomento: le
profezie Maya non sono dei
veri e propri sguardi sul
futuro, bensì delle descrizioni
di ciò che sta accadendo, la
sintesi dell’evoluzione umana
attraverso dei cicli che si
perpetuano all’infinito.
Espresso questo concetto sarà
più semplice spiegarsi per
quale motivo gli eventi
catastrofici previsti per il
2012 sembrano così
realmente simili agli
avvenimenti che stanno
prendendo forma nel
presente; questo per i Maya è
il tempo dell’odio e della
paura, ma anche l’occasione
per riflettere, per tenersi
pronti rispetto ad un
cambiamento che in ogni caso
avverrà. Gli ultimi venti anni
rimasti vengono definiti dai
Maya “il tempo del non
tempo”, un periodo nel quale
non è giorno ma nemmeno
notte, durante il quale una
cometa o un asteroide
apparirà e questa apparizione
sarà dannosa per tutta la terra.
Nessuno forse darebbe
credito a queste affermazioni
eppure, stranamente, molti
astronomi, quelli inglesi per
ultimi, hanno recentemente
affermato di essere andati
incontro a una spesa molto
elevata per costituire una task
force nel caso, o nell’ipotesi,
che un asteroide si dirigesse
verso il nostro pianeta.
Questa notizia è stata
ampiamente riportata già dal
1999 e guarda caso, proprio
dal 1999, inizia il computo
Maya degli ultimi tredici anni
rimasti al globo terrestre!
UNA QUESTIONE DI
CALCOLI E STRANE
COINCIDENZE
Oltre le immaginarie
descrizioni di un’imminente
apocalisse, lo studio di quelli
che potrebbero essere gli
eventuali scenari futuri
relativi agli avvenimenti
previsti per il 2012
presuppone un discorso molto
più complicato e razionale.
Per fare ciò è necessario
ritornare ancora una volta sul
calendario Maya; questo
particolare sistema di
computo è registrato sotto
forma di incisioni su quella
che viene chiamata “La Pietra
del Sole”, un reperto di
origine Azteca attualmente
conservato e messo in
esposizione presso il Museo
Nazionale di Antropologia di
Città del Messico. Si tratta in
realtà non di uno ma di tre
calendari ben distinti tra loro,
oltre ad un calendario
62
religioso, che richiede 260
giorni per completare un
intero ciclo, esistono venti
settimane formate da tredici
giorni ciascuna. Ogni
settimana ha un nome
speciale, un logo grafico e un
significato univoco associato.
Segue il calendario solare,
formato da 365 giorni e
diviso in diciotto mesi di
venti giorni ciascuno; alla
fine del ciclo figurano cinque
giorni considerati speciali ma
sfortunati, in quanto non
appartenenti a nessun mese;
anche in questo caso ogni
mese ha un nome, un logo e
un particolare significato.
Esposti in maniera abbastanza
semplici i primi due
calendari, passiamo al terzo,
quello più importante, in
quanto direttamente
relazionato agli avvenimenti
del 2012; mentre i primi due
cicli possono essere
immaginati come le ruote di
un ingranaggio che si
muovono nel tempo, il terzo
calendario è un numero
lineare di giorni che iniziano
dal primo e contano ogni
giorno fino al presente. In tal
modo qualunque giorno nella
storia può essere registrato
usando il terzo calendario,
detto anche del Lungo Conto,
ed è possibile risalire alla
corrispondente settimana
religiosa o mese solare. Le
ruote o gli ingranaggi
possono quindi essere usati
per computare i cicli religiosi
o solari per qualunque data
ma la numerazione segue una
prassi abbastanza inconsueta;
mentre noi siamo abituati a
scrivere i numeri da sinistra a
destra, staccandoli però al
contrario e assegnando loro
un posto che rappresenta un
multiplo di dieci, per i Maya
esistevano soltanto cinque
posizioni. Nella prima
posizione veniva registrato un
numero da zero a venti; il
secondo posto a sinistra aveva
un intervallo compreso tra lo
zero e il diciassette, il terzo
posto tra lo zero e il
diciannove, il quarto seguiva
la stessa regola del terzo e
infine, il quinto da zero a
dodici. I numeri venivano
scritti da destra verso sinistra
e venivano separati tra loro da
un punto; in questo modo la
prima posizione, anziché
multipli di dieci, aveva
multipli di uno, la seconda un
multiplo di venti, la terza un
multiplo di trecentosessanta,
la quarta un multiplo di
settemiladuecento e la quinta
un multiplo di
centoquarantaquattromila. Su
queste basi, un numero come
4.12.5.9.0 sarebbe stato
calcolato come segue: (4 x
144.000) + (12 x 7200) + (5 x
360) + (9 x 20) + (0 + 1) o un
lungo conto di 145980. Per un
esperto matematico non sarà
difficile realizzare che il
massimo numero registrabile
in questo modo sarebbe
12.19.19.17.20, anche se
l’opinione di molti ricercatori
si riferisce a 13.0.0.0.0. Il
nocciolo della questione e di
tutti questi calcoli, risiede
comunque nel fatto che il
calendario Maya ha una fine,
e questa fine è fissata proprio
per il 21 dicembre 2012! Ma
perché i Maya non andarono
oltre, non calcolarono il
tempo oltre questa tragica
data? L’ultimo ciclo solare è
avvenuto nel 2001 e seguendo
i calcoli effettuati dagli
osservatori scientifici, il
prossimo massimo solare,
cioè il periodo durante il
quale i flare, (violente
eruzioni di materia in
esplosione), saranno molto
più forti, sarà esattamente il
21 Dicembre del 2012;
praticamente durante questo
fatidico giorno avremo veri e
propri pezzi di sole che
salteranno nello spazio,
liberando
contemporaneamente
radiazioni e forti correnti
elettriche; ovviamente molti
si rincuoreranno pensando
che queste manifestazioni,
oltre ad essere del tutto
naturali, finiscono comunque
per ricadere sul Sole stesso,
ma esiste un particolare tipo
63
di Flare chiamato CME,
(Coronal Mass Ejection), che
è in grado di lasciare il Sole e
viaggiare come un proiettile
verso altri pianeti, molto
spesso verso la nostra Terra!
Anche i Flare più piccoli, pur
essendo notoriamente
innocui, possono risultare
estremamente pericolosi; nel
1989 un Flare colpì il
continente Nordamericano,
bruciando le linee elettriche,
facendo saltare le power grid
negli Stati Uniti e in Canada,
e creando gravi blackout di
corrente. I Flare, inoltre,
possono influenzare il nostro
umore e la nostra salute
fisica. Il nostro sistema
solare, come tutti sanno, fa
parte della Via Lattea, una
infinita distesa di stelle e
pianeti di forma discoidale in
seno alla quale noi ci
troviamo in un punto situato
quasi sul bordo di questo
ipotetico disco; molto presto
ci sposteremo verso il fondo,
seguendo un movimento già
iniziato da tempo e questo
cambiamento da una
posizione posta in alto a una
posta in basso inizierà ancora
una volta proprio il 21
Dicembre 2012. In quel
giorno il Sole si troverà al suo
massimo solare e l’eclittica
del nostro sistema solare
intersecherà il Piano
Galattico, cioè l’Equatore
Galattico della Via Lattea.
Scivolando sempre più in
basso non guarderemo più la
Via Lattea dalla stessa
angolazione bensì da Sud; in
pratica sarà come osservare la
faccia nascosta della Luna e
non perché l’astro ha
cambiato posizione bensì
perché noi siamo passati
dall’altra parte. Ma i problemi
non finiscono qui! Quando
intersecheremo l’Equatore
Galattico, saremo anche
perfettamente allineati con il
centro della Galassia, ovvero
con il punto nel quale si
esprime il massimo della
massa; seguendo l’assioma
più massa uguale più gravità
è possibile concludere che ci
sarà una maggiore influenza
da parte dei baricentri del
Sole, quindi un numero
considerevole di eruzioni
solari, e tutto durante lo
stesso, fatidico giorno. In
conclusione i fatti sono
abbastanza preoccupanti; non
si tratta in effetti soltanto di
un cambiamento mentale, di
coscienze, forse questo sarà
soltanto il frutto delle terribili
esperienze che potrebbero
attenderci o forse soltanto la
conseguenza della paura, una
preoccupazione che, se
affrontata e realizzata in
tempo, potrebbe imprimere
un nuovo corso al nostro
modo di concepire il mondo e
la vita stessa. Il 21 Dicembre
del 2012 sarà comunque un
giorno speciale, una data che
rappresenta la massima
influenza possibile e
immaginabile dei Flare solari
nell’universo, un
avvenimento che per qualche
arcano motivo i Maya
sembravano conoscere molto
bene. Esiste anche una
diversa possibilità riguardo
agli avvenimenti che ci
attendono: durante il primo
quarto del 2001 il Sole ha
invertito i propri poli
magnetici; si tratta di un
avvenimento che si verifica
ogni undici anni. Il polo nord
magnetico del Sole si trovava
prima al polo nord
rotazionale, adesso il polo
nord magnetico del Sole si
trova esattamente al suo polo
sud; seguendo la teoria in
base alla quale i poli opposti
si attraggono, i poli magnetici
della Terra e del Sole si
trovano oggi al massimo della
loro stabilità. Questa notizia,
sicuramente confortante, non
lo sarà più durante il solstizio
d’inverno del 2012, ovvero
quando i poli del Sole si
invertiranno nuovamente; in
seguito a questo avvenimento,
infatti, sarà proprio il campo
magnetico del Sole ad attrarre
quello della Terra.
L’inversione dei poli
magnetici della Terra
porterebbe a uno stress
planetario, con la
conseguenza di terremoti ed
eruzioni vulcaniche, senza
tenere conto che se il
processo di inversione
avverrà abbastanza in fretta
salterà tutta la griglia di
distribuzione della corrente
elettrica.
TRA VERITA’ E
LEGGENDA
Cosa c'è di vero nella
profezia dei Maya secondo la
quale il 21 Dicembre del
2012 ci sarà la fine del
mondo? Ci sono voluti quasi
cento anni per decifrare le
tavole che ci sono pervenute
da quell'antico popolo e solo
oggi comprendiamo il
funzionamento del più
complesso calendario mai
esistito nel quale credenze ed
eventi astronomici si
mischiano per calcolare e
definire lo scorrere del tempo
secondo cicli ed ere, l'ultima
delle quali starebbe per
terminare. I Maya
acquisiscono conoscenze
astronomiche di straordinaria
importanza mentre l'Europa
attraversa ancora l'età oscura
del medio evo. Tutta la civiltà
ruota attorno calcoli
astronomici precisissimi
64
riportati strutturalmente
persino nelle costruzioni degli
Ziggurat. Essi non credono
nella linearità del tempo ma
alla sua ciclicità,
identificando tempi di ritorno
per eventi d’importanza
maggiore o minore.
Esistevano però almeno 3
calendari: Un primo
calendario della durata di 365
giorni costituito da 18 mesi di
20 giorni ciascuno a cui si
aggiungono 5 giorni con i
quali si completa il ciclo
(18x20=360; 360+5=365),
questi 5 giorni sono
considerati molto sfortunati.
Corrisponde al nostro
calendario solare. Un secondo
calendario ha la durata di 260
giorni ed è costituito da 13
mesi di 20 giorni ognuno, si
tratta per lo più di un
calendario cerimoniale,
basato sul periodo della
gestazione della donna,
veniva utilizzato per
raccordare gli eventi celesti
con quelli terreni. Eclissi e
cicli di venere venivano
previsti con questo
calendario. Combinando i
primi due calendari si ottiene
un periodo della durata di 52
anni, al termine del quale i
Maya temevano sempre un
evento particolarmente
catastrofico. Infine l'ultimo
calendario denominato lungo
computo, il lungo computo
contiene i precedenti
calendari e misura il tempo
dalla nascita mitica della loro
civiltà, l'11 o il 13 agosto
3114 a.C. del calendario
gregoriano (ciò significa il 6
o l'8 settembre 3114 a.C. del
calendario giuliano), e quindi
quella conclusiva del ciclo
(corrispondente al 13.0.0.0.0)
dovrebbe cadere il 21 o il 23
dicembre 2012. La fine
coincide dunque in modo non
casuale con il solstizio
d'inverno e naturalmente con
la fine dell'anno solare
secondo il nostro calendario
ma non solo. Il 21 Dicembre
del 2012 la terra assieme al
sole e al tutto il sistema solare
avrà compiuto un anno
galattico ovvero un giro
completo attorno alla galassia
della durata di 25625 anni.
Ma le coincidenze non
finiscono qui, il 21 Dicembre
del 2012 l'asse terrestre avrà
anche percorso un giro
completo attorno al proprio
centro di rotazione secondo la
ben nota precessione degli
equinozi, per farlo occorrono
25560 anni. I Maya
conoscevano il fenomeno
della precessione e lo
identificavano con l'anno
galattico definendolo come
periodo complessivo di durata
di una civiltà. Questo periodo
viene diviso in 5 ere della
durata ognuna di 5125 anni. 4
ere sono già passate, l'ultima
(quella dell'oro) sta per
terminare. Il 21 Dicembre del
2012 il Sole sarà anche
allineato con il centro della
nostra galassia e si troverà in
quella che i Maya definivano
con l'entrata nell'aldilà. Tutte
queste conoscenze portarono i
Maya a decidere di terminare
consapevolmente il lungo
computo il 21 dicembre del
2012. Sappiamo poco su
come essi immaginassero la
fine del mondo, quello che
sappiamo per certo è che
prestavano molta attenzione
alla fine di ogni era. L'unica
immagine possiamo averla
osservando l'ultima pagina
del codice di Dresda. In essa
si vede l'acqua che distrugge
il mondo, essa fuoriesce dai
vulcani, dal Sole e dalla Luna
creando oscurità sulla luce.
La terra verrà allora
sommersa da una serie di
inondazioni? La catastrofe di
New Orleans è solo l'inizio
dei mutamenti climatici che
porteranno a degli
sconvolgimenti su scala
planetaria? Il ciclo k'atun 4
cominciato nel 1993 e che
terminerà proprio il 21
Dicembre del 2012, viene
descritto nei testi sacri Maya
come una fase di preludio di
grandi cambiamenti, un
periodo in cui l'uomo
riprenderà contatto con se
stesso, questa presa di
coscienza sarà determinata da
eventi catastrofici? Viviamo
un periodo di grandi
cambiamenti e non si può
certamente negare, ma non
sembriamo ancora pronti ad
affrontare delle
trasformazioni necessarie
perché la nostra civiltà riesca
a sopravvivere molto a lungo,
sarà la natura a imporci di
farlo? Certo non è realistico
aspettarsi che le cose cambino
in un giorno ma forse un
domani si guarderà a quella
data come un momento in cui
la coscienza dell'uomo sarà
cambiata in funzione dei
bisogni dell'umanità e del
pianeta. La domanda giusta
allora non è: 'Cosa accadrà il
21 Dicembre del 2012?', ma:
'Cosa stiamo facendo per
evitare che una qualsivoglia
catastrofe colpisca
l'umanità?'. Solo il tempo
potrà dirlo e il tempo come i
Maya sapevano bene, sta per
scadere....
COSA DICE LA SCIENZA
Abbiamo già accennato al
fatto che la scienza si limita a
registrare dei fenomeni e la
loro evoluzione, senza entrare
in merito a quando
precisamente queste stesse
65
evoluzioni sortiranno i loro
effetti più catastrofici. Nel
caso specifico, il parametro di
ricerca e confronto viene
rappresentato dall’inversione
del campo magnetico dei poli
che dovrebbe avvenire
esattamente nel 2012; come
diretta conseguenza di questa
inversione avremo la terra
sprovvista del suo naturale
scudo protettivo e quindi
esposta ai distruttivi raggi
cosmici e al vento solare.
Gary Glatzmaier, docente di
Scienze della Terra
all’Università della California
di Santa Cruz, sembra però
non essere dello stesso parere
e le sue affermazioni in
merito hanno ridato speranza
a milioni di persone; secondo
lo studioso americano le
inversioni impiegano qualche
migliaio di anni per
compiersi, e quando questo
avviene, la Terra non rimane
affatto scoperta. Accade
semplicemente che le linee
magnetiche di forza vicine
alla superficie della Terra
s’intrecciano e si fanno più
complicate; un polo
magnetico sud quindi
potrebbe fare la sua comparsa
in Africa, mentre un polo
nord potrebbe benissimo
apparire a Tahiti. Il campo
magnetico è sempre presente
e non smette mai di
proteggerci dalle radiazioni
cosmiche e dalle tempeste
solari. Tenendo infine conto
che l’ultima inversione dei
poli è avvenuta 780.000 anni
fa, e che è scientificamente
impossibile calcolare quando
avverrà la prossima, possiamo
stare certi che ci vorranno
millenni prima che possa
presentarsi la possibilità di
qualcosa di simile agli eventi
relativi al 2012. Forse,
concludendo questo capitolo,
siamo stati troppo
catastrofici; vedremo infatti
che non tutti gli scienziati
abbracciano queste teorie; in
mancanza di una verità che
possa farci tirare il classico
sospiro di sollievo,
consoliamoci con il fatto che
neanche i veggenti e i profeti
sono mai stati concordi su
questi avvenimenti.
Elenchiamo di seguito le
varie teorie espresse per le
fini future e quelle passate e
mai avverate, sperando che
questo, in qualche modo,
esorcizzi il timore latente del
21 Dicembre 2012.
Profezie sulla fine del mondo
future
2012 (21 dicembre): fine del
calendario Maya e fine del
mondo
2015: John Titor, il
viaggiatore nel tempo; terza
guerra mondiale con 3
miliardi di morti.
2025: secondo un
interpretazione di
Nostradamus.
2030: Bellarmino e Boronius.
2036: l’asteroide 99942
Apophis potrebbe cadere
sulla terra.
2038: fine del mondo secondo
Nostradamus
2042: fine del mondo secondo
Pico della Mirandola
2052: fine del mondo secondo
Scaligero
2060: fine del mondo secondo
Newton
2500/3000: fine del mondo
secondo il Monaco Nero
IL GRANDE LIBRO DEI MISTERI
Roberto La Paglia
Prefazione di Paola Giovetti Edizioni Xenia 316 pagine 15 Euro
Dalla mitica Atlantide al calendario Maya: i più sconvolgenti e
dibattuti enigmi della storia umana in attesa di una soddisfacente
soluzione. I megaliti di Stonehenge, la Piramide di Giza, le linee di
Nazca: che cosa volevano dirci gli antichi? Rennes le Chateau e la
Cappella Rosslyn: i Templari e il Santo Graal. Da Tunguska agli
odierni avvistamenti Ufo: misteriosi segnali dal cielo. Fantasmi,
telepatia, medianità ed esperienze di pre morte: la scienza si interroga
sul paranormale. Un viaggio lungo un sentiero nel quale si muovono
non soltanto le teorie di confine ma anche le ipotesi scientifiche, in un
serrato confronto dal quale si auspica possano un giorno nascere
risposte certe. Un libro affascinante che permette al lettore di
immergersi in una realtà parallela ma non per questo del tutto irreale,
alla scoperta di luoghi, fatti, personaggi e storie spesso difficilmente
reperibili nella letteratura del mistero.
66
IL CRISTO
E
LA LEPRE
DI RENNES
LES BAINS
Maria Benedetta Errigo
[email protected], è
nata a Rovigo il 5 marzo 1973 e
vive a Lido d’Ostia. Laureata in
Scienze delle comunicazioni
internazionali presso
l’Università di Lugano, parla
correttamente Inglese, Francese
belga, Alto tedesco medio e
Olandese.
A volte le cose che
mancano sono più
importanti di quelle che ci
sono. È questo il pensiero
che passa per la mente
quando si osserva “Il
Cristo e la lepre”, dipinto
presente, almeno fino a
qualche anno fa, nella
chiesa di Rennes les
Bains, chiesa legata al
mistero di Rennes le
Chateau grazie alla figura
di Henri Boudet. Questo
quadro donato alla chiesa
dal marchese Paul
François Vincent de
Fleury, nipote dei signori
di Rennes le Chateau,
rappresenta Gesù appena
morto, ci sono ancora i
chiodi vicino a lui, e varie
bende tra cui la fascia con
la scritta INRI, con la N
rovescia, ed è tenuto in
braccio da una donna che
guarda disperata il cielo.
Un ginocchio del Cristo, il
destro, mostra con un
gioco di trompe l'oeil una
testa di lepre, simbolo dei
re merovingi, i re che si
dice fossero i discendenti
diretti dell'unione di Gesù
con la Maddalena. Il dito
della mano sinistra indica
67
un punto preciso del
terreno, mentre sul prato
dietro a lui è presente un
ragno. Gérard de Sède,
scrittore e studioso, ha
letto questo quadro
come un rebus: “A
Regnes (araigne) près du
bras de l'homme mort
qui se dirige vers le
plateau, git le lièvre”,
cioè “A Rennes (ragno)
vicino al braccio
dell'uomo morto che si
dirige verso l'altopiano,
giace la lepre”. I
muscoli del corpo sono
molto ben delineati e la
mano destra del Cristo
appare alquanto curiosa.
Infatti è come sospesa
nell'aria, come se fosse
appoggiata a qualcosa di
invisibile. Quasi come la
mano della Madonna nel
dipinto “ La Vergine
delle rocce” di Leonardo
da Vinci. Il dipinto di
RLB pare sia stato
realizzato da J.B.B.
Rouch, professore di
disegno a Limoux che
l'avrebbe realizzata
attorno nell'Ottocento.
Ma da chi o cosa era
stato ispirato? Alcune
ricerche recenti si sono
concentrate su un lavoro
di Van Dyck, la
“Lamentazione”, nel
quale personaggi e
posizione del Cristo
sono molto simili a
quella di Rouch.
Cercando poi tra le
opere di Van Dyck, si è
trovata una stampa
realizzata da Paulus
Pontius tra il 1620 e il
1650, oggi conservata
alla Royal Academy of
Arts di Londra. Qui in
più ci sono due persone
assieme a Cristo e alla
donna che lo tiene in
braccio, quindi lo sfondo
della montagna del
quadro di Rouch qui non
esiste, e uno di questi
due personaggi bacia la
mano di Gesù. Si
pensava quindi che la
stampa di Pontius,
ispirata all'opera di Van
Dyck, fosse servita
come base per il quadro
di Rennes les Bains.
Almeno fino a poco
tempo fa, quando da un
antiquario ho trovato il
quadro originale dal
quale ci si è
probabilmente ispirati
per la realizzazione di
quello dell'Ottocento. E
sulla tela del mio quadro
l'autore risulta essere
Joachim von Sandrart,
pittore e stampatore
tedesco, nato nel 1606 a
68
Francoforte sul Meno e
morto a Norimberga nel
1688. L'artista è
ricordato soprattutto per
un'opera sulla storia e la
teoria dell'arte in
Germania, opera che
prese cinque anni di
realizzazione e vide la
collaborazione di molti
artisti, all'epoca molto
famosi. Nella seconda
parte del libro ci sono
alcune biografie di
artisti che von Sandrart
aveva conosciuto
personalmente, tra cui
Nicolas Poussin. Proprio
così, l'autore dei “Pastori
d'Arcadia”, quadro
simbolo di Rennes le
Chateau, lo aveva
conosciuto
personalmente: infatti
durante un viaggio in
Italia il tedesco aveva
conosciuto sia Poussin
che Claude Lorrain, con
i quali entrò in società
per qualche tempo e
realizzò alcuni lavori.
Che Poussin abbia
rivelato qualche mistero
a von Sandrart? È chiaro
quindi che alcuni
particolari ora appaiono
differenti. Ed è proprio
su questi particolari che
si deve focalizzare la
nostra attenzione.
Anzitutto nel quadro in
mio possesso la N della
fascia di “INRI” è
rovescia, come in tanti
monumenti e luoghi
particolari di Rennes, a
cominciare dalla lapide
di Berenger Saunier.
Inoltre nel quadro di
Rennes les Bains
mancano due personaggi
e al loro posto c'è sullo
sfondo un dolmen. A
questo punto sono
molteplici le ipotesi
interpretative che
possono essere fatte.
Forse il misterioso
artista che ha dipinto il
Cristo e la lepre di
Rennes les Bains ha
volutamente tolto i due
personaggi,
presumibilmente la
Maddalena, che stava
baciando la mano del
Cristo morto, e San
Giovanni, proprio per
dare più risalto alla
scena della deposizione
e del dolore per la morte
del Figlio di Dio.
Oppure dobbiamo dare
attenzione proprio a ciò
che manca. E in questo
caso sarebbe proprio la
figura della Maddalena
che scompare. Anche
qui, ancora una volta, la
Maddalena sarebbe stata
“nascosta” dalla vita di
Cristo, ipotesi che
ultimamente ha preso
molto piede, complici
anche il successo del
libro di Dan Brown “Il
69
codice Da Vinci”. A
questo punto, però,
bisogna dare spazio
anche alla terza ipotesi:
l'autore ha voluto
omettere i due
personaggi per dare
risalto allo sfondo dietro
alla scena. Forse l'autore
ha voluto semplicemente
indicare un luogo
geografico, forse
l'entrata di una grotta
dove appunto
riposerebbe il corpo di
Cristo, come indicato
dal rebus presente
all'interno del quadro.
C'è ancora un'ipotesi
riguardo al dipinto di
RLB, e quest'ultima
prende in causa un altro
quadro sempre presente
nella chiesa del paese: la
Crocifissione di Henri
Gasc. Si pensa infatti
che i due quadri siano in
realtà stati realizzati per
essere uno solo
messaggio. E questo si
può vedere da più
particolari. Ad esempio
anche nello sfondo della
Crocifissione è dipinto
un paesaggio
particolare, un edificio
che senza dubbio ha
qualche riferimento
geografico particolare.
La struttura degli edifici
fa pensare alla moschea
di Omar I, costruita nel
691 a Gerusalemme sul
perimetro che
coincideva con il mitico
tempio del Re
Salomone. Oltre allo
sfondo, quindi, anche il
cielo e la linea
dell'orizzonte della
Crocifissione ricordano
in alcuni punti quelli del
Cristo e la Lepre. E si
guarda in basso a destra,
infatti, la pietra che fa
capolino nella
Crocifissione sembra
proprio essere la metà
esatta del dolmen
presente nell'altro
quadro. Quindi uno
stesso paesaggio per lo
stesso messaggio? Forse
entrambi i dipinti
vogliono essere un
indizio per indicare un
luogo specifico
dell'Aude, la regione
della Francia dove sono
presenti entrambe le
Rennes. E ancora una
volta il mistero di
Rennes affascina e
lascia chiunque con la
voglia di cercare e
ricercare.
70
QUINDICI
MUMMIE
E UNA
MUFFA
CHE NON C’È
Le mummie di Urbania
Simone Barcelli
[email protected] ha
46 anni ed è un ricercatore
indipendente di Storia
Antica, Mitologia e
Archeologia di confine. In
rete collabora con Storia in
Network, Tuttostoria,
Edicolaweb, Acam, Esonet,
Paleoseti e ArcheoMedia,
sui cui portali sono
pubblicati i suoi studi
tematici.
L’antico ordine religioso
Confraternita della buona
morte ha lasciato il segno
anche nelle Marche, a
Urbania. Nella Chiesa dei
Morti (già Cappella Cola,
dal nome del vadese Cola
di Cecco che assieme alla
moglie la eresse nel XIV
secolo per poi lasciarla in
eredità alla Confraternita
della Misericordia)
trovano posto dal 1833
quindici mummie,
perfettamente conservate
grazie a un procedimento
di mummificazione
naturale. Una città, tre
nomi: Urbania, che
nell’Alto Medioevo si
chiamava Castel delle
Ripe, nel 1277 venne
distrutta dai Ghibellini e
ricostruita più a valle,
sette anni dopo, dal legato
papale Guglielmo
Durante. Da quel
momento la città cinta da
mura divenne
Casteldurante. Dal 1424
passò sotto il dominio
della signoria Montefeltro
e Della Rovere di Urbino
fino al 1631, infine il
ducato fu donato allo
Stato Pontificio. Cinque
anni dopo il papa Urbano
VII ne fece una Diocesi e
71
la trasformò
definitivamente in Urbania.
Tutto ebbe inizio l’11
giugno 1567 quando a
Casteldurante il sacerdote
Giulio Timotei e altri
confratelli promulgarono lo
statuto della Confraternita
della buona morte, con
patrono San Giovanni
decollato. L’11 aprile 1571
l’ordine fu sanzionato dal
cardinal Giulio Feltrio
Della Rovere: il
manoscritto originale è
ancora conservato
nell’archivio della Curia
Vescovile di Urbania. Per
far parte dell’ordine era
sufficiente essere uomini
onesti, non avendo
importanza alcuna ceto o
credo. Gli appartenenti
indossavano il rocchetto
(una veste di lino bianco),
un mantello nero (con una
placca di rame argentato
sbalzata con il teschio e le
tibie incrociate) e un
cappuccio calato sul volto:
furono chiamati guercini
perché costretti a orientarsi
solamente attraverso i fori
del cappuccio. Tra le tante
attività il gruppo si
occupava anche del
trasporto gratuito dei
cadaveri, forniva assistenza
ai moribondi e ai
giustiziati, procedeva alla
registrazione dei defunti e
alla corresponsione di
elemosine ai meno
abbienti. Per la sepoltura
dei cadaveri fu individuato
un terreno sul retro della
cappella Cola, nelle
adiacenze del convento di
San Francesco.
Una formula magica
All’inizio del XIX secolo,
in piena epoca
napoleonica, l’editto di
Sant Cloud sancì, per
motivi sanitari, la
dislocazione dei cimiteri in
aree extraurbane. E così
furono riesumati anche i
defunti di Casteldurante
che, a distanza di quasi 250
anni, risultarono in perfette
condizioni di
conservazione, come se
una rapida disidratazione
del corpo, subita dopo la
morte, avesse fatto
evaporare l'acqua corporea
72
evitando la
decomposizione. Il priore
dell’epoca, Vincenzo
Piccini, pur intuendo
l’importanza della scoperta
ne attribuì erroneamente il
merito a una formula
magica in grado di
mantenere i corpi intatti in
eterno. Per tale ragione
dedicò la sua vita a cercare
di replicare
quell’invidiabile stato di
conservazione, arrivando a
realizzare un unguento che,
secondo le sue attese,
avrebbe dovuto conservare
alla stessa maniera anche le
sue povere carni. Alla sua
morte, nel 1832, lasciò
precise istruzioni di come
trattare il proprio cadavere,
ma anche quello della
moglie Maddalena Gatti e
del figlio. Il preparato non
era evidentemente quello
giusto: oggi, tra le tante
mummie esposte nel locale
attiguo all’altare della
chiesa di Urbania, ci sono
anche tre scheletri, i loro.
Storie di vita quotidiana
Collocati in piedi nelle
bacheche di vetro, i corpi
oggi in mostra presentano
integra la struttura
scheletrica, la pelle e gli
organi. Ogni corpo ha una
storia da raccontare. Le
mummie, in alcuni casi,
hanno anche un nome o
qualche indicazione
aggiuntiva riferita al
passato terreno grazie alla
documentazione
meticolosamente archiviata
negli anni. C’è l’unico
fornaio del paese, tale
Lombardelli detto Lunano
(vissuto nel XVIII secolo),
la donna deceduta che
presenta segni di parto
cesareo (pratica che
all’epoca era eseguita
solamente per salvare il
nascituro), un ragazzo che
trovò la morte durante una
veglia danzante (per
accoltellamento), un
impiccato. Incredibile
anche la vicenda di chi
pare fosse stato sepolto
vivo, in stato di morte
apparente, risvegliatosi
all’interno del sepolcro: lo
sforzo di cercare l’aria è
visibile dalla contrazione
73
dei muscoli della coscia,
del polpaccio e dalla
rientranza della pancia; la
morte per soffocamento ha
gonfiato i vasi sanguigni
fino a farli scoppiare.
Mariano Muscinelli (morto
nel 1844) e Pierantonio
Macci (morto nel 1847) in
vita erano canonici: il
primo soffriva di diabete. I
cadaveri di altre due donne
presentano delle
malformazioni mentre su
altri corpi sono evidenti
segni di artrite. Tra le
probabili cause di decesso
di alcuni sventurati anche
la polmonite. Osservando
con attenzione le mummie
esposte, ci si accorgerà che
alcune di esse hanno cranio
o arti staccati dal tronco:
infatti, quando i corpi
furono disseppelliti, ne
furono trovati anche
incompleti e fu necessaria
un’opera di assemblaggio
utilizzando talora anche
parti provenienti da più
defunti.
Una muffa idrovara?
Un processo naturale di
mummificazione, simile a
quello di Urbania, è
possibile riscontrarlo anche
in corpi tuttora esposti a
Venzone (Ud), Ferentillo
(Tr) Navelli e Goriano
Valli (Aq), Borgo Cerreto
di Spoleto (Pg). Negli anni
Sessanta del secolo scorso
un’equipe di antropologi e
biologi statunitensi fornì
una giustificazione
scientifica all’incredibile
fenomeno: i corpi si erano
così conservati per via di
una particolare muffa
idrovara e antibiotica
(hipha bombicina pers)
presente nel terreno del
cimitero di Urbania (e nelle
tombe del duomo di
Venzone), che succhiando
gli umori del corpo era in
grado di provocarne
l’essiccazione. Ad
analoghe conclusioni era
comunque giunto nel 1829
anche il dottor
F.M.Marcolini di Udine
che, eseguendo
un’autopsia, trovò il
responsabile della
mummificazione in un
batterio. Fu il direttore del
giardino botanico di
Trieste, B.Biasoletto, a
individuare la hypha
74
degli ambienti (un perfetto
equilibrio di diversi
elementi tra cui il freddo
non rigido e la secchezza)
sono le principali
responsabili della rapida
perdita dei liquidi e del
disseccamento dei tessuti
molli. In sostanza, in questi
ambienti un fungo
difficilmente riuscirebbe a
sopravvivere.
Chiuso il giorno dei morti
bombicina, in parole
povere una muffa parassita
che, agendo in un ambiente
ricco di solfati di calcio,
vegetava nelle tombe e nel
giro di un anno riusciva ad
essiccare completamente le
salme con cui veniva in
contatto, rendendo la pelle
pergamenacea (Sulle
mummie di Venzone,
memoria di F.M.Marcolini,
pubblicato nel 1831). Ma la
realtà è ben diversa, anche
se a Urbania e a Venzone
continuano, chissà perché,
a chiamare in causa questa
muffa. Arthur Aufderheide,
paleopatologo
dell’Università del
Minnesota, autore del
trattato Scientific study of
mummies, pubblicato nel
2002 dalla Cambridge
University Press, non ha
dubbi in proposito, come
pure nello specifico il
collega Gino Fornaciari,
docente di Storia della
Medicina all’Università di
Pisa: le particolari
condizioni microclimatiche
È certamente un museo
macabro ma vale la pena
visitarlo per ammirare
questi corpi mummificati:
sarete in buona compagnia
perché ogni anno sono
tredicimila i visitatori. La
saletta che ospita le
mummie è illuminata da un
lampadario di ossa e teschi,
giusto per restare in tema.
Potete andare tutti i giorni
nel periodo estivo, su
prenotazione in quello
invernale. Ricordate che il
2 novembre è chiuso.
Simone Barcelli - "Tracce d'eternità"
Cerchio della Luna Edizioni - Novembre 2009
(Un incredibile viaggio ai confini della storia,
tra le rovine di alcuni dei più misteriosi siti archeologici).
Il testo è indicato dallo Scaffale d’arte come
consiglio di lettura nell’ambito del laboratorio
d’arte inerente la mostra “Teotihuacan, la città
degli déi”, svoltasi dal 9 novembre 2010 al 27
febbraio 2011 al Palazzo delle Esposizioni di
Roma.
75
GLI ENIGMATICI
DISEGNI
DI BLAS VALERA:
NUOVI ORIZZONTI
SULL’UBICAZIONE
DEL
PAITITI
Yuri Leveratto
[email protected] , nato a
Genova quarantuno anni fa,
dopo aver conseguito la laurea
in Economia ha iniziato il suo
peregrinare per il mondo a
bordo di navi da crociera. Ha
vissuto a New York, lavorando
come guida turistica e dal 2005
si trova in Colombia. Autore di
racconti e romanzi,
appassionato di Storia e
fantascienza, viaggia per venire
in contatto con culture
autoctone e studiarne cultura e
modo di vita. Tra i suoi libri
ricordiamo “La ricerca dell’El
Dorado” (Infinito Edizioni,
2008) e “1542 I primi
navigatori del Rio delle
Amazzoni” (Lulu.com, 2009).
Secondo la storiografia
tradizionale Blas Valera
nacque a Chachapoyas
(Perú), nel 1546 e morì a
Malaga (Spagna), nel
1596. Era figlio di uno
spagnolo (Luis Valera), e
di un’indigena, e
dimostrò già dalla
giovane età una spiccata
predilezione per la Storia.
All’età di 22 anni entrò a
far parte della Compagnia
del Gesù. Dopo cinque
anni di studi teologici fu
ordinato sacerdote, nella
diocesi di Lima, nel 1573.
Inizialmente fu inviato a
Huarochiri, presso Quito,
dove la Compagnia del
Gesù era attiva nell’opera
di cancellare le idolatrie,
ovvero le credenze
pagane. Blas Valera diede
prova di fermezza e la sua
conoscenza del quechua
76
fu basilare. In seguito a
questi ottimi risultati fu
inviato al Cusco, a Potosí
ed infine a Juli, sul lago
Titicaca, dove continuò
l’opera
d’evangelizzazione. Nel
1582 successe un fatto
molto particolare che gli
cambiò la vita. Fu
accusato di aver avuto dei
rapporti carnali con una
donna e per questo,
mentre era in attesa di
giudizio dalla chiesa di
Roma, fu allontanato dal
luogo di evangelizzazione
e fu inviato a Lima, dove
si dedicò all’istruzione.
Nel 1587 giunse da Roma
la comunicazione che
Blas Valera doveva
lasciare l’ordine della
Compagnia del Gesù,
oppure, se si fosse
opposto a questa
decisione, doveva essere
rinchiuso per un periodo
di 10 anni durante i quali
doveva dedicarsi ad umili
uffici, oltre alla continua
recitazione dei salmi. Nel
1591 si decise di inviarlo
in Spagna, ma il viaggio
fu rimandato varie volte
in quando il gesuita si
trattenne a Quito e a
Cartagena de Indias. Solo
nel 1595 Blas Valera
giunse a Cadice, dove
peraltro fu imprigionato e
gli fu negato di poter
insegnare. Perché fu
sottoposto a una
punizione così
esemplare? Secondo
alcuni storici è possibile
che le vere colpe del
gesuita meticcio fossero
altre, ovvero quelle di far
sapere al mondo,
attraverso i suoi scritti,
come era stato realmente
conquistato il Perú da
Francisco Pizarro,
attraverso l’inganno.
Inoltre avrebbe potuto
divulgare come veniva
amministrato il regno dal
viceré, con indicibili pene
per i nativi che erano
sottoposti loro malgrado
a varie ingiustizie come il
contratto
dell’encomienda e della
mita. Secondo alcuni
documenti gesuiti Blas
Valera fu ferito nel sacco
di Cadice e morì quindi a
Malaga, all’età di 51
anni, nel 1596. Sempre
secondo la storiografia
ufficiale Blas Valera fu
autore di due opere
principali: una Historia
Occidentalis, alla quale
attinse l’Inca Garcilaso
de la Vega per i suoi
Commentari Reali
(1609), e la Relación de
las costumbres antigüas
de los naturales del Perú.
Mentre la prima opera è
perduta, la seconda è
conservata alla biblioteca
nazionale di Madrid, e
anche se è ufficialmente
anonima, la maggioranza
degli storici ne attribuisce
la paternità proprio a Blas
Valera. Negli ultimi anni
però sono stati ritrovati,
nell’abitazione della
signora Clara Miccinelli,
di Napoli (Italia), due
manoscritti molto
interessanti, la cui
paternità, almeno per uno
dei due, è attribuibile a
Blas Valera. Dalla lettura
del primo manoscritto, il
cui titolo è Exul
Immeritus Blas Valera
Populo Suo, (firmato da
77
Blas Valera il 10 maggio
del 1618 ad Alcalá de
Henares, Spagna), si
evince innanzitutto il
padre generale
dell’ordine dei Gesuiti
Claudio Acquaviva non
vedeva di buon occhio
Blas Valera forse per le
sue idee “rivoluzionarie”.
Inoltre nel libro si narra
come una volta giunto in
Spagna avrebbe subito il
furto della sua Historia
Occidentalis, che sarebbe
poi stata utilizzata
indebitamente da
Garcilaso de la Vega,
stravolgendo le sue idee,
e mostrando nei sui
Commentari Reali un
mondo ovattato, senza far
risaltare le colpe dei
conquistadores ed
encomenderos come
invece Blas Valera
avrebbe fatto nella sua
Historia Occidentalis.
Dalla lettura di Exul
Immeritus Blas Valera
Populo Suo, si arguisce
inoltre, che Blas Valera,
approfittando del suo
buon rapporto con il
direttore generale dei
Gesuiti Muzio
Vitelleschi, il successore
di Claudio Acquaviva,
avrebbe fatto ritorno in
Perú, dove sarebbe
rimasto fino al 1618,
quando, in seguito ad un
suo ritorno in Spagna,
avrebbe appunto redatto
Exul Immeritus Blas
Valera Populo Suo.
Nell’opera inoltre Blas
Valera si attribuirebbe
anche la paternità del
celebre manoscritto
Nueva Cronica y Buen
Gobierno (venuto alla
luce in Danimarca nel
1908), che sarebbe stato
attribuito all’indigeno
Guaman Poma de Ayala,
in quanto Blas Valera era
ufficialmente morto. Uno
dei punti salienti di Exul
Immeritus Blas Valera
Populo Suo, è la
descrizione di come
Francisco Pizarro riuscì
ad avere la meglio sui
soldati di Atahualpa, ai
quali sarebbe stato
consegnato del vino
avvelenato, con il fine di
ucciderli. Il vino sarebbe
stato avvelenato da
Johannes Yepes, un
dominicano al seguito dei
conquistadores. Questa
infame storia, che se
fosse provata sarebbe un
ulteriore indizio
dell’ignobile e scellerato
comportamento di
Francisco Pizarro,
sarebbe stata comunicata
al re di Spagna Carlo V
da Francisco de Chavez,
ma sarebbe stata tenuta
segreta per non screditare
il nome degli spagnoli nel
mondo. Il secondo
manoscritto che è stato
trovato nella casa della
signora Clara Miccinelli è
la Historia et rudimenta
liguae piruanorum, ed
anche se gli autori
sembrano essere i gesuiti
Joan Antanio Cumis e
Joan Anello Oliva, in
sostanza nel libro
vengono confermate le
tesi che sono esposte in
Exul Immeritus Blas
Valera Populo Suo, oltre
78
ad essere esposte le
chiavi per la decifrazione
e comprensione dei
quipu. Secondo i due
gesuiti, il vero motivo
dell’allontanamento dal
Perú e del forzato
isolamento di Blas Valera
furono le sue idee
religiose, in quanto
considerava che la fede
tradizionale incaica
avesse delle lontane
origini nel cristianesimo e
pertanto non riconosceva
come idolatrie i culti
andini. Per questo fu
accusato d’essere eretico,
e fu allontanato dal Perú
forse perché si pensò che
potesse essere in grado di
scatenare delle rivolte o
potesse soffiare sul fuoco
della rivoluzione o,
ancora peggio, potesse
alimentare il mito del
Paititi, che era visto come
un luogo leggendario
dove si erano nascosti i
discendenti degli Incas,
dove si dava seguito alle
trazioni antiche, da dove
si sarebbe potuto
scatenare il germe della
rivolta. I più controversi
dettagli del libro Exul
Immeritus Blas Valera
Populo Suo, sono proprio
due disegni speculari
attribuiti a Blas Valera
dove viene rappresentata
la città perduta del Paititi
per mezzo di simboli,
codici segreti e misteriose
allegorie. In entrambi i
disegni viene
rappresentata la stessa
cordigliera costituita da 5
cime (nel disegno
“tropicale”, il primo da
sinistra, la seconda e la
quinta cima sono a loro
volta conformate
rispettivamente da 3 e 2
cocuzzoli, guardando da
sinistra), ma mentre nel
disegno “tropicale” si
vede la catena montuosa
da un punto di vista
situato nella selva, nel
disegno “andino” le
stesse montagne sono
viste da altre montagne
ovvero da un ambiente
completamente distinto.
In effetti nel disegno
“tropicale” si notano
alcuni animali tipici della
foresta pluviale, come
una scimmia, quattro
serpenti e un giaguaro.
Inoltre si nota (nella terza
cima guardando da
sinistra), la figura
stilizzata di un condor.
Dalla cordigliera fluisce
placidamente un fiume,
mentre in alto si nota la
firma di Blas Valera. Nel
disegno “andino”, invece,
che è molto più
complesso e misterioso,
ci sarebbero le chiavi per
l’individuazione del
Paititi. Innanzitutto nella
sinistra e nella destra
della cordigliera vista
dalla parte andina vi
sono, rispettivamente,
una yupana (abaco) e dei
simboli andini che in
seguito
all’interpretazione della
79
dottoressa in Storia
medievale ed esperta in
paleografia antica Laura
Laurencich Minelli
(Universtità di Bologna,
Italia), significano
PAYQUIQUIN, ovvero:
ciò che è lo stesso. Sul
significato di queste
parole molti storici e
ricercatori hanno
dibattuto a lungo. E’
opinione diffusa che Blas
Valera volesse riferirsi al
Cusco ovvero la capitale
del Tahuantisuyu.
Siccome il Cusco era in
mano agli invasori, e non
poteva mai più tornare
quello di prima, il ruolo
centrale del Tahuantisuyu
era assunto dalla
cittadella fortificata
chiamata appunto
PAYQUIQUIN parola
stranamente simile al
PAITITI, il leggendario
regno amazzonico situato
nella selva bassa, nel
triangolo compreso tra i
fiumi Mamoré, Beni e
Yucuma (vedi Vera
Tyulaneva: La tierra del
Paititi y el lago
Rogoaguado). Nel
disegno “andino” si nota
un lama stilizzato situato
sulla seconda cima. Nel
suo corpo sono come
incisi tre dischi mentre un
altro, più grande e con dei
raggi è rappresentato
nella sua bocca. Forse qui
Blas Valera volle alludere
al famoso disco solare
d’oro del Coricancha, che
non fu mai trovato dai
conquistadores? Proprio
nella stessa montagna (la
seconda da sinistra), più
in basso, vi è
rappresentata la
cittadella, il Paititi
appunto, raggiungibile
percorrendo una
ripidissima scalinata, da
un fiume situato più in
basso, che scorre ai piedi
delle cinque montagne.
Vi è pure un’altra
cittadella, forse una
specie d’avamposto
difensivo, situata nel
costone della quinta
montagna, anch’essa
connessa al fiume da una
scalinata. Un’altra
caratteristica di questo
complesso disegno sono
due circoli (formati
ognuno da 4 cerchi
concentrici), situati nei
costoni della prima e
della quarta montagna.
Detti circoli sono uniti da
una specie di ponte
sospeso e da uno di essi
(quello situato nella
quarta montagna), si
diparte una scalinata che
scende al fiume.
Nell’interpretazione di
Laura Laurencich Minelli
questi circoli potrebbero
essere due caverne
utilizzate come cimiteri
(o camere funerarie) dove
erano riposte le ossa dei
defunti cristiani e
indigeni. Nel disegno
“andino”, dall’altra parte
del fiume, è rappresentato
80
una specie di giardino
circondato da mura: al
centro di esso vi sono tre
pepite (d’oro?), mentre ai
lati vi sono due tocapus,
ovvero disegni simbolici
incaici. Quello a sinistra
rappresenta il
Tahuantisuyu, mentre
quello a destra, costituito
da 9 quadrati, raffigura la
“terra quadrata del
Tahuantisuyo”. Si nota
però che solo un quadrato
è colorato di verde e
nell’interpretazione di
Laura Laurencich Minelli
si riferisce all’Antisuyo,
ovvero alla parte
amazzonica del
Tahuantisuyo, e la sua
colorazione sta a
significare che solo la
selva non era ancora in
mano agli invasori, ma
“libera”. Ai lati del
giardino circondato da
mura, che potrebbe essere
proprio il centro del
Paititi, vi sono un idolo
antropomorfo andino e un
guerriero amazzonico che
potrebbe rappresentare un
indigeno il cui fine è
difendere la cittadella.
Nella mia personale
interpretazione potrebbe
essere un Matsiguenka o
un Toromona. Questi due
disegni, sono attualmente
le uniche raffigurazioni
originali del Paititi che
sono giunte fino a noi.
Con essi Blas Valera
voleva realmente indicare
ai nativi come giungere al
Paititi, o solamente si
limitò a immaginare una
cittadella utopica dove si
potesse in futuro
rifondare l’ordine
precostituito e che
servisse alle genti
indigene per non perdere
mai la speranza di poter
un giorno ribellarsi
all’invasore, avendo
come sogno, la possibilità
di rifugiarsi in essa, luogo
dove le tradizioni e le
antiche regole sarebbero
state preservate per
sempre? A mio parere
Blas Valera aveva
realmente un animo
rivoluzionario, e nel libro
Exul Immeritus Blas
Valera Populo Suo ci
sono le chiavi reali per
giungere al Paititi, dove
probabilmente lui viaggiò
e poté così rendersi conto
di come le tradizioni
antiche continuassero, in
un mondo chiuso ed
esoterico, riservato perciò
a pochi. Dal 1960 molti
esploratori ed
avventurieri hanno
cercato il Paititi nelle
foreste del Perú e della
Bolivia ma fino ad oggi
nessuno è giunto
all’ambita meta. Il primo
e il più attivo di tutti fu il
medico arequipegno
Carlos Neuenschwander
Landa seguito dal suo
discepolo statunitense
Gregory Deyermenjian.
Ve ne sono stati altri,
come per esempio i
coniugi Cartagena e il
religioso Juan Carlos
Polentini Wester.
Bisogna ricordare però
che l’area in questione,
dove potrebbe essere
situato il Paititi, è estesa
per circa 400.000
chilometri quadrati di
selva vergine, dal Rio
Manu (affluente del Rio
Madre de Dios) in Perú,
fino alla Cordigliera
Oriental della Bolivia (mi
riferisco alla mitica
cittadella descritta come
“citta d’argento” da
Francisco Rodriguez
Peinado, Sancho de
Abarca e Hidalgo de
Paredes, nel Manuscrito
sin titulo En la ciudad de
81
la Plata, 1644, Archivo
general de Indias, Lima
166, Sevilla). Pertanto
potremmo essere solo
all’inizio di una lunga
serie di viaggi esplorativi
che porteranno un giorno
a scoprire l’oasi di Blas
Valera. Osservando con
attenzione i due
interessanti disegni si
evince a mio parere che
la cittadella dovrebbe
essere situata nella parte
che guarda a ovest di una
cordigliera che delimita
la fine della cosiddetta
“selva alta”. Oltre detta
cordigliera pertanto, vi
sarebbe la selva bassa
amazzonica, l’ecosistema
di foresta pluviale
tropicale. Da ciò si evince
anche che, se il Paititi,
come cittadella
fortificata, fu costruito in
epoche remote (una delle
versioni del mito la
descrive come costruita
da Inkarri), potrebbe
essere stata quell’enclave
tra sierra e selva dove si
scambiavano prodotti e
dove si controllava
militarmente l’accesso di
popoli delle Ande che
potevano rappresentare
un pericolo per i popoli
amazzonici.
originali di Blas Valera.
Per chi volesse
approfondire l’argomento
può contattare la casa
editrice CLUEB
(www.clueb.com / e-mail:
[email protected]), dove si
possono trovare i libri
Exul Immeritus Blas
Valera Populo Suo e
Historia et rudimenta
liguae piruanorum.
E’ proibita la
riproduzione della foto
principale e delle foto N.1
e N.4 in alto a destra (i
due disegni originali di
Blas Valera), in quanto
appartengono alla
collezione privata di
Clara Miccinelli, Napoli
(Italia). Si ringraziano
Clara Miccinelli e Laura
Laurencich Minelli per
l’autorizzazione a
pubblicare i disegni
Altre foto (non soggette a
Copyright):
Mapa de la Governacion
de Juan Alvarez
Maldonado, XVII secolo
Compagnia del Gesú,
Brancano e De la Torre,
1751
Claes, particolare del
Perú, 1592 Mision de
Mojos de la Compañia de
Jesus, XVIII secolo
L’ultimo libro di Yuri Leveratto
Cronache indigene del
Nuovo Mondo
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(Disponibile in versione
originale o scaricabile)
82
PIRAMIDI
IN
EUROPA
Gaetano Masciullo
[email protected]
abita a Matera ed è
un ricercatore
indipendente.
Collabora per riviste
di settore.
Un vecchio detto arabo
recita: “L’uomo teme il
tempo, il tempo teme le
piramidi”. I beduini
rimanevano sbalorditi
dinanzi all’imponenza
manifestata da quei
presunti monumenti
sepolcrali, a Giza. L’Egitto
è costellato di piramidi, se
ne calcolano 106 solo in
territorio egiziano.
Secondo la storia ufficiale,
la piramide più antica mai
costruita al mondo è quella
egizia di Saqqara, fatta
costruire dal secondo
sovrano della III dinastia,
Djoser (2680 – 2660 a.C.).
Utilizzando prove poco
attendibili
scientificamente, gli
archeologi ortodossi hanno
fino ad oggi sostenuto una
storia dell’Egitto
decisamente deviante da
quella reale. Le piramidi
non sono tuttavia una
prerogativa della civiltà
egizia: in Mesopotamia,
Sumeri e poi Accadi e
Babilonesi hanno costruito
edifici maestosi del tutto
simili a quelli della terra
del Nilo per venerare i loro
dèi (Anunnaki), mentre nel
Mesoamerica e nel Perù,
civiltà come Incas,
Olmechi e Maya hanno
eretto svariati complessi
piramidali, alcuni delle
quali dalla funzione ancora
sconosciuta.
Una storia differente.
Possiamo delineare due
livelli differenti di
architettura piramidale. Il
primo, più semplice,
consiste nelle piramidi
cosiddette “a gradoni”.
Tutte le civiltà che hanno
costruito piramidi hanno
infatti utilizzato questo
livello di architettura. Basti
pensare a Saqqara, oppure
a Chichén Itzà, nello
Yucatàn, o la ziqqurat di
Ur, in Iraq. Il secondo
livello invece include
quelle piramidi aventi
quattro lati lisci (ognuno
dei quali si chiamava in
egizio per-em-su, da cui
deriva la parola greca
“pyramis”) terminanti con
83
un pyramidion di granito
in cima, che riusciva a
riflettere la luce del Sole.
Siamo portati a credere
che questi due livelli
architettonici si sono
succeduti passando dal
primo al secondo. Se
dessimo credito alla storia
ufficiale, dovremmo
chiederci: ma allora
perchè gli egizi sono
passati dal livello
architettonico semplice
della III dinastia a quello
complesso e maestoso
della IV dinastia, per poi
tornare di nuovo ad un
livello elementare? Gli
studi effettuati da studiosi
come Graham Hancock,
Robert Bauval e Robert
Schoch (svincolati
completamente dai dogmi
dell’accademia) hanno
più volte provato che le
tre piramidi di Giza non
sono tombe, non
contengono nessun
cartiglio o geroglifico né
tantomeno sarcofagi,
sono perfettamente
allineati con la Cintura di
Orione, così com’era
visibile nel 10.450 a.C., e
la Sfinge rappresentava in
origine un leone,
simboleggiando così la
costellazione omonima, e
che il viso scolpito non è
quello di Chefren, né
tantomeno di un egizio, e
anzi avrebbe gli stessi
lineamenti, forse
negroidi, delle cosiddette
“teste olmeche” presenti
in Messico, a La Venta,
che però anche in questo
caso non rappresentano
visi amerindi. Cosa è che
accomuna civiltà
apparentemente diverse,
così distanti tra loro,
all’epoca del Diluvio
Universale, nel 10.500
a.C. circa? Cosa è
accaduto e cosa abbiamo
dimenticato?
La svolta decisiva.
Nell’Aprile 2005, dopo
alcuni monitoraggi della
Bosnia dai satelliti NASA,
è stata fatta una scoperta a
dir poco mozzafiato. Scavi
effettuati a Visoko, una
località della Bosnia poco
distante da Sarajevo, hanno
portato a credere che in
realtà le colline che
sovrastano la cittadina
siano in realtà antiche
piramidi ricoperte dalla
terra e dalla vegetazione
ormai da millenni. La
direzione degli scavi è stata
affidata a Semir
Osmanagic, un proprietario
bosniaco-americano di
un’azienda che produce
elementi metallici per
l’edilizia, laureato in
Economia e Scienze
Politiche all’università di
Sarajevo, e archeologo
dilettante che, interessatosi
all’argomento, ha deciso di
vederci più a fondo. Già in
passato si era interessato al
mondo Maya e ai
misteriosi ricordi di civiltà
perdute.
Il mondo accademico non
ha mai visto di buon occhio
Osmanagic e in modo
particolare adesso, a
Visoko. La “Visocica
Hill”, la collina di Visoko,
se confermato, sarebbe la
prima piramide ad essere
scoperta su territorio
europeo. Una scoperta
importante, fondamentale,
che segnerebbe una svolta
decisiva nel mondo
archeologico e nella storia
dell’umanità. Ma,
naturalmente, questa
scoperta comporta per il
dogmatico mondo
accademico fin troppi
problemi: se esistono
piramidi imponenti in
Europa, vuol dire che
l’intera storia è da
riscrivere. Nessuna civiltà
conosciuta del passato che
ha abitato la Bosnia, prima
della colonizzazione
romana, avrebbe potuto
edificare simili costruzioni.
84
Allora chi ne è l’artefice?
Non certo i romani, nè gli
illiri o altre popolazioni
slave. Subito dopo i primi
scavi, l’archeologo Semir
Osmanagic ha scritto il
libro “The Bosnian
pyramid of the Sun –
Discovery of the first
European pyramids”. In
questo suo libro,
Osmanagic dichiara che le
piramidi risalgono ad
un’era antidiluviana, con
un limite minimo di età al
10.000 a.C. La Bosnia fu, a
suo avviso, la culla di una
civiltà molto avanzata che
prosperò durante l’ultima
era glaciale mentre il resto
dell’Europa era coperto dai
ghiacci. Qualche ignota
catastrofe (forse lo
scioglimento dei ghiacciai
e il cambiamento
climatico) ha portato
questa civiltà ad estinguersi
in modo più o meno
rapido. Ulteriori scoperte
hanno portato a credere che
nei dintorni vi siano
almeno altre due piramidi,
oltre a quella principale,
con le pareti orientate
verso i punti cardinali. La
prima piramide scoperta è
stata denominata “Piramide
del Sole”, per via della
forte assonanza – a parere
di Osmanagic – con la
Piramide del Sole presente
a Teotihuacan, in Messico.
Le tre piramidi
costituirebbero tre vertici
di un triangolo equilatero
perfetto (cosa impossibile
per tre colline naturali),
ognuna di esse disterebbe
l’una dall’altra 2,2 km
coprendo angoli di circa
60°. Tutta la Bosnia ha
iniziato così ad interessarsi
all’incredibile scoperta. Ma
il mondo accademico ha
subito iniziato a criticare il
metodo di Osmanagic,
reputandolo “privo di
rigore nel compiere le
ricerche e noto per aver
sostenuto teorie pseudoscientifiche”. Inoltre il suo
non essere archeologo non
gli ha certo portato
approvazioni, anzi è stato
più volte aggredito e più
volte si è cercato di
smontarlo. Il non essere
archeologo è un dettaglio
che, come vedremo, è solo
un voler trovare il capello
nell’uovo: in realtà in
passato, molti archeologi
dilettanti del valore di
Osmanagic hanno regalato
grandi scoperte
all’archeologia. Dove la
diffamazione non è
arrivata, c’è la censura: in
Italia, ad esempio, nessun
media parla da anni di
questa incredibile scoperta,
tenendo la popolazione
completamente all’oscuro
di tutto. Solo due
trasmissioni di
informazione alternativa
come Voyager (Rai 2) e
Mistero (Italia 1) hanno
ultimamente dato notizia di
questa scoperta, ma questo
ovviamente non è bastato
ad informare, e soprattutto
non è bastato ad evitare
critiche e attacchi ancora
maggiori! La mossa
decisiva per il mondo
accademico, nella sua
campagna di
disinformazione contro
Osmanagic, è giunta con
l’UNESCO – la benamata
Organizzazione delle
Nazioni Unite per
l'Educazione, la Scienza e
la Cultura, che avrebbe, tra
le altre cose, il compito di
preservare i patrimoni
artistici e archeologici
dell’umanità da atti di
follia (basti pensare alla
distruzione dei Buddha di
Bamiyan per mano dei
Talebani) – che, dopo una
attenta analisi effettuata in
loco, ha dichiarato che
nulla lascia presagire
85
l’effettiva esistenza delle
piramidi antidiluviane. Con
il passare del tempo, le
attenzioni da parte della
stampa internazionale
iniziano a scemare e
Osmanagic non ottiene il
rinnovo delle concessioni
di scavo e i lavori risultano
per molto tempo fermi.
Vengono individuate altre
piramidi, più piccole, che
vengono denominate
“Piramide dell’Amore” e
“Tempio della Terra”. Il
mondo accademico, come
avviene sempre, dopo una
adeguata ridicolizzazione
del caso, inizia a fornire
alla stampa spiegazioni
alternative alla scoperta
scomoda fatta a Visoko e
vuole far credere che tutti i
ritrovamenti fatti siano in
realtà semplici fenomeni
geologici. “La storia
geologica delle cosiddette
piramidi bosniache inizia
nel Miocene, circa 15
milioni di anni fa, sostengono gli scettici
dell’Accademia - quando si
viene a formare un grande
lago di forma allungata che
si estendeva per una
sessantina di chilometri tra
Zelica e Sarajevo,
includendo l’area di
Visoko. Questo lago coprì
la regione per circa 7
milioni di anni, formando
uno spesso strato di
sedimenti lacustri che in
alcuni punti ha l’incredibile
spessore di 2 chilometri.
Questi sedimenti
comprendono una serie di
strati di spessore variabile,
ognuno di questi formato
da vari materiali e che
permettono di ricostruire le
diverse fasi della storia
geologica della regione:
strati di sedimenti fini
compattati a formare
argilla, sedimenti di sabbia
più o meno fine che
diventeranno roccia
arenaria, strati di detriti
grossolani, depositati nei
periodi geologici più
movimentati, che in
seguito diverranno
conglomerati o breccia. Il
lago scompare verso la fine
del Miocene, tra 7 e 5
milioni di anni fa, e tutti
questi strati, disposti uno
sopra l’altro in modo
abbastanza regolare, sono
soggetti ad un nuovo
fenomeno geologico,
quello del sollevamento per
via di spinte tettoniche. Gli
strati vengono spinti verso
l’alto, spezzati e fratturati
secondo direzioni più o
meno rettilinee, creando
quelli che Osmanagic
dichiara essere gradoni e
pavimentazioni. Tale
fenomeno è evidente in
alcuni punti della
cosiddetta piramide dove si
può riconoscere e seguire il
percorso delle tipiche
pieghe e deformazioni
rocciose che si formano per
via di questi processi
geologici”. Tutti sanno che
la natura non dispone le
cose in verticale, bensì in
orizzontale. Sulla cima
della piramide della Luna,
vi sono lastre verticali di
arenaria levigate e
chiaramente fatte da mani
d’uomo. E’ interessante
notare che svariate civiltà
antiche (Egizi inclusi)
erano solite creare la cima
delle proprie piramidi con
arenaria o calcare
purissimo, in modo da
riflettere la luce del Sole.
E’ stato ipotizzato che un
tempo le piramidi, quando
erano scoperte dalla
vegetazione, riflettevano
una quantità tale di luce
solare da far presagire che
avessero anche la funzione
di fari, ma verso quali
navi? Qualcuno ha osato
azzardare che si tratta di
navi provenienti dal cielo,
più che dal mare, ma
questa ovviamente è una
speculazione che
meriterebbe moltissime
altre considerazioni.
Evidentemente, nessuno
degli scettici accademici è
mai stato a Visoko: il
sentiero ritrovato sulla
Piramide della Luna, e che
ne è solo una piccola parte,
ha una pavimentazione
molto curata e conservata,
fatta da mani esperte, che
ricorda quasi la Via Appia
costruita dai romani. Altro
che fenomeno geologico!
Le lastre rocciose che
costituiscono i crinali della
piramide sono tagliate
perfettamente a 90° e
costituite su quattro livelli
identici. Alla base della
stessa piramide, invece, vi
sono altri lastroni
orizzontali che ricordano i
gradoni delle piramidi
sudamericane. Qui sono
presenti numerose fratture
dovute ai movimenti
tellurici che hanno
interessato la zona nel
corso dei millenni, ma è
ancora evidente il materiale
86
connettivo, un adesivo che
unisce tra loro le lastre, un
antico cemento che,
certamente, non può essere
opera della natura. Un altro
aspetto che inquieta il
mondo accademico è il
fatto che, se confermate, le
piramidi bosniache
sarebbero, oltre le più
antiche, le più alte del
mondo. La Piramide del
Sole è alta ben 220 m e la
Piramide della Luna 190
m, mentre la piramide di
Cheope (che detiene
ufficialmente il primato) è
alta solo 145 m.
Un altro fenomeno curioso
connesso alle piramidi
bosniache è quello delle
sfere di pietra,
perfettamente levigate,
ritrovate nei dintorni di
Visoko. Alcuni studiosi
ritengono che sarebbe stato
possibile realizzare queste
sfere solo ad una
temperatura altissima, ma
chi le ha costruite e per
quale scopo? Sfere del
tutto simili sono presenti in
Costa Rica: Bolas, Uvita e
il monte Chiricò sono i
nomi delle località con la
più alta frequenza di queste
misteriose impronte del
passato, anche in questo
caso vicino a delle
costruzioni piramidali. E’
interessante notare che una
leggenda locale vuole che,
ai piedi del Chiricò, un
tempo furono seppellite le
macchine volanti d’oro.
Per questo motivo,
numerosi studiosi come il
ricercatore russo Ivan Zapp
hanno ipotizzato che queste
sfere tracciavano una
mappa ed un percorso
visibile solo dall’alto. Cosa
ne pensa il mondo
accademico? “Le sfere,
così perfette da sembrare
artificiali, non sono altro
che concrezioni. Queste
formazioni naturali sono
dovute all’azione
dell’acqua che aggrega i
minerali presenti nello
strato attorno ad un nucleo
(in genere un granulo di
quarzo od un fossile),
producendo queste
singolari forme sferiche” –
che, precisiamo, si trovano
guarda caso solo in
particolari posti del
pianeta. Anche i numerosi
tunnel sotterranei ritrovati
da Osmanagic hanno
generato molto scalpore.
“La regione di Visoko è
stata per lungo tempo una
zona estrattiva del carbone,
del ferro e del rame.
L’estrazione del rame è
attestata archeologicamente
già dall’età del Bronzo e
quella del ferro almeno dal
periodo romano”.
Ma i tunnel scoperti da
Osmanagic non hanno
nulla a che fare con questa
tipologia sostenuta dagli
accademici. La Valle delle
Piramidi misura 40 km
quadrati e il suo ingresso
coincide con un enorme
tumulo, chiamato in
bosniaco Vratnica, nome
che deriva dalla parola
врата, cioè “cancello”.
Questo tumulo è alto 59
metri, superando così di
gran lunga i 39,5 metri di
Silbury Hill, considerato
ufficialmente il tumulo
artificiale più alto in
Europa. Vratnica è un
enorme cono formato da
strati circolari sovrapposti,
dalla composizione
totalmente identica a quella
della piramide della Luna:
è chiaro che entrambe le
costruzioni sono state
realizzate dagli stessi autori
nella stessa epoca.
L’enorme tunnel
sotterraneo attraversa
l’intera Valle delle
Piramidi, formando
labirinti impressionanti.
Qui sono presenti profili
semicircolari nelle pareti
che indicano la presenza di
altri tunnel ancora da
scoprire. I tunnel sono stati
dunque dapprima realizzati
e in seguito sigillati,
probabilmente anche per
mano di una civiltà
successiva. Osmanagic
però ritiene che l’enorme
tunnel serviva a contenere
e proteggere un segreto:
per questo è stato sigillato
tutto. Sono state effettuate,
inoltre, alcune analisi al
C14 su dei resti lignei,
datati in un periodo
compreso tra il 34.000 e il
30.000 a.C. Sono state
ritrovate anche incisioni su
pietra, che per Osmanagic
rappresentano la più antica
forma di scrittura in
Europa: il runico (o
protorunico). Le ricerche
proseguono.
87
GLI
ENIGMATICI
MEN
IN BLACK
Enrico
Vincenzi è
ricercatore e
giornalista free
lance. Gestisce
il blog “I
naufraghi delle
stelle”.
Misteriosi uomini vestiti
totalmente di nero tentano di
ostacolare da oltre un
cinquantennio, i ricercatori
nelle loro investigazioni sul
fenomeno degli Ufo. La
leggenda degli “Uomini in
Nero” (dall’inglese Men in
Black), nasce nei primi anni
cinquanta negli Stati Uniti,
per opera di Albert K. Bender
un modesto impiegato di
Bridgeport nel Connecticut.
Nel 1952, Bender fondò
l’associazione ufologica:
”International Flyng Saucer
Bureau “ (IFSB), una delle
prime associazioni al mondo
nata con lo scopo di studiare
il fenomeno dei cosiddetti”
dischi volanti”.
L’associazione divulgava le
proprie idee tramite un
proprio bollettino – lo Space
Review – e sullo stesso erano
pubblicate anche le
investigazioni dei propri
associati, riguardo agli
avvistamenti dei misteriosi
oggetti volanti. Nel ‘53,
Bender confidò a Gray
Barker, membro molto attivo
dell’IFSB, e direttore delle
investigazioni, di aver
ricevuto una visita da parte di
tre uomini che rivelandogli il
segreto degli Ufo, lo
ammonirono di non rivelare
ad alcuno, pena il carcere, il
loro segreto. Inoltre i tre
uomini, che furono
identificati dal Bender come
agenti del governo, gli
consigliarono di sciogliere
l’associazione; cosa che
regolarmente fece, chiudendo
l’IFSB e abbandonando per
sempre la ricerca ufologica.
Negli anni successivi, altri
ricercatori e studiosi del
fenomeno dei dischi volanti,
rinunciarono
improvvisamente ai loro
studi. Iniziò quindi a
circolare una voce secondo
cui gli ufologi, furono
costretti ad abbandonare le
loro attività, a causa delle
88
intimidazioni e delle minacce
da parte di misteriosi
individui che vestivano con
abiti scuri. Nel ‘56, Gray
Barker raccolse questi insoliti
episodi in un libro dal titolo:
”They knew too much about
Flyng Saucers” (Sapevano
troppo sui Dischi Volanti).
Nel suo libro Barker
sosteneva che i misteriosi
Uomini in Nero, non erano
nient’altri che agenti segreti
governativi, il cui compito
era di zittire chiunque si
occupasse del fenomeno in
maniera approfondita, nel
timore che gli ufologi
potessero arrivare a scoprire
la verità sugli Ufo. Gray
Barker, continuò a occuparsi
del caso Bender, e quando
nel 1962 lo stesso gli inviò
un manoscritto in cui era
riportata la sua esperienza,
scrisse un secondo libro:
”Flyng Saucers and the three
men” (I dischi volanti e i tre
uomini). Nel suo
manoscritto, Bender cambiò
la versione originale,
asserendo che in realtà, i tre
uomini vestiti di nero da lui
incontrati, non erano agenti
del governo, ma alieni in
missione sulla Terra,
travestiti da terrestri. La loro
missione consisteva nel
raccogliere acqua di mare, da
cui ricavare dopo una serie
d’operazioni un prezioso
elemento utile alla
sopravvivenza nel loro
Pianeta. Con il caso Bender,
nacque quindi il mito di quei
fantomatici uomini vestiti di
scuro, conosciuti come i MIB
(Men In Black). Il termine fu
coniato per la prima volta
negli anni sessanta dal
ricercatore e scrittore John
Keel, assertore con Jacques
Vallèe (scienziato americano
di origine francese) della
teoria parafisica, secondo cui
i MIB erano degli alieni
nemici della razza umana e
provenienti da una
dimensione diversa dalla
nostra, una sorta d’universo
parallelo. Dalla metà degli
anni sessanta il fenomeno
degli Uomini in Nero è stato
considerato dagli ufologi
secondo due tipi d’ipotesi. La
prima è quella riguardante
l’azione d’intimidazione da
parte d’agenti segreti
governativi, al fine di
bloccare la ricerca degli
ufologi finalizzata alla
scoperta della verità sugli
Ufo. L’altra ipotesi identifica
i MIB, come creature aliene
in visita sulla Terra per scopi
a noi ancora ignoti. Il caso
Dahl Uno dei casi ufologici
in cui compaiono per la
prima volta i misteriosi
uomini in nero è quello
accaduto il 21 giugno 1947
nell’isola di Maury, vicino la
città di Tacoma nello stato di
Washington (USA), a quattro
guardiacoste e precisamente
a Harold Dahl, il figlio di
quest’ultimo e altri due
uomini facenti parte
dell’equipaggio. La squadra
al comando di Dahl mentre
perlustrava a bordo di una
barca una zona dell’isola,
vide improvvisamente
discendere da quella che
sembrava essere una grossa
nube, cinque oggetti di forma
circolare in assetto di
formazione. Gli strani
velivoli circondarono un
sesto oggetto rimasto
bloccato a 500 metri di
altezza dal suolo come per
soccorrerlo, e quest’ultimo
dopo aver emesso una scarica
di schegge metalliche in
direzione dello specchio
d’acqua sottostante, poté
89
ripartire ponendosi in
formazione insieme con gli
altri, dirigendosi verso il
mare aperto. Le schegge
intanto, avevano colpito la
barca, ferendo a morte il cane
a bordo e colpendo al braccio
in maniera non grave il figlio
di Dahl. Il mattino dopo Dahl
fu chiamato al telefono da
uno sconosciuto che lo
invitava a pranzare con lui,
invito che fu accettato senza
troppi problemi poiché come
secondo lavoro il
guardiacoste si occupava
della vendita di materiali da
recupero e spesso era
chiamato da persone
sconosciute. I due
s’incontrarono intorno a
mezzogiorno, l’uomo che era
alto, muscoloso e vestiva con
un abito interamente di
colore nero si presentò alla
guida di una Buick del 1947;
Dahl credette quindi di essere
alla presenza di un agente
governativo o di un ufficiale
dei servizi segreti militari.
Una volta seduti a tavola, il
misterioso uomo in nero
descrisse in maniera
minuziosa gli eventi accaduti
a Dahl il giorno prima mentre
era in servizio nelle acque
dell’isola di Maury;
dopodiché con fare quasi
minaccioso disse: ”Questo
prova che so parecchio sulla
vostra esperienza.
Permettetevi di darvi un
consiglio, signor Dahl. Per la
vostra sicurezza e per quella
della vostra famiglia,
dimenticate quanto avete
visto. Non parlatene con
nessuno.” In seguito Dahl
smentirà il reale incontro
avuto col Men in black,
affermando che era stato solo
uno scherzo, ma forte fu il
sospetto che la dichiarazione
fosse un modo per proteggere
la propria famiglia da
eventuali ritorsioni da parte
dei Mib. Albert K. Bender,
già citato in precedenza, si
occupò di questo controverso
caso e come abbiamo visto,
fu minacciato dai Mib dal
continuare le sue ricerche.
Point pleasant L’altro
evento da segnalare, tra i
molti, è indubbiamente
quello avvenuto presso la
cittadina di Point Pleasant in
West Virginia (USA) negli
anni 1966 – 1967, qui
l’ingerenza da parte dei Mib
fu la più forte mai registrata.
La cronaca ci riporta di tutta
una serie di fenomeni
paranormali collegati
all’apparizione nella cittadina
di esseri umanoidi alati,
Mothman o Uomo Falena
come fu presto ribattezzato
dagli abitanti del luogo. A tal
riguardo John Keel scrisse un
libro (The Mothman
prophecies) nel quale narrava
gli eccezionali eventi vissuti
dagli abitanti di Point
Pleasant e la loro isteria
collettiva causata dalla
presenza del misterioso
essere alato dagli occhi rossi.
È importante segnalare come
tutti gli abitanti fossero stati
visitati dai Men in black che
con minacce in parte velate
consigliavano gli stessi di
90
non far parola con nessuno
(stampa, polizia, etc.) delle
apparizioni del Mothman e
dei fenomeni a esso
connesso. Mary Hire, una
giornalista del quotidiano
locale, dopo aver scritto un
pezzo in merito ad un suo
avvistamento dal proprio
cortile di un misterioso
oggetto, fu visitata da dei
singolari esseri indossanti
strane calzature dalle suole
molto alte. Inoltre in quel
periodo spesso era seguita
nei suoi quotidiani
spostamenti, da una grossa
automobile nera, ma quando
si accorgeva di essere seguita
l’auto si allontanava
velocemente, addirittura un
bel giorno ricevette la visita
presso l’ufficio del giornale,
dove lavorava, di due strani
uomini dalla bassa statura,
colorito olivastro e dalle
fattezze piuttosto orientali,
vestiti totalmente di nero.
Uno dei due Mib
rivolgendole bruscamente la
parola le disse: “Cosa
farebbe se qualcuno le
ordinasse di smetterla di
scrivere sui dischi volanti?”
Ebbene la giornalista rispose
prontamente che, avrebbe
comunque continuato a
scrivere, nonostante le
minacce. Anche il giorno
dopo fu visitata da un altro
essere simile ai due
precedenti. Questo si
presentò sotto il falso nome
di Jack Brown asserendo di
essere un ufologo e di essere
amico di Gray Barker.
Dichiarò di non conoscere i
due mib del giorno prima, ma
curiosamente le ripeté in
sostanza lo stesso tipo di
ammonimento già ricevuto.
Interessante notare come
questo sedicente Jack Brown
abbia anche visitato diversi
altri abitanti della cittadina di
Point Pleasant, spacciandosi
per amico di John Keel, Gray
Barker e in ultimo della
stessa Mary Hire. Tra essi
possiamo ricordare una
giovane ragazza di nome
Connie Carpenter, testimone
di un incontro con l’Uomo
Falena (Mothman), cui
Brown fece il solito, discorso
di avvertimento nel non
continuare a interessarsi agli
strani eventi avvenuti a Point
Pleasant. La mattina dopo la
povera Connie fu quasi rapita
da un uomo che uscito da
un’auto Buick di colore nero
che l’aveva seguita nel suo
abituale percorso nel recarsi
a scuola, tento di trascinarla
all’interno del veicolo, ma la
giovane divincolandosi
prontamente fuggì dal suo
aggressore. I Mib dunque
come abbiamo potuto capire,
sono fortemente connessi col
fenomeno Ufo. Spesso da
testimoni sono stati visti
compiere azioni anomale o
addirittura impossibili per un
essere umano terrestre come
ad esempio: apparire o
sparire improvvisamente,
rimanere con gli abiti
perfettamente asciutti
nonostante l’esposizione alla
pioggia, camminare in
maniera quasi robotica. Si è
visto spesso che i Mib
dimostrassero scarsa
dimestichezza con normali
strumenti quali forchette,
cucchiai etc.; dimostrazione
questa di una loro non
conoscenza di essi e del loro
utilizzo. Parlassero la lingua
inglese in maniera
approssimativa spesso errata,
con errori che neppure un
bambino ai primi anni di
scuola avrebbe fatto.
Insomma tutte queste
“anormalità” ci farebbero
pensare ai Mib come degli
esseri alieni, provenienti da
qualche parte del nostro
universo o anche da altre
dimensioni parallele come
asseriva l’ormai defunto John
Keel piuttosto che degli
agenti segreti governativi. Il
mistero su di essi rimane
comunque a tutt’oggi
insoluto, chissà che la ricerca
ufologica non ci riservi
qualche sorpresa nel futuro,
magari con la scoperta della
vera origine degli enigmatici
“Men in Black”.
91
L’ISOLA
DEL
GIGANTE
DORMIENTE
PORTORICO, ZONA CALDA DI AVVISTAMENTI, FENOMENI
MISTERIOSI E SOSPETTE ATTIVITA’ MILITARI
Gianluca Rampini
[email protected]
ha 35 anni ed è un ricercatore
indipendente che si occupa, in
special modo, di ufologia e
abductions. In rete collabora
con Ufomachine, Ufoonline,
Paleoseti e altri siti tematici.
Sul nostro pianeta esistono
luoghi in cui la
concentrazione di elementi
“paranormali” è
decisamente superiore alla
media. I Caraibi sono
certamente una di queste, a
cominciare dal celebre e
inflazionato “Triangolo
delle Bermuda” fino a
scendere ad una specifica
isola dell’arcipelago
caraibico: Portorico.
Quest’isola, che si affaccia
da un lato sull’Oceano
Atlantico e dall’altra sul
Mar dei Caraibi, è un
concentrato di ogni genere
di avvistamento, presenza,
leggenda e mistero. Inoltre,
caratteristica che in
quest’ottica non può essere
sottovalutata, Portorico è
proprietà Statunitense. Pur
mantenendo una certa
autonomia a livello locale,
esso è quello che si dice un
territorio non incorporato
degli Stati Uniti. Che
tradotto in termini pratici
significa che gli americani
ci fanno sostanzialmente
quello che vogliono,
utilizzano i suoi mari per
compiere esercitazioni e
sperimentare armi ed
attrezzature. Sappiamo
bene come queste “attività”
abbiano spesso una stretta
correlazione con gli
avvistamenti di oggetti
volanti non identificati.
EL YUNQUE
Uno dei punti caldi
dell’isola, dal punto di
vista che più ci interessa, è
sicuramente una montagna
comunemente conosciuta
come El yunque che si
trova nei pressi della
Sierra de Luquillo nel
National Carribean Rain
92
Fortest. Sulle pendici di
questo monte, coperte dalla
più fitta vegetazione
tropicale, sono stati
avvistati oggetti volanti ed
esseri di vario tipo, con
l’unica caratteristica
comune di sembrare
davvero poco “umani”.
Uno dei racconti più
significativi ci giunge dal
ricercatore portoricano
Jorge Martin, secondo le
cui fonti, il 19 febbraio
1984 un Ufo si schiantò su
uno dei versanti della
montagna. Velivolo ed
occupanti sarebbero stati
recuperati dai militari
americani di stanza alla
Roosevelt Roads Naval
Station. Il resoconto degli
eventi sarebbe stato fornito
da un alto ufficiale che
però decise di rimanere
anonimo. La sua unità
incontrò qualcosa nella
foresta. Quindici soldati e
tre ufficiali dei reparti
speciali erano dislocati
sulla montagna per una non
definita missione segreta. Il
presunto incontro avvenne
quando alcuni di essi si
recarono in jeep in una
località vicina, Palmer, ad
acquistare sigarette.
Durante il trasferimento
sentirono dei rumori
inusuali provenire dal fitto
della foresta. Quando
rallentarono per verificare,
il motore della macchina si
spense senza preavviso, le
radio ammutolirono e
persino gli orologi al
quarzo si fermarono. Nel
silenzio sentirono un
rumore di passi in
avvicinamento, allarmati
lanciarono alcuni bengala e
intimarono lo stop più di
una volta. Non ottenendo
risposta, ipotizzando un
attacco terroristico,
aprirono il fuoco. Solo a
quel punto chiunque si
nascondesse tre la
vegetazione recepì il
messaggio, poiché dopo un
non identificato rumore più
forte, i passi cambiarono
direzione e si
allontanarono. Le
macchine e le radio
ripresero a funzionare.
Tornati alla base riferirono
l’accaduto e la zona della
foresta, descritta nei loro
rapporti, si riempì
rapidamente di soldati. La
zona venne delimitata e
dichiarata off-limits,
successivamente giunsero
sul posto altri contingenti i
cui membri indossavano
protezioni anti-radiazione.
Questi perlustrarono la
zona palmo a palmo sino a
che rinvennero alcune
tracce di una sostanza
liquida verde proprio nella
direzione verso la quale i
militari avevano aperto il
fuoco. Rientrati tutti alla
base i militari vennero
sottoposti ad uno screening
psicologico e istruiti sul
comportamento da tenere.
Infine vennero dispensati
dal servizio, armi e
indumenti furono bruciati.
L’ufficiale che raccontò
questo episodio, le cui
credenziali furono
verificate dal ricercatore
portoricano ( il tutto
davanti a due testimoni ),
aggiunse per concludere
che a Portorico esiste una
collaborazione tra il
Governo Usa e gli alieni,
che l’oggetto caduto era
una navicella aliena e che
in quelle zone capitano
cose terribili.
UN’ESCURSIONE CHE
NON SI DIMENTICA
El Yunque è stato teatro di
altri episodi decisamente
fuori dall’ordinario. Uno
dei più significativi
riguarda ciò che capitò a
nove escursionisti in gita
sulla montagna. Il 20
ottobre 1993 il gruppo
stava salendo sulle pendici
lungo un sentiero che si
inoltrava nel fitto della
giungla quando
incrociarono tre persone
che scendevano sullo
stesso sentiero. Uno dei
nove escursionisti scattò
una foto che inquadrava sia
i suoi compagni che i tre
che si approssimavano ma
quando la foto venne poi
sviluppata, al posto loro,
c’era solamente una fitta
nebbia. Secondo un’altra
testimonianza queste tre
persone erano tre ragazze
tutte vestite allo stesso
modo e praticamente
identiche. Ma questo era
nulla in confronto a quanto
sarebbe successo la notte
successiva. Scesa l’oscurità
gli escursionisti allestirono
le proprie tende quando
furono circondati da 5 o 6
creature di tipo umanoide
con mani a forma di
artiglio e orecchie
allungate. Un paio di questi
esseri si erano piazzati sul
93
Dimostrazione di protesta degli abitanti dell’isola
sentiero bloccando le vie di
fuga. Questo “assedio”
durò tutta la notte e
solamente al sorgere del
sole le creature si ritirarono
permettendo ai
campeggiatori una quanto
mai rapida discesa verso le
loro macchine. Ritrovata
calma ed un po’ di
coraggio si convinsero a
tornare sul posto dove
furono in grado di ottenere
i calchi delle impronte
lasciate da quegli esseri e
di scattare qualche foto.
Questo materiale sarebbe
poi stato rubato, cosa che
non è possibile né
confutare né confermare,
ma che di certo, se
l’episodio fosse vero, non
sarebbe difficile da
credere. Per quanto in
effetti il tutto possa
sembrare uno scherzo da
ragazzi va sottolineato che
il responsabile del gruppo,
Heriberto Ramos, era un
adulto affidabile a cui
erano stati affidati i
ragazzi. Inoltre Ramos ed
un altro testimone,
Federico Alvares, si
esposero in prima persona
raccontando l’episodio in
televisione, mettendoci
quindi la faccia.
Nonostante tutte le
comprensibili critiche e
derisioni che ricevettero
non ritrattarono mai
confermando sempre la
loro esperienza.
UNA PRESENZA
INGOMBRANTE
Che gli Stati Uniti,
soprattutto da un punto di
vista militare, siano ancora
afflitti da una ingombrante
tendenza colonialistica non
è un mistero per nessuno.
A Portorico ciò assume
proporzioni che solamente
la condizione di sudditanza
della popolazione locale
rendono possibile. Anche
se, a dire il vero, non tutti i
portoricani accettano senza
protestare che gli americani
dispongano delle loro
spiagge e delle loro acque
per i loro comodi militari.
In questo contesto di
tensione, nel 2000, ci fu un
episodio che ci fornisce
alcuni indizi su quanto
stiamo indagando. Nel
mese di maggio di
quell’anno, su ordine
classificato del Presidente
Clinton, la marina circondò
una piccola isola
impendendo il passaggio
anche ai pescatori. La
motivazione che venne resa
pubblica fu che il blocco
era stato allestito per
impedire che alcune
manifestazioni di protesta,
che avevano luogo
sull’isola, disturbassero le
relazioni tra gli USA ed
una potenza straniera,
mettendo così a rischio la
sicurezza nazionale. E’
vero che la marina
statunitense stava
svolgendo esercitazioni nel
poligono dell’isola di
Vieques, come si desume
da documenti presidenziali,
assieme a forze alleate ma
viene da chiedersi come
qualche manifestante
pacifista potesse
rappresentare un disturbo.
Il tutto tenendo presente
che nemmeno le autorità
Portoricane ne furono
avvisate. Se le esercitazioni
dovevano essere tenute
così segrete non sarebbe
stato meglio compierle
lontano da occhi indiscreti
anziché azzoppare
l’economia ittica di un
piccolo stato? Perché era
così importante farle
proprio lì? Che le
esercitazioni fossero reali e
fin troppo frequenti lo
dimostrano le proteste
94
degli abitanti, solo in
quell’occasione però la
Marina bloccò la
navigazione, ponendo
l’isola a tutti gli effetti in
stato di embargo, se pur
momentaneo. Forse perché
questo fantomatico alleato
non era semplicemente una
potenza straniera ma una
civiltà extraterrestre che
proprio a Portorico ha
stabilito un proprio
avamposto? Vi sono inoltre
due altre episodi un cui vi è
una coincidenza quanto
meno sospetta tra ciò che
raccontano testimoni di
eventi di carattere
ufologico e l’attività dei
militari statunitensi. Carlos
Manuel Mercado ha
raccontato di esser stato
portato a bordo di un disco
volante, su invito degli
occupanti e che venne
“portato a fare un giro”.
Osservando dagli oblò si
rese conto che il disco,
invece di aumentare di
altitudine, si stava
dirigendo verso il fianco
della Sierra Bermesa, un
gruppo di alture poco
distante. Il velivolo si infilò
poi all’interno del monte El
Caxull entrando in ciò che
presumibilmente era una
loro base. Proprio nella
zona descritta dal
testimone, gli Stati Uniti,
hanno costruito alcune
installazioni ufficialmente
dedicate alla trasmissione
del canale radio “Voice of
America Radio” ma che
nei fatti non ha mai
trasmesso e nonostante si
tratti di una installazione
civile tutta la zona è
divenuta off-limits. Il 30
maggio 1987 molte
persone furono svegliate da
una luce accecante che
scoprirono provenire da un
oggetto metallico che
sorvolava lentamente il
mare poco distante dalla
costa. Il pomeriggio
successivo nella stessa
zona, gli stessi abitanti
sentirono un fortissimo
boato sotterraneo seguito
da una scossa di terremoto.
Nel terreno si aprirono
delle crepe dalle quali
fuoriuscì un gas di colore
blu. A concludere la
bizzarra sequenza di eventi
ci pensarono i militari
americani che giunsero sul
posto a bordo di Humvee
L’agente Winfred Feliciano
95
dotati di antenne radar
rotanti. I soldati
indossavano tute
anticontaminazione, fatto
che preoccupò non poco gli
abitanti sconcertati.
Raccolsero campioni e
rilevarono eventuali
radiazioni con i contatori
Geiger. Il giorno ancora
successivo un elicottero fu
visto mentre depositava
alcune attrezzature nelle
acque della laguna. Nella
stesso tratto di mare un
oggetto metallico di forma
cilindrica fu osservato
uscire ed entrare in acqua.
UNA PRESENZA MENO
INGOMBRANTE MA
PIU’ INQUIETANTE
L’occupazione americana
potrebbe quindi essere una
sorta di tappo, di
dissimulazione di qualcosa
presente più in profondità
nelle viscere delle
montagne boscose, una
presenza che, nonostante
questo e tutto l’impegno
profuso dai militari
americani, si manifesta e
lascia traccia di sé.
Nell’estate del 1997 il
direttore della polizia
comunale di Vieques,
l’agente Winfredo
Feliciano, mentre guidava
sulla Route 997 avvistò
alle ore ventuno un oggetto
triangolare molto grande
che si librava nella zona in
cui la Marina statunitense
aveva una pista di
atterraggio. Nei giorni
successivi anche la moglie
del poliziotto ed i loro figli
videro svariati oggetti non
identificati, o forse sempre
lo stesso, nelle zone di
competenza statunitense.
Il pescatore ed esponente
del movimento contro la
presenza militare straniera,
Carlos Zenon, raccontò di
essere stato testimone di
due distinti avvistamenti
assolutamente inspiegabili.
Una volta, nel 1996,
durante una battuta di
pesca serale, i pescatori
videro alcuni oggetti
luminosi uscire dal fianco
del Cerro Ventana, a sud di
Vieques, che dopo svariate
evoluzioni sorvolarono la
Playa Grande, alle cui
spalle si estende
un’installazione americana,
per poi tornare nella
montagna “…come
fondendosi con essa”.
Sempre nelle acque
prospicienti la Playa
Grande, Zenon e suo figlio,
avvistarono un oggetto di
una ventina di metri di
diametro con luci azzurre e
gialle sulla propria
circonferenza, emergere
dal mare in una vorticosa
colonna d’acqua. Dopo
essere rimasto sospeso per
alcuni istanti se ne volò via
a grande velocità. Per
quanto sia sempre possibile
che vi siano velivoli
sperimentali terrestri a noi
del tutto sconosciuti, non
risulta che ce ne siano in
grado di compiere manovre
sia sott’acqua che in cielo.
Molte altre persone hanno
vissuto esperienze simili a
quelle descritte a tal punto
che il movimento pacifista
ha più volte esposto il
problema cercando, senza
mai ottenerle, risposte dalle
autorità. Nel 1981 un
ragazzo fu testimone di un
genere completamente
diverso di incontro ma che
in qualche modo completa
la varietà di anomalie
presenti sull’isola. Durante
un’escursione, assieme ad
un amico, si avvicinò alla
bocca di una grotta nella
zona di Camp Santiago. Lì,
i due ragazzi, vennero
96
aggrediti da un moltitudine
di piccoli esseri di forma
umanoide. Per liberarsi il
ragazzo colpì, uccidendo,
uno degli esseri con un
bastone intimidendo così
anche i suoi compagni che
fuggirono ritirandosi
nell’oscurità della caverna.
Ne conservò poi il
cadavere che consegnò alla
polizia e la cui foto
divenne celebre solo anni
dopo. Le forze dell’ordine
tentarono invano di
stabilirne l’origine
stabilendo però che non si
trattava né di un feto
umano né di un animale. Il
barattolo contenente
l’esserino cambiò molti
proprietari sino a che
alcuni uomini, italoamericani, lo sequestrarono
esibendo ordini federali e
dichiarando di essere
impiegati della Nasa. Che
fossero realmente
esponenti della Nasa o
agenti federali è difficile da
credere, però è possibile
che appartenessero a
qualche corpo specializzato
in questo genere di
recuperi ed esperti
nell’inventare storie fasulle
e confuse con l’obbiettivo
di disorientare e screditare
i testimoni. Questo insolito
incontro si è svolse nei
pressi di una grotta
alimentando in qualche
modo l’ipotesi che le
profondità delle montagne
portoricane nascondano
attività e creature non
esattamente terrestri.
ARECIBO
Il grande radio telescopio
di Arecibo è forse una delle
icone più riconoscibili
dell’isola di Portorico.
Esso è entrato ormai
nell’immaginario di coloro
che seguono le vicende
ufologiche, ricordiamo ad
esempio l’episodio del
WOW SIGNAL. Anche
cinema e televisione lo
hanno eletto a scenario di
serie tv quali X-Files o di
celebri film come Contact.
La grande antenna entra a
pieno titolo anche nella
nostra trattazione in quanto
numerosi episodi anomali
si sono consumati nelle sue
vicinanze, tanto da far
ipotizzare che la sua
funzione astronomica
potrebbe essere una
copertura di attività ben più
esotiche che si
svolgerebbero sotto di
esso. Nel 1998 uno dei
guardiani, il signor
Jimenez, che assieme alla
sua famiglia risiedeva
accanto al telescopio,
durante il suo turno di
guardia notturno vide un
enorme oggetto, più grande
di un C 130, sorvolare la
loro casa e dirigersi verso
l’antenna. L’Ufo emetteva
un suono ritmico e sordo
ed aveva 5 luci blu nella
parte inferiore. È possibile
che i ricercatori, in attività
anche di notte, non
avessero visto, sentito o
rilevato nulla? Potrebbe
questo omertoso silenzio
lasciar supporre che
qualcosa di non divulgabile
in effetti avvenga? Un
poliziotto, che ha chiesto di
mantenere l’anonimato, è
stato testimone di un altro
avvistamento inspiegabile.
Da casa propria, guardando
oltre le montagne in
direzione del telescopio,
vide un grande oggetto
cilindrico verde levitare in
mezzo ad una nube che
emetteva una luce biancoazzurra.
97
COSA MANCA?
Dopo aver passato in
rassegna tutte queste
testimonianze cosa
potrebbe ancora mancare?
Il fenomeno dei rapimenti
che, come vedremo, in
realtà non manca affatto ed
è inoltre assolutamente
attuale. Nel 2006 una
donna, Maria Rivera, vide
due classici alieni grigi
oltre la staccionata del
cortile della propria casa.
Anche la figlia adolescente
fu in grado di vederli.
Senza entrare
eccessivamente nei dettagli
del racconto possiamo
affermare che non manca
nessuno degli elementi
tipici dei casi di rapimento:
missing time, i segni sul
corpo e la reiterazione.
Non che questo episodio
sia tipico di Portorico ma
ne completa la
fenomenologia. Solamente
un dettaglio presente sia
nel racconto di Maria che
nel caso del rapimento di
un sacerdote, ricorre e
sembra essere in qualche
modo tipico dei casi
portoricani, anche se non
possiamo escluderne la
casualità: i grigi descritti in
questi due avevano un
segno, una sorta di simbolo
sulla fronte.
UNO SGUARDO AL
PASSATO
Se associamo la potenziale
presenza aliena sull’isola di
Portorico a quella
americana non dovremmo
trovare elementi “anomali”
nelle tradizioni popolari e
religiose degli isolani. In
questo senso
un’interessante
celebrazione popolare è
una sorta di carnevale che
celebra la cacciata dei mori
dalla Spagna ad opera di
San Giacomo. Durante la
festa i portoricani
indossano maschere, dalle
fattezze mostruose, che
dovrebbero rappresentare i
mori sconfitti. Se però
osserviamo queste
maschere il dubbio che tale
chiave di lettura sia stata
imposta dai conquistatori
spagnoli, sovrapponendosi
ad un significato diverso e
più antico, è del tutto
lecito. Inoltre, il nome di
questi “mori”, di questi
esseri riprodotti dalle
maschere, i “vejigantes”
richiama a qualcosa di
molto “grande”.
Ufficialmente “veji” si
riferisce all’abitudine di
dipingere le vesciche delle
mucche. Le mucche però
non sono certo originarie
dei caraibi quindi è
possibile che anche questo
significato sia stato
arbitrariamente apposto dai
conquistatori europei.
Quando poi scopriamo che
la principale divinità precolombiana dei taino,
popolo portoricano preispanico, era Yukiyu “il
gigante dormiente” e che
dimorava a El Yunque i
dubbi sull’interpretazione
cristiana di questa
tradizione è ancora più
ragionevole. Senza voler
forzare alcuna ipotesi, ciò
che rimane, sono maschere
dalle fattezza mostruosa ed
il riferimento ad una
divinità che dimorava nella
montagna.
CONCLUSIONI
Alla luce di tutte le
testimonianze riportare, che
sono solamente una parte di
quelle esistenti, vi sono due
sole possibili interpretazioni
riguardo a ciò che succede a
Portorico. La prima è che in
effetti le viscere delle isola e i
suoi fondali marini ospitino
una o più basi di qualche
razza aliena, o che perlomeno
vi sia una sorta di portale che
permetta di partire e giungere
facilmente sul nostro pianeta.
Gli americani, in questo
scenario, potrebbero avere la
funzione di sorvegliare
questa sorta di zona franca
intergalattica. La seconda è
che gli abitanti di Portorico
siano sottoposti a complesse
forme di controllo mentale, a
sperimentazioni di
allucinazioni controllate o
simulazioni di possibili
scenari. In effetti la varietà di
“anomalie” presenti sull’isola
è difficilmente spiegabile in
altro modo. Non è poi
impossibile che le due
soluzioni siano interconnesse,
che tra avvistamenti fasulli,
velivoli sperimentali,
ologrammi e chissà cos’altro
vi siano, ben nascosti anche
se in bella vista, alcuni eventi
di reale matrice aliena.
98
RAPIMENTI
ALIENI:
25 ANNI DI
RICERCHE
Dall'antica Roma...
Luciano Scognamiglio
lucianoscognamiglio85@gma
il.com è un tecnico
informatico e un ricercatore
nei campi della Coscienza,
della metafisica e
dell'universo olografico. Si
occupa anche di analisi e
risoluzione dei fenomeni di
interferenza aliena mediante
l'uso dell'ipnosi e delle
simulazioni mentali.
http://conoscitestesso.selfip.n
et/
La ricerca sulle
interferenze aliene
affonda le proprie radici
nella storia, grazie agli
ooparts, ovvero ai reperti
inspiegabili che vengono
ritrovati in ogni parte del
mondo e riconosciuti
come provenienti da
svariate epoche e civiltà,
vicine e lontane nel
tempo. Accanto ai più
famosi, ci sono anche le
testimonianze storiche
scritte, tra cui le cronache
dell'epoca dell'Impero
Romano: non si tratta di
reperti inspiegabili
nell'accezione comune del
termine, ma di fatto sono
ooparts in quanto
contengono l'evidenza
fisica di testimonianze
inspiegabili, almeno
secondo il paradigma
della storia e della scienza
“ufficiali”. L'opera in
questione è il Liber
Prodigiorum di Giulio
Ossequente, autore latino
vissuto nel quarto secolo
d.C. : queste cronache
narrano eventi
eccezionali, compresi
molti fenomeni
riconducibili ad
interferenze aliene in
quanto coincidenti con gli
eventi ufologici dell'era
moderna osservati anche
nei casi di abduction. Il
collegamento tra le
interferenze aliene e
queste testimonianze
storiche è ulteriormente
99
rafforzato dall'ovvia
impossibilità di spiegare
gli eventi dell'epoca con
palloni sonda, velivoli
militari, satelliti o altre
simili pessime
“spiegazioni” fornite al
giorno d'oggi come
giustificazione
dell'evidenza di
fenomeni ufologici nei
nostri cieli. Nel Liber
Prodigiorum, che
raccoglie molte
testimonianze di diversi
autori suddivise in
periodi storici che vanno
dall'anno 190 a.C.
all'anno 11 a.C, possono
essere trovati tantissimi
fenomeni, ripetutisi più
volte, del calibro di:
oggetti appunti
infiammati in volo, cielo
che arde, lampi e forme
nel cielo, apparizioni di
figure umanoidi, a volte
vestite di bianco o
accompagnate da orribili
voci, due e tre lune nel
cielo, grandi fiamme
divampate
improvvisamente,
combattimenti tra il sole
e la luna, altari nel cielo,
lunghissime navi in
acqua, due e tre soli nel
cielo, il sole che si
rimpicciolisce, piogge di
fuoco, di terra e di sassi,
soli di notte, grandi armi
volanti, anelli colorati
intorno al sole, meteore
tuonanti, precipitazioni
di grandi palle di fuoco,
monti che si scontrano
liberando colonne di
fuoco, cielo diventato
improvvisamente
notturno senza alcuna
eclissi per poi tornare
normale poco dopo,
globi luminosi volanti,
etc. Questi avvistamenti
possono essere ritrovati
più volte in varie zone
dell'Impero Romano,
descritti sempre allo
stesso modo e con una
frequenza
impressionante. Gli
oggetti in volo,
assolutamente atipici,
seguivano rotte del tutto
innaturali, non
riconducibili a quelle di
comete o meteore; come
poi nessun altro
fenomeno di quelli
descritti può essere
ricondotto ad
avvenimenti naturali,
siano essi celesti o
tellurici, che abbiamo
mai osservato
abitualmente nell'epoca
moderna. Ma il
collegamento più palese
con l'ufologia è senza
dubbio dato dal
fenomeno dei clipeus
ardens, ovvero oggetti
simili ai rotondi scudi
romani che però
venivano visti come
infiammati mentre
sfrecciavano in aria: da
qui il nome clipeologia,
ovvero lo studio delle
evidenze ufologiche nel
passato tramite l'analisi
dei reperti storici,
archeologici ed artistici.
...all'antica India
Un altro pezzo importante
100
della clipeologia è senza
dubbio quello che
riguarda i Vimana, ovvero
gli UFO dell'antica India.
Questo termine viene
utilizzato in almeno 16
testi sacri indiani, scritti
quindi in Sanscrito, la
lingua “perfetta” degli dèi,
e non in Hindi, che è
invece la lingua del
popolo. Il più famoso di
questi testi, almeno dal
punto di vista
clipeologico, è senz'altro
il Vymanika Shaastra, che
significa “Scienza
dell'Aeronautica”. La
parola Vimana è composta
dall'unione dei vocaboli
vi, ovvero “uccello” o più
genericamente qualcosa di
volante, e mana, cioè
qualcosa di artificiale e di
abitato. Vimana, inoltre,
indica anche un'area
delimitata destinata a
scopi sacri, un luogo
divino. Se già il
significato del nome non
richiama immediatamente
agli UFO e alla visione
religiosa che le antiche
civiltà avevano degli
alieni, a farlo ci pensano
le illustrazioni del
Vymanika Shaastra, ma
soprattutto il suo
contenuto. In questo testo,
infatti, sono descritti la
costruzione e i metodi di
pilotaggio dei Vimana, i
mitici veicoli aerei, in ben
8 capitoli che trattano
rispettivamente:
costruzione dei Vimana e
come evitare di spezzarli,
tagliarli, incendiarli o
distruggerli;
immobilizzare i Vimana;
rendere invisibili i
Vimana; ascoltare
conversazioni del nemico
in altri luoghi; recuperare
fotografie dell'interno dei
Vimana nemici; accertare
la direzione di un Vimana
nemico in avvicinamento;
far perdere conoscenza ai
piloti dei Vimana nemici;
distruggere i Vimana
nemici. Questi 8 capitoli
contengono i 32 segreti
dei Vimana, che possono
volare in aria, in acqua e
nello spazio: ci sono
istruzioni estremamente
tecniche, e non
assolutamente in
linguaggio aulico come ci
si aspetterebbe da un
qualsiasi testo sacro, del
loro funzionamento, delle
componenti da attivare,
dell'equipaggiamento,
della manovrabilità, dei
motori, degli schermi,
delle precauzioni da
prendere, etc. Tra i vari
testi sacri che descrivono i
Vimana in azione, ci sono
il Mahabharata e il
Ramayana, dove vengono
narrate le guerre
mitologiche degli dèi; tra i
testi non sacri, invece,
esistono più di 250 trattati
indiani dove vengono
menzionati i Vimana.
101
E in Italia?
Il lavoro portato avanti da
Corrado Malanga negli
ultimi 25 anni ci ha
dimostrato che quelli che
oggi chiamiamo “alieni”,
ieri erano chiamati
“demoni”; e lo sono
ancora oggi, negli
ambienti religiosi. La
vecchia possessione
diabolica corrisponde ai
casi di parassitaggio e ai
casi in cui gli alieni si
impadroniscono
particolarmente del
soggetto addotto, mentre
il vecchio esorcismo
corrisponde alle moderne
ipnosi, che in un certo
senso sono “esorcismi
tecnici”, in quanto molto
più precisi e funzionali. E'
stato scoperto che una
grandissima quantità di
problemi psicologici e
psicosomatici deriva in
realtà dallo stato di
abduction in cui l'1% circa
della popolazione si viene
a trovare dalla nascita:
risolto il problema, queste
persone recuperano il
contatto con la propria
psiche e letteralmente
guariscono da disturbi che
nessun medico, in tutta la
loro vita, era mai riuscito
a curare. Questi
ovviamente sono solo
“effetti collaterali”,
seppur desiderabili, ma
non certo l'obiettivo del
nostro lavoro, dato che
non siamo medici. Sono
proprio queste
innumerevoli
testimonianze, e le
migliaia di sedute di
ipnosi ed autoipnosi, ad
averci fornito così tanti
dati da poter avanzare
molto velocemente
nell'investigazione e nella
risoluzione del problema
delle abduction, che
presenta molte
sfaccettature e continui
risvolti. A questi dati si
aggiungono le
ricostruzioni grafiche di
eventi recuperati con
l'ipnosi, i disegni dei
bambini addotti, gli
impianti estratti dai corpi
delle vittime di abduction
e scientificamente
riconosciuti come di
provenienza fisica non
terrestre, le cicatrici, i
fenomeni paranormali, gli
avvistamenti UFO, etc.
Tutte queste esperienze
sono perfettamente
sovrapponibili sia a quelle
provenienti da altre parti
del mondo che a quelle
tramandateci nella storia.
Al momento, posso
definire con assoluta
certezza il lavoro italiano
sulle interferenze aliene
come il più avanzato al
mondo, a giudicare
dall'incredibile quantità di
scoperte e dai risultati
ottenuti: in questi 25 anni
abbiamo visto, sentito e
capito così tante cose che
solo la metà basterebbero
a far impazzire gli
scientisti, ovvero i finti
scienziati, dove per
Scienza, con la S
maiuscola, si intende il
miglior modo, il più
equilibrato, di investigare
la natura di qualsiasi
fenomeno, secondo i
criteri enciclopedici di
verificabilità,
riproducibilità e
falsificabilità, che
vengono soddisfatti dalla
nostra ricerca in misura
sempre maggiore ogni
giorno che passa.
Lavorando a ritmo serrato,
Corrado Malanga ha
sempre cercato di aprire a
chiunque le sue scoperte, i
suoi risultati e le tecniche
da lui messe a punto, così
che ognuno potesse
verificare in prima
persona ed eventualmente
contribuire alla ricerca e
ad aiutare gli addotti e
non solo, dato che i nuovi
metodi ci hanno permesso
di andare ben oltre i
problemi legati al
parassitaggio e alle
abduction: oggi,
finalmente, questo suo
instancabile lavoro di
sperimentazione,
applicazione e
divulgazione, sempre
totalmente gratuito, ci ha
dato gli strumenti per
poter proseguire in
maniera indipendente
l'acquisizione di
Coscienza del problema
alieno ed estenderla a
tutto il pianeta,
permettendo la liberazione
autonoma di ogni addotto
nel mondo. E' il momento:
il futuro, ora, lo facciamo
noi.
102
UN VOLTO
ALIENO
A
STONEHENGE?
Andrea della Ventura
[email protected]
è un ricercatore
indipendente che si
occupa di
controcultura, entità
misteriose, esopolitica
e ufologia. Pubblica
regolarmente su
riviste specializzate e
in rete gestisce il
gruppo Facebook
Nuove Frontiere della
Conoscenza.
Stonehenge (letteralmente
pietra sospesa, da stone,
pietra, ed henge, che deriva
da hang, sospendere: in
riferimento agli architravi) è
un sito neolitico che si trova
vicino ad Amesbury nello
Wiltshire, Inghilterra, circa
13 chilometri a nord-ovest
di Salisbury sulla piana
omonima. È composto da un
insieme circolare di grosse
pietre erette, conosciute
come megaliti. Questo
complesso megalitico è
stato costruito all'incirca nel
3200 A .C., cioè all'epoca in
cui vennero costruite le
grandi piramidi in Egitto. La
costruzione ha una forma
circolare, del diametro di
qualche decina di metri; è
composta da vari anelli di
pietre alte e strette, alcune
delle quali sormontate da
altre lastre di pietra. Inoltre
vi si possono osservare
alcune serie di buche nel
terreno, disposte in forma
circolare.
Legame con i cicli
astronomici
Le pietre di Stonehenge
sono allineate con un
significato particolare ai
punti di solstizio ed
equinozio. Di conseguenza
alcuni sostengono che
rappresenti un "antico
osservatorio astronomico";
si pensa infatti che sia stato
progettato dagli antichi
abitatori della regione non
soltanto come un luogo di
culto, ma anche come un
immenso calendario, dopo
una paziente osservazione
del cielo, per tenere traccia
del trascorrere dei mesi,
delle stagioni e degli anni.
Oltre che meta del turismo
di massa, Stonehenge è
attualmente luogo di
pellegrinaggio per molti
seguaci del Celtismo, della
Wicca e di altre religioni
neopagane. Quel che è certo
è che il complesso
megalitico contiene molti
riferimenti al moto del Sole
e della Luna; il numero di
pietre e di buche nei vari
anelli sembra essere legato a
qualche ciclo astronomico,
come quello delle fasi
lunari. Inoltre le direzioni
degli allineamenti fra le
varie pietre coincidono
103
“Smoking gun”
pressappoco con alcuni
punti della volta celeste,
che corrispondono a
eventi periodici come il
sorgere e il tramontare
del Sole ai solstizi.
Raffigurazione
dell’Extraterrestre
Recentemente alcuni
esperti avrebbero
scoperto una misteriosa
incisione a Stonehenge
raffigurante il volto di
un presunto alieno
grigio; durante una
spedizione scientifica
presso il famoso sito
archeologico infatti è
stata notata, su una delle
pietre di questo
fantastico e misterioso
luogo, una particolare
raffigurazione di questa
razza. Molti si chiedono
come sia possibile che
una tale evidenza venga
alla luce solo adesso dal
momento che un simile
sito dovrebbe essere già
stato visionato
innumerevoli volte; la
cosa anomala infatti è
che nessuno si sia mai
accorto di questa
raffigurazione
abbastanza evidente
dalle foto, sebbene
Stonehenge sia visitata
da parecchie persone.
Teoricamente
bisognerebbe risalire a
qualche altra foto meno
recente e, se si ha
fortuna, individuare la
pietra con il disegno;
sarebbe un’ulteriore
prova.
La prima è l’immagine
originale, le altre due sono
elaborazioni sviluppate per
mettere in risalto la
presunta sagoma
In realtà il particolare
disegno analizzato
scientificamente dal team
della missione sembrerebbe
reale, quindi non è il
risultato di un fenomeno
naturale, e la datazione con
il carbonio 14 lo farebbe
risalire addirittura a 4000
anni fa. Si tratta
sicuramente di una scoperta
di eccezionale portata che
non può essere confutata
perché accompagnata da
dati scientifici ufficiali e che
potrebbe confermare la
reale interazione della razza
umana con un’antica razza
extraterrestre.
Le basi scientifiche
sembrano esserci grazie
anche alla datazione fatta
con il C14; non credo che
questo possa essere
confutato. Qualcosa di
anomalo c'è, basterebbe
solo ammetterlo. Le prove
che sostengono questa
notizia appaiono fondate;
pur rimanendo cauto e non
lasciandomi andare a facili
entusiasmi, nutro particolari
speranze per questo caso.
Piuttosto non è molto chiaro
cosa abbiano datato ma, dal
momento che si parla di
incisione, forse si tratta dei
pigmenti facenti parte della
figura; il metodo del C14
infatti permette di datare
solo materiali di origine
organica come ossa, legno,
fibre tessili, semi, carboni di
legno, escludendo quindi in
maniera categorica la pietra.
Senza ombra di dubbio
questa potrebbe essere una
notizia bomba, la famosa
"pistola fumante" che gli
ufologi tanto hanno cercato.
Una prova del genere
confermerebbe che il nostro
pianeta è stato visitato fin
dagli albori della vita e che
queste razze aliene
avrebbero potuto in qualche
modo influire sulla nostra
evoluzione.
Pitture rupestri in India
Questa notizia in qualche
modo mi ha riportato alla
scoperta in data 18 Febbraio
2010, da parte di un
archeologo indiano, tale
Wassim Khan e di altri suoi
colleghi, di uno "
straordinario " ritrovamento.
104
Il gruppo di archeologi che
ha collaborato con alcune
tribù di montagna residenti
in una remota zona
dell’India, rinvennero, in
alcune grotte, incredibili
disegni rupestri risalenti
all’epoca preistorica che
raffigurano presunti esseri
alieni, astronavi non
identificate, esseri umanoidi
vestiti con tute e scafandri,
vortici molto simili a "
wormhole " (varchi spazio
temporali) e i ben più
riconoscibili dischi volanti;
Wassim Khan ha
personalmente osservato i
dipinti e sostiene che gli
oggetti e le creature in essi
raffigurate sono del tutto
anomale e completamente
diverse da quelle disegnate
in altri dipinti scoperti
precedentemente e
raffiguranti la vita antica
nella zona. Egli ritiene che
queste pitture rappresentino
una sorta di “contatto”
avvenuto tra esseri di altri
pianeti e uomini della
preistoria, incontro che
avrebbe in qualche modo
influito in modo
fondamentale sullo sviluppo
della civiltà umana. Questa
ipotesi si riallaccia a quella
già postulata dalla
“paleoastronautica” o
paleoufologia, cioè
quell’insieme di teorie,
sviluppate a metà del
Novecento, che ipotizzano il
contatto preistorico tra razze
aliene e le più antiche
civiltà umane come quella
dei Sumeri, degli Egizi e
delle civiltà precolombiane.
Sicuramente la notizia, se
accertata, sarebbe di
estremo interesse per tutti
coloro, ricercatori e non,
che da tempo appoggiano la
non remota ipotesi delle
attività ufo e la presenza di
ufonauti già da migliaia di
anni su questo nostro
turbolento pianeta. (ndr –
Gianluca Rampini:
successivamente alla
stesura di questo articolo
sono emersi alcuni dati che
rendono dubbia
quantomeno l’antichità di
questi ritrovamenti.
Nessuno è riuscito a
reperire l’archeologo per
averne conferme, è possibile
che questi dipinti non siano
quindi antichi ma moderne
rappresentazioni che gli
aborigeni continuano a fare
ricordando il popolo delle
stelle. Il che, a nostro forse
confuta la notizia in sé, ma
conferma la consuetudine di
questo popolo con
potenziali visitatori dallo
spazio.).
105
C'è qualcuno sugli altri
pianeti?
Indipendentemente da ciò
che potrebbero raffigurare
queste incisioni e pitture,
altri mondi abitati
dovrebbero esistere, anche
perchè è una affermazione
di tipo scientifico e non
ufologica; la presunzione di
molti uomini è quella di
credersi gli unici abitanti
dell’universo, ma sono tante
le volte che abbiamo
percepito che non è così. Mi
auguro che queste scoperte
rendano l’uomo più umile
ed aperto a nuove possibilità
di vita. D’altronde, come
viene giustamente fatto
osservare nel film “Contact”
di Robert Zemeckis, “io
dico che se ci siamo solo
noi sarebbe uno spreco di
spazio!”
LA BUFALA
DEGLI
ASTRONAUTI
DELL’INDIA
(di Simone Barcelli) La notizia (bufala)
merita di essere nuavamente segnalata ai lettori (ne
avevamo già scritto in Tracce d’eternità nr.8 e nr.9).
Numerosi portali italiani hanno ripreso un articolo
pubblicato il 17 febbraio 2010 da Archeology Daily
News (www.archeologydaily.com) e da All News
Web (www.allnewsweb.com) in cui si dava conto
della scoperta di pitture rupestri preistoriche
all’interno di una grotta in una remota zona
dell’India (Hoshangabad, stato di Madhya Pradesh,
a 70 chilometri da Raisen). L’immagine, a prima
vista, è quella di un astronauta, di un disco volante
e di un emblematico oggetto, subito interpretato
come un buco nero dal quale sarebbero arrivati sul
nostro pianeta i presunti alieni. La scoperta, si
legge, è di un gruppo di antropologi; un archeologo
indiano, Wassim Khan, avrebbe sostenuto che
quanto disegnato è del tutto anomalo e comunque
discordante dall’arte rupestre preistorica che
rappresenta solitamente la vita quotidiana della
gente del posto. Questa notizia, così come proposta,
è un falso clamoroso. L’articolo non fa altro che
rimandare ad un sito indiano, il “Rajasthan Times”,
e sfido chiunque ad accertarne la veridicità. Del
fantomatico archeologo non c’è traccia.
L’immagine a corredo dell’articolo è una parte di
una rappresentazione recente proveniente dal
Kimberly Park: in questo parco ogni anno gli
aborigeni australiani ripropongono nuovi dipinti in
omaggio al popolo delle Stelle, raffigurando i
Wandjina, degli “esseri spirituali”. I dipinti sono
denominati Bradshaw Patings dal nome di Joseph
Bradshaw che per primo li scoprì nel 1891, nella
regione del Kimberley. L’immagine è visibile anche
nel video-documentario “Secret Space part 2″ di
Chris Everard, inserito su Youtube addirittura il 16
dicembre 2008, al seguente indirizzo
www.youtube.com/watch?v=qEi4gLHe5ws. A
questo punto non ci rimane che consigliarvi la
lettura propedeutica di un classico, "Astronavi sulla
Preistoria", di Peter Kolosimo, recentemente
ristampato da Mursia.