Rodolfo il Glabro e il diavolo

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Rodolfo il Glabro e il diavolo
Rodolfo il Glabro e il diavolo
Dunque proprio a me, non molto tempo fa, Dio ha voluto che un fatto simile capitasse
più volte. Al tempo in cui vivevo nel monastero del beato martire Leodegario, che
chiamano Champeaux, una notte, prima dell'ufficio di mattutino comparve davanti a
me ai piedi del mio letto una specie di nano orribile a vedersi. Egli era, per quanto
posso giudicare, di statura mediocre, con un collo gracile, un volto emaciato, occhi
nerissimi, la fronte rugosa e aggrinzata, il naso schiacciato, la bocca prominente, le
labbra tumide, il mento stretto e fuggente, una barba caprina, le orecchie pelose e
aguzze, i capelli irti e scomposti, denti di cane, il cranio appuntito, il petto gonfio, il
dorso gibboso, le natiche frementi, vesti sordide, accaldato per lo sforzo, tutto il corpo
chino in avanti. Egli afferrò l'estremità del materasso su cui riposavo, scotendo
terribilmente tutto il letto, e disse infine: «Tu non resterai più a lungo in questo
posto».
Io, spaventato, mi risveglio come di soprassalto e lo vedo quale l'ho appena descritto.
Lui intanto, digrignando i denti, continuava a ripetere: «Non resterai più a lungo qui»
Subito saltai dal letto, corsi all'oratorio e mi prostrai davanti all'altare del santissimo
padre Benedetto, al colmo del terrore; lì rimasi a lungo e richiamai febbrilmente alla
memoria tutte le mancanze e i peccati gravi che dagli anni giovanili avevo commesso
per indocilità o per negligenza; tanto più che le penitenze, accettate per amore o per
timore della divinità, si riducevano quasi a nulla. E così, oppresso dalla mia miseria e
dalla mia confusione, non avevo niente di meglio da dire che queste semplici parole:
«Signore Gesù, che sei venuto per salvare i peccatori, nella tua grande misericordia
abbi pietà di me».
Del resto, non mi vergogno di confessarlo, non solamente i miei genitori mi hanno
generato nel peccato, ma io stesso mi sono sempre mostrato difficile per i miei costumi
e insopportabile per i miei atti più di quanto saprei dire. Un monaco, che era mio zio,
mi distolse a forza dalle vanità perverse della vita secolares, che ricercavo più d'ogni
altro quando avevo appena dodici anni; indossai l'abito monacale, ma ahimè!,
cambiai solo di vestito e non di spirito. Nonostante tutti i caritatevoli consigli di
moderazione e di santità che mi davano i miei superiori ei miei fratelli spirituali,
gonfio di un orgoglio feroce che faceva al mio cuore uno spesso scudo, schiavo della
mia superbia, mi opponevo alla mia propria guarigione. Disobbediente ai fratelli più
anziani, importuno ai coetanei, gravoso ai più giovani, posso veramente dire che la
mia presenza era un peso per tutti, e la mia assenza un sollievo. Infine la mia condotta
convinse i fratelli del predetto monastero ad allontanarmi dalla loro comunità;
sapevano del resto che non avrei mancato di trovare asilo in un altro convento,
unicamente a causa delle mie conoscenze letterarie. Questo fatto si era già verificato
più volte. In seguito dunque, mentre mi trovavo nel monastero del santo martire
Benigno, a Digione, un diavolo molto simile, senza dubbio il medesimo, mi apparve
nel dormitorio dei fratelli. L 'aurora cominciava a spuntare quando uscì correndo dal
locale delle latrine gridando: «Dov'è il mio baccelliere? Dov'è il mio baccelliere?».
L'indomani, verso la stessa ora, un giovane fratello d'indole molto leggera, di nome
Teoderico, fuggì dal convento, lasciò l'abito e condusse per qualche tempo la vita del
secolo. Poi la contrizione s'impadronì del suo cuore e fece ritorno alle regole del santo
ordine.
La terza volta, fu quando risiedevo al convento della beata Maria sempre vergine,
detto Moutiers; una notte, mentre sonava il mattutino, stanco per non so quale lavoro,
non mi ero alzato come avrei dovuto al primo suono della campana; alcuni erano
rimasti con me, prigionieri di questa cattiva abitudine, mentre gli altri correvano in
chiesa. Gli ultimi erano appena usciti, quando lo stesso demonio salì sbuffando la
scala; e, con le mani dietro la schiena, appoggiato al muro, ripeteva due o tre volte:
«Sono io, sono io, che sto con quelli che rimangono».
A quella voce, alzando la testa, riconobbi colui che avevo già visto due volte. Ora, tre
giorni più tardi, uno di quei fratelli che, come ho detto, avevano preso l'abitudine di
restare a letto di nascosto, istigato da questo demonio, ebbe l'audacia di uscire dal
convento e restò fuori sei giorni a condurre nel secolo una vita disordinata: il settimo
giorno tuttavia ritornò pentito. È certo, come attesta san Gregorio, che se queste
apparizioni sono di danno agli uni, aiutano gli altri ad emendarsi; affinché questo mi
accada per la mia salvezza, spero che si preghi con buon esito, per il Signore Gesù
nostro Redentore.
Da Rodolfo il Glabro, Storie,in G. Duby, L 'Anno Mille, trad. it. di L. Zella, Torino,
Einaudi, 19772, pp. 111-13.
(Impariamo a commentare un documento)
COMMENTO
Questo documento è il resoconto dell’incontro del demonio con il monaco Rodolfo.
La prima di queste visite avvenne nel monastero di Champeaux, quando il diavolo apparve, durante
la notte, ai piedi del letto del monaco.
La descrizione che Rodolfo fa del maligno , è sicuramente terrificante “…Egli era, per quanto
posso giudicare, di statura mediocre, con un collo gracile, un volto emaciato, occhi nerissimi, la
fronte rugosa e aggrinzata, il naso schiacciato, la bocca prominente, le labbra tumide, il mento
stretto e fuggente, una barba caprina, le orecchie pelose e aguzze, i capelli irti e scomposti, denti
di cane, il cranio appuntito, il petto gonfio, il dorso gibboso, le natiche frementi, vesti sordide,
accaldato per lo sforzo, tutto il corpo chino in avanti….”
Tuttavia questa non fu la prima volta che egli lo incontrò; avvenne anche un paio di volte nel
monastero del Santo Martire Benigno, a Digione.
Tutte le apparizione avvennero alle prime luci dell’alba “… l 'aurora cominciava a spuntare
quando uscì correndo dal locale delle latrine gridando… prima dell'ufficio di mattutino
comparve davanti a me… mentre sonava il mattutino…”
Il diavolo, nel mostrarsi agli uomini, sembra preferire le prime ore dell’alba, quando il sonno ancora
annebbia la mente dei mortali. L’incontro è veramente terribile e spaventoso “Io, spaventato, mi
risveglio come di soprassalto…. Subito saltai dal letto, corsi all'oratorio e mi prostrai davanti
all'altare del santissimo padre Benedetto, al colmo del terrore…”
Rodolfo, come tutti i suoi contemporanei, pensava che il diavolo si manifestasse a causa dei suoi
peccati e quelli dei suoi genitori “Del resto, non mi vergogno di confessarlo, non solamente i miei
genitori mi hanno generato nel peccato, ma io stesso mi sono sempre mostrato difficile per i miei
costumi e insopportabile per i miei atti più di quanto saprei dire. Un monaco, che era mio zio, mi
distolse a forza dalle vanità perverse della vita secolares, che ricercavo più d'ogni altro quando
avevo appena dodici anni; indossai l'abito monacale, ma ahimè!, cambiai solo di vestito e non di
spirito. Nonostante tutti i caritatevoli consigli di moderazione e di santità che mi davano i miei
superiori ei miei fratelli spirituali, gonfio di un orgoglio feroce che faceva al mio cuore uno
spesso scudo, schiavo della mia superbia, mi opponevo alla mia propria guarigione.”
Per liberarsi dal maligno il monaco si rivolge a Dio e prega intensamente «Signore Gesù, che sei
venuto per salvare i peccatori, nella tua grande misericordia abbi pietà di me».
Egli è anche convinto che queste apparizioni possano avere un effetto benefico e salvifico sugli
uomini “È certo, come attesta san Gregorio, che se queste apparizioni sono di danno agli uni,
aiutano gli altri ad emendarsi; affinché questo mi accada per la mia salvezza, spero che si preghi
con buon esito, per il Signore Gesù nostro Redentore.”
Il diavolo era, ed è tuttora, il fustigatore dei peccati che cerca di allontanare gli uomini dalla fede
spaventandoli con terribili apparizioni e maligne intimidazioni.
Satana era visto come una figura legata a tutto ciò che era al di fuori della normalità; esso poteva
assumere diverse forme.
In questo brano viene rappresentato come un essere molto simile ad un fauno dalle piccole
dimensioni, con le orecchie a punta, gobbo, con lo sguardo maligno, ricoperto di peli e con la barba
da capra.