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23
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ANNO 4 - NUMERO 23 - FEBBRAIO / MARZO 2012
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
c come
Inserto Consorzio
Colline Teramane
Speciale Under 30
Fratelli Di Tillio
Una tutela per l’unica
Docg d’Abruzzo
I giovani ristoratori,
maîtres e produttori
abruzzesi
Cristian e Mirko stupiscono
a Civitella Casanova
Colline Teramane
l’unico Montepulciano
d’Abruzzo Garantito
A Nord del nostro bell’Abruzzo si estende per quasi
duemila chilometri quadrati la culla della cucina
regionale, la provincia di Teramo. Per la maggior
parte costituita da superficie collinare, la provincia di
Teramo non vanta solo l’aver visto nascere alcuni dei
piatti più imitati della cucina abruzzese, ma anche il
riconoscimento, nel 2003, dell’ambita docg per il
Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane. Cosa
significa? Che il Montepulciano d’Abruzzo prodotto nel
distretto delle Colline Teramane, e cioè da Controguerra
a Colonnella, da S. Omero ad Ancarano, da Notaresco a
Morro d’Oro e ad Atri ha una denominazione di origine
controllata e garantita, ascritta al territorio provinciale,
e che vede riunito nel Consorzio di Tutela delle Colline
Teramane il 90% della produzione totale di questa docg.
COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE / FOTO SPAZIODIPAOLO.IT
Veduta dell’Azienda Sanlorenzo / Castilenti
«Nel Consorzio di Tutela delle Colline Teramane
è riunito il 90% della produzione totale del
Montepulciano d’Abruzzo docg»
c come inserto / colline teramane
Oltre 73 consorziati per circa 35 etichette si radunano
Elementi salienti del disciplinare del docg Colline
infatti da dieci anni sotto il nome del Consorzio di
Teramane sono il divieto, per i nuovi impianti,
Tutela, con il primo fine di tutelare e garantire la
dell’allevamento
qualità di quella che ad oggi è l’unica docg esistente
vinificazione all’interno della zona di produzione,
in Abruzzo e che conta la produzione di quasi un
l’affinamento minimo di 6 mesi in legno e 6 mesi in
milione di bottiglie l’anno: un prodotto che per ora
bottiglia, e l’immissione sul mercato non prima di
è di nicchia, ma che ha enormi potenzialità per far
2 anni per il Montepulciano d’Abruzzo docg e di 3
innamorare chi dal Montepulciano doc è stato già
anni per la versione Riserva. Lungo in bocca, pieno
conquistato.
e vigoroso, ma morbido, rotondo e sontuoso allo
a
tendone,
l’obbligo
della
stesso tempo, il Montepulciano d’Abruzzo docg
«Il Montepulciano d’Abruzzo Colline
Teramane docg si presenta con la
concentrazione delle migliori qualità del
Montepulciano d’Abruzzo doc – spiega
il presidente del Consorzio, Alessandro
Nicodemi – ed è regolamentato da un
rigido disciplinare che noi del Consorzio
abbiamo reso ancora più severo in questi
anni. Una delle nostre prime azioni è stata
infatti quella di allinearci ai disciplinari
delle grandi docg italiane, quali il Chianti
Classico, il Barolo o il Brunello di
Montalcino, rapportando la resa (non
superiore ai 95 quintali) non più all’ettaro
ma al numero dei ceppi per ettaro».
Colline Teramane concentra e amplifica tutte le
qualità del Montepulciano d’Abruzzo doc.
Tutto il distretto delle Colline Teramane presenta
una particolare struttura del terreno e un microclima
favorevole che hanno favorito la produzione di
questo vino: un progetto di zonizzazione durato
tre anni e condotto dal Consorzio di Tutela
insieme all’Università di Teramo ha comprovato
scientificamente una vocazione
territoriale
vitivinicola di eccellenza. Il Montepulciano docg
Colline Teramane che viene prodotto si adatta bene
all’invecchiamento ed ha sensazioni organolettiche
peculiari: è di colore rosso rubino intenso, con lievi
sfumature violacee, profumo caratteristico, etereo,
intenso. Il sapore è asciutto, pieno, robusto ma
docg non va affatto a sostituire, ma solo ad affiancare
armonico e vellutato, i sentori sono quelli della frutta
ed arricchire».
rossa matura e delle spezie. Un grande vino che
trova ideale abbinamento con carni rosse grigliate,
L’impegno del Consorzio è diventare un vero
sughi importanti e formaggi stagionati.
modello di efficace opera di garanzia, tutela e
promozione soprattutto per tutti gli appassionati e
«Uno dei primari obiettivi del Consorzio
– continua Alessandro Nicodemi – non
è solo tutelare le aziende, i produttori
ed i viticoltori, ma tutti i consumatori
che vogliono apprezzare e sostenere
questo ambizioso percorso volto ad
esaltare le specificità e la riconoscibilità
dei nostri vini. Ecco perché i nostri interventi di
comunicazione sono sempre diretti ad un pubblico
mirato, come abbiamo fatto lo scorso gennaio
affiancandoci all’associazione Qualità Abruzzo in
un evento svoltosi in Val Badia, in occasione della
Chef’s Cup. Sono stati offerti in degustazione
i nostri vini ad ospiti selezionati e attenti, che
già conoscevano i nostri altri vitigni principi del
Teramano e dell’Abruzzo in generale: dalle doc
Montepulciano, Cerasuolo e Trebbiano d’Abruzzo,
al Controguerra doc e Pecorino igt. Un’offerta assai
vasta e di qualità che il Montepulciano d’Abruzzo
gli operatori del mondo del vino, ai quali il lavoro
L’appuntamento con tutti è
perciò al Vinitaly 2012, come di consueto nel
è rivolto.
padiglione Abruzzo, in attesa che la riconoscibilità
del marchio Colline Teramane, uno splendido Sole
ripreso dalla tradizione della ceramica di Castelli, si
consolidi e diventi sempre più spesso sinonimo di
garanzia, ma soprattutto di riconoscibilità di una
forte identità ed autenticità territoriale.
Veduta dell’Azienda Cerulli Spinozzi / Canzano
Veduta dell’Azienda Camillo Montori / Controguerra
8
MARCHE
6
18
5
COLONNELLA
MARTINSICURO
CONTROGUERRA
13 19 28 29
12
ANCARANO
S.EGIDIO
ALLA VIBRATA
CORROPOLI
20 21
11
TORTORETO
TORANO NUOVO
4 7 23 24
MARE
ADRIATICO
14 15
GIULIANOVA
LA
GA
BELLANTE
2
DE
LL
A
25
NEPEZZANO
16 27
M
ON
TI
22 31
NOTARESCO
TERAMO
ROSETO DEGLI ABRUZZI
17
MORRO D’ORO
10
CANZANO
PROVINCIA DI TERAMO
1
9
CASOLI DI ATRI
PINETO
ATRI 3
30
SILVI
CASTILENTI 26
PROVINCIA
DELL’ AQUILA
PROVINCIA DI TERAMO
PROVINCIA
DI PESCARA
MONTEPULCIANO D’ABRUZZO D.O.C.G.
1 Anfra / PINETO
2 Arte Vino / BELLANTE
17 Vini La Quercia / MORRO D’ORO
18 Azienda Vitivinicola Lepore / COLONNELLA
3 Azienda Agricola Ausonia / ATRI
4 Barone Cornacchia / TORANO NUOVO
19 Az. Agr. Lidia e Amato / CONTROGUERRA
20 Azienda Agricola Vinicola Marcocelli Giuseppe / CORROPOLI
5 Azienda Agricola Biagi / COLONNELLA
6 Cantina sociale Colonnella / COLONNELLA
21 Az. Agricola Camillo Montori / CORROPOLI
22 Fattoria Bruno Nicodemi / NOTARESCO
7 Cantine Torri / TORANO NUOVO
8 Casalìa Az.Agr. Edda Marozzi / MARTINSICURO
23 Azienda Agricola Bio “Emidio Pepe” / TORANO NUOVO
24 Azienda Agri-bio-vitivinicola Pepe Stefania / TORANO NUOVO
9 Az. Agricola Centorame / CASOLI DI ATRI
25 Procacci Francesco / NEPEZZANO
10 Cerulli Irelli Spinozzi / CANZANO
11 Società Agricola Collebello / TORTORETO
26 Azienda Agricola San Lorenzo / CASTILENTI
27 Azienda Agricola Orlandi Contucci Ponno / ROSETO
12 Cordoni Giuseppe / ANCARANO
28 Tenuta Torretta di Cori Biagio / CONTROGUERRA
13 Az. vitivinicola biologica De Angelis Corvi / CONTROGUERRA
29 Az. vitivinicola biologica De Angelis Corvi / CONTROGUERRA
14 I vini di Ferruccio / GIULIANOVA
30 Tenute Barone di Valforte / SILVI
15 Faraone Azienda Agricola / GIULIANOVA
31 Villa Cervia / NOTARESCO
16 Farnese Vini srl / ROSETO
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1
Anfra
Pineto, tel: (+39) 347.1154504 / anfra.it
La proprietà dove oggi sorge la cantina è stata acquistata nel 1968: subito dopo è iniziata la
piantumazione dei vigneti, le cui uve sono state per alcuni anni conferite alle cantine cooperative dei
dintorni. Nel 1997 è iniziata la vinificazione di uve Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo;
del 2002 è la loro prima bottiglia.La docg: “Reilla” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg.
Affina in barriques e bottiglia. Si narra che un grande guerriero longobardo al servizio di re Cuniperto
si ferì cadendo da cavallo alle sorgenti del Volturno, si sia curato con le acque e i fanghi di un rigagnolo
proveniente dalle sorgenti delle terre scavate di Atri (oggi calanchi) e abbia chiamato quel rigagnolo
“Res Illa”: “quella cosa” che l’aveva guarito. Il rigagnolo ancora oggi porta il nome di Reilla.
2
Arte Vino
Bellante, tel: (+39) 0861.610749 7 / www.artevinodibonaventura.it
L’azienda è nata nel 2001 e si estende per 36 ettari di cui circa 6 ettari di vigneto, in cui sono coltivati
Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano d’Abruzzo.
La docg: “Don Mimì” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Per la sua produzione
sono coltivati 2 ettari a spalliera. Prodotto con il 100% di uve Montepulciano raccolte a mano, viene
fatto fermentare in vasche di acciaio a temperatura controllata. Affinato in barriques per 12 mesi e
successivamente in bottiglia per 6 mesi.
3
Azienda Agricola Ausonia
Atri, tel: (+39) 340.2329860 / www.ausoniavini.it
Nasce nel 2005 come azienda viticola, dopo circa cinque anni viene realizzata anche la Cantina:
del 2011 è la prima vinificazione. L’azienda si trova nel Comune di Atri, a circa 300 metri s.l.m.; ha
un’estensione di 20 ettari, con 10 ettari di vite così suddivisa: 2,5 ha Pecorino, 3 ettari Trebbiano, 4,5
ettari Montepulciano, di cui 1 ettaro destinato a D.O.C.G. In lavorazione, la prima bottiglia uscirà
nel 2013, dopo un affinamento in botte grande e bottiglia.
4
Barone Cornacchia
Torano Nuovo, tel: (+39) 0861.887412 / www.baronecornacchia.it
Le proprietà dell’azienda agricola Barone Cornacchia sono quanto resta di vasti feudi originariamente
concessi dal Re di Napoli alla famiglia Cornacchia, insieme al titolo baronale, intorno a i primi anni
del 1500. L’azienda consta di 60 ettari, di cui 42 a vigneto. I vitigni principali sono Montepulciano
d’Abruzzo doc, Trebbiano d’Abruzzo doc, Passerina, Pecorino, Cabernet e Merlot.
La docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Vizzarro”. Il suo nome viene dal’antenato
Barone Filippo Maria Vizzaro Cornacchia, che per primo, agli inizi del 1900, introdusse il
Montepulciano nei vigneti. Doppio passaggio: botti grandi da 30 HL di rovere di Slavonia e
in barriques in rovere americano per 3 anni. Criomacerazione per 7 gg. Tipicità del vitigno di
provenienza.
c come inserto / colline teramane
5
Azienda Agricola Biagi
Colonnella, tel: (+39) 0861/714066 / www.aziendaagricolabiagi.it
Il percorso lavorativo dell’Azienda Agricola Biagi affonda le sue radici da oltre mezzo secolo,
delineando così un quadro storico che parte già dalla passione familiare. L’interesse di fare il buon
vino è nato da nonno Giovanni Biagi, che circa negli anni 40 amava farlo con tecniche tradizionali.
A trainare la sua immagine è stato il figlio Mariano. Nel 2006 gli eredi fratelli Fabrizio e Luca Biagi
uno specializzato in frutticoltura e l’altro in enologia, hanno realizzato una nuova struttura. Oggi
l’azienda conta 30 ettari totali di cui 20 di vigneto con Trebbiano d’Abruzzo, Montepulciano
d’Abruzzo, Passerina e pecorino e 1 ettaro a Montepulciano docg colline Teramane
La docg: “Matteobiagi”: affinamento per 2 anni in piccole botti da 225 lt. di rovere francese e 6
mesi in bottiglia.
6
Cantina sociale Colonnella
Colonnella, tel: (+39) 0861/714777 / www.cantinacolonnella.it
Nel 1971, per opera di un piccolo gruppo di coltivatori, nasce la Cantina Sociale Colonnella, che oggi
è una realtà con più di 300 soci che le conferiscono uve provenienti da circa 400 ettari sulle dolci e
assolate colline della Val Vibrata. I vitigni sono quelli classici del Trebbiano e del Montepulciano
d’Abruzzo, della Passerina e della Malvasia, ai quali si sono aggiunti i vigneti a bacca rossa di Merlot,
Cabertnet Sauvignon e Pinot nero e quelli a bacca bianca di Chardonnay e Riesling.
La docg: “Barocco” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. Tremila ceppi per
ettaro, resa per ettaro 95 quintali (allevamento a spalliera). Vinificazione con macerazione della vinaccia
di 7/8 gg per l’estrazione dei polifenoli; separazione del mosto fiore del torchiato; fermentazione a
temperatura controllata e separazione statica della feccia con frequenti travasi durante il periodo
invernale e primaverile. Invecchiamento 3 anni presso il produttore, durante i quali deve passare un
anno in botti di rovere e sei mesi in bottiglia.
7
Cantine Torri
Torano Nuovo, Tel/fax: (+39) 0861/887818 / www.cantinetorri.it
I vigneti della Cantina Torri, attiva dal 1966, si estendono per 60 ettari nei comuni di Colonnella,
Controguerra, Torano ed Ancarano, dai 100 ai 300 metri sul livello del mare. I suoi vigneti identificano
un’infinita varietà di profumi. Le docg: “Paride Riserva 2004” Montepulciano d’Abruzzo Colline
Teramane docg e “Priapo 2004” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Maturano per
2 anni in botti di rovere e poi vengono affinati in bottiglia almeno 6 mesi. Hanno un colore rosso
rubino, intenso con riflessi granato con l’invecchiamento. Al naso risultano floreali e fruttati oltre che
speziato. Si abbina con i classici piatti ricchi di sapori e condimenti della cucina abruzzese e con tutte
le carni rosse, di agnello, capretto, cacciagione e grigliate. Servire a temperatura ambiente.
8
Casalìa Az.Agr. Edda Marozzi
Martinsicuro, tel: (+39) 0861/797782 / www.prodottibiologicicasalia.it
L’azienda conta 21 ettari, di cui 3,50 a vigneto e 0,50 a docg. È nata nel 1945 ed è coltivata in biologico
da oltre 15 anni. Il punto vendita e la cantina sono stati di recente ristrutturati secondo i principi di
casaclima, ossia autonomi grazie all’uso di energie rinnovabili.
La docg: “M.A.N.” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Le rese per ettaro sono
inferiori rispetto al disciplinare di produzione, la fermentazione è in acciaio a temperatura controllata,
invecchiamento in tonneau per 12-14 mesi, affinamento in acciaio e poi bottiglia per ulteriori 12 mesi
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9
Azienda Agricola Centorame
Casoli di Atri, tel/fax: (+39) 085/8709115 / www.centorame.it
Nasce nel 1987 come azienda agricola e del 2002 è il primo anno di produzione con il subentro del
figlio. Vannucci Lamberto. Conta 20 ettari di coltivazione, di cui 10 a vigneto di Montepulciano e
Trebbiano d’Abruzzo e Pecorino, e 3 coltivati a docg.
La docg: “Castellum Vetus” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Affinato per 15 mesi
in barrique e un anno in bottiglia. Fermentazione in acciaio e lunga macerazione delle bucce 40
giorni. Barrique di legni francesi di primo e secondo passaggio.
10
Cerulli Irelli Spinozzi
Canzano, tel: (+39) 0861/57193 / www.cerullispinozzi.it
L’azienda è la fusione tra due antiche proprietà: quella della famiglia Spinozzi, di ceppo feudale, e quella
della famiglia Cerulli Irelli, i cui vini furono offerti al banchetto in onore del re Vittorio Emanuele II al
tempo dell’Unità d’Italia. Il rapporto strettissimo con il territorio si riflette nelle tre doc Montepulciano
d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo e Montepulciano Cerasuolo d’Abruzzo, più lo Chardonnay e la Riserva
di Montepulciano d’Abruzzo “Colline teramane” docg. Dagli anni ‘80 l’azienda produce unicamente con
metodo biologico. La docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Torre Migliori“. Dopo
un’accurata selezione in vigna dei grappoli migliori, le uve destinate a questo vino di pregio vengono
trasportate in cantina in piccoli carri e pigiate sofficemente. La fermentazione avviene in acciaio a
temperatura controllata: il mosto resta con le bucce per 15-20 giorni. A marzo viene trasferito in botti di
rovere francese da 500 litri (vicard, treuil) e botti tonde di tradizione italiana da 15 e 25 hl dove matura per
12 mesi. Imbottigliato, resta in affinamento per almeno sei mesi.
11
Società Agricola Collebello
Tortoreto, tel: (+39) 0861/501032 / www.cantinemarano.it
L’azienda è nata nel 1976 e dal 2006 vinifica ed imbottiglia in proprio con la coltivazione biologica
delle uve dal 2000. La Tenuta è situata sulla colline di Tortoreto e si estende per circa 22 ettari, di cui
oltre 18 di superficie vitata con spiccata prevalenza del Montepulciano (circa 9 ettari), Montepulciano
d’Abruzzo Colline Teramane docg (3 ettari) con la coltivazione del Trebbiano (circa 3 ettari) del
Pecorino (circa 1 ettaro) ed altri. La docg: “Polifemo” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane
docg. Macerazione in vinificatori di acciaio di piccole dimensioni per una durata di 14/16 giorni con
rimontaggi programmati del mosto; la fermentazione alcolica ha una durata di 8/10 giorni ed avviene
ad una temperatura controllata di 28 °. Dopo la fermentazione il vino riposa per almeno 18 mesi in
barrique di rovere francese.
12
Cordoni Giuseppe
Ancarano, tel/fax: (+39) 0861/86186 / www.vinicordoni.it
Nata nel 1960, l’azienda Cordoni da tre generazioni coltiva con passione la propria terra (circa 15
ettari) sempre nel rispetto della tradizione. Tra gli 8 ettari di vigneto si riconoscono solo vitigni
autoctoni quali Trebbiano, Pecorino e Montepulciano d’Abruzzo (docg circa 1 ettaro).
La docg: “Pregio” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. Le uve Montepulciano,
sapientemente coltivate, conferiscono al “Pregio” una sua naturale austerità; la maturazione in legno
e l’affinamento in vetro fanno il resto. Un bouquet intrigante, complesso, persistente per un vino che
sa essere potente senza essere invadente.
c come inserto / colline teramane
13
Azienda vitivinicola biologica De Angelis Corvi
Controguerra, tel: (+39) 0861/89475 / www.deangeliscorvi.it
La famiglia De Angelis Corvi ha sempre avuto tradizioni vitivinicole e già negli anni ‘60 produceva
e imbottigliava vino nella cantina di Ascoli Piceno. Nel 2002 Corrado De Angelis Corvi ha voluto
rinnovare le tradizioni vitivinicole della sua famiglia realizzando con scelte coraggiose e innovative la
cantina annessa al vecchio fabbricato rurale che oggi è sede dell’azienda, grande circa 15 ettari di cui
8 coltivati a vigneto. La docg: “Elevito” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva.
Per produrre il Montepulciano docg vengono utilizzate le uve provenienti dal vigneto impiantato,
recuperando il clone di un vecchio vigneto di Montepulciano per mantenere le caratteristiche e le
tipicità del territorio, con successivo affinamento in barriques di rovere francese.
14
I vini di Ferruccio
Giulianova, ivinidiferruccio.wordpress.com
Nell’agro del comune di Giulianova, in Abruzzo, in un territorio ad alta vocazione vitivinicola, la
famiglia Di Giovanpietro da diverse generazioni si dedica alla coltivazione della vite ed alla produzione
di vini (Montepulciano, Trebbiano, Passerina e Pecorino).
La docg: “Cardinale” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Le uve del vitigno
Montepulciano d’Abruzzo coltivate all’interno di un’area ristretta della nostra azienda, in vigneti a
bassa resa e seguendo il percorso dell’agricoltura biologica danno vita a questo vino. L’affinamento
viene effettuato in grandi botti di rovere prima e in bottiglie poi.
15
Faraone Azienda Agricola
Giulianova, tel: (+39) 085/8071804 www.faraonevini.it
Anno primo imbottigliamento - 1970.
Su nove ettari interamente di proprietà si coltivano Montepulciano, Sangiovese, Passerina e Pecorino
uve esclusivamente autoctone.
La docg: “Santa Maria dell’Arco“ Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. La docg è
coltivata su 1,5 ettari. Il vino è fermentato in recipienti di acciaio, passa in botti di legno da 30.00
ettolitri la primavera successiva per un periodo di affinamento di 4/5 anni.
16
Farnese Vini srl
Ortona, tel: (+39) 085/9067388 / www.farnesevini.com
Nel maggio 2003 sono stati rilevati gli impianti della gloriosa cantina Casal Thaulero (fondata nel 1994),
dislocati su oltre 50.000 metri quadri di cui 13.000 coperti. Questa è diventata la centrale operativa
delle vinificazioni di qualità di Farnese Vini, situata nel cuore della zona di produzione della nuova
denominazione “Colline Teramane”. Dalla vendemmia 2004 sono entrate in funzione le nuovissime
linee di vinificazione; per le fasi di invecchiamento ci sono oltre 1700 barriques di pregiati legni francesi
o americani che vengono usate al massimo per 3 anni, e 50 botti di rovere di Slavonia da 25 o 50 hl. Le
docg: “Farnese” Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane docg e “Opi” Montepulciano d’Abruzzo
Colline Teramane docg Riserva. Vinificazione di “Farnese”: pigiodiraspatura soffice, macerazionefermentazione per 20 giorni. Invecchiamento in botti di legno di grosse dimensioni (50 hl) per oltre un
anno e affinamento in bottiglia per 6 mesi. Vinificazione di “Opi”: pigiodiraspatura soffice, macerazionefermentazione per 25 giorni. Fermentazione malolattica in barrique e affinamento per 24 mesi.
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17
Vini La Quercia
Morro d’Oro, tel: (+39) 085/8959110 / www.vinilaquercia.it
Fondata nel 1968 da un precedente proprietario, l’azienda agricola La Quercia è stata rilevata da
quattro giovani soci, di cui un enologo ed un enotecnico. Oggi coltiva circa 15 ettari di vigneto, di
cui più di 6 a docg Colline Teramane. Pur essendo un’azienda di piccole dimensioni, esporta i suoi
vini in tutto il mondo. Le docg: “Primamadre” Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane docg e
“Mastrobono” Montepulciano D’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva. “Primamadre”: tre anni
di invecchiamento, di cui 1 in botti di legno e oltre 6 mesi di affinamento in bottiglia. “Mastrobono”:
tre anni di invecchiamento, di cui 2 in botti di legno e oltre 6 mesi di affinamento in bottiglia.
18
Azienda Vitivinicola Lepore
Colonnella, tel/fax: (+39) 0861/70860 / www.vinilepore.it
L’azienda Vitivinicola Lepore, fondata nel 1992, lavora su 43 ettari di vigenti di proprietà di Montepulciano
d’Abruzzo, Trebbiano d’Abruzzo e Passerina. La produzione è completamente registrata a Doc. e docg
e comprende Montepulciano d’Abruzzo D.O.C. e docg, delle Colline Teramane in diverse Riserve,
Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo doc, Trebbiano d’Abruzzo doc e Controguerra Passerina doc. Le
docg: “Re” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg e “Riserva Luigi Lepore” Montepulciano
d’Abruzzo Colline Teramane DOCG. Il “Re” fermenta nei tini di legno e passa successivamente per 1215 mesi nelle nuove barrique francesi di rovere, viene imbottigliato e resta in bottiglia per l’affinamento
per altri 12 mesi. Anche la “Riserva Luigi Lepore” fermenta nei tini di legno, ma poi passa nelle grandi
botti di rovere austriaca da 50 hl per minimo 24 mesi: solo alla fine di questo processo si imbottiglia e si
lascia ad affinare per minimo 12 mesi in bottiglia.
19
Az. Agr. Lidia e Amato
Controguerra, tel: (+39) 0861/817014 / www.lidiaeamatoviticoltori.com
L’azienda nasce nel 2005, però ha vigne di Montepulciano d’Abruzzo di 45 anni con un clono
antico (Montepulcianino) conservato di generazione in generazione. Come il vecchio motto: il
futuro ha radici antiche. Gli ettari vitati sono 13: Pecorino (1,5), Passerina (1,70), Trebbiano (3,50),
Montepulciano d’Abruzzo (2,70), Controguerra rosso (1,1).
Le docg: “Riccardo” Montepulciano Colline Teramane docg e “Amato” Montepulciano Colline
Teramane docg Riserva. Il Montepulciano d’Abruzzo docg è coltivato su 2 ettari e mezzo. La docg
“Riccardo” ha 18 mesi di affinamento in botte di rovere di Slavonia da 25 hl e barrique. La docg riserva
“Amato” ha un ulteriore affinamento di 12 mesi in tonneau da 5 hl.
20
Azienda Agricola Vinicola Marcocelli Giuseppe
Corropoli, tel. e fax: (+39) 0861/82958 / www.marcocelli.it
L’azienda è stata fondata negli anni ‘30 dai nonni paterni con produzione di olio; nel 1970 passa ai
genitori di Giuseppe che producono uva, frutta e olio. Dal 1996 passa alla guida il giovane Giuseppe,
che apre al pubblico la vendita dei vini. Oggi sono coltivati in totale 13 ettari, tra cui 6 ettari a vigneto, i
restanti coltivati con frutta, venduta direttamente in azienda. Il vitigno principale è il Montepulciano,
tra cui il Montepulciano Colline Teramane docg (2 ettari).
La docg: “Conte Ripoli” Montepulciano d’Abruzzo docg Colline Teramane. Viene fermentato
in botti d’acciaio, invecchiato in botti da 30 hl di rovere di Slavonia per almeno 1 anno. Dopo un
affinamento di 6 mesi in bottiglia viene commercializzato in Italia, Europa e Cina.
c come inserto / colline teramane
21
Az. Agricola Camillo Montori
Corropoli, tel: (+39) 0861 809900 / www.montorivini.it
L’Azienda Montori è stata fondata nel 1960 e attualmente conta in totale circa 80 ha, di cui 50 ha
coltivati esclusivamente a vigneto. Attualmente i vini docg vengono prodotti da vecchi vigneti con
sistema di allevamento ad alberello posti nella zona di Controguerra.
La docg: “Fonte cupa” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg Riserva 2006. Vino
rappresentativo dell’Azienda Montori. Fermentazione con macerazione delle bucce per 10-15 giorni
ad una temperatura di 20-30 °C. Svinatura e maturazione in acciaio. Invecchiamento in botti di rovere
da 20 e 30 hl per 30 mesi. Affinamento in bottiglia per 6 mesi.
22
Fattoria Bruno Nicodemi
Notaresco, tel: (+39) 085/895 493 / www.nicodemi.com
Nel 1970 Bruno Nicodemi avvia alla viticultura di qualità i terreni di proprietà di famiglia da più
generazioni. I figli Elena ed Alessandro dal 2000 conducono l’azienda sulle linee tracciate dal padre.
Oggi i 30 ettari coltivati a vigneto appartengono alle zone della docg Montepulciano d’Abruzzo
Colline Teramane, della doc Montepulciano d’Abruzzo e della doc Trebbiano d’Abruzzo.
La docg: “Notàri” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg. Nasce dall’esperienza di
ricerca e da una particolare selezione di uve Montepulciano: le uve sono selezionate da tre poderi
con diverse giaciture, esposizioni ed età dei vigneti (25-30 anni). Più unici che rari, i cloni di queste
vecchie vigne non sono più reperibili sul mercato. Prodotto per la prima volta con l’annata 2003, viene
fermentato in acciaio e affinato in barrique e tonneaux per 12 mesi, poi prosegue il suo l’affinamento in
bottiglia per 6 mesi prima della messa sul mercato.
23
Azienda Agricola Bio “Emidio Pepe”
Torano Nuovo, tel: (+39) 0861/856493 / www.emidiopepe.com
Nata nel 1899 per iniziativa di Emidio Pepe, nonno dell’attuale Emidio l’azienda agricola
Bio “Emidio Pepe” è stata una delle prime aziende in regione a credere nelle potenzialità del
Montepulciano d’Abruzzo. Le successive 5 generazioni hanno lavorato con passione e le ultime 3
lavorano oggi in collaborazione nei diversi settori dell’azienda, che produce vino di qualità nei suoi
12 ettari di Trebbiano, Montepulciano e Pecorino. Con l’esperienza cinquantennale di Emidio Pepe,
nutrimento e lavorazione del terreno e potatura seguono scrupolosamente e da sempre le tecniche
genuine dell’agricoltura Biologica e Biodinamica. Si passa alla maturazione in vasche di cemento e
imbottigliamento a mano, mentre la docg rimane per qualche tempo nel legno.
24
Azienda Agri-bio-vitivinicola Pepe Stefania
Torano Nuovo, tel: (+39) 0861/752022, 348/3933129 / www.montepulcianodabruzzo.it
La storia di Stefania inizia già nel 1970, quando a cinque anni voleva pigiare da sola l’uva nella Cantina
del padre Emidio. Del 1993 è il suo primo vino, del 2006 la prima Cantina biodinamica. Si tratta di
9 ettari e mezzo in totale, tutti coltivati secondo i metodi biologici certificati, di cui 5 ettari e mezzo
a vigneto specializzato, 2 ettari e mezzo coltivati secondo metodi biodinamici biologici certificati ed
mezzo ettaro coltivato a docg secondo metodi biodinamici certificati biologici. Nell’ettaro rimanente
ci sono un lago ed un bosco.
La docg: “Pepe nero”. Da vigne coltivate secondo metodi biodinamici. Uve diraspate a mano,
fermentazione in tini di legno, affinamento in cemento. Nessuna aggiunta di lieviti o di solforosa.
c come inserto / colline teramane
25
Procacci Francesco
Nepezzano, tel: (+39) 328/9310763 / [email protected]
Nata nel 1971, l’azienda conta complessivamente 21 ettari di terreni, con 12 ettari coltivati a
vigneto di cui 4 di Trebbiano d’Abruzzo e 8 di Montepulciano d’Abruzzo, con 4 ettari e mezzo
iscritti all’albo docg. La docg: “Monte Jeno” Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg.
Vigneti coltivati, nella classica e tradizionale pergola abruzzese, sulle colline di Teramo a 250 sul
livello del mare a metà tra Mar Adriatico e Gran Sasso. Affinamento in rovere.
26
Azienda Agricola San Lorenzo
Castilenti, tel: (+39) 0861/999325 – 0861/998542 / www.sanlorenzovini.com
La storia della San Lorenzo Vini ha radici antiche: risalgono al lontano 1890 le attestate testimonianze
della dedizione della famiglia alla viticoltura. L’azienda esiste dal 1997: i vigneti si estendono su di una
superficie di 150 ettari sul territorio docg e vede coltivati molti vitigni: Montepulciano e Trebbiano
d’Abruzzo, Pecorino, Passerina, Montonico, Moscatello di Castiglione, Sauvignon, Cabernet,
Chardonnay, Vermentino, Merlot.
La docg: Montepulciano d’Abruzzo docg “Escol” Colline Teramane - Riserva 2007. Vinificazione:
pigiatura, lunga macerazione sulle bucce a bassa temperatura, pressatura soffice. Maturazione 24 mesi
in barrique nuove francesi. Affinamento 12 mesi in bottiglia negli appositi locali climatizzati.
27
Azienda vitivinicola Strappelli Guido
Torano Nuovo, tel: (+39) 0861/887402 / www.cantinastrappelli.it
Di proprietà della famiglia Strappelli da generazioni, nel 1990 è stata interamente convertita da
Guido Strappelli in coltivazione biologica. L’azienda si sviluppa su dieci ettari di terreno interamente
coltivati a vigneto e può contare su una cantina altamente tecnologia, dove Guido Strappelli ha
coniugato la moderna concezione di lavorazione con lo spirito dell’antica tradizione. Le docg: “Celibe”
Montepulciano d’Abruzzo docg Riserva e “Colle Tra’” Montepulciano d’Abruzzo docg. “Celibe”
viene dalla raccolta manuale con selezione di grappoli, fermentazione e macerazione per 13-14 gg a
temperatura controllata, affinamento in piccole botti di rovere francese per un periodo di 24-30 mesi,
successivo affinamento in bottiglia. “Colle Tra” viene da raccolta manuale con selezione di grappoli,
fermentazione e macerazione per 13-14 giorni a temperatura controllata, affinamento in piccole botti
di rovere Slavonia da 15 ettolitri per un periodo di 12/18 mesi, successivo affinamento in bottiglia.
28
Azienda Agricola Orlandi Contucci Ponno
Roseto, tel: (+39) 085/8944049 / www.orlandicontucci.com
Acquistata nel 1796 ha sempre svolto attività agricola. Nel 1968 fu trasformata - con il passaggio da
conduzione a mezzadria a diretta – con la destinazione di 40 ettari a vigneto, oggi diventati 30. Situata
sulle prime colline di Montepagano, l’azienda gode di un ottima esposizione e di terreni alluvionali di
medio impasto argillo - calcareo con substrato ghiaioso, particolarmente vocati alla coltivazione della
vite. Gli ettari destinati al Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg sono 6.
La docg: Il rispetto del disciplinare impone rigore e grande attenzione sia nella gestione dei vigneti che
nella lavorazione dei vini. Le raccolte come le fermentazioni si differenziano tra la parte destinata alla
produzione della docg “La Regia Specula” e la Riserva Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane
docg. L’uso dei legni ha l’obiettivo di affinare i tannini potenti di questo importante vitigno.
c come inserto / colline teramane
29
Tenuta Torretta di Cori Biagio
Controguerra, tel: (+39) 0861/89304 / www.tenutatorretta.com
L’azienda è da generazioni proprietà di famiglia: già nel 1978 produceva uve destinate al mercato
del Nord e locale. Nel 2006, per volontà delle nuove generazioni, si è passati all’imbottigliamento.
L’azienda è sita tra il comune di Controguerra e Torano Nuovo, comprende 20 ettari di terreno
di cui 5 coltivati a vigneto, delle varietà Montepulciano e Trebbiano d’Abruzzo doc, Chardonay
Controguerra doc. La coltivazione a docg è di 1 ettaro. La docg: “Colle Forca” Montepulciano
d’Abruzzo docg Colline Teramane. Uve da agricoltura biologica, provenienti da vigneti trentennali,
fermentazione in acciaio a temperatura controllate, invecchiato in tonneau di rovere francese per
minimo un anno oltre a minimo due anni di affinamento in bottiglia.
30
Tenute Barone di Valforte
Silvi, tel/fax: (+39) 085/9353432 / www.baronedivalforte.it
La famiglia Sorricchio è proprietaria del feudo baronale di Valforte sin dal XIV secolo. L’azienda
si estende su una superficie vitata di 500 ettari in vari comuni del Teramano. Le varietà coltivate:
Montepulciano d’Abruzzo doc e docg, Trebbiano d’Abruzzo, Pecorino, Passerina igp.
La docg: Montepulciano d’Abruzzo Colline Teramane docg “Colle Sale”. Vinificazione:
macerazione sulle bucce 20—25 giorni, affinamento in barriques.
31
Villa Cervia
Notaresco, tel: (+39) 085/898894 / www.villacervia.it
La società nasce nel 1989 dalla determinazione dell’enologo Rino Moretti. Forte di un’esperienza nel
campo vinicolo risalente ai primi anni ‘60, dove lo troviamo tra i fondatori della Casal Thaulero, la
prima azienda vinicola abruzzese a commercializzare il vino in formato 750ml. Nei primi anni 2000
il genero di Rino Moretti, Albano Andrea Cianelli, rileva l’azienda. A lui va riconosciuto il merito di
mantenere un equilibrio armonico tra i tanti segreti enologici rivelati dall’esperto suocero e l’apporto
di nuove tecnologie e pretenziose strategie di mercato.
La docg: Montepulciano D’abruzzo Colline Teramane Riserva docg (vendemmie 2003 e 2005) –
Rocca dei Bottari. Il vino trova la sua caratterizzazione nelle tonalità di colore rubino intenso e nei
profumi che ricordano la frutta fresca, come l’amarena e la liquirizia che si riscoprono al palato con un
gusto persistente, armonicamente tannico e morbido con leggero sentore di botte. L’abbinamento
perfetto è con i piatti importanti, dai condimenti elaborati alla selvaggina fino alle carni alla griglia.
23
comeMagazine
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
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abruzzese a distribuzione gratuita. Registrazione presso il
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Mario Sabatini. Si ringraziano per la gentile concessione:
Alessandro Castiglioni, Alfonso Di Ottavio, Mario Di Paolo,
Simone Malandra, Emilio Totaro, l’Unione cuochi abruzzesi,
Ekk Ristorante di Gabriele Marrangoni, Ristorante Sapò,
associazione Qualità Abruzzo. Foto copertina: Mario Di Paolo
>> Per il numero 23 di C come magazine
hanno pazientato, ascoltato, osservato, centellinato, ponderato,
selezionato, sgobbato insieme a noi Monica Andreucci, Roberto
Ardizzi, Anna Chiara Lo Russo, Nadia Miriello, Marcella Pace,
Ludovica Persichitti, e i cuochi Ernesto Cinalli, Cristian Di Tillio,
Lorenzo Pace, Marcello e Pietro Perpetuini
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c comeMagazine Sommario
Inserto Colline Teramane DOCG
c come rubriche
05 Editoriale / 07 Informazione / 08 Fotoreportage / 12 Food Design
14 Packaging / 58 Ricette / 61 Libro / 62 News / 64 Controeditoriale
c come speciale under trenta
26 Ristoratori / 36 Maîtres / 40 Produttori
c come vi consigliamo
10 Le novità di Ekk Ristorante / 16 Da Sapò un omaggio all’Adriatico
18 Fattoria La Valentina
c come abruzzo
22 Fratelli Di Tillio / 52 Treni
PAG 3 / SOMMARIO
PA S S I O N E
I TA L I A N A
Fabbrica Sedie, Tavoli e Sofà
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c come editoriale
DI CRISTINA MOSCA - DIRETTORE RESPONSABILE C COME MAGAZINE
L’attesa
premia sempre
Sono sempre stata in piena sintonia con il famoso aforisma
di Gotthold Ephraim Lessing, secondo cui “L’attesa del
piacere è essa stessa piacere”. Nessun’altra espressione si
dimostrerebbe più esatta per il numero di febbraio-marzo
di C come magazine, che per disagi da neve e motivi
vari si ritrova ad uscire a marzo, con un po’ di ritardo
sulla tabella di marcia. Il motivo principale di questa
tempistica diversa dal solito nei tempi di maturazione
(ricordiamo sempre che siamo un prodotto artigianale,
che fa il suo personale percorso di preparazione) è la scelta
di rifare il look della nostra rivista: un restyling elegante
e appropriato, realizzato sotto la direzione artistica di
Mario Di Paolo, che in termini di food style ha parecchio
da raccontare.
Noi lo siamo stati ad ascoltare a bocca aperta e siamo
stati felici di affidargli questa nostra/vostra creatura:
come potete constatare, l’abbiamo messa in ottime mani.
In virtù di questo restyling abbiamo anche cercato
di rendere giustizia ai talenti che animano il nostro
territorio: in uno Speciale Under 30 mai intrapreso
prima, ci avventuriamo nel raccontarvi alcuni dei giovani
che rendono più ricco e più bello il nostro territorio,
dedicandosi a preparare, cucinare o servire i nostri
prodotti, o addirittura a rappresentarli fuori regione, senza
temere sacrifici, orari difficili e mal di schiena. Abbiamo
voluto fare una sorta di censimento per guardare più da
vicino chi conoscevamo già (ossia la maggior parte degli
intervistati) e capire meglio le motivazioni di chi abbiamo
frequentato un po’ meno. L’operazione è stata ambiziosa
e sarà da riprendere in seconda battuta, perché abbiamo
avuto la conferma che le ultime generazioni vogliono da
un lato riappropriarsi del territorio, e dall’altro proseguire
quanto di buono è stato già fatto. I nostri giovani legati
al mondo dell’enogastronomia sono tantissimi, e in uno
Speciale solo non ci stanno. Dedichiamo questo speciale
a Sebastiano Nino Salvatore, in un modo tutto nostro.
In quest’aria che dopo tanta neve si è fatta di colpo
primaverile, vi ricordiamo inoltre quanto sia affascinante
l’interminabile tratta di treno che da Pescara porta a
Roma, e vi parliamo dell’unica Docg che abbiamo in
regione tramite un inserto speciale dedicato al Consorzio
di Tutela Montepulciano d’Abruzzo Docg Colline
Teramane, per finire conuna chiacchierata con il consueto
chef di nostra scelta, che per questo numero è Cristian
Di Tillio, di Civitella Casanova …Avete visto che l’attesa
premia sempre?
«In questo numero ci avventuriamo in uno Speciale
Under 30 che dedichiamo a Sebastiano Nino
Salvatore, collega editore e piacevole commensale
inaspettatamente scomparso all’inizio di febbraio»
PAG 5 / C COME EDITORIALE
c come informazione
DI ROBERTO ARDIZZI, CONSULENTE SGQ
Bed and Breakfast,
il trend è costante
Nell’ultimo quinquennio c’è una forma di turismo che si
sta imponendo sempre di più nel panorama nazionale:
quella che fa capo ai Bed & Breakfast. Crisi ripetute,
mutate esigenze dei viaggiatori e modifiche nei segmenti
appetibili per gli imprenditori del settore hanno portato
ad un crescente interesse in questa tipologia di ricettività.
Anche i numeri su scala nazionale segnano chiaramente
questo trend: secondo il più recente dato pubblicato
dall’Istat, risalente al 2009, il numero dei B&B in
Italia ammonta a 20.437 unità. Più di un terzo di loro
si distribuisce tra Nord e Centro Italia; la percentuale
rimanente si trova al Sud e nelle Isole. Il confronto con
lo studio del 2007 evidenzia una crescita dei B&B al
Nord e al Centro pari, rispettivamente, a +4 e +5 punti
percentuali. Sappiamo che in Abruzzo sono quasi quanto
gli alberghi, ossia circa 800 distribuiti in tutte e quattro
le province e in prevalenza in quelle di Chieti e Teramo:
un rapporto numerico interessante, che dà l’idea della
risposta del territorio alla richiesta crescente. Si tratta di
strutture che sono operative soprattutto nei mesi estivi,
infatti una grossa fetta di B&B è localizzata sulla fascia
costiera o collinare, immediatamente a ridosso delle
località balneari. Per quanto riguarda le tariffe praticate
dai B&B del Paese, il prezzo medio di una notte per
persona oscilla tra i 30 e 40 euro. Il dato è invariato
rispetto al 2007, nonostante l’aumento del costo della vita
e dei beni voluttuari, tra i quali rientrano il viaggio e le
relative spese di soggiorno. Per quasi il 60% dei turisti
parliamo di una permanenza media di 2 pernottamenti.
Il prezzo nazionale è mantenuto anche in Abruzzo, dove
i B&B propongono un numero medio di 4 stanze e una
forbice di prezzo che varia dai 25 ai 40 euro in media per
pernottamento. La gestione dei B&B italiani sembra
rimanere in prevalenza in mano alle donne: arriviamo
al 60,40% del 2010, rispetto al 57,7% del 2007. Quasi il
90% dei gestori possiede un titolo di istruzione superiore
e, dentro questa percentuale, il 27,84% ha una laurea.
Rispetto al 2007 troviamo un 10% in più dei titolari che
hanno tra i 46 e i 65 anni e una diminuzione parallela
di quelli fra i 31 e i 45 anni. Gli ospiti: il 75% degli ospiti
dei B&B italiani ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni:
nell’85% dei casi arrivano in coppia, ma solo il 14,62%
viene dall’estero. Di loro, quasi per il 30% viene dalla
Germania, quasi il 23% dalla Francia e il resto dalle altre
nazioni europee. Risultano significative le presenze di
ospiti provenienti da Stati Uniti e Canada, Australia,
Portogallo.
«I Bed & Breakfast in Abruzzo sono quasi quanto
gli alberghi, ossia circa 800 distribuiti in tutte e
quattro le province e in prevalenza in quelle di
Chieti e Teramo»
PAG 7 / C COME INFO
c come fotoreportage
DI ROBERTO PARISIO / FOTO_MODIV
Sigep di Rimini
Tesseramento cuochi
L’Abruzzo a Berlino
Anche Emmanuele Forcone al Sigep di Rimini
La 33esima edizione del Sigep che si è svolta alla fine di gennaio a Rimini ha contato oltre 122 mila presenze nei cinque
giorni di manifestazione, con un incremento del 15% sul 2011. Sono stati unanimi i commenti circa il clima di fiducia
che si è registrato in fiera, confermato dai molteplici contatti e ordini commerciali realizzati dalle aziende presenti,
con incrementi molto consistenti sia per i mercati internazionali, sia per il mercato interno: la conferma è anche
nell´esplosione delle presenze estere, che salgono a 23.854 con un aumento del 21%. Numeri ancor più significativi se si
pensa che il sistema economico del dolce artigianale è composto, oltre alle aziende leader, da numerose medie e piccole
imprese, molto orientate all´export. Come sempre, la manifestazione è stata ricca di iniziative, dimostrazioni, contest
e eventi speciali, a partire dalla Coppa del Mondo della Gelateria, Pastry Queen per passare al Gran Gala della
Pasticceria per finire con il Sigep Bread Cup, con nazioni provenienti dai cinque continenti e un centinaio di squadre
a contendersi i vari titoli. Uno dei protagonisti del Gran Galà della Pasticceria è stato anche l’abruzzese Emmanuele
Forcone, in virtù del secondo posto conseguito alla 13esima Coup du Monde de la Pâtisserie a Lione. Emmanuele ha
riproposto le fasi della lavorazione della ninfa di zucchero realizzata coniugando cioccolato e sapori esotici, per i tema
“Bosco incantato” proposto dal team italiano. Il giovane vicecampione del mondo è di San Valentino in Abruzzo
Citeriore ma è attivo a Vasto, principalmente nella pasticceria Pannamore.
PAG 8 / C COME FOTOREPORTAGE
La festa del tesseramento dei cuochi di Pescara
Lo scorso 23 gennaio l’associazione cuochi di Pescara ha organizzato presso l’hotel Villa Immacolata la festa del
tesseramento alla FIC per il 2012. Per l’occasione, il professore Leonardo Seghetti e il coordinatore dei panificatori della
provincia di Chieti Vincenslao Ruccolo sono stati invitati a presiedere il convegno dal titolo “Il pane da ristorazione
con il lievito madre”. La lezione ha avuto due momenti: uno teorico tenuto dal prof. Leonardo Seghetti, ordinario di
scienze alimentari presso l’università di Ascoli Piceno, che ha spiegato la composizione chimico-fisica dei grani, delle
varie farine e di conseguenza la loro corretta panificazione. Nel momento pratico Vinceslao Ruccolo ha dimostrato a
circa 90 cuoche e cuochi presenti le varie tipologie di pane e la realizzazione del lievito madre. La serata è terminata
con la presentazione del “Team Cuochi Abruzzesi”, formato da Michele Ottalevi, Mario Rabottini, Gianluca Carrozzi,
Valentino Di Renzo, Angelo Monticelli, Maurizio Petrucci, Silvestro Ruggeri e Oscar Scarano. Lo chef Antonio Di
Tullio ha ricevuto un premio alla carriera. (Foto: associazione cuochi Pescara)
A Berlino si è parlato abruzzese
Si sono concluse con soddisfazione le due missioni all’estero, “Vita Vite”, che si è svolta in Germania, e “Prodexpo”, in
Russia. La prima, organizzata dalla Camera di Commercio di Pescara in collaborazione con il Centro estero, ha visto
la partecipazione di 14 aziende abruzzesi (6 della provincia di Pescara, 8 di Chieti e Teramo) che hanno avuto modo
di esporre i loro prodotti presso l’hotel Adlon di Berlino alle porte di Bradenburgo e farle conoscere a 200 operatori
e giornalisti tedeschi. La Germania ha confermato la grande attenzione per il made in Abruzzo. Per la conferenza
stampa di presentazione dell’evento la stampa tedesca è accorsa numerosa: ben 20 giornalisti di settore, tra cui il
noto J. Priewe. Dopo una dettagliata presentazione della regione Abruzzo, con particolare riferimento al connubio
mare-monti-colline che contraddistingue la nostra regione, Priewe ha condotto una degustazione guidata insieme a
Gaudenzio D’Angelo, presidente dell’associazione Sommeliers Abruzzo e Molise, prendendo in esame una bottiglia
di vino per ogni azienda partecipante. (D. D. V. / Foto concesse da Simone Malandra)
PAG 9 / C COME FOTOREPORTAGE
c come vi consigliamo
Gli eventi di
Ekk
Ristorante
da marzo a giugno 2012
inFo e Prenotazioni 085-9153083
di Gabriele Marrangoni
Giovedì 1 Marzo “anGus vs MarchiGiana” € 30,00
Disfida a Tavola tra le carni di due razze Bovine (la prima importata, la seconda autoctona).
Cena e dibattito per conoscere meglio le zone di origine, metodi di allevamento, sostenibilità e
caratteristiche organolettiche. Ai commensali l’ardua sentenza!
venerdì 16 Marzo “Questa sera Mi sento…veGetariano” € 30,00
Evento dedicato a chi ha fatto la scelta di non consumare carne e Pesce ma anche a chi è curioso di scoprire
una filosofia sempre più seguita. Con la Primavera alle porte, i protagonisti della serata saranno Legumi,
cereali e verdure spontanee dei nostri campi.
venerdì 30 Marzo “iL BaccaLà” € 30,00
A cena con i F.lli Monti di Corropoli, tra i principali importatori di un prodotto di grande rilevanza storica,
economica e sociale.
venerdì 13 aPriLe “Gran GaLà deL carcioFo” € 30,00
Dal carpaccio, al Guazzetto con le uova terminando con un irriverente abbinamento del carciofo al
cioccolato! Evento in collaborazione con alcuni coltivatori locali della valle del tavo.
venerdì 20 aPriLe “Gioco deL Piacere suLLa Patata…” € 30,00
Le varietà “turchesa” e “Fiocco di neve” saranno protagoniste della tavola in un menu che vedrà il
confronto tra queste due varietà di Patate autoctone e recentemente recuperate dall’ente Parco Gran sasso e Monti della Laga.
Lunedì 30 aPriLe ”Le virtù teraMane” € 30,00
Da gustare ma anche per riflettere sul concetto di recupero degli ingredienti, in un momento dove nel
mondo di cibo se ne produce (e se ne butta) anche troppo.
venerdì 11 MaGGio “incontro con Le coMunità itaLo-venezoLane” € 30,00
In occasione della presentazione del progetto “Gli imprenditori italo-venezolani investono in
abruzzo”, a tavola si alterneranno piatti di cucina criolla e cucina tipica abruzzese.
venerdì 25 MaGGio “Questa sera a cena con…” € 35,00
Un personaggio pubblico, sarà nostro ospite in cucina e preparerà un suo menu “affettivo” in un contorno di
interazione mediatica tra il “cuoco per un giorno” ed i commensali.
venerdì 8 GiuGno “La cucina araBa deL Mediterraneo” € 35,00
A grande richiesta, ripetiamo l’evento sulla cultura gastronomica araba, estesa questa volta a tutta la fascia
Mediterranea del nord africa. A “colorare” la serata lo spettacolo di danza del ventre interpretato dalla
splendida amira, accompagnata da uno straordinario percussionista.
venerdì 22 GiuGno “FunGhi e tartuFi dei Monti deLLa LaGa” € 35,00
russule, Mazze di tamburo, Porcini, tartufo estivo ed altri funghi disponibili saranno i protagonisti del
Menu. Serata in collaborazione con un famoso Ristorante della zona del Ceppo.
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO MARRANGONI
Le novità di Ekk Ristorante
Cambio del menu,
minicorsi e cene a tema
Il 2012 di Ekk Ristorante parte spumeggiante e non si
scoraggia davanti alla neve. Se una delle cene a tema a
cui sono abituati i clienti affezionati ha subìto slittamenti
nel mese di febbraio, fino ad essere posticipata alla data
del 20 aprile, l’inarrestabile cuoco e titolare Gabriele
Marrangoni ha continuato a pianificare i mesi futuri
e ha deciso il nuovo menu stagionale, entrato in vigore
l’ultima settimana di febbraio e tutto da scoprire. L’unica
anticipazione: la possibilità di scegliere, sia a pranzo sia a
cena, il menu bistecca, in cui a sole 19 euro viene proposto
un taglio di 600 grammi di lombo e filetto di vitello
allevato in Italia (taglio “Fiorentina), verdure di stagione,
un calice di vino, acqua e caffè. Continueranno inoltre i
minicorsi di degustazione avviati a gennaio con un primo
appuntamento sull’olio extravergine di oliva. La cena a
tema slittata al 20 aprile è quella dedicata alla patata nelle
sue varietà “Turchesa” e “Fiocco di neve”: il menu vede
il confronto tra queste due varietà di patate autoctone e
recentemente recuperate dall’Ente Parco Gran Sasso e
Monti della Laga. L’antica varietà “Turchesa” è chiamata
così per la sua caratteristica colorazione della buccia,
ricordata da molti anziani ma praticamente scomparsa
dalle loro tavole. Il progetto di recupero ha previsto la
reintroduzione e lo studio di questa varietà partendo
dai pochissimi tuberi ritrovati nella originaria zona di
produzione (Isola del Gran Sasso (TE) e San Pietro di
Crognaleto). La “fiocco di neve” è una tipica varietà dei
terreni delle zone montane e pedemontane ma è più
recente rispetto alla Patata “Turchesa”; perché infatti
si è diffusa intorno al XX secolo. Il menu è consultabile
sul sito di Ekk Ristorante. È consigliata la prenotazione
telefonica.
Baccalà mantecato con patate “Turchesa”
Ingredienti per 6 persone: 600 di baccalà ammollato e spinato; 1 Kg. di patate “Turchesa”; 1
litro di latte; 1 costa di sedano, 1 porro, 1 carota, 1 foglia di alloro, 1 mazzetto di prezzemolo,
1 scalogno, 1 spicchio di aglio, 200 cl di olio extravergine, pepe nero in grani, sale.
Lessare le patate con tutta la buccia in acqua leggermente salata e passarle allo
schiacciapatate. Mondare sedano, porro, carota e mettere il tutto in un tegame con il
latte, la foglia di alloro, i gambi del prezzemolo e un pizzico di pepe in grani. Portare
a bollore, spegnere e lasciare in infusione per almeno 30 minuti. Pestare lo spicchio
di aglio, senza germoglio, e ridurlo a pomata. Filtrare il latte e tritare finemente lo
scalogno. Tagliare a pezzettoni il baccalà e rosolarlo in una padella antiaderente, ben
calda, con un filo di olio extravergine di oliva. Coprirlo con il latte e cuocere a fuoco
moderato per circa 40 minuti. Scolare il baccalà e ridurlo a scaglie. Mescolarlo alle
patate schiacciate, aggiungere lo scalogno e l’aglio a pomata. Con un cucchiaio di
legno mantecare energicamente il composto incorporando l’olio extravergine versato
a filo. Aggiustare di sale e servire tiepido con foglie di prezzemolo tritate o fritte.
Ottimo con la polenta grigliata. Nella foto è abbinato ad una salsa realizzata con
peperoni arrostiti, spellati e frullati con poco olio extravergine ed un pizzico di sale.
PAG 11 / C COME VI CONSIGLIAMO
Ekk Ristorante di Gabriele Marrangoni
strada Lungofino 185
65013 Città Sant’Angelo (Pe)
Tel 085/91530083
[email protected]
www.ekkristorante.it
«In Italia Cantine “illuminate”
commissionano grafiche d’artista
per le loro annate più pregiate»
PAG 12 / C COME FOOD DESIGN
c come food design
DI LUDOVICA PERSICHITTI - [email protected]
Etichette d’arte,
esempi illustri
anche in Abruzzo
Ogni superficie è mezzo di espressione: una tela, un
foglio, una parete, un muro, un banco, un piatto, una
scatola, una bottiglia. Allora non c’è da stupirsi nello
scoprire bottiglie di vino dalle etichette griffate, che
sono state pensate dai grandi artisti dell’arte moderna e
contemporanea perché ne interpretassero l’esperienza
sensoriale e ne anticipassero colori ed emozioni degustativi.
Il caso più celebre è quello del barone Philippe de
Rothschild che concepì una serie di etichette d’autore
per lo Château Mouton Rothschild. A partire dal 1945 si
coinvolsero famosi artisti della scena contemporanea per
omaggiare le annate più famose. Apprezziamo così la
riconoscibilissima etichetta realizzata da Joan Mirò nel
1969, quella creata da Salvator Dalì nel 1958, l’etichetta
di Marc Chagall per l’annata 1970, l’idea per la bottiglia
del ’73 di un immancabile Picasso, o una creazione
veramente interessante di Andy Warhol per il 1975.
Non mancano esempi analoghi in Italia. In Abruzzo
la Cantina Zaccagnini di Bolognano (PE) dedica al
connubio arte e vino la rassegna “Uvarte”, iniziata nel
1990 e commemorata da un’etichetta di autori tra i
grandi dell’arte contemporanea come Gino Marotta,
Antonio Passa, il conterraneo Pietro Cascella, ma anche il
fumettista Andrea Pazienza e l’architetto Paolo Portoghesi.
Lo scultore e pittore pescarese Pietro Cascella
personalizzò anche un’altra linea di vini abruzzesi,
quelli della Cantina Bosco Nestore di Nocciano (PE),
per la quale nel 1996 creò appositamente l’etichetta
raffigurante il volto stilizzato del dio Pan, divinità
legata ai boschi, da cui prese nome la stessa linea di vini.
A partire dal 1974 anche la Cantina Vietti, nel cuneese,
decise di vestire le prime cento bottiglie delle annate
migliori tra Barolo, Barbaresco e Nebbiolo d’Alba
con etichette realizzate da artisti di fama mondiale.
Per citarne alcuni di loro: di nuovo Pietro Cascella
per il Barolo 1970 Briacca, Pier Paolo Pasolini
per il Nebbiolo d’Alba 1974, il famoso disegnatore
americano di torte e giocattoli Wayne Thiebaud per
il Barolo 1997 Riserva Villero, e più recentemente il
fotografo Jerry N. Uelsmann con un’etichetta dalle
intensità oniriche per il Barolo 2001 Riserva Villero.
L’azienda vinicola Umberto Cesari di Castel San
Pietro Terme (BO) ha invece pensato di rinnovare
l’etichetta della linea di vini MOMA, proponendo
nel 2011, ai giovani studenti dell’Accademia di Belle
Arti di Bologna e di Ravenna, un contest che desse
loro l’opportunità di dimostrare il proprio talento. Il
concorso MOMA – MyOwnMAsterpiece, prevedeva
la realizzazione di un’opera d’arte che sostituisse Le
Bagnanti di Giorgio Morandi sull’etichetta dell’omonima
linea di vini e che ne esprimesse al meglio l’identità.
Una scelta da elogiare perché dimostrazione della
sensibilità aziendale per i valori artistici, a prescindere
dalle mode, e perché si è investito sull’entusiasmo e sulle
potenzialità dei giovani, valorizzandolo come luogo di
promozione d’immagine e di dimostrazione di fiducia
del marchio verso i nascenti orientamenti artistici.
PAG 13 / C COME FOOD DESIGN
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5
Non chiamatela
solo etichetta
Case histories a confronto
È facile dire etichetta. Ma chi si ferma a riflettere
che dietro una operazione di immagine non c’è solo
uno studio attento del cliente e del messaggio ma
anche di legislazioni, procedure e regolamenti? Nello
Spazio Di Paolo avviene anche questo: per un’agenzia
di marketing e comunicazione specializzarsi in un
settore, come quello del food nel nostro caso, significa
conoscerlo capillarmente. E se la concomitanza di
alcuni fattori importanti e incrociati come la qualità,
l’aspetto estetico e la rete vendita è fondamentale per
il successo di un prodotto, il compito di un’agenzia
di marketing diventa agevolarne il più possibile
la riconoscibilità. Innanzitutto, nella valutazione
generale del marketing di una bottiglia di vino si deve
tenere subito conto del mercato di riferimento: italiano
o estero? Europeo o intercontinentale? Ogni mercato
ha infatti le sue leggi, ogni vino i suoi disciplinari in
evoluzione costante, e ogni popolo i suoi punti deboli.
Nei mercati anglosassoni, ad esempio, si fa breccia
con il colore, mentre i Tedeschi apprezzano eleganza e
semplicità. E poi: sarà distribuito in Ho.re.ca (HotelRestaurant-Cafè) o in Gdo (Grande Distribuzione
Organizzata)? Sarà destinato ad attirare l’attenzione
di un acquirente che deve orientarsi su uno scaffale, o
c come packaging
CASE STUDIES A CURA DI MARIO DI PAOLO
si racconterà ad un selezionatore attento e già esperto?
Ecco alcuni esempi.
1. Villamedoro, Linea Classica: etichette per mercati
Italia / Germania/ Nord Europa.
Villamedoro Passerina: etichetta innovativa con mezza
prefustellatura a perdere su bobina.
2. San Lorenzo: alleggerimento delle linee ma sempre nel
rispetto del rigore e della tradizione aziendale.
3. Azienda agricola Masciarelli: il restyling è graduale
ma sarà totale, per forma e dimensioni. Il consumatore di
un prodotto già lanciato deve venire accompagnato nel
cambiamento, non aggredito.
4. Torre Zambra: riposizionamento linea esistente per
mercato italiano GDO, con una veste completamente
rinnovata. Il vetro e l’etichetta esaltano le trasparenze e
i colori chiari.
5. Cerulli Spinozzi: due etichette di Spumante Brut a
confronto: Lèvichi Brut deve la sua eleganza alla bottiglia
scura; Lèvichi Rosè mantiene un’impostazione fresca e
giovanile senza perdere eleganza e minimaliso.
6. Azienda agricola Ausonia: il progetto è completamente
nuovo e centrato su un elemento presente sul territorio, la
farfalla Ausonia. Da qui il claim “ Il vino con la farfalla”.
«Per un’agenzia di marketing e comunicazione
specializzarsi in un settore, come quello del food nel
nostro caso, significa conoscerlo capillarmente»
PAG 15 / C COME PACKAGING
c come vi consigliamo
A novembre 2011 il ristorante ha
compiuto un anno di vita.
Lo festeggiano gli amanti del crudo
e della cucina marinara.
(A destra: Sandro Pomante e sua figlia Ilaria)
«La materia prima è
selezionata “a Km zero”:
per questo motivo
l’ospite si trova davanti
ad una scelta di piatti
assolutamente freschi
e di stagione. Il menu
è in tre lingue: italiano,
inglese e… dialetto
pescarese»
Ristorante Sapò,
via Irma Bandiera 3, Montesilvano (PE)
Tel. 085/4686080 - Mobile 348/3845323
www.ristorantesapo.it
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_ARCHIVIO RISTORANTE SAPO’
La cucina di mare come la ricordate
Da “Sapò” un omaggio
all’Adriatico
“Sapò” significa Sapore ma riunisce anche le iniziali
del suo titolare e cuoco, il pescarese Doc Sandro
Pomante, di famiglia marinara da almeno tre
generazioni che hanno condotto in mare per più
di mezzo secolo il peschereccio di famiglia, il
“Cotalongo”, dal soprannome del nonno Antonio.
Il 15 novembre 2010, con l’inaugurazione del suo
primo ristorante a Montesilvano, Sandro Pomante
ha dato vita al suo progetto di far rivivere in tavola
gli antichi sapori del mare con semplicità, elemento
fondamentale della sua filosofia:
«Covo da sempre in me il desiderio di recuperare la
cultura marinara conservando il gusto di una volta e
riportando alla luce piatti della tradizione, difficili
da trovare nei ristoranti», spiega Sandro Pomante,
supportato nel ristorante da sua figlia Ilaria nella scelta
dei vini, che da quest’anno si arricchirà dell’offerta
abruzzese. L’accento sulla o è a forma di “fuffellone”,
il peperone dolce usato nei piatti di pesce povero, che
ogni estate si vede lasciato a seccare fuori dai balconi
delle case dei marinai. È importante sapere che la
materia prima è selezionata “a Km zero”: per questo
motivo l’ospite si trova davanti ad una scelta di piatti
assolutamente freschi e di stagione. Il menu è in tre
lingue: italiano, inglese e… dialetto pescarese. Ecco che
può capitare di richiedere “l’arroste de lu mare nostre”,
“li piscitille da frije”, “le sardelle ‘nghi l’acete” o ancora
il “brodetto alla Pescarese”, detto “dell’Eschimese”, dal
soprannome dello zio Vittorio.
Stiano tranquilli gli amanti del crudo: a Sapò passa
tutto in abbattitore, che ne salva l’integrità e ne
protegge il sapore. Ma non finisce qui! In cucina ci
si diverte anche a rivisitare in chiave moderna piatti
della tradizione, come nel “barattolo di Sapò”, versione
inaspettata dello “sguazzetto” di frutti di mare, o come
nel cavallo di battaglia, la chitarrina con scampi, sogliola
e Pachino, che solo a leggerla sembra di sentirne l’odore.
Per non smentire l’abruzzesità del posto, ingredienti
quali olio, pomodoro e Tondini del Tavo vengono forniti
da un produttore di Loreto, Belfiore.
Sapò è provvisto di 40 coperti, continuerà a proporre
serate mensili a tema e nel 2012 sarà in grado di fornire
catering per cerimonie all’esterno; il riposo settimanale
è previsto la domenica e dal primo febbraio c’è
la nuova apertura serale del lunedì. Tra le novità
dell’anno: l’ospite si può divertire a cucinare alcuni
antipasti direttamente al tavolo, su una piastra di sale
rosa dell’Himalaya portata a 230°. Comunicazioni e
conferme di prenotazione arrivano via sms: il servizio
è gratuito e ci si può iscrivere tramite la mail info@
ristorantesapo.it. È possibile lasciare il proprio voto su
www.tripadvisor.com.
PAG 17 / C COME VI CONSIGLIAMO
c come vi consigliamo
Sabatino Di Properzio,
Fattoria La Valentina.
Montepulciano d’Abruzzo
La Valentina 2009
Tipo: Rosso | Area: Abruzzo | Varietà: Montepulciano | Vendemmia: 2009
Vigneti di: Scafa, San Valentino, Spoltore e paesi limitrofi
Superficie: circa 30 ettari
Altitudine: da circa 150 m fino a circa 350 m slm
Esposizione: prevalentemente Sud/ Sud-ovest
Natura del suolo: argilloso di medio impasto
Sistema di allevamento: tendone; Densità:1600 - 2000 piante/ ettaro; Età dei vigneti: da 25 a 35 anni; Rendimento
medio: 70 Hl / ettaro; Vendemmia: manuale;
Produzione: circa 200.000 bottiglie in formati da 0,75l e 3l.
Vinificazione: Diraspapigiatura seguita da macerazione e fermentazione per una media di circa7 giorni in tini
d’acciaio verticali. Fermentazione malolattica controllata e completamente svolta, seguita da affinamento per
un periodo di 12 mesi, principalmente in vasche d’acciaio e di cemento; 20 % del vino viene affinato in legno.
PAG 18 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA
c come vi consigliamo
REDAZIONALE / FOTO_MARIO SABATINI
«Sono le persone a fare la differenza»
In arrivo il Montepulciano 2009
Linea classica La Valentina
Con le sue ingenti nevicate famose già prima
di arrivare, il mese di febbraio ha portato con
sé molti disagi e qualche malumore, ma ha
anche avuto il merito di portare un po’ di magia
e trasformare in qualcosa di spettacolare
i nostri panorami, che già prima erano
competitivi. È il caso della Fattoria La
Valentina, che è stata ammantata, come
una sposa invernale, da una media di 50
centimetri di neve due volte nella stessa
settimana. Ma non c’è da temere: questo
non andrà a influire negativamente sulla
prossima annata, anzi, piuttosto finirà
per fare da preziosa riserva nel terreno.
Mentre rimaniamo fermi in piedi con le
mani nelle tasche della giacca imbottita, ad
ammirare le viti che dormono beate sotto
questa coperta naturale, ci chiediamo cosa
stia ”bollendo in pentola” nella bottaia,
nelle tine e nei serbatoi di acciaio.
Tra le botti, l’odore caldo del legno
riscalda la pelle del viso, che è l’unica
cosa che non è imbacuccata. Qui sono
accuditi i rossi della vendemmia del
2010 lasciati ad affinare: non vedranno la luce
prima dell’anno prossimo.
Quelli del 2011 sono nelle cisterne in acciaio, ad
aspettare ancora per un po’ il loro turno per le
barriques, insieme a tutti gli altri rossi delle
annate precedenti che hanno già goduto
dell’affinamento in legno, e che saranno
imbottigliati a brevissimo: linea
Terroir, Riserve e Binomio seguono
infatti ognuno il loro personale corso
di maturazione e vengono “liberati”
quando è il momento. In acciaio
dormicchiano anche i bianchi (Bianco
Pecorino, Bianco Fiano e Trebbiano
Spelt) della vendemmia del 2011,
pronti per l’imbottigliamento, che
avverrà per il Bianco Pecorino entro
la fine di febbraio, e per lo Spelt ed il
Bianco Fiano a maggio, insieme ad
altri “compagni” della linea Terroir.
I loro fratelli più grandi già se ne vanno
orgogliosi per i mercati abruzzesi,
italiani ed esteri.
PAG 19 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA
c come vi consigliamo
Da sinistra:
Nunzio Di Michele, Paride
Marino, Michele Reale.
La vigna innevata, fotografata
nel febbraio 2012 dalla strada
provinciale
65
Maccheroni alla chitarra con pallottine
di Marcello e Pietro Perpetuini, Ristorante “Enoteca Centrale”, Teramo
Foto: Alfonso Di Ottavio
“(…)Il nome ‘chitarra’ deriva dallo strumento attraverso il quale la sfoglia, non troppo sottile
e tagliata in rettangoli di circa 60 x 20 cm, viene tagliata sotto la pressione del matterello
per ottenere i caratteristici maccheroni a sezione quadrata. Più o meno ruvidi, più o meno
spessi secondo la sensibilità e i gusti di ognuno. L’impasto da preparare è quello classico
per la pasta all’uovo. (…) Altro aspetto fondamentale la misura (piccole come piselli) delle
polpettine di carne mista – le “pallottine” – preparate con aggiunta di parmigiano, noce
moscata (immancabile) e regolate di sale. Qualcuno utilizza anche un tuorlo d’uovo per
renderle più consistenti e saporite. Le ‘pallottine’ vanno rosolate velocemente in padella
con un poco di burro e tenute da parte. La ricetta prevede che si prepari una salsa con il
pomodoro,olio extravergine, una carota, una cipolla con infisso un chiodo di garofano e un
gambo di sedano. Va fatta insaporire a fuoco molto basso per circa tre ore. A metà cottura
del pomodoro si devono aggiungere le pallottine e togliere gli odori: il segnale che il sugo è
pronto è la risalita in superficie dell’olio in cui gli odori sono stati fatti leggermente rosolare
all’inizio. Immancabile una generosa grattugiata finale di pecorino o formaggio grana. Va
detto che rientra nella tradizione la preparazione, in alternativa alla salsa di pomodoro e
odori, del classico ragù di carni miste che darà al piatto un sapore decisamente più ricco e
succulento. Ancora una volta questione di gusti e di consuetudini familiari.”
Provateci in abbinamento il Montepulciano 2009!
(tratto da Teramo “Il linguaggio dei sapori”, Camera di Commercio di Teramo 2009. Testi di Roberto De Viti e Antonio
Paolini, art direction e progetto grafico di Fabrizio Lucchese)
20-11-2009 9:06:54
PAG 20 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTINA
c come vi consigliamo
«Qual è il vostro vino La
Valentina preferito?»
Sono infatti stati immessi da poco nel mercato i primi
Trebbiani e il Cerasuolo della Linea Classica, sempre
della vendemmia 2011, imbottigliati a metà gennaio.
Proprio in questi giorni innevati il Montepulciano Doc
del 2009 è andato idealmente a chiudere la gamma:
imbottigliato più volte a partire dal maggio di due anni
successivi alla vendemmia, dopo aver affinato una parte
in legno per almeno un anno, è trattato con tutti i riguardi
riservati ai grandi vini, tanto che è tranquillamente
godibile anche dopo 10 anni. Nel calice si presenta di un
bel colore rubino fitto e intenso, con unghia violacea; al
naso apre a sentori di frutta rossa, petali di rosa e tenui
effluvi di spezia bagnata. Al palato è caldo e morbido
con riconoscimenti di prugna rossa, ciliegie e mirtilli
perfettamente fusi attorno ad una trama tannica fresca
e viva: va a chiudere con radice di liquirizia e chiodi di
garofano e a completarsi con un retrogusto di pepe
nero e mirtillo rosso. Rappresenta circa il 50% della
produzione La Valentina, è bevuto in tutto il mondo
anche grazie all’ottimo rapporto qualità-prezzo e riceve
continuamente punteggi e riconoscimenti degni dei vini
delle fasce più alte. Ad esempio l’annata 2002 è stata
collocata dal Wine Spectator tra i 100 vini migliori del
mondo. Parlando di Montepulciano non è un caso, forse,
se un rosso è il vino che personalmente preferiscono
sia Sabatino Di Properzio, titolare dell’azienda, sia
Paride Marino, responsabile commerciale. Interrogati
rigorosamente in separata sede, scelgono entrambi il
Bellovedere come vino “La Valentina” per i loro momenti
speciali: Paride consiglia l’annata 2001 abbinata al
cioccolato fondente al 70%, Sabatino tifa per l’annata
2000, la prima ad essere stata imbottigliata: «È nato
come idea di vino di altissima qualità – racconta – e il
primo risultato è stato sorprendente, esattamente in linea
con gli standard che ci eravamo posti come obiettivo.
Degustare un Bellovedere invecchiato per anni
mi dà le stesse sensazioni e le stesse emozioni
di quando lo assaggio in vinificazione o appena
imbottigliato». Con cosa lo abbinerebbe? «Con un
agnellino da latte fatto su una brace di legna scelta».
Paride Marino, che si occupa del commerciale dal 2005,
ci racconta invece quanto le bottiglie “La Valentina”
girino il mondo e quante siano le accortezze per rendere
il viaggio il più adeguato possibile. Ad esempio, l’azienda
vuole sempre sapere esattamente dove il vino si trovi e
come venga conservato: non potrebbe essere altrimenti,
visto che il 60% delle 350mila bottiglie prodotte ogni
anno è destinato ad essere bevuto fuori dall’Italia e in
tutta l’Europa, per arrivare fino in Canada, Messico,
Stati Uniti, Brasile, Isole Cayman, in Vietnam, a
Taiwan, Hong Kong, Singapore, in Corea, Giappone,
Cina e India. Le soddisfazioni più grandi? «Constatare
che chi apprezza il più noto Montepulciano d’Abruzzo
accompagna volentieri il suo gusto anche con il nostro
Spelt Trebbiano, un vino meno conosciuto fuori dall’Italia
ma che attira molto la curiosità e il piacere degli estimatori
in Germania. A proposito di estimatori, non possiamo
trattenerci dal domandare qual è il suo vino preferito
anche a Michele Reale, enologo interno dell’azienda,
che spalleggia nel suo lavoro il consulente esterno Luca
D’Attoma. Classe 1980, originario di Francavilla, si è
laureato in Enologia e Viticoltura, all’istituto agrario di
San Michele all’Adige.
Il “suo” vino personale è il Cerasuolo, possibilmente del
2011, perché è fruttato e beverino: lo abbina a pollo, uova
sode, con la mozzarella e in generale con i formaggi,
sia stagionati sia freschi, che gli piacciono molto. Alla
domanda “Qual è il tuo vino preferito?”, anche la prima
risposta di Nunzio Di Michele, il responsabile alle vigne,
è il Cerasuolo, perché è fresco e giovane e poco carico
nel colore: la seconda risposta ci porta al Pecorino.
Gli piace abbinare entrambi con tutto. È stato lui
ad accompagnarci durante la vendemmia, questo
autunno, presentandoci le uve, illustrandoci i tempi
di maturazione e… aiutandoci a non inciampare!
Le storie sono tante, il territorio abruzzese è vasto
e dalle risorse infinite, ma sono sempre le persone
a fare la differenza dietro un prodotto di qualità.
Un prodotto che vale la pena di conoscere in tutte le sue
sfaccettature ad esempio al Vinitaly, alla fine di marzo,
come sempre all’interno del Padiglione Abruzzo.
PAG 21 / C COME VI CONSIGLIAMO / FATTORIA LA VALENTIN
«Un cliente non deve ricordarsi di me perché il
pasto gli è rimasto sullo stomaco, ma perché è
stato bene anche il giorno dopo»
“Quasi ascolana”
PAG 22 / C COME FRATELLI DI TILLIO
c come fratelli di tillio
DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MARIO SABATINI
I piatti “ad ettaro zero”
Cristian e Mirko stupiscono
a Civitella Casanova
Da sempre ci piace scherzare dicendo che
“Il Ritrovo d’Abruzzo” si chiama così perché
per arrivarci bisogna… ritrovarlo. In realtà, è
sufficiente seguire la segnaletica per Civitella
Casanova, in provincia di Pescara, e poi farsi
guidare attraverso innumerevoli stradine che si
stringono sempre di più.
Una volta arrivati dai fratelli Cristian e Mirko Di Tillio, cuoco il primo e mâitre il secondo, si viene ampiamente
ripagati della piccola odissea. Subito la sala dalle vetrate ampie si spalanca sui 4 ettari di terreno da cui, con ogni
probabilità, proverrà gran parte delle materie prime che verranno servite a tavola, dalla farina per passare agli ortaggi
e finire all’olio. Più che prodotti “a chilometro zero”, qui è più adatta la definizione di prodotti “ad ettaro zero”.
«È stato naturale scegliere la casa di nostrp nonno, dove siamo cresciuti, per far nascere un locale tutto nostro».
I due fratelli Cristian e Mirko Di Tillio, rispettivamente classe 1977 e 1980, hanno avuto le idee chiare sin dalle scuole
medie ed hanno studiato all’istituto alberghiero di Pescara. Il primo si è indirizzato verso la ristorazione, il secondo
verso la sala. Oggi sono i paladini della tranquillità e del particolare. Tavoli distanziati, spazi ampi e promessa di
distacco dal mondo sono i punti fermi della sala; prodotti del territorio, provenienti per l’80% direttamente da chi
li ha fatti o allevati, e una cura attenta per il dettaglio, sono i dettami della cucina, dove oggi regnano Cristian e
Cristina, sua fidanzata ai tempi dell’apertura (dicembre 2003) e oggi sua moglie, nonché madre delle loro due gemelle.
La regola dei loro piatti è la leggerezza, che si ottiene anche con espedienti casalinghi: se si sbollenta la cipolla, ad
esempio, il soffritto è più digeribile. «Un cliente non deve ricordarsi di me perché il pasto gli è rimasto sullo stomaco,
ma perché è stato bene anche il giorno dopo – spiega Cristian – Quando una persona mangia un mio piatto… mangia un
po’ di me. Nella cucina esprimo quello che sono, la mia filosofia, il mio territorio». Territorio sintetizzato nella fonduta
di Caprino, una portata a base di Caprino di Cellino Attanasio, patate e tartufo, che insieme al filetto di manzo, rhum
e tabacco e al barattolo goloso proprio non riescono a togliere dal menu. La sua concezione della cucina ha fatto uno
scatto in avanti dopo una settimana passata al fianco di Gualtiero Marchesi. Tutte le esperienze che i due fratelli hanno
fatto sul territorio, da “Thomas” di Pescara alla vicina “La Bandiera”, li ha rafforzati nella consapevolezza che i nostri
grandi prodotti possono essere interpretati in piatti che possono anche stupire per accostamenti mai pensati prima.
La loro ambizione? «Crescere sempre».
PAG 23 / C COME FRATELLI DI TILLIO
“Quasi ascolana”
Ingredienti: 400 g macinato di coniglio; 2 uova;
maggiorana; sale e pepe; 100 g di pane raffermo
bagnato al latte. Per la panatura: 2 uova, 50 g di
farina, 100 g di grattugiato, 200 g rapaccioli (rape
selvatiche) sbollentati; polvere di olive.
Amalgamare la carne di coniglio con sale, pepe, maggiorana tritata, uova e pane. Creare delle polpette poi panarle in
farina, uova e pane grattugiato. Friggere in abbondante olio caldo fino alla doratura. Nel frattempo saltare in padella i
rapaccioli con uno spicchio d’aglio e un filo d’olio e un pizzico di sale, poi frullare le verdure fino ad ottenere una crema.
Presentazione del piatto: prendere un piatto fondo, mettere 2 cucchiai di salsa di rape alla base, appoggiare la crocchetta
e finire con la polvere di olive.
C COME FRATELLI DI TILLIO
“Strana coppia”
Ingredienti: 1 pollo da 8oo g, 80 g di baccalà, 1
rametto di rosmarino, sale e pepe, 100 g di verdura
di campo sbollentata.
Separare i petti e le cosce dal galletto. Incidere i petti in modo da ottenere una tasca, poi farcirlo con il baccalà
già ammollato. Disossare le cosce senza inciderle, poi riempirle con la verdura cotta, chiudere l’estremità con uno
stuzzicadenti. Scaldare una padella antiaderente con uno spicchio d’aglio, un rametto di rosmarino e un filo d’olio,
rosolarvi la carne da entrambi i lati, poi ultimare la cottura in forno caldo a 180° per circa 15 minuti. Per il fondo, tagliare
la carcassa del pollo in piccoli pezzi; intanto in una padella far rosolare cipolla, carota, sedano in pezzi grandi, uno
spicchio d’aglio e un mazzetto di aromi (timo, rosmarino, maggiorana e una foglia di salvia). Aggiungere le ossa, far
rosolare bene e coprire tutto con acqua fredda. Aggiustare con sale e pepe fino ad ottenere una salsa densa.
Presentazione del piatto: scaloppare il petto, tagliare l’estremità della coscia, finire con la salsa.
PAG 25 / C COME FRATELLI DI TILLIO
c come ristoratori
DI CRISTINA MOSCA / FOTO_MARIO DI PAOLO
23
comeMagazine
speciale
under trenta
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Quelli
che
… ci fanno da mangiare
Ai fuochi abruzzesi
ci sono tantissimi giovani
Tecnicamente sono cuochi, ristoratori, “cucinieri”, chiamateli come volete. Di fatto, però, sono artisti, ricercatori,
chimici, compositori, un po’ romantici e un po’ neoclassici, un po’ conservatori e un po’ progressisti. Alcuni di loro
ambiscono alla perfezione, altri sono in sfida continua con loro stessi, qualcun altro cerca il giusto compromesso fra
il presente e il futuro. La maggior parte dei giovani cuochi abruzzesi coltiva il sogno di creare qualcosa di nuovo, ma
tutti quelli scelti da noi per questo speciale hanno tutti una cosa in comune: non hanno più di trent’anni. E sono (e
sanno) molto più di quelli che possiamo immaginare. Quella che facciamo non è una selezione in base alla bravura o
alla notorietà, ma una sorta di censimento. La maggior parte di loro l’abbiamo conosciuta personalmente negli ormai
4 anni di vita (in via di compimento proprio in questo mese di marzo) di C come magazine, ed è questa la nostra base
di partenza. Quello che è partito come una sorta di censimento teso a conoscere un po’ meglio chi ci… fa da mangiare,
ha rischiato di diventare un elenco telefonico per lo sforzo di farci stare dentro tutti. Sono troppi, i nostri ragazzi,
per le pagine a disposizione: ognuno di loro merita però il suo spazio di 1500 caratteri, perché tutti, in ugual misura,
si sottopongono agli orari che il loro mestiere richiede, perché ne accettano i sacrifici, perché lo portano avanti con
amore e soprattutto con devozione verso il prodotto. Ecco perché questo è solo l’inizio del nostro censimento.
Quelli che… ce l’hanno nel sangue.
I “figli d’arte” senz’altro partono avvantaggiati nello schiarirsi le idee, perché l’ambiente glielo permette prima degli
altri: non devono aspettare le scuole superiori per capire cosa possono aspettarsi da questo mondo. Le vocazioni dei
gemelli Spadone, eredi de “La Bandiera”, per esempio sono state palesi sin da piccolissimi, quando Mattia riusciva
a richiudere perfettamente i ravioli e invece ad Alessio la farcitura usciva tutta da fuori: oggi, infatti, il primo lavora
in cucina insieme a papà Marcello e a mamma Bruna, e il secondo si occupa della sala, dove il talento da esercitare
è tutt’altro. Per entrambi, che hanno frequentato il liceo affinché imparassero qualcosa di diverso da quello che si
potesse già insegnare loro in casa, l’impegno a soli 24 anni è riuscire ad alternare la presenza al ristorante con veri
e propri percorsi esperienziali: per Alessio è stato decisivo perfezionare la sua tecnica di servizio, fresco di diploma
scientifico, lavorando un anno a Firenze presso il ristorante Enoteca Pinchiorri, mentre Mattia a 21 anni ha lasciato
il cuore in Spagna, dove la creatività è di casa e dove torna tuttora, saltuariamente, a lavorare. I viaggi, per loro, sono
appena cominciati: ora Alessio punta agli Stati Uniti, Mattia alla Danimarca. Stessa storia per i fratelli Arcangelo e
Pascal Tinari, che nel 2008 si sono seriamente affiancati ai genitori Peppino e ad Angela al timone del ristorante “Villa
Majella”, decidendo per serie virate organizzative e puntando alla perfezione, sull’esempio dei grandi ambienti che
hanno contribuito alla loro formazione: un anno e mezzo al tristellato ristorante “Dal Pescatore” a Canneto sull’Oglio
nel caso di Pascal, e la stagione aprile-ottobre 2011 da Michel Bras nel caso di Arcangelo, che bisserà questa esperienza
anche nel 2012. Siccome “figli d’arte” ci si nasce, non possiamo non nominare Valentina e Valerio Centofanti, ad
esempio, che sono “fuori target” per pochi semestri rispetto al nostro Speciale Under 30, ma che sin da giovanissimi
sono i principi incontrastati de “L’Angolo d’Abruzzo”, il loro ristorante di famiglia a Carsoli: Valerio è ai fuochi da
quando aveva 20 anni, Valentina, che si occupa della sala, ha fatto il primo corso da sommelier quando ne aveva 16.
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Quelli che… sono in viaggio.
Il Leitmotiv dei nostri giovani chef abruzzesi è
viaggiare, imparare, migliorare. Soprattutto quelli
che intraprendono questo percorso non per vocazione
familiare ma per passione o spirito di emulazione
verso altri grandi chef: un po’ come quando un giovane
musicista prende ispirazione dal suo idolo. Nel 2009
ad esempio il vastese Massimiliano Ascione, allora
chef della “Locanda sotto gli Archi” a Santo Stefano di
Sessanio, a 28 anni si è trovato sbalzato dall’Abruzzo a
Dubai ed oggi è l’executive sous chef al Kempinski Ishtar
Dead Sea Hotel, sul Mar Morto, in Giordania. Oppure
Davide Di Fabio, teramano, classe 1985, diplomatosi
all’Ipssar di San Benedetto del Tronto, è da ormai sei anni
alla corte dell’Osteria Francescana, a fare da secondo chef
a Massimo Bottura. Un altro esempio di aspirante cuoco
viaggiatore lo porta Alessio Scarola, classe 1987, che
abbiamo conosciuto incidentalmente poche settimane
fa: è uno degli ultimi teramani ad essersi diplomati
all’istituto alberghiero di Villa Santa Maria. Da cinque
anni impara il mestiere in giro per l’Italia e per quasi due
si è specializzato nella pasta nei ristoranti della catena
Four Season, prima a Firenze e poi a Praga. Il destino
lo ha portato adesso a lavorare ad Alba, in Piemonte.
In viaggio è anche il roscianese Mirco D’Amico, che
compirà 30 anni a maggio. Noi lo abbiamo apprezzato
due anni fa per la sua idea coraggiosa di aprire a 26
anni un ristorante tutto suo a Pescara che proponesse
pesce anche con accostamenti audaci, dal gusto esotico:
due linguaggi a confronto. Dopo tre anni a Pescara
e alcuni mesi di esperienza a Milano, adesso è primo
chef nell’Osteria da Mualdo a Crespi d’Adda, nel Nord
Italia, dove è riuscito sin da subito a integrare il menu,
prevalentemente di carne, con la nostra cucina marinara,
inserendo la chitarrina allo scoglio e una variazione della
nostra insalata di mare.
Quelli che… sono stati “adottati”
Infine, ci sono i giovani chef che sono ormai fissi nella
brigata di alcuni ristoranti abruzzesi: è il caso di Sabatino
Lattanzi e Luca Di Felice, da anni nella cucina del
Ristorante Zunica a Civitella del Tronto, o di Vito Pepe e
Gianluca Tarquini, che affiancano Maddalena Mazzaufo
nella cucina del ristorante Beccaceci di Giulianova.
Anche se questi ragazzi non esercitano il loro mestiere
in grembo alla famiglia che glielo ha insegnato, trovando
una dimensione lavorativa hanno trovato ugualmente
una famiglia che a loro tramanda quello che sa e da loro
impara quello che vede. Nella maggior parte dei casi la
cucina diventa un luogo di scambio. Tra gli “adottati”
nominiamo anche William Zonfa, che andremo presto
a conoscere più da vicino, il quale a 30 anni suonati (li
ha compiuti lo scorso giugno) si ritrova stella Michelin
2012, la seconda che in pochi anni piove sulla provincia
dell’Aquila. Lo consideriamo tra gli “adottati” perché
è cresciuto per quasi cinque anni nella cucina aquilana
di “Vinalia”, di Marzia Buzzanca, per poi camminare
sulle proprie gambe l’anno dopo il sisma, prendendo la
gestione del ristorante “Magione papale” a L’Aquila.
Gli “spin off ”. Poi c’è la squadra dei ristoratori e aspiranti
tali che nascono dal mondo alimentare e prendono
una “deviazione”: li chiamiamo “spin off”, rubando
deliberatamente il termine dal gergo cinematografico,
perché il loro “personaggio” ha origine in un ambiente
che produce cibo, ma si allontana da un percorso
apparentemente già tracciato e assume vita propria,
avventurandosi in un mondo che il cibo lo interpreta. È il
caso di Carlotta Santoleri, figlia del viticoltore guardiese
Nicola, che ha passato i mesi più importanti della sua
vita come commis al fianco di Heinz Beck alla Pergola;
o Nicola Fossaceca, che appena diplomato ha fatto
nascere, come propaggine della pasticceria di famiglia a
San Salvo, il ristorante di pesce che porta avanti insieme
a suo fratello maggiore Antonio. Fuori regione sta
lavorando anche Massimiliano Neri, componente della
numerosa famiglia che porta avanti l’azienda vitivinicola
di Orsogna “Il Feuduccio”. Di origine fiorentina, il cuoco
24enne lavora da più di un anno da “Mucche e buoi dei
paesi tuoi”, ristorante a Milano specializzato in carni:
dalla cucina a vista lo si guarda trattare i più svariati tagli
e generi di carne, dalle chianine alla bavarese per finire
al maiale nero. Il suo sogno, dopo aver viaggiato il più
possibile, è tornare ad occuparsi dell’agriturismo che
la famiglia sta facendo nascere ad Orsogna. Mettiamo
infine in questa “categoria” Luca Mastromattei, figlio
del noto personaggio pescarese Eriberto, a sua volta
figlio del mare: in omaggio a queste radici che affondano
nell’acqua salata, Luca è tornato a stabilirsi a Pescara e
pochi mesi fa ha aperto un ristorante dedicato alla cucina
marinara adriatica.
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I “figli d’arte”
Mattia Spadone
Ristorante “La Bandiera”,
Civitella Casanova (Pe)
Nato il 16 settembre 1988
Al liceo artistico ha imparato a disciplinare e a padroneggiare quel dono
della manualità che già aveva consolidato lavorando con i suoi genitori, e
ad acquisire la consapevolezza che «la cucina non è come l’arte: un piatto
non resta per sempre, se non nella mente di chi lo consuma». Per questo il
suo impegno quotidiano è realizzare la sua “opera d’arte”, quel piatto che
rimane in testa. Gli piace maneggiare la carne ed occuparsi dei secondi,
ma di fatto se la cava egregiamente anche con dolci e antipasti, a cui si è
avvicinato a 16 anni e di cui prevalentemente si occupa oggi. Si avvicina ai
piatti tradizionali con saggezza: «Se si vuole fare qualcosa di innovativo
è necessario conoscere bene la base da cui si parte, ma non è detto che
questa base vada ricalcata in maniera pedissequa. La sostanza di un piatto
è nei prodotti, che poi magari possono essere disposti o presentati in modi
diversi». Nel 2009 ha condotto un’importante esperienza lavorativa in
Spagna, nello stellato “El Celler de Can Roca”, e nel 2010 è stato incoronato
“Chef emergente del Centro Italia”. È attentissimo al dettaglio: «Creativo,
pazzo, maniacale? In cucina forse lo si deve essere un po’».
Non può fare a meno di: una spatola di plastica che ha le sue iniziali incise
sulla punta e che si porta dietro dall’esperienza in Spagna. È stata il suo
portafortuna allo “Chef emergente” 2010.
Il piatto: “La bolla di Mattia” è il suo cavallo di battaglia: per lui rappresenta
l’inaspettato, il tipo di piatto fine e particolare, “decorativo” di per sé. È una
bolla di zucchero soffiato che è appoggiata su una ganache di cioccolato e
“terra” di cacao e che dentro ha spuma allo zabaione e Marsala, sorbetto al
caffè, croccante di pasta sablé e biscotto morbido al cioccolato.
I “figli d’arte”
Arcangelo Tinari
Ristorante “Villa Maiella”,
Guardiagrele (Ch)
Nato il 18 marzo 1985
Dopo essersi diplomato al liceo linguistico di Chieti e aver studiato nella
Facoltà di Scienze e tecnologie dell’alimentazione a Mosciano Sant’Angelo, nel
2008 ha cominciato ad assumere un ruolo più decisivo nel ristorante di famiglia
e ad impegnarsi a dargli una marcia in più: impresa forse più ardua quando una
realtà è già consolidata. Nonostante la giovane età ha le idee molto chiare ed è
parecchio determinato sul suo futuro: «Guardare come fanno gli altri fa sempre
pensare, e pensare fa sempre bene». Metodico per vocazione e innovativo per
scelta, è tornato dall’esperienza come capopartita dal tristellato Michel Bras
in Francia (aprile - ottobre 2011, stagione che replicherà quest’anno) rinforzato
nell’idea che il senso di appartenenza è il segreto del successo di un’azienda e
che il gioco di squadra è tutto. Il suo rapporto con la tradizione? «Mi piace
incoraggiare le persone ad “osare” una visione differente delle cose: il rapporto
con il territorio resta fortissimo anche di fronte a tecniche di cottura o a
prodotti a cui non si è abituati. Un piatto è un concetto». Consacrato dalla
Guida dell’Espresso 2012 tra i sette giovani emergenti dell’anno, si vocifera un
suo possibile ingresso nei JRE, Jeunes Restaurateurs d’Europe.
Non può fare a meno di: un determinato gesto per scaricare la tensione di fronte
alle prove più importanti.
Il piatto: è una rosa di vitello in camicia di lardo della fattoria di proprietà, cipolla
di Fontecchio e rucola. Si tratta di un controfiletto di Chianina marinato con
della senape, bardato con il lardo e cotto al cuore a 55°, poi passato alla brace.
Luca Di Felice e
Sabatino Lattanzi.
Ristorante Zunica 1880,
Civitella del Tronto (Te)
Nati il 6 maggio 1982 (Luca)
e 13 gennaio 1988 (Sabatino).
Gli “adottati”
Entrambi civitellesi, fanno “coppia fissa” in cucina dal 2008, e come le
migliori coppie si reggono in equilibrio sulle loro peculiarità opposte:
Luca è la forza “conservatrice” e Sabatino quella “innovatrice”. Al primo
piace rimanere fedele alle tradizioni, senza negare uno sguardo anche alle
altre regioni; il secondo ha un debole per i risotti e per gli esperimenti,
in cui gioca molto di colori e di contrasti. Luca ha fatto esperienza fuori
regione sin da giovanissimo, soprattutto con incarichi stagionali; Sabatino
si è formato all’istituto alberghiero di Teramo ed ha sempre lavorato nella
cucina di Zunica, ma coltiva il sogno di creare un piatto che “nessuno
ha mai fatto” e che “faccia tradizione” a sua volta. Entrambi nutrono la
stessa convinzione, comune a questa generazione, secondo cui i piatti
del territorio possono essere adeguati ai tempi moderni e rivisitati nelle
tecniche di cottura e nell’apporto calorico (e a volte di colesterolo), con il
fine di valorizzare i sapori delle materie prime, prediligendone l’alta qualità
e il legame con il territorio e dando loro il giusto rapporto di consistenze.
«Non si va da nessuna parte senza conoscere la storia di un piatto e del
suo luogo di appartenenza».
Non possono fare a meno di: i suoi coltelli (Luca); il rito di un’abbondante
camomilla alle sette e mezzo di sera, prima di iniziare il servizio
(Sabatino).
Il piatto: aspic di tacchino alla Canzanese. Tradizionalmente si tratta di
una fetta di tacchino su uno specchio di gelatina, invece si sono cimentati
anche loro nella porzione da finger food, in cui gelatina, carne di tacchino
e giardiniera vengono sintetizzati in un unico boccone.
Gli “adottati”
Vito Pepe e Gianluca Tarquini
Ristorante Beccaceci,
Giulianova (Te)
Nati il 5 febbraio 1985 (Vito)
e 20 dicembre 1991 (Gianluca)
Vito è di Monopoli, si è diplomato presso l’Ipssar a Castellana Grotte in Puglia e poi è venuto in
Abruzzo per laurearsi in Scienze e tecnologie dell’alimentazione a Mosciano Sant’Angelo. Dal
giugno 2005 è fisso in cucina, dove si occupa prevalentemente della pasticceria: nel 2007 gli si
è aggiunto stagionalmente il giuliese Gianluca, diventato, prevalentemente per i secondi e gli
antipasti caldi, una presenza fissa nel 2011 dopo aver condotto alcune esperienze lavorative nel
resto dell’Italia, come quella da Gennaro Esposito. Il punto di forza del loro lavoro in cucina
è la circolarità delle mansioni, in virtù della quale non c’è cosa di cui non sanno occuparsi e
soprattutto assorbono e imparano dalla più che cinquantennale esperienza della padrona di casa,
Maddalena Mazzaufo. Come possono incontrarsi queste due generazioni, che sulla carta sono
così lontane? Con il dialogo da entrambi i lati: «La signora è pronta al cambiamento e gli dà il
giusto peso – spiegano – e noi, di contro, dobbiamo studiare bene motivazioni e materie prime
quando vogliamo proporre qualcosa di nuovo. Dobbiamo ricordarci che l’obiettivo non è creare
la novità fine a se stessa, ma dare il giusto valore al prodotto e migliorare la tradizione». I benefici
si riscontrano nell’ampliamento dei dessert con proposte innovative sui gelati, e nell’introduzione
di nuove tecniche di cottura come la risottatura della pasta.
Non possono fare a meno di: il libro di ricette “Una vita in cucina” di Angelo Consoli, fondatore
della scuola alberghiera in Puglia (Vito); una coccinella d’argento che tiene sempre dentro
l’armadietto (Gianluca).
Il piatto: Fusilloro risottato con brodo affumicato, sogliole e tartufo nero. Il brodo viene affumicato
su trucioli di faggio completamente carbonizzati.
Gli “spin off ”
Carlotta Santoleri
Chef a domicilio
Nata il 30 luglio 1987
Uno degli “spin off”più spericolati che abbiamo conosciuto è senza dubbio Carlotta Santoleri: terza dei
quattro figli del viticoltore Nicola Santoleri, stava studiando a Londra per diventare stilista di moda
quando suo padre è scomparso prematuramente. I suoi programmi sono così cambiati a 21 anni, ed
è tornata a casa, a Guardiagrele. Presto cucinare è diventato il modo più stimolante per mantenere il
contatto con suo padre: la ricerca dei sapori che lui portava in casa ha guidato Carlotta fino a quando
non ha deciso, nel giro di dieci minuti, di seguire il consiglio di un’amica. «Ero a Taranto in vacanza e ho
avvisato mia madre che non sarei tornata in Abruzzo ma neanche a Londra: sarei andata direttamente
in Francia, a studiare all’Ecole Lenôtre». Infine, l’incontro con Heinz Beck a settembre del 2010. «Ero
all’Hilton di Roma a frequentare un corso da sommelier: mi emozionava l’idea che al nono piano ci
fosse il mio ristorante preferito… perciò ho mandato il curriculum. Dopo un quarto d’ora mi hanno
chiamato, e mi sembrava un sogno». Durante gli otto mesi a La Pergola, Carlotta si è guadagnata
l’affetto e la stima di Beck e da lui ha imparato la cura estrema per il dettaglio, ma ad aprile 2011 è
voluta tornare per riavvicinarsi alla sua famiglia: adesso gli obiettivi sono diventare sommelier e creare
«un piccolo laboratorio di cose particolari, lo studio dei viaggi miei e del mio fidanzato Francesco.
Abbiamo già cominciato una piccola produzione di cupcake su ordinazione che ha avuto un riscontro
inaspettato».
Non può fare a meno di: i suoi coltelli, acquistati in Francia con i suoi primi risparmi.
Il piatto: scaloppa di foie gras con tartare di manzo all’arancio e mousse di mango.
Gli “spin off ”
Luca Mastromattei
Ristorante “Pescion”, Pescara
Nato il 7 agosto 1983
Consideriamo Luca Mastromattei uno “spin off” perché il suo punto di
partenza è il mare, che lo riconduce a suo padre, Eriberto Mastromattei, noto
balneatore pescarese. Già a 6 anni, infatti, lo accompagnava in piccole battute
di pesca e doveva infilarsi nei suoi stivali di gomma, che quasi gli superavano
le cosce. Dopo il diploma all’istituto alberghiero di Pescara ha fatto esperienza
per l’Europa e si è stabilito in Inghilterra, a Newcastle, per tre anni: ha lavorato
prima in un relais chateau a 5 stelle e poi nel ristorante italiano “Caffè vivo”,
che ha co-fondato con il ristoratore Terry Laybourne e in cui ha puntato tutto
sul cibo italiano e sui prodotti abruzzesi. Il ristorante è entrato nella guida
Michelin 2007. Nel 2008 la scomparsa del padre ha indotto Luca a tornare
a Pescara: «Mi sono sentito in dovere di dare seguito all’amore che lui aveva
dato alla città. I primi che devono fare qualcosa per Pescara sono i pescaresi».
A metà dicembre 2011 è perciò nato “Pescion”, un piccolo ristorante in zona
università dedicato alla cucina adriatica: «Mio padre è stato un maestro di vita
prima ancora di essere un padre, e anche se lui stesso diceva che i figli non
possono essere uguali ai genitori mi ritrovo a replicare la sua vena artistica e ad
applicare la sua “ricetta psicologica”: non essere mai stanchi, rinnovarsi».
Non può fare a meno di: la conchiglia Strombus che suo padre Eriberto gli
riportò dalla Polinesia. Oggi infatti è posta all’ingresso del suo ristorante.
Il piatto: ostrica locale, cozze pelose, gamberi rosa con peperone secco dolce,
mazzancolle con battuta di mela verde, scampi con vinaigrette all’arancia,
filetti di triglia con pistacchio tostato, olio extravergine di oliva.
Gli “spin off ”
Nicola Fossaceca
Ristorante “Al metrò”,
San Salvo (Ch)
Nato il 22 gennaio 1983
Appena diplomato all’Ipssar di Termoli, insieme a suo fratello Antonio (classe 1971) ha intrapreso l’avventura di aprire, annesso alla
pasticceria di famiglia, un ristorante di pesce. Per qualche anno si è occupato di pesce in maniera tradizionale, poi nel 2005 il cambio
drastico: «Quello che più ci differenzia dalle vecchie generazioni è la maggiore possibilità di fare ricerca, sia per la rapidità dei nuovi
strumenti sia per le nuove conoscenze sulle materie prime», spiega. “Fare il cuoco” per lui non si limita a soddisfare la fame, ma è
l’opportunità di curare una ristorazione fuori dal comune: perciò tra le priorità ci sono il confronto con tutti, che è strettamente legato
all’evoluzione personale e professionale, e la tensione costante a fare sempre meglio, mantenendo uno standard qualitativo alto sia in
materie prime sia in termini di accoglienza. Sì ad una cucina leggera, quindi, con meno olio possibile e tempi brevi di cottura. «Un
piatto deve essere diretto, arrivare al cliente per la sua sobrietà e “pulizia”, e prendere spesso spunto dalla tradizione». Premiato a
“Lu carrature d’ore” 2008 per il piatto più innovativo, nominato Chef emergente del Centro Italia nel 2009 e annunciata “promessa”
Michelin, se gli si chiede qual è il suo prossimo obiettivo Nicola risponde: «Continuare a migliorare».
Non può fare a meno di: un grembiule usato e regalatogli da Moreno Cedroni, uno dei suoi primi punti di riferimento insieme a
Niko Romito.
Descrizione ricetta: filetto di rombo laccato con salsa alle cipolle e mele, con foie gras e puntarelle di cicoria appena scottate in
padella. La salsa è ottenuta in forno con l’aiuto di carta alimentare.
c come maîtres
DI NADIA MIRIELLO / FOTO_MARIO DI PAOLO
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comeMagazine
speciale
under trenta
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Quelli che… ci invitano a mangiare
Una professione minacciata dal “mordi e fuggi”
Non c’è da stupirsi se con il dilagare di fast food, kebab e take away, che rispecchiano e assecondano lo stile di vita
d’individui “flipper”, sempre di fretta e ostaggio degli impegni quotidiani, la figura del maître di sala sia ormai a rischio
di estinzione. Così almeno pare. A minacciare la sopravvivenza di questa professione “romantica” e affascinante
sarebbe pure la crisi economica galoppante, che da una parte spinge i ristoratori a tagliare il più possibile il personale
di sala, ripiegando sulla gestione in famiglia, e dall’altra rende più “concorrenziali” locali di poche pretese dove coperto
e servizio al tavolo addirittura non si pagano (in barba ad atmosfera ed eleganza del pasto!) e nei quali s’azzera pure
l’imbarazzante rituale della mancia perché piatti pronti e posate li prendi da te.
Eppure se davvero il maître, progressivamente oscurato anche dall’avanzata professionale e mediatica degli chef,
dovesse soccombere al cambiamento sociale, culturale e di mercato in atto, per la qualità della ristorazione e per la sua
storia sarebbe una grave ed imperdonabile perdita. Forse non tutti sanno che il maître esiste sin dalla fine dell’800; anzi
l’origine del mestiere risalirebbe addirittura al ciambellano di corte, che nel XV secolo era responsabile del benessere
dei Signori e in quanto tale vigilava pure sul buon andamento della cucina. Ufficialmente, però, il titolo di maître nasce
verso la fine del XIX secolo: fu lo svizzero César Ritz ad introdurre una gerarchia del personale addetto al ristorante,
ponendovi a capo il maître, appunto, che attraverso i secoli è riuscito a ritagliarsi un ruolo sempre più strategico e di
prestigio. E per di più legittimamente, visto che, insieme allo chef di cucina e al direttore, il “maestro di sala” fa il bello
e il cattivo tempo nel settore food and beverage di un ristorante o di un albergo. Talvolta è affiancato da un suo secondo,
all’occorrenza promosso supplente, e nelle strutture di grandi dimensioni può disporre anche di un terzo assistente.
Grazie all’elevata preparazione tecnico-specialistica, il maître è il “regista” occulto del servizio di ristorazione: coordina
la brigata di sala (chef de rang, sommelier, commis, hostess), sia per l’attività che per i turni di lavoro; prende le ordinazioni
e mantiene continuamente il rapporto con i clienti; si occupa della mise en place e dell’aspetto estetico della sala, talvolta
seguendo un preciso filo conduttore tematico; programma i menù scegliendo ciò che ritiene più adatto alle esigenze
della clientela ed evitando possibili ripetizioni dei piatti nei brevi periodi; si preoccupa anche dell’accoglienza dei
clienti, della presentazione del menù e della carta dei vini e raccoglie eventuali indicazioni, complimenti o reclami.
I più bravi si spingono fino a preparare in diretta piatti alla lampada con la tecnica del flambè, utilizzando il fuoco con
perizia: “fa scena” e dà un tocco di gusto in più a ricette dolci o salate. Inutile precisare che, per garantire efficacemente
tutti questi compiti che evidentemente richiedono non solo le capacità e abilità proprie di un cameriere, ma anche le
PAG 37 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME MAÎTRES
doti comunicative di un public relation man e la sensibilità
visiva di un designer, il maître deve possedere conoscenze
svariate, che spaziano dall’enogastronomia, all’economia
aziendale fino al funzionamento del mercato della
ristorazione, passando per la sociologia e la psicologia.
Affatto semplice! Del resto, è da lui che dipende
essenzialmente l’immagine del ristorante, valorizzata e
rafforzata da qualità, raffinatezza, originalità e attenta cura
dei particolari. Come “ingranaggio” chiave del sistema, il
maître merita dunque un compenso adeguato che ripaghi
la professionalità, la dedizione, il senso di responsabilità,
nonché i sacrifici fatti per una formazione all’altezza del
ruolo, e quelli che si fanno e si dovranno ancora fare nel
corso di una carriera dai ritmi lavorativi serrati e non
sempre regolari, per la quale non contano week end e
festivi. Purtroppo, sarà la sfiducia verso un mestiere
sottovalutato, poco riconosciuto e mal pagato, sarà pure
la fuga dei giovani all’estero, in Italia stanno diventando
sempre più introvabili i camerieri professionisti; e i maître
propriamente detti sono una vera e propria rarità, da
ricercare nei ristoranti più chic, negli hotel deluxe e nei bar
esclusivi. Peccato: la preparazione e l’entusiasmo di Paride
D’Angelo, Davide Lepore, Giuseppe Procaccini, Alessio
Spadone e Pascal Tinari, i giovani abruzzesi che noi di
“C come Magazine” vi facciamo conoscere più da vicino,
con e senza divisa, dimostrano che con un po’ d’impegno
e mettendo in conto una faticosa gavetta, magari fuori dai
confini nazionali, questa professione può regalare ancora
belle soddisfazioni e interessanti prospettive lavorative. Per
il buon vecchio maître o cameriere professionale che dir si
voglia (e quindi non semplici “portapiatti”) non è ancora
arrivato il momento di appendere il panciotto al chiodo…
«Questa figura ha le capacità e
abilità proprie di un cameriere,
ma anche le doti comunicative
di un public relation man
e la sensibilità visiva di un
designer»
Nome e cognome: Davide Lepore
Zunica 1880 – Civitella del Tronto (Te)
Nato il 28 febbraio 1986
Non può fare a meno di: mettere la musica classica di
sottofondo al servizio, preferibilmente Michele Di Toro,
in un hi-fi di qualità.
Per avere solo 25 anni ed essere un autodidatta, con
in tasca il diploma di Ragioniere e alle spalle 4 anni
d’esperienza da agente di commercio, Davide è già a
buon punto nella carriera. Dopo un corso di barman
a Giulianova ha imparato il mestiere sul campo ed
oggi si prende cura dei clienti dello Zunica, cercando
di migliorare a poco a poco la qualità del servizio con
empatia e savoir faire. Per lui il difficile della professione
è soprattutto l’essere imperturbabili o almeno provarci:
avete presente il protagonista dell’aria “Vesti la giubba”
tratta da “I Pagliacci” di Leoncavallo?
Insieme a lui abbiamo conosciuto Giuseppe Procaccini,
classe 1987, che dopo dieci anni trascorsi all’hotel Zunica,
dapprima come cameriere estivo e in seguito come maître
di sala a tempo pieno, ha deciso di trasferirsi a Milano
per crescere professionalmente e fare nuove esperienze.
Da pochi mesi è al Bulgari Hotel Resort.
Nome e cognome: Paride D’Angelo
Casa D’Angelo – Fara Filiorum Petri (Ch)
Nato il 24 novembre 1989
Non può fare a meno di: un cavatappi, con il quale
immagina di poter sempre aprire…nuove porte sul
futuro.
La passione per il servizio di sala comincia da
bambino, quando gironzolava tra i tavoli del ristorante
di famiglia e disturbava il personale al lavoro. Papà
Gaudenzio, che insieme ai fratelli Alvaro e Lucio ha
ereditato l’attività avviata dai nonni mezzo secolo fa,
PAG 38 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME MAÎTRES
è presidente dei Sommelier d’Abruzzo: senza dubbio
un modello, ma anche una bella sfida per Paride, che
legge tutti i suoi articoli, lo ammira nelle interviste tv e
al contempo ambisce a diventare più preparato, capace
e famoso di lui. Puntiglioso, caparbio ed esigente con
se stesso e con i collaboratori, è diplomato ragioniere
e frequenta Economia e Commercio a Pescara, ma va
fiero soprattutto del titolo di sommelier professionista
conseguito appena diciottenne con un corso AIS. A soli
22 anni conserva esperienze indimenticabili: ha avuto
l’onore di servire il Presidente della Repubblica ed è stato
in brigata di servizio al G8 di L’Aquila. Attualmente a
“Casa D’Angelo” si occupa della carta dei vini, dei menù,
di gestire il personale e all’occorrenza si diletta pure ai
fornelli sotto lo sguardo vigile dello zio. Talvolta si mette
alla prova, facendo le veci del babbo. Ama il contatto con
i clienti, soprattutto consigliare o confrontarsi su pietanze
e abbinamenti.
Nome e cognome: Pascal Tinari
Ristorante Villa Maiella – Guardiagrele (Ch)
Nato il 24 maggio 1989
Non può fare a meno di: tenere in giacca una penna
Delta e il cavatappi de “Il miglior sommelier del mondo”,
assegnato nel 1989 al sommelier dell’Auberge de l’Ill.
La famiglia innanzitutto, cui è molto affezionato. Papà
Peppino tuttofare, mamma Angela cuoca, il fratello
Arcangelo cuoco e lui, invece, rapito dal fascino della
sala: quella del “Villa Maiella”, fiaschetteria fondata dai
nonni negli anni ‘60, poi diventata trattoria e trent’anni
fa ristorante. Ha studiato da ragioniere, ma puntava
alla ristorazione. Il dubbio era tra cucina e servizio in
sala: determinante per la scelta è stato l’incontro con
Antonio Santini, titolare del 3 stelle “Dal Pescatore” di
Canneto sull’Oglio, vicino Mantova, dove Pascal andò
dopo il diploma per fare l’aiuto chef e si ritrovò cameriere,
scoprendo la propria vocazione e i trucchi del mestiere
sotto la supervisione del guru Santini. Affascinato
dal contatto con la clientela, il giovane guardiese ha
proseguito l’esperienza all’Auberge de l’Ill, in Alsazia, il
cui fondatore è stato tra gli iniziatori della nouvelle cuisine.
In Francia Pascal ha assorbito e fatto sua la cultura del
maître, che gli dà una marcia in più nel lavoro. Iscritto
all’AMIRA (Ass. Maîtres italiani ristoranti ed alberghi),
studia da sommelier con l’AIS e sogna di fare altra pratica
in Germania, per dare impulso all’attività di famiglia.
Nome e cognome: Alessio Spadone
La Bandiera – Civitella Casanova (Pe)
Nato il 16 settembre 1988
Non può fare a meno di: il tanto desiderato sciabolino
per lo champagne, che finalmente ha ricevuto in dono lo
scorso dicembre.
Famiglia e lavoro vanno a braccetto nella storia
professionale e personale di Alessio, al quale è affidato
il servizio di sala nel ristorante “La Bandiera” dei suoi,
dove papà Marcello, mamma Bruna e il fratello gemello
Mattia (al quale è attaccatissimo) si occupano invece
della preparazione dei piatti. Dopo il liceo scientifico e
l’attestato di sommelier AIS, già certo di voler lavorare
nella ristorazione, è approdato al ristorante “Enoteca
Pinchiorri” di Firenze, uno dei più prestigiosi 3 stelle
Michelin, dove è rimasto un anno come responsabile di
sala e aiuto sommelier. Del mestiere la fatica e le difficoltà
non lo spaventano e l’appassiona soprattutto il rapporto
con le persone; l’amministrazione invece non fa per lui.
Il suo modello? Manco a dirlo: papà Spadone, che ha
portato in alto il nome del ristorante fondato nel 1977 da
nonna Anna convertendo in trattoria una rivendita di sali
e tabacchi. Nel futuro di Alessio c’è la prosecuzione di
questo percorso imprenditoriale. Ma non prima d’aver
fatto un po’ d’esperienza in Francia, la patria dei vini, il
primo amore di questo giovane dalla carriera sicuramente
in ascesa.
PAG 39 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME MAÎTRES
c come produttori
DI MARCELLA PACE / FOTO_MARIO DI PAOLO
23
comeMagazine
speciale
under trenta
LA CULTURA ENOGASTRONOMICA ABRUZZESE IN UN FREEPRESS
Quelli che… ci danno da mangiare.
Ecco chi si occupa delle nostre materie prime.
Francesca, Giovanni, Lisa, Perla, Luigi, Laura, Franco, Roberto, Danilo, Miriam. Solo nello scrivere quest’elenco,
mi viene l’acquolina in bocca. Perché, vi chiederete? Dietro questi nomi, c’è tutta la qualità, la genuinità e i sapori
d’Abruzzo. Soprattutto c’è la creatività che solo giovani come loro possono mettere in campo. Soprattutto c’è
la creatività che solo giovani come loro possono mettere in campo. Alcuni sono fratelli, altri concorrenti; c’è chi è
riservato, chi è più sfacciato. Di sicuro tutti sono mossi da una grande passione. Per alcuni ereditata dalle generazioni
che li precedono, per altri maturata nel tempo. Ma tutti la indirizzano per valorizzare il loro territorio. Insomma
hanno molto in comune questi nomi: tutti hanno meno di 30 anni; tutti sono produttori abruzzesi, capaci di soddisfare
i palati più diversi. Partiamo dagli antipasti a base di pecorini e salumi saporitissimi; accompagniamo questi
prodotti tipici con amabili calici di vino; condiamo il tutto con armonici oli, infine concludiamo con una golosissima
cioccolata. Ognuno di questi giovani talenti, seguendo l’istinto, le inclinazioni e la formazione acquisita, si è ritagliato
il suo spazio nell’azienda di famiglia; ognuno ha già portato una ventata di freschezza nel panorama produttivo
regionale. I fratelli Fracassa, Roberto e Luigi, da quando due anni fa sono entrati a pieno ritmo nei cicli produttivi
della loro azienda agricola, sulle colline teramane, hanno basato la loro filosofia sul biologico e sul biodinamico.
I pecorini e i salumi della loro azienda hanno sapori naturali. «Nessun additivo chimico, nessuna spezia aggiunta –
spiega Roberto – ciò che deve essere esaltato è il sapore di alta qualità delle nostre carni. È per questo che abbiamo
scelto, per il nostro salame, di utilizzare il sale dolce di Cervia». «Vogliamo essere un’azienda di nicchia – specifica
Luigi – fornire un prodotto che si distingua da quello industriale ed uscire dagli schemi della gastronomia abruzzese,
mediante un’artigianalità all’avanguardia». Nessuna aggiunta chimica, quindi. «Un prodotto di qualità arriva buono
già dalla campagna». In questo caso parliamo di vino, ma le basi sono le stesse. Anche i fratelli Santoleri, Giovanni
e Francesca, puntano sulla genuinità e la purezza delle loro materie prime. Soprattutto vogliono diventare grandi
insieme alla loro azienda, «produrre ottimo vino e mandare avanti la cantina» spiegano. Per farlo, guardano ai mercati
esteri e hanno avviato un percorso di innovazione tecnologica, fatto di pannelli fotovoltaici e raccolta di acqua piovana.
Vale lo stesso per Luigi Di Camillo che crede molto nell’innovazione costante della sua Tenuta “I Fauri”. Dopo anni
di esperienze tra i vitigni del Triveneto è approdato sulle colline chietine pieno di voglia di sperimentare. È stato lui ad
ideare etichette ormai divenute di punta, come Albarosa, Graffionero e Spumante dei Fauri, grazie alla collaborazione
con un altro talento dell’enologia veneta. «Sì all’innovazione – precisa – ma senza dimenticare le radici. Sono convinto
che sia fondamentale rispettare l’autoctonia dei vigneti e allo stesso tempo elaborare un gusto ricercato. In questo,
aiutano molto le interazioni con altri enologi, che sono stimolanti e rendono ancora più appassionante l’arte di fare
il vino». Anche per “Abruzzovini”, la forza deriva dalle moltissime collaborazioni extra regionali che contribuiscono
PAG 41 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
alla produzione di vini unici e variegati. Ce lo racconta
Danilo Giampaolo, che da quasi 7 anni segue il padre
Luigi, nella loro azienda, nella vallata del Pescara. Quello
della famiglia Giampaolo è un percorso inverso: la loro è
un’azienda molto conosciuta all’estero, dall’Europa, agli
Stati Uniti, fino al Giappone, per questo oggi puntano
al mercato.
«L’Italia – spiega Danilo – è un mercato saturo e noi
siamo abituati ad altri tipi. Riuscire a penetrare anche
in quello italiano e quindi ingrandirci è uno dei nostri
obiettivi principali».
«In Italia, si è abituati al fatto che ognuno beve il proprio
vino ed è per questo che il nostro cavallo di battaglia è
il mercato estero». È un’esperienza simile alla “Abruzzo
Vini”, quella della cantina “Il Feuduccio”, nata da una
famiglia di toscani tra le colline di Orsogna. Paolo Jr e
Alessandro Neri, giovanissimi come i loro vini, mirano
ora all’Italia, ma soprattutto vogliono far conoscere il buon
vino ad un pubblico più giovane. Non a caso si dedicano
con entusiasmo all’organizzazione di eventi degustativi
scegliendo location della movida pescarese, cercando di
attrarre un pubblico under 30. «Il cliente è fondamentale
per qualunque impresa – precisa Paolo – ed è per questo
che noi riponiamo un’attenzione particolare su ognuno
di loro. Non esitiamo a partire e a raggiungere persino
la Cina o l’Australia per conoscere i clienti che bevono
il nostro vino. Ora però puntiamo su quelli italiani».
Espansione contraria, invece, per altri due fratelli vignaioli.
Loro sono Franco e Perla, all’anagrafe Pasetti, ma oramai
si sentono “Contesa”, come il nome della loro azienda.
Una storia aziendale difficile alle spalle, che però li ha
resi ancora più sicuri della loro identità, fortemente
legata alla Tenuta di Collecorvino dove si è appena
conclusa la fase di ampliamento in una cantina
completamente rinnovata. «È il modo in cui ci
presentiamo che ci rende “Contesa” – specifica Perla.
Chi si rivolge a noi non è solo un cliente: c’è prima
una relazione alla base e poi scatta la collaborazione.
Paradossalmente tutto ciò è ancora più semplice negli Stati
Uniti o in Gran Bretagna, dove stiamo investendo molto».
Si, perché sono proprio i mercati oltre confine, gli obiettivi
principali della loro cantina, «magari quelli emergenti,
come Brasile e Cina - aggiunge Franco – sempre nel
rispetto delle tradizioni e delle radici». Quando si parla di
radici non si può fare a meno di pensare a Massimiliano
D’Addario e alle olive dell’azienda “Palusci Marina”.
Lui, che definisce il rapporto con le sue piante «quasi
ancestrale», tiene molto alle sue colline pianellesi e alla sua
identità. Questo giovanissimo mastro oleario, ogni anno
produce l’unico olio in Abruzzo ad essere catalogato come
Eccellenza Olearia Italiana e ad aver ricevuto le 5 gocce
di Bibenda, coniugando antichissime piante secolari ad
un modernissimo frantoio. Sono tante le soddisfazioni
che l’Abruzzo raggiunge grazie a questi talentuosi
produttori. Sono proprio la passione, l’impegno e
l’unione di Giovanni e Lisa Centini, che li hanno portati
a guadagnare per la loro cioccolateria una segnalazione
da parte del Gambero Rosso come primo bar di Teramo
per qualità, servizio e creatività. In questo paradiso del
gusto è possibile assaporare insolite varietà di cioccolata,
PAG 42 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
da quella alla cipolla, a quella alla propoli, dai cioccolatini
al sale, fino a quelli alla genziana, prodotti con cura
nella “Centini Chocolate”. Ed è l’essere uniti, giovani ed
appassionati al loro settore, che ha portato lustro anche
ad altri due fratelli abruzzesi, Giovanna e Francesco
dell’azienda agricola “Chiarieri”. Con i loro secolari
vini e oli di qualità, sono arrivati in Francia, al Vinexpo
di Bordeaux, la fiera internazionale del vino, grazie al
riconoscimento tra le migliori 30 esperienze giovanili del
settore vitivinicolo. I due giovani produttori pianellesi
hanno anche ottenuto un finanziamento per investimenti
in marketing e pubblicità, grazie al riconoscimento tra
le 15 esperienze imprenditoriali giovanili in agricoltura
su territorio nazionale. Il proverbio “l’unione fa la forza”
calza davvero a pennello per Paola e Laura Del Casale.
È proprio il legame che c’è tra queste sorelle che le carica
di entusiasmo nel lavoro quotidiano nella loro cantina
vastese. «Nel nostro vino – dicono quasi in coro – ci sono
le nostre personalità schiette e spontanee. Chi viene a
trovarci in azienda, nel nostro agriturismo, dove ci sono
camere e sale degustative – continuano – non è solo un
cliente per noi. Diventa parte della famiglia. Quello
che vogliamo trasmettere è il nostro modo di essere e
l’attenzione che riponiamo sulla qualità dei nostri vini».
Stessa filosofia anche per i 5 fratelli Giuliani: Francesca,
Luigi, Fabrizio, Antonella e Lidia, che da anni
affiancano il papà Sante nella produzione dei gustosissimi
salumi “Peppone”. È proprio grazie al fervore della
quarta generazione che questa quasi secolare azienda
aquilana, negli ultimi anni, si è completamente rinnovata.
Uno stabilimento di 5000 mq, nuovissimi packaging
e originalissime etichette. E poi prodotti dai sapori
inaspettati. Sono tante le novità introdotte per diffondere
il più possibile la qualità dell’antichissima tradizione
dei norcini aquilani. Pure per l’azienda “Pasetti Vini” la
parola d’ordine è qualità. Francesca, Massimo e Davide
sono orgogliosi dei loro vigneti nel cuore del Parco
del Gran Sasso e Monti della Laga. Le uve della loro
cantina crescono tra 450 e 550 metri di altezza in una
coltivazione quasi biologica. «Per fare un buon vino –
precisa Francesca – subentrano molti fattori, tra cui un
clima adeguato e un’altitudine importante. È per questo
che abbiamo investito tanto sui nostri terreni». Lo hanno
fatto e continuano a farlo anche Miriam Masciarelli e
la sua famiglia, con la loro azienda agricola dislocata tra
le 4 province abruzzesi. Seguendo le orme dei genitori,
coniugando la loro esperienza alla sua spasmodica
passione per l’arte, questa giovanissima produttrice
vinicola segue con tanta creatività l’aspetto enoturistico
della sua cantina. Grazie alla cornice esclusiva del
Castello di Semivicoli, vicino a San Martino sulla
Marrucina (Chieti), Miriam si dedica all’organizzazione
di eventi dove l’arte, la filosofia e la cultura si incontrano
con le speciali etichette “Masciarelli”.
Sono in gamba, questi giovani produttori. Hanno
attenzione, competenza e tanto talento. Ma soprattutto,
basta guardarli negli occhi, che la loro passione
diventa palpabile e rassicurante sul futuro di qualità
dei prodotti abruzzesi.
PAG 43 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
c come speciale under trenta
e Francesca si sono divisi i compiti.
Lui, che si definisce enologo “da
assaggio” e ha la passione per il vino
da quando aveva 8 anni e si divertiva
a giocare con qualcosa di “proibito”,
si occupa della parte tecnica
dell’azienda, seguendo le sue uve
dalle vigne fino a tavola. Francesca
cura l’aspetto amministrativo da
ormai 4 anni. Insieme vogliono
modellare un’azienda che guardi
alle moderne tecnologie tenendo
ben saldo un piede nella storia, dalla
quale trarre la forza della tradizione.
Giovanni, Francesca, Eugenia
Santoleri
Azienda agricola “Santoleri
Crognaleto”, Guardiagrele Ch
Nati il 9/11/1982, 19/01/1984,
24/06/1993
Non possono fare a meno di:
sostenersi a vicenda
Giovanni, un fiume in piena;
Francesca, più pacata; Eugenia,
decisamente più riservata. Sono
fratelli e insieme portano avanti
la loro azienda vitivinicola. Una
cantina, quella della famiglia
Santoleri, che nasce grazie al nonno,
con la produzione della prima
etichetta nel 1970. Il padre Nicola
prende in mano le redini dell’azienda
e loro crescono tra vigne,
vendemmie e botti, scegliendo
altre strade. Giovanni si iscrive
alla Facoltà di Giurisprudenza,
Francesca a quella di Economia
e Gestione delle imprese. È poi la
tragedia della perdita del padre
ad introdurli nell’azienda di
famiglia. Nonostante improvviso,
l’ingresso in cantina ha già concesso
a Giovanni e Francesca grandi
soddisfazioni. In attesa che anche
Eugenia finisca il liceo scientifico,
intraprenda studi universitari e si
unisca a loro in azienda, Giovanni
Roberto Fracassa
Azienda agricola “Fracassa”,
Sant’Egidio alla Vibrata (Te)
Nato il 26/06/1985
Non può fare a meno di: un
tatuaggio che ha fatto 4 anni fa per
ricordarsi ogni giorno che bisogna
saper affrontare i cambiamenti.
Sono due anni che Roberto concilia
i suoi studi in Biotecnologie
presso l’università di Teramo con
la saporitissima produzione di
formaggi e salumi dell’azienda
agricola paterna “Fracassa”,
ma già durante i suoi studi
superiori, nell’indirizzo chimico
dell’istituto tecnico industriale,
dava il suo contributo all’attività
familiare. Ha scelto di affiancare
suo padre occupandosi di molti
rami aziendali, dalla produzione
alla promozione, fino a parte
della commercializzazione dei
suoi prodotti. Ma quest’ultimo
settore è più campo del fratello
maggiore Luigi. Pur senza aver mai
frequentato corsi specifici, si avvale
quotidianamente di consulenze
tecniche a livello industriale
così da produrre un costante
accrescimento nella qualità. Mosso
dalla passione per il suo mestiere,
Roberto ha sempre messo in primo
piano l’etica del lavoro, che passa
attraverso il benessere dei suoi
collaboratori, garantendo sicurezza
e un’attenzione particolare alle
loro esigenze. Con l’obiettivo di
diventare un produttore che ha
apportato un contributo al suo
territorio, questo giovanissimo
imprenditore ha già introdotto
molte novità tecnologiche, volte al
raggiungimento di salumi di qualità.
Perla Pasetti
Azienda Agricola “Contesa”,
Collecorvino (Pe)
Nata il 26/10/1983
Non può fare a meno di: una
bottiglia di “Amir” in cantina, il vino
dedicato al fidanzato
Ha respirato profumo di mosto
fin da piccolissima. Quella di
Perla è una famiglia di viticoltori
da generazioni e lei è cresciuta
tra vendemmie e fiere vinicole
insieme ai suoi fratelli, Franco,
PAG 45 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
c come speciale under trenta
delle tradizioni ma soprattutto della
natura e di tutte le fasi della filiera
agroalimentare.
Paola e Laura Del Casale
Azienda agricola “Sergio Del
Casale”, Vasto (Ch)
Nate il 14/3/1986, 21/09/1988
Non possono fare a meno di: la
telefonata alla nonna per raccontare
ogni successo personale e lavorativo.
neotrentenne, Ugo, che oggi è un
wine broker a Londra, e il piccolo
Pierpaolo. Perla non pensava di
occuparsi dell’impresa quando
ha scelto i suoi studi universitari,
prima con la laurea triennale in
Comunicazione e Marketing e dopo
con la specialistica in Marketing
d’impresa. Ma poi perfino le tesi
l’hanno sempre riportata alla sua
passione per il nettare di Bacco.
Dopo un master in “Marketing
del vino”, frequentato alla Scuola
del Gusto del Gambero Rosso, si
occupa ormai da 4 anni a tempo
pieno dell’azienda “Contesa” insieme
a suo padre Rocco Pasetti, che
continua ad essere l’enologo della
cantina, alla mamma Patrizia e
al fratello Franco, che gestisce
il settore commerciale. Tante le
novità apportate dalla creatività
e dal talento di questa giovane
produttrice, dal completo rinnovo
delle etichette fino alla creazione
di una linea di vini rivolta ad una
fascia di mercato più esclusiva. Tutti
insieme intendono consolidare sui
mercati nazionali ed internazionali
i loro vini, prodotti nel rispetto
Sono più che sorelle, Paola e Laura.
Si capiscono con uno sguardo.
Parlano quasi all’unisono. Hanno
la stessa ardente passione per il
loro vino. Fin da piccolissime
sono divenute indispensabili alla
cantina vinicola “Sergio Del Casale”,
affiancando i genitori Sergio e
Lucia. Oggi stanno costruendo il
loro futuro intorno alle preziose uve
della loro terra. Dopo aver entrambe
frequentato l’Istituto agrario,
assecondando le loro inclinazioni,
hanno scelto strade diverse. Paola
si è iscritta alla Facoltà di Enologia
e Viticoltura e ha già ottenuto
tantissimi riconoscimenti per i
vini da lei prodotti. Recentissima
la medaglia d’oro conquistata al
Vinitaly per il suo Montepulciano.
Laura, invece, sta frequentando la
Facoltà di Economia del turismo,
e ha già messo in pratica la sua
intuizione sull’eno-turismo. È fonte
di rilevanti soddisfazioni, per l’intera
famiglia, l’agriturismo dedicato agli
amanti del vino, costruito nel cuore
della loro bottaia e già frequentato
da moltissimi turisti. I compiti
di queste due solari sorelle sono
distinti, ma gli obiettivi univoci.
Nei progetti, accuratamente
elaborati insieme, c’è il desiderio
di far conoscere i loro prodotti, di
conquistare i veri amanti del vino e
di rendere l’azienda un mezzo per
promuovere la loro adorata Vasto.
Massimiliano D’Addario
Azienda Agricola “Palusci Marina”,
Pianella
Nato il 06/02/1984
Non può fare a meno di: le sue
olive, con cui “chiacchiera” tutte le
sere prima di andare a dormire
Si presenta come un “uomo
di ferro” proprio come il suo
olio, Massimiliano D’Addario,
giovanissimo mastro oleario
pianellese. Quello che prova per
le sue olive è un amore atavico
ritrovato a 16 anni, quando dopo
aver intrapreso l’Istituto tecnico
industriale, la sua spiccata
predisposizione per la tecnologia ha
lasciato il posto al suo dirompente
sentimento agricolo. Da quel
momento, un percorso di studi
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c come speciale under trenta
e di ricerca continui e numerosi
corsi di specializzazione lo hanno
portato a diventare un Mastro di
frantoio talentuoso e qualificato. Di
competenza Massimiliano ne ha da
vendere e lo ha già dimostrato con
tutte le novità introdotte nella sua
azienda. Dall’ammodernamento del
frantoio alla collocazione dei suoi
prodotti nella ristorazione di alta
fascia. D’altra parte, questo per lui
non è solo un mestiere, ma una vera
e propria missione: una missione
nella quale lui è solo un passaggio
di una staffetta generazionale, con
il compito di tenere in custodia
gli olivi che ha ereditato per poi
consegnarli alle future generazioni.
La sua è una filosofia che lo spinge a
volare alto e lo dimostra il suo sogno
nel cassetto: riuscire, “da bravo
tecnico”, a realizzare due campagne
olearie in un anno, una in Italia e
l’altra in Australia o in Giappone.
Luigi Di Camillo
Azienda Agricola “Tenuta I Fauri”,
Chieti
Nato il 10/06/1983
Non può fare a meno di: un libro di
chimica enologica, riposto sempre
nel suo laboratorio analisi
Non ha nemmeno 29 anni, e
Luigi Di Camillo è un enologo
competente che ha sentito la sua
“vocazione” già subito dopo la
scuola. Luigi ha imparato l’arte del
vino prima sui libri, alla Facoltà
di Agraria, e poi tra le variegate
vigne del Triveneto, frequentando
la laurea specialistica in Enologia
e Viticoltura presso l’Interateneo
di Padova, Verona e Friuli. Ora
sono quasi 4 anni che si divide
tra le due cantine dell’azienda di
famiglia “Tenuta I Fauri”: quella
più tecnologica, dedicata alla
produzione di bianchi e rosati, e
quella più tradizionalista, dove si
vinificano i rossi. Insieme ai genitori
e alla sorella più grande Valentina,
che dopo una laurea in Chimica
e Tecnologie farmaceutiche ed
un corso di Enologia si occupa
dell’aspetto marketing dell’azienda,
Luigi si dedica con passione ai 40
ettari di vigneti della sua Tenuta.
Per Luigi, quella del vino è un’arte
che ogni giorno cerca di affinare
con sperimentazioni e interazioni.
Sono tante le sue ricercatissime
creazioni, che spaziano dai vini più
classici a piccole produzioni di oli,
fino ad una grappa di vinacce di
Montepulciano, e che conservano
l’intento di rimanere onesti nei
confronti del consumatore. Prossimi
obiettivi: Giappone, America, Cina,
Gran Bretagna e Belgio, da dove ha
già ottenuto risposte positive.
Lisa e Giovanni Centini
Cioccolateria “Centini Chocolate”,
Bisenti (Te)
Nati il 23/05/1988, 18/12/1989
Non possono fare a meno di: la
patente del nonno, che porta sempre
con sé (Lisa); la chiacchierata a fine
giornata con il nonno (Giovanni)
Saper fare i dolci è nel loro Dna.
D’altra parte, con un nonno fornaio
e un papà prima pasticciere e ora
maestro cioccolatiere, non poteva
che essere così anche per i fratelli
Centini. Dopo aver frequentato il
Liceo artistico, né Giovanni e né
PAG 47 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
c come speciale under trenta
Lisa hanno avuto dubbi. Anche
se Lisa si è iscritta alla facoltà di
Scienze Motorie, ha deciso come
il fratello che il suo futuro è nel
laboratorio di cioccolato costruito
dal papà Ezio sotto le cime del
Gran Sasso. È già da due anni
che questi due giovani teramani
sono immersi tra le molteplici
varietà di golosissimo cioccolato
che tutta la famiglia produce
artigianalmente. Entrambi si
dividono tra il laboratorio, dove
ogni giorno carpiscono i segreti che
danno vita a cioccolate dai connubi
originalissimi, e il negozio, che
proprio loro due portano avanti
da un anno nel centro di Teramo.
A dare una mano ogni tanto c’è
anche la sorella minore Virginia,
che frequenta ancora il liceo,
ma che ad appena 18 anni è già
un’ottima pasticciera. Cioccolate
estremamente naturali, gusti audaci
e packaging accattivanti permettono
a questi cioccolatieri in erba di
crescere e di espandere l’azienda
sempre di più, alla ricerca costante
di un ulteriore consolidamento del
loro marchio di qualità.
Giovanna e Francesco Chiarieri
Azienda Agricola “Chiarieri”,
Pianella (Pe)
Nati il 16/04/1984, 16/12/1988
Non possono fare a meno di:
ripetere alcune frasi, che custodisce
gelosamente, e di alcuni suoi anelli
(Giovanna); inviare un sms alla
sua fidanzata prima di ogni evento
importante (Francesco)
Rappresentano la quarta
generazione in fatto di produzione
di vini e di olio. Giovanna e
Francesco Chiarieri sono saltati
sul carro della loro quasi secolare
azienda agricola tra le colline
pescaresi e hanno già salde tra
le mani le redini dell’attività di
famiglia. Lei, degustatrice di
olio con una laurea in Scienze
Manageriali, gestisce la contabilità
e l’amministrazione dell’azienda
“Chiarieri”. Lui, enologo già da
quando aveva 22 anni, si diverte
a creare nuovi vini, combinando
uve nate nella splendida cornice
tra l’Adriatico e la Maiella. Dietro
il lavoro di questi due fratelli c’è
una dedizione totale verso un’arte
che rappresenta tutta la loro vita.
Ma soprattutto c’è l’amore per
un mestiere che si tramanda di
generazione in generazione già
dal 1927, quando Ciriaco Chiarieri
inizia la sua avventura. Oggi questi
due fratelli, che hanno trascorso
tutta l’infanzia tra i 50 ettari della
loro Tenuta, tra vigneti e uliveti,
vanno alla ricerca di nuovi mercati e
canali di vendita da conquistare con
i loro prodotti genuini. Vini e oli che
fanno della qualità e di un connubio
perfetto tra tradizione e innovazione
i loro punti di forza.
Francesca Pasetti
Azienda Agricola “Pasetti vini”,
Francavilla (Ch)
Nata il 6/09/1983
Non può fare a meno di: un
rametto di basilico, conservato in
una copia della tesi, che suo nonno
le ha regalato il giorno della laurea.
Capelli rossi come il colore dei vini
che lei e la sua famiglia, enologi di
antica tradizione, producono da
sempre. Lei è Francesca Pasetti, 29
anni a settembre e dal curriculum
molto ricco. Dopo una laurea
in Economia e Management e
il Master in Comunicazione e
giornalismo enogastronomico
del Gambero Rosso, diventa
sommelier, degustatrice di olio e
perfino di acqua. Sempre vicina
all’attività della “Pasetti vini”, è da
tre anni che affianca i genitori e il
fratello Massimo, 27 anni appena
compiuti, che sta in cantina tutto il
giorno. È Francesca che si occupa,
infatti, di quello che lei non definisce
un lavoro bensì la sua quotidianità:
la gestione organizzativa della
società. Insieme a Massimo e
a Davide, il terzo dei fratelli,
attualmente iscritto alla Facoltà
PAG 49 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
I nostri più affezionati clienti.
La prima azienda mangimistica italiana con sistemi certificati
di gestione per la qualità e per l’ambiente.
Dal 1981 la SAGeM produce e fornisce mangime di prima qualità
per i propri clienti, senza trascurare le necessarie garanzie per i
nostri produttori. Il ciclo di produzione, denominato Natura Ciclo
Completo, avviene con un controllo attento e costante delle fasi
di semina e raccolto. Qualità e rispetto
processi di
etto dei naturali p
nutrimento sono i principi che guidano
lavoro.
no il nostro lavo
oro. L
L’accurata
selezione delle materie prime rende il
nostro mangime di qualità superiore.
e.
S.A.Ge.M. - Soc. Coop.
Via Salara, 52 · 64026 Roseto degli Abruzzi (TE) · Tel. 085.8930184 r. a. · Fax 085.8943046 · www.sagem.coop · e-mail: [email protected]
di Enologia di Milano, Francesca
vuole continuare sulla stessa scia
dei genitori, guidando un’azienda
nella quale è la loro unione a fare
la differenza. Ma sono anche tanti
altri i progetti in cantiere: dal
rinnovo completo della cantina ad
investimenti tra le vigne della loro
Tenuta, immersa tra il Gran Sasso
e della Maiella, fino a nuovi sbocchi
nei mercati esteri, dove già i loro
vini sono più che conosciuti.
Danilo Giampaolo
Azienda Agricola “Abruzzo Vini”,
Cepagatti, Pescara
Nato il 24/03/1985
Non può fare a meno di: “giocare”
con i suoi anelli quando è nervoso
La scuola non era proprio il suo
forte… o almeno è quello che
racconta. Ma adesso le cose per
Danilo Giampaolo, classe 1985,
figlio di Luigi, creatore e titolare
dell’azienda agricola “Abruzzo
Vini”, sono decisamente diverse.
Finito il liceo scientifico Danilo,
che non ama stare sui libri ma ha
una “sfrenata passione” per il vino,
ereditata dalla famiglia, non ci
pensa due volte e inizia da subito
la sua esperienza enologica. Da
quel momento affianca il padre e
trascorre la sua quotidianità ad
assorbire ogni più piccolo segreto
nella gestione dell’azienda di
famiglia. Sì, perché per ora Danilo
ha scelto di occuparsi del settore
commerciale della società, ma non
esclude di seguire corsi più specifici,
così da dare un contributo ancor più
significativo anche alla produzione
dei suoi vini, creati dai vigneti della
vallata del Pescara in una coltura
che si divide tra il biologico e
l’innovazione tecnologica. Anche
se ad oggi le decisioni sono prese
di concerto con il padre, Danilo
il futuro della sua azienda ce l’ha
ben chiaro nella mente: continuare
ad ingrandire e consolidare la
presenza della grande varietà e
qualità dei prodotti “Abruzzo Vini”
in tutta Italia oltre che in Europa,
in Giappone e in America dove
ad oggi hanno conquistato una
ragguardevole fetta di mercato.
Paolo Neri Jr
Azienda Agricola “Il Feuduccio di
Santa Maria d’Orni”, Orsogna (Ch)
Nato il 05/09/1985
Non può fare a meno di: il suo
cellulare, prolungamento della
mente e del corpo
Parlantina sciolta, accento toscano,
anima ormai abruzzese. Lui è Paolo
Neri Jr e insieme ai tre fratelli e ai
suoi genitori si dedica totalmente al
suo “Feuduccio”. Sono trascorsi 12
anni da quando Paolo si è trasferito
in Abruzzo dalla Toscana con
tutta la famiglia, che oggi produce
vini di qualità alle pendici della
Maiella. Dopo aver frequentato il
Liceo scientifico a Pescara, Paolo è
tornato di nuovo nella sua Firenze
per laurearsi in Studi internazionali,
ma intanto ha continuato a coltivare
la sua passione per il vino seguendo
corsi da Sommelier. Conclusa
l’esperienza universitaria, da più
di un anno si occupa full time del
webmarketing dell’azienda, segue
i rapporti con i clienti più esigenti
e promuove la sua cantina ad un
pubblico under 30. Con lui in
azienda c’è anche uno dei 3 fratelli, il
ventiduenne Alessandro, che dopo
il diploma in ragioneria gestisce
l’amministrazione del “Feuduccio”.
È un’azienda relativamente
giovane la loro, ma con obiettivi
ben precisi, come promuovere
l’intero territorio abruzzese, che
a detta di Paolo è troppo poco
valorizzato, con il vino in Italia e
all’estero, dove le loro uve hanno già
trovato uno spazio considerevole;
e diventare una cantina di punta
per la regione, mantenendo unita la
famiglia e tramandando l’arte della
vinificazione alle generazioni future.
PAG 51 / SPECIALE UNDER TRENTA / C COME PRODUTTORI
«La linea è stata completata il 30
luglio 1888 e per 240 Km disegna
una cintura sullo “Stivale”»
c come treni
DI MONICA ANDREUCCI / FOTO_EMILIO TOTARO
Golosità ferroviarie
L’appettito viene sulla
Pescara-Roma
Peccato che tra le tante celebrazioni per il 150°
dell’Italica Unità, nella nostra regione non si sia
pensato di organizzare un treno speciale, tra fanfare
e tricolori, lungo la linea che collega l’Adriatico
alla Capitale. Anche i binari da Pescara a Roma,
decisamente squalificati dall’apertura dell’Autostrada
A24 (almeno nel tratto transappenninico, tra Sulmona
e Tivoli), avrebbero avuto così il loro quarto d’ora di
celebrità, magari ripercorrendone la ricca storia che
s’intreccia con gli eventi unitari. E sottolineandone
l’eccezionale varietà di prodotti agroalimentari tipici
delle zone attraversate. I 240 km di questa strada ferrata
disegnano una cintura sullo “Stivale”, attraversando
l’Abruzzo da parte a parte, incontrando quindi un po’
tutti i microclimi, i terreni, le esposizioni, le correnti
d’aria di casa nostra e, così, snocciolano ai turisti del
gusto più disponibili e curiosi molte delle tipicità
enogastronomiche regionali. La linea, completata il 30
luglio 1888, ha un tracciato la cui elevatissima tortuosità
si giustifica solo in parte con l’attraversamento di ben
due schiene appenniniche, ossia i margini della Piana
del Fucino. Intanto il percorso da Pescara a Sulmona,
il primo ad entrare in esercizio, il 1 marzo 1873, venne
pensato come parte della linea che collegandosi a
Terni da una parte ed a Napoli dall’altra, avrebbe
unito la zona umbro-toscana con il Tirreno evitando
lo Stato Pontificio. La seconda parte dell’itinerario,
progettato dopo la presa di Roma, senza più quindi
doverla bypassare per questioni politiche, rappresentò
il collegamento tra la Capitale e l’Abruzzo, quasi una
‘Salaria-Tiburtina Valeria’ via treno. Nel viaggio si
possono individuare alcune stazioni che coagulano
più opportunità di scoperta agroalimentare del
territorio che gli sta intorno; certo che a partire dalle
rive dell’Adriatico per…tuffarsi nei nostri monti, il
primo impatto è già eccezionale, perché ci si infila
nelle Gole di Popoli, là dove le catene della Maiella
e del Gran Sasso si incontrano tra le rive dell’AternoPescara. Appena prima, a Tocco da Casauria, già si
dovrebbe scendere dal convoglio per assaporare tutti
i 72 gradi della Centerbe. Quindi, dopo Popoli, si
slarga scenografica la Conca Peligna, con al centro
Sulmona: come non fare un pensierino ai suoi confetti
(nel 1853 se ne producevano 1.000 libbre al giorno!) ed
al torrone tenero al cioccolato? I binari ora sembrano
volersi conficcare nel fianco del Monte Prezza, ma
solo fino allo sbocco del fiume Sagittario, perché
alla stazione di Anversa si cambia direzione quasi
di 180°. Buffo vedere che qui, per andare alla stessa
destinazione, l’autostrada e la ferrovia prendono due
direzioni opposte. Ci si alza molto di quota, e la veduta
è splendida, con la piana Peligna là sotto. Dopo poco,
alcune gallerie tra cui quella più lunga della linea,
quella di Carrito da cui si apre uno squarcio su una
valletta ch’è davvero enclave per i buongustai. È lì il
posto in cui andare a scovare le diverse qualità di mele
della Valle del Giovenco, quelle antiche dal profumo
inconfondibile e dal sapore che non si può raccontare.
Qui, tra l’altro, anticamente, durante la mietitura
si faceva l’acquata, un vino leggero spremendole
con la seconda torchiatura dei raspi d’uva. Il resto è
l’Avezzanese, col suo antico lago – sulle cui sponde
pare corresse, neanche a dirlo, una linea ferroviaria – le
parabole di Telespazio ed i camion di ortaggi. Quindi
Tagliacozzo, e giù fino a Tivoli e alla congestione della
metropoli.
PAG 53 / C COME TRENI
anversa
è la “porta” delle spettacolari gole
del fiume Sagittario, riserva naturale di grande pregio
ambientale e paesaggistico. Nonostante l’orografia
tormentata, pur con quantitativi assai limitati, questa
Valle – in cui si snoda la strada che, passando per
Scanno ed il suo lago, sale fino al Parco Nazionale
PNALM raggiungendo Passo Godi – presenta tipicità
agroalimentari di tutto rispetto, certificate dall’allora
ARSSA quale “prodotto tradizionale d’Abruzzo”.
Di queste, ovviamente legate all’attività silvopastorale,
vanno segnalate la salsiccia di fegato con miele ed il
caprino abruzzese. La prima è originale variante della
salsiccia di fegato consueta, al cui impasto è aggiunto un
10/15% di miele e mosto cotto; sarebbe stata introdotta
dai Duchi d’Acquaviva, Signori di Atri e di buona
parte dell’Abruzzo nel pieno del loro fulgore, i quali
ne avrebbero appreso la ricetta da mercanti veneziani.
Riguardo al formaggio, la procedura originale viene
localizzata nell’area di Villalago e reca un prodotto
che può essere consumato sia relativamente fresco sia
stagionato. Tra le realtà produttive indigene, dove poter
trovare anche altre specialità gustose, la più strutturata
è “La porta del Parco”. Nunzio Marcelli e famiglia sono
stati pionieri inventandosi, ancora vent’anni fa in tempi
grami per l’agroalimentare ruspantemente genuino, una
tra le più originali forme di autofinanziamento: “Adotta
una pecora”, anche grazie ai primi collegamenti del
web, è arrivata dappertutto, contando tra i proprietari
virtuali dei capi da loro allevati persone distanti decine di
migliaia di Km ma che, dal paesino abruzzese sperduto,
ogni stagione ricevono i prodotti del loro ovino o caprino
sponsorizzato.
Le pecore di Nunzio Marcelli si fanno strada
nella neve (foto scattata da cellulare, febbraio 2012,
concessa da Adotta una pecora)
introdacqua, come ricorda il nome
stesso, è un paese ricco di acque provenienti dai vicini rilievi,
tra cui il Monte Genzana, che da sempre alimentano una
rigogliosa agricoltura. Qui, in Località “Cisterna”, sorge
il laboratorio fondato da Sabatino Pingue nel 1889. I loro
salumi sono ottenuti da “maiali pesanti allevati su paglia”,
tecnica poco diffusa che dà grande benessere agli animali,
provenienti dagli allevamenti sia locali che dell’azienda tutti
nella Valle Peligna. Ecco quindi le brigantelle (salsicce) di
carne, al fegato e tartufate, i coglioni di mulo dalla tradizione
norcina di Campotosto, la lonza, il salame affumicato al
Montepulciano d’Abruzzo o al tartufo, la ventricina, il salame
PAG 54 / C COME TRENI
di capra, i prosciutti, le salsicce sott’olio e sotto strutto,
lo strutto. Da non perdere il guanciale del Brigante,
considerato un pezzo “minore” eppure una delle parti più
gustose e saporite del maiale. Si tratta di lardo venato di
magro ottenuto dalla ganascia che viene “consata”, cioè
miscelata, con gli ingredienti tipici (sale, pepe, aromi
naturali provenienti da erbe locali) e fatta riposare. Dopo
un periodo di asciugatura a temperatura e umidità sotto
controllo, il guanciale viene stagionato molto lentamente
con il solo clima, particolarmente favorevole, della zona.
In passato era il rancio per i briganti che infestavano
le nostre terre, oggi indispensabile per bucatini
all’amatriciana e spaghetti alla carbonara, ottimo gustato
a fette sul pane. Molto particolare è poi il capriccio
d’Abruzzo, un salame di capra che nasce da un’antica
ricetta dei pastori della Valle Peligna e della Valle del
Sagittario, praticata fino agli anni Settanta per trovare
una soluzione alle capre di… fine carriera. Dal connubio
tra la loro carne (solo magra e di capi sani e robusti: il
grasso non si presta ad essere insaccato) e grasso di
maiale pesante, si ottiene una vera leccornia. Il composto,
che viene “consato” aggiungendo pure bacche di ginepro,
è quindi insaccato in budello naturale di suino legato a
mano e delicatamente stagionato.
«Il mostocotto è
testimoniato da
queste parti sin dal
tempo dei Romani»
prezza:
il paese si svela, suggestivo, poco
alla volta, con le sue antiche case abbarbicate sul limite
Ovest della Conca Peligna, terra ad alta vocazione
vitivinicola tanto che, fin dall’antichità, viene ricordata
per i suoi pregevoli vini. Nel cuore del paese sorge
Praesidium, l’azienda di Enzo Pasquale, ricavata in
parte da una grotta naturale dove sono conservate
botti in legno di rovere per l’invecchiamento del vino.
Una passione trasmessa a tutta la famiglia che collabora,
tra l’altro, imprimendo pazientemente su ogni bottiglia la
ceralacca rossa, divenuta inconfondibile segno distintivo.
Loro specialità sono anche il mostocotto e la ratafià.
Il primo è testimoniato da queste parti sin dal tempo dei
Romani. Secondo il metodo tradizionale, il mosto fiore
ottenuto da uve selezionate di Montepulciano d’Abruzzo
viene fatto bollire per sedici ore a fiamma moderata in un
grande recipiente di rame, rimestando continuamente
finché, da dieci litri iniziali, ne restano solo due.
Può essere utilizzato per preparare dolci o, al posto del
miele, su formaggi stagionati, ricotta, frutta, come le pere
al forno; è ottimo anche sulle verdure grigliate e sulla
carne bollita. A Prezza viene usato per insaporire una
prelibatezza locale, il baccalà in agrodolce. La Ratafià
invece è un liquore che nasce dal felice connubio, tramite
sapiente macerazione, tra le qualità organolettiche del
Montepulciano e le proprietà aromatiche delle ciliegie
amarelle, tipiche della vicina Raiano. Un prodotto che
si accompagna magnificamente alla pasticceria secca, al
cioccolato amaro e ai gelati.
PAG 55 / C COME TRENI
«Morbidezza e
fragranza sono
qualità che durano
nel tempo»
fucino:
L’area di quello che fu lo specchio
d’acqua più vasto d’Italia – la cui necessità di prosciugamento
perché paludoso, quindi malsano, era avvertita fin dall’epoca
Romana – da quasi due secoli concentra quantità rilevanti
di produzioni orticole nazionali. Nell’alveo dell’antico
lago si coltivano, tra l’altro, due specialità agroalimentari
d’eccellenza come la patata degli Altipiani d’Abruzzo e la
carota dell’altopiano del Fucino.
La prima si distingue per la lunga capacità di
conservazione,
mantenendo
le
caratteristiche
organolettiche rese uniche dalla tipicità dell’ambiente
in cui cresce. Oltre all’uso consueto, proprio questi
tuberi rendono “prodotto tradizionale” nostrano il
pane con le patate, dall’impasto ottenuto con farina
di grano “solina” (la cui coltivazione è documentata
in Abruzzo fino dal XVI secolo) miscelata a piccoli
frammenti del biondo tubero. Morbidezza e
fragranza sono perciò qualità che durano nel tempo.
Quanto alla carota locale, si presenta con superficie
perfettamente liscia, quindi idonea meglio di altre
a successive lavorazioni, con particolare tenerezza e
croccantezza, oltre alla dolcezza del sapore. Inoltre
risulta altissimo il tenore di carotene e vitamine.
Tra gli utilizzi più recenti, specialità tanto curiosa quanto
gustosa è la confettura extra di patate, preparata unendo
ai tuberi mela, arancia, zucchero e vaniglia, ottima sia
spalmata sul pane a mo’ di merenda sia d’accompagno a
formaggi e ricotte. È la ditta pescarese “Borgo d’Abruzzo”
a realizzarla, insieme ad un’originale crema di carote alle
erbe con cui si definiscono tartine e bruschette, inusitato
condimento per pastasciutte delicate e carni di carattere.
PAG 57 / C COME TRENI
c come ricette
A CURA DELL’UNIONE CUOCHI ABRUZZESI
“lu Taralle de Sande Biascje” (il tarallo di S. Biagio)
Fin dall’antichità il pane ha assunto significati
magico-sacrali, tanto che in Abruzzo vengono
realizzati diversi pani devozionali che prendono
forme diverse a seconda delle ricorrenze religiose.
Il 3 febbraio, ad esempio, ricorre la festa di S. Biagio
e in quasi tutta la regione si prepara “lu Taralle de
Sande Biascje” (il tarallo di S. Biagio): ciambelle di
pasta pane leggermente dolci e profumate con semi di
anice. La tradizione vuole che la loro forma circolare
ricordi la gola, di cui il Santo è protettore. Si narra,
infatti, che mentre il vescovo di Sebaste percorreva
la strada che lo portava al martirio, salvò un ragazzo
che stava soffocando a causa di una lisca di pesce con
l’imposizione delle mani sulla sua gola. Nelle chiese
abruzzesi il 3 di febbraio i parroci benedicono la gola
dei fedeli e anche i taralli, che, secondo la credenza
popolare, acquistano un potere sacrale-terapeutico,
infatti per consumarli non bisogna tagliarli con il
coltello ma spezzarli con le mani. Anticamente, alcuni
pezzi di tarallo venivano conservati per mangiarli
quando si soffriva di mal di gola. S. Biagio è anche il
patrono di Taranta Peligna, perché prima di essere
decapitato fu torturato con i pettini dello “scardasso”,
tipico attrezzo utilizzato per la cardatura della lana, e
Taranta nel Medioevo era rinomata per la produzione
della lana con cui si realizzavano le caratteristiche
coperte chiamate “Tarante”. In ossequio al Santo,
dal 1536 nel piccolo centro in provincia di Chieti si
preparano le panicelle, una sorta di piccole focacce
realizzate affiancando quattro cordoni di pasta pane
delle dimensioni e della forma delle dita della mano,
timbrati con l’effigie di San Biagio.
PAG 58 / C COME RICETTE
Ingredienti per 5 taralli: 200 g di farina di
grano tenero 00, 50 g di lievito madre, 20 g
di zucchero semolato, 30 g di strutto, 120 g
d’acqua, 2,5 g di semi di anice.
Sciogliere lo strutto. Amalgamare la
farina con tutti gli ingredienti e impastare.
Formare il panetto e lasciare lievitare.
Dividere il composto in 5 parti, formare
dei cordoni chiuderli a cerchio e lasciarli
lievitare di nuovo. Cuocere in forno a 170°
per 30’. (Ricetta di Lorenzo Pace)
La Cicirchiate (cicerchiata)
Molto probabilmente la trasformazione del nome
in cicerchiata deriva dalla somiglianza delle palline
con la cicerchia, una varietà di legume anticamente
molto diffusa in regione. È la versione abruzzese
degli struffoli napoletani.
La cicerchiata si è affermata in Abruzzo come dolce
tipico legato alla ricorrenza del Carnevale, non a
caso è riconosciuto come prodotto agroalimentare
tradizionale abruzzese. Il Carnevale è il giorno in
cui si mangiano infinite leccornie prima del digiuno
quaresimale: la cicerchiata, appunto, si inserisce
perfettamente nei piatti “dell’abbondanza”, in quanto
è molto ricca di miele e i confetti colorati richiamano
l’estrosità carnevalesca. Le aree del Sangro e della
Frentania sono le zone dove viene preparata di più,
grazie alla grande quantità e qualità di miele che si
produce in quel territorio e in modo particolare nel
Comune di Tornareccio.
Ingredienti per 6 persone: per la pasta: 500 g di farina 00,
60 g zucchero, 4 uova, 60 g di Trebbiano d’Abruzzo, 40
g d’olio extravergine d’ oliva. 400 g d’olio extravergine
d’oliva per friggere. Per il condimento: 250 g miele Millefiori
di Tornareccio, 50 g di zucchero. Per la guarnizione: 20 g
di confettini colorati.
Per la pasta: impastare la farina con gli ingredienti
e lasciarla riposare per 1 ora in frigorifero. Ricavare
delle piccolissime palline, friggerle e scolarle su carta
assorbente. Sciogliere il miele con lo zucchero e farci
rotolare le palline finché è caldo. Versare il composto su
di un tavolo inumidito, formare 6 ciambelle e decorarle
con i confettini colorati. (Ricetta di Ernesto Cinalli)
PAG 59 / C COME RICETTE
c come libro
“Sapori dal mondo”
Quando il cibo
accorcia le distanze
Nasce da un’esperienza di solidarietà a Martinsicuro il
libricino curato da Giovanna D’Angelo per la Zikkurat
International Business. Si tratta di una raccolta di ricette
multietniche, declinate al femminile, che ha saputo unire
in un unico intento donne di origini diverse, pronte a
raccontare con erbe, caratteri speziati e piatti singolari, le
loro differenti culture del “saper fare”.
Questa esperienza nasce in seno all’associazione “On
the Road” ed è stata condotta da Giovanna D’Angelo
in qualità di educatrice responsabile del progettolaboratorio finanziato dalla Fondazione Vodafone.
Grazie a questo percorso, ragazze di diverse nazionalità
e con la necessità di inserirsi nel mondo del lavoro sono
diventate chef d’eccezione, riuscendo ad acquisire, con il
gusto del divertimento e lo spirito dell’attività manuale,
competenze utili per offrire una possibile professionalità
nel campo della ristorazione.
Divise per antipasti, salse, pani, pasta secca, risotti,
zuppe, primi e secondi piatti, dessert e infine crêpes sia
salate sia dolci, sono decine le ricette raccolte in questo
libricino, provenienti dalla saggezza italiana sì, ma anche
rumena, albanese, marocchina, così come greca, cubana
e nigeriana.
«Questa esperienza nasce in seno all’associazione
“On the Road” per un progetto di inserimento nel
mondo della ristorazione»
PAG 61 / C COME LIBRO
c come news
Solo Città Sant’Angelo alla Bit
Neanche quest’anno la Regione Abruzzo
è stata presente alla Bit di Milano, che
si è svolta dal 16 al 19 febbraio, ma a
differenza del 2011 la reazione dei media
in regione è stata uguale inferiore a
zero. Ci siamo già rassegnati a visitare
la Bit solo come operatori e non come
protagonisti? Ad ogni modo l’Abruzzo
è stato degnamente rappresento dal
Comune di Città Sant’Angelo, che
come l’anno scorso è stata ospite nello
stand riservato ai Borghi più Belli
d’Italia. Come riferito dal consigliere
delegato Luciano Camerano, lo stand
è stato dedicato alla promozione
delle attività ricettive sul territorio
angolano e alle bellezze artistiche del
borgo di Città Sant’Angelo. Se l’anno
scorso la gastronomia locale è stata
rappresentata da Ekk Abruzzo in
sintesi, quest’anno i prodotti tipici sono
stati portati dall’associazione agricola
“Terre Alto Angolano”, proponendo in
degustazione olio, pane, prodotti caseari
e conserve sott’olio e sottaceto di Città
Sant’Angelo. L’attività di marketing
territoriale prosegue a Trieste dal 2 al 5
marzo, per l’esposizione “Olio Capitale”.
È la prima volta che Identità Golose,
in otto edizioni, proclama un abruzzese
migliore cuoco dell’anno: il meritevole
è Niko Romito, che in prossimità
dei sei mesi di rodaggio della nuova
struttura CasaDonna a Castel di
Sangro, all’inizio di febbraio 2012 si è
visto consegnare a Milano il premio di
Identità Golose come miglior cuoco
dell’anno direttamente dalle mani di
Casimiro Maule, direttore della cantina
Nino Negri. Il bistellato di Rivisondoli
ha presentato “Carote, olive nere e pane”
e “Agnello affumicato”.
Il convegno di cucina d’autore
organizzato da Paolo Marchi ha avuto
come tema di quest’anno “Oltre il
mercato” ed ha riscontrato ancora più
successo degli altri anni, anche in virtù
di una felice concomitanza: quella del
“Milano Food and Wine Festival”,
al quale hanno partecipato oltre 100
cantine italiane e in cui l’Abruzzo è stato
rappresentato da Cantina Zaccagnini,
Fattoria La Valentina, Feudo Antico,
Marramiero, Masciarelli, Pasetti
e Tenuta Ulisse. (Foto: Alessandro
Castiglioni)
il periodo di programmazione 2007-2013
dei Fondi Strutturali. L’Unione del
Sinello (Carpineto Sinello, Carunchio,
Casalanguida, Castiglione Messer
Marino, Celenza sul Trigno, Guilmi,
Montazzoli, Palmoli e Torrebruna) è
uno dei due partner italiani del progetto,
insieme alla Comunità montana dell’Alto
Basento (Basilicata). Dalla Bulgaria
partecipano la Camera di Commercio e
Industria e il Comune di Devin, mentre
la Romania aderisce con l’Istituto
nazionale per lo sviluppo del Turismo
e l’Istituto nazionale per l’economia.
Quindi, l’Istituto per lo sviluppo della
Slovenia, il Károly Róbert College
d’Ungheria, per chiudere con la Grecia
e l’Università di Atene. Quest’attività
transnazionale vuole favorire e stimolare
la formazione di imprenditori del
patrimonio culturale.
Qualità Abruzzo in Val Badia
Nasce il progetto “Sagittarius”
Niko Romito chef dell’anno
L’Unione dei Comuni del Sinello ha
presentato “Sagittarius”, progetto
transnazionale europeo per la
valorizzazione dei territori e dei prodotti
tipici locali e per il Turismo sostenibile.
È parte integrante del Programma
Sud-Est Europa del nuovo obiettivo 3 Cooperazione Territoriale Europea per
PAG 62 / C COME NEWS
Dopo gli appuntamenti prestigiosi al
Convoglia di Roma e al Caffè Pedrocchi
di Padova, e la partecipazione a Vini
Buoni d’Italia organizzata dal Touring
Club, Qualità Abruzzo a gennaio ha
aggiunto un altro importante tassello
alle sue attività. Gli chef dei ristoranti
Beccaceci, Arca, Elodia, Mediterraneo,
l’Angolo d’Abruzzo, La Bandiera, Il
Ritrovo d’Abruzzo, Locanda Manthonè,
La Conchiglia D’Oro, Zunica 1880 e
Villa Maiella hanno curato una cena
per 400 persone in Val Badia per
la Chef’s Cup SüdTirol 2012: ospiti
d’eccezione della serata Fausto Arrighi,
direttore della guida Michelin, Anna
Scafuri, Luigi Cremona, Elvio Corelli,
Davide Di Corato e grandi chef di
fama internazionale. Padroni di casa
di questa tradizionale festa sono stati
“I Dolomitici”, i tre ristoranti dell’Alta
Badia: Ristorante St. Hubertus – Relais
& Chateaux Rosa alpina, Ristorante
la Siriola – Hotel Ciasa Salares e
Ristorante la Stüa de Michil – Hotel
La Perla, che hanno ospitato amici e
colleghi provenienti da tutta Italia e dal
mondo.
Un progetto di
educazione alla celiachia
Si chiama “Un Parco per amico –
alleanza terapeutica per la malattia
celiaca” ed è un progetto di formazione
rivolto a tutti gli operatori turistici:
ristoratori, gestori di bar e di B&B
del distretto “Terre della Baronia” del
Parco Nazionale del Gran Sasso e
Monti della Laga. Si è svolto a gennaio
in due tappe ed è parte del progetto
della Regione Abruzzo “Tesori e
Sapori dell’Abruzzo montano”, ed è
un’azione del Por-Fesr “Valorizzazione
dei territori di montagna” che si
realizza con il coordinamento
scientifico della dottoressa Nunzia
Semperlotti, del reparto di
Gastroenterologia dell’Ospedale Civile
di Pescara. L’obiettivo principale
è l’addestramento degli operatori
turistici nella preparazione e la
manipolazione di alimenti privi di
glutine affinché anche i malati di
celiachia possano soggiornare nel
Parco in piena sicurezza e trovarvi
una varietà di alimenti consentiti,
anche tra i prodotti tipici. Le attività
del progetto si concluderanno a
maggio con un convegno a Castel del
Monte (Aq).
Cene a quattro mani
Con il 2012 sono ricominciate le “Cene
a quattro mani” da Marzia Buzzanca
a “Percorsi di gusto” in via Leosini a
L’Aquila. I primi due appuntamenti
del 2012, con Renato Bosco a gennaio
e William Zonfa a febbraio, sono
stati riuscitissimi: le aspettative per le
prossime iniziative non sono inferiori.
La formula è sempre la stessa: il
connubio vincente fra l’arte di uno chef
o di un maestro della pizza e l’arte della
ristoratrice Marzia Buzzanca si svolge
nella cucina del locale di via Leosini,
che è stato il primo a riaprire nel centro
storico dell’Aquila e a rimanere aperto
fra tanti sacrifici e con tanta forza di
volontà. Grazie anche alla partnership
del portale Scatti di Gusto, l’iniziativa
ha una risonanza mediatica che mette
sotto i riflettori la situazione aquilana.
I successivi appuntamenti sono con
Heinz Beck il 3 marzo a pranzo e con
Mauro Uliassi il 2 aprile a cena. In via di
decisione la data con Gianluca Fusto.
.
PAG 63 / C COME NEWS
c come controeditoriale
DI DANIELE DI VITTORIO/ DIRETTORE MARKETING C COME MAGAZINE
“Nel bene e nel male
l’importante è che se ne parli”
...Sicuro?
Abbiamo assistito negli ultimi mesi ad una serie di
operazioni di comunicazione che ci ha lasciato un
po’ perplessi. La più eclatante è stata la campagna di
comunicazione dell’Associazione Italiana Sommelier, una
campagna pubblicitaria nata per “svecchiare” l’immagine
dell’AIS e presentata al Vinitaly 2011, che ultimamente è
salita agli onori della ribalta a causa dell’errore dell’agenzia
di pubblicità che l’ha ideata, quando ha pubblicato sul
suo sito, insieme ai visual approvati, anche quelli scartati.
Si tratta di proposte molto audaci, che hanno fatto il giro
dei social network in un nanosecondo. L’aspetto che
lascia più perplessità è stato il concetto, in tutti i visual,
di usare la donna come oggetto di una comunicazione
che, probabilmente, dovrebbe avvicinare sia gli uomini
(naturalmente) sia le donne, incuriosite dal “mondo dei
sommelier”. Peccato che in realtà questo mondo sia un
mondo estremamente raffinato e di qualità, che nulla a
che fare con l’immagine frivola e superficiale che viene
trasmessa, specialmente nei visual esclusi. Conoscere
il mondo del vino è cultura: dovrebbe essere questo ad
affascinare le persone che vogliono avvicinarcisi.
La campagna giusta dovrebbe comunicare tutto il
terroir e il lavoro che ci sono dietro un bicchiere di
vino, a partire dalla potatura e dalla vendemmia,
passando per l’affinamento e l’imbottigliamento, per
finire al servizio e all’abbinamento. Se non si riesce
a comunicare questo, si rischia di avere, fra qualche
anno, dei sommelier a cui importa solo far colpo sulle
ragazze, o delle sommelier che vogliono solo mettersi
in mostra con il bicchiere in mano.
Oggi non è più valido il vecchio detto “purchè se ne parli”:
se ne deve parlare bene. E questo non succede se si fa leva
sul nome purtroppo ambiguo di un vitigno abruzzese e si
viene notati dalla stampa nazionale solo per questa scelta:
sicuramente si raggiunge l’obiettivo di far parlare di sè,
ma non quello di trasmettere una comunicazione positiva.
Il web amplifica tutto e a maggior ragione amplifica gli
aspetti negativi di una notizia. Ne ha fatto le spese anche
Mc Donald’s, che in America ha lanciato una operazione
di comunicazione su Twitter dal tema «Raccontateci le
vostre McStorie». Nel giro di pochissimo tempo il popolo
della rete ha iniziato a raccontare le sue esperienze... ma
erano tutte negative! L’operazione si è quindi rivelata
un boomerang e Mc Donald’s l’ha dovuta interrompere.
(Fonti: www.intravino.com; www.aisitalia.it; www.corriere.it)
«Oggi non è più valido il vecchio detto “purchè se ne
parli”: se ne deve parlare bene. Il web amplifica tutto
e a maggior ragione amplifica gli aspetti negativi di
una notizia»
www.dececco.it
Da
125
anni salvaguardiamo
un grande patrimonio del nostro Paese.
La pasta è tra le più grandi tradizioni
del nostro Paese. E noi di De Cecco
la manteniamo intatta dal mulino alla
tavola. Il cuore del grano viene macinato e
impastato a freddo con acqua purissima.
La pasta viene trafilata al bronzo ed
essiccata lentamente, seguendo un
metodo antico e sapiente. Per questo di
De Cecco ce n’è una sola, da 125 anni.