Cina XXI secolo - Scuderie del Quirinale

Transcript

Cina XXI secolo - Scuderie del Quirinale
dossier pedagogico
Cina XXI secolo
arte fra identità e trasformazione
• la mostra
• la mia casa è la tua casa, wode jia shi nide jia
botto e bruno incontrano Liu Xiaodong
approfondimenti
• arte cinese del XX secolo
• Prima mangia, Eat first di Liu Xiaodong
• la casa d’artista
• chi sono botto e bruno
• consigli di lettura dello Scaffale d’arte
1
arte cinese del XX secolo
Dopo la morte di Mao Zedong
(1976) e il tramonto della
rivoluzione culturale, la produzione
cinese esce lentamente dagli
schemi dell’arte di propaganda.
Fino ad allora, è vietato
rappresentare soggetti tipici della
tradizione come paesaggi, fiori
o uccelli perché ritenuti frutto
di una visione del mondo privato,
intimista e borghese, lontano
dal concetto di “arte per le masse”
proclamato da Mao. Già alla fine
degli anni Settanta, la Cina si avvia
verso un’importante svolta politica,
sociale ed economica. L’arte
testimonia questo momento
di trasformazione: inizialmente
gli artisti si uniscono in gruppi
e correnti che danno vita ai primi
movimenti d’avanguardia
ed esprimono una forte reazione
rispetto al passato.
Superata questa prima fase
e metabolizzato lo shock di piazza
Tian’anmen (1989), prende sempre
più spazio la ricerca individuale.
La censura resta ancora vigente,
sebbene nell’ultimo ventennio
gli interventi governativi si siano
allentati.
la mostra
La mostra Cina XXI secolo propone artisti affermati ed emergenti e testimonia una
nuova sensibilità nel raccontare il mondo che, nonostante le distanze geografiche,
è molto vicina a quella occidentale. Si tratta di un’arte eterogenea e complessa che
nel giro di pochi anni passa dalla omologante propaganda di regime alla più audace
sperimentazione. Caratterizzata da una comunicazione fresca e immediata, originale
tanto nello stile quanto nei contenuti, l’arte cinese contemporanea ha un rapporto
forte col suo passato e con le sue più antiche tradizioni, pur accogliendo
e rielaborando influenze e contaminazioni di altre culture.
Sin dall’inizio del nuovo millennio la scena dell’arte cinese si presenta estremamente
articolata: vi prendono parte protagonisti differenti – per provenienza, storia
e formazione artistica – che operano con mezzi diversi e traggono ispirazione
da correnti artistiche cinesi e internazionali. Tentare di racchiuderli in una definizione
unitaria, vorrebbe dire ridurre la complessità della loro ricerca. Rispetto alle
generazioni precedenti questi artisti si distinguono sia per l’uso di un linguaggio
universale, vicino a quanto avviene nel resto del mondo, sia per la duttilità con
cui utilizzano la fotografia, il video, l’installazione e la performance. Alcuni di loro
mostrano un certo disincanto nei confronti della modernizzazione accelerata
del loro paese, altri raccontano una società di cui sono tanto agenti attivi
quanto spettatori, indagando temi come l’identità, la casa, la metropoli,
le nuove abitudini, la globalizzazione.
In una società di transizione come quella cinese il problema dell’identità – politica,
culturale, sociale e sessuale – si intreccia con quello della relazione con l’altro e con
l’eterno conflitto tra come l’altro ci vede e come invece ci si percepisce dall’interno.
Una tendenza significativa dell’arte e della cultura cinese di oggi è quella rivolta
allo spazio urbano, sia interno che esterno – la casa e la città – raccontato dagli artisti
con paesaggi mutevoli, in continuo sviluppo, talvolta inquietanti. Tra i numerosi
artisti presenti in mostra quelli più attenti a questa tendenza sono Yang Zhenzhong,
Yang Yong, Weng Feng, Cao Fei e Liu Xiaodong.
2
Yang Zhenzhong mette insieme fotografie scattate in diversi posti di Shanghai
e immagini di oggetti simbolici per la cultura cinese: lanciamissili, carri armati,
caterpillar, gru, edicole di giornali e leoni di pietra. Nei suoi fotomontaggi questi
oggetti pesantissimi come per incanto diventano così leggeri da poter essere sollevati
dalla mano di un uomo. La velocità del cambiamento insieme alla sicurezza ispirata
dal boom economico sembrano qui essere riuscite a sospendere anche la forza
di gravità. Eppure davanti a queste opere non si può fare a meno di temere che,
da un momento all’altro, il peso della realtà possa riappropriarsi di quegli oggetti,
schiacciando i giovani insolenti che hanno osato sfidare le leggi della natura.
Alla serie di otto fotografie presentate in mostra fanno da sfondo le strade
e i moderni edifici di Shanghai. Protagonisti della scena sono coppie di giovani ciclisti
che eseguono spettacolari esercizi acrobatici. Divertiti, assorti e non interessati a ciò
che gli sta intorno, si librano abilmente nell’aria, leggeri e sorridenti come funamboli.
Le loro performance si svolgono nella metropoli e sembrano suggerire che negli spazi
della città è ancora possibile sentirsi liberi di esprimere se stessi.
Yang Yong indaga la condizione dei giovani che vivono in città in fase
di urbanizzazione avanzata. L’obiettivo della macchina fotografica è puntato sugli
scenari urbani di Shenzhen, una città in cui la nuova generazione, cresciuta nella
cultura consumistica, abbandona la vecchia identità cinese a favore di gusti sempre
più globalizzati. I suoi soggetti sono ragazze, una categoria fragile e al tempo stesso
forte, che si muove all’interno di enormi scenografie. Giovani donne legate alla città
da uno strano rapporto di dipendenza e diffidenza: sicure di sé e dominatrici, ma
anche intimorite e sopraffatte dall’enormità degli spazi. Nel ciclo dei Cruel diary
of youth Yang Yong presenta una serie di contrasti: l’interno e l’esterno, lo squallore
dei cantieri semideserti di giorno e i luccicanti edifici del centro di sera, con le strade
illuminate dai neon e piene di vita.
Yang Zhenzhong
Cycle Aerobics (level 2) • 2005
serie di otto foto a colori
ciascuna cm 100x100
Yang Yong
The cruel diary of youth • 2005
light box • cm 120 x 120
3
Yang Yong
Fancy in the tunnel • 2003
light box • cm 120x90
Weng Fen
Bird’s Eye View Shanghai 1 • 2001
foto montata su alluminio
cm 160x200
Lo sguardo sobrio e malinconico di Weng Feng si sofferma invece sullo skyline
delle megalopoli ultramoderne. Guardando le sue immagini si può provare la stessa
sensazione dei tanti cinesi che vivono oggi il mutamento epocale fortemente atteso.
Le ragazze di Weng Feng sono l’emblema della nuova generazione; sempre ritratte
di spalle e in divisa scolastica si affacciano sul vuoto che le separa dalla metropoli
all’orizzonte. Sono spettatrici afflitte da una sorta di “nostalgia del nuovo”, proiettate
in un mondo a cui non sembrano appartenere. La dimensione del tempo è sospesa,
come nel silenzio di un’attesa. Il vuoto che separa le giovani dalla loro città è sia
distanza insuperabile sia punto di partenza, per iniziare a costruire una nuova identità.
Il lavoro di Cao Fei indaga lo sfasamento tra identità e luoghi. L’artista crea
frammenti di storie in cui i personaggi sono immaginari e reali al tempo stesso:
ragazzi vestiti come eroi dei manga giapponesi fanno della città lo scenario di epici
combattimenti, il loro regno incontrastato. Sono visioni grottesche poiché di fatto
questi personaggi non hanno alcun contatto con la realtà, sono emarginati e come
affetti da nevrosi. La riflessione di Cao Fei è provocatoria e ruota intorno alle fuga
dei giovani adolescenti verso mondi sintetici, grazie a un rapporto con la città, virtuale
e onirico. Come in un sogno a occhi aperti, davanti alle sue opere ci si interroga sulla
vecchia identità culturale cinese, messa in discussione dalla nuova politica economica
e dalla globalizzazione.
RBM City. A second life city planning, il video presente in mostra, è una sorta
di modello sarcastico di città del futuro. Si tratta di un concentrato di simboli cinesi
messi insieme per indagare ancora una volta il rapporto tra l’uomo e la città.
Il risultato è un’isola caotica sulla quale si perde il senso dell'orientamento, fatta
di ciminiere, fabbriche, strade sopraelevate, bandiere deformate, ruote di bicicletta
e panda sospesi in aria. Come in un video game tutto è avvicinabile e permeabile,
ma solo virtualmente.
Cao Fei
RBM City. A second life city planning
video DVD • 2007
4
Prima mangia, Eat first
di Liu Xiaodong
In occasione della mostra
Cina XXI secolo. Arte fra identità
e trasformazione Liu Xioadong
decide di trascorrere un mese
a Roma e di impegnarsi nella
realizzazione di un grande dipinto.
Il Forum del Palazzo delle
Esposizioni si trasforma in un atelier
dove l’artista dipinge dal vero Prima
mangia, Eat first una moderna
Ultima Cena in omaggio all’Italia
e al genio di Leonardo, dipinta con
modelli ingaggiati direttamente
a Roma tra le persone “comuni”,
i collaboratori, gli amici.
Su cinque tele, che misurano
complessivamente due metri
e mezzo per dieci, l’artista
ritrae i tredici modelli che
banchettano realmente intorno
a una tavola imbandita con piatti
e cibi mediterranei.
Liu Xiaodong è un pittore attento alle fasce sociali meno abbienti, impreparate
al balzo verso il futuro intrapreso dalla Cina negli ultimi quindici anni. Dipinge
impegnandosi in imprese eccezionali, ritraendo dal vivo scene e paesaggi su tele
di grandi dimensioni. Molte delle sue opere, tutte olio su tela, riproducono visioni
di luoghi all’aperto abitati da presenze umane, uomini e donne che vivono nelle
campagne e nelle città dove il pittore sceglie di dipingere e che posano per lui come
veri e propri modelli. Per la serie Hot Bed Liu Xiaodong si reca nell’antico villaggio
di Fengjie, cuore pulsante della tradizione cinese, nel momento in cui sta per essere
spazzato via a causa della costruzione della celebre diga delle Tre Gole. Si tratta della
più gigantesca costruzione realizzata in Cina dopo la Grande Muraglia, pensata come
la più grande fonte di produzione elettrica del Paese. Con i suoi duemila anni di storia
il villaggio verrà sommerso dall'acqua, diventando metafora di un Paese che,
per costruire il nuovo, cancella la memoria del proprio passato. Gli operai trovati
sul posto diventano i modelli viventi per il suo dipinto. Ciò che unisce i sei attoniti
operai di Three Gorges Displaced Population è la nostalgia di ciò che non tornerà
più e la speranza di un futuro migliore. Questa visita di Liu Xiaodong è anche
il soggetto del documentario Dong, da cui il regista Jia Zhang-Ke trae spunto per Still
life, film che nel 2006 vince il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
La Cina che ci restituisce questa selezione di artisti è un paese simile a un cantiere
in continuo mutamento, che vede dissolvere la propria identità storica e che fatica
a conservare le proprie radici. Si tratta di un destino che non riguarda soltanto la Cina,
ma gran parte del mondo occidentale. Il dissesto ecologico, l'urbanizzazione
accelerata, l’indebolimento delle tradizioni e la ricerca incessante
della propria identità appartengono anche alla nostra cultura.
Per questo motivo la proposta educativa del Laboratorio d’arte propone
una riflessione sul tema dell’identità con un progetto di incontro tra artisti italiani
e cinesi, capace di creare uno spazio di dialogo tra culture lontane geograficamente,
ma vicine nel modo di rapportarsi ai cambiamenti dello spazio urbano.
Liu Xiaodong
Three Gorges Displaced Population • 2003
olio su tela • cm 200x800
5
la casa d’artista
Nel 2005 botto e bruno partecipano
al progetto europeo Didart
(www.didart.net) e realizzano una
loro Artists' Houses insieme ad altri
sei giovani artisti di fama
internazionale. La Casa d’artista è
concepita per viaggiare ed essere
ospitata da alcuni fra i più importanti
musei d'arte contemporanea
d'Europa, tutti partner di Didart.
Si tratta di un modulo precostituito,
dalle dimensioni di un armadio a tre
ante, chiudibile per poter essere
trasportato su ruote, da
personalizzare e trasformare in una
sorta di "diario visivo", contenente le
immagini dei lavori più significativi:
video, ricordi, letture, film, abiti,
strumenti del mestiere, musica e una
selezione di riferimenti culturali e
suggestioni che hanno influenzato
la poetica degli artisti. Nella parte
centrale della Casa ci sono un tavolo,
una finestra e delle mensolelibreria;
in quella sinistra un lavandino, uno
specchio e un cestino per i rifiuti;
sul lato destro un guardaroba,
dei cassetti, un frigorifero e un
televisore con lettore cd. Più che un
nido accogliente, la Casa d’Artista
è un contenitore che presenta anche
un’apertura verso l’esterno.
chi sono botto e bruno
Gianfranco Botto e Roberta Bruno
lavorano insieme dal 1992.
Fin dall’inizio si concentrano sulla
raccolta di immagini fotografiche
scattate personalmente nelle
periferie suburbane. Nelle loro mani
la fotografia non è strumento di
registrazione obiettiva della realtà,
ma repertorio di immagini da
ricomporre per creare una periferia
virtuale. Edifici disabitati e degradati,
fabbriche abbandonate, terreni non
edificati, frammenti di paesaggi
desolati e desolanti vengono fissati
su supporti diversi e ritoccati a mano
con colori violenti, con un
procedimento simile a quello
del fotomontaggio. Il loro intento
è riflettere sulla possibilità di
restituire un’identità alle periferie,
ponendo l’attenzione sull’invisibilità
e sull’anonimato delle persone che
le abitano. Uno scorcio del panorama
urbano e sociale, da sempre
protagonista della visione dei due
artisti torinesi, lo stesso ambiente che
si estende tutto intorno, città abitata
da adolescenti senza volto.
La mia casa è la tua casa, Wode jia shi nide jia.
botto e bruno incontrano Liu Xiaodong
Ospitata nell’Atelier, l’installazione La mia casa è la tua casa, Wode jia shi nide jia
è un incontro ravvicinato tra l’opera di botto e bruno e quella di Liu Xiaodong. La casa
d’artista di botto e bruno si trasforma e accoglie l’artista cinese che, con la sua valigia
di oggetti personali, libri, cd, vestiti e foto occupa parte dello spazio dei due artisti
torinesi come un ospite in visita.
Installazione e insieme progetto educativo, l’opera dà vita a un incontro
da cui emergono ricordi, opinioni, impressioni sul fare arte e sul proprio lavoro
di artisti, sulle rispettive culture e sulle città in cui vivono. Più che un confronto
sulle opere, nasce una riflessione sull’identità dei singoli in uno spazio urbano
continuamente variabile, fragile e a tratti straniante. Sulla percezione dello
spazio e del sé in due società diverse seppure caratterizzate da molti tratti comuni.
In questo percorso di conoscenza e confronto, nonostante l’apparente contrasto
formale tra gli artisti si sono rintracciati mete e ideali condivisi. L’artista cinese è un
pittore figurativo mentre botto e bruno utilizzano il mezzo fotografico e la tecnologia
digitale, Liu dipinge ritratti realistici che diventano i punti focali dei suoi lavori mentre
i modelli di botto e bruno hanno spesso il volto coperto. Paradossalmente il risultato
a cui puntano, seppure con mezzi così diversi, è la critica ad un sistema che mette da
parte le persone in nome di interessi economici e di potere. Non si tratta di un tipo
di arte "politica" ma sicuramente di artisti che utilizzano il proprio mezzo espressivo
per denunciare i fatti.
La casa propone un dialogo tra oggetti che raccontano le passioni e la ricerca degli
artisti, che parlano dei ricordi e delle loro esperienze più significative. Basta solo
avvicinarsi e prenderli in mano per conoscere più da vicino le loro storie. In questo
modo la ricerca poetica della coppia torinese entra in relazione e si con-fonde con
quella dell’artista cinese. Se il lavoro di botto e bruno è uno strumento d'indagine
per muoversi negli spazi apparentemente muti delle periferie, quello di Liu Xiaodong
è un racconto in cui i luoghi si confondono con le persone e gli oggetti con le emozioni.
Seppure con mezzi diversi, entrambi indagano una situazione urbana spesso
caratterizzata da un forte degrado e la ricerca di identità dei giovani che vivono
ai margini delle grandi città.
botto and bruno’s house
2005
6
consigli di lettura dello scaffale d’arte
saggi
AA. VV., Arte contemporanea cinese, Mondadori Electa, 2006
AA. VV., Botto & Bruno. Under my red sky, Castelvecchi, 2000
AA. VV., Didart - Artist’s House 05, Galleria Arte Moderna Bologna, 2005
Gianfranco Botto, Roberta Bruno, Something in the sky, E-Gabrius, 2001
Philip Tinari, Mario Ciampi, Artisti in Cina, Verba Volant, 2007
per bambini e ragazzi
AA. VV. Cina eterna, rivista DADA n. 20, Artebambini, 2004
AA. VV., Com’è il tuo paese? L’Italia e la Cina: due mondi che si incontrano, Fatatrac, 1992
AA. VV., La città ideale, rivista DADA n. 13, Artebambini, 2003
AA. VV., Places, Museum of Modern Art, 1999
AA. VV. Vieni a casa mia? I bambini italiani e i bambini cinesi si incontrano, Fatatrac, 1992
Béatrice Alemagna, Un Lion à Paris, Autrement Jeunesse, 2006
Colleen Carroll, How artists see the city, Abbeville Kids, 1999
Jochen Gerner, Berlin (Jochenplatz), Editions du Rouergue, 2000
Pierre Janneau, Roma 44, Editions du Rouergue, 2002
Jason Lutes, Berlin, Coconino Press, 2003
Anthea Peppin, Luoghi nell’arte, Giannino Stoppani, 1991
Miroslav Sasek, Questa è New York, Rizzoli, 2005
Miroslav Sasek, Questa è Venezia, Rizzoli, 2006
Scuola Principe di Piemonte, Ciao, come ti chiami?, Sinnos, 2005
Philip Yenawine, Les Gens, Museum of Modern Art - Albin Michelle Jeunesse, 1996
Tim Yip, Blue, Grimm Press, 2006
Tim Yip, Illusion, Grimm Press, 2005
Yusuke Yonezu, La mia città, Zoolibri, 2007
siti internet
www.chinese-art.com
www.wangqingsong.com
www.caofei.com
www.didart.net
www.duetart.com/dentro/artists/artists%20ita/Botto%20&%20Bruno%20ita.htm
www.fototensioni.net/bottoebruno.html
www.radiopapesse.org/w2d3/v3/view/radiopapesse/notizie--1165/index.html?area=8
7