Lotta contro la diffusione dell`influenza in ambito ospedaliero

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Lotta contro la diffusione dell`influenza in ambito ospedaliero
Lotta contro la diffusione dell’influenza in ambito ospedaliero
PROTEGGERE GLI ALTRI DA NOI
A nessuno di noi verrebbe mai in mente di fumare nella stanza di una persona affetta da una
patologia polmonare. Allo stesso modo deve apparirci logico adottare le misure protettive
adeguate contro l’influenza, prima di trattare i pazienti ricoverati. La direzione degli ospedali
universitari di Ginevra (Hôpitaux Universitaires de Genève, HUG) applica le necessarie misure
preventive in modo sistematico. I risultati sono molto promettenti.
Sapete che cos’è il Pédigrippe? Si tratta di una misura semplice ma efficace, realizzata dagli HUG:
dotati di uno zaino contenente tutto il necessario per la vaccinazione influenzale, gli infermieri fanno
visita al personale ospedaliero sul luogo di lavoro e vaccinano tutti quelli che lo desiderano,
direttamente sul posto, ovunque si trovino, in caffetteria o negli spogliatoi, di giorno così come di notte.
Il tutto avviene sempre sotto la direzione del servizio competente per la salute del personale.
Parallelamente a questa singolare iniziativa, gli HUG mettono in atto anche ulteriori provvedimenti,
tutti mirati ad un unico obiettivo: aumentare considerevolmente il tasso di vaccinazione del personale
sanitario.
In occasione dell’ultima campagna antinfluenzale, il 45% del personale curante degli ospedali
universitari di Ginevra si è fatto vaccinare, permettendo così agli HUG di posizionarsi ai primi posti tra
gli ospedali svizzeri per quanto riguarda il tasso di copertura vaccinale tra gli operatori sanitari.
Abbiamo incontrato Marie-José Roulin e Anne Iten, due rappresentanti del «team antinfluenza» degli
HUG. Marie-José Roulin è vice direttrice del dipartimento cure infermieristiche, pratica professionale,
formazione, qualità e ricerca. Anne Iten lavora come medico assistente presso il servizio per la
prevenzione e il controllo delle infezioni. Il team è composto da rappresentanti del servizio della salute
del personale, del centro vaccinazioni, del laboratorio di virologia, del servizio per la prevenzione e il
controllo delle infezioni, del dipartimento operativo, della direzione del personale infermieristico, della
direzione medica e del servizio comunicazione.
Le conseguenze dell’influenza vengono spesso sottovalutate
Anne Iten si rammarica che gran parte della popolazione sia scarsamente informata sul tema
dell’influenza: «Nella concezione generale l’influenza non è affatto più grave di un banale raffreddore.
Fa semplicemente parte della vita. La maggior parte delle persone non è consapevole delle
complicanze che può provocare. Persino gli esponenti del settore sanitario hanno notevoli lacune
informative, sebbene l’influenza possa causare complicazioni molto serie.» Ciò che vale per le
persone in generale, vale ancor di più per i soggetti deboli, come ad esempio i pazienti di un
ospedale.
La trasmissione del virus influenzale non ha solo effetti diretti sulla salute di chi viene contagiato, ma
ha anche conseguenze indirette, che non vanno sottovalutate, per le organizzazioni ospedaliere: il
lavoro dei collaboratori colpiti dall’influenza va a carico dei colleghi, il che comporta un sovraccarico di
straordinari e lo scoppio di veri e propri conflitti nei reparti interessati. Per non parlare
dell’allungamento dei tempi di cura dei pazienti infetti durante il loro ricovero ospedaliero e della
conseguente sovraoccupazione di letti, che altrimenti potrebbe essere evitata.
Tutto è iniziato con l’influenza H1N1
Tra il 2009 e il 2010 il virus H1N1 ha scatenato enormi paure e ampie misure protettive in tutto il
mondo. Questa epidemia ha provocato un cambiamento di mentalità a lungo termine. «Ovunque c’è
un prima e un dopo virus H1N1. Da noi il personale medico e la direzione si sono resi
immediatamente conto del grado di pericolosità dell’influenza. Questo ci ha permesso, soprattutto
nell’ultimo anno, di attuare misure preventive in modo sistematico», illustra Anne Iten.
Da allora la parola d’ordine è informazione. Grazie a spiegazioni accurate si aumentano le
opportunità che le misure vengano comprese e osservate. «Il nostro messaggio chiave è far capire ai
nostri colleghi quanto sia importante proteggere i pazienti da noi stessi. I nostri obiettivi primari sono
due: da un lato, aumentare notevolmente il tasso di vaccinazione e, dall’altro, spingere tutti coloro che
rifiutano il vaccino ad indossare per prassi almeno una mascherina protettiva. Per diffondere questi
messaggi, utilizziamo tutti gli strumenti di comunicazione che abbiamo a disposizione internamente. In
particolare, abbiamo pregato tutti i responsabili di reparto di attivarsi affinché il messaggio venga
adeguato al rispettivo contesto», spiega Marie-José Roulin. Quindi aggiunge: «Naturalmente, il fatto
che la vaccinazione non offra una protezione al 100% non è di aiuto e tanto meno lo sono le riserve
ampiamente diffuse contro i vaccini. A maggior ragione è importante quindi informare sempre in modo
trasparente. Solo così si possono convincere gli indecisi. Far cambiare idea a chi è contro le
vaccinazioni per principio, invece, è molto difficile. E noi non vogliamo assolutamente imporre il
vaccino a nessuno.»
«Ho scelto di vaccinarmi per proteggervi »
Negli ospedali universitari ginevrini, la trasparenza nelle informazioni è alla base anche del rapporto
con i pazienti. Per questo motivo, durante l’ultima stagione influenzale il personale ospedaliero ha
indossato due spille diverse: «Ho scelto di vaccinarmi per proteggervi » oppure «Porto una
mascherina per proteggervi». Così i pazienti potevano capire al volo perché alcuni infermieri
indossavano una mascherina e altri no. Anne Iten: «Con questo provvedimento tanto semplice quanto
efficace abbiamo perseguito anche un obiettivo didattico nei confronti della popolazione. Perché, dopo
tutto, le fonti di contagio non si limitano al personale ospedaliero: anche i pazienti e i visitatori possono
trasmettere il virus dell’influenza. Proteggere gli altri da noi stessi è un compito che riguarda ognuno
di noi. Se vogliamo ridurre i rischi di contagio nell’ospedale, serve l'impegno di tutti.»
Ovviamente le misure individuali vengono controllate in modo sistematico ogni giorno. Marie-José
Roulin: «La stagione influenzale mobilizza tutti all’interno dell’ospedale. Ciascun reparto mette in atto i
provvedimenti migliori in base alla propria realtà. Sul sito intranet degli ospedali sono riportate sempre
tutte le informazioni aggiornate sul numero di pazienti affetti da influenza.»
Quest’anno gli Hôpitaux Universitaires de Genève conducono un ampio studio interno i cui risultati
confluiranno in ulteriori misure preventive. Ai 13 000 collaboratori degli HUG è stato inviato un
questionario via e-mail. Una delle domande centra perfettamente la questione: «Nell’ipotesi che il
prossimo anno lei (o uno dei suoi familiari) debba venire ricoverato in ospedale, preferirebbe che il
personale infermieristico fosse vaccinato?»
E voi? Qual è la vostra posizione in merito?
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((INTERVIEWS))
Anne-Marie Bollier, farmacista.
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Secondo lei, il personale curante dovrebbe farsi vaccinare contro l’influenza?
Come esponente del settore sanitario sono convinta che non terrei fede ai miei principi etici e
professionali se rinunciassi alla vaccinazione. La mia responsabilità professionale consiste soprattutto
nel limitare il più possibile il rischio di malattia per i miei pazienti. Sono certa che gli effetti collaterali
del vaccino siano decisamente inferiori al rischio di trasmissione dell’influenza da parte del personale
sanitario non vaccinato.
-
In tema di vaccinazione, alcuni insistono sulla libertà di scelta del personale curante. Qual è il
suo parere?
Sono piuttosto critica nei confronti di questa posizione unilaterale. L’etica professionale in ambito
sanitario impone che il personale curante protegga in primo luogo i pazienti. So che il vaccino non
offre una sicurezza totale ma, nel contatto con i pazienti deboli, anche una protezione parziale è mille
volte meglio della mancanza di protezione. Questo dibattito è molto importante e per questo dobbiamo
appellarci alla nostra responsabilità comune, soprattutto a livello di personale sanitario, visto e
considerato il ruolo chiave che svolgiamo nel dare il buon esempio.
Bénédicte Saunois, medico
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Persino lei che è medico non è sempre stata consapevole della pericolosità dell’influenza. Poi
che cosa è successo?
Sul volo di ritorno da un viaggio in India ho iniziato a lamentare difficoltà respiratorie. Avevo preso
l’influenza. Tutto questo accadeva a dicembre 2011. Sono rimasta un mese nel reparto di terapia
intensiva degli HUG e a tutt’oggi soffro delle complicanze di questa malattia. Ho provato dunque sulla
mia pelle quali conseguenze drammatiche può avere l’influenza.
-
Questa esperienza ha cambiato il suo atteggiamento nei confronti della vaccinazione?
Personalmente non mi era mai stata prescritta la vaccinazione e fino ad allora non l’avevo mai ritenuta
indispensabile. Inoltre, ero in ottima salute e non avevo ancora raggiunto l’età in cui ci si vaccina in via
precauzionale. Per questo avevo rinunciato al vaccino. Dopo le mie esperienze sono però convinta
che si debba sensibilizzare il personale sanitario con urgenza in merito a tale questione affinché
protegga i pazienti.
Oggi mi vaccino per proteggere la mia salute, ma anche per proteggere gli altri da me. Naturalmente
l’influenza può avere un decorso regolare, senza complicazioni. D'altro canto, però, può anche
causare gravi danni duraturi. E questo non riguarda solo i soggetti più deboli, bensì anche chi gode di
ottima salute.