le fratture del calcagno: nostra esperienza

Transcript

le fratture del calcagno: nostra esperienza
Volume nº 30 - Anno 2003
LE FRATTURE DEL CALCAGNO:
NOSTRA ESPERIENZA
G. LORENZO, M. MARRARA, F. BASILE ROGNETTA, V. CALAFIORE
Istituto Ortopedico “F. Faggiana” Reggio Calabria
INTRODUZIONE
Gli Autori riportano la loro esperienza su 74 casi di fratture di calcagno trattate dal
1996 al 2001 presso l’Istituto Ortopedico “F. Faggiana” di Reggio Calabria.
Tali fratture sono state classificate in intra ed extra talamiche secondo l’A.O. modificata.
Il follow up è stato di 4,2 anni.
È stata eseguita una valutazione clinica secondo il metodo della Maryland Foot Score
ed una valutazione strumentale con RX, TAC e Baropodometrica.
È stato riservato il trattamento incruento o con sintesi per cutanea alle fratture extratalamiche e alle fratture talamiche di tipo 1 e di tipo 2 con infossamento uniforme; cruento
negli altri casi.
I risultati migliori sono stati osservati nei casi in cui il trattamento, cruento od incruento, aveva ripristinato una buona riduzione dell’articolazione sotto-astragalica posteriore.
Il trattamento delle fratture di calcagno è stato da sempre un argomento molto dibattuto
e controverso nell’ambito della traumatologia.
Numerose sono le metodiche di trattamento descritte in letteratura.
Esse si distinguono essenzialmente in cruente ed incruente.
Le metodiche incruente, realizzate con tecnica funzionale o tradizionale, mirano ad
ottenere la guarigione senza aprire il focolaio di frattura (3 Manes - 1994).
Le metodiche incruente, realizzate con fissazione interna ed esterna, con o senza trapianto osseo, mirano alla ricostruzione anatomica del piano articolare, alla stabilizzazione
della frattura al fine di una completa e precoce ripresa funzionale (7 Giannini - 1994).
È risaputo infatti come tali fratture siano causa di prolungati periodi di invalidità con
elevati costi sia per il paziente che per la società (Lanzetta - 1995).
La scelta comunque della più idonea tecnica di trattamento è determinata sempre dalla
anatomia patologica della lesione.
MATERIALI E METODI
In questo studio abbiamo seguito la classificazione A.O. per le fratture extra-talamiche,
mentre per le fratture talamiche abbiamo utilizzato la classificazione proposta dalla
Società Italiana di Medicina e Chirurgia del Piede che le suddivide in:
- fratture tipo 1: con talamo non scomposto, non affondato, calcaneo-cuboidea integra,
sottoastragalica anteriore integra, frammento postero-laterale non affondato;
- fratture tipo 2: con talamo affondato totalmente ma non scomposto o affondato parzialmente, calcaneo-cuboidea integra, parete laterale non pluriframmentata o notevolmente
–1–
Volume nº 30 - Anno 2003
scomposta;
- fratture tipo 3: con talamo pluriframmentato, affondato e scomposto; a loro volta suddivise in tipo 3A: in cui non è presente pluriframmentarietà della parete laterale e tipo 3B:
con pluriframmentarietà della parete laterale e/o lussazione della calcaneo-cuboidea (2 Malerba - 1994).
Dal gennaio 1996 al gennaio 2001 presso l’Istituto Ortopedico “F. Faggiana” di Reggio
Calabria sono state trattate 74 fratture di calcagno.
Alla revisione si sono presentati 41 pazienti.
Il follow-up minimo è stato di 18 mesi, massimo di sei anni, 28 pazienti erano maschi e
13 femmine, l’età media è stata di 45 anni, con un minimo di 2 ed un massimo di 78 anni.
In base al tipo le fratture della nostra casistica sono state così suddivise:
- fratture extra-talamiche
8 casi
- fratture talamiche tipo 1
8 casi
- fratture talamiche tipo 2
14 casi
- fratture talamiche tipo 3
11 casi.
Come la maggioranza degli Autori abbiamo utilizzato un metodo conservativo nelle
fratture talamiche di tipo 1 e nelle fratture extratalamiche, confezionando un primo gambaletto gessato per trenta giorni ed un secondo, con caratteristiche di carico, per successivi
trenta giorni.
Abbiamo riservato il trattamento chirurgico alle fratture complete con spostamento dell’apofisi posteriore (Fig. 1).
Nelle fratture di tipo 2 con talamo affondato totalmente non scomposto o affondato e
scomposto parzialmente effettuato, in anestesia, la riduzione incruenta con l’ausilio di
pinza Phelps (Fig. 2 A, B, C).
Fig. 2A
A.G. Paziente di anni 63
maschio con frattura
talamica di tipo 2
Fig. 2B - Controllo dopo
riduzione con pinza Phelps
Fig. 2C - Controllo a 3 anni
–2–
Volume nº 30 - Anno 2003
La contenzione è stata realizzata mediante una apparecchio gessato a gambaletto per
trenta giorni a cui ha fatto seguito un ulteriore gambaletto gessato da carico per altri trenta
giorni.
In alcuni casi, per l’impossibilità di ottenere una riduzione accettabile, abbiamo preferito ricorrere all’utilizzazione della trazione transcheletrica sul corpo del calcagno con contemporanea riduzione mediante pinza Phelps e, nei casi in cui si è reso necessario, abbiamo stabilizzato la riduzione ottenuta con fili di Kirschner percutanei (Fig. 3 A, B).
Fig. 3A
G.C. uomo di 69 anni
con frattura talamica
di tipo 2
Fig. 3C
Controllo a 20 mesi
Fig. 3B
Riduzione con trazione transcheletrica
sul corpo del calcagno e pinza Phelps;
stabilizzazione con fili di Virschner a
cielo chiuso
–3–
Volume nº 30 - Anno 2003
Negli 11 pazienti affetti da frattura talamica di tipo 3 (pluriframmentaria affondata e
scomposta) è stata praticata la riduzione a cielo aperto, la stabilizzazione mediante fili di
Kirschner ed il borrage con osso di banca o sostituto osseo (Norian) Fig. 4 A, B, C).
Fig. 4A
C.F. Paziente di 37 anni
maschio con frattura
talamica di tipo 3
Fig. 4B
riduzione e sintesi a
cielo aperto con fili di
K. e borrage osseo
Fig. 4C
Controllo a 4 anni
L’immobilizzazione è stata in gambaletto gessato per 6 settimane a cui ha fatto seguito
un ulteriore periodo di 30 giorni di mobilizzazione in scarico.
Nelle fratture talamiche con grave comminuzione il periodo di astensione dal carico è
stato protratto fino a tre mesi.
–4–
Volume nº 30 - Anno 2003
REVISIONE CASISTICA
Per la revisione della casistica abbiamo tenuto conto di una valutazione clinica, di una
valutazione radiografica, dell’esame A.C. e della baropodometrica.
Per la valutazione clinica abbiamo utilizzato la scheda a punti della Maryland Foot
Score, che prende in considerazione parametri soggettivi ed oggettivi attribuendo a loro un
punteggio massimo di 100 punti.
Tabella I
VALUTAZIONE CLINICA
,SECONDO LA SCHEDA A PUNTEGGIO
“MARYLAND FOOT SCORE”
Dolore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-45
Deambulazione . . . . . . . . . . . . . . 0-10
Stabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-4
Uso di supporti . . . . . . . . . . . . . . . 0-4
Zoppia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-4
Scarpe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-10
Scale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-4
Terreno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-4
Deformità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-10
Motilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-5
Totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 0-100
Eccellenti:
Buoni:
Discreti:
Cattivi:
da 90 a 100 punti
da 75 a 89 punti
da 50 a 74 punti
inferiori a 50 punti
Sono considerati eccellenti i casi con punteggio tra 90 e 100, buoni quelli tra 75 e 89,
discreti quelli tra 50 e 74 e cattivi i casi con punteggio inferiore a 50 (10, Consoli - 1994).
Per la valutazione radiografica abbiamo utilizzato radiografie del piede in proiezione
latero-laterale ed assiale sulle quali è stato possibile visualizzare il ripristino dei rapporti
articolari, l’angolo di Bohler, l’angolo di De Langre, l’angolo di Preiss e l’eventuale presenza di osteoporosi.
–5–
Volume nº 30 - Anno 2003
Tabella II
VALUTAZIONE DEI RISULTATI RADIOGRAFICI
ANGOLO DI BOHLER:
da 30° a 40°
da 15° a 29°
da 0° a 14°
= 25 punti
= 19 punti
= 6 punti
ANGOLO DI DE LANGRE:
da 100° a 105°
da 95° a 99°
da 90° a 94°
inferiore a 90°
= 25 punti
= 19 punti
= 12 punti
= 6 punti
ANGOLO DI PREISS:
minore di 25°
da 21° a 25°
da 26° a 30°
superiore a 30°
= 25 punti
= 19 punti
= 12 punti
= 6 punti
OSTEOPOROSI DA NON USO:
assente
lieve
moderata
conclamata
= 25 punti
= 19 punti
= 12 punti
= 6 punti
Abbiamo eseguito a tutti un esame TAC per valutare la congruenza articolare, l’asse del
retropiede e l’altezza del calcagno.
Mediante l’esame Baropodometrico abbiamo valutato l’eventuale presenza di sovraccarichi ed eventuali alterazioni della morfologia del piede in piattismo o cavismo.
RISULTATI
Tra i 41 pazienti rivisti clinicamente 10 (24,4%) sono stati considerati eccellenti, 20
(48,8%) buoni, 6 (14,6%) discreti e 5 (12,2%) cattivi.
I risultati radiologici, valutati secondo uno schema a punti, sono stati eccellenti e buoni
nel 70%, discreti nel 23% e cattivi nel 7%.
Nella valutazione baropodometrica abbiamo registrato un 67% di volta plantare normale, il 23% di piattismo ed un 10% di cavismo.
Nella valutazione TAC abbiamo ritrovato nel 70% una buona e discreta congruenza
articolare, nel 60% un ripristino dell’asse sagittale e longitudinale, nel 57% un buon mantenimento dell’altezza del corpo del calcagno.
Il confronto tra la valutazione clinica e le valutazioni funzionali ci ha permesso di evidenziare una percentuale di casi in cui ad un buon risultato clinico non corrispondeva nella
stessa misura un risultato strumentale e viceversa.
–6–
Volume nº 30 - Anno 2003
Abbiamo evidenziato inoltre che non sempre ad una buona ricostruzione anatomica
della superficie talamica, corrispondeva un risultato clinico eccellente se non era accompagnato da un corretto allineamento longitudinale e frontale del calcagno.
CONCLUSIONI
In conclusione, confortati dai risultati, riserviamo il trattamento chirurgico alle fratture
talamiche di tipo 3 ed il trattamento incruento alle fratture talamiche di tipo 1 e 2.
Il trattamento chirurgico o incruento deve comunque cercare di ricostruire il più possibile l’anatomia del calcagno ed in particolare dell’articolazione sottostragalica considerata
unanimemente punto cardine nella biomeccanica del piede in quanto “perno” centrale tra
piede astragalico e piede calcaneare; deve inoltre restituire una buona motilità dell’articolazione sotto astragalica e deve ripristinare un corretto allineamento longitudinale e frontale del calcagno.
BIBLIOGRAFIA
1)
2)
LANZETTA A., Le fratture del calcagno, Verduci, Roma, 1975.
MALERBA F., DE MARCHI F., Classificazione delle fratture del calcagno. Fratture del
calcagno, 29-34, Aulo Gaggi, 1994.
3) MANES E., BARBATO M., SODANO R., Le fratture del calcagno: trattamento funzionale.
Fratture del calcagno 99-103.
4) PISANI G.: Considerazioni sul trattamento delle fratture talamiche del calcagno. Chir.
del Piede, 13, 285/290, 1989.
5) ANDREASI A., VESCOVI G., Il trattamento chirurgico delle fratture scomposte del talamo calacaneare. Risultati a distanza. Chir. del Piede, 7, 193-206, 1983.
6) OLMEDA A., TURRA S., BONAGA S., Risultati a distanza del trattamento incruento nelle
fratture talamiche del calcagno. Chir. Org. Mov. 74, 35-43, 1989.
7) GIANNINI S., CECCARELLI F., GIROLAMI M., DE BENEDITTIS M.G., BERTELLI R.: La
nostra esperienza nel trattamento chirurgico delle fratture di calcagno. Fratture del
calcagno 145-151. Aulo Gaggi Editore, Bologna 1994.
8) MARCHETTI N., GUIDO G., SCAGLIONE M., TONARELLI M.: Il trattamento delle fratture
di calcagno con chiodi di Galluccio. Fratture del calcagno 117-124, Aulo Gaggi
Editore, Bologna 1994.
9) VILLANI C., NARDI M., AURELI A., FORMICA A.: Valutazione degli esiti delle fratture di
calcagno. Fratture del calcagno 179-187. Aulo Gaggi Editore, Bologna 1994.
10) CONSOLI V., MONTANO A., MAFFEI G., SANCIN A.: Le fratture del calcagno: il trattamento incruento con ortesi funzionale. Fratture del calcagno 89-97. Aulo Gaggi
Editore, Bologna 1994.
–7–