Gli Aeromobili - Costruzioni Aeronautiche

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Gli Aeromobili - Costruzioni Aeronautiche
I.T.S.I.G. Leonardo da Vinci
Viterbo
A.S. 2006/2007
Gli Aeromobili
Tecnica e classificazione
Analisi generale della classificazione e
della tecnica del grande mondo degli
aeromobili
Gli Aeromobili
Con il termine aeromobile si intendono tutti i tipi di macchine capaci di spostare e
trasportare via aria qualsiasi cosa, dal carico di merci alle persone.
La classe degli aeromobili è composta da due grandi sottoinsiemi che andremo ad
analizzare nello specifico man mano che andremo avanti.
Aerostati
L'aerostato è un aeromobile che per ottenere la portanza, cioè la forza necessaria a
sollevarsi da terra e volare, anziché muoversi nell'aria utilizza un gas più leggero dell'aria,
vale a dire elio, idrogeno o aria calda. Esistono vari tipi di aerostato.
Una prima distinzione è quella secondo il tipo di gas utilizzato per ottenere la forza
ascensionale. In questo modo possiamo suddividere gli aerostati in:


palloni ad aria calda (le mongolfiere propriamente dette, dove l'aria viene scaldata
per mezzo di bruciatori)
palloni a gas (gonfiati con idrogeno o elio)
Possiamo poi distinguere gli aerostati in:

dirigibili (con la caratteristica forma a siluro e dotati di motori e organi di governo)

non dirigibili (mongolfiere e palloni a gas) che seguono la direzione del vento e
possono solo variare la quota di volo
Queste suddivisioni non sono rigide e quindi palloni e dirigibili possono essere sia a gas
che ad aria calda.
Esiste poi anche un pallone ibrido, il pallone Rozier, che utilizza allo stesso tempo sia l'aria
calda che il gas.
Gli aerostati più antichi sono la mongolfiera e il pallone a idrogeno: entrambi volarono per
la prima volta in Francia nel 1783 a poco tempo di distanza l'uno dall'altra. Negli ultimi
anni si sono diffusi i dirigibili ad aria calda che uniscono la semplicità costruttiva e la
facilità di gestione della mongolfiera alla governabilità del dirigibile.
Principi del volo aerostatico
Il volo aerostatico si chiama così perché l'aerostato per ottenere la portanza che gli
consente di volare non deve muoversi nell'aria come avviene per un aeroplano. Il volo
aerostatico in pratica si basa sul principio di Archimede che recita: "Un corpo immerso in
un fluido riceve una spinta dal basso verso l'alto uguale al peso del volume di fluido
spostato". Ciò significa che un aerostato riempito con un gas più leggero dell'aria che lo
circonda riceve una spinta ascensionale pari al peso di una quantità di atmosfera pari al
suo volume. Se questa spinta è maggiore del peso dell'aerostato esso sale nell'atmosfera.
Per ottenere una spinta sufficiente a farlo volare, quindi, l'aerostato deve essere riempito di
un gas più leggero dell'aria e che venga superato il punto di equilibrio tra il peso
dell'aerostato e quello dell'aria che esso sposta. Dopo il decollo l'aerostato salirà fino a
quando verrà raggiunto un nuovo punto di equilibrio.
I principi fisici del volo di un pallone a gas (che utilizza elio o idrogeno) sono analoghi a
quelli di un pallone ad aria calda. La differenza consiste nel sistema che viene utilizzato per
variare la quota.
Mentre nella mongolfiera la variazione di quota si ottiene scaldando o lasciando
raffreddare l'aria contenuta all'interno dell'involucro, il pallone a gas sale scaricando
zavorra (sabbia contenuta in appositi sacchetti) e scende liberando gas per mezzo di una
valvola.
Lo studio dei problemi connessi al volo aerostatico ha contribuito grandemente alla ricerca
sulla fisica dei gas e sui fenomeni atmosferici e meteorologici oltre che alla conoscenza
della fisiologia umana e al comportamento dell'organismo alle alte quote.
Classificazione internazionale dei palloni
Gli aerostati sono classificati secondo la grandezza ed il tipo da un apposita commissione
della Federazione Aeronautica Internazionale (FAI) che è il massimo organo sportivo
aeronautico. Nell'ambito dell'aviazione non commerciale, la FAI classifica tutti gli
aeromobili. Gli aerostati, definiti anche come "aeromobili più leggeri dell'aria",
appartengono alla classe A che a sua volta è suddivisa in quattro sotto-classi secondo la
caratteristiche peculiari degli aerostati:




AA: palloni a gas
AX: palloni ad aria calda (mongolfiere)
AM: palloni Rozier (palloni gonfiati sia con gas che con aria calda)
AS: palloni a gas con involucro pressurizzato (per uso scientifico)
Queste sotto-classi sono organizzate in 15 categorie secondo il volume dell'involucro.
La mongolfiera
Il principio di funzionamento di una moderna mongolfiera è assolutamente identico a
quello del pallone dei fratelli Montgolfieres della fine del XVIII secolo. Le differenze stanno
solo nei materiali impiegati per la costruzione e nel sistema adottato per riscaldare l'aria:
oggi al posto di paglia e lana incendiate si usano sofisticati bruciatori a propano.
Oggi, come allora, una mongolfiera vola portata dal vento e il pilota non è in grado di
stabilire esattamente dove andrà ad atterrare. Il pilota può però controllare con grande
precisione la quota di volo.
Una mongolfiera è costituita essenzialmente da tre parti:



l'involucro
il bruciatore
la navicella
L'involucro deve contenere l'aria riscaldata dal bruciatore. La struttura è formata da
pannelli di nylon cuciti su nastri verticali e orizzontali. Alla sommità del pallone i nastri
verticali sono riuniti in un anello di coronamento, mentre alla base vengono prolungati da
cavi d'acciaio che a loro volta sono poi fissati al quadro di carico su cui è montato il
bruciatore.
La sommità dell'involucro è aperta e viene chiusa dall'interno per mezzo di un pannello
circolare di diametro maggiore di quello dell'apertura. Sotto la spinta dell'aria calda il
pannello viene tenuto in posizione impedendo così la fuoriuscita dell'aria calda medesima.
Per mezzo di un sistema di tiranti è possibile aprire il pannello per accelerare la discesa in
volo o per facilitare lo sgonfiaggio del pallone.
Lo scopo del bruciatore, come abbiamo visto, è quello di riscaldare
l'aria all'interno dell'involucro. Il bruciatore, generalmente doppio, è
fissato al quadro di carico tramite un giunto cardanico che consente
di dirigere la fiamma con precisione all'interno dell'involucro. Il
bruciatore è alimentato da gas propano liquido contenuto in apposite
bombole di acciaio o alluminio alloggiate all'interno della cesta.
Aprendo i rubinetti il propano, tramite tubi flessibili, raggiunge una
serpentina dove sotto l'effetto del calore torna allo stato gassoso, si
mescola all'aria e viene incendiato di volta in volta da una fiamma
pilota alimentata dalle stese bombole. L'erogazione del gas al
bruciatore e quindi le fiammate vengono regolate dal pilota mediante
apposite valvole.
La navicella (detta anche cesta) è appesa
all'involucro e generalmente è fatta in vimini
intrecciato. E' una caratteristica che di solito
suscita meraviglia, ma il fatto è che tutt’oggi il vimini offre un buon
compromesso tra robustezza, leggerezza ed elasticità. La cesta ha una
struttura portante di tubi metallici e il fondo rinforzato da longheroni
di legno: l'insieme offre quindi sicurezza e protezione all'equipaggio.
Agli angoli della cesta sono alloggiate le bombole del gas, mentre lungo
i lati trovano posto gli strumenti di navigazione e le altre dotazioni di
bordo. La cesta è vincolata al quadro di carico e all'involucro per mezzo
di cavi d'acciaio e moschettoni. Il quadro di carico, a sua volta, è
sostenuto da stecche rigide di nylon per impedire che all'atterraggio
finisca addosso ai passeggeri.
Il volume di una mongolfiera di medie dimensioni, capace di portare tre o quattro
persone, varia tra i 2000 e i 3000 metri cubi. La massa di un pallone è dell'ordine di 2
tonnellate e mezza che equivale ad una inerzia considerevole: l'abilità del pilota consiste
quindi nel variare la quota scaldando l'aria o facendola raffreddare anticipando le reazioni
del velivolo.
L'autonomia di volo dipende dalla quantità di propano a disposizione per il bruciatore,
dalle condizioni climatiche e dal peso trasportato.
Altre apparecchiature
Il gas propano che alimenta il bruciatore è contenuto in appositi serbatoi di tipo
aeronautico in acciaio o alluminio, chiamati bombole, fissate internamente con apposite
cinghie ai quattro angoli della cesta e ricoperte da un'imbottitura coibente che oltre a
ripararle dagli urti protegge i passeggeri dalle contusioni durante atterraggi movimentati.
Le bombole si dividono in due tipi: "master", che alimentano anche la fiamma pilota oltre
che il bruciatore, e "standard". Entrambe sono dotate di un indicatore di livello che indica
l'ultimo 30% di contenuto, di uno sfiatatoio che ha la funzione di diminuire la pressione
interna durante il rifornimento e di una valvola di sicurezza.
Il ventilatore è il mezzo che introduce aria fredda all'interno dell'involucro fino al
momento in cui è possibile azionare il bruciatore. E' costituito da un'elica azionata da un
piccolo motore a scoppio. L'elica è protetta da una gabbia metallica ed il tutto è montato su
una struttura dotata di ruote per facilitare il trasporto.
La strumentazione di bordo
L'altimetro è lo strumento che misura e indica la quota di volo del pallone. Questo dato
può essere espresso in metri o in piedi. L'apparecchio rileva la variazione della pressione
atmosferica rispetto all'altezza sul livello del mare (la pressione diminuisce aumentando la
quota). Dato che la pressione atmosferica è influenzata dalle condizioni meteorologiche è
necessario tarare lo strumento con una certa frequenza. Per questo prima del volo si
inserisce la quota del punto di decollo. E' uno strumento indispensabile per la sicurezza del
volo anche poter verificare la quota in relazione alle norme che regolano lo spazio aereo.
Il variometro è un altro strumento indispensabile dato che misura e indica la velocità
verticale del pallone, cioè la velocità di salita e di discesa. L'indicazione può essere espressa
in metri al secondo o in piedi al minuto.
Il Gps, entrato ormai stabilmente a far parte della strumentazione di bordo, è uno
strumento che, grazie alla elaborazione di dati ricevuti da un'apposita rete di satelliti indica
la propria posizione ed altri dati utili alla navigazione come quota, velocità e direzione.
Riferendo queste informazioni a punti prefissati è possibile quindi verificare la propria
rotta reale rispetto a quella stabilita e calcolare i tempi di percorrenza e l'orario di arrivo a
destinazione. È molto utile in tutte le situazioni in cui il pilota ha assoluto bisogno di
sapere con sicurezza dove si trova, a quale quota si trova e a quale velocità sta volando
(volo in montagna, ad alta quota, sopra le nubi, in competizione, ecc.).
A bordo di un aerostato trovano poi solitamente due apparati radio ricetrasmittenti. Il
primo à la radio aeronautica in VHF che consente di mantenere il contatto con gli
organismi della circolazione aerea, con gli altri aeromobili e l'assistenza a terra. E' un
apparato obbligatorio che deve essere controllato annualmente dalla autorità competente.
La seconda radio, anche questa VHF, permette di comunicare con il proprio equipaggio di
terra e con le altre mongolfiere, ma non con gli organi della circolazione aerea. E' un
apparato indispensabile per coordinare le operazioni di recupero dell'equipaggio di terra.
La sonda termica, infine, è lo strumento che misura la temperatura interna dell'involucro.
Il pallone a gas
I palloni a gas rappresentano un capitolo fondamentale della
storia del volo "più leggero dell'aria" avendo di fatto dominato
per tutto l'Ottocento e per la prima metà del Novecento. Oggi,
invece, solo un ristretto gruppo di piloti, continua a dedicarsi a
questo tipo di aeromobile penalizzato soprattutto del costo del
gas utilizzato (elio o idrogeno).
Il gas più adatto al volo di un pallone è l'idrogeno in quanto si
tratta dell'elemento più leggero esistente in natura. Molti si
immaginano che l’utilizzo dell’idrogeno sia una cosa avventata
per il semplice fatto che è un gas facilmente infiammabile, ma
nel novanta percento degli incidenti con palloni a gas, la causa
non è dovuta all’utilizzo di idrogeno.
L'elio, al contrario, è inerte e quindi assolutamente sicuro, ma
presenta un costo assai proibitivo.
Il pallone a gas è formato da un involucro di forma sferica. Sulla
sommità dell'involucro si trova una grande valvola a paracadute
molto simile a quella delle mongolfiere, mentre al di sotto si trova una appendice, vale a
dire una manica per la fuoriuscita del gas. All'involucro è appesa una navicella di vimini
intrecciato collegata al cerchio di carico, un anello a cui fanno capo i cavi di sostegno.
I palloni a gas possono essere a volume costante o a volume variabile.
Nel primo tipo, il gas può fuoriuscire liberamente dall'involucro man mano che aumenta la
quota di volo: la pressione atmosferica diminuisce, il gas si espande e per evitare la
lacerazione dell'involucro a causa di un aumento eccessivo della pressione interna, il gas in
eccesso viene liberato attraverso l'appendice.
Nel tipo a volume variabile, invece, l'involucro è abbastanza grande da compensare
l'espansione del gas al diminuire della pressione atmosferica.
Per volare il pallone viene riempito con il gas in maniera
da ottenere una spinta ascensionale superiore al peso
complessivo dell'aerostato. Questa spinta viene
compensata dal peso della zavorra costituita
generalmente da sabbia contenuta in appositi sacchetti
appesi all'esterno della navicella. Il volo termina quando
la zavorra rimanente permette di ottenere una discesa e
un atterraggio controllati.
Una peculiarità del pallone a gas è costituita dalla "guide
rope", una corda lunga almeno trenta metri: questa
orienta il pallone durante l'atterraggio, funziona da freno
rallentando la velocità del pallone e in zone prive di
ostacoli naturali o artificiali può essere lasciata strisciare
sul terreno ottenendo così una funzione equilibratrice,
consentendo al pallone di mantenere una quota costante
senza agire sul gas o sulla zavorra.
Rispetto alla mongolfiera il pallone a gas presenta un costo di esercizio più elevato,
maggiore difficoltà di pilotaggio e una preparazione più complessa. Di contro l'autonomia
di volo di un pallone a gas è nettamente maggiore di quella di un pallone ad aria calda.
Inoltre il pallone a gas ha una maggiore capacità di sollevamento a parità di volume e offre
la possibilità di volare in un silenzio totale.
Il dirigibile
Come dice il nome stesso, il dirigibile è un aerostato che può essere guidato verso una
direzione determinata grazie alla spinta di motori e alla presenza di timoni di direzione e
profondità analoghi a quelli degli aerei. Il dirigibile si caratterizza poi per la caratteristica
forma "a siluro". Il primo dirigibile utilizzava un motore a vapore, fu realizzato nel 1852.
In seguito fu realizzato il primo dirigibile a propulsione elettrica, mentre nel 1898 il primo
con motore a combustione interna, lo stesso anno in cui fu costruito il primo Zeppelin.
Storicamente i dirigibili conobbero il loro massimo
sviluppo tra l'inizio del XX secolo e la vigilia della
seconda guerra mondiale. I dirigibili erano, a quella
epoca, i mezzi di trasporto più veloci sulle grandi
distanze e vennero impiegati nei voli commerciali tra
l'Europa e gli Stati Uniti offrendo ai passeggeri che
potevano permetterselo un lusso e un comfort degno
dei grandi transatlantici.
I dirigibili potevano avere una struttura flessibile, semirigida o rigida,, mentre l'involucro
era realizzato in stoffa ricoperta di gomma.
Il dirigibile a struttura flessibile (o dirigibile floscio) fu il primo tipo di dirigibile realizzato.
La quasi indeformabilità del dirigibile era data dalla modesta pressione interna
dell’involucro. La più grande difficoltà costruttiva di questo tipo di dirigibile era applicare
carichi statici e dinamici sull’involucro (carichi della navicella, carichi aerodinamici,
raffiche di vento) senza che questo subisse deformazioni importanti. Per questo motivo i
dirigibili flosci non ebbero mai un volume superiore ai 1000 m3.
Il dirigibile semirigido, a differenza di quello
floscio, aveva un involucro irrigidito
longitudinalmente nella parte inferiore da una
travatura. A questa erano ancorati la navicella e
gli apparati motopropulsori. Il volume raggiunto
da dirigibili di questo tipo dell’ordine di 20000
m3.
Il dirigibile a struttura rigida fu l’ultima tipologia prodotta. Il gas sostentatore era
racchiuso nell’involucro in camere diaframmate. L’indeformabilità era data da elementi
rigidi posti longitudinalmente e trasversalmente, detti rispettivamente correnti e ordinate.
Una parte dei locali del dirigibile rigido erano ricavati nella parte inferiore dell’involucro,
mentre le uniche parti sporgenti erano la cabina di pilotaggio e il gruppo motopropulsore.
Fa parte dei dirigibili rigidi tutta la famosissima serie di dirigibili Zeppelin, dal nome del
Conte Von Zeppelin studioso tedesco, realizzatore del primo dirigibile.
Attualmente l’utilizzo dei dirigibili è strettamente legato a studi scientifici o a trovate
pubblicitarie, c’è da dire però che con le nuove tecnologie di controllo e comando
computerizzati, alcuni dirigibili riescono ad avvicinarsi a livelli di manovrabilità pari
addirittura superiori a quella di alcuni elicotteri, per non parlare poi del fattore economico
che, come si può immaginare, sugli elicotteri risulta più elevato.
Il pallone Rozier
Il pallone Rozier prende il nome dal grande aeronauta francese
Jean François Pilâtre de Rozier.
Il pallone Rozier è un aerostato "ibrido" che funziona combinando
l'uso dell'elio con quello dell'aria calda. Per il decollo la camera del
gas viene riempita parzialmente con elio. Man mano che
l'aerostato sale il calore del sole e la pressione atmosferica
decrescente fanno espandere l'elio. Per mantenere costante la
quota o per scendere, l'elio viene fatto uscire attraverso apposite
valvole poste sulla sommità. Durante la notte, in assenza
dell'irraggiamento solare i piloti attivano i bruciatori a propano
riscaldando l'aria che si trova nella camera sottostante a quella
dell'elio. Se il pallone
supera la quota massima
consentita l'elio fuoriesce
dalle appendici poste alla
base dell'involucro per
evitare che un'eccessiva espansione possa
lacerare l'involucro. Sopra la camera dell'elio
l'involucro contiene una ulteriore camera del gas
che ha il compito di tenere distante l'involucro
esterno da quello della camera del gas riducendo
lo scambio di calore tra interno ed esterno.
I palloni Rozier sono stati utilizzati nei più recenti
voli transoceanici e nei tentativi di
circumnavigazione del globo senza scalo. Dopo
moltissimi tentativi, i palloni Rozier si sono
dimostrati quelli più adatti a questo genere di
imprese. Si tratta di aerostati frutto di una
tecnologia sofisticata e gestiti da un team di
specialisti del quale, oltre ai piloti, fanno parte
scienziati, ingegneri, meteorologi, informatici,
con uno schema di lavoro molto simile a quello
delle missioni spaziali.
Aerodine
L'aerodina è un aeromobile più pesante dell'aria, la cui sostentazione è ottenuta mediante
una azione aerodinamica sulle superfici del mezzo.
Le aerodine si caratterizzano per la presenza di un "organo sostentante" capace di muovere
o deviare una certa massa d'aria verso il basso in maniera da sostentare il volo.
Questo organo sostentante può essere un ala, nel caso dei velivoli o una pala in un
elicottero, ma anche, tipicamente, un ugello, nei razzi.
In base al tipo di organo sostentante, gli aerodine possono dunque dividersi in tre diverse
classi: aerodine a sostentazione aerodinamica e aerodine a sostentazione per reazione
diretta.
Aerodine a sostentazione aerodinamica
Nella sostentazione aerodinamica l'ala viene investita da una certa massa d'aria in virtù del
proprio moto relativo ed è in grado di deviare questa massa verso il basso così da generare
una forza, detta portanza, verso l'alto. Tra questi:




Aerodine ad ala fissa (anche detti velivoli)
o moto velivolo (propulso)
o aliante (non propulso)
Ad ala battente (ortottero)
Con ali rotanti azionate da motori (elicottero)
Con ali auto rotanti (autogiro)
Ci sono anche delle aerodine particolari che sfruttano l’effetto suolo. Queste sono dette
ekranoplani o WIG (Wing In Ground effect) (Ala in effetto suolo).
Ala fissa
I moto velivoli
I moto velivoli sono aerodine propulse con un apparato motore capace di garantire la
spinta necessaria dell’aeromobile.
A loro volta i velivoli sono distinti tra loro in funzione di tre diversi fattori:



Tipo di decollo e atterraggio
Tipologia di apparato moto propulsore
Possibilità di decollo e atterraggio su superfici diverse
Per quanto riguarda il tipo di decollo e atterraggio utilizzato dai moto velivoli, se ne
possono distinguere principalmente classi principali:
1. CTOL
2. VTOL
3. STOL
1. La prima sigla, CTOL, sta ad indicare Conventional Take-Off and Landing
(letteralmente “decollo e atterraggio convenzionale”).
Questa sigla sta ad indicare tutti i velivoli
che utilizzano una procedura di decollo e
atterraggio convenzionale.
Generalmente la procedura di decollo
convenzionale è articolata in tre diverse
fasi, quali il rullaggio, in cui l’aereo
accelera e raggiunge la velocità stabilita
prima di staccarsi da terra, la manovra,
dove il velivolo stacca il ruotino anteriore
raggiungendo l’assetto corretto per il
decollo, e la fase di involo, in cui l’aereo
distacca completamene da terra e
comincia la sua salita.
L’atterraggio convenzionale, invece si
divide in discesa, dove l’aereo si avvicina
alla pista diminuendo la sua velocità, manovra, durante la quale in velivolo varia il suo
assetto per prepararsi al contatto il suolo, e rullaggio, utile all’aereo per diminuire la sua
velocità fino al completo arresto.
2. VTOL è l'acronimo inglese di Vertical Take-Off and Landing, letteralmente “decollo e
atterraggio verticale”, ed è l'aggettivo utilizzato per tutti gli aeroplani che hanno la
capacità di decollare e atterrare verticalmente. Considerando che elicotteri, autogiri,
aerostati e dirigibili non sono considerati VTOL, sono davvero pochi gli aerei che possono
utilizzare questo aggettivo. Alcuni VTOL possono anche decollare ed atterrare in modo
convenzionale, altri invece non possono a causa della mancanza del carrello d'atterraggio
che può farli muovere orizzontalmente. Il decollo e l’atterraggio verticale sono possibili
grazie all’adozione di soluzioni tecnologiche diverse, ad esempio aerei VTOL con motori
turbo elica possono muoversi verticalmente grazie alla rotazione dell’intero gruppo
motore - elica- gondola motore in modo da direzionare la trazione dell’elica verso l’alto.
Negli aerei con motore a getto invece, il decollo verticale è possibile grazie a meccanismi
che direzionano il getto (e conseguentemente la spinta) del motore, determinando la
direzione del moto dell’aeromobile.
3. STOL è l’abbreviazione della denominazione inglese Short Take-Off and Landing
(decollo e atterraggio corto). Viene usato nell'industria aeronautica per descrivere gli
aeroplani in grado di decollare ed atterrare utilizzando piste corte grazie a diversi
accorgimenti tecnici e aerodinamici.
La lunghezza della pista necessaria per le operazioni di decollo e atterraggio è in
funzione del quadrato della minima velocità di volo (la velocità di stallo) e nella
costruzione di un aereo molti sforzi sono concentrati per ridurre questo valore. Nella fase
di decollo, un basso rapporto peso/potenza e una bassa resistenza aumentano
l'accelerazione, diminuendo così la pista necessaria per staccare le ruote da terra. In
atterraggio, l'uso di grandi aerofreni, bassa velocità di atterraggio o l'uso di spoiler
minimizzano lo spazio necessario per fermarsi. Le capacità STOL quindi dipendono dalla
lunghezza necessaria per l'atterraggio e il decollo.
Per questo tipo di aeroplani è molto importante la capacità di evitare ostacoli nei pressi
della pista (come ad esempio alberi, pali ecc.) sia in decollo che in atterraggio.
Un alto rapporto peso/potenza e una bassa resistenza forniscono un rateo di salita
necessario per evitare ostacoli in decollo. In atterraggio invece si aumenta la resistenza
dell'aeroplano per farlo scendere rapidamente e per smaltire la velocità in eccesso, che
risulta poi in un maggiore spazio necessario per fermarsi; per aumentare la resistenza si
utilizzano i flap.
Di solito gli aerei STOL sono dotati di un'ala molto
grande per il peso che hanno e spesso vengono
utilizzati anche degli accorgimenti aeronautici come
flap, slat e generatori di vortici.
Questo tipo di aerei viene progettato per ridurre la
velocità di stallo, ma non la capacità di carico: è
spesso utilizzati per i collegamenti con comunità
isolate e difficilmente raggiungibili via terra.
Molti STOL vengono appositamente modificati per
operare anche su piste semipreparate o con fondo
diverso dall'asfalto: ad esempio possono operare su acqua o superfici ghiacciate.
Alcuni aeroporti vengono progettati specificamente per l'operatività degli STOL, e
normalmente sono dotati di un'unica pista corta, occupando quindi meno spazio di un
aeroporto tradizionale, ma non sono molto diffusi.
Esistono anche degli aerei in cui se è riusciti ad inserire e far collaborare la tecnologia e i
vantaggi dei VTOL e STOL.
Questi sono i V/STOL e gli STOVL. La prima sigla sta per Vertical/Short Take-Off and
Landing, ovvero “atterraggio e decollo verticali/corti”. L'Harrier è probabilmente
l'aeroplano più famoso ad utilizzare questo sistema.
I V/STOL vennero originariamente sviluppati per permettere l'impiego di aerei jet che
potessero partire da spiazzi nelle foreste,
eliminando la dipendenza da piste soggette a venire
danneggiate, o da piccole portaerei che in
precedenza erano in grado di trasportare solo
elicotteri.
I V/STOL sono stati rimpiazzati in popolarità dagli
STOVL, perché questi riducono la quantità di spinta
richiesta per sollevare da terra un aereo a pieno
carico, e quindi permettono di trasportare un carico
maggiore.
STOVL è l'acronimo inglese di Short Take Off and
Vertical Landing, letteralmente “decollo corto ed
atterraggio verticale”.
Questa capacità di alcuni tipi di aeroplani permette
il decollo da piste molto corte e l'atterraggio
verticale, ad esempio in parcheggi o spazi poco
preparati, evitando così la costruzione di costose
infrastrutture per permettere l'atterraggio
convenzionale. Questa caratteristica è molto utile
per gli aerei imbarcati a bordo delle portaerei
perché possono decollare da ponti di volo "skyjump" invece che usare il sistema di catapulte,
presente di solito nelle navi americane. Come già detto gli aerei STOVL possono portare un
carico maggiore rispetto agli aerei VTOL.
Nel caso dei propulsori adottati per far muovere i velivoli, i tipi più importanti sono
fondamentalmente tre:
1. Moto elica
2. Turboelica
3. Turbogetto
1. Il moto elica è un propulsore aeronautico di tipo alternativo generalmente alimentato a
benzina che mette in rotazione l’elica calettata sull’albero motore. L’elica, non essendo
altro che una particolare unione di profili alari, sfrutta le sue caratteristiche
aerodinamiche in modo da imprimere ad una quantità di aria, un moto opposto alla
direzione d’avanzamento del velivolo, provocando la trazione per reazione.
2. Il turboelica è una macchina formata da una presa d’ara, un compressore, una camera di
combustione e da una turbina a gas. Il compressore aspira e comprime l’aria attraverso
una presa d’aria, questa viene immessa nella camera di combustione in una quantità tale
da permettere una corretta combustione della miscela aria-combustibile che, una volta
bruciata, esce sotto forma di fumi di scarico ad alta velocità e temperatura, mettendo in
rotazione la turbina, la quale è collegata all’elica attraverso un albero con l’interposizione
di un riduttore di giri.
Molto spesso la turbina è “sdoppiata”: la prima turbina (turbina di alta pressione) è
quella che viene direttamente a
contatto con i gas di scarico e che
serve ad azionare il compressore, la
seconda invece (turbina di bassa
pressione) è quella a cui arrivano i
fumi già leggermente raffreddati e
che mette in rotazione l’albero a cui
è calettata l’elica, attraverso un
riduttore.
3. Il turbogetto, o turboreattore, è una particolare macchina costituita da un involucro che
racchiude una presa d’aria, un compressore, le camere di combustione, la turbina e
l’ugello di scarico. La presa d’aria, sagomata secondo le esigenze del motore e del
velivolo, convoglia l’aria al compressore. Il
compressore, messo in funzione dalla
turbina, comprime l’aria e la manda nelle
camere di combustione, dove viene iniettato
il combustibile per mezzo di pompe. Qui, con
un sistema di accensione poi inattivo durante
il funzionamento a regime del turboreattore,
si innesca la fiamma, e i gas derivanti dalla
combustione, miscelati con aria per
abbassarne la temperatura, si espando
parzialmente nella turbina prima di uscire
dall’ugello continuandosi ad espandere.
In poche parole i moto velivoli sfruttano la spinta data loro dai motori per far si che l’aria si
muova attorno le ali, generando le forze di sostentazione aerodinamiche.
Infine, l’ultima classificazione che si può fare è quella per possibilità di atterraggio su
acqua o su terra. In questo elenco tutti gli aerei vengono suddivisi in tre rami principali:
1. Terrestri
2. Idrovolanti
3. Anfibi
1. I velivoli terrestri sono tutti quegli aerei capaci di atterrare solo su terra ferma. Questo è
possibile grazie ad un sistema di carrelli che permette all’aereo di atterrare senza troppe
difficoltà, attenuando le sollecitazioni provocate dal contatto con il suolo e facendo da
supporto per rendere possibili le operazioni a terra.
Il carrello più utilizzato oggi è il carrello retrattile che, pur avendo una maggior difficoltà
costruttiva, permette di avere un’ottima continuità aerodinamica sul velivolo.
Il carrello fisso invece, viene utilizzato solo su aerei leggeri e ultraleggeri. La tipologia di
carrello più in uso è il carrello a triciclo perché offre maggiori vantaggi a livello di
visibilità nelle manovre e leggerezza nelle manovre curve a terra rispetto all’altra
conformazione a biciclo.
2. Un idrovolante è un aeroplano in grado di effettuare le operazioni di decollo e
ammaraggio (atterraggio) da una superficie acquatica, quale mare, laghi, canali o fiumi.
Per indicare le operazioni di rientro del velivolo talvolta si utilizza impropriamente il
termine di atterraggio, proprio degli aerei terrestri.
Tipologie di idrovolanti
Con il termine idrovolante si intendono gli
aerei in grado di decollare ed ammarare
dall'acqua nella loro accezione più generica.
Sono classificati in base al sistema di
sostentamento (galleggiamento) in acqua. In
particolare la differente conformazione del
sistema di galleggiamento consentirà
all'idrovolante di operare da solo acque calme,
oppure anche in presenza di acque poco mosse.
Idrovolante a galleggianti
L'idrovolante a galleggianti presenta struttura analoga all'omologo terrestre. Se negli
aerei terrestri il contatto con il terreno avviene attraverso le ruote del carrello, questo
tipo di idrovolanti monta dei galleggianti o scarponi, che lo sopraelevano dalla
superficie acquatica.
A galleggiante singolo con stabilizzatori
Questo tipo di idrovolante
prevede un unico galleggiante
montato al di sotto della fusoliera
(scarpone centrale). In genere
questa configurazione prevede
due piccoli galleggianti montati al
sotto delle ali per assicurare una
migliore stabilità in acqua.
Questa configurazione presenta
una maggiore stabilità in
ammaraggio, al prezzo di una
maggiore complessità e peggiore aerodinamica.
di
A due galleggianti
Questo tipo di idrovolanti prevede due galleggianti di uguale dimensione montati
parallelamente sotto la fusoliera, analogamente a quanto avviene per le ruote di un
carrello fisso. Agli albori degli idrovolanti in genere era previsto un terzo piccolo
galleggiante in coda, analogamente a quanto avviene per il ruotino di coda di un aereo
terrestre.
Idrovolante a scafo
In questo tipo di idrovolante il galleggiamento è fornito dalla stessa fusoliera, che si
comporta come lo scafo di una imbarcazione. La progettazione della fusoliera deve
quindi avvenire sia seguendo i principi della aerodinamica
che quelli della idrodinamica. Questo tipo di idrovolanti
presenta spesso dei piccoli galleggianti stabilizzatori alle
estremità alari. Questa configurazione è la più adatta per
aerei di grandi dimensioni destinati ad operare anche in
presenza di acque mosse e presenza di onde.
Rara è la configurazione a doppio scafo, in cui il velivolo presenta due fusoliere/scafi
parallele.
Fusoliera avion marin
La fusoliera avion marin non è nient’altro che un particolare sistema di sicurezza.
Infatti questo tipo di fusoliera doveva garantire all'aereo terrestre il galleggiamento in
caso di ammaraggio di emergenza.
Galleggianti retrattili
In molti idrovolanti con galleggianti stabilizzatori questi ultimi potevano essere
ripiegati dopo il decollo (e ri-estesi prima dell'atterraggio) contro la superficie inferiore
dell'ala andando a formare le estremità delle ali. Venne sviluppato anche un diverso
meccanismo per idrovolanti a scafo plurimotori: prevedeva che i due galleggianti
stabilizzatori esterni venissero retratti nelle gondole motore esterne. Un altro progetto
presentato per un idrovolante bimotore da ricognizione, prevedeva che anche il
galleggiante centrale si ritraesse, diventando solidale con la fusoliera. Sebbene
funzionale, non ottenne commesse, per problemi di incompatibilità con diversi motori
a cui sarebbe stato accoppiato il progetto.
Durante la seconda guerra mondiale, i giapponesi svilupparono un idrovolante da
ricognizione a scarpone centrale in cui il galleggiante potesse essere sganciato in
emergenza. In tal modo poteva guadagnare sulla sua velocità massima.
Nota linguistica
La distinzione tra idrovolanti a scarponi e a scafo è molto più marcata in altre lingue, in
quanto le diverse tipologie sono individuate da termini ben distinti. Ad esempio nella
lingua inglese gli idrovolanti sono indicati genericamente come seaplane (aereo
marino), quelli a scarponi float plane (aereo a galleggiante), mentre per gli idrovolanti
a scafo si usa il termine flyng boat (Battello volante). Una simile distinzione si ha anche
nella lingua tedesca.
Altri tipi di idrovolanti
Nel corso degli anni furono tentati approcci alternativi ai galleggianti tradizionali.
Nessuna di queste soluzioni trovo impiego operativo, spesso risultarono in anticipo sui
tempi, quando le tecnologie non erano a ancora mature o quando l'interesse sugli
idrovolanti era ormai scemato.

Alette idroplane: in questo caso la portanza necessaria a guadagnare il decollo
doveva essere fornita da pinne analoghe a quelle degli aliscafi. Mentre l'idrovolante
guadagnava velocità veniva sostenuto fuori dall'acqua da queste alette.

Idroscì (Pattini): simili nell'uso delle alette idroplane. Da non confondere con gli sci
utilizzati al posto del normale carrello per gli aerei destinati ad operare su superfici
innevate o ghiacciate.
 Cuscino d'aria: quello dei cuscini d'aria dinamici è il principio utilizzato dai
giganteschi ekranoplani
sovietici, simili a grandi
idrovolanti a scafo sono
aeromobili che possono volare
solo a pelo dell'acqua, e dai più
piccoli "WIG", i loro omologhi
occidentali. L’ekranoplano si può
considerare come l'anello di
congiunzione tra l'idrovolante e
l'aliscafo. Questo tipo di
aeromobile si muove volando a
pochi metri dalla superficie dell’acqua, sfruttando, per il sostentamento l'effetto
suolo. Sostanzialmente una volta che il mezzo ha accelerato si sviluppa al di sotto di
esso quello che può essere definito come un cuscino d'aria dinamico. Sono anche
noti come WIG (Wing In Ground effect), “Ala ad effetto suolo” o GEV (Ground
Effect Vehicle) “Veicolo ad effetto suolo”. Oggi non vi sono che poche ditte a
produrre piccoli versioni di WIG/Ekranoplani, al più capaci di 10 passeggeri, ma c'è
comunque sempre un certo interesse all'uso dell'effetto suolo per migliorare
l'efficienza di aerei o imbarcazioni.
[L’effetto suolo]
L'effetto suolo è un effetto aerodinamico che si manifesta nel volo ad una quota
paragonabile all'apertura alare, dovuto alla compressione degli strati d'aria che
produce una portanza leggermente superiore a quella che si avrebbe ad altezze
superiori, dovuta sia alla maggior pressione dell'aria sul ventre dell'ala, sia alla
maggior velocità di deflusso dei filetti di aria sul dorso. In pratica una sorta di
cuscino d'aria che permette di volare paralleli al suolo, cioè di non perdere quota
come la si perderebbe alle stesse condizioni di portanza, incidenza e velocità a quote
superiori.
L'effetto suolo diventa importante nelle fasi di decollo e di atterraggio.
Nell'automobilismo, l'effetto suolo viene sfruttato nel senso opposto: si cerca cioè di
convogliare l'aria sotto il fondo della vettura, in modo da creare una spinta verso il
basso e aumentare così l'aderenza della vettura al suolo.
3. Un aereo anfibio è un aero in grado di operare sia in acqua che su terra. L'aereo anfibio
è equipaggiato sia con carrello d'atterraggio sia con scafo o galleggianti. Gli anfibi sono
ormai il tipo di idrovolante più diffuso, in quanto consentono una maggiore flessibilità
di utilizzo. Fino alla seconda guerra mondiale, gli idrovolanti venivano impiegati per lo
più come ricognitori militari o antisommergibili, e nell'aviazione civile per il trasporto
passeggeri su rotte marittime; però potevano volare solo a bassa velocità ed erano lenti
nell'ammaraggio. Gli aerei anfibi, ancora più lenti per il doppio sistema di atterraggio,
ebbero sempre diffusione limitata. Per gli aerei da diporto leggeri sono disponibili
galleggianti simili a quelli utilizzati negli idrovolanti ma dotati di una ruota "annegata"
posta al centro, che non sporge tanto da incrementare la resistenza idrodinamica
quando è in acqua, ma fuoriesce abbastanza per consentire atterraggi su piste in
cemento o erbose. Anfibi sono il Canadair CL-215 e CL415, spesso indicati semplicemente come “Canadair”,
utilizzati dalla Protezione Civile e dai vigili del fuoco di
tutto il mondo nelle operazioni antincendio. Il termine
di anfibio è quello che si estende anche ad altri tipi di
aeromobile, come gli elicotteri, che consentono al
velivolo di operare da terra o dall'acqua.
Gli alianti
Gli alianti sono aerodine senza organo motore che non sfruttano la spinta del motore
durante il decollo, bensì possono alzarsi da terra in altro modo. Si possono distinguere due
tipi diversi di decollo per gli alianti:

Trainato da un aereo

Trainato da un verricello
Nel primo caso l'aliante è trainato, tramite un cavo, da un aereo (in genere di piccole
dimensioni). Al raggiungimento di una certa quota, l'aliante si sgancia dal cavo e comincia
la lenta discesa, controllata dal pilota, in planata verso un punto di atterraggio scelto.
Nel secondo caso un potente verricello avvolge un cavo metallico che può essere lungo
anche 1,5 Km. L'aliante agganciato al cavo decolla come un aquilone e, raggiunta la quota
massima, cioè circa metà della lunghezza del cavo, si sgancia per proseguire il volo in
planata.
Negli anni passati si sono usate altre tecniche di lancio, come il lancio con elastico o il
traino da autoveicolo.
In realtà l'aliante non solo scende ma, sfruttando bene le correnti ascensionali, può anche
salire. Un pilota esperto riesce dunque a percorrere grandi distanze e rimanere in volo per
molte ore.
Caratteristica costruttiva peculiare di un aliante è l'efficienza aerodinamica, volgarmente
indicata anche come rapporto di planata, cioè quanta distanza è in grado di percorrere
l'aliante, in aria calma, partendo da una certa quota prima di toccare il suolo. Gli alianti
moderni hanno efficienza superiore a 30 (30 Km percorsi partendo da 1000 metri di
quota), e modelli con caratteristiche aerodinamiche particolarmente sofisticate
raggiungono efficienza 60.
Inoltre, esistono anche alianti a motore, o moto alianti.
I moto alianti possono essere "a decollo autonomo" se il motore è in grado di portare in
quota l'aliante, oppure "con motore da rientro" se il motore viene acceso solo in volo
quando il pilota lo desidera, in genere per ritornare più agevolmente al punto di partenza.
Ala battente
Le aerodine ad ala battente sono veramente poche e
soprattutto realizzate solo in progetti. Queste strane
creazioni sono dette ortotteri o ornitotteri.
Il primo disegno di un ortottero risale a Leonardo da
Vinci, rappresentando probabilmente il più antico
tentativo di progettare un oggetto volante più pesante
dell'aria.
Il complesso meccanismo riproduceva le ali di un
uccello.
Ala rotante
Le aerodine ad ala rotante sono tutti quegli aeromobili che non hanno superfici alari fisse
che generano le forze di sostentazione aerodinamiche, ma suddette superfici sono messe in
rotazione da motori che possono essere di tipo alternativo a combustione interna o a
reazione.
Si possono distinguere tre diversi tipi di aerodine ad ala rotante:

Elicotteri

Piattaforme volanti

Autogiri
Gli elicotteri
L'elicottero è un aeromobile creato nel 1936, cioè un mezzo di trasporto aereo
caratterizzato da un'ala rotante, che consente il decollo e l'atterraggio verticali e lo
stazionamento aereo detto “Hovering”(sosta stabilizzata in un punto fisso sospeso).
La prima idea di una macchina che potesse librarsi in volo fu, come noto, di Leonardo da
Vinci. Il grande inventore aveva infatti compreso alcune nozioni, poi rivelatesi esatte, circa
il volo, verosimilmente intuendole dallo studio sul volo degli uccelli; da queste aveva
concepito il progetto di una macchina capace di reperire la portanza grazie ad una spirale,
che era posta sopra alla carlinga, e che doveva essere mantenuta in moto circolare
continuo.
La spirale, meglio nota come “vite aerea”, sfruttava alcuni effetti aerodinamici, ma la
macchina non avrebbe potuto realmente volare in quanto Leonardo non superò il
problema della rotazione riflessa del corpo.
Solo nel Novecento, quando lo sviluppo dell'aeronautica aveva consolidato le esperienze di
volo e quando la fisica meccanica poteva ormai fornire il necessario supporto scientifico, fu
ristudiata una macchina capace riportare alla pratica il principio dell’elicottero.
Proprio con l'aereo ci si era ritrovati di fronte al problema del momento provocato dalla
rotazione dell’elica attorno all’asse longitudinale dell’aereo, per il caso dei monoelica, ma la
presenza delle ali fisse e la proporzione fra la portanza e le velocità di quei velivoli rendeva
agevole la soluzione. L'elicottero invece non aveva ali fisse, e si dovette attendere che
qualcuno pensasse al rotore di coda per poter iniziare a studiare velivoli stabilizzati.
La tecnica
L'elicottero è dotato di un motore aeronautico leggero che muove i rotori, i quali portano in
rotazione una serie di ali, dette pale, le quali muovono l'aria in modo da far spostare il
velivolo per reazione. Per questo gli elicotteri si
definiscono anche velivoli ad ala rotante, in
contrapposizione agli aerei, denominati ad ala fissa.
La portanza, che potrebbe essere considerata una vera
e propria spinta dal basso verso l’alto generata dal
flusso d’aria orientato, è fornita al velivolo dalle pale.
Le pale, in realtà, non sono orizzontali, ma hanno
un'inclinazione rispetto al loro piano così che quando
ruotano possano fendere l'aria e sospingerla verso il
basso con maggiore o minore spinta.
Questa inclinazione è detta angolo d'attacco ed è
regolabile secondo le necessità d'impiego con un
controllo detto collettivo.
Il problema non risolto da Leonardo riguarda il moto circolare del rotore, che crea una
forte coppia rotazionale in direzione opposta, che deve essere compensata affinché il
velivolo possa mantenere una direzione definita: al moto delle pale che girano in un senso,
infatti, verrebbe ad aggiungersi, per compensazione, un corrispondente moto del corpo del
velivolo in senso inverso.
Per evitare questo moto indesiderato, nella coda degli elicotteri, è installato un secondo
piccolo rotore le cui pale girano in senso verticale, per bilanciare la rotazione orizzontale di
quelle del rotore principale: in alcuni modelli, dotati di due rotori principali controrotanti,
questo accorgimento non è necessario poiché le pale di ciascun rotore hanno rotazioni
antagoniste e non causerebbero quindi nessuna rotazione del corpo.
Recentemente sono comparsi sul mercato dei nuovi modelli che sfruttano il flusso d'aria
generato dai gas di scarico della turbina, indirizzandolo lateralmente in coda, per ottenere
lo stesso risultato.
Tecniche di pilotaggio
La conduzione di un elicottero è completamente differente da quella di un aereo, poiché i
principi fisici in gioco non sono proprio gli stessi.
I controlli dell'elicottero sono tre: il passo collettivo, la manetta ed il passo ciclico e la
pedaliera.
Il passo collettivo (o CPC - collective pitch control) controlla l'angolo di attacco delle pale,
cioè l'inclinazione delle pale rispetto al piano orizzontale sul quale sono innestate.
All'aumento dell'angolo di attacco corrisponde un incremento di portanza.
La manetta è un semplice acceleratore che consente di controllare il regime del motore e
dunque di trasmettere maggiore o minor potenza al rotore secondo la necessità del
momento. Nei velivoli più recenti con motore a pistoni e a turbina si utilizza un sistema
computerizzato di gestione dei regimi che consente di delegare al software, accelerazione e
decelerazione del motore, rendendo non più necessario l'uso della manetta.
Il passo ciclico, con comando a cloche, è il più sofisticato ed il più delicato dei controlli,
poiché governa la variazione ciclica dell'angolo di attacco delle pale: le pale, durante il loro
giro di 360° non hanno un angolo di attacco costante, ma hanno una variazione di
inclinazione che serve in generale ad ottimizzare la propulsione, ed in particolare a
distribuire opportunamente la spinta in modo da consentire variazioni di assetto e
spostamento dell'elicottero.
Questa variazione è appunto dominata dal
ciclico, così chiamato perché la fa operare nel
numero di volte desiderate e possibili per
ciascun giro della pala, quindi per cicli.
La variazione è poi opportunamente anticipata
(calettatura) tenendo conto di fattori come la
precessione giroscopica.
Infatti, se su di un corpo che ruota su sé stesso
andiamo ad imprimere una forza
trasversalmente al suo asse di rotazione essa
risponderà 90° dopo rispetto al senso di
rotazione stesso.
La pedaliera aziona, tramite leveraggi, il rotore
di coda (se presente) che consente il controllo della direzione della prua dell'aeromobile
rispetto alla direzione di avanzamento.
Essa svolge una importantissima funzione durante i decolli e gli atterraggi verticali:
l'abbassarsi o l'innalzarsi della leva del passo collettivo comporta infatti variazioni della
coppia di reazione che cambiano la direzione della prua.
Le piattaforme volanti
Le piattaforme volanti sono aeromobili del tutto particolari e
unici nel loro genere: sono vere e proprie strutture capaci di
alzarsi in volo a diversi metri da terra e raggiungere anche
modeste velocità. Questo tipo di invenzioni erano in voga
durante e dopo la seconda Guerra Mondiale quando la
tecnologia puntava soprattutto a migliorare e potenziare con il
settore militare con mezzi nuovi ed innovativi; le piattaforme
volanti erano parte di questi progetti a dir poco esuberanti.
Si costruirono piattaforme circolari di diametro non superiore
ai due metri per il trasporto di una o due persone, con lo scopo
di essere utilizzate come mezzi di vedetta, quasi come delle
“torrette volanti”.
Si progettarono e produssero delle vere e proprie jeep volanti
capaci di spostarsi rasoterra, raggiungendo velocità vicine ai
110km/h.
Ci furono anche dei velivoli sperimentali simili a dischi volanti
che utilizzavano giganteschi motori a reazione, posti al centro della piattaforma, per
fornire al velivolo la spinta necessaria al decollo.
Nessuna piattaforma volante è
mai stata prodotta in serie, molte sono rimaste solo progetti, altre sono state prodotte
come prototipi, ma nessuno le ha mai utilizzate nel campo aeronautico in nessun moto. Le
ultime e le sole esistenti piattaforme sono rinchiuse in musei di storia.
Gli autogiri
Gli autogiri (chiamati anche girocotteri) sono velivoli che per volare utilizzano i due
sistemi propri dell'elicottero e dell'aereo.
Per il sostentamento utilizza un rotore simile a quello degli elicotteri, per traslare utilizza la
spinta fornita da un'elica solitamente in posizione propulsiva. Non dispone di rotore
anticoppia di coda, ma di piani di coda simili a quelli degli aerei, per questo motivo, a
differenza degli elicotteri, il rotore principale dell'autogiro ruota sempre in folle, inoltre
non dispone dei comandi del passo ciclico e collettivo; l'unico comando è la variazione
dell'inclinazione del piatto portatale e dispone inoltre di un freno, sempre sul rotore.
Al motore, solitamente posizionato alle spalle del pilota, è calettata un’elica propulsiva per
il moto, inoltre vi è una presa di forza per il lancio del rotore principale. Per l'involo il
rotore viene lanciato ad un dato regime di giri prima di entrare in pista, in seguito si
sgancia la presa di forza, il rotore gira in folle e si può iniziare la corsa di decollo grazie
all'elica propulsiva.
Questo mezzo unisce pregi e difetti dell'aereo e dell'elicottero.