recensione visita Villa Torre del Greco - Baianese

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recensione visita Villa Torre del Greco - Baianese
UNA GIORNATA A VILLA DELLE GINESTRE A
TORRE DEL GRECO
di Giuseppe Viti, classe V A , Liceo Scientifico, Lauro, a.s. 2016/2017
Villa delle ginestre, Torre del Greco: prospetto ( sec. XVII- XX)
Il 15 novembre 2016 mi sono recato con la mia classe, la V
A del Liceo Scientifico “ Umberto Nobile- Roald
Amundsen” di Lauro, accompagnati dal prof. Scafuro, a
Torre del Greco, poco a sud di Napoli, per una visita alla
Villa che varie volte ospitò Giacomo Leopardi negli ultimi
anni della sua vita, durante il soggiorno partenopeo. Qui
l’autore recanatese scrisse una delle sue opere più
importanti, “La ginestra” che, appunto, dà il nome alla
Villa. Quest’ultima nacque come una masseria alla fine del
XVII secolo per volontà del canonico Giuseppe Simioli;
venne, poi, ceduta alla famiglia Ferrigni e Giuseppe
Ferrigni, cognato di Antonio Ranieri, grande amico di
Leopardi, fu il proprietario dell’edificio negli anni in cui il
marchigiano venne ospitato. Sul finire dell’Ottocento,
l’abitazione venne restaurata per volontà del nuovo
proprietario , esponente della famiglia Carafa, e , dunque,
venne aggiunto il colonnato dorico e venne ampliato il
terrazzo. La Villa si sviluppa su tre livelli: al piano terra, la
stanza più caratteristica è la cucina, dove possiamo
ammirare un forno a legna risalente al 1600. Qui Leopardi
era solito gustare alcuni dei suoi piatti preferiti, come i fiori
di zucca fritti in pastella. Al piano nobile, al quale si accede
attraverso una scala (pare progettata dal Vanvitelli) e dove è
collocato un busto del poeta, c’è la stanza dove si conserva
ancora l’arredo originale.
Villa delle ginestre, Stanza di Leopardi
Vi sono , inoltre, una stanza dove il Ferrigni conservava
degli strumenti scientifici , come ad esempio un
sismografo, atto a registrare le scosse di tipo ondulatorio, e
un’ulteriore sala oggi adibita a “sala video” dove viene
proiettato per i visitatori in interessante filmato sulla vita e
le opere del Recanatese; infine, abbiamo un terrazzino sulla
cui parete è collocato un orologio solare e dove possiamo
notare dei simboli che richiamano la massoneria: ad
esempio, la croce celtica che adorna le inferriate e il
calendario che segue il corso delle stagioni
( forse un
calendario di incontri).Saliamo, infine, al terzo livello : il
terrazzo. Ciò che per prima colpisce è la vista che da lì si
può godere: da un lato, a pochissima distanza, l’imponente
mole del Vesuvio si staglia verso il cielo; dal lato opposto,
si ha una veduta mozzafiato del Golfo di Napoli: da qui si
può idealmente percorrere con lo sguardo tutta la costa,
dalla Penisola Sorrentina ai Campi Flegrei, con le isole di
Capri e Ischia sullo sfondo. E’ presente anche una sorta di
schedario dove sono state annotate tutte le eruzioni del “
formidabil monte sterminator Vesevo” , dal 79 d.C. al 1944.
Con una simile panoramica, una mente come Leopardi non
avrà impiegato molto per trovare l’ispirazione per scrivere “
La Ginestra” . La visita , però, non si è rivelata tutta rose e
fiori. Tra le note dolenti, sicuramente l’isolamento della
Villa : essa si trova ben distante dalle principali vie di Torre
del Greco e i cartelli che ne indicano la presenza e
l’ubicazione sono insufficienti. La strada per arrivarci è,
poi, molto stretta, inadatta ai pullman , e in non buone
condizioni. Di certo, un simile gioiello meriterebbe ben
altro trattamento. Tuttavia, la visita è stata davvero
interessante: pensare che in questa Villa è stato composto
un così alto capolavoro della poesia italiana e mondiale fa
emozionare, ma anche riflettere. Proprio così, anche
riflettere! Oggi il paesaggio di Torre del Greco è molto
diverso da quello del 1836, anno in cui “ La ginestra” fu
scritta. L’uomo lo ha modificato e alle pendici del vulcano,
un tempo spoglie, sono sorti migliaia di edifici. Leopardi
aveva ammonito gli uomini del suo tempo a non sfidare la
natura “ matrigna” illudendosi di essere immortali, ma il
suo messaggio non è stato recepito: costruire su di un
vulcano attivo è un atto di superbia! Si spera, però, che il
poeta si sia sbagliato e che magari il Vesuvio resti in fase di
quiescenza per molto tempo, senza reagire alle “
provocazioni” dell’uomo.
Gli alunni della classe V A del Liceo Scientifico “ Nobile- Amundsen” di
Lauro