Anteprima 2mila15 - scuola media tesserete

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Anteprima 2mila15 - scuola media tesserete
Lo sguardo intenso, penetrante, dolce e preoccupato.
La bocca enigmatica, quasi una nostrana Gioconda.
Il “tazzín” in mano, forse per augurarci salute.
L’editoriale del Mosaico quest’anno lo scriviamo ispirandoci
a lei, la Mariotta di Treggia, di cui parliamo nell’articolo
dedicato a questo paesino.
Mariotta diventa così la metafora della nostra rivista:
il presente che racconta il passato guardando al futuro.
Il presente sono i ragazzi della scuola media, sostenuti
e guidati dai docenti, che parlano della quotidianità.
Il passato sono molte delle storie narrate, che recuperano
la memoria del territorio. Memoria di persone come Americo
Riva, Mingo Quadri, Sjlvia Husejinov, ma anche memoria
di luoghi come Treggia, La Malpensata, Corticiasca, Vaglio.
Lo sguardo è rivolto al futuro e a chi lo sta costruendo:
il cuoco, lo skater, il presidente del Consiglio Nazionale,
l’arbitro di pallanuoto, la volontaria che parte per la Siria
a portare aiuto ai meno fortunati.
Buona lettura di questo Mosaico ricco di storia e di storie.
Indice
2
La nostra
Cecilia:
GentilezzaPazienzaDisponibilitàPassione
6
Primi
tentativi
poetici
10
Il mondo
in una
bottega
14
Chi
riconosce
i maestri?
18
Bramiti
al Bar...
c’eravamo
anche noi!
22
Giocare a
“facciamo
che”
26
Storie di
emigranti
32
Quegli
strani
animali...
34
46
Enigmistica
48
Intervista
a Stéphane
Rossini,
presidente
del Consiglio
Nazionale
52
I miti della
Svizzera
Il testamento
della Contessa
Grassa: storia
o leggenda?
54
38
L’undicesima
maglietta
Gli stemmi
della 1E
40
Scrivere per
se stessi
o per farsi
ricordare?
Il bigliettino
del Pobbia
54
58
L’incanto
delle uova
di Vaglio
62
Dalla
Mesopotamia
alla Capriasca
66
Da grande
faccio…
lo skater
70
Famiglie
numerose
in Capriasca:
ieri e oggi
74
Un palloncino
per maestro
76
Un
capriaschese
nato in
America
80
Brevi
racconti
84
Il sogno
argentino
88
Barzellette
e... diversi
90
Marco Viviani,
sous-chef
de prestige
94
Capriasca,
Val Colla
e Milano
96
Passioni
e segreti
di una
Guggen
100
Una “mamma
col fischietto”
104
Treggia,
l’ombelico
del mondo
108
Intervista
a Nicola
Canonica,
autore del libro
“MARIAPAELIO :
C’era una volta
Corticiasca:
il villaggio dei
dimenticati”
113
Valeva la pena
farsi una bigiata
120
Impressum
La nostra Cecilia:
Gentilezza-PazienzaDisponibilità-Passione
di Jessica Pedrini e Sarah D’Angelo, 4A
Sono quattro parole chiave che meglio definiscono
e contraddistinguono l’importante persona
che ha lavorato nella nostra sede di scuola media
per molti anni come bibliotecaria.
Sempre gentilissima con ragazzi e docenti che si
recavano in biblioteca anche solo per fare due chiacchiere.
Con tanta pazienza e dedizione ha sempre cercato
la soluzione ideale per chiunque le chiedesse
un’informazione sul libro da cercare.
Ha sempre dimostrato grande disponibilità verso allievi
e docenti nell’organizzare eventi, nell’aiutare a trovare
materiale didattico per ricerche e quant’altro, per consigliare un libro interessante e chi più ne ha più ne metta.
Una passione innata per la lettura e per tutto quanto
gira attorno ai libri.
Cecilia è stata per noi una bibliotecaria speciale:
era sempre aggiornata sulle novità da proporre,
dava informazioni precise su un libro piuttosto che su
un altro e tutto questo con il sorriso e la tranquillità
che l’hanno sempre contraddistinta.
Ma perché parliamo al passato? Perché da qualche
mese Cecilia è andata in pensione, fortuna per lei
ma sfortuna per noi. Ora può dedicare più tempo
a se stessa e a tutti i suoi hobby.
Ma andiamo insieme a conoscerla meglio e magari
a scoprire qualche curiosità che vorrà svelarci
in questa chiacchierata.
2
Come stai?
Bene bene, grazie, e voi?
Bene, grazie, è bello averti qui! Cosa ti ha spinto a fare
la bibliotecaria?
Lo sono diventata un po’ per caso… ma forse è meglio che
vi parli del rapporto che ho avuto con i libri nel mio passato.
I libri hanno sempre accompagnato la mia vita.
Da piccola ne avevo pochi, perché sono nata nella disastrata
Polonia dopo la guerra, nel 1951, e avevamo pochi soldi per
comprarne. Ma mia madre, che lavorava in libreria e leggeva
molto, anche in polacco, a volte ne portava a casa alcuni “in
prestito”, anche per me. Ricordo che mi raccontava le storie
e le favole traducendole in italiano. Mio padre era polacco.
Ha conosciuto mia madre durante la guerra, nel 1941, perché è stato internato a Vico Morcote per quasi un anno.
Nel 1958, con mia mamma e mio fratello, siamo scappati
dalla Polonia, dal regime comunista che lasciava poca libertà, per rientrare dai nonni a Morcote, dove subito ho iniziato
a frequentare le scuole elementari.
Lì ho conosciuto la mia amica Daniela che aveva tanti libri e
che me li prestava volentieri. Di quel periodo ricordo soprattutto due libri: “Pinocchio” e “Cuore” che mi erano piaciuti
moltissimo.
Che percorso scolastico hai fatto?
Ho frequentato per 5 anni il ginnasio a Lugano, dove purtroppo non c’era una biblioteca scolastica. I libri ce li scambiavamo tra di noi ragazze (a quel tempo c’erano ancora le
classi di sole femmine o di soli maschi!).
A scuola ho poi conosciuto un accanito e appassionato lettore, con il quale ho condiviso il piacere della lettura, e che
più tardi è diventato mio marito. Lui aveva una biblioteca ben
rifornita: mi ha fatto scoprire la letteratura americana (Hemingway, Steinbeck…) e quella francese (Sartre, Camus…):
conosciamo...
mi si è aperto un mondo tutto nuovo.
Prima di conoscerlo leggevo solo cose
“da ragazze”, come “Piccole Donne” e
“I ragazzi di Jo”.
Dopo il ginnasio ho frequentato la magistrale per altri quattro anni a Locarno, dove finalmente sono entrata per
la prima volta in una Biblioteca. Mi è
piaciuta subito, mi ci sono trovata a
mio agio e mi sono intesa bene con
l’anziana bibliotecaria.
Ottenuta la patente di maestra delle
elementari, sono partita con mio marito per Friborgo. Lui studiava letteratura italiana all’Università: uno dei ricordi
più belli che ho di quei tempi passati è
che, mentre io stiravo o lavavo l’insalata,
lui mi leggeva dei libri, e che leggendo
spesso ci facevamo delle grandi risate.
Io avrei voluto studiare matematica o
chimica, invece davo lezioni di italiano
per guadagnare qualcosa e mi occupavo dei figli. Quando nel 1978 siamo
tornati in Ticino, per un caso del tutto
fortuito e fortunato, ho scoperto che
era stato organizzato un corso per diventare bibliotecari. Ho dovuto fare gli
esami d’ammissione e affrontare colloqui con esperti: le cose fortunatamente sono andate bene e subito dopo ho
cominciato a seguire i corsi per tre anni
e a lavorare in diverse biblioteche, tra le
quali quella della Magistrale. Ho capito che questa professione mi sarebbe
piaciuta tantissimo, mi era congeniale.
Così è stato.
Quando hai cominciato a Tesserete?
La scuola media di Tesserete è nata
nell’82 e io sono arrivata nel marzo
del 1983. Ho iniziato a lavorare in uno
spazio molto piccolo, con pochissimi
scaffali e una macchina da scrivere.
Con il passare degli anni la biblioteca ha occupato lo spazio dell’ex aula
magna e gli scaffali si sono moltiplicati. Negli anni ’90 è arrivato anche il
computer. Tutti i libri che vedete ora in
biblioteca, più di 16’000, sono passati
tra le mie mani: classificati, catalogati
e informatizzati.
Hai sempre amato i libri e la lettura?
Sì, come dicevo prima, è stato un po’
un destino: una mamma libraia, un marito letterato, i libri hanno sempre accompagnato la mia vita.
Hai un libro preferito? Se sì, quale?
Allora… citarne uno solo è veramente
difficile.
Oggi il mio preferito è… non lo so, perché ne amo tanti, quindi vi cito quello
che sto leggendo e che è molto bello:
la biografia di Montaigne, filosofo del
Cinquecento, scritta da Sarah Bakewell.
Da sempre amo le biografie, storie di
vita di uomini e donne più o meno illustri: da Galileo Galilei a Elisabetta I,
regina di Inghilterra, fino a donne meno
note come ne “L’illuminata”, storia della
prima donna che ha studiato all’università di Padova nel ‘600.
Del periodo friborghese ricordo con
piacere “Cent’anni di solitudine” e “L’amore al tempo del colera” di Garcia
Marquez e i libri di Elias Canetti, soprattutto “La lingua salvata”.
I libri che leggo volentieri sono quelli
che mi vengono consigliati da colleghi
e docenti o amici, che con il loro entusiasmo suscitano in me grande curiosità. Il passaparola è un buon sistema
per conoscere nuovi libri e nuovi autori.
Se oggi amo lo scrittore giapponese
Murakami, lo devo alla docente Lavio
che me lo ha fatto scoprire.
Hai letto tutti i libri della biblioteca?
Questo me l’hanno chiesto tantissimi
ragazzi e io rispondo sempre di no e
che non ho la minima intenzione di leggerli tutti! Sarebbe impossibile e inutile. I libri bisogna saperli scegliere.
Però dico che tutti sono passati nelle
mie mani, che li ho sfogliati, li ho classificati, che ne ho cercato i soggetti:
questo è un modo per conoscerli per
poi saperli consigliare ad altre persone.
Hai sempre fatto la bibliotecaria?
Oltre alle lezioni che ho dato, ho fatto
anche delle supplenze e delle traduzioni in francese per un avvocato.
3
conosciamo...
Hai incontrato degli ostacoli nel tuo
lavoro? Se sì quali?
Nessun ostacolo: sono stata fortunatissima e non ho mai avuto nessuna
particolare difficoltà. A Tesserete, dove
ho trascorso ben più di 30 anni, sono
sempre andata d’accordo con la direzione, con i docenti e con gli allievi.
Da piccola quale mestiere avresti
voluto fare?
Da piccola forse avrò avuto il desiderio di fare la libraia, come mia mamma.
Crescendo ho cambiato idea, perché a
scuola riuscivo bene soprattutto nelle
materie scientifiche.
La passione per le scienze è rimasta,
infatti in biblioteca potete tutt’ora vedere le stelle appese sul soffitto, mappamondi veri e di fantasia, il razzo Saturno V… L’astronomia è il mio pallino
ed è nata casualmente, perché mentre
mi trovavo ad Acquacalda ho incontrato il Signor Cortesi, astronomo dell’Osservatorio di Locarno Monti, che mi ha
invitata a visitare il suo centro con il
grande telescopio. Mi ha prestato tantissime fotografie di galassie, di stelle e
nebulose e le abbiamo appese in biblioteca e in tutto il corridoio del secondo
piano. La cosa è piaciuta ai docenti e
quindi ne è nata una mostra. Abbiamo
organizzato una serata nell’aula magna
con il Signor Cortesi e il giornalista Eugenio Bigatto. Era accorsa tanta gente,
anche perché quell’anno, il 1997, sorprendendo un po’ tutti quanti, nel cielo
splendeva una grande cometa, la Hale
Bopp, che per più di due mesi è stata
ben visibile a occhio nudo. Qualcuno
mi aveva chiesto: “Ma avete preparato
la mostra per la cometa?” e io rispondevo “No, la cometa è arrivata apposta
per la nostra mostra”. È da allora che
sono appassionata di astronomia.
Quali altri hobby hai oltre alla lettura?
Ecco, oltre alla lettura… suono la chitarra classica, in privato per rilassarmi,
perché sono molto emotiva e perciò
non riesco a suonare davanti alla gente.
Poi mi piace ballare il country, ballo di
gruppo, dove tutti devono fare gli stessi
passi memorizzati. Un’altra cosa che mi
piace moltissimo è andare al cinema o
anche prendermi dei DVD in videoteca.
Come ti sei sentita quando hai
lasciato il lavoro nella nostra scuola?
All’inizio è stato difficile e, se devo dire
la verità, in parte lo è ancora adesso.
Quando torno qui a scuola mi sento
bene… mi manca. Mi manca soprattutto il contatto con gli allievi, con i
docenti, mi mancano le belle cose
che si facevano. Sono ancora un po’
imbarazzata a parlarne, e a volte mi
dico “Adesso mi stacco, devo fare altre
cose nuove nella mia vita”. Invece il mio
pensiero corre spesso in biblioteca, dai
“miei” libri. La mia professione è sempre stata molto importante: anche nei
momenti difficili della mia vita, quando
ero sul posto di lavoro stavo meglio.
Cosa ti appassionava maggiormente
del tuo lavoro?
Mi piaceva catalogare, preparare i libri
per il prestito, ma quello che preferivo
era, appunto, condividere il piacere della lettura. Quando qualcuno veniva a
parlarmi con entusiasmo di un libro che
lo aveva emozionato, o quando qualche
allievo mi riportava un libro dicendo:
“Questo è bellissimoooo!”, erano per
me momenti impagabili, perché si condividevano delle emozioni.
Alcuni ragazzi mi riportavano delle belle frasi che avevano copiato dal libro
letto: una frase ben scritta è un gioiello
che puoi conservare per sempre.
Se invece il libro non era piaciuto, se ne
potevano discutere le ragioni.
Il bello del mio lavoro con i ragazzi
era che mi sentivo un po’ come una
dispensatrice di sogni, regalavo delle
storie belle o brutte su cui riflettere, o
momenti di divertimento e di evasione.
Non dovendo dare nessuna nota, i ragazzi si esprimevano con me sempre
con molta spontaneità.
Ora come occupi il tuo tempo?
Il tempo non mi basta mai. Mi sono
iscritta a diversi corsi che mi interessano. Uno di essi è un corso di polacco, perché è la mia lingua paterna, che
sto recuperando alla grande, in vista di
qualche viaggio che farò in Polonia.
E studio l’inglese perché ho intenzione di tornare in India. Ci sono stata tre
anni fa per visitare una decina di orfanotrofi, ed è stata un’esperienza indimenticabile che vorrei ripetere. Inoltre
continuo a seguire dei corsi di filosofia,
che mantengono la mia mente attiva
facendo collegamenti tra storia e evoluzione del pensiero umano.
Frequento anche gli archivi di stato,
perché sono alla ricerca di notizie sui
miei antenati morcotesi.
Ci racconti qualche curiosità su di te?
Amo molto i gatti. Ma perché in modo
così esagerato? Perché ho dovuto abbandonare il mio gatto in Polonia quan4
conosciamo...
do siamo fuggiti. Milusz era il mio “giocattolo” preferito, dormiva sempre con
me, e ho sofferto molto per averlo dovuto lasciare. Ho mantenuto una grande passione per questi animali e nella
mia vita c’è quasi sempre stato un gatto:
Tito 1°, Tito 2°, Tito 3°…, Cina, Galileo…
Tantissimi!
Da ex bibliotecaria, hai un consiglio
da dare ai ragazzi che leggeranno
questa intervista?
Il consiglio che posso dare è quello di
leggere, ma non per far piacere a qualcuno. Si legge per fare piacere a sé
stessi. Un libro è un ottimo compagno.
Leggere spalanca delle porte sul mondo, allarga gli orizzonti, fa vivere più
intensamente! Senza dimenticare che
i libri, come gli amici, devono essere
scelti bene.
Grazie mille “Ceci”, sei una grande!!!
Intervista a
Stéphane Rossini,
presidente del
Consiglio Nazionale
a cura della 3F
Lo scorso 24 novembre Stéphane Rossini è stato
eletto a Berna presidente del Consiglio Nazionale.
Chi riveste questa carica viene considerato il
“Primo cittadino” della Svizzera. Dato che Rossini
è originario della Val Colla, gli abbiamo chiesto
la disponibilità per un’intervista e lui molto gentilmente
ha risposto alle nostre domande.
Dove abita e come è composta la sua famiglia?
Abito a Haute-Nendaz, nel Vallese. Ho due figli (di 21 e 19
anni) e vivo con la mia compagna e i suoi tre figli.
Di che villaggio della Val Colla è originario?
Del villaggio di Insone.
Quante volte è stato in Val Colla?
Mi sarò recato una decina di volte in questa valle, l’ultima
risale a un paio di anni fa.
Qual è il suo legame con il Ticino?
Nutro una relazione piena di sentimento e simpatia nei confronti del mio Cantone d’origine. Ci vado spesso durante le
vacanze. Inoltre, ho a che fare professionalmente con diverse persone che lavorano nell’ambito dell’amministrazione,
delle istituzioni sanitarie o della formazione.
Qual è la sua attuale professione?
Sono professore e ricercatore presso le università di Ginevra
e di Neuchâtel in scienze delle politiche sanitarie e sociali.
Qual è stato il suo percorso politico?
Sono stato membro delle gioventù socialiste vallesane, in
seguito deputato al Gran Consiglio (1993-1999) e dal 1999
sono consigliere nazionale. Ho anche ricoperto la carica di
vicepresidente del partito socialista svizzero.
Nella sua famiglia ci sono stati dei politici?
Mio padre è stato eletto nel Municipio di Nendaz e diversi zii
erano militanti socialisti.
48
conosciamo...
Com’è cambiata la sua vita da quando è diventato
presidente del Consiglio Nazionale?
Oltre alle attività di ordinaria incombenza per un consigliere nazionale, bisogna intrattenere rapporti con la popolazione e gli attori della società svizzera. Sta al presidente
rappresentare le autorità parlamentari, in Svizzera come
all’estero. Bisogna dunque coltivare apertura e soddisfazione nell’incontrare le persone.
Ha le guardie del corpo?
Non in Svizzera, per quanto sia spesso accompagnato da
collaboratori del Parlamento o da uscieri. All’estero, invece,
c’è spesso una guardia del corpo.
Quali sport pratica?
Sono un uomo di montagna. Sono appassionato di alpinismo, arrampicata e sci. Ho anche fatto molto parapendio.
Per tenermi in forma vado a correre e in mountainbike.
Cosa fa nel tempo libero?
Viaggio e faccio sport. Vado anche a caccia con mio padre,
mio fratello e mio figlio.
Qual è il suo piatto preferito?
Essendo un buongustaio, la lista dei miei piatti preferiti è
lunga! In quanto vallesano, il podio è occupato dalla raclette
e dalla selvaggina…
Le piace leggere? Qual è un bel libro che ha letto?
L’ultimo libro che mi è piaciuto è «1320». Narra la storia di
un medico vallesano che, dopo aver studiato a Bologna,
lavora come medico e mediatore politico nel Vallese. Ho
appena finito di leggere anche un magnifico libro di Erri
49
de Luca dal titolo «Il peso della farfalla», che narra la storia di un camoscio e di un cacciatore.
Qual è il suo film preferito?
Anche qui la lista è lunga! Gli ultimi due ad essermi piaciuti molto sono francesi. Il primo affronta la problematica dei
rifugiati clandestini e si chiama «Samba». Mi è piaciuto particolarmente anche «Sils Maria» di Olivier Assayas, girato nel
Canton Grigioni. Se il mondo politico vi affascina, vi consiglio
inoltre la visione della serie televisiva «Borgen»…
Era bravo a scuola?
Sì! Mi applicavo molto ed ero molto rigoroso.
C’è un uomo politico a cui vorrebbe somigliare e perché?
È stata la figura del Presidente francese François Mitterrand ad avermi spinto ad entrare in politica.
Quali sono i valori che crede più importanti nella vita?
Il rispetto, la tolleranza, la solidarietà, l’apertura al mondo
e agli altri.
Come fa a conciliare la sua professione con il lavoro di
parlamentare?
In quanto deputato, ho sempre lavorato al 50%. In quanto
presidente, ho praticamente smesso di lavorare quest’anno.
A parte una manciata di ore alle università di Neuchâtel e di
Ginevra, mi dedicherò esclusivamente alla politica.
Cosa le piace nel suo lavoro di politico?
La possibilità di migliorare la vita delle persone, soprattutto l’istruzione, le condizioni di lavoro, la protezione sociale, le infrastrutture
e altro. Impegnarmi per un mondo migliore è una mia passione.
conosciamo...
Ci racconta una sua giornata-tipo al Consiglio Nazionale?
Durante le sessioni, la mia giornata incomincia con una seduta di commissione alle 7, oppure direttamente al Consiglio, dalle 8 alle 13 e dalle 15 alle 19. Alle 13 o la sera si
tengono degli incontri di lavoro. Fra le diverse sessioni, le
sedute di commissione durano due giorni con cadenza di tre
o quattro settimane. Si può far parte da 1, 3 o 4 commissioni,
a seconda del Consiglio e del partito.
Come fa per informarsi su tutti i dossier che dovete
discutere in parlamento?
Riceviamo dei documenti preparati dai Servizi del Parlamento, dai partiti politici e dagli ambienti direttamente interessati
dalle leggi che discutiamo. Partecipiamo anche a giornate
d’informazione, leggiamo rapporti e studi. Possiamo anche
rivolgere delle domande all’amministrazione. Soprattutto discutiamo molto in seno a ogni partito, durante sessioni di
gruppo o seminari, per forgiarci un’opinione e delineare una
strategia d’azione.
È difficile dirigere i dibattiti del Consiglio Nazionale?
L’ esperienza aiuta! Dopo 15 anni in Parlamento non è
difficile, ma talvolta il processo è lungo e complicato. I
dibattiti sono organizzati in modo estremamente preciso.
Esistono determinate regole per prendere la parola, per
definirne il tempo e strutturare le votazioni. Il presidente è
aiutato dai collaboratori del Parlamento.
Se lei fosse un Consigliere federale, quale dipartimento le piacerebbe dirigere e perché?
Ero candidato al Consiglio federale nel 2011 per succedere
alla signora Calmy-Rey, di conseguenza la questione non ha
più ragione di essere! Il Dipartimento dell’interno m’interessa
50
molto, vista la mia specializzazione in politiche sociali e della
sanità. Mi interessa anche la cultura, che è nello stesso Dipartimento, perché ritengo che svolga un ruolo importante,
in quanto elemento chiave per garantire la comprensione fra
le popolazioni e la coesione sociale.
A quali avvenimenti è stato invitato o parteciperà come
Primo cittadino della Svizzera?
Terrò un discorso per il Dies Academicus all’Università di
Lugano, il 18 aprile. Ho previsto un incontro con tutti gli
omonimi Rossini nella Val Colla l’11 luglio. Infine, dovrò incontrare i miei amici del Partito socialista ticinese verso la
fine dell’estate.
Quali responsabilità si sente di avere come Primo cittadino della Svizzera?
La responsabilità di garantire il buon funzionamento delle
nostre istituzioni democratiche e di fungere da interfaccia
fra le autorità politiche federali e il popolo svizzero. Devo infine rappresentare il nostro Parlamento all’estero, contribuendo così alla buona reputazione del nostro Paese.
Secondo lei, quale ruolo può avere la Svizzera nel contesto internazionale?
La Svizzera può ritagliarsi un ruolo estremamente importante per favorire la democrazia, contribuire alla pace e lottare
contro la povertà nel mondo. Il nostro Paese deve inoltre intrattenere ottime relazioni con i Paesi limitrofi, affinché i nostri giovani possano ricevere la miglior formazione possibile
e affinché le nostre imprese possano esportare il proprio
know-how e i propri prodotti. Dobbiamo altresì contribuire a
trovare soluzioni per gravi problemi di attualità come le guerre e il terrorismo e le migrazioni che ne conseguono.
conosciamo...
L’incanto
delle uova
di Vaglio
1. Ore 9:00, i ragazzi di Vaglio si incontrano…
di Joana Osele e Lisa Vittori,
fotografie di Elia Rossinelli, 3A
Il territorio della Capriasca cela consuetudini di antica
tradizione, ne è un esempio “l’incant di öv” che si tiene
la domenica di Pasqua nella piazzetta di Vaglio. Un momento di incontro conviviale tra gli abitanti della zona, in
un’atmosfera che unisce il sacro e il profano. Abbiamo intervistato Nicola Arigoni, cresciuto a Vaglio e ricercatore
al Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona.
4. Ore 19:30, alcuni rintocchi delle campane della
chiesa di Sant’Antonio annunciano l’inizio dell’incanto.
Ci può spiegare in che cosa consiste l’incanto
delle uova? Chi è coinvolto?
L’ incanto avviene il giorno di Pasqua, tutto comincia di mattina, dove ci si organizza in piccoli gruppi composti da giovani che setacciano il territorio passando di casa in casa
a raccogliere le offerte, solitamente di genere alimentare
quali salumi, formaggi, prosciutti, vini pregiati, dolci, biscotti
e soprattutto uova. A mezzogiorno termina la raccolta e il
bottino viene depositato in una cantina nel nucleo di Vaglio,
dove alcune donne si occupano di scegliere e abbinare i vari
cibi per comporre dei cestoni. Alle 19.00, i ragazzi che si
sono occupati del giro al mattino, si ritrovano alla chiesa del
paese e suonano le campane per richiamare la popolazione,
per avvisare che l’asta ha inizio. Nel frattempo il banditore si
prepara sul palchetto, le offerte vengono portate sul luogo
e la gente si riunisce per assistere. Il banditore saluta tutti e
augura buona Pasqua, poi iniziano le offerte.
Sappiamo che, una volta terminata l’asta,
tutti andavano all’osteria per cucinarle.
Sì, solitamente chi acquistava le uova ne prendeva in grandi
quantità, addirittura si arrivava ad averne cinquanta, settanta, cento, e allora le si portava all’Osteria a Vaglio dove l’oste
aveva il piacere di cucinarle. Da qualche anno però si ha l’abitudine di fare una frittata in compagnia in piazza.
È un momento di aggregazione dell’intero paese…
È un momento dove ci si riunisce, un momento per stare un
po’ assieme. La gente del paese apre la propria porta per
accogliere i ragazzi e regalare i propri beni alimentari, si ha
la possibilità di conoscersi e condividere quello che si ha.
Ha mai partecipato all’evento?
Sì, da ragazzo ho iniziato a partecipare alla raccolta delle
offerte e tuttora mi metto a disposizione - assieme ad altri
giovani del paese - per continuare questa tradizione.
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scopriamo...
2. … e iniziano la raccolta di uova, formaggio e vino,
che dura fin verso mezzogiorno.
3. Poi alcune donne del paese preparano
i cesti per l’incanto.
Quando è nata questa tradizione?
Non c’è una data precisa, non ci sono documenti scritti,
si presume che, già ai tempi dei genitori degli anziani di
oggi, si praticasse l’Incanto, stando a delle testimonianze
orali si arriva ai primi anni del 1900, infatti la tradizione
potrebbe essere nata per raccogliere i fondi necessari
per la costruzione della nuova chiesa di Sant’Antonio da
Padova di Vaglio nel 1914.
Quando noi abbiamo sentito parlare dell’incanto non
sapevamo che cosa fosse… Le dispiace che non sia
una tradizione più così sentita tra i giovani?
La tradizione non è più seguita dai giovani come lo era una
volta, chiaramente dispiace a tutti e soprattutto agli anziani del posto, nati e cresciuti a Vaglio, che vedono sfumare
questa usanza che ai loro tempi si praticava con maggior
sentimento. Noi cerchiamo lo stesso di invogliare i ragazzi
a partecipare con interesse, e c’è una buona rispondenza.
Credo quindi che la tradizione proseguirà negli anni.
Questa tradizione è unica in tutto il Ticino? Oppure ci
sono altri comuni che hanno ripreso, magari anche in
forme diverse, l’evento?
La tradizione così come si svolge a Vaglio è un unicum. Nei
materiali conservati al Centro di dialettologia e di etnografia di
Bellinzona si menzionano però altri incanti simili: a Brione sopra
Minusio, a San Nazzaro e ad Aquila. A mia conoscenza non ci
sono altre iniziative di questo genere nate negli ultimi anni.
Cosa succede ai soldi raccolti dall’asta?
Secondo la tradizione, il ricavato viene spartito tra le tre
chiese di Vaglio: Sant’Antonio, San Clemente e Madonna
del Casletto.
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5. In piazzetta intanto ci si organizza per rendere
più conviviale l’incanto.
scopriamo...
6. Intanto la gente del paese accorre numerosa.
7. Tutto è pronto, l’incanto può iniziare.
8. Le offerte si susseguono ritmate; al miglior offerente il cesto più ricco!
9. Tutte le offerte vengono distribuite alle tre chiese di Vaglio
Curiosità storiche
La raccolta delle uova in Ticino
La tradizione di raccogliere uova a beneficio delle chiese
della Capriasca sembra avere radici piuttosto antiche. Si
legge, infatti, in una lettera del celebre architetto Pietro Nobile (Campestro 1776 - Vienna 1854) indirizzata al fratello:
“Mi ricordo d’essere stato a Bettagno con il defunto Curato
Oliva a raccogliere le Ova in pagamento della benedizione
delle loro case.”
A Brione sopra Minusio si conoscono i “Scilòstri”, doni in natura offerti dai parrocchiani e messi all’incanto a beneficio
della chiesa in occasione di ricorrenze religiose. Era consuetudine praticare questa usanza per la festa dell’Assunzione
(15 agosto); i doni, portati in chiesa la mattina dai ragazzi e
venduti all’incanto il pomeriggio alla fine delle funzioni, consistevano in passato di prodotti nostrani: bottiglie di grappa
e di vino, formaggelle, torte casalinghe, lavori fatti a mano,
….
Per quanto riguarda il paese di Vaglio, in un’intervista alla
Signora Bettina Quadri si scopre che… “i a sémpro fai, sí sí,
giá ai témpi dro pòro Géni. I a sémpro fai or’incant di öv. Dòpo
vía r Géni ro fava r›Ugo, r›incantava i öv, öv e formacc. Perché
ai témpi am ghe dava nüm i öv, e i gént i fava anca r formacc
in cá e i gh dava anca r formacc. Però i r›a sémpro tegnùd”.
(l’hanno sempre fatto, sì sì, già ai tempi dell’Eugenio. Hanno
sempre fatto l’incanto delle uova. Dopo l’Eugenio, lo faceva l’Ugo, incantava le uova e il formaggio. Perché ai tempi gli davamo
anche noi le uova, la gente faceva anche il formaggio in casa e
gli dava anche il formaggio. Però l’hanno sempre mantenuto).
Fonte: “Centro di dialettologia e di etnografia”, Bellinzona.
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A San Nazzaro si conosce l’usanza della messa all’incanto
di prodotti offerti da membri della comunità, in particolari
occasioni solenni.
In una testimonianza di Aquila, datata 1959, si legge che:
“fino a pochi anni or sono si usava portare in chiesa (la mattina del giorno dei morti) un’elemosina per i defunti che consisteva in offerte in natura che venivano vendute al pubblico
incanto (la domenica susseguente il giorno dei morti)”.
Fonte: “Centro di dialettologia e di etnografia”, Bellinzona.
scopriamo...
Dalla Mesopotamia
alla Capriasca
di Giada Badaracco e Manuel Gösteris, 4C
Ecco come sono costretti a vivere i rifugiati!
Qualche notizia sui popoli della Mesopotamia.
Anche in Capriasca vivono persone che provengono
da lontano. Per esempio a Lugaggia vi sono almeno otto
famiglie originarie della Mesopotamia e di religione
cristiana siro-ortodossa, venute dunque dai territori fra
la Siria del nord e la Turchia del sud. Che tradizione hanno?
Abbiamo incontrato Seyde Gösteris, una di queste
persone, di professione guida turistica. Durate la nostra
chiacchierata ci ha raccontato la storia del suo popolo
e quello che sta facendo per aiutarlo. Abbiamo capito
subito che la Mesopotamia è una regione molto bella,
ma purtroppo molto delicata e complicata dal punto
di vista politico e religioso: attualmente vi è in corso
una sanguinosa guerra.
Seyde ci ha fornito qualche informazione… ma la situazione
è complicatissima!
Nella Mesopotamia (terra fra i due fiumi Tigri ed Eufrate,
territorio fra l’Iraq, la Siria e il Sud della Turchia) vi è da
sempre un mosaico - come la nostra rivista! - di popoli e di
situazioni differenti. Ecco qualche richiamo storico, senza
nessuna pretesa di completezza.
Qui sono sorte le prime grandi civiltà. Dopo i Sumeri e i Babilonesi, quelle più antiche, ci sono stati gli Assiri, poi i Persiani, poi il breve regno di Alessandro Magno (336-321 a.C.),
poi i Romani. Alla caduta di Roma (476) la zona era divisa
fra l’impero Bizantino (ex Impero romano d’Oriente) e altri
popoli, per es. i Sasanidi (Persiani). A partire da Maometto
(570-632) si diffonde l’Islam e gli arabi conquistano tutta la
regione e tutta l’area a Sud del Mediterraneo.
Un aspetto particolare è quello delle le lingue.
In questa terra si parlano molte lingue. Importante e molto
diffuso è l’aramaico, una lingua antica che vanta 3000 anni di
storia. Parlata inizialmente dal popolo degli Aramei, si diffuse
nei territori fra il mar Mediterraneo orientale e il fiume Tigri.
Naturalmente nel corso della sua storia conobbe vari cambiamenti. Fu la lingua usata normalmente da Gesù, ancora oggi è
utilizzata da alcune piccole minoranze cristiane ed è la lingua
utilizzata nella liturgia cristiano-ortodossa siriaca.
La cartina mostra l’espansione dell’ISIS in Iraq, Siria e il territorio difeso dai Curdi,
dove i perseguitati hanno trovato rifugio (situazione all’inizio del 2015).
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Anche la situazione delle religioni è complicata.
Nella Mesopotamia convivevano e si incontravano (o scontravano) religioni differenti: quella degli Ebrei (la Bibbia racconta, fra storia e leggenda, moltissime vicende di queste
terre) e altre particolari: vecchie religioni cosmiche-astrologiche-magiche, i miti dei Sumeri e dei Babilonesi, religioni
politeiste, il culto di Zoroastro eccetera.
Il cristianesimo nasce vicino alla Mesopotamia, in Palestina.
I discepoli di Gesù diffondono la nuova fede tra gli Ebrei
scopriamo...
Ma si può giocare?
Uno degli edifici abbandonati dove i profughi hanno trovato riparo.
ma anche tra gli altri popoli. Il cristianesimo ha successo in
particolare nella “Grande Siria” (allora più grande di quella
attuale) ed in Armenia; ad Antiochia per la prima volta si parla di “cristiani” già 40-50 anni dopo la nascita di Gesù.
A partire dall’editto di Costantino (313) il cristianesimo può
essere liberamente praticato, qualche secolo dopo diventerà
la religione ufficiale dell’impero romano. Nei primi secoli dopo
Cristo, il cristianesimo nel Medio Oriente si differenzia in vari
gruppi, secondo le varie etnie presenti nel territorio e secondo
tutta una serie di dispute sulla natura della fede.
La grande divisione è quella tra cattolici e ortodossi (il grande
scisma è sancito nel 1054), ma le divisioni sono ancora più
antiche, soprattutto dopo il Concilio di Calcedonia (451). Nei
contenuti di fede, i cattolici e gli ortodossi sono rimasti molto
simili; è il concetto di autorità che è un po’ diverso (una differente concezione del ruolo del Papa, per esempio). All’interno
delle chiese orientali ortodosse vi sono la Chiesa Siro-Ortodossa, la Chiesa Armena, la Chiesa Copta, la Chiesa Etiopica.
Nel XVII secolo, in seguito all’azione di missionari di Roma,
alcuni gruppi ortodossi ritornarono al cattolicesimo, formando
la Chiesa Siro cattolica e la Chiesa Caldea.
Fatto fondamentale per tutta la regione: a partire dal VII secolo nel Medio Oriente e in Mesopotamia si diffonde una
nuova fede: l’islam. Nel corso del tempo la maggior parte
della popolazione di questi territori diventa musulmana; a
partire dal XV secolo anche i Turchi (diventati musulmani)
costituiscono un impero molto importante. I cristiani da allora formano delle piccole minoranze in mezzo alla grande
maggioranza di popolazione musulmana.
Per esempio, una piccola “isola” di famiglie siro-ortodosse
si trova nella zona del Tur-Abdin (Turchia meridionale), da
cui proviene la famiglia di Seyde Gösteris. In queste zone
vi sono alcuni importanti e antichi monasteri, come il Mor
(santo) Gabriel vicino a Mardin, centro principale della confessione cristiana siro-ortodossa.
La situazione politica attuale, la guerra, l’ISIS.
Dobbiamo ripeterci: la situazione politica è complicatissima
e non possiamo avere l’ambizione di spiegarla in dettaglio,
diamo solo qualche informazione per capire la dura realtà,
così come ce l’ha raccontata Seyde.
Bisogna subito ricordare che tutta l’area del Medio Oriente
è molto importante a livello mondiale per la presenza del
petrolio, fondamentale materia prima. Dopo la guerra contro
l’Iraq (e Saddam Hussein) da parte degli USA, la situazione
nel Medio Oriente è diventata molto delicata.
L’attentato alle due Torri Gemelle (2001) a New York fa parte di questa guerra combattuta in maniera particolare. In tutto il Medio Oriente la situazione è difficile, e anche in Siria,
governata dal dittatore Assad, si sviluppa una guerra civile.
Partendo dalla formazione di estremisti politici-religiosi di Al
Qaeda (Bin Laden), si è formato l’ISIS (Stato islamico dell’Iraq e del Levante); il 5 luglio 2014 viene proclamato il Califfato per opera del leader Abu Bakr Al Baghdadi.
Le truppe di questo esercito hanno conquistato varie regioni
in Iraq e poi in Siria, trattando in modo durissimo le persone che non rispettano le loro idee estremiste-terroristiche.
Ci sono stati molti scontri, molte battaglie sanguinose, molti
attentati crudeli. Le popolazioni della minoranza musulmana sciita, dei cristiani e di altri piccoli gruppi (gli Yazidi per
esempio), sono duramente represse da parte dell’ISIS; molti
scappano e si rifugiano dove possono (Libano, Siria, Turchia,…) o nelle zone dell’Iraq controllate dai Curdi, un’altra
minoranza sta resistendo con le armi agli estremisti. I morti
si contano a migliaia, i rifugiati a centinaia di migliaia, anzi a
milioni!
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scopriamo...
Sistemazione provvisoria imposta alle famiglie….e d’inverno?
In un cortile di un monastero vengono organizzate animazioni per i bambini.
L’aiuto di Seyde Gösteris.
Considerata l’emergenza della situazione politica e grazie alle
sue conoscenze del territorio e di molte persone, Seyde decide di iniziare un’opera d’aiuto umanitario a favore dei rifugiati.
Il primo viaggio (6-14 agosto 2014).
Seyde parte dalla Turchia e arriva alle città irachene di Zacho,
Duhok e Erbil. Porta un aiuto di emergenza con materiale di
prima necessità, acquistato quasi esclusivamente con i suoi
risparmi. In questa occasione ha provveduto a distribuire
pane, latte in polvere, pampers per i bambini piccoli, acqua
da bere, fornelli a gas, ai rifugiati incontrati, appartenenti alle
varie minoranze (cristiani, Yazidi, musulmani sciiti,…).
Il secondo viaggio (10-20 settembre).
Questa volta l’aiuto è stato effettuato nell’Iraq del nord (Duhok
e la sua provincia). Il viaggio è stato organizzato con più cura e
Seyde ha beneficiato dell’aiuto di molti ticinesi. Difatti ha potuto consegnare merce come materiale scolastico, alimenti (riso,
farina, lenticchie, caffè, olio, formaggi, marmellate,…), detersivi,
lisciva, coperte, materassi, cuscini eccetera. Il tutto è stato distribuito in particolari luoghi d’incontro, per esempio in case in
costruzione, dalle impalcature non terminate (dove molti rifugiati sono costretti a vivere), nei parchi e nelle diverse chiese e oratori messi a disposizione, come dormitori, da parte delle varie
autorità religiose. L’aiuto di Seyde è arrivato fino ad un campo di
famiglie profughe del piccolo popolo degli Yazidi, cioè persone
appartenenti ad un gruppo etnico con tradizioni molto antiche,
considerate con particolare disprezzo dai militanti dell’ISIS.
Il terzo viaggio (5- 10 ottobre).
La terza missione si è svolta nella regione di Erbil. Il materiale acquistato era simile a quello del secondo viaggio, ma
questa volta Seyde è stata accompagnata dalla giornalista
del “Giornale del Popolo” Maria Acqua Simi. In questo modo
si è potuto leggere delle difficili e tristi vicende dei rifugiati
anche attraverso alcuni articoli apparsi sul giornale ticinese.
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Il quarto viaggio (17-19 ottobre).
Seyde ha accompagnato il comitato di un’associazione
umanitaria di Azech (cittadina del Tur Abdin, luogo originario della famiglia Gösteris), in un autentico tour de force,
perché in tre giorni hanno visitato quasi tutti i campi profughi di Duhok arrivando fino a Erbil. A Duhok esiste ormai
un campo enorme, con decine di migliaia di persone che
vivono in condizioni molto difficili.
Ovviamente Seyde ha dovuto sostenere grosse spese, ricevendo anche importanti aiuti da molti ticinesi. Al momento
in cui scriviamo (gennaio 2015), sta offrendo supporto alla
spedizione, organizzata dal Ticino, di molto materiale invernale
per aiutare i rifugiati, che spesso sono scappati senza nessun
bagaglio, a sopportare il freddo: pullover, camice e giacche
pesanti, coperte eccetera. In quelle regioni, contrariamente a
quello che magari si pensa, l’inverno può essere molto rigido. Il
racconto di Seyde è stato anche commovente e speriamo che
le sue fotografie riescano a fare capire meglio la situazione.
scopriamo...