progetto cosmopolis

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progetto cosmopolis
IL MONDO CI RACCONTA
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PROGETTO COSMOPOLIS
PROG-105432 finanziato dal Fondo Europeo per l’integrazione di cittadini di
Paesi terzi 2007-2013 Azione 3/2013
A cura di
Fabiana Grilli
Grafica e Impaginazione
Federico Brozzetti
Editoria
Stabilimento Tipografico Pliniana
Viale Francesco Nardi, 12 - 06016 Selci-Lama (PG)
P. IVA 01810010544 - REA n° PG-160792
L’opera, comprese tutte le sue parti, è tutelata dalla legge sul diritto d’autore. L’Utente nel momento in cui
effettua il download dell’opera accetta tutte le condizioni della licenza d’uso dell’opera previste dal progetto.
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PROGETTO COSMOPOLIS
IL MONDO CI RACCONTA
In queste pagine sono raccolte
paesi
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storie diverse, provenienti da
più o meno lontani nel mondo; ma ognuna di queste
storie è stata narrata qui, nell’Alta Valle del Tevere, da cittadini
immigrati che hanno aderito al progetto europeo ‘COSMOPOLIS’.
Ogni scuola ha favorito l’arte del raccontare, ha incoraggiato
l’incontro di voci, lingue e sonorità diverse, ha lasciato che si
rincorressero immagini, vicende e personaggi lontani, a volte
misteriosi e magici.
Storie di tranelli e inganni, astuzie e malizie, avventure, lotte,
trionfi …
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PROGETTO COSMOPOLIS
IL MONDO CI RACCONTA
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Sommario
Anja e la perfida Baba Jaga.................................................................. 5
Hok Lee e I nani (Cina) ........................................................................ 15
I figli di Omar
(Algeria) ..................................................................... 24
Il Corvo (Zambia) .................................................................................. 27
Il fazzoletto magico (Marocco) .......................................................... 29
Il folletto nel mulino (Germania) ...................................................... 35
Il Frutto del Lavoro (Tunisia) ............................................................. 39
Juha e gli asini (Tunisia-Marocco) ....................................................43
La formica e il piccione (Algeria) ......................................................45
La mamma (Algeria) ............................................................................. 47
La stella polare (Romania) .................................................................. 50
La terra è un tesoro infinito (Tunisia) ............................................. 52
L’Aquila dell’Albania (Albania)...........................................................54
L’orso ingannato dalla volpe (Moldavia-Russia)............................. 57
Masha e l'orso (Russia) ........................................................................60
Perché le zanzare ronzano all’orecchio dell’uomo (Malawi) .......66
Salah e talah (Marocco) .......................................................................68
Zar saltan (Russia) ............................................................................... 72
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PROGETTO COSMOPOLIS
IL MONDO CI RACCONTA
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Anja e la perfida Baba Jaga
C'era una volta, tanto tempo fa, nel cuore della fredda Russia,
una bambina, Anja era una bambina fortunata, molto amata dalla
sua dolce e cara mamma.
Quando Anja era ancora piccola, la mamma le aveva cucito una
bambolina di stoffa colorata, che Anja teneva sempre vicino e
che dormiva con lei nel lettino.
Era una bambola magica, sapeva parlare e mangiava i pezzettini
di pane nero che Anja le offriva.
Un brutto giorno però, la mamma di Anja si ammalò e poco dopo
morì. Il padre si risposò, ma la nuova moglie non era affatto ciò
che il marito si aspettava: era cattiva, egoista e non poteva
sopportare la vista della povera Anja, mentre colmava di vizi le
sue due brutte figlie.
“Presto Anja, rammenda questo vestito! Fannullona che non sei
altro!”
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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“Anja, va a prendere nuova legna per il camino!”
“Impasta il pane e inforna i dolci per la settimana!”
“Credi di meritarti il cibo senza far niente?”
Questa era la cantilena che ogni giorno accompagnava la povera
bambina da mattina a sera, e non c'era mai nessuno a difenderla
perchè il padre era sempre fuori casa per lavoro... ma Anja
aveva un segreto: ogni volta che la matrigna o le sorellastre le
ordinavano di fare qualcosa di troppo pesante o davvero
difficile, parlava alla sua bambolina magica e le offriva un
pezzetto di pane.
“Mirtina, avrei bisogno del tuo aiuto, questa volta non ce la
posso proprio fare, non potresti aiutarmi?”
E Mirtina rispondeva:
“C'è un bel prato fiorito ai piedi del bosco, le farfalle ti
aspettano, vai a far loro un salutino!”
Al suo ritorno, Anja trovava tutto fatto, tutto in tempo!
Così passavano i giorni, i mesi e Anja cresceva e diventava
sempre più bella e teneva stretto a sé il suo segreto.
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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Le sorellastre la osservavano invidiose e cercavano un modo
per disfarsi di lei una volta per tutte.
La matrigna ebbe un'idea: mandare Anja a far visita alla Baba
Jaga che abitava poco lontano, con la scusa di chiederle del
fuoco per accendere la stufa spenta.
Anja si spaventò:
“Non dalla Baba Jaga! - disse - Lo sanno tutti che mangia
chiunque si avvicini alla sua casa … e che pesta le ossa delle
sue vittime dentro quel tremendo mortaio … e che la sua casa
ha zampe di gallina che corrono veloci come il vento e
rincorrono chi si avvicina! Vi prego matrigna non mi mandate là,
sarebbe la mia fine!”
Ma la matrigna non volle sentire ragioni e costrinse Anja ad
andare proprio là dove le faceva più paura.
“Mirtina, aiutami tu!” disse Anja alla sua bambola e Mirtina
rispose:
“Non temere, Anja, portami con te ed abbi fiducia.”
La mattina dopo, Anja si incamminò sul sentiero che, attraverso
la foresta, portava dalla temibile Baba Jaga.
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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Dopo poca strada, sentì scalpitare sopra di lei un enorme
cavallo bianco: alzò lo sguardo e lo vide galoppare al volo
completo di un cavaliere tutto bianco. Andava nella stessa
direzione di Anja.
Dopo un po’ di cammino, era ormai mezzogiorno, un altro cavallo
attraversò il cielo al galoppo: questa volta era rosso come
anche il suo cavaliere.
Verso sera, quando Anja cominciava ad intravedere il tetto
spaventoso della casa di Baba Jaga, un ultimo cavaliere con il
suo cavallo, volò veloce sopra di lei, era nero come la notte.
Anja sollevò lo sguardo e... ecco arrivare in volo nel suo enorme
mortaio, nientemeno che la Baba Jaga in persona!
“Che ci fa qui questa creatura? Si offre per diventare la mia
cena?”
gracchiò la strega con la sua voce terribile.
“Sono Anja, signora - balbettò la bambina - sono venuta a
chiedervi gentilmente del fuoco, la mia matrigna mi ha mandato
da voi per questo.”
La strega la guardò con il suo sguardo crudele e disse:
“Se vuoi del fuoco dovrai guadagnartelo! Non sono abituata a
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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regalare le cose alla gente!
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Ho giusto appetito, cucinami la
cena! Vai!”
E Anja si precipitò in casa, stupita che Baba Jaga non l'avesse
ancora divorata.
Cercò tutto quel che c'era in casa e preparò torte salate,
pasticci di carne e verdure, cucinò la frutta e ne fece un dolce
squisito, impastò velocemente la farina con latte e burro e offrì
alla strega anche delle belle frittelle dorate!
La strega mangiò e mangiò, come un pozzo senza fondo e alla
fine si sentì pronta per andare a dormire.
“Mani, presto!” gridò e tre paia di mani volteggianti, uno bianco,
uno rosso e uno nero, sollevarono la strega e la infilarono sotto
le coperte.
Il mattino dopo, Baba Jaga disse ad Anja:
“Oggi dovrai pulire tutto il mio frumento e separare i chicchi
dalla pula, se non lo farai, stasera mangerò te!”
Salì nel suo mortaio gigante e volò via.
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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Anja aprì la porta del magazzino e restò impietrita: c'erano
montagne di frumento enormi e tutte sul pavimento… un lavoro
impossibile!
“Mirtina, aiuto! Ho bisogno di te! Non riuscirò mai a pulire tutto
questo frumento entro stasera, mi puoi aiutare?”
Mirtina rispose:
“Poco lontano da qui ho visto un praticello
pieno di coccinelle
e di primule, perchè non vai a salutarle? Quando tornerai non
dimenticarti di portarne un mazzetto per la strega!”
La bambina obbedì e quando tornò il lavoro era fatto.
Una montagna di chicchi da un lato e una montagna di pula
dall'altro!
Quando Baba Jaga tornò non credette ai suoi occhi:
“Qui c'è qualcosa di strano, bambina. Come hai fatto a fare un
lavoro impossibile? Devi essere molto fortunata”
“Si, Baba Jaga. La mia mamma mi amava molto.”
“Capisco... beh, ora preparami la cena!”
E Anja si dette da fare, cucinò ancora meglio della sera prima,
contenta che la strega non l'avesse ancora mangiata. Dopo cena
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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la strega chiamò le mani bianche, rosse e nere perché la
mettessero a letto e si addormentò.
L'indomani Baba Jaga, salendo sul suo mortaio, ordinò ad Anja di
separare i semi di papavero
dalla ghiaia del cortile.
Anja guardò per terra e si sentì svenire: tra la ghiaia c'erano
milioni di semini di papavero minuscoli e neri, un lavoro
impossibile!
Anche questa volta Mirtina aiutò la bambina e il lavoro fu
perfetto!
“Qualcosa qui mi puzza proprio di strano... come hai fatto? Devi
essere molto fortunata!” - disse ancora una volta la strega.
“Si, Baba Jaga. La mia mamma mi amava molto.”
“Già, già... visto che mi stai quasi simpatica, ti concedo di farmi
una domanda: cosa ti piacerebbe sapere, bambina?”
“Vorrei sapere chi sono i cavalieri che ho visto volare verso la
tua casa?”
“Sono il mio mattino, il mio mezzogiorno e la mia sera.
sapere altro?”
“No grazie - disse Anja - per ora mi basta così.”
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
Vuoi
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“Bene, bene, bambina. Ancora una domanda e ti avrei mangiato!
Ora prendi il tuo fuoco, visto che te lo sei guadagnato. Sei libera
di andare ma... non scordarti di Baba Jaga!”
La strega consegnò ad Anja una candela accesa e le aprì la
porta per uscire. Come erano cambiate le cose, ora nel buio
della foresta, Anja non aveva più paura e la luce della candela
ben illuminava il suo cammino.
Arrivata a casa, le sorellastre accorsero in cortile:
“Dove sei stata? Perché ci hai messo così tanto? Dovremo
pensare ad un giusto castigo per insegnarti a non fare aspettare
chi ti comanda!”
Ma non appena la fiammella della candela vide le sorellastre e
la matrigna di Anja, diventò enorme e le invase completamente
bruciando loro e la loro casa.
Della casa non rimaneva più nulla ed Anja pensò che aveva
proprio voglia di tornare dalla Baba Jaga per raccontarle tutto,
ma quando pensò d'essere arrivata alla casa della strega, si
accorse
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che
la
terribile dimora
ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
non
c'era
più,
era
stata
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sostituita da una minuscola casetta dove viveva una dolce
vecchina.
“Posso restare con te, nonnina?
andare.
Non ho più un posto dove
So filare e se mi procuri un po’ di lino lo venderemo
filato al mercato.”
La nonnina fu felice di aver trovato una nipotina e con i pochi
spiccioli rimasti comprò del lino da far filare ad Anja.
Mirtina aiutò Anja a filare il lino più fine e delicato che si fosse
mai visto, tanto che al mercato nessuno poteva permettersi un
simile lusso e mandarono la nonnina direttamente dallo Zar.
“Non ho mai visto niente di simile. Questo è un lavoro
impossibile!”
“Vi giuro maestà che la fanciulla che lo ha tessuto esiste
davvero ed è bella come questo lino!”
Lo Zar mandò a chiamare Anja e quando la vide se ne innamorò.
“Fileresti una camicia per me?”
“Certo Maestà.”
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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Anja tessé una camicia magnifica con l'aiuto di Mirtina e quando
tornò al palazzo, tutto era già pronto per le nozze più fastose
mai viste.
“Cara Anja, mi sposeresti? Sarei onorato di averti qui a palazzo
con me e di dividere con te il mio regno!”
Anja accettò e da quel giorno visse nel più grande splendore
che si possa immaginare.
Ma non rivelò mai a nessuno il suo segreto.
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ANJA E LA PERFIDA BABA JAGA
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Hok Lee e I nani (Cina)
C'era una volta, in una piccola cittadina cinese, un uomo di nome
Hok Lee, il quale era un gran lavoratore; oltre alla sua
professione, mandava avanti da solo la sua casa, poiché non
aveva ancora una moglie. Vicini e conoscenti lo stimavano.
Tuttavia, Hok Lee non era affatto quella persona virtuosa che la
gente credeva, infatti quando i rispettabili vicini andavano a
dormire, faceva il ladro insieme ad una pericolosa banda che
scassinava le case dei ricchi. Questo stato di cose andò avanti
per diverso tempo, e nonostante di tanto in tanto qualche ladro
fosse pescato in castagna e imprigionato, i sospetti non caddero
mai su Hoke Lee, la cui rispettabilità non era mai stata messa in
discussione.
Egli aveva accumulato una grossa somma di denaro, quando un
giorno, mentre si recava al mercato, un vicino di casa gli chiese:
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HOK LEE E I NANI (CINA)
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"Che cosa ti è successo in faccia, Hok Lee? Hai una guancia
gonfia."
Ed era vero, la sua guancia destra era grossa il doppio del
normale ed egli cominciò a sentirsi in imbarazzo.
"Ci applicherò un bendaggio – disse - col calore si sgonfierà
sicuramente."
Invece il giorno dopo stava anche peggio, la guancia continuò a
gonfiarsi giorno dopo giorno, fino a quando diventò grande
quanto la sua testa e si fece assai dolorosa; non sapeva più che
cosa fare, in più la gente cominciò a ridere alle sue spalle e a
schernirlo e questo urtò molto i suoi sentimenti.
Un giorno, il caso volle che passasse di lì un dottore dalla città;
questo medico, oltre a curare con le medicine, faceva dei
bizzarri riti con streghe e spiriti maligni, Hok Lee decise di farsi
visitare.
"Caro Hok Lee, da quanto vedo questo non è un normale
gonfiore, ho il forte sospetto che tu abbia commesso qualche
cattiva azione che ha scatenato la furia degli spiriti. Non
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HOK LEE E I NANI (CINA)
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esistono medicinali in grado di curarti, ma se tu vorrai pagarmi
un po' di più, ti dirò cosa dovrai fare per guarire."
Allora, medico e paziente cominciarono a trattare la cifra e ci
misero un sacco di tempo prima di riuscire a mettersi d'accordo,
ma alla fine il dottore riuscì a farsi pagare profumatamente per
il suo silenzio e Hok Lee, che voleva guarire il prima possibile,
dovette accettare il compromesso. Appena il dottore intascò la
somma, spiegò al suo paziente che quando ci fosse stata la
prima notte di luna piena avrebbe dovuto recarsi in un certo
bosco, vicino ad un certo particolare albero, perché dopo un po'
si sarebbero fatti vedere i nani e gli spiritelli danzanti che
vivevano sottoterra; i nani gli avrebbero sicuramente chiesto di
ballare, gli raccomandò di danzare nel miglior modo possibile.
"Se ballerai bene e se soddisferai i nani, essi accetteranno di
esaudire un tuo desiderio, e allora sarai guarito; ma fa’ molta
attenzione:
se
danzerai
male
è
molto
probabile
che
si
vendicheranno facendoti un dispetto." Detto questo, il dottore
se ne andò.
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HOK LEE E I NANI (CINA)
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La prima notte di luna piena era vicina, e quando fu il momento,
Hok Lee uscì di casa di notte per andare nella foresta; fu in
grado di trovare il famoso albero e vi si arrampicò. Stava per
sedersi su un ramo quand'ecco spuntare un gruppetto di nani
che si radunavano al chiaro di luna e a forza di spuntare,
diventarono un centinaio. Erano tutti di ottimo umore, ballarono,
volteggiarono, fecero piroette, mentre Hok Lee non stava più
nella pelle dalla voglia di intervenire quando … crack! Il ramo
quasi si spezzò. I nani restarono impalati e Hok Lee ebbe un
tuffo al cuore. Poi un nano esclamò:
"Ehi, c'è qualcuno lassù! Ehi tu, chiunque tu sia, vieni giù subito, o
veniamo su noi a prenderti!"
Hok Lee, terrorizzato, cominciò a
scendere, ma era così nervoso che perse l'equilibrio e rotolò
in modo ridicolo.
Quando si fu ricomposto, fece un grande inchino e il nano che
aveva parlato disse:
"Adesso, vuoi spiegarci chi sei e perché sei venuto fin qui?"
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HOK LEE E I NANI (CINA)
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Hok Lee spiegò il suo problema al nano, disse tutto della guancia
gonfia e di come il dottore gli avesse consigliato di andare nella
foresta per cercare loro.
"Bene - disse il nano - a questo penseremo dopo. Innanzi tutto,
devi ballare per noi. Se sarai bravo e ci farai divertire, forse noi
potremo
fare
qualcosa;
in
caso
contrario,
sarai
punito
severamente, quindi bada bene a quanto ti ho spiegato e
comincia a ballare."
Detto questo, Hok Lee fu circondato dai nani che si sedettero
tutti in cerchio intorno a lui, Hok Lee si sentì spaesato e
terrorizzato, ancora disorientato per la caduta dall'albero, non si
sentiva affatto pronto per ballare, ma i nani non sembravano
disposti a concedere sconti. "Avanti!" esclamarono in coro. Hok
Lee aveva il cuore in gola ma si sforzò ugualmente. Là per là,
tentò di incrociare i piedi per fare un balzetto, ma era così
rigido e nervoso che non riuscì a combinare nulla di buono, poco
dopo inciampò e cadde a terra e giurò che non avrebbe danzato
mai più.
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I nani si arrabbiarono, Hok Lee fu ben presto circondato e
immobilizzato e insultato:
"E tu saresti venuto da noi per farti curare! – urlavano - Sei
venuto quaggiù con una guancia gonfia e adesso te ne andrai
con due!"
Così dicendo i nani scomparvero, lasciandolo da solo nel fitto
del bosco, Hok Lee faticò persino a ritrovare la strada di casa, si
trascinò via spaventato dalle minacce dei nani.
Quel timore non si rivelò infondato: quando si alzò, il mattino
dopo, vide che anche la guancia sinistra si era gonfiata come
quella destra e ora il suo volto era talmente deformato da non
riuscire quasi più a vedere. Ora il povero Hok Lee era disperato,
deriso e preso in giro ancora più di prima dalla gente; a Hok Lee
non rimaneva che tentare di nuovo di ottenere la benevolenza
dei nani. Dovette aspettare un lungo mese prima che la luna
fosse di nuovo piena e una notte tornò nella foresta e andò a
sedersi sotto lo stesso albero.
I nani non si fecero attendere e presto apparvero:
"Mi sento a disagio, sento puzza di uomo cattivo." disse un nano.
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Allora Hok Lee venne avanti e strisciò davanti ai nani, i quali lo
circondarono come la prima volta e, nel vedere quella grossa
faccia tutta gonfia, trovarono la scena alquanto esilarante e
scoppiarono in una fragorosa risata.
“Ma insomma, che cosa vuoi da noi?” Gli chiesero. Il povero Hok
Lee raccontò loro di tutte le sue sventure e li scongiurò di dargli
un’altra possibilità, i nani acconsentirono, perché amavano molto
il divertimento. Hok Lee era consapevole che tutto il suo
destino dipendeva da quella danza così, decise di armarsi delle
sue migliori intenzioni per ballare bene; dapprima lentamente,
poi sempre più animatamente, il suo ballo si rivelò divertente e
ben eseguito, tanto che i nani ne furono deliziati e l’esibizione fu
seguita da grandi applausi e incoraggiamenti:
“Bravo, bravo! Ben fatto, Hok Lee, danza ancora per noi, ci piace
tanto vederti ballare!”
Hok Lee continuò per parecchio tempo il suo balletto, danzò e
danzò fino a quando fu esausto e dovette fermarsi. Allora il
capo dei nani disse:
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“Ci siamo divertiti, caro Hok Lee e per ricompensarti ho deciso
di guarire il tuo gonfiore. Addio!”
Detto questo, scomparve, e Hok Lee, toccandosi la faccia con le
mani, s’accorse con sua enorme sorpresa che il gonfiore era del
tutto sparito e le sue guance erano ritornate normali. Con animo
sollevato, tornò felicemente a casa sua e da quel giorno decise
di non rubare più. Il giorno dopo tutta la città apprese le ultime
sulla sua incredibile guarigione; i vicini di casa gli fecero molte
domande, ma lui tenne la bocca chiusa e lasciò credere di aver
scoperto da solo una cura miracolosa per quel genere di
malattia.
Tempo dopo, venne ad abitare vicino a lui un uomo che era
gravemente malato da diversi anni; andò da Hok Lee a offrirgli
una grossa somma in cambio del suo segreto; Hok Lee accettò, a
condizione che accettasse di non farne parola con nessuno;
quello acconsentì e Hok Lee gli raccontò tutto dei nani e dei
balli.
Quel vicino di casa fece come Hok Lee gli aveva detto e i nani
guarirono anche lui.
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Dopo quell’episodio, altre persone andarono a farsi consigliare
da lui e da ognuno di loro ricavava la promessa del silenzio e
forti somme di denaro. La qual cosa andò avanti per alcuni anni
e, in breve tempo, divenne ricco sfondato e terminò i suoi giorni
in pace e prosperità.
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HOK LEE E I NANI (CINA)
IL MONDO CI RACCONTA
I figli di Omar
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(Algeria)
(Algeria)
Tantissimi anni fa viveva un uomo di nome Omar a cui era morta
la moglie che gli aveva lasciato due bambini, una femmina e un
maschio. Omar decise di sposarsi con un'altra donna, che però
non considerava suoi figli i due piccoli orfanelli e li maltrattava
perché era crudele; anche lei aveva due figli e dava da mangiare
solo a loro, lasciando affamati i due figliastri.
Omar non possedeva nulla, se non le sue due creature e una
mucca, questa non permetteva che la matrigna la mungesse, ma
concedeva il suo latte solo a Omar e ai suoi due piccoli.
La donna, offesa da tal comportamento dell’animale, decise di
liberarsi
della
mucca
e
chiese
ad
Omar
di
venderla.
Lui
inizialmente non accettò, ma lei continuò ad insistere finché
disse di sì.
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I FIGLI DI OMAR (ALGERIA)
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Omar andò per sette giorni di fila al mercato per vendere la
mucca, ma a chiunque la volesse comprare lui diceva che
l'animale
portava
sfortuna,
in
modo
che
nessuno
volesse
acquistarla e lui tornava felicissimo a casa.
L'ottavo giorno però la donna andò ad osservarlo di nascosto e
quando
sentì
quel
che
diceva
intervenne
urlando
che
il
venditore era un bugiardo, così un uomo si avvicinò e la comprò.
Omar si rattristò e da quel momento non ci fu più la mucca a
proteggere i due bambini orfani.
Un giorno accadde un miracolo: dalla tomba della loro mamma
uscì una palma che dava come frutti nutrienti datteri che ogni
giorno sfamavano i bambini.
La matrigna non capiva perché i bambini non chiedessero più
cibo e iniziò a porsi delle domande. Così li fece seguire dal
marito Omar e, quando scoprì tutto, mandò i suoi due figli a
mangiare con loro; quando furono per cogliere i datteri però la
palma iniziò a muoversi su e giù, impedendo di strappare i suoi
frutti.
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I FIGLI DI OMAR (ALGERIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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La matrigna perfida costrinse il marito a tagliare la palma, ma
quella ricresceva sempre, finché un giorno la strappò e la pianta
non ricrebbe più.
La storia però non finì così perché ancora molti furono i miracoli
…
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I FIGLI DI OMAR (ALGERIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Il Corvo (Zambia)
C'era una volta
un corvo che viveva nella foresta ed era
assolutamente soddisfatto della sua vita, ma un giorno vide un
cigno:
"Questo cigno è così bianco - pensò - e io sono così nero.
Questo cigno deve essere l'uccello più felice del mondo!"
Egli espresse il suo pensiero al cigno.
"In realtà, -il cigno rispose - mi sentivo l'uccello più felice, fino a
quando ho visto un pappagallo, che ha due colori. Ora, credo che
il pappagallo sia l'uccello più felice nel creato!"
Il corvo allora si avvicinò al pappagallo che gli spiegò:
"Ho vissuto una vita molto felice, fino a che ho visto un pavone.
Io ho solo due colori, ma il pavone ne ha tantissimi."
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IL CORVO (ZAMBIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Il corvo allora fece visita a un pavone nello zoo e vide che
centinaia di persone si erano riunite per vederlo. Dopo che le
persone se ne erano andate, il corvo si avvicinò al pavone:
"Caro pavone, - disse il corvo - tu sei così bello. Ogni giorno
migliaia di persone vengono a vederti. Quando la gente vede me
invece, subito mi caccia via. Penso che tu sia l'uccello più felice
del pianeta."
Il pavone rispose:
"Ho sempre pensato di essere il più bello e felice degli uccelli
sul pianeta, ma a causa della mia bellezza, sono intrappolato in
questo zoo. Ho esaminato lo zoo con molta attenzione, e mi
sono reso conto che il corvo è l'unico uccello non tenuto in una
gabbia. Così, in questi ultimi giorni, ho pensato che se fossi un
corvo, potrei felicemente vagare ovunque!"
Dunque,
per
essere
felice,
è
importante
completamente soddisfatto di te stesso!
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IL CORVO (ZAMBIA)
che
tu
sia
IL MONDO CI RACCONTA
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Il fazzoletto magico (Marocco)
C’era una volta un contadino di nome Mysore, che viveva in
campagna con la moglie e i loro cinque figli.
Un anno, durante la stagione della semina, venne una grande
siccità e il contadino, che aveva già seminato il suo grano,
temeva per il raccolto, era tanto triste, andava nel campo e,
guardando le nuvole, cominciava a cantare:
‘Vieni pioggia vieni
per far crescere i semi
e raccogliere il grano
così che i campi sorridano!’
Le nuvole se ne andarono ignorando il canto del contadino che,
sempre più triste e preoccupato si rinchiuse in casa.
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IL FAZZOLETTO MAGICO (MAROCCO)
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Sua moglie allora gli si avvicinò:
“Calmati, non farti angustiare troppo dalle sciagure!”
“Lasciami in pace, per favore!” - rispose l’uomo.
“Va bene, ma per quanto tempo dovrò vederti qui appoggiato al
muro, senza far nulla? Cerca una soluzione!”
“Cercare …, ma non vedi che la terra è screpolata dalla sete e i
semi che ho seminato sono stati mangiati dagli uccelli?”
“Ricorda che se rimarrai lì seduto moriremo di fame, non ci è
rimasta nemmeno una manciata di farina, alzati e cerca un
lavoro, la terra di Dio è ampia!”
L’uomo allora, convinto dalla moglie, prese le sue cose, salutò la
famiglia e partì.
Il viaggio fu lungo, pieno di disagi e difficoltà, salì e scese molte
montagne, finché arrivò ad un palazzo sontuoso, circondato da
grandi alberi e roseti di ogni colore.
Una guardia lo fermò alla porta:
“Ehi, dove stai andando?”
“Vorrei incontrare il padrone del palazzo, se è possibile!”
“Cosa? Vuoi incontrare il sultano?”
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IL FAZZOLETTO MAGICO (MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
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Il Sultano, che era seduto sulla veranda e aveva ascoltato il
dialogo, invitò la guardia a farlo entrare e quando l’uomo gli fu
di fronte, gli fece un profondo inchino e gli disse:
“ Salve, Sultano!”
“Salve, cosa vorresti da me?”
“Vorrei lavorare, faccio il contadino, mio Signore …”
- e
raccontò la sua triste storia.
“Va bene, ascolta quel che ti dico, non ho bisogno di un
contadino, ne ho già molti, però potresti spaccare le rocce per
me, la terra è piena di rocce e sto cercando di toglierle dai
campi.”
Il contadino si dimostrò subito contento, ma il Signore aveva
ancora qualcosa da definire:
“Dopo aver concordato il lavoro, passiamo a parlare del
compenso: io pago ogni lavoratore con un dirham la settimana,
sei d’accordo?”
L’uomo ci pensò su, poi disse:
“Avrei
un’altra
offerta:
che
ne
direste
di
pesare
questo
fazzoletto alla fine della settimana e darmi il suo peso in oro?”
31
IL FAZZOLETTO MAGICO (MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
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Così dicendo estrasse dalla tasca un fazzoletto con su ricamato
un sottile filo verde.
Appena il Sultano vide il fazzoletto scoppiò in una fragorosa
risata e pensò che l’uomo fosse veramente stolto, il peso di
quel fazzoletto avrebbe potuto fargli guadagnare a malapena un
penny d’argento!
Il contadino restò in silenzio e sospirò, il Sultano capì che diceva
sul serio, si sedette di fronte e disse:
“Eccoti il martello, quelle sono le rocce, ora rimboccati le
maniche e comincia a lavorare, ci vediamo a fine settimana.”
Il contadino si diresse, con passo sicuro, verso le rocce e
cominciò a spaccarle fino a ridurle in briciole, dalla fronte il
sudore scendeva copioso e se lo asciugava con il suo fazzoletto.
L’uomo lavorò sodo e alla fine della settimana, spaccata l’ultima
roccia, si presentò al Sultano.
“Bravo contadino, il tuo è stato un lavoro onesto, ora dammi il
tuo fazzoletto che lo peso.”
Il contadino gli diede il suo fazzoletto, il Signore lo mise su un
piatto
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della
bilancia,
mentre
IL FAZZOLETTO MAGICO (MAROCCO)
sull’altro
pose
una
moneta
IL MONDO CI RACCONTA
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d’argento, ma il fazzoletto era più pesante; il Sultano aggiunse
altre monete d’argento, ma il fazzoletto era più pesante
dell’argento. Allora, innervosito, sostituì le monete d’argento
con una d’oro, ma il risultato era lo stesso.
Chiamò un suo servo e si fece dare il suo fazzoletto, lo bagnò
nell’acqua e lo mise nel piatto della bilancia al posto di quello
del contadino e i piatti della bilancia si posizionarono pari; allora
adirato, si rivolse al contadino:
“Ora dimmi qual è il tuo segreto, è forse il tuo un fazzoletto
magico?
La
bilancia
non
è
rotta,
visto
che
ha
pesato
correttamente il fazzoletto bagnato nell’acqua, dimmi allora
quale inganno hai escogitato?”
Il contadino sorrise, il Sultano aggiunse monete d’oro nel piatto
finché arrivò a dieci, solo allora i due piatti si allinearono.
Il Sultano allora afferrò il contadino gridando:
“Dieci monete sono occorse, quale sortilegio è mai questo?”
Con grande tranquillità il contadino rispose:
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IL FAZZOLETTO MAGICO (MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
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“Signore, questa non è magia, quando un uomo lavora bene e
chiede un giusto compenso, il suo sudore pesa certamente più
dell’acqua!”
Il Sultano si tranquillizzò e sorrise:
“Che Dio ti benedica, hai ragione! Ecco, prendi pure i tuoi soldi e
torna dalla tua famiglia con onore.”
Il contadino rientrò a casa da sua moglie e dai i suoi cinque figli
e raccontò loro ciò che era successo, tutti si rallegrarono e la
loro vita, da quel giorno, fu più serena.
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IL FAZZOLETTO MAGICO (MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
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Il folletto nel mulino (Germania)
In un vecchio e sperduto molino ad acqua, abitava solo soletto,
un vecchio mugnaio.
Una sera, scoppiò una grande tempesta, pioveva tanto e tirava
un forte vento, all’improvviso il mugnaio sentì bussare alla
finestra.
“Che c’è là fuori? –chiese.
Sentì una voce che rispondeva:
“Per amor di Dio aprite, fatemi entrare, mi sono perso nel bosco
e rischio di morire con questa tempesta!”
Il mugnaio prese la candela e aprì la porta, però si spaventò
tantissimo … accanto ad un uomo stava una bestia nera,
enorme:
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IL FOLLETTO NEL MULINO (GERMANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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“Abbiate pietà – disse l’uomo – sono domatore e non so dove
andare con il mio animale. Lasciateci stare con voi per questa
notte!”
Il mugnaio rispose:
“Sì , per voi avrei
un posticino vicino alla stufa, se vi
accontentate, però dove metterete la vostra bestia selvaggia?
Non ho un’altra stalla e non possiamo metterla in soggiorno.”
L’ uomo rispose:
“Non potrebbe stare nel molino? Non toccherà i cereali e la
farina e poi lo legherò alla catena!”
“Si potrebbe fare – disse il mugnaio – però c’è un problema, nel
molino, da dieci anni ,abita un folletto cattivo che mi maltratta
spesso, fa rumore tutta la notte, butta all’aria i secchi di grano,
sporca la farina e combina tanti guai.”
“Ehi, che problema c’è? Il mio orso potrebbe catturare il folletto
e comunque lui si saprà difendere!”
Detto fatto, l’orso fu portato nel molino e il domatore si
sistemò in soggiorno, vicino alla grande stufa.
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IL FOLLETTO NEL MULINO (GERMANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Nel mezzo della notte, i due uomini furono svegliati da rumori
spaventosi che provenivano dal molino, sembrava che tutto
fosse messo a soqquadro. Si sentiva l’orso bramire e ogni tanto
lo squittio del folletto.
“Senti – disse il mugnaio – il folletto sta attaccando l’orso!”
“Andrà male per il folletto – disse il domatore.
“Che Dio volesse – sospirò il mugnaio – almeno l’orso riuscisse a
metter a posto quel cattivissimo folletto!”
Si sentì ancora un grido, poi scese il silenzio e i due uomini si
addormentarono di nuovo. Al mattino trovarono l’orso felice e
contento nel molino, il mugnaio offrì ai suoi ospiti la colazione e
questi se ne andarono ringraziando di cuore. Da quel momento,
il folletto non si fece più vedere. L’orso doveva aver fatto
davvero un buon lavoro!
Chi era più felice del mugnaio? Così
passò un anno intero.
Una sera, mentre il mugnaio stava tranquillo nel suo soggiorno,
si aprì pian piano la porta
di casa. L’uomo si spaventò
tantissimo quando apparve la testa del cattivissimo folletto che
comandò:
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IL FOLLETTO NEL MULINO (GERMANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
“Ce l’hai ancora quel grosso gatto nero?
Il mugnaio rispose velocemente:
“Sì, e ha fatto anche sette piccoli!”
Allora il folletto sbatté la porta, scappò e non ritornò mai più!
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IL FOLLETTO NEL MULINO (GERMANIA)
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IL MONDO CI RACCONTA
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Il Frutto
Frutto del Lavoro (Tunisia)
C’era un ricco mercante che aveva potuto accumulare le sue
grandi ricchezze facendo tanti sforzi e sacrifici. Il mercante
aveva una moglie, una figlia ed un figlio piccolo, al quale
avrebbe lasciato le proprie ricchezze, quando sarebbe diventato
grande.
Il bambino passava tutto il suo tempo a divertirsi. Il mercante
si
preoccupò per il figlio
e temeva che
questi
potesse
perdere tutte le ricchezze accumulate con grande fatica, quindi
decise di mettere il bambino alla prova e di insegnargli una
lezione riguardo al valore del lavoro.
Un giorno, il mercante lo chiamò:
“ Figlio mio, ora sei grande,
vai e fammi vedere quello che
otterrai alla fine di questa giornata di lavoro e, se non lavori ,
non avrai la cena!”
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IL FRUTTO DEL LAVORO (TUNISIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Dopo questa richiesta, il mercante andò al suo lavoro, mentre il
bambino corse dalla madre piangendo e chiedendole dei soldi. La
madre gli chiese il perché piangesse ed il bambino le raccontò
quello che era successo con il padre. Spinta dall’insistenza del
figlio, la madre gli diede dei soldi. La sera, quando il mercante
tornò dal lavoro, chiese al figlio quale era il frutto della sua
giornata lavorativa e il bambino gli rispose:
“ Ecco padre! Ho portato questi soldi”
“ Bene figlio mio, butta questi soldi nel pozzo!”
Il bambino corse e buttò i soldi nel pozzo, a quel punto il
mercante capì che suo figlio non aveva lavorato e che i soldi li
aveva ottenuti
dalla madre, allora
il mercante decise di
mandare sua moglie dai suoi familiari.
Il giorno successivo, il mercante fece a suo figlio la stessa
richiesta ed il bambino pensò di prendere i soldi dalla sorella e
così fece. Quando il mercante tornò dal lavoro, chiese al figlio:
”Figlio mio, cosa hai portato dal tuo lavoro oggi?”
” Padre, ho portato questi soldi”
“ Bene figlio mio, butta questi soldi nel pozzo!”
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IL FRUTTO DEL LAVORO (TUNISIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Il figlio corse e buttò quei soldi nel pozzo ed il commerciante si
rese conto che anche questa volta il figlio non aveva lavorato,
ma aveva preso i soldi dalla sorella; subito decise di mandare la
figlia da sua madre.
Il terzo giorno, il padre fece la stessa richiesta a suo figlio
minacciandolo che non lo avrebbe fatto dormire a casa se non
fosse andato a lavorare per portare il frutto della sua giornata.
Sentendosi costretto a lavorare, il figlio uscì, andò in un negozio
e chiese al proprietario di lavorare presso di lui. Il proprietario
accettò e gli disse di scaricare la merce con altri lavoratori, il
lavoro durò dal mattino fino a tardo pomeriggio.
Quando il mercante tornò a casa, chiamò suo figlio e gli fece la
solita domanda:
“Figlio mio, cosa hai portato oggi?”.
Il figlio tirò fuori dalla sua tasca dei soldi ed il padre gli ordinò di
buttarli nel pozzo.
Il figlio questa volta rimase perplesso e si mise a piangere
dicendo al padre :
”Padre mio, ho faticato tanto … non posso gettarlo via!”
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IL FRUTTO DEL LAVORO (TUNISIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Il padre gli rispose:
“Non lo farai, proprio perché lo hai guadagnato con tanta fatica,
figlio mio!”
A quel punto, il padre gioì molto, finalmente si sentì tranquillo
e capì che la sua ricchezza sarebbe stata tutelata.
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IL FRUTTO DEL LAVORO (TUNISIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Juha e gli asini (Tunisia(Tunisia-Marocco)
Juha aveva acquistato dieci asini e stava tornando
verso casa
cavalcandone uno, davanti a sé si muovevano gli altri nove.
Riflettè un poco; considerò il numero degli asini, dunque ne
mancava uno; allora scese per contarli nuovamente con maggior
attenzione; ne contò dieci.
“Bene – pensò – i conti tornano!”
Salì nuovamente su uno degli asini e dopo qualche minuti li
contò di nuovo, ma ancora una volta ne risultavano nove:
“Come è possibile? – si chiese – Li ho contati pochi attimi fa e
non ne mancavano, proviamo a contarli nuovamente!”
Scese ancora una volta dall’asino e contò con attenzione e i
dieci asini risultarono tutti presenti.
“Che strano, quando sono in groppa all’asino ne manca uno,
appena scendo tornano ad essere tutti e dieci! Mi conviene
43
JUHA E GLI ASINI (TUNISIA-MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
camminare
44
e vincere un asino, piuttosto che stare comodo in
groppa e perderne uno!”
Juha decise allora di scendere e seguire gli asini a piedi fino a
raggiungere la sua casa.
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JUHA E GLI ASINI (TUNISIA-MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
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La formica e il piccione (Algeria)
In un giorno d’estate,
una formica stava cercando del cibo sul
ramo di un albero;
ad un certo momento il vento soffiò
fortemente e la fece cadere nel
fiume che si trovava sotto
l’albero.
Nelle vicinanze, c’era un piccione che stava riposando su un
albero vicno e quando vide la formica che stava lottando per
salvarsi
dalla corrente dell’acqua,
prese un ramoscello , lo
gettò in acqua e gridò alla formica di arrampicarsi al rametto.
La formica fece di tutto per raggiungerlo ed il piccione lo prese
con il becco, lo sollevò
allontanandosi dal fiume, poi si posò
lungo la riva mettendo in salvo la formica.
Il piccione le procurò del cibo e, quando ebbe recuperato
proprie forze, la formica disse al piccione:
45
LA FORMICA E IL PICCIONE (ALGERIA)
le
IL MONDO CI RACCONTA
46
”Non saprei come ringraziarti, hai salvato la mia vita, mi sento in
debito con te.”
Il piccione la tranquillizzò, volò in alto, poi si mise sull’albero per
mangiare qualche frutto.
La formica si mise in cammino e strada facendo vide un
cacciatore che stava preparando la sua freccia per colpire il
piccione. La formica, preoccupata per il piccione che le aveva
salvato la vita, pizzicò il cacciatore che, distratto dalla puntura,
lanciò la sua freccia nella direzione sbagliata, urlando dal dolore.
Il piccione si
rese conto di ciò che era successo e volò via
allontanandosi dal pericolo.
Così la formica saldò il suo debito, riconoscendo il valore della
solidarietà.
46
LA FORMICA E IL PICCIONE (ALGERIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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La mamma (Algeria)
C'era una volta un bambino che aveva una madre con un solo
occhio. Lavorava nella sua scuola, ma lui se ne vergognava; ai
suoi amici, quella donna con un solo occhio, faceva impressione,
faceva paura.
Il giovane cercava in tutti i modi di evitarla, ma lei lo chiamava e
lo salutava e immancabilmente il giorno successivo tutti gli amici
lo umiliavano per il fatto dell’occhio.
Tornato a casa si arrabbiava ogni volta con lei dicendole:
"Perché tra tutte le mamme tu sei dovuta capitare a me? Basta,
non devi più venire a scuola a lavorare, io non ti conosco!"
Da quel giorno lei smise di uscire. Suo figlio non volle più
accompagnarla.
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LA MAMMA (ALGERIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Passarono gli anni, finite le scuole superiori, il ragazzo si
trasferì a Sangafora per frequentare una delle università più
prestigiose del paese; si innamorò, si sposò ed ebbe due
magnifici figli.
Un giorno
sentì suonare alla porta, i due bimbi corsero ad
aprire, ma dopo alcuni istanti di silenzio, si udirono delle grida:
alla porta si era presentata la nonna senza un occhio, i due
bambini ne erano rimasti impressionati:
"Papà corri, vieni a vedere, … chi è questa creatura orribile?" .
" Non lo so, non la conosco, ma non vi preoccupate! – e
rivolgendosi a sua madre le gridò contro:
“Cosa vuole lei? Non vede che sta spaventando i miei figli?"
L’uomo, pur avendola riconosciuta, l’ignorò come sempre.
Passarono altri dieci lunghi anni, l’uomo inaspettatamente decise
di ritornare a visitare il suo paese di origine; per semplice
curiosità si avvicinò alla casa in cui era nato e cresciuto; bussò
alla porta, ne uscì la
vicina e gli annunciò che sua madre era
morta, ma che aveva lasciato una lettera per lui.
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LA MAMMA (ALGERIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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"Caro figliolo, - cominciò a leggere - scusami per tutto quello
che ti ho fatto in passato, mi dispiace anche per essere venuta a
disturbare la tua famiglia.
Volevo solo dirti che quando sei nato, non avevi un occhio, io
volevo che tu vedessi il mondo con la luce di tutti e due gli
occhi, quindi ho deciso di darti uno dei miei. Ti voglio bene."
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LA MAMMA (ALGERIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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La stella polare (Romania)
C’era una volta una strega malvagia e molto brutta che viveva
in un bosco, alla periferia di una tranquilla cittadina popolata da
molti bambini.
Ogni notte la strega prendeva la scopa e volava tra le stelle,
ma vedendole così belle e rilucenti ne divenne gelosa, ma
talmente gelosa da minacciare di raccoglierle tutte
e portarle
nella sua casetta, dove le avrebbe tenute imprigionate per
sempre.
Le stelle spaventatissime pregarono Dio di mandarle sulla Terra,
lontane dalla furia malvagia della strega.
Dio permise loro di scendere sulla Terra, una pioggia di stelle
attraversò il cielo, la città si illuminò a giorno e le stelle si
mescolarono ai tanti bambini che lì vivevano.
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LA STELLA POLARE (ROMANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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La strega cercò allora di raccogliere le stelle, ma invano; furiosa
mise a soqquadro le vie, sporcò le case e i giardini, ne seccò gli
alberi, i cespugli e i prati; la città che prima era colorata si tinse
di grigio; gli abitanti erano terrorizzati.
Le stelle allora si rivolsero nuovamente a Dio e lo pregarono di
rimetterle al loro posto, in cielo.
“Perché volete tornare in cielo? – chiese Dio.
“è impossibile rimanere sulla Terra, c’è troppo caos, troppa
violenza!”
Dio iniziò a contare le stelle per organizzare il loro rientro, ma si
accorse che ne mancava una:
“Manca la stella verde, avete visto dov’è finita?”
Un angelo che era lì vicino rispose:
“Lei è rimasta sulla Terra,
in un mondo così caotico si è
nascosta nell’anima degli uomini, per dare loro dei sogni da
realizzare.
“Che stella è?”– chiese Dio,
“è la Speranza!” – rispose l’angelo.
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LA STELLA POLARE (ROMANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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La terra è un tesoro infinito (Tunisia)
C’era una volta, una famiglia con tre figli, il padre, ormai anziano
e malato, in punto di morte, donò loro un grande terreno da
dividersi.
Lasciò detto che se avessero scavato avrebbero trovato un
tesoro prezioso.
Subito i tre fratelli iniziarono la ricerca; scavarono, scavarono,
scavarono per giorni … ma senza alcun successo.
Ormai le speranze andavano diminuendo quando una sera, al
loro rientro a casa, trovarono la zia, sorella del padre, ad
aspettarli:
“Salve ragazzi – li salutò - dove siete stati?”
“Cara zia, siamo stati al campo che ci ha donato nostro padre “
“State lavorando la terra? Bravi! “
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LA TERRA È UN TESORO INFINITO (TUNISIA)
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IL MONDO CI RACCONTA
“Veramente, stiamo cercando il tesoro che ci ha lasciato nostro
padre;
ma
non
abbiamo
ancora
trovato
niente;
però
continueremo a scavare”.
La zia con un sorriso incoraggiante li rassicurò:
“Vostro
padre
l’insegnamento
vi
che
ha
lasciato
dalla
terra
certamente
si
può
un
avere
tesoro,
una
è
grande
ricchezza: i frutti che saprà darvi, questo è il vero tesoro!”.
I ragazzi capirono l’insegnamento e vissero felici e ricchi del loro
lavoro.
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LA TERRA È UN TESORO INFINITO (TUNISIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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L’Aquila
Aquila dell’Albania
dell Albania (Albania)
Un ragazzo stava cacciando sulle montagne dell’Albania, quando
un’aquila, volando sopra di lui, si posò sulla cima di un alto
monte. L’aquila era straordinariamente maestosa e teneva nel
becco un serpente che andò a deporre nel nido, poi spiccò il
volo allontanandosi, forse in cerca di altro cibo.
Il ragazzo allora, incuriosito, si arrampicò sulla cima della rupe,
dove vide, nel grande nido, un piccolo d’aquila che giocava con il
serpente morto.
Attenzione. . . in realtà, il serpente non era morto!
All’improvviso infatti alzò la testa, si mosse di scatto, tirò fuori
la lingua, rivelando i suoi denti aguzzi, pronto a mordere
l’aquilotto sprovveduto, con il suo veleno mortale.
Rapidissimo il giovane tirò fuori l’arco e scoccò una freccia che
uccise il serpente; prese poi l’aquilotto e si avviò verso casa.
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L’AQUILA DELL’ALBANIA (ALBANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Mentre scendeva la montagna, il ragazzo sentì sopra di sé un
rumore fragoroso, era il frullare delle immense ali dell’Aquila,
un’ombra ampia volteggiava su di lui.
“Perché hai preso mio figlio?” - gridò forte l’Aquila indignata.
“Il cucciolo è mio, - rispose il ragazzo - l’ho salvato dal serpente
che tu non avevi ucciso!”
“Dammi mio figlio – disse il rapace – e io ti darò come premio
l’acutezza dello sguardo dei miei occhi e la potente forza delle
mie ali. Tu sarai invincibile e coraggioso e ti chiameranno con il
mio nome!”
Così il giovane fu convinto a consegnare l’aquilotto a sua
madre.
Il ragazzo crebbe e ormai uomo, con il suo arco e le sue frecce
uccise molte bestie selvatiche e con la sua spada ammazzò
molti nemici di quelle terre.
Durante tutte queste imprese, l’Aquila, fedelmente lo guardava
dall’alto e lo guidava.
Sbalorditi dalle gesta del valoroso cacciatore, le genti di quella
terra scelsero l’arciere coraggioso come loro re e lo chiamarono
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L’AQUILA DELL’ALBANIA (ALBANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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‘Shqipetar’, che vuol dire figlio dell’Aquila e il suo regno fu
conosciuto come Shqiperia, che significa Albania o Terra delle
Aquile.
56
L’AQUILA DELL’ALBANIA (ALBANIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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L’orso
orso ingannato dalla volpe (Moldavia(Moldavia-Russia)
C’era una volta una volpe molto furba, come tutte le volpi.
Una mattina, che aveva tanta fame, cercò per ogni dove
qualcosa da mangiare, ma senza riuscirci; non sapendo più cosa
fare, si mise sotto un cespuglio a riposare e pensare.
All’improvviso sentì un buon odore e, guardando verso la
strada, vide un carro pieno di pesce:
“Hmmm! È
questo il cibo che cercavo.” Pensò la volpe e si
mise in mezzo alla strada fingendosi morta.
Quando il pescatore
sul carro vide la volpe, pensò subito che
avrebbe potuto farne un bel coprispalla di pelliccia alla moglie,
così la prese e la caricò sul carretto.
Quando l’uomo tornò a sedersi al posto di guida, la volpe si
guardò attorno e cautamente cominciò a gettare i pesci sulla
strada; quando ebbe scaricato l’ultimo pesce saltò anch’essa.
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L’ORSO INGANNATO DALLA VOLPE (MOLDAVIA-
IL MONDO CI RACCONTA
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Arrivato a casa, il pescatore disse a sua moglie:
“Bene moglie, t’ho portato una slitta piena di pesci e la pelle di
una volpe, per giunta!”
La vecchia andò a vedere, ma non trovò traccia né di pesci, né
tanto meno della volpe!
Intanto la volpe
aveva raccolto tutto il pesce e si era messa
subito a divorarlo, inghiottiva ogni pesciolino uno dopo l’altro.
Passò di lì un orso che, vedendo tanta abbondanza di pesce,
chiese alla volpe di dividerne un po’ con lui.
La volpe, che non aveva alcuna intenzione di accettare la
richiesta, gli disse che avrebbe potuto prenderne molto di più se
fosse andato a pescare:
”Vai allo stagno, fai un buco nel ghiaccio, infila la tua coda nel
foro, vedrai che i pesci abboccheranno, aspetta fino alla mattina
seguente, poi tira la coda con forza e tutti i pesci attaccati alla
coda cadranno a riva.”
58
L’ORSO INGANNATO DALLA VOLPE (MOLDAVIA-
IL MONDO CI RACCONTA
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L’orso era indeciso, ma l’odorino del pesce gli aveva messo
appetito e così seguì il consiglio della volpe: andò allo stagno,
fece un buco nel ghiaccio, infilò la coda nel foro e aspettò, in
attesa che i pesci abboccassero.
Rimase seduto a lungo, per l’intera nottata e, siccome faceva
molto freddo, la coda gli si ghiacciò nel buco.
La coda diventò pesante, l’orso provò a tirarla fuori, tirò e tirò,
ma non riuscì a farla uscire:
“Chissà quanti pesci si sono attaccati alla mia coda, se non
riesco neanche a tirarla fuori!”
Pensò contento l’orso, così provò ad alzarsi, con tutta la forza
diede uno strattone, ma la coda imprigionata nel ghiaccio si
staccò.
Preso dal dolore e dalla rabbia l’orso andò dalla volpe per
vendicarsi, ma la volpe furba si era nascosta nel buco di un
albero; l’orso provò a colpirla con un bastone, ma quella lo
ingannò
nuovamente, lamentandosi quando l'orso batteva sul
tronco e rimanendo in silenzio quando veniva colpita.
Da quel giorno l’orso non pescò più con la coda!
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L’ORSO INGANNATO DALLA VOLPE (MOLDAVIA-
IL MONDO CI RACCONTA
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Masha e l'orso (Russia)
(Russia)
C’erano una volta un nonno e una nonna che avevano una
nipotina di nome Masha.
Un
giorno
le
sue
amichette
vollero
andare
nel
bosco
a
raccogliere funghi e bacche e passarono a chiamare anche
Masha.
“Nonnino, nonnina, - disse Masha - lasciatemi andare nel bosco
con le mie amichette!”
Il nonno e la nonna risposero:
“Vacci pure, ma bada di stare sempre insieme alle altre,
altrimenti nel bosco ti perderai!”
Le bambine entrarono nel bosco e cominciarono a raccogliere
funghi e bacche.
Masha, passando da un albero all’altro, da un cespuglio all’altro,
si spinse lontano da loro.
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MASHA E L'ORSO (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Quando se ne accorse cominciò a chiamarle, a gridare, ma
nessuno la sentiva e rispondeva.
Masha vagò per il bosco, ma inutilmente, si era perduta per
davvero.
Arrivò così nella parte più fitta e più sperduta, quando d’un
tratto vide una casa. Masha bussò alla porta, ma nessuno
rispose, la spinse e questa si spalancò, entrò nella casa e si
sedette sulla panca, vicino alla finestra.
Se ne stava lì seduta e pensava: “Chissà chi ci abita? Perché non
si vede nessuno?”
Quella era la casa abitata da un orso grande e grosso, che in
quel momento era fuori nel bosco.
La sera l’orso tornò a casa, vide Masha e si rallegrò.
“Bene – disse - ora non ti lascio più andare via! Mi accenderai la
stufa, mi cucinerai il cibo e mi apparecchierai la tavola.”
Masha prima si rattristò, poi si disperò, ma nulla poteva fare;
prese così a vivere nella casa dell’orso. L’orso se ne andava per
tutta la giornata nel bosco e ogni giorno ordinava a Masha di non
uscire di casa.
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MASHA E L'ORSO (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
“Anche
se provi
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ad andartene - diceva - ti acchiapperò
comunque e, in tal caso, ti mangerò!”
Masha cominciò a pensare a come poter scappare dall’orso.
Tutt’intorno c’era il bosco, non sapeva da che parte andare e
non c’era nessuno a cui chiederlo…
Pensò e ripensò e infine trovò la soluzione.
Un giorno, l'orso tornò dal bosco e Masha lo supplicò:
“Orso, orso, lasciami andare per una sola giornata al villaggio:
voglio portare qualcosa ai miei nonni.”
“No, - disse l’orso - nel bosco ti smarriresti. Dammi quel che
vuoi mandare, glielo porto io.”
Masha non aspettava altro!
Preparò dei pasticcini, prese un grosso cesto e disse all’orso:
“Ecco, guarda, metto i pasticcini in questo cesto, tu portali al
nonno e alla nonna. Ma bada bene, non aprire il cesto e non
mangiare i pasticcini. Io mi arrampico sulla quercia e ti tengo
d’occhio da lassù!”
“Va bene - disse l’orso - dammi il cesto!”
Masha chiese: “Vedi un po’, se fuori piove!”
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MASHA E L'ORSO (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Appena l’orso fu uscito, Mascia subito si raggomitolò dentro il
cesto e si mise sulla testa il piatto con i pasticcini.
L’orso tornò, vide il cesto bello e pronto, se lo caricò sulle
spalle e partì in direzione del villaggio.
Camminò attraverso il bosco, camminò e camminò, ma poi si
sentì stanco e disse a se stesso:
“Questo è proprio il posticino,
per mangiarmi un pasticcino!”
“Ti vedo, ti vedo!
Non toccare i pasticcini!
Non toccare i pasticcini!
Porta tutto ai miei nonnini!”
“Guarda che vista acuta - pensò l’orso - vede tutto!”
Si rimise in spalla il cesto e andò oltre. Camminò e camminò, si
fermò ancora una volta, si sedette e disse:
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MASHA E L'ORSO (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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“Questo è proprio il posticino,
per mangiarmi un pasticcino!”
E Masha dal cesto:
“Ti vedo, ti vedo!
Non toccare i pasticcini!
Non toccare i pasticcini!
Porta tutto ai miei nonnini!”
“È veramente furba! Si è messa in alto, vede ben lontano!”
Si alzò e cominciò a camminare più in fretta.
Arrivò al villaggio, trovò la casa dove abitavano il nonno e la
nonna e prese a bussare con tutte le sue forze contro la porta:
“Toc, toc, toc!”
“Aprite, ehi, di casa! Masha vi manda dei pasticcini.”
I cani che avevano fiutato la presenza dell’orso gli si lanciarono
addosso, abbaiando e accorrendo da tutti i cortili.
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MASHA E L'ORSO (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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L’orso si spaventò, posò il cesto a terra accanto alla porta e
scappò nel bosco senza nemmeno voltarsi indietro a guardare.
II nonno e la nonna uscirono sulla porta; guardarono e per terra
videro il cesto.
“Cosa mai ci sarà dentro?” - chiese la nonna.
Il nonno sollevò il coperchio, guardò dentro e … non credette ai
propri occhi: nel cesto, rannicchiata, c’era Masha, sana e salva.
Il nonno e la nonna si rallegrarono assai; abbracciarono a
baciarono Masha e si complimentarono con lei per essere stata
tanto furba.
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MASHA E L'ORSO (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
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Perché le zanzare ronzano all’orecchio
all orecchio dell’uomo
dell uomo (Malawi)
C’era una volta una giovane Zanzara follemente innamorata di
un giovane Orecchio; continuamente gli svolazzava attorno,
ronzava con passione, ma lui non se ne curava, anzi ne era un
po’ infastidito.
Un giorno, la Zanzara decise di dichiararsi, coraggiosamente gli
si accostò, gli ronzò attorno, prima sottovoce, poi sempre più
rumorosamente e, anche se un po’ imbarazzata, gli rivelò il suo
amore proponendogli addirittura di sposarla.
L’orecchio stupito, guardò il piccolo insetto, era veramente
piccolo, sembrava denutrito, pensò che forse stava male,
colpito certamente da una malattia contagiosa e pericolosa così,
decise che la cosa non gli interessava e comunicò alla Zanzara
che non avrebbe mai potuto sposarla, non l’amava proprio, anzi
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PERCHÉ LE ZANZARE RONZANO ALL’ORECCHIO
IL MONDO CI RACCONTA
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la considerava invadente ed era stizzito per la sua presenza
continua.
Nonostante ciò la Zanzara non si dette per vinta, con il
trascorrere degli anni il suo amore per Orecchio cresceva
sempre di più, un amore sempre più forte e tenace, che non
permetteva alla Zanzara di allontanarsi.
Non volle mai abbandonarlo, decisa a stargli vicino, soprattutto
nelle roventi sere d’estate, continua ancora oggi a sussurrargli
una dolce e assillante melodia d’amore!
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PERCHÉ LE ZANZARE RONZANO ALL’ORECCHIO
IL MONDO CI RACCONTA
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Salah e talah (Marocco)
C’erano una volta due amici, uno si chiamava Salah, che significa
‘buono’ e l’altro Talah, che vuol dire ‘cattivo’.
Cola trascorrere degli anni
i due divennero sempre più amici,
sempre insieme, legati da una grande complicità, pronti ad
aiutarsi nel bisogno.
Quando
un
giorno
arrivò,
come
ogni
anno,
il
tempo
del
pellegrinaggio a La Mecca, Salah, che era molto ricco, decise di
partire, ma il viaggio sarebbe stato lungo, sarebbe tornato dopo
qualche anno, voleva dunque lasciare il suo oro in buone mani.
Andò allora a bussare alla porta del caro amico, gli affidò le sue
ricchezze pregandolo di custodirle sino al suo arrivo:
“Eccoti tutto il mio oro Talah, te lo affido, so che ne avrai cura,
ci rivedremo al mio ritorno!”
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SALAH E TALAH (MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
“Buon viaggio caro amico, sarò un
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guardiano attento della tua
ricchezza, fidati!”
In quel tempo il mezzo di trasporto più usato era l’asino, perciò
il viaggio di Salah durò giorni, mesi, anni, quasi due anni e
mezzo.
Intanto Talah vedendo scorrere tutto quel tempo pensò che
l’amico fosse morto, un giorno però sentì bussare alla sua porta
e si trovò davanti Salah in carne ed ossa, appena tornato dal
pellegrinaggio. Talah rimase molto meravigliato, quasi non
credeva ai suoi occhi!
Salah naturalmente gli
chiese del suo oro, ma Talah rispose
imbarazzato e dispiaciuto:
“Vedi
amico, ho conservato con grande premura il tuo oro in
una cassa in cantina, malauguratamente però i topi se lo sono
mangiato tutto, moneta dopo moneta.”
Salah trattenne il suo stupore e capì che il suo amico lo voleva
ingannare, al momento
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SALAH E TALAH (MAROCCO)
non poté fare altro che andarsene e,
IL MONDO CI RACCONTA
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mentre camminava, pensava e ripensava a come avrebbe potuto
recuperare le sue ricchezze.
Arrivato a casa vide dalla finestra il figlio di Talah che giocava
con gli amici, gli balenò subito un’idea,
chiamò il giovane, lo
attirò in casa e lo rapì, nascondendolo a tutti.
Inutilmente il padre cercò suo figlio ovunque
poi, disperato,
decise di andare da Salah a chiedergli se avesse avuto notizie
del suo giovane figliolo. Entrò in casa e
chiese a Salah se per
caso avesse visto il figlio, era sparito improvvisamente senza
lasciare alcuna traccia!
Alle domande incalzanti dell’amico Salah rispose tranquillo:
“Certo che l’ho visto, ieri è passato proprio qui sopra – guardò il
cielo - in groppa a un elefante che volava! Era proprio lui, l’ho
riconosciuto!”
“Ma cosa stai dicendo? Come è possibile? – gridò irritato Talah –
Gli elefanti non possono volare!”
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SALAH E TALAH (MAROCCO)
IL MONDO CI RACCONTA
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“Sì, hai certamente ragione - rispose Salah - ma sai, in questo
tempo in cui i topi mangiano l’oro, anche gli elefanti possono
volare!”.
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SALAH E TALAH (MAROCCO)
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Zar saltan (Russia)
Tanti anni fa, durante un freddo inverno, in uno sperduto
villaggio della Russia, tre sorelle in compagnia di una vecchia
parente di nome Babaricha, parlavano del più e del meno,
facevano progetti, sognavano, spettegolavano...
La prima delle sorelle, appassionata di cucina, disse:
“Se un giorno fossi io a sposare lo zar, cucinerei piatti squisiti
per tutti i sudditi dell’impero.”
La seconda disse:
“Io, se diventassi zarina, tesserei stoffe finissime con fili d’oro e
d’argento.”
La minore delle tre, Militrissa disse:
“Se diventassi zarina, vorrei dare al mio sovrano un figlio: forte,
bello, valoroso.”
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
In
quel preciso
momento
apparve,
alto, solenne, con
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un
mantello d’ermellino, lo zar Saltan in persona.
Le donne si inchinarono.
“Passavo di qua e ho udito i vostri discorsi. Ho pensato che mi
andate bene tutte e tre: sposerò Militrissa e avrò un erede; una
di voi sarà
cuoca di corte e l’altra tessitrice. Andiamo,
Militrissa, la mia slitta aspetta qua fuori, si va alla reggia.”
Mentre Militrissa se ne andava con lo zar Saltan, le due sorelle,
gialle dall’invidia, iniziarono a camminare rabbiosamente su e giù
per la stanza.
“Calma, calma - intervenne la vecchia Babaricha – C’è rimedio a
tutto. State buone, lasciatemi pensare”
Il principino Guidon nacque mentre lo zar Saltan si trovava a
combattere in un lontano paese; era un bellissimo bambino e
cresceva in fretta.
Militrissa però, non riusciva a spiegarsi il silenzio dello zar: gli
aveva
mandato
comunicato
che
una
lunga
lettera,
era
diventato
esultando
padre
di
maschietto, ma lo zar non aveva ancora risposto.
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
uno
gli
aveva
splendido
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Il perché lo sapevano bene le cattive sorelle e la perfida
Babaricha che aveva sostituito la lettera della zarina, dopo aver
fatto ubriacare il messaggero.
Finalmente il messaggero arrivò. Spiegò con frasi mozze che,
quando aveva consegnato al sovrano la lettera della zarina, egli
aveva dato in escandescenze e alla fine lo aveva rimandato a
riportare il suo ordine. Un terribile, crudele ordine:
“La zarina e il suo piccolo mostro vengano rinchiusi in una
grande botte; la botte venga sigillata, poi buttata in mare.”
I principi, i cavalieri, le bambinaie, tutto il popolo piangeva:
amavano tutti la loro bella, dolce sovrana, erano tutti orgogliosi
di Guidon, il bellissimo erede al trono.
I servitori portarono la botte; Militrissa, abbracciando il bambino,
si accinse a entrarvi, ma prima volle rivolgere all’onda marina
una preghiera:
“Onda chiara e capricciosa,
onda che batti le spiagge,
onda che sostieni i vascelli,
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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ti prego, portaci a una qualsiasi riva e salvaci.”
In disparte, le due sorelle e Barbaricha borbottavano:
“D’ora in poi non avremo più fastidi, saremo libere.”
La botte fu gettata in mare, ora trasportata lentamente, ora
travolta dalle onde di un mare infuriato, dopo un lungo viaggio
approdò finalmente sulla terraferma.
Storditi, ma per fortuna sani e salvi, anche se un po’ ammaccati,
madre e figlio rividero la luce.
Guidon, al colmo della gioia, gridò:
“Mamma, non pianger più, siamo vivi, siamo salvi e liberi.”
L’isola di Bujan, dove si trovavano, era soltanto un ammasso di
pietre quasi privo di vegetazione, soltanto una stentata quercia
era cresciuta sull’arido suolo.
Militrissa sospirò, volse gli occhi al cielo:
“Signore, ti prego proteggi il mio ragazzo. Non importa se non
avrò più mantelli di pelliccia e morbidi letti di piume, né cibi
raffinati. Aiutalo a trovare un po’ di cibo.”
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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“Non preoccuparti, mamma, penserò io a tutto. Guarda, con un
ramo di questa quercia e il cordone della croce che porto al
collo,
costruisco
un
arco.
E
questo
pezzetto
di
canna
andrà
benissimo come freccia, troverò sicuramente un po’ di
selvaggina.”
Aveva appena pronunciato queste parole che subito nell’aria
odono lo stridio di un uccello rapace, un nibbio stava per
avventarsi su un maestoso cigno che volava sulle acque.
Veloce come un lampo, Guidon scoccò la freccia, prese la mira e
colpì il nibbio che precipitò velocemente e affondò nel mare.
Improvvisamente il candido cigno fece sentire la sua voce: una
dolce voce di fanciulla:
“Nobile principe, non rimpiangere la freccia perduta. Saprò
ricompensarti, perché in realtà
tu non hai salvato un cigno, ma
hai liberato una principessa da un incantesimo. Il nibbio che hai
ucciso era un cattivo mago. Abbi fiducia, mio salvatore, non
dimenticherò ciò che hai fatto. Ora riposati, dormi, ti prometto
una piacevole sorpresa per il tuo risveglio.”
Detto questo, il cigno scomparve nel mare.
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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Passarono lente le ore e al mattino seguente, quando Guidon
aprì gli occhi, rimase sorpreso: era sorta dal mare una splendida
città, con bellissimi palazzi, chiese imponenti e giardini con
tanta gente che affollava l’isola.
“Ma che cosa è accaduto?” - Militrissa si guardava attorno
stupita.
Facile spiegazione: la folla osannante era formata dagli abitanti
della città
che il cattivo mago coi suoi incantesimi aveva
sprofondato in fondo al mare. Morto il mago, per merito di
Guidon, la città
era riemersa, esultanti, i cittadini volevano
ringraziare il loro salvatore, eleggerlo re e offrirgli la corona:
“Regnerai sulle nostre terre, glorioso principe, saremo i tuoi
sudditi devoti. Ti preghiamo di accettare questa corona.”
“Viva, viva il nostro re!” Gridò la folla entusiasta.
Il tempo passava e Militrissa e Guidon vivevano in una magnifica
reggia nella città
sorta dal mare, ma non erano felici, ogni
giorno Guidon si recava al porto e pensava a suo padre:
“Come vorrei conoscerlo, incontrarlo! Nonostante tutto è mio
padre e io lo amo.”
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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Un giorno Guidon decise di far partire una nave carica di doni per
lo zar Saltan. Al capitano che l’avrebbe comandata, ordinò:
“Appena sarai giunto in porto, presentati allo zar, portagli i
saluti
del
principe
Guidon,
sovrano
della
città
di
Tmutarakania.”
Il cuore era colmo di malinconia.
“La mia vera patria è lontana e sono solo; anche il mio buon
cigno ci ha abbandonato!”
A quell’invocazione accorata avvenne il prodigio: il cigno sorse
dal mare e volò solenne verso Guidon.
“Mio bel principe perchè sei tanto triste? Quali angosciosi
pensieri ti consumano? Dimmi tutto, ti aiuterò.”
“Amico cigno, penso sempre a mio padre, vorrei tanto vederlo,
sapere che cosa fa, se pensa qualche volta a mia madre e a me”
“Sai, in questo posso accontentarti. Ti trasformerò in un
calabrone, raggiungerai la nave che hai appena fatto partire e
compirai il viaggio nascosto in qualche fessura. Non indugiare,
presto, tuffati in mare, non aver paura.”
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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Guidon ubbidì, si tuffò, riemerse dall’onda trasformato in un
grosso, ronzante calabrone.
Dopo giorni di navigazione, la nave con a bordo il calabrone
arrivò a destinazione.
Ed ecco lo zar seduto sul trono d’oro, ma con l’aria triste.
Il capitano gli si avvicinò, si inchinò:
“Salute, potente zar Saltan. Ti porto i doni e l’omaggio del
sovrano di Tmutarakania che si onora di invitarti alla sua corte.”
Lo zar si meravigliò, non sapeva che esistesse una città
con
quel nome e tanto meno un principe Guidon.
Per prima cosa fece servire al capitano e all’equipaggio cibi e
bevande, poi interrogò il comandante:
“Dove si trova questa città? E chi è questo principe Guidon?”
“Veniamo da molto lontano, potente zar, la nostra città
sorta per miracolo dal mare. È una città
è
meravigliosa, con
palazzi e giardini, chiese con cupole d’oro. La governa un
giovane principe di nome Guidon, bello e saggio; è lui che ci ha
ordinato di portarti i suoi saluti e il suo invito.”
Lo zar Saltan restò pensieroso per un po’, poi promise:
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
IL MONDO CI RACCONTA
“Se Dio mi darà
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vita, andrò a passare qualche giorno alla
reggia del principe Guidon.”
Subito tre donne si avvicinarono allo zar e, con mille moine,
cercarono di persuaderlo a declinare l’invito, naturalmente
erano le cattive sorelle di Militrissa e la vecchia Babaricha:
“Che
città
volete
che
ci
sia
di
straordinario
in
quella
sconosciuta? E poi chi è questo principe che si fa vivo
soltanto ora? Il viaggio, l’ha detto il capitano, è lungo e voi non
siete più tanto giovane, la vostra salute potrebbe risentirne.”
Guidon, trasformato in calabrone, aveva udito tutto. Furente, si
avventò contro le donne e le punse, ronzando forte. Esse
strillarono come aquile per il dolore e per la paura: sapevano
bene che se lo zar fosse andato a Tmutarakania avrebbe
scoperto tutto e loro sarebbero state punite.
Lo zar annunciò: “Partirò domani stesso. Andrò in visita al
sovrano di Tmutarakania!”
Il calabrone ritornò di nuovo alla sua reggia, era contento di
aver visto suo padre, ma qualcos’altro lo rattristava:
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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“Vorrei tanto parlare col mio cigno... Non lo vedo da un secolo.
Dov’è sparito? Perché mi ha abbandonato?”
“Ah, principe senza fede! Perché sei così malinconico, Guidon?
“Oh, mio bel cigno, sapessi come mi sento solo, in questa dorata
città! L’amore di mia madre non mi basta più e nemmeno
l’affetto dei miei sudditi. Sento il desiderio di avere accanto a
me una dolce sposa. Per conoscerla andrei in capo al mondo”
“Allora rallegrati, Guidon non hai bisogno di andar lontano. Io
sono una principessa!”
Lentamente, dal corpo del candido cigno sorse una creatura di
sogno e Guidon cadde in ginocchio:
“Mia amata, mia sposa!”
In quel momento s’affacciò al portone della reggia Militrissa
seguita dalle sue damigelle. Guidon piegò il ginocchio dinanzi a
sua madre.
“Mamma, ho trovato la mia sposa. Sarà
per te una figlia
devota. Ti prego, benedici il nostro fidanzamento. Aspetteremo
a celebrare le nozze, perchè dovrà essere mio padre, lo zar
Saltan, a benedirle.”
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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“Siate felici e che Dio vi benedica! - sussurrò Militrissa.
Fu una lunga attesa per Guidon, ma finalmente il giorno tanto
sospirato arrivò e Guidon era al settimo cielo.
“Mamma, è proprio la flotta dello zar Saltan quella che sta
arrivando. Ti prego, ritirati nelle tue stanze, per ora. Che mio
padre non ti veda subito. Andrò io a riceverlo.”
Militrissa acconsentì e rientrò nella reggia.
La nave accostò, gettò l’ancora, lo zar, pose il piede sul regno di
Tmutarakania.
“Benvenuto, valoroso zar Saltan come stai? Hai fatto un buon
viaggio? Sono curioso di sapere tante cose di te, se sei sposato,
se hai figli, se sei fiero del tuo principe ereditario.”
“Mio caro Guidon, - rispose lo zar Saltan curiosità
capisco la tua
e sono pronto a rispondere a tutte le tue domande.
Sono stato molto felice, un tempo. Avevo una bellissima sposa,
la dolce zarina. Poi sono dovuto partire per la guerra, ho
lasciato la mia sposa in custodia ai miei cento nobili cavalieri.
Ah, Guidon, compiangimi! Un giorno ho ricevuto una cattiva
notizia, ho perso la testa e, pazzo di collera, ho decretato io
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ZAR SALTAN (RUSSIA)
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stesso la morte della zarina. Da quel giorno non faccio che
piangere, non ho più pace...”
“Coraggio, potente zar, un miracolo può sempre accadere!”- lo
confortò Guidon, sorridendo un po’ maliziosamente; gli mostrò la
bellissima principessa Cigno che, a un furtivo cenno di Guidon, si
presentò così allo zar:
“Benvenuto zar degli zar, la vostra sapienza è nota, perciò
saprete sicuramente chi sono. Io vengo dal cielo per compiere
prodigi tra gli uomini, mi nascondo nel loro cuore e grazie alla
mia presenza, il loro dolore si fa dolce.”
“In questa città - risponde Saltan - ho già
visto cose bellissime,
ma tu parli in modo oscuro e non ti comprendo. Chi sei? Sei la
speranza? Sei l’amore? Se davvero sai compiere miracoli, ti
prego, fai che io possa rivedere la mia adorata zarina.”
“Oh, sì, possiedo questo potere. - sorrise la principessa Cigno Guarda diritto davanti a te, e stupisciti!”
Lo zar Saltan levò lo sguardo e vide Militrissa uscire dal portone
della reggia.
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“No, non è possibile - esclamò Saltan con voce strozzata. - I
miei occhi mi ingannano, mio Dio, è soltanto un sogno!”
Anche Militrissa era emozionata, con le mani si comprimeva il
cuore che sembrava volerle balzare dal petto.
I due sposi restarono un lungo attimo a guardarsi, increduli, poi
si strinsero in un forte abbraccio, piangendo di gioia.
Improvvisamente Saltan si staccò dalle braccia della zarina e
chiese:
“E nostro figlio dov’è?”
Guidon mosse due passi in avanti e gridò:
“Amato padre, eccomi!”
Militrissa era al colmo della felicità:
“Vedi, sposo mio, che ho mantenuto la promessa e ti ho dato un
figlio forte e saggio, un baldo e nobile cavaliere?”
Mentre lo zar, la zarina e lo zarevic si scambiavano affettuosità,
Babaricha e le due cattive sorelle, in disparte, parlottavano tra
loro, spaventatissime.
“Povere noi, l’ora del castigo è arrivata! Mettiamo le gambe in
spalla e filiamo.”
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Babaricha fece l'atto di fuggire, ma venne subito fermata dalle
guardie. Le due sorelle tentarono delle scuse:
“Nobile zar, non siamo noi le principali colpevoli, è stata
Babaricha ad architettare il tutto, lei ci ha persuaso a sostituire
il messaggio.”
Saltan scosse il capo:
“Meritereste di essere condannate a morte tutte e tre, ma sono
troppo
felice.
La
zarina
ed
io
preferiamo
perdonarvi
e
rimandarvi a casa vostra.”
“Senza contare - intervenne Guidon - che senza i loro imbrogli,
io e la principessa Cigno non ci saremmo mai incontrati!”
Furono fatte grandi feste e per tanti e tanti anni lo zar Saltan,
la zarina Militrissa e il principe Guidon con la sua bella sposa
vissero felici e contenti, nella città incantata di Tmutarakania.
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