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MINCHION-EX
Si chiamava Minchion-ex e avanzava sulle sue cento zampine con la testa
spelacchiata e la lingua gialla e pelosa di due metri circa sempre penzolante dalla sua
enorme e sottile bocca.
Era tenuto al guinzaglio dal suo padrone che lo comandava a bacchetta e quando
non gli ubbidiva non si metteva il benché minimo problema a strattonarlo e prenderlo
a calci nel suo molle viscido e lungo culo e a calpestarlo con forza e a insultarlo e
minacciarlo.
Minchion-ex meglio identificato come mezzo uomo mezzo verme mezzo cane
aveva forma cilindrica e allungata ma a differenza dei minuscoli invertebrati
presentava le dimensioni prodigiose di un cane di ben novanta chili o giù di lì. Del
cane esibiva anche la coda che muoveva senza sosta e la pelliccia seppur spelata. La
sua faccia era stranamente quella di un uomo di quarant’anni portati male con occhi
infossati naso aguzzo grosse orecchie cascanti e pelle incartapecorita da sessantenne.
Una copiosa bava tipica del bulldog gli colava in continuazione dagli angoli della
bocca.
Un dì il povero Minchion-ex stanco delle angherie del padrone e curioso e
desideroso di sperimentare le bellezze della vita, riuscì a sottrarsi al guinzaglio e a
sparire definitivamente dal suo raggio.
Quel giorno si mise a strisciare in un ampio prato verde sotto un sole luminosissimo
e cocente e mentre andava a cercare da bere in una fontanella asciutta si trovò davanti
una giovane donna con dei lunghi e profumati capelli biondi che si recò zelante in un
bar e acquistò per lui una grande bottiglia d’acqua. La ragazza versò l’acqua in un
secchio acquistato in un negozio a due passi dal parco. Minchion-ex mentre si
dissetava riceveva scodinzolante le carezze della fanciulla che decise di adottarlo
pensandolo (nonostante l’aspetto) alquanto docile e malleabile.
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Così Minchion-ex si ritrovò a bighellonare fra gli alberi e a giocherellare ora con un
ramo ora con un sasso che la sua nuova padrona gli lanciava.
Una notte decise di uscire e andò a gironzolare nei campi circostanti che odoravano
di fiori coloratissimi finché non approdò in un giardino dove i suoi occhi furono
deliziati dalla vista di un animale di bell’aspetto e di sesso femminile.
Minchion-ex si avvicinò a lei esitante e tentò di conoscerla ma non essendo
abbastanza intraprendente per attaccare bottone decise di mostrarsi nei suoi panni
migliori in un altro modo.
Si mise così a strisciare come un matto, a marcare il territorio saltellando, ad
abbaiare. La splendida ibrida che giaceva placidamente di fronte allo zerbino di casa
sua incominciò a stiracchiarsi, poi si mise a sedere sulle cortissime zampette che
estrasse all’occasione puntandogli addosso due immensi occhi azzurri e vispi.
Minchion-ex sentendosi incoraggiato le si fece vicino gongolante e la notò sbattere le
palpebre e le lunghe ciglia e rivolgergli un sorriso dolcissimo e sognante.
Capì subito di averla in pugno e decise di conoscerla meglio per trascorrere in sua
compagnia i suoi momenti morti, di usarla come optional nelle giornate di massima
noia.
Così prese ad andare a trovarla una volta alla settimana.
Non appena arrivava (solitamente a notte fonda) si accostava al cancello del suo
cortile ed emetteva un leggero latrato per avvertirla della sua presenza. Al che lei
scattava gli si approssimava festosa e gli faceva mille cerimonie sulla sua agilità e
virilità.
Quindi Minchion-ex attaccò a montarsi la testa prendendo a farsi bello con tutte le
cagne-vermicelle-donne che incontrava nel suo cammino. Fu così che iniziò a
diradare le sue visite e ad andare da lei quando si ricordava.
Una notte: mezzanotte. Arrivò da lei dopo due mesi di assenza e con il suo solito
richiamo si piazzò dinanzi al suo recinto. Cominciò ad aspettarla e per darsi un tono
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fischiettava con aria noncurante. La chiamò una volta, due volte, tre volte ma si rese
conto che di lei non scorgeva neanche l’ombra e dopo un’ora buona di attesa capì che
era arrivato il momento di preoccuparsi.
La sera successiva passò tutta la giornata a pensare a lei nel ricordo dei bei
momenti trascorsi insieme e a piangere le cosiddette lacrime di coccodrillo, e, per
cercare di rivedere il suo viso incantevole e rapito, si risolse a trascinarsi da lei
determinato a riconquistarla e a chiederle perfino un chiarimento se questo fosse stato
necessario. Decise allora di farle una sorpresa rubando dal soggiorno della nuova
padrona un bel mazzo di fiori variopinti appena sbocciati, che si sistemò dentro la
bocca. Attraversò così la campagna speranzoso di risolvere quella che subdorava
essere un’insidiosa faccenda.
Non appena dinanzi al grande cancello verde in ferro battuto emise una sorta di
ululato. Soltanto dopo lunghissime ore riuscì a richiamare l’attenzione della sua
innamorata.
Finalmente lei uscì con riluttanza dalla sua cuccia stretta e lunga e si accostò a lui
con negli occhi un’aria che non era esattamente quello che avrebbe sperato dopo due
notti (dico due!!!) di serenata/ latrata.
Lei lo guardò fisso negli occhi e annunciò:
“Da oggi tu sei Minchion-ex”.
“Dal tono della tua voce non mi sembra esattamente un complimento”, le rispose
scoppiando a ridere. Poi, dopo un istante aggiunse: ”Vedi cara, ti ho portato un bel
fascio di fiori freschi”.
“Dei tuoi fiori non so proprio che farmene”, gli rispose incollerita.
“Non fare così! Dov’è il tuo sguardo dolce innamorato estasiato di una volta? Fatti
baciare, ti prego!”, e si mise a strisciare e sbavare più del solito tentando di allungare
le sue zampette su di lei.
Ma lei si allontanò non senza aver prima afferrato con la bocca i fiori che
Minchion-ex le tendeva e esserseli spiaccicati sotto le zampine , dopo averci sputato
ripetutamente sopra.
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Il povero Minchion-ex non credeva ai suoi occhi e si chiedeva cos’avesse fatto
perché la sua amata si trasformasse in una belva così ostile.
Umiliato afflitto e offeso batté in ritirata pervaso da una quieta inquietudine.
Laura Niolu
Ottobre 2009
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