Caschi Bianchi in Africa

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Caschi Bianchi in Africa
SCHEDA PROGETTO PER L’IMPIEGO DI VOLONTARI IN
SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO
ENTE
1)Ente proponente il progetto:
CARITAS ITALIANA.
La Caritas Italiana è l'organismo pastorale della Cei (Conferenza Episcopale Italiana) con lo scopo di
promuovere «la testimonianza della carità nella comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai
bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare
attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica» (art.1 dello Statuto).
È nata nel 1971, per volere di Paolo VI, nello spirito del rinnovamento avviato dal Concilio Vaticano II.
Ha prevalente funzione pedagogica, cioè tende a far crescere nelle persone, nelle famiglie, nelle comunità, il
senso cristiano della Carità.
L’Ente presso il quale devono essere indirizzate le domande per il presente progetto è:
CARITAS ITALIANA
Via AURELIA,796 - cap 00165 - città ROMA
Per informazioni: tel.06.66177001- fax 06.66177602 e-mail: [email protected];
2)Codice di accreditamento:
NZ01752
3)Albo e classe di iscrizione:
NAZIONALE
1° classe
CARATTERISTICHE PROGETTO
4)Titolo del progetto:
Caschi Bianchi in Africa 2011 – Caritas Nazionale “Insieme per il cambiamento”
5)Settore e area di intervento del progetto con relativa codifica (vedi allegato 3):
Settore: SERVIZIO CIVILE ALL’ESTERO
Area di intervento: EDUCAZIONE E PROMOZIONE CULTURALE
Codice F11
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6) Descrizione del contesto socio politico ed economico del paese o dell’area geografica dove si
realizza il progetto; precedente esperienza dell’ente proponente il progetto nel paese o nell’area
geografica anche in relazione alla propria mission; presentazione dei partner esteri:
Il progetto si realizza in Africa nei seguenti paesi: Sierra Leone, Guinea Conakry, Burundi, Repubblica di
Gibuti. Di seguito per ciascuno di essi è proposta una distinta descrizione del contesto socio – politico, della
precedente esperienza dell’ente e della presentazione dei partner esteri.
SIERRA LEONE
SIERRA LEONE, UNO DEI PAESI PIU’ POVERI DEL MONDO – PANORAMICA
Quadro generale
La Sierra Leone è un piccolo paese dell’Africa Occidentale confinante con la Guinea a nord e la Liberia a
sud-est, che si affaccia a ovest sull’Oceano Atlantico (cfr. mappa 1).
Il paese, anglofono, è stato colonia inglese fino al 1961, anno della sua indipendenza, di cui nel 2011 ricorre
il cinquantenario.
Il paese è suddiviso in 4 regioni (nord, sud, est, ovest) più l’area della capitale Freetown; all’interno di ogni
regione si collocano i distretti, quindi i Chiefdom ed i villaggi; la sua composizione etnica è varia, formata da
gruppi diversi, i cui maggioritari sono i temne (30%) e i mende (35%).
Il paese, una repubblica presidenziale, è attualmente guidato da un Presidente (Ernest Bai Koroma) e un
governo eletti a suffragio universale per cinque anni nelle elezioni presidenziali e parlamentari del 2007; il
Parlamento è composto da 124 membri eletti per cinque anni, di cui 112 eletti con sistema proporzionale e
dodici fra le autorità tradizionali del paese (Paramount Chief).
A livello amministrativo, nel processo di decentralizzazione in corso, che deve far fronte alle molteplici
difficoltà della sua concreta applicazione, sempre maggiori sono le responsabilità delegate ai consigli
distrettuali e municipali, anch’essi democraticamente eletti nelle elezioni amministrative del 2008. Accanto a
tali autorità elette, si collocano le autorità tradizionali a capo dei Chiefdom, particolarmente rispettate e con
un ruolo importante anche dal punto di vista politico e amministrativo.
Non sempre facili risultano le relazioni tra le diverse autorità, anche a causa di una mancanza di
competenze nella leadership, negli strumenti del buon governo e della trasparenza amministrativa da parte
dei responsabili sia a livello locale che nazionale, nonché di una scarsa consapevolezza dei diversi ruoli e
responsabilità.
Mappa 1
Dati demografici
Il paese ha una popolazione di 5.700.000 abitanti (2009) con un tasso di crescita in costante aumento: pari
all’1,8% nel quinquennio 1990-95, al 2,4% nel periodo 2005-2010, (UNDP, Human Development Report
2009), previsto al 2,3% nel periodo 201-2015 (UNDP, Human Development Report 2010) La densità
assoluta della popolazione è pari a 79 abitanti/km2, ma la popolazione è concentrata principalmente nei
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complessi urbani e nella capitale Freetown; si calcola infatti una percentuale del 38,2% (2010) di
popolazione urbana.
Contesto economico
La Sierra Leone è uno dei paesi più poveri del mondo; dopo undici anni di conflitto (1991-2002) si sta
avviando un lento e difficile processo di ripresa, che risente fortemente delle conseguenze di una guerra che
ha decimato un’intera generazione e annullato possibilità di sviluppo economico e socio-politico, ma anche
della crisi internazionale che ha avuto ripercussioni planetarie in questi ultimi anni.
Secondo i dati presenti nella seconda Poverty Reduction Strategy della Sierra Leone (An Agenda for
Change 2008-2012) il 66,4% della popolazione può essere definita “povera” (47% nelle aree urbane, 79%
nelle aree rurali). Forti sono a tal proposito, come evidenziato dalle percentuali proposte, le differenze tra la
capitale Freetown e le zone rurali: in capitale, infatti, secondo statistiche del 2009, due persone su 10 vivono
sotto la soglia di povertà, mentre nelle aree rurali il rapporto diventa di 8 su 10.
Gli indici di sviluppo, nonostante una crescita costante negli ultimi anni, sono tra i peggiori del mondo.
A otto anni dal termine del conflitto, quindi, la strada per la ripresa risulta ancora lunga e complessa sia dal
punto di vista economico che socio-politico: soddisfazione dei bisogni primari, sicurezza nel cibo e
nell’acqua, aumento del livello di alfabetizzazione e dei servizi educativi primari e secondari, miglioramento
delle strutture sanitarie, fornitura di energia elettrica e di acqua potabile, crescita di consapevolezza nelle
comunità di base e di partecipazione alla vita sociale e pubblica risultano ancora oggi le sfide più grandi per
consolidare la pace e avviare uno sviluppo sostenibile.
Alcuni indicatori demografici, sociali ed economici aiutano a comprendere come le condizioni del paese
siano ancora molto precarie.
La Sierra Leone, infatti, si colloca agli ultimi posti (158° su 169) dell’Indice di Sviluppo Umano secondo la
classifica a livello mondiale stilata nel 2010 dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP); tra
gli ultimi posti (128° su 135 paesi) nell’analisi degli indici di povertà umana e del reddito e nell’analisi
dell’indice di sviluppo legato in particolare alle condizioni della donna (125° su 138 paesi) (UNDP, Human
Development Report 2010).
La presentazione di alcuni indicatori in dettaglio mostra ancor più efficacemente le difficoltà del paese:
(fonti: UNDP, Human Development Report 2009 – dati 2007; UNDP, Human Development Report 2010 –
dati 2008; World Bank, World Development Indicators, 2008; Atlaséco 2011, http://atlas.challenge.fr)
SOGGETTO/AREA
DATI ECONOMICO-COMMERCIALI
PIL (per PPA - parità di poteri d’acquisto)
PNL globale (prodotto nazionale lordo)
PNL per abitante
Crescita nel volume del PIL
Tasso di inflazione
PRODUZIONE/SETTORI DI ATTIVITA’
Composizione del PIL per settore di
produzione
INDICI DI POVERTA’
Popolazione al di sotto della soglia di
povertà (%)
Soglia di povertà nazionale
POPOLAZIONE
0-14 anni
15-64 anni
> 65 anni
Età media popolazione
DATI
NOTE/FONTE
770 US$
1,84 (in miliardi di
dollari)
1,92
323 $
344$
4%
5,5%
6,4%
7,3%
9,2%
dato 2008,Banca Mondiale
Nel 2009
Nel 2008
agricoltura 50,2%
industria 23,5%
servizi 26,3%
dati 2009, Atlaséco 2011, 2008,
Banca Mondiale
$1,25/giorno – 53,4%
$2/giorno -76,1%
70%
2000-2007
2000-2007
2000-2006
Dati 2008 World Bank/UNDP
43,43%
54,74%
1,84%
18,2 anni
3
Nel 2009
Nel 2008
Nel 2009
Nel 2008
Nel 2007
Nel 2006
2009
Aspettativa di vita alla nascita
48,2 anni
Probabilità di non sopravvivenza oltre i 40
anni (stima)
Tasso di mortalità alla nascita
Tasso di mortalità infantile
(<5 anni)
Bambini sottopeso (%<5anni)
Indice di mortalità materna
ISTRUZIONE
Tasso di Alfabetizzazione (% > 15 anni)
Tasso di alfabetizzazione uomini (% >15
anni)
Tasso di alfabetizzazione donne % > 15
anni)
Tasso di analfabetismo (%>15 anni)
Percentuale popolazione con almeno
istruzione secondaria (>25 anni)
IGIENE E SANITA’
Popolazione senza accesso a fonti
d’acqua sicure
31%
Human Development Index
2010, dati 2008
2005-2010
30%
170/1000
MICS 2006
MICS 2006
30%
2100/100000
2000-2006
Dato 2008
38,1%
50%
1999-2007
26,8%
1999-2007
61,9%
20,4% uomini
9,5% donne
1999-2007
Human Development Index
2010, dati 2008
51%
2008
La Sierra Leone dispone di risorse minerarie e agricole non indifferenti, ma le infrastrutture non sono
all’altezza. Nonostante la guerra civile abbia devastato l’agricoltura, il paese ne trae comunque la parte più
cospicua delle sue entrate. Come dimostrato dagli indicatori, il settore agricolo rappresenta circa il 50% del
PIL e impiega la metà della popolazione attiva. Gran parte della produzione poggia su prodotti di base: riso,
cacao, caffè, olio di palma, manioca, mais. Il settore secondario (circa un terzo del PIL) si basa invece
sull’estrazione mineraria, di cui i diamanti sono la principale risorsa per le esportazioni. L’industria si limita
invece a prodotti di consumo (tessile, mobili) e a prodotti agroalimentari di base.
La Sierra Leone resta ancorata all’aiuto internazionale, assolutamente indispensabile. Il Fondo Monetario
Internazionale (FMI) e la Banca Mondiale hanno annullato il 90% del debito estero di Freetown nel 2006. Il
programma di riduzione della povertà del FMI ha permesso di rilanciare la crescita e di far abbassare
l’inflazione, ma non è ancora sufficiente.
La comunità internazionale veglia sugli sforzi di stabilizzazione e sviluppo del paese nel quadro della
Commissione delle Nazioni Unite per il consolidamento della pace.
Dati storici
Al fine di comprendere globalmente l’attuale situazione politico-sociale della Sierra Leone -che motiva tra
l’altro la presenza e l’azione di Caritas Italiana-, è opportuno richiamare dei dati storici relativi al conflitto che
ha insanguinato il Paese.
Quasi la totalità della popolazione è stata colpita dal conflitto, due milioni di abitanti circa si sono riversati
nella capitale Freetown, rispetto ai quattrocentomila precedentemente residenti.
I primi quattro anni di guerra (1991-1994) sono stati caratterizzati dal colpo di stato del capitano Valentine
Strasser. Nella regione orientale i guerriglieri del Movimento Unito di Liberazione della Liberia (ULIMO)
utilizzavano il territorio sierraleonese come base per gli attacchi contro le forze governative del Presidente
liberiano Charles Taylor.
Fu il Presidente liberiano nel 1991 ad appoggiare il R.U.F. di Sankoh con l’addestramento delle truppe e la
fornitura di armi provenienti dall’Europa dell’est attraverso un “corridoio commerciale” passante per la Libia e
il Burkina Faso.
Il conflitto sierraleonese non può quindi essere considerato solamente in un’ottica nazionale ma va
analizzato in una visione geopolitica di area che comprende Guinea e Liberia e in secondo piano anche
Burkina Faso e Mali.
Tra il 1991 e il 1994 si sono susseguite atrocità di ogni genere e stragi di civili lungo il territorio di confine con
la Liberia da parte dei guerriglieri del R.U.F. e dell’esercito regolare liberiano attraverso sistematici
sconfinamenti. Centinaia di persone sono state massacrate, sono aumentate in modo esponenziale ruberie
e corruzione, soprattutto a livello statale, e traffico illegale di diamanti.
Il 1995 è stato l’anno in cui la guerra si è estesa a tutto il Paese con un peggioramento della situazione e un
crescendo di violenze che hanno attratto l’attenzione della Comunità Internazionale.
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Il periodo 1995-1999 si è caratterizzato come uno tra i momenti più oscuri di tutta la storia della nazione.
I colpi di stato del 1996 e del 1997 a danno del Presidente democraticamente eletto Ahmad Tejan Kabbah
hanno fatto precipitare ancor più la situazione e portato alla ribalta il colonnello Johnny Paul Koroma. Il
Presidente destituito chiese l’intervento delle Nazioni Unite che hanno inviato nel 1998 truppe dell’ECOMOG
in aiuto delle truppe nigeriane già intervenute. La guerra si è estesa a tutto campo: forze governative, ribelli
del R.U.F., contingente nigeriano, ECOMOG, gruppi di difesa civile; il periodo era sempre più caratterizzato
da brutalità da ogni parte e fazione, stupri, mutilazioni, sequestri e utilizzo di bambini per operazioni di
guerra.
Nel 1998 le truppe dell’ECOMOG riuscirono a far cadere la giunta militare del colonnello Koroma e a
reinsediare il presidente Kabbah, arrestando il comandante dei ribelli Foday Sankoh.
Nei primi mesi del 1999 si concluse la seconda fase del conflitto con l’occupazione di Freetown per pochi
giorni da parte dei ribelli sostenuti dall’ex-giunta militare.
La seconda parte dell’anno tuttavia è stata caratterizzata da un segno di speranza riposto nella firma, il 3
giugno a Lomé, degli accordi tra Tejan Kabbah, Foday Sankoh e Paul Koroma entrati in vigore il 7 luglio. Fin
da subito si intuì che tali accordi costituivano un passo importante ma non avevano ancora la forza per far
approdare il paese ad una pace duratura.
Tra la fine del 1999 ed il 2000 si sono susseguiti diversi attacchi da parte del R.U.F., tanto che le Nazioni
Unite decisero di rafforzare il contingente delle forze di interposizione dei Caschi Blu.
Il biennio 2000-2001, nonostante i drammi della popolazione, ha rappresentato la speranza della pace con i
due accordi di Abudja in Nigeria, fondamentali per il percorso di pacificazione e di stabilizzazione del paese
avviato nel 2002.
Le cause del conflitto
Le differenti e molteplici cause che hanno provocato il conflitto portano a dire che il conflitto sierraleonese è
un esempio tipico di quelle che oggi vengono definite “Crisi complesse”, ormai sempre più frequenti nei
paesi del “Sud del mondo”. La complessità è data dalla interconnessione su più livelli di fattori geopolitici,
economici, internazionali, etnici e religiosi.
I rapporti inter-etnici non rappresentano tuttavia un problema acuto. In una nazione di 5 milioni di abitanti
coesistono circa 12 etnie, di cui le più rilevanti per numero sono i mende (35%) nel sud del paese, e i temne
(30%) stanziati nel nord. Questo contribuisce sicuramente alla creazione di un “equilibrio tribale” che sembra
aver resistito a dieci anni di guerra.
Per quanto riguarda il fattore religioso, la Sierra Leone non presenta fondamentalismi. La religione
dominante è l’islam con una percentuale di circa il 60-70%, seguita dalla religione tradizionale e dal
cristianesimo (circa 10%, fino al 20% in alcune aree del nord del paese).
La tolleranza tra le diverse religioni è un punto chiave nella comprensione delle dinamiche di questo paese,
così come la gente è accogliente e tollerante perché abituata a convivere in famiglia con diverse religioni fin
dalla nascita.
Un esempio di tale tolleranza religiosa viene dall’esperienza del Consiglio Interreligioso, formato da
esponenti musulmani e cattolici, nato nel 1997 in una delle fasi più acute del conflitto allo scopo di riprendere
e mantenere vivo il dialogo con i ribelli. Tale Consiglio ha dato un contributo fondamentale nel processo di
raggiungimento dell’accordo di Lomé. Il motivo di tale successo è stato innanzitutto la forte moralità di cui
godono i capi religiosi considerati super partes, il loro forte e capillare radicamento sul territorio (parrocchie e
moschee) e la possibilità di parlare attraverso i riti un linguaggio da tutti compreso.
Alla luce di quanto sopra analizzato, non sono dunque direttamente ascrivibili quali cause del conflitto i fattori
etnico - religiosi.
Il filo rosso che collega l’intera storia del paese è invece strettamente legato allo sfruttamento di risorse
umane e naturali.
Le vere ricchezze della Sierra Leone non risiedono infatti in un allevamento con tecniche rudimentali o in
un’agricoltura di sussistenza che non arriva a coprire neanche il fabbisogno alimentare nazionale, ma risiede
nel sottosuolo. Bauxite, ferro e soprattutto diamanti sono le risorse che attirano come un campo magnetico
gli interessi di governi e società multinazionali. Tali beni, sempre più indispensabili alle economie occidentali
per la produzione di tecnologia sofisticata e armamenti, oltre ad essere estratti e commerciati direttamente
da privati, hanno costituito la moneta sonante per l’acquisto di armi da parte dei ribelli del R.U.F.
Contesto politico problematiche connesse
Quella sierraleonese è una democrazia ancora fragile, che risente del lungo conflitto e dell’ancora troppo
debole consapevolezza che i cittadini hanno della partecipazione alla vita politica del paese.
Se, infatti, secondo gli ultimi dati UNDP (Human Development Index 2010), il paese raggiunge uno score di
2 su 2 nella classificazione delle democrazie, ed è quindi considerato democratico, con elezioni regolari e
possibilità di alternanza, nonché il 70% della popolazione si ritiene soddisfatta della libertà di scelta
garantita, la strada da percorrere è ancora lunga.
Il processo di decentralizzazione è ancora zoppicante, le elezioni locali sono ancora troppo influenzate da
dinamiche familiari e tribali senza far riferimento alle competenze del candidato e senza avere una giusta
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consapevolezza dell’importanza dell’esercizio del voto (lo score attribuito infatti relativamente alla
decentralizzazione democratica è di 0 su 2 – Human Development Index 2010).
Ancora oggi sono numerose le violazioni di diritti umani (l’indice di Sviluppo Umano dà uno score di 3 su 5),
spesso non rilevate, non denunciate, quindi non punite, tanto che la protezione e promozione dei diritti
umani viene indicata come una delle priorità nella Second Poverty Reduction Strategy, An Agenda for
Change 2008-2012.
Due sono i grandi partiti politici: APC, predominante al nord, e SLPP, maggioritario nel sud) dominanti nel
paese, la cui appartenenza è basata soprattutto sulle appartenenze tribali e ai gruppi etnici della
popolazione. La stabilità che ha caratterizzato il paese dopo le prime elezioni presidenziali democratiche a
suffragio universale del post-conflitto tenutesi nel 2007 è un elemento importante ma non sufficiente a
dichiarare il paese fuori dai rischi di nuovi conflitti o disordini. L’equilibrio è infatti instabile e latente,
soprattutto nelle zone rurali dove la povertà diffusa e la mancanza di opportunità di lavoro per i giovani pone
ombre sul futuro di un paese che ha nelle nuove generazioni la sua risorsa più importante.
Importante anche il ruolo delle donne, molte delle quali, soprattutto nelle aree rurali, non partecipano ancora
attivamente alla vita politica e alla dimensione pubblica del paese, ma la cui consapevolezza e volontà di
emancipazione aumenta progressivamente. Il livello di analfabetismo, che nelle aree rurali supera il 50%
della popolazione femminile, influenza ancora oggi in modo marcato le scelte politiche e i sistemi decisionali
locali e nazionali.
Il 2012 sarà un anno chiave per il paese: le seconde elezioni presidenziali, parlamentari e locali libere e
democratiche dopo la fine del conflitto potranno sancire un passo importante e definitivo verso la stabilità e
sancire quindi una tappa fondamentale del processo di democratizzazione del paese.
Problematiche sociali
Tracciare un quadro delle problematiche sociali di un paese come la Sierra Leone richiede di sovrapporre le
molteplici cause che determinano la difficile situazione del paese ed intersecarle a quelle di un conflitto che
ne ha peggiorato notevolmente le condizioni.
Non possono non essere menzionate migrazioni forzate, cambiamento del volto del territorio, violenze
economiche ma sopratutto fisiche, limitazioni delle libertà fondamentali degli individui. Le ferite che più
faticano a rimarginarsi sono quelle prodotte dalle sistematiche violazioni dei diritti umani, compiute – sia pur
in tempi diversi e con intensità differenti – da tutte le parti, regolari e irregolari, coinvolte nel conflitto.
Ne sono stati persecutori e vittime sia gli adulti che i minori. Di conseguenza, oltre alla morte di molti civili e
alla distruzione del territorio, quello che va evidenziato è una distruzione dell’equilibrio sociale e familiare a
causa di una guerra fratricida compiuta anche con l’impiego massiccio di minori.
Partendo da questa premessa, si possono -seppure sommariamente- analizzare alcune emergenze sociali
oggi presenti in Sierra Leone.
Sanità
Per quanto riguarda il settore sanitario, persistono nel paese i problemi che ritroviamo in molti contesti
africani quali:
- Mancanza di acqua potabile: molte malattie mortali come tifo, colera ed epatiti sono particolarmente
frequenti e causano migliaia di morti l’anno;
- Mancanza di medici: esistono poche decine di medici in tutto il paese. I centri di salute pubblici e privati
utilizzano prevalentemente personale infermieristico spesso con preparazione insufficiente e non all’altezza;
- Mancanza di medicinali: i centri di salute e gli ospedali pubblici sono spesso in rottura di stock di medicinali,
che la popolazione è allora costretta ad acquistare in farmacie private a prezzi molto alti cui la maggior parte
delle persone non può accedere;
- Carenze alimentari: la malnutrizione e la denutrizione sono altri fattori di mortalità, soprattutto infantile.
La sanità resta ancora un’emergenza prioritaria; tutti gli indicatori del paese dimostrano la criticità del
settore: per questo motivo il governo ha lanciato nell’aprile 2010, una campagna nazionale per la gratuità
delle cure mediche negli ospedali pubblici a favore di donne in gravidanza, madri in fase di allattamento e
bambini minori di 5 anni. Questo programma riguarda circa 1.200.000 persone per un costo di 67 milioni di
euro, ma una misura che, secondo organizzazioni non governative che lavorano sull’infanzia e la sanita
come Save the children, può salvare migliaia di donne e bambini le cui famiglie non possono permettersi di
pagare le cure mediche.
Istruzione
Basso livello di frequentazione delle scuole: l’analfabetismo rappresenta ancora un problema forte. La
guerra ha creato un vuoto di studenti e insegnanti. Il livello di preparazione di coloro che frequentano le
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scuole è comunque basso; se sul territorio l’esistenza di scuole primarie pubbliche e private è abbastanza
capillare, molto più difficile è l’accesso alle scuole secondarie, sia per una mancanza di strutture sufficienti
sul territorio, sia per una cultura educativa che non dà all’istruzione l’importanza che meriterebbe, soprattutto
nei confronti delle bambine.
Rilevante, infatti –come dimostrato dai dati sopra forniti- il divario di istruzione secondaria tra maschi e
femmine: tra i maggiori di 25 anni il 20% dei ragazzi ha frequentato un livello di istruzione secondaria contro
il 9,5% delle ragazze, divario che si accresce ancor di più se l’attenzione si concentra sulle aree rurali del
paese.
Disagio mentale
Malattie mentali: si percepisce nel paese un aumento dei casi di squilibri mentali. Nella maggior parte dei
casi è dovuto agli effetti postumi ed invisibili del conflitto. Le classi a maggior rischio sono i ragazzi tra i 10 e i
20 anni e gli adulti tra i 20 e i 40. Diversi sono i programmi realizzati sul territorio legati alle malattie mentali,
ma la cultura locale fa ancora molta fatica ad ammetterle e, di conseguenza, a rivolgersi a personale
specializzato per curarne le cause.
Corruzione e illegalità diffusa
Scarsa fiducia nelle istituzioni: questo elemento è apparentemente meno grave di emergenze più visibili
riportate nei punti precedenti, ma la sfiducia nelle istituzioni impedisce in realtà una vera ripresa del paese
ed una uscita definitiva dalla precarietà.
Disinteresse verso ciò che è pubblico: una mancanza di cultura della legalità, della giustizia e una corruzione
diffusa rappresentano ugualmente fattori di grande instabilità per il paese. Negli anni dell’attuale presidenza,
dal 2008, è stata lanciata nel paese una grande campagna contro la corruzione, che resta però una piaga
profonda che frena lo sviluppo.
CONFLITTO
DECENNALE
1991-2002
DISTRUZIONE
EQUILIBRI
POLITICI E SOCIO
ECONOMICI
SIERRA LEONE
158/169
INDICE DI
SVILUPPO UMANO
PIL TRA I PIU’
BASSI AL MONDO
E TASSO
D’INFLAZIONE
ELEVATISSIMO
ANALFABETISMO
DIFFUSO E
DISUGUAGLIANZA
MASCHI-FEMMINE
STRUTTURE
SANITARIE
INSUFFCIECIENTI
E NON SEMPRE
ACCESSIBILI
ASSENZA DI
ACQUA POTABILE
E DI FONTI SICURE
PER L’ACQUA
ILLEGALITA’
DIFFUSA,
CORRUZIONE E
SFIDUCIA NELLE
ISTITUZIONI
Fig.: Conseguenze del conflitto e problematiche attuali
CARITAS ITALIANA IN SIERRA LEONE – FIANCO A FIANCO DEI PARTNER DA PIU’ DI DIECI ANNI
In questo quadro di povertà diffusa, in primo luogo in risposta all’emergenza conflittuale e post-conflittuale,
quindi nell’ottica di affiancare il paese nella costruzione della pace e nella ricostruzione del tessuto sociale, si
colloca l’azione di Caritas Italiana in Sierra Leone, principalmente a fianco della Diocesi di Makeni,
nella regione nord del paese, una delle aree più colpite dal conflitto.
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ATTIVITA’ PREGRESSA NEL PAESE – UNA SINTESI
ANNO
Anni 80
TIPOLOGIA DI
INTERVENTO
Sanità – appoggio a centri
di salute a livello nazionale
- formazione
PARTNER
1991-1999
Emergenza
Ministero Affari Esteri
italiano
Ministero sanità Sierra
Leone
Diocesi di Makeni
2000-2001
Emergenza – bambini
soldato
Emergenza – bambini
soldato
Diocesi di Makeni
Caritas Makeni
Diocesi di Makeni
Caritas Makeni
2001-2003
Emergenza – Assistenza
psicologica - Educazione
Diocesi di Makeni
Caritas Makeni
2004- 2006
Processo di riabilitazione e
costruzione della pace (dal
peacekeeping al
peacebuilding);
Diocesi di Makeni
Commissione Giustizia,
Pace, Diritti Umani
(CGPDU)
2007- 2009
Consolidamento della
pace; educazione e
promozione culturale
Diocesi di Makeni
Commissione Giustizia,
Pace, Diritti Umani
(CGPDU); collaborazione
con Fatima Institute
(istituto formazione
universitaria) e Radio
Maria Sierra Leone
Maggio
2001
UNDP
2010-2011
From peacebuilding to
integral development –
Educazione e promozione
culturale
Diocesi di Makeni
CPGDU
Università di Makeni
Radio Maria S.L.
DMI- Congregazione
Sorelle M. Immacolata
Caritas Makeni
ATTIVITA’
Corsi di formazione sanitaria per
personale medico e infermieristico
Assistenza a distanza durante il conflitto
– fornitura generi di prima necessità
Ospitalità primi bambini soldato
rilasciati dalle truppe ribelli
Approvvigionamento acqua, cibo, vestiti
per centinaia di bambini appena
rilasciati dalle truppe ribelli
Sostegno al processo di
ritrovamento delle famiglie;
Assistenza sociale e psicologica;
Programmi di recupero: ripresa
della scuola; corsi di avviamento
professionale
Rafforzamento comunità di base
per monitoraggio azioni autorità
locali
Formazione autorità locali e
comunità di base (capacity
building) su diritti e doveri di
cittadinanza;
DAL 2007 VOLONTARI IN SERVIZIO
CIVILE A FIANCO DELLA CGPDU
Monitoraggio e promozione diritti
umani nelle comunità di base;
Formazione Comitati territoriali
GPDU nelle comunità di base
Formazione autorità nazionali e
locali su buon governo, diritti
umani, sviluppo sostenibile
(capacity building)
Elezioni presidenziali 2007 e
amministrative 2008: promozione
elezioni libere e democratiche
(campagne di sensibilizzazione
nelle comunità di base, incontri con
candidati)
Rafforzamento comunità di base
per monitoraggio diritti umani e
promozione allo sviluppo
Formazione autorità elette e
tradizionali su ruoli e responsabilità
nel processo di decentralizzazione;
Monitoraggio elezioni autorità
tradizionali (Paramount Chief)
regione nord del paese
Sensibilizzazione partecipazione
alla vita sciale e politica del paese
Formazione donne in aree rurali
Raccolta dati e ricerca
L’esperienza di Caritas Italiana in Sierra Leone
Caritas Italiana, cercando di comprendere i bisogni presentatisi, ha lavorato a fianco delle comunità per
appoggiare gli attori locali e facilitare uno sviluppo endogeno.
Già negli anni ’80 venne lanciato un progetto di appoggio a numerosi centri di salute a livello nazionale e
furono realizzati corsi di formazione sanitaria grazie al finanziamento del Ministero Affari Esteri Italiano.
8
Durante l’oscuro e drammatico decennio di guerra che ha messo in ginocchio l’intero paese, si è cercato di
assicurare un sostegno a seconda delle varie fasi del conflitto e, grazie alla rete di contatti locali costruita nel
tempo, si è garantito un supporto anche nell’emergenza.
In particolare, nelle ultime fasi della guerra il lavoro di Caritas Italiana si è andato sempre più sincronizzando
con le azioni della Diocesi e dalla Caritas di Makeni, con i quali si è provveduto all’ospitalità dei primi bambini
soldato che progressivamente venivano rilasciati dalle truppe ribelli1.
Nel maggio 2001, frenetica fu l’attività di Caritas Italiana e Caritas Makeni per approvvigionare acqua
potabile, cibo e vestiti per centinaia di bambini appena rilasciati.
Nella fase successiva alla prima accoglienza, Caritas Italiana e Caritas Makeni hanno appoggiato il processo
di ritrovamento delle famiglie di appartenenza dei minori e il recupero degli stessi attraverso la vicinanza di
operatori sociali, psicologi, ma anche attraverso la ripresa della scuola e l’avvio di corsi professionali,
nell’ottica di un programma di recupero
Successivamente alla fine del conflitto e alla firma degli accordi di pace, Caritas Italiana nel 2004 ha
reimpostato gli obiettivi e le modalità di lavoro nel paese, spostandosi dall’emergenza alla fase di
riabilitazione e di costruzione di un processo di pace durevole, facendo rientrare le azioni di sviluppo
in un quadro articolato e coordinato di strategie di riduzione della povertà, di promozione della pace
e della giustizia sociale in linea con la propria mission.
In particolare Caritas Italiana ha deciso di focalizzare la sua azione appoggiando la Commissione
Giustizia, Pace e Diritti Umani della Diocesi di Makeni (CGPDU), individuando, in linea con la propria
mission, quali obiettivi principali l’appoggio al processo di decentralizzazione, il rafforzamento delle
comunità di base per il monitoraggio dell’azione delle autorità locali, il rafforzamento delle capacità e
il consolidamento del processo di ripresa sociale e politica della regione nord del paese, attraverso
un lavoro simultaneo con le autorità locali e le Comunità di Base e quindi adottando una strategia di
medio lungo periodo che favorisca uno sviluppo integrale dell’uomo. (cfr. art 1 Statuto Caritas
Italiana - scopo: “promuovere «la testimonianza della carità (…) in forme consone ai tempi e ai
bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con
particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica”).
Il rafforzamento delle capacità, secondo la strategia sviluppata, avviene sui temi del buon governo, del
rispetto della legalità e della protezione e promozione dei diritti fondamentali, della partecipazione alla
gestione del bene comune, della promozione della donna, del rispetto dei diritti personali e della libertà di
espressione.
In questo percorso, dal 2007 Caritas Italiana, nell’ambito della collaborazione con la Commissione Giustizia,
Pace e Diritti Umani, ha intrapreso l’invio di volontari in servizio civile per supportare l’azione della
Commissione e rendere tale azione ancora più capillare nella regione nord del paese.
Appoggio a
centri di salute
1991-2002
Diocesi Makeni- Caritas Makeni
Emergenza
Bambini-soldato
Commissione Giustizia e Pace
rafforzamento capacità,
promozione diritti, partecipazione
Volontari Caritas Italiana
2004
2001
Anni 80
CONFLITTO
2010-2012
2007 - 2009
Commissione Giustizia e Pace
Rafforzamento comunità di base,
formazione, buon governo
Comm. Giustizia e Pace
Caritas Makeni
DMI, Università di Makeni
Fig.: “Linea del tempo”: Interventi di Caritas Italiana in Sierra Leone dal 1991 al 2010-2012
1
Caritas Italiana ha publicato un libro sull’intervento durante l’emergenza e sul problema dei bambini soldato dal titolo:
“Non chiamarmi soldato: i bambini combattenti tornano a casa, frammenti di pace in Sierra Leone” a cura di Verdecchia S. e
Brivio P. Ed. Gruppo Abele, Roma 2002.
9
Condividendo obiettivi e strategia, negli anni si è andata quindi rafforzando la collaborazione tra Caritas
Italiana e la CGPDU della Diocesi di Makeni.
Nel 2007-2008 Caritas Italiana ha partecipato, in collaborazione con la CGPDU, le istituzioni diocesane
Fatima Institute (ora Università di Makeni), Radio Maria Sierra Leone, in partnership con UNDP, ad una
vasta campagna di sensibilizzazione nella regione nord e in tutto il paese per le lezioni presidenziali e
parlamentari (2007) e poi amministrative (2008), attività che ha avuto due beneficiari distinti: da una parte le
comunità di base, soprattutto nelle aree rurali della regione nord, sensibilizzandole soprattutto al diritto al
voto e di partecipazione, dall’altra le autorità politiche elette e tradizionali, nazionali e locali, attraverso
programmi radio, incontri di dialogo e formazione su ruoli e responsabilità e firma di dichiarazioni di intenti
per elezioni libere, pacifiche e trasparenti. A questo si è affiancata una capillare attività di monitoraggio delle
tornate elettorali in tutta la regione nord del paese, in particolare nelle aree rurali, attraverso animatori di
comunità e incaricati della comunicazione (inviati radio e giornalisti).
Dal 2007, con l’arrivo dei volontari, Caritas Italiana ha inoltre affiancato la CGPDU nel programma di
rafforzamento delle comunità di base attraverso la creazione di Comitati territoriali Giustizia Pace e Diritti
Umani nella regione nord del paese, in tutto il territorio diocesano, Commissioni interreligiose, che vedono
tra i componenti attori chiave delle comunità, cattolici e musulmani.
Nel 2010, proseguendo nell’azione di rafforzamento della società civile e nel programma di supporto al buon
governo e al rafforzamento delle capacità alla base e delle autorità, Caritas Italiana, in partenariato con la
CGPDU e in collaborazione con l’Università di Makeni e Radio Maria Sierra Leone, ha promosso un’attività
di monitoraggio delle elezioni per le autorità tradizionali locali (Paramount chief) in tutta la regione nord del
paese e quindi un incontro regionale con tutti i nuovi eletti allo scopo di creare un dialogo costante e chiarire
ruoli e responsabilità.
Sempre nello stesso anno, rispondendo a un bisogno prioritario del paese e particolarmente della regione
settentrionale, Caritas Italiana ha sostenuto la CGPDU in collaborazione con la Congregazione delle Sorelle
di Maria Immacolata (DMI) in un progetto a favore delle donne nelle aree rurali della provincia di Makeni,
avviandole a una formazione sulla formazione di gruppi di auto-mutuo aiuto e sul risparmio e il management
familiare, oltre che organizzando sessioni di dialogo sulla sensibilizzazione al rispetto e alla difesa dei diritti
umani, in particolare delle donne e dell’infanzia, considerate dalle donne stesse come priorità.
Dal 2010 è ripresa anche la collaborazione con Caritas Makeni, (che ha avviato, dopo anni di transizione, un
cammino di ristrutturazione e rafforzamento delle capacità) nel supporto alla formazione e al consolidamento
delle comunità di base per avviare piccoli programmi di sviluppo rurali.
Per il 2011 e il 2012, rispettivamente anno del cinquantenario dell’indipendenza e delle elezioni
presidenziali, parlamentari e amministrative, Caritas Italiana sarà ancora a fianco della Diocesi di Makeni e
delle sue istituzioni per il consolidamento del processo di democratizzazione del paese.
IL PARTNER LOCALE:
LA COMMISSIONE GIUSTIZIA, PACE E DIRITTI UMANI (CGPDU) DELLA DIOCESI DI MAKENI
VISIONE
Una società giusta dove siano protette e promosse pace e giustizia sociale, in cui povertà e
marginalizzazione siano ridotte e gli individui possano vivere nella pace e nel rispetto della loro
dignità
MISSIONE
Lavorare con i gruppi vulnerabili per difendere e promuovere i loro diritti e la loro partecipazione alla
vita della società. CGPDU lavora per i seguenti obiettivi:
proteggere e promuovere pace, giustizia e rispetto dei diritti umani;
affrontare le cause dell’ingiustizia, delle violazioni di diritti umani, della povertà;
rafforzare i legami tra comunità di base e autorità locali elette e tradizionali nel processo di
decentralizzazione;
rafforzare le capacità delle comunità locali nel monitoraggio del buon governo, giustizia,
pace, diritti umani.
VALORI DI RIFERIMENTO
Solidarietà: a fianco dei più poveri e vulnerabili per supportarli in campagne di lobbying e advocacy,
nell’impegno a migliorare i sistemi politici ed economici del paese;
Partnership: lavorare insieme alle altre organizzazioni locali, nazionali ed internazionali per dare
voce ai poveri, emarginati, vulnerabili
10
Dignità: lavorare per la dignità dell’uomo, per la creazione di relazioni di mutuo rispetto senza alcuna
distinzione
Speranza: ispirata alla fede cristiana
POLITICA E PRINCIPI D’INTERVENTO
Rispetto della persona umana
L’individuo non è isolato ma parte della comunità
Promuovere il bene comune e i diritti della persona
Partecipazione
Azione preferenziale per i poveri, in particolare per gli ultimi tra gli ultimi
L’Obiettivo generale è lo sviluppo integrale dell’essere umano: partire dall’educazione degli individui
al rispetto dei diritti per arrivare a formare le autorità locali e nazionali ad aumentare la
consapevolezza dei loro doveri e responsabilità.
La Commissione si pone lo scopo di analizzare questioni concernenti i diritti umani e di promuovere giustizia
e pace attraverso attività sostenibili di advocacy, lobbying, campagne di sensibilizzazione, rafforzamento
della consapevolezza e delle capacità delle popolazioni locali.
L’attenzione è focalizzata in particolare sui problemi dei gruppi maggiormente vulnerabili quali donne,
giovani e bambini al fine di proteggere e promuovere i loro diritti.
La Commissione gioca un ruolo attivo fondamentale nel promuovere e gestire iniziative di sviluppo a livello
comunitario e nell’influenzare, attraverso l’attività di advocacy e lobbying, le strutture sociali, economiche,
politiche e culturali per proporre riforme del sistema e prevenire violazioni dei diritti umani.
Quanto al problema specifico delle donne, la Commissione, consapevole dei problemi e delle difficoltà
diffuse sul territorio, lavora per proporre cambiamenti nelle politiche locali e nazionali in ambito politico e
socio-economico, al fine di eliminare le ingiustizie perpetrate.
Donne, giovani e bambini sono quindi i più importanti beneficiari delle attività dell’organizzazione,
considerato che sono anche i gruppi maggiormente colpiti dalle ingiustizie socio-economiche e politiche della
società.
Lavorare con tali gruppi per rafforzarne le capacità può consentire loro di avere maggiore voce nei processi
decisionali, può contribuire ad un miglioramento della vita comunitaria e dare quindi un aiuto nella
realizzazione del bene comune.
La Commissione è stata istituita nel 1994 dal Vescovo della Diocesi di Makeni Mons. Giorgio Biguzzi per
realizzare gli obiettivi sopra accennati ed ha organizzato negli anni numerosi seminari e formazioni per attorichiave a livello comunitario e diocesano al fine di condividere e tracciare insieme obiettivi e possibili attività
dell’Organizzazione stessa.
Successivamente a questi incontri, si è ufficialmente formata la Commissione come braccio esecutivo della
Diocesi in materia di protezione e promozione di pace, giustizia e diritti umani.
Dal 1994 al 2004 le attività si sono concentrate a livello delle parrocchie della Diocesi, ma la Commissione è
stata anche coinvolta in programmi di emergenza e primo intervento nel corso degli undici anni di conflitto
(1991-2002).
Nel 2003 sono cominciate attività volte alla formazione e al rafforzamento delle capacità delle autorità locali
e comunitarie e alla sensibilizzazione delle comunità su buon governo, educazione alla pace, riconciliazione,
protezione dei diritti umani, partecipazione delle donne alla vita comunitaria e nelle sedi decisionali.
Dal 2005 al 2007 la Commissione ha continuato il lavoro di rafforzamento delle capacità delle autorità elette
e tradizionali a livello locale e si è occupata del monitoraggio delle elezioni presidenziali e parlamentari nel
2007.
Dal 2008 la Commissione ha deciso di darsi un’organizzazione più capillare sul territorio, proponendosi la
creazione di Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani nei cinque distretti della regione nord
della Sierra Leone; nello stesso anno ha avuto anche la responsabilità per il monitoraggio delle elezioni
amministrative.
Nel 2010 l’attenzione della Commissione, e congiuntamente di Caritas Italiana, si è focalizzata su tre assi
fondamentali: maggiore presenza sul territorio a favore dei gruppi più vulnerabili e per la protezione e
promozione dei loro diritti , crescita della consapevolezza da parte delle comunità di base e delle
competenze da parte delle autorità e degli stakeholders, e maggiore partecipazione e coinvolgimento
delle donne –gruppo particolarmente vulnerabile secondo i dati più recenti- alla vita sociale e politica delle
comunità.
11
In linea di continuità con quanto intrapreso nel 2010 e coerentemente con quanto definito nella mission di
Caritas Italiana, nel biennio 2011-2012 Caritas Italiana e la CGPDU continueranno a concentrare
l’attenzione sulle linee direttrici sopra evidenziate consce (supportate dai dati statistici rilevati nella
presentazione contestuale, ma anche dalla risposta della popolazione e delle stesse autorità alle iniziative
realizzate sul terreno) che rispondano a bisogni della comunità sierraleonese.
In particolare si avvierà, in collaborazione con tutte le istituzioni diocesane, una grande campagna di
preparazione alle elezioni del 2012, avendo come target principali ancora una volta le comunità di base da
una parte (in particolare quelle delle aree rurali della regione nord del paese), le autorità locali elette e
tradizionali dall’altra.
L’obiettivo comune è quello di uno sviluppo sostenibile e di uno sviluppo integrato della persona,
che parta da una difesa individuale dei propri diritti fino ad arrivare alla consapevolezza delle
responsabilità e dei doveri da parte delle autorità.
MAGGIORE
CONSAPEVOLEZZA DI
DIRITTI E DOVERI PER
LE COMUNITA’ DI BASE
E FORMAZIONE PER
LE AUTORITA’
PRESENZA CAPILLARE
SUL TERRITORIO
SVILUPPO
SOSTENIBILE E
INTEGRATOPROMOZIONE
DIGNITA’ UMANA
MAGGIORE
PARTECIPAZIONE
DELLE DONNE ALLA
VITA SOCIALE E
POLITICA DELLE
COMUNITA’
Fig.: Il lavoro della Commissione Giustizia e Pace per uno sviluppo sostenibile
CON LA CGPDU A FIANCO DI CARITAS ITALIANA – GLI ALTRI PARTNERS
In partnership con la CGPDU, collaboreranno alla realizzazione del progetto secondo le proprie specificità:
1.RADIO MARIA SIERRA LEONE (partner di Caritas Italiana dal 2007)
Costituisce un soggetto importante del quadro di partenariato. Creata nel 2003, possiede un’attrezzatura
efficace con una capacità di copertura che raggiunge la quasi totalità del Paese in maniera capillare.
SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI
Formazione spirituale;
Informazione in più lingue locali, comunicazione e monitoraggio in diretta per eventi regionali
e nazionali importanti quali elezioni presidenziali, amministrative, autorità tradizionali
Educazione alla pace, diritti umani: facilitazione sessioni di dialogo, trasmissione sessioni di
formazione
Dibattiti e interviste con attori chiave del paese
12
L’impatto di questo servizio è notevole poiché raggiunge la maggior parte degli abitanti della Diocesi e
molti abitanti della regione nord indistintamente: donne, anziani, studenti, agricoltori, allevatori, che
ascoltano la radio come unica fonte di informazione.
Considerata un punto di riferimento sia dalla popolazione che dalle autorità locali e nazionali, i cittadini
costituiscono una parte importante delle programmazioni attraverso i loro numerosi interventi in diretta,
mentre esponenti ministeriali, della società civile, delle amministrazioni locali e di tutti i partiti politici ne
testimoniano l’imparzialità, la correttezza e il rigore giornalistico partecipando alle interviste, ai dibattiti, su
invito della direzione e dei responsabili delle trasmissioni.
Nell’ambito delle elezioni del 2007 è stata unanimemente riconosciuta, assieme ai partner CGPDU e
Fatima Institute (ora Università di Makeni) dalle autorità governative, dai candidati e dalla Commissione
Elettorale nazionale come strumento determinante per lo svolgimento pacifico delle elezioni.
La radio offre un’importante spazio per il lavoro della CGPDU: molte sessioni di formazione preparate per
le comunità di base dei villaggi, vengono poi replicate per radio in modo da ampliare il numero dei
beneficiari mantenendo i costi di formazione ridotti.
2.UNIVERSITÀ DI MAKENI (partner di Caritas Italiana dal 2007)
Ex Fatima Institute, istituto di formazione universitaria fondato dalla Diocesi di Makeni nel 2004, ora
università riconosciuta dal governo sierraleonese.
SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI
formazione universitaria in ambito religioso, economico, sociale (oggi più di 900 studenti
frequentano il Fatima Campus) e post-universitaria (Master in Sustainable Development);
Ricerca sociale pubblicazioni;
Programma per la salute mentale in partenariato con CAFOD;
Programma di good governance a favore delle autorità locali e nazionali (in collaborazione
con la CGPDU)
L’Università si focalizza principalmente sul tema delle Scienze religiose, sociali ed economiche;
rappresenta l’unica possibilità di formazione superiore nel nord del Paese. Tra le materie di studio:
Introduzione allo sviluppo, Economia dello sviluppo, Sociologia dello sviluppo, Formazione degli adulti,
Gestione del conflitto e peace building, Politiche di Genere, Conflitto e Diritti umani, Introduzione alla
ricerca sociale.
L’Università si è rafforzata negli anni non solo associando alla competenza dei responsabili e docenti
locali, la professionalità di esperti e volontari provenienti dall’estero (Italia, Inghilterra, Kenya, Uganda,
Stati Uniti), ma anche avviando partenariati e una serie di collaborazioni con Università straniere per il
rafforzamento, il consolidamento e l’ampliamento dell’attività formative e delle strutture esistenti (Italia –
es. Università di Milano, Università LIUC di Castellanza, Università di Ancona, Università di Siena;
Inghilterra; Spagna; Kenya; Uganda solo per citarne alcune).
L’Università collabora pienamente con la CGPDU in un partenariato molto stretto. La Commissione offre
infatti agli studenti la possibilità di impegnarsi in indagini sul campo, mentre l’Università offre alla
Commissione un supporto teorico e formativo, soprattutto per la formazione delle amministrazioni locali e
delle comunità di base con le quali la Commissione lavora e per le tecniche di ricerca e analisi sociale.
Nelle sessioni di dialogo e formazione con le autorità locali e nazionali in particolare, la CGPDU si avvale
dell’esperienza e delle competenze specifiche del personale docente dell’Università, così come nelle
attività di ricerca e pubblicazione degli strumenti e delle facilitazioni offerte dall’Università oltre che delle
competenze specifiche dei singoli insegnanti e studenti.
Dal 2010 si è aperto anche un partenariato speciale tra la CGPDU e l’Università per l’impiego di alcuni
studenti o ex studenti meritevoli o che hanno dedicato particolare attenzione nei loro studi e ricerche
alle tematiche dei diritti umani e della giustizia sociale come volontari della Commissione ed animatori
sul terreno, ad integrazione dello staff permanente già presente.
3.CONGREGAZIONE SORELLE DI MARIA IMMACOLATA- DMI (partner di Caritas Italiana dal 2010)
Congregazione indiana di religiose giunta a Makeni nel 2009; focalizza la propria attenzione sulla
formazione delle donne e collabora con la Commissione nella promozione dei loro diritti.
La Congregazione è attualmente composta da 650 suore che si dedicano alla promozione dello sviluppo
dei gruppi più vulnerabili e oppressi, in particolare donne e bambini; esse cercano di promuovere e
proteggere la dignità di tali gruppi, aiutandoli ad acquisire maggiore consapevolezza di sé e dei propri
mezzi e capacità.
13
La Congregazione si pone a servizio delle persone secondo il proprio carisma “Amare Dio servendo i
poveri per essere pienamente umani e pienamente vivi”. Attualmente la Congregazione focalizza
particolarmente la sua attenzione nella realizzazione di attività pastorali, sociali e di sviluppo in tutto il
mondo.
Congregazione con esperienza internazionale in Asia, Africa e America Latina, è conosciuta per le
spiccate capacità nell’educazione superiore e nella micro finanza, opera in Africa sin dal 2003, in
particolare in Tanzania, quindi in Zambia, Malawi e Sierra Leone dal 2009.
SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI
formazione di gruppi di auto-mutuo aiuto per donne delle aree rurali nella regione nord del
paese, in particolare nella provincia di Makeni e avvio al microcredito;
promozione dei diritti delle donne attraverso sessioni di formazione nelle comunità rurali (in
collaborazione con la CGPDU);
formazione universitaria in ambito informatico, finanziario e ingegneristico (St. Joseph
College)
adult education a favore delle donne nei villaggi: avvio all’alfabetizzazione, corsi su igiene
personale, prevenzione sanitaria, piccole attività domestiche e artigianali (tessuti, sapone,…)
4.CARITAS MAKENI (partner di Caritas Italiana dal 2001 al 2003, poi dal 2010)
Organismo diocesano per lo sviluppo e l’emergenza, Caritas Makeni, dopo un lungo periodo di
transizione, sta vivendo da luglio 2010 una fase di ristrutturazione e rilancio con la nomina di un nuovo
direttore. Caritas Italiana affianca la Diocesi e l’organizzazione stessa nel rafforzamento delle capacità e
nel potenziamento istituzionale e organizzativo, oltre che nel rafforzamento e formazione di comitati di
sviluppo nelle comunità di base, fondamentali per rispondere in modo più capillare ed efficace ai bisogni
della popolazione.
SERVIZI OFFERTI
assistenza nelle emergenze ai gruppi più vulnerabili e indifesi (es. bambini soldato);
animazione e educazione allo sviluppo nelle comunità rurali;
avvio alla formazione professionale per gruppi vulnerabili (in particolare donne e giovani
senza famiglia)
Punto di riferimento per le attività di emergenza nei primi anni duemila, ha coordinato per la Diocesi di
Makeni gli interventi a favore dei bambini soldato, dei più poveri, degli orfani, delle vedove, degli sfollati.
Dal 2010 l’organizzazione ha avviato partenariati con la rete Caritas a livello internazionale, in particolare
con CAFOD (Caritas Inghilterra), Trocaire (Caritas Irlanda), CRS (Catholic Relief Services, Caritas
USA).
GUINEA
Dati demografici
La Repubblica di Guinea confina con il Senegal a nord, la Sierra Leone a sud-ovest, la Costa d’Avorio a sudest, la Liberia a sud, la Guinea Bissau a nord-ovest e il Mali a nord-est e si affaccia sull’Oceano Atlantico a
ovest; copre una superficie di 245.857 Km2 con una densità di 41 abitanti/km2 e una popolazione stimata di
più di 10 milioni d’abitanti ad oggi. Nonostante 320 km di litorale atlantico, un territorio ricco di fiumi, una
piovosità abbondante e un sottosuolo rinomato per la sua varietà e le sue ricchezze, le condizioni di vita
della popolazione rimangono tra le più difficili di tutto il continente.
Il paese è diviso in quattro regioni geografiche: una stretta cintura costiera (Bassa Guinea); gli altipiani del
Fouta Djallon (Media Guinea); la savana settentrionale (Alta Guinea), e una regione a sud est
caratterizzata da foreste pluviali (regione forestale). Il punto di massima elevazione viene raggiunto sulla
vetta del Monte Nimba, al confine con Costa d'Avorio, e Liberia.
14
Fig.1. Posizione geografica della Guinea e confini
Alcuni dati statistici demografici per riassumere l’attuale situazione del paese:
Popolazione
Popolazione urbana
Crescita demografica annua
Età media
Popolazione 0-14 anni
Popolazione 15-64 anni
Popolazione >65 anni
Speranza di vita
Mortalità infantile
Fonti:
10.051.000 abitanti
34%
2,22%
18,5 anni
42,8%
53,95%
3,25%
58 anni
67,41 su 1000
UNDP, Human Development Index 2010 (dati 2008)
World Bank, World Development Indicators 2010 (dati 2008)
Ined, Population et sociétés 2010, dati 2008
Atlaséco 2011, http//atlas.challenges.fr
Quadro storico-politico
Alcuni dati statistici:
Lingue parlate
Composizione etnica
Religione
Francese, 8 lingue nazionali
Peul (fulani) 40%, malinké 30%,
soussou 20%, guerzé 5%
Musulmani 85%, cattolici 8% (la
maggioranza dei quali concentrati
nella regione forestale), religioni
tradizionali e culti animisti 7%
La Guinea venne creata come colonia francese nel 1890 con Noël Balley come primo governatore. Il 28
Settembre 1958, sotto la guida di Charles de Gaulle, venne indetto un Referendum per una nuova
costituzione e la creazione della Quinta Repubblica. Alle colonie venne data la possibilità di scegliere tra
l’indipendenza immediata o il mantenimento del loro status coloniale. La Guinea fu la prima colonia francese
ad ottenere l’indipendenza; esattamente il 2 Ottobre 1958, con la cessazione immediata dell’assistenza
francese.
Dall’indipendenza fino al 1984 la Guinea è stata guidata dal dittatore Ahmed Sékou Touré; che perseguì una
15
politica d’ideologia socialista; l’eliminazione dell’opposizione e della libera espressione senza alcun riguardo
per i diritti umani. Dopo la morte di Touré è salito al potere Lansana Conté, che ha immediatamente
cambiato le politiche economiche del suo predecessore, mantenendo tuttavia un governo di tipo dittatoriale.
Le prime elezioni furono indette nel 1993 ma la validità e i risultati vennero messi fortemente in discussione.
Negli ultimi anni al potere Conté ha dovuto far fronte a forti critiche per la grave crisi economica in cui stagna
ormai dai anni il paese e per il suo approccio pesante nei confronti dell’opposizione politica.
Nel 2005 il Primo Ministro François Fall durante una visita in Francia con la sua famiglia si dimise e chiese
asilo politico, citando la corruzione del sistema e la forte ingerenza del Presidente come motivi per non poter
svolgere il proprio ruolo di capo del governo. Il successore; Cellou Dalein Diallo, venne rimosso nell’aprile
2006 e Conté non designò alcun successore fino al gennaio 2007, quando devastanti scioperi generali e
dimostrazioni di massa colpirono in maniera violenta l’intero paese.
Nel 2006 durante gli scioperi generali indetti dai sindacati l’esercito uccise 10 studenti. Gli scontri cessarono
solo dopo la concessione di Conté di abbassare il prezzo di alcuni alimenti base (riso e olio) e la promessa
di migliori salari per alcune fasce di lavoratori.
Nel gennaio 2007 il paese ricadde nel caos a causa del fallimento del governo a rispettare gli accordi presi
con i sindacati. Per oltre 2 settimane ci furono dimostrazioni di larga scala in tutto il paese, che portarono alla
morte di circa 60 persone e i focolai maggiori di conflitto sono stati rilevati nella capitale Conakry e nal
capoluogo della regione forestale del paese N’Zérékoré. Tra le richieste principali la nomina di un Primo
Ministro a cui attribuire parte dei poteri accentrati nelle mani del Presidente.
Il 13 Febbraio 2007, dopo la nomina di Eugène Camara come Primo Ministro, visto troppo vicino al
Presidente, violente dimostrazioni scoppiarono in tutto il paese, nuovi scioperi per il fallimento del Presidente
di nominare un Primo Ministro condiviso dalla popolazione come da accordi del Gennaio 2007. Si
raggiunsero più di 100 morti in tutto il paese e Venne dichiarata la legge marziale, mentre gli edifici pubblici e
di proprietà del governo venivano distrutti in tutto il paese con l’insistente richiesta di dimissioni di Conté.
Con l’intervento diplomatico dei paesi dell’Unione Africana; la UE e le Nazioni Unite Conté scelse per il
nuovo Primo Ministro da una lista di 5 candidati fornita dai sindacati e i leaders civili. Il 26 Febbraio 2007
Lansana Kouyaté, precedente ambasciatore della Guinea alle UN, venne nominato Primo Ministro ponendo
fine agli scioperi e agli scontri.
A un anno dalla nomina di Lansana Kouyaté, venne nominato Primo Ministro Ahmed Tidiane Souare nel
Maggio del 2008. Nel Giugno 2008 nuovi scioperi si sono manifestati, in particolare tra i segmenti
dell’esercito e delle forze armate, dimostrando che il paese giaceva ancora in una situazione d’instabilità
socio-politica.
Nel dicembre del 2008, dopo la morte di Lansana Conté per 24 anni a capo del paese, è salito al potere con
un colpo di Stato il Capitano Moussa Dadis Camara, capo del CNDD (Conseil National pour la democratie et
le développement). Il colpo di Stato ha profondamente disorganizzato il funzionamento del paese così come
le prospettive economiche, che restano profondamente dipendenti dall’evoluzione del contesto politico. Nel
2009, ad esempio, il prezzo del riso, bene primario per la popolazione, è aumentato del 40% rispetto al
passato.
Il congelamento dell’aiuto internazionale ha sicuramente frenato lo sviluppo delle infrastrutture e il paese
vive sotto il peso di una forte inflazione, oltre che di una crescita economica che nel 2009 è stata addirittura
negativa (dal 4,3% del 2008 al -0,3% del 2009).
Già da mesi teso il clima politico sociale in tutto il paese e crescente il malcontento e il disagio per il governo
del Capitano Camara, il 28 settembre 2009, durante una manifestazione pacifica delle forze d’opposizione e
della società civile contro il governo di Camara nello stadio di Conakry, un gravissimo episodio di violazione
di diritti umani si è compiuto con protagonisti i militari della giunta del Capitano Camara: più di 150 morti,
oltre 1000 feriti, decine di stupri e arresti immotivati, un massacro in piena regola ancora oggi sotto la lente
delle organizzazioni internazionali e delle istituzioni giuridiche sovranazionali (tra cui la Corte Penale
Internazionale).
A seguito di tale episodio la situazione politica e sociale nel paese è degenerata e l’equilibrio latente creatosi
in precedenza ormai distrutto.
Il 3 dicembre 2009 il Capitano Dadis Camara è stato oggetto di un fallito attentato da parte del comandante
in capo Aboubacar Sidiki Diakité, detto Toumba. Colpito gravemente alla testa da un colpo d'arma da fuoco,
evacuato per cure prima in Marocco, poi a Ouagadougu in Burkina Faso, ha dovuto cedere il comando al
suo vice, generale Sekouba Konate, che, con il sostegno internazionale, ha formato nel gennaio 2010 un
governo di transizione (guidato dal Primo Ministro Jean Marie Doré), incaricato di organizzare le elezioni e di
portare i civili al governo della Guinea per la prima volta dall'indipendenza del paese dalla Francia, nel 1958.
In un clima di tensione latente in tutto il paese, ma anche di rinnovata fiducia per le tanto attese prime
elezioni democratiche del paese, queste sono state organizzate per il mese di giugno 2010, accolte
favorevolmente dalla comunità internazionale che le ha seguite attraverso missioni di osservazione e
monitoraggio dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite.
Le elezioni, fortemente influenzate dalla composizione etnica del paese (molto forte il senso di appartenenza
tribale ed etnica e convivenza particolarmente difficile tra i diversi gruppi, in particolare isolamento dell’etnia
16
peul), sono state organizzate in due tornate elettorali, primo turno e ballottaggio al secondo turno tra i due
candidati più votati.
Nel primo turno delle elezioni presidenziali del giugno 2010, Cellou Dalein Diallo dell’UFDG (Unione delle
Forze Democratiche della Guinea) ha ottenuto il 43,69 %, mentre Alpha Condé dell’RPG (Raggruppamento
del Popolo della Guinea) ha ottenuto il 18,25 % dei voti. L’UFDG è formato dall’unione di più partiti come
l’UFP (Unione delle Forze Patriottiche), il PUR (Partito dell’Unità e del Rinascimento) e il FODEG (Forum
Democratico della Guinea). L’RPG è il partito principale dell’ARC-en-Ciel, un’alleanza formata da 112 partiti
e da 157 movimenti.
I programmi elettorali delle due coalizioni erano molto simili, i veri contrasti nascevano piuttosto su base
etnica. Nelle prime settimane della campagna elettorale si sono verificati scontri e violenze su base etnica
tra i sostenitori dei due candidati presidenti. Il candidato Condé è sostenuto dal gruppo etnico dei Malinke
mentre Diallo dal gruppo etnico dei peul.
Il secondo turno, inizialmente previsto per il mese di luglio 2010, è stato continuamente riportato in seguito
ad accuse di brogli e una situazione di incertezza che si faceva via via più grave nel paese.
Le votazioni per il ballottaggio delle presidenziali in Guinea, previste poi per il 19 settembre 2010 sono state
rinviate dapprima al 24 ottobre 2010, in seguito agli scontri tra i sostenitori dei due candidati, causate dalla
sentenza di condanna a un anno di reclusione per l’ex Presidente del CENI Ben Sékou Silla per i brogli
elettorali rilevati durante il primo turno elettorale. L’ex Presidente era morto a Parigi di malattia qualche
giorno prima. Le elezioni previste per il 24 ottobre sono state quindi rinviate al 7 novembre in seguito ai
sanguinosi scontri del 18-19 ottobre che hanno visto la dura repressione delle forze di polizia guineana
contro i militanti dell’UFDG: secondo osservatori locali e internazionali, i militari avrebbero in quest’occasione
commesso stupri e mutilazioni contro la popolazione civile.
Il Generale Konaté con decreto del19 ottobre ha nominato Presidente della CENI (Commissione elettorale
nazionale indipendente) il Generale di Brigata Siaka Sangare Taumany, sostenuto dal portavoce
dell’ECOWAS e Presidente della Nigeria Jonathan. Pressato dall’ICG-G il Generale di brigata Siake Sangare
Taumany il 6 novembre ha fatto firmare un Protocollo d’Accordo ai due candidati presidenti affinché le
elezioni si svolgessero senza incidenti ed ha sospeso ufficialmente la campagna elettorale fino alla data
delle elezioni. Il Protocollo prevedeva che entrambe le parti (UFDG, RPG) permettessero ai militanti
oppositori di muoversi liberamente nelle prefetture e nelle strade senza nessuna violenza, accettando i
risultati della tornata elettorale. Le elezioni del 7 novembre si sono svolte senza particolari problemi, ma il 15
con l’annuncio dei risultati elettorali, sono scoppiati gli incidenti.
La CENI nei giorni successivi alle elezioni del 7 novembre ha diramato dei comunicati circa i primi risultati
elettorali che davano in vantaggio Condé. Dure proteste sono state presentate da parte di Diallo per
presunte irregolarità, poi denunciate alla Corte Suprema della Guinea. A Conakry due giorni dopo le elezioni
quattro persone sono morte in seguito agli scontri avvenuti dopo la proclamazione dei primi risultati elettorali.
Condé si è aggiudicato la regione di Conakry, Faranah, Kankan, Nzérékoré, mentre Diallo la regione di
Kindia, Boké, Labé, Mamou, e le sedi consolari guineane all’estero. I risultati definitivi della Corte Suprema
dichiarati dopo il riconteggio dei voti contestati il 2 dicembre 2010 hanno proclamato vincitore Alpha Condé
con il 52,52% dei consensi, contro il 47,48% a favore di Dalein Diallo.
La vittoria elettorale di Condé nella prima elezione democratica del paese ha reintegrato ufficialmente la
Guinea nell’Unione Africana, dopo essere stata sospesa per due anni e mezzo a causa del colpo di stato
militare che avvenne nel dicembre 2008. L’annuncio è stato dato dal Commissario per la pace e la sicurezza
dell’Unione Africana Ramtane Lamamra.
La svolta democratica della Guinea dovrà ora passare attraverso la riforma delle sue forze armate, al
momento una fonte potenziale di instabilità che potrebbe portare ancora la Guinea nel caos. La riforma
sarebbe un passo avanti per aiutare il paese a far crescere le istituzioni democratiche di cui ha bisogno. Le
forze armate guineane sono divise su base etnica, sono indisciplinate, corrotte, commettono violazioni dei
diritti umani, e insubordinazioni. Con la presidenza ad Interim del Generale Sèkouba Konaté alla fine del
2009 e la Dichiarazione Congiunta di Ouagadougu siglata il 15 gennaio 2010, le autorità di transizione della
Guinea hanno accettato nel marzo del 2010 una valutazione e un rapporto della riforma delle forze armate
da parte dell’ECOWAS. Il nuovo Presidente eletto dovrà mediare tra l’esigenza di mantenere un sostegno
da parte dei vertici militari sulla riforma e l’esigenza di ridurre i comparti militari e di rendere la gestione delle
forze armate più trasparente.
17
Contesto socio- economico
Indice di sviluppo umano 2010
PNL procapite (parità potere
d’acquisto)
PNL globale
PNL per abitante
Crescita in volume del PNL
Tasso di inflazione
Debito estero lordo
Bilancia commerciale
Forza lavoro
Settori di attività secondo PIL
Settori di attività nella
popolazione attiva
Popolazione alfabetizzata
Risorse Naturali
Fonti:
156/169
970 $
3,4 miliardi di dollari
338 $
- 0,3%
4,7%
2.132 miliardi di dollari
- 0,446 miliardi di dollari
63% uomini 37 % donne
Agricoltura 24,8%, industria 46,4%
(in particolare estrattiva), servizi
28,8%
Agricoltura 74%, industria 10%,
servizi 16%
29,5% (42,6% uomini e 18,1% donne)
Bauxite – Oro - Ferro – Alluminio Rutilio – Diamanti
UNDP, Human Development Index 2010 (dati 2008)
World Bank, World Development Indicators 2010 (dati 2008)
Ined, Population et sociétés 2010, dati 2008
Atlaséco 2011, http//atlas.challenges.fr
Ricchezze minerarie e povertà
Nonostante il suo potenziale di sviluppo, il paese attraversa una crisi economica e sociale senza precedenti,
marcata dall’assenza di crescita (addirittura negativa nel 2009), un’inflazione molto elevata, difficoltà di
pagamento del debito e un aggravamento sensibile dei livelli di povertà. A partire dal 2000 i tassi di crescita
annuale media sono scesi progressivamente dal 2,5% del 2006, 1,8% nel 2007, poi 4,7% nel 2008, infine –
0,3% nel 2009; inferiori al tasso di crescita della popolazione (2,22%).
In un quadro d’analisi più generale si può dire che lo sviluppo economico del paese è fortemente limitato
dalla cattiva gestione delle risorse pubbliche, dall’inefficienza del quadro istituzionale, giuridico e
regolamentare legato alla mobilitazione d’investimenti privati e dall‘assenza d’infrastrutture di base per
sostenere la crescita e la modernizzazione dell’economia. Secondo i risultati dell’inchiesta nazionale sulla
corruzione e la governabilità (Febbraio 2005) «più di un uomo d’affari su tre pensa che i suoi concorrenti
siano obbligati a procedere sempre con di pagamenti non ufficiali per far continuare i loro affari»; 53%degli
intervistati hanno dichiarato di “non essere stati soddisfati nonostante il pagamento”. Più grave ancora, il
71% degli agenti economici ritengono che se un agente dello Stato trasgredisce le regole, la sola possibilità
sia di procedere a dei pagamenti non ufficiali. A questo bisogno aggiungere il déficit democratico che
contribuisce fortemente al rallentamento dell’aiuto estero.
2000
2001
2002
2003
2004-5
2006
2007
2008
2009
Tasso di crescita PIL 1,9
4,0
4,2
1,2
2,7
2,5
1,8
4,7
- 0,3
7,2
1,1
6,1
14,8
27,6
34,7
22,9
18,4
4,7
Tasso d’inflazione
Malgrado le sue ricchezze naturali, la Guinea non riesce a far uscire la sua popolazione da una povertà che
nelle zone rurali del paese diventa spesso miseria. Si pone al 156° posto su 169 paesi nell’indice di sviluppo
umano 2010, nonostante detenga circa la metà delle riserve mondiali di bauxite (principale minerale per la
produzione dell’alluminio) e ne sia uno dei primi produttori al mondo.
Inoltre il ricco sottosuolo del paese include più di 4 miliardi di tonnellate di ferro ad alta purezza; significativi
giacimenti di diamanti e oro e quantità non ancora stimate di uranio, elementi che fanno della Guinea uno
dei paesi dell’Africa occidentale con il più elevato potenziale di sviluppo industriale.
La Guinea possiede inoltre un forte potenziale di crescita in ambito agricolo e ittico. Il suolo, l’acqua e le
condizioni climatiche offrono opportunità per l’irrigazione di coltivazioni su larga scala e per lo sviluppo di
industrie agroalimentari. In tutti questi settori esistono le condizioni per investimenti e attività commerciali;
ma l’assenza o le condizioni pessime delle infrastrutture e la corruzione dilagante rappresentano gli ostacoli
maggiori per investimenti su larga scala che potrebbero dare impulso all’economia.
18
Nel 1998 il governo guineano ha rivisto il codice per gli investimenti privati nel paese, al fine di stimolare uno
spirito di libera impresa; proteggendo tuttavia il settore idrico di cui è il maggiore gestore. Tuttavia, il sistema
di concessioni è caratterizzato da alta inefficienza ed elevati tassi di corruzione, con una gestione privatistica
delle risorse del paese così come fino ad oggi del potere.
Nel 2002 il FMI sospese il programma Poverty Reduction and Growth Facility (PRGF) per la Guinea poiché il
governo aveva completamente fallito il raggiungimento dei parametri richiesti, continuando tuttavia a
spendere in altri settori come la difesa militare, contribuendo così ad aggravare il déficit fiscale. I debiti
accumulati negli anni sono stati coperti attraverso finanziamenti della Banca Centrale, creando degli
sbilanciamenti ormai difficili da correggere. Solo nel 2004 con il Primo Ministro Diallo si ritornò al PRGF del
FMI: i tassi di cambio vennero lasciati liberi di fluttuare; la spesa pubblica venne ridotta; il sistema fiscale
migliorato con aggravamento delle tasse e deprezzamento della valuta.
Nonostante l’apertura nel 2005 di una nuova strada di comunicazione tra la Guinea e il Mali; la maggioranza
delle vie di comunicazione che collegano i centri commerciali del paese sono in condizioni pessime, prive di
manutenzione, rallentando il sistema di trasporti e consegna dei beni ai mercati locali (da segnalare il
progetto finanziato dall’Unione Europea per il rinnovo completo dell’unica strada che attraversa la Guinea da
Conakry fino a raggiungere la regione Forestale di N’Zérékoré, più di 200 km di strada sono stati asfaltati tra
il 2008 e il 2010).
La ferrovia ha smesso di operare dal 1980 e le poche tratte commerciali ancora attive offrono sevizi scadenti
ed intermittenti (progetto di rinnovo e riabilitazione inaugurato nel febbraio 2011). La maggioranza della
popolazione non possiede un mezzo di trasporto e sfrutta il sistema di taxi privati che applicano tariffe per
posto, con mezzi vecchi di almeno 20 anni e spesso sovraccaricati e non adeguati agli spostamenti
al’interno del paese.
Contesto sanitario
A livello di strutture primarie pubbliche e private, le principali cause di ricorso alle strutture sanitarie sono la
malaria, malattie gastro-intestinali acute, i parassiti intestinali, le infezioni alle vie respiratorie, le malattie
sessualmente trasmissibili, la malnutrizione, le patologie odontoiatriche e i traumi. Le statistiche indicano che
le principali cause di ospedalizzazione sono invece: malaria, infezioni respiratorie, anemie, diarree, malattie
cardiache, problemi ginecologici e le malattie cardiovascoari. Le prime tre patologie risultano anche come le
maggiori cause di decesso tra la popolazione, a quanto riportato dai dati raccolti nelle strutture ospedaliere
pubbliche.
A queste si aggiungono un progressivo aumento dell’ AIDS, del diabete e dell’ipertensione.
Il sistema sanitario guineano è un sistema al collasso. Le strutture pubbliche non sono in grado di far fronte
ai bisogni della popolazione a causa di una cattiva gestione delle risorse umane, fisiche e finanziarie. Gli
ospedali regionali, prefettorali, i centri sanitari di villaggio e le altre strutture presentano gravi difficoltà nel
reperimento e gestione dei medicinali, il personale formato è difficilmente reperibile e alcune categorie come
gli infermieri professionali sono quasi totalmente assenti dal mercato; le norme tariffarie e di gestione
nazionali non vengono rispettate abbassando gli standard qualitativi già fortemente precari. Come in
numerosi altri settori pubblici la corruzione è dilagante, rendendo il diritto alla salute una chimera per gran
parte della popolazione.
Parallelamente, il settore privato è in espansione grazie a sempre più numerose organizzazioni umanitarie
che sostengono o gestiscono direttamente centri sanitari efficienti e a cui la popolazione può accedere
senza timori di malasanità, corruzione anche se a costi spesso non facilmente accessibili.
Pur essendo stato recentemente elaborato il Piano Nazionale per lo Sviluppo del Settore Sanitario, si ritiene
poco credibile la capacità dello Stato di far fronte agli impegni presi, mentre appare chiara la volontà di
sussidiare i servizi sanitari a privati e finanziatori esterni.
I dati illustrati e commentati fin qui peggiorano se si fa riferimento alla regione forestale, la più
lontana dalla capitale Conakry (960 km dal capoluogo N’Zérékoré alla capitale con strade dissestate),
zona rurale del paese, ricca di foreste ma priva di infrastrutture fondamentali, quali strade, ospedali,
numero sufficiente di scuole; al confine con Liberia, Costa d’Avorio e Sierra Leone, la sua crescita è
stata negativamente influenzata anche dai conflitti che negli anni novanta e duemila hanno
insanguinato i paesi limitrofi, facendo riversare centinaia di migliaia di profughi nella regione.
Scarsa produttività, disoccupazione giovanile, divisioni etniche ne fanno uno dei potenziali focolai di
conflitto nel paese (lo dimostrano le tensioni nel corso degli ultimi anni).
Caritas Italiana, nell’intento di essere vicina ai più poveri, interviene dal 2008 nella regione forestale,
a fianco della Diocesi di N’Zérékoré.
19
CARITAS ITALIANA IN GUINEA
Caritas Italiana interviene dal 2008 a fianco della Diocesi di N’Zérékoré nei settori della salute, dello sviluppo
rurale, in particolare agricoltura, dell’educazione e promozione culturale attraverso un processo di
rafforzamento delle capacità dello staff della Caritas diocesana.
Caritas Italiana ha lavorato anche attraverso la presenza di due operatrici residenti nella città che hanno
affiancato gli operatori della diocesi dal 2008 al 2010 in un’attività costante di confronto e crescita per il
raggiungimento degli obiettivi prefissati.
ATTIVITA’ PREGRESSA NEL PAESE – UNA SINTESI
ANNO
2008- 2009
TIPOLOGIA DI
INTERVENTO
Sanità
PARTNER
Diocesi di N’Zérékoré
OCPH- Coordinazione
diocesana della salute
2009- 2010
Sanità
Diocesi di N’Zérékoré
ATTIVITA’
Supporto istituzionale e
organizzativo alla Coordinazione
diocesana della salute
Apertura Centro Medico Chirurgico
(CMC) “Saint Abraham” di Gouécké
Supporto nella gestione del CMC di
Gouécké
OCPH- Coordinazione
diocesana della salute
CMC Gouécké
2009-2010
2010
Settembre
2008 –
agosto 2010
Educazione e
promozione culturale –
Capacity building
Diocesi di N’Zérékoré
Sviluppo rurale –
Agricoltura (attività
generatrice di reddito)
Diocesi di N’Zérékoré
OCPH diocesana
Centro Agricolo di
Gouécké
Accompagnamento
Sostegno istituzionale e
organizzativo per il rilancio della
Caritas diocesana; rafforzamento
delle capacità dello staff locale
Supporto per la riabilitazione di una
parte del Centro agricolo ai fini del
finanziamento dell’OCPH e del CMC
Presenza di due operatrici espatriate
a N’Zérékoré
Caritas Italiana ha iniziato il suo appoggio alla Diocesi di N’Zérékoré nel 2008 con un progetto di salute e
l’obiettivo di accompagnare e sostenere la Coordinazione diocesana della salute nel lavoro preparatorio per
l’apertura del Centro medico-Chirurgico di Gouécké.
Tale progetto era stato dapprima un progetto pilota del Fo.Gu.I.Re.D (Fondo Guineo-Italiano per la
Riconversione del Debito), che si era occupato della costruzione di un edifico-base nella zona rurale di
Gouécké, successivamente preso in carico dalla Fondazione Giustizia e Solidarietà. Nel 2007 Caritas
Italiana, membro del CdA della Fondazione, ha rilevato il progetto, incaricandosi di appoggiare la Diocesi
nella gestione della fase preparatoria, di apertura e post-apertura del Centro.
In tale ambito Caritas Italiana ha deciso di inviare due operatrici in permanenza a N’Zérékoré, per garantire
un accompagnamento più efficace ad una diocesi al tempo senza un Vescovo (con un Amministratore
diocesano) e con una Caritas diocesana (OCPH – Organisation Catholique pour la Promotion Humaine) in
una situazione di crisi gestionale, organizzativa e finanziaria.
Nel primo anno di partenariato, quindi, ci si è concentrati in particolare sul lavoro preparatorio all’apertura del
CMC di Gouécké, villaggio situato a 42 Km da N’Zérékoré, all’interno della regione forestale, che ha portato
nel luglio 2009 all’apertura del Centro medico, infrastruttura tanto attesa dalla popolazione locale, che
secondo i dati statistici sanitari nazionali e regionali, vive in uno dei contesti con più bassi standard sanitari
del paese.
Privilegiando un approccio integrato e non solo settoriale in virtù della funzione prevalentemente pedagogica
di Caritas Italiana (cfr. art. 1 Statuto, promuovere «la testimonianza della carità …in vista dello sviluppo
integrale dell'uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente
funzione pedagogica» ), nel 2009, con la nomina e l’arrivo del nuovo Vescovo in Diocesi, Mons. R.B.
Guilavogui, si è cominciato un percorso congiunto per affiancare la Diocesi più ad ampio raggio, in un
20
processo di rilancio e ristrutturazione della Caritas diocesana (OCPH), organo specifico della Diocesi per lo
sviluppo, l’emergenza, la progettazione sociale.
In un percorso comune e condiviso, quindi, è stata affiancata la Diocesi attraverso un rafforzamento
organizzativo e istituzionale della Caritas e la formazione dello staff locale via via impiegato allo scopo di
poter meglio rispondere ai bisogni della popolazione nei settori della salute, educazione, pace e giustizia,
sviluppo, emergenza.
Dal 2010, nell’ottica di una progressiva presa in carico in autonomia delle proprie opere sociali, Caritas
Italiana ha appoggiato la Diocesi in un progetto di riabilitazione del centro Agricolo di Gouécké al fine di
sviluppare un’attività generatrice di reddito a favore del Centro medico-chirurgico e dell’OCPH diocesana.
Con il miglioramento dell’organizzazione a livello diocesano, la crescita dello staff locale e la
riorganizzazione della Caritas diocesana, in un contesto che deve affrontare ancora oggi molte sfide a livello
politico, sociale ed economico, Caritas Italiana, in piena condivisione con la Diocesi e rispondendo a un
bisogno manifestato dai collaboratori e dal Vescovo, propone un progetto di Servizio Civile per affiancare le
istituzioni diocesane in un percorso che non si è chiuso con la fine della presenza costante delle operatrici
sul terreno ad agosto 2010, ma che continua per una crescita costante, lo sviluppo dell’area e il
miglioramento delle condizioni di vita della popolazione locale.
IL PARTNER LOCALE: OCPH (ORGANISATION CATHOLIQUE POUR LA PROMOTION HUMAINE) –
CARITAS DIOCESANA DI N’ZEREKORE
VISIONE
Dare una risposta cristiana alle aspirazioni dell’uomo per uno sviluppo umano integrale; contribuire
a costruire una società in cui avvenga ogni giorno il regno di Dio, regno di vita e verità, di grazia e
santità, di giustizia, amore e pace.
MISSIONE E OBIETTIVI
-
Garantire la realizzazione dei principi della pastorale sociale nei settori dell’educazione,
salute, sviluppo, assistenza umanitaria, giustizia e pace;
Aiutare i membri delle comunità cristiane a lavorare con impegno per la promozione umana;
Partecipare all’impegno della nazione per migliorare le condizioni di vita individuale e
collettiva per uno sviluppo integrale della persona umana;
Studiare ed analizzare, in collaborazione con altre organizzazioni nazionali e internazionali, i
problemi del paese, ricercandone le cause e proponendo soluzioni conformi ai diritti
dell’uomo, alla giustizia e alla dignità della persona umana.
Creata nel 1993, l’OCPH è il ramo di attuazione della pastorale sociale della Chiesa Cattolica in Guinea. La
sua struttura prevede delle sedi decentralizzate a livello di Diocesi per coprire l’intero territorio nazionale.
L’organismo interviene nell’ambito dell’educazione, della salute, dello sviluppo e dell’aiuto umanitario.
A livello di Diocesi di N’Zérékoré, la struttura risponde alle linee strategiche nazionali con specifici programmi
per far fronte ai bisogni delle comunità della Regione Forestale.
In una regione segnata dall’arretratezza economica, dalle difficoltà di comunicazione e collegamenti con la
capitale e dallo sviluppo sociale precario, il ruolo del OCPH diventa centrale per cercare di dare una risposta
ai bisogni delle comunità. La salute e l’educazione sono due settori fondamentali d’intervento, insieme ai
programmi per il dialogo e la riconciliazione all’interno di comunità divise per etnia e religione.
La forte immigrazione dai paesi confinanti a seguito dei conflitti nazionali ha creato delle fratture sociali
importanti nel territorio della Regione Forestale, rendendo i programmi inerenti giustizia e pace sempre più
importanti per una solida base di sviluppo locale.
Dopo un lungo periodo di difficoltà e transizione vissuto dai primi anni duemila, dal 2009, in un percorso
affiancato da Caritas Italiana, l’OCPH diocesana ha ricominciato un lavoro quotidiano per essere a fianco
dei poveri e dei gruppi vulnerabili nei settori della salute, educazione e istruzione, agropastorale,
animazione, assistenza umanitaria, promozione femminile, giustizia e pace.
Attualmente lo staff è composto da dieci persone, di cui quattro membri permanenti componenti l’équipe di
direzione (Direttore, Responsabile dei Programmi, Segretaria di direzione, Responsabile amministrativo e
finanziario), affiancata dai coordinatori progettuali e di settore (salute, educazione, pre-scolaire,
agropastorale, promozione femminile, assistenza umanitaria).
In particolare l’OCPH sta lavorando sulle seguenti progettualità (come schematizzato nel diagramma
sottostante):
Salute:
- supervisione Centro Medico Chirurgico di Gouécké (ormai organismo autonomo nella gestione con
un Consiglio d’Amministrazione come organo di decisione e controllo, l’OCPH ne coordina e
21
supervisiona le attività attraverso il Coordinatore diocesano della salute come opera sociale della
Diocesi);
- coordinamento tre dispensari diocesani
Educazione e pre-scolaire:
- gestione e coordinamento 19 scuole dell’infanzia (jardin d’enfants)
- gestione e coordinamento 9 scuole primarie
- gestione e coordinamento 3 scuole secondarie ( 2 collège, 1 lycée)
Assistenza umanitaria:
- gestione della base logistica di N’Zérékoré dell’UNHCR;
- progetto di prevenzione dell’emergenza (in collaborazione con UNICEF e Catholic Relief services,
CRS)
Promozione femminile:
- progetto di sensibilizzazione contro le mutilazioni genitali femminili;
- progetto di sostegno alle cooperative di donne malate di HIV
Agropastorale:
- riabilitazione Centro Agricolo di Gouécké (piscicoltura, allevamento suini, coltivazione riso e piante
da olio);
- progetto creazione e gestione Centro di allevamento caprino nel villaggio di Zowoya.
L’obiettivo comune di Caritas Italiana e dell’OCPH diocesana in questo percorso di rafforzamento è
poter dare una risposta migliore ai bisogni della popolazione e alle dimensioni molteplici della
povertà in particolare nelle aree rurali della regione di N’Zérékoré.
SALUTE
CMC Gouécké
3 dispensari
diocesani
EDUCAZIONE E
PRE-SCOLAIRE
9 scuole primarie
3 scuole
secondarie
19 asili
PROMOZIONE
FEMMINILE
lotta mutilazioni
genitali
femmin.
- assistenza
donne malate
OCPH
PROMOZIONE
UMANA –
SVILUPPO
INTEGRALE RISPOSTA ALLE
POVERTA’
ASSITENZA
UMANITARIA
- progr. prevenz.
emergenza
- gestione base
logistica HCR
GIUSTIZIA E
PACE
AGROPASTORALE
- Centro Agricolo
Gouécké
- Centro
allevamento
Zowoya
Fig. 3 Ambiti di lavoro e progetti specifici OCPH N’Zérékoré - 2010
22
CON L’OCPH A FIANCO DI CARITAS ITALIANA – GLI ALTRI PARTNERS
In partnership con l’OCPH, collaboreranno alla realizzazione del progetto secondo le proprie specificità:
CENTRO MEDICO-CHIRURGICO “SAINT ABRAHAM” DI GOUECKE
Centro sanitario della Diocesi di N’Zérékoré inaugurato il 3 luglio 2009, è situato a 42 km dalla città di
N’Zérékoré nel villaggio di Gouécké.
E’ un centro di riferimento per cinque sotto-prefetture a copertura di una popolazione di circa 96.000
abitanti.
Ha uno staff composto da 19 persone: due medici chirurghi (un direttore e un direttore aggiunto), due
infermieri di Stato, cinque infermieri comunitari, un’infermiera farmacista, un tecnico di laboratorio, un
biologo assistente di laboratorio, un’ostetrica, una matrona, un contabile, due addetti all’igiene e alle
pulizie, due guardiani.
Un Consiglio di Amministrazione funge da organismo decisionale e di controllo e un’amministratrice ne
supervisiona le attività gestionali ed economico-finanziarie. Il Coordinatore Diocesano della Salute
supervisiona invece le attività tecnico-sanitarie.
SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI
-
ospedalizzazione: 21 letti per l’ospedalizzazione in medicina, chirurgia, pediatria e
ginecologia-ostetricia;
consultazioni ambulatoriali giornaliere (2 ambulatori);
analisi di laboratorio: un laboratorio;
farmacia; un magazzino e un punto vendita;
ecografia: un ecografo con stampante e una stanza;
interventi chirurgici: una sala operatoria per piccola e media chirurgia, una sala di
sterilizzazione;
maternità: una piccola sala travaglio e una sala parto, la possibilità di effettuare cesarei;
servizio urgenze 24h/24.
Il Centro è divenuto punto di riferimento importante per la popolazione locale, ma anche per i dispensari e
Centri di salute delle sotto-prefetture che lo considerano struttura di referenza in caso di evacuazione dei
loro pazienti per patologie più gravi e non gestibili a livello di strutture sanitarie di base in un’area dove
non esistevano precedentemente centri di secondo e terzo livello (quale è il CMC), così come per le
autorità sanitarie prefettorali e regionali che lo hanno incluso nella rete delle strutture sanitarie regionali e
nominato punto di coordinamento e formazione per i dispensari delle cinque sotto-prefetture interessate.
A seguito di ciò, una delle attività di espansione del CMC dovrà riguardare la sensibilizzazione della
popolazione a norme igienico-sanitarie di base per continuare a contribuire al miglioramento delle
condizioni di vita e di salute dell’area beneficiaria.
CONGREGAZIONE DIOCESANA SUORE SERVE DI MARIA VERGINE MADRE
Congregazione diocesana nata alla fine degli anni ottanta per volere del Vescovo di N’Zérékoré Mons.
Philippe Kourouma, le Serve di Maria Vergine Madre sono una Congregazione di attualmente 23 suore
dislocate in tutto il territorio diocesano, i cui obiettivi fondamentali sono la salute e la tutela dell’infanzia.
La Congregazione è molto attiva in tutta la Diocesi e nel villaggio di Gouécké in particolare, dove ha sede
anche il noviziato.
Le Suore sono formate soprattutto nel settore sanitario (in particolare infermiere) e dell’educazione
(educatrici dell’infanzia, insegnamento primario e secondario).
Una Suora della Congregazione collabora in modo permanente con il CMC, incaricata della gestione
della farmacia.
SERVIZI E INTERVENTI OFFERTI
A favore dei bambini e dei ragazzi:
- gestione e coordinamento di una scuola dell’infanzia a Gouécké;
- gestione, coordinamento e insegnamento nella scuola di alfabetizzazione per giovani a Gouécké:
la scuola conta più di cinquanta ragazzi dai 18 ai 30 anni, che vengono avviati alla formazione
professionale nella fabbricazione del sapone, nella sartoria, nel settore tessile. I prodotti vengono poi
venditi nel mercato di N’Zérékoré e il ricavato utilizzato per la gestione della scuola, per cui i ragazzi
pagano una retta annuale simbolica.
23
- gestione e coordinamento orfanatrofio per infanzia (bambini da 0 a 5 anni) nel villaggio di
Gouécké: l’orfanatrofio ospita ca. 40 bambini dai 0 ai 5 anni, orfani o abbandonati dalle famiglie, o lì
residenti per periodi più brevi quando le famiglie chiedono un’assistenza in caso di gravi necessità,
problemi di salute o economici. L’orfanatrofio viene gestito soprattutto attraverso donazioni di privati,
contributi della comunità, di associazioni locali, nazionali e internazionali, o attraverso le attività
generatrici di reddito gestite dalla stessa Congregazione (agricoltura, allevamento). I bambini vengono
quotidianamente accuditi dalle suore e da cinque collaboratrici permanenti, vengono loro offerti, oltre a
un tetto, vestiti, nutrimento, cure sanitarie basilari. L’orfanatrofio è costituito da una casa dove i bambini
alloggiano, vengono accuditi, curati in caso di malattia e dove vengono preparati i pasti, e di uno spazio
all’aperto dove possono giocare sempre assistiti dalle incaricate.
Il Centro medico-chirurgico “Saint Abraham”, oltre ad essere punto di riferimento per le suore in caso di
patologie gravi dei bambini (l’orfanatrofio dista ca. 300 mt dal Centro), dal 2010 collabora direttamente
con l’orfanatrofio offrendo un servizio di monitoraggio sanitario visite mensili a tutti i bambini.
- gestione coordinamento e insegnamento nella scuola di segreteria e gestione contabile a
N’Zérékoré;
- gestione e coordinamento orfanatrofio per bambini e ragazzi (dai 6 ai 15 anni) a Macenta: la
Congregazione ospita ca. 25 ragazzi orfani o le cui famiglie sono in estrema e riconosciuta difficoltà
economica, offrendo loro alloggio, cibo, assistenza sanitaria e scolastica, vegliando sulla loro
formazione.
Nel settore salute:
- infermiere nel dispensario cattolico di Samoé (villaggio a 5 km da N’Zérékoré);
- infermiere nell’ospedale prefettorale di Macenta e nel CMC di Gouécké;
- infermiere nel dispensario cattolico di Lola
BURUNDI
Quadro generale
Nel cuore del continente nero, è uno dei paesi della nota “Regione dei Grandi Laghi”, zona di grandi conflitti
e zona “cuscinetto” tra l’oriente e l’occidente, tra l’Africa francofona e quella anglofona (con tutte le
implicazioni geopolitiche e storiche internazionali che ciò indica), tra una regione ricchissima di minerali
preziosi sfruttati da pochi potenti che mantengono un sistema anarchico e di guerriglia (sin pensi alle
immense miniere congolesi del Nord e Sud Kivu, del Maniema … di diamanti, oro, cassiterite, coltan, … ) ed
un’altra basata per lo più sull’economia agricola ed i settori secondario e terziario. Senza risorse preziose e
potenzialità agricole (rispetto alla densità di popolazione, tra le più elevate d’africa), il Burundi, insieme al
Rwanda, è tra i più piccoli paesi d’Africa, avendo una superficie equivalente ad una regione italiana, e tra i
più poveri del mondo (al 174° posto su 182 paesi per quanto riguarda l’Indice di sviluppo Umano).
Il settore agricolo occupa il 90% della popolazione, ma pure questo settore è poco diversificato e per lo più
arretrato. L’economia risulta stagnante e paralizzata o “drogata” dagli aiuti umanitari alla popolazione: scorte
e derrate alimentari di scarsa qualità vengono donati alla gente, che non riesce a reimpostare le attività
economiche su basi imprenditoriali. Nonostante vi sia una lotta fratricida anche tra membri delle stesse
famiglie per avere l’autorità sulle terre, le attività agricole sono finalizzate alla sussistenza quotidiana o al
massimo stagionale. Dopo il conflitto del 1993-2005 il trend del settore secondario e terziario non è mai
decollato, a causa della grande insicurezza che permane tuttora nel paese.
In Burundi circa il 46% della popolazione ha meno di 15 anni di età. La mancanza di statistiche aggiornate
non permette un’analisi precisa sull’evoluzione della popolazione. Tuttavia la natalità è molto elevata e tende
ad aumentare grazie a un tasso di fecondità tra i più alti nel mondo (6,33 figli per donna). La crescita
demografica molto elevata accentua le problematiche nei quartieri poveri delle città, in particolare della
capitale Bujumbura, dove la popolazione cerca tanto la sicurezza anche rispetto ai continui conflitti su base
etnica quanto una illusoria fortuna (la povertà dei contadini in città si tramuta in miseria, in quanto la
sopravvivenza li obbliga a mendicare). Parallelamente, a causa della crescita demografica si registra un
aumento della pressione nelle campagne e la creazione di molti problemi di sviluppo rurale. A questi fattori
generici e comuni a molti paesi nel mondo, si aggiungano in Burundi i conflitti storici su base etnica, che
hanno visto periodicamente l’esodo ed il controesodo di immigrati e rifugiati, in funzione dell’alternanza del
controllo del potere pubblico. L’abbandono delle proprie terre ed il successivo reclamo di rifugiati rimpatriati o
sfollati da una provincia all’altra, determina innumerevoli conflitti e situazioni di povertà anche estrema, tra
una popolazione che è per certi aspetti ricca di saperi tradizionali, legami sociali e capacità lavorative.
24
Mappa 1
Principali dati ed Indicatori relativi al Paese (CIA The World Factbook, UNDP):
Dati geografici
Localizzazione
Area
Confini
Africa centrale
27.823 Km²
RD Congo (233 km), Rwanda (290 km),
Tanzania (451 km)
Dati politico-istituzionali
Forma di Governo
Capitale
Divisione Amministrativa
Repubblica
Bujumbura
17 province
Dati statistici demografici sulla popolazione
9.988.991 (stime 2010)
Abitanti
322,9 abitanti/km² (2009)
Densità popolazione
Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % 0-14 anni: 46,3%
15-64 anni: 51.2%
sul totale)
più di 65anni: 2.5%
Gruppi etnici
Hutu (Bantu) 85%, Tutsi (Hamitici) 14%, Twa
(Pigmei) 1%, Europei 3,000, Asiatici 2,000
Lingue principali
Kirundi (ufficiale), Francese (ufficiale), Swahili
(lungo il Lago Tanganyika e nell’area di
Bujumbura)
Religione
Cristiani 67 % (Cattolici 62%, Protestanti 5%),
credenze locali 23%, Mussulmani 10%
Franco burundese
3.561% (stima 2010)
41.43 nascite/1,000 persone (stime 2010)
9.87 morti/1,000 persone (stima 2010)
63.38 morti/1,000 nati vivi (2010)
6,25 bambini nati /donne (stima 2010)
2% (stima 2007)
58,29 anni (2010)
59.3% (2010)
0,01 (2007)
Unità Monetaria
Tasso di crescita della popolazione
Indice di Natalità
Indice di Mortalità
Indice di Mortalità Infantile
Indice di fertilità
Soggetti affetti da HIV/AIDS (15-49 anni di età)
Aspettative di vita media
Tasso d'Istruzione
Medici per 1000 abitanti
Dati ed altri indicatori economici
25
Indice di sviluppo umano
Popolazione al di sotto della soglia di povertà
PIL
PIL pro capite
Crescita PIL
Composizione PIL in %
Debito Estero
Forza Lavoro
166 (su 169) -2010
81,3% (stima 2010)
903 milioni di USD (stima 2008)
400 USD (stima 2009)
5.5% (stima 2008)
agricoltura: 33.4%
industria: 21%
servizi: 45,6% (stima 2008)
1,2 miliardi USD (2007)
4,24 milioni (2007)
Dati storici
Al fine di comprendere globalmente l’attuale situazione politico-sociale del Burundi – che motiva tra l’altro la
presenza di Caritas Italiana-, è opportuno richiamare alcuni dati storici relativi al conflitto che ha insanguinato
il Paese. Nell’ottobre 1993, a causa dell’uccisione di Melchior Ndadaye, presidente democraticamente eletto,
e del conseguente colpo di stato militare, ha avuto inizio un conflitto armato tra l’esercito governativo ed
una serie di gruppi ribelli fuoriusciti dai principali partiti politici che avevano legittimamente vinto le elezioni
democratiche ed erano stati estromessi dal potere.
La guerra ha avuto termine solo nella seconda metà del 2006, dopo che l’ultima fazione armata, il Fronte
nazionale per la libertà (FNL), ha comunicato di avere deposto le armi e una sua delegazione ha
ufficialmente iniziato una trattativa con il governo legittimo.
Gli attori del conflitto
Per comprendere il conflitto burundese, durante il quale si è assistito alla crisi ed al collasso economico e
sociale del Paese, bisogna prendere in considerazione i principali attori politico-militari.
Almeno tre movimenti (CNDD, Palipehutu e Umbumwe) si sono accreditati come difensori dei diritti della
maggioranza hutu, e durante il conflitto ciascuno ha organizzato un proprio esercito armato, più o meno
autonomo in rappresentanza delle rispettive ali politiche (FDD, FLN e FROLINA). Sono stati quindi almeno
sei i soggetti che sono entrati in scena nel conflitto a favore della maggioranza hutu, rilanciando,
spesso con violenti operazioni di guerra pura, le rivendicazioni politiche.Ciascuno di questi movimenti
guerriglieri ha agito durante il conflitto in aree geografiche distinte: la composizione del quadro del
conflitto burundese è dunque complessa e comprende dinamiche regionali talvolta distinte e non riferibili a
quelle dell’intera nazione.
La morfologia geografia del paese, con migliaia di colline, ha permesso ai ribelli di evitare la cattura da parte
dei militari governativi. Attraverso movimenti rapidi e la guerriglia nelle foreste si è sviluppato un clima
d’insicurezza in tutto il Burundi. L’impossibilità di controllo sui ribelli e d’imporre e forzare il potere sui
rivoluzionari in queste guerriglie sparse a macchia di leopardo, che nel loro insieme hanno creato una sorta
di guerra civile, seppur disgregata nei fatti e nelle diverse finalità politiche, ha obbligato la nomenklatura tutsi
(minoranza storicamente al potere nel Paese) ad accettare nelle negoziazioni il riequilibrio etnico in seno al
governo, dell’amministrazione e dell’esercito.
Oltre all’opposizione hutu, all’interno della crisi hanno giocato un ruolo drammaticamente importate anche i
movimenti estremisti tutsi. Essi hanno in alcuni casi sostenuto e rafforzato le azioni politiche del governo e
dell’esercito e, in altri casi, hanno sostenuto dinamiche per nulla politiche, ma puramente orientate allo
sfruttamento di business economici e commerciali del Paese. Capaci di finanziare milizie private, questi
movimenti hanno agito principalmente nelle aree urbane ed in particolare nella capitale Bujumbura.
L’esercito regolare (le Forze Armate del Burundi - FAB) ha rappresentato il principale baricentro della crisi.
Dall’indipendenza sino alla recente pace le FAB sono sempre state controllate dalla minoranza tutsi
con il 90% degli effettivi appartenenti a questa etnia (solo dopo il trattato di pace, le FAB sono state
riformate ed in esse sono stati assorbiti parte dei militari che hanno militato nella guerriglia hutu). Operando
senza regole e senza mandato politico-governativo, le alte gerarchie di questo esercito hanno favorito
l’instabilità dei governi democraticamente eletti e a maggioranza hutu sino a rendersi responsabili del
colpo di Stato dell’ottobre 1993 con l’uccisione del Presidente Melchior Ndadaye e la destituzione del
Presidente Silvestre Ntinbantunganya. Sino alla firma della pace l’esercito, secondo le Nazioni Unite, si è
reso inoltre responsabile di molteplici esecuzioni sommarie, uccisione di civili e innumerevoli violazioni dei
diritti umani.
Sia nelle fila dei movimenti guerriglieri, che in quelli degli estremisti tutsi, che nell’esercito regolare si è fatto
un massiccio uso di reclutamenti obbligatori di giovani, spesso minorenni spargendo una cultura della
violenza e del non rispetto delle regole civili nelle giovani generazioni.
Gli anni successivi al conflitto
Nel 2005 si sono tenute nuove elezioni che hanno permesso di ripristinare un potere politico
trasversalmente riconosciuto. In base agli accordi di pace componenti dei ribelli sono state integrate
nell’esercito regolare.
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Le elezioni sono state vinte da Pierre Nkurunziza, a capo del partito CNDD-FDD, ex gruppo ribelle.
Inizialmente la maggioranza della popolazione era soddisfatta sia per come si sono svolte le elezioni sia per
il neo Presidente, ma nei cinque anni seguenti la situazione è andata deteriorandosi: programma elettorale
non rispettato, limitazione delle libertà fondamentali, mancanza di sforzi per migliorare la situazione
economica, sanitaria e scolastica del paese, aumento dei prezzi dei prodotti di base e dei servizi…Il tutto in
un contesto in cui i vari settori pubblici del paese sono sempre più disorganizzati e poco controllati da un
sistema neutro.
Nel 2007Il Burundi entra ufficialmente a far parte della “East African Community” (comunità dell’Africa
dell’est) con Rwanda, Tanzania, Kenya ed Uganda, anche se era già dal 2000 che si lavorava in questo
senso, sia a livello locale che regionale. Questa organizzazione di paesi ha fissato come lingua comune
l’inglese (il Burundi è l’unico Paese in cui si parla il francese ed è quindi penalizzato da questa situazione) e
prevede un’apertura, soprattutto da un punto di vista commerciale ed economico, tra i paesi membri.
Nel 2010 si sono tenute le elezioni politiche che hanno riconfermato al potere il presidente uscente Pierre
Nkurunziza, rimasto unico candidato dopo il ritiro di tutte le altre forze politiche. Il periodo elettorale è stato
segnato da violenze e l’opposizione ha denunciato frodi e irregolarità. L’opinione internazionale si aspettava
un cambiamento netto della situazione politica, mente la popolazione locale non era della stessa opinione: la
frustrazione per tutto quello che è avvenuto negli anni passati e gli sforzi ritenuti vani scoraggiano gli elettori
ad un approccio positivo, fiducioso e cosciente verso le elezioni e prende sempre più spazio la
rassegnazione e la sfiducia nella classe politica intesa in senso ampio.
Infatti anche dopo le elezioni del 2010 la popolazione é in generale insoddisfatta del governo, denuncia
spesso corruzione, inefficienza e scarso interesse per i problemi delle persone.
Problematiche sociali
Nonostante la pace nel Paese, rimane in corso la scommessa sociale e politica della ricostruzione post
bellica. Il conflitto, durato oltre dieci anni, ha provocato la morte di 300 mila persone e l’impennata di
una crisi economica che ha prodotto altissimi livelli di povertà nelle zone urbanizzate e la perdita di
capacità produttive nei contesti agricoli delle campagne.
Tra le maggiori problematiche sociali che vive il Paese, oltre alla necessità di riconciliare le parti che si sono
combattute in questi anni, vi sono: l’Aids (che tocca un’ampia parte della popolazione sia urbana che rurale),
la disoccupazione, il rientro dei rifugiati dai Paesi limitrofi e l’educazione scolastica, non ancora capace di
incidere sull’elevato tasso di analfabetismo. La situazione sociale é critica, tutti lamentano la mancanza di
lavoro e quindi di prospettive, molti non hanno soldi sufficienti per pagare le tasse scolastiche.
La povertà é diffusa, mancano servizi igienici base, la maggior parte della popolazione riesce a mangiare,
anche se manca la possibilità di una dieta variegata, vi é una parte della popolazione che non si può
permettere due pasti al giorno ogni giorno.
Ve ne sono inoltre alcune che sono diretta conseguenza degli anni di conflitto e che qui di seguito
descriviamo nel dettaglio:
Insicurezza
Continua a persistere la paura da parte della popolazione: non c’è libertà di parola e di pensiero. Crescono
le rivendicazioni. La situazione sociale si fa sempre più tesa. Giornalmente vengono uccise persone nei
quartieri Nord di Bujumbura e non solo per furti ma per vendette private, ragioni politiche, questioni etniche o
situazioni di controllo del potere economico locale, con aspetti fortemente concatenati difficili talvolta da
interpretare.
Disarmo
Se ufficialmente gli accordi di pace prevedono il progressivo disarmo della popolazione e dei ribelli (che
forse consegnano armi vetuste e mal funzionantI), di fatto si assiste ad una continua corsa e al
rafforzamento degli armamenti.
Il disarmo popolare, nonostante le apparenze, è lungi dall’essere completato e tutto concorre a far rivivere
l’esperienza terrificante della guerra, dei traumi, dei lutti, della detenzione. Sono state svolte alcune
campagne di disarmo, tra le altre una a inizio 2008 (promossa dal Centre Jeunes Kamenge ed accolta dal
governo) ed una a fine 2009. I risultati sono stati apparentemente positivi, molte armi sono state consegnate,
ma altrettante sono rimaste in circolazione e grandi quantità vengono normalmente importate nel paese
(nello specifico si tratta di armi non destinate alla polizia od ai militari). Attualmente alcuni ex-ribelli hanno
aderito al programma di disarmo per essere poi reintegrati nell’esercito. Purtroppo essi sono considerati
traditori dai compagni rimasti attivi nella ribellione, per cui spesso subiscono degli attacchi nei campi in cui
sono stati ammassati e dove aspettano il reintegro ormai da 3 anni.
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Carceri
La situazione nelle carceri centrali e nei cachot dei più piccoli comuni è sempre più complessa: il direttore
dell’associazione per i diritti dei detenuti ed alcuni partner delle Caritas Diocesane che lavorano nelle carceri,
riferiscono di arresti e detenzioni nella maggior parte dei casi arbitrarie o con accuse infondate. I tempi di
permanenza nei luoghi di detenzione (in attesa di un improbabile processo) talvolta superano la decina
d’anni. In molti carceri possono convivere insieme bambini, donne, adulti e minori. La scarsa igiene,
l’inadeguata e misera alimentazione, la mancanza di assistenza sanitaria, il sovraffollamento, lo squallore
delle celle che nella maggior parte dei casi non prevedono nemmeno un posto letto, la cattiva manutenzione
(dai tetti per esempio cade l’acqua piovana nel periodo delle piogge), la difficoltà di visita da parte di parenti,
con un taglieggiamento sugli stessi viveri che portano, già semplici a causa della povertà dilagante anche
all’esterno, fanno della realtà detentiva un’ulteriore piaga sociale che affligge moltissime famiglie (si stima
che 1 famiglia su 5 abbia un famigliare detenuto).
Problemi psichici
Si stima che nel corso degli ultimi 4 anni è aumentata del 200% la richiesta di cure psichiche (i malati
degenti sono più che raddoppiati e ovunque nel paese c’è richiesta di soccorso grazie alla loro unità mobile
d’intervento). In tutto il paese ci sono 2 psichiatri e rari psicologi. La gente, dopo la delusione di una vera
pace e sviluppo, probabilmente comincia a riattivare le paure ed i traumi del passato. A queste si
aggiungono, comunque, le violenze sessuali, le estorsioni, le minacce, i furti, i tentativi di avvelenamento che
in maniera estesa si ripetono quotidianamente.
Situazione economica
All’inizio degli anni ’90 il Burundi raggiunse un sostanziale equilibrio tra produzione agricola locale e bisogni
della popolazione, equilibrio che però è stato rotto dal conflitto armato iniziato nel 1993. Oggi il Paese
dipende pertanto fortemente dagli aiuti esterni, provenienti in gran parte dalle Agenzie delle Nazioni Unite e
dalla cooperazione bilaterale, aiuti che però sono stati vincolati alla tenuta democratica delle strutture
governative le quali, con il trattato di pace, hanno subito una radicale rielaborazione.
Inoltre la popolazione si lamenta dell’aumento dei prezzi dal 2007 si sono alzati del 25/40% in funzione dei
beni considerati, come la benzina, il cemento, i materiali edili, le lamiere per i tetti, o i beni domestici quali il
sapone, le vettovaglie o il vestiario.
L’economia è stagnante ed il pessimismo della gente è ancor più aggravato poiché alte erano le aspettative
della ripresa post-elezioni e post-guerra (per esempio il Rwanda - seppur sotto il regime ed il pugno di ferro
del generale Kagame - sta godendo di uno straordinario sviluppo economico, incentrato tanto sull’agricoltura
quanto sulle comunicazioni, il trasporto, l’industria, …). La crisi economica è attribuita alla cattiva gestione
politica.
L’esperienza di Caritas Italiana in Burundi
L’impegno di Caritas Italiana in Burundi ha avuto una svolta significativa a seguito del tragico genocidio
avvenuto nel 1994 nel vicino Rwanda. Stimolata dall’enorme mobilitazione pubblica causata dai terribili
eventi e dai bisogni enormi delle popolazioni in loco, Caritas Italiana, fin dai mesi successivi al tragico
evento, ha avviato un programma di emergenza in Rwanda e di assistenza ai rifugiati nei Paesi vicini. Fin da
subito si è capito che la crisi non era limitata ad un solo Paese e Caritas Italiana ha di conseguenza deciso
di sviluppare un programma che coinvolgesse anche i vicini Paesi del Burundi e dell’allora Zaire, denominato
“Programma Grandi Laghi”
Il forte impegno nel sostegno a progetti di emergenza, riabilitazione e sviluppo in Burundi avviene dunque
all’interno di questo più vasto programma e dal 1994 ai giorni nostri si può dividere l’azione di Caritas Italiana
in tre fasi conseguenti l’una all’altra.
- Prima fase dal 1994 al 2000: durante tutto questo periodo il Burundi permane in una situazione di conflitto
intenso, rendendo di fatto molto difficile pensare ad una strategia di sviluppo nel lungo periodo; gli interventi
di Caritas avranno quindi l’obiettivo di mitigare i danni causati alla popolazione dal conflitto. Sono tre gli
ambiti di azione che vengono sviluppati, in partenariato con la Caritas locale, alcune congregazioni religiose
e due ONG italiane
1. Ambito sanitario sostenendo la ristrutturazione prima e poi i costi di gestione di diversi centri di
salute gestiti in tutto il Burundi, in particolare nelle arre rurali, dalle Caritas diocesane locali e da
congregazioni religiose
2. Ambito sociale con lo sviluppo di progetti a sostegno delle categorie più svantaggiate, in particolare
bambini orfani e disabili.
3. Ambito di sviluppo rurale grazie alla collaborazione con le ONG italiane CISV ed LVIA in progetti
di sviluppo agricolo e attraverso il finanziamento di piccoli progetti di microcredito
A questo periodo, inoltre, risalgono i primi piccoli finanziamenti all’appena sorto Centre Jeunes Kamenge.
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In questa prima fase i progetti in Burundi venivano seguiti dal team di Caritas Italiana basato a Kigali,
capitale del Rwanda,
Al lavoro sul campo si è unito un forte impegno in Italia per portare all’attenzione dell’opinione pubblica il
dramma della popolazione burundese: possiamo a questo proposito ricordare la campagna “Grida Burundi”
e il sostegno alla pubblicazione di due testi “Balcani d’Africa” (che parlava del conflitto in corso in tutti i
Grandi Laghi) e “Bujumbura città dell’odio”.
- Seconda fase dal 2001 al 2005 , in questa fase, nella quale il conflitto si è ridotto di intensità fino ad
arrivare agli accordi di pace, si è cercato di lavorare sulle più deboli e dimenticate vittime del conflitto, si
sviluppano così progetti in tre ambiti:
1. Il carcere che in tutta questa fase calamiterà la maggior parte dei fondi messi a disposizione da
Caritas Italiana per il Paese. Si realizzano interventi di miglioramento delle strutture carcerarie
finalizzate a promuovere il rispetto dei diritti, nel rispetto dei protocolli delle Nazioni Unite, in
particolare delle donne, dei bambini e dei condannati a morte. Si rafforzano le attività lavorative dei
carcerati, ne è un esempio il rinnovo della falegnameria in un carcere della capitale, e si sostengono
le famiglie dei detenuti con un attenzione particolare ai bambini. In questo periodo, inoltre, Caritas
Italiana sostiene la pubblicazione un libro fotografico sulle carceri in Africa intitolato Prima della
libertà con molte fotografie proprio della realtà burundese.
2. I malati psichici e i disabili, con il sostegno al progetto del centro neuropsichiatrico di Kamenge
gestito dalla congregazione dei Fratelli della carità ( lavoravano anche con i malati psichici nelle
carceri) e del progetto Akamuri per i disabili gestito da una congregazione di suore..
3. I giovani, grazie al sostegno di alcune attività generanti reddito (laboratorio, fotografico, ristorante,
ecc.) avviate da associazioni di giovani e il supporto più consistente ad alcune delle attività del
Centre Jeunes Kamenge, in particolare sulle tematiche della pace e della riconciliazione.
-la terza fase dal 2006 al 2011, che vede il paese sostanzialmente in pace anche se non pacificato, è
caratterizzata da una disponibilità inferire di risorse economiche rispetto alle due precedenti, continuano
alcuni dei progetti avviati durante la seconda fase e in particolare:
1. Sulle carceri il sostegno alla scolarizzazione dei figli dei detenuti nel carcere di Ngozi.
2. Nel settore della Psichiatria con il sostegno, anche se in maniera sporadica, alle attività del centro
neuropsichiatrico di Kamenge.
3. Sui giovani con l’ulteriore rafforzamento del rapporto di partenariato con il Centre Jeunes Kamenge
grazie all’avvio, nel 2006, della presenza di due giovani volontari in servizio civile all’estero all’interno
del progetto Caschi Bianchi.
Per il 2011 e gli anni successivi si prevede di continuare a lavorare con il Centre Jeunes Kamenge, è inoltre
attivo dal gennaio 2010 per un progetto con Caritas Burundi di assistenza alimentare e riavvio delle
attività agricole a favore di un gruppo di burundesi rientrati dalla Tanzania dove si erano rifugiati durante gli
anni del conflitto.
Il partner locale: Centre Jeunes Kamenge
La storia del Centre Jeunes Kamenge inizia nel 1990 quando due padri saveriani, P.Claudio Marano (attuale
direttore) e P.Marino Bettinsoli, accogliendo una richiesta della locale diocesi, iniziano a Bujumbura a
prendere i necessari contatti per individuare il terreno avviarne la costruzione. Anche la scelta del nome non
è casuale: nei pani del catasto, fin dal 1964, era menzionato un terreno di due ettari, donato alla Diocesi
cattolica di Bujumbura, situato nella zona chiamata Kamenge il cui utilizzo previsto era lo sviluppo di un
progetto dedicato alla gioventù, è precisamente su questo terreno che sorgerà alcuni anni dopo il Centre
Jeunes Kamenge. Nel settembre 1991 iniziano i lavori di costruzione che dureranno due anni. Intanto ai due
padri saveriani si uniscono quattro suore della Congregazione delle Dorotee e si iniziano a studiare le
diverse possibili attività da realizzare insieme ai ragazzi della zona: il Centro si pone infatti, fin da subito,
come luogo di incontro, confronto e crescita personale per i giovani e giovanissimi abitanti dei Quartieri Nord
della città, i più degradati e dove non ci sono strutture di riferimento per loro. Il Centro viene inaugurato nel
1993, proprio poche settimane prima del colpo di stato che porterà il Paese al conflitto armato e i quartieri
nord della capitale ne saranno uno dei teatri principali. Il Centro assume così fin dall’inizio quel ruolo di luogo
di pace e di incontro fraterno e rispettoso delle differenze etniche e religiose che lo caratterizza fino ai giorni
nostri. Negli anni della guerra giovani di diverse etnie si rifugiavano all’interno del centro per sfuggire agli
orrori e ai pericoli della guerra, il centro stesso ospiterà un ospedale da campo di Medici senza frontiere e i
missionari saveriani resteranno lì anche nei momenti peggiori e più cruenti del conflitto. Ancora oggi il Centro
è aperto a tutti i giovani senza distinzioni etniche, religiose, di provenienza familiare e livello scolastico e
continua ad offrire, ai 2.000 giovani che lo frequentano ogni giorno un’opportunità di crescita, attraverso
attività formative, sportive e culturali. In un Paese in cui le cicatrici del conflitto sono ancora vive e aperte
nella società a diversi livelli, cerca di promuovere il valore della vita insieme rispettosa delle differenze e
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l’importanza dell’impegno e della responsabilità di ciascuno per costruire un futuro di pace, che partendo dai
giovani possa cambiare l’intero Paese.
A questo proposito il Centro, pur caratterizzandosi come un oasi di pace in un contesto di povertà a violenza
non vuole sottrarre il giovane dalla realtà ed estraniarlo per farlo vivere definitivamente in un’isola felice, ma
ha l’obiettivo di aiutarlo inizialmente ad una lettura critica della situazione e successivamente ad offrirgli
strumenti alternativi per “tornare” a vivere nella realtà dei quartieri con un ideale diverso, con un impegno di
pace, con un progetto personale e sociale volto alla promozione umana e allo sviluppo. Caritas Italiana
collabora con il Centre Jeunes Kamenge per raggiungere gli obiettivi sopra enunciati, consapevole che il
miglioramento della situazione del Paese passa prioritariamente per la crescita morale e professionale della
sua popolazione e che solamente investendo sui giovani: le loro capacità e i loro talenti, si possa costruire
un Burundi nuovo e in pace.
REPUBBLICA DI GIBUTI
Quadro generale
La repubblica di Gibuti (Djibouti) è situata nel Corno d’Africa, di fronte allo Yemen, è uno dei paesi più caldi
al mondo (la temperatura media annuale è di 30°). Desertico/roccioso e soggetto a periodiche siccità,
possiede vegetazione continua solo sulle catene montuose basaltiche del nord del paese. L’allevamento è
praticato in forma estensiva dai pastori nomadi dell’interno. L’attività economica è concentrata attorno al
porto di Gibuti, città che ha dato il nome all’intero paese. Vi sono due principali gruppi etnici: gli Afar,
distribuiti nella maggior parte del territorio, e gli Issa, di origine somala, concentrati nel sud e soprattutto nella
capitale. Vi sono presenti piccoli gruppi di stranieri, yemeniti, etiopi, greci, italiani, ma soprattutto francesi, in
gran parte appartenenti a una base militare con 2.800 effettivi.
Principali dati e indicatori relativi al paese (The World Fact Book, UNDP)
Geografia
Localizzazione
Superficie
Confini
Assetto politico-istituzionale
Forma di Governo
Capitale
Divisione Amministrativa
Africa orientale, davanti al golfo di Aden, Mar
Rosso
23.000 Km2
Eritrea
109
km,
Etiopia
349
km,
Somalia(Somaliland) 58 km, coste 314 km
Repubblica
Gibuti
6 distretti (cercle): Arta, Ali Sabieh, Dikhil,
Djibouti, Obock, Tadjourah.
30
Popolazione
757.074 (stima luglio 2011)
Abitanti
Distribuzione popolazione per fasce d'età (in % 0-14 anni: 35%
15-64 anni: 61,7%
sul totale)
più di 65anni: 3.3%
Gruppi etnici
Somali (appartenenti ai clan Issa e Issaq) 60%,
Afar 35%, altri 5%
Lingue principali
Religione
Francese e arabo ufficiali, somalo e afar
Musulmani 94%, Cristiani 6%
Unità Monetaria
Tasso di crescita della popolazione
Indice di Natalità
Indice di Mortalità
Indice di Mortalità Infantile
Indice di fertilità
Soggetti affetti da HIV/AIDS
Aspettative di vita media
Tasso di alfabetizzazione
Franco di Gibuti
2,237 % (stima 2011)
25,27 nascite/1,000 persone (stime 2011)
8,23 morti/1,000 persone (stima 2011)
54,94 morti/1,000 nati vivi (stima 2011)
2,71 bambini nati /donne (stima 2011)
2,5 % (stima 2009)
61,14 anni (stima 2011)
67,9%
Principali indicatori economici
Indice di sviluppo umano
Popolazione al di sotto della soglia di povertà
PIL
PIL pro capite
Crescita PIL
Composizione PIL in %
Debito Estero
Forza Lavoro
147 (su 169)
42 % (stima 2007)
1,139 bilioni USD (stima 2010)
2.800 USD (stima 2010)
4,8 % (stima 2010)
agricoltura: 3,2%
industria: 14,9%
servizi: 81,9% (stima 2006)
428 milioni USD (2006)
351.700 (2007)
6.1 Dati storici
Il territorio di Gibuti fu venduto ai francesi dal sultano di Tagiura nel 1862 e fu chiamato Costa francese dei
Somali nel 1888, e nel 1946 divenne territorio francese d’oltremare. Nel 1967 cambiò il nome in Territorio
francese degli Afar e degli Issa, ma nel 1977, dopo un plebiscito, fu dichiarata l’indipendenza del paese. Il
primo presidente, Hassan Aptidon instaurò un regime autoritario, durato fino al 1999. Negli anni 90 iniziarono
gli scontri con la minoranza Afar, che terminarono con un accordo di pace nel 2001. Nel 1999 fu eletto con le
prime elezioni multipartitiche Ismael Omar Guelleh, rieletto nel 2005 col 100% dei voti dopo il ritiro dell’unico
candidato dell’opposizione. Le prossime elezioni politiche sono previste per aprile 2011. Gibuti occupa una
posizione strategica, anche come unico punto ferroviario che permette all’Etiopia l’accesso al mare. Oltre
alla base francese, Gibuti ospita anche una base americana anti-terrorismo.
6.2 Problematiche sociali
L’economia di Gibuti, creazione artificiosa del colonialismo per ragioni strategiche, è principalmente
incentrata sulle attività del porto e di zona di libero scambio per il nord-est dell’Africa. Due terzi degli abitanti
vivono nella capitale, soprattutto in sobborghi caratterizzati da estrema povertà, il resto sono pastori nomadi.
La scarsità di piogge e di terreno coltivabile limita la produzione agricola che offre solo un quarto del
fabbisogno locale. La maggior parte dei viveri deve quindi essere importata. Questo crea una netta
differenziazione sociale tra coloro che lavorano nei servizi annessi al porto e quindi hanno un reddito
relativamente alto e l’altra metà della popolazione, che vive fuori dal circuito economico e scarse risorse
provenienti dall’allevamento nomade.
Il tasso di disoccupazione tocca il 59%, si segnalano gravi violazioni dei diritti dei lavoratori (lavoro forzato,
discriminazioni salariali) come riportato dall’ultimo rapporto della Confederazione Sindacale Internazionale
(ICFTU, febbraio 2006).
Lo stato quindi dipende pesantemente dall’aiuto estero. La situazione è peggiorata negli ultimi anni, a causa
dell’insediarsi di circa 10.000 rifugiati somali ed etiopici, delle sequele della guerra civile con gli Afar e della
crescita della popolazione urbana povera.
31
L’acqua potabile è scarsa e la disponibilità di pozzi è particolarmente onerosa. Data la scarsità della falda
freatica, molti pozzi devono essere costruiti con un diametro di vari metri per poter accedere a un
approvvigionamento soddisfacente. Molte specie vegetali sono in pericolo a causa dell’avanzamento del
deserto.
Le mutilazioni genitali femminili sono praticate comunemente, sia dalla frazione somala che afar, toccano tra
l’85% e il 95% della popolazione femminile e sono praticate soprattutto nelle zone rurali. Cresce
drammaticamente la prostituzione di minorenni. Secondo l’UNICEF il 73% dei bambini di strada, nella fascia
di età tra 8 e 17 anni, sono vittime del fenomeno della prostituzione. La domanda di prostitute, provenienti
anche dalla Somalia e dall’Etiopia, è in aumento anche a causa della presenza delle basi militari e del
traffico con i vicini paesi arabi.
Il tasso di mortalità infantile è fra i più alti al mondo (le stime variano da 100 a 143 morti per 1.000)
soprattutto a causa della poliomielite e dello scarso accesso alle medicine.
Il 18% dei minori di 5 anni soffre di malnutrizione.
Il tasso di alfabetizzazione è relativamente alto, ma si assiste da anni a un drammatico fenomeno di
analfabetismo di ritorno di molti giovani e adulti che, trascurati, non sono più in grado di utilizzare le
conoscenze imparate a scuola. Vi sono inoltre moltissimi giovani che non hanno mai frequentato le scuole e
che non hanno i rudimenti della lingua ufficiale, il francese, e di conseguenza si trovano fuori da ogni
possibilità di cambiamento. L’analfabetismo, nella particolare situazione di Gibuti, una città-stato senza molte
alternative, diventa un elemento di emarginazione sociale. Chi ne è vittima diventa più facilmente preda della
malavita e di traffici illeciti.
Il problema dei rifugiati ha una dimensione che tende ad aggravarsi, soprattutto a causa del perdurare della
crisi nella vicina Somalia. Dispersi nella capitale o raggruppati in alcuni campi profughi, la condizione dei
rifugiati somali è estremamente precaria, nonostante l’assistenza dell’UNHCR e il contributo di alcune ONG,
fra cui la Caritas Gibuti.
A questo si aggiungono ritardi nella consegna dei documenti che dichiarano lo status di rifugiato e si ha
notizia di imbrogli, come lo scambio di foto per favorire la partenza di alcuni a discapito di altri. L’assistenza
scolastica dei giovani è la più carente, anche per questioni di lingua. Una condizione analoga si riscontra nei
rifugiati di origine etiope, meno numerosi, ma presenti soprattutto nella capitale.
Caritas Italiana nella Repubblica di Gibuti
Le attività di Caritas italiana vanno considerate nell’insieme dei paesi abitati dai somali, il cosiddetto Corno
d’Africa in senso stretto: la Somalia, il Somaliland (la regione ex Somalia britannica) e Gibuti. Dal 1992,
all’inizio del periodo di anarchia successivo al colpo di stato che aveva rovesciato il presidente Siad Barre,
l’azione nella regione ha costituito per alcuni anni di gran lunga il più grande intervento di Caritas Italiana
all’estero. Per risorse finanziarie e personale inviato, soprattutto nel campo medico, per progetti propri e in
appoggio ad altre organizzazioni come Caritas Somalia, Caritas Gibuti, Coopi, Water for life, SOS
Kinderdorf, e ultimamente, Islamic Relief.
I centri di attività erano Mogadiscio, Merka, Berbera e Gibuti stessa. Controllo della tubercolosi, scuole
primarie, assistenza agli sfollati, ai disabili mentali, ai rifugiati, ad attività economiche (pesca), soprattutto a
Gibuti, che ha goduto di una relativa tranquillità. La collaborazione si era spostata successivamente fino a
Wajir nella regione orientale del Kenya abitata dai somali, dopo la tragica morte della dott.ssa Graziella
Fumagalli, operatrice di Caritas Italiana, uccisa nell’ospedale di Merka nell’ottobre 1995.
Un grande sostegno era stato dato da Caritas Italiana anche alle attività di Annalena Tonelli, per la cura
degli ammalati di TB a Merka prima della sua uccisione nel nord della Somalia nel 2003.
Più recentemente, per oltre tre anni, dal 2005 al 2008 Caritas Italiana ha sostenuto le attività di Caritas
Somalia, soprattutto il dispensario di Baidoa, l’unica struttura sanitaria gratuita della regione. Solo nel 2008
si è dovuto fermare la presenza in Somalia di espatriati, per l’ormai insostenibile situazione di insicurezza.
Centro logistico dal 1993, ha visto crescere il sostegno di Caritas italiana alla Caritas Gibuti insieme ad altre
Caritas europee, come Spagna e Francia, oltre che ai rifugiati somali, a quelli etiopi, e più specificatamente
alle attività delle scuole informali per il recupero di giovani analfabeti, come spiegato nei punti successivi.
Questa attività è l’unica esistente nel paese per questo tipo di bisogno e l’azione svolta da oltre 30 anni
ha tolto migliaia di giovani da un futuro di emarginazione sociale. Le autorità locali hanno più volte
manifestato la loro gratitudine per questo progetto.
Altre attività sostenute da Caritas Italiana sono stati i progetti di equipaggiamento di dispensari e gli
interventi d’urgenza in caso di inondazioni.
32
Il Partner locale: Caritas Gibuti
La Caritas Gibouti nasce nel 1978 come membro della regione MONA (Medio Oriente Nord Africa) della rete
di Caritas Internationalis. L’affiliazione a questa regione è stata fatta per la comune appartenenza al mondo
islamico.
I suoi obiettivi si concentrano sulla sensibilizzazione e l’educazione della piccola comunità cattolica alla
solidarietà nei confronti della popolazione presente, ovviamente senza alcuna discriminazione. Si cerca di
favorire relazioni fraterne con le differenti religioni presenti nel Paese allo scopo di creare una società più
giusta e solidale. La Caritas Gibouti è quindi uno strumento di partecipazione attiva ai programmi di
promozione in collaborazione con le autorità locali e con le istituzioni internazionali delle Nazioni Unite
(UNHCR, WHO, UNICEF)
Le attività di formazione gestite da questa Caritas, sono il settore più impegnativo. Oltre al recupero dei
giovani analfabeti, comprende altre attività. Fra le più importanti si ricordano alcune scuole elementari e
un’azione particolarmente delicata, la lotta contro le mutilazioni genitali femminili. Fenomeno presente in
modo generalizzato nel mondo somalo, il progetto è gestito da personale locale esperto e si integra con
l’azione educativa svolta dalle scuole.
Le attività di Caritas Gibuti a favore dei bambini di strada sono più recenti.
Va sottolineata la semplicità delle strutture locali della Caritas Gibuti, i costi di gestione molto ridotti e il
ricorso a forme di volontariato ovunque disponibili, sia fra i locali che fra il personale straniero presente a
Gibuti a vario titolo.
La pluriennale collaborazione fra Caritas Italiana e Caritas Gibuti ha dato inizio nel 2008 alla prima
esperienza di volontari in servizio civile in questa regione, come supporto alle attività delle scuole informali
per il recupero degli analfabeti. L’esperienza ha dato risultati molto positivi e vi è il comune desiderio di
rinnovarla e di estenderla anche alle attività di sostegno ai bambini di strada.
7)Descrizione dell’area di intervento e del contesto territoriale entro il quale si realizza il progetto
con riferimento a situazioni definite, rappresentate mediante indicatori misurabili; identificazione
dei destinatari e dei beneficiari del progetto:
Per ciascun paese in cui si realizza il progetto si fornisce una descrizione specifica dell’area di intervento e
del contesto territoriale, dei destinatari e dei beneficiari del progetto.
SIERRA LEONE
ANALISI DI CONTESTO – DATI GENERALI - LE FONTI
Prima di passare ad un’analisi specifica del contesto in cui si svolge l’azione di Caritas Italiana e dei suoi
partner sul terreno, occorre specificare come i dati raccolti e gli indicatori di disagio che verranno presentati
risultano da due fonti diverse: esterne ed interne.
FONTI ESTERNE
I dati a livello nazionale, -geografici, demografici, socio-economici e politici- come ampiamente documentato
nel paragrafo precedente,rilevano dalle ricerche e indagini statistiche annuali delle organizzazioni
internazionali impegnate nel campo dello sviluppo, quali la Banca Mondiale, Il Fondo Monetario
Internazionale, le Nazioni Unite, in particolare il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) e se
ne è usufruito a partire da pubblicazioni o da testi ufficiali raccolti su internet nei siti ufficiali delle
organizzazioni.
Per i dati regionali, risulta molto più difficile contestualizzarli in modo oggettivo e sistematico.
Per alcuni si è fatto riferimento al PRSP Document 2004 (Poverty Reduction Strategy Paper) e il Second
Poverty Reduction Strategy Paper – An Agenda for Change 2008-2012, la maggior parte, però, sono rilevati
da osservazioni e testimonianze dirette e raccolte dati interne, quindi informazioni non riscontrabili in
documenti pubblici, ma sicuramente non meno rilevanti sul piano sostanziale. Questo perché non ci sono
raccolte dati sistematiche a livello regionale, in particolare riguardanti i villaggi e le zone rurali distanti dai
centri abitati più popolati.
33
FONTI INTERNE
Altri dati più in particolare riferiti al contesto territoriale specifico di attuazione del progetto, quindi, sono stati
raccolti tramite ricerche e indagini svolte sul terreno dalle istituzioni diocesane, quali la stessa CGPDU e il
suo ramo legale Access to Justice, l’Università di Makeni, l’Ufficio Educazione della Diocesi di Makeni, i
distretti sanitari zonali, altri ancora tramite testimonianze dirette di chi lavora ogni giorno a fianco della
popolazione: sacerdoti, missionari, insegnanti, educatori.
Vanno menzionate alcune ricerche interne che hanno costituito un riferimento importante, realizzate dalla
CGPDU all’interno dei progetti in partenariato con Caritas Italiana:
From peacekeeping to peacebuilding, 2004
Impact assessment on the Rapid Response Initiative and National Commission for Social Action;
Impact Assessment on Service Delivery in Koinadougu District 2004-2009
Impact Assessment on Service Delivery in Kambia and Port Loko District 2010
Paramount Chiefs short term observation mission report 2009-2010
Strategic Plan 2010-2014
Analisi del territorio
Il Progetto si realizza nella Regione Nord della Sierra Leone (cfr. mappe 4 e 5 di seguito riportate) che
comprende 5 distretti amministrativi: Bombali, Tonkolili, Koinadugu, Port Loko e Kambia. Il capoluogo
della regione è la città di Makeni, che si situa nel distretto di Bombali, sede della Diocesi, della Commissione
Giustizia, Pace e Diritti Umani, -nonché dell’Università, di Radio Maria Sierra Leone, della Caritas locale e
della Congregazione delle Sorelle di Maria Immacolata, enti con cui Caritas italiana ha stabilito negli anni
una costante collaborazione- e sede dei volontari in servizio civile.
In termini di superficie i 5 distretti amministrativi rappresentano la metà del Paese; la regione copre infatti
un’area di 35.936 km2 ed ha una popolazione di 1.818.240 abitanti secondo i dati del censimento del 2004.
Mappa 4
Mappa 5
Morfologia e clima
La regione del nord confina esclusivamente con la Repubblica di Guinea con la quale comunica attraverso
due vie di passaggio, tramite il distretto di Kambia e quello di Koinadugu.
I cinque distretti che compongono la regione presentano una certa uniformità morfologica e climatica.
Il territorio, principalmente pianeggiante nel centro-sud della regione, presenta dei rilievi verso nord-est in
coincidenza con il distretto di Koinadugu.
Un sistema fluviale abbastanza ricco permette un accesso discreto degli agricoltori per l’irrigazione dei
campi; tuttavia l’accesso all’acqua potabile rimane ancora molto difficoltoso.
La regione gode di un clima caldo umido nella maggior parte dell’anno, essenzialmente continentale nella
parte orientale, mentre nell’area occidentale subisce maggiormente gli effetti della presenza dell’Oceano
Atlantico.
Contesto economico e sociale
Gli indicatori presentati a livello nazionale si rispecchiano perfettamente nella regione nord del paese; va
anzi sottolineato come alcuni dati, soprattutto in riferimento alla produzione economica, all’alfabetizzazione e
34
partecipazione alla vita pubblica e sociale, alla condizione della donna, alla soglia di povertà e mancanza di
servizi sanitari siano accentuati in negativo.
A dimostrazione di ciò, la Second Poverty Reduction Strategy 2008-2012 evidenzia come, in riferimento ai
dati e agli indici di povertà precedentemente menzionati, la Regione nord registri i dati più negativi –
seconda solo alla regione orientale-, e abbia al suo interno tre dei sei distretti più poveri del paese:
Tonkolili, Port Loko e Bombali.
Nella regione l’agricoltura rappresenta l’ 80% delle attività produttive, leggermente inferiore nei distretti di
Kambia e Port Loko che si affacciano sull’oceano, dove si pratica anche la pesca.
L’allevamento e la pesca continentale possono essere considerati un’attività produttiva importante per il
sostentamento familiare. Bisogna comunque sottolineare che il decennio di guerra ha provocato una forte
diminuzione della produzione agricola a causa dell’esodo dalle campagne, degli aiuti umanitari, della fuga
verso i paesi vicini o verso la capitale Freetown. Il processo di ripresa economica e produttiva è dunque
ancora lungo e difficile.
Il conflitto ha infatti pesantemente colpito la regione nord del paese, teatro di saccheggi e distruzioni da parte
dei ribelli: scuole e ospedali distrutti, villaggi assediati e sequestrati, equilibri sociali completamente distrutti
ed economia, anche quella agricola più semplice, pressoché annullata.
Numerose nella regione sono infatti ancora oggi le aree rurali dove l’obiettivo è la sussistenza giornaliera e
dove i fenomeni della vita politica e sociale sono percepiti come lontani e spesso alieni alle condizioni di vita
precarie della quotidianità.
PROBLEMI E BISOGNI – INDICATORI NEL CONTESTO TERRITORIALE DI INTERVENTO
Un’indagine sul terreno nella regione nord del paese è stata svolta dalla CGPDU nel 2010 al fine di
raccogliere dati sui bisogni della popolazione beneficiaria delle sue azioni per l’elaborazione del piano
strategico 2010-2014 (Diocese of Makeni, Justice and Peace and Human Rights Commission, Strategic Plan
2010-2014).
Piuttosto limitata nel campione di intervistati (circa 50 per ognuno dei 5 distretti, per un totale di 250
intervistati), ha considerato come target alcuni attori chiave sul terreno (imam, parroci, rappresentanti delle
donne e dei giovani, consiglieri locali e distrettuali, insegnanti, personale medico e paramedico,
rappresentanti dei villaggi) per rilevare quali fossero da una parte le principali problematiche sul territorio,
dall’altra le priorità di intervento per la Commissione auspicate dalla popolazione.
Le problematiche evidenziate rispecchiano quelle rilevate a livello nazionale (povertà diffusa, mancanza di
istruzione e alfabetizzazione, corruzione, difficile accesso all’acqua, sistema sanitario spesso inaccessibile,
emarginazione e povertà estrema, illegalità diffusa, abusi, fragilità della struttura politica, disagio giovanile e
femminile) e vengono acuite nelle aree rurali e più lontane dai capoluoghi distrettuali e regionali.
In dettaglio, queste sono state le problematiche evidenziate:
-
-
difficile accesso all’acqua potabile;
strutture sanitarie non sufficienti, spesso non all’altezza, di difficile accesso per la
popolazione;
assenza di opportunità di lavoro per i giovani nelle aree rurali;
mancanza di infrastrutture per il miglioramento delle condizioni di vita (pozzi, scuole, centri
di salute, centri ricreativi…)
mancanza di trasparenza e formazione da parte delle autorità (sia tradizionali che elette) e
assenza di chiarezza sui ruoli e le responsabilità;violazioni dei diritti umani, in particolare
sfruttamento dell’infanzia e abusi sulle donne, anche in famiglia, problematica particolare
gravidanze adolescenziali e pre-adolescenziali);
diffusa corruzione delle autorità e di chi occupa posti di potere;
emarginazione completa e difficoltà di sostentamento per disabili, malati mentali,
handicappati;
emarginazione delle donne dalla vita sociale e politica in particolare nelle zone rurali, spesso
a causa dell’analfabetismo);
difficile accesso all’istruzione secondaria.
A partire da questi dati, diffusi dalla CGPDU anche tramite le trasmissioni radiofoniche di Radio Maria e
oggetto di frequenti dibattiti che vedono un’ampia partecipazione della popolazione, estrapolando quelli di
interesse specifico per il progetto, si è cercato di quantificarli, attraverso l’incrocio di informazioni in possesso
dalla stessa CGPDU, dell’Università di Makeni, dei distretti sanitari, degli uffici territoriali governativi (consigli
distrettuali e municipali) e degli uffici regionali delle Nazioni Unite (Unicef e UNIPSIL).
INDICATORI DI DISAGIO RILEVATI NELL’AREA TERRITORIALE
35
Gli indicatori di disagio rilevati sono stati suddivisi in 3 macro-aree in modo da dare un quadro generale
completo dei bisogni ed evidenziare chi, a fianco di Caritas Italiana, della CGPDU, e dei loro partner,
interviene nel territorio con un’offerta di servizi analoghi.
Nota: anche se l’economia e lo sviluppo rurale non sono aree direttamente connesse con la realizzazione
del progetto, i dati risultano importanti sia ai fini dell’individuazione dell’offerta analoga di servizi sul territorio
(molte organizzazioni che si occupano di educazione, si occupano anche di sviluppo rurale), sia perché
diverse attività formative toccano anche i temi della povertà e della promozione dello sviluppo e vanno quindi
ad incrociarsi con gli indicatori di seguito presentati.
ECONOMIA E SVILUPPO RURALE
80% delle attività produttive è rappresentata dall’agricoltura
50% della popolazione vive di agricoltura di sussistenza
40% della popolazione vive di artigianato locale;
<10% della popolazione può dirsi vivere in condizioni agiate (politici, imprenditori, avvocati,
investitori stranieri, in particolare libanesi)
>70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà (2$/giorno)
>30% disoccupazione giovanile nelle zone rurali
ISTRUZIONE E EDUCAZIONE
30% tasso di alfabetizzazione (>15 anni) nella regione
40-45% tasso di alfabetizzazione uomini
20% tasso di alfabetizzazione donne
70% tasso di analfabetismo nelle aree rurali della regione
8% percentuale popolazione femminile >25 anni con almeno istruzione secondaria, 18%
uomini
<5% la popolazione con istruzione universitaria
ILLEGALITA’, GOVERNANCE, PARTECIPAZIONE SOCIALE
>60% popolazione dichiara che una parte della classe politica è corrotta o non trasparente
>50% delle autorità tradizionali e elette locali dichiara non chiari e definiti responsabilità e
doveri reciproci
70% delle donne in aree rurali dichiara di non partecipare alla vita sociale e politica della
comunità e di occuparsi solo dei problemi della famiglia
>70% della popolazione dichiara la sussistenza di violazioni di diritti umani sul territorio (in
particolare donne e infanzia)
>60% della popolazione dichiara di non denunciare le violazioni subite;
>50% della popolazione delle aree rurali dichiara di disinteressarsi alla vita politica
(appartenenti a poche élite e lontana dalla gente comune)
ATTORI OPERANTI SUL TERRENO – ANALISI DELLA DOMANDA E DELL’OFFERTA DI SERVIZI
ANALOGHI NEL CONTESTO TERRITORIALE DI INTERVENTO
Rispetto a tali indicatori di disagio, si possono rilevare nel contesto territoriale di riferimento (regione nord
Sierra Leone, territorio della Diocesi di Makeni) risorse esterne ed interne che cercano di far fronte a tali
problematiche allo scopo di migliorare gli indicatori di disagio.
Per RISORSE ESTERNE si intendono quelle organizzazioni, congregazioni, associazioni… presenti nel
contesto territoriale di riferimento e che cercano di offrire servizi in risposta alla domanda e ai bisogni
indicati.
Per RISORSE INTERNE si intendono invece i partner di Caritas Italiana e della CGPDU della Diocesi,
impegnati anch’essi nella risposta ai bisogni della popolazione.
Di seguito si cerca di presentare un quadro generale delle risorse esterne ed interne che agiscono sul
territorio suddividendole per macro-aree di intervento.
ECONOMIA E SVILUPPO RURALE; ISTRUZIONE ED EDUCAZIONE
1.MISSIONARI GIUSEPPINI
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In Sierra Leone dal 1979, focalizzano la loro attenzione sull’educazione e istruzione dei giovani,
nonché sul loro avviamento professionale. Nel territorio diocesano, in particolare a Lunsar, è
presente una grande scuola secondaria, nonché un centro di avvio alle attività professionali
(Murialdo Vocational Training Institute).
L’attività della Congregazione si completa anche nella realizzazione di progetti di sviluppo nei villaggi
più isolati del territorio, nella ricerca di un miglioramento delle condizioni di vita della popolazione
locale: pozzi, scuole, centri di aggregazione.
2.ENGIM (Ente Nazionale Giuseppini del Murialdo)
Organizzazione non governativa operante in Sierra Leone, nel territorio della regione nord porta
avanti progetti di avviamento al lavoro per i giovani, nonché ha finanziato progetti sviluppo rurale,
quali il sostegno a cooperative, la costruzione di pozzi per l’aumento della sicurezza alimentare nei
villaggi del distretto di Bombali e Port Loko. Porta avanti da diversi anni anche un progetto di
adozioni a distanza per l’assistenza scolastica a bambini e giovani locali.
3.CONGREGAZIONE S. GIUSEPPE DI CLUNY
Presente a Makeni in particolare con una grande scuola per sordo-muti, unica a livello nazionale,
dotata di strumentazione per la misurazione delle difficoltà uditive e di personale specializzato nella
fabbricazione di apparecchi acustici, offre a bambini e ragazzi una formazione di base ma anche
corsi di avviamento professionale.
4.MISSIONARI SALESIANI
Operanti in particolare nel distretto di Port Loko, si occupano in particolare dei giovani, della loro
educazione e animazione: gestiscono una scuola dell’infanzia, una scuola primaria, una scuola
secondaria, un centro di avviamento professionale, un grande centro di animazione giovanile a
Lungi.
2.MISSIONARI SAVERIANI
Si occupano di sviluppo ed educazione. Dapprima impegnati nella costruzione di strutture e
infrastrutture per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione in aree rurali (scuole,
ospedali, centri di salute), oggi focalizzano l’attività nell’educazione dei giovani attraverso scuole
primarie e secondarie e sulla formazione religiosa.
Dal 2010 hanno assunto anche la direzione di Radio Maria Sierra Leone.
3.UNICEF (Ufficio regionale Makeni)
Secondo la sua mission, si occupa di infanzia, della protezione e promozione dei diritti dei bambini.
In particolare nella regione nord ha realizzato un programma a favore degli orphan and vulnerable
children in collaborazione con la CGPDU.
Come risorse INTERNE, nel settore dell’educazione, in particolare dell’istruzione universitaria, opera anche
uno dei partner di Caritas Italiana nella realizzazione del progetto, l’UNIVERSITA’ Di MAKENI; così come
coinvolto nell’area dello sviluppo e dell’educazione professionale è il nuovo partner di Caritas Italiana nel
progetto volontari in Servizio Civile, CARITAS MAKENI. Coinvolta in entrambe le aree anche la
CONGREGAZIONE DELLE SORELLE DI MARIA IMMACOLATA, impegnate nella promozione della donna
e nell’istruzione universitaria in ambito economico-finanziario e tecnico-informatico.
ILLEGALITA’, GOVERNANCE, GIUSTIZIA E PARTECIPAZIONE SOCIALE
1.COMMISSIONE DISTRETTUALE DIRITTI UMANI
Commissione governativa a livello locale, lavora soprattutto nell’ottica di un coordinamento delle
azioni delle diverse organizzazioni locali e internazionali presenti organizzando incontri mensili e
trimestrali, cui anche la CGPDU partecipa. Sviluppa programmi di sensibilizzazione alla protezione
dei diritti, in particolare delle donne e dei minori. Ha lavorato in collaborazione con le agenzie delle
nazioni Unite e le istituzioni locali (tra cui la CGPDU) nelle attività di sensibilizzazione per le elezioni
del 2007 e 2008. Organizza programmi di formazione sui diritti umani per gli insegnanti e animatori
rurali.
2.COMMISSIONE ELETTORALE NAZIONALE (NEC) – UFFICIO REGIONALE MAKENI
Si occupa del censimento e della registrazione degli aventi diritto al voto, nonché di mantenere
relazioni con gli organi locali eletti e tradizionali. Organizza programmi di formazione per operatori
elettorali sul terreno (alcuni volontari della CGPDU vi hanno partecipato nel 2010 in preparazione
alle elezioni del 2012), ha condotto una grande campagna per elezioni libere e democratiche nel
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2007 e 2008 e una capillare attività di monitoraggio per entrambe le elezioni, nonché per le elezioni
dei Paramount Chief nel 2010.
Sta lavorando alla preparazione delle tornate elettorali del 2012; la CGPDU ha contatti regolari con il
coordinatore regionale partecipa agli incontri di coordinamento organizzati.
3.UNITED NATIONS INTEGRATED PEACEBUILDING OFFICE IN SIERRA LEONE (UNIPSIL) – UFFICIO
REGIONALE NORD MAKENI
E’ l’evoluzione della missione di peacekeeping UNAMSIL, focalizza le sue attività nella formazione
alle autorità nazionali e nel monitoraggio della protezione dei diritti umani nel paese. L’ufficio di
Makeni si occupa in particolare dell’area settentrionale coordinando azioni di sensibilizzazione e
incrociando i dati raccolti dalle diverse organizzazioni locali, nonché partecipando ai processi nelle
corti locali e monitorando la situazione nelle prigioni.
Caritas Italiana, coerentemente con la propria mission e la propria principale funzione pedagogica,
nell’ottica di uno sviluppo integrale dell’uomo e della difesa della dignità umana, ha scelto di affiancare la
CGPDU nell’ambito della good governance, la diffusione della legalità, , la tutela dei diritti umani, la
promozione della giustizia e della partecipazione sociale, nella complementarità delle azioni con le altre
organizzazioni operanti nel settore in ambito regionale e nazionale.
Trasversalmente e in partenariato con le altre istituzioni menzionate, opera nel settore dell’educazione,
focalizzandosi in particolare sulla ricerca e la formazione delle comunità di base e delle autorità locali,
in collaborazione con l’Università, le Sorelle di Maria Immacolata, Radio Maria Sierra leone e Caritas
Makeni.
Come infatti si può rilevare dalle organizzazioni sopra menzionate, la CGPDU della Diocesi di Makeni si
inserisce in un terreno poco esplorato a livello regionale soprattutto dopo la fine del periodo
dell’emergenza post-conflittuale; in particolare il ruolo della Commissione risulta peculiare nel
raggiungimento delle aree rurali al di fuori dei capoluoghi distrettuali (Makeni per il distretto di Bombali,
Kabala per Koinadugu, Magburaka per Tonkolili, Kambia per Kambia e Port Loko per il Distretto omonimo)
attraverso sessioni di formazioni per le autorità sul terreno e incontri con la popolazione anche nei
villaggi -sia direttamente sia indirettamente- attraverso la collaborazione con Radio Maria Sierra
Leone.
Proprio la sempre maggiore necessità di raggiungere anche le popolazioni più lontane e di avere
un’organizzazione permanentemente presente su tutto il territorio regionale e non solo nel capoluogo
Makeni, quindi l’importanza di formare leader e operatori di giustizia e pace anche a livello locale, ha portato
negli ultimi anni la Commissione a voler aumentare la propria incidenza sul territorio e quindi a voler rendere
la propria azione più capillare. Attraverso la creazione di Comitati territoriali per il monitoraggio dei Giustizia
e Pace e diritti umani a livello locale (organismi distaccati della CGPDU centrale di Makeni), essendo le
popolazioni stesse a richiedere un numero maggiore di punti di riferimento per le problematiche sopra
esposte.
INDIVIDUAZIONE AREA PRIORITARIA DI INTERVENTO
L’area prioritaria di intervento è dunque quella dell’educazione e promozione culturale, con particolare
attenzione ai temi dell’inclusione e della partecipazione sociale e del monitoraggio dei diritti umani.
Una breve spiegazione della struttura politico-amministrativa del paese e del contesto territoriale di
intervento aiuta a giungere al cuore del problema, quindi all’identificazione della problematica specifica e
degli indicatori quantitativi di bisogno su cui si vuole intervenire per apportare il cambiamento.
Struttura politico-amministrativa
Nonostante un processo di decentralizzazione in corso dal 2004, le comunità locali, soprattutto nei villaggi
delle zone rurali della regione, non sentono come proprie le decisioni prese in ambito governativo anche
locale e non partecipano alla vita sociale, avendo una scarsa consapevolezza dell’importanza del proprio
ruolo all’interno della comunità. Tale dato si accentua poi con riferimento ad alcuni gruppi in particolare, quali
giovani e soprattutto donne.
Le stesse autorità, sia elette che tradizionali, spesso non hanno una formazione specifica sui temi delle
politiche governative, buona gestione delle risorse, leadership, trasparenza, quindi non riescono a gestire
una suddivisione di poteri che spesso diventa sovrapposizione e quindi radice di problemi.
Una breve digressione storica consente di capire meglio il sistema e comprendere come mai in una regione
in cui il sistema tradizionale risulta molto radicato risulti peculiare un’azione di chiarimento e
razionalizzazione delle responsabilità ai vari livelli.
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In Sierra Leone persiste infatti a livello locale (Chiefdom) un parallelismo amministrativo, rappresentato da
una parte dall’autorità statale (o della legalità), ossia i funzionari dell’amministrazione pubblica e i
rappresentanti eletti, e dall’altra dalle autorità tradizionali (o della legittimità), ossia anziani, nobiltà locale e
capi villaggio.
Questi due livelli si sovrappongono costantemente a seconda delle materie di giurisdizione, ma sovente si
confondono creando vuoti di potere, di gestione o addirittura forti conflitti locali.
L’aspetto della competenza sull’amministrazione del territorio nelle sue diverse forme è un fattore che
influenza largamente il progetto di sostegno alla decentralizzazione appoggiato da Caritas Italiana.
I District Council (Consigli distrettuali) erano stati sciolti nel 1972 dall’allora presidente Siaka Stevens. Da
allora tutti i poteri di amministrazione dei 12 distretti del paese sono stati accentrati nella capitale Freetown.
Con la fine della guerra civile e l’inizio della fase di ricostruzione, le autorità sierraleonesi, spinte anche da
alcune organizzazioni internazionali (es. Banca Mondiale, Fondo Mondiale Internazionale, UNDP) hanno
iniziato un processo di decentralizzazione dell’amministrazione come passo fondamentale per la riduzione
della povertà. Il legame tra decentralizzazione e riduzione della povertà -che tra l’altro Caritas Italiana e
Commissione giustizia, pace e diritti umani hanno ritenuto di valorizzare-, è contenuto in due importanti
documenti: il “PRSP Document 2004” (Poverty Reduction Strategy Paper) e il “Vision 2025”.
Entrambi i documenti sono stati elaborati dal governo sierraleonese come piano strategico e d’azione per
ridurre la povertà nel paese attraverso riforme settoriali, con un forte coinvolgimento della società civile.
Il “Local Government Act” del gennaio 2004 ha rappresentato il punto iniziale della decentralizzazione;
attraverso le prime elezioni distrettuali dopo il 1972 sono stai eletti i Consigli Distrettuali e sono state stabilite
le attribuzioni e competenze nella gestione dei distretti.
Questo ha rappresentato una opportunità che Caritas Italiana e la Commissione giustizia, pace e diritti
umani hanno deciso di cogliere, ritenendo importante far rientrare le loro azioni di sviluppo in un quadro
articolato e coordinato di strategie di riduzione della povertà a partire dal livello locale (villaggi) per giungere
fino al regionale e nazionale.
GOVERNO
NAZIONALEPARLAMENTO
CONSIGLI
DISTRETTUALI
RAPPRESENTANTI
CHIEFDOM IN
PARLAMENTO
CONSIGLI MUNICIPALI
(SOLO PER I CAPOLUOGHI
DISTRETTUALI)
CHIEFDOMAMMINISTRAZIONE
TRADIZIONALE
CONSIGLI
LOCALI
CAPI-VILLAGGIO
Fig.: Organizzazione politico-amministrativa
E’ lo stesso governo sierraleonese che nell’Agenda for Change, Second Poverty Reduction Strategy
2008-2012 sottolinea il bisogno a livello nazionale -ma principalmente a livello locale- di un supporto
al governo nell’impegno per il consolidamento della pace, condizione per uno sviluppo sostenibile e
39
per la stabilità del paese, in particolare nelle seguenti aree prioritarie: democrazia e buon governo,
giustizia e sicurezza, capacity building per la pubblica amministrazione.
E nello stesso documento si sottolinea in particolare come sia importante educare le autorità e accrescerne
competenze e capacità in governance, management, leadership e pianificazione degli interventi; ancor più in
dettaglio nel documento si precisa come sia necessario un capacity building sia a livello individuale che
istituzionale, a livello centrale, così come a livello distrettuale e locale, in modo tale che i fondi e le politiche
possano essere effettivamente implementate, monitorate e valutate.
Ma il documento non si ferma ad un’analisi a livello delle autorità; si sottolinea infatti come sia necessario,
per una strategia di riduzione della povertà, focalizzare l’attenzione sui gruppi più vulnerabili all’interno delle
comunità, in particolare sulle donne, spesso emarginate nella società, con un basso livello di
alfabetizzazione e di accesso all’impiego soprattutto nelle aree rurali, vittime di violazioni dei diritti sia a
livello domestico che pubblico, e di abusi, che ancora oggi pagano le conseguenze di cultura e pratiche
tradizionali che non danno loro pari dignità rispetto agli uomini.
Di conseguenza, la Second Poverty Reduction Strategy sottolinea come uno degli obiettivi prioritari sia
eliminare le disparità di genere ad ogni livello con un’attenzione specifica sui seguenti temi: promozione
dell’educazione secondaria per le ragazze, diritto alla salute e protezione dei diritti fondamentali, lotta agli
abusi e alle violenze, promozione della partecipazione e della rappresentanza delle donne in politica e nella
pubblica amministrazione.
PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE
In un’ottica più specificamente regionale, un’analisi condotta congiuntamente dalla CGPDU e da Caritas
Italiana nel 2007 nei cinque distretti della regione nord del paese dal titolo “Civil society involvement in
decentralization and Poverty Reduction process in post-conlict Sierra Leone Northern Region” ha
confermato dalla voce della popolazione stessa (la ricerca è stata condotta nelle comunità intervistando
autorità, persone di riferimento all’interno dei villaggi -insegnanti, saggi, capi-villaggio, operatori sanitari e
della giustizia, polizia-, ma soprattutto gente comune) l’assenza di partecipazione alla vita sociale e civile
delle comunità, la mancanza di massa critica nell’esercizio dei diritti di cittadinanza, la lontananza dalle
decisioni politiche, anche concernenti le comunità locali, prese a livello distrettuale.
Nella tabella che segue sono riportati alcuni dati sul numero degli individui coinvolti nella diagnostica.
Distretto
Bombali
Koinadugu
Port Loko
Tonkolili
Kambia
TOTAL
Uomini
447
293
520
585
408
3.513
Donne
Giovani
427
248
579
570
536
2.360
422
207
336
300
437
1.702
Bambini
15
120
120
140
415
Totale intervistati
1.843
748
1.620
1.620
1.528
5.739
In un’ulteriore ricerca condotta nel 2009 da Access to Justice, ramo legale della CGPDU, sul tema specifico
del women empowerment nella regione nord della Sierra Leone, prendendo in considerazione sia casi
giuridici, sia le testimonianze di donne che hanno subito abusi o violazioni di diritti, sia impegnate nelle
attività commerciali dei mercati di Makeni, si rileva come il problema generale della mancanza di massa
critica e conoscenza dei propri diritti si acuisce quando il target di ricerca sono le donne, soprattutto quelle
che vivono nelle aree rurali.
Nella ricerca sopra menzionata ai fini dell’elaborazione del piano strategico 2010-2014, la CGPDU
dall’analisi dei dati ha rilevato come la popolazione stessa consideri come problemi prioritari
nell’area dei diritti umani
- la violazione dei diritti dell’infanzia e delle donne,
- le dispute territoriali;
in quella della governance e della giustizia sociale
- l’esclusione o la marginalizzazione delle donne,
- i conflitti tra i diversi gruppi politici e tribali che coinvolgono anche le popolazioni locali ad essi
legate (tribalismo) a sfavore di decisioni per il miglioramento delle condizioni di vita della
popolazione,
- la scarsa consapevolezza dei propri ruoli da parte delle autorità politiche e amministrative
- la corruzione
40
In conseguenza di ciò gli intervistati hanno raccomandato alla CGPDU come priorità d’intervento nella
regione:
nella’area dei diritti umani
monitoraggio delle violazioni a livello capillare e formazione delle comunità di base per una
maggiore consapevolezza dei propri diritti e della possibilità di denuncia;
realizzazione di piccole progettualità nelle comunità rurali di formazione e sensibilizzazione;
nell’area della governance e giustizia sociale
formazione e coinvolgimento delle donne alla partecipazione sociale e politica
formazione delle autorità locali al buon governo e alla trasparenza e onestà
sensibilizzazione per elezioni libere e pacifiche per le autorità e la gente comune (diritto al
voto e partecipazione).
SONO DUNQUE QUATTRO LE CRITICITÀ FONDAMENTALI ALL’INTERNO DELLE QUALI POSSONO
ESSERE RAGGRUPPATI GLI INDICATORI DI BISOGNO SU CUI IL PROGETTO INTENDE
INTERVENIRE. RISPETTO AD OGNI INDICATORE SI EVIDENZIA LA SITUAZIONE DI PARTENZA.
1) LIMITATA CONSAPEVOLEZZA DEI DIRITTI UMANI E DELLA LORO DIFFUSIONE NELLE ZONE
RURALI DELLA REGIONE E DELLE MISURE DA ADOTTARE IN CASO DI ABUSI;
Indicatori e situazione di partenza relativa:
1.1 Mancanza di leader/attori chiave/animatori formati su tematiche di giustizia e pace nelle aree periferiche
e rurali: solo il 10% dei leader o stakeholders (attori chiave di riferimento della comunità) nelle
aree rurali possiede nozioni di tutela giuridica e monitoraggio dei diritti umani;
1.2 Scarsa consapevolezza dell’importanza di una cultura dei diritti e della giustizia nelle aree rurali: solo il
30% dei cittadini delle aree rurali è consapevole dei propri diritti e doveri (denuncia abusi, lotta
all’impunità);
2) LIMITATA FORMAZIONE DELLE AUTORITÀ POLITICHE LOCALI: SCARSA COMPETENZA
TECNICA, MANCANZA DI OCCASIONI DI DIALOGO E SCAMBIO CON LA POPOLAZIONE E LE
COMUNITÀ DI BASE; RISCHIO DI CONFLITTI E DISPUTE (PARTITICHE E TRIBALI) IN VISTA
DELLE ELEZIONI PRESIDENZIALI, PARLAMENTARI, AMMINISTRATIVE DEL 2012
Nota:
Per autorità politiche si intendono tutti quei soggetti che a diverso livello esercitano un controllo politico sulle
popolazioni:
- Soggetti della legalità:
Consiglieri distrettuali
Consiglieri locali dei 52 Chiefdoms
- Soggetti della legittimità:
Capi tradizionali
Paramount Chief (capo tradizionale del Chiefdom)
Capi-villaggio
Indicatori e situazione di partenza relativa
N.
SOGGETTI DELLA LEGALITA’
SOGGETTI DELLA LEGITTIMITA’
2.1
Scarsa conoscenza dei doveri amministrativi,
delle responsabilità, dei limiti di potere e delle
aree di possibile intervento nel processo di
decentralizzazione: almeno il 30% delle
autorità locali elette non conosce le aree
operative, i margini di autonomia locale
Scarsa conoscenza del sistema amministrativo
nazionale e del sistema di decentralizzazione e
delega delle competenze dallo statale al locale; si
procede sulla base della tradizione e dei legami
familiari senza considerare principi di legge e di
amministrazione: 50% delle autorità tradizionali
41
previsti dalla legge sulla decentralizzazione
e i limiti di potere nei confronti delle
autorità tradizionali
non conosce i principi della decentralizzazione
e non è a conoscenza dei diritti e doveri
sanciti nella legislazione nazionale(es. Local
Government Act 2004);
2.2
Limitato numero di occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e
cittadini: l’organizzazione di incontri tra cittadini e rappresentanti delle istituzioni avviene
solo in occasioni straordinarie, a livello ordinario si rilevano due incontri formali all’anno
(semestrali) a livello distrettuale e locale
2.3
Assenza di competenze di base su
progettazione a livello locale per aiuti allo
sviluppo (analisi dei bisogni, gestione delle
risorse, amministrazione finanziaria): solo il
50% delle autorità dimostra di conoscere i
principi base della progettazione sociale e
di avere competenze di base in analisi e
gestione amministrativo-finanziaria per
ottenere finanziamenti internazionali ai fini
dello
sviluppo
locale;
finanziamenti
internazionali diretti ai consigli distrettuali
e locali per lo sviluppo locale decentrato
non superano il 5% dei budget disponibili;
2.4
Scarsa collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte
comuni a favore delle comunità locali: assenza di incontri formali tra rappresentanti dei diversi
livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali.
2.5
Potenziale tensione tra i candidati alle elezioni politiche e amministrative dei diversi partiti,
rischio di dispute e accesi confronti con ripercussioni (scontri ulteriori) sulla popolazione, in
particolare sulle fasce giovanili. Nelle ultime elezioni presidenziali si sono verificati più di 100
feriti, almeno 30 arresti in scontri durante manifestazioni in campagna elettorale nella regione nord
(più di 1000 i feriti e più di 200 gli arrestati in tutto il paese); almeno il 10% delle autorità tradizionali
- che dovrebbero restare super partes secondo la legge- hanno sostenuto deliberatamente un
candidato in campagna elettorale.
Assenza di competenze di base su progettazione
a livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei
bisogni, gestione delle risorse, amministrazione
finanziaria): solo il 30% dei soggetti della
legittimità conoscere i principi base della
progettazione sociale e ha competenze di base
in analisi e gestione amministrativo-finanziaria
per ottenere finanziamenti internazionali ai fini
dello
sviluppo
locale;
finanziamenti
internazionali diretti ai chiefdom per lo
sviluppo locale decentrato non superano il 5%
dei budget disponibili.
3) MANCANZA DI FORMAZIONE, MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITÀ DI BASE
NELL’ESERCIZIO DEI DIRITTI DI CITTADINANZA E SCARSA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI
DIRITTI E DOVERI NEI CONFRONTI DELLE AUTORITÀ PUBBLICHE
Indicatori e situazione di partenza relativa:
Nota: Per Comunità di base si intendono sia i comuni cittadini che le associazioni organizzate di settore,
laiche o religiose, associazioni di studenti, associazioni professionali, individui di riferimento nella comunità
(stakeholders) quali insegnanti, operatori sanitari.
3.1 Scarsa conoscenza dei diritti e doveri di cittadinanza e incapacità di difendere i propri diritti:
soprattutto nelle aree rurali, secondo le ricerche sopra menzionate, più del 50% della popolazione
non conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati
internazionali; solo il 20% dei cittadini ricorre alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie senza
l’appoggio o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si
ponga a garanzia;
3.2 Scarsa conoscenza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti
amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della
42
decentralizzazione: solo il 50% dei cittadini è a conoscenza delle leggi statali, dei
provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità, solo
il 30% è consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della
legalità e della legittimità (Local Government Act 2004);
3.3 Limitata consapevolezza dei propri diritti alla partecipazione politica e al voto e delle procedure per
goderne: solo il 50% della popolazione in aree rurali conosce regole e procedure per
esercitare il diritto di voto
4) SCARSA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA VITA SOCIALE E POLITICA DELLA COMUNITÀ
E MANCANZA DI CONOSCENZE DI BASE PER UNA DIFESA DEI PROPRI DIRITTI
Indicatori e situazione di partenza relativa
4.1 Limitata partecipazione delle donne a gruppi per la difesa e promozione dei diritti: presenza delle
donne inferiore a 1/3 nei Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e
Pace attive nella regione nord della Sierra Leone;
4.2 Limitata capacità associativa delle donne: solo il 5% delle donne nelle aree rurali fa parte di
gruppi organizzati per la protezione e promozione di diritti; nell’area territoriale regionale 120
gruppi rurali promossi dalle strutture diocesane, 2400 donne beneficiarie dirette;
4.3 Alto livello di analfabetismo: 80% delle donne nelle aree rurali della regione sono analfabete
(non hanno frequentato la scuola primaria) , il 70% non possiede competenze alfabetiche
basiche(firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto);
4.4 Le donne restano relegate al focolare domestico e non hanno la forza né la consapevolezza di poter
agire per far rispettare i propri diritti e denunciare eventuali abusi o violazioni solo il 20% delle
donne che subiscono abusi domestici si rivolge individualmente alle istituzioni preposte in
assenza di un’organizzazione che faccia da garante e tutela;
4.5 Scarsa consapevolezza dei diritti sanciti nella legislazione nazionale: solo il 30% della popolazione
femminile delle aree rurali è a conoscenza dei principi della legislazione nazionale (3 Gender
Acts) di tutela dei diritti delle donne;
4.6 Scarsa presenza delle donne tra le autorità elette: la percentuale è al 13,2 % nel parlamento
nazionale, non supera il 10% nei consigli distrettuali e locali, mentre nella regione nord non ci
sono donne tra le autorità tradizionali.
DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO
Quadro generale dei beneficiari
Chiari sono a questo punto i destinatari e beneficiari del progetto, sintetizzabili in uno schema grafico:
43
GOV
ERN
LIV SUPERIORE
AUTORITA’ LOCALI
ELETTE E TRADIZ. e
CANDIDATI
LIVELLO INTERMEDIO SUPERIORE
AUTORITA’ RELIGIOSE
LOCALI
LIVELLO INTERMEDIO
INDIVIDUI DI RIFERIMENTO NELLE
COMUNITA’(STAKEHOLDERS): INSEGNANTI,
OPERATORI SANITARI E GIURIDICI, POLIZIA
LIVELLO BASSO
POPOLAZIONI LOCALI – COMUNITA’ DI BASE
SOPRATTUTTO NELLE AREE RURALI
LIVELLO PIU’ BASSO
GRUPPI MAGGIORMENTE VULNERABILI, IN PARTICOLARE DONNE
Fig.: piramide dei beneficiari del progetto, dal livello più basso a quello più elevato
Il progetto si rivolge dunque direttamente alle comunità di base fino a giungere nelle aree rurali della
regione: la CGPDU, infatti, attraverso un’azione capillare sul territorio dei cinque distretti della regione
(grazie al progetto di creazione di Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani nei 5 distretti),
organizza incontri e attività di sensibilizzazione sui diritti dei cittadini, sulla trasparenza nell’amministrazione
e quindi sul buon governo e le opportunità per la popolazione di dialogare con le istituzioni e accedere ai loro
atti pubblici.
Non essendo sempre possibile raggiungere anche i villaggi più lontani, la Commissione, coordinandosi con
Radio Maria Sierra Leone , organizza anche programmi di educazione alla pace, educazione civica,
promozione della giustizia sociale per raggiungere le diverse comunità,
Alternativamente, attraverso workshop e sessioni di formazione su documenti legislativi recenti, sui metodi di
monitoraggio del rispetto dei diritti umani, sulle attività di sensibilizzazione verso le comunità, vengono
formati su tali temi individui di riferimento per le comunità (stakeholders) che a loro volta potranno
formare la popolazione locale.
Da non sottovalutare in questo ambito il dialogo costante che la Commissione porta avanti con le autorità
religiose, che hanno grande influenza e grande impatto sulle comunità locali, soprattutto nelle aree più
remote e che spesso partecipano in prima persona alle sessioni di formazione e ai seminari organizzati,
assumendone a volte anche la leadership.
Ad un livello superiore, il progetto si rivolge direttamente alle autorità locali, sia tradizionali che elette,
organizzando seminari di formazione su temi specifici quali gestione delle risorse nell’amministrazione,
l’analisi di atti legislativi particolarmente importanti quali il Local Government Act 2004, il Child rights, i
Gender Acts, documenti internazionali di protezione dei diritti umani fondamentali.
Nella specificità di questo anno in preparazione alle elezioni politiche e amministrative, il progetto si rivolge
anche specificamente ai candidati elettorali, nell’organizzazione di incontri per garantire un clima pacifico e
elezioni libere e trasparenti.
44
Particolarmente importanti a beneficio delle autorità locali, ma anche, a livello ancor più elevato, nei confronti
delle autorità governative a livello nazionale, le ricerche condotte dalla Commissione in collaborazione con
l’Università di Makeni, su tematiche specifiche quali, ad esempio, la partecipazione delle donne alla vita
politica e nella società civile, le violazioni e gli abusi subiti dalle donne, la soddisfazione nei confronti delle
autorità e dei servizi ricevuti, i bisogni sul territorio: sono ricerche che partono da un’analisi sul terreno per
giungere a raccomandazioni generali indirizzate alle autorità locali e nazionali.
Come sottolineato anche in precedenza, particolare attenzione viene dedicata dal progetto in modo
trasversale ai gruppi più vulnerabili, in particolare dal 2010, secondo le indicazioni della Second Poverty
Reduction Strategy e anche le raccomandazioni del Sinodo dei Vescovi africani, alle donne: a tal proposito,
la CGPDU, avvalendosi della collaborazione delle Suore di Maria Immacolata, Congregazione indiana dal
2009 nella Diocesi di Makeni con una grande esperienza nella realizzazione di progetti a favore delle donne,
cerca di raggiungere anche le donne che vivono nei villaggi più lontani dalla città capoluogo per accrescere
le loro capacità e competenze anche nell’utilizzo delle limitate risorse economiche quotidiane e creare quindi
gruppi in grado di avere una voce più forte e più coraggiosa per la difesa dei diritti della donna e per la
denuncia di eventuali violazioni e abusi.
DATI QUANTITATIVI SUI DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO
.
DESTINATARI DIRETTI
PROBLEMATICA N. 1
LIMITATA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI DIRITTI UMANI E DELLA LORO DIFFUSIONE NELLE
ZONE RURALI DELLA REGIONE E DELLE MISURE DA ADOTTARE IN CASO DI ABUSI;
-
I componenti permanenti dei Comitati territoriali di monitoraggio giustizia, pace e diritti
umani (stakeholders delle diverse comunità), beneficiari dei training e dei seminari di formazione
a Makeni e sul terreno:
20 componenti X 21 Comitati = 420 beneficiari
Attori-chiave all’interno delle comunità di base: animatori, insegnanti, leader religiosi, rappresentanti
delle comunità femminili e dei giovani cattolici e musulmani, esponenti del sistema giudiziario
(polizia, corti)
-
Esponenti delle comunità di base (cittadini comuni) partecipanti alle sessioni formative
aperte sui organizzate sul terreno (nelle aree dei Comitati)
Almeno 50 esponenti x 21 Comitati = 1050 beneficiari
-
Le autorità religiose: sono presenti all’interno di ogni Comitato almeno un imam e un sacerdote
cattolico (o loro rappresentanti) e in alcuni casi anche rappresentanti di altre religioni, i quali
partecipano ai training e alle formazioni e risultano individui fondamentali in caso di risoluzione di
conflitti o di creazione di nuovi gruppi:
2 autorità religiose X 21 Comitati = 42 beneficiari
PROBLEMATICA N. 2
LIMITATA FORMAZIONE DELLE AUTORITÀ POLITICHE LOCALI: SCARSA COMPETENZA TECNICA,
MANCANZA DI OCCASIONI DI DIALOGO E SCAMBIO CON LA POPOLAZIONE E LE COMUNITÀ DI
BASE; RISCHIO DI CONFLITTI E DISPUTE (PARTITICHE E TRIBALI) IN VISTA DELLE ELEZIONI
PRESIDENZIALI, PARLAMENTARI, AMMINISTRATIVE DEL 2012
-
Autorità distrettuali e locali elette e non, beneficiari dei training e dei seminari di formazione
organizzati a Makeni e nei 5 distretti amministrativi:
50 partecipanti per training X 5 distretti = 250 beneficiari;
in particolare per ogni distretto:
5-10 Paramount Chief;
5 rappresentanti del Consiglio distrettuale
20 rappresentanti dei Consigli locali
20 rappresentanti dei Ward Committees (comitati territoriali di sviluppo)
-
Candidati elettorali e autorità partitiche e tradizionali coinvolte:
Beneficiari:
ca. 5 candidati per le presidenziali
45
ca. 100 candidati regione nord per le elezioni parlamentari
ca. 400 candidati per i consigli distrettuali
ca. 200 candidati per i consigli municipali
52 autorità tradizionali (Paramount Chiefs)
Ca. 150 capi-villaggio coinvolti
Totale: 950 beneficiari tra candidati e autorità politiche coinvolte
PROBLEMATICA N.3
MANCANZA DI FORMAZIONE, MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITÀ DI BASE
NELL’ESERCIZIO DEI DIRITTI DI CITTADINANZA E SCARSA CONSAPEVOLEZZA DEI PROPRI DIRITTI
E DOVERI NEI CONFRONTI DELLE AUTORITÀ PUBBLICHE
-
I componenti permanenti dei Comitati territoriali di monitoraggio giustizia, pace e diritti
umani (stakeholders delle diverse comunità), beneficiari dei training e dei seminari di formazione
a Makeni e sul terreno:
20 componenti X 21 Comitati = 420 beneficiari
Attori-chiave all’interno delle comunità di base: animatori, insegnanti, leader religiosi, rappresentanti
delle comunità femminili e dei giovani cattolici e musulmani, esponenti del sistema giudiziario
(polizia, corti)
-
Esponenti delle comunità di base (cittadini comuni) partecipanti alle sessioni formative
aperte sui organizzate sul terreno (nelle aree dei Comitati)
Almeno 50 esponenti x 21 Comitati = almeno 1050 beneficiari
PROBLEMATICA N.4
SCARSA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE ALLA VITA SOCIALE E POLITICA DELLA COMUNITÀ E
MANCANZA DI CONOSCENZE DI BASE PER UNA DIFESA DEI PROPRI DIRITTI
-
Donne, membri dei comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani, beneficiarie dei training
nei Comitati territoriali
3 membri donne in media per ogni Comitato X 21 = 63 beneficiarie
-
Donne delle aree rurali del paese beneficiarie delle sessioni di formazione specifiche sui diritti
femminili e del lavoro specifico sulla formazione dei gruppi di auto-mutuo aiuto per la promozione
delle donne nelle aree rurali:
20 componenti per ciascun gruppo di auto-mutuo aiuto X 120 gruppi già formati (70 nel distretto di
Bombali, 20 nel distretto di Koinadougu, 10 nel distretto di Port Loko, 10 in Kambia, 10 in Tonkolili) =
2400 beneficiarie
20 componenti per ciascuno dei nuovi gruppi da formare x 80 nuovi gruppi = 1600 beneficiarie
Totale donne beneficiarie = 4000
BENEFICIARI INDIRETTI
Per un effetto “a cascata” delle formazioni a rappresentanti delle autorità locali:
Tutti i componenti dei 5 Consigli distrettuali della regione: 25 membri per Consiglio = 125 consiglieri
Tutti i componenti dei Consigli municipali (nelle 5 città capoluogo dei distretti) – 20 membri per Consiglio =
100 consiglieri
I membri dei Ward Committees: 10 membri per ogni Comitato x 50 = 500 membri
1.818.240 abitanti: la popolazione della regione nord della Sierra Leone, zona d’intervento della CGPDU
della Diocesi di Makeni. Possono essere considerati beneficiari del progetto in virtù del lavoro svolto dalla
Commissione attraverso la ricerca sociale, la diffusione delle attività attraverso Radio Maria, i training portati
avanti da operatori di giustizia e pace e animatori di comunità nei villaggi e nelle aree più rurali della regione
CONCLUSIONI
Dall’analisi svolta risultano quindi evidenziate le seguenti 4 principali criticità che attendono una risposta di
tipo progettuale:
1. Limitata consapevolezza dei diritti umani e della loro diffusione nelle zone rurali della
regione e delle misure da adottare in caso di abusi;
46
2. Limitata formazione delle autorità politiche locali: scarsa competenza tecnica, mancanza
di occasioni di dialogo e scambio con la popolazione e le comunità di base; rischio di
conflitti e dispute (partitiche e tribali) in vista delle elezioni presidenziali, parlamentari,
amministrative del 2012;
3. Mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle Comunità di Base
nell’esercizio dei diritti di cittadinanza e scarsa consapevolezza dei propri diritti e doveri
nei confronti delle autorità pubbliche;
4. Scarsa partecipazione delle donne alla vita sociale e politica della comunità e mancanza
di conoscenze di base per una difesa dei propri diritti.
Gruppi
vulnerabili:
donne
Congregazione
Sorelle di Maria
Immacolata
Radio Maria
Sierra Leone
COMMISSIONE
GIUSTIZIA E
PACE
DIOCESI DI
MAKENI
Comunità di
base
Comitati
territoriali
monitoraggio
diritti umani
Caritas
Makeni
Stakeholders
locali e
leader relig.
Autorità
elette e
tradizionali
Università di
Makeni
Fig.: Attori coinvolti a diverso titolo nel progetto
GUINEA
ANALISI DI CONTESTO – DATI GENERALI - LE FONTI
Prima di passare ad un’analisi specifica del contesto in cui si svolge l’azione di Caritas Italiana e dei suoi
partner sul terreno, occorre specificare come i dati raccolti e gli indicatori di disagio che verranno presentati
risultano da due fonti diverse: esterne ed interne.
FONTI ESTERNE
I dati a livello nazionale, -geografici, demografici, socio-economici e politici- come ampiamente documentato
nel paragrafo precedente, rilevano dalle ricerche e indagini statistiche annuali delle organizzazioni
internazionali impegnate nel campo dello sviluppo, quali la Banca Mondiale, Il Fondo Monetario
Internazionale, le Nazioni Unite, in particolare il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP) e se
ne è usufruito a partire da pubblicazioni o da testi ufficiali raccolti su internet nei siti ufficiali delle
organizzazioni.
FONTI INTERNE
I dati riferiti al contesto territoriale specifico di attuazione del progetto, sono stati raccolti da fonti regionali o
prefettorali (es. quelli sanitari dalla Direzione prefettorale e regionale della sanità o dalle rilevazioni
statistiche interne del CMC di Gouécké), ma soprattutto tramite raccolte dati diocesane o tramite
testimonianze dirette di chi lavora ogni giorno a fianco della popolazione: sacerdoti, religiose, insegnanti,
educatori.
47

Beyla
Gueckedou
Sierra Leone
Macenta
Lola
Zone du Projet ADEN
Yomou
Côte
N'Zérékoré
D'Ivo
ire
Liberia
Préfectures de la Région
Administrative de N'Zérékoré
avec les Pays limitrophes
Fig.4: Distretti amministrativi regione forestale
Il progetto si realizza nella Regione Forestale del Paese che conta circa 2.500.000 abitanti, -precisamente
nella Diocesi di N’Zérékoré che comprende 6 prefetture (N’Zérékoré, Beyla, Lola, Yomou, Macenta,
Gouéckedou)-, coinvolge 50 comunità e mira a:
- promuovere e sensibilizzare le comunità di base ad essere prime protagoniste dello sviluppo sociale
dei propri quartieri e villaggi;
- sensibilizzare le comunità alla cittadinanza attiva e alla risoluzione della conflittualità sociale, per
incrementare i livelli di partecipazione e promuovere il dialogo e la riconciliazione e il rispetto dei
diritti;
- aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’igiene e della cura personale per migliorare le
condizioni sanitarie dell’area, in particolare delle aree più rurali.
Come sopra spiegato, infatti, i problemi sanitari e l’instabilità politica e sociale sono due delle priorità a livello
nazionale, così come a livello del territorio di N’Zérékoré.
Tali problemi frenano lo sviluppo e le tensioni politiche e sociali che hanno compromesso anche la stabilità
interna alle singole comunità, innalzato i divari interreligiosi e compromesso qualsiasi dinamica democratica.
Nell’area dell’educazione e della promozione culturale, dunque i settori prioritari d’intervento saranno la
sanità e dello sviluppo sociale e animazione comunitaria, attraverso raccolte dati e il consolidamento del
processo di ripresa sociale attraverso un lavoro con le Comunità di Base di animazione e formazione.
ANALISI DEL TERRITORIO
Morfologia
La Regione Forestale copre il 20% del territorio nazionale; confina con la Sierra Leone nell’area della
Prefettura di Goueckedou, con la Liberia nella zona ovest (Prefetture di Goueckedou, Macenta e Yomou) e
con la Costa d’Avorio a sud e a est (Prefetture di Yomou, N’Zérékoré. Lola e Beyla). I sei distretti che
compongono la regione presentano una certa uniformità morfologica e climatica. Il territorio, infatti, consiste
in un insieme di massicci montagnosi, con una pluviometria che varia tra i 2000 e i 3000 mm annui. Un
sistema fluviale abbastanza ricco consente agli agricoltori di avere una discreta irrigazione dei campi,
tuttavia l’accesso all’acqua potabile rimane ancora difficoltoso; più del 50% della popolazione che vive in
aree rurali, infatti, non ha accesso all’acqua potabile se considerato un raggio di 2 km di distanza
dall’abitazione.
Clima
La Regione Forestale gode di un clima caldo umido nella maggior parte dell’anno, seppur temperato dalla
presenza delle catene montuose, che consentono di avere temperature più miti e quindi più favorevoli ad
uno sviluppo di produzioni agricole (riso, cereali, mais, ortaggi) e allevamento. Il clima è dunque
essenzialmente continentale; l’anno è composto di due stagioni, quella secca (generalmente ottobremaggio) con temperature intorno ai 30-36 gradi centigradi, e quella delle piogge (giugno-settembre) caldaumida con una pluviometria che supera i 2000 mm.
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Economia e infrastrutture
Dalla metà degli anni Ottanta, la Guinea ha progressivamente aperto la sua economia al mercato dopo che,
a partire dal 1958 (anno dell’indipendenza) venne introdotta un’economia fortemente controllata dallo Stato;
gli ultimi anni, però, si sono caratterizzati per una fase di accentuata instabilità politica ed economica che ha
colpito tutte le regioni del paese.
In particolare gli anni 2006-2007 sembrano essere stati gli inizi di un periodo di passaggio che si è
caratterizzato per un inasprimento del conflitto sociale tra la popolazione, la quale rivendicava un
cambiamento radicale delle regole, trasparenza, controllo dei prezzi e garanzia dei servizi di base, e i centri
di potere legati alle istituzioni politiche e all’esercito, che miravano invece a mantenere lo status quo. Gli
scioperi e le rivolte popolari del 2006 e 2007 hanno determinato l’emersione del malcontento e della critica
aperta verso le istituzioni, fattori che hanno provocato conseguenze anche sui dati macroeconomici, i quali
confermano l’estrema precarietà del sistema produttivo - economico del paese, in particolare nelle regioni
rurali.
L’instabilità politica che ha caratterizzato il biennio 2008-2010 ha ancor più aggravato la situazione del paese
e in particolare della regione forestale, dove già sussisteva un livello più grave di povertà: l’aumento dei
prezzi, la diminuzione dell’offerta lavorativa, la disoccupazione e il disagio giovanile, le difficoltà di un sempre
maggior numero di famiglie al sostentamento quotidiano sono dati oggettivi che hanno portato in questi anni
la regione sull’orlo del collasso sociale.
La stessa attività estrattiva, piuttosto sviluppata nella regione, così come lo sfruttamento del legname, ha
subito una grave frenata, così come la fuga di molti investitori stranieri ha avuto ripercussioni negative
sull’occupazione della popolazione.
Secondo i risultati di indagini a livello nazionale fatte negli anni novanta ma che ancora oggi risultano valide
e, semmai, aggravate, infatti, il 40% della popolazione guineana vive al di sotto della soglia di povertà (più
del 50% nella regione forestale), con conseguenti difficoltà di accesso ai servizi essenziali; il fenomeno è
tuttavia più rilevante nelle zone rurali; ad esempio, infatti, il tasso di povertà (indigenti e poveri non indigenti)
raggiunge il 25% della popolazione nella Guinea forestale, mentre si attesta all’11% nella capitale Conakry
(fonte: Enquete intégrale sur le budget de consommation des menage, 1994).
Bisogna inoltre prendere in considerazione il fattore migratorio verso i poli urbani che certamente non
favorisce uno sviluppo costante e un incremento del processo economico-produttivo delle zone rurali e delle
regioni naturali più lontane dalla capitale.
L’assenza o l’inadeguatezza di infrastrutture, in particolare di strade facilmente percorribili, che collegano la
regione forestale alla capitale e che consentano facili collegamenti tra i differenti centri urbani della regione,
non facilitano una crescita economica dell’area ed anche il sistema di piste difficilmente percorribile soprattutto durante la stagione delle piogge- non facilita il movimento delle persone e delle merci, in
particolare nelle zone più periferiche della regione. I lavori ancora in corso (seppure più di 200 km di strada
siano già stati asfaltati) per il miglioramento ed il rifacimento della strada principale che collega N’Zérékoré
alla capitale Conakry (960 km di distanza) potrebbero positivamente influenzare e al contempo determinare
un maggiore sviluppo economico dell’area, favorendo sia il commercio interno che con i paesi confinanti.
Nella Regione Forestale, tuttavia, il settore agricolo rappresenta il cardine dell’economia; anche
l’allevamento può essere considerata un’attività produttiva rilevante per il sostentamento familiare, in
particolare nelle zone rurali e più interne della regione.
Il sistema produttivo dominante è di tipo tradizionale, basato principalmente su un’agricoltura estensiva
(caffè, frutta, cereali, ortaggi), non meccanizzata, che impiega prevalentemente mano d’opera familiare, con
una proporzione del numero di donne che lavorano in tale settore superiore a quella degli uomini.
Il processo principalmente endogeno -dinamico e di estrema importanza- della progressiva creazione di
movimenti contadini e di una rete nazionale dei produttori sembra risultare funzionale dal punto di vista
economico-produttivo e di difesa degli interessi degli agricoltori, sia dal punto di vista generale di apporto
concreto della società civile guineana al dialogo politico con le istituzioni, sia in termini di produzione,
sicurezza alimentare, valorizzazione e conservazione delle risorse naturale e quindi, in generale, in termini di
sviluppo rurale.
Indicatori generali per la regione
ECONOMIA E INFRASTRUTTURE
>50% della popolazione della regione forestale vive sotto la soglia di povertà (2$/giorno)
25% tasso di povertà nella regione forestale (11% nella capitale Conakry)
>30% disoccupazione giovanile nelle aree rurali
Contesto sociale e organizzazione amministrativa
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In Guinea come in molti altri paesi africani persiste a livello locale (Village) un parallelismo amministrativo,
che si concretizza nella presenza da una parte dell’autorità statale, ossia i funzionari dell’amministrazione
pubblica e i rappresentanti eletti, e dall’altra delle autorità tradizionali, rappresentati dagli anziani, dalla
nobiltà locale e dai capi villaggio.
Tale strutturazione è ancor più accentuata nelle aree rurali, dove l’autorità tradizionale è particolarmente
rispettata e alla quale si fa riferimento prima ancora di rivolgersi alle autorità elette per qualsiasi tipo di
problema o conflitto
Questi due livelli si sovrappongono costantemente a seconda delle materie di giurisdizione ma sovente si
confondono creando vuoti di potere, di gestione o addirittura forti conflitti locali.
L’aspetto della competenza amministrativa sul territorio nelle sue diverse forme è un fattore che influenza
largamente il tasso di conflittualità della regione, creando un’instabilità costante nelle strutture amministrative
e governative locali. Una maggiore consapevolezza dei diritti e doveri delle autorità da parte dei cittadini,
nonché un monitoraggio delle risposte che quest’ultime riescono a dare ai bisogni della popolazione,
porterebbe sicuramente a una maggiore responsabilizzazione dei leader.
Un altro elemento rilevante riguarda la partecipazione della popolazione alla vita pubblica del paese (società
civile, partecipazione politica e coinvolgimento sociale): nelle aree rurali più povere, mentre forti sono i
legami tribali e di solidarietà tra le famiglie, la partecipazione alla vita sociale è molto più trascurata e i
problemi della comunità sentiti come lontani. Proprio questo attaccamento al bene tribale più che al bene
comune è stato spesso causa di focolai di tensione nel territorio preso in considerazione.
Una sensibilizzazione al dialogo e al confronto porterebbe sicuramente a poter dare risposte più adeguate ai
bisogni della popolazione; con l’inizio della fase di apertura e liberalizzazione economica le autorità
guineane, infatti, spinte anche da alcune organizzazioni internazionali (Banca Mondiale, Fondo Mondiale
Internazionale, UNDP) hanno ripreso le attività per interventi per la riduzione della povertà, strategia
contenuta nel “PRSP Document 2004” (Poverty Reduction Strategy Paper), che ad oggi tuttavia non trova
valida attuazione.
Giovani e donne, inoltre, gruppi più vulnerabili ma anche attori fondamentali all’interno delle dinamiche della
società, sono spesso emarginati dalla partecipazione pubblica, fattore che si unisce al disagio provocato
dalla scarsità delle opportunità di lavoro per i giovani (elevato tasso di disoccupazione) e dalla frustrazione di
non poter provvedere al sostentamento della famiglia a causa delle difficoltà economiche (in particolar modo
per le donne). Tali situazione sono all’origine di potenziali conflittualità e possono essere superate solo
attraverso un’ampia campagna di sensibilizzazione e coinvolgimento delle comunità alla vita del paese.
Da non sottovalutare come le aspre difficoltà economiche abbiano forti ripercussioni anche nelle dinamiche
Il legame tra sicurezza economica e stabilità sociale è lapalissiano e proprio per questo Caritas Italiana in
collaborazione con l’OCPH ha deciso di cogliere l’opportunità di valorizzare delle risorse umane, come i
volontari in servizio civile, per articolare degli interventi miranti a favorire strategie di dialogo e
riconciliazione, come base per uno sviluppo integrale che mira a ridurre la povertà della regione.
Indicatori generali per la regione
CONTESTO SOCIALE E ORGANIZZAZIONE AMMMINISTRATIVA
30% tasso di disoccupazione giovanile nelle aree rurali
25% tasso di alfabetizzazione nelle aree rurali (40% uomini, 10% donne)
<10% donne con incarichi pubblici a livello comunitario, prefettorale e regionale
Sanità
I dati che si rilevano dalle statistiche delle direzioni prefettorali e regionali della salute sono allarmanti: tassi
di mortalità materna, infantile e giovanile superiori a quelli nazionali, insufficienza delle strutture ospedaliere,
che risultano spesso prive di attrezzature fondamentali e in rottura prolungata di stock di medicinali; assenza
di approvvigionamenti idrici adeguati e di gruppi elettrogeni funzionanti nelle strutture sanitarie pubbliche,
elevato tasso di corruzione del personale medico, infermieristico e paramedico per garantire servizi migliori e
“personalizzati” ai pazienti. La popolazione inoltre, se può facilmente accedere alle consultazioni
ambulatoriali, non ha altrettanta facilità ad adempiere alle prescrizioni mediche a causa degli elevati costi dei
medicinali che nella maggior parte dei casi non sono reperibili nelle strutture sanitarie pubbliche, ma vanno
acquistati nelle farmacie private; difficile anche l’accesso all’ospedalizzazione, in particolare chirurgica, in
particolare dopo un aumento della tariffazione di ca. il 50% avvenuto nel primo semestre 2010.
Anche per questi motivi la popolazione cerca di evitare d rivolgersi alle strutture ospedaliere, cercando
erroneamente cure e rimedi naturali e tradizionali; solo quando il quadro clinico peggiora sensibilmente e
diventa ingestibile ci si reca all’ospedale.
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Scarsa anche la consapevolezza della popolazione relativamente ad alcune regole basilari d’igiene e
prevenzione che potrebbero contribuire a diminuire la percentuale di malattie quali infezioni intestinali, febbri
tifoidi, parassiti, malaria. A tal proposito, tra le raccomandazioni più frequenti dei monitoraggi semestrali
coordinati dalle direzioni regionali e prefettorali della salute (oltre che del Ministero della Sanità) si rileva
l’invito alle strutture sanitarie ad attivare campagne di sensibilizzazione sulla salute della madre e del
nascituro, le regole d’igiene basiche, i rischi della gravidanza e del parto.
Indicatori generali per la regione
SANITA’
4% tasso di mortalità materna registrato negli ospedali della regione (dato 2009)
5,4 tasso di mortalità infantile (<5 anni) registrato negli ospedali della regione (dato 2009)
4,8% tasso di mortalità giovanile (>5 anni – 18 anni) registrato negli ospedali della regione (dato 2009)
Principali cause di ospedalizzazione: 31% malaria grave, 22% salmonella/febbri tifoidi, 16% anemie gravi
(dati 2009, CMC Gouécké)
Problematiche politiche ed etniche
Dal punto di vista della situazione politica ed etnica della regione, si può parlare di tensione latente, che
diviene esplicita quando anche a livello nazionale si vivono periodi di crisi, o nel caso ai aumenti dei prezzi
dei beni di prima necessità (riso, pane) o della benzina.
Nell’ultimo biennio non sono mancati anche episodi di tensioni e intolleranza religiosa, legati però piuttosto a
rivalità tribali ed etniche.
Le conflittualità più rilevanti si registrano tra la maggioranza guerzé e i malinké (anch’essi numerosi nella
regione) e in particolari tra questi due gruppi etnici e i peul (fulani), che sono maggioranza nel paese, ma
minoranza nella regione pur detenendo una buona parte del potere economico e commerciale.
Nelle tensioni verificatesi nel 2010, in particolare nel mese di marzo, si sono affrontati in alcuni quartieri
periferici della città gruppi di giovani malinké contro guerzé, mentre nelle tensioni pre-elettorali nel mese di
maggio prima e di ottobre poi, guerzé e malinké si sono coalizzata contro i peuls.
Indicatori generali per la regione
PROBLEMATICHE POLITICHE ED ETNICHE
Composizione etnica regione forestale:
Guerzé 55%
Malinké 25%
Peul (fulani) 10%
Altri gruppi 10%
ATTORI OPERANTI SUL TERRENO – ANALISI DELL’OFFERTA ANALOGA NEL CONTESTO
TERRITORIALE DI INTERVENTO
Rispetto a tali indicatori, su cui Caritas Italiana intende agire con il progetto dei volontari, si possono rilevare
nel contesto territoriale di riferimento risorse esterne ed interne che cercano di far fronte a tali problematiche
allo scopo di migliorare tali situazioni e con cui Caritas Italiana intende interagire per essere complementari
nell’operatività sul territorio.
Per RISORSE ESTERNE si intendono quelle organizzazioni, congregazioni, associazioni… presenti nel
contesto territoriale di riferimento e che cercano di offrire servizi in risposta alla domanda e ai bisogni
indicati.
Per RISORSE INTERNE si intendono invece i partner di Caritas Italiana e dell’OCPH di N’Zérékoré,
impegnati anch’essi nella risposta ai bisogni della popolazione negli ambito sopra esposti.
Di seguito si cerca di presentare un quadro generale delle risorse esterne ed interne che agiscono sul
territorio suddividendole per macro-aree di intervento.
SVILUPPO E TUTELA DIRITTI UMANI
UNHCR
Si occupa di assistenza umanitaria a profughi, rifugiati, sfollati.
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Organizzazione particolarmente attiva tra la fine degli anni novanta e gli inizi duemila, quando nella regione
sono giunti profughi dalla Liberia, Sierra Leone e soprattutto Costa d’Avorio, ha gestito l’emergenza profughi
realizzando un campo in cui venivano garantiti coperte, cibo, acqua, standard basici di igiene e sicurezza.
Nel corso degli anni è stata portata avanti una politica di ritorno nei paesi d’origine, che ha portato ad avere
ad oggi solo poche decine di famiglie ancora presenti nell’area identificata.
L’ufficio regionale di N’Zérékoré, attualmente composto solo da personale locale) assiste tali famiglie e dallo
scoppio della crisi ivoriana, monitora attentamente la situazione ai confini, inviando camion., viveri e generi
di prima necessità e primo soccorso negli avamposti di frontiera.
L’organizzazione ha a N’Zérékoré una base logistica la cui gestione è coordinata dall’OCPH diocesana,
partner dell’organizzazione sin dall’emergenza profughi del 2001.
UNICEF
Interviene, come in tutto il mondo, nella tutela dei diritti dei minori. A N’Zérékoré in particolare si occupa di
prevenzione all’emergenza e, collegato al settore sanitario, di sensibilizzazione al parto sicuro, alla cura del
bambino e a sistemi di prevenzione per la malaria. Ha portato avanti campagne in tutta la regione per
l’istruzione dei minori, in particolare delle bambine. Ha effettuato distribuzioni gratuite di zanzariere a famiglie
abitanti in villaggi lontani dal capoluogo regionale N’Zérékoré.
UNFPA
Interviene –anche in collaborazione con le autorità sanitarie prefettorali e regionali- nel settori della
prevenzione dell’AIDS attraverso sensibilizzazioni nelle aree rurali e nei villaggi più lontani dal capoluogo
regionale e dalle prefetture. Si occupa anche di programmi di assistenza ai malati di HIV, in particolare
giovani orfani e donne, assistendoli non solo attraverso la fornitura di cibo e beni di prima necessità, ma
anche creando delle piccole cooperative cui viene dato un finanziamento per l’avviamento di attività
artigianali e professionali (tessile, sartoria, fabbricazione del sapone…) Nel 2010 ha lanciato, in particolare
nella regione forestale, una campagna di sensibilizzazione contro le mutilazioni genitali femminili e l’OCPH
diocesana è suo partner in questo progetto.
FAISON ENSEMBLE
Programma di USAID, si occupa in particolare di promozione del processo democratico, lotta alla corruzione,
promozione dei diritti di cittadinanza in particolare del diritto al voto.
Promuove formazioni e attività di sensibilizzazione nelle scuole, così come atelier di formazione per le
autorità governative locali.
ACORD
Organizzazione per la tutela dei diritti umani e la promozione dello sviluppo, l’ufficio regionale di N’Zérékoré
supporta progetti di sostegno a cooperative femminili e focalizza l’attenzione in particolare sulla tutela e
promozione dei diritti umani, portando avanti attività di sensibilizzazione e educazione alla pace, anche in
collaborazione con la Commissione giustizia e pace diocesana.
Nel contesto delle elezioni presidenziali del 2010, ha dapprima avviato una campagna di sensibilizzazione
per l’iscrizione e l’aggiornamento delle liste elettorali, quindi una campagna di sensibilizzazione contro brogli
e corruzione elettorale.
RADIO COMUNITARIA – RADIO RURALE DI N’ZEREKORE
Punto di riferimento per la comunicazione , in particolare verso le aree rurali raggiunte dal segnale in modo
abbastanza capillare, grazie aale trasmissioni in tutte le lingue locali oltre che in francese, è il media più
efficace per raggiungere le popolazioni rirali. Per questo motivo è sovente la “voce” dei progetti delle
organizzazioni sopra citate per la diffusione di messaggi di sensibilizzazione.
SANITA’
Oltre alle strutture sanitarie pubbliche ai diversi livelli dislocate nelle prefetture e sottoprefetture, le seguenti
organizzazioni e strutture sanitarie private offrono servizi nell’ambito della sanità:
OMS
Impegnata in particolare in campagne si sensibilizzazione per la salute materna e in gravidanza e al parto in
sicurezza nelle strutture sanitarie, sostiene le strutture sanitarie pubbliche offrendo kit gratuiti per la chirurgia
del parto cesareo.
Ha portato avanti anche una campagna per l’uso corretto dell’acqua e per la prevenzione e la diagnosi
precoce dell’AIDS.
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UNICEF
Più specificamente nel campo della salute, ha un programma di appoggio alle strutture sanitarie pubbliche
(su richiesta) e alle famiglie per bambini gravemente malnutriti, fornendo kit alimentari e un monitoraggio
dello stato di salute per il miglioramento delle loro condizioni. Porta avanti programmi di sensibilizzazione per
le vaccinazioni delle donne incinte, dei neonati e dei minori, attraverso informazioni nei Centri di salute e
negli ospedali, ma anche appoggiando le autorità sanitarie delle prefetture e della regione nelle vaccinazioni
“porta a porta”. Nel 2009 e 2010 ha portato avanti –a sostegno delle autorità sanitarie locali- campagne di
sensibilizzazione e di vaccinazione all’interno dei villaggi contro la febbre gialla.
CENTRO MEDICO DI N’ZAO (CHIESA EVANGELICA PROTESTANTE)
E’ considerato per attrezzature, organizzazione, competenze mediche, strutture, il miglio centro medico (e
dal 2010 anche chirurgico) nell’area di N’Zérékoré. Situato appena pochi chilometri fuori dalla città, è gestito
da personale espatriato che coordina e supervisiona le attività del personale locale. Possiede tre ambulatori
per le consultazioni giornaliere, un laboratorio di analisi, un servizio ecografia, una farmacia, un servizio
dentistico, un servizio maternità. Dai primi mesi del 2010 è attivo anche il servizio chirurgia con sale di
sterilizzazione, chirurgiche e per l’anestesia dotate di attrezzature avanzate. Vengono periodicamente svolti
anche interventi chirurgici particolari attraverso staff specializzato proveniente generalmente dagli Stati Uniti,
che generalmente non sono possibili nel paese (es. chirurgia maxillo-facciale, chirurgia esofagea).
Le forniture di materiali vengono prevalentemente dall’estero (Stati Uniti), così come quelle dei medicinali
(Europa e Stati Uniti).
Vengono svolte quotidianamente sessioni di sensibilizzazione alla corretta alimentazione, nutrizione dei
bambini, buone pratiche di igiene e sanità all’interno del Centro, nell’attesa delle consultazioni ambulatoriali.
Essendo un Centro privato, la tariffazione degli atti è sensibilmente più elevata rispetto a quella delle
strutture pubbliche, quindi non sempre accessibile a tutte le fasce della popolazione.
Il personale del CMC in diverse occasioni ha avuto occasione di contattare i responsabili per consulenze su
macchinari e medicinali e effettuato visite sul terreno in particolare per l’organizzazione del settore chirurgia
e sterilizzazione.
ASSOCIAZIONE MUTUELLES DE SANTE’
E’ un’associazione locale, supportata da finanziamenti di organizzazioni europee, che fornisce ai cittadini
che intendono associarsi, una sorta di assicurazione che consente loro, una volta pagata la quota
partecipativa annuale, di usufruire delle cure mediche nei Centri convenzionati.
L’Associazione è presente in quasi tutte le prefetture stipula accordi con le strutture sanitarie pubbliche e
private sui servizi che possono essere a carico della mutuelles.
Il sistema prevede il rilascio di un tesserino con foto nominativo delle persone iscritte in modo da avere una
segnalazione chiara per le strutture sanitarie, e un sistema di rimborso mensile dei pagamenti ai centri
partner.
Il CMC ha stipulato con l’Associazione una Convenzione che garantisce agli iscritti delle sotto-prefetture
dell’area interessata la possibilità di usufruire –dietro pagamento della quota annuale- dei seguenti servizi:
maternità, chirurgia, ecografia, urgenze, ospedalizzazione.
MISSION PHILOAFRICAINE – CENTRE DE MACENTA
Centro sanitario specializzato nella cura della TB, è centro di riferimento per la regione in questo ambito.
Dotato di 40 letti per la degenza ospedaliera di medio-lungo periodo, di ambulatori per le visite giornaliere, di
un laboratorio di analisi, ha personale specializzato locale ed espatriato nel trattamento delle tubercolosi,
offrendo non solo un servizio diagnostico e di trattamento sanitario, ma anche di educazione
all’alimentazione, alla prevenzione e alle conseguenza di una malattia come la TB, così come agli
accorgimenti da prendere nel caso in cui un membro della famiglia dovesse contrarre la malattia.
Per quanto riguarda le RISORSE INTERNE, il Centro Medico Chirurgico di Gouécké, come ampiamente
documentato in precedenza, contribuisce all’offerta di servizi sanitari nella regione, in particolare in un’area
rurale quale quella di Gouécké in cui in precedenza non si disponeva di centri chirurgici e per le emergenze.
Caritas Italiana, coerentemente con la propria mission e la propria prevalente funzione pedagogica,
nell’ottica di uno sviluppo integrale dell’uomo e della difesa della dignità umana, ha scelto di affiancare
l’OCPH nell’ambito della promozione dello sviluppo sociale e della tutela e promozione dei diritti
umani, così come nell’ambito della sanità attraverso la sensibilizzazione delle comunità di base, per un
miglioramento dei livelli di povertà della regione, nella complementarità delle azioni con le altre
organizzazioni operanti nel settore in ambito regionale e nazionale.
Come infatti si può rilevare dalle organizzazioni sopra menzionate, l’OCPH si inserisce da un lato, quello
della tutela e promozione dei diritti umani e della promozione dello sviluppo sociale, poco esplorato nella
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regione, se non dalle grandi organizzazioni internazionali che portano avanti nella regione campagne
lanciate a livello nazionale ed internazionale, e poco esplorato in particolare nelle aree rurali e nei villaggi più
lontani dai maggiori centri abitati.
Nel campo della sanità, se maggiore è il numero di organizzazioni che lavorano sul terreno accanto alle
strutture sanitarie pubbliche, pur presenti in modo piuttosto capillare sul territorio (anche se spesso non
funzionali al 100%), dall’altro si cerca di rispondere a una domanda maggiore di servizi sanitari e alla
pressante richiesta di popolazione e autorità politiche e locali di miglioramento degli standard sanitari della
regione, ancora eccessivamente bassi rispetto al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio.
Per questo, accanto all’opera sociale del Centro medico-chirurgico, con tale progetto che mette a
disposizione risorse umane, si è deciso di affiancare l’OCPH e il CMC in un’attività di promozione ed
educazione della popolazione comune delle aree rurali e decentrate.
INDIVIDUAZIONE AREA PRIORITARIA DI INTERVENTO
Il progetto interviene quindi in due settori prioritari: sanità e promozione dello sviluppo, della pace e della
tutela dei diritti umani.
L’area prioritaria di intervento specifica nell’ambito di questi settori è dunque quella dell’educazione e
promozione culturale, con particolare attenzione ai temi dell’inclusione e della partecipazione sociale e
del monitoraggio dei diritti umani (costruzione della pace, riconciliazione, good governance) da un lato e
della sensibilizzazione ed educazione all’igiene e alla sanità dall’altro.
Una breve spiegazione della struttura politico-amministrativa del paese e del contesto territoriale di
intervento aiuta a giungere al cuore del problema, quindi all’identificazione della problematica specifica e
degli indicatori quantitativi di bisogno su cui si vuole intervenire per apportare il cambiamento.
PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE
DATI I SERVIZI OFFERTI DALLA SEDE DI ATTUAZIONE E DAGLI ALTRI SOGGETTI SUL
TERRITORIO, TRE SONO LE CRITICITÀ FONDAMENTALI ALL’INTERNO DELLE QUALI POSSONO
ESSERE RAGGRUPPATI GLI INDICATORI DI BISOGNO IN CUI INTERVIENE L’AZIONE DI CARITAS
ITALIANA. IL PROGETTO INTENDE INTERVENIRE SULLE VARIABILI DI SEGUITO RIPORTATE DI CUI
SI EVIDENZIA LA SITUAZIONE DI PARTENZA.
1) TENSIONE CONFLITTUALE ELEVATA: LIMITATA PRESENZA DI STRUTTURE/ISTITUZIONI DI
EDUCAZIONE ALLA PACE E RICONCILIAZIONE NEL TERRITORIO, MANCANZA DI FORMAZIONE,
MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITA’ DI BASE;
1.1 due sole organizzazioni lavorano attualmente nell’area territoriale identificata nello specifico sulla
promozione della pace, riconciliazione, diritti umani nelle aree rurali, assenza di un
Coordinamento Permanente per il monitoraggio diritti umani, giustizia e pace nel
capoluogo regionale;
1.2 scarsa partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: assenza di strutture
decentrate (cellule territoriali) per il monitoraggio della pace, rispetto diritti umani, tolleranza
etnica e religiosa;
1.3 > 50% delle situazioni conflittuali rilevate nel 2010 nell’area territoriale sono riconducibili a
scontri di natura etnica o affronti tra gruppi (di quartiere o di villaggio, riferibili alle tribù di
appartenenza) avversari, con un’implicazione giovanile elevata: >80% dei cittadini coinvolti
nelle tensioni sono giovani tra i 15 e i 28 anni appartenenti a etnie, religioni e gruppi tribali
differenti, i quali non hanno spazi organizzati di confronto a livello locale;
1.4 assenza di dialogo tra comunità di base (cittadini) e autorità: solo 20% della popolazione
partecipa alle riunioni pubbliche, in maggioranza uomini adulti; mancanza di incontri
pubblici formali organizzati tra cittadini e autorità;
2) SCARSA PARTECIPAZIONE DELLA POPOLAZIONE RURALE ALLA PROMOZIONE DI UNO
SVILUPPO SOCIALE ENDOGENO E ALLA DETERMINAZIONE DELLE PRIORITA’ D’INTERVENTO A
FAVORE DELLE COMUNITA’ DI BASE
2.1 Scarsa attenzione della popolazione dei villaggi e quartieri periferici delle città capoluogo alla
promozione di uno sviluppo sociale sostenibile e duraturo: limitato numero di Comitati di
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sviluppo locali attivi, 2 in tutta l’area territoriale target del progetto su 11 aree target
identificate e assenza di proposte progettuali provenienti dalla base;
2.2 Limitata conoscenza dei bisogni specifici della popolazione sul territorio, in particolare nelle aree
rurali della regione: assenza di un’analisi dei bisogni; limitato numero di progetti sociali e
di sviluppo realizzati nelle aree rurali (60% dei progetti di sviluppo concentrati nell’area di
N’Zérékoré)
3) SCARSA CONSAPEVOLEZZA DELLE REGOLE BASILARI DI IGIENE E SANITA’ PER LA SALUTE
QUOTIDIANA NELLE AREE RURALI DELLA REGIONE
3.1 50% della popolazione rurale non ha nozioni di prevenzione igienico-sanitaria: 60% dei bambini
(4-12 anni) e 30% dei ragazzi (13-18 anni) non conosce le regole elementari di igiene per una
buona salute fisica;
3.2 > 30% delle malattie rilevate nelle strutture sanitarie ha tra le possibili cause scatenanti o
concorrenti una scarsa igiene o scarsa attenzione ai cibi e all’acqua ingerita.
DESTINATARI E BENEFICIARI DEL PROGETTO
Di seguito vengono identificati per ciascuna problematica identificata i destinatari diretti ed i beneficiari
indiretti.
PROBLEMATICA N. 1
TENSIONE CONFLITTUALE ELEVATA: LIMITATA PRESENZA DI STRUTTURE/ISTITUZIONI DI
EDUCAZIONE ALLA PACE E RICONCILIAZIONE SUL TERRITORIO, MANCANZA DI FORMAZIONE,
MASSA CRITICA E PARTECIPAZIONE DELLE COMUNITA’ DI BASE
Destinatari diretti:
20 membri Coordinamento Permanente Giustizia e Pace (rappresentanti e leader della comunità: leader
religiosi e civili, rappresentanti donne, giovani, insegnanti, operatori sanitari, operatori giuridici…)
Membri delle cellule territoriali di monitoraggio pace e diritti umani:
25 membri x 11 aree territoriali identificate (per maggiore facilità di delimitazione territoriale, sono le aree
delle 11 parrocchie diocesane) = 275 membri
Giovani dei quartieri cittadini e rappresentanti delle 11 aree territoriali-target identificate nella
regione:
5 giovani x 10 quartieri di N’Zérékoré = 50 giovani città di N’Zérékoré
10 giovani rappresentanti aree territoriali x 11 aree = 110 giovani a livello regionale
5 rappresentanti delle autorità locali prefettorali, comunitarie e tradizionali) x 11 aree = 55 autorità civili
10 rappresentanti autorità città di N’Zérékoré
3 rappresentanti leader religiosi x 11 aree territoriali = 33 leader religiosi a livello regionale
8 rappresentanti leader religiosi per la città di N’Zérékoré
Beneficiari indiretti:
500.000 giovani sul territorio regionale
2.500.000 abitanti regione forestale
PROBLEMATICA N. 2
SCARSA PARTECIPAZIONE DELLA POPOLAZIONE RURALE ALLA PROMOZIONE DI UNO SVILUPPO
SOCIALE ENDOGENO E ALLA DETERMINAZIONE DELLE PRIORITA’ D’INTERVENTO A FAVORE
DELLE COMUNITA’ DI BASE
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Destinatari diretti
Leader, attori-chiave (stakeholders) delle comunità rurali:
5 rappresentanti x 11 aree territoriali identificate = 55 leader
Membri dei Comitati locali di sviluppo:
10 membri x 11 Comitati di sviluppo = 110 membri
Beneficiari indiretti:
Popolazione regione forestale: 2.500.000 abitanti
PROBLEMATICA N. 3
SCARSA CONSAPEVOLEZZA DELLE REGOLE BASILARI DI IGIENE E SANITA’ PER LA SALUTE
QUOTIDIANA NELLE AREE RURALI DELLA REGIONE
Destinatari diretti:
N. medio pazienti ambulatoriali giornalieri al CMC Gouécké:
25 pazienti al giorno
N. medio pazienti ambulatoriali annuali al CMC Gouécké:
25 x 6 giorni lavorativi x 5 settimane/mese x 12 mesi = 9000 pazienti all’anno (dato 2009)
Rappresentanti Centri di salute delle 5 sotto-prefetture nell’area di competenza del CMC:
1 responsabile per ogni Centro = 5 responsabili
1 matrona per ogni Centro = 5 matrone (addette tradizionali all’assistenza al parto)
Studenti e giovani
Target per ciascuna sotto-prefettura (x 5 sotto-prefetture):
- 1 scuola primaria;
- 1 scuola secondaria;
- 1 centro professionale
N. medio di studenti partecipanti alle sessioni formative:
100 studenti per la scuola primaria;
60 studenti per la scuola secondaria;
40 giovani centri professionali
Totale studenti e giovani per ogni sotto-prefettura: 200 studenti e giovani
200 studenti e giovani per sotto-prefettura x 5 sotto-prefetture = 1000 studenti e giovani
Autorità sanitarie prefettorali e regionali e rappresentanti dei Centri di salute e strutture ospedaliere
(per l’analisi e rielaborazione dati statistici – nelle riunioni semestrali di monitoraggio)
60 rappresentanti a livello regionale
Beneficiari indiretti:
Popolazione delle 5 sotto-prefetture nell’area di competenza sanitaria del CMC: 96.000 abitanti
CONCLUSIONI
Dall’analisi svolta risultano quindi evidenziate le seguenti 3 principali criticità che attendono una risposta di
tipo progettuale:
1) Tensione conflittuale elevata: limitata presenza di strutture/istituzioni di educazione alla pace e
riconciliazione sul territorio, mancanza di formazione, massa critica e partecipazione delle
comunità di base;
2) Scarsa partecipazione della popolazione rurale alla promozione di uno sviluppo sociale endogeno
e alla determinazione delle priorità d’intervento a favore delle comunità di base;
3)
Scarsa consapevolezza delle regole basilari di igiene e sanità per la salute quotidiana nelle aree
rurali della regione
56
BURUNDI
Il Contesto di realizzazione del progetto.
Il progetto si realizza nella città di Bujumbura, la capitale del Paese, situata geograficamente vicino al lago
Tanganyika, il quale mitiga l’altrimenti molto caldo clima della città. L’insediamento si sviluppa a partire dal
1930 per poi rafforzarsi dopo l’indipendenza del Paese dal Belgio avvenuta nel 1962, grazie a forti
migrazioni sia interne sia esterne causate dai conflitti nei vicini Paesi del Rwanda e del Congo. L’ultimo
censimento del 2008 stima in circa 800.000 mila gli abitanti della capitale, dei quali oltre il 10% di origine
congolese, il gruppo di stranieri più numeroso. Bujumbura ha sofferto negli ultimi anni di una intensa
urbanizzazione conseguente al richiamo dalle campagne (spesso insicure e poco redditizie) che ha portato
ad un aumento consistente della sua popolazione. In particolare i flussi di popolazione riguardano i Quartieri
nord della capitale dove vive la metà della popolazione della stessa ed è l’area a più alta densità abitativa
perché qui, grazie ai costi più bassi degli affitti, hanno trovato alloggio la maggior parte delle persone che in
questi anni sono arrivate dalle zone rurali e dai paesi confinanti.
I Quartieri nord
Sono divisi in sei zone: Ngagara, Kamenge, Cibitoke, Kinama, Gihosha e Buterere, e il Centre Jeunes
Kamenge, sede del progetto, si trova al confine tra due di essi Kamenge e Cibitoke.
I quartieri nord sono stati profondamente segnati dall’ultimo conflitto armato: si è combattuto molto al loro
interno, si sono etnicamente divisi rendendo di fatto impossibile la convivenza pacifica tra etnie diverse.
Anche con l’avvento della pace i problemi sono continuati: la maggior parte della popolazione vive in
estrema povertà, sono molto pochi coloro che hanno accesso ad un’attività lavorativa stabile, la maggior
parte vive di lavori saltuari principalmente di piccolo commercio poco redditizio e solitamente portato avanti
dalle donne o attività informali: falegnami, fabbri, ecc. Molti vivono alla giornata inventandosi un lavoro per
poter garantire alla famiglia almeno un pasto al giorno, molti altri invece si danno alla criminalità e alla
violenza, facili grazie al perdurare della diffusione di armi leggere che, come già detto nel capitolo
precedente, le campagne di disarmo non sono servite a limitare.
In sintesi il quadro è quello di una povertà diffusa da periferia di città del sud del mondo a cui bisogna
aggiungere il problema del recente conflitto e una diffusione incontrollata di migliaia di armi leggere; ancora
oggi sono presenti nei quartieri migliaia di munizioni e ancora quasi ogni notte si sentono spari, dovuti per lo
più a rapine. Questa situazione di povertà e violenza diffuse colpisce anche le giovani generazioni che non
iniziano nemmeno o sono costrette ad abbandonare il percorso scolastico perché le famiglie non possono
sostenerli e si trovano costretti ad una vita di strada per garantirsi la sopravvivenza quotidiana.
Nei quartieri nord mancano totalmente stimoli positivi, opportunità lavorative e sociali. I giovani assorbono
quotidianamente la “cultura” della violenza, poiché a Bujumbura si continua a vivere un conflitto armato di
bassa intensità.
PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE
Definita l’area di intervento del progetto in quelli che sono i quartieri nord della capitale Bujumbura ed
evidenziato come gruppo target i giovani, di seguito sono state individuate tre criticità significative con i
relativi indicatori di bisogno
1.Mancanza di prospettive di futuro per i giovani
1.1 Assenza di opportunità lavorative: la mancanza di lavoro è sicuramente uno dei problemi principali per i
giovani, nei quartieri nord: il 60% di giovani dai 20 ai 30 anni è senza un’attività lavorativa stabile in
proprio o presso imprese o servizi. In parte questa situazione è strutturale, in parte però è anche legata
alla mancanza di competenze specifiche e di spirito di iniziativa della popolazione dei quartieri.
1.2 Alti tassi di abbandono scolastico: nei quartieri nord la percentuale è una delle più altre dell’intero
Paese e arriva al 53% per i giovani dopo il terzo anno di scuola secondaria, 16 anni circa. Di questi
almeno la metà giustifica l’abbandono a causa della difficoltà ad avere un luogo adeguato per
concentrarsi nello studio (nei quartieri manca costantemente la corrente rendendo difficile lo studio nelle
ore serali). Di conseguenza si assiste alla crescita del numero di studenti nei primi anni della scuola,
mentre il raggiungimento del diploma è riservato ad una bassa percentuale di persone. L’accesso
all’Università è riservato ad una ristrettissima élite.
1.3 Scarsa qualità dell’offerta scolastica: le scuole dei quartieri nord sono arretrate sia per quanto riguarda
le infrastrutture, solo una delle otto scuole secondarie dislocate nei quartieri possiede un aula di
informatica, sia per quanto riguarda il livello dell’insegnamento poiché il 70% degli studenti non ha i
soldi per pagare le ripetizioni e il solo orario scolastico in classi molto numerose non dà una
57
preparazione sufficiente. Inoltre, negli ultimi anni la media degli scioperi degli insegnanti di scuola
secondaria e università è di due mesi totali, di fatto paralizzando le lezioni per parecchi giorni. Inoltre
talvolta la promozione è comprata o ricattata con vari tipi di prestazioni.
2. Perdurare nei quartieri nord di un clima di violenza diffusa e di prevaricazione che coinvolge direttamente
singoli e gruppi di giovani
2.1 La cultura della violenza si respira in famiglia e in generale nei quartieri nord: almeno il 70% dei giovani
proviene da una famiglia nella quale uno dei membri è stato coinvolto nel recente conflitto armato. Sono
circa 1.000 le vittime di omicidi in un anno nei quartieri
2.2 Violenza giovanile nei quartieri nord: il 21% dei giovani, sia ragazzi sia ragazze, dei quartieri è dedito ad
attività di malavita e banditismo, e di questi il 5% ha avuto o ha problemi di carcere o comunque con la
giustizia. Il 15% dei giovani possiede un arma da fuoco, residuo degli anni della guerra, ereditata d aun
famigliare o acquistata per pochi soldi.
2.3 Giovani e rapporto con la guerra Il 9% di coloro che abbandonano la scuola attorno ai 16 anni cerca di
entrare nell'esercito o nei vari gruppi ribelli, mentre il 20% dei giovani dei quartieri è orfano di padre o
fratelli maggiori uccisi durante il conflitto e mitizza la figura del combattente.
3. Assenza di attività che coinvolgano i giovani in maniera costruttiva attraverso una socializzazione positiva
e conseguente radicamento degli stessi in una vita da sbandati prevalentemente sulla strada
3.1 Mancanza di un ruolo significativo della famiglia : il 15%, dei giovani dei quartieri nord sono orfani di
padre .
3.2 Diffusione di droghe e alcool: il 5% dei giovani dei quartieri nord fa uso abituale di droga, mentre più del
50% si ubriaca spesso e il 10% è alcool dipendente.
3.3 Assenza luoghi di aggregazione Nei quartieri nord vi sono solamente 10 campi sportivi (calcio, basket e
pallavolo), male attrezzati..
3.4 Gruppi giovanili Il 65% dei giovani dei quartieri fa parte di una banda giovanile che si ritrova per girare
tutto il giorno per le strade in cerca di qualsiasi occasione e stimolo.
BENEFICIARI E DESTINATARI DEL PROGETTO
Beneficiari diretti
Come più volte ripetuto il target del progetto qui presentato sono i giovani tra i 15 e i 30 anni che vivono nei
quartieri nord di Bujumbura, circa 100.000 secondo l’ultimo censimento del 2008 (ultimo dato disponibile). La
maggior parte si ritrova però nella fascia di età tra i 20 e i 25 anni. In particolare i giovani interessati devono
iscriversi al Centre Jeunes Kamenge, l’iscrizione è gratuita e da diritto a partecipare a tutte le attività del
Centro rispettando però le regole previste che ogni iscritto è tenuto a sottoscrivere come modalità di
impegno e accettazione delle stesse. Fino ad oggi sono più di 35.600 i giovani che dal 1993 si sono iscritti e
hanno partecipato alle attività del centro. Oggi è frequentato in media, giornalmente da 2.000 giovani che
possono essere considerati i beneficiari diretti del progetto. Non viene fatta distinzione alcuna per
l’ammissione al centro, sono rappresentate tutte le etnie nelle quali è suddiviso il Paese (che frequentano il
centro in percentuali uguali) e anche gli stranieri (in particolare congolesi) e la stessa cosa riguarda
l’appartenenza religiosa (50 % dei ragazzi è cattolico, il 35 % protestante, l’8% mussulmano e il 7% restante
fa riferimento a religioni locali ancestrali). Si calcola che le ragazze che frequentano il CJK siano circa il 15%
degli iscritti, nonostante si proceda all’iscrizione di un ragazzo e una ragazza congiuntamente al fine di
promuovere la frequentazione delle ragazze.
Beneficiari indiretti
Beneficiari indiretti sono le famiglie di provenienza dei giovani che frequentano il Centre Jeunes Kamenge e
tutti gli abitanti dei quartieri nord di Bujumbura che dalla presenza del centro in questi anni hanno tratto
diversi benefici, tra i quali la diffusione di una cultura di tolleranza e nonviolenza, che ripudia la guerra, la
crescita e diffusione di idee costruttive tra i giovani riguardanti il proprio futuro, e quindi il futuro di tutta la
comunità dei quartieri, la possibilità di partecipare ad eventi per la diffusione di una cultura pacifica.
Più in generale, per il numero di giovani che frequentano regolarmente il centro e il valore che ha
l’esperienza del centro stesso nelle loro vite si può ritenere che il progetto faccia un servizio a tutto il Paese
per costruire un domani, si spera migliore e di pace.
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OFFERTA DI SERVIZI ANALOGHI NELL’AREA GEOGRAFICA DI RIFERIMENTO
In altre zone della capitale operano invece altre realtà, come ad esempio la Congregazione dei Salesiani e
l’ONG VIS, Associazione “Oeuvre Don Bosco au Burundi.
-Congregazione dei Salesiani: La Congregazione ha un progetto nei quartieri Nord dal titolo “La città dei
giovani”, e si occupano soprattutto di formazione professionale, con ragazzi dai 7 ai 15 anni.
-ONG VIS: VIS è presente in Burundi dal 2011 a sostengo delle attività del Centro della Cité des Jeunes Don
Bosco di Buterere che si rivolge principalmente ai ragazzi e alle ragazze nella fascia di età compresa tra 8 e
21 anni, nel quale vengono portate avanti attività sociali, educative e formative, di recupero e di promozione
umana. 37 bambini sono accolti presso la Casa di Accoglienza del Centro stesso.
-Associazione "Oeuvre Don Bosco au Burundi": opera in Burundi dal 1962, con esperienze di accoglienza,
educazione e formazione di minori a rischio, minori di strada, rifugiati, sfollati, vittime della guerra ecc.,
offrendo loro servizi di accoglienza, assistenza sanitaria di base, educazione, formazione e sostegno
all'impiego.
REPUBBLICA DI GIBUTI
IL CONTESTO DI REALIZZAZIONE DEL PROGETTO
Il progetto si realizza principalmente nella capitale della Repubblica del Gibuti, dove si trova la Diocesi di
Gibuti, situate al centro della città in una delle principali vie.
La città di Gibuti contiene la maggior parte degli abitanti del paese. Il problema della costante siccità ha
spinto molti clan delle zone rurali e montane a cercare la sopravvivenza verso le zone marine e in particolare
nei centri abitati. Nelle periferie della capitale dagli anni ’70 sono in rapido sviluppo ampi quartieri di
baraccopoli, ma molte persone ancora vivono per le strade del centro. Il maggior numero di queste persone
sono somali, etiopi sfuggiti al loro paese in cerca di un lavoro e nella speranza di una vita migliore. Ogni
giorno arrivano in treno dalla regione di Dire Dawa o a piedi attraverso la Somaliland e la maggior parte di
essi sono donne e bambini. Sono immigrati illegali per lo Stato del Gibuti, pertanto non possiedono alcun
diritto, né accesso alla sanità, né ad un’abitazione, né accesso all’educazione e tanto meno al lavoro.
Rappresentano le classi emarginate e vulnerabili della società, sopravvivono con piccoli impieghi di fortuna e
grazie alla carità dei più benestanti.
Soffrono della mancanza di programmi di accoglienza e di inserimento sociale sia a livello istituzionale che
associativo. La Diocesi di Gibuti è l’unico ente che apre le porte ai bisogni primari degli immigrati clandestini
(sanità e nutrizione) e il suo lavoro è tollerato dallo Stato.
A Gibuti sono presenti un numero importante di associazioni (circa 500 registrate negli ultimi 6 anni) che
affrontano i temi più diversi della realtà sociale gibutiana nel contesto di progetti di educazione, di sanità,
lotta contro l’AIDS, lotta contro la povertà, protezione dell’ambiente, promozione della donna e della famiglia.
Tra queste solo alcune (il Ministero della Promozione della Donna e degli Affari Sociali ne elenca 17)
s’impegnano responsabilmente per lo sviluppo del Paese.
D’altra parte ci si ritrova a confrontarsi con diverse contraddizioni in seno alla maggior parte di esse. Benché
possiedano la denominazione di “organizzazioni non governative”, le associazioni gibutiane sono affiliate al
Ministero della Promozione della Donna e degli Affari Sociali. Questa dipendenza limita il servizio delle
associazioni ad un ristretto bacino di utenti esclusivamente gibutino (cittadini che possiedono una carta
d’identità) e per lo più di religione mussulmana. Inoltre data la mancanza di un controllo effettivo del lavoro
associativo, nella maggior parte dei casi, i membri delle associazioni cercano di trarre un profitto personale
dai finanziamenti ricevuti dalle ambasciate e da organizzazioni straniere, e la realizzazione dei progetti si
riduce ad azioni sporadiche e pubblicitarie.
La Diocesi di Gibuti insiste comunque sulla necessità di lavorare su alcuni programmi in collaborazione con i
diversi organismi e le istituzioni governative senza però perdere l’autonomia dell’ente nelle strategie di
sviluppo del paese. Per questo motivo la Diocesi privilegia l’attivazione di microprogetti e la sua azione si
inserisce all’interno di due importanti carenze:
-
Mancanza di un studio approfondito sulla realtà attuale di Gibuti con riferimento all’ambito delle
nuove povertà;
Mancanza di un quadro di protezione giuridica e sociale per gli immigrati, soprattutto minori.
Le sfide
1. La maggior parte della popolazione di Gibuti, come nella maggior parte dei paesi del terzo mondo, è
composta da bambini e giovani. L’azione della Diocesi si indirizza soprattutto ai bambini e agli adulti.
59
La realtà dei giovani è poco toccata dalle azioni della Diocesi data la mancanza di prospettive per il
futuro e di un terreno che incoraggia alla violenza e all’oziosità.
2. Affinché ci sia un buon rapporto tra le azioni di carità e giustizia, l’opera della Diocesi nel soccorrere i
poveri deve tener conto della promozione di questo rapporto; soprattutto perché tutte le realtà che
quotidianamente affronta la Diocesi rivelano continue ingiustizie.
3. Tenuto conto che la povertà è un campo propizio allo sviluppo di diverse forme di violenze, la
Diocesi di Gibuti s’impegna nell’educazione alla pace a cominciare dalle età infantili per creare una
mentalità di non violenza e di una costruzione positiva della società.
4. La povertà naturale di un paese nel quale manca l’acqua causa la vulnerabilità della popolazione
nomade a tutti i livelli della propria esistenza. La situazione di povertà è generalizzata e la Diocesi si
trova spesso ad agire in casi di emergenza. La sfida che si pone ora la Diocesi è quella di passare
da un’azione di emergenza ad un progetto di sviluppo.
BENEFICIARI E DESTINATARI DEL PROGETTO
Beneficiari diretti
Il progetto gestito dalla Diocesi Gibuti, si rivolge alla “Promozione dei minori”, distinti in due categorie:
I BAMBINI DI STRADA e I MINORI ANALFABETI che vivono nella città di Gibuti.
I BAMBINI DI STRADA che frequentano il Centro Caritas sono principalmente etiopi, somali e meticci di età
compresa tra 7 e 15 anni. Si tratta quasi sempre di bambini sfruttati e discriminati, abbandonati a se stessi a
causa della povertà estrema, dell’allontanamento o della morte della mamma/famigliare. I beneficiari diretti
del progetto sono circa 100 bambini e circa 15 bambine che quotidianamente frequentano il centro dove
ricevono attenzione, assistenza alimentare, cure sanitarie, vestiti, igiene personale.
I MINORI ANALFABETI che frequentano il LEC (Lire, Ecrire, Compter) di Boulaos sono 276 in totale. Si
tratta di ragazzi e ragazze vulnerabili: emigrati, orfani, gibutini senza carta d’identità, alcuni handicappati a
cui la Caritas offre un’istruzione di base.
Beneficiari indiretti
Famiglie/familiari dei minori seguiti dal progetto. L’attività facilita una ripresa dei contatti con i familiari/parenti
rintracciabili e quindi ricostruisce le relazioni familiari. Tutta la società gibutina beneficia del progetto, poiché
le attività investono sulle generazioni che saranno protagoniste del futuro del Paese. Il progetto contribuisce
alla diminuzione dell’accattonaggio e della micro-criminalità (furti, borseggi); migliora le condizioni sanitarie e
quindi diminuisce i rischi di contrarre malattie contagiose/sessualmente trasmissibili, le tensioni sociali.
I bambini di strada
Fenomeno relativamente recente nella storia di Gibuti, che interessa i bambini fino ai 15 anni,
prevalentemente Somali ed Etiopi, ma con una presenza non trascurabile di gibutini. Si tratta di minori
arrivati nel Paese insieme ad altre persone, o con un solo familiare, madre o fratello, costretti quindi a una
vita di stenti. I gibutini sono minori abbandonati o fuggiti da situazioni familiari di violenza, che vivono in
strada. Sono quasi tutti concentrati a Gibuti sopravvivendo, soprattutto tra rifiuti, mendicità e microcriminalità.
Rappresentano quindi un problema non solo di assistenza, ma di pericolosità sociale. Il loro numero è
difficilmente valutabile, certamente si tratta di alcune centinaia di bambini.
Attualmente la Diocesi Gibuti, segue circa 100 bambini.
L’ azione si concentra sull’aiuto a minori in situazioni difficili, accogliendoli nei locali della Diocesi in un
Centro di accoglienza per i bambini di strada. Il progetto coinvolge minori etiopi (di maggioranza oromo,
afar), somali (issa), gibutini e meticci senza documenti, di età compresa tra i 7 e i 15 anni. Si dà precedenza
ai minori particolarmente vulnerabili che sfruttati nel lavoro o vittime della prostituzione.
Ogni giorno arrivano al Centro tra i 90 e i 100 bambini. La povertà endemica, l’insicurezza e le violenze
familiari nel loro Paese di origine (Etiopia, regione Dire-Dawa, Somalia, regione Somaliland) spingono molti
minori a Gibuti nella speranza di una vita migliore. Attraverso un passa parola, arrivano nei locali della
Diocesi, ma la loro presenza non è costante per diversi fattori:
- Le retate della polizia: durante le operazioni di “pulizia della strada” i bambini vengono sorpresi nei
luoghi dove dormono e chiusi in prigione per qualche giorno. Qualcuno viene riportato direttamente alla
frontiera etiopica, dalla quale facilmente riesce a rientrare a Gibuti;
- Le malattie: quando i bambini sono malati a causa della malnutrizione, dello sfruttamento, o della
violenza degli adulti dei quartieri, non hanno forze e mezzi per recarsi alla Diocesi;
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- Le regole: tutti i bambini di strada sono abituati a vivere senza regole, oppure con una propria legge
personale che spesso sfocia nella violenza. L’accettazione di orari di apertura e l’obbligo di un
comportamento adeguato all’interno del Centro nel rispetto di tutti, influisce sulla frequenza costante.
Molti dei giovani occupano parte della loro giornata in piccoli impieghi che gli permettono di guadagnare un
pasto, quelli più fortunati riescono a guadagnare un misero salario, che giornalmente non supera mai i 2
euro. I bambini vengono solitamente impiegati in servizi di pulizia in ristoranti, locali e in case di persone
benestanti gibutine, come lucida scarpe, raccolta di bottiglie di plastica e lattine.
Data la discontinuità della presenza dei bambini è difficile portare avanti un programma rigoroso. E’
necessario essere flessibile per andare incontro ai loro bisogni, alle loro difficoltà e al loro stile di vita
vagabondo. Lo scopo principale di questo progetto pertanto è quello di dare ai minori di strada un luogo
diurno per proteggersi, per riposarsi, dove possano trovare attenzione, assistenza (alimentare, sanitaria,
igienica), una base educativa, e (se richiesto da loro) un aiuto al ritorno nel Paese di origine.
I minori analfabeti:
Il progetto di promozione culturale nella repubblica di Gibuti si inserisce nell’opera di alfabetizzazione gestita
dalla Diocesi di Gibuti, iniziata oltre 30 anni fa. L’attività iniziò nei quartieri popolari della Capitale, in
particolare nel quartiere di Boulaos. All’inizio si trattava di incontri, dove si dispensavano
contemporaneamente corsi di alfabetizzazione, taglio e cucito, puericultura, esclusivamente per ragazze.
Col passare degli anni si è fatta più pressante la necessità di concentrarsi sull’alfabetizzazione, non solo
delle ragazze, ma per chi non aveva più i requisiti per frequentare le scuole, e per ovviare all’analfabetismo
di ritorno che non facilitava l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.
Sono stati così formati i Centri LEC (lire, ecrire, compter, leggere scrivere, calcolare) che interessano un alto
numero di utenti e riscuotono grande ammirazione nella città di Gibuti.
E’ necessario tener conto di un importante cambiamento: si è passati da un analfabetismo che fino a pochi
anni fa colpiva due persone su tre comprese tra i 6 e i 16 anni, fino ad arrivare alla scuola elementare oggi
obbligatoria a partire dai 6 anni. Quest’evoluzione ha però provocato un problema per molti giovani che
hanno superato l’età della scuola dell’obbligo, e che di conseguenza non possono più integrarsi al ciclo
scolare già iniziato, oppure impossibilitati a frequentarlo perché privi dei documenti necessari. Questi giovani
rimangono abbandonati a sé stessi e senza alternative. A questo vanno aggiunte alcune difficoltà particolari:
in città molti giovani non hanno la possibilità di frequentare corsi scolastici e sono più esposti a traffici
“paralleli”, mentre nelle zone rurali, i giovani, che vivono da nomadi, sono costretti a occuparsi degli animali
o di altre attività familiari.
Affinché sia possibile sviluppare altre prospettive di vita, è necessario che questi giovani possano
padroneggiare la lingua francese, lingua ufficiale di Gibuti, e che abbiano qualche rudimento di calcolo e
nozioni di educazione civica e umana.
Il centro LEC di Boulaos nella città di Gibuti è frequentato da 276 allievi con 4 insegnanti.
Il centro affronta quotidianamente problematiche quali:
- la regolarità delle presenze,
- l’assiduità alle lezioni,
- la percentuale di abbandono e la percentuale di coloro che desiderano proseguire lo studio e la formazione
dopo la fine del corso.
Il programma dei corsi LEC è stato adattato in un percorso di tre anni, per 32 settimane all’anno, da
settembre a maggio. Il calendario segue i ritmi dell’istruzione nazionale, ma gli orari giornalieri sono più
flessibili, secondo le esigenze degli allievi.
I 276 alunni sono divisi in 12 gruppi e ogni insegnante ha tre gruppi dove svolge due ore al giorno per
ciascuno. Alla fine dell’anno gli alunni che hanno superato il corso ricevono un diploma mentre gli altri un
attestato.
PROBLEMATICHE SPECIFICHE E INDICATORI SU CUI IL PROGETTO INTENDE AGIRE
Date le informazioni riportate nel paragrafo precedente il progetto vuole intervenire in maniera particolare in
tre aree di bisogno:
A. Emarginazione: circa 100 bambini di strada frequentano il centro della Caritas nella città di Gibuti, di essi
il 40% sono bambine.
Questi bambini vivono in strada in situazioni di emarginazione e violenza, che ripropongono all’interno del
centro (circa 6 atti di violenza al mese).
Le differenze etniche, linguistiche e religiose rappresentano il 90% dei motivi di divisione tra bambini.
61
B. Mancanza di diritti: il 30% dei bambini che frequentano il centro Caritas sono stranieri, rifugiati dai Paesi
vicini in guerra, senza nessun tipo di assistenza sanitaria dalle autorità governative.
C. Alfabetizzazione di base: il 50% dei 249 bambini di strada che frequentano il LEC di Boulaos, a Gibuti,
non è mai andato a scuola, l’altro 50% ha iniziato l’iter scolastico obbligatorio senza concluderlo.
Il 80% del personale impiegato partecipa al 50% delle riunioni di coordinamento e non svolgono nemmeno
un corso di aggiornamento all’anno.
L’ 80% del materiale scolastico viene perduto e deve poi essere riacquistato.
OFFERTA DI SERVIZI ANALOGHI NELL’AREA GEOGRAFICA DI RIFERIMENTO
Non essendoci servizi analoghi offerti da altre entità, le attività delle scuole informali e di assistenza dei
bambini di strada per il recupero di giovani analfabeti, della Diocesi di Gibuti risultano essere le uniche finora
presenti nell’area in modo strutturato. Pertanto, è estremamente importante per la Diocesi di Gibuti
continuare ad offrire questo servizio perché ritiene fondamentale garantire l’istruzione per tutti al fine di dare
ad ogni bambino, che non ha avuto la possibilità di andare a scuola, una chance che gli permetterà di
inserirsi meglio nella società.
8) Obiettivi del progetto:
PREMESSA
Conformemente alla natura di organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di
promuovere “la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana (…) in vista (…) della giustizia
sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica” (art. 1
Statuto); accogliendo l’appello del Santo Padre alla Giornata Mondiale della Gioventù dell’Anno giubilare
("… Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per
imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. Oggi siete qui convenuti per
affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete a essere strumenti di violenza e distruzione;
difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario”…). Caritas Italiana offre una seppur piccola
risposta all’anelito di pace che sale dalle popolazioni vittime di guerre, conflitti armati, vessazioni continue ed
oppressioni, promuovendo la sperimentazione di forme di intervento nonviolente e non armate in situazioni
di crisi.
Il Progetto recepisce e valorizza l’esperienza del servizio civile in zone di crisi che dal 2001 in avanti la
Caritas Italiana ha proposto col Progetto Caschi Bianchi ad oltre 200 giovani obiettori di coscienza e
volontarie/e in servizio civile unitamente agli interventi di Caritas italiana e delle Caritas diocesane in
progetti a livello internazionale.
Le prospettive aperte dalla legge 230/98 (Nuove norme in materia di obiezione di coscienza e servizio civile)
e confermate dalla legge 64/2001 (Istituzione del servizio civile nazionale) relativamente alla possibilità di
attuare progetti di servizio civile all’estero e di sperimentare forme di difesa civile nonviolenta, concorrendo
alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari, riconoscono alla componente civile un ruolo
determinante nel lento e faticoso processo che da un conflitto (sia esso latente o palese) porta dal confronto
al dialogo, fino alla riconciliazione e al perdono, sia sul terreno civile che religioso. Tale istanza, ha ottenuto il
più alto riconoscimento nell’Agenda per la Pace delle Nazioni Unite, attribuendo alla componente civile,
denominata poi ‘Caschi Bianchi’, azioni di mantenimento della pace e ricostruzione della fiducia prima,
durante o dopo un conflitto.
La Rete Caschi Bianchi.
Il presente progetto si inserisce nel quadro delle azioni promosse dalla ‘Rete Caschi Bianchi’, organismo
costituito nel 1998 al fine di collegare iniziative ed esperienze di organismi italiani impegnati a promuovere e
sviluppare forme di intervento civile nelle situazioni di crisi e/o di conflitto.
In particolare gli enti di servizio civile, Gavci, Associazione Papa Giovanni XXIII e Volontari nel mondoFOCSIV, unitamente a Caritas Italiana hanno sottoscritto nel 2001 un accordo specifico ed elaborato un
progetto generale di “Servizio civile in missioni umanitarie e corpi civili di pace – Caschi Bianchi”, nel 2007 gli
stessi organismi hanno aggiornato il quadro di riferimento dei progetti Caschi Bianchi di ciascun ente
sottoscrivendo il documento “Caschi Bianchi Rete Caschi bianchi, un modello di servizio civile”, a cui il
presente progetto si ispira.
Giovani per la riconciliazione.
La proposta dei Caschi Bianchi prevede l’invio all’estero in aree di crisi o conflitto, di volontari e volontarie,
secondo la legislazione vigente, per promuovere, sostenere e sviluppare nelle comunità locali iniziative di
prevenzione, intervento, riconciliazione, valorizzando così i giovani come operatori di pace.
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Una proposta educativa per i giovani e le comunità.
Il Progetto Caschi Bianchi è concepito e realizzato come progetto formativo, a partire dalla ovvia
constatazione che è rivolto prima di tutto a giovani nella fase delle decisioni per il proprio percorso di vita,
rispetto al mondo del lavoro e l’assunzione di responsabilità personali e sociali. Il progetto si propone quindi
un coinvolgimento personale, ai fini di una ricaduta positiva sulle future scelte di vita.
L’obiettivo non è l’invio di “professionisti della pace”, ma l’accompagnamento di giovani all’interno di
esperienze che uniscano l’autonoma responsabilità dei soggetti a momenti di verifica e tutoraggio individuali
e di gruppo, valorizzando le risorse dei contesti specifici di inserimento.
Oltre ad abilitare strettamente all’attività all’estero e ad un proficuo inserimento nel progetto, la formazione è
finalizzata più ampiamente ad offrire percorsi di cittadinanza attiva, di confronto con la complessità della
mondializzazione ed alla comprensione del rapporto tra problematiche internazionali e quelle locali.
Destinatari dell’attività formativa non sono considerati in maniera esclusiva i giovani che partecipano al
progetto, ma anche le comunità di provenienza e di destinazione, come pure le realtà progettuali nei quali si
inseriranno, favorendo e stimolando occasioni di confronto sui temi della pace, nonviolenza e obiezione di
coscienza, mettendo a disposizione strumenti e competenze di base per collegarsi con iniziative all’estero in
aree di crisi o conflitto e/o svolgere attività di informazione – sensibilizzazione in Italia.
In particolare per questo progetto Caritas Italiana vuole valorizzare la sua “prevalente funzione pedagogica”
ponendo attenzione prioritaria alla crescita formativa della persona, accompagnando i giovani e le comunità
in percorsi di responsabilità personale e di assunzione di impegni sociali.
La proposta, rivolta a tutti i giovani, presuppone il coinvolgimento delle loro comunità di provenienza in un
percorso che prevede:
 il confronto sulla dimensione valoriale della prossimità, condivisione e riconciliazione;
 la presenza attiva accanto e dentro le situazioni delle persone e delle popolazioni vittime della
violenza;
 l’acquisizione delle capacità di agire insieme ad altri, moltiplicando le forze nel lavoro di rete e nella
metodologia della mediazione;
 con la necessaria attrezzatura culturale e motivazionale alla comprensione delle problematiche
internazionali e delle radici storiche, psicologiche, religiose dei conflitti.
Il percorso progettuale intende così privilegiare l’ottica dell’investimento e del reinvestimento, in modo da
favorire un ritorno pedagogico, sia per i giovani che partecipano al progetto, che per la comunità di
provenienza così che anch’essa ne esca arricchita. In questa prospettiva si considerare fondamentale
l’azione di animazione e sensibilizzazione.
Dentro al conflitto, insieme alla comunità.
Nei limiti della sperimentazione di una nuova figura di operatore in situazione di crisi, il progetto lungi
dall’esaurirsi in una sorta di “palestra di addestramento”, ha come obiettivo qualificante quello di rispondere
in maniera efficace ai bisogni delle realtà in cui si va ad operare, favorendo il positivo inserimento e l’utile
apporto alle comunità ed attivando con esse iniziative di dialogo e riconciliazione.
Viene favorito uno stile di presenza improntato alla prossimità ed alla condivisione, in vista di azioni orientate
al cambiamento culturale ed al coinvolgimento, nella misura del possibile, delle parti in conflitto, assumendo
quale riferimento culturale ed esperienziale la difesa popolare nonviolenta.
In questo quadro la finalità ultima del progetto è la difesa della patria in modo non armato e nonviolento
attraverso la promozione della pace e la cooperazione internazionale.
FINALITA’ GENERALI
Perseguiti con modalità diverse, rispondenti ai differenti contesti dei paesi nei quali si realizza il progetto:
Proporre ai giovani un percorso personale e comunitario, articolato in esperienza all’estero in zone di crisi,
prestazione del servizio in progetti di costruzione della pace e formazione, in continuità con i valori
dell’obiezione di coscienza al servizio militare;
Sperimentare iniziative di prevenzione, mediazione, trasformazione dei conflitti e riconciliazione, attraverso
la costituzione di comunità di giovani all’estero in servizio civile, contribuendo alla definizione del profilo
professionale di operatore internazionale denominato ‘Casco Bianco’;
63
Favorire l’incontro in contesti internazionali di giovani in servizio civile e giovani locali, per promuovere la
cultura della pace nella prospettiva del superamento delle cause strutturali della violenza e valorizzando le
esperienze di base dei costruttori di pace;
Inserire il servizio civile internazionale in cammini e progetti già avviati tra le chiese, favorendo lo scambio e
l’interazione fra e con le comunità e le istituzioni ecclesiali e civili locali, promuovendo sinergie e integrazioni
nel rispetto delle identità di ciascuno;
Favorire attraverso la crescita umana e professionale dei giovani all’estero, occasioni di scambio e crescita
reciproca tra comunità che inviano e comunità che accolgono, contribuendo alla sensibilizzazione delle
Caritas diocesane e delle chiese locali alle problematiche internazionali della pace e della mondialità.
Date le finalità generali trasversali inerenti il progetto nella usa globalità, gli obiettivi generali e specifici
inerenti i destinatari ed i beneficiari del progetto sono distinti per ciascun paese di realizzazione.
SIERRA LEONE
OBIETTIVO GENERALE DEL PROGETTO
Consolidare la pace e promuovere uno sviluppo sostenibile creando le condizioni per il rafforzamento della
collaborazione tra le comunità di base e le autorità locali al fine di un miglioramento delle condizioni di vita e
della tutela dei diritti della popolazione, in particolare delle donne tra le fasce più deboli.
OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO
Area di intervento: Educazione e promozione culturale
Sede: Commissione giustizia, pace e diritti umani
SITUAZIONE DI PARTENZA degli indicatori di bisogno
(si riportano gli stessi dati evidenziati al punto 7 nella
OBIETTIVI SPECIFICI E
Descrizione del contesto)
INDICATORI (Situazione di arrivo)
1. Limitata consapevolezza dei diritti umani e della
loro diffusione nelle zone rurali della regione e
delle misure da adottare in caso di abusi;
1.1 Mancanza di leader/attori chiave/animatori formati su
tematiche di giustizia e pace nelle aree periferiche e
rurali: solo il 10% dei leader o stakeholders (attori
chiave di riferimento della comunità) nelle aree
rurali possiede nozioni di tutela giuridica e
monitoraggio dei diritti umani;
1.1 Aumento della percentuale di attori
chiave delle comunità nelle aree
periferiche e rurali in possesso di nozioni
di tutela giuridica e monitoraggio diritti
umani: passare dal 10% al 20%
1.2 Scarsa consapevolezza dell’importanza di una cultura
dei diritti e della giustizia nelle aree rurali: solo il 30%
dei cittadini delle aree rurali è consapevole dei
propri diritti e doveri (denuncia abusi, lotta
all’impunità);
1.2 Aumento dei cittadini delle aree rurali
consapevoli su diritti e doveri e misure
da adottare in caso di violazioni: passare
dal 30 al 40% della popolazione rurale
informata e formata
2.
Limitata formazione delle autorità politiche locali:
scarsa competenza tecnica, mancanza di occasioni
di dialogo e scambio con la popolazione e le
comunità di base; rischio di conflitti e dispute
(partitiche e tribali) in vista delle elezioni
presidenziali, parlamentari, amministrative del
2012
2.1 - Scarsa conoscenza dei doveri amministrativi, delle 2.1 Miglioramento della conoscenza dei
responsabilità, dei limiti di potere e delle aree di doveri amministrativi, responsabilità,
possibile intervento nel processo di decentralizzazione: limiti di potere, arre di competenza e
64
almeno il 30% delle autorità locali elette non
conosce le aree operative, i margini di autonomia
locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione
e i limiti di potere nei confronti delle autorità
tradizionali (Local Government Act 2004);
- Scarsa conoscenza del sistema amministrativo
nazionale e del sistema di decentralizzazione e delega
delle competenze dallo statale al locale; si procede
sulla base della tradizione e dei legami familiari senza
considerare principi di legge e di amministrazione:
50% delle autorità tradizionali non conosce i
principi della decentralizzazione e non è a
conoscenza dei diritti e doveri sanciti nella
legislazione nazionale (es. Local Government Act
2004);
2.2
Limitato numero di occasioni di confronto e
dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e
cittadini: l’organizzazione di incontri tra cittadini e
rappresentanti delle istituzioni avviene solo in
occasioni straordinarie, a livello ordinario si rilevano
due incontri formali all’anno (semestrali) a livello
distrettuale e locale, con una presenza media di
cittadini non superiore ai 50 partecipanti per ogni
incontro
2.3 - Assenza di competenze di base su progettazione a
livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei bisogni,
gestione delle risorse, amministrazione finanziaria):
solo il 50% delle autorità dimostra di conoscere i
principi base della progettazione sociale e di avere
competenze di base in analisi e gestione
amministrativo-finanziaria per ottenere
finanziamenti internazionali ai fini dello sviluppo
locale; finanziamenti internazionali diretti ai
consigli distrettuali e locali per lo sviluppo locale
decentrato non superano il 5% dei budget
disponibili;
intervento da parte delle autorità elette e
tradizionali: ridurre dal 30% al 20% della
percentuale di autorità elette non a
conoscenza delle aree operative, dei
margini di autonomia locale previsti dalla
legge sulla decentralizzazione e dei limiti
di potere nei confronti delle autorità
tradizionali; ridurre dal 50% al 30% delle
autorità tradizionali non a conoscenza
dei principi della decentralizzazione e dei
diritti e doveri sanciti nella legislazione
nazionale;
2.2: Crescita delle occasioni di confronto
e dialogo tra istituzioni (elette e
tradizionali) e cittadini: da due a 4
incontri formali all’anno a livello
distrettuale e locale; presenza media dei
cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni
incontro
2.3: Acquisizione competenze di base su
budget, analisi, gestione delle risorse e
progettazione (redazione progetti) a
livello locale per aiuti allo sviluppo da
parte delle autorità per uno sviluppo
locale più sostenibile: passare dal 50% al
60% delle autorità elette e dal 30 al 40%
delle autorità tradizionali della regione
con competenze acquisite; aumentare dal
5 al 7% la percentuale dei finanziamenti
internazionali diretti per lo sviluppo
locale decentrato nei budget distrettuali e
locali
- Assenza di competenze di base su progettazione a
livello locale per aiuti allo sviluppo (analisi dei bisogni,
gestione delle risorse, amministrazione finanziaria):
solo il 30% dei soggetti della legittimità conoscere i
principi base della progettazione sociale e ha
competenze di base in analisi e gestione
amministrativo-finanziaria per ottenere finanziamenti
internazionali ai fini dello sviluppo locale;
finanziamenti internazionali diretti ai chiefdom per lo
sviluppo locale decentrato non superano il 5% dei
budget disponibili.
2.4 Scarsa collaborazione tra i diversi livelli
amministrativi per la realizzazione di proposte
comuni a favore delle comunità locali: assenza di
incontri formali tra rappresentanti dei diversi livelli
amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e
65
2.4 Aumento della collaborazione tra i
diversi livelli amministrativi per la
realizzazione di proposte comuni a
favore delle comunità locali: passare da
0 incontri formali a almeno 6 incontri
locali.
annuali (bimestrali) tra rappresentanti
dei diversi livelli amministrativi nei
calendari dei consigli distrettuali e
locali.
2.5 Potenziale tensione tra i candidati alle elezioni
politiche e amministrative dei diversi partiti, rischio
di dispute e accesi confronti con ripercussioni
(scontri ulteriori) sulla popolazione, in particolare
sulle fasce giovanili. Nelle ultime elezioni presidenziali
si sono verificati più di 100 feriti, almeno 30 arresti in
scontri durante manifestazioni in campagna elettorale
nella regione nord (più di 1000 i feriti e più di 200 gli
arrestati in tutto il paese); almeno il 10% delle autorità
tradizionali - che dovrebbero restare super partes
secondo la legge- hanno sostenuto deliberatamente un
candidato in campagna elettorale.
2.5 Clima pre-elettorale pacifico e
tensioni limitate alla dinamica dei
confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i
feriti e zero (0) arresti per disordini preelettorali; autorità tradizionali imparziali:
zero
(0)
autorità
tradizionali
deliberatamente a sostegno di un
candidato nella campagna elettorale
regionale
3. Mancanza di formazione, massa critica e
partecipazione delle Comunità di Base
nell’esercizio dei diritti di cittadinanza e scarsa
consapevolezza dei propri diritti e doveri nei
confronti delle autorità pubbliche
3.1Scarsa conoscenza dei diritti e doveri di cittadinanza e
incapacità di difendere i propri diritti: soprattutto nelle
aree rurali, secondo le ricerche sopra menzionate,
almeno il 50% della popolazione non conosce i
propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle
leggi statali e dai trattati internazionali; solo il 20%
dei cittadini ricorre alle istituzioni di polizia e/o
giudiziarie senza l’appoggio o il sostegno di una
organizzazione locale, nazionale o internazionale
che si ponga a garanzia;
3.2 Scarsa conoscenza del quadro normativo del paese
(Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti
amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità
legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione:
solo il 50% dei cittadini è a conoscenza delle leggi
statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a
livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità,
solo il 30% è consapevole della diversità di
competenze e ambiti operativi tra i soggetti della
legalità e della legittimità (Local Government Act
2004)
3.1: Miglioramento della consapevolezza
dei cittadini membri delle comunità di
base dei diritti e doveri di cittadinanza e
aumento della capacità di difendere i
propri diritti: passare dal 50% al 60%
della popolazione che conosce i propri
diritti e doveri nella vita pubblica sanciti
dalle leggi statali e dai trattati
internazionali; passare dal 20 al 25% di
cittadini ricorrenti alle istituzioni di
polizia
e/o giudiziarie anche senza
l’appoggio o il sostegno di una
organizzazione locale, nazionale o
internazionale che si ponga a garanzia
3.2 Aumento della consapevolezza del
quadro
normativo
del
paese
(Costituzione,
leggi
elettorali,
provvedimenti amministrativi, ecc..) e
delle competenze delle autorità legali e
tradizionali
nel
quadro
della
decentralizzazione: passare dal 50% al
60% dei cittadini a conoscenza delle leggi
statali, dei provvedimenti amministrativi
adottati a livello locale, dei diritti e dei
doveri delle autorità; passare dal 30 al
40% che è consapevole della diversità di
competenze e ambiti operativi tra i
soggetti della legalità e della legittimità
(Local Government Act 2004)
3.3 Limitata consapevolezza dei propri diritti alla
partecipazione politica e al voto e delle procedure per 3.3 Maggiore consapevolezza dei cittadini
66
goderne: solo il 50% della popolazione in aree rurali delle aree rurali su regole e procedure di
conosce regole e procedure per esercitare il diritto esercizio del diritto di voto: passare dal
di voto
50 al 70% di cittadini informati e formati
nella regione
4. Scarsa partecipazione delle donne alla vita
sociale e politica della comunità e mancanza di
conoscenze di base per una difesa dei propri
diritti
3.4Limitata partecipazione delle donne a gruppi per la
difesa e promozione dei diritti: presenza delle donne
inferiore a 1/3 nelle Comitati territoriali per il
monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace attive
nella regione nord della Sierra Leone;
4.1 Aumento della partecipazione delle
donne a gruppi di difesa e promozione
dei diritti per una migliore difesa dei loro
diritti: almeno 1/3 dei componenti
permanenti donne in tutti i 21 Comitati
territoriali per il monitoraggio dei diritti
umani Giustizia e Pace
3.5 Limitata capacità associativa delle donne: solo il 5%
delle donne nelle aree rurali fa parte di gruppi
organizzati per la protezione e promozione di diritti;
nell’area territoriale regionale 120 gruppi rurali
promossi dalle strutture diocesane, 2400 donne
beneficiarie dirette;
4.2 Aumento del numero di donne
partecipanti a gruppi organizzati a livello
rurale per una crescita dell’autonomia e
delle capacità di gestione delle risorse
quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo
aiuto): da 120 gruppi a 200 nella regione,
da 2400 a 4000 donne coinvolte
3.6 Alto livello di analfabetismo: 80% delle donne nelle
aree rurali della regione sono analfabete (non hanno
frequentato la scuola primaria) , il 70% non possiede
competenze alfabetiche basiche(firma, lettura di
semplici frasi, scrittura dell’alfabeto);
4.3 Acquisizione delle nozioni basilari di
alfabetizzazione (firma, lettura di semplici
frasi, scrittura dell’alfabeto) per le donne
residenti nelle aree rurali e illetterate: 1%
in più della popolazione femminile delle
aree rurali della regione con capacità
alfabetiche basiche
3.7 Le donne restano relegate al focolare domestico e non
hanno la forza né la consapevolezza di poter agire per
far rispettare i propri diritti e denunciare eventuali abusi
o violazioni solo il 20% delle donne che subiscono
abusi domestici si rivolge individualmente alle
istituzioni preposte in assenza di un’organizzazione
che faccia da garante e tutela;
4.4 Acquisizione di nozioni basiche sulle
possibilità di denunce in caso di abusi e
sulla promozione dei diritti di genere: dal
20 al 30% delle donne che subiscono
abusi domestici si rivolge alle istituzioni
preposte per denuncia in caso di abusi
3.8 Scarsa consapevolezza dei diritti sanciti nella
legislazione nazionale: solo il 30% della popolazione
femminile delle aree rurali è a conoscenza dei
principi della legislazione nazionale (3 Gender Acts)
di tutela dei diritti delle donne;
4.5 Miglioramento della consapevolezza
delle leggi nazionali a protezione dei
diritti delle donne: dal 30 al 40% delle
donne nelle aree rurali consapevoli
dell’esistenza di tre Gender Acts in
vigore in Sierra Leone
67
3.9 Scarsa presenza delle donne tra le autorità elette:
la percentuale è al 13,2 % nel parlamento nazionale,
non supera il 10% nei consigli distrettuali e locali,
mentre nella regione nord non ci sono donne tra le
autorità tradizionali.
4.6 Aumento della presenza femminile
nelle istituzioni politiche nazionali e
locali: dal 13,2% al 20% di donne in
Parlamento; dal 10% al 20% nelle
rappresentanze
locali
(consigli
distrettuali e municipali)
GUINEA
OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO
Promuovere una cultura della pace, del dialogo e dello sviluppo sociale partecipato attraverso il
rafforzamento della vita associativa delle comunità di base;
Educare la popolazione delle aree rurali, in particolare le fasce più vulnerabili quali donne e giovani, ad una
maggiore consapevolezza delle norme igienico-sanitarie basilari per un miglioramento delle condizioni di
salute nella regione.
OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO
Area di intervento: Educazione e promozione culturale
Sede: OCPH (Organisation Catholique pour la promotion humaine) N’Zérékoré
SITUAZIONE DI PARTENZA degli indicatori di
bisogno (si riportano gli stessi dati evidenziati nella
OBIETTIVI SPECIFICI E
Descrizione del contesto)
INDICATORI (Situazione di arrivo)
1. Tensione
conflittuale
elevata:
limitata
presenza di strutture/istituzioni di educazione
alla pace e riconciliazione sul territorio,
mancanza di formazione, massa critica e
partecipazione delle comunità di base;
1.1 due sole organizzazioni lavorano attualmente
nell’area territoriale identificata nello specifico
sulla promozione della pace, riconciliazione,
diritti umani nelle aree rurali, assenza di un
coordinamento
permanente
per
il
monitoraggio diritti umani, giustizia e pace
nel capoluogo regionale;
1.1 Aumento della consapevolezza sui temi
della pace, giustizia, riconciliazione
(formare i formatori): rafforzamento della
rete territoriale attiva per l’educazione
alla pace attraverso la creazione di un
Coordinamento Permanente.
1.2 scarsa partecipazione delle comunità di base
alla costruzione della pace: assenza di
strutture decentrate (cellule territoriali) per
il monitoraggio della pace, rispetto diritti
umani, tolleranza etnica e religiosa;
1.2 Aumento della partecipazione delle
comunità di base alla costruzione della
pace: creazione di 11 cellule di Giustizia
e Pace nell’area territoriale identificata;
1.3 > 50% delle situazioni conflittuali rilevate
nel 2010 nell’area territoriale sono riconducibili
a scontri di natura etnica o affronti tra
gruppi (di quartiere o di villaggio, riferibili alle
tribù di appartenenza) avversari, con
1.3 Aumento delle occasioni di confronto e
dialogo tra i giovani dei quartieri di
N’Zérékoré e delle aree rurali: almeno 4
incontri annuali (incontri trimestrali) e
diminuzione dell’incidenza tribale ed
68
un’implicazione giovanile elevata: >80% dei
cittadini coinvolti nelle tensioni sono giovani tra
i 15 e i 28 anni appartenenti a etnie, religioni e
gruppi tribali differenti, i quali non hanno
spazi organizzati di confronto e dialogo a
livello locale;
etnica sulla conflittualità dal 50% al 30%;
1.4 assenza di dialogo tra comunità di base
(cittadini) e autorità: solo 20% della
popolazione partecipa
alle riunioni
pubbliche, in maggioranza uomini adulti;
mancanza di incontri pubblici formali
organizzati tra cittadini e autorità
1.4Aumento del dialogo cittadini-autorità:
dal 20% al 25% della popolazione
coinvolta;
organizzazione
incontri
quadrimestrali di confronto e dialogo tra
leader civili, politici e religiosi e cittadini
2. Scarsa partecipazione della popolazione
rurale alla promozione di uno sviluppo
sociale endogeno e alla determinazione
delle priorità d’intervento a favore delle
comunità di base;
2.1 Scarsa attenzione della popolazione dei
villaggi e quartieri periferici delle città capoluogo
alla promozione di uno sviluppo sociale
sostenibile e duraturo: limitato numero di
Comitati di sviluppo locali attivi, 2 in tutta
l’area territoriale target del progetto su 11 aree
target identificate e assenza di proposte
progettuali provenienti dalla base;
2.1 Maggiore attenzione delle comunità di
base alla promozione dello sviluppo
comunitario: aumento del numero dei
Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a
11; aumento del numero delle proposte
progettuali provenienti dalle comunità
di base (Comitati di sviluppo) a favore
dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1
proposta annuale per ogni Comitato
2.2 Limitata conoscenza dei bisogni specifici della
popolazione sul territorio, in particolare nelle
aree rurali della regione: assenza di un’analisi
dei bisogni; limitato numero di progetti
sociali e di sviluppo realizzati nelle aree
rurali (60% dei progetti di sviluppo concentrati
nell’area di N’Zérékoré)
2.2 Miglioramento della conoscenza dei
bisogni della popolazione sul territorio
per una più mirata risposta alle
esigenze di sviluppo locale: analisi dei
bisogni sistematizzata e elaborazione
piano
operativo
diocesano
per
interventi più puntuali e tempestivi a
favore delle comunità di base e delle
fasce più vulnerabili; aumentare dal
40% al 50% i progetti di sviluppo
realizzati nelle aree rurali
3. Scarsa consapevolezza delle regole basilari
di igiene e sanità per la salute quotidiana
nelle aree rurali della regione
3.1 50% della popolazione rurale non ha nozioni
di prevenzione igienico-sanitaria: 60% dei
bambini (4-12 anni) e 30% dei ragazzi (13-18
anni) non conosce le regole elementari di
igiene per una buona salute fisica;
3.1
Diminuzione
percentuale
della
popolazione priva di conoscenza delle
norme igienico-sanitarie di base: dal
50% al 40% della popolazione rurale;
dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al
20% dei ragazzi;
3.2 > 30% delle malattie rilevate nelle strutture
3.2
Diminuzione del numero di casi di
69
sanitarie ha tra le possibili cause scatenanti o
concorrenti una scarsa igiene o scarsa
attenzione ai cibi e all’acqua ingerita
malattie aventi come cause scarsa
attenzione a cibo, acqua, norme
igieniche: dal 30% al 20% attraverso
una
rilevazione
statistica
sistematizzata
BURUNDI
OBIETTIVO GENERALE DEL PROGETTO
Offrire ai giovani l’opportunità di condividere tempo, esperienze ed impegno per la ricostruzione del tessuto
sociale e civile del paese; aiutandoli a migliorare lo spirito di convivenza civile, il rispetto delle differenze, il
livello di educazione, formazione e di conoscenza, grazie ad un’azione di promozione e partecipazione.
OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO
Area di intervento: Educazione e promozione culturale
Sede: Centre Jeunes Kamenge
SITUAZIONE DI PARTENZA degli indicatori di
OBIETTIVI SPECIFICI E INDICATORI
bisogno (si riportano gli stessi dati evidenziati
(Situazione di arrivo)
nella Descrizione del contesto)
1. Mancanza di prospettive di futuro per i
giovani
1.1. Alti tassi di abbandono scolastico: 53%
per i giovani dopo il terzo anno di scuola
secondaria, 16 anni circa. Di questi almeno la
metà giustifica l’abbandono a causa della
difficoltà ad avere un luogo adeguato per
concentrarsi nello studio
1.1 riduzione di 5 punti il tasso di abbandono
scolastico dei giovani dei quartieri nord nella
fascia di età 15-16 anni
1.2.Scarsa qualità dell’offerta scolastica: solo
una delle otto scuole secondarie dislocate nei
quartieri possiede un aula di informatica
1.2 Organizzazione di corsi di informatica agli
studenti dislocati nelle scuole senza aule di
informatica che frequentano il CJK
2. Perdurare nei quartieri nord di un clima di
violenza diffusa e di prevaricazione che
coinvolge direttamente bande giovanili
2.1 La cultura della violenza si respira in
famiglia e in generale nei quartieri nord:
almeno il 70% dei giovani proviene da una
famiglia nella quale uno dei membri è stato
coinvolto nel recente conflitto armato. Sono circa
1.000 le vittime di omicidi in un anno nei quartieri
nord
2.1 Diminuzione del 10% del numero di vittime
di omicidi durante l’anno nei quartieri nord.
2.2 Violenza giovanile nei quartieri nord: il 21%
dei giovani, sia ragazzi sia ragazze, dei quartieri è
dedito ad attività di malavita e banditismo. Il 15%
dei giovani possiede un arma da fuoco, residuo
degli anni della guerra, ereditata da un famigliare
o acquistata per pochi soldi.
2.2 Partecipazione di almeno 30% degli iscritti
al CJK ad attività organizzate per promuovere
una cultura di pace e di rispetto delle diversità,
ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco
tra i giovani del quartiere.
2.3 Giovani e rapporto con la guerra Il 9% di
70
coloro che abbandonano la scuola attorno ai 16
anni cerca di entrare nell'esercito o nei vari gruppi
ribelli, mentre il 20% dei giovani dei quartieri è
orfano di padre o fratelli maggiori uccisi durante il
conflitto e mitizza la figura del combattente.
2.3 Diffusione della cultura del ripudio alla
guerra come strumento di risoluzione dei
conflitti in almeno il 10% dei giovani che
frequentano il CJK
3. Assenza di attività che coinvolgano i giovani
in maniera costruttiva attraverso una
socializzazione
positiva
e
conseguente
radicamento degli stessi in una vita da
sbandati prevalentemente sulla strada
3.1.Mancanza del ruolo guida della famiglia: il
15%, dei giovani dei quartieri nord (15.000
persone) sono orfani di padre.
3.2.Diffusione di droghe e alcool: il 5% dei
giovani dei quartieri nord fa uso abituale di droga,
mentre più del 50% si ubriaca spesso e il 10% è
alcool dipendente.
3.1 Offerta ai giovani la possibilità di sviluppare
i propri talenti accompagnati da in educatore,
in particolare si prevede di coinvolgere in
queste attività almeno 400 giovani orfani, degli
iscritti al CJK.
3.2 Offerta ai giovani dei quartieri la possibilità
di occasioni di confronto sui problemi personali
che sono costretti ogni giorno ad affrontare.
Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei
giovani che fanno uso abituale di droghe e che
sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso
quotidiano di alcool tra i giovani che
frequentano il CJK
3.3.Assenza luoghi di aggregazione Nei
quartieri nord vi sono solamente 10 campi sportivi
(calcio, basket e pallavolo), (1 ogni 10.000
persone) e male attrezzati.
3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che
frequentano il CJK dei campi sportivi ben
attrezzati presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500)
3.4.Gruppi giovanili Il 65% dei giovani dei
quartieri (circa 65.000 persone) fa parte di una
banda giovanile, che vaga per la città in cerca di
stimoli
3.4 Aumento la partecipazione dei giovani a
tornei, competizioni ed eventi in genere:
creazione di almeno 10 nuovi gruppi (circa
300 persone) giovanili all’anno (tra squadre
sportive e gruppi dediti ad una specifica
attività)
REPUBBLICA DI GIBUTI
OBIETTIVI GENERALI DEL PROGETTO
- Formare giovani coscienti della loro dignità, liberi, responsabili, rispettosi dei Diritti dell’Uomo e dei valori
culturali del proprio paese.
- Formare giovani capaci di aprirsi al mondo e alle responsabilità della vita adulta e di occupare il loro posto
di cittadini per partecipare allo sviluppo del paese.
- Recupero e reinserimento nella società di minori vulnerabili nel rispetto della dignità e dei Diritti dell’Uomo,
per combattere il fenomeno della povertà, prostituzione e criminalità.
- Educazione alla giustizia, alla pace e alla non violenza.
71
OBIETTIVI SPECIFICI DEL PROGETTO
Area di intervento: Educazione e promozione culturale
Sede: Diocesi di Gibuti – sede centrale
SITUAZIONE DI PARTENZA
OBIETTIVI SPECIFICI
INDICATORI
(indicatori di bisogno)
(Situazione di arrivo)
A.Emarginazione: circa 100
bambini di strada
frequentano il centro della
Caritas nella città di Gibuti, di
essi il 40% sono bambine.
Questi bambini vivono in
strada in situazioni di
emarginazione e violenza,
che ripropongono all’interno
del centro (circa 6 atti di
violenza al mese).
Le differenze etniche,
linguistiche e religiose
rappresentano il 90% dei
motivi di divisione tra
bambini.
B. Mancanza di diritti: il
30% dei bambini che
frequentano il centro Caritas
sono stranieri, rifugiati dai
Paesi vicini in guerra, senza
nessun tipo di assistenza
sanitaria dalle autorità
governative.
1. Aumentare la presenza di
bambini che frequentano il centro
Caritas a Gibuti, soprattutto delle
bambine
1.1 Aumento del 10% della presenza
di bambini che frequentano il centro di
Gibuti
1.2 Aumento al 45% della presenza
delle bambine al centro
2. Favorire il dialogo tra bambini,
soprattutto tra diverse etnie,
lingue, religioni.
2.1.Eliminazione totale degli atti di
violenza tra bambini
2.2.Il 70% dei bambini partecipa alle
attività del centro regolarmente
collaborando con gli altri bambini.
2.3. Eliminazione totale dei casi di
divisione tra bambini per motivi etnici,
linguistici e religiosi.
3. Fornire adeguata conoscenza
3.1.diminuzione del 50% delle
igienica e di alimentazione ai
infezioni (intestinali, genitali, ecc..) per
bambini che frequentano il centro. i bambini che frequentano il centro
C. Alfabetizzazione di base: 4.Fornire conoscenze di lingua
francese di base, di calcolo
il 50% dei 249 bambini di
strada che frequentano il
LEC di Boulaos, a Gibuti, non
è mai andato a scuola, l’altro
50% ha iniziato l’iter
scolastico obbligatorio senza
concluderlo.
4.1.80% dei bambini che frequentano
il centro acquisisce una conoscenza
elementare in lingua francese
4.2.50% dei bambini che frequentano
il centro acquisisce conoscenze
sufficienti per eseguire calcoli
4.3.Il 30% dei giovani che
frequentano il centro viene inserito in
centri di alfabetizzazione LEC, e in
centri di formazione professionale.
Il 80% del personale
impiegato partecipa al 50%
delle riunioni di
coordinamento e non
svolgono nemmeno un corso
di aggiornamento all’anno.
5. Migliorare la formazione e
partecipazione dagli operatori del
LEC.
L’ 80% del materiale
scolastico viene perduto e
deve poi essere riacquistato.
6.Evitare la perdita e il cattivo
utilizzo del materiale scolastico
5.1 tutti gli operatori e volontari
sono presenti ad almeno il 75% delle
riunioni di coordinamento
5.2 tutti gli operatori stipendiati
partecipano ad almeno un corso di
aggiornamento rispetto al lavoro che
svolgono
72
6.1.Riduzione del 20% delle spese
relative all’acquisto dei materiali per il
progetto
9)Descrizione del progetto e tipologia dell’intervento che definisca in modo puntuale le attività
previste dal progetto con particolare riferimento a quelle dei volontari in servizio civile nazionale,
nonché le risorse umane dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo:
PREMESSA GENERALE SUL RUOLO E LO STILE DEI GIOVANI IN SERVIZIO CIVILE E
L’ARTICOLAZIONE DELLA PROPOSTA.
Le tecniche e le competenze, unitamente allo stile di presenza, definiscono l’apporto dei giovani in servizio
civile, alla trasmissione ed all’acquisizione di capacità, da parte delle stesse popolazioni locali. Tale
presenza favorisce il rafforzamento delle comunità e l’auto-sviluppo sociale ed economico.
Il progetto punta soprattutto sulle capacità umane e relazionali, lo spirito di servizio, la forte motivazione e
l’assunzione di uno stile di presenza che pone al centro iniziative di promozione umane.
I giovani portano il loro contributo al progetto attraverso la creazione, l’integrazione e/o il rafforzamento di
relazioni fra comunità ‘inviante’ (in Italia) e comunità ‘accogliente’ (all’estero), sperimentando modalità
innovative di analisi, progettazione o realizzazione di iniziative che favoriscono la promozione delle fasce più
svantaggiate della popolazione ed un auto-sviluppo delle comunità locali.
Il loro ruolo presuppone un consapevole inserimento nei contesti di servizio, senza nulla dare per scontato,
coinvolgendo tutti (volontari, operatori professionali, collaboratori, religiosi/e, la comunità locale)
nell’accogliere ogni volta queste figure.
La definizione operativa del ruolo è in capo al responsabile del progetto, in collaborazione con il
responsabile di servizio civile della Caritas diocesana e al/i responsabile/i dell/gli organismo/i all’estero ove si
svolge il servizio. Nell’affidare funzioni e compiti al giovane in servizio civile, va prestata particolare
attenzione alla differenza dagli altri operatori, prevedendo gradualità e considerando la sua peculiarità di
transitare/uscire dall’organizzazione.
Il progetto prevede compiti a prevalente contenuto relazionale, distinguendo fra attività ‘con’ ed attività ‘per’.
Per attività ‘con’ si intendono quelle che prevedono una relazione diretta; per attività ‘per’ quelle indirette atte
a rendere più efficaci le attività ‘con’.
In generale le attività proposte sono riassumibili nella categoria delle attività di partneriato e cooperazione.
Si tratta dello strumento principe della metodologia di azione adottata nell’ambito di Progetti di Cooperazione
allo Sviluppo.Il dialogo, il confronto costante, la condivisione delle risorse, delle dinamiche e dei tempi sono
gli elementi che caratterizzano ogni singola azione di rafforzamento e sostegno di gruppi svantaggiati e
vulnerabili nei Paesi in Via di Sviluppo. La corresponsabilità nei processi decisionali, la compartecipazione
dei poteri e la reciprocità di progettazione degli interventi sono le basi metodologiche di azioni di promozione
dello Sviluppo tese alla diminuzione di circostanze favorevoli al conflitto
Principi, metodologici e di stile degli operatori della Caritas Italiana all’estero:
La metodologia o lo stile adottato nelle attività dagli operatori della Caritas all’estero risponde ai seguenti
principi:
Stile di sobrietà e rispetto della cultura locale
Viene proposto uno stile di presenza nel quotidiano che sia anche testimonianza di sobrietà e di rispetto
della cultura delle popolazioni locali. E’ chiesto agli operatori quindi uno stile di relazione e di vita quotidiana
(uso dei mezzi, vestiario, cibo, ecc.) che tenga conto degli usi, costumi, tradizioni locali e che mantenga
sempre un carattere di sobrietà rispettoso anche delle situazioni di povertà che si vanno ad incontrare.
Stile di presenza improntato sull'ascolto, l'osservazione ed il discernimento
L’ascolto, l’osservazione e il discernimento sono metodo di relazione, condizioni indispensabili per poter
conoscere i bisogni che le persone e le comunità esprimono, e poterli poi affrontare in maniera appropriata.
Il metodo di lavoro non è riconducibile a luoghi e strutture, ma a una sensibilità di comunione e alla passione
per i poveri, la comunità e il territorio. Un metodo costruito sull’incontro, il confronto e la relazione, che invita
a osservare continuamente le persone nella loro età, mobilità, nei disagi che vivono, per evidenziare poi a
tutta la comunità una situazione in cambiamento che chiede nuove scelte, nuovi percorsi e nuove azioni.
La riconciliazione come metodo e approccio educativo: la relazione prima dell'azione
Questo concetto parte dal presupposto che in situazione di conflittualità sociali esplicite o latenti, la
riconciliazione è un processo a medio/lungo termine che può essere favorito assumendo un metodo di
lavoro integrato che nelle relazioni con le comunità locali e nella progettazione di qualsivoglia tipologia di
intervento di promozione e sviluppo, tiene conto delle dinamiche conflittuali presenti nel tessuto sociale. Per
favorire la riconciliazione occorre allora un'attenzione particolare alla dimensione relazionale. L'approccio
73
della Caritas in generale e del progetto di servizio civile in particolare fa leva proprio su questo aspetto,
cercando di adottare stili di presenza e di partenariato che qualifichino gli interventi di solidarietà ed il
rapporto quotidiano con le controparti, come interventi che incidono positivamente sul processo di
trasformazione dei conflitti e di riconciliazione tra individui e comunità. In questo senso allora la
ricostruzione, la riabilitazione e la riconciliazione fanno parte di un unico processo di promozione e
accompagnamento delle comunità afflitte da violenze, e sono aspetti tra loro interconnessi in modo
inscindibile.
La rete come stile e obiettivo di lavoro: lavoro in rete e di rete
Lavoro di rete: Con un “lavoro di rete” la Caritas Italiana intende attuare un’operazione di supporto alle reti
già esistenti: Caritas diocesane, parrocchie, associazioni, comitati. Assistere coloro che già agiscono in
collegamento tra loro e/o promuovere reti di collegamento mantenendo fermo l’obiettivo di rendere
l’intervento rispondente ai bisogni della comunità.
Lavoro in rete: Con un "lavoro in rete" la Caritas Italiana intende attuare un'operazione di collegamento con il
network di Caritas Internationalis e inserirsi nelle reti ecclesiali, e non solo, per un adeguato coordinamento.
La nonviolenza
La nonviolenza è intesa come stile di relazione orizzontale2 e come impegno volto al superamento delle
violenze nelle varie forme in cui si esprime.
La dimensione politica: la promozione e l'advocacy
proprio nell'ottica del superamento delle violenze strutturali, l'approccio della Caritas è volto a valorizzare e
responsabilizzare la comunità locale in modo da fare di quest’ultima non tanto l’oggetto di una serie di
interventi assistenziali, ma un soggetto attivo nella propria realtà, capace di gestire autonomamente gli
interventi, autorappresentarsi, rivendicare e tutelare i propri diritti ed in particolare dei più svantaggiati,
stabilire relazioni e collegamenti con altri soggetti della società civile , negoziare con le amministrazioni
locali, superare le cause delle ingiustizie.
Stile di reciprocità, gradualità, accompagnamento con le controparti locali (ascolto, osservazione e
discernimento anche nella relazione)
L'approccio d'area
E’ una metodologia che è stata utilizzata dalla Caritas Italiana soprattutto a partire dagli anni novanta in
occasione di crisi umanitarie molto vaste riguardanti diversi Paesi di intere aree regionali. Esempi di progetti
pensati e realizzati in quest’ottica sono: il “Progetto Grandi Laghi” realizzato in Africa a seguito del conflitto in
Rwanda del 1994, il “Progetto Uragano Mitch” in Centro America nel 1998 ed infine il “Progetto Balcani” nel
1999. L’ “approccio d’area” consiste in uno stile progettuale che:
-nello sviluppare una progettualità sociale dal basso riguardante i bisogni specifici di singoli Paesi,
tiene conto della complessità di contesto di tutta l’area di riferimento;
-adotta metodologie di lavoro in rete e stili di presenza comuni;
-definisce una strategia unitaria per tenere conto delle caratteristiche e necessità comuni a Stati vicini
con l’obiettivo di realizzare interventi maggiormente efficaci;
-fa leva su sinergie di tipo pastorale, operativo, comunicativo.
Andare, stare, ritornare: raccontare, testimoniare, sensibilizzare, fare ponte tra comunità inviante e comunità
accogliente
Un andare e uno stare che è prima di tutto offrire vicinanza alla comunità ecclesiale nelle sue strategie di
valorizzazione e recupero della storia e del vissuto dei poveri, soprattutto.
Un ritornare nelle nostre comunità che si fa momento di condivisione del vissuto che questa vicinanza ha
realizzato. Un ritornare che ci fa “già” pregustare la presenza sul campo in termini di ricaduta sulla comunità
che ci ha inviato o ci sostiene. L’esperienza restituisce alla comunità che invia, all’organismo Caritas, un
tesoro da re-investire perché sia di nuovo capitalizzato.
L’articolazione della proposta
Il Progetto prevede un periodo effettivo all’estero non inferiore a 9 mesi ed un impegno complessivo non
inferiore a 12 mesi. Il percorso di inserimento prevede un colloquio di selezione, una fase propedeutica, un
periodo di formazione di inizio servizio, un accompagnamento formativo in loco che sarà intervallato da un
modulo formativo durante l'unico rientro intermedio, fino all’uscita dall’esperienza, con il rilascio di un
attestato di servizio.
2
Nel senso di quanto esposta da Pat Patfort nella descrizione del sistema Maggiore/minore
74
La descrizione delle attività specifiche, delle risorse umane e del ruolo dei volontari è presentata in modo
distinto per ciascun paese.
9.1.COMPLESSO DELLE ATTIVITÀ PREVISTE PER IL RAGGIUNGIMENTO DEGLI
OBIETTIVI
SIERRA LEONE
Obiettivo 1.1
Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità nelle aree periferiche e rurali in possesso di nozioni
di tutela giuridica e monitoraggio diritti umani: passare dal 10% al 20%
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1.1.a
1-preparazione materiale formativo e didattico in sede centrale
Sessioni formative nei 21
2-training sul terreno sul monitoraggio della protezione dei diritti umani;
Comitati territoriali di
3-distribuzione modelli di monitoraggio e condivisione metodi di
monitoraggio dei diritti umani comunicazione regolari
esistenti nell’area territoriale
su tecniche e modelli per il
METODOLOGIA: preparazione schede formative di sintesi semplificate su
monitoraggio delle violazioni
diritti umani più comunemente violati; elaborazione modelli per monitoraggio
con domande semplici, chiare, definite; metodologia partecipativa durante le
sessioni formative e simulazioni pratiche di compilazione modelli; accordo
su comunicazioni trimestrali scritte dalla periferia (Comitati) al centro
(CGPDU)
1.1.b
1-elaborazione sistema informatico di raccolta dati;
Elaborazione e
2- aggiornamento trimestrale del database secondo informazioni provenienti
aggiornamento regolare
dalla base;
banca dati regionale a livello
3- analisi annuale dei dati raccolti;
centrale per monitoraggio
4-diffusione dei dati alla base e a livello regionale (condivisione con altre
violazioni diritti umani nelle
organizzazioni territoriali e nazionali)
diverse aree territoriali
METODOLOGIA: utilizzo sistema di raccolta e archiviazione dati (es. excel,
access); dal cartaceo all’informatico: raccolta dati e rielaborazione
informatica; sintesi annuale dei dati e analisi rielaborata; relazione finale
esplicativa da diffondere a livello regionale e nazionale
1.1.c
1-raccolta dati e sintesi trimestrale;
Organizzazione programmi
2-responsabile Comitati territoriali di monitoraggio CGPDU partecipa alla
radiofonici trimestrali di
programmazione di Radio Maria per la diffusione dei risultati;
aggiornamento su violazioni e 3- risposta ad eventuali interventi dei cittadini;
monitoraggio regionale
4-dibattito in studio tra esperti in tutela giuridica dell’individuo e difesa diritti
umani
METODOLOGIA: programma radio con possibilità di interventi in diretta;
dibattito in studio radiofonico con partecipazione 3-4 esperti a trimestre;
registrazione programma radio per archiviazione documenti
Obiettivo 1.2
Aumento dei cittadini delle aree rurali consapevoli su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni:
passare dal 30 al 40% della popolazione rurale informata e formata
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1.2.a
1- contatto con coordinatori locali Comitati;
Organizzazione sessioni di
2- organizzazione logistica sessione di formazione;
formazione aperte alla
3- elaborazione materiale formativo in sede centrale;
popolazione nei 21 Comitati
4- sessione formativa nei 21 Comitati territoriali di monitoraggio;
locali di monitoraggio su diritti
umani fondamentali e misure
METODOLOGIA: metodologia partecipativa nella sessione formativa;
da adottare in caso di
simulazioni di casi e giochi di ruolo per un migliore e più immediato
violazioni
apprendimento della popolazione, anche illetterata, utilizzo di piccole
scenette indicative e formative.
1.2.b
1-un operatore di Radio Maria Sierra leone sul terreno con lo staff della
Trasmissione mensile di una
CGPDU;
sessione formativa in diretta
2-trasmissione in diretta della formazione
75
dal terreno
3-possibilità di domande e interventi telefonici in studio
METODOLOGIA: programma radiofonico in diretta; possibilità di interventi
telefonici in diretta da parte dei cittadini in ascolto; rapporto conclusivo
operatore CGPDU Makeni/operatore radio
Obiettivo 2.1
Miglioramento della conoscenza dei doveri amministrativi, responsabilità, limiti di potere, aree di competenza e
intervento da parte delle autorità elette e tradizionali: dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a
conoscenza delle aree operative, dei margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e
dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; dal 50% al 30% delle autorità tradizionali non a
conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- preparazione materiale formativo e programma
2.1.a
Seminari di sensibilizzazione 2- organizzazione 5 seminari –uno per ogni distretto-: distribuzione lettere di
sul “Second Poverty
invito, organizzazione logistica; scelta formatori
3- seminario di due giorni in Makeni per Bombali, Magburaka per Tonkolili,
Reduction Strategy Paper
2008-2012” per consiglieri
Kabala per Koinadugu, Port Loko per Port Loko, Kambia per il distretto di
distrettuali, locali, autorità dei Kambia
54 chiefdoms e leaders
4- elaborazione rapporto finale con raccomandazioni da parte dei formatori
tradizionali.
METODOLOGIA: tabelle riassuntive e grafici di sintesi punti principali del
Second Poverty Reduction Strategy; selezione 30-40 partecipanti per ogni
distretto; seminario: analisi partecipata livello di conoscenza documento e
principali punti critici; utilizzo sistema SWOT per analisi documento;
spiegazione punti principali da parte dei formatori; dibattito, lavori di gruppo
per identificazione modalità di applicazione delle raccomandazioni;
questionario di valutazione finale del seminario; collaborazione con esperti
Caritas Makeni
2.1.b
1- elaborazione sussidio di formazione da parte degli operatori della
Corsi di formazione per i
CGPDU di Makeni;
consiglieri distrettuali e dei 54 2- organizzazione logistica 5 corsi di formazione, uno per ogni distretto
3- training di 3 giorni: il primo dedicato alla gestione delle amministrazioni
chiefdoms e i leaders
tradizionali su tecniche e
locali, il secondo alla legislazione; il terzo alla gestione finanziaria e
procedure per la gestione di
trasparenza amministrativa
amministrazioni locali, la
4- elaborazione rapporto finale da parte del coordinatore della formazione
preparazione e l’applicazione con raccomandazioni per le autorità
di leggi, la trasparenza
METODOLOGIA: distribuzione lettere di invito nei distretti; selezione a livello
amministrativa ed economica
locale e distrettuale di 30-40 partecipanti alla formazione; training: brevi
lezioni frontali con analisi casi concreti; dibattito; lavori di gruppo su casi di
studio e giochi di ruolo; questionario di valutazione finale della sessione di
formazione; elaborazione rapporto finale
2.1.c
1-preparazione copie della legge e materiale formativo-esplicativo
Seminari per le diverse
2-organizzazione logistica 5 seminari, uno per ogni distretto: distribuzione
autorità locali e per i leader
lettere di invito, scelta formatori (avvocati e esperti di legislazione),
tradizionali
identificazione sede per il seminario
sull’implementazione del
3-seminario di due giorni: primo giorno di presentazione legge e dibattito su
“Local Government Act 2004” principi fondamentali sanciti; secondo giorno sull’applicazione concreta della
e del processo di
legge e su ruoli e responsabilità concrete delle diverse categorie di autorità
decentralizzazione: ruoli e
4- rapporto finale da parte del coordinatore dei seminari con
responsabilità delle autorità
raccomandazioni alle autorità
locali elette e tradizionali
METODOLOGIA: sussidio formativo di supporto per ogni partecipante;
seminario: spiegazioni frontali con supporto di flip chart, dibattito in plenaria;
lavori di gruppo su casi di studio e casi concreti di applicazione; questionario
finale di valutazione seminario
Obiettivo 2.2
Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri
formali all’anno a livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
76
2.2.a
Partecipazione di un
rappresentante della
Commissione Giustizia e
Pace in qualità di osservatore
alle riunioni pubbliche di
coordinamento dei consigli
distrettuali con le
organizzazioni governative e
non presenti sul territorio
2.2.b
Seminari di formazione per
rappresentanti delle comunità
di base e amministratori locali
sulle opportunità di
interazione e coordinamento
tra amministrazioni locali e
cittadini, in particolare sul
ruolo dei Ward Committees,
(comitati esecutivi con rappresentanti
eletti dei cittadini, incaricati di
identificare problemi e proporre
possibili soluzioni alle istituzioni
politico-amministrative locali)
1- un operatore della CGPDU di Makeni partecipante alle riunioni nei 5
distretti;
2- elaborazione rapporto sui contenuti degli incontri con raccomandazioni
METODOLOGIA: contatto costante anche solo telefonico con i coordinatori
distrettuali degli incontri; rapporto narrativo con raccomandazioni da inviare a
tutti i partecipanti a ciascun incontro; rapporto generale trimestrale con
raccomandazioni per le autorità distrettuali
1- preparazione materiale didattico per la formazione
2-organizzazione logistica seminari attraverso i Comitati territoriali
3- seminari nelle aree dei 21 Comitati con partecipazione membri SottoCommissioni, rappresentanti Ward Committees, amministratori locali e
rappresentanti comunità di base: analisi status collaborazione tra i diversi
livelli amministrativi; formazione sulle opportunità di interazione e possibili
metodologie di cooperazione
4- rapporti finali seminari con raccomandazioni agli attori sul terreno
5- monitoraggio attività di collaborazione Ward Committees - consigli locali
da parte dei Comitati territoriali
METODOLOGIA: seminario: analisi contestuale con metodo SWOT; analisi di
casi concreti, lavori di gruppo con composizione mista stakeholders-membri
Comitati--membri Ward Committees; monitoraggio: elaborazione schede di
monitoraggio attività di collaborazione per Comitati e questionari da
somministrare alle autorità locali e ai membri dei Ward Committees
semestralmente su attività portate avanti congiuntamente
2.2.c
1- incontri informali e formali, individuali e collettivi, con consiglieri distrettuali
Organizzazione sedute
e locali per promuovere sedute pubbliche dei consigli e evidenziarne
pubbliche periodiche (mensili) l’importanza;
dei consigli distrettuali e locali 2- supporto nella preparazione degli incontri (diffusione, ordine del giorno,
per incontro diretto cittadinidibattito, interventi, raccomandazioni e decisioni)
istituzioni sulla base di un
3- partecipazione in qualità di osservatori alle sedute pubbliche
ordine del giorno preciso e
METODOLOGIA: incontri informali e concordati ufficialmente con autorità,
con presa di decisioni il più
analisi partecipata vantaggi e svantaggi partecipazione pubblica alle sedute
possibile condivise
dei consigli; preparazione condivisa schemi per ordine del giorno e struttura
degli incontri; spiegazione ruolo e attività consiglieri locali da parte delle
autorità locali e consegna materiale informativo e didattico sul ruolo dei
consiglieri
2.2.d
1- organizzazione trasmissione in diretta su Radio Maria Sierra Leone delle
Trasmissione via radio sedute sedute pubbliche dei consigli;
pubbliche mensili incontro
2- interviste ai consiglieri e ai cittadini;
cittadini-amministratori
3- forum in studio dopo gli incontri
METODOLOGIA: scelta di un distretto al mese per la trasmissione dei consigli
in diretta; forum con consiglieri e possibilità di telefonate in radio; invito
autorità locali in studio per testimonianze
Obiettivo 2.3
Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione (redazione
progetti) a livello locale per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più sostenibile: dal
50% al 60% delle autorità elette, dal 30 al 40% delle autorità tradizionali della regione con competenze
acquisite; dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo sviluppo locale decentrato nei
budget distrettuali e locali
Azioni
2.3.a
Organizzazione corsi di
formazione per autorità locali
elette e tradizionali e membri
Comitati territoriali su analisi
sociale e project cycle
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- preparazione materiale formativo;
2- organizzazione logistica corsi: 1 per ogni distretto (5 totali), 30
partecipanti, 2 facilitatori; distribuzione lettere di invito;
3- corsi di formazione di due giorni;
4- rapporto finale con raccomandazioni da presentare alle autorità
METODOLOGIA: corso di formazione: lezioni frontali; lavori di gruppo sulle
77
management
diverse fasi del progetto; analisi casi concreti; redazione di un progetto sulla
base di un problema locale individuato dai consiglieri; restituzione in plenaria
e condivisione del lavoro di gruppo; coordinamento di Caritas Makeni
(direttore e project manager) e collaborazione esperti Università di Makeni
1- assistenza tecnica in sede o in loco nella redazione dei progetti;
2- monitoraggio attività richiesta fondi tramite i Comitati
2.3.b
Supporto alle autorità locali
nella redazione di progetti per
METODOLOGIA: assistenza su richiesta delle autorità; analisi partecipata;
richiesta fondi
supporto staff Caritas Makeni
Obiettivo 2.4
Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore
delle comunità locali: da 0 incontri formali a almeno 6 incontri annuali (bimestrali) tra rappresentanti dei diversi
livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali.
Azioni
2.4.a
Promozione incontri di
coordinamento tra
rappresentanti dei diversi
livelli amministrativi:distretto,
municipio, chiefdom, villaggio
e organizzazione incontri
periodici (bimestrali)
2.4.b
Verifica pubblicazione atti
decisionali delle istituzioni
locali
2.4.c
Comunicazione radiofonica
decisioni prese nei Consigli
distrettuali e locali
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- incontri individuali con rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei
5 distretti;
2- incontro collettivo rappresentanti di ogni distretto per analisi contesto e
promozione iniziative;
3- supporto nell’organizzazione logistica e tecnica degli incontri: ordine del
giorno; struttura incontro;
4- partecipazione agli incontri in qualità di osservatori;
5- redazione rapporto finale con raccomandazioni per le autorità.
METODOLOGIA: analisi partecipata; realizzazione griglie comuni per
monitoraggio incontri
1- verifica in loco tramite i Comitati territoriali pubblicazione decisioni nelle
sedi dei consigli;
2- interviste a cittadini sulla disponibilità degli atti
3- redazione rapporti semestrali sulla trasparenza e la fruibilità delle
decisioni
METODOLOGIA: questionari strutturati concordati con i Comitati territoriali;
rapporti semestrali
1- trasmissione decisioni prese nei consigli alla CGPDU;
2- raggruppamento decisioni per ogni distretto;
3- trasmissione radiofonica mensile in inglese e lingue locali per lettura
decisioni.
METODOLOGIA: archivio dati presso la CGPDU; raccolta mensile decisioni
Obiettivo 2.5
Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e
zero (0) arresti per disordini pre-elettorali,; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali
deliberatamente a sostegno di un candidato nella campagna elettorale regionale
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
2.5.a
1-preparazione materiale formativo-esplicativo in sede centrale
Organizzazione sessioni di
2-organizzazione logistica 5 seminari, uno per ogni distretto: distribuzione
dialogo per candidati,
lettere di invito, scelta formatori (avvocati e esperti di legislazione e
rappresentanti dei partiti e
mediazione politica), identificazione sede per il seminario
autorità tradizionali nei 5
3-seminario in 2 parti, la prima sui principi della libertà di espressione, il
capoluoghi distrettuali della
processo di democratizzazione, la rappresentanza politica, la seconda
regione (firma Protocollo di
sessione di dialogo tra i diversi esponenti moderata da un esperto in
intesa)
mediazione politica
4-firma Protocollo di intenti e dichiarazione impegno a elezioni pacifiche,
libere e democratiche da parte di candidati, rappresentanti dei partiti,
autorità tradizionali
5- rapporto finale da parte del coordinatore dei seminari con
raccomandazioni ai candidati e alle autorità
METODOLOGIA: sussidio formativo di supporto per ogni partecipante;
seminario: spiegazioni frontali con supporto di flip chart e slides, dibattito in
plenaria; lavori di gruppo, metodologia partecipata per la sessione di dialogo;
questionario finale di valutazione seminario
78
2.5.b
Trasmissione delle sessioni in
diretta dal terreno e interviste
ai candidati
2.5.c
Programma radiofonico
settimanale di dibattito e
interviste ai candidati e
sensibilizzazione a clima
pacifico durante le elezioni
1-un operatore di Radio Maria Sierra Leone sul terreno con lo staff della
CGPDU;
2-trasmissione in diretta della sessione di dialogo
3-proclamazione e lettura protocollo finale firmato
4-interviste in diretta ai candidati
METODOLOGIA: programma radiofonico in diretta; possibilità di interventi
telefonici in diretta da parte dei cittadini in ascolto; rapporto conclusivo
operatore CGPDU Makeni/operatore radio
1-dibattito in studio tra candidati moderato da un giornalista o un
rappresentante della CGPDU;
2-possibilità di interventi telefonici in diretta e domande ai partecipanti;
3-appello finale a elezioni pacifiche e trasparenti da parte dei candidati
METODOLOGIA: programma radiofonico in diretta; possibilità interventi
esterni.
Obiettivo 3.1
Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e doveri di
cittadinanza e aumento della capacità di difendere i propri diritti: dal 50% al 60% della popolazione conosce i
propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; dal 20 al 25% di
cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio o il sostegno di una
organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
3.1.a
1- preparazione materiale didattico e formativo in sede centrale
Sessione di formazione per i
2- preparazione logistica sessioni sul terreno e suddivisione responsabilità
Comitati territoriali su diritti di
nello staff
cittadinanza
3- formazione di un giorno per ogni Comitato
4- rapporti sessioni di formazione
3.1.b
Seminari aperti alle comunità
su diritti di cittadinanza
3.1.c
Analisi territoriale su
percezione dei diritti di
cittadinanza e denunce di
abusi
3.1.d
METODOLOGIA: tavole semplificate di presentazione diritti fondamentali di
cittadinanza (es. espressione, partecipazione, associazione…) con esempi
concreti; formazione in inglese e lingua locale; formazione: prima parte di
“lezione frontale” con supporto di flip chart e materiale cartaceo; seconda
parte di lavori di gruppo e restituzione in plenaria; questionario finale di
valutazione formazione.
1- scelta 3 villaggi di riferimento per seminari aperti alla popolazione;
2- suddivisione compiti e responsabilità tra i membri permanenti dei
Comitati territoriali e animatori di comunità;
3- seminari di una giornata con spiegazione semplificata dei diritti e
testimonianze dirette (circa 60 seminari in totale nella regione nord);
4- rapporto finale da ogni Comitato alla CPGDU
METODOLOGIA: testimonianze dirette; seminari in lingua locale; rapporto da
redigere sulla base di una griglia comune per tutti i Comitati stabilite in
concordanza con la Commissione diocesana; partecipazione operatori
Commissione diocesana in qualità di osservatori ad alcuni seminari
1- elaborazione questionario in CGPDU;
2- distribuzione questionari ai Comitati (50-80 questionari per ogni SottoCommissione);
3- somministrazione questionari alla popolazione da parte dei membri dei
Comitati;
4- raccolta dati in sede centrale
5- elaborazione analisi e raccomandazioni finali in collaborazione con
l’Università di Makeni;
6- presentazione pubblica e in radio risultati analisi e raccomandazioni
METODOLOGIA: questionario (ca. 10 domande) base per analisi territoriale;
somministrazione questionari in numero pari tra uomini e donne, a individui >
di 14 anni, 50% nella località sede dei Comitati territoriali, 50% nei villaggi
limitrofi; analisi dati e comparazione con dati di altre organizzazioni nazionali
e internazionali; elaborazione grafici riassuntivi.
1- spazio quindicinale su Radio Maria Sierra Leone su diritti di cittadinanza:
79
Trasmissione radiofonica su
diritti di cittadinanza e
possibilità denunce di abusi
cosa sono, come proteggerli e promuoverli
METODOLOGIA: scelta di un diritto per ogni trasmissione, spiegazione da
parte di esperti o dello staff della CGPDU; testimonianze dirette; dibattiti e
forum in studio; possibilità di interventi in diretta.
Obiettivo 3.2
Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti
amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione:
dal 50% al 60% dei cittadini a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello
locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; dal 30 al 40% consapevole della diversità di competenze e ambiti
operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004)
Azioni
3.2.a
Ricerca(distretto di Bombali)
su conoscenza
funzionamento
decentralizzazione secondo
la legge nazionale e
consapevolezza attività
nazionali e locali in merito
3.2.b
Promozione incontri cittadiniautorità su spiegazione
principi della
decentralizzazione sanciti
dalla legge e ruolo e attività
autorità locali nel processo di
decentralizzazione
3.2.c
Trasmissione radiofonica sul
processo di
decentralizzazione
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- elaborazione questionario (ca. 10 domande) in CGPDU Makeni;
2- distribuzione questionario nei Comitati territoriali del distretto di Bombali
3- somministrazione questionario alla popolazione;
4- raccolta ed elaborazione dati in collaborazione con l’Università di Makeni;
5- pubblicazione ricerca e raccomandazioni
METODOLOGIA: questionario; somministrazione di un totale di 1000
questionari nel distretto; rielaborazione grafica risultati.
1- incontri con autorità locali in ogni distretto da parte dello staff della
CGPDU Makeni;
2- organizzazione incontri aperti alla popolazione con obiettivi specifici e
ordine del giorno prestabilito;
3- preparazione scheda formativa riassuntiva da distribuire
4- rapporto incontri per ogni distretto
METODOLOGIA: incontro: spiegazione semplificata in lingua locale da parte
delle autorità; testimonianze dirette su ruolo e attività autorità; dibattito
aperto; distribuzione scheda formativa riassuntiva sui principi della
decentralizzazione in lingua locale; rapporto finale.
1- trasmissione radiofonica mensile con forum in studio e testimonianze
dirette autorità locali e nazionali
METODOLOGIA: forum in studio con autorità locali e leader tradizionali;
possibilità di interventi telefonici in diretta; testimonianze dirette.
Obiettivo 3.3
Maggiore consapevolezza dei cittadini delle aree rurali su regole e procedure di esercizio del diritto di voto: dal
50 al 70% di cittadini informati e formati nella regione
Azioni
3.3.a
Organizzazione sessioni di
informazione e formazione
nelle aree dei Comitati
territoriali aperte alla
popolazione su diritto di
voto:cosa fare per poterlo
esercitare, come fare
3.3.b
Trasmissione radiofonica
settimanale su principi e
regole del diritto al voto e
jingles trasmessi
regolarmente nell’ultimo
quadrimestre pre-elettorale
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1-Preparazione materiale informativo e didattico in sede centrale – stampa
brochure da distribuire;
2-Organizzazione logistica con responsabili Comitati territoriali per
organizzazione sessioni aperte, anche in aree diverse dalla sede
centrale del Comitato (es. in un villaggio);
3-Formazione giornaliera da parte dello staff centrale della CGPDU in
inglese e lingue locali ;
4-Rapporto finale
METODOLOGIA: brochure sintetiche e chiare con disegni esplicativi, piccole
scenette; giochi di ruolo per migliorare l’apprendimento.
1-Drammatizzazione regole e procedure per esercizio diritto al voto
(creazione scenette radiofoniche);
2-trasmissione degli spot e dei jingles
3-trasmissione settimanale con staff CGPDU e Università di Makeni per
sensibilizzare alla partecipazione e alle modalità per farlo
METODOLOGIA: scenette, jingles radiofonici, interventi in studio con
possibilità di domande in diretta
80
Obiettivo 4.1
Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una migliore difesa dei
loro diritti: almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il monitoraggio dei
diritti umani Giustizia e Pace
Azioni
4.1.a
Monitoraggio attività e
incontri periodici dei Comitati
territoriali
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- analisi rapporti incontri Comitati;
2- partecipazione operatori CGPDU come osservatori ad alcuni incontri dei
Comitati
METODOLOGIA: analisi registri presenze; condivisione dati raccolti.
4.1.b
1- preparazione materiale didattico-formativo in sede centrale;
Organizzazione seminario per 2- seminario di due giorni a Makeni per rappresentanti donne nelle Sottocomponenti femminili Comitati Commissioni;
sul ruolo peculiare della
3- rapporto e raccomandazioni finali
donna nella protezione e
METODOLOGIA: lettere di invito per Comitati territoriali; seminario: interventi
promozione dei diritti
di esperti e membri CGPDU; testimonianze dirette donne (autorità locali,
rappresentanti ONG, organizzazioni nazionali e internazionali…), lavori di
gruppo; questionario valutazione seminario; rapporto finale.
Obiettivo 4.2
Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita dell’autonomia e
delle capacità di gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120 gruppi a 200
nella regione, da 2400 a 4000 donne coinvolte
Azioni
4.2.a
Identificazione aree per
creazione nuovi gruppi
femminili di auto-mutuo aiuto
4.2.b
Creazione nuovi gruppi e
formazione al concetto di
risparmio e piccola gestione
finanziaria finalizzata al
miglioramento degli standard
di vita familiari
4.2.c
Monitoraggio gruppi formati
4.2.d
Programmi radiofonici di
testimonianza e
sensibilizzazione
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- a partire dai Comitati territoriali identificazione nuovi villaggi per creazione
piccoli gruppi di donne (max. 20 componenti)
METODOLOGIA: le donne appartenenti ai Comitati(o quelle già facenti parte
di gruppi già formati) identificano nelle aree rurali zone sensibili e aree
d’intervento possibili sondando disponibilità donne e autorità di villaggio alla
formazione di tali gruppi.
1- contatto costante con donne appartenenti alle Sotto-Commissioni;
2- prima sessione giornaliera di formazione nelle aree rurali con piccoli
gruppi di donne condotti da operatori CGPDU e Congregazione Sorelle di
Maria Immacolata
3- promozione gruppi di auto-mutuo aiuto al termine della sessione
formativa
METODOLOGIA: partecipazione attiva donne al seminario con giochi di ruolo
e attività pratiche; promozione dell’auto mutuo aiuto: raccolta mensile piccola
somma di denaro per supplire a necessità individuali o collettive con sistema
del prestito e restituzione periodica agevolata; elezione presidente segretario
e tesoriere del gruppo per la gestione dei fondi; creazione registro entrateprestiti-restituzioni
1- visite periodiche sul terreno da parte delle Suore di Maria Immacolata e
contatto diretto con il comitato esecutivo dei gruppi (Presidente, segretario,
tesoriere)
2- monitoraggio CGPDU attraverso i membri delle Sotto-Commissioni e
animatori di comunità
3- Riunioni periodiche Sorelle di Maria Immacolata - staff CGPDU
METODOLOGIA: osservazione diretta attività e controllo registri entrate prestiti-restituzioni; rapporti mensili di attività da parte della CGPDU e delle
Suore.
1- trasmissione radiofonica settimanale con spiegazione attività e obiettivi,
forum in studio, testimonianze dirette di donne appartenenti ai gruppi formati
METODOLOGIA: programma in inglese e lingue locali
4.2.e
1- Definizione delle variabili di analisi, campione di indagine, strumenti di
Studio sull’impatto psicologico
raccolta dati, tempistica;
81
del coinvolgimento
associativo delle donne e
della loro conseguente
emancipazione nelle aree
rurali
23-
Raccolta dati;
Analisi dei dati e stesura del rapporto di ricerca
METODOLOGIA: questionari e interviste, raccolta dati e sistematizzazione
in un sistema informatico. Lo studio si realizza grazie alla collaborazione
con il Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica del Dipartimento
di Scienze dell’Uomo dell'Università di Urbino che ne coordina le diverse
fasi, in particolare la prima e la terza
Obiettivo 4.3
Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per
le donne residenti nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della
regione con capacità alfabetiche basiche
Azioni
4.3.a
Sessioni formative
settimanali-nozioni basiche di
lettura e scrittura
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- considerare i primi gruppi formati come target prioritario
2- sessione settimanale di formazione sulle nozioni elementari di firma,
lettura, scrittura del proprio nome, dei componenti della famiglia
3- monitoraggio settimanale apprendimento lezioni precedenti
4- nomina coordinatrice interna
METODOLOGIA: materiale basico di alfabetizzazione, simulazioni, dinamica
partecipata, giochi di ruolo, lezioni frontali e lavori di gruppo; collaborazione
DMI-Caritas Makerni (animatori e volontari sul terreno)
Obiettivo 4.4
Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione dei diritti di
genere: dal 20 al 30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte per
denuncia in caso di abusi
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
4.4.a
1- programma radiofonico quindicinale sulla protezione dei diritti delle
Programmi radiofonici di
donne, garanzie legislative e passi concreti da fare per la denuncia di abusi
testimonianza e
sensibilizzazione
METODOLOGIA: spiegazione da parte di esperti o impiegati del settore;
testimonianze dirette di donne che hanno denunciato abusi; testimonianze di
legali esperti nel settore.
4.4.b
1- nel corso dell’attività di monitoraggio sul terreno dei gruppi di donne
Promozione e monitoraggio
formati, condivisione nozioni elementari su consapevolezza diritti e
attività di difesa diritti
importanza denuncia di abusi
attraverso i gruppi femminili
METODOLOGIA: formazione informale attraverso la condivisione di
formati
problemi, partecipazione attiva delle donne, piccole schede e depliant
informativi su cosa fare in caso di abusi
4.4.c
1- convocazione soggetti attivi nella difesa dei diritti delle donne nella
Creazione ”cellula” di ascolto
regione nord e scelta rappresentanti per creazione gruppo esecutivo per
(sportello donna) presso la
protezione e promozione diritti delle donne all’interno della CGPDU;
Commissione Giustizia e
2- scelta membri permanenti del gruppo tra rappresentanti locali,
Pace per la difesa dei diritti
rappresentanti congregazione suore, rappresentanti donne sottodelle donne
commissioni, rappresentanti CGPDU, rappresentanti società civile (max 10
persone)
3- Apertura sportello di ascolto “donne per le donne” presso la CGPDU per
difesa diritti delle donne
METODOLOGIA: preparazione schede informative su come denunciare
abusi, gruppo esecutivo con incontri mensili; cellula di ascolto con apertura
settimanale presso la sede della CGPDU coordinata dalla responsabile
Gender Desk della CGPDU
Obiettivo 4.5
Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal 30 al 40%
delle donne nelle aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone
82
Azioni
4.5.a
Training nei Comitati territoriali
sui principi fondamentali sanciti
nei Gender Acts
4.5.b
Dai Comitati ai villaggi:
diffusione principi Gender
Acts
4.5.c
Programmi radiofonici di
diffusione e spiegazione dei
principi fondamentali delle
leggi nazionali sui diritti delle
donne
4.5.d
Monitoraggio sull’impatto
della formazione relativa ai
Gender Acts e ricerca
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- preparazione materiale formativo e didattico
2- preparazione logistica training nei 5 distretti
3- training di un giorno sul terreno in tutti i Comitati territoriali
4- rapporti finali
METODOLOGIA: schede riassuntive punti fondamentali Gender Acts;
training: spiegazione semplificata principi legislative e azioni concrete di
difesa diritti; lavori di gruppo; questionario di valutazione training
1- identificazione 3 aree d’ intervento per ogni Comitato in cui i membri
trasmetteranno la formazione ricevuta da parte della CGPDU con il
supporto degli animatori di comunità;
2- formazione giornaliera in lingua locale sui principi dei Gender Acts e
distribuzione schede formative riassuntive in lingua locale
3- rapporto finale training da parte di ogni Comitato
METODOLOGIA: diffusione nozioni “a cascata”, dal centro alla periferia;
formazione partecipata con spiegazioni frontali, dibattiti.
1- in collaborazione con Radio Maria Sierra Leone, programma mensile per
diffusione principi legislativi nazionali in vigore per la difesa dei diritti delle
donne (3 Gender Acts)
METODOLOGIA: scelta di un tema ogni mese, spiegazione, forum in studio,
possibilità di interventi in diretta, testimonianze dirette.
1- preparazione questionario (max 10 domande) da parte della CGPDU e
dell’Università di Makeni;
2- distribuzione questionario ai Comitati territoriali e tramite queste nelle
aree di competenza;
3- raccolta ed elaborazione dati in collaborazione con il Dipartimento
Ricerca dell’Università di Makeni
4- pubblicazione e diffusione ricerca
METODOLOGIA: questionario base per il sondaggio; target della ricerca
50% uomini, 50% donne; rielaborazione grafica risultati.
Obiettivo 4.6
Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in
Parlamento; dal 10% al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali)
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
4.6.a
1-Elaborazione questionario diagnostico e identificazione target di ricerca;
Ricerca sulle cause della
2-Distribuzione questionari nei 5 distretti (almeno 200 per ogni distretto) dai
mancata partecipazione
volontari della CGPDU
femminile alla vita politica e del 3-Analisi e rielaborazione dei dati in collaborazione con Dip. Ricerca
disimpegno sociale nei 5
Università Makeni
distretti amministrativi della
4-rapporto finale di ricerca
regione
5-diffusione risultati via radio e con pubblicazione alle altre organizzazioni
locali, nazionali e internazionali
4.6.b
Organizzazione incontro
rappresentanti femminili
Comitati territoriali a Makeni
per sensibilizzazione alla
partecipazione politica attiva
4.6.c
Trasmissioni radiofoniche
mensili sulla partecipazione
METODOLOGIA: indagine diagnostica, campione random
1-preparazione materiale formativo in sede centrale;
2-logistica incontro e lettere di invito;
3-incontro: lezioni frontali sulla partecipazione femminile in politica
(esperienze di donne impegnate attivamente); sensibilizzazione alla
partecipazione attiva come candidate e alla diffusione del messaggio nei
villaggi;
4-rapporto finale dell’incontro
METODOLOGIA: incontro semestrale; dinamica partecipativa, brochure di
sintesi; questionario finale di valutazione; testimonianze dirette donne già
impegnate in politica (consiglieri, onorevoli)
1-dibattito in studio tra diverse esponenti dei partiti;
2-testimonianze dirette dell’impegno sociale e politico
83
delle donne alla vita politica
tramite testimonianze dirette
METODOLOGIA: testimonianze dirette e dibattiti in studio con possibilità di
interventi telefonici in diretta
L’attuazione del programma può essere facilmente tradotta in un cronogramma delle attività, suddivise nei
12 mesi di implementazione.
Si fa notare che per motivi pratici si preferisce suddividere ciascuna mensilità in 4 periodicità settimanali, con
la possibilità così di visualizzare le fasi delle diverse azioni e quando queste si svolgono
contemporaneamente.
84
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 1.1: Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità nelle aree periferiche e rurali in possesso di nozioni di tutela giuridica
e monitoraggio diritti umani: passare dal 10% al 20%
1.1.a
Sessioni formative
monitoraggio per membri 21 CT
1. Materiale
2. Training
3. Modelli
1.1.b
Elaborazione/aggiornamento
banca dati regionale
1. Sist. informatico
2. Aggiornam. trimestrale
3. Analisi annuale
4.Diffusione risultati
1.1.c
Programma radio trimestrale
1. Raccolta dati
2. Diffusione da CT
3. Risposta
4. Dibattito
Ob.1.2: Aumento dei cittadini delle aree rurali consapevoli su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni: passare dal 30 al
40% della popolazione rurale informata e formata
1.2.a
Formazione aperta nei CT
1. Contatto coordinatori
2. Logistica
3. Preparazione materiale
4. Sessione formativa
1.2.b
Trasmissione radio mensile in
diretta
1. Operatore RM sul terreno
2. Trasmis. Diretta formaz.
85
3. Possibilità interventi
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 2.1: Miglioramento della conoscenza dei doveri amministrativi, responsabilità, limiti di potere, arre di competenza e intervento da
parte delle autorità elette e tradizionali: dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a conoscenza delle aree operative, dei
margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; dal
50% al 30% delle autorità tradizionali non a conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione
nazionale;
2.1.a
Sensibilizzazione su SPRSP
per autorità locali
1. Preparazione materiale
2. Organizzazione seminari
3. Seminario
4. Rapporto finale
2.1.b
Formazione autorità locali su
gestione amministrazione
1.Sussidio formazione
2.Organizzaz. logistica
3.Training
4.Rapporto finale
2.1.c
Seminari per autorità locali su
Local Government Act 2004
1. Preparazione materiale
2. Organizzazione logistica
3. Seminario
4. Rapporto finale
Ob. 2.2: Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri formali all’anno a
livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro
2.2.a
Partecipazione Commissione
riunioni di coordinamento
86
1. Partecipazione riunioni
2. Elaborazione rapporto
2.2.b
Formazione leader locali sul
ruolo dei Ward Committees
1. Preparazione materiale
2. Organizzazione logistica
3. Seminari
4. Rapporti finali
5. Monitoraggio
2.2.c
Sedute pubbliche consigli locali
per incontro cittadini-istituzioni
1. Incontro consiglieri
2. Supporto per incontri
3. Osservazione incontri
2.2.d
Trasmissione via radio sedute
pubbliche mensili
1. Organizzaz. trasmissione
2. Interviste consiglieri
3. Forum
Ob. 2.3: Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione (redazione progetti) a livello locale
per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più sostenibile: dal 50% al 60% delle autorità elette, dal 30 al 40%
delle autorità tradizionali della regione con competenze acquisite; dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo
sviluppo locale decentrato nei budget distrettuali e locali
2.3.a
Formazione per autorità locali e
SC su project cycle
management
1. Preparazione materiale
2. Organizzazione logistica
3. Corsi di formazione
4. Rapporto finale
2.3.b
Supporto a autorità per progetti
87
1. Assistenza tecnica
2. Monitoraggio
Ob. 2.4: Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte comuni a favore delle comunità
locali: da 0 incontri formali a almeno 6 incontri annuali (bimestrali) tra rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei
consigli distrettuali e locali.
2.4.a
Promozione incontri coord.
Rappr. diversi livelli amministr.
1. Incontri individuali
2. Incontro collettivo
3. Supporto logistico
4.Osservazione incontri
5. Rapporto finale
2.4.b
Verifica pubblicazione atti
decisionali istituzioni locali
1.Verifica pubbl. decisioni
2. Interviste cittadini
3. Rapporti semestrali
2.4.c
Comunicazione radiofonica
decisioni Consigli locali
1. Trasmissione decisioni
2. Raggruppamento decision
3. Trasmissione radiofonica
Ob. 2.5: Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e zero (0) arresti per
disordini pre-elettorali,; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali deliberatamente a sostegno di un candidato nella
campagna elettorale regionale
2.5.a
Sessioni di dialogo per
candidati 5 distretti
1. Preparazione materiale
2. Organizzazione logistica
3. Seminario
4. Protocollo
5. Rapporto finale
88
2.5.b
Trasmissione radio diretta
1. Operatore
2. Diretta sessione
3. lettura Protocollo
4. interviste
2.5.c
Programma radio settimanale
dibattito /interv candidati
1. Dibattito
2. Interventi telefonici
3. Appello finale candidati
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 3.1: Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e doveri di cittadinanza e aumento
della capacità di difendere i propri diritti: dal 50% al 60% della popolazione conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle
leggi statali e dai trattati internazionali; dal 20 al 25% di cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio
o il sostegno di una organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia
3.1.a
Formazione per le SC su diritti
di cittadinanza
1. Preparazione materiale
2. Preparazione logistica
3. Formazione
4. Rapporti formazione
3.1.b
Seminari per comunità su diritti
di cittadinanza
1. Scelta villaggi
2. Seminari
3. Rapporto finale
3.1.c
Analisi territoriale su diritti di
cittadinanza e denunce di abusi
1. Elaboraz. Questionario
2. Distr.. questionario SC
89
3. Somministr. Questionario
4. Raccolta dati
5. Analisi e raccomandaz.
6. Pubblicazione
3.1.d
Trasmissione radio su diritti di
cittadinanza e diritto denuncia
Ob. 3.2: Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali, provvedimenti amministrativi,
ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della decentralizzazione: dal 50% al 60% dei cittadini a
conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; dal 30 al 40%
consapevole della diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act 2004)
3.2.a
Ricerca (distretto di Bombali)
su decentralizzazione
1. Elaboraz. Questionario
2. Distrib. Question. SC
3. Somministraz. Quest.
4. Raccolta dati
5. Pubblicazione
3.2.b
Incontri cittadini-autorità su
principi decentralizzazione
1. Incontri autorità
2. Preparaz. Incontri pop.
3. Scheda formativa
4. Rapporto
3.2.c
Trasmissione radiofonica sul
processo di decentralizzazione
Ob. 3.3: Maggiore consapevolezza dei cittadini delle aree rurali su regole e procedure di esercizio del diritto di voto: dal 50 al 70% di
cittadini informati e formati nella regione
3.3.a
Formazione su diritto di voto
1. Preparazione materiale
2. Preparazione logistica
90
3. Formazione
4. Rapporto
3.3.b
Trasmissione radio e jingles
1. Drammatizzazione
2. Jingles
3. Sensibilizzazione
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 4.1: Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una migliore difesa dei loro diritti:
almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace
4.1.a
Monitoraggio attività e incontri
periodici Comitati territoriali
1. Analisi rapporti CT
2. Osservazione incontri CT
4.1.b
Seminario per donne CT su
protezione promozione diritti
1. Preparazione materiale
2. Seminario
3.Rapporto/raccomandazioni
Ob. 4.2: Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita dell’autonomia e delle capacità di
gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120 gruppi a 200 nella regione, da 2400 a 4000 donne
coinvolte
4.2.a
Identificazione aree per
creazione nuovi gruppi femminili
4.2.b
Creazione nuovi gruppi e
formazione al concetto di
risparmio
1. Contatto donne CT
2.Prima sessione formativa
91
3.Gruppi auto-mutuo aiuto
4.2.c
Monitoraggio gruppi formati
1. Visite periodiche
2. Monitoraggio con CT
3. Riunioni CGPDU-Suore
4.2.d
Programmi radiofonici di
testimonianza e sensibilizzaz.
4.2.e
Studio risvolti psicologici
attività associativa donne
1.Variabili
2.Raccolta dati
3.Rapporto
Ob. 4.3: Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per le donne residenti
nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della regione con capacità alfabetiche basiche
.4.3.a
Sessioni formative settimanali
1.Primi gruppi target
2.Sessione settimanale
3.Monitoraggio
4.Nomina coord.
Ob. 4.4: Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione dei diritti di genere: dal 20 al
30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte per denuncia in caso di abusi
4.4.a
Programmi radiofonici di
testimonianza e sensibilizzaz
4.4.b
Monitoraggio attività difesa
diritti
4.4.c
Creazione ”cellula” di ascolto
per la difesa dei diritti donne
1. Convocaz. Soggetti attivi
2.Scelta membri permanenti
92
3. Apertura sportello ascolto
Ob. 4.5: Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal 30 al 40% delle donne nelle
aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone
4.5.a
Training nei CT sui principi
fondamentali dei Gender Acts
1. Preparazione materiale
2. Logistica
3. Training
4. Rapporto finale
4.5.b
Dai CT ai villaggi: diffusione
Gender Acts
1.Identificaz.aree intervento
2. Formazione
3. Rapporto finale
4.5.c
Programmi radio diffusione
Gender Acts
4.5.d
Monitoraggio e ricerca su
diffusione Gender Acts
1.Preparaz. questionario
2. Distribuz. questionario
3. Raccolta/Elaboraz. dati
4. Pubblicazione
Ob. 4.6: Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in Parlamento; dal 10%
al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali)
4.6.a
Ricerca su partecipaz.donne
1. Elaborazione questionario
2. Distribuzione questionario
3. Analisi dati
4. Rapporto finale di ricerca
5. dissuasione risultati
93
4.6.b
Incontro donne
1.Preparazione materiale
2. Logistica incontro
3. Incontro
4. Rapporto finale
4.6.c
Programmi radio
1.Dibattito
2. Testimonianze
94
GUINEA
Obiettivo 1.1
Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori):
rafforzamento della rete territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un
Coordinamento Permanente.
Azioni
1.1.a
Incontro preliminare
responsabili OCPH - volontari
attivi Commissione Giustizia
e Pace diocesana per analisi
situazione tutela diritti umani
nell’area territoriale di
competenza
1.1.b
Diffusione in Parrocchie,
luoghi pubblici, luoghi di
incontro e animazione
proposta creazione
Coordinamento Permanente
Giustizia e Pace (CPGP)
1.1.c
Organizzazione primo
incontro plenario
rappresentanti cittadini,
volontari CGP, membri OCPH
e formazione Coordinamento
permanente
1.1.d
Organizzazione incontri
formativi settimanali membri
CPGP
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1. convocazione incontro;
2. incontro OCPH – volontari CGP
3. elaborazione rapporto incontro e raccomandazioni
METODOLOGIA: dinamica partecipativa, analisi SWOT CGP diocesana
nella regione forestale; albero dei problemi e degli obiettivi
1. preparazione materiale informativo, brochure volantini;
2. identificazione luoghi di distribuzione
3. distribuzione materiale
METODOLOGIA: materiale informativo sintetico, chiaro, anche con
immagini, volantini e brochure; distribuzione omogenea in tutta l’area
territoriale-target
1- elaborazione materiale informativo e formativo per incontro;
2- organizzazione logistica incontro
3- incontro di informazione obiettivi e attività CPGP e impegno richiesto
ai membri
4- scelta componenti CPGP
5- elaborazione rapporto finale con adesioni e raccomandazioni
METODOLOGIA: dinamica partecipativa; spiegazione frontale e spazio a
domande dei partecipanti; 20 membri del Coordinamento Permanente
1- elaborazione ordine del giorno e materiale formativo incontri;
2- incontri settimanali con partecipazione formatori in diverse aree
(costruzione della pace, riconciliazione, mediazione, significato e ruolo
della commissione, principi e approccio, relazioni con le autorità,
approccio pedagogico alla formazione sul terreno, tecniche di
animazione…)
3- elaborazione sussidio materiale formativo per operatori e formatori
CPGP
METODOLOGIA: lezioni frontali e dinamica partecipativa, lavori di gruppo,
giochi di ruolo, esercitazioni e simulazioni, sussidio formativo con parte
teorica ed esercizi pratici/lavori di gruppo da proporre nelle sessioni
formative sul terreno
Obiettivo 1.2
Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di
Giustizia e Pace nell’area territoriale identificata;
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1.2.a
1-identificazione aree e reperimento contatti leader civili, religiosi,
Contatto leader comunitari
rappresentanti delle diverse categorie;
(nelle aree identificate)
2-preparazione logistica visite preliminari sul terreno- incontro autorità;
3-visite ai leader delle 11 aree per presentazione progetto, obiettivi, attività
4-elaborazione rapporti degli incontri
5-analisi e rielaborazione dati incontri
METODOLOGIA: visite sul terreno in team, contati telefonici e tramite
lettere di comunicazione ufficiali, rapporti di sintesi su modello uniforme per
tutti gli incontri
95
1.2.b
Incontro rappresentanti
giovani, donne, comunità
cattolica e musulmana,
insegnanti (stakeholders)
nelle diverse comunità
identificate (11) e formazione
Cellula territoriale per la tutela
della pace e dei diritti umani
(CT)
1234-
Elaborazione agenda incontri sul terreno;
Preparazione logistica incontri;
elaborazione materiale formativo incontri;
incontri sul terreno per illustrazione dinamiche di formazione gruppi
territoriali, obiettivi e attività rafforzamento monitoraggio diritti umani
sul territorio;
5- identificazione componenti gruppo di riferimento della comunità per
creazione Cellula territoriale tutela pace e diritti umani
6- individuazione coordinatore Cellula
7- elaborazione rapporto finale degli incontri con lista dei componenti e
del coordinatore della Cellula
METODOLOGIA: sessione formativa frontale e spazio al dibattito e alle
domande; rapporto finale di sintesi incontro; lista componenti con contatti
telefonici e, eventualmente, mail
1.2.c
1. analisi e rielaborazione dati rapporti di sintesi incontri leader civili e
Elaborazione in sede centrale
religiosi e rappresentanti comunità;
(OCPH e membri CGP
2. elaborazione progetto di sostegno alle comunità di base per tutela e
diocesana) progetto formativo
monitoraggio pace e diritti umani;
di sostegno e rafforzamento
3. identificazione responsabile OCPH coordinamento programma e
comunitario Cellule territoriali
suddivisione ruolo volontari CGP diocesana
1.2.d
Sessioni formative alle 11
Cellule territoriali
1.2.e
Creazione banca dati
monitoraggio tutela diritti
umani
METODOLOGIA: costituzione gruppo di lavoro sul progetto; ciclo del
progetto per la redazione, scelta partecipata e condivisa coordinatore, griglia
di partecipazione membri CGP diocesana
1. elaborazione materiale formativo;
2. organizzazione logistica incontri sul terreno e contatti responsabili
Cellule;
3. sessioni formative sul terreno su: ruolo CT e modalità di
monitoraggio diritti umani;
4. elaborazione modello per monitoraggio violazioni diritti umani;
5. valutazione incontro tramite questionario
6. elaborazione rapporto finale
METODOLOGIA: brevi e chiare schede formative su ruolo e responsabilità
membri CT, incontri formativi con esposizioni frontali, lavori di gruppo,
esercitazioni su casi concreti, giochi di ruolo; modello per monitoraggio
violazioni diritti umani uniforma con numero limitato di domande a risposta
multipla e note finali (per una migliore analisi e rielaborazione dati);
questionario di valutazione finale con domande a risposta multipla e
commento finale aperto.
1. elaborazione sistema informatico;
2. raccolta dati mensile dalle Cellule territoriali;
3. rielaborazione dati semestrale;
4. rapporto semestrale risultati;
5. diffusione risultati analisi
METODOLOGIA: sistema informatico di raccolta e elaborazione dati;
rielaborazione semestrale dati per categorie di diritti e per area territoriale;
diffusione rapporto alle autorità locali e regionali e alle altre organizzazioni
locali, nazionali e internazionali presenti sul territorio impegnate nel settore.
Obiettivo 1.3
Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali:
almeno 4 incontri annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed etnica sulla conflittualità
dal 50% al 30%;
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1.3.a
1- comunicazione OCPH/CGP diocesana a responsabili quartieri e aree
Identificazione rappresentanti
territoriali – target;
giovani a livello territoriale
2- scelta 5 giovani rappresentanti per ogni area/quartiere e comunicazione
(quartieri di N’Zérékoré e 11
lista ai responsabili di progetto
aree territoriali identificate)
96
METODOLOGIA: scelta autonoma responsabili quartieri e aree territoriali,
comunicazione obiettivi azione nella comunicazione iniziale
1.3.b
Incontro plenario giovani
(informativo e formativo)
nel capoluogo regionale
1. elaborazione materiale formativo incontro;
2. organizzazione logistica incontro;
3. incontro a N’Zérékoré in presenza autorità civili, politiche, religiose;
spiegazione obiettivi dell’azione e tappe successive; formazione su
“giovani come operatori di pace”
4. questionario di valutazione incontro;
5. elaborazione rapporto finale incontro con lista presenze e contatti
METODOLOGIA: breve sussidio “giovane come operatore di pace” (cosa si
può fare, come farlo quotidianamente”; incontro con lezioni frontali e lavori
dei gruppo con dinamica partecipativa, giochi di ruolo; questionario valutativo
con domande a risposta multipla e commento finale; lista presenze e contatti
partecipanti
1.3.c
Organizzazione incontri
formativi e sessioni di dialogo
trimestrali con animatori e
consulenti su tematiche attuali
di pace, riconciliazione,
giustizia
12345-
elaborazione calendario incontri annuali;
comunicazione ufficiale ai rappresentanti di ogni area;
organizzazione logistica incontri (4 incontri, ognuno in un’area diversa);
elaborazione materiale formativo incontri
4 incontri: educazione e pace (con insegnanti e formatori); religione e
pace (sacerdoti e imam) ; politica e pace (rappresentanti delle istituzioni
locali eletti e tradizionali); gestione e risoluzione dei conflitti
6- questionario di valutazione incontri;
7- rapporto finale incontri;
8- elaborazione sussidio finale (sintesi delle 4 sessioni formative) “giovani
attori della pace”
METODOLOGIA: incontri con lezioni frontali e dinamica partecipativa, lavori
di gruppo, simulazioni, giochi di ruolo; questionario di valutazione a risposta
multipla; sussidio con sintesi interventi formatori, risultati lavori di gruppo e
raccomandazioni finali.
1.3.d
Creazione “Cellula di
sorveglianza” regionale per
monitoraggio della
conflittualità giovanile
1. identificazione e selezione 15 giovani (1 per ogni area territoriale target
+ 4 città di N’Zérékoré);
2. incontro di orientamento: ruolo e responsabilità
METODOLOGIA: rappresentanti scelti dai giovani stessi durante il secondo
degli incontri trimestrali; cellula di sorveglianza attiva nella prevenzione e
nell’emergenza e coordinatrice incontri formativi trimestrali
1.3.e
1. Definizione delle variabili di analisi, campione di indagine, strumenti di
Studio sull’impatto psicologico
raccolta dati, tempistica;
della costruzione di una rete
2. Raccolta dati;
di “responsabilità e dialogo” in 3. Analisi dei dati e stesura del rapporto di ricerca
favore dei giovani nella
regione forestale
METODOLOGIA: questionari e interviste, raccolta dati e sistematizzazione in
un sistema informatico. Lo studio si realizza grazie alla collaborazione con il
Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica del Dipartimento di
Scienze dell’Uomo dell'Università di Urbino che ne coordina le diverse fasi, in
particolare la prima e la terza
Obiettivo 1.4
Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri
quadrimestrali di confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini
Azioni
1.4.a
Organizzazione incontri
quadrimestrali leader politici,
religiosi, società civile aperti
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- contatto autorità civili e religiose;
2- comunicato ufficiale convocazione incontro per cittadini nei luoghi di
animazione e ritrovo e negli uffici pubblici;
3- organizzazione logistica incontro;
97
alla cittadinanza
4- preparazione agenda incontro ;
5- Incontro;
6- redazione verbali e elaborazione rapporto finale
METODOLOGIA: lettera ufficiale alle autorità, volantini per la diffusione alla
popolazione; incontri itineranti (4 in 4 luoghi diversi e con autorità diverse);
dinamica partecipativa dell’incontro; dialogo cittadini-autorità con domande e
risposte; presenza di almeno un moderatore super-partes per ogni sessione;
verbali incontro da far firmare alle autorità e a rappresentanza dei cittadini;
rapporto finale da consegnare alle autorità
Obiettivo 2.1
Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero
dei Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle
comunità di base (Comitati di sviluppo) a favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per
ogni Comitato
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
2.1.a
1 elaborazione calendario incontri;
Incontro attori-chiave e leader
2 organizzazione logistica visite sul terreno;
delle comunità (11 aree
3 incontro di spiegazione
territoriali) e creazione
4 identificazione, scelta membri (6-10 persone)e coordinatore
Comitato di sviluppo locale
5 elaborazione base di dati per raccolta informazioni in sede centrale
OCPH
2.1.b
Incontro formativo regionale
rappresentanti 11 Comitati di
sviluppo locale
METODOLOGIA: lista membri Comitati con contatti, database con sistema
informatizzato di raccolta dati
1. organizzazione calendario incontro e logistica;
2. incontro di formazione su ruolo e responsabilità Comitato (con
raccomandazione incontri mensili);
3. elaborazione rapporto finale
2.1.c
Incontri mensili Comitati e
monitoraggio dalla sede
METODOLOGIA: incontro con spiegazioni frontali e dinamica partecipativa,
presenza del coordinatore + 2 rappresentanti per ogni Comitato; rapporto
finale da far pervenire ai Comitati territoriali
1. contatti telefonici con coordinatori Comitati;
2. invio rapporto incontro mensile;
3. analisi e rielaborazione dati territoriali
METODOLOGIA: contatto telefonico mensile coordinatore programma
OCPH - responsabili Comitati; sistematizzazione dati rapporti mensili nel
database centrale
2.1.d
1. elaborazione agenda incontro;
Incontro formativo regionale
2. organizzazione logistica incontro: 3 rappresentanti per ogni Comitato;
sull’elaborazione di progetti di
3. elaborazione materiale formativo incontro: le fasi del ciclo del progetto
sviluppo sociale a livello locale
(PCM), principi e raccomandazioni pratiche per la redazione di
semplici progetti di sviluppo sociale locale
4. Incontro
2.1.e
Redazione progetti a livello
territoriale (1 per ogni
Comitato)
METODOLOGIA: lezioni frontali e dinamica partecipata; esercitazione
pratica su redazione progettuale; linee guida per l’elaborazione di progetti a
livello locale
1. contatto regolare con responsabili dei Comitati da parte del
Coordinatore del programma OCPH;
2. assistenza staff OCPH sul terreno (su richiesta) per finalizzazione
proposte progettuali;
3. presentazione in sede centrale proposta progettuale Comitati e
discussione con staff OCPH;
4. analisi proposte progettuali e inclusione nella banca dati
METODOLOGIA: assistenza diretta e indiretta dal centro alla “periferia”;
missioni sul terreno per accompagnamento diretto Comitati di sviluppo locali
98
Obiettivo 2.2
Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle
esigenze di sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per
interventi più puntuali e tempestivi a favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare dal
40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali
Azioni
2.2.a
Indagine sui bisogni delle
comunità di base/aree rurali
Descrizione attività e metodologia utilizzata
1- elaborazione questionario investigativo - diagnostico per i Comitati di
sviluppo;
2- distribuzione questionario nelle diverse aree, compilazione guidata
con animatore/volontario/staff OCPH;
3- analisi questionari e rielaborazione informatica dati
4- diagnostica dei bisogni e delle priorità
5- elaborazione rapporto finale di ricerca
METODOLOGIA: principi della ricerca sociale; questionario con domande a
risposta multipla; sistema informatico per rielaborazione quantitativa dei dati;
diagnostica e prospettive di soluzione sulla base dei dati rilevati partecipata
staff OCPH
2.2.b
Diffusione dati sui bisogni
territoriali – incontro con
autorità e organizzazioni del
territorio (locali, nazionali e
internazionali)
1. invio rapporto di ricerca a autorità regionali e organizzazioni presenti
sul territorio;
2. convocazione incontro plenario per la discussione sul rapporto;
3. organizzazione logistica incontro;
4. preparazione agenda incontro;
5. incontro plenario con rappresentanti
6. rapporto finale incontro con raccomandazioni autorità/organizzazioni
METODOLOGIA: dinamica partecipativa; lavori di gruppo; consegna
rapporto finali con raccomandazioni alle organizzazioni presenti; lista
presenza e contatti
2.2.c
Elaborazione piano operativo
diocesano triennale
1- incontro plenario staff OCPH e coordinatori 11 Comitati di sviluppo;
2- suddivisione responsabilità (ogni coordinatore rifletterà sul bisogno
concernente la sua area operativa);
3- elaborazione piano d’azione con obiettivi, risultati attesi, attività,
responsabili, tempi di realizzazione
4- elaborazione finale piano operativo e distribuzione ai Comitati, alle
organizzazioni partner e autorità
METODOLOGIA: lavoro individuale e condivisione in gruppo; copie
disponibili per partner, potenziali finanziatori, autorità, organizzazioni di
sviluppo.
Obiettivo 3.1
Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal
50% al 40% della popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi;
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
3.1.a
1. elaborazione materiale formativo (schede chiare e sintetiche);
Sessioni giornaliere di
2. sessioni di sensibilizzazione ai pazienti;
sensibilizzazione su pratiche
igienico-sanitarie e
METODOLOGIA: materiale formativo in francese e lingue locali, frasi brevi e
prevenzione al CMC Gouécké disegni, video, piccole scenette; simulazioni pratiche; sessioni di
sensibilizzazione di 30 minuti; 6 soggetti di sensibilizzazione (1 al giorno per
la settimana)
3.1.b
1. identificazione scuole e centri di alfabetizzazione ;
Sessioni mensili di
2. elaborazione materiale formativo;
sensibilizzazione per studenti
3. organizzazione calendario e logistica incontri;
e giovani nelle 5 sotto4. sessioni formative nelle scuole delle 5 sotto-prefetture
99
prefetture
3.1.c
Sessioni formative trimestrali
per i Centri di Salute delle 5
sotto-prefetture
METODOLOGIA: materiale formativo in francese e lingue locali; schede di
sensibilizzazione; giochi di ruolo, simulazioni, esercitazioni pratiche, video,
piccole drammatizzazioni; sessioni di 60 minuti; 1 soggetto al mese
1. elaborazione calendario formazioni;
2. organizzazione logistica sessioni formative;
3. sessioni formative ai responsabili e staff Centri di salute delle 5
sotto-prefetture
METODOLOGIA: sessioni itineranti (ogni trimestre in una sotto-prefettura
diversa); sessioni giornaliere; schede formative e piccoli sussidi da lasciare
in copia per formazione “a cascata” dei pazienti; lezioni frontali e esame casi
pratici, dinamica partecipativa
Obiettivo 3.2
Diminuzione del numero di casi di malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme
igieniche: dal 30% al 20% attraverso una rilevazione statistica sistematizzata
Azioni
Descrizione attività e metodologia utilizzata
3.2.a
1- elaborazione sistema informatico;
Elaborazione sistema statistico
2- elaborazione schede statistiche di compilazione per personale
raccolta dati patologie
medico (chi effettua le consultazioni);
registrate al CMC Gouécké e
3- raccolta dati e inserimento nel sistema
inserimento dati
METODOLOGIA: utilizzo programma informatico (es. access, excel) di
raccolta e analisi dati; raccolta schede dati alla fine di ogni giornata e
inserimento informatico settimanale.
3.2.b
1- risultati semestrali della rilevazione statistica;
Analisi e rielaborazione
2- rielaborazione in équipe con raccomandazioni mediche e sanitarie del
semestrale dei dati
personale specializzato;
3- elaborazione rapporto finale di sintesi
METODOLOGIA: scheda statistica di sintesi semestrale; rielaborazione dei
dati partecipata (incontri con staff medico-sanitario e coordinatore salute
OCPH), rapporto finale in formato elettronico e cartaceo
3.2.c
Presentazione dei dati alle
autorità sanitarie prefettorali e
regionali nelle riunioni di
monitoraggio semestrale
1- presentazione rapporto statistico semestrale alla riunione di
monitoraggio;
2- confronto e raccomandazioni dei responsabili centri sanitari della
regione;
3- consegna copie rapporto alle autorità sanitarie
METODOLOGIA: spiegazione frontale tramite programma di presentazione
(es. power point); dibattito; copie rapporto in formato elettronico e cartaceo.
L’attuazione del programma può essere facilmente tradotta in un cronogramma delle attività, suddivise nei
12 mesi di implementazione.
Si fa notare che per motivi pratici si preferisce suddividere ciascuna mensilità in 4 periodicità settimanali,
con la possibilità così di visualizzare le fasi delle diverse azioni e quando queste si svolgono
contemporaneamente.
100
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 1.1: Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori): rafforzamento della rete
territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un Coordinamento Permanente.
1.1.a
Incontro membri CGP –
analisi status quo
1. Convocazione
2. Incontro
3. Rapporto finale
1.1.b
Diffusione proposta CPGP
1. Preparazione materiale
2. Identificazione luoghi
3. Distribuzione
1.1.c
Incontro plenario e
formazione CPGP
1. Preparazione materiale
2. Logistica
3. Incontro
4. Scelta componenti perm.
5. Rapporto finale
1.1.d
Incontri formativi settimanali
membri CPGP
1.OdG
2.Sessioni formative
3.Sussidio formativo
Ob.1.2: Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di Giustizia e Pace
nell’area territoriale identificata;
1.2.a
Contatto leader comunitari
1. Identificazione
101
2. Logistica
3. Incontri terreno
4. Rapporto
5. Rielaborazione dati
1.2.b
Formazione 11 Cellule
Territoriali GP
1. Agenda
2. Logistica
3. Materiale
4.Incontri
5.Creazione cellula
6.Coordinatore cellula
7.Rapporto
1.2.c
Elaborazione progetto
formativo
1.Analisi dati
2.Elaborazione progetto
3.Responsabile OCPH
1.2.d
Sessione formativa per CT
1.Materiale formativo
2.Logistica
3.Sessioni formative
4.Modello monitoraggio
5.Valutazione
6. Rapporto
1.2.e
Creazione banca dati
1.Sistema informatico
2. Raccolta dati mensile
3. rielaborazione semestrale
4. Rapporto
102
5. Diffusione
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 1.3: Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali: almeno 4 incontri
annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed etnica sulla conflittualità dal 50% al 30%;
1.3.a
Identificazione rappr. giovani
1. Comunicazione
2. Scelta
1.3.b
Incontro plenario
rappresentanti giovani reg.
1.materiale formativo
2.Logistica
3.Incontro
4.Questionario
5.Rapporto finale
1.3.c
Incontri trimestrali giovani
1. calendario
2. Convocazione
3. Logistica
4. materiale formativo
5.4 incontri
6.Questionario
7.Rapporti finali
8.Sussidio
1.3.d
Cellula di sorveglianza
1.Identificaz. rappr. giovani
2.Incontro coordinamento
1.3.e
Studio impatto psicologico
sui giovani
103
1. Variabili
2. Raccolta dati
3. Rielaborazione-rapporto
Ob. 1.4: Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri quadrimestrali di
confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini
1.4.a
Incontri quadrimestrali
leader-cittadini
1. Contatto
2. Comunicato
3. Logistica
4.Agenda
5. Incontro
6.Verbale
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 2.1: Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero dei Comitati locali
di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle comunità di base (Comitati di sviluppo) a
favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per ogni Comitato
2.1.a
Creazione Comitati di
sviluppo locale
1. Calendario
2. Logistica
3. Incontri
4. Scelta membri
5. Base di dati
2.1.b
Incontro formativo regionale
coordinat. Comitati Sviluppo
1. Logistica
2. Incontro
104
3. Rapporto finale
2.1.c
Incontri mensili CS e
monitoraggio sede
1. Contatto coord. CS
2. Rapporto incontro
3. Rielaborazione dati
2.1.d
Incontro formativo regionale
PCM
1.Agenda
2. Logistica
3. Materiale formativo
4. Incontro
2.1.e
Redazione progetti
territoriali
1.Contatto coord. CS
2.Assistenza elaboraz. pro.
3.Consegna progetto
4. Inserimento database
Ob. 2.2: Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle esigenze di
sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per interventi più puntuali e tempestivi a
favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare dal 40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali
2.2.a
Indagine bisogni comunità
1. Elaboraz. questionario
2. Distribuz. questionario
3. Analisi e rielab. dati
4. Diagnostica priorità
5. Rapporto di ricerca
2.2.b
Diffusione dati autorità
1. Invio rapporto
105
2. Comunicato incontro
3.Elaborazione agenda
4. Incontro
5. Rapporto finale
2.2.c.
Elaborazione piano
operativo diocesano
1. Incontro staff
2. Responsabilità
3.Piano d’az. per bisogno
4.Piano operativo
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 3.1: Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal 50% al 40% della
popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi;
3.1.a
Sessioni giornaliere
sensibilizzazione CMC
1. materiale formativo
2. sessioni sensibiliz.
3.1.b
Sessioni mensili
sensibilizzazione scuole
1. Identificaz. scuole
2. Materiale formativo
2. Logistica
3. Sessioni sensibiliz.
3.1.c
Sessioni formative trimestrali
CS sotto-prefetture
1.Calendario
2. Logistica
3. Sessioni formative
Ob. 3.2: Diminuzione del numero di casi di malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme igieniche: dal 30% al 20%
106
attraverso una rilevazione statistica sistematizzata
3.2.a
Elaborazione sistema
informatico raccolta dati
1. Sistema informatico
2. schede statistiche
3. inserimento sett. dati
3.2.b
Rielaborazione semestrale
dati
1. Risultati
2.Rielaborazione équipe
3.Rapporto finale
3.2.c
Presentazione semestrale
studio alle autorità sanitarie
1. Presentazione rapporto
2. Raccomandazioni
3. Distribuzione copie
107
BURUNDI
Obiettivo 1.1 riduzione del 5% il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di
età 15-16 anni
Azioni
Descrizione Attività
1.1.a Apertura, presso il CJK, di una sala studio con 1- Possibilità di studio nelle ore serali grazie alla
annessa biblioteca fornita di più di 18.000 volumi,
luce.
funzionante 7 giorni su 7 anche nelle ore serali
2- Presenza in biblioteca dei testi delle materie di
studio.
3- Presenza in biblioteca di un responsabile
disponibile per consigli e assistenza nei compiti.
1.1.b Organizzazione di corsi per l’alfabetizzazione 1- Corsi di alfabetizzazione per adulti
degli adulti
Si cerca di coinvolgere anche e in particolare i
genitori di modo che possano sostenere lo studio dei
figli
1.1.c Fabbricazione di mattoni e costruzione di case 1- Creazione della squadra di giovani volontari
più solide e grandi della media dei quartieri per le 2- Corso breve per imparare a cuocere i mattoni
famiglie che hanno giovani studenti iscritti alla 3- Cottura dei mattoni
scuola secondaria
4- Costruzione delle case
Obiettivo 1.2 Organizzazione di corsi di informatica agli studenti dislocati nelle scuole senza aule di
informatica che frequentano il CJK
Azioni
Descrizione Attività
1.2.a Organizzazione di corsi di informatica
1- Elementi di base per l’utilizzo di un PC
2- Il sistema operativo
3- Office (word, excel, accces, power point)
4- Navigazione web e gestione posta elettronica
5- Programmi per la gestione delle fotografie e i
montaggi di video
1.2.b Organizzazione di corsi su materie curriculari
della scuola secondaria
Questi corsi sono riservati a giovani che frequentano
o hanno concluso la scuola secondaria e si possono
fare in sequenza uno dopo l’altro.
1- Matematica e fisica
2- Chimica
3- Lingua francese
4- Economia
Su richiesta e se vi è la disponibilità di insegnanti
possono essere organizzate anche alcune lezioni
individuali
Obiettivo 2.1. Diminuzione del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord.
Azioni
2.1.a Organizzazione di attività formative e di
confronto sui temi della convivenza pacifica,
riconciliazione e rispetto delle differenze
Descrizione Attività
Corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti fondamentali
Incontri di scambio e dibattito sulla pace
Seminari sulla risoluzione pacifica dei conflitti
Seminari sulla non violenza
5- Incontri di scambio sulla possibile convivenza e il
rispetto reciproco tra persone di etnia e religione
differente
1234-
Obiettivo 2.2 Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una
cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco tra i giovani del
quartiere
Azioni
Descrizione Attività
2.2.a Organizzazione di eventi nei quartieri nord
1- Festival musicali a tema
2- Giornate di sensibilizzazione nelle diverse
comunità religiose presenti nei quartieri
3- Momenti di incontro tra gruppi appartenenti a
108
religioni diverse
2.2.b Campagna per la restituzione delle armi
1- Giornata di concerti contro la proliferazione delle
armi
2- Raccolta di firme da consegnare al governo per la
raccolta delle armi
3- Gara di bicicletta per i quartieri con un messaggio
contrario all’utilizzo delle armi
Obiettivo 2.3 Diffusione della cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in
almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK
Azioni
Descrizione Attività
2.3.a educare ad una cittadinanza attiva
1- settimane di riflessione tematiche sui diritti e
doveri di cittadinanza
2- seminari di educazione civica in preparazione alle
elezioni
2.3.b organizzazione di gruppi di approfondimento
1- Economia locale e internazionale
2- Politica e relazioni internazionali
3- Ambiente ed ecologia
4- Giornalismo
Obiettivo 3.1 Offerta ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in
particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno 400 giovani orfani, degli iscritti al CJK.
Azioni
Descrizione Attività
3.1.a Organizzazione di corsi:
1- arti plastiche
2- scrittura creativa
3- chitarra
4- pianoforte
5- batteria
6- disegno artistico
7- danza
8- recitazione
3.1.b Organizzazione di concorsi
1- canto
2- musica moderna
3- danza moderna e tradizionale,
4- disegno,
5- poesia e recitazione
Obiettivo 3.2 Offerta ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali
che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei giovani che fanno
uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i
giovani che frequentano il CJK
Azioni
Descrizione Attività
3.2.a Organizzazione di campi estivi che prevedono
1- AIDS
sessioni di approfondimento su diverse tematiche
2- Droga e alcool
3- Proiezioni film a tema
4- Stare e collaborare in gruppo
5- Igiene e sanità
6- Nozioni di primo soccorso
Si prevede la presenza di un educatore ogni 25
giovani di modo da assicurare un attenzione che se
richiesto può arrivare anche a momenti di cofnrtono
individuale
Obiettivo 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati
presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500)
Azioni
Descrizione Attività
3.3.a Organizzazione di corsi sportivi:
1- arbitro di basket e di calcio
2- ping-pong,
3- rugby,
109
4- tennis,
5- pallavolo,
6- calcio
1- Calcio
2- Basket
3- Pallavolo
4- Rugby
3.3.b Organizzazione di tornei sportivi
Obiettivo 3.4 Aumento della partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione
di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno (tra squadre sportive e gruppi dediti ad una
specifica attività)
Azioni
Descrizione Attività
3.4.a Organizzazione di squadre
1- Calcio
2- Basket
3- Pallavolo
4- Rugby
Queste squadre partecipano ai tornei descritti
nell’azione 3.3.b
3.4.b Organizzazione di gruppi
1- Acrobati
2- Danza
3- Musicali
4- Compagnie teatrali
Questi gruppi partecipano agli eventi descritti
nell’azione 2.2.a
110
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
Ob.1.1: ridurre del 5% il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di età 15-16 anni
1.1.a
Apertura, presso il CJK, di una sala studio con
annessa biblioteca fornita di più di 18.000
volumi, funzionante 7 giorni su 7 anche nelle
ore serali
1- Possibilità di studio nelle ore serali grazie
alla luce.
2- Presenza in biblioteca dei testi delle materie
di studio
3- Presenza in biblioteca di un responsabile
disponibile per consigli e assistenza nei compiti
1.1.b
Organizzazione di corsi per l’alfabetizzazione
degli adulti
1- Corsi di alfabetizzazione per adulti
1.1.c
Fabbricazione di mattoni e costruzione di case
più solide e grandi della media dei quartieri per
le famiglie che hanno giovani studenti iscritti
alla scuola secondaria
1- Creazione della squadra di giovani volontari
2- Corso breve per imparare a cuocere i
mattoni
3- Cottura dei mattoni
4- Costruzione delle case
Ob. 1.2 Offrire ai giovani che frequentano la scuola secondaria opportunità di apprendimento complementari alla scuola stessa per migliorarne le performances
scolastiche. Offrire corsi di informatica al 50% ai giovani che frequentano il CJK che sono studenti della scuola secondaria
1.2.a
Organizzazione di corsi di informatica
1- Elementi di base per l’utilizzo di un PC
2- Il sistema operativo
3- Office (word, excel, accces, power point)
4- Navigazione web e gestione posta
elettronica
5- Programmi per la gestione delle fotografie e
i montaggi di video
1.2.b Organizzazione di corsi su materie
curriculari della scuola secondaria
111
12
1-
Matematica e fisica
2-
Chimica
3-
Lingua francese
4-
Economia
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 2.1: Diminuire del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord.
2.1.a
Organizzazione di attività formative e di
confronto sui temi della convivenza pacifica,
riconciliazione e rispetto delle differenze
1- Corsi sui Diritti dell’Uomo ed i diritti
fondamentali
2- Incontri di scambio e dibattito
sulla pace
Seminari sulla risoluzione pacifica
dei conflitti
4- Seminari sulla non violenza
5- Incontri di scambio sulla
possibile convivenza e il rispetto
reciproco tra persone di etnia e
religione differente
Ob. 2.2: Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il
possesso di arma da fuoco tra i giovani del quartiere.
3-
2.2.a
Organizzazione di eventi nei quartieri nord
1- Festival musicali a tema
23-
Giornate di sensibilizzazione nelle diverse
comunità religiose presenti nei quartieri
Momenti di incontro tra gruppi
appartenenti a religioni diverse
2.2.b
Campagna per la restituzione delle armi
1- Giornata di concerti contro la proliferazione
delle armi
2- Raccolta di firme da consegnare al governo
per la raccolta delle armi
3- Gara di bicicletta per i quartieri con un
messaggio contrario all’utilizzo delle armi
112
Ob. 2.3:. Diffondere la cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK
2.3.a
Educare ad una cittadinanza attiva
1- settimane di riflessione tematiche sui diritti
e doveri di cittadinanza
2- seminari di educazione civica in
preparazione alle elezioni
2.3.b
Organizzazione di gruppi di
approfondimento
1- Economia locale e internazionale
2- Politica e relazioni internazionali
3- Ambiente ed ecologia
4- Giornalismo
Obiettivo/Azioni/Attività
Mese
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Ob. 3.1:. Offrire ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno
400 giovani orfani, degli iscritti al CJK.
3.1.a
Organizzazione di corsi:
1- arti plastiche
2-
scrittura creativa
3-
chitarra
4-
pianoforte
5-
batteria
6-
disegno artistico
7-
danza
8-
recitazione
3.1.b
Organizzazione di concorsi
1- canto
2- musica moderna
3- danza moderna e tradizionale,
4- disegno,
5- poesia e recitazione
113
Ob. 3.2:. Offrire ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di
diminuire del 10% dei giovani che fanno uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i giovani che frequentano
il CJK
3.2.a
Organizzazione di campi estivi che prevedono
sessioni di approfondimento su diverse
tematiche
1AIDS
2-
Droga e alcool
3-
Proiezioni film a tema
4-
Stare e collaborare in gruppo
5-
Igiene e sanità
6-
Nozioni di primo soccorso
Ob. 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500)
3.3.a
Organizzazione di corsi sportivi:
1- arbitro di basket e di calcio
2-
ping-pong
3-
rugby
4-
tennis
5-
pallavolo,
6-
calcio
3.3.b
Organizzazione di tornei sportivi
1- Calcio
2-
Basket
3-
Pallavolo
4-
Rugby
Ob. 3.4 Aumentare la partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno
(tra squadre sportive e gruppi dediti ad una specifica attività)
3.4.a
Organizzazione di squadre
1- Calcio
2- Basket
3-
Pallavolo
4-
Rugby
114
3.4.b
Organizzazione di gruppi
1- Acrobati
2- Danza
3- Musicali
4- Compagnie teatrali
115
REPUBBLICA DI GIBUTI
Obiettivi specifici
1.Aumentare la presenza di bambini che
frequentano il centro Caritas a Gibuti,
soprattutto delle bambine
Descrizione attività
1.1 Valutare i bisogni primari dei minori di strada
attraverso un’attenta osservazione e un confronto
con gli operatori.
1.2.Conoscere i problemi e la realtà dei bambini di
strada attraverso il dialogo.
1.3. Conoscere il contesto sociale e cittadino nel
quale vivono i minori di strada.
1.4 Organizzare in modo preciso le attività,
possibilmente programmandole settimanalmente, e
la verifica del materiale da utilizzare e delle
condizioni logistiche (prevenire la mancanza
dell’acqua).
1.5 Elaborare un censimento annuale dei minori che
frequentano il centro, attraverso schede standard.
1.6 Programmare attività di “autostima” per le giovani
ragazze almeno una volta la settimana per facilitare
la fiducia reciproca.
2. Favorire il dialogo tra bambini,
soprattutto tra diverse etnie, lingue,
religioni.
2.1 Organizzare giochi di squadra e attività sportive
2.2 Programmare attività ricreative:
realizzazione di oggetti, patchwork, ecc.
collage,
2.3 Organizzare di attività che promuovono la
collaborazione: musica, danza, teatro.
2.4 Proiettare di film educativi
2.5 Studio sui risvolti di carattere psicologico nei
bambini che usufruiscono delle attività ludico
ricreative e educative proposte dal centro.
(collaborazione con Università Carlo Bo di Urbino, le
fasi e la metodologia è descritta nel paragrafo Sierra
Leone attività 4.2.e).
3.Fornire adeguata conoscenza igienica e 3.1 sensibilizzare all’abuso di sostanze stupefacenti
di alimentazione ai bambini che
3.2 Favorire l’igiene personale
frequentano il centro
3.3 fornire educazione sessuale e sensibilizzazione
contro le Mutilazioni Genitali Femminili (per le
ragazze)
4.Fornire conoscenze di lingua francese di 4.1 preparare materiale didattico (cartelloni, giochi,
base, di calcolo
disegni, colori) per l’insegnamento della lingua
francese
4.2
dividere i bambini di strada per livelli di
conoscenza della lingua
4.3 Supportare in modo approfondito gli allievi di
prossima frequentazione dei LEC
5.Migliorare la formazione e
partecipazione degli operatori del LEC
51 Proporre riunioni di verifica e coordinamento tra
operatori e volontari almeno una volta al mese.
5.2 promuovere corsi di formazione specifica per gli
operatori.
6.Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del
materiale scolastico
6.1 elaborare di un inventario del materiale a
disposizione per le attività con i bambini, per un
utilizzo più efficiente delle risorse
6.2 acquistare il materiale mancante o necessario
per svolgere le attività del centro.
116
Obiettivo/attività
1
2
3
4
5
Mese
6
7
8
9
10
11
Ob. 1: Aumentare la presenza di bambini che frequentano il centro Caritas a Gibuti, soprattutto delle
bambine
1.1 Valutare i bisogni primari
dei minori di strada attraverso
un’attenta osservazione e un
confronto con gli operatori.
1. 2 Conoscere i problemi e la
realtà dei bambini di strada
attraverso il dialogo.
1.3 Conoscere il contesto
sociale e cittadino nel quale
vivono i minori di strada.
1.4 Organizzare in modo
preciso
le
attività,
possibilmente
programmandole
settimanalmente, e la verifica
del materiale da utilizzare e
delle
condizioni
logistiche
(prevenire
la
mancanza
dell’acqua).
1.5 Elaborare un censimento
annuale
dei
minori
che
frequentano
il
centro,
attraverso schede standard.
1.6 Programmare attività di
“autostima” per le giovani
ragazze almeno una volta la
settimana per facilitare la
fiducia reciproca.
Ob. 2: Favorire il dialogo tra bambini, soprattutto tra diverse etnie, lingue, religioni.
2.1 Organizzare giochi di
squadra e attività sportive
2.2
Programmare
attività
ricreative:
collage,
realizzazione
di
oggetti,
patchwork, ecc.
2.3 Organizzare attività che
promuovono la collaborazione:
musica, danza, teatro.
2.4 Proiettare film educativi
2.5 Studio
sui risvolti di
carattere psicologico nei
bambini che usufruiscono
delle attività ludico ricreative
e educative
1.Variabili
2.Raccolta dati
3.Rapporto
Ob. 3: Fornire adeguata conoscenza igienica e di alimentazione ai bambini che frequentano il centro
3.1 sensibilizzare all’abuso di
sostanze stupefacenti
3.2 Favorire l’igiene personale
3.3
fornire
educazione
sessuale e sensibilizzazione
117
12
contro le Mutilazioni Genitali
Femminili (per le ragazze)
Ob. 4: Fornire conoscenze di lingua francese di base, di calcolo
4.1 preparare
materiale
didattico (cartelloni, giochi,
disegni,
colori)
per
l’insegnamento della lingua
francese
4.2 dividere i bambini di strada
per livelli di conoscenza della
lingua
4.3 Supportare in modo
approfondito gli allievi di
prossima frequentazione dei
LEC
Ob. 5: Migliorare la formazione e partecipazione degli operatori del LEC
5.1 Proporre riunioni di verifica
e coordinamento tra operatori e
volontari almeno una volta al
mese.
5.2 promuovere corsi di
formazione specifica per gli
operatori.
Ob. 6: Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del materiale scolastico
6.1. elaborare un inventario
del materiale a disposizione
per le attività con i bambini,
per un utilizzo più efficiente
delle risorse
6.2 acquistare il materiale
mancante o necessario per
svolgere le attività del
centro.
9.2. RISORSE UMANE COMPLESSIVE NECESSARIE PER L’ESPLETAMENTO DELLE
ATTIVITÀ PREVISTE, CON LA SPECIFICA DELLE PROFESSIONALITÀ IMPEGNATE E
LA LORO ATTINENZA CON LE PREDETTE ATTIVITÀ.
Il progetto coinvolge in totale 160 persone. Di seguito sono descritte per ciascun paese. Inoltre il progetto
si avvale della collaborazione dell’Università Carlo Bo’ di Urbino che mette a disposzione un ricercatore
per lo sviluppo di una studio inerente le attività nelle sedi in Sierra Leone, Guinea e nella Repubblica di
Gibuti.
RISORSE IMPIEGATE SU PIÙ SEDI DI PROGETTO
Personale impiegato
N. 1 ricercatore Università di Urbino
Centro Ricerca e Formazione in Psicologia Giuridica
del Dipartimento di Scienze dell’Uomo
Azioni
Paese Sierra Leone, attività 4.2.e
Paese Repubblica di Gibuti, attività 2.5
Paese Guinea, attività 1.3.e
RISORSE IMPIEGATE IN CIASCUNA SEDE DI PROGETTO
SIERRA LEONE
Le risorse umane impiegate nella realizzazione delle attività sono in totale 45 persone:
-21 per la CGPDU
118
-5 per Radio Maria Sierra Leone;
-12 per l’Università di Makeni;
-3 per la Congregazione Sorelle di Maria Immacolata
-4 per Caritas Makeni;
Nella tabella di seguito riportata si indicano in dettaglio le diverse figure coinvolte nel progetto rispetto alle
azioni indicate nel punto 9.1, le qualifiche professionali e la loro attinenza con le predette azioni.
Personale impiegato
1 Direttore CGPDU
sociologo,
esperto in tematiche dello sviluppo, comunicazione e
analisi sociale
formatore e coordinatore dei programmi di ricerca
1 Coordinatore di programma CGPDU
esperto in tematiche sociali e amministrative
formatore e addetto al coordinamento delle attività
1 Operatore CGPDU
esperto in tematiche giuridico-amministrative,
decentralizzazione, analisi sociale educazione alla
pace e risoluzione di conflitti
formatore e ricercatore
1 Operatore CGPDU
impiegato nello specifico sul progetto
Comitati territoriali
esperto in promozione e protezione diritti umani e
tematiche di sviluppo
formatore, coordinatore attività sul terreno,
monitoraggio e contatto con membri e coordinatori dei
Comitati territoriali
1 Operatrice CGPDU
Esperta in questioni di genere, Desk Officer per
promozione femminile
formatrice, coordinatrice attività di terreno e cellula di
ascolto presso CGPDU
1 Avvocato CGPDU
esperto in protezione di diritti umani e risoluzione dei
conflitti, legislazione e giurisprudenza nazionale
formatore e difensore diritti
1 consulente legale CGPDU
esperto in diritti umani e legislazione nazionale
formatore,
responsabile area giuridico-legale delle ricerche
1 consulente legale CGPDU
esperto in diritti umani e politiche di genere
formatore e responsabile contenuti legali programmi
radiofonici e ricerca
2 Volontari CGPDU
studenti/esperti in analisi sociale e sviluppo
collaboratori nel monitoraggio delle attività sul terreno
e nella preparazione del materiale formativo in area
sociale
2 Volontari CGPDU
studenti/esperti in diritti umani e sviluppo
collaboratori nel monitoraggio tutela diritti umani sul
terreno e nella preparazione del materiale formativo in
area giuridica
119
Azioni
Ob. 2
2.1.a, 2.1.b, 2.1.c; 2.3.a; 2.5.a
Ob. 3
3.1.c; 3.2.a
Ob. 4
4.4.d; 4.6.a
Ob. 2
2.1.a, 2.1.b, 2.1.c; 2.2.a, 2.2.b; 2.4.a, 2.4.b
Ob. 3
3.1.c; 3.2.a
Ob. 2
2.1.a, 2.1.b, 2.1.c; 2.2.a, 2.2.b, 2.2.c; 2.4.a, 2.4.b
Ob. 3
3.1.d; 3.2.a, 3.2.b; 3.2.c
Ob. 1
1.1.a, 1.1.b; 1.2.a
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b; 3.3.a
Ob. 4
4.1.a
Ob. 4
4.1.a, 4.1.b; 4.2.b; 4.4.a, 4.4.b, 4.4.c; 4.5.a, 4.5.b,
4.5.c, 4.5.d; 4.6.a, 4.6.b, 4.6c
Ob.2
2.1.c; 2.5.a
Ob. 3
3.1.a
Ob.4
4.5.a
Ob.1
1.1.a; 1.2.a
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.3.a
Ob. 4
4.1.b; 4.4.b, 4.4.c, 4.5.a, 4.5.b, 4.5.c; 4.6.b
Ob. 2
2.1.b; 2.2.a, 2.2.b, 2.2.c; 2.4.b
Ob. 3
3.2.a
Ob. 1
1.2.a
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b; 3.3.a
Ob. 4
2 Volontari CGPDU
studenti/esperti in comunicazione e sviluppo
collaboratori nella diffusione delle informazioni e
nell’organizzazione delle trasmissioni radiofoniche
2 Volontari CGPDU
studenti/esperti in diritti umani e politiche di
genere
collaboratori nel monitoraggio delle attività di
creazione gruppi femminili e tutela loro diritti
5 animatori di comunità
studenti in scienze sociali
Collaboratori nell’organizzazione delle sessioni
formative nelle aree rurali
2 giornalisti Radio Maria Sierra Leone
responsabili realizzazione e conduzione programmi
radiofonici
1 tecnico audio Radio Maria Sierra Leone
Responsabile tecnico programmi radiofonici
2 volontari Radio Maria Sierra Leone
Studenti in comunicazione
Collaboratori per trasmissioni radiofoniche e
collegamenti in diretta dal terreno
1 docente in diritti umani Università di Makeni
Responsabile bibliografia giuridica ricerca e
comparazione strumenti nazionali-internazionali tutela
diritti umani nelle ricerche
1 operatore del Dipartimento Ricerca Sociale
Università di Makeni
Responsabile strumenti analisi quantitativa e
qualitativa ricerche e strutturazione attività di ricerca
2 studenti in sociologia dello sviluppo
Università di Makeni
Collaboratori nell’analisi e rielaborazione dati per
ricerca sociale
4 studenti in scienze sociali Università di Makeni
Collaboratori nella preparazione del materiale
formativo per seminari alle autorità e nella raccolta
dati per la ricerca sociale
120
4.2.c
Ob. 1
1.1.c
Ob. 3
3.1.d; 3.2.c; 3.3.b
Ob. 4
4.5.c
Ob. 4
4.1.a, 4.1.b; 4.2.b, 4.2.c, 4.4.a, 4.4.b, 4.4.c; 4.5.a,
4.5.c; 4.6.a, 4.6.b, 4.6.c
Ob. 1
1.2.a
Ob. 3
3.1.b, 3.3.a
Ob. 4
4.1.b; 4.5.b
Ob. 1
1.1.c; 1.2.b
Ob. 2
2.4.c; 2.5.c
Ob. 3
3.1.b; 3.2.c; 3.3.b
Ob. 4
4.2.d; 4.4.a; 4.5.c; 4.6.c
Ob. 1
1.1.c; 1.2.b
Ob. 2
2.2.d; 2.4.c; 2.5.c
Ob. 3
3.1.b; 3.2.c; 3.3.b
Ob. 4
4.2.d; 4.4.a; 4.5.c; 4.6.c
Ob. 1
1.2.b
Ob. 2
2.2.d; 2.5.c
Ob. 3
3.1.b; 3.2.c; 3.3.b
Ob. 4
4.2.d; 4.4.a; 4.5.c; 4.6.c
Ob. 3
3.3.a
Ob. 4
4.5.d; 4.6.b
Ob. 3
3.1.c; 3.2.a
Ob. 4
4.5.d; 4.6.a
Ob. 2
2.1.a; 2.3.b
Ob. 3
3.2.a
Ob. 2
2.2.b; 2.3.a, 2.3.b
Ob. 3
3.1.c
Ob. 4
4.2.b; 4.5.d
4 studenti in giurisprudenza Università di Makeni
Collaboratori preparazione materiale formativo per
seminari giuridici e raccolta e rielaborazione dati per
ricerche giuridiche
1 Suora Congregazione Sorelle Maria Immacolata
esperta in finanza e microcredito
coordinatrice attività promozione femminile e
formatrice
1 Suora Congregazione Sorelle Maria Immacolata
esperta in tutela dei diritti umani e promozione
femminile
formatrice gruppi femminili auto-mutuo aiuto
1 Suora Congregazione Sorelle Maria Immacolata
esperta in animazione rurale
formatrice e
animatrice gruppi femminili auto-mutuo aiuto
1 Direttore Caritas Makeni
Formatore, esperto in tematiche di sviluppo
Coordinatore formazioni autorità su tematiche di
sviluppo sostenibile
1 Project manager Caritas Makeni
Formatore, esperto in progettazione
Collaboratore nelle formazioni su tematiche di
sviluppo e coordinatore supporto alle autorità per
redazione progetti di sviluppo
2 Volontari Caritas Makeni
Studenti Master in Sustainable Development
Collaboratori nel supporto alle autorità locali per
progettazione
Ob. 2
2.1.b, 2.1.c
Ob. 3
3.1.c, 3.1.d; 3.2.a
Ob. 4
4.1.b; 4.5.a; 4.6.b
Ob. 4
4.2.b, 4.2.c, 4.2.d; 4.3.a
Ob. 4
4.2.a, 4.2.d; 4.3.a; 4.4.a, 4.4.b, 4.4.5; 4.5.a; 4.5.b;
4.6.a, 4.6.b, 4.6.c
Ob. 4
4.2.a, 4.2.b, 4.2.c, 4.2.d; 4.3.a; 4.5.b
Ob. 2
2.1.a; 2.3.a
Ob. 2
2.3.a; 2.3.b
Ob. 2
2.3.a; 2.3.b
Ob. 4
4.3.a
GUINEA
Le risorse umane impiegate nella realizzazione delle attività sono in totale 41 persone:
10 operatori staff permanente OCPH;
1 consulente giuridico OCPH;
11 animatori di comunità, volontari OCPH;
5 volontari Commissione diocesana Giustizia e Pace;
6 membri staff CMC Gouécké;
5 animatori comunità per progetto sensibilizzazione sanitaria;
3 Suore per la Congregazione Serve di Maria Vergine Madre
Nella tabella di seguito riportata si indicano in dettaglio le diverse figure coinvolte nel progetto rispetto alle
azioni indicate nel punto 9.1, le qualifiche professionali e la loro attinenza con le predette azioni.
Personale impiegato
1 Direttore OCPH
Agronomo, esperto in sviluppo rurale, progettazione
e assistenza umanitaria
formatore e coordinatore dei programmi sviluppo
territoriale
1 Coordinatore di programma OCPH
esperto in progettazione, monitoraggio e valutazione
progetti, ricerca sociale (analisi e rielaborazione dati)
formatore e addetto al coordinamento delle attività e
responsabile settore ricerca
1 Coordinatore Salute OCPH
esperto in sanità pubblica
121
Azioni
Ob. 1
1.1.a, 1.1.b, 1.1.c; 1.2.c; 1.3.b; 1.3.d; 1.4
Ob. 2
2.1.a, 2.1.b, 2.1.c, 2.1.d; 2.2.a; 2.2.b, 2.2.c
Ob. 1
1.1.c; 1.2.c; 1.3.b; 1.4
Ob. 2
2.1.b, 2.1.d; 2.2.c
Ob. 3
3.2.b
Ob. 2
2.2.c
Ob. 3
formatore e coordinatore programma sanitario
1 Coordinatore settore educazione OCPH
esperto in educazione giovanile, insegnamento
formatore e coordinatore programma dialogo giovani
1 Coordinatrice promozione femminile OCPH
esperta in diritti umani e promozione donna
1 Responsabile amministrazione e finanza OCPH
esperto in gestione amministrativa e contabile,
logista OCPH
consulente e assistente progettazione finanziaria
1 Coordinatore programma diritti umani OCPH
esperto in peacebuilding, conflict management e
tutela diritti
formatore,
coordinatore programma CGP
1 consulente giuridico OCPH
esperto in diritti umani e legislazione nazionale
11 animatori di comunità,
Volontari OCPH
studenti/esperti in analisi sociale e sviluppo
collaboratori sul terreno progetti Cellule giustizia e
pace e Comitati di sviluppo
5 Volontari CGP diocesana
Collaboratori programma cellule territoriali Giustizia
e Pace
1 Direttore CMC Gouécké
Medico chirurgo
Formatore sanitario
1 medico chirurgo CMC Gouécké
Specialista in pediatria
Formatore sanitario
2 infermieri CMC Gouécké
Collaboratori attività di sensibilizzazione CMC e
scuole
1 Ostetrica CMC Gouécké
Collaboratrice programma sensibilizzazione CMC e
scuole
1 Matrona CMC Gouécké
Collaboratrice programma sensibilizzazione CMC
5 animatori di comunità
volontari
collaboratori programma sensibilizzazione sanitaria
5 sotto-prefetture
1 Suora Congregazione Serve di Maria Vergine
Madre
Infermiera
Collaboratrice programma sensibilizzazione
sanitaria CMC, scuole
1 Suora Congregazione Serve di Maria Vergine
Madre
Educatrice dell’infanzia
Collaboratrice programma sensibilizzazione
sanitaria CMC, scuole
1 Suora Congregazione Serve di Maria Vergine
Madre
Educatrice scuola alfabetizzazione
Collaboratrice programma sensibilizzazione
sanitaria CMC, scuole
122
3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.a, 3.2.b, 3.2.c
Ob. 1
1.3.a, 1.3.b, 1.3.c, 1.3.d;
Ob. 2
2.2.c
Ob. 1
1.1.a, 1.1.c; 1.2.c; 1.3.b
Ob.2
2.1.b; 2.2.c
Ob. 1
1.1.b, 1.1.c; 1.3.b;
Ob.2
2.1.b, 2.1.d; 2.2.c
Ob. 1
1.1.a, 1.1.b,1.1.c, 1.1.d; 1.2.a, 1.2.b, 1.2.c, 1.2.d;
1.3.b; 1.4
Ob. 2
2.1.d; 2.2.c
Ob.1
1.3.b, 1.3.d
Ob. 1
1.2.b, 1.2.d; 1.3.c
Ob. 2
2.1.a, 2.1.c, 2.1.e; 2.2.a
Ob. 1
1.1.a, 1.1.b, 1.1.c, 1.1.d; 1.2.a, 1.2.b1.2.c, 1.2.d
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.a, 3.2.b, 3.2.c
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.b
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b, 3.1.c
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b
Ob. 3
3.1.b
Ob. 3
3.1.b
BURUNDI
Le molteplici attività realizzate dal Centre Jeunes Kamenge sono promosse e coordinate da un
responsabile missionario saveriano italiano che si avvale di 55 collaboratori come descritto nella
seguente tabella:
Risorse Umane previste
Azioni delle risorse umane
N. 2 custodi bibliotecari
Totale: due
N. 2 insegnanti di lingua francese
N. 2 insegnanti di matematica, chimica e fisica
Totale: quattro
Azione 1.1.a
N. 2 insegnanti di informatica
Totale: due
N. 1 responsabile coordinatore del centro esperto in
problematiche giovanili, pace e riconciliazione
un direttore esecutivo del centro esperto in
risoluzione pacifica dei conflitti e non violenza
Totale: due
Azione 1.2.a
N. 1 esperto in diritti umani, politica e relazioni
internazionali
N. 1 esperto in legislazione del Paese
Totale: due
N.2 animatori comunitari con competenze
nell’organizzazione di eventi
N.1 tecnico audio – video
N.1 elogista
Totale: quattro
Azione 2.2.b
N.1 esperto in problematiche ambientali
N.1 giornalista
Totale: due
N.5 educatori con competenze artistico, teatrali e
musicali
Totale: cinque
Azione 2.3.b
Azione 1.1.a
Azione 1.1.b
Azione 1.2.b
Azione 2.1.a
Azione 2.2.a
Azione 2.2.b
Azione 3.2.a
Azione 2.3.a
Azione 2.3.b
Azione 2.2.a
Azione 2.2.b
Azione 3.1.b
Azione 2.2.a
Azione 2.2.b
Azione 3.1.a
Azione 3.1.b
Azione 3.2.a
Azione 3.4.b
N.3 educatori esperti in gestione di gruppi
Totale: tre
Azione 3.2.a
Azione 3.4.a
Azione 3.4.b
N.2 educatori esperti in problematiche giovanili
Totale: due
Azione 2.1.a
Azione 2.2.a
Azione 2.2.b
Azione 3.2.a
N.1 allenatore di calcio
N.1 allenatore di ping pong e tennis
N.1 allenatore di Basket
N.1 allenatore di pallavolo
N.1 allenatore di rugby
Totale: cinque
N.5 segretarie
N.12 guardiani
Azione 3.3.a
Azione 3.3.b
Azione 3.4.a
Tutte le azioni
123
N.5 addetti alle pulizie
Totale: ventidue
REPUBBLICA DI GIBUTI
Per la realizzazione delle attività sopra descritte sono necessarie 18
elencate di fianco alle attività delle quali sono incaricate
risorse umane, qui di seguito
Risorse umane impiegate
N.1 Direttore responsabile, sociologo, delle attività
del Centro e di tutti gli operatori con competenze
anche gestionali ed educative con minori;
Attività
1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 5.1,5.2
N.4 educatori responsabili, a coppie, rispettivamente
del gruppo dei maschi e del gruppo delle femmine
dei minori di strada;
1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.2, 2.3, 3.1, 3.2,
3.3, 5.1,5.2
N.4 insegnanti incaricati di seguire le attività relative
all’alfabetizzazione
N.2 volontari allenatori sportivi
4.1, 4.2, 4.3
N.2 volontari esperti in attività manuali
2.2, 2.3, 2.4
N.2 volontari artisti con competenze in musica,
danza e teatro
2.3, 2.3, .2.4
N.1 infermiera esperta di mutilazioni genitali
femminili e problematiche relative alla sessualità
giovanile
N.1 psicologa esperta in problematiche giovanili
3.1, 3.2, 3.3
N.1 contabile/ magazziniere incaricato di gestire la
cassa e fare gli acquisti, tenere la contabilità e
l’inventario del progetto
2.1, 2.3
1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4, 3.1,
3.2, 3.3
6.1, 6.2
9.3RUOLO ED ATTIVITÀ PREVISTE PER I VOLONTARI NELL’AMBITO DEL
PROGETTO.
SIERRA LEONE
Obiettivo 1.1
Aumento della percentuale di attori chiave delle comunità in possesso di nozioni di tutela giuridica e
monitoraggio diritti umani- formazione dei leader: passare dal 10% al 20%
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
1.1.a
- collaborazione con staff CGPDU nell’elaborazione del modello;
Sessioni formative nei 21
- supporto nella preparazione logistica delle sessioni formative;
Comitati territoriali di
- partecipazione alle sessioni formative sul terreno
monitoraggio dei diritti umani
su tecniche e modelli per il
monitoraggio delle violazioni
1.1.b
Elaborazione e
aggiornamento regolare
banca dati regionale a livello
centrale per monitoraggio
violazioni diritti umani nelle
diverse aree territoriali
- supporto nell’elaborazione del sistema;
- partecipazione all’aggiornamento trimestrale banca dati;
- partecipazione analisi e rielaborazione dati
124
1.1.c
- preparazione materiale per la diffusione radio
Organizzazione programmi
radiofonici trimestrali di
aggiornamento su violazioni e
monitoraggio regionale
Obiettivo 1.2
Formazione dei cittadini nelle aree rurali su diritti e doveri e misure da adottare in caso di violazioni – aumento
dei cittadini consapevoli: passare dal 30 al 40% della popolazione rurale informata e formata
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
1.2.a
- assistenza nella preparazione del materiale formativo allo staff CGPDU;
Organizzazione sessioni di
- supporto nell’organizzazione logistica;
formazione aperte alla
- partecipazione alle sessioni di formazione
popolazione nei 21 Comitati
locali di monitoraggio su diritti
umani fondamentali e misure
da adottare in caso di
violazioni
1.2.b
Trasmissione mensile di una
sessione formativa in diretta
dal terreno
- partecipazione dal terreno, supporto alla preparazione logistica
Obiettivo 2.1
Miglioramento della conoscenza dei doveri amministrativi, responsabilità, limiti di potere, arre di competenza e
intervento da parte delle autorità elette e tradizionali: dal 30% al 20% della percentuale di autorità elette non a
conoscenza delle aree operative, dei margini di autonomia locale previsti dalla legge sulla decentralizzazione e
dei limiti di potere nei confronti delle autorità tradizionali; dal 50% al 30% delle autorità tradizionali non a
conoscenza dei principi della decentralizzazione e dei diritti e doveri sanciti nella legislazione nazionale;
Azioni
2.1.a
Seminari di sensibilizzazione
sul “Second Poverty
Reduction Strategy Paper
2008-2012” per consiglieri
distrettuali, locali, autorità dei
54 chiefdoms e leaders
tradizionali.
2.1.b
Corsi di formazione per i
consiglieri distrettuali e dei 54
chiefdoms e i leaders
tradizionali su tecniche e
procedure per la gestione di
amministrazioni locali, la
preparazione e l’applicazione
di leggi, la trasparenza
amministrativa ed economica
2.1.c
Seminari per le diverse
autorità locali e per i leader
tradizionali
sull’implementazione del
“Local Government Act 2004”
e del processo di
decentralizzazione: ruoli e
responsabilità delle autorità
locali elette e tradizionali
Descrizione attività e ruolo volontari
- sostegno agli operatori locali nella pianificazione degli incontri;
- supporto nella preparazione del materiale formativo e didattico;
- partecipazione ai seminari nei distretti;
- supporto nella preparazione della reportistica finale
- sostegno agli operatori locali nella pianificazione degli incontri;
- supporto nella preparazione del materiale formativo e didattico;
- partecipazione ai seminari nei distretti;
- supporto nella preparazione della reportistica finale
- sostegno agli operatori locali nella pianificazione degli incontri;
- supporto nella preparazione del materiale formativo e didattico;
- partecipazione ai seminari nei distretti;
- supporto nella preparazione della reportistica finale
125
Obiettivo 2.2
Crescita delle occasioni di confronto e dialogo tra istituzioni (elette e tradizionali) e cittadini: da due a 4 incontri
formali all’anno a livello distrettuale e locale; presenza media dei cittadini da 50 ad almeno 100 per ogni incontro
Azioni
2.2.a
Partecipazione di un
rappresentante della
Commissione Giustizia e Pace
in qualità di osservatore alle
riunioni pubbliche di
coordinamento dei consigli
distrettuali con le
organizzazioni governative e
non presenti sul territorio
2.2.b
Seminari di formazione per
rappresentanti delle comunità
di base e amministratori locali
sulle opportunità di
interazione e coordinamento
tra amministrazioni locali e
cittadini, in particolare sul
ruolo dei Ward Committees,
2.2.c
Organizzazione sedute
pubbliche periodiche (mensili)
dei consigli distrettuali e locali
per incontro diretto cittadiniistituzioni sulla base di un
ordine del giorno preciso e
con presa di decisioni il più
possibile condivise
2.2.d
Trasmissione via radio sedute
pubbliche mensili incontro
cittadini-amministratori
Descrizione attività e ruolo volontari
- partecipazione alle riunioni anche per meglio conoscere e comprendere la
realtà politico-amministrativa locale e prendere contatti con le organizzazioni
territoriali presenti
- supporto nella pianificazione degli incontri di formazione;
- affiancamento degli operatori locali nella preparazione del materiale didattico
- supporto logistico e organizzativo all’organizzazione delle sedute;
- partecipazione alle sedute come osservatori e redazione reportistica
Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in Servizio Civile
Obiettivo 2.3 Acquisizione competenze di base su budget, analisi, gestione delle risorse e progettazione
(redazione progetti) a livello locale per aiuti allo sviluppo da parte delle autorità per uno sviluppo locale più
sostenibile: dal 50% al 60% delle autorità elette, dal 30 al 40% delle autorità tradizionali della regione con
competenze acquisite; dal 5 al 7% la percentuale dei finanziamenti internazionali diretti per lo sviluppo locale
decentrato nei budget distrettuali e locali
Azioni
2.3.a
Organizzazione corsi di
formazione per autorità locali
elette e tradizionali e membri
Sotto-Commissioni su analisi
sociale e project cycle
management
2.3.b
Supporto alle autorità locali
nella redazione di progetti per
richiesta fondi
Descrizione attività e ruolo volontari
- supporto agli operatori locali nel coordinamento organizzativo;
- supporto alla produzione di materiale formativo e didattico attraverso
schede grafiche, schede su esempi concreti di analisi e redazione progetti
- partecipazione attiva alle sessioni secondo le competenze specifiche
- affiancamento operatori locali nello svolgimento dell’attività
Obiettivo 2.4 Aumento della collaborazione tra i diversi livelli amministrativi per la realizzazione di proposte
comuni a favore delle comunità locali: da 0 incontri formali a almeno 6 incontri annuali (bimestrali) tra
rappresentanti dei diversi livelli amministrativi nei calendari dei consigli distrettuali e locali.
126
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
2.4.a
- elaborazione tabella dei contatti dei diversi rappresentanti;
Promozione incontri di
- rielaborazione informatica dati raccolti negli incontri
coordinamento tra
rappresentanti dei diversi
livelli amministrativi:distretto,
municipio, chiedo, villaggio e
organizzazione incontri
periodici (bimestrali)
2.4.b
- rielaborazione grafica e informatica dati raccolti
Verifica pubblicazione atti
decisionali delle istituzioni
locali
2.4.c
- non è previsto il coinvolgimento dei volontari in Servizio Civile per questa
Comunicazione radiofonica
attività
decisioni prese nei Consigli
distrettuali e locali
Obiettivo 2.5
Clima pre-elettorale pacifico e tensioni limitate alla dinamica dei confronti e dei dibattiti politici: zero (0)i feriti e
zero (0) arresti per disordini pre-elettorali,; autorità tradizionali imparziali: zero (0) autorità tradizionali
deliberatamente a sostegno di un candidato nella campagna elettorale regionale
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
2.5.a
- supporto allo staff CGPDU nell’elaborazione e preparazione del materiale
Organizzazione sessioni di
formativo;
dialogo per candidati,
- assistenza allo staff nell’organizzazione logistica;
rappresentanti dei partiti e
- partecipazione alle sessioni di dialogo
autorità tradizionali nei 5
capoluoghi distrettuali della
regione (firma Protocollo di
intesa)
2.5.b
- non è previsto l’impiego di volontari in questa attività
Trasmissione delle sessioni in
diretta dal terreno e interviste
ai candidati
2.5.c
Programma radiofonico
settimanale di dibattito e
interviste ai candidati e
sensibilizzazione a clima
pacifico durante le elezioni
- non è previsto l’impiego di volontari in questa attività
Obiettivo 3.1 Miglioramento della consapevolezza dei cittadini membri delle comunità di base dei diritti e
doveri di cittadinanza e aumento della capacità di difendere i propri diritti: dal 50% al 60% della popolazione
conosce i propri diritti e doveri nella vita pubblica sanciti dalle leggi statali e dai trattati internazionali; dal 20 al
25% di cittadini ricorrenti alle istituzioni di polizia e/o giudiziarie anche senza l’appoggio o il sostegno di una
organizzazione locale, nazionale o internazionale che si ponga a garanzia
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
3.1.a
- Supporto all’elaborazione di materiale didattico/informativo su diritti e
Sessione di formazione per i
doveri del cittadino (dépliant; brochure; cartelloni con rappresentazioni
Comitati territoriali di
grafiche e slogan);
monitoraggio su diritti di
- supporto nell’organizzazione delle sessioni di formazione e
cittadinanza
nell’elaborazione del calendario;
- partecipazione alle sessioni di formazione sul terreno: affiancamento
formatori locali; redazione questionario di valutazione e reportistica finale;
coordinamento lavori di gruppo
3.1.b
- affiancamento nel monitoraggio delle attività e nelle visite di osservazione
Seminari aperti alla comunità sul terreno;
su diritti di cittadinanza
- rielaborazione informatica della reportistica
3.1.c
- supporto nell’elaborazione del questionario d’indagine;
Analisi territoriale su
- supporto alla realizzazione delle indagini quantitative e qualitative;
percezione dei diritti di
- affiancamento nella raccolta e rielaborazione dati;
127
cittadinanza e denunce di
abusi
3.1.d
Trasmissione radiofonica su
diritti di cittadinanza e
possibilità denunce di abusi
- rielaborazione grafica dati
- attività di ricerca e comparazione con la situazione di altri Paesi
- partecipazione alla preparazione della scaletta dei programmi
Obiettivo 3.2 Aumento della consapevolezza del quadro normativo del paese (Costituzione, leggi elettorali,
provvedimenti amministrativi, ecc..) e delle competenze delle autorità legali e tradizionali nel quadro della
decentralizzazione: dal 50% al 60% dei cittadini a conoscenza delle leggi statali, dei provvedimenti
amministrativi adottati a livello locale, dei diritti e dei doveri delle autorità; dal 30 al 40% consapevole della
diversità di competenze e ambiti operativi tra i soggetti della legalità e della legittimità (Local Government Act
2004)
Azioni
3.2.a
Ricerca(distretto di Bombali)
su conoscenza
funzionamento
decentralizzazione secondo
la legge nazionale e
consapevolezza attività
nazionali e locali in merito
3.2.b
Promozione incontri cittadiniautorità su spiegazione
principi della
decentralizzazione sanciti
dalla legge e ruolo e attività
autorità locali nel processo di
decentralizzazione
3.2.c
Trasmissione radiofonica sul
processo di
decentralizzazione
Descrizione attività e ruolo volontari
- supporto nella redazione del questionario d’indagine;
- affiancamento nella raccolta dati e analisi dei risultati;
- rielaborazione grafica dati
- attività di ricerca e comparazione con situazione di altri Paesi
- supporto allo staff locale nell’organizzazione degli incontri, preparazione
ordine del giorno…;
- partecipazione in qualità di osservatori agli incontri;
- rielaborazione informatica dati raccolti
Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in questa attività
Obiettivo 3.3 Maggiore consapevolezza dei cittadini delle aree rurali su regole e procedure di esercizio del
diritto di voto: dal 50 al 70% di cittadini informati e formati nella regione
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
3.3.a
- supporto staff CGPDU nell’elaborazione e preparazione materiale
Organizzazione sessioni di
formativo;
informazione e formazione
- assistenza nell’organizzazione logistica;
nelle aree dei Comitati
- partecipazione alle sessioni formative
territoriali aperte alla
popolazione su diritto di
voto:cosa fare per poterlo
esercitare, come fare
3.3.b
- non è previsto l’impiego dei volontari in questa attività
Trasmissione radiofonica
settimanale su principi e
regole del diritto al voto e
jingles trasmessi
regolarmente nell’ultimo
quadrimestre pre-elettorale
Obiettivo 4.1 Aumento della partecipazione delle donne a gruppi di difesa e promozione dei diritti per una
migliore difesa dei loro diritti: almeno 1/3 dei componenti permanenti donne in tutti i 21 Comitati territoriali per il
monitoraggio dei diritti umani Giustizia e Pace
Azioni
4.1.a
Descrizione attività e ruolo volontari
- affiancamento staff locale in eventuali visite sul terreno;
128
Monitoraggio attività e
incontri periodici dei Comitati
4.1.b
Organizzazione seminario per
componenti femminili Comitati
territoriali sul ruolo peculiare
della donna nella protezione e
promozione dei diritti
- rielaborazione informatica dati periodicamente raccolti
- Supporto all’elaborazione di strumenti di immediata comprensione e
semplice consultazione sul ruolo e i diritti della donna (es: brevi video e
documentari; brochure);
- supporto logistico nell’organizzazione del seminario;
- affiancamento staff locale nell’animazione dei lavori di gruppo;
- elaborazione questionario di valutazione e reportistica finale
Obiettivo 4.2 Aumento del numero di donne partecipanti a gruppi organizzati a livello rurale per una crescita
dell’autonomia e delle capacità di gestione delle risorse quotidiane familiari (gruppi di auto-mutuo aiuto): da 120
gruppi a 200 nella regione, da 2400 a 4000 donne coinvolte
Azioni
4.2.a
Identificazione aree per
creazione nuovi gruppi
femminili
4.2.b
Creazione nuovi gruppi e
formazione al concetto di
risparmio e piccola gestione
finanziaria finalizzata al
miglioramento degli standard
di vita familiari
4.2.c
Monitoraggio gruppi formati
4.2.d
Programmi radiofonici di
testimonianza e
sensibilizzazione
4.2.e
Studio sull’impatto psicologico
del coinvolgimento associativo
delle donne e della loro
conseguente
Descrizione attività e ruolo volontari
Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in questa attività
- supporto all’organizzazione degli incontri di formazione;
- partecipazione alle formazioni sul terreno e affiancamento nell’animazione
degli incontri;
- partecipazione all’elaborazione di materiale cartaceo informativo/didattico in
forma semplificata, con esempi concreti e immagini
- elaborazione tabella dei contatti;
- rielaborazione grafica e informatica dati raccolti nel monitoraggio;
- partecipazione all’organizzazione logistica e alla preparazione della scaletta
dei programmi
- Raccolta dati
Obiettivo 4.3
Acquisizione delle nozioni basilari di alfabetizzazione (firma, lettura di semplici frasi, scrittura dell’alfabeto) per
le donne residenti nelle aree rurali e illetterate: 1% in più della popolazione femminile delle aree rurali della
regione con capacità alfabetiche basiche
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
4.3.a
- partecipazione alle sessioni formative con ruolo attivo; assistenza alla suora
Sessioni formative
incaricata dell’animazione rurale; accompagnamento delle donne
settimanali-nozioni basiche di nell’apprendimento
lettura e scrittura
Obiettivo 4.4 Acquisizione di nozioni basiche sulle possibilità di denunce in caso di abusi e sulla promozione
dei diritti di genere: dal 20 al 30% delle donne che subiscono abusi domestici si rivolge alle istituzioni preposte
per denuncia in caso di abusi
Azioni
4.4.a
Programmi radiofonici di
testimonianza e
sensibilizzazione
4.4.b
Promozione e monitoraggio
Descrizione attività e ruolo volontari
Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in questa attività
- Supporto alla pianificazione di campagne di sensibilizzazione sul ruolo delle
donne all’interno della comunità, a basso impatto economico ed elevata
129
attività di difesa diritti
attraverso i gruppi femminili
formati
4.4.c
Creazione ”cellula” di ascolto
presso la Commissione
Giustizia e Pace per la difesa
dei diritti delle donne
efficacia, quali teatro di strada, programmi nelle radio locali…;
- rielaborazione informatica dati raccolti nel monitoraggio
- affiancamento staff locale nell’organizzazione degli incontri preparatori;
- supporto nell’identificazione ruolo e attività specifiche della “cellula”
Obiettivo 4.5 Miglioramento della consapevolezza delle leggi nazionali a protezione dei diritti delle donne: dal
30 al 40% delle donne nelle aree rurali consapevoli dell’esistenza di tre Gender Acts in vigore in Sierra Leone
Azioni
4.5.a
Training nei Comitati territoriali
sui principi fondamentali sanciti
nei Gender Acts
4.5.b
Dai Comitati territoriali ai
villaggi: diffusione principi
Gender Acts
4.5.c
Programmi radiofonici di
diffusione e spiegazione dei
principi fondamentali delle
leggi nazionali sui diritti delle
donne
4.5.d
Monitoraggio sull’impatto
della formazione relativa ai
Gender Acts e ricerca
Descrizione attività e ruolo volontari
- supporto nell’organizzazione logistica e nella preparazione del calendario
delle attività;
- preparazione supporti formativi/didattici in collaborazione con gli operatori
locali;
- partecipazione attiva ai training in particolare nell’animazione dei lavori di
gruppo
- affiancamento nel monitoraggio delle attività e visite sul terreno;
- supporto nell’elaborazione di materiale informativo semplificato per la
diffusione nelle comunità
- affiancamento nel coordinamento organizzativo;
- supporto nell’elaborazione della scaletta dei programmi
- supporto nell’elaborazione del questionario d’indagine;
- supporto alla realizzazione delle indagini quantitative e qualitative;
- affiancamento nella raccolta e rielaborazione dati;
- rielaborazione grafica dati
- attività di ricerca e comparazione con la situazione di altri Paesi
Obiettivo 4.6
Aumento della presenza femminile nelle istituzioni politiche nazionali e locali: dal 13,2% al 20% di donne in
Parlamento; dal 10% al 20% nelle rappresentanze locali (consigli distrettuali e municipali)
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
4.6.a
- supporto nell’elaborazione del questionario investigativo;
Ricerca sulle cause della
- supporto nell’analisi dei dati e loro rielaborazione;
mancata partecipazione
- lavoro di gruppo con staff CGPDU e Università di Makeni nell’elaborazione
femminile alla vita politica e del del rapporto finale di ricerca
disimpegno sociale nei 5
distretti amministrativi della
regione
4.6.b
- supporto staff CGPDU nell’elaborazione del materiale formativo;
Organizzazione incontro
- supporto nell’organizzazione logistica;
rappresentanti femminili
- partecipazione all’incontro
Comitati territoriali a Makeni
per sensibilizzazione alla
partecipazione politica attiva
4.6.c
- supporto nella preparazione della scaletta del programma
Trasmissioni radiofoniche
mensili sulla partecipazione
delle donne alla vita politica
tramite testimonianze dirette
130
GUINEA
Obiettivo 1.1
Aumento della consapevolezza sui temi della pace, giustizia, riconciliazione (formare i formatori):
rafforzamento della rete territoriale attiva per l’educazione alla pace attraverso la creazione di un
Coordinamento Permanente.
Azioni
1.1.a
Incontro preliminare
responsabili OCPH - volontari
attivi Commissione Giustizia
e Pace diocesana per analisi
situazione tutela diritti umani
nell’area territoriale di
competenza
1.1.b
Diffusione in Parrocchie,
luoghi pubblici, luoghi di
incontro e animazione
proposta creazione
Coordinamento Permanente
Giustizia e Pace (CPGP)
1.1.c
Organizzazione primo
incontro plenario
rappresentanti cittadini,
volontari CGP, membri OCPH
e formazione Coordinamento
permanente
1.1.d
Organizzazione incontri
formativi settimanali membri
CPGP
Descrizione attività e ruolo volontari
- partecipazione incontro OCPH-CGP;
- collaborazione elaborazione rapporto finale
- supporto preparazione materiale informativo
- collaborazione preparazione materiale informativo;
- supporto per preparazione logistica;
- partecipazione all’incontro ;
- collaborazione redazione rapporto finale
- supporto allo staff nella preparazione del materiale formativo e del
sussidio per operatori e formatori CPGP;
- supporto per preparazione incontri settimanali di formazione;
- partecipazione a incontri di formazione settimanali e coordinamento di
alcuni seminari secondo specifiche competenze
Obiettivo 1.2
Aumento della partecipazione delle comunità di base alla costruzione della pace: creazione di 11 cellule di
Giustizia e Pace nell’area territoriale identificata;
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
1.2.a
Contatto leader comunitari
- supporto alla logistica;
(nelle aree identificate)
- partecipazione a incontri sul terreno;
- collaborazione con lo staff nell’elaborazione dei rapporti degli incontri
1.2.b
Incontro rappresentanti
giovani, donne, comunità
cattolica e musulmana,
insegnanti (stakeholders)
nelle diverse comunità
identificate (11) e formazione
Cellula territoriale per la tutela
della pace e dei diritti umani
(CT)
1.2.c
Elaborazione in sede centrale
(OCPH e membri CGP
diocesana) progetto formativo
di sostegno e rafforzamento
comunitario Cellule territoriali
- collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo;
- partecipazione a incontri sul terreno per formazione CT
- rielaborazione dati rapporti di sintesi e loro informatizzazione;
- supporto all’elaborazione del progetto di sostegno alle CT
131
1.2.d
Sessioni formative alle 11
Cellule territoriali
1.2.e
Creazione banca dati su
monitoraggio tutela diritti
umani
-
supporto all’elaborazione del materiale formativo;
partecipazione alle sessioni sul terreno;
assistenza nell’elaborazione del modulo per il monitoraggio diritti
umani;
collaborazione nell’elaborazione del questionario di valutazione incontri
-
responsabile elaborazione sistema informatico;
coordinatore raccolta e inserimento dati;
coordinatore analisi e rielaborazione dati semestrale;
supporto alla redazione del rapporto semestrale di monitoraggio
-
Obiettivo 1.3
Aumento delle occasioni di confronto e dialogo tra i giovani dei quartieri di N’Zérékoré e delle aree rurali:
almeno 4 incontri annuali (incontri trimestrali) e diminuzione dell’incidenza tribale ed etnica sulla conflittualità
dal 50% al 30%;
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
1.3.a
- Non è prevista la partecipazione dei volontari
Identificazione rappresentanti
giovani a livello territoriale
(quartieri di N’Zérékoré e 11
aree territoriali identificate)
1.3.b
- supporto alla preparazione del materiale informativo;
Incontro plenario giovani
- assistenza nella preparazione logistica;
(informativo e formativo)
- partecipazione all’incontro plenario;
nel capoluogo regionale
- collaborazione nella redazione del rapporto finale
1.3.c
Organizzazione incontri
formativi e sessioni di dialogo
trimestrali con animatori e
consulenti su tematiche attuali
di pace, riconciliazione,
giustizia
1.3.d
Creazione “Cellula di
sorveglianza” regionale per
monitoraggio della
conflittualità giovanile
1.3.e
Studio sull’impatto psicologico
della costruzione di una rete
di “responsabilità e dialogo” in
favore dei giovani nella
regione forestale
partecipazione a incontri formativi;
supporto allo staff nell’elaborazione del questionario di valutazione;
collaborazione nella redazione del rapporto finale;
coordinamento elaborazione sussidio formativo
-
- partecipazione a incontro di orientamento
- Raccolta dati
Obiettivo 1.4
Aumento del dialogo cittadini-autorità: dal 20% al 25% della popolazione coinvolta; organizzazione incontri
quadrimestrali di confronto e dialogo tra leader civili, politici e religiosi e cittadini
Azioni
1.4.a
Organizzazione incontri
quadrimestrali leader politici,
religiosi, società civile aperti
alla cittadinanza
Descrizione attività e ruolo volontari
-
supporto allo staff locale nella preparazione logistica e dell’agenda
dell’incontro ;
collaborazione nella redazione di verbali e rapporti finali
Obiettivo 2.1
Maggiore attenzione delle comunità di base alla promozione dello sviluppo comunitario: aumento del numero
dei Comitati locali di sviluppo attivi da 2 a 11; aumento del numero delle proposte progettuali provenienti dalle
comunità di base (Comitati di sviluppo) a favore dello sviluppo locale: da 0 a almeno 1 proposta annuale per
132
ogni Comitato
Azioni
2.1.a
Incontro attori-chiave e leader
delle comunità (11 aree
territoriali) e creazione
Comitato di sviluppo locale
2.1.b
Incontro formativo regionale
rappresentanti 11 Comitati di
sviluppo locale
2.1.c
Incontri mensili Comitati e
monitoraggio dalla sede
2.1.d
Incontro formativo regionale
sull’elaborazione di progetti di
sviluppo sociale a livello locale
2.1.e
Redazione progetti a livello
territoriale (1 per ogni
Comitato)
Descrizione attività e ruolo volontari
- responsabile (1 volontario) dell’elaborazione base di dati per raccolta e
sistematizzazione dati dei Comitati locali
Supporto allo staff nella preparazione logistica;
partecipazione all’incontro formativo;
collaborazione con lo staff locale per la redazione del rapporto
-
supporto al coordinatore del programma nel monitoraggio degli
incontri mensili dei Comitati di sviluppo e classificazione dati
-
collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo;
partecipazione a incontro formativo
- assistenza a Comitati di sviluppo nella elaborazione di progetti di
sviluppo locale;
- inserimento progetti nel database creato
Obiettivo 2.2
Miglioramento della conoscenza dei bisogni della popolazione sul territorio per una più mirata risposta alle
esigenze di sviluppo locale: analisi dei bisogni sistematizzata e elaborazione piano operativo diocesano per
interventi più puntuali e tempestivi a favore delle comunità di base e delle fasce più vulnerabili; aumentare
dal 40% al 50% i progetti di sviluppo realizzati nelle aree rurali
Azioni
2.2.a
Indagine sui bisogni delle
comunità di base/aree rurali
2.2.b
Diffusione dati sui bisogni
territoriali – incontro con
autorità e organizzazioni del
territorio (locali, nazionali e
internazionali)
2.2.c
Elaborazione piano operativo
diocesano triennale
Descrizione attività e ruolo volontari
- supporto allo staff locale nell’elaborazione del questionario diagnostico;
- rielaborazione informatica dei dati;
- supporto allo staff nell’elaborazione del rapporto di ricerca
- collaborazione nella preparazione dell’agenda;
- supporto all’organizzazione logistica dell’incontro
- partecipazione a incontri di staff;
- contributo all’elaborazione del piano operativo
Obiettivo 3.1
Diminuzione percentuale della popolazione priva di conoscenza delle norme igienico-sanitarie di base: dal
50% al 40% della popolazione rurale; dal 60% al 50% dei bambini; dal 30% al 20% dei ragazzi;
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
3.1.a
- collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo in lingua
Sessioni giornaliere di
francese
sensibilizzazione su pratiche
igienico-sanitarie e
prevenzione al CMC Gouécké
3.1.b
- collaborazione nell’elaborazione del materiale formativo;
Sessioni mensili di
- supporto alla preparazione logistica degli incontri;
sensibilizzazione per studenti
- partecipazione alle sessioni di sensibilizzazione
e giovani nelle 5 sottoprefetture
133
3.1.c
Sessioni formative trimestrali
per i Centri di Salute delle 5
sotto-prefetture
- collaborazione nell’organizzazione logistica;
- partecipazione agli incontri formativi
Obiettivo 3.2
Diminuzione del numero di casi di malattie aventi come cause scarsa attenzione a cibo, acqua, norme
igieniche: dal 30% al 20% attraverso una rilevazione statistica sistematizzata
Azioni
Descrizione attività e ruolo volontari
3.2.a
- elaborazione sistema statistico;
Elaborazione sistema statistico
- responsabile raccolta e informatizzazione dati settimanale
raccolta dati patologie
registrate al CMC Gouécké e
inserimento dati
3.2.b
Analisi e rielaborazione
semestrale dei dati
3.2.c
Presentazione dei dati alle
autorità sanitarie prefettorali e
regionali nelle riunioni di
monitoraggio semestrale
- raccolta semestrale dei dati;
- partecipazione all’incontro di staff per la rielaborazione dei dati;
- supporto al direttore del CMC nella preparazione del rapporto finale
- partecipazione volontari non prevista.
BURUNDI
Obiettivo 1.1 ridurre del 5% il tasso di abbandono scolastico dei giovani dei quartieri nord nella fascia di età
15-16 anni
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
1.1.a Apertura, presso il CJK, di una sala studio con - Supporto agli studenti nello studio individuale
annessa biblioteca fornita di più di 18.000 volumi,
funzionante 7 giorni su 7 anche nelle ore serali
1.1.b Organizzazione di corsi per l’alfabetizzazione
degli adulti
1.1.c Fabbricazione di mattoni e costruzione di case
più solide e grandi della media dei quartieri per le
famiglie che hanno giovani studenti iscritti alla
scuola secondaria
- Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e la
realizzazione dei corsi
- Non è previsto il coinvolgimento dei volontari in
servizio civile
Obiettivo 1.2 Organizzazione di corsi di informatica agli studenti dislocati nelle scuole senza aule di
informatica che frequentano il CJK
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
1.2.a Organizzazione di corsi di informatica
- Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e la
realizzazione dei corsi
1.2.b Organizzazione di corsi su materie curriculari - Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e la
della scuola secondaria
realizzazione dei corsi
Obiettivo 2.1 Diminuire del 10% del numero di vittime di omicidi durante l’anno nei quartieri nord.
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
2.1.a Organizzazione di attività formative e di - Supporto nell’organizzazione delle attività e
confronto sui temi della convivenza pacifica, partecipazione attiva ai confronti e ai dibattiti tra pari
riconciliazione e rispetto delle differenze
134
Obiettivo 2.2 Partecipazione di almeno 30% degli iscritti al CJK ad attività organizzate per promuovere una
cultura di pace e di rispetto delle diversità, ridurre del 50% il possesso di arma da fuoco tra i giovani del
quartiere.
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
2.2.a Organizzazione di eventi nei quartieri nord
- Partecipazione all’organizzazione degli eventi e
ruolo attivo durante gli stessi nella logistica
2.2.b Campagna per la restituzione delle armi
- partecipazione all’organizzazione dei concerti e
della gara di ciclismo e ruolo attivo durante gli stessi
nella logistica
Obiettivo 2.3 Diffondere la cultura del ripudio alla guerra come strumento di risoluzione dei conflitti in
almeno il 10% dei giovani che frequentano il CJK
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
2.3.a educare ad una cittadinanza attiva
- non è previsto il coinvolgimento dei volontari in
servizio civile
2.3.b organizzazione di gruppi di approfondimento
- Partecipazione ai gruppi di approfondimento con un
ruolo più o meno attivo a seconda delle competenze
Obiettivo 3.1. Offrire ai giovani la possibilità di sviluppare i propri talenti accompagnati da in educatore, in
particolare si prevede di coinvolgere in queste attività almeno 400 giovani orfani, degli iscritti al CJK
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
3.1.a Organizzazione di corsi:
- Supporto agli insegnanti per l’organizzazione e, in
base alle competenze, alla realizzazione dei corsi
3.1.b Organizzazione di concorsi
- Partecipazione, in qualità di membro, alle giurie dei
vari concorsi
Obiettivo 3.2. Offrire ai giovani dei quartieri la possibilità di occasioni di confronto sui problemi personali
che sono costretti ogni giorno ad affrontare. Inoltre si prevede di diminuire del 10% dei giovani che fanno
uso abituale di droghe e che sono alcool dipendenti. Diminuire del 50% l’uso quotidiano di alcool tra i
giovani che frequentano il CJK
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
3.2.a Organizzazione di campi estivi che prevedono
- partecipazione all’organizzazione dei campi estivi e
sessioni di approfondimento
ruolo attivo nei momenti di confronto e dibattito tra
pari
Obiettivo 3.3 Utilizzo da parte del 70% dei giovani che frequentano il CJK dei campi sportivi ben attrezzati
presenti presso il CJK ( 1 ogni 1.500)
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
3.3.a Organizzazione di corsi sportivi:
- Supporto agli allenatori per l’organizzazione e, in
base alle competenze, alla realizzazione dei corsi
3.3.b Organizzazione di tornei sportivi
- Partecipazione all’organizzazione dei tornei e ruolo
attivo durante gli stessi nella logistica
Obiettivo 3.4 Aumentare la partecipazione dei giovani a tornei, competizioni ed eventi in genere: creazione
di almeno 10 nuovi gruppi (circa 300 persone) giovanili all’anno (tra squadre sportive e gruppi dediti ad una
specifica attività)
Azioni
Descrizione Attività e ruolo volontari
3.4.a Organizzazione di squadre
- supportare l’educatore per la creazione dello spirito
di gruppo e rispetto reciproco nelle squadre
3.4.b Organizzazione di gruppi
- supportare l’educatore per la creazione dello spirito
di gruppo e rispetto reciproco nei gruppi stessi
REPUBBLICA DI GIBUTI
Descrizione attività
Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile
Obiettivo 1. Aumentare la presenza di bambini che frequentano il Centro Caritas a Gibuti, soprattutto
delle bambine
135
1.1 Valutare i bisogni primari dei minori di 1.1 supporto nella preparazione di una scheda di valutazione
strada attraverso un’attenta osservazione per ciascun minore e partecipazione agli incontri tra gli
operatori
e un confronto tra gli operatori.
1.2 Conoscere i problemi e la realtà dei 1.2 passare del tempo con i bambini di strada
bambini di strada attraverso il dialogo.
1.3.Conoscere il contesto sociale e 1.3 accompagnare gli educatori nei sopraluoghi nelle strade
cittadino nel quale vivono i minori di per incontrare i minori
strada.
1.4.Organizzare in modo preciso le
attività, possibilmente programmandole 1.4 partecipare alla programmazione delle attività
settimanalmente, e la verifica del supportare la preparazione del materiale e la logistica
materiale da utilizzare e delle condizioni
logistiche (prevenire la mancanza
dell’acqua).
e
1.5 supportare la preparazione di schede standard per il
1.5 Elaborare un censimento annuale dei censimento
minori che frequentano il centro,
attraverso schede standard.
1.6 Programmare attività di “autostima” 1.6 partecipazione agli incontri con le ragazze
per le giovani ragazze almeno una volta
la settimana per facilitare la fiducia
reciproca.
Descrizione attività
Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile
Obiettivo 2. Favorire il dialogo tra bambini, soprattutto tra diverse etnie, lingue, religioni
2.1.Organizzare giochi di squadra e 2.1 supportare l’organizzazione delle attività
attività sportive
2.2 Programmare attività ricreative: 2.2 partecipare
collage,
realizzazione
di
oggetti, dell’attività
patchwork, ecc.
2.3.Organizzare
di
attività
che
promuovono la collaborazione: musica, 2.3 partecipare
dell’attività
danza, teatro.
2.4 Proiettare di film educativi
2.4 partecipare
dell’attività
2.5 Studio sui risvolti di carattere
psicologico nei bambini che usufruiscono 2.5 Raccolta dati
delle attività ludico ricreative e educative
proposte dal centro. (collaborazione con
Università Carlo Bo di Urbino).
136
all’organizzazione
e
alla
realizzazione
all’organizzazione
e
alla
realizzazione
all’organizzazione
e
alla
realizzazione
Descrizione attività
Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile
Obiettivo 3: Fornire adeguata conoscenza igienica e di alimentazione ai bambini che frequentano il
centro
3.1 sensibilizzare all’abuso di sostanze 3.1 partecipare alla preparazione delle attività
stupefacenti
3.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio
3.2 Favorire l’igiene personale
civile in questa attività
3.3 fornire educazione sessuale e 3.3 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio
sensibilizzazione contro le Mutilazioni civile in questa attività
Genitali Femminili (per le ragazze)
Descrizione attività
Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile
Obiettivo 4. Fornire conoscenze di lingua francese di base, di calcolo
4.1
preparare
materiale
didattico 4.1 partecipazione alla preparazione del materiale
(cartelloni, giochi, disegni, colori) per
l’insegnamento della lingua francese
4.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio
4.2 dividere i bambini di strada per livelli civile in questa attività
di conoscenza della lingua
4.3 Supportare in modo approfondito gli
allievi di prossima frequentazione dei 4.3 affiancamento degli insegnanti
LEC
Descrizione attività
Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile
Obiettivo 5. Migliorare la formazione e partecipazione degli operatori dei LEC
5.1 Proporre riunioni di verifica e 5.1 partecipare alle riunioni di coordinamento e verifica
coordinamento tra operatori e volontari
almeno una volta al mese.
5.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio
5.2 promuovere corsi di formazione civile in questa attività
specifica per gli operatori.
Descrizione attività
Descrizione attività e ruolo dei giovani in servizio civile
Obiettivo 6. Evitare la perdita e il cattivo utilizzo del materiale scolastico
6.1 elaborare un inventario del materiale 6.1 supporto al contabile nell’elaborazione dell’inventario
a disposizione per le attività con i
bambini, per un utilizzo più efficiente delle
risorse
6.2 acquistare materiale mancante o 6.2 non è previsto il coinvolgimento dei volontari in servizio
necessario per svolgere le attività del civile in questa attività
centro.
10) Numero dei volontari da impiegare nel progetto:
8 (otto)
137
11) Modalità di fruizione del vitto e alloggio:
SIERRA LEONE
I due volontari alloggeranno in un appartamento indipendente nelle vicinanze della sede di
progetto, affittato per loro da Caritas Italiana, dove potranno preparare i pasti.
GUINEA CONAKRY
I due volontari alloggeranno in un appartamento indipendente situato all’interno del compound
del Vescovado, al piano terra della “Maison d’Accueil” diocesana. L’appartamento è
indipendente dalle altre stanze e possiede una cucina in cui i volontari potranno preparare i pasti
autonomamente.
L’appartamento usufruisce dell’approvvigionamento dell’acqua e del gruppo elettrogeno del
compound diocesano; il gruppo elettrogeno resta acceso dalle 9 alle 13, dalle 14 alle 17, dalle
19 alle 23.30, due ore al mattino presto (dalle 5 alle 7)
BURUNDI
I due volontari alloggeranno presso i locali del Centre Jeunes Kamenge. Seguiranno i ritmi di vita
del centro anche per ciò che riguarda i pasti, consumati in comunità con i missionari ed i
volontari espatriati periodicamente presenti nella struttura.
REP. DI GIBUTI
I due volontari alloggeranno in un appartamento indipendente nelle vicinanze della sede del
progetto, affittato per loro da Caritas Italiana, dove potranno preparare i pasti.
12)Numero posti senza vitto e alloggio:
0 (zero)
13)Numero ore di servizio settimanali dei volontari, ovvero monte ore annuo:
36 ore settimanali
14) Giorni di servizio a settimana dei volontari (minimo 5, massimo 6):
Sei (6) giorni
15) Mesi di permanenza all’estero ed eventuali particolari obblighi dei volontari durante il
periodo di servizio
Il progetto prevede una permanenza all’estero non inferiore a 9 mesi.
Partecipazione al percorso formativo previsto a livello diocesano e ai corsi di formazione residenziali
organizzati a livello diocesano, regionale, interdiocesano (corso di inizio, metà e fine servizio) anche fuori
dal comune e della provincia ove si svolge il proprio progetto, così come previsto dal percorso di
formazione; ogni corso ha la durata di tre giorni complessivi.
Stesura delle relazioni mensili da inviare in Italia (report), incontri settimanali dell’équipe locale di progetto,
seguire le indicazione dei referenti dei progetti, comunicazione costante (mail, telefono) con la Caritas
Italiana, comportamento improntato ad uno stile di vita sobrio, responsabile ed armonico rispetto al lavoro
di equipe.
Rispetto della cultura locale.
Rispetto delle norme per la sicurezza raccomandate dai partner locali e dalla Caritas.
Inoltre, flessibilità a svolgere il servizio in numerosi e differenti settori, ambiti e fasi di intervento
(esecuzione operativa, studio ed analisi, progettazione, sperimentazione e verifica), possibile impiego nei
giorni festivi, alternanza di lavoro individuale ed in equipe, flessibilità di orario.
138
Obbligo di svolgimento delle attività di animazione e sensibilizzazione in Italia con la Caritas diocesana
capofila del progetto.
Disponibilità al rientro in Italia o al trasferimento temporaneo della sede in caso di:
- richiesta da parte dei propri referenti dell’ente per ragioni di sicurezza
- eventi di formazione e sensibilizzazione diocesani, regionali o nazionale
Partecipazione ai momenti di verifica dell’esperienza di servizio civile con la Caritas Italiana, la Caritas
diocesana della diocesi di provenienza e/o le sedi di attuazione svolti su base periodica e previsti a metà
e a fine servizip.
CARATTERISTICHE ORGANIZZATIVE
16) Particolari condizioni di rischio per la realizzazione del progetto connesse alla situazione
politica e sociale esistente nell’area d’intervento prescelta:
SIERRA LEONE
Il livello di sicurezza nella città di Makeni –sede di progetto- è ritenuto sufficiente per l’impiego di volontari.
E’ tuttavia opportuno prendere tutte le precauzioni necessarie e di buon senso per evitare eventuali
problemi. Ci possono essere rischi di natura sanitaria e di furti e rapine, tuttavia, una buona formazione
pre-partenza ed un corretto inserimento in loco potranno diminuire il rischio di spiacevoli inconvenienti.
SITUAZIONE POLITICA
Più nello specifico, per quanto riguarda la situazione politica, nell’intera regione si vive un periodo di
stabilità in seguito alle elezioni amministrative del 2008; rare manifestazioni di protesta verificatesi,
sollevate da specifiche categorie (es. tassisti, commercianti…), sono riconducibili a precisi provvedimenti
e decreti legislativi governativi, ma non hanno superato i limiti posti dalla legge; il confronto tra partiti
politici è rimasto nei termini di una dialettica politica accettabile; alcune tensioni verificatesi tra autorità
tradizionali ed elette in merito alle aree di competenza non hanno provocato particolari problemi a livello
delle comunità.
Le imminenti elezioni politiche e amministrative previste per il 2012 (non ancora stabilito il periodo)
cominciano a creare una certa tensione tra i rappresentanti dei partiti politici e tra i potenziali candidati,
tensioni che possono sfociare in dispute tribali, visto che i partiti sono generalmente legati ai gruppi etnici.
La situazione è tuttavia al momento perfettamente sotto controllo e non suscita particolari preoccupazioni
nelle autorità politiche, di polizia e giudiziarie in particolare nella regione nord del paese (di cui Makeni è
capoluogo), che è una regione prevalentemente sostenitrice del partito di maggioranza attuale di governo.
L’avvicinarsi delle elezioni potrebbe aumentare il livello di rischio, ma non ci sono segnali di
degenerazione, visti anche i precedenti quattro anni di stabilità e dialettica politica e l’impegno a 360° di
tutte le forze politiche, governative e delle istituzioni locali, nazionali e internazionali per una tornata
elettorale pacifica e trasparente così come fu nel 2007 e 2008.
SITUAZIONE SOCIALE
Dal punto di vista sociale, sono state rilevate negli anni e possono verificarsi tensioni e scioperi a causa
dell’aumento dei prezzi di generi alimentari primari quali riso e pane o di beni fondamentali quali la
benzina; nella maggior parte dei casi, pur di fronte a decreti governativi, l’azione della società civile e delle
associazioni di cittadini e commercianti ha portato avanti negoziazioni tali da evitare che tali tensioni
sfociassero in disordini maggiori.
Possono verificarsi furti e rapine, soprattutto nelle ore notturne, in particolare furti all’interno delle
abitazioni e nelle zone residenziali, ma un aumento della presenza militare in zone particolarmente
sensibili soprattutto dopo il tramonto ha portato nel secondo semestre del 2009 e nel 2010 a una
diminuzione di casi simili.
RETE VIARIA E TRASPORTI
La rete di trasporti della regione è molto debole e soprattutto non garantisce la sicurezza necessaria per
potervi fare affidamento soprattutto per gli spostamenti al di fuori della città di Makeni. Trasporti pubblici
(es. autobus) sono praticamente assenti, alcuni autobus che congiungono Makeni alle principali città
capoluogo degli altri distretti e alla capitale sono spesso vecchi, non revisionati, non garantiscono orari di
partenza e di arrivo, trasportano più passeggeri di quelli consentiti.
139
La rete dei trasporti privati (taxi, sia automobili che pulmini –poda poda-), invece, -che è quella più
utilizzata nella regione e nel paese- non è assolutamente affidabile: veicoli non sicuri, non revisionati,
spesso vetusti e sovraccaricati di persone e cose (viaggiano almeno con 7 persone a bordo le macchine e
con 15 i pulmini da 8-10 posti), guidati da autisti nella maggior parte dei casi non professionisti portano ad
avere una percentuale elevata di incidenti stradali gravi, anche mortali, soprattutto nelle ore notturne.
La condizione delle strade, inoltre, non facilita i trasporti visto che, al di là della grande arteria MakeniFreetown e della strada principale della regione che collega Makeni ai capoluoghi dei disretti più a nord
Tonkolili e Koinadougu, le altre strade, anche importanti (ad esempio quella che collega Makeni
all’aeroporto di Lungi, oppure al confine con la Guinea e con i capoluoghi dei distretti di Port Loko e
Kambia) non sono asfaltate, sono sconnesse, prive di segnaletica, diventano più difficili e quindi più
pericolose da percorrere durante la stagione delle piogge.
Va rilevato che è in corso di realizzazione un progetto di rifacimento del tratto stradale che collega Makeni
ai distretti di Port Loko e Kambia fino al confine con la Guinea, il cui termine dei lavori è previsto per la
fine del 2011.
Per quanto riguarda i trasporti interni a Makeni, il mezzo più utilizzato sono i moto-taxi, che vengono
regolarmente presi dalla maggior parte della popolazione che deve spostarsi all’interno della città: non
sempre e non tutti affidabili, in particolare nelle ore notturne e durante la stagione delle piogge quando
l’asfalto è più scivoloso, risultano tuttavia un mezzo pratico se utilizzato con prudenza. Negli ultimi anni le
autorità locali hanno adottato una serie di regole più restrittive per la regolamentazione di tale categoria di
trasporti, migliorandone in parte la qualità e l’organizzazione.
GUINEA
Il livello di sicurezza nella città di N’Zérékoré –sede di progetto- è ritenuto sufficiente per l’impiego di
volontari. E’ tuttavia opportuno prendere tutte le precauzioni necessarie e di buon senso per evitare
eventuali problemi. Una buona formazione pre-partenza ed un corretto inserimento in loco potranno
diminuire il rischio di spiacevoli inconvenienti.
SITUAZIONE POLITICA
Dopo un lungo periodo di tensioni e instabilità politica, a livello nazionale con indubbie ripercussioni anche
a livello regionale, con l’elezione di Alpha Condé a Presidente della Repubblica al termine di un
procedimento elettorale durato nel complesso sei mesi (due turni separati tra loro di cinque mesi, giugno
e novembre), la situazione nel paese pare stabilizzata.
Dal momento dell’investitura ufficiale del Presidente Condé (dicembre 2010), non si sono rilevate tensioni
tra gruppi politici, che inevitabilmente in precedenza si trasformavano in conflittualità etniche e tribali.
Negli ultimi tre anni la regione di N’Zérékoré ha risentito dell’instabilità del paese, seppure questo non
abbia impedito di vivere in una condizione di generale equilibrio.
Tensioni etniche e religiose si sono verificate soprattutto tra il 2009 e il 2010, legate a episodi specifici
verificatesi in città, ma frutto della tensione generale vissuta nel paese. Le tensioni non si sono mai
prolungate per più di una settimana.
Inoltre, la giunta militare al potere fino a fine 2009 ha creato una situazione di tensione nell’intero paese e
nella regione: migliaia i militari dispiegati nelle città, lungo le strade, ai confini, che spesso hanno
alimentato o generato situazioni di tensione e di corruzione.
Con la sconfitta del proprio candidato alla Presidenza, l’etnia peul (fulani), maggioranza relativa nel paese
e minoranza nella regione forestale, ha vissuto un periodo molto particolare: timori politici ed economici
hanno portato la maggior parte degli appartenenti, che detengono una buona fetta del potere economico
e commerciale del paese a emigrare verso la regione a più alta densità della propria etnia (Moyenne
Guinée, sull’altipiano del Futa-Djalon, in particolare la città di Labé) e soprattutto a non investire più nel
paese, non importare, né esportare, non immettere più liquidità nel circuito bancario. Questo ha
provocato, negli ultimi mesi del 2010, notevoli difficoltà nel sistema bancario guineano, provocando
frequenti crisi di liquidità e un crollo del valore della moneta locale (da un valore medio del tasso di
cambio negli ultimi tre anni di 1 € = 6500/7000 gnf, a fine dicembre 1 euro veniva cambiato a 10200 gng).
Con la progressiva stabilizzazione del sistema paese e la ripresa delle attività economiche e commerciali
(che nel periodo elettorale hanno sensibilmente rallentato, quando non si sono completamente arrestate),
la situazione sembra avviarsi verso la normalità, seppure gli investimenti sono ancora timidi e il valore
della moneta locale resti su livelli molto bassi (1€ = 9500 gnf).
SITUAZIONE SOCIALE
La situazione sociale è generalmente legata a quella politica ed economica del paese; molte tensioni tra
gruppi etnici degli anni passati hanno avuto all’origine un forte disagio sociale, la disoccupazione,
140
l’aumento dell’inflazione e del costo della vita, il rincaro galoppante dei prezzi dei beni di primaria
necessità
Sono stati infatti rilevati negli anni e possono verificarsi tensioni e scioperi a causa dell’aumento dei
prezzi di generi alimentari primari quali riso e pane o di beni fondamentali quali la benzina; nella maggior
parte dei casi, pur di fronte a decreti governativi. Questo ha portato, in particolare nel 2006 e 2007, ha
una profonda crisi nel paese: l’aumento dei prezzi di pane, benzina, riso (legato a una situazione politica
di profondo malcontento nei confronti del Presidente Lansana Conteh) ha provocato scioperi generali e
scontri nell’intero paese con decine di morti, centinaia di feriti, strade asserragliate e coprifuoco.
La situazione è andata via via stabilizzandosi , anche se il livello di attenzione deve rimanere alto a causa
dell’alto tasso di inflazione e di frequenti aumenti dei prezzi dei generi primari e nell’ultimo periodo in
particolare della benzina.
Possono verificarsi furti, soprattutto nelle ore notturne, in particolare all’interno delle abitazioni e nelle
zone residenziali, ma l’incidenza rilevata non ne fa un dato particolarmente preoccupante.
RETE VIARIA E TRASPORTI
La regione forestale della Guinea è particolarmente nota per il basso livello delle infrastrutture stradali,
che ne fanno uno dei fattori maggiori di isolamento dell’area nei confronti del resto del paese, con
indubbie conseguenze anche sull’economia locale.
La maggior parte delle strade, infatti, non sono asfaltate o sono prive di segnaletica; all’interno della
stessa città capoluogo N’Zérékoré la maggior parte delle strade non sono asfaltate anche se alla fine del
2010 sono cominciati i lavori per un loro rifacimento; anche la strada principale per recarsi da N’Zérékoré
alla capitale Conakry non è asfaltata in alcuni tratti mentre in altri l’asfalto è in sensibile degrado rendendo
così la percorrenza ancor più pericolosa; se ci si addentra infine all’interno della regione, verso le zone di
confine con Liberia e Costa d’Avorio, le strade sono tutte piste, a volte anche difficilmente percorribili,
soprattutto nella stagione delle piogge più intensa.
Accanto a queste difficoltà oggettive della rete stradale si pongono i rischi, ad esse in parte legate, dei
trasporti pubblici locali, mezzi di cui usufruisce la maggior parte della popolazione, ma assolutamente non
affidabili: taxi (veicoli, pulmini, autobus, camion) e moto taxi che effettuano i servizi di trasporto all’interno
della città, della regione e verso la capitale o gli altri capoluoghi regionali sono nel 90% dei casi vecchi,
privi di manutenzione, guidati da autisti non professionisti; trasportano un quantitativo di persone e
materiali di gran lunga superiore a quello consentito (8 persone minimo in un’automobile, 20 in un
pulmino, numeri imprecisati in autobus e camion), causando un elevato numero di incidenti gravi, spesso
mortali.
Gli stessi moto-taxi che assicurano il servizio di trasporto in città sono spesso non affidabili, guidati da
giovani e giovanissimi a volte anche privi del permesso di guida e causano giornalmente incidenti a causa
di una guida scarsamente prudente e senza protezioni (es. casco).
BURUNDI
SITUAZIONE POLITICA
Nel 2010 si sono tenute le elezioni politiche, segnate da tensioni, che hanno riconfermato al potere il
presidente uscente Pierre Nkurunziza (di etnia Hutu), rimasto unico candidato, dopo il ritiro di tutti i partiti
di opposizione in seguito a accuse di brogli e irregolarità. Il paese che ha ottenuto l’indipendenza dal
controllo belga, nel 1962, è costantemente segnato da guerre e instabilità politica, derivanti soprattutto
dalla lotta per il potere delle due maggiori etnie Hutu e Tutsi, infatti le prime elezioni politiche si hanno
solo nel 1993 seguite da un lungo periodo di guerra, mai veramente conclusosi, nonostante la firma degli
accordi di pace nel 2001.
SITUAZIONE SOCIALE
Le condizioni della popolazione risentono inevitabilmente del lungo conflitto: il paese è tra i peggiori
cinque al mondo per l’indice di sviluppo umano. Da migliorare anche i servizi sanitari, che influiscono sulla
diffusione dell’Aids e sulla mortalità infantile, oltre che sull’aspettativa di vita.
Il perpetrarsi di guerre e conflitti, la presenza di forze paramilitari e bande criminali ha fatto in modo che
nel paese sia molto diffuso il possesso e uso di armi da fuoco, soprattutto tra i giovani. La criminalità ed il
banditismo rappresentano un fattore costante, in particolare nelle zone periferiche della capitale, che non
accenna a diminuire. Attualmente a Bujumbura, e specialmente nei quartieri nord della città e di notte, si
verificano sparatorie, rapine a mano armata e atti di violenza.
RISCHI legati alla situazione politica e sociale del paese:
1. Rischio politico
Data la situazione di instabilità del paese (vedi descrizione SITUAZIONE POLITICA), segnato da guerre e
colpi di stato, c’è il rischio che in caso di nuovi stravolgimenti politici e/o militari non sia più sicuro trovarsi
141
nel paese, specialmente come stranieri. La difficoltà è chiaramente riferibile al pericolo di essere coinvolti
in atti di violenza, sparatorie, difficoltà nelle comunicazioni con l’esterno e con il paese di origine, e
difficoltà nel reperimento di beni necessari come cibo, acqua potabile e medicine.
2.Abitazione e ufficio:
Data la situazione di banditismo e atti di violenza dei quartieri nord di Bujumbura, risulta pericoloso
muoversi in autonomia per qualsiasi persona non proveniente dai quartieri stessi. I rischi sono quelli di
essere vittime di rapina e atti di violenza e di non poter accedere a un soccorso immediato ed efficace.
Pertanto è estremamente sconsigliato abitare nella zona o recarvisi non accompagnati per motivi di
lavoro.
3. Trasporti
Nel caso di utilizzo sia di mezzi pubblici che di mezzi privati i rischi sono principalmente di 2 tipi:
-rischio legato alla scadente condizione del sistema viario e della scarsa disponibilità di mezzi pubblici che
rendono difficile gli spostamenti nel paese. La scadente condizione di mantenimento delle strade aumenta
la possibilità di incidenti o danni ai mezzi di trasporto.
-rischio legato alla situazione di instabilità del paese e quindi il rischio di essere coinvolti in atti di
banditismo e violenza. I percorsi sono spesso male o del tutto non segnalati, aumentando così la
possibilità, soprattutto per gli stranieri, di perdersi o attraversare zone pericolose, interessate dalla
presenza di gruppi armati.
Persiste la possibilità di essere vittime di banditismo in qualsiasi zona del paese.
REPUBBLICA DI GIBUTI
SITUAZIONE SOCIO-POLITICA
Il livello di sicurezza nella città di Gibuti è ritenuto adeguato (secondo quanto affermano i responsabili
della Caritas Gibuti) per l’impiego dei volontari. Non sono registrati incidenti di rilievo contro europei,
anche se vi è un certo rischio di “micro banditismo” . Segnali di intolleranza nei confronti dei “cristiani” e
degli occidentali in genere sono sporadici e non hanno mai raggiunto livelli preoccupanti. A Gibuti è
presente un forte contingente militare di forze americane, francesi e di altre nazionalità.
Nella prospettiva delle prossime elezioni politiche dell’aprile 2011 ci si può attendere un peggiorarsi del
livello di sicurezza. Già a febbraio 2011 ci sono state manifestazioni, sfociate in scontri tra polizia e
rivoltosi, contro l’attuale presidente, Ismail Omar Guelleh al potere da 12 anni.
RISCHI legati alla situazione socio-politica del paese
1. Rischio politico
La situazione del Paese presenta qualche instabilità dal febbraio 2011 a causa di manifestazioni
antigovernative. Le autorità consolari sul posto non hanno manifestato particolari preoccupazioni alla
presenza di occidentali nel paese, data anche la massiccia presenza di militari francesi e americani. In
ogni caso le normali cautele negli spostamenti, le comunicazioni con il console e i buoni rapporti con la
popolazione locale danno sufficienti garanzie di sicurezza in caso di manifestazioni e sommosse.
2. Abitazione e ufficio
Data la situazione di micro banditismo e sommosse politiche risulta pericoloso muoversi in autonomia, e
vivere in zone non protette o isolate. I rischi principali sono rappresentati dal micro banditismo e dalle
rapine.
3. Trasporti
Nel caso di utilizzo sia di mezzi pubblici che di mezzi privati rischi sono legati alla scadente condizione del
sistema viario che rendono difficile gli spostamenti nel paese, e del rischio di essere vittime di atti di
banditismo. Di sera è bene evitare spostamenti senza essere accompagnati da staff locale e zone isolate.
17) Accorgimenti adottati per garantire i livelli minimi di sicurezza e di tutela dei volontari a
fronte dei rischi evidenziati al precedente punto 16) e di quelli sanitari:
ACCORGIMENTI GENERALI
1. Unità di crisi - Ministero Affari Esteri
Nei giorni immediatamente precedenti la partenza (all’inizio del servizio e dopo il rientro intermedio in
Italia), si raccomanda ai volontari di registrare i propri dati personali e i dati relativi al viaggio sul sito
internet www.dovesiamonelmondo.it
"Dove siamo nel mondo" è un servizio del Ministero degli Affari Esteri che consente agli italiani che si
recano temporaneamente all'estero di segnalare - su base volontaria - i dati personali, al fine di
permettere all'Unità di Crisi, nell'eventualità che si verifichino situazioni di grave emergenza, di
142
pianificare con maggiore rapidità e precisione gli interventi di soccorso. In tali circostanze di particolare
gravità è evidente l'importanza di essere rintracciabili con la massima tempestività consentita e - se
necessario - soccorsi. I dati verranno utilizzati solo in casi di comprovate e particolarmente gravi
emergenze come le grandi calamità naturali, gli attentati terroristici.
Comunicazione: al volontario sarà richiesto di dotarsi di un telefono cellulare per essere sempre
rintracciabile; gli verrà consegnata una lista di numeri utili che comprende figure più istituzionali e
collaboratori locali. La comunicazione con il responsabile della controparte locale e verso l’Italia con il
responsabile di Caritas sarà periodica anche per un confronto sulle situazioni di rischio e per l’assunzione
di eventuali misure precauzionali.
La rete di telefonia mobile del paese è sufficientemente funzionale per garantire la possibilità di
comunicazione sia in loco che verso (o da) l’Italia.
Coordinamento: Si comprende e analizza costantemente la situazione generale nella quale il luogo dove
i volontari svolgono il loro servizio è inserito, pertanto le situazioni di rischio possono essere facilmente
prevedibili e adottate le conseguenti misure preventive. Inoltre i referenti in loco dei progetti sono in
contatto costante con le autorità e i contingenti internazionali presenti nei paesi
2. Attività di formazione in Italia
Durante il percorso di formazione antecedente alla partenza, viene dedicato un modulo formativo alla
sicurezza. Oltre ad illustrare gli accorgimenti generali di sicurezza (sotto riportati), verrà consegnato il
vademecum di Caritas Italiana sulla sicurezza contenente criteri e misure di sicurezza a cui i
volontari dovranno fare riferimento.
Inoltre il referente paese Sierra Leone consegna ai volontari un elenco di Enti e Persone a cui fare
riferimento per le diverse ipotetiche situazioni di “rischio” verificabili (Ambasciata/Consolato italiano, uff. di
Cooperazione Italiana, i riferimenti per la sicurezza dei nostri partner locali di riferimento…).
Il volontario è tenuto ad adottare un comportamento improntato alla responsabilità, all’ equilibrio e al
rispetto di luoghi e persone. Alcuni consigli generali:







Conservare l’originale del passaporto in un luogo sicuro, portare sempre con sé una fotocopia e
conservarne un’altra in casa o nell’ufficio in un posto sicuro;
Consegnare, in caso di assenza per periodi prolungati, una copia delle chiavi dell’abitazione
all’amministratore del partner locale;
Consultare sempre il partner locale in caso di incertezza e indecisione sulle norme di sicurezza da
porre in atto nel caso di attività diverse da quelle programmate (es.: uscite serali, visite con
Istituzioni governative e/o religiose…);
Verificare sempre con lo staff locale, con le istituzioni diocesane e, in caso di tensioni nel paese
con le organizzazioni internazionali presenti sul territorio e la cellula di sicurezza dell’Ambasciata
italiana prima di intraprendere viaggi all’interno del paese e in particolare in zone limitrofe ai
confini, che sussistano tutte le condizioni di sicurezza sul percorso e nei punti di destinazione.
Avvisare, lasciandone copia cartacea e/o mail agli operatori/colleghi del partner locale sugli
spostamenti e l’agenda di lavoro, appuntamenti, riunioni, (almeno a livello settimanale). In caso di
appuntamenti e spostamenti diversi da quelli già previsti lasciare agli operatori/colleghi partner
locali gli indirizzi e i recapiti telefonici o il numero di telefono di una persona di riferimento. E’
raccomandato avvertire il referente locale di progetto anche in caso di spostamenti dalla sede del
progetto all’interno del paese per motivi personali; è obbligatorio avvertire sia il responsabile
locale di progetto che il referente di progetto di Caritas Italiana tramite comunicazione scritta in
caso di ferie e di uscita dal paese.
Evitare, in particolare in capitale, di muoversi da soli in zone periferiche specialmente nelle ore
notturne;
Non scattare fotografie nei pressi di check point militari, in presenza di forze dell’ordine, di fronte
a ambasciate e consolati;
3. Rischi sanitari
Per quanto riguarda problemi di natura sanitaria, il problema maggiore è costituito indubbiamente dalla
malaria, essendo nei luoghi di servizio una malattia endemica; in particolare è piuttosto diffusa durante e
subito dopo la stagione delle piogge (nei cambi di stagione) a causa anche dell’alto tasso di umidità, delle
zone paludose esistenti e delle aree boscose.
143
Alla malaria si uniscono patologie tipiche delle zone tropicali, quali febbre gialla, meningiti, tifo, colera,
epatiti e più comunemente rischi di infezioni intestinali dovute soprattutto all’ingestione di cibo e acqua
non trattati o trattati con standard igienici molto bassi.
Caritas Italiana effettua un monitoraggio costante della situzione sanitaria nel paese, attraverso il servizio
offerto dall’Unità di crisi del MAE www.viaggiaresicuri.mae.aci.it , ma va posto in evidenza che le
situazioni di sicurezza, nonché le misure normative e amministrative in vigore nel paese, possono
rapidamente variare e che, nonostante la massima attenzione nel reperire e verificare le informazioni, i
dati sono suscettibili di continue modifiche e aggiornamenti. Gli stessi volontari possono verificare prima
della partenza gli aggiornamenti del sito, anche se i referenti di Caritas Italiana lo fanno regolarmente.
Caritas Italiana ripone molta attenzione al monitoraggio in particolare delle situazioni locali: l’attività
principale è quella di raccolta informazioni e dati finalizzata all’analisi del rischio; ci si avvale di elementi
raccolti in Italia, dall’equipe di progetto e all’estero congiuntamente con il contributo degli stessi volontari e
dei partner di progetto.
Un ambito che viene monitorato ordinariamente è quello legato ai rischi epidemiologici.
Rispetto quindi ai rischi delle varie patologie, i volontari sono tenuti a effettuare delle vaccinazioni (alcune
obbligatorie, altre consigliate o altamente raccomandate) prima della partenza, per cui è però necessario
consultare previamente il proprio medico curante per stabilire possibilità e rischi in base allo stato di
salute di ciascuno.
Si raccomanda dunque ai volontari nel periodo antecedente la partenza, di rivolgersi alle proprie ASL di
competenza, sezione medicina dei Viaggi per effettuare le vaccinazioni e per avere consigli specifici.
Per ottenere una protezione adeguata, l’ideale è vaccinarsi almeno 2-3 settimane prima della partenza
(40 giorni nel caso in cui venga effettuato anche il vaccino antiepatite B). Qualora dovessero comunque
mancare anche meno di 2 settimane alla partenza, i volontari sono comunque invitati a recarsi al Centro
vaccinazioni per una valutazione del caso.
Capitolo a parte merita la malaria, malattia che viene trasmessa all'uomo attraverso la puntura di zanzare
infette del genere Aedes.
Non esistono, al momento, vaccini specifici; l'Organizzazione Mondiale della Sanità consiglia una
profilassi con farmaci diversi, che devono essere assunti previa prescrizione medica e che va
attentamente valutata in caso di residenza prolungata in un paese a rischio.
I farmaci antimalarici possono essere assunti regolarmente a titolo preventivo secondo prescrizione
medica, o tenuti come riserva per il trattamento di urgenza di una febbre improvvisa in assenza di cure
mediche (ad esempio se ci si trova in missione in un villaggio interno al paese senza ospedali limitrofi). Il
rischio di infezione e la risposta del parassita al farmaco sono variabili e mutevoli.
Se vengono assunti farmaci antimalarici a titolo preventivo, è necessario prenderli in maniera regolare,
iniziando generalmente una settimana (o qualche giorno) prima della partenza (anche per verificare la
risposta del proprio organismo e eventuali intolleranze o manifestazioni di effetti indesiderati) e continuare
per un periodo dopo il rientro (variabile a seconda del farmaco assunto).
Nel caso in cui dovesse poi manifestarsi una febbre entro una settimana successiva alla prima
esposizione e fino a due anni dal rientro dal paese, va consultato il medico e informato del soggiorno in
una zona malarica.
Al di là di tali informazioni mediche, ai volontari si consiglia l'adozione di misure preventive da adottare
durante la permanenza, quali:
- indossare abiti di colore chiaro (i colori scuri ed accesi attirano gli insetti) con maniche lunghe e
pantaloni lunghi, che coprano la maggior parte del corpo, e scarpe chiuse, soprattutto nelle ore
dell’alba e del tramonto e durante la notte;
- evitare l'uso di profumi (attirano gli insetti);
- applicare sulla pelle esposta durante il giorno, ed in particolare dal tramonto all'alba, prodotti repellenti
per gli insetti, ripetendo l'applicazione in caso di sudorazione intensa ogni 2-3 ore. I repellenti per gli
insetti e gli insetticidi a base di piretroidi possono essere spruzzati direttamente sugli abiti;
- verificare che le zanzariere presenti alle finestre della casa siano sempre integre;
- dormire sotto la zanzariera, rimboccandone i margini sotto il materasso, verificandone le condizioni e
controllando che non ci siano zanzare al loro interno; è utile impregnare le zanzariere con insetticidi a
base di permitrina;
144
-
spruzzare insetticidi a base di piretro o di permitrina nelle stanze di soggiorno o utilizzare diffusori di
insetticida operanti a corrente elettrica
L’abitazione dei volontari è dotata di zanzariere alle finestre e per ogni letto.
Nel caso di comparsa di sintomi influenzali, è comunque strettamente raccomandato un immediato
consulto medico nell’ospedale più vicino e di effettuare il test anti-malaria.
Per rischi più direttamente legati a malattie quali infezioni intestinali, salmonella, tifo, colera, si consiglia:
- bere solo acqua imbottigliata;
- non utilizzare ghiaccio;
- utilizzare acqua filtrata o bollita per la cucina;
- disinfettare con cura frutta e verdure crude prima di mangiarle o sbucciare la frutta.
ACCORGIMENTI SPECIFICI LEGATI AI SINGOLI PAESI
SIERRA LEONE
Ambasciate/consolati
In Sierra Leone non c’è un’Ambasciata italiana, né un Consolato italiano di riferimento, l’Ambasciata
facente funzioni per il paese è l’Ambasciata Italiana in Costa d’Avorio, ad Abdijan, alla quale Caritas
Italiana comunica ufficialmente prima della partenza, la presenza dei volontari italiani in Sierra leone,
fornendo i dati anagrafici e inviando una comunicazione ufficiale via fax, mail o dhl.
Per qualsiasi eventualità o urgenza, i cittadini italiani, quindi come tali anche i volontari, possono rivolgersi
ad un’Ambasciata dell’Unione Europea presente nel paese, in particolare l’Ambasciata della Germania a
Freetown (00232 76697645, [email protected]), oppure all’Ambasciata britannica (Alto
Commissariato del Regno Unito), sempre in Freetown (00232 22232362 – 22232961,
[email protected])
In caso di gravi problemi nel paese, oltre a una comunicazione diretta con il servizio emergenza
dell’Ambasciata italiana in Abdijan, le regole da seguire saranno quelle dettate dall’ambasciata tedesca
(es. piano di evacuazione).
Ufficio immigrazione sierraleonese
Una volta giunti in Sierra Leone, a un mese dal primo ingresso nel paese, i volontari sono tenuti a
registrarsi presso l’ufficio immigrazione sierraleonese in Freetown, passaggio fondamentale per ottenere
un visto di lungo soggiorno nel paese che verrà rilasciato dallo stesso ufficio.
I volontari vengono accompagnati per queste procedure da personale locale della Diocesi di Makeni
esperto in materia.
a. Persone risorsa e luoghi di ritrovo in situazioni di crisi
In generale, qualora dovessero verificarsi problemi relativamente alla sicurezza, la Diocesi di Makeni è un
luogo sicuro di riferimento: il Vescovo, Mons. Giorgio Biguzzi, è un’autorità particolarmente rispettata in
tutto il paese anche a livello politico e governativo, i referenti locali di progetto e i responsabili delle
organizzazioni partner sono persone con una lunga esperienza in un paese che ha vissuto una lunga
conflittualità e instabilità politica e sanno quindi muoversi senza problemi anche nell’eventualità di
situazioni di rischio.
Le numerose strutture della Diocesi in Makeni, inoltre, sono un luogo sicuro di riunione e ritrovo nel caso
in cui sia raccomandato lasciare la casa e non restare isolati. In particolare il centro pastorale a fianco
della cattedrale di Makeni e degli uffici diocesani del Vescovo e della Caritas, è luogo protetto e permette
un’ampia ricettività, possiede infatti camere, uffici, stanze di ritrovo, sala riunioni e sala refettorio, oltre che
un parco recintato.
b. Ufficio e luoghi di lavoro
L’ufficio della CGPDU è raggiungibile con la moto o con i taxi locali dall’abitazione; si trova nel centro
della città, a pochi metri dal grande mercato e da tutti i servizi più importanti (banche, negozi, polizia…); è
in un compound della Diocesi chiuso da un cancello e possiede un guardiano diurno e notturno. Lo stesso
compound è sede anche del ramo legale della CGPDU Access to Justice e delle abitazioni di alcuni
impiegati della Diocesi.
145
Gli uffici dell’Università di Makeni e di Radio Maria Sierra Leone si trovano invece in un grande
complesso, definibile un campus, in cui sono presenti anche un campo da calcio, un luogo di ristoro, una
grande biblioteca (la più grande biblioteca della Sierra Leone, appena rinnovata).
L’ufficio delle Sorelle di Maria Immacolata si trova appena fuori dal campus universitario (Fatima Campus)
in strutture sempre diocesane ed è facilmente raggiungibile in moto.
Gli uffici di Caritas Makeni si trovano invece nel complesso degli uffici vescovili e della cattedrale, in
un’area protetta da recinzione e sorvegliata da guardiani diurni e notturni, poco distanti dall’ufficio della
CGPDU (10 minuti a piedi, 3 minuti in moto)
Non ci sono particolari accorgimenti personali da adottare, essendo tutti luoghi che godono di buona
sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera
autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo
nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di diverso tipo.
c.Abitazione
L’abitazione dei volontari si trova in una zona residenziale tranquilla di Makeni. E’ un’abitazione singola,
con un piccolo cortile interno, protetta da una recinzione; un’ulteriore protezione viene affidata ad un
guardiano notturno affidabile e conosciuto dal partner locale, messo a disposizione dei volontari da
Caritas Italiana.
L’abitazione è dotata di un pozzo autonomo e di un gruppo elettrogeno per l’alimentazione elettrica.
Durante il periodo più acuto della stagione secca potrebbero verificarsi brevi periodi senza acqua: in quei
casi i volontari possono usufruire delle fonti di acqua di riserva della Diocesi e verranno assistiti dal
personale locale nell’approvvigionamento e riserva di acqua.
L’abitazione si trova a 5 minuti a piedi da una delle Parrocchie più grandi della città, che negli anni è stata
punto di riferimento per i precedenti volontari.
I volontari e le motivazioni della loro presenza in città vengono presentati alla comunità parrocchiale nella
prima settimana di permanenza in modo da creare un sentimento positivo nei loro confronti e facilitare la
loro integrazione nel quartiere.
d. Trasporti
In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili, i
volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti e favorire sempre i mezzi di trasporto
individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia.
E’ assolutamente sconsigliato prendere taxi locali (automobili o pulmini –poda-poda-) per percorrere
lunghe distanze; è possibile invece, con normali nozioni di precauzione e prudenza, utilizzare i moto taxi
per gli spostamenti in città.
I volontari avranno comunque a disposizione una moto per muoversi autonomamente all’interno della
città, mentre per spostamenti di lavoro in località più lontane potranno usufruire delle automobili a
disposizione della missione cattolica, in particolare della CGPDU e dell’Università di Makeni.
La capitale Freetown è facilmente raggiungibile in meno di tre ore in automobile su strada asfaltata;
l’aeroporto si trova invece su una penisola, a Lungi, ed è raggiungibile in due modi:
- da Freetown tramite traghetto (ca. 45 minuti di traversata), su cui è possibile imbarcare
anche veicoli; i traghetti da Freetown a Lungi e viceversa sono presenti a orari
prevalentemente regolari;
- da Makeni passando per il distretto di Port Loko attraversando una strada non asfaltata di
difficile percorrenza soprattutto nella stagione delle piogge (vanno previste 3 ore di
automobile da Makeni).
e. Salute
In caso di necessità, i volontari potranno usufruire dei servizi dell’Ospedale della Diocesi di Makeni
(Holy Spirit Hospital), situato a ca. 300 metri dall’abitazione, 5 minuti a piedi da casa.
L’ospedale, in cui operano medici e chirurghi e personale infermieristico specializzato, offre servizi
ambulatoriali di consultazione e analisi cliniche, radiologia ed ecografie; è dotato inoltre di una farmacia
con medicinali specifici per le malattie tropicali e medicinali generici, molti dei quali provenienti dall’Italia e
dall’Europa. L’ospedale, dotato di 50 letti con reparti pediatria, maternità, medicina generale e chirurgia,
offre anche servizio di ospedalizzazione e chirurgia.
In caso di necessità di evacuazione, l’Holy Spirit Hospital possiede un servizio ambulanza a pagamento
copertura costi di trasporto per il raggiungimento dell’ospedale più adeguato secondo la patologia.
A Makeni vi è anche un ulteriore Ospedale privato di riferimento, il Magbenteh Hospital, finanziato da
una fondazione svizzera, dove lavorano regolarmente medici e infermieri volontari olandesi a fianco del
146
personale locale, che si trova all’ingresso della città, sulla strada principale che conduce al centro
(Azzolini Highway).
A ca. 40 chilometri da Makeni, nella città di Lunsar, facilmente raggiungibile in meno di un’ora in
automobile attraverso l’arteria principale (asfaltata) che collega Makeni a Freetown, si trova il più grande
ospedale della regione, anch’esso cattolico, il St. John of God Hospital. Dotato di più di cento posti letto,
è un punto di riferimento sanitario importante in caso di problemi più gravi non risolvibili a Makeni. Vi
lavora personale specializzato locale, ma anche numerosi volontari e medici espatriati, italiani e in
particolare spagnoli. E’ anche un polo importante per la chirurgia, con la possibilità di usufruire, per lo staff
locale, di consulenze dall’estero via teleconferenza.
In caso di traumi ortopedici o dovuti ad incidenti, e di patologie gravi e urgenti, è opportuno rivolgersi
invece all’Ospedale di Emergency a Freetown – Lacca, raggiungibile in poco più di due ore in automobile
da Makeni. Vi lavora e lo coordina personale italiano, affiancato da staff medico e paramedico locale,
possiede sale chirurgiche e di terapia intensiva.
In sintesi:
OSPEDALI/STRUTTURE
SANITARIE DI RIFERIMENTO
Holy Spirit Hospital,
Masuba – Makeni
(ambulatorio,
laboratorio,
farmacia, radio e ecografia,
chirurgia e ospedalizzazione –
urgenze 24h/24)
Magbenteh Hospital
Azzolini Highway – Makeni
(ambulatorio,
laboratorio,
ospedalizzazione)
St. John of God Hospital
Lunsar
(ambulatorio,
laboratorio,
farmacia, radio e ecografia,
chirurgia e ospedalizzazione –
urgenze 24h/24)
Emergency Hospital
Lacca – Freetown
(ambulatorio,
laboratorio,
farmacia, radio e ecografia,
chirurgia e ospedalizzazione,
terapia intensiva – urgenze
24h/24)
DISTANZA DALLA SEDE
CGPDU
1,5 km, 5 minuti in moto, 15-20
minuti a piedi
DISTANZA DALL’ABITAZIONE
VOLONTARI
300 mt, 5 minuti a piedi
3 km, 10 minuti in moto, 5 minuti
in automobile
5 km, 15 minuti in moto, 10 minuti
in automobile
Ca. 40 km, 1 ora in automobile
Ca. 40 km, 1 ora in automobile
Ca 250 km, 2,5 – 3 ore in
automobile
Ca 250 km, 2,5 – 3 ore in
automobile
GUINEA
Ambasciate/consolati
In Guinea non c’è un’Ambasciata italiana, né un Consolato italiano di riferimento, l’Ambasciata facente
funzioni per il paese è l’Ambasciata Italiana in Senegal, a Dakar, alla quale Caritas Italiana comunica
ufficialmente prima della partenza, la presenza dei volontari italiani in Guinea, fornendo i dati anagrafici e
inviando una comunicazione ufficiale via fax, mail o dhl.
Ambasciata d’Italia a Dakar
competente per Senegal, Capo Verde, Mauritania, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Mali, Gambia.
Rue Alpha Hachamiyou Tall B.P. 348,
C.P. 18524 Dakar, Senegal
Telefono: + 221 / 338892636
Telefax: + 221 / 338217580
e-mail: [email protected]
147
Per qualsiasi eventualità o urgenza, i cittadini italiani, quindi come tali anche i volontari, possono rivolgersi
ad un’Ambasciata dell’Unione Europea presente nel paese, in particolare all’Ambasciata di Francia,
presente a Conakry, Avenue du Commerce (Kaloum), BP 373 et 570, telefono (00.224).30.47.10.00 (tutte
le informazioni possono essere reperite sul sito internet www.ambafrance-gn.org ).
All’arrivo in Guinea, i volontari dovranno registrarsi all’Ambasciata francese come cittadini dell’Unione
Europea presenti in territorio guineano, compilando un formulario che viene consegnato direttamente
dalla sezione consolare dell’Ambasciata a Conakry fornendo i dati anagrafici e tutte le informazioni utili a
un facile reperimento in caso di problemi o crisi (numeri di telefono di riferimento, mail, indirizzi di lavoro e
domicilio, oltre ad allegare una fotocopia del passaporto.
In caso di gravi problemi nel paese, oltre a una comunicazione diretta con il servizio emergenza
dell’Ambasciata italiana in Senegal, le regole da seguire saranno quelle dettate dall’ambasciata francese,
che in situazioni di crisi attiva una linea telefonica di emergenza 24h/24, nonché un servizio di
informazioni via mail e via sms.
All’Ambasciata italiana in Senegal è bene mettere in copia tutte le comunicazioni ufficiali con l’Ambasciata
di Francia, in particolare quelle relative ad entrate ed uscite dal paese, in modo da poter localizzare più
efficacemente i cittadini e rispondere più efficacemente alle emergenze in caso di eventuali crisi.
Visto di lunga permanenza
Entro un mese dall’ingresso nel paese, i volontari dovranno registrarsi presso l’Ufficio immigrazioni
guineano e fare richiesta per un visto di lungo soggiorno (un anno), così come di un visto a entrata
multipla (non rilasciabile per un periodo superiore a sei mesi) che permetterà di entrare ed uscire
liberamente dal paese.
Per fare questo i volontari dovranno recarsi alla Procura dell’Arcidiocesi di Conakry e verranno
accompagnati da uno dei funzionari che si occupa di tali procedure per tutto il personale espatriato della
missione cattolica.
a. Persone risorsa e luoghi di ritrovo in situazioni di crisi
In generale, qualora dovessero verificarsi problemi relativamente alla sicurezza, la Diocesi di N’Zérékoré
è un luogo sicuro di riferimento: il Vescovo, Mons. Raphael Balla Guilavogui, è una figura molto rispettata
nella regione, i referenti locali di progetto e i responsabili delle organizzazioni partner sono persone con
una lunga esperienza in un paese che ha vissuto una prolungata conflittualità e instabilità politica e sanno
quindi muoversi senza problemi anche nell’eventualità di situazioni di rischio.
Il compound del Vescovado, -dove hanno sede la Cattedrale, gli uffici dell’OCPH, del Vescovo, del Vicario
Generale ed Episcopale, dell’economato diocesano, e dove si trova l’abitazione dei volontari – è un luogo
sicuro e punto di riferimento anche in situazioni di crisi e instabilità in città.
Nella prima settimana di permanenza, inoltre, accompagnati da un rappresentante dello staff locale e dal
referente di progetto di Caritas Italiana, i volontari verranno presentati alle autorità locali (governatore,
prefetto, sindaco a N’Zérékoré, autorità locali e della sotto-prefettura a Gouécké) in modo da essere
ufficialmente introdotti nella vita della città e della regione e di avere anche dei punti di riferimento costanti
in caso di necessità.
b. Ufficio e luoghi di lavoro
L’ufficio dell’OCPH si trova all’interno del Vescovado, a pochi metri dall’abitazione, a 500 metri dal centro
della città di N’Zérékoré, sede degli uffici principali (governorato, prefettura, comune), delle banche di
riferimento e del grande mercato, in una zona tranquilla, ma nello stesso tempo facilmente accessibile e
da cui in pochi minuti è possibile raggiungere il centro o le principali sedi delle organizzazioni
internazionali (dislocate nella zona residenziale della città, 5 minuti in macchina o in moto).
Le aree periferiche e i villaggi dove i volontari dovranno spostarsi per lavorare sul terreno, sono
raggiungibili in automobile senza particolari problemi, seppure molti attraverso strade non asfaltate.
Durante la stagione delle piogge alcune zone sono più difficilmente accessibili, ma mai completamente
isolate.
Il Centro Medico-Chirurgico di Gouécké, dove uno dei volontari dovrà recarsi settimanalmente, si trova
invece a 42 km da N’Zérékoré ed è raggiungibile in automobile (tra i 45 minuti e l’ora il tempo di
percorrenza) attraverso una strada non asfaltata (pista), comunque in buone condizioni. Il villaggio è
raggiungibile senza particolari problemi anche durante la stagione delle piogge, quando le condizioni della
pista peggiorano, ma mai da divenire inaccessibile o non percorribile.
148
Il volontario si recherà al Centro medico con un’automobile dell’OCPH (una è specificamente a
disposizione del Coordinamento diocesano della Sanità), accompagnato da un autista dell’OCPH o dal
personale incaricato responsabile di progetto (Direttore OCPH, Coordinatore della Salute, Responsabile
dei Programmi).
Per ovviare a qualsiasi problema è altamente consigliato non percorrere la strada durante le ore notturne
e di recarsi quindi sempre a Gouécké tra le 7 del mattino e le 19 della sera (ora massima per il rientro in
città).
Il personale dell’OCPH e diocesano incaricato della supervisione del CMC (in particolare Coordinatore
della Salute e Amministratrice) effettua visite al CMC generalmente due volte a settimana; il volontario,
quindi, potrà facilmente congiungersi a tali missioni, anche nell’ottica di un lavoro in équipe e di una
collaborazione necessaria per il migliore svolgimento delle attività.
Non ci sono altri particolari accorgimenti personali da adottare, essendo tutti luoghi che godono di buona
sicurezza. Il volontario sarà accompagnato sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera
autonoma progressivamente al livello di "riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo
nelle comunità di riferimento rappresenta il principale deterrente a possibili problemi di diverso tipo.
c. Abitazione
L’abitazione dei volontari si trova all’interno del compound del Vescovado, un appartamento al piano terra
della “Maison d’Accueil” diocesana. E’ un’abitazione che, pur nella struttura più grande della casa di
accoglienza, resta autonoma, godendo dei servizi previsti per l’intera area.
L’abitazione usufruisce infatti dell’alimentazione elettrica del generatore utilizzato per la cattedrale, la
residenza vescovile, gli uffici diocesani, il cui utilizzo è regolare e secondo ore prestabilite: dalle 9 alle 13,
dalle 14 alle 17, dalle 19 alle 23.30, più due ore al mattino presto; anche per l’approvvigionamento
dell’acqua la fonte è quella del compound diocesano. I volontari avranno a disposizione anche un gruppo
elettrogeno autonomo di sicurezza per l’emergenza e per consentire maggiore indipendenza.
L’acqua corrente non è sempre disponibile, ma nell’eventualità personale diocesano impiegato nella casa
d’accoglienza provvederà al rifornimento dell’acqua.
L’area è completamente recintata, con un grande cortile interno, e personale addetto alla sicurezza è
presente 24h/24.
L’abitazione si trova dietro la Cattedrale di N’Zérékoré, alla cui comunità i volontari e le motivazione della
loro presenza verranno presentati nella prima settimana di permanenza in modo da creare un sentimento
positivo nei loro confronti e facilitare la loro integrazione nel quartiere.
d. Trasporti
In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili, i
volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti e favorire sempre i mezzi di trasporto
individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia, in particolare le automobili a
disposizione dell’OCPH, preferibilmente guidate dagli autisti che sono parte dello staff.
E’ assolutamente sconsigliato prendere taxi locali per percorrere lunghe distanze, così come i moto-taxi
per gli spostamenti in città (possibile farlo in situazioni di necessità con normali precauzioni e prudenza).
I volontari avranno comunque a disposizione una moto per muoversi autonomamente all’interno della
città (con cui essere molto prudenti e utilizzare sempre il caso, visti i tratti stradali spesso sconnessi e il
traffico cittadino), mentre per spostamenti di lavoro a Gouécké e in località più lontane potranno usufruire
delle automobili a disposizione dell’OCPH e della missione cattolica.
La capitale Conakry si trova a 960 km da N’Zérékoré, ed è raggiungibile attualmente solo in automobile
(fino a maggio del 2010 si poteva usufruire dei voli umanitari del PAM, Programma Alimentare Mondiale, il
cui servizio è stato interrotto): è necessaria una giornata di viaggio, due durante la stagione delle piogge.
Le strade per raggiungere la capitale sono in parte ampie e asfaltate (appena asfaltati con un progetto
triennale finanziato dall’Unione Europea i primi 200 km da N’Zérékoré verso la capitale), in parte con un
asfalto in deterioramento, in parte non asfaltate (piste); quest’ultime diventano di difficile percorrenza
durante il periodo di più intensa stagione delle piogge e possono allungare i tempi di percorrenza verso la
capitale. In ogni caso la strada, arteria principale che collega la regione forestale alla capitale, non resta
mai completamente inagibile o chiusa.
Per queste ragioni, le trasferte in capitale dovranno essere programmate e concordate con i referenti
locali di progetto, effettuate con i veicoli dell’OCPH o diocesani, sempre guidati da un autista dell’OCPH.
Valida resta sempre la raccomandazione generale di non spostarsi nelle ore notturne (salvo emergenze),
preferendo l’arco di tempo alba-tramonto.
E’ consigliato pianificare trasferte trimestrali in capitale.
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L’aeroporto internazionale di riferimento (Aeroporto Internazionale Gbessia), recentemente rinnovato, si
trova a Conakry, facilmente raggiungibile dal centro della città (15 minuti in automobile).
e. Salute
In caso di necessità a N’Zérékoré, ai volontari è consigliato di rivolgersi al Centro Medico di N’Zao,
situato a ca. 10 km dalla città di N’Zérékoré, facilmente raggiungibile in automobile.
Il centro (opera della Chiesa protestante evangelica) è gestito da personale medico e amministrativo
espatriato, a fianco di personale locale specializzato; offre servizi ambulatoriali di consultazione, analisi
cliniche ed ecografie; è dotato inoltre di una farmacia con medicinali specifici per le malattie tropicali e
medicinali generici. Il Centro è dotato anche di 40 letti per l’ospedalizzazione in medicina generale,
pediatria e maternità e ha a disposizione 20 letti per il servizio di chirurgia.
Il Centro offre anche un servizio dentistico affidabile. Non effettua servizio di urgenza.
A N’Zérékoré si trova anche l’Ospedale regionale, dove prestano servizio medici qualificati e specializzati,
conosciuti anche molto bene dal personale diocesano che si occupa di sanità, ma le condizioni generali e
igieniche della struttura, oltre che il sovraffollamento, consigliano di riferirsi a tale struttura pubblica solo
come ultima ratio, in caso di emergenza.
Centro medico di riferimento al di fuori della città è il Centro Medico-Chirurgico “Saint Abraham”di
Gouécké, situato però a 42 km dalla città.
Il Centro, struttura diocesana, offre servizi ambulatoriali di consultazione, analisi cliniche, ecografie,
farmacia, ospedalizzazione, maternità, chirurgia e servizio urgenze 24h/24.
Le condizioni igienico-sanitarie della struttura sono soddisfacenti, il personale medico locale è qualificato
e garantisce un’assistenza adeguata al paziente.
In caso di problemi di maggiore gravità, non risolvibili dalle strutture sanitarie sopra menzionate, ci si deve
spostare in capitale, a Conakry, dove l’ospedale di riferimento è la Clinica Ambroise Paré, situata non
lontana dal Centro della città. Offre servizi ambulatoriali di consultazione, analisi di laboratorio, radiografia
ed ecografia, ospedalizzazione in medicina interna, chirurgia, ginecologia - ostericia, ortopedia e un
servizio urgenze 24h/24.
In sintesi:
OSPEDALI/STRUTTURE SANITARIE DI
RIFERIMENTO
Centro medico N’Zao
N’ZAO - N’ZEREKORE
DISTANZA DALLA SEDE OCPH
e ABITAZIONE
10 km
15 minuti in automobile
Ospedale regionale N’Zérékoré
N’ZEREKORE
Centro città, 500 mt
5 minuti in auto, 10 minuti a piedi
Centro Medico Chirurgico “Saint Abraham”
GOUECKE
42 km
45 minuti-1 ora in automobile
Clinique Ambroise Paré
Corniche Nord, Dixinn, CONAKRY
BURUNDI
960 km
1 giorno in automobile
a.Rischio politico.
Dato il rischio politico presente nel paese è di fondamentale importanza essere costantemente aggiornati
sulla situazione politica e militare. Padre Claudio Marano, direttore del centro, è in contatto costante con il
Consolato italiano e con l’ONUB (forze di pace delle Nazioni unite) e si confronta periodicamente con i
volontari in servizio civile e il referente di Caritas Italiana in Italia sulle condizioni di sicurezza sia del
centro e dei quartieri nord sia più in generale della città di Bujumbura, di tutto il Paese e dei paesi
confinanti (in particolare la Repubblica democratica del Congo).
b.Abitazione e ufficio:
I volontari in servizio civile alloggeranno e lavoreranno presso il Centro Jeunes Kamenge, insieme ai
missionari saveriani e ad operatori locali. Riguardo l’abitazione, si condividono tutti i locali della casa
tranne la camera (in alcuni periodi dell’anno particolarmente frequentati può sopraggiungere la necessità,
per motivi logistici, di condividerla con altri volontari espatriati). E’ garantita la privacy sia per il volontario
che per gli effetti personali, ma è sempre opportuno dedicare attenzione ai beni in proprio possedimento,
sia negli uffici che negli altri spazi comuni, onde evitare spiacevoli situazioni che possono normalmente
150
verificarsi in contesti frequentati da molte persone. Per il momento nessun fenomeno in tal senso è stato
segnalato.
Il centro, pur essendo situato nei quartieri nord di Bujumbura è ben conosciuto ed apprezzato dalla
popolazione locale. E’ circondato da un muro per tutto il suo perimetro, vi sono norme di sicurezza molto
rigide che prevedono il controllo degli ingressi, possibili solamente nelle ore diurne, e la presenza di
guardie armate 24 ore su 24. Ai volontari è richiesto di non uscire dal centro nei quartieri Nord da soli ma
sempre accompagnati dallo staff locale che prima si accerta delle condizioni di sicurezza dei luoghi dove
si devono recare e comunque non nelle ore serali e notturne. Anche per il resto della città è consigliato di
evitare spostamenti non strettamente necessari durante le ore serali e notturne.
c.Trasporti:
In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili e della
situazione di insicurezza del paese, è altamente sconsigliato attraversare da soli il paese, servendosi dei
mezzi pubblici o di mezzi privati. E’ consigliato inoltre non utilizzare strade periferiche, ma mantenersi sui
tragitti principali, non superare i limiti di velocità e non guidare sotto l’effetto di sostante che potrebbero
limitare il livello di attenzione (farmaci, alcool, droghe)
I volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti, attenersi alle norme di sicurezza e
favorire sempre i mezzi di trasporto individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia. Ci
sono diverse automobili a disposizione di chi lavora per il Centro, per svolgere diverse commissioni in
città , solitamente sono guidate da locali , i volontari guidano raramente, ma sempre accompagnati.
d.Salute:
Per quanto riguarda problemi di natura sanitaria il Burundi è un paese in cui la malaria è una malattia
endemica e, anche se nella capitale gli indici di diffusione sono minori rispetto all’area rurale, è
comunque abbastanza diffusa durante e subito dopo la stagione delle piogge. E’ consigliato al volontario
di partire munito di repellente per zanzare e di informarsi presso il presidio USL di appartenenza sulla
profilassi antimalarica.
Si consiglia inoltre al volontario in partenza di preparare un kit personale di medicinali, benché il Centre
Jeunes Kamenge sia equipaggiato per i medicinali e le cure di prima necessità
La struttura sanitaria adeguata più vicina, il “Polyclinique Centrale de Bujumbura” si trova nel centro della
città, raggiungibile dal Centro in 10 minuti di automobile.
REPUBBLICA DI GIBUTI
a.Rischio politico:
Data la situazione di relativa instabilità è fondamentale essere costantemente aggiornati su quanto
succede e mantenere un regolare contatto con il consolato. Il dott. Rizzo, console d’Italia a Gibuti è
informato della presenza e della localizzazione di cittadini italiani e dei volontari e conferma l’esistenza di
un piano di evacuazione in caso di necessità.
b. Abitazione e ufficio:
L’alloggio previsto per i volontari in servizio civile si trova all’interno del compound della sede della Diocesi
dove alloggiano il Vescovo e il Direttore della Caritas. La sede della Diocesi è protetta con un servizio di
sorveglianza 24 ore su 24. Nel particolare contesto della città di Gibuti, con una forte presenza di stranieri
legati alla presenza militare francese, lo stile delle relazioni deve essere corretto e rispettoso degli usi e
della cultura locale, ricordando che i volontari sono considerati “stranieri” e che non devono quindi
assumere atteggiamenti di prepotenza, superficialità, o derisione. I volontari saranno sempre considerati
dalla popolazione locale legati all’occidente e al mondo cristiano, anche fuori dall’orario di lavoro, quindi
devono considerare questa loro particolare “identità” per evitare malintesi.
L’ufficio si trova a poche decine di metri dall’abitazione dei volontari. Durante le ore diurne vi è una
massiccia presenza di giovani e insegnanti, e gode di buona sicurezza. Il volontario sarà accompagnato
sin dall'inizio dagli operatori locali e lavorerà in maniera autonoma progressivamente al livello di
"riconoscimento sociale" raggiunto; infatti l’inserimento positivo nelle comunità di riferimento rappresenta il
principale deterrente a possibili problemi di sicurezza.
c. Trasporti:
In considerazione della difficile situazione del sistema viario locale e dei mezzi pubblici disponibili, i
volontari dovranno essere particolarmente attenti negli spostamenti e favorire sempre i mezzi di trasporto
individuati e concordati con i propri referenti sia in loco sia in Italia. I volontari avranno per questo a
disposizione una macchina per muoversi all’interno della città e del paese, sempre accompagnati da staff
locale. I volontari non utilizzeranno mai mezzi pubblici.
d.Salute
151
Per quanto riguarda problemi di natura sanitaria, il rischio maggiore è legato alle infezioni intestinali
dovute soprattutto all’ingestione di cibo e acqua trattati con standard igienici molto bassi. I volontari
consumeranno solo cibi e acqua precedentemente adeguatamente trattati. L’assistenza sanitaria è
garantita dalla presenza in Gibuti di un ospedale italiano gestito dalla Cooperazione Italiana nel quartiere
di Balbalà. Per cure specialistiche di ottimo livello è disponibile anche il servizio ospedaliero della
missione militare francese e di dimostrata affidabilità., facilmente raggiungibile dalla casa dei volontari a
solo 5 minuti di macchina.
18) Particolari condizioni di disagio per i volontari connesse alla realizzazione del progetto
SIERRA LEONE
In generale le condizioni di disagio connesse alla realizzazione del progetto sono quelle legate alla vita
quotidiana in un Paese diverso dal proprio e con una situazione di povertà diffusa. Le difficoltà maggiori si
avranno durante il primo periodo considerato di adattamento ad un ritmo di vita, cultura, usi e costumi e
abitudini alimentari diversi dalle proprie.
Nella città di Makeni non c’è acqua corrente né corrente elettrica; il disagio dovuto a ciò è tuttavia
compensato da un alloggio dotato di pozzo privato e gruppo elettrogeno autonomo.
Nonostante ciò è possibile avere problemi relativi a scarsità di acqua soprattutto durante la stagione
secca (marzo-maggio).
Sono inoltre diffuse, come spiegato in dettaglio in precedenza, malattie endemiche tipiche dell’Africa a
cominciare dalla malaria, per le quali i volontari dovranno prendere le necessarie precauzioni ma anche
imparare a conviverci, facendo attenzione e prendendosi cura del proprio stato di salute.
Le diverse situazioni presentate potranno produrre stress di vario tipo, al riguardo il primo rientro in Italia
previsto dopo tre mesi dall’avvio del progetto servirà anche per esplicitare e risolvere questo tipo di
problematiche.
La difficoltà più grande –come accennato- potrà essere la fase di ambientamento in una città lontana dalla
capitale (seppur facilmente raggiungibile in automobile in circa tre ore attraverso strada asfaltata) dove
mancheranno possibilità di svago e divertimento tipicamente “occidentali” e con uno stile di vita
tradizionale: i tempi, le relazioni interpersonali, la cucina molto diversa da quella occidentale e poco
variegata (l’alimento base è il riso cucinato in modo semplice e con diverse salse), il clima,
particolarmente caldo e umido.
Nello specifico delle attività da svolgere nell’ambito del progetto, le difficoltà maggiori potranno essere
riscontrate nel rapportarsi con i colleghi di lavoro, che spesso hanno tempi e modi diversi di vedere le
cose e non sono particolarmente abituati al lavoro in team. Il lavoro sul terreno, inoltre, se da un lato è
particolarmente stimolante e interessante, dall’altro, soprattutto nella fase iniziale, può risultare faticoso e
anche di forte impatto, in quanto si viene a contatto con realtà particolarmente povere, soprattutto nelle
aree più rurali, e si raggiungono luoghi dove si vive al di sotto della soglia del “minimo necessario”, senza
luce né acqua, né scuole, né ospedali; la possibile permanenza fuori sede per più giorni, seppure
garantita nelle strutture della missione cattolica, quindi semplici ma sicure e dotate di tutti i servizi, può
causare stanchezza e affaticamento.
Si ritiene che le difficoltà elencate potranno essere facilmente affrontabili e superabili da una persona
preparata e disponibile a partire per un’esperienza di questo tipo, anche perché informazioni specifiche
sulle difficoltà e suggerimenti per affrontarle al meglio verranno date ai volontari fin dalla fase di selezione
e preparazione alla partenza.
GUINEA
In generale le condizioni di disagio connesse alla realizzazione del progetto sono quelle legate alla vita
quotidiana in un Paese diverso dal proprio e con una situazione di povertà diffusa. Le difficoltà maggiori si
avranno durante il primo periodo considerato di adattamento ad un ritmo di vita, cultura, usi e costumi e
abitudini alimentari diversi dalle proprie.
Nella città di N’Zérékoré non c’è acqua corrente né corrente elettrica; il disagio dovuto a ciò è tuttavia
compensato da un alloggio in cui sono previsti un gruppo elettrogeno generale per uffici e residenze
diocesane, ma anche un gruppo elettrogeno autonomo di sicurezza per le emergenze e per dotare i
volontari di una maggiore autonomia e indipendenza anche nelle ore in cui non è prevista l’accensione
generale. Per quanto riguarda l’approvvigionamento idrico la situazione è mitigata dalla presenza di un
pozzo all’interno del compound.
152
Sono inoltre diffuse, come spiegato in dettaglio in precedenza, malattie endemiche tipiche dell’Africa a
cominciare dalla malaria, per le quali i volontari dovranno prendere le necessarie precauzioni ma anche
imparare a conviverci, facendo attenzione e prendendosi cura del proprio stato di salute.
Le diverse situazioni presentate potranno produrre stress di vario tipo, al riguardo il primo rientro in Italia
previsto dopo tre mesi dall’avvio del progetto servirà anche per esplicitare e risolvere questo tipo di
problematiche.
La difficoltà più grande –come accennato- potrà essere la fase di ambientamento in una città molto
lontana dalla capitale dove mancheranno possibilità di svago e divertimento tipicamente “occidentali” e
con uno stile di vita tradizionale: i tempi, le relazioni interpersonali, la cucina molto diversa da quella
occidentale e poco variegata (l’alimento base è il riso cucinato in modo semplice e con diverse salse), il
clima, particolarmente caldo e umido e piovoso per circa cinque mesi all’anno.
Nello specifico delle attività da svolgere nell’ambito del progetto, le difficoltà maggiori potranno essere
riscontrate nel rapportarsi con i colleghi di lavoro, che spesso hanno tempi e modi diversi di vedere le
cose e non sono particolarmente abituati al lavoro in team. Il lavoro sul terreno, inoltre, se da un lato è
particolarmente stimolante e interessante, dall’altro, soprattutto nella fase iniziale, può risultare faticoso e
anche di forte impatto, in quanto si viene a contatto con realtà particolarmente povere, soprattutto nelle
aree più rurali, e si raggiungono luoghi dove si vive al di sotto della soglia del “minimo necessario”, senza
luce né acqua, né scuole, né ospedali; la possibile permanenza fuori sede per più giorni, seppure
garantita nelle strutture della missione cattolica, quindi semplici ma sicure e dotate di tutti i servizi, può
causare stanchezza e affaticamento.
I lunghi spostamenti in automobile provocano sicuramente stress e fatica (soprattutto quelli da e verso la
capitale), ma il fatto di effettuarli su veicoli in buono stato e accompagnati da un autista, allevia almeno in
parte le difficoltà insite nella percorrenza di un lungo tragitto su strade non sempre in buone condizioni.
Si ritiene che le difficoltà elencate potranno essere facilmente affrontabili e superabili da una persona
preparata e disponibile a partire per un’esperienza di questo tipo, anche perché informazioni specifiche
sulle difficoltà e suggerimenti per affrontarle al meglio verranno date ai volontari fin dalla fase di selezione
e preparazione alla partenza.
BURUNDI
Sono a disposizione dei volontari tutti i mezzi (spazi, tempi, materiali) per organizzare il proprio lavoro ed
impostarlo in sintonia con quello degli altri collaboratori del Centro. Dal punto di vista lavorativo non si
segnalano particolari disagi.
I volontari dovranno adeguarsi ad una vita prevalentemente all’interno del Centro Jeunes
Kamenge con relativamente poche opportunità di relazioni con l’esterno, soprattutto per i già
elencati problemi di sicurezza.
REPUBBLICA DI GIBUTI
L’ostacolo più immediato a Gibuti è il clima, caldo e umido per la maggior parte dell’anno, anche se poco
lontano (ad Arta) è possibile riposare in un clima più fresco. Nel corso dei primi giorni l’organismo si
abitua facilmente alle nuove condizioni.
Benché ci siano quartieri molto poveri, la città è relativamente moderna e non mancano possibilità di
praticare sport, e frequentare locali di standard europeo. I viaggi all’interno del paese non presentano
particolari difficoltà, ad eccezione della zona nord sopra Tadjiourah e Obock, al confine con l’Eritrea a
causa di alcuni conflitti tra le etnie afar e popolazioni eritree. L’accesso alla zona è vietata alla
popolazione locale e agli espatriati.
E’ necessario naturalmente:
- prestare attenzione alle norme elementari di igiene personale,
- astenersi dal bere acqua non imbottigliata o non filtrata, o nutrirsi con cibo di
origine ignota,
- accettare il modo locale di comunicazione, che spesso ha toni aggressivi e
diretti senza essere per questo offensivi,
- avere una buona conoscenza della lingua francese.
153
19) Sede/i di attuazione del progetto di appoggio in Italia ed Operatori Locali di Progetto:
Sede di
attuazione del
progetto
N.
CARITAS
ITALIANA
1
Comune
ROMA
Indirizzo
VIA
AURELIA
796 - 00165
Cod.
ident.
sede
N. vol. per
sede
46430
8
Nominativi degli Operatori Locali di Progetto
Cognome e nome
Data di nascita
C.F.
Fabrizio Cavalletti
Tessari Silvio
20) Sede/i di attuazione del progetto all’estero ed ente/i partners:
N.
1
2
3
4
Ente che ha presentato il
progetto
Diocesi di Makeni
Commissione giustizia, pace
e diritti umani
Organisation Catholique pour
la Promotion Humaine
Centre Jeunes Kamenge
Diocesi di Gibuti – sede
centrale
Paese estero
Città
Cod.
ident.
sede
N. vol.
per
sede
Sierra Leone
Makeni
72064
2
GUIINEA
N’Zérékoré
97509
2
Burundi
Repubblica di
Gibuti
Bujumbura
40471
2
Gibuti
74167
2
154
Ente partner paese
estero
Diocesi di Makeni
Commissione giustizia,
pace e diritti umani
Diocesi di N’Ze’re’kore’
OCPH
Centre Jeunes Kamenge
Diocesi di Gibuti – sede
centrale
Personale di riferimento sede
estera (cognome e nome)
Turay Joseph
Kolié Alexandre
Touré Christian Sinata
Marano Claudio
Mezzano Natalina
21) Modalità di comunicazione della presenza dei volontari all’autorità consolare o diplomatica
italiana presso il paese in cui si realizza il progetto:
SIERRA LEONE
Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Abidjan (Costa
d’Avorio), competente per la Sierra Leone, tramite lettera e messaggio di posta elettronica.
Nei giorni successivi il loro arrivo in Sierra Leone i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a
Freetown, con il quale successivamente manterranno contatti costanti.
GUINEA
Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Dakar
(Senegal), competente per la Guinea, tramite lettera e messaggio di posta elettronica.
BURUNDI
Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Kampala
(Uganda), competente per il Burundi, tramite lettera e messaggio di posta elettronica.
Nei giorni successivi il loro arrivo in Burundi i volontari si presenteranno presso il Consolato italiano a
Bujumbura, con il quale successivamente manterranno contatti costanti.
REPUBBLICA DI GIBUTI
Sarà cura della Caritas Italiana avvertire della presenza dei volontari l’Ambasciata italiana di Addis Abeba
(Etiopia), competente per la Repubblica di Gibuti, tramite lettera e messaggio di posta elettronica.
Il consolato italiano, a tre chilometri dalla sede della Diocesi, è facilmente raggiungibile con telefono,
cellulare e posta elettronica. I volontari vi si presenteranno subito dopo il loro arrivo nel paese, e
manterranno successivamente contatti costanti.
22) Modalità di collegamento e comunicazione con la sede italiana dell’ente proponente il
progetto assicurata ai volontari:
Viene inoltre garantito il collegamento con la sede centrale di Caritas Italiana (e con i singoli operatori locali
di progetto) attraverso sistemi di comunicazione telefonica anche via internet (Skype) e posta elettronica.
Gli operatori locali di progetto e il resto del personale dell’ufficio di Caritas Italiana che seguono il progetto
sono sempre contattabili al loro cellulare ed anche i volontari potranno attivare un numero di cellulare locale.
Regolare sarà invece lo scambio di aggiornamenti con la posta elettronica.
Telefonate e invio di messaggi avverranno ogni settimana.
All’inizio di ogni mese i volontari invieranno all’operatore locale di progetto il programma sintetico di attività
del mese successivo ed un rapporto sul mese appena trascorso.
23) Modalità e tempi di eventuali rientri in Italia dei volontari durante il periodo di permanenza
all’estero:
Si prevede un unico rientro della durata orientativa di un mese, non prima del terzo mese di servizio
all’estero. Tale periodo permette di effettuare una prima verifica dell’inserimento dei volontari nel progetto
all’estero ed ha lo scopo di svolgere il corso di formazione di metà servizio e di porre in essere il cosiddetto
“piano di animazione”, vale a dire il coinvolgimento dei volontari in una serie di attività di promozione,
animazione e sensibilizzazione sulle tematiche riguardanti il sevizio svolto ed i valori ad esso riconducibili
(vedi voce 25).
24) Eventuale assicurazione integrativa a copertura dei rischi indicati alla precedente voce 16):
Nessuna
155
25) Eventuali attività di promozione e sensibilizzazione del servizio civile nazionale:
L’azione di promozione del servizio civile volontario rientra in un’iniziativa allargata di promozione generale
del servizio civile e dell’obiezione di coscienza alle armi della Caritas Italiana.
La campagna permanente di promozione del servizio civile si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica ai
valori della solidarietà, della pace, della nonviolenza e della mondialità e in particolare alle possibilità offerte
dal servizio civile e/o altre forme di impegno civile dei giovani.
ATTIVITA’ PERMANENTI DI PROMOZIONE E SENSIBILIZZAZIONE A LIVELLO NAZIONALE
Sito Caritas Italiana www.caritasitaliana.it
Foglio informativo quindicinale on line InformaCaritas di Caritas Italiana
Mensile della Caritas Italiana Italia Caritas
Blog del tavolo ecclesiale www.esseciblog.it
Progetto di promozione del servizio civile in collaborazione con l’Azione Cattolica Italiana, presso i gruppi
giovanile delle Azioni Cattoliche diocesane.
Incontro nazionale dei giovani in servizio civile in occasione di San Massimiliano martire (12 marzo).
Portale www.antennedipace.it dedicato ai giovani in servizio civile all’estero degli enti appartenenti alla Rete
Caschi bianchi di cui Caritas Italiana è membra.
ATTIVITA’ DI PROMIZONE E SENSIBILIZZAZIONE A LIVELLO LOCALE SVOLTE PRIMA E DURANTE
LO SVOLGIMENTO DEL PROGETTO
In collegamento con le attività permanenti di promozione e sensibilizzazione a livello nazionale, Caritas
Italiana s’impegna a promuovere il Servizio civile all’estero anche in ambito locale sul territorio nazionale,
sia, prima dell’avvio del progetto, attraverso le diverse Caritas diocesane, sia durante la realizzazione dello
stesso, grazie ai volontari in servizio che sono coinvolti in attività a favore di gruppi rappresentanti le diverse
realtà territoriali ed ecclesiali di loro provenienza.
Le attività si concretizzano con modalità differenti a seconda dell’uditorio e del contesto di svolgimento ma
trovano come espressione principale tavole rotonde, conferenze, eventi, interviste per riviste, canali radio e
televisivi. Tutti gli interventi sono organizzati con il supporto dell’ufficio di riferimento di Caritas Italiana e le
Caritas diocesane del territorio, si utilizzano strumenti multimediali preparati con i video e le fotografie fatte
dagli stessi volontari, e materiali cartaceo-pieghevoli.
Durante la realizzazione del progetto i volontari dedicheranno una parte del tempo di servizio in attività
permanenti di comunicazione collaborando stabilmente con il settore comunicazione di Caritas Italiana
e/o con la Caritas diocesana di riferimento.
In particolare attraverso:
 la redazione dei report mensili (almeno 6)
 la redazione di dossier tematici (contesto regionale, nazionale; minoranze; conflitti; diritti umani;
progetti di sviluppo; …);
 la raccolta di materiale video e fotografico;
 la redazione di testimonianze sul vissuto personale;
 articoli
Il materiale prodotto, in accordo con i volontari, verrà impiegato per la pubblicazione negli strumenti di
Caritas Italiana descritti in precedenza e per la realizzazione di incontri di sensibilizzazione delle realtà locali
o la pubblicazione sui media locali nelle diocesi di riferimento dei giovani..
Inoltre prevalentemente durante il periodo di rientro intermedio in Italia i volontari saranno coinvolti nelle
seguenti attività di animazione e sensibilizzazione:
-
incontri testimonianza con scuole, gruppi giovanili, comunità parrocchiali, altri volontari in servizio civile in
Italia;
realizzazione di materiale promozionale e di sensibilizzazione: mostre fotografiche, video, racconti;
incontri con autorità locali e proposte di impegni alla propria comunità per interventi di solidarietà
internazionale;
coinvolgimento dei media locali;
produzione di materiale per le riviste ed i siti web diocesani.
156
I volontari realizzeranno tali attività in concerto con la Caritas diocesana della diocesi di riferimento
(risidenza o domicilio) e saranno realizzate prevalentemente nel territorio diocesano con la possibilità anche
di allargare il raggio di azione al livello regionale o in altre diocesi fuori regione.
Caritas Italiana inoltre realizzerà diverse attività di promozione e sensibilizzazione del progetto nei paesi
esteri di realizzazione degli stessi. In particolare nei mesi precedenti la partenza, si realizzeranno diversi
incontri con i partner locali e questi con le comunità di riferimento in ciascun paese. Durante l’anno di
servizio civile inoltre i volontari produrranno materiale audio video nonché articoli sulla loro esperienza ad
uso anche dei partner esteri per la diffusione della conoscenza del progetto all’estero.
Totale complessivo ore di promozione e sensibilizzazione: 50 ore
26) Eventuali autonomi criteri e modalità di selezione dei volontari:
Criteri autonomi di selezione verificati nell’accreditamento.
27) Ricorso a sistemi di selezione verificati in sede di accreditamento (eventuale indicazione
dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):
SI
28) Piano di monitoraggio interno per la valutazione dell’andamento delle attività del progetto:
Si rinvia al sistema di monitoraggio verificato dall’UNSC in sede di accreditamento.
Inoltre per quanto concerne il monitoraggio, la verifica e la valutazione dell’esperienza dei volontari in
servizio civile si prevedono alcuni momenti di incontro con tutti i giovani partecipanti al progetto:
- incontro di metà servizio (al 3°-6° mese) di una o più giornate
- incontro di fine servizio (al 12° mese) di una o più giornate residenziali
Durante gli incontri verranno proposte attività di gruppo finalizzate alla verifica e alla rilettura dell’esperienza.
Durante gli stessi momenti a metà e a fine servizio, verrà distribuito il questionario di monitoraggio e
valutazione del progetto come previsto dal sistema di monitoraggio accreditato.
Ai volontari è richiesto l’invio di un report mensile secondo un format prestabilito.
29) Ricorso a sistemi di monitoraggio verificati in sede di accreditamento (eventuale indicazione
dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio):
SI
30) Eventuali requisiti richiesti ai canditati per la partecipazione al progetto oltre quelli richiesti
dalla legge 6 marzo 2001, n. 64:
Oltre a quanto richiesto dalla legge, sono considerati requisiti preferenziali:
SIERRA LEONE
-
conoscenza della lingua inglese
elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di
vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie
spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria
capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale;
formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, economia, scienze politiche, diritti umani,
sociologia.
GUINEA
-
conoscenza della lingua francese
157
-
elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di
vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie
spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria
capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale;
formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, diritti umani.
BURUNDI
-
conoscenza della lingua francese
elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di
vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie
spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria
capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale;
formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, scienze della formazione, tecniche di
animazione giovanile, sociologia.
esperienza in gruppi giovanili (gruppi parrocchiali, sociali, sportivi, musicali, teatrali, scouts) sia come
persona formata sia come formatore.
REPUBBLICA DI GIBUTI
-
conoscenza della lingua francese
elevato spirito di servizio e disponibilità ad assumere un comportamento improntato a uno stile di
vita sobrio, responsabile e rispettoso anche delle dinamiche comunitarie
spirito di adattamento e disponibilità alla vita comunitaria, ma nello stesso tempo anche a una certa
solitudine.
capacità ad entrare in relazione con l’équipe di lavoro e con il network locale;
preferenza per formazione nei settori della cooperazione allo sviluppo, scienze della formazione,
tecniche di animazione giovanile, sociologia, pedagogia.
31) Eventuali risorse finanziarie aggiuntive destinate in modo specifico alla realizzazione del
progetto:
32) Eventuali reti a sostegno del progetto (copromotori e/o partners):
Il progetto si avvale della collaborazione di 8 partners tra Università, enti profit e enti no profit come descritto
di seguito.
UNIVERSITA’
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI “CARLO BO” DI URBINO
Codice fiscale: 00448830414
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Makeni in Sierra Leone e della Repubblica di
Gibuti
Tipologia del contributo: collaborazione alla ricerca sui risvolti di carattere psicologico di alcune attività
previste dal progetto in favore di talune fasce vulnerabili. In particolare la ricerca riguarderà:
- in Sierra Leone il coinvolgimento associativo delle donne e della loro conseguente emancipazione nelle
aree rurali a Makeni (cfr. attività 4.2.e paese Sierra Leone)
- nella Repubblica di Gibuti le attività ludico-ricreative-educative svolte con i bambini nella sede di attuazione
del progetto nella città di Gibuti (cfr. attività 2.5 paese Repubblica Gibuti)
- in Guinea la costruzione di una rete di “responsabilità e dialogo” in favore dei giovani nella regione forestale
(cfr. attività 1.3.e paese Guinea)
L’apporto specifico dell’università consite nelle seguenti attività :
- definire, in collaborazione con Caritas Italiana, gli strumenti di indagine e di raccolta dati.
- elaborare e analizzare i dati raccolti
- Provvedere alla stesura di un rapporto di ricerca.
158
UNIVERSITÀ DI MAKENI (UNIVERSITY OF MAKENY, UNIMAK THE FATIMA COLLEGE)
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di: Makeni in Sierra Leone
L’istituto collabora pienamente con la sede di progetto CGPDU in un partenariato molto stretto. La
Commissione offre infatti agli studenti dell’istituto la possibilità di impegnarsi in indagini sul campo,
mentre l’Università di Makeni offre alla Commissione un supporto teorico e formativo, soprattutto per
la formazione delle amministrazioni locali e delle comunità di base con le quali la Commissione
lavora. (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 2.1.b, 2.1.c, 2.3.a, 3.1.b). Inoltre l’Università offre un
supporto tecnico e formativo per l’analisi sociale e la ricerca sia attraverso la disponibilità delle
strutture e strumentazioni tecniche, quali la biblioteca, aule, sfotware di ricerca , connessione
internet, sia attraverso risorse umane di studenti e docenti nella raccolta e rielaborazione dei dati.
(cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 3.1.c, 3.2.a, 4.5.d, 4.6.a)
L’Università è partner di Caritas Italiana nel progetto di servizio civile in Sierra Leone dal 2007.
Si tratta dell’Ex Fatima Institute, istituto superiore di formazione universitaria della Diocesi di Makeni, dal
2009 riconosciuta come Università dal governo sierraleonese, unico complesso universitario della regione
nord della Sierra Leone, conta attualmente ca. 900 studenti, è dotata della biblioteca più grande della
regione e del paese, fornita soprattutto di libri e riviste relative a scienze religiose, sociali, politiche ed
economiche, e anche di una nuova biblioteca giuridica; offre un servizio di connessione internet costante,
corsi giornalieri, ma anche solo nel fine settimana.
L’Università offre la possibilità di ottenere diplomi triennali o quinquennali, ma anche corsi di
specializzazione in management e ricerca sociale e dal 2010 un Master in Sustainable Development. Tra le
facoltà possono essere elencate: scienze sociali, sociologia dello sviluppo, diritti umani, economia e
management, filosofia e scienze religiose.
Possono essere evidenziate come materie di studio principali: Introduzione allo sviluppo, Economia dello
sviluppo, Sociologia dello sviluppo, Gestione del conflitto e peace building, Genere, Conflitto e Diritti umani,
Introduzione alla ricerca sociale, Sviluppo sostenibile e integrato.
Oltre ai corsi universitari, attraverso i professionisti presenti, l’Università offre anche training alle autorità
locali e nazionali (spesso in collaborazione con la CGPDU) anche in partnership con organizzazioni delle
Nazioni Unite quali UNICEF e UNDP nell’ottica di un programma di good governance.
L’Università, in partnership con altre organizzazioni nazionali e internazionali (es. CAFOD, TROCAIRE),
realizza progetti di rilevanza sociale come programmi sulla salute mentale o sul capacity building nelle
istituzioni.
PROFIT
RADIO MARIA SIERRA LEONE
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di: Makeni in Sierra Leone
La radio offre un’importante apporto al progetto come spazio per il lavoro della CGPDU. Molte
sessioni di formazione preparate per le comunità di base dei villaggi, vengono poi replicate per radio
in modo da ampliare il numero dei beneficiari mantenendo i costi di formazione ridotti. (cfr. punto 9.1
paese Sierra Leone attività 1.2.b,3.1.d,3.2.c,3.3.b,4.2.d,4.3.a,4.4.c)
La radio è partner di Caritas Italiana nel progetto di servizio civile in Sierra Leone dal 2007.
Creata nel 2003, situata nella stessa area dell’Università a Makeni, possiede un’attrezzatura efficace con
una capacità di copertura che raggiunge la quasi totalità del Paese in maniera capillare.
Con uno staff di circa venti persone tra operatori e volontari, cura programmi giornalieri che spaziano dalla
spiritualità e formazione religiosa, a programmi di informazione e utilità sociale, fino a programmi musicali e
di intrattenimento. Fondamentale il ruolo svolto da tale Radio nel corso delle elezioni politiche del 2007 e
delle amministrative del 2008 quale organo indipendente che ha ospitato dibattiti politici e interviste a tutti gli
attori coinvolti.
In grado di trasmettere collegamenti in diretta da ogni parte del paese, è considerato un organo di
informazione particolarmente importante sia a livello nazionale che delle singole comunità e trasmette in
tutte le lingue del paese.
159
L’impatto di questo servizio diocesano è notevole poiché raggiunge la maggior parte degli abitanti
indistintamente: donne, anziani, studenti, agricoltori, allevatori, ascoltano la radio come unica fonte di
informazione.
NO PROFIT
CONGREGAZIONE SORELLE DI MARIA IMMACOLATA
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di: Makeni in Sierra Leone
Partner di Caritas Italiana nel progetto di servizio civile in Sierra Leone dal 2010.
L’apporto della Congregazione al progetto è la promozione del ruolo delle donne nella regione nord
della Sierra Leone, la protezione dei loro diritti e formazione, in particolare nella gestione del
risparmio, management della vita familiare e comunitaria, difesa dei diritti fondamentali in famiglia e
nella comunità, avvio dell’alfabetizzazione (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 4.2.a, 4.2.d,
4.3.a, 4.4.c)
Le Sorelle di Maria Immacolata (DMI) sono una congregazione di religiose fondata nel 1984; DMI è una
congregazione indiana con una esperienza internazionale in Asia, Africa e America Latina.
Attualmente la Congregazione focalizza particolarmente la sua attenzione nella realizzazione di attività
pastorali, sociali e di sviluppo in tutto il mondo; lo scopo è aiutare i poveri nell’organizzare se stessi per
trovare la loro emancipazione dalla schiavitù attraverso un’azione collettiva.
Il Vescovo della Diocesi di Makeni Mons. Giorgio Biguzzi ha invitato la Congregazione a lavorare nella
Diocesi nel febbraio 2009; le suore sono arrivate in Diocesi nel maggio 2009. Attualmente sono presenti
nella Diocesi di Makeni anche quattro Padri, che operano sia a Makeni che nel distretto di Koinadougu.
L’obiettivo attuale della Congregazione è quello di raggiungere anche le aree rurali più lontane dai maggiori
centri per trasmettere la propria missione socio-pastorale.
CARITAS MAKENI
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Makeni in Sierra Leone
Apporto al progetto: collaborazione alle sessioni formative su sviluppo, povertà reduction strategy e
project cycle management, supporto alle autorità locali nella redazione di proposte progettuali di
sviluppo (cfr. punto 9.1 paese Sierra Leone attività 2.1.a, 2.1.b, 2.3.a,2.3.b); collaborazione nelle
attività di avvio ad alfabetizzazione delle donne nelle areee rurali della regione (cfr. paese Sierra
Leone attività 4.3.a).
La Caritas Makeni è l’organismo della Diocesi per l’emergenza e lo sviluppo, ha avuto un ruolo fondamentale
nell’emergenza post-conflitto, a fine anni novanta, inizi duemila, in particolare nel programma di riabilitazione
degli ex bambini soldato, fornendo beni di prima necessità, supporto psicologico, ma anche provvedendo al
riavviamento scolastico e all’avviamento professionale.
Negli anni della ricostruzione si è occupata in particolare della formazione professionale di giovani e donne
(gruppi vulnerabili) e di progetti di igiene e sanità nelle aree rurali della regione.
Negli ultimi due anni ha vissuto un periodo di transizione, fino al luglio 2010, quando il Vescovo, nell’intento
di rilanciare le attività della Caritas e la sua funzione pedagogica, ha nominato un nuovo direttore.
L’organizzazione sta ultimando anche una ricerca sui bisogni prioritari della regione e dell’istituzione stessa
per meglio rispondere alle necessità della popolazione, primo passo in vista della revisione del piano
strategico generale.
Nel contempo si stanno avviando piccoli progetti di sviluppo nelle aree rurali, nonché un progetto più grande
di sostegno e animazione dei giovani nella regione nel contesto di una strategia multidimensionale di
prevenzione dell’AIDS.
Caritas Italiana, dopo il partenariato nell’emergenza della guerra e post-conflitto, ha dal 2010 ripreso una
collaborazione diretta con la Caritas a sostegno del progetto di rafforzamento delle capacità del personale e
della vita associativa alla base, nelle aree rurali (rafforzamento comitati locali di sviluppo, Caritas
parrocchiali).
In collaborazione con la CGPDU, il valore aggiunto nel progetto concerne sicuramente la grande esperienza
e competenza dello staff direzionale nella realizzazione di progetti di sviluppo e nella formazione
relativamente a tale materia, competenze che rientrano perfettamente tra gli obiettivi indicati nel progetto.
160
CENTRO MEDICO-CHIRURGICO “SAINT ABRAHAM” DI GOUECKE
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di N’zérékoré in Guinea.
Apporto al progetto: organizzazione sessione di sensibilizzazione su p ratiche igienico sanitarie (cfr.
punto 9.1 paese Guinea attività 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c); elaborazione sistema informatico statistico di
raccolta dati sui casi trattati e rielaborazione dei risultati (cfr. punto 9.1 paese Guinea attività 3.2.a,
3.2.b, 3.2.c)
Il Centro Medico-Chirurgico si trova a 42 km dalla città di N’Zérékoré, in una zona rurale del paese, nel
villaggio di Gouécké.
E’ un’opera sociale della Diocesi di N’Zérékoré, realizzata con il sostegno dapprima del FO.GU.I.Re.D
(Fondo Italo Guineano per la Riconversione de Debito) e della Fondazione Giustizia e Solidarietà, poi di
Caritas Italiana, che ancora oggi ne segue la progettualità.
Il centro è stato inaugurato il 3 luglio 2009 rispondendo ad una forte esigenza della popolazione locale, ed in
poco tempo è divenuto punto di riferimento per l’area territoriale di competenza, con ampia soddisfazione dei
beneficiari ed un’affluenza superiore alle previsioni iniziali.
Il Centro è gestito da personale medico e infermieristico qualificato, tutto locale, e da personale paramedico
ausiliario, anch’esso guineano, prevalentemente del villaggio di Gouécké.
La struttura offre servizi di consultazione ambulatoriale, analisi di laboratorio, ecografia, maternità, farmacia,
ospedalizzazione, piccola e media chirurgia, urgenze 24h/24.
Il Centro è inserito nella rete regionale delle strutture sanitarie coordinate dalle Direzioni prefettorali e
regionali della Sanità: ad esse è tenuto a presentare rapporti di monitoraggio mensili; il Centro, attraverso il
suo Direttore, partecipa alle sessioni semestrali di monitoraggio del sistema sanitario organizzate a livello
prefettorale e regionale. Dal 2010 ha assunto, su raccomandazione della Direzione prefettorale e regionale
della Salute, un ruolo di coordinamento e formazione per i Centri di Salute presenti nelle cinque sottoprefetture dell’area territoriale di competenza, che conta circa 96.000 abitanti.
Pur se di recente apertura, il Centro ha sicuramente contribuito a migliorare i servizi sanitari offerti nella
regione e in generale le condizioni di salute dell’area territoriale di competenza: i cittadini possono infatti
attualmente usufruire di una struttura medico-sanitaria di livello superiore ad un ordinario centro di salute o
dispensario (che offre anche chirurgia e servizio emergenze) in loco o a pochi chilometri di distanza, quando
in precedenza ne dovevano percorrere almeno 40 per giungere alla prima struttura sanitaria di referenza,
l’ospedale regionale a N’Zérékoré.
CONGREGAZIONE SUORE SERVE DI MARIA VERGINE MADRE
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di N’zérékoré in Guinea.
Apporto al progetto: realizzazione delle attività di sensibilizzazione su pratiche igienico sanitarie (cfr.
punto 9.1 paese Guinea attività 3.1.a, 3.1.b, 3.1.c)
Si tratta di una congregazione diocesana composta attualmente da 23 suore, dislocate in tutto il territorio
della Diocesi di N’Zérékoré, in particolare nella città capoluogo, a Macenta (ca. 170 km da N’Zérékoré) e a
Gouécké dove ha sede anche il noviziato.
La Congregazione ha come missioni fondamentale la tutela dell’infanzia, l’educazione, la sanità.
In questi tre settori si concentrano infatti le attività delle religiose, così suddivise:
- tutela dell’infanzia:
un orfanatrofio per bambini da 0 a 5 anni a Gouécké (attualmente ospita ca. 40 bambini);
una scuola dell’infanzia (jardin d’enfants) a Gouécké;
un orfanatrofio per bambini e ragazzi da 6 a 15 anni a Macenta (attualmente ospita 25 ragazzi);
- educazione:
un centro di alfabetizzazione e avviamento professionale per giovani a Gouécké;
una scuola secondaria di segreteria e gestione contabile a N’Zérékoré;
- sanità:
dispensario diocesano di Samoé (villaggio a 5 km da N’Zérékoré);
dispensario sanitario di Lola (ca. 40 km da N’Zérékoré);
una suora infermiera impiegata a tempo pieno al CMC di Gouécké.
FONDAZIONE PEPPINO VISMARA
Codnice fiscale: 04598440156
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Bujumbura in Burundi.
161
La Fondazione collabora nelle attività sportive e di educazione alla democrazia realizzate dal
progetto (cfr. punto 9.1 paese Burundi attività 2.3.a, 2.3.b, 3.3.a, 3.3.b, 3.4.a) con il seguente apporto:
contributo di € 95.000 finalizzato a:
- costruzione/manutenzione/ristrutturazione di campi sportivi per Pallavolo, Basket e calcio
- spese per acquisto di materiale sportivo
- spese di gestione per l’organizzazione di tornei sportivi
- spese per corsi di formazione sull’educazione alla democrazia e sulle elezioni politiche
- salari degli operatori coinvolti nella gestione delle attività
La Fondazione Peppino Vismara opera dal 1980 a sostegno di iniziative nel campo della formazione
giovanile, dell'assistenza alle categorie svantaggiate e della cooperazione in paesi in via di sviluppo. Negli
ultimi anni la Fondazione Peppino Vismara si è impegnata nel supporto allo sviluppo di servizi socioassistenziali ed educativi gestiti da organizzazioni senza scopo di lucro e finalizzati a dare risposte
innovative e qualificate ai bisogni di fasce deboli di popolazione, con particolare riguardo alle esperienze
lombarde e del sud Italia, senza però intervenire direttamente nella gestione dei servizi che sono invece
supportati attraverso contributi economici. Questi interventi s'integrano alla tradizionale azione di supporto
rivolta agli oratori e ai centri parrocchiali ed alla cooperazione nei paesi in via di sviluppo che conta oltre 500
progetti finanziati nell'ultimo decennio.
ASSOCIAZIONE AMICI SEN. GIOVANNI SPAGNOLLI ONLUS
Codice fiscale: 94024910229
Apporto alle attività di progetto realizzate nella sede di Bujumbura in Burundi.
L’associazione collabora per la realizzazione delle attività di incentivazione dello sport e
sensibilizzazione al rispetto attraverso la musica nei quartieri nord (cfr. punto 9.1 paese Burundi
attività 2.2.a, 3.2.a, 3.3.a, 3.3.b, 3.4.a). In particolare offre il seguente apporto:
-
-
ristrutturazione del campo di basket e pallavolo di Cibitoke 1 e acquisto dei premi di
partecipazione per 5000 partecipanti ai tornei sportivi per incentivare la frequenza scolastica,
per un totale di € 20.000
finanziamento di 7 concerti in luoghi differenti sul tema del protagonismo giovanile e della
pace, del rispetto e delal tolleranza in Burundi, per un totale di € 8.000.
L'Associazione Amici Sen. Giovanni Spagnolli è una organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS)
impegnata in progetti internazionali di aiuto e sostegno in aree particolarmente bisognose ubicate
prioritariamente nei paesi africani.
In particolare l'Associazione si propone:
1- la raccolta pubblica di fondi, finalizzata alla costruzione di strutture socio-sanitarie in aree e
particolarmente bisognose ubicate prioritariamente in paesi africani;
2- lo svolgimento di attività di beneficenza intesa come libera erogazione di denaro e beni materiali a
favore di soggetti versanti in stato di bisogno;
3- l'organizzazione della raccolta di aiuti, il loro coordinamento e l'invio di materiali, viveri o qualsiasi
attrezzatura e materiale necessari per la realizzazione di interventi umanitari entro e fuori dall'Italia e
dall'Europa;
4- la sensibilizzazione delle tematiche in argomento, attraverso incontri, dibattiti e conferenze;
5- la pubblicazione e l'invio a mezzo di posta di notiziari, a cadenza regolare, e\o tematici, per la
divulgazione delle motivazioni e delle attività intraprese dalla Associazione e per la puntuale
informazione sulle iniziative in corso e quelle programmate;
6- tutte quelle iniziative tendenti a far emergere nell'opinione pubblica lo spirito di solidarietà fra i popoli.
L'Associazione ha carattere apolitico e nel suo ambito è vietata qualsiasi manifestazione e discussione
politica.
33) Risorse tecniche e strumentali necessarie per l’attuazione del progetto:
CARATTERISTICHE DELLE CONOSCENZE ACQUISIBILI
162
34) Eventuali crediti formativi riconosciuti:
Riconosciuti da parte del Corso di laurea interfacoltà in "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa
35) Eventuali tirocini riconosciuti:
Riconosciuti da parte del Corso di laurea interfacoltà in "Scienze per la Pace" dell'Università di Pisa
36) Competenze e professionalità acquisibili dai volontari durante l’espletamento del servizio,
certificabili e validi ai fini del curriculum vitae:
Per tutti coloro che concludono il Servizio Civile è previsto il rilascio di un attestato da parte di Caritas
Italiana in cui vengono riportate la tipologia del servizio svolto e le competenze che vengono conseguite
durante il servizio (modello consegnato all’UNSC da Caritas Italiana).
La singola Caritas diocesana rilascia –su richiesta dell’interessato e per gli usi consentiti dalla leggeulteriore documentazione più dettagliata e particolareggiata.
Le stesse competenze sono riconosciute e certificate mediate il rilascio di un attestato da parte
dell’Ente terzo CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino
Mattarelli”, come da convenzione allegata.
Il progetto consente l'acquisizione delle seguenti competenze riconosciute e certificate da Caritas Italiana e
dall’ente terzo CGM - Consorzio Nazionale della Cooperazione di Solidarietà Sociale “Gino Mattarelli”:
COMPETENZE TRASVERSALI
- Costruire messaggi chiari, al fine di fornire informazioni corrette ai giovani interessati alle attività
organizzate dall’associazione.
- Adottare stili di comportamento propositivi, improntati alla cordialità e alla cortesia
- Collaborare con i professionisti coinvolti nel progetti, in relazione ai propri compiti e ai risultati da
raggiungere
- Integrarsi con altre figure/ruoli professionali e non
- Adeguarsi al contesto: linguaggio e atteggiamenti, rispetto delle regole e orari
- Gestire la propria attività con la dovuta riservatezza ed eticità
- Controllare la propria emotività rispetto alla sofferenza
- Lavorare in team per produrre risultati collettivi
- Assumere le necessarie decisioni gestionali in sufficiente autonomia, seppur nell’ambito di sistemi e
procedure già calibrati e condivisi
- Collaborare con il Personale dell’Ente e con i colleghi.
COMPETENZE SPECIFICHE
- Conoscere gli elementi teorici e pratici di base nel campo della cooperazione internazionale e solidale
- Conoscere gli elementi di base nella relazione sociale negli ambiti di lavoro del progetto
- Conoscere gli elementi teorico pratici nel campo della relazione interculturale
- Conoscere gli elementi teorico pratici nel campo della tutela dei diritti umani
- Avere la capacità di adeguarsi al contesto: linguaggio ed atteggiamenti
- Avere la capacità di assumere le necessarie decisioni gestionali in sufficiente autonomia
- Conoscere e saper convivere con situazioni climatiche e culturali differenti;
- Saper realizzare attività educative con mezzi poveri.
- Saper convivere con persone con cultura e fedi religiose differenti.
- Aver Acquisito stili di comportamento propositivi, improntati alla cordialità e alla cortesia;
- Conoscere la lingua del paese di destinazione
- Conoscere elementi teorico-pratici del quadro istituzionale nell'ambito dei progetti di cooperazione.
- Aver sviluppato capacità di problem solving
163
Formazione generale dei volontari
37) Sede di realizzazione:
Caritas Italiana Via Aurelia 796 - 00165 Roma e sede di una delle Caritas diocesane di provenienza dei
candidati selezionati.
38) Modalità di attuazione:
La formazione è effettuata in proprio, presso l’Ente, con formatori dell’Ente.
39) Ricorso a sistemi di formazione verificati in sede di accreditamento ed eventuale indicazione
dell’Ente di 1^ classe dal quale è stato acquisito il servizio:
SI
40) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:
In base ai contenuti previsti per la formazione generale nella circolare “Linee guida per la formazione
generale dei volontari”, ed il sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento, il
percorso di formazione generale si attua con le seguenti tecniche e metodologie.
 Metodologia
Per ogni obiettivo formativo viene considerato:
- la coscientizzazione: essere/divenire consapevoli di sé, dell’altro, del mondo
- dalla conoscenza della realtà al saper comunicare la realtà
- dal sapere di essere nella realtà al saper stare nella realtà
- dal saper fare al saper fare delle scelte
- dallo stare insieme al cooperare
ed in relazione a questi livelli la dimensione:
- individuale della persona
- la famiglia, il gruppo, la comunità di appartenenza
- la società, il mondo
attraverso:
- lezioni frontali (almeno il 50% del monte ore complessivo)
- elaborazione dei vissuti personali e di gruppo, simulazioni, lavori in gruppo e riflessioni personali (almeno il
20% del monte ore complessivo)
- testimonianze e/o visite ad esperienze significative.
 Articolazione della proposta e numero ore di formazione previste;
totale nei primi 5 mesi di servizio: 42 ore.
La proposta è articolata in un percorso di formazione caratterizzato da:
- Uno o più corsi di inizio servizio di alcune giornate (possono essere anche residenziali).
Inoltre durante i momenti di verifica di metà e fine servizio (vedi il piano di monitoraggio interno descritto alla
voce 21), verranno proposti anche degli approfondimenti tematici a partire dalla verifica dell’esperienza
svolta nell’incontro di monitoraggio.
 Numero verifiche previste e relativi strumenti utilizzati anche per la misurazione dei livelli di
apprendimento raggiunti;
Durante il servizio civile: valutazione attraverso scheda di verifica a conclusione dei singoli moduli formativi.
Successive condivisioni e confronti in gruppo.
164
41) Contenuti della formazione:
In base ai contenuti previsti per la formazione generale nella circolare “Linee guida per la formazione
generale dei volontari”, ed il sistema di formazione verificato dall’UNSC in sede di accreditamento, si
propone una formazione generale che preveda due fasi:
Una prima fase di 30 ore circa che si esaurisce nel corso di inizio servizio pre partenza, che tiene conto
delle indicazioni delle “Linee guida per la formazione generale dei volontari”in cui presentare ad un primo
livello i singoli argomenti che saranno poi, dove necessario, approfonditi a partire dalle esigenze del gruppo.
Verranno unificate alcune tematiche all’interno dei momenti previsti e verrà dedicato il primo periodo
all’aspetto formativo istituzionale.
La tempistica verrà modulata secondo la tabella sottostante:

Moduli Linee Guida UNSC
L’identità del gruppo in
formazione











Dall’obiezione di coscienza al
servizio civile nazionale:
evoluzione storica, affinità e
differenze tra le due realtà
Il dovere di difesa della Patria
La difesa civile non armata e
nonviolenta
La protezione civile
La solidarietà e le forme di
cittadinanza
Servizio civile nazionale,
associazionismo e volontariato
La normativa vigente e la Carta
di impegno etico
Diritti e doveri del volontario del
servizio civile
Presentazione dell’Ente
Modalità (1)
1I
1
1
2
1F
1F
2F
Comprendere il significato di concorrere
alla difesa della patria

La Globalizzazione la strutture di violenza
nel mondo, i conflitti, cenni sulle
emergenze in ambito internazionale
La comunicazione interculturale
Conoscere il sistema del Servizio Civile
Nazionale in generale e in particolare le
specificità dei progetti all’estero
L’esperienza italiana dei caschi bianchi
(storia della rete CB)
1
1+8
1F
4F–5I
1
1
2
1F
1F
2F
L’identità di Caritas Italiana come
organismo pastorale
Lo stile e il metodo Caritas in ambito
internazionale, l’approccio alla
riconciliazione
La comunicazione dal sud dal Mondo e
l’animazione in diocesi
10
9 F – 2I
I progetti internazionali e il piano di impiego
1
1I
30
21 F – 9 I





Il lavoro per progetti
Tempistica
1



Moduli Caritas
Sostenere l’esperienza e la sua
rielaborazione
Sostenere la motivazione


(1) F: lezione frontale; I:dinamiche non formali
Fermo restando le ore complessive di formazione ed i temi, l’articolazione della proposta sarà adattata in
base al gruppo dei volontari in formazione.
Al termine della prima fase verranno proposti alcuni strumenti per verificare il gradimento e l’interesse dei
giovani rispetto a tutte le tematiche presentate, in modo da programmare il restante percorso formativo.
Una seconda fase di 12 ore circa che si realizzerà nel corso di metà servizio svolto entro i primi 150 giorni
dall’avvio del progetto dove sarà possibile dedicare più attenzione e tempo ad alcune tematiche rispetto ad
altre partendo dalle esigenze e dalle risorse dei giovani e delle realtà locali. Si approfondiranno gli stessi
contenuti affrontati nella prima fase e si individueranno altre tematiche in base alle esigenze ed alla
situazione del gruppo particolare di volontari.
165
42) Durata:
Il progetto prevede un percorso formativo generale di 42 ore.
Formazione specifica (relativa al singolo progetto) dei volontari
43) Sede di realizzazione:
Caritas Italiana Via Aurelia 796 - 00165 Roma, sedi delle Caritas diocesane di provenienza dei candidati
selezionati e sedi di attuazione del progetto all’estero
44) Modalità di attuazione:
La formazione specifica è effettuata in proprio, presso l’ente con formatori dell’ente.
45) Nominativo/i e dati anagrafici del/i formatore/i:
Moira Monacelli
Joseph Alimamy
Fabrizio Cavalletti
Alexandre Kolié
Christian Sinata Touré
Luigi Ranzato
Claudio Marano
Silvio Tessari
Natalina Mezzano
Anna Arcuri
46) Competenze specifiche del/i formatore/i:
47) Tecniche e metodologie di realizzazione previste:
La formazione specifica prevede due spazi importanti, il primo in Italia, il secondo nelle sedi di progetto, in
collaborazione con lo staff e i partner locali.
In Italia la formazione specifica viene curata con momenti ad hoc all’interno e al di fuori ai corsi residenziali
di inizio e metà (dopo circa 3 mesi) servizio. La formazione in loco avviene attraverso l’accompagnamento
nel Paese da parte di personale esperto oltre che con la collaborazione con le sedi di attuazione del
progetto. Ha come obiettivo un positivo inserimento nel contesto di servizio in modo da garantire la tutela sia
dei volontari in servizio civile che dei beneficiari del progetto.
Ai volontari verrà proposto un percorso formativo complessivo comprendente le seguenti fasi.
1) Formazione in Italia sia prima della partenza, sia al rientro intermedio dopo circa 3 mesi
La formazione avviene attraverso lezioni frontali, con dinamiche di gruppo e con incontri individuali..
Tra i formatori che partecipano è presente lo staff dell’Ufficio Africa di Caritas Italiana,) uno psicologo (in una
sessione), il referente di progetto e, eventualmente, in aggiunta ai formatori indicati successivamente, degli
esperti appositamente chiamati ad integrare i contenuti previsti con altri sulle attuali situazioni nel continente
africano e nei paesi dove si realizza il progetto in particolare. Se disponibile, viene richiesta anche la
testimonianza di uno dei Caschi Bianchi dell’anno precedente. La formazione pre partenza è svolta
prevalentemente tramite lezioni frontali.
Durante il rientro intermedio, sono organizzati alcuni incontri specifici soprattutto utilizzando la tecnica della
verifica individuale e della dinamica di gruppo in cui si esaminano i vari aspetti del servizio – progetti specifici
e partner, logistica, approccio e stile adottati, fattori di stress, aggiornamenti sulla situazione del paese ecc. analizzandoli nei loro lati positivi e negativi (difficoltà da superare, problemi da risolvere). In generale e
soprattutto nel momento formativo del rientro intermedio la metodologia è prevalentemente di tipo maieutico.
166
Le sessioni sono integrate con la fornitura di ampia documentazione e con la presentazione di materiale
fotografico e video.
2) Formazione presso la sede estera
La formazione specifica all’estero nei primi mesi di servizio è realizzata attraverso i seguenti momenti.
-
-
-
un incontro di accoglienza iniziale, durante il c’è la presentazione della sede di realizzazione del
progetto, delle attività svolte, del ruolo e delle responsabilità richieste al volontario, la metodologia è
prevalentemente la lezione frontale;
una serie incontri ad hoc nel corso dei primi mesi di servizio per approfondire gli aspetti particolari del
progetto nelle diverse sedi a partire dall’iniziale esperienza concreta di servizio. La metodologia sarà
prevalentemente la dinamica di gruppo con un approccio esperenziale in cui a partire dalla verifica
individuale e di gruppo dell’esperienza concreta si approfondiscono gli aspetti su cui i singoli e il gruppo
hanno maggiore necessità di supporto. Si tratta prevalentemente di incontri di verifica e programmazione
insieme agli operatori della sede di realizzazione del progetto al fine di confrontarsi sui casi, sulle difficoltà
incontrate in ordine a trasmettere i contenuti formativi affinché il volontario possa raggiungere gli obiettivi
previsti;
incontri specifici di approfondimento tematico su argomenti relativi al progetto. In particolare per i
volontari in servizio presso la sede a Makeni in Sierra Leone, data la particolare complessità del progetto,
si prevedono i seguenti ulteriori momenti di formazione:
 incontri di conoscenza,
 visite sul terreno,
 studio e analisi individuale e di gruppo di testi legislativi importanti ai fini delle attività di
progetto: tale attività formativa verrà portata avanti nei primi due mesi di presenza in
loco lasciando ai volontari il tempo di leggere, analizzare, riflettere sulle legislazioni per
poi porre ai formatori le domande ritenute necessarie,
 attraverso la lettura e condivisione dei documenti più importante e dei rapporti di attività
prodotti negli anni precedenti, i dati raccolti, le relazioni elaborate.
48) Contenuti della formazione:
Il percorso di formazione speicficia prevede alcuni contenuti comuni a tutte le sedi del progetto ed altri
specifici per ciascuna sede.
FORMAZIONE COMUNE A TUTTE LE SEDI DI ATTUAZIONE
Contenuto formativo
Quadro storico del contesto sociale e politico dell’Africa
Quadro storico e sviluppo dei Progetti di Caritas Italiana all’estero e in particolare
nei paesi di attuazione, le prospettive dei partner locali.
Stile di presenza dei volontari di servizio civile all’estero
Norme di sicurezza generali nei paesi africani e specifiche sui singoli paesi
La relazione d’aiuto e la gestione dello stress da parte degli operatori all’estero
Progettazione nell’ambito della cooperazione internazionale e delle emergenze
internazionali.
Formatore
Anna Arcuri
Fabrizio Cavalletti
Moira Monacelli
Silvio Tessari
Fabrizio Cavalletti
Anna Arcuri
Silvio Tessari
Moira Monacelli
Padre Claudio
Marano
Luigi Ranzato
Anna Arcuri
FORMAZIONE SPECIFICA PER PAESE
SIERRA LEONE
Contenuto formativo
Rif. Obiettivi e Attività di
progetto
167
Formatore
Quadro culturale-storico-socio- politico del
paese
Ob. 1, 2, 3, 4
Joseph Alimamy Turay,
Moira Monacelli
Comitati territoriali diritti umani: storia,
modalità di funzionamento, prospettive
Ob.1.1, 1.2
Att. 1.1.a, 1.1.b, 1.2.a
Joseph Alimamy Turay
Ob. 3.1, 3.3
Att. 3.1.a, 3.1.b, 3.3.a
Lettura, analisi, studio documenti
legislativi e politici rilevanti:
Ob. 4.1
Att. 4.1.a
Ob. 2, 3, 4
-
Constitution of Sierra Leone
Ob. 3
Att. 3.1.a, 3.3.a
-
PRSP 2008-2012
Ob.2.1
Att. 2.1.a, 2.3.b
-
Local Government Act
Ob. 2.1
Att. 2.1.c
- Gender Acts
Introduzione al PCM
Introduzione alla ricerca sociale nel
contesto africano
Lo studio dell’impatto psicologico degli
interventi di aiuto alle fasce vulnerabili.
Ob. 4.5
Att. 4.5.a, 4.5.b
Ob. 2.3
Att. 2.3.a, 2.3.b
Ob. 3.2
Att.3.2.a
Ob. 4.5, 4.6
Att. 4.5.d, 4.6.a
Att. 4.2.e
Coordinata da:
Joseph Alimamy Turay
Moira Monacelli
Jospeh Alimamy Turay
Luigi Ranzato
GUINEA
Contenuto formativo
Il contesto culturale-storico-politico del
paese e della regione con particolare
riferimento alla composizione etnica e alle
sue conseguenze sulla situazione sociale
L’OCPH a livello diocesano e nazionale:
principi, strumenti, attività
Rif. Obiettivi e Attività di
progetto
Ob. 1
Da 1.2.a.a 1.2.d; da 1.3.a a
1.3.d; 1.4
Ob. 2
2.1.a, 2.1.e; 2.2.a, 2.2.c
Ob. 2
Da 2.1.a a 2.1.e; 2.2.c
Formatore
Moira Monacelli
Alexandre Kolié
Christian Sinata Touré
Alexandre Kolié
Principi di elaborazione di progetti di
sviluppo - Introduzione al project cycle
management
Ob. 2
2.1.d, 2.1.e
Moira Monacelli
Introduzione ai principi di analisi e
rielaborazione di dati per la ricerca sociale
Ob. 1
1.2.e; 1.3.e;
Ob. 2
2.1.a
Ob. 3
3.2.a, 3.2.b
Ob. 3
3.1.a, 3.1.b, 3.1.c; 3.2.a,
3.2.b, 3.2.c
Christian Sinata Touré
Moira Monacelli
La situazione sanitaria nazionale e
regionale attraverso l’analisi e il
commento dei dati statistici locali,
regionali e nazionali
168
Christian Sinata Touré
BURUNDI
Contenuto formativo
Attività
Formatore
1.Storia e situazione attuale (politica, economica, sociale,) del
paese e dell’area geografica con attenzione alle cause di
conflitto e tensione, e alla situazione dei giovani, con
particolare riferimento a temi come: le possibilità occupazionali
e scolastiche, la convivenza e i conflitti etnici, concezione della
cittadinanza attiva e della partecipazione civica, possibilità di
formazione e elaborazione delle problematiche personali,
possibilità sportive, ricreative e creative.
2.cultura e abitudini della popolazione locale
1.1. a , 1.1. b , 1.2.
a, 1.2.b,
2.1.a , 2.2.a , 2.2.b
, 2.3.b , 3.1.a ,
3.1.b , 3.2.a , 3.3. a
, 3.3.b ,
3.4.a , 3.4. b
-Padre Claudio
Marano
2.1.a, 2.2.a, 2.2.b ,
2.3.b , 3.1. a, 3.1.b,
3.2.a
-Padre Claudio
Marano
GIBUTI
Contenuto formativo
Attività
Formatore
1.Storia e situazione attuale (politica, economica,
sociale) del paese e della città di Gibuti con
attenzione alle cause di tensione, emarginazione,
povertà, e alla situazione dei bambini, con
particolare riferimento a temi come: la questione
femminile e le mutilazioni genitali, le possibilità
scolastiche, la convivenza pacifica e le divisioni
etniche, la possibilità di formazione e elaborazione
delle problematiche personali, le possibilità culturali,
ricreative e creative.
2.cultura e abitudini della popolazione locale
1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5,
1.6, 2.1, 2.2, 2.3, 2.4,
3.1, 4.1, 4.3, 5.1, 6.1
Silvio Tessari
Natalina Mezzano
1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5,
1.6, 2.3, 2.4, 3.1, 3.3
2.5
Silvio Tessari
Natalina Mezzano
Luigi Ranzato
3. Lo studio dell’impatto psicologico degli interventi
di aiuto alle fasce vulnerabili.
49) Durata:
Il progetto prevede un percorso di formazione specifica di 72 ore
Altri elementi della formazione
50. Modalità di monitoraggio del percorso di formazione (generale e specifica) predisposto:
Si rinvia al sistema di monitoraggio verificato in sede di accreditamento.
169

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