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Alessandro Barbieri
La Croce dei Fogliata
un tesoro per la comunità di
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Montichiari
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Ricerca storico artistica
Alessandro Barbieri
Presentazione
Mons. Gaetano Fontana Abate di Montichiari
Don Giuseppe Fusari Direttore Museo Diocesano di Brescia
Basilio Rodella fotografo – editore
Fotografie
Basilio e Matteo Rodella
Grafica e impaginazione
Stefano Rodella
Edizioni
BAMSphoto – Rodella Montichiari BS
www.bamsphoto.it
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Capita spesso, nella vita, di dare tutto o tanto per scontato.
Possediamo oggetti che fanno parte dell’arredo della nostra
casa e siamo talmente abituati a vederli da non dare più il
giusto peso e valore che avevano quando li abbiamo comprati o li abbiamo ricevuti in regalo. L’oggetto è sempre quello
ma, quando non suscita più nulla, perde il suo vero valore,
anche se sul mercato è prezioso, perché non dice qualcosa di
“prezioso” che sta dentro e sotto quell’oggetto stesso.
Lo stesso pericolo corrono anche gli oggetti che noi denominiamo “sacri” perché fanno parte dell’arredo liturgico del
nostro Duomo. Li vediamo “usare”, soprattutto quelli più
preziosi, nelle solennità o in contesti particolari, ma non dicono più di tanto: sono belli, li conosciamo anche per nome,
ma tutto finisce lì.
La croce dei Fogliata: un bene prezioso per la nostra Comunità. Una croce, usata ora come croce processionale nella
grandi solennità. Una croce che sappiamo preziosa perché
fatta di materiale di valore, e perché la sua costruzione risale a qualche secolo fa, ma che rischia di perdere il suo valore
intrinseco.
Lo studio fotografico e la ricerca, attenta e certosina, di documenti che parlano della croce dei Fogliata ci dà la possibilità di recuperare il vero valore artistico e spirituale che questo oggetto ha per la nostra fede cristiana di monteclarensi.
Con tutto il cuore dico “GRAZIE” a chi ha curato questa
pubblicazione e che in modo professionale ci dona degli elementi che ci danno l’opportunità per approfondire anche la
nostra fede, oltre alla conoscenza artistica.
Le decorazioni della croce dei Fogliata, come la collocazione
dei vari personaggi accanto a Gesù, non sono stati prodotti
solo per un senso estetico ma per trasmettere e immortalare
un contenuto di fede. Riporto volentieri, e dico grazie a chi
l’ha scritta, una delle ultime espressioni riportate in questo
libro: “Alla base di questi manufatti corre dunque una
sottile dottrina cristologica alimentata dal legame Cristo-Croce: il legno del supplizio, irrorato e fertilizzato
dal sangue del Redentore si anima gettando foglie, fiori e frutti. Attraverso il suo estremo sacrificio Cristo ci
dona la vita facendo sì che la croce, simbolo di morte,
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divenga strumento di redenzione e salvezza”.
Accogliamo questo libro e apprezziamolo per il suo valore
artistico: fotografie e scritto ci lasciano a bocca aperta; ma
sentiamoci anche stimolati ad accogliere il valore spirituale
di questa “croce processionale dei Fogliata” per poter crescere come persone nel loro equilibrio umano e spirituale.
Benedico questo lavoro e ancora ringrazio tutti coloro che
hanno lavorato per realizzare quest’opera.
Mons. Gaetano Fontana
Abate di Montichiari
La diocesi di Brescia, come del resto tutto il territorio italiano, è uno scrigno di opere d’arte in buona parte da scoprire. Nei secoli scorsi la pittura e la scultura hanno avuto
grande attenzione da parte degli studiosi ed è solo dall’inizio
del Novecento che anche abilità ritenute (tranne in rari casi)
di alto artigianato hanno cominciato a comparire nei libri
di storia dell’arte e in mostre. Purtroppo ancora oggi questi
manufatti di non grandi dimensioni, talvolta usati impropriamente e fragili per la loro consistenza, soffrono non solo
di mancanza di conoscenza ma anche di poca attenzione da
parte di chi ha il compito di conservarli. Non sempre un
manufatto di oreficeria o di argenteria ha la fortuna di essere
accompagnato, com’è il caso della croce monteclarense detta
dei Fogliata, dall’attenzione della critica e dalla cura di chi
lo custodisce. Talvolta si considerano pezzi di valore considerevole per la storia dell’oreficeria, semplicemente come
oggetti d’uso, assimilabili a produzioni seriali che hanno invaso le chiese dalla fine dell’Ottocento. Con questo si giunge
a misconoscere un valore più alto a questi oggetti e non si
sente il bisogno di collocarli all’interno di una evoluzione
storica e di gusto che potrebbe far riconoscere meglio il loro
carattere di manufatto artistico oltre che oggetto di uso per
la liturgia e la devozione. Per questo si è ancora ben lontani
dal poter ricostruire (almeno in ambito bresciano) una vera
e propria storia dell’oreficeria liturgica, soprattutto nelle
epoche più antiche. Rimangono gli studi concentrati attorno alle pagine della Storia di Brescia e qualche intervento
di esperti del campo, ma un vero e proprio panorama di questa produzione rimane ancora serrato nelle casseforti e nei
depositi delle parrocchie.
Il lavoro del dottor Alessandro Barbieri sulla croce dei Fogliata e il corredo fotografico di Basilio Rodella rendono in
qualche modo giustizia, anche se per il momento ‘nel frammento‘, a questa colossale ricostruzione della storia dei manufatti liturgici bresciani che è ancora ben al di là da venire.
É un solenne introibo per suscitare interesse verso un campo di straordinario valore, e non solo – si ripete – artistico,
ma anche culturale, spirituale e devozionale. É attraverso
questi ‘segni’ che si può intendere più in ampio il carattere
di una comunità e il sentimento del suo tempo. L’opera minuta ha il vantaggio di diventare segnacolo di una frequentazione che, di necessità, l’opera monumentale non testimonia se non in senso passivo. In qualche modo è il frammento
a dischiudere le potenzialità dell’insieme proiettando – e lo
mostra bene e con intelligenza il saggio di Barbieri – sul
panorama storico generale una rete forse inedita di rapporti
che rendono la storia di una comunità senz’altro più ricca e
sfaccettata.
Don Giuseppe Fusari
Direttore Museo Diocesano di Brescia
Da secoli questo “oggetto” è custodito con cura e devozione tra i tesori della parrocchia di santa Maria Assunta di
Montichiari.
Un'attenzione però riconosciuta da un manipolo di eletti, i
presbiteri, gli storici della cittadina e pochissimi altri.
Ai più la Croce dei Fogliata non dice nulla; più volte, di questi tempi, lavorando alla documentazione e all’edizione di
questo volume, ho chiesto a Monteclarensi vicini e lontani
dalle questioni parrocchiali se sapessero qualcosa di questo
splendido manufatto. La risposta è stata nella migliore delle
ipotesi vaga, quasi sempre di stupore e di non conoscenza.
Questo lavoro si propone il compito di colmare una lacuna,
grazie alla pronta disponibilità dell’Abate Mons. Gaetano
Fontana e dei suoi più stretti collaboratori, dello studioso
Dott. Alessandro Barbieri e del Direttore del Museo Diocesano Don Giuseppe Fusari.
Un’edizione che cerca di ridare la giusta visibilità ad un’opera di oreficeria di grandissimo valore artistico e di estremo
interesse storico.
Uno sforzo su più livelli per riportare ai Monteclarensi una
Croce, un simbolo che unisce, che abbraccia tutti indistintamente, in un’epoca dove le divisioni imperano e la Croce
stessa è spesso usata come strumento di divisione.
Basilio Rodella
fotografo – editore
Alessandro Barbieri
La Croce dei Fogliata
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Alessandro Barbieri
La Croce processionale dei Fogliata
Un tesoro per la comunità di Montichiari
Poco conosciuta nel panorama dell’oreficeria medioevale è la bella Croce processionale, custodita gelosamente nella sacrestia del Duomo dedicato all’Assunta di Montichiari, detta dei Fogliata poiché secondo la
tradizione fu rinvenuta, durante uno scavo nei pressi
della pieve di San Pancrazio, da un membro della nota
famiglia monteclarense1. Spostata dall’antica pieve
alla parrocchiale, è oggi esposta, agli occhi dei fedeli,
solo in occasione di celebrazioni solenni.
Il manufatto consta di due parti distinte e appartenenti a epoche diverse: la croce più antica e preziosa di
68 cm di altezza per 51,5 di larghezza e 2,5 di profondità e il nodo sferico con l’innesto per l’asta di 32 cm
di altezza e 17 di diametro, sostituzione successiva di
un probabile supporto più antico.
La struttura della croce si compone di sottili lamine d’argento, cinque nel recto e sei nel verso, lavorate
a sbalzo a repoussé e rifinite a cesello e bulino, dorate
successivamente a mercurio e applicate a un’anima
di legno attraverso chiodi a capocchia circolare di varie dimensioni. Le parti più aggettanti dell’oggetto,
come le teste di alcuni personaggi, segnate da un forte
sottosquadro, sono lavorate separatamente e saldate
successivamente alle lamine. I bordi della croce sono
invece percorsi da una sottile fascia argentea, con decorazione a rilievo impressa, ottenuta ribattendo la lamina su una matrice.
La croce nella forma latina, cioè con il montante più
lungo della traversa, ha terminazioni polilobate mistilinee ed è scandita lungo il profilo da creste trilobe che
conferiscono al manufatto una forma assolutamente
mossa e frastagliata. Un fitto racemo, distinto da un
avviluppo di innumerevoli girali con copiosi grappoli
d’uva e foglie di vite, viste frontalmente e di profilo, percorre specularmente le due superfici della croce conferendo alla rappresentazione un ricercato naturalismo.
Tra le raffigurazioni si riconoscono nel centro del recto
il Cristo crocifisso con testa reclinata verso destra, occhi
sottili socchiusi, naso allungato e schiacciato e bocca
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1 Per la famiglia dei Fogliata si veda:
A. FAPPANI, ad vocem Fogliata, in Enciclopedia bresciana, IV, Brescia 1981, p. 208.
nascosta da baffi spioventi. La corta barba e i lunghi
capelli, separati in ciocche distinte, delineate a cesello,
e ricadenti sulle spalle, sono tratteggiati da una raffinata incisione. Le lunghe braccia sono parallele alla
traversa della croce con una percettibile flessione del
gomito, le cinque dita sono aperte mentre un chiodo
trapassa i palmi. Il corpo è flesso, con torace indagato
anatomicamente nei muscoli pettorali e nei capezzoli
sbalzati, mentre costole, muscoli del ventre e ombelico
sono invece incisi; un piccolo incavo nella seconda costola destra distingue la ferita al costato. Il perizoma,
annodato sul davanti a lembi cadenti e arrotolato a livello dei fianchi a mo’ di treccia, scende al di sopra del
ginocchio esibendo panneggi segnati da linee spezzate. Le lunghe gambe flesse verso destra si accavallano
portando i piedi, trapassati da un unico chiodo, a sovrapporsi sul suppedaneo. La testa del Cristo presenta
un nimbo filigranato con motivi a volute terminanti in
piccole sfere dorate; tre castoni vuoti, dai bordi dentellati e irregolari, accoglievano in passato forse pietre
o perle oggi perdute. Al di sotto del Cristo è il cranio
di Adamo, rivolto verso l’alto e visto di profilo, posto a
ricordare la sepoltura del progenitore nel luogo della
crocifissione e a richiamare simbolicamente il ruolo di
Gesù come “nuovo Adamo”. Alla destra del Cristo è
la Madonna addolorata avvolta in un ampio mantello,
con vesti dai panneggi angolosi e con la mano destra
appoggiata al ventre, a ribadire il suo dolore di madre
per la morte del figlio, mentre la sinistra è portata a
sorreggere la testa aureolata da un nimbo raggiato. I
capelli della Vergine sono risolti in tre ciocche lineari
ricadenti sulle spalle; i tratti somatici, con occhi profondi e naso appuntito, testimoniano un’esecuzione
divergente rispetto alla definizione del volto di Gesù.
Alla sinistra del Cristo è San Giovanni evangelista con
veste dal drappeggio più morbido, mano sinistra portata al ventre e mano destra appoggiata alla guancia
in atteggiamento gemente. La testa arrotondata, dalla
fronte alta e spaziosa e dal naso schiacciato e allungato, analogo alla figura del Cristo, presenta una ricercatezza formale nella descrizione dei capelli resi a piccoli boccoli incisi. Il nimbo del santo stiacciato è scandito
da rosette esalobate incorniciate da un profilo a perles. In alto è un Arcangelo con ali spiegate definite da
un sottilissimo tratteggio inciso che dà consistenza al
piumaggio. Dalla veste ritmata da pieghe scheggiate
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l’angelo porta la mano destra al petto e stringe con la
mano sinistra o un giglio, privo della corolla floreale,
o una bacchetta degli ostiari, priva della terminazione
superiore2. Il volto e l’aureola sono accumunabili nella
tipologia alla figura dalla Madonna. In basso è la figura di una santa priva di attributi identificabile in Santa
Maria Maddalena3. Le mani della donna, incrociate al
petto, come parte delle vesti non sono sbalzate – come
avviene per gli altri personaggi della croce – ma incise
a bulino. Il volto, affiancabile nella delineazione dei
tratti somatici al Cristo e al San Giovanni, è incorniciato da capelli divisi da una scriminatura centrale raccolti lateralmente e forse ricadenti sulle spalle4.
Il verso della croce presenta il tema della Maiestas
Domini. Al centro è Cristo pantocratore seduto in trono
accolto in una mandorla profilata da una modanatura a punti incisi e percorsa all’interno da un elemento
vegetale fogliato. Cristo appoggiato a un cuscino leva
l’avambraccio benedicendo con le dita della mano destra, mentre con la sinistra trattiene il Libro della Vita
aperto e poggiato alla gamba. È vestito di una lunga
tunica drappeggiata, che abbassandosi lungo l’avambraccio alzato, lascia intravedere un polsino decorato
a sei piccoli fori incisi, affiancati a due a due, mentre
un lungo mantello dalla spalla sinistra scende avvolgendo anche il ginocchio. I piedi nudi poggiano su un
suppedaneo-cuscino, mentre la profondità della parte
inferiore del trono è resa da una serie di tratteggi obliqui incisi. La testa – dalle forme analoghe al Cristo, al
San Giovanni e alla Santa Maria Maddalena del recto – è attorniata da un’aureola filigranata a girali, con
piccole perle e castoni ormai vuoti come il nimbo del
Cristo crocifisso. Nelle quattro terminazioni della croce sono disposti i simboli del Tetramorfo. A destra del
Cristo in trono è l’Uomo alato simbolo di San Matteo,
con ali spiegate e aureola, rivolto di tre quarti verso
sinistra e recante nelle mani il Libro del Vangelo. A sinistra è il Toro alato simbolo di San Luca, con corpo
orientato a sinistra, testa aureolata voltata a destra e
coda tra le zampe posteriori, mentre le anteriori trattengono il Libro del Vangelo. Sopra è l’Aquila simbolo
di San Giovanni, ad ali spiegate e testa aureolata, con
Libro del Vangelo posto tra gli artigli. Sotto è il Leone alato simbolo di San Marco, con corpo orientato a
destra, testa aureolata voltata a sinistra e coda tra le
zampe posteriori, mentre le anteriori trattengono il Li4
2 La letteratura critica dal Panazza (G.
PANAZZA, La trecentesca Croce Astile della Pieve di Montichiari, in “Memorie storiche della Diocesi di Brescia”, XXV, 1958,
p. 99; G. PANAZZA, Un munifico gesto
di mecenatismo. Finanziato il restauro della
croce astile di Montichiari, in “Giornale di
Brescia”, 25 aprile, 1958, p. 5) in poi riconosce nell’arcangelo la figura di San Michele. Solo il Terraroli (V. TERRAROLI,
Il patrimonio artistico del Duomo di Montichiari, in Il Duomo di Montichiari, a cura
di A. CHIARINI, G. TORTELLI, Brescia
2000, p. 153) parla genericamente di “un
angelo con uno scettro in mano”. L’attributo
che l’arcangelo stringe nella mano sinistra potrebbe, se non compromesso, dare
maggiori informazioni sull’identità del
soggetto. Infatti, se tale elemento fosse
un giglio, si potrebbe parlare plausibilmente dell’arcangelo Gabriele. Mentre
l’identificazione dell’oggetto con una
bacchetta degli ostiari lascerebbe comunque aperti tutti i dubbi, essendo essa,
nell’iconografia bizantina, un’insegna di
comando comune a tutti gli arcangeli.
3 Benché sia priva di attributi, la santa
è riconoscibile in Maria Maddalena per
la canonica posizione, in basso ai piedi
della croce, che la figura occupa nello
schema-tipo delle croci processionali. A
conferma di tale identificazione concorrerà anche un interessante confronto con
un affresco della Pieve di San Pancrazio
sul quale ci si soffermerà più avanti nel
testo.
4 Probabilmente i capelli ricadenti sulle
spalle, dato il precario stato della figura
della santa, devono essersi spezzati, andando così dispersi.
5 L’assenza di attributi specifici come
la spada non permette di identificare
con assoluta certezza la figura in San
Pancrazio titolare dell’antica Pieve di
Montichiari dalla quale la Croce processionale proviene. La letteratura critica
parla genericamente per questa figura di
una santa (Catalogo illustrato della Sezione
arte sacra nella Rotonda o Duomo Vecchio,
catalogo della mostra, Brescia 1904, p. 95,
n. 83; G. PANAZZA, La trecentesca Croce…, cit., 1958, p. 100; G. PANAZZA, Un
munifico gesto…, cit., 1958, p. 5), di una
santa o della Vergine (G. PANAZZA,
L’arte gotica, in Storia di Brescia, I, Brescia
1963, p. 928; G. PANAZZA, L. C. FATTORI, La Pieve di San Pancrazio a Montichiari, Montichiari 1980, p. 111), di un santo
benedicente con la palma del martirio,
forse San Pancrazio (V. TERRAROLI, Il
patrimonio artistico…, cit., 2000, p. 153),
di San Pancrazio (I. PANTEGHINI, Scheda n. VII.1: Croce astile detta dei Fogliata,
in M’illumino d’immenso. Brescia, le Sante
Croci, catalogo della mostra a cura di C.
BERTELLI, C. STELLA, Milano 2001, p.
120; G. CIGALA, La croce “dei Fogliata”,
in “La Vita Monteclarense”, a. XLVIII, n.
9, 2007, p. 9).
Il santo titolare della pieve di Montichiari, famoso martire romano decapitato e
sepolto al secondo milio della via Aurelia, secondo la passio nacque in Frigia
da genitori pagani ai tempi di Valeriano
e Gallieno (254-260). Rimasto orfano fu
mandato dallo zio paterno, Dionigi, a
Roma dove si convertì alla fede cristiana e fu battezzato. Arrestato in seguito
all’editto di Diocleziano contro i cristiani (303-305), condotto davanti all’imperatore, per non aver rinunciato alla sua
fede, fu condannato alla decapitazione
eseguita sulla via Aurelia. Rappresentato come un giovane romano, talvolta
indossante la corazza, San Pancrazio ha
come attributi distintivi la spada con cui
fu decapitato e la palma del martirio (D.
BALBONI, M. C. CELLETTI, A. RIMOLDI, ad vocem Pancrazio, santo, martire di
Roma, in Bibliotheca Sanctorum, X, Roma
1968, coll. 82-89).
6 Catalogo illustrato…, cit, 1904, p. 95, n.
83.
7 P. GUERRINI, Oreficerie sacre medioevali delle chiese di Brescia, in “Per l’Arte
Sacra”, a. II, n. 1, 1925, p. 22; P. GUERRINI, Memorie costantiniane e il culto della
passione e della croce a Brescia attraverso i
tempi, in “Memorie storiche della Diocesi
di Brescia”, s. 5, 1934, p. 38.
bro del Vangelo. Alcuni elementi, come il piumaggio
dell’aquila e la criniera del leone, sono tratteggiati da
sottilissime incisioni che conferiscono volume agli elementi con raffinati effetti di chiaroscuro. Nella parte
inferiore del montante della croce – tra il Cristo pantocratore e il Leone alato di San Marco – è ancora una sesta
figura identificabile forse in San Pancrazio5. Il personaggio – dalla testa aureolata e dal volto accumunabili alle figure della Madonna addolorata e dell’Arcangelo
del recto – è avvolto in un ampio mantello fermato sul
davanti da un bottone, stringe la palma, simbolo del
martirio, nella mano destra, mentre con la sinistra rivolge il palmo aperto. Al di sotto del santo è un clipeo
vuoto, dai bordi irregolari e in parte dentellati, che poteva forse contenere in passato uno smalto, un vetro
graffito oppure un medaglione inciso purtroppo oggi
disperso.
I profili della croce sono segnati da un motivo sinusoidale a girali e foglie di vite correnti tra due modanature a perline. Attraverso un innesto a baionetta la
croce è inserita in un nodo sferico in rame diviso da
una fascia mediana in due calotte lisce; sotto il nodo è
il tubo per l’inserimento dell’asta, anche’esso in rame.
Per la fortuna critica della bella croce monteclarense
rammentiamo che il manufatto fu esposto – affiancato
dalle più notevoli e preziose oreficerie della provincia – nell’importante rassegna d’arte sacra tenutasi nel
Duomo Vecchio di Brescia nel 1904. Nel catalogo di
tale esposizione l’oggetto assegnato ai secoli XIII-XIV
venne presentato in questi termini “croce astile di metallo dorato ed argentato in stile bizantino un motivo ornamentale a foglie di vite e grappoli d’uva, e rozze figure
lavorate a cesello in alto rilievo”6. Successivamente spetta
al Guerrini, seppur in una breve citazione, riproporre
la medesima datazione e dare importanti informazioni sulle condizioni di conservazione della croce rammaricandosi poiché “lo stato in cui si trova non lasci
apprezzare l’originalità del fregio simbolico, tutto a foglie”7.
Sarà il restauro subito della croce nel 1958 a offrire al
Panazza l’occasione di due contributi sull’oggetto.
Egli, sottolineando come il ripristino del manufatto, a
opera dell’orefice milanese Agostino Figini, fosse stato interamente finanziato dal conte Giovanni Treccani
degli Alfieri, ricorda le “pessime condizioni” della croce
e come il consolidamento di essa abbia “messo in luce
come già in precedenza avesse subito ben tre restauri, il pri5
mo dei quali risalente almeno al secolo XV” e solo “con
l’ultimo delicato lavoro la croce astile ha ripreso la sua antica bellezza: splendente ora l’argento, dorato a mercuzio in
alcune parti: il lavoro a sbalzo, rifinito a cesello, che aveva
subito ammaccature e colpi, è stato riportato fin dove era
possibile al suo primitivo stato”. Lo studioso riportando
la notizia che la croce venne scoperta nel secolo scorso
in uno scavo nei pressi della Pieve di San Pancrazio
propone per la medesima una datazione al XIV secolo
riferendosi “al decorativismo accentuato e certi richiami
a forme ellittiche nel modellato delle figure, delle pieghe”8.
In un secondo tempo ancora il Panazza, negli importanti volumi della Storia di Brescia, tornerà sulla croce
monteclarense confermando per l’oggetto in questione, come anche per la Croce processionale della Santissima Trinità di San Gallo, la datazione al XIV secolo.
Parlando ora in termini di “tradizione” a riguardo del
ritrovamento nel secolo scorso presso San Pancrazio,
dà invece cenno della notizia della donazione dell’oggetto da parte di un membro della famiglia Fogliata
che si riservò perciò il diritto di averla al seguito dei
funerali dei suoi componenti, aggiungendo anche l’indicazione che nel 1924 un ultimo discendente di tale
famiglia, spentosi a Leopoli, volle lasciare al Museo
Cristiano di Brescia la croce, donazione mai avvenuta
per espressa volontà dell’abate di Montichiari che vi
si oppose. Una vaga similitudine nel manufatto viene individuata dallo studioso con la Croce processionale
di Partigliano in provincia di Lucca9. A seguire un richiamo alla croce di Montichiari è anche del Romano
che, segnalando il Panazza, indica generici i confronti avanzati con la Croce processionale del Tesoro di San
Giusto di Susa10. A distanza di alcuni anni sempre il
Panazza, con anche il Fattori, tornerà sull’oggetto non
apportando però nessuna novità e riproponendo una
datazione generica al XIII-XIV secolo11. Il Passamani in
una rassegna sulle arti applicate bresciane, tra le croci astili trecentesche e quattrocentesche, menzionerà
anche la croce del Duomo di Montichiari assegnandola alla fine del XIV secolo12. In seguito il Fappani alla
voce Fogliata nell’Enciclopedia bresciana ricorderà come
tale famiglia monteclarense “sembra che nel trecento abbia donato al duomo di Montichiari una croce, riservandosi
di averla ai funerali dei suoi dipendenti” ribadendo poi
anche il restauro del 1958 da parte di Agostino Figini
e la mancata donazione al Museo Cristiano del 192413.
6
8 G. PANAZZA, La trecentesca Croce…,
cit., 1958, p. 100; G. PANAZZA, Un munifico gesto…, cit., 1958, p. 5.
9 G. PANAZZA, L’arte gotica…, cit.,
1963, pp. 927-928.
10 G. ROMANO, Scheda n. OR.6.: Croce
processionale, in Valle di Susa arte e storia
dall’XI al XVIII secolo, catalogo della mostra a cura di G. ROMANO, Torino 1977,
pp. 147-148.
11 G. PANAZZA, L. C. FATTORI, La Pieve di San Pancrazio…, cit., 1980, pp. 111112.
12 B. PASSAMANI, Le arti applicate, in
Brescia nell’età delle Signorie, a cura di V.
FRATI, Brescia 1980, pp. 212-213, figg.
54-55.
13 A. FAPPANI, ad vocem Fogliata…,
cit., 1981, p. 208.
14 S. RUSSO, Influenze Nordiche, in Oreficeria sacra a Lucca. Dal XIII al XV secolo,
a cura di C. BARACCHINI, II, Firenze
1993, pp. 437-440, nota 3.
15 A. CHIARINI, L’Altare delle Sante
Reliquie, in “La Vita Monteclarense”, a.
XXXVII, n. 2, 1995, p. 6.
16 V. TERRAROLI, Il patrimonio artistico…, cit., 2000, p. 153.
17 I. PANTEGHINI, Scheda n. VII.1…,
cit., 2001, p. 120.
18 A. CHIARINI, Le trenta Chiese di Montichiari, Brescia 2004, pp. 104-105.
19 M. ROSSI, Il Tesoro delle Sante Croci, in
La rotonda di Brescia, a cura di M. ROSSI,
Milano 2004, p. 40.
20 L. MARINO, Scheda n. VI.3: Croce processionale (detta di Carlo Magno), in Carlo
Magno e le Alpi. Viaggio al centro del Medioevo, catalogo della mostra a cura di F.
CRIVELLO, C. SEGRE MONTEL, Milano 2006, pp. 166-167.
21 G. CIGALA, La croce “dei Fogliata”…,
cit., 2007, p. 9.
Da notare da parte della Russo, in un’opera dedicata
all’oreficeria lucchese, il richiamo alla croce di Montichiari per confronti con due croci astili della provincia
di Lucca, Partigliano e Gattaiola; il primo accostamento, come visto, a suo tempo già suggerito anche dal
Panazza14. Dal Chiarini verrà pubblicato, in un numero del bollettino parrocchiale La vita monteclarense,
uno studio sull’altare delle Sante Reliquie del Duomo
dell’Assunta dove tratterà anche della croce processionale. Il monsignore dimostrando la conoscenza di
alcuni documenti – che però non cita – relativamente
alla croce indica che nell’agosto 1617 “il Comune decise
di far restaurare la Croce Grande, trovata già tempo addietro da un Fogliata e dal medesimo donata al Comune. Si
tratta di una croce trecentesca, in lamina d’argento dorato,
finemente lavorata. Conteneva le Reliquie di molta importanza e serviva per la benedizione del tempo”15. Non è del
medesimo avviso il Terraroli che, nell’opera più completa realizzata sul Duomo di Montichiari, proporrà
una cronologia molto più alta del bel manufatto orafo
dove secondo lo studioso “i caratteri formali, il modellato del Cristo-Dio in trono, la semplificazione stereometrica
degli animali, l’incisione concisa e preziosa dei girali di vite
fanno pensare ad una datazione tra la fine dell’XI e la prima
metà del XII secolo”16. In scia il Panteghini, che, nella
breve scheda di catalogo realizzata in occasione della mostra M’illumino d’immenso. Brescia, le Sante Croci,
ove la croce è stata esposta nel 2001, assegnerà dubitativamente l’oggetto al XII secolo17. Ancora del Chiarini è la pubblicazione di due immagini del manufatto,
accompagnate da una rapida didascalia, in una’opera
dedicata alle chiese di Montichiari, dove accoglierà
anch’egli la datazione fine XI – prima metà XII secolo18. Una sola citazione della croce è del Rossi19; mentre
la Marino richiamerà in causa l’oggetto, ritenendolo
invece trecentesco, ancora per rilevare una somiglianza con la Croce processionale del Tesoro di San Giusto di
Susa20. In ultimo il Cigala, nel bollettino parrocchiale
monteclarense, dedicherà alcune righe al prezioso manufatto conservato nella sacrestia del Duomo, proponendo per l’oggetto una datazione longobarda21.
La storia della croce processionale di Montichiari è ab
antiquo legata alle preziose e importanti reliquie che
essa conteneva. Tali frammenti sacri hanno subito nel
corso del tempo alcune traslazioni lasciando nella documentazione importanti tracce che ci forniscono oggi
7
anche preziose informazioni sulla croce stessa. È del
25 agosto 1617 una delibera del consiglio del comune
di Montichiari affinché le “santissime Reliquie ritrovate
nella Croce grande, quale sono di molta importanza” siano
tolte dalla croce e riposte con la croce medesima “in un
Reliquario che doveva esse fatto nella Chiesa Maggiore di
questa terra sotto quattro o cinque chiavi ad ellectione delli
Deputati saranno elletti”. Delle chiavi poste a sicurezza
del reliquiario “una sia consegnata al Reverendo Signore
Arciprete nostro, una ad uno della casa o famiglia de fogliati, l’altra al Capellano che per li tempi sarà della scola del
santissimo Sacramento del Corpo di Nostro Signore Gesù
Cristu, mentre però sia originario di questa terra, et l’altra
al Cancelliere del Comune, et un’altra alli Deputati che per
tempora saranno elletti al culto et riverenza di esse santissime Reliquie”. Per portare tali santissime reliquie processionalmente viene predisposta anche la realizzazione di “un belissimo Tabernacolo con cristali trasparente”,
da realizzarsi entro il mese di settembre, in occasione
della processione “che solenemente doverà essere fatta”
e alla quale dovranno partecipare “li Popoli circunvicini ad honorar un tanto santissimo tesoro”. Relativamente
alla croce dal documento se ne ricaverebbe l’importante funzione “acio con essa si possa benedir le nuvole si
come per avanti si faceva, quale nuvole miracolosamente si
vedevano esser fugate dall’aspetto et segno di detta santissima Croce” oltre che la conferma – già dunque nel Seicento – della tradizione del ritrovamento dell’oggetto
da parte di un Fogliata non potendo la croce secondo
la delibera “essere mai portata a morti o processionalmente
se non alli morti della famiglia di fogliati iusta l’antico privilegio suo che gli fu concesso da questo Comune per haver
uno di detta famiglia ritrovata detta santissima Croce, et
datta al Comune nostro con quella riverenza però converrà
esser portata”. Dall’atto è possibile pure ricavare la testimonia di un primo intervento di restauro subito dal
manufatto, infatti, parallelamente alla realizzazione
del tabernacolo per portare le reliquie trionfalmente
in processione, apprendiamo che “nel qual tempo sarà
medemamente raccomodata detta santissima Croce”. Inoltre emergerebbe nel documento, da parte dei deputati
comunali, la volontà di “far inventario aucthenticato et il
nome di esse santissime Reliquie sia medemamente scritto
et intagliato in pietra viva, et posto in loco dove possa esser
veduto così del tempo et dell’haver ritrovata detta santissima Croce com’anzi dette santissime reliquie et recognition
8
22 ASBs, Comune di Montichiari, busta
43, Registro I, ff. 187v-188r [Appendice
documentaria, doc. 1].
Mi è stato possibile recuperare l’importante documento conservato all’Archivio di Stato di Brescia grazie alla gentile
segnalazione di Giovanni Cigala dell’esistenza, nell’Archivio Abbaziale di
Montichiari, di alcuni fogli manoscritti
(AAM, faldone Le Reliquie, cartella Altare
SS. Reliquie, ff. 5r-6r) dove mons. Angelo
Chiari, appassionato studioso di storie
monteclarensi, raccolse appunti relativi sia alla documentazione conservata
nell’archivio parrocchiale sia alla documentazione del comune di Montichiari,
depositata dal 1925 all’archivio bresciano. Si è deciso nel testo, per agevolarne la
lettura, di trascrivere il documento sciogliendo le abbreviazioni e introducendo
accenti e punteggiatura.
Non siamo a conoscenza dell’effettiva realizzazione del reliquario chiuso da cinque chiavi destinato ad accogliere le sante reliquie citato nella delibera comunale.
Sappiamo però che il 29 dicembre 1628,
da parte dei deputati del comune, si optò
per la soluzione più solenne di costruire
una nuova cappella dove riporre le sacre
spoglie. Del 19 agosto 1634 è il contratto
con gli artisti Giovanni Carra e Gerolamo
Penini per la costruzione dell’altare della
cappella e del 4 giugno 1637 è un secondo
contratto con i fratelli Giovanni e Carlo
Carra per la realizzazione dell’arca dove
custodire le reliquie. L’opera seicentesca
dei Carra, eseguita per la vecchia chiesa
di Santa Maria Nova verrà riutilizzata
in parte nell’altare edificato nella nuova
chiesa di Santa Maria Assunta costruita
a partire dal 1729 in luogo della vecchia
parrocchiale (A. CHIARINI, G. TORTELLI, Il più sontuoso tempio del territorio, in Il
Duomo di Montichiari, a cura di A. CHIARINI, G. TORTELLI, Brescia 2000, pp.
118-122).
23 AAM, faldone Le Reliquie, cartella Autentiche delle sante reliquie (già conservate
in una cartella nell’area dell’altare), Istrumento 2 [Appendice documentaria, doc.
2].
Una copia del documento, con lievi differenze, si trova anche presso l’Archivio
di Stato di Brescia (ASBs, Comune di
Montichiari, busta 43, Registro I, ff. 184v185r). Anche questo documento, come il
precedente, è segnalato nei fogli manoscritti di mons. Angelo Chiarini (AAM,
faldone Le Reliquie, cartella Altare SS.
Reliquie, ff. 7r-7v). Si è deciso nel testo,
per agevolarne la lettura, di trascrivere il
documento sciogliendo le abbreviazioni.
di esse” dettaglio, l’esistenza di un siffatto inventario,
non affatto trascurabile, poiché possedendolo oggi fugherebbe ogni dubbio sull’epoca e sulle condizioni del
ritrovamento della croce22.
Un secondo importante documento, rogato dal notaio monteclarense Pietro Franchino il 16 ottobre 1617,
aggiunge rilevanti notizie sullo stato di conservazione
della croce e sulle reliquie presenti nel sacro oggetto
prima e dopo il suo restauro. I deputati del comune
di Montichiari stabiliscono infatti che trascorsi molti anni dal ritrovamento della croce “cum iam multis
Annis adinventa fuerit Sanctissima Crux Argentea”, con
numerose e importanti reliquie riposte in essa “cum
multis in ea reconditis Sanctissimi diversorum Santorum
Santarumque Virginum, Martirum, Confessorum, ac Domini nostri Jesu Christi, et Sanctissimae Matris Virginis
Mariae reliquijs”, tenuta dal comune e adorata e venerata dai fedeli “quae cum à tempore dictae Jnventionis
citra fuerit penes Comuni Montisclari, et à Christi fidelibus maxima cum veneratione culta, et adorata”, a causa
di un suo eccessivo deterioramento e danneggiamento
“et quia propter nimian illius vetustatem corrosa, et collisa”, vengano tolte per pubblico decreto le reliquie
contenute in essa e riposte in un reliquiario conservato nella chiesa “reperiebatur fuit propterea per pubblicum
decretum, publicamque partem captam in Consiglio ipsius
Terrae sanccitum, ordinatum, et deliberatum Sanctisimam
Crucem praedictam aptandam Santasque Reliquias per
dictos in Sanctuario sive Reliquiario ponendas”. Successivamente verranno scelte dal reverendo Baldassarre
de Baratti consigliere comunale, per riessere collocate
nella croce, solo quelle reliquie che con maggior forza
e potenza saranno utili per allontanare le nubi, i fulmini e le tempeste “et ex illis non nullas seligendas esse quae
magis vim, et potentiam pro fugandis nimbis, fulminibus,
et tempestatibus haberent unde pro debita promissarum
exequtione Admodum Reverendus Dominus Baldessar de
Barattis ad hunc praecipue effectum deputatus, et in quem
commune praedictum maxime se confidit”. Il documento, precisissimo, indica quali reliquie per mano di tal
reverendo Baldassarre saranno riposte e chiuse nella
croce “Sancti Martini, sancti Christophori, sancti Blasij,
sancti Eusebij, sancti Sebastiani, sanctae Brigidae Virginis, quas pariter suprascriptas omnes descriptas Reliquias
praedictus Admodum Reverendus Dominus Baldhesar eius
propria sacrata manù in dicta Sanctissima Cruce reposuit,
9
dimisit, et clausit”23.
Sappiamo che tali resti sacri rimarranno conservati all’interno del manufatto, probabilmente nel nodo,
sino al 1929, quando in seguito a un incidente uscirono e furono depositati in un vaso del deposito24. Oggi
queste reliquie si conservano in una piccola scatola
di biglietti da visita, depositata nell’altare delle Sante Reliquie del Duomo, sul cui coperchio è riportata
l’iscrizione “1929 Reliquie estratte dalla Croce dei Fogliata”. All’interno di detta scatola si possono vedere sei
piccoli lembi di stoffa arrotolata e fissata da funicoli
e un frammento osseo con iscrizione illeggibile. Un
lembo di stoffa contiene una piccola pergamena dove,
in scrittura gotica corsiva notarile trecentesca, sono
indicate le reliquie di alcuni santi, tra i quali si possono decifrare i nomi di San Biagio, San Crescenzio e
San Procolo. Con l’iscrizione è avvolto nel lembo di
stoffa anche un frammento di manoscritto, anch’esso
trecentesco, con caratteri gotici librari e titoli in rosso,
riutilizzato probabilmente per avvolgere in passato
una reliquia25. Interessante notare come in una stampa pubblicata in occasione della solenne processione
avvenuta il 13 maggio 1649 nella circostanza del trasporto e della collocazione delle Santissime Reliquie
nella nuova cappella fabbricata nella vecchia chiesa di
Santa Maria Nova26, tra le sacre spoglie elencate, compaiano insieme i tre nomi “Di S. Biasio / Di S. Cresentio
/ Di S. Proculo”, i tre santi nominati anche nella piccola
iscrizione tolta dalla croce nel 192927.
Lo stato di conservazione della croce è oggi, nel suo
complesso, abbastanza discreto, anche se l’oggetto ha
subito nel corso della sua storia vari interventi di restauro. Dal più antico intervento documentato, ovvero
il ripristino seicentesco di una croce che come risulta
dalle fonti doveva essere “corrosa e collisa”, sino all’ultima risistemazione subita a opera dell’orafo milanese
Agostino Figini nel 195828, sicuramente altre manomissioni sono state subite dal manufatto. Più evidenti sono
infatti le sostituzioni in essa di tre teste: della Madonna
addolorata e dell’Arcangelo nel recto e di San Pancrazio
nel verso. Mentre curiosa è la figura di Santa Maria
Maddalena, dove la posizione delle braccia e la parte
superiore del corpo, reintegrati da una lastra incisa e
aggiunta in un momento imprecisato, paiono essere
stati ispirati da un affresco raffigurante la stessa santa,
databile alla metà del XIV secolo, presente nel catino
10
24 La notizia è fornita negli appunti
manoscritti di mons. Angelo Chiarini
(AAM, faldone Le Reliquie, cartella Altare
SS. Reliquie, f. 6r).
25 Ringrazio Marco Petoletti per l’analisi paleografica delle due iscrizioni e per
la trascrizione della piccola pergamena.
26 Per la nuova cappella fabbricata nella
chiesa di Santa Maria Nova: cfr. seconda
parte nota 22.
27 AAM, faldone Le Reliquie, cartella
Stampe, disegni dei reliquiari, Stampa Descrittione delle Santissime Reliquie, che processionalmente si trasportaranno il giorno
13. di Maggio 1649. per reponerli nella Capella novamente fabricata dalla Communità
d’esser ivi adorate.
28 Sappiamo che l’orafo milanese Agostino Figini oltre alla Croce processionale
di Montichiari si dedicò al restauro di alcune delle più note oreficerie bresciane.
Nel 1957 si occupò del Tesoro del Duomo Vecchio di Brescia con i restauri della
Stauroteca (G. PANAZZA, Il tesoro delle
Sante Croci nel Duomo vecchio di Brescia,
estratto da “Commentari dell’Ateneo di
Brescia per l’anno 1957”, Brescia 2000, p.
8), della Croce del Campo (G. PANAZZA,
Il tesoro delle Sante Croci…, cit., 2000, p.
22) e del Reliquiario della Santissima Croce
(A. MASETTI ZANNINI, Reliquiario della
Santa Croce della Cattedrale di Brescia, in
“Memorie storiche della diocesi di Brescia”, XXIV, 1957, p. 56). Del 1958 sono
invece i restauri, sempre in città, del Reliquiario della Santa Croce della chiesa
di San Faustino Maggiore e della Croce
processionale della chiesa di Sant’Afra in
Sant’Eufemia (G. PANAZZA, Il tesoro
delle Sante Croci…, cit., 2000, p. 30, nota
40).
Siamo a conoscenza, grazie a un bigliettino ritrovato durante un restauro nel
2004, di un intervento operato da Agostino Figini nell’ottobre 1951 anche nella
Croce stazionale limosina del Museo Poldi
Pezzoli di Milano (P. GALLI, Scheda n.
20: Croce stazionale, in Restituzioni 2004.
Tesori d’arte restaurati, catalogo della mostra a cura di C. BERTELLI, Vicenza 2004,
pp. 126-127).
Santa Maria Maddalena alla terminazione inferiore del recto della Croce
FRESCANTE ANONIMO, Santa Maria Maddalena, particolare. Montichiari, Pieve di San
Pancrazio
11
absidale della navata sinistra della Pieve di San Pancrazio – chiesa da dove ricordiamo la croce proviene
–29. Anche le lamine lungo i bracci e i bordi della croce
risultano spezzate e compromesse in più punti, spesso reintegrate da altre lamine lisce; alcuni frammenti
sono stati pure riposizionati impropriamente, come è
ben visibile nella terminazione sinistra del recto, dove
sotto la figura del San Giovanni evangelista è presente
parte di un’aureola scandita da rosette esalobate, porzione di lamina tolta dalla parte superiore di qualche
altra figura e lì mal ricollocata. Interessante il raffronto
conducibile con una fotografia storica del recto della
croce, scattata in occasione della rassegna d’arte sacra
bresciana del 1904, dove possiamo riscontrare come
tutte le lacune odierne fossero praticamente già presenti nel 1904. Dalla testimonianza si può rilevare l’inserimento successivo, sicuramente dovuto al restauro
del 1958, delle lamine lisce poste a reintegrare le parti
danneggiate ed è possibile notare come la testa della
figura di Santa Maria Maddalena sia oggi parzialmente
staccata e leggermente scesa rispetto al passato30.
Per completare la storia nota del manufatto resta
ancora da menzionare la vicenda che vide la croce,
negli anni venti del secolo scorso, giungere ai Musei
Civici di Brescia. Sappiamo infatti che il 7 luglio 1928
l’avvocato Krajowy Marjan Gubrynowicz di Leopoli
comunicava al Municipio di Brescia e alla Fabbriceria
di Montichiari che la signora Marta Fogliata, coniuge
Fangor, nata a Montichiari nel 1848, figlia di Antonio
Fogliata e Caterina Ambrozzi, in seguito alla morte del fratello avvenuta nel 1924, legava fin d’allora
come ultima discendente della famiglia la Croce dei
Fogliata al Museo di Brescia31. Che la croce per un certo periodo fosse stata al museo bresciano è confermato
da due lettere, rintracciate nell’Archivio Abbaziale di
Montichiari, inviate dall’allora direttore dei Civici istituti d’arte e di storia di Brescia Giorgio Nicodemi al
presidente della Fabbriceria di Montichiari e all’abate
mons. Giovanni Quaranta. Nella prima lettera datata 26 novembre 1927, indirizzata al presidente della
Fabbriceria, Nicodemi, in relazione al trasporto a Brescia della pala del Romanino in occasione di un suo
restauro, ottenuta l’autorizzazione dalla Sovrintendenza di Milano solo rassicurando che egli avrebbe
prima esaminato il dipinto e riferito sulle sue condizioni32, scrive che “tra pochi giorni io verrò a Montichiari
12
29 Per l’affresco con Santa Maria Maddalena nella Pieve di San Pancrazio si
veda: A. CHIARINI, Le trenta Chiese…,
cit., 2004, pp. 19-22.
30 La fotografia storica del recto della
croce si trova in un album fotografico
realizzato in occasione della rassegna
d’arte sacra tenutasi nel duomo vecchio
di Brescia nel 1904 e conservato nella biblioteca della Fondazione Ugo da Como
di Lonato (Esposizione bresciana 1904,
Ricordi d’arte sacra).
31 La notizia è fornita negli appunti
manoscritti di mons. Angelo Chiarini
(AAM, faldone Le Reliquie, cartella Altare
SS. Reliquie, f. 6r).
32 Si tratta della famosa Ultima cena del
Romanino collocata sull’Altare del Santissimo Sacramento del Duomo dell’Assunta di Montichiari. Per la pala si veda:
R. CASARIN, Scheda n. 34: Ultima cena,
in Romanino. Un pittore in rivolta nel Rinascimento italiano, catalogo della mostra
a cura di L. CAMERLENGO, E. CHINI,
F. FRANGI, F. DE GRAMATICA, Milano
2006, p. 182.
Croce processionale dei Fogliata, recto. Fotografia storica conservata in un album fotografico presso la biblioteca della Fondazione Ugo da Como di Lonato (Esposizione
bresciana 1904, Ricordi d’arte sacra)
13
per esaminare il dipinto, e per restituire la Croce che mi fu
consegnata, in vista di una probabile cessione ai Musei, a
titolo di deposito”33. Nella seconda lettera datata 7 dicembre 1927, indirizzata all’abate Quaranta, Nicodemi chiede a quest’ultimo di comunicare al presidente
della Fabbriceria che “domenica p.v., nella mattina, sarò
da Lei per riportare la “Croce”, e per esaminare lo stato della pala del Romanino che si intende di restaurare”34. Due
fonti preziose dunque quelle rinvenute nell’archivio
parrocchiale monteclarense che ci attesterebbero la sicura presenza della croce ai Musei civici di Brescia nel
1927, presenza venuta meno verosimilmente per intervento del presidente della Fabbriceria di Montichiari
e dell’abate mons. Giovanni Quaranta che mediarono
– come si può intendere dalle missive – con il direttore
Giorgio Nicodemi per un ritorno della croce a Montichiari affinché l’antico manufatto non fosse sradicato
dal suo contesto d’origine e non venisse meno il profondo legame, durevole da secoli, tra la croce e il popolo monteclarense.
La bella croce di Montichiari porta con sé non poche
difficoltà, data la problematicità di collocare il manufatto in un preciso ambito di produzione e di definire
pure una giusta cronologia di realizzazione. Le date
suggerite dalla critica, come visto, divergono notevolmente, oscillando addirittura da una possibile datazione alla fine dell’XI secolo e prima metà del secolo
successivo, a una datazione molto più bassa posta alla
fine del XIV secolo. A scanso di equivoci credo che un
buon elemento che possa fornire un appiglio per una
credibile datazione sia l’analisi iconografica.
Mi soffermerei in modo particolare sulla figura del
Cristo crocifisso del recto della croce rappresentato secondo un preciso schema che è quello del Christus patiens, ossia il Cristo morto sulla croce, con la testa reclinata sulla spalla, gli occhi sbarrati, la ferita al costato
e il corpo flesso e incurvato in uno spasimo di dolore.
Tale tipologia iconografica, impiegata in Lombardia
già a partire dall’XI secolo, come attesta la grande Croce di Ariberto da Intimiano realizzata per la distrutta
chiesa milanese di San Dionigi35, avrà un largo e diffuso impiego solo nel corso del XIII secolo, quando
giungerà a soppiantare la più consueta rappresentazione del Christus triumphas, cioè il Cristo trionfatore
sulla morte, raffigurato vivo in posizione frontale, con
testa eretta e occhi aperti. Tale mutamento sarà il ri14
33 AAM, faldone Ospedale e congregaz.
di Carità, cartella 1928 Restauro Quadri.
Chiese diverse (pavimento presbiterio e vetrate del Duomo), Lettera 26 novembre
1927.
34 AAM, faldone Ospedale e congregaz.
di Carità, cartella 1928 Restauro Quadri.
Chiese diverse (pavimento presbiterio e vetrate del Duomo), Lettera 7 dicembre 1927.
35 Per la grande Croce di Ariberto da Intimiano realizzata per la distrutta chiesa
milanese di San Dionigi e ora conservata
nel Museo del Duomo di Milano si veda:
Il Crocifisso di Ariberto. Un mistero millenario intorno al simbolo della Cristianità, catalogo della mostra a cura di E. BRIVIO,
Cinisello Balsamo (MI) 1997.
36 Sull’iconografia del Christus patiens
si veda: G. P. VIOLI, Sull’iconografia del
Christus patiens, in Cimabue a Pisa. La pittura pisana del Duecento da Giunta a Giotto, catalogo della mostra a cura di M.
BURRESI, A. CALECA, Ospedaletto (PI)
2005, pp. 275-279.
37 Per la Croce n. 20 del Museo di San
Matteo di Pisa si veda: L. CARLETTI,
Scheda n. 7: Croce dipinta, in Cimabue
a Pisa. La pittura pisana del Duecento da
Giunta a Giotto, catalogo della mostra a
cura di M. BURRESI, A. CALECA, Ospedaletto (PI) 2005, pp. 109-113.
38 Per il Crocifisso di Giunta Pisano commissionato da Padre Elia per la chiesa
inferiore della basilica di Assisi si veda:
A. TARTUFERI, Giunta Pisano, Soncino
(CR) 1991, pp. 14-15.
39 Per il Crocifisso di Giunta Pisano della chiesa di San Domenico di Bologna: A.
TARTUFERI, Giunta Pisano…, cit., 1991,
pp. 32-37.
40 Per il Crocifisso di Giunta Pisano del
Museo della Basilica di Santa Maria degli
Angeli di Assisi si veda: A. TARTUFERI,
Giunta Pisano…, cit., 1991, pp. 38-45.
41 Per il Crocifisso di Cimabue della chiesa di San Domenico di Arezzo: L. BELLOSI, Cimabue, Milano 1998, pp. 39-44.
42 Per il Crocifisso di Cimabue della
chiesa di Santa Croce di Firenze: L. BELLOSI, Cimabue…, cit., 1998, pp. 96-102.
sultato di un lungo percorso di riflessione cristologica
sviluppatosi in Oriente e diffusosi poi in Occidente,
sulla coesistenza nel Salvatore delle sue due nature,
umana e divina. Solo la morte effettiva di Cristo sulla croce dimostra la sua vera umanità, è con la morte
che l’incarnazione può definirsi reale e compiuta. A
far propria tale cristologia sarà la nuova spiritualità
francescana e forse proprio a tale ordine si deve attribuire la diffusione, dalla prima metà del Duecento in
poi, della nuova iconografia accolta anche sulla scia
dello sviluppo del nuovo stile gotico36. Nella pittura
il primo caso di crocifisso dipinto su tavola nel quale il Salvatore è raffigurato ormai esanime sulla croce
va identificato nella cosiddetta Croce n. 20 del Museo
nazionale di San Matteo di Pisa attribuito a un pittore greco-pisano37. Si dovrà successivamente al pittore
Giunta Pisano l’impiego della nuova iconografia già a
partire da quel Crocifisso commissionato da padre Elia
nel 1236 per la chiesa inferiore della Basilica di Assisi
e oggi perduto38; da lì il modello del Christus patiens,
ormai sdoganato in ambito francescano, sarà accolto
e adottato in maniera capillare. Lo stesso Giunta lo ripeterà nel Crocifisso di San Domenico a Bologna39 e nel
Crocifisso oggi al Museo della Basilica di Santa Maria
degli Angeli ad Assisi40. Tali caratteristiche saranno poi
assunte da Cimabue nel Crocifisso di San Domenico ad
Arezzo41 e nel Crocifisso di Santa Croce a Firenze42. È
proprio in questi bei crocifissi che si può riconoscere la
tipologia del Cristo esibito dalla nostra croce che, oltre
a essere morto, con gli occhi chiusi, le braccia parallele alla traversa della croce e il corpo flesso, presenta
pure una precisa definizione del disegno anatomico
del torace e del ventre tormentati nella muscolatura
fortemente rilevata, mentre anche la tipologia del perizoma, arrotolato sui fianchi e annodato sul davanti
con le due estremità del nodo ricadenti, risulta del tutto analoga.
Se per questi riscontri iconografici lecita risulterebbe
una collazione della croce monteclarense all’interno
del XIII secolo, un particolare che potrebbe precisare
meglio la cronologia necessita di essere indagato, ovvero la posizione dei piedi del Cristo, che si presentano sovrapposti e trapassati da un unico chiodo. Così
leggiamo nell’importante opera d’iconografia Le crucifix des origines au Concile de Trente di Paul Thoby “deux
innovation caractérisent le Christ du XIIIe siècle, la couron15
GIUNTA PISANO, Crocifisso. Assisi, Santa Maria degli Angeli, Museo della Porziuncola
Cristo crocifisso al centro del
recto della Croce
16
CIMABUE, Crocifisso. Arezzo, chiesa di San
Domenico
17
ne d’épines et le croisement des pieds”43. Una caratteristica
dunque, quella dei piedi incrociati, che discriminerà
le crocifissioni dal Duecento in poi, e che in Italia ritroviamo per la prima volta impiegata nella scultura
gotica, come evidente nella lastra con la Crocifissione
del pulpito del battistero di Pisa datato 126044 e nella
lunetta con la Deposizione che sovrasta il portale sinistro del Duomo di San Martino di Lucca45, entrambe
opere di Nicola Pisano. Tale caratterizzazione assunta dalla scultura, verrà in seguito accolta anche dalla
pittura, come riscontrabile ad esempio in un Crocifisso
dipinto su tavola, della seconda metà del XIII secolo, del Museo statale d’arte medievale e moderna di
Arezzo46, per poi sul finire del secolo essere impiegata
anche da Giotto nel Crocifisso di Santa Maria Novella47
elevandola così a costante per tutte le crocifissioni successive.
Sulla scorta di questa analisi, proprio la presenza dei
piedi sovrapposti e trapassati da un unico chiodo, può
suggerire anche per la croce processionale di Montichiari una datazione alla seconda metà del XIII secolo,
non scartando però l’eventualità di una possibile esecuzione già da porsi agli inizi del secolo successivo,
sempre tenendo conto del forte conservatorismo connesso all’arredo liturgico, le cui forme, attestate e consolidate da una lunga tradizione, spesso difficilmente
possono accogliere le nuove tendenze e i rinnovati gusti stilistici al passo di arti molto più progressiste e riformatrici quali sono appunto quelle plastiche e quelle
figurative.
Un altro elemento iconografico, a sostegno di una
possibile datazione della croce alla seconda metà del
Duecento-primo Trecento, è riscontrabile anche nel
verso della croce, nell’Uomo alato simbolo dell’evangelista Matteo. Si può notare infatti come nella figura,
di quello che di fatto è un angelo posto di tre quarti,
sia presente nella parte bassa del retro della veste panneggiata un libero svolazzo, ossia un lembo di tessuto
mosso e alzato dal vento in maniera abbastanza antinaturalistica. è proprio tale elemento che, dal carattere
fortemente bizantineggiante, è possibile rintracciare in
una serie di figure angeliche presenti in affreschi assegnabili alla seconda metà del XIII secolo. A Brescia ad
esempio tale caratterizzazione si può vedere nell’angelo della bella Annunciazione della chiesa di San Zenone
all’Arco databile intorno al 129248 o anche nel simbolo
18
43 P. THOBY, Le crucifix des origines au
Concile de Trente, Nantes 1959, p. 156.
44 Per il Pulpito di Nicola Pisano del
battistero di Pisa si veda: A. FIDERER
MOSKOWITZ, II. A Revolution in Form
and Content: The Pisa Baptistery Pulpit, in
Nicola & Giovanni Pisano. The pulpits, a
cura di A. FIDERER MOSKOWITZ, Londra 2005, pp. 35-59, fig. 45.
45 Per la lunetta con la Deposizione del
portale sinistro del Duomo di San Martino di Lucca si veda: E. CASTELNUOVO,
Nicola Pisano, Milano 1966, s.p., fig. I.
46 Per il Crocifisso del Museo statale
d’arte medievale e moderna di Arezzo si
veda: A. M. MAETKE, Scheda n. 8: Crocifisso dipinto, in Il Museo statale d’arte medievale e moderna in Arezzo, a cura di A. M.
MAETKE, Firenze 1987, p. 45.
47 Per il Crocifisso di Giotto della chiesa di Santa Maria Novella di Firenze si
veda: M. SEIDEL, “Il crocifixo grande che
fece Giotto”. Problemi stilistici, in Giotto.
La Croce di Santa Maria Novella, a cura di
M. CIATTI, M. SEIDEL, Firenze 2001, pp.
65-157.
48 Per l’Annunciazione della chiesa di
San Zenone all’Arco di Brescia si veda:
L. ANELLI, La decorazione affrescata di S.
Zenone all’Arco, in S. Agata. La chiesa e la
comunità, Brescia 1989, p. 297.
Cristo crocifisso al centro del recto della
Croce, particolare dei piedi sovrapposti
NICOLA PISANO, Pulpito, particolare. Pisa, battistero
19
dell’evangelista Matteo nelle volte del presbiterio del
Duomo Vecchio affrescate intorno agli anni SettantaOttanta del Duecento49. Gli affreschi bresciani, veicolo
della cultura bizantina mossa da Venezia verso Milano,
chiamano in causa un’altra importante Annunciazione
lombarda datata intorno al 1290, ovvero quelle due
parti d’affresco che, staccate dell’arco trionfale dalla
chiesa milanese di San Giovanni in Conca, sono ora
collocate nel Museo d’arte antica del Castello Sforzesco, dove ancora nella figura dell’angelo annunziante è
possibile riscontare un libero sbuffo della veste segnata da
panneggi fortemente lumeggiati50. Nella croce monteclarense deve essere messo in risalto però anche un altro particolare iconografico, retaggio di chiara matrice
bizantina, cioè la resa delle mani di alcuni personaggi,
soprattutto del Cristo pantocratore. Una modalità definita “a forchetta” per la forma delle dita fortemente
allungate e affusolate che anche in questo caso trova il
suo prototipo nella pittura bizantina. Un esempio di
oreficeria dove è possibile notare tale tipologia di resa
delle mani è nel gruppo della Madonna con il Bambino tra
angeli conservato in passato sull’altare donato da Pio
IV al Duomo di Milano e successivamente trasferito
nell’annesso Museo, un interessante caso di sculturaoreficeria assegnata all’ambito centro italiano di fine
Duecento51.
Qualche parola va spesa anche per il bellissimo rameggio fitomorfo che sta alla base dei bracci della croce costituito da un avviluppo di girali di vite con foglie
e grappoli d’uva. Una decorazione per la verità molto
ricorrente, che ritroviamo già a partire dai sarcofagi
della tarda antichità sino ad arrivare all’epoca moderna, dato il binomio stabilito tra Cristo e la vite nel XV
capitolo del Vangelo di Giovanni “Io sono la vera vite, il
Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta
frutto, lo taglia, quello che porta frutto, lo pota, perché frutti
di più […] Come il tralcio non può da sé portare frutto, se
non rimane unito alla vite, così nemmeno voi, se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci; chi rimane in me ed io
in lui, questi porta molto frutto; perché senza di me non potete far niente […]”52. La vite che avvolge il legno della
croce è dunque metafora della vittoria di Cristo sulla
morte. Cristo con il suo estremo sacrificio ha vinto il
peccato versando il suo sangue per la redenzione degli uomini; il vino eucaristico, simboleggiato dai grappoli d’uva, è offerto a noi uomini per la nostra salvez20
49 Per la decorazione del presbiterio
del Duomo Vecchio di Brescia si veda:
M. ROSSI, Gli affreschi duecenteschi, in La
rotonda di Brescia, a cura di M. ROSSI, Milano 2004, pp. 41-48.
50 Per l’Annunciazione proveniente dalla chiesa milanese di San Giovanni in
Conca si veda: M. BOSKOVITS, Pittura e
miniatura a Milano: Duecento e primo Trecento, in Il Millennio ambrosiano. La nuova
città dal Comune alla Signoria, a cura di C.
BERTELLI, III, Milano 1989, pp. 47-50;
G. VALAGUSSA, Scheda: Angelo annunziante, in Pittura a Milano dall’Alto Medioevo al Tardogotico, a cura di M. GREGORI,
Cinisello Balsamo (MI) 1997, pp. 201-202,
tav. 25.
Ringrazio Federico Riccobono per avermi suggerito i confronti.
51 Per il gruppo della Madonna con Bambino tra angeli del Museo del Duomo di
Milano si veda: M. COLLARETA, La Madonna col Bambino tra angeli nel Museo del
Duomo di Milano, in Giornate di studio in
ricordo di Giovanni Previtali, a cura di F.
CAGLIOTI, “Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa”, s. 4, 9/10, 2000,
pp. 29-32.
Ringrazio Chiara Spanio per avermi suggerito il confronto.
52 Vangelo di Giovanni 15, 1-7.
53 Per la Croce processionale della chiesa
della Santa Trinità di San Gallo frazione
di Botticino si veda: Catalogo illustrato…,
cit., 1904, p. 94, n. 82; G. PANAZZA, L’arte gotica…, cit., 1963, pp. 927-928. La croce di proprietà della signora Teresa Marchetti pare sia stata venduta negli anni
quaranta a un museo americano. Non
conosco l’ubicazione odierna della croce.
54 Per il tema del Lignum vitae si veda:
R. PELLATI, Maestro dell’Albero della Vita,
in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Le origini, a cura di M. BOSKOVITS,
Bergamo 1991, pp. 187-211; E. COZZI,
Sull’iconografia del Lignum vitae bonaventuriano: due affreschi di primo Trecento in
Friuli, in In hoc signo. Il tesoro delle croci, a
cura di P. GOI, Milano 2006, pp. 84-93; L.
CRUSVAR, La Croce della vita nell’iconografia del XIV secolo. Due esempi dell’arte
orafa tra Venezia, Aquileia e Trieste, in In
hoc signo. Il tesoro delle croci, a cura di P.
GOI, Milano 2006, pp. 99-101.
55
Per la Croce del Campo del Tesoro
del Duomo Vecchio di Brescia si veda: F.
STROPPA, Scheda n. 61: Croce del Campo
e dell’Orifiamma, in Il Medioevo delle Cattedrali. Chiesa e impero: la lotta delle immagini (secoli XI e XII), catalogo della mostra
a cura di A. C. QUINTAVALLE, Milano
2006, pp. 593-598.
56 Per la Croce processionale conservata
nei Musei civici di Santa Giulia si veda:
A. PERONI, L’oreficeria dei secoli XV e
XVI, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964,
pp. 727-728.
za, solo chi beve il vino della vite è in comunione con
Dio, mentre chi si stacca dalla vite è destinato a seccare
come il legno della croce senza Cristo.
Avviandoci alla conclusione ancora da analizzare
resta l’aspetto stilistico del manufatto. Come visto
nella fortuna critica, l’oreficeria monteclarense è stata
affiancata ad alcune croci di ambiti diversi. Nel bresciano un accostamento è stato proposto con la Croce processionale della chiesa della Santa Trinità di San
Gallo frazione di Botticino, oggetto datato dal Panazza al XIV secolo, purtroppo finito in mano privata e
successivamente venduto53. Dalle poche fotografie
che si conservano del manufatto parrebbe possibile
avanzare, per la tipologia del Cristo crocifisso appeso alla croce, con braccia inarcuate e corpo cadente,
una datazione di qualche anno successiva alla croce
di Montichiari collocando il manufatto entro la prima
metà del XIV secolo. Molto interessante risulta, nella
croce di Botticino, la frastagliatura che caratterizza i
bordi dei bracci, tutti percorsi da un profilo segnato
da prominenze che suggeriscono un altro importante
tema iconografico che è quello del Lignum vitae, ossia
la figura del Cristo crocifisso issato al centro di un albero con rami frondosi, immagine diffusasi a partire
proprio dall’inizio del Trecento e che trova la sua fonte
d’ispirazione in testi francescani, in primis l’opera di
Bonaventura da Bagnoreggio dal titolo per l’appunto
Lignum vitae54. Nel bresciano non si conoscono, poiché sicuramente andate perdute nel corso della storia
– data la facilità con la quale questi preziosissimi oggetti venivano venduti, rubati o rifusi in momenti di
necessità –, altre croci duecentesche o trecentesche; le
croci di Montichiari e di Botticino sono gli unici due
esemplari superstiti di un lungo lasso di tempo che va
dalla Croce del Campo del Tesoro del Duomo Vecchio
di Brescia, databile tra la fine dell’XI e gli inizi del XII
secolo55, alla Croce processionale quattrocentesca conservata ai Musei civici di Santa Giulia56.
Per la verità un’altra croce è stata ritenuta in passato
un manufatto bresciano del Trecento e pure affiancata alla croce di Montichiari: la Croce processionale del
Tesoro di San Giusto di Susa, oggi conservata presso
il Museo diocesano di arte sacra di Susa. Fu infatti
del Guerrini l’identificazione di quell’“johanes bos de
zuini”, indicato nella scritta corrente in una targhetta posta nel recto dell’oggetto, con un orafo di Zuino,
21
cioè Gargnano in provincia di Brescia. Assegnata al
XIV secolo e ritenuta possibilmente bresciana dal Panazza, la croce viene invece fissata alla seconda metà
del Trecento dal Romano che la reputa prodotto locale
di un artista immigrato dalla Lombardia. La croce di
Susa, successiva dunque alla croce monteclarense e diversa nella tipologia delle terminazioni a fleurs de lys
e nella figura di Cristo appeso alla croce, con braccia
inarcuate e corpo cadente, molto più vicino alla croce
di San Gallo di Botticino, porta con sé dunque più divergenze che somiglianze con il nostro manufatto. Un
punto in contatto fra i due oggetti è però ravvisabile nel tema della Maiestas Domini affrontato nel recto,
con il Cristo Pantocratore chiuso in una mandorla fra
i quattro simboli dei Viventi. Una simbologia, quella
della mandorla, posta a indicare, con i suoi due punti
di congiunzione – in alto e in basso –, l’inizio e la fine
di ogni cosa, così come si presenta Dio nel XXII capitolo dell’Apocalisse “Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e
l’ultimo, il principio e la fine”57. Immagine che tenderà a
essere superata nelle croci processionali più tarde per
lasciare posto alla sola figura isolata di Dio Padre benedicente attorniato nei quattro bracci dagli Evangelisti58.
Riguardo la terza Croce processionale proposta per
confrontati, quella della chiesa dei Santi Giusto e Clemente di Partigliano in provincia di Lucca, benché decisamente più tarda rispetto alla nostra, poiché riferibile al secondo quarto del XV secolo, e pure mutila del
Cristo crocifisso, qualche generica assonanza è da ravvisarsi nelle terminazioni polilobe e nella decorazione
di fondo dei bracci percorsi da un sinuoso rameggio
fitomorfo avvolto in girali59.
Possiamo affermare che la croce processionale di
Montichiari sia un’eccezionale testimonianza orafa collocabile nella seconda metà del Duecento o al
massimo alle soglie del secolo successivo, tuttavia un
manufatto abbastanza isolato nel panorama delle arti
suntuarie lombarde e più in generale dell’Italia settentrionale. L’opera aggiornata per taluni tratti, come l’iconografia del Cristo crocifisso e il naturalismo esibito
attraverso la trama vegetale che fa da sfondo alla rappresentazione, alle coeve temperie culturali, porta con
sé anche alcuni retaggi di matrice romanico-bizantina,
distinguibili soprattutto nei volti dei personaggi non
sostituiti, così caratterizzati e distinguibili, da poter
22
57 Apocalisse 22, 13.
58 Per la Croce processionale del Tesoro
di San Giusto di Susa si veda: P. GUERRINI, Una croce di artefice bresciano alla
Novalesa?, in “Brixia Sacra”, a. 10, 1919,
p. 189; G. PANAZZA, L’arte gotica…,
cit., 1963, p. 928; G. ROMANO, Scheda
n. OR.6…, cit., 1977, pp. 147-148; L. MARINO, Scheda n. VI.3…, cit., 2006, pp.
166-167.
59 Per la Croce processionale della chiesa
dei Santi Giusto e Clemente di Partigliano si veda: S. RUSSO, Scheda n. 92: Croce,
in Oreficeria sacra a Lucca. Dal XIII al XV
secolo, a cura di C. BARACCHINI, II, Firenze 1993, pp. 242-243.
60 Ringrazio Marco Rossi per avermi
suggerito il confronto.
61
Per la Croce processionale del Tesoro della Cattedrale di Padova si veda: A.
M. SPIAZZI, S. GIULIETTI, Scheda n.
3: Croce processionale, in Restituzioni ’91.
Quattordici opere restaurate, catalogo della
mostra a cura di F. RIGON, Vicenza 1991,
pp. 17-20.
62 Per la Croce di Pellegrino II del Duomo
di Cividale del Friuli si veda: C. GABERSCEK, Scheda n. I.9: Croce di Pellegrino II,
in Ori e tesori d’Europa. Mille anni di oreficeria nel Friuli-Venezia Giulia, catalogo
della mostra a cura di G. BERGAMINI,
Milano 1992, p. 35; M. COLLARETA,
Intorno alla “Croce dei principi” del tesoro
del Duomo di Gorizia, in Studi di oreficeria,
a cura di A. R. CALDERONI MASETTI,
supplemento a “Bollettino d’Arte”, n. 95,
1996, pp. 108-109. Il Gaberscek propone
per la croce una datazione alla seconda
metà del Duecento – eccezion fatta per le
figure dei lobi delle estremità che ritiene
posteriori – mentre il Collareta è più propenso per una dazione alla prima metà
del secolo successivo.
essere assunti a cifra distintiva del maestro orafo che
ebbe a realizzare tale croce. Un interessante accostamento per tali fisionomie così marcate, quasi fossero
maschere, può essere condotto con due teste in pietra scolpite nei due peducci della volta orientale della
grande crociera tardo-duecentesca del presbiterio del
Duomo Vecchio di Brescia60.
Nella difficile ricerca di oreficerie comparabili al nostro manufatto, il raffronto con una croce più antica,
ancora completamente intrisa di cultura romanicobizantina, quale la Croce processionale del Tesoro della
Cattedrale di Padova datata al 122861, fa meglio cogliere come nella croce di Montichiari sia già avvenuto in
parte quello scatto, quello sbalzo culturale che porterà
a una fase intermedia, che vedrà per un certo periodo
la coesistenza di forme ancora stereometriche di derivazione romanica accanto a forme già più morbide,
dal dinamismo più sciolto, segni della nuova riflessione gotica.
L’innovazione nella croce, come visto, sta soprattutto nel Cristo crocifisso distinto nella sua aggiornata
iconografia. In questo senso, un parallelo pertinente
con la nostra opera, può essere condotto con la grande
Croce di Pellegrino II del Duomo di Cividale del Friuli,
dove sostenibili accordi sono infatti rilevabili proprio
nel tipo di Cristo crocifisso a braccia parallele alla traversa della croce, corpo leggermente flesso, testa reclinata, occhi chiusi e soprattutto piedi già sovrapposti
e trapassati da un unico chiodo. La croce friulana ha
subito rimaneggiamenti, infatti laddove il Cristo e i
bracci della croce sono databili tra la seconda metà del
XIII secolo e il primo XIV, le terminazioni sono invece
probabilmente di età successiva62.
Per la decorazione di fondo naturalistica, assente
nella Croce di Pellegrino II e invece così fortemente esibita dal nostro manufatto, possono essere chiamate
in causa per confronti invece altre due croci, sempre
di area veneta-friulana, anche se successive: la cosiddetta Croce dei principi, oggi facente parte del Tesoro
del Duomo di Gorizia ma proveniente dal Tesoro del
Duomo di Aquileia, datata al terzo-quarto decennio
del XIV secolo, e la Croce di Alda de Giuliani del Tesoro della Cattedrale di San Giusto di Trieste datata
1383. La croce oggi a Gorizia, dall’iconografia legata
al tema del Lignum vitae con i bracci che imitano due
tronchi di legno tagliati, segnati con estrema veridicità
23
MANIFATTURA VENETA, Croce dei principi.
Gorizia, Tesoro del Duomo
24
MANIFATTURA VENETA, Croce di Alda de Giuliani.
Trieste, Tesoro della Cattedrale di San Giusto
25
SCULTORE ANONIMO, Testa. Brescia,
Duomo Vecchio
26
63 Per la Croce dei Principi ora nel Tesoro del Duomo di Gorizia si veda: L. CRUSVAR, Scheda n. IV.7: Croce dei Principi,
in Ori e tesori d’Europa. Mille anni di oreficeria nel Friuli-Venezia Giulia, catalogo
della mostra a cura di G. BERGAMINI,
Milano 1992, pp. 122-123; M. COLLARETA, Intorno alla “Croce dei principi”…, cit.,
1996, pp. 107-112; L. CRUSVAR, La Croce
della vita…, cit., 2006, pp. 96-99.
64 Per la Croce di Alda de Giuliani del
Tesoro della Cattedrale di San Giusto di
Trieste si veda: G. CUSCITO, Scheda n.
II.16: Croce di Alda Giuliani, in Ori e tesori
d’Europa. Mille anni di oreficeria nel FriuliVenezia Giulia, catalogo della mostra a
cura di G. BERGAMINI, Milano 1992,
pp. 68-69; L. CRUSVAR, La Croce della
vita…, cit., 2006, pp. 101-106.
65 Per la Croce processionale di Chiaravalle ora nel Tesoro del Duomo di Milano si
veda: L. CASSANELLI, La croce di Chiaravalle e le croci veneziane in cristallo di rocca,
Padova 2002; M. DE GIORGI, Scheda n.
79: Croce di Chiaravalle, in Torcello alle origini di Venezia tra occidente e oriente, catalogo della mostra a cura di G. CAPUTO,
G. GENTILI, Venezia 2009, p. 178.
da nodosità e protuberanze, è percorsa da una fitta trama
di viticci a grosse foglie pentalobate che, benché privi di
frutti, bene posso essere accostati alla trama fitomorfa
che sta alla base della nostra croce63. Anche la croce
triestina, dalle potenze lineari, presenta un fondo segnato da un rigoglioso intreccio floreale costellato da
smalti traslucidi esalobati sul quale le figure sbalzate
si staccano ed elevano esattamente come avviene nella croce monteclarense benché più antica64. Alla base
di questi manufatti corre dunque una sottile dottrina cristologica alimentata dal legame Cristo-Croce: il
legno del supplizio, irrorato e fertilizzato dal sangue
del Redentore si anima gettando foglie, fiori e frutti.
Attraverso il suo estremo sacrificio Cristo ci dona la
vita facendo sì che la croce, simbolo di morte, divenga
strumento di redenzione e salvezza.
Al termine ancora un’ultima oreficeria merita di essere segnalata per un attinente riscontro, ed è la Croce
processionale di Chiaravalle, sapiente manufatto di commistione tra oreficeria veneta e lombarda proveniente
dall’omonimo monastero milanese e oggi conservata
nel Tesoro del Duomo di Milano. La croce databile ai
secoli XIII e XIV, con rimaneggiamenti successivi, presenta nel recto un’elegante intelaiatura a filigrane che,
nel motivo proposto a molteplici volute concluse da
piccole sfere, trova una puntuale corrispondenza nelle
filigrane dei nimbi del Cristo crocifisso del recto e del
Cristo pantocratore del verso della Croce di Montichiari65.
Pare lecito chiudere rimarcando l’importante significato che un siffatto manufatto possa e debba assumere
per la memoria storica del suo popolo e della sua comunità. Un significato basato su un legame ininterrotto e sottolineato in maniera emblematica nella vicenda connessa alle volontà dell’ultima discendente della
famiglia Fogliata di donare il bel manufatto ai Musei
civici di Brescia; lascito, come visto, mai avvenuto per
mediazione dell’abate e del presidente della Fabbriceria di Montichiari che ritennero probabilmente opportuno non separare la croce dal suo contesto d’origine e
dal suo popolo.
Un popolo che giustamente oggi merita di poter
conoscere la storia della sua croce e al quale rivolgiamo questo contributo auspicandoci di essere riusciti,
almeno in parte, in questo intento.
27
Cristo crocifisso, particolare della
testa e dell’aureola
28
Manifattura veneta e lombarda, Croce di Chiaravalle,
particolare. Milano, Tesoro del Duomo
29
Il recto della Croce
30
31
Cristo crocifisso al centro
del recto della Croce
32
33
Madonna addolorata alla terminazione
destra del recto della Croce
34
35
San Giovanni evangelista alla terminazione
sinistra del recto della Croce
36
37
Arcangelo alla terminazione superiore
del recto della Croce
38
39
Santa Maria Maddalena alla terminazione
inferiore del recto della Croce
40
41
Il verso della Croce
42
43
Il verso della Croce, particolare dell’incrocio
dei bracci e della terminazione destra
44
45
Il verso della Croce, particolare dell’incrocio
dei bracci e della terminazione sinistra
46
47
Il verso della Croce, particolare dell’incrocio dei bracci e
della terminazione superiore
48
Il verso della Croce, particolare della terminazione
inferiore
49
Cristo pantocratore al centro
del verso della Croce
50
51
Uomo alato simbolo dell’evangelista Matteo alla terminazione
destra del verso della Croce
52
53
Toro alato simbolo dell’evangelista Luca alla terminazione
sinistra del verso della Croce
54
55
Aquila simbolo dell’evangelista Giovanni alla terminazione
superiore del verso della Croce
56
57
Leone alato simbolo dell’evangelista Marco alla terminazione
inferiore del verso della Croce
58
59
San Pancrazio (?) sotto il Cristo pantocratore
nel verso della Croce
60
61
Profilo sinistro della
Croce
62
63
64
Scatola
di biglietti da visita con le reliquie estratte dalla Croce nel 1929
65
Piccola pergamena trecentesca riportante i nomi di alcuni santi
le cui reliquie erano contenute in passato nella Croce
Frammento osseo con iscrizione illeggibile contenuto
in passato nella Croce
66
Frammento di manoscritto trecentesco avvolto con
alcune reliquie contenute in passato nella Croce
67
Appendice Documentaria*
1.
1617, 25 agosto, Montichiari
ASBs, Comune di Montichiari, busta 43, Registro I, ff. 187v-188r
Die 25 Augusti 1617 /
Jn Cons.o Comunis Montisclari etc. nel qual cons.o letta la notta delle ss.me Reliquie /
ritrovate nella Croce grande, quale sono di molta importanza et molte cose /
dette e sta posta parte Che vole sian parte di esse ss.me Reliquie riposte /
nella s.ma Croce dove prima erano ad ellectione del M. R.do D. Baldessar /
Baratti acio con essa si possa benedir le nuvole si come per avanti /
si faceva, quale nuvole miracolosam.te si vedevano esser fugate /
dal aspetto et segno di d.a s.ma Croce : qual medemam.te s.ma Croce sia /
posta nel Reliquiario dove saran poste l·altre ss.me Reliquie ne possia /
quella essere mai portata a morti o processionalm.te se non alli morti della /
famiglia di fogliati iusta l·antico privilegio suo che gli fu concesso /
da questo Comune per haver uno di d.a famiglia ritrovata detta /
s.ma Croce, et datta al Comune nostro con quella riverenza pero /
converra esser portata : L·altre veram.te ss.me Reliquie cosi quelle /
che erano in detta Croce come anco tutte l·altre ss.me Reliquie siano /
tutte poste in un Reliquario che doveva esse fatto nella Chiesa /
Maggiore di questa terra sotto quattro o cinqȝ chiavi ad ellectione /
delli Deputati saranno elletti, et per portar quelle processionalm.te /
sia fatto un beliss.mo Tabernacolo con cristali trasparente et in esso /
siano poste esse ss.me Reliquie, et poi portate sotto baldacchino da /
doi Religiosi : quali Deputati saranno elletti debbono haver fatto /
far d.o tabernacolo da qui al mese di settembre nel qual tempo //
sara medemam.te raccomodata detta s.ma Croce, et dovendovi per quindici giorni aváti /
il giorno destinato di far la ditta Processione far sonar le campane tutte di questa /
terra per allegrezza acio che spargendosi la fama di tal Processione che solene -/mente dovera essere fatta possano venir li Popoli circúvicini ad honorar un /
tanto s.mo tesoro : Quali Deputati, saranno elletti habbino di haver cura parti -/colare di far tutta quella maggior solemnità sia possibile per honorar et /
riverir esse ss.me Reliquie che cosi questo cons.o li prega et supplica, Le quali /
tutte cose siano fatte a spese di questo Comune : et medemam.te habbino /
cura di levar una scomunica Papale contro quelli che con puoco timor /
di sua Divina Maestà hanno rubbate l·altre s.me Reliquie quale se saran /
restituite siano medemam.te riposte nel logo delle altre : et in oltre detti /
Dep.ti che saranno elletti faciano far inventario aucth.o et il nome di esse /
ss.me Reliquie sia medemam.te scritto et intagliato in pietra viva, et posto in /
loco dove possa esser veduto cosi del tempo et dell·haver ritrovata detta /
s.ma Croce com·anzi dette ss.me reliquie et recognition di esse, et le chiavi /
che saranno poste ad esse ss.me Reliquie una sia consegnata al R.do Ś. Arcip.te /
68
nostro, una ad uno della casa o famiglia de fogliati, l·altra al Capel -/lano che per li tempi sara della scola del s.mo Sacram.to del Corpo di N. S. /
Giesu Xṕtu mentre pero sia originario di questa terra, et l·altra al /
Canc.e del Comune, et un·altra alli Deputati che per tempora saranno /
elletti al culto et riverenza di esse ss.me Reliquie pero che vole come s.a /
mette la sua balla nella bissola bianca et che non in verde, et datis /
obtinuit ut s.a_____________________________________A 39 N. _____________
ellicti fuerunt infri pro Deputatis /
D. Virginio Trecani
D. Lauro Picinelli
D. Maffeo Trecani
D. Horatio Bittini
D. Battistino Fogliata
69
ASBs, Comune di Montichiari, busta 43, Registro I, f. 187v
70
ASBs, Comune di Montichiari, busta 43, Registro I, f. 188r
71
2.
1617, 16 ottobre, Montichiari
AAM, faldone Le Reliquie, cartella Autentiche delle sante reliquie (già conservate in
una cartella nell’area dell’altare), Istrumento 2
Jn Xpĭ noňe & Anno Dňi ab eiusdem Nattivitate Millĕ /
sex.mo decimo septimo Ind.e ultima die vero decimo sexto /
mĭs Octobris in Ecclesia parochiali Terrę Montisclari /
et ad Altare magnum d.ę Ecclesię in cont.ę Plateę /
Presentibus sp. : d. Jullio Causino Consule, ac sp. /
D.D. Verginio Trecano Procuratore Mapheo Trecano /
sindico, Lauro Picinello, et Horatio Bittino oĭbus /
Deputatis à Comune Montisclari ad hanc pręci -/pue finem ellectis ac testibus rogatis. /
Cum iam multis Annis adinventa fuerit S.ma Crux Argentea /
cum multis in ea reconditis S.mi diversorum Santorum /
Santarumqȝ Virginum, Martirum, Confessorum, ac Dňi /
nostri Jesu Christi, et S.mę Matris Virginis Marię reli -/quijs, quę cum à tempore dictę Jnventionis citra fue -/rit penes Comuni Montisclari, et à Christi fidelibus /
maxima cum veneratione culta, et adorata, et quia /
propter nimian illius vetustatem corrosa, et col /
lisa reperiebatur fuit propterea per pubblicum /
decretum, publicamqȝ partem captam in Consiglio /
ipsius Terrę sanccitum, ordinatum, et deliberatum //
S.am Crucem prędictam aptandam S.asqȝ Reliquias per /
dictos in Sanctuario sive Reliquiario ponendas, et e[x] /
illis non nullas seligendas esse quę magis vim, e[t] /
potentiam pro fugandis nimbis, fulminibus, e[t] /
tempestatibus haberent unde pro debita promis[sa] -/rum exequŏne Admodum Re.dus D. Baldessar de Ba -/rattis ad hunc pręcipue effectum deputatus, et /
in quem coĕ prędictum maxime se confidit ad / &
pręsentiam sp.tos testium, et mei not.i infrĭ /
accesso prius ad Sanctuarium prędictum, et acceptis /
pro debito cultu, et riverentia multis luminibus /
ac sacris indutus infraš Sanct.mas se legit reliquias /
quarum noĭa inferius descripta, et registrata /
videntur ceteras omnes alias, quę prius in d.a S.ma /
Cruce reperiebantur, cum alijs S.mis Reliquijs ipsius /
met Coĭs unitas in Sanctuario, sivè reliquiario /
prędicto relinquendo easqȝ pariter cum proprio cuiusqȝ /
Sanctiss.mę Reliquię nomine inscripta pagina sig -/nandas duxit Ѵȝ _________________________________
S.ti Martini, s.ti Christophori, s.ti Blasij, s.ti Eusebij /
s.ti Sebastiani, s.tę Brigidę Virginis, quas pariter /
ss.tas omnes descriptas Reliquias p.tus Admodum //
Re.dus D. Baldhesar eius propria sacrata manù in d.a /
S.ma Cruce reposuit, dimisit, et clausit jn quorum /
fidem & et testimonium hoc pręsens Jnstrumentum /
72
Ego Petrus Franchinus Not.s Rog.s scripsi, una cum /
p.to Sp. D. Virginio Trecano pro >.do Not.o requisito /
ex solito meo tabelĭ signo sub.si _____________________
Et quia Ego Verginius Trecanus pro >.do Not.o requi -/situs sub.si & ___________________________________
Et quia Ego Petrus Franchinus f. q. domini Francisci /
de Monteclaro publicus Veneta aucth.e /
not.s sup.tis omnibus presens et de eis rog.s /
fui ideo in fidem et testimonius me /
cŭ solito meo tabell.s signo sub.si Ѵȝ _________________
Ego pariter Virginius Trecanus de Monteclaro /
incola Brixie veneta aucth.e not.s et /
rog.s pro secundo not.rio fidem facio in oĭbus /
[...] et in eorurum testimonium me solito meo /
Tabell.s signo sub.si & ____________________________
__________________________________________________
* Si è deciso di rispettare nella trascrizione dei documenti l’ortografia, le punteggiature e le abbreviazioni
del testo originale. Ringrazio Carlo Sabatti per l’aiuto nella trascrizione del doc. 2.
73
AAM, faldone Le Reliquie, cartella Autentiche delle sante reliquie (già conservate in una cartella
nell’area dell’altare), Istrumento 2
74
AAM, faldone Le Reliquie, cartella Autentiche delle sante reliquie (già conservate in una cartella
nell’area dell’altare), Istrumento 2
75
AAM, faldone Le Reliquie, cartella Autentiche delle sante reliquie (già conservate in una cartella
nell’area dell’altare), Istrumento 2
76
AAM, faldone Le Reliquie, cartella Stampe, disegni dei reliquiari, Stampa Descrittione delle Santissime
Reliquie, che processionalmente si trasportaranno il giorno 13. di Maggio 1649. per reponerli nella Capella
novamente fabricata dalla Communità d’esser ivi adorate
77
AAM, faldone Ospedale e congregaz. di Carità, cartella 1928 Restauro Quadri. Chiese diverse (pavimento
presbiterio e vetrate del Duomo), Lettera 26 novembre 1927
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AAM, faldone Ospedale e congregaz. di Carità, cartella 1928 Restauro Quadri. Chiese diverse (pavimento
presbiterio e vetrate del Duomo), Lettera 26 novembre 1927
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AAM, faldone Ospedale e congregaz. di Carità, cartella 1928 Restauro Quadri. Chiese diverse (pavimento
presbiterio e vetrate del Duomo), Lettera 7 dicembre 1927
80
81
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(secoli XI e XII), catalogo della mostra a
cura di A. C. QUINTAVALLE, Milano 2006,
pp. 593-598
Desidero ringraziare quanti, in fasi diverse della ricerca, mi hanno aiutato e
consigliato: Maria Grazia Albertini Ottolenghi, Paola Bosio, Giovanni Cigala, Valentina Ferrari, don Giuseppe Fusari, Stefano Lusardi, Marco Petoletti, Federico Riccobono, Marco Rossi, Carlo Sabatti, Cristian Spagnoli,
Chiara Spanio, Virgilio Tisi, Kendra Trombini. Estendo il ringraziamento a
Basilio Rodella e all’abate mons. Gaetano Fontana che hanno voluto questo
studio e rivolgo un pensiero a mons. Angelo Chiarini che con i suoi studi
ha contribuito favorevolmente alla conoscenza della storia di Montichiari.
G. CIGALA, La croce “dei Fogliata”, in “La
Vita Monteclarense”, a. XLVIII, n. 9, 2007,
p. 9
M. DE GIORGI, Scheda n. 79: Croce di Chiaravalle, in Torcello alle origini di Venezia tra
occidente e oriente, catalogo della mostra a
cura di G. CAPUTO, G. GENTILI, Venezia
2009, p. 178
Abbreviazioni
= Archivio Abbaziale di Montichiari
asbs = Archivio di Stato di Brescia
aam
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85
Finito di stampare il mese di aprile 2011
da BAMSphoto
www.bamsphoto.it
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