EDOUARD BRASEY Trattato di Vampirologia Ad opera di Abraham

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EDOUARD BRASEY Trattato di Vampirologia Ad opera di Abraham
EDOUARD BRASEY
Trattato di Vampirologia
Ad opera di Abraham Van Helsing. Dottore in Medicina, Filosofia e Belle Lettere
CAIRO - EDITORE
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SOMMARIO:
Premessa
PARTE 1. LA PRESENZA DEI VAMPIRI NEL MONDO
I. Avvertenza
II. La donna vampiro delle origini
III. Lilith, la prima donna vampiro
IV. Lamia ed Ecate
V. Le stigi
VI. Larve e lemuri
VII. I precursori dei vampiri nel Medioevo
VIII. I draug scandinavi
IX. I masticatori di sudari
X. Reviviscenza del vampirismo nel XVIII secolo
XI. I grandi casi di vampirismo del XVIII secolo
PARTE II. FISIOLOGIA DEL VAMPIRO
I.
Quando i morti rifiutano di esserlo.
II.
La veglia funebre
III.
I Negromanti
IV.
I segni rivelatori dell'infestazione vampirica
V.
Le predisposizioni al vampirismo
VI.
Manifestazioni di vampirismo
VII. I segni certi da cui riconoscere un vampiro
VIII. I vampiri psichici
PARTE III. CLASSIFICAZIONE DEL VAMPIRO
I.
Premessa
II.
I Varkolak
III.
I Vurdalak
IV.
L' Upiro
V.
L'Obour
VI.
I Nosferat
VII. I Muroni
VIII. Il Liderc
IX.
Il kallikantzaros
X.
Il brucolaco
PARTE IV. PSICOPATOLOGIA DEI VAMPIRI
I.
I lunatici
II.
Pazzi che urlano sotto la luna
III.
Assassini della luna piena, lupi mannari e vampiri
IV.
Alienati e pervertiti sessuali
V.
Il vampirismo come malattia mentale
Conclusione
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Premessa
Tutti conoscono il Dottor Abraham Van Helsing, celebre cacciatore di vampiri, immortalato
da Bram Stoker nel romanzo "Dracula", pubblicato nel 1897.
I lettori ricordano di come il Dottor Seward, preoccupato per la strana malattia di Lucy
Westenra, affetta da un languore che la lasciava esangue, chiamasse in aiuto il Dottor Van
Helsing. L’anziano medico olandese partì immediatamente dalla sua bella Amsterdam per
Londra, dove si era rifugiato il conte Dracula. Dopo aver tentato invano di salvare la povera
Lucy dagli assalti del vampiro di cui era preda – ricorrendo fra l’altro a numerose trasfusioni
di sangue, e ricoprendola di collane di fiori d’aglio – il Dottor Van Helsing non esitò a
disseppellire il cadavere della fanciulla. Suo malgrado, era divenuta un vampiro. Senza
esitare, il Dottore le conficcò un paletto nel cuore e le tagliò la testa, mettendole poi in bocca
spicchi d'aglio. Ma la missione del coraggioso Dottore era solo agli inizi. Accompagnato da
pazienti, discepoli e amici – Jonathan e Mina Harker, il Dottor Seward, lord Arthur
Godalming, fidanzato della defunta Lucy, e Quincey Morris – Van Helsing si lanciò da quel
momento in una vera e propria caccia al conte Dracula, che portò lui e la sua squadra dalle
nebbie del Tamigi alle mostruose foreste dei Carpazi. Alla fine il vampiro fu sconfitto e Van
Helsing rientrò ad Amsterdam, a godersi il meritato riposo. Da lì in avanti del bravo Dottore
si persero le tracce, il che non fa meraviglia dato che nessuno ha ritenuto di mettere in dubbio
la natura unicamente romanzesca del personaggio. Compiuta l'opera, Van Helsing scompare
per sempre, così come è scomparso Dracula.
E invece …
Quale non fu la mia sorpresa, nel corso di un recente viaggio ad Amsterdam, quando scoprii,
frugando tra vecchi libri impolverati in un’antica libreria specializzata in esoterismo, una sorta
di grimorio. Ad attrarre la mia attenzione fu il titolo, impresso a lettere dorate sulla copertina
in marocchino, consunta dal tempo: "Verdrag van vampirology", traducibile come "Trattato
di vampirologia". Digiuno da sottigliezze della lingua fiamminga, stavo per rimettere a posto
il corposo in folio, quando rimasi folgorato dal frontespizio dove scoprii l’identità dell’autore
dello strano libro. Ecco ciò che lessi: "Verdrag van vampirology door dr. Abraham Van
Helsing" Vale a dire: "Trattato di vampirologia del dr. Abraham Van Helsing".
Poichè conosco Dracula a menadito, riconobbi all’istante non solo il nome, ma anche le
abbreviazioni dei titoli che Abraham Van Helsing usa nel romanzo per scrivere al suo allievo,
il Dottor Seward. M.D. sta per Dottore in Medicina, Dr.Fil. per Dottore in Filosofia, Dr.Lett.
per Dottore in Lettere, seguiti da un modesto "etc.", in quanto sappiamo bene che il
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prestigioso medico era laureato anche in Scienze e in Teologia, per non parlare dei suoi
importanti studi sul cervello umano che gli valsero una solida reputazione come psichiatra.
Cercai invano un copyright, il nome di un editore o la data di pubblicazione, ma trovai
soltanto un’indicazione nell’ultima pagina: "Gepubliceerd in Amsterdam op kosten van de
auteur". Ossia, "Pubblicato ad Amsterdam a spese dell’autore". Pagai il prezzo richiesto
senza esitare e fuggii dalla bottega come un ladro, nel timore che il libraio, resosi conto del
tesoro che senza saperlo possedeva, mi inseguisse per costringermi a restituirglielo. Corsi col
cuore in gola fino alla stanza in affitto dove alloggiavo, in una casa del XVI secolo nei pressi
di Begijnhof, il quartiere più antico di Amsterdam. Sotto le travi in castagno annerite dal
tempo e dal fumo, nell’incerta luce della piccola finestra, estrassi dal rifugio del cappotto a
pipistrello il mio recente acquisto, e mi accinsi ad esaminarlo con più calma. Se il titolo del
Trattato e alcuni dei commenti a questa sorprendente opera erano in nederlandese, lingua
nativa di Van Helsing, il resto tuttavia era redatto in tedesco, che il Dottore padroneggiava
perfettamente. Le numerose citazioni tratte da opere specialistiche, la cui varietà già da sola
provava l’ampiezza delle conoscenze dell’autore, erano riportate in lingua originale: inglese,
francese antico, latino, greco etc. Era evidente che Van Helsing si rivolgeva a lettori eruditi,
per i quali le varie lingue richiamate non avevano segreti.
Scorrendo rapidamente il contenuto del corposo lavoro, mi resi conto quasi subito che era di
grande interesse. L’esposizione era chiara e ben documentata, illustrata in vari punti da
antiche incisioni o disegni. Chiunque ne fosse il vero autore, quel "Trattato di vampirologia"
meritava di essere tradotto e pubblicato. E l’autore in effetti non poteva che essere il Van
Helsing del Dracula, come il Dottore stesso afferma nell’Avvertenza che precede il volume.
Di colpo, il libro diventava di capitale importanza, da un lato perchè si trattava di una
testimonianza inestimabile per mano di un autentico cacciatore di vampiri, dal’altro perchè, se
Van Helsing era fortemente esistito e aveva scritto questo trattato, corre allora l’obbligo di
ammettere che anche Dracula è esistito, al di fuori e al di à della fantasia di Bram Stoker.
Tornato in Francia, affidai la traduzione del testo ad alcuni linguisti cui riserbo potevo
contare. Rileggendo il libro, mi resi conto che lo stile del coraggioso Dottore era talvolta un
po’ pesante, e non sempre comprensibile. è stato quindi necessario un serio lavoro di
adattamento e riscrittura, allo scopo di rendere questo splendido Trattato accessibile e di
piacevole lettura per il grande pubblico. A fronte di recenti recrudescenze delle epidemie di
vampirismo, e dei nuovi assalti che si preannunciano all’orizzonte (soprattutto in campo
letterario e cinematografico), ritengo che quest’opera di riferimento, sinora totalmente
sconosciuta, potrà essere di grande aiuto alle future vittime dei succhiatori di sangue.
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È chiaro, naturalmente, che non ho alcuna prova dell’autenticità dell’opera. Potrebbe trattarsi
di un falso, amabilmente concepito da qualche eccentrico letterato del secolo scorso. Ma se è
cosi, posso affermare che il falsario aveva talento e possedeva un’impressionante cultura in
materia di vampirologia! Ma poi, perchè dubitare del testo e del suo legittimo autore? Quanti
scrittori, ai quali i posteri hanno ingiustamente voltato le spalle, fino a dimenticare, se non
addirittura negare, le loro opere e persino la loro esistenza, attendono solo di vedere risorgere
i loro scritti dai recessi del passato, come certi tesori sepolti nel cuore della terra che di tanto
in tanto vengono restituiti all’avida curiosità degli umani? Noi stessi, tra uno o due secoli, non
esisteremo forse solo nell’eco delle parole sfuggite all’oblio del tempo? E dunque perchè
dovremmo mettere in dubbio che Abraham Van Helsing, M.D., Dr. Fil., Dr. Lett.; etc., abbia
veramente scritto questo Trattato, degno di tutta la nostra ammirazione?
Al lettore il giudizio …
Il Dottor Van Helsing cita spesso, a margine del suo libro, opere di rifacimento sulle quali si è
documentato: trattati antichi, grimori e studi di ogni genere, che gli eruditi del passato hanno
dedicato a questo tenebroso argomento, come la "Magia posthuma" di Ferdinand de Scherts
(1706), il "Traitè sur les apparitions des espirits, et sur les vampires ou les revenants de
Hongrie, de Moravie, etc." [Dissertazioni sopra le apparizioni de’ spiriti , e sopra i vampiri o
i redivivi d’Ungheria e di Moravia, etc.] di Dom Augustin Calmet (1746 e 1751), la "Histoire
des vampire set des spectres malfaisants, avec un examen du vampirisme" [Storia di vampiri
e degli spettri malefici, con uno studio del vampirismo] (anonima, attribuita a Collin de
Plancy, 1820).
Abbiamo ritenuto opportuno aggiungere al trattato di Van Helsing questi ormai classici, la cui
lettura è necessaria per una buona conoscenza della cultura vampirica. Alcuni di essi, assai
rari, hanno conosciuto solo sporadiche ristampe. Dopo aver letto il "Trattato di vampirologia"
di Abraham Van Helsing, il lettore troverà in essi un indispensabile supplemento di
informazioni, cui si aggiungerà il piacere di lasciarsi andare ad antiche storie dallo stile un po’
desueto, che somigliano a quei vestiti d’altri tempi che capita a volte di scoprire per caso
dentro a un vecchio baule dimenticato in soffitta. La materia di cui sono fatti è usurata dal
tempo, la loro forma è lontana dalla moda del momento, ma promana da quelle stoffe (o da
quelle pagine) un indefinibile sentore di nostalgia. E viene da pensare che basterebbe forse
indossarli, quell’abito o quella redingote, e metterli in testa, quel cilindro o quel tricorno, e
iniziare a leggerli, quel grimorio dalle pagine ingiallite o quel vecchio volume rilegato in pelle
e chiuso a fermaglio d’argento, per cambiare di colpo secolo e ritrovarsi indietro nel tempo di
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due o trecento anni. All’epoca in cui i vampiri battevano le vie e le campagne, in cui la gente
credeva alla loro esistenza, e temeva il loro morso.
Edouard Brasey.
***
PARTE 1. LA PRESENZA DEI VAMPIRI NEL MONDO
Avvertenza
La grande famiglia dei vampiri nacque in un tempo cosi remoto nella storia degli uomini che
è impossibile stabilirne l'origine con precisione. Questi diavoli succhiasangue, sfuggendo
all'inevitabilità della morte, vivono pressochè in eterno e talora cambiano maschera o identità
per meglio ingannare i loro nemici. E l'astuzia più grande di cui hanno saputo dar prova nel
corso dei tempi è stata quella di riuscire a far credere che la loro esistenza, per quanto attestata
nei secoli da numerose testimonianze, non appartenga alla realtà, ma alla leggenda.
Gli eminenti professori dell'università, già miei colleghi di cattedra, continuano a sostenere
che i vampiri non esistono. Un errore di portata criminale! Nella mia posizione, posso
affermare con certezza che essi non solo esistono, ma attraversane il tempo e le epoche con la
stessa facilità con cui si prende oggi il treno per andare da Amsterdam a Parigi o a Berlino. E
Dracula, il sinistro morto viventi dalle sembianze di signorotto transilvanico cui diedi la
caccia negli ultimi anni del XIX secolo, era già di questo mondo nel XV secolo, sotto il nome
di Vlad Drakul, cioè «Vlad il Drago», o VladTepes, «Vlad l'Impalarore». Era stato così
soprannominato perchè durante la guerra contro iTurchi non esitava ad incendiare e
distruggere i suoi stessi possedimenti e a torturare i nemici con efferata crudeltà, facendo
subire a centinaia di loro il supplizio del palo, E mi sembra solo giusto che questo vampiro sia
stato distrutto dalla stessa arma che lo rese tristemente ramoso, anche se di tale strumento
tortura e morte egli faceva un uso ben diverso, non conficcandolo nel cuore delle sue vittime,
ma facendolo penetrare in altra parte della loro anatomia che la decenza mi impedisce qui di
nominare. Io sospetto tuttavia che Vlad Drakul sia stato soltanto una delle trasformazioni di
Dracula, la cui natura deve risalire a tempi ancora più antichi. Come dicevo, dunque, i vampiri
sono sempre esistiti e se ne trova menzione nelle epoche più remote antichità, se non
addirittura in epoca biblica. Ragion per cui vi presenterò ora un repertorio di questi vampiri
dalle origini.
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I.
La donna vampiro delle origini
A questo punto, è mio dovere fare una precisazione importante. I primi vampiri non furono
uomini, bensì donne. Gule, stigi, empuse, lamie, succube e streghe cawhemars esseri
femminili, tanto più temibili in quanto ai loro mostruosi appetiti di orchesse e succhiatrici di
sangue, queste femmine diaboliche spesso uniscono lineamenti e forme seducenti che ben si
conciliano con il loro sesso.
Ulteriore riprova, se mai ve ne fosse bisogno, che occorre sempre diffidare delle donne troppo
belle. Spesso esse celano, sotto il loro affascinante visetto, un'anima nera e dei penetranti
canini (eccezion fatta, sia chiaro, per la mia compagna, che era una santa donna). E ho il
sospetto che un buon numero delle signore che si mettono in mostra nel Quartiere del vizio
siano demoni, libidinose e seduttrici, dedite alla perdizione degli uomini che a loro si
accompagnano. Ogni volta che passo davanti a loro per recarmi a bere una buona birra in
qualche taverna del quartiere, distolgo lo sguardo e mi faccio il segno della croce, e ciò
scatena immancabilmente folli risate da parte di quelle sgualdrine, segno manifesto dei loro
istinti demoniaci. Ma mi sto perdendo in digressioni che non hanno motivo di essere.
Torniamo dunque alle nostre vampiro femmine dell'antichità, e per prima cosa alla più antica
tra esse, la "demone" per eccellenza, Lilith.
II.
Lilith, la prima donna vampiro
Come ho appena detto, il primo vampiro era una donna, o più esattamente una demone unita
ad una succuba. Il suo nome e Lilith ed ella fu, se si vuol dar credito alla tradizione ebraica e
cabalistica, la prima sposa del nostro comune padre Adamo, da una delle cui costole trasse
origini Eva. Ciò dimostra chiaramente come la genia dei demoni e dei vampiri risalga
all'origine stessa dell'umanità, o forse addirittura la preceda. Vero è che il racconto della
Genesi tramandato dalla Bibbia presenta Eva come la sola compagna dell'uomo, ma lo Zohar,
il quale attinge a fonti non censurate, spiega come l'essere umano primordiale venne creato
con una natura androgina, maschio e femmina insieme: "Dio fece l'uomo perfetto. Lo formò
maschio e femmina, e la femmina compresa nel maschio. Ricordate che nell'abisso lassù in
alto esiste una femmina che è la più terribile di tutti gli spiriti malvagi: ella porta il nome di
Lilith e fu la prima a comparire davanti ad Adamo. Allorchè Adamo fu creato e il suo corpo
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completato, accorsero mille spiriti del lato sinistro, ciascuno con l'intento di penetrare in lui,
ma nessuno vi riuscì Dio li scacciò. Adamo, frattanto, giaceva al suole pallido e privo di
conoscenza; e tutti gli spiriti facevano cerchio intorno a lui". Quando era ancora solo un
impasto di polvere del suolo, un corpo senza vita che attendeva di ricevere l'alito dello spinto
per nascere. Ma di quale spirito si trattava? I "mille spiriti del lato sinistro" corrispondono agli
spiriti femmine che prima di essere scacciati da Dio tentarono di penetrare nel corpo di
Adamo. Così precisa infatti lo Zohar: “Tutti gli spiriti vengono creati uniti a gruppi di due:
spirito maschio e uno spirito femmina. Al momento di scendere in terra, essi si separano e
seguono ciascuno la propria via. Se l'uomo lo merita, l'unione si ristabilisce e gli sposi si
riuniscono, per sempre inseparabili. Le anime maschili scendono dal lato destro di Dio, le
anime femminili lato sinistro". Lilith questa femmina "che è la più terribile degli spiriti
malvagi" e che fu "la prima a comparire davanti ad Adamo", è stata anch'essa scacciata così?
Continua lo Zohar: “Proprio in questo momento Dio dice: <<Che la terra produca animali
vivent>>. La femmina concepì il maschio e diede alla luce lo spirito di Adamo, composto da
due parti in maniera adeguata. Per questo dicono le Scritture: "E soffiò nelle sue narici un
alito di vita". Quando Adamo si alzò, la femmina era unita a lui. L'anima santa (Neshamah)
risiedeva tanto nella parte maschile, che in quella femminile ed essa bastava alla bisogna,
visto che essa stessa emana dai due lati, dal maschio e dalla femmina". Questa parte del
racconto è estremamente confusa. Tuttavia, seguendo la tradizione, è legittimo distinguere tra
lo spirito e l'anima di Adamo. L'anima santa, la Neshamah insufflata da Dio, al tempo stesso
maschile e femminile e quindi perfetta, abita le due parti di Adamo. Lo spirito, per contro,
viene dalla femmina. Ma chi altri è questa femmina, se non appunto Lilith, lo spirito
malvagio? Dobbiamo quindi ritenere che Adamo, alla nascita, avesse in lui un'anima divina e
uno spirito demoniaco. Qui interviene la separazione tra le due parti, maschile e femminile, la
perdita dell'androginia primordiale: "Poi Dio divise Adamo, lo separò dalla femmina e
predispose la femmina, così come si acconcia una fidanzata e la si adorna per condurla sotto il
baldacchino nuziale". "Ancora una volta, chi è questa femmina che Dio vuole staccare da
Adamo, se non Lilith, lo spirito malvagio? Lo conferma lo Zohar: "Non appena Lilith vide
ciò, si diede alla fuga trovò riparo al di là dei mari, dove si trova tutta pronta a scagliarsi
contro il mondo". Lilith, la demone, la ribelle, la femmina, colei che preferì fuggire al di là dei
mari piuttosto che scontentarsi di essere la compagna di Adamo, nel senso cioè della femmina
sottomessa al maschio, sarebbe dunque l'altra metà di Adamo, la anima gemella in esilio o,
più correttamente, il suo spirito ribelle”¦ Fu solo dopo averla messa in fuga che Dio diede a
Adamo un'altra compagna, Eva. Questo punto viene tuttavia contestato dai rabbini che hanno
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redatto lo Zohar: “ Si dice nei libri antichi che Lilith si diede alla fuga davanti ad Adamo
prima che venisse creata Eva. Ma noi non accettiamo questa teoria. Secondo la nostra
tradizione, Lilith fuggì solamente quando Adamo fu unito alla sua sposa come si conveniva.
Fu solo allora che essa fuggì al di là dei mari, da dove un giorno tornerà per tormentare il
mondo”. Ciò che Lilith ha rifiutato e di venire separata dall'uomo per ritrovarsi poi a lui
sottomessa. Lilith è uguale a Adamo e non può esserne dominata. Ma c'è anche un'altra
ragione, più essenziale: separandola dall'androgino primordiale, Dio infligge alla propria
creatura una ferita crudele, come se ne amputasse una parte vitale. Da protetto, intero,
compiuto, "divino", Adamo diventa scisso, diviso, "demoniaco". Ciò che Lilith (lo spirito)
rifiuta è la perdita dell'unità divina. Ecco perchè non vuole, dopo esserne stata staccata "nello
spinto", unirsi a Adamo "nella carne". Parte integrante dell'uomo, non capisce perchè mai
dovrebbe diventare la "sua" donna. Preferisce sposare Samael, Satana, il diavolo, in attesa del
giorno in cui tormenterà il mondo per vendicarsi di Dio. Un altro testo ebraico, l'Alfabeto di
Ben Sira, fornisce ulteriori indicazioni sulle ragioni della fuga di Lilith, dopo che è divenuta la
compagna di Adamo. Ella accettò in un primo tempo di congiungersi con l'uomo, ma a
condizione di dominarlo, vale a dire di porsi al di sopra di lui nell'unione amorosa. Ma
Adamo, come avrebbe fatto qualunque maschio degno di questo nome, rifiutò questo
assoggettamento e volle a tutti i costi avere il sopravvento, costringendola a praticare la
posizione amorosa nota come "del missionario". Lilith si liberò e, dopo aver pronunciato il
nome dell'Ineffabile, vale a dire il nome proibito di Yahve, abbandonò il talamo coniugale.
Adamo, per far valere i suoi legittimi diritti coniugali, si rivolse allora all'Onnipotente, che
ascoltò la sua richiesta e inviò all'inseguimento dell'infedele tre angeli, il cui nome e
impronunciabile: Snwy, Snswy e Smnglf. Nel Talmud vengono chiamati Senoi, Sansenoi e
Semangelof. Eccoli in volo al di sopra del Mar Rosso, dove si è rifugiata Lilith, per
minacciarla di far morire ogni giorno cento suoi figli, se non ritorna dal suo sposo. Ma non
cede e diviene, insieme a Samael, la regina delle forze del Male, avversaria della creatura
divina. Lilith trova spesso rappresentazione sotto forma di una donna serpente, dal corpo
ricoperto di scaglie. Talvolta viene assimilata al serpente della Genesi. Lilith, lo spinto ribelle,
rappresenta il modello del serpente tellurico, e anche quello della grande Dea Madre, che fu
oggetto di adorazione nell'antico Egitto e nei culti minoici, a Creta fino al 1500a.C. La
Qabbalah riporta anche un'altra leggenda legata a Lilith. Quando Dio fabbricò il suo corpo
dopo quello di Adamo, si trovò a corto di materiale al momento di realizzare il cervello. Per
rimediare, tolse i genitali dalla loro posizione naturale (rendendo quindi Lilith incapace di
procreare) e li pose al posto del cervello, trasferendo la asessualità della demone su un piano
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puramente psichico. Ancora oggi, talvolta, Lilith viene rappresentata con una vagina dentata
in mezzo alla fronte, nella posizione di un terzo occhio, Lilith è feconda nella mente e non
nella carne, al contrario di Eva, che è viva, e questo la rende ancora più temibile in quanto
castratrice (a causa della vagina dentata). L'ecatombe di cento dei suoi figli ogni giorno (da
cui deriva il nome della dea lunare, Ecate, altra rappresentazione di Lilith) fa di lei una
divoratrice di bambini, una "mammana". Uno dei suoi ruoli non è torse quello di uccidere i
neonati, quando questi ultimi sono posseduti dalle anime perdute} Tali anime dannate
diventano allora proprietà di Lilith e di Samael. Lilith è ugualmente un simbolo di
concupiscenza e possessione sessuale diabolica. Dice lo Zohar: “La voce di talune donne si
unisce a volte a quella del malvagio serpente, come tra due cani che si accoppiano, e da questa
unione nasce un mostro diabolico. Quale sventura per colei cui ciò accade! Ecco come gli
uomini corrono alla rovina senza pensarvi! Quando la voce di una donna si unisce a quella del
malvagio serpente, colei che è colpevole ed empia esce dal suo antro chiamato Odio e va per
il mondo. Quando scorge una di tali donne, ella la riscalda e m questo calore la donna
concepisce'. diviene quindi incinta ad opera dello spinto maligno. Appena Lilith ode la voce
di una donna, prende ad aggirarsi intorno alla porta del suo grembo come fa un cane, che si
aggira intorno alla porta una casa i con l'intento di renderla incinta". Lilith non si limita a
prendersela con i neonati e con le donne incinte, poichè si insinua, come demone succuba, nei
sogni degli uomini addormentati, suggerendo loro sogni erotici. Nell'Odissea di Omero
troviamo l'eco di Lilith nel personaggio della maga Circe che ha il potere, grazie ai suoi filtri
magici, di trasformare i compagni di Ulisse in maiali. Analoga eco in Medea, nipote di Circe e
nipote del Sole, sacerdotessa di Ecate, che imparò a preparare i veleni e a favorire o
contrastare le forze natura. Ella conosce, tra le altre cose, il segreto di una pianta chiamata
prometeion, dal sangue di Prometeo. A partire da questa pianta, produce un unguento magico
che offre al suo amante Giasone, andato alla conquista del vello d'oro. E tale unguento, che ha
avuto origine dal sangue di Prometeo, proteggerà Giasone dal respiro di fuoco del drago,
posto a guardia del vello. Ritroviamo qui i miti di Lucifero e della cerca del Graal. Da ultimo,
possiamo dire che l'erotismo di Lilith si fonda sul disprezzo della sessualità maschile e sul
riappropriarsi della funzione fallica. E un erotismo ambiguo, spesso perverso, talvolta sadico,
che rimanda ai miri del vampiro, della gula e del succubo. Il sangue e la sessualità sono in
Lilith intimamente legati. La sua conoscenza delle droghe e delle piante le permette di
sedurre, o più esattamente di incantare, gli uomini che si trovano alla sua portata.
Analogamente alla maga Kundry che nel Parsifal, la sublime opera di Wagner, tenta di
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lusingare l'eroe puro nel giardino delle fanciulle-fiore, in modo da impedirgli di riconquistare
la lancia sacra, che porrebbe guarire le ferite di Amfortas, gran sacerdote del Graal.
III.
Lamia ed Ecate
ella mitologia greca, anche il personaggio di Lamia ricorda quello di Lilith. Avendo perso per
colpa di Era i figli avuti da Zeus, Lamia giurò di vendicarsi facendo perire i figli degli altri.
Stravolto dall'odio, il suo viso dolce divenne orripilante. Cosi come Lilith diede la nascita alle
succube, demoni femminili che vengono a sedurre gli uomini nel sonno, Lamia generò le
terribili lamie, morte viventi simili agli incubi, che prendevano possesso dell'anima e della
vita degli umani durante il sonno, gravando sul loro petto. Esse vengono anche a mordere i
bambini per succhiarne il sangue, a riprova del fatto che appartengono alla genia dei vampiri
pur non portandone il nome. Demoni femminili dell'Aria e dell'Acqua, assumono le apparenze
di serpenti con testa di donna per infestare i luoghi deserti o inseguire i viandanti con le loro
grida. Possono anche celarsi dietro la maschera di donne splendide per sedurre più facilmente
gli sventurati che si lasciano cogliere dalle loro voci dolci e accattivanti, simili a quelle delle
sirene. Ma le belle fanciulle si rivelano essere demoni terribili, che divorano le loro prede
dopo averle svuotate dal sangue. Apollonio di Tiana, filosofo greco che visse nel I secolo
della nostra era, andò un giorno a far visita a uno dei suoi discepoli, Menippo, nella città di
Corinto. Questo giovane, raffinato ed elegante, ma poverissimo, si apprestava a sposare una
ricca fenicia. Menippo pregò Apollonio di presiedere al banchetto nuziale. Quando fu
presentato alla futura sposa, Apollonio la osservò con estrema attenzione. Poi si rivolse al suo
discepolo e gli rivelò che la sua promessa non era una comune mortale ma una lamia, una
donna vampiro. Vedendosi smascherata, costei riprese all'istante la sua vera apparenza (invero
assai orribile) ammise che voleva sposare Menippo solo per ingrassarlo e poi divorarlo
“poichè essa si nutriva normalmente di corpi giovani e belli, il cui sangue è puro e forte”.
Ecate è l'equivalente lirico della Lilith ebraica. Divinità ctonia, della fertilità e della morte, è
associata alla luna e perciò è considerata portatrice di luce. è quindi, insieme a Lilith, il
complemento femminile di Lucifero, il portatore di luce. Ecate viene spesso rappresentata con
tre volti (proprio come Lucifero in Dante), e posta ad un crocevia dal quale il suo sguardo
fulmina i viandanti imprudenti. Associata in un primo tempo a Demetra, Dea della fertilità,
intorno al quinto secolo a.c. si identifica con Persefone, guardiana degli inferi. Dea della
morte, si aggira per i cimiteri preceduta da una muta di cani ululanti. In grado, come Iside, di
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trasformarsi a suo piacimento, si tramuta anch'essa in una cagna. Fin dall'antichità, del resto,
Ecate, la strega è la protettrice delle streghe e delle maghe. Al seguito di Ecate cammina la
legione infernale delle empuse venuto dalla Palestina, orrendi spettri che causano terrori
notturni alle donne e ai bambini, ma che possono anche, analogamente alle lamie, prendere
l'appartenenza di donne dolci e attraenti, per meglio divorare le vittime. Si dice anche che si
trasformino in cagne o in vacche, e che sotto la forma umana abbiano una groppa d'asino.
Apollonio di Tiana incontra un'empusa nei pressi dell'Indo, nel corso dei suoi viaggi che
l'hanno portato nel Caucaso, in Grecia e in India. Questa creatura cambia continuamente
forma, finchè poi scompare nella notte. Filostrato, il biografo di Apollonio commenta: “E
Apollonio, rendendosi conto di quello che era, ingiuriò l'empusa e ordinò alle persone della
sua scorta di fare altrettanto, spiegando che era questo il solo rimedio contro quel genere di
incontri. Il fantasma fuggì, ululando come fanno gli spettri”.
IV.
Le stigi
Anche le stigi sono vampiri femmine, munite di ali e di artigli. Questi demoni si nutrono delle
viscere di bambini piccoli, di cui poi sostituiscono i cadaveri con pupazzi di paglia. Nei loro
antri sono sparsi i resti degli esseri umani che hanno fatto a pezzi. In queste tane si trovano
ossa, crani, tibie e denti. Si trovano anche chiodi da forca, cui sono ancora attaccati brandelli
di carne putrefatta.
Come le streghe del Macbeth Shakesperiano, fanno cuocere le ripugnanti zuppe di viscere e
sangue in diabolici calderoni. Il nome "strige" e all'origine della parola latina "striga" e del
successivo termine italiano "strega". Il che ci conferma come le strigi siano appunto streghevampire. I rumeni le chiamano strigoi e i bulgari struga.
V.
Larve e lemuri
Ai tempi dell'antica Roma, si indicavano con il nome di larve (in latino larvae) le anime di chi
aveva avuto una mala morte, che tornavano sulla terra per tormentare i viventi. Di queste
larve facevano parte le vittime di morte violenta, le donne morte di parto, i suicidi, gli
annegati e i criminali giustiziati. In "Le temple de Satan" (Il tempio di Satana) Stanislas de
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Guaita le descrive come "essenze fantastiche inconsistenti ma reali, sprovviste di vita propria,
che vivono una vita vicaria".
Le larve si presentano a volte come scheletri capaci di movimento. Le anime dannate erano
causa di numerosi mali e sventure, come le epidemie, la follia, la possessione, l'epilessia, il
ballo di san Vito, l'apoplessia e la sterilità delle donne. Esse erano anche all'origine dei
suicidi, poichè tornavano a perseguitare le creature viventi di cui desideravano vendicarsi e le
spingevano a commettere gesti disperati. Per tenere lontane le larve, i Romani portavano
amuleti in legno, in piombo, in osso e in pietra, sui quali erano incisi esorcismi e formule
magiche. Le pergamene che recavano iscrizioni magiche, denominate caracteres, avevano
un'analoga funzione protettrice. Quando Caligola venne assassinato, il suo palazzo fu
infestato dalle larve.
Nel Medioevo, le larve venivano usate dagli stregoni per recuperare pezzi di unghie, peli e
capelli loro vittime, di cui si servivano per praticare sortilegi. Le larve si impossessavano
anche del vitale degli uomini che praticavano l'onanismo, prova ulteriore, se mai ve ne fosse
bisogno, delle conseguenze demoniache di tale vizio perverso. Presenti anche nel sangue degli
animali sgozzati, rendevano folli coloro che lo bevevano nei mattatoi. Le larve agiscono come
vampiri della mente sugli esseri viventi, e si aggrappano ad essi come ventose per sottrarre
loro il fluido vitale. Questo fenomeno è particolarmente forte nei cimiteri. Le vittime sono di
preferenza persone ansiose, depresse, malinconiche o nevrotiche. Le larve e i lemuri non
erano che ombre, e non avevano quindi un'apparenza sessuata propriamente detta. Ma il modo
in cui tali creature vengono descritte fa pensare che si trattasse comunque di vampiri
femmine. E il fatto che si nutrissero del seme degli uomini dimostra definitivamente la
validità di questa teoria. State dunque attenti, voi che qui leggete, a non spargere
sconsideratamente il vostro seme, per evitare di ingrassare larve e vampiri.
VI.
I precursori dei vampiri nel Medioevo
Le origini del vampirismo, come ho testè dimostrato, sono ricollegabili alle donne. Tuttavia, i
vampiri sono essenzialmente di sesso maschile e questo ormai da secoli. Quando, esattamente,
il virus demoniaco è transitato dalla donna all’uomo? In che modo la VAMPIRA è stata di
colpo sostituita dal VAMPIRO? Confesso di poter fornire come risposta solo qualche
semplice ipotesi. Mi pare di poter dire, prima di tutto che le donne vampiro di cui ho in
precedenza ricostruito la genesi appartenessero a civiltà molto antiche ed arcaiche, nelle quali
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era dominante il matriarcato. Queste civiltà sono scomparse da molto tempo, sostituite da altre
poste sotto il segno del patriarcato. Dio, che sia egli uno o trino, e con lui il volto della
Chiesa, è di natura esclusivamente maschile. Lo stesso dicasi per Allah, il dio dei
mussulmani, cosi come avviene per Yahvè, caro agli Ebrei, i monoteismo hanno schiacciato
sotto il loro tallone le antiche divinità pagane, ma prima di tutto hanno cancellato ogni traccia
della Grande Dea Madre, i cui aspetti cupi e crudeli, insieme alla sete di sangue e sacrifici, si
erano incarnati nelle diverse raffigurazioni delle donne vampiro. Esattamente come Samael o
Satana hanno sostituito Lilith, Dio ha preso il posto di Gaia. E il regno dei vampiri ha dovuto
chinare il capo davanti a quello dei vampiri maschi. Beninteso, permangono ancora donne
vampiro. Il doloroso ricordo della povera Lucy Westenra, incontrata nei viali del cimitero
insieme ai bambini che si apprestava a dissanguare, è li apposta per ricordarmelo. E non posso
dimenticare che anche l’adorabile Mina Harker ha rischiato a sua volta di ritrovarsi a sua volta
nella schiera delle sanguinarie compagne del conte Dracula. Tuttavia, anche se queste
vampire sono altrettanto temibili dei loro corrispondenti maschili, esse sono a giusto titolo
considerate più vittime che predatori. Sembra che la violenza e la barbarie che caratterizzano
il comportamento dei vampiri mal si accordino con la dolcezza e la fragilità delle lady della
buona società anglosassone. Quanto a me, avendo avuto la fortuna di sposare una santa donna,
che Dio ha voluto ahimè richiamare a sè troppo presto, non saprei dire se questa innocenza
che si attribuisce al gentil sesso sia una realtà o un inganno. Nel vedere certe sgualdrine
semivestite e impiastricciate di rossetto che si aggirano nei bassifondi di Amsterdam – che io,
sia ben chiaro, non frequento, ma di cui ho inteso parlare- si sarebbe tentati di dubitarne. Ma
torniamo dunque a noi, o meglio, ai nostri vampiri, non più in gonna ma in calzoni. O, più
esattamente, ai precursori dei vampiri che, senza averne il nome, hanno spaventato l’Europa
medievale già a partire dal XII secolo.
VII.
I draug scandinavi
Vi sono tracce dell’esistenza di precursori dei vampiri anche nei paesi scandinavi tra il XII e il
XIV secolo. Venivano anche chiamati daugr. Si trattava di revenant, corpi dotati, come i
nostri vampiri, di intenti malevoli e di forza prodigiosa. Le saghe nordiche raccontano nei
dettagli i misfatti di questi malmorti, che non esitavano a combattere contro i vivi. Come i
vampiri, che non possono entrare in una casa senza prima essere stati chiamati almeno una
volta, anche i daugr non potevano varcare la soglia delle case e si limitavano ad aggirarvisi
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intorno. A volte si spingevano fino a scalarne i tetti, come si vede nella Saga del popolo di
Floi, composta all’incirca nell’anno 1300. La saga mette in scena un certo Thorgils che, in
pieno inverno, sente qualcuno camminare e battere sul tetto della sua casa. Una notte si decide
a uscire, armato di ascia. E si trova di fronte a un revenant, un daugr, il quale vedendolo si dà
alla fuga, per tornare al tumulo in cui era sepolto. Thorgilis lo insegue e riesce a raggiungerlo.
Purtroppo però, l’ascia gli cadde al suolo e dovette lottare con il revenant a mani nude. Il
fantasma era dotato di una forza incredibile e Throgils avrebbe sicuramente avuto la peggio,
se non fosse riuscito a recuperare la sua ascia, con la quale staccoò la testa dal corpo del
revenant, dicendogli: “In questo modo, non potrai più fare male a nessuno!”. E il revenant,
infatti, non riapparve mai più. Non sempre, tuttavia, la decapitazione bastava a mettere i daugr
in condizioni di non nuocere. La Saga degli abitanti della valle di Svorfud, redatta nel 1300,
racconta di come un certo Klaufi, assassinato dai cognati su istigazione della moglie,
riapparisse sotto forma di un daugr. I cognati gli tagliano la testa, e la depongono ai suoi
piedi. Ma il revenant si rialza, prende la sua testa e se la mette sotto il braccio e continua a
vagare. Narra la storia che la usasse come mazza per gli scontri, o che se ne servisse per
bussare alle porte. Come i vampiri moderni, i daugr uscivano solo di notte. Di giorno
tornavano a riposare sotto i tumuli in cui si trovavano le loro tombe. Era il luogo e il momento
per sorprenderli e distruggerli. Erano riconoscibili dai corpi pieni di vitalità e di forza, che non
subivano decomposizione, ma anzi continuavano a crescere, a ingrossarsi. Oltre alla
decapitazione, il modo migliore per sbarazzarsi di loro era di porli sul rogo, bruciarli e poi
disperdere le ceneri in acqua corrente. Queste informazioni sul modo di liberarsene ci
convincono ulteriormente che i daugr scandinavi erano a tutti gli effetti vampiri ante litteram.
VIII. I masticatori di sudari
Nel XIV secolo, alcuni precursori dei vampiri avevano come strana abitudine quella di
masticare i sudari da cui erano stati sepolti. Alcuni arrivavano al punto di divorare il proprio
corpo. Cosi si può leggere, nel Malleus Maleficarum degli inquisitori domenicani Kramer e
Sprenger, che nel 1344 fu riesumata dalla tomba una donna dal corpo perfettamente
conservato, che aveva la bocca piena di tessuto del sudario. Di fronte a tale diabolico
spettacolo, il curato che aveva ordinato l’apertura della bara, estrasse la spada e recise la testa
del cadavere. I masticatori di sudari, denominati manducatores nel testi latini, erano talmente
presi dalla loro frenesia che talvolta nei cimiteri era possibile sentire, provenienti dalle loro
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tombe, il suono dei denti che sbattevano mentre masticavano senza posa. Il fatto è confermato
da Dom Calmet nel suo celebre Traitè sur les apparitions des esprit set sur les vampires : «Si
dice che il vampiro abbia una sorta di fame che gli fa mangiare il lenzuolo in cui si trova
avvolto». I testi precisano che l’attività di questi masticatori si accompagnava solitamente a
un’epidemia di peste.
IX.
Reviviscenza del vampirismo nel XVIII secolo
Stranamente, il periodo storico in cui i vampiri fecero più parlare di sè non fu il Medioevo, ma
il XVIII secolo, il che prova che la qualifica di “secolo dei lumi” con cui è designato è
alquanto immeritata. Fu in quell’epoca che si scatenò un’autentica epidemia di vampirismo,
soprattutto nei paesi dell’Europa centrale. Ciò indusse Dom Calmet a intitolare la sua opera
Traitè sur les apparitions des esprits, et sur les vampires ou les revenants de Hongrie, de
Moravie, etc… Quest’opera – di cui possiedo nella mia biblioteca entrambe le edizioni, quella
del 1746 e quella del 1751- contiene una miriade di appassionanti testimonianze sull’esistenza
dei vampiri. Piuttosto che ripeterle qui, come già hanno fatto numerosi autori di sillogi e
compendi, preferisco consigliare al lettore di far diretto riferimento all’opera originale. È un
peccato che il nostro buon monaco, abate dell’abbazia di Sènones abbia riveduto nell’edizione
del 1751 alcuni commenti pubblicati in quella del 1746. È vero che all’epoca fu assai
sbeffeggiato, e che gli venne rimproverato un eccesso di credulità nel prestar fede a storie che
i più ritenevano unicamente ispirate a superstizioni locali. Voltaire in persona, da molto
considerato il filosofo più brillante della sua epoca, ha messo alla berlina il povero abate
nell’articolo dedicato ai vampiri del suo Dictionnaire philosophique [Dizionario filosofico]. Il
che suona quanto meno ingrato da parte del signor Voltaire, tanto più che questi fece visita a
Dom Calmet nel 1754, dopo la scomparsa della sua “Divina Emilie”, vale a dire la marchesa
di Chatelet, per chiedergli ospitalità presso la sua abbazia e la possibilità di consultare la
biblioteca, ricca di dodicimila volumi. “Sarò uno dei vostri monaci” aveva detto l’austero
filosofo, il quale da buon pellegrino assisteva alle funzioni, portava il crocifisso, seguiva le
processioni e mostrava tutti i segni esteriori della più fervente devozione. Ma era in realtà
un’autentica serpe in seno, lui che scriveva alla duchessa di Gotha : “E’ un buon espediente,
in guerra, quello di andare a rifornirsi dai nemici degli artiglierie da usare contro di loro”.
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X.
I grandi casi di vampirismo del XVIII secolo
Dom Calmet e i suoi contemporanei, nei loro trattati, hanno descritto con dovizia di
particolari i principali casi di vampirismo che sono stati resi noti nel XVIII secolo, spesso con
il rischio che l’accumulo di fatti annoiasse il lettore. Mi limiterò quindi, in questa sede, a
ricordare solo i casi più rappresentativi. Nel 1725, un vampiro ungherese di nome Peter
Plogojowitz, o Plogojovits, sepolto da sei settimane , fu accusato di aver ucciso nove persone
nel villaggio di Kisilova. Durante la notte apparve a diverse persone, tra cui sua moglie, alla
quale andò a chiedere le scarpe, cosa che spaventò talmente la povera donna che essa
abbandonò immediatamente la propria casa per andare a vivere in un altro villaggio. Per porre
fine alle atrocità del vampiro, gli abitanti del villaggio pretesero dalle autorità locali, vale a
dire dal vicario dell’imperatore al comando del distretto di Gradisch in Ungheria, e dal
parroco dello stesso luogo, che fosse dissotterrato il corpo di Plogojowitz. I notabili opposero
dapprima qualche resistenza, ma i paesani fecero loro sapere che se la richiesta non fosse stata
esaudita, avrebbero seguito l’esempio della vedova del vampiro e sarebbero andati a stare
altrove. Per placare gli animi, il funzionario e il religioso accettarono di far riesumare il corpo
del presunto vampiro, che si rivelò roseo e florido, come se fosse appena stato sepolto. Essi
notarono inoltre che la bocca recava tracce di sangue fresco, evidentemente sottratto alle
persone addormentate cui lo aveva succhiato notte tempo. Vedendo ciò, gli abitanti del
villaggio andarono in cerca di un paletto bene appuntito, che conficcarono nel petto di
Plogojowitz, il quale si mise a zampillare sangue da questa ferita oltre che dal naso, dalla
bocca e da un altro luogo che la decenza mi trattiene qui dall’indicare con maggior decisione.
Poi posero il corpo del vampiro su un rogo ardente e lo bruciarono. Da quel momento il
villaggio di Kisilova ritrovò la calma e la serenità. Mi fermo qui con il resoconto e rimando
alle opere già citate il lettore che desiderasse scoprire altre testimonianze. Mi preme infatti
arrivare alla parte successiva del mio lavoro, relativa alla fisiologia del vampiro e ad un
tentativo di catalogazione dei principali vampiri. Inoltre, provo una gran sete, che debbo
andare subito a spegnere in qualche birreria ancora aperta. Perchè se è vero il detto che pancia
vuota non ha orecchi, io aggiungo che la gola secca non ha più voce.
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***
PARTE II. FISIOLOGIA DEL VAMPIRO
I.
Quando i morti rifiutano di esserlo.
Ciò che caratterizza prima di tutto i vampiri è l'aver conosciuto la morte. Prima di diventare
revenant, devono infatti passare giocoforza per la condizione di cadaveri. Ebbene, sembra
proprio che non tutti i mortali siano eguali davanti alla morte. La maggior parte dei defunti,
per fortuna, si adatta benissimo alla propria condizione funebre e non ritorna per nessun
motivo a importunare i vivi. Codesti morti, assai cortesi e civili, accolgono i visitatori nel
giorno dei Morti nei cimiteri ove hanno eletto domicilio, e in cui si trovano manifestamente a
loro agio, dal momento che non se escono mai. Altri defunti purtroppo, assai meno
compiacenti, si sforzano di andarsene dalle loro tombe. Alcuni, addirittura, rifiutano di
entrarvi.
È il motivo per cui nacque l'usanza della veglia funebre...
II.
La veglia funebre
Nei paesi dell'Europa centrale, la veglia funebre fu istituita in passato non tanto per facilitare
il viaggio del defunto nell'aldilà, quanto per impedirgli di ritornare sotto forma di vampiro a
tormentare i vivi. Per questo si faceva in modo di sigillare la camera mortuaria e di vegliare
intorno al corpo giorno e notte, per evitare che si alzasse e se ne andasse via, o cadesse preda
di qualche demone.
Occorreva anche tener lontani gli animali, che potevano servire da tramite agli spiriti maligni.
Si sapeva, ad esempio, che se un gatto balzava sul petto di un morto quest'ultimo si alzava e
riprendeva a camminare come se fosse stato vivo quanto voi e me: parlo di me al momento in
cui sto scrivendo queste parole, s'intende; per il futuro non saprei dire. V'erano altri rituali per
costringere i morti a restare tali. Per esempio, si scioglievano i nodi e i legacci che si
trovavano nella casa, per evitare che l'anima del defunto vi si attaccasse. Si velavano poi gli
specchi, per impedire che lo spirito del morto si rifugiasse nel loro riflesso. Si doveva anche
evitare qualunque movimento circolare, il cui compiersi poteva ridestare il morto: ecco
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perchè, nella casa in cui riposava un morto, si fermavano i bilancieri degli orologi, si evitava
di macinare il caffè, e non si montavano salse. Da ultimo, si ponevano nella camera funebre
degli oggetti benedetti, come i rami di ulivo della domenica e delle Palme, i ceri della
Candelora, il sale, il ferro, l'acqua santa, il crocifissoe la Bibbia.
In Danimarca, per l'ultima toeletta al morto, si aveva cura di legare insieme i due alluci dei
piedi, per impedirgli così di camminare. Gli uni si mettevano anche delle monetine sugli
occhi, per impedirgli di vedere, e un paio di forbici aperte sullo stomaco per sbarrare il
cammino agli spiriti malvagi. In Grecia e nei paesi mediterranei si faceva appello
all'intervento delle prefiche, donne pagate per piangere e gemere accanto al morto a gran
voce. In Irlanda invece, si vegliava il defunto a suon di musica, ballando, ridendo e giocando
a carte, per meglio esorcizzare il dolore e la paura della morte. Era d'uso poi far uscire di casa
il morto "con i piedi in avanti" - l'espressione è rimasta nella lingua parlata - semplicemente
per evitare che riconoscesse la via del ritorno. Al cimitero, si faceva percorrere alla bara un
complesso itinerario tra i vialetti, per meglio confondere le piste nel caso in cui il morto
recalcitrante avesse avuto la pessima idea di tornare a terrorizzare i vivi.
Tutte codeste usanze possono sembrare strane alle menti razionali del nostro secolo, ma quel
che io i scorgo è solo un esempio del buon senso che caratterizzava i nostri antenati. In effetti,
la paura della morte è veramente l'unica sensazione che noialtri mortali possiamo dire di
condividere. Nulla di stupefacente, pertanto, che una volta morti abbiamo come unica
preoccupazione quella di ritornare in via. E per conseguire tal fine, il defunto non arretrerà
davanti a niente. Anche se per riuscirci gli tocca diventare un vampiro. Questo è il motivo per
il quale, da sempre, diffido dei morti quasi altrettanto che delle donne, eccezion fatta, ancora
una volta, per la mia defunta consorte, che diede prova di benevolenza non cercando mai di
ritornare dal regno dei Morti dove essa, ne sono certo, si gode un meritato riposo. Amen.
III.
I Negromanti
Non tutti i vampiri hanno scelto di esserlo! O, per meglio dire, non tutti i morti escono
volontariamente dalle tombe. Alcuni lo fanno solo perchè costretti, sotto la spinta di uno
stregone esperto nell'arte oscura e diabolica della negromanzia.
I negromanti, o necromanti, ricorrono a questo per interrogare i morti su questioni segrete o
che riguardano il futuro, perchè i morti hanno accesso a conoscenze che ai vivi sono
interdette. Per prima cosa, il negromanti deve scegliere un luogo e un momento propizi per
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praticare l'evocazione. La scelta ricade di solito su un cimitero, o un crocevia, a mezzanotte in
punto. Poi deve tracciare sul suolo un cerchio magico nel quale è inscritto un quadrato magico
oppure un pentagramma, insieme ai segni cabalistici e formule sacre che servono ad
assicurare protezione allo stregone. Quindi il negromanti legge ad alta voce dal suo grimorio
le evocazioni destinate a richiamare i defunti. Costoro a quel punto si levano dalle tombe e
rispondono alle sue domande. è importante che il negromanti pronunci anche le formule per
rimandare indietro gli spiriti dei defunti, altrimenti rischia di finire a sua volta posseduto per
sempre.
Quest'arte divinatoria del tutto particolare appartiene alla magia nera ed è severamente vietata
dalla Chiesa, il che non ha impedito che numerosi ingenui imprudenti vi si dedicassero. Se
solo sapessero, questi incoscienti, quali sventure si sono abbattute sul mondo a causa loro!
Quando si evocano i morti, di fatto, non si può mai essere sicuri che la loro anima sia pura. Il
conte Dracula, per citare solo l'esempio più appariscente, ha scelto da sè di andarsene post
mortem dalla sua tomba nel monastero di Snagow, situato su un'isola vicina a Bucarest, o è
stato costretto a darlo da qualche oscuro negromante? Se è questo il caso, una volta rianimato
e richiamato indietro dal mondo dei morti, Dracula avrà provveduto a strangolare il maldestro
evocatore, per dedicarsi poi alla lunga e funesta carriera di non-morto!
La pratica della negromanzia risale a tempo molto remoti. Se ne trova menzione nella Grecia
antica, dove in Tessaglia si irroravano di sangue caldo i cadaveri per riportarli in vita e
interrogarli sul futuro. I Siriani non esitavano a strangolare e poi a decapitare dei bambini; la
testa veniva messa sotto sale e imbalsamata, e infine collocata su una piastra in oro, che
recava inciso il nome del demone a cui il sacrificio era dedicato. A quel punto, la testa
rispondeva a qualunque domanda le venisse posta.
Nel 48 a.C.Sesto Pompeo fece ricorso alla negromanzia per conoscere l'esito della battaglia in
cui stavano per affrontarsi suo padre, Gneo Pompeo Magno, e il suo nemico Giulio Cesare.
Per invocare i morti il giovane Pompeo fece appello alla strega Eritto, la quale si procurò un
cadavere recente, con i polmoni ancora sani e la bocca e la lingua in buono stato, in modo che
potesse parlare senza difficoltà una volta richiamato in vita. Eritto spalmò il corpo con un
balsamo composto di muta di serpente e bava di cane rabbioso e pronunciò una serie di
incantesimi, fino a quando il cadavere si ridestò pronto a rispondere alle domande di Pompeo.
Nel Bellum civile, opera composta nel I secolo della nostra era, l'autore latino Marco Anneo
Lucano così descrive questa scena di negromanzia: "Il sangue del cadavere si scaldò, ravvivò
le ferite necrotizzate, irrigò ogni vaso del corpo fino alle punte delle mani e dei piedi. I
polmoni si gonfiarono, nuova vita si infuse nel midollo osseo, tutte le articolazioni e i muscoli
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ripresero a muoversi e invece di alzarsi da terra lentamente, un arto dopo l'altro, il morto si
levò di colpo e rimase in piedi, immobile. Come inebetito dal ritorno dell'aria aperta, se ne
stava rigido e immobile, pallido, lo sguardo fisso e la mascella cadente, in verità più simile ad
un uomo in agonia che ad un cadavere resuscitato. Dalla sua bocca non uscì alcun suono".
Sesto Pompeo, a quel punto, chiese al morto quale sarebbe stato il risultato della battaglia che
suo padre stava per affrontare. Lo spirito del morto iniziò a parlare, a voce bassa: "La
battaglia sarà infausta per Pompeo e i suoi seguaci. La sua famiglia si trova sotto il segno
dell'avversità. Non troverà rifugio in nessun luogo. Nè in Europa, ne in Asia ne in Africa.
Tutti voi verrete sepolti in terre sottomesse da tuo padre, ma ognuno in un continente diverso.
Per quanto ti guarda, il luogo più sicuro al mondo è Farsalo".
Il seguito degli eventi diede ragione al morto. Fu Cesare a vincere la battaglia di Farsalo
contro Pompeo, che fuggì in Egitto dove trovò la morte. Pompeo morì in Asia Minore, e suo
fratello maggiore, Gneo, in Spagna. Tutti quei paesi, in paesi, in passato, erano stati
conquistati da Pompeo il Grande.
Abbiamo avuto notizia di un caso più recente di negromanzia in cui furono coinvolti il Dottor
John Dee e lo stregone Edward Kelley, noto anche come Talbot, che morì nel 1597 cercando
di fuggire dalla prigione dov'era stato rinchiuso. John Dee riferì le strane imprese di Talbot
nelle sue memorie, pubblicate nel 1659 con il titolo "A True and Faithful Relation of What
Passed for Many Years between Dr. John Dee and Some Spirits" [Veritiero e fedele resoconto
di ciò che avvenne per molti anni tra il Dottor Deee alcuni spiriti].
Il Dottor Dee e Kelley avevano l'abitudine di evocare i morti in un cimitero isolato
dell'Inghilterra. Un'antica incisione li mostra all'interno di un cerchio magico che contiene i
nomi dei santi angeli protettori: Raphael, Rael, Miraton, Tarmiel e Rex. John Dee impugna
una torcia mentre Kelley, armato di bacchetta magica, recita le invocazioni contenute in un
libro nero.
Di fronte a loro, immota e avvolta nel sudario, una morta squadra i due uomini con aria
furente, come se fosse scontenta di essere stata svegliata dal suo sonno eterno. Un grimorio
noto con il nome di Drago rosso riporta un altro rituale negromantico. La sera di Natale, lo
stregone assiste alla messa di mezzanotte. Al momento dell'elevazione, si prosterna e
pronuncia a voce bassa: "Exsurgant mortui et ad me veniant", vale a dire: "Che i morti si
alzino e vengano a me". Poi se ne va senza farsi notare e si reca nel più vicino cimitero.
Sceglie una tomba, davanti alla quale recita le seguenti parole: "O potenze infernali, voi che
seminate scompiglio in tutto l'universo, abbandonate la vostra oscura casa e recatevi oltre il
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fiume Stige. Se tenete in vostro potere colui o colei che io chiamo, vi scongiuro, in nome del
Rè dei Rè, di farlo apparire all'ora che io vi indicherò".
Poi raccoglie una manciata di terriccio che sparge intorno a sè, proclamando: "Che colui che è
polvere si ridesti dalla sua tomba, risorga dalle sue ceneri e risponda alle domande che gli farò
in nome del padre di tutti gli uomini"•. Quindi si volge verso est fino al levare del sole. Poi
prende due tibie che si pone sul petto, incrociate come nella croce di sant'Andrea. Poi se ne va
dal cimitero e getta le ossa davanti alla prima chiesa che incontra. Si mette in cammino verso
ovest, percorrendo esattamente cinquemilanovecento passi, si ferma e pronuncia la frase che
segue: "Ego sum qui te appello e videre volo"•, vale a dire: "Sono colui che ti chiama e ti
vuole vedere". A quel punto appare il defunto che è stato evocato, il quale risponde a tutte le
domande del negromante. Dopo di che, questi rimanda indietro lo spinto dicendogli: "Ritorna
nel Regno delle Ombre, dove è giusto che tu ti trovi". Poi lo stregone torna alla tomba dove
aveva avuto inizio all'evocazione e con la punta di un coltello impugnato nella mano sinistra,
traccia una croce sulla pietra. Questo rituale a me pare un po' troppo complesso e non
consiglierei a nessuno di arrischiarsi a tentarlo, tanto più che il Drago rosso precisa,
malignamente: "Non scordate neppure il più piccolo dettaglio cerimoniale descritto. In caso
contrario, rischiereste di diventare voi stessi preda di tutte le potenze dell'inferno".
IV.
I segni rivelatori dell'infestazione vampirica
Questo capitolo è essenziale, perchè permette al cacciatore di vampiri (o semplicemente a
chiunque non desideri farsi vampirizzare) di riconoscere i segni che rivelano con certezza
un'infestazione vampirica in corso, sia nei revenant stessi che nelle loro vittime dal momento
che queste ultime, ahimè, sono destinate a diventare a loro volta vampiri.
V.
Le predisposizioni al vampirismo
Non tutti i vampiri sono stati morsi da un vampiro prima di diventare tali. Alcuni già avevano
predisposizioni congenite, che è opportuno richiamare, è il caso in particolare dei: figli nati
dall'unione tra un prete e una monaca, dei neonati che vengono al mondo con il capo coperto
da un pezzo di placenta, di quelli che hanno già i denti, o una voglia sulla pelle, o il labbro
leporino.
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Sono poi potenziali vampiri anche: i settimi nati di una schiatta di fratelli, i rossi di capelli,
specie nei paesi slavi. (Qui contesto, visto che siamo in argomento, questa specifica
superstizione, perchè io stesso sono di colorito acceso e i miei peli e i miei capelli, ormai
candidi come la neve, erano in passato di un rosso fiammeggiante. Dovrei forse accertare il
fatto che il colore dei miei capelli sarebbe bastato a predispormi a diventare un vampiro? Che
follia!).
Ricordiamo che gli stregoni esperti di magia nera e i lupi mannari hanno molte probabilità di
diventare, in aggiunta, anche vampiri. Ad essi si aggiungano i bambini morti senza essere stati
battezzati e gli adulti deceduti in peccato mortale, senza i sacramenti della madre Chiesa, così
come gli scomunicati dalla Chiesa ortodossa.
Se una donna incinta viene guardata da un vampiro durante i primi tre mesi di gravidanza, ci
sono forti probabilità che il futuro neonato diventi anch'egli, in seguito, un vampiro. In tutti
gli altri casi, è facendosi mordere e succhiare il sangue da un vampiro che si entra a far parte
dell'infernale legione dei morti viventi.
VI.
Manifestazioni di vampirismo
Come abbiamo detto, i vampiri sono morti viventi che escono la notte dalle bare e dalle tombe
per andare a nutrirsi del sangue dei vivi, cui perforano l'arteria giugulare grazie ai canini
sporgenti. In tal modo prolungano indefinitamente la loro esistenza postuma, mentre
condannano le proprie vittime a diventare a loro volta vampiri. È così che si crea, secolo dopo
secolo, una stirpe di vampiri, che si accresce tanto più in fretta in quanto i vampiri sono
immortali.
VII.
I segni certi da cui riconoscere un vampiro
Il colorito del vampiro è, in senso letterale, cadaverico. Un bianco gessoso leggermente
verdastro, che ricorda un po' il colore del porro bollito. Ma quando si ingozza di sangue, ecco
che il suo colorito rifiorisce e le guance e labbra brillano di un bel rosso vermiglio. Anche gli
occhi del vampiro sono rossi e ardenti. Paiono fiamme che brillano nella notte. Nemmeno il
fuoco dell'inferno può incutere più timore dello sguardo di un vampiro. I suoi canini sono
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appuntiti, e sporgono dalle labbra. è a questa conformazione che deve l'attitudine ad affondare
le zanne nelle vene delle sue vittime.
Il loro apparato pilifero è assai sviluppato. Le sopracciglia si congiungono sopra l'arcata
sopracciliare e hanno peli persino sulle palmi delle mani, caratteristica che condividono anche
con i lupi mannari. Infine, cosa molto importante, non si riflettono negli specchi e non
proiettano ombra quando sono alla luce. Se per la maggior parte del tempo presentano
un'apparenza umana, i vampiri possono però trasformarsi in animali, specialmente in
pipistrelli, ma anche in nebbia, o in fumo. Sono in grado di volare e si introducono nelle case
servendosi delle finestre, più che delle porte. Ma non possono entrare da nessuna parte se non
sono prima stati chiamati, almeno una volta, da un essere vivente. A quel punto, possono
tornare quando vogliono, come gli fa comodo.
VIII. I vampiri psichici
Tutto questo è ben noto, e non voglio annoiare il lettore nel ritrarre con un eccesso di dettagli
creature così spregevoli. Mi basti qui aggiungere che, a parte le caratteristiche fisiche con cui
appare ai vivi, è sufficiente la sola presenza del vampiro a terrorizzare la vittima e a raggelarle
il sangue.
Quando ci si trova di fronte ad un vampiro, ce ne accorgiamo dalla paura irrazionale che
all'improvviso ci assale, così come dall'altrettanto subitanea sensazione di stanchezza che
proviamo. Perchè il vampiro svuota la sua futura vittima dell'energia, prima ancora che del
sangue. Per sopravvivere nella sua condizione di morto vivente, questo cadavere ambulante
deve trarre le sue risorse vitali dagli esseri umani. Sono loro a dover fare le spese di questo
tragico stato di cose, a veder deteriorarsi la salute e l'umore in proporzione alla durata dei
rapporti che intrattengono con un vampiro.
Così si parla a volte di "vampiri psichici" per indicare i morti viventi che, senza succhiare il
sangue delle vittime, anzi, senza nemmeno sfiorarle con un dito, le svuotano letteralmente di
ogni energia. Le persone così colpite precipitano rapidamente in uno stato di profonda
depressione, da cui non sono in grado di uscire e al quale finiscono per cedere con una
compiacenza a dir poco sospetta.
Questo non è certo il minore dei paradossi, nel rapporto che unisce il vampiro alla sua vittima.
Raramente esso è frutto di violenza e brutalità; è più frequente che si accompagni ad una sorta
di strana attrazione da parte della preda nei confronti del predatore, il che, com'è ovvio,
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facilita notevolmente il compito a quest'ultimo. Come possono i vampiri esercitare un tale
fascino? Si tratta di uno dei misteri insondabili dell'animo umano, che sembra a volte più
desideroso di perdersi che di salvarsi.
Questo non fa che rendere i vampiri ancor più pericolosi..
***
PARTE III. CLASSIFICAZIONE DEL VAMPIRO
I.
Premessa
Il termine "vampiro"• ci è ormai familiare e lo impieghiamo in modo indifferenziato, ma non
va dimenticato che in realtà esso si riferisce ad una grande varietà di revenant. Non tutti hanno
le sette caratteristiche, nè le stesse abitudini. Riteniamo quindi utile stabilire una
classificazione che, pur non potendo essere esaustiva - poichè le famiglie di vampiri sono
legioni -, consentirà però ai cacciatori di vampiri di avere dei termini di riferimento.
Nell'Europa centrale, e più precisamente nelle contrade della Transilvania, pesantemente
infestate da questi succhiatori di sangue e culla del vampirismo “ dato che hanno visto nascere
Vlad Tepes, il vampiro storico -, si può trovare il maggior numero di specie di vampiri.
Accanto ai vampiro o wampir balcanici, troviamo così i nosferatu, i drakul, vampiri diabolici,
gli opyr o upiri, termine con cui i Russi chiamano i non-morti, gli strigon, i prycolich o
strigoi, mortali ma non dotati del potere di trasformarsi in animali, i moroi, bambini morti
prima del parto che continuano a vivere sotto forma di spiriti larvali o morti viventi, etc.
II.
I Varkolak
In Russia i varkolak, ovvero ectoplasmi mangiatori di luna, sono spettri generati dall'unione
tra un cadavere e un demone. Riposano per sette anni nelle loro tombe, poi ne escono sotto
forma di un piccolo bambino nero che va in giro a succhiar sangue dai vivi. Se il varkolak
riesce ad andare dalla stessa vittima nove volte di seguito, quest'ultima muore in pochi giorni.
Ricordiamo in proposito che la povera Lucy Westenra fu mora nove volte dall'odioso Dracula,
e se non soccombette subito il merito fu delle numerose trasfusioni di sangue che le furono
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praticate, per opera di Lord Arthur Godalming, il suo fidanzato, del Dottor Seward, mio
allievo, e mia. Il conte Dracula apparteneva dunque alla categoria dei varkolak? Questi ultimi,
proprio come lui, hanno sia la capacità di rimpicciolirsi, tanto da poter passare dal buco della
serratura per entrare in una stanza, sia quella di trasformarsi in un animale.
III.
I Vurdalak
I vurdalak, che si trovano in Bosnia, in Dalmazia e in Ungheria, e di cui Aleksey K. Tolstoy
fornisce una descrizione nel suo romanzo "Upyr"(1841), sono vampiri la cui particolarità è di
accanirsi solo sui membri della loro stessa famiglia, o sui loro amici, cui vengono di notte a
succhiare il sangue. è così che numerosi villaggi dell'Europa centrale sono abitati solamente
da vurdalak.
IV.
L' Upiro
L'upiro, o l'opyr, o anche upyr, predilige, come il vurdalak, i membri della stessa famiglia. Lo
si trova soprattutto in Polonia e in Russia. Il nome deriva dalla parola serba "pitiri", che
significa "gonfiare"•. In effetti gli upiri si gonfiano in maniera spropositata nelle bare dopo
essersi ingozzati di sangue al punto che talora le loro carni traboccano e fanno scoppiare la
cassa di legno che li racchiude. A parte questa caratteristica poco allettante, nulla distingue
l'upiro dal vampiro tradizionale, tanto che si usa indifferentemente l'uno o l'altro termine.
V.
L'Obour
In Bulgaria, i vampiri vengono chiamati con il nome di Obour. Durante i nove giorni
successivi alla loro morte, vagano nella notte sotto l'apparenza di ombre, emettendo grida
orribili e vomitando spruzzi di sangue. In capo a quaranta giorni riprendono possesso del loro
corpo e iniziano ad uccidere gli uomini e gli animali per berne il sangue, e continuare così a
vivere all'infinito. Vengono raffigurati come esseri deformi, dotati di artigli, denti acuminati e
labbra vermiglie. Quando si sono nutriti a sufficienza a spesa delle vittime, si dice che le loro
carni cadaveriche prendano un colorito roseo. I bulgari temono anche il grobnik, il lepir e il
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demone Ustrel, che vive nelle tombe, e il Morava, che provoca nei mortali delle malattie che
li tormentano di notte. In Serbia, i figli dei vampiri vengono chiamati dhampir. Hanno il
potere di scovare i luoghi in cui si celano i morti viventi, anche di giorno.
VI.
I Nosferat
Il nosferat, o nosferatu, è spesso un bambino nato morto che, dopo la sepoltura, riprende vita
ed esce dalla tomba per non farvi più ritorno. Può trasformarsi in un cane o in un gatto nero,
in scarabeo o in farfalla, o anche in un fuscello di paglia, cosa che non facilita certo il compito
del cacciatore di vampiri. Succhia il sangue dei vecchi e si prende il suo piacere con le donne,
dando vita ad esseri abbietti, orrendi e pelosi, che dopo la morte si trasformano in moroi,
unendosi alla schiera infernale dei bambini morti senza battesimo.
VII.
I Muroni
Il muroni della Valacchia è il revenant di una persona morsa da un vampiro, o frutto di
un'unione illecita. Come ogni vampiro, se ne sta quieto nel suo feretro durante il giorno ed
esce la notte, per andare a nutrirsi del sangue dei vivi. Si dice che sia immortale, a meno di
non estrarlo dal sepolcro, conficcargli un ago in fronte e un paletto nel cuore, per poi ridurlo
in cenere. Può anche, a suo piacimento, trasformarsi in cane o in gatto, in rana o in rospo,
pulce o pidocchio, cimice o ragno. Per farla breve si tratta, come potete ben capire, di una
gran brutta bestia. E per meglio far perdere le sue tracce, non lascia segni di zanne sul collo
delle vittime, il che accresce la paura che suscita.
IX.
Il Liderc
In Ungheria vengono chiamati Liderc certi demoni libidinosi che assumono l'apparenza di
defunti per intrufolarsi nel letto delle loro vedove. Queste ultime, credendo di aver ritrovato i
loro cari, non si rendono conto di perdere definitivamente la salute e l'appetito, prima di
morire colte dai malanni del languore. Per smascherare i Liderc basta esaminare con
attenzione i dettagli del loro aspetto fisico. In effetti nessun Liderc è mai riuscito a
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raggiungere una somiglianza perfetta con il defunto di cui prende il posto. Bastano a volte
alcune malformazioni per farli scoprire: orecchie a punta, piedi palmati, un accenno di coda
sul fondoschiena. La vedova messa sul chi vive deve immediatamente avvertire un prete,
affinchè esorcizzi il demone. Purtroppo, numerose vedove bisognose d'amore hanno preferito
tenersi nel letto questi simulacri di mariti, piuttosto che affrontare di nuovo la solitudine,
correndo così il rischio di finire dopo morte nella schiera infernale dei vampiro, cui i Liderc si
ricollegano.
X.
Il kallikantzaros
Il kallikantzaros si trova nei Balcani, ma soprattutto in Grecia. I bambini morti senza
battesimo o nati tra Natale e l'Epifania si trasformano dopo il decesso in revenant assetati del
sangue di uomini pelosi, con i piedi e le orecchie caprini al pari degli antichi satiri. Si dice del
resto che i kallikantzaros amino la danza e le donne almeno quanto il sangue. Essi possono
anche trasformarsi in cavalli, in cani o in lupi. Ma in questo caso si parla di likokantzaroi, lupi
mannari. Il capo dei kallikantzaroi è il demone Kutsodaimonas, munito di corna e d'aspetto
selvaggio e spaventoso. Per tener lontano il Kutsodaimonas, basta agire davanti a lui con una
torcia Natale. Nell'isola di Lesbo, i kallikantzaroi non hanno un aspetto cosi orribile.
Somigliano invece a dei folletti, con le unghie adunche e dei berretti a punta, che si
intrufolano nelle case tra Natale e l'Epifania. Vanno avanti per quindici giorni a seminare
panico e disordine in dimore prima tranquille, fanno un gran baccano e rubano i gioielli. Poi si
scatenano nelle stalle, dove si ingozzano del sangue e degli intestini dei maiali, e non
dimenticano di raccoglierne le setole, per tessere i loro copricapi. Per sbarazzarsi di questi
sgradevoli burloni, bisogna spargere cenere lungo i muri della casa e appendere alle porte
delle teste di maiale.
XI.
Il brucolaco
Il Brucolaco, o vrykolakas, è invece è invece originario della Grecia. Il termine deriva dal
greco moderno burcos che significa "fango", e da laucos, che significa "fosso" o "cloaca". E
in effetti si dice che i sepolcri in cui sono stati posti i corpi di questi revenant sono di solito
colmi di fango.
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Il brucolaco è, il più delle volte, colui che è stato scomunicato dalla Chiesa ortodossa greca.
Contrariamente alla Chiesa cattolica, che concede ai santi la facoltà di non decomporsi e di
rimanere, dopo la morte, con il corpo integro e il colorito normale come in vita, la Chiesa
greca ritiene che i corpi che non si decompongono, sfuggendo al ciclo naturale della vita e
della morte, non possano appartenere che a nefasti revenant. Riguardo a questa radicale
differenza di valutazione tra Chiesa d'Oriente e Chiesa d'Occidente, sono stati sviluppati
lunghi e approfonditi ragionamenti da parte di teologi eruditi ben più versati di me nelle
sottigliezze bizantine, a cominciare dal reverendo Dom Cairnet. Occorre leggere anche la
testimonianza di Joseph Pitton de Tournerort a proposito di un incorreggibile brucolaco che
semina terrore nell'isola greca di Mykonos, nel 1701. Non cadrò nell'errore di farmi
coinvolgere in un dibattito così complesso, non avendo mai visto il corpo di un santo o di una
santa. Però ho visto corpi di vampiri perfettamente conservati e posso dire che questa
parvenza di vita associata a dei cadaveri è ancora più terrificante e perturbante che non la
visione di un corpo divorato dai vermi o di uno scheletro ghignante. La mia opinione è che i
morti non dovrebbero scimmiottare la vita, e in questo senso sarei incline, nel caso in esame, a
seguire i precetti della Chiesa greca, che mi sembrano ispirati al puro buon senso.
Rimane il fatto che nel paese di Omero si pongono amuleti e rami d'ulivo nel feretro dei
defunti così come in bocca gli viene infilata una moneta per sbarrare il cammino agli spiriti
maligni. Sulle tombe si sparge cibo, olio e vino, perchè il defunto abbia di che sfamarsi e non
sia tentato di ritornare sulla terra, mentre accanto ai sepolcro si lascia una luce perpetua, sorta
di lumicino che deve vegliare sul riposo della vittima per tre anni di seguito. Trascorso questo
periodo, si apre la tomba, si lavano le ossa con il vino e si interrano di nuovo, a meno che non
vengano trasferite in un ossario, ma questo privilegio di norma è destinato solo ai monaci nei
monasteri.
Un intervallo di tre anni fa si che giunga a compimento il lento e naturale lavorio di
disgregazione e dissoluzione delle carni dei defunti. Può capitare tuttavia che i beccamorti
trovino all'interno delle tombe corpi intatti, dalle carni rosee, con le guance e le labbra
grondanti di sangue fresco. In tal caso, i becchini capiscono di trovarsi di fronte ad un
brucolaco. I brucolachi, va detto, non sono necessariamente malvagi. Se ritornano sulla terra,
è perchè qualcosa li tiene ancora legati alla vira. Può trattarsi di un debito che non e stato
saldato, o anche di una questione d'onore da regolare o di una vendetta da portare a termine.
In questi casi basta dar soddisfazione al morto per vederlo tornare da sè medesimo nel regno
delle Ombre. Può accadere che sia un vivente a costringere un defunto a tornare al mondo
sotto forma di Brucolaco per compiere una determinata missione.
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Si racconta in proposito che una volta, nell'arcipelago delle Sporadi, una madre acconsentì a
dare in sposa la figlia Arete ad un ricco mercante persiano di passaggio solo dopo che l'altro
Costantino, ebbe promesso alla madre che, su sua richiesta, sarebbe andato a riprendere la
sorella ovunque fosse, per riportarla sull'isola. Accadde però che qualche anno dopo
Costantino morì vittima di un'epidemia mortale che colpì l'isola. La madre non poteva quindi
più contare su di lui per andare in cerca di Arete nella lontana Persia. Ma le madri, soprattutto
in Grecia, non permettono ai figli di venir meno alle promesse, nemmeno da morti. L'anziana
donna andò al cimitero, sputando sulla tomba di Costantino gli rimproverò di aver lasciato
questo mondo senza essere andato a riprendere la sorella, poi ingiunse alla terra di respingere
quel figlio indegno dal suo grembo. Infine ne se ne tornò tranquillamente a casa, in attesa.
Alcuni mesi dopo. si levò sull'isola un forte vento. La porta della casupola in cui viveva la
donna si spalancò d'improvviso, per lasciare il passo al corpo di Costantino, ritornato dai
morti. Costantino che, sotto forma di brucolaco, era andato a prendere Arete mentre dormiva,
per ricondurla dalla madre. Quest'ultima, finalmente soddisfatta, annullò la maledizione
gettando una manciata di in un bicchiere d'acqua. Il corpo di Costantino cadde a terra, senza
vita e mezzo putrefatto. Così viene racconta questa vecchia leggenda greca, che a me pare
tuttavia un po' troppo romanzesca per essere autentica. Che i morti escano dalle tombe per
venire a dissanguare i vivi, passi. Ma sul fatto che vadano fino in Persia e tornino portando tra
le braccia una donna, senza che costei si svegli e si metta ad urlare, consentitemi di nutrire
qualche dubbio. Inoltre tutti sanno che i brucolachi, come ogni altro spirito malvagio, non
sopportano il contatto con il sale, simbolo di inalterabilità. è per questo che non possono
attraversare le distese di acqua salata e viaggiare per mare. Un buon metodo per sbarazzarsi
dei Brucolaco senza bruciarli, infatti, è abbandonarli su qualche isolotto deserto, dal quale non
possano più allontanarsi. La storia di Costantino che percorre i mari alla ricerca della sorella,
quindi, è con tutta evidenza una fola, almeno per quanto riguarda la conclusione, perchè
ritengo invece del tutto plausibile che un figlio si levi dalla tomba per ubbidire ai voleri
dispotici di sua madre. Viene da chiedersi, a questo punto, chi dei due sia il vero vampiro!
***
PARTE IV. PSICOPATOLOGIA DEI VAMPIRI
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I.
I lunatici
I vampiri, è cosa nota, sono sudditi della luna. L' astro notturno rischiara con la sua luce livida
il volto pallido e ripugnante di onesti morti viventi, che si espongono ai raggi di luna con la
stessa gioia con cui noialtri mortali ci esponiamo a quelli di sole perchè ne traggono l'energia
necessaria alla loro sopravvivenza. Ma la luna non è il sole, ne e anzi il riflesso opposto e
malato: essa protegge tutte le creature oscure e diaboliche, come gli uccelli notturni, i roditori,
i demoni, i lupi mannari e i vampiri.
Quanto ai mortali, soggetti all'attrazione lunare cosi come l'acqua e soggetta alle maree,
generalmente sono vittime di una specifica e incurabile malattia mentale, a causa della quale
vengono definiti lunatici. Ed è proprio dalle fila dei lunatici, guarda caso, che vengono sia i
vampiri, sia le loro vittime consenzienti.
II.
Pazzi che urlano sotto la luna
La luna esercita sulla psiche umana una nefanda influenza, che colpisce in modo particolare
alcuni individui definiti per questo motivo lunatici o selenici. Non è stato Shakespeare a
scrivere che la luna è "regina sovrana della vera malinconia"? Recita un detto inglese del
XVII secolo: "Quando si alza la luna piena, cala il buon senso". E opinione corrente, infatti,
che la luna nuova, come la luna piena, aggravino negli esseri umani il nervosismo,
l'irritabilità, l'aggressività, la collera, la violenza e la follia.
Dall'antichità al Rinascimento, i medici, a cominciare da Ippocrate, hanno sempre visto nella
luna la causa delle crisi ricorrenti di epilessia, che si facevano ben più frequenti con la luna
nuova o il plenilunio. Sono in particolare le donne, soggette ai cicli analoghi a quelli lunari, a
provare spesso un'eccitazione nervosa che le predispone a diventare lunatiche. è ben vero che
in passato era fatto divieto a qualsiasi ragazza desiderosa di conservare propria reputazione di
andare a spasso da sola al chiaro di luna, perchè rischiava di ritrovarsi loaret, antico termine
che significa "fecondata dalla luna". Correva lo stesso pericolo se urinava davanti all'astro
notturno durante il primo o l'ultimo quarto, se indossava biancheria messa ad asciugare ai
raggi della luna. Alcune di queste sfortunate donne davano alla luce autentici mostri, i figli
della luna.
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Come le donne, anche gli uomini possono divenire lunatici se si addormentano al chiaro di
luna, specialmente durante il plenilunio, in cui i colpi di luna sono più temibili. Sosteneva
Plutarco che coloro i quali si addormentavano sotto il chiarore della luna diventavano idioti o
imbecilli. In Palestina e nella Grecia antica si riteneva che i colpi di luna fossero più
pericolosi dei colpi di sole e provocassero il sonnambulismo e l'epilessia. Una commedia di
Claude Gauchet, risalente al XV secolo fa riferimento a coloro che "non hanno paura, per aver
dormito una notte all'addiaccio, di patire qualche malanno per i raggi della luna". Intorno al
1640, si diceva "di un uomo un po' matto che stava sulla luna".
Nel 1842, il Lunacy Act, una legge inglese sul tema della malattia mentale, definiva
ufficialmente il lunatico come un essere dal comportamento per lo più razionale, che però era
"colpito dalla follia nel periodo che fa seguito alla luna piena". In linea di massima, è
considerato pericoloso fissare ad occhio nudo l'astro lunare. Chi guarda fisso la luna per un
certo tempo rischia di esserne inghiottito. Anche indicare la luna con il dito porta sfortuna.
Chi si azzarda a farlo sette volte di fila diventerà cieco; dopo nove volte, non andrà più in
paradiso. Nel Medioevo credevano che i lunatici, attraverso la luna, subissero l'influsso del
diavolo. Ed ecco con quali parole veniva praticato l'esorcismo su un lunatico a Condes, nel VI
secolo:
"Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, io ti scongiuro, spirito ingordo,
collerico e fornicatore, spirito lunatico e frenetico, demonio del mezzodì, demonio del giorno
e della notte, in una parola, chiunque tu sia, spirito immondo, esci dalla persona che porterà
su di sè questo amuleto!".
III.
Assassini della luna piena, lupi mannari e vampiri
Pare che l'influsso pernicioso della luna si spiega fino a provocare, nei soggetti maggiormente
a rischio, attacchi di follia omicida. Così, ad esempio, un operaio inglese di nome Charles
Hyde fu condannato nel 1854 per delitti che si sentiva spinto a commettere nei periodi di luna
piena e luna nuova, per i quali egli stesso parlava di follia lunare. C'è anche chi ha sostenuto
che Jack Lo Squartatore abbia perpetrato i suoi abominevoli crimini sotto l'influsso della luna
piena. Le notti di luna nuova o di plenilunio favoriscono anche un altro fenomeno, quello
della licantropia, a causa del quale alcuni uomini si trasformano in lupi.
Nel XV secolo fu un congresso di teologi a ratificare questa credenza. All'inizio del suo
poema Lai Du Bisclaveret, che narra la storia di un uomo condannato a diventare lupo in certi
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periodi, Marie de France tiene a precisare che alcuni uomini avevano conosciuto la stessa
disavventura anche in tempi antichi. Nella stessa epoca, l'autore inglese Gervasio da Tilbury
scrive, nei suoi celebri Otia imperialia: "Io so soltanto che qui capita quotidianamente, nel
mutare dei destini umani, che certi uomini si tramutino in lupi quando cambia la luna".
L'autore cita ad esempio un abitante del Vivarais che ad ogni luna nuova si sentiva costretto a
spogliarsi dei suoi abiti e rotolarsi nudo sulla sabbia, finchè si trasformava in lupo.
Per qualche giorno, quindi, viveva in compagnia di quelle bestie, poi ridiventava un uomo
normale. Lo stesso autore racconta anche di aver conosciuto un uomo in Alverma che aveva
diseredato un parente perchè questi aveva la brutta abitudine, certe notti, di tramutarsi in lupo.
Dopo che un carpentiere gli ebbe tranciato una zampa, il lupo mannaro recuperò le sue
sembianze umane e non si trasformò mai più in bestia... ma aveva una gamba in meno!
Aggiunge infatti Gervasio da Tilbury che "chi ha esperienza di questi fatti afferma che
amputando loro le membra si liberano quegli uomini dalla malattia". Tocca poi a Collin de
Plancy precisare che la luna ha il potere di ridare vita ai vampiri usciti dalle tombe: "Quando
inseguivano uno di quegli spettri durante qualche scorreria notturna e lo abbattevano con una
palla o un colpo di lancia, pensavano di poterlo uccidere una seconda volta tuttavia se il
vampiro rimaneva esposto ai raggi della luna ritrovava le forze, e poteva succhiare di nuovo il
sangue dei vivi". Egli aggiunge inoltre che le lamie e le gule dissotterrano i morti nei cimiteri
e gozzovigliano al chiaro di luna.
IV.
Alienati e pervertiti sessuali
Come ho già accennato trattando dei lunatici, pare proprio che il vampirismo possa essere
considerato non solo un'aberrazione naturale, una condizione mostruosa e diabolica, ma anche
una forma di alienazione mentale prossima all'ossessione e alla psicosi. Le ossessioni del
vampiro sono ben note: teme la luce solare, è attratto dall'ombra e dal chiarore lunare, ha sete
di sangue. Ma a questo elenco di appetiti malsani bisogna aggiungere anche a costo di
offendere il senso di pudore del lettore, un interesse esagerato e maniacale per la sessualità.
Questa sessualità non ha nulla di normale; viziata da sadismo ed ematofilia, dev'essere
considerata come una grave perversione, in tutto e per tutto condannabile. Quanto meno
questo è ciò che penso io, che ho sempre praticato l'atto unicamente con la mia defunta
consorte da viva, ci tengo a precisarlo - senza che ci svestissimo più dello stretto necessario e
con la candela spenta, per rispetto dei reciproci pudori. La mia cara moglie, come ho avute
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modo di dire, era una santa e si preoccupava più del Cielo che dei piaceri della carne, ragion
per cui la nostra coppia non rappresenta necessariamente un esempio in materia di fantasie
amorose, e io stesso ammetto di aver sempre preferito i sapori della birra e il fumo della pipa
alle carezze erotiche, che mi sembrano rientrare più nei giochi dell'infanzia che nelle
responsabilità dell'età adulta. Senza dubbio è per questo che non sono un buon giudice quando
si tratta di stabilire che cosa è lecito o meno, a proposito di pratiche amorose e sessuali, e se
un atto rientra nella normalità o invece nella perversione.
VIII. Il vampirismo come malattia mentale
Il fenomeno del vampirismo è sempre stato considerato, soprattutto dalla Chiesa, come
appartenente all'ambito del sovrannaturale e della demonologia. Come ricordavo in
precedenza, i vampiri non hanno nulla di umano e le loro motivazioni, loro desideri e le loro
reazioni hanno semmai a che fare con il diavolo. Dal che discende la difficoltà, per lo
studioso, di riuscire a cogliere la psicologia del vampiro. Non sono pero mancati vari studiosi
e specialisti degni di fede che hanno catalogato il vampirismo non più come un fenomeno
puramente sovrannaturale, ma come una forma di malattia mentale. Tale approccio solleva
però un problema serio, che non mi sento in grado di risolvere ma che sottopongo comunque
all'attenzione dei miei pazienti lettori. Se infatti il vampirismo può essere considerato come
una forma di alienazione mentale, ciò significa che il vampiro non è responsabile dei suoi atti
e dunque non deve essere considerato come un criminale, ma come un malato, vale a dire
insomma una vittima. A questa stregua, quindi, la povera Lucy Weslenra, quando la vedemmo
digrignare orribilmente i denti come il peggiore dei demoni, non sarebbe stata cosciente di ciò
che faceva, in quanto appunto alienata, schiava della possessione vampirica. Dalla quale noi
l'abbiamo comunque liberata con i mezzi tradizionali, il paletto e la decapitazione. E quanto
poi a considerare Dracula come la povera vittima di una fatalità, ebbene, mi ritinto nel modo
più assoluto! L’altro problema sollevato dall'ipotesi dell'alienazione mentale è il seguente: se
possiamo indagare il comportamento dei vampiri sotto il profilo psichiatrico, o anche
psicanalitico, significa che le loro reazioni sono comunque spiegabili dal punto di vista della
psiche umana e non della pura e semplice demonologia. Ciò non rende i vampiri meno
pericolosi, ma di certo li rende più umani, seminando il dubbio nella mia mente. Diviene
quindi concepibile la possibilità che un essere umano vivente cada vittima di questa forma di
alienazione mentale chiamata vampirismo. Avremmo quindi dei vampiri che non sono morti
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viventi, ma bensì viventi veri e propri, i quali succhiano il sangue delle loro vittime non per
sopravvivere nel chiuso delle loro tombe, ma perchè sono disturbati mentalmente! Se così è,
possiamo supporre che non tutti i vampiri vengano dall'oltretomba, e che l'arsenale classico
delle armi destinate a combatterli (paletto, fiori d'aglio, crocifisso,acqua santa...) su di loro
non avrà alcun effetto. Sarebbe forse il caso di suggerire a questi vampiri di adozione, per così
dire, di andarsi a sdraiare sul lettino del famoso dottor Sigmund Freud di Vienna, per potersi
alleggerire del loro pesante fardello. Per quanto mi riguarda, non sono così sicuro che il
lettino possa un giorno sostituire il paletto…
E.B
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Conclusione
I fogli si vanno accumulando sulla scrivania del mio studio e ritengo di aver più o meno
esaurito il tema del vampirismo, ragion per cui non voglio approfittare oltre della pazienza dei
miei lettori, tanto più che si sta facendo tardi e ho sete.
Mi sia consentito concludere quest'opera mettendo in guarda ancora una volta tutti coloro che
si sentono toccati dal problema del vampirismo contro i misfatti di cui sono colpevoli questi
morti viventi, e contro l’onnipotente rete che sono riusciti a organizzare nel corso dei secoli. I
vampiri, non dimentichiamolo, non muoiono dato che sono gia morti. A meno che non si
riesca a sorprenderli nella bara e trapassarli con un paletto, sono eterni. E dal momento che
non smettono di conquistare alla loro causa nuove vittime succhiandone il sangue, possiamo
dire che il numero dei vampiri aumenta ogni notte, e in modo esponenziale.
Tanto che è legittimo chiedersi se i vampiri, ben presto, non saranno più numerosi dei vivi.
Tremo, al solo pensiero di una Terra abitata solamente da morti viventi! Quando il tempo sarà
venuto – perchè arriverà, siatene certi, arriverà!- ai sopravvissuti al vampirismo non resterà
altra scelta che nascondersi, per non essere colti di sorpresa dai vampiri ormai onnipotenti,
oppure arrendersi di fronte alla forza del numero e unirsi volontariamente alla grande tribù dei
vampiri. Nessuno ò vantarsi di essere al riparo dal contagio!
Giunta è l'ora di mettere la parola fine a questo lavoro, e di concedermi un po' di ristoro in una
taverna del Quartiere del vizio. C'è nell'aria, all'esterno, un odore che ricorda il sangue.
E sto cominciando ad avere sete, molta sete …
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