I RECUPERANTI – RECUPERO DEI RESIDUATI DI GUERRA Chi
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I RECUPERANTI – RECUPERO DEI RESIDUATI DI GUERRA Chi
I RECUPERANTI – RECUPERO DEI RESIDUATI DI GUERRA Chi più chi meno la maggior parte degli uomini dell' Altopiano finita la guerra, ritornati nei loro paesi completamente distrutti, pur di ricostruirsi con dignità la propria abitazione, un futuro ,hanno praticato il lavoro del recuperante , nel 1919- 1920 l'amministrazione militare aveva iniziato la bonifica del territorio con la raccolta dei resti mortali dei soldati, di migliaia di ordigni esplosivi, di armi. Ma il territorio continuava a restituire frammenti di questo evento e questo lavoro pur rischioso e pericoloso era l'unico per poter sopravvivere, perchè prima bisognava bonificare il proprio terreno, il proprio orto i ruderi delle proprie case. La prima grossa disgrazia a Canove avvenne nel 1920: una squadra di operai lavorava con cavalli al riassetto del cimitero ed un bambino, figlio di un operaio , si trastullava a battere con un sasso una granata inesplosa da mml.305.Nessuno badava al bambino perchè quel mostro addormentato non poteva sentire quei piccoli colpi. Ma il mostro esplose e fece una strage di uomini ed animali . Da allora non si contarono più le disgrazie che provocarono mutilazioni e morti (sarebbe una curiosità farne un censimento: ne risultarono cifre veramente pesanti).Da questi tristi fatti il recuperare residuati andò scemando fino al 1930 quando, forse per la grande crisi del 1929, c'era necessità di reperire materie prime. Il rialzo dei prezzi e la difficoltà di trovare occupazione, riproposero il mestiere del recuperante che, attraverso le disgrazie , si andava affinando e divenne un lavoro. Il recuperante acquisì un 6° ed anche un 7° senso . Partiva da casa armato di piccone e vagava per prati e pascoli, per boschi e valli;ogni tanto sostava, guardava il terreno e,scelto il luogo,incominciava a scavare , osservava il terriccio , annusava la punta del piccone e decideva se continuare a scavare oppure no. Ma se continuava il lavoro di scavo, certamente uscivano dal terreno bombe intere o in frammenti. Era fortunato chi incappava uno “scharppnel” inesploso o soffiato, cioè non esploso in aria ma nell'impatto col terreno con tutte le sferette di piombo nel terreno, davanti al bossolo: buoni chili di metallo pregiato. Se il piccone col suo odore rivelava la presenza di cartucce da fucile (piombo ed ottone di ottima qualità ), trovarne una o più cassette voleva dire un gruzzolo sostanzioso. Nasceva anche un gergo particolare per cui tutto ciò che era esplodente, dalle bombe a mano a grossi calibri erano “Bombe”, salvo le bombarde che non avevano involucro metallico sostanzioso ed erano estremamente pericolose. I recuperanti lavoravano quasi sempre isolati, raramente in coppia: solo se rinvenivano qualche zona molto ricca di materiale si associavano. Erano gelosi del proprio bottino giornaliero . Parlavano con rara competenza di granate italiane, tedesche , francesi ed inglesi con tutti i loro calibri e funzioni: schrappnel a sferette di piombo (mml. 10) o di ghisa, dirompenti, perforanti, incendiarie , a gas e le maledette a Yprile. (es. il 149 fasciato ,incamiciato interamente di piombo con sette chili di fascia e con sette chili di sferette); oppure l'87 inglese (in gergo 3 e 8 contenente 1465 sferette di piombo per un peso di kg. 3,800). Un buon guadagno era frutto delle corone di rame di forzamento delle bombe da cui, venivano divelle a scalpello e martello. Un grosso problema era dato dalle bombe inesplose che non si potevano vendere. Allora escogitando una tecnica particolare per cui, con una carica di esplosivo sistemata sulla bomba in quantità e posizione adeguate, riuscivano a spaccare la bomba senza farla esplodere (in gergo “brillare”. Necessariamente questo lavoro lo facevano in grotte , caverne e ruderi, perchè c'era sempre il pericolo che qualche bomba brillasse provocando il danno di un colpo di cannone di quel calibro ed anche più perchè è notorio che l'esplosivo invecchiando diventa “irrequieto”e scoppia con facilità e con maggior potenza. Nel 1935-1936 a causa delle sanzioni all'italia per la guerra di Etiopia, la ricerca di residuati di guerra si intensificò ulteriormente, i recuperanti demolirono dei fortilizi per recuperare anche le putrelle ed il ferro da cemento armato .In quegli anni a Canove successe un fatto significativo:un squadra di recuperanti del paese volle recuperare le monumentali corazze del Forte Verena, divelte dai bombardamenti austriaci e precipitate nei sottostanti roccioni, non per venderle, ma per sistemarle nella piazza del paese a lato del monumento ai caduti . Quando le bellissime corazze (misure desunte da fotografie o m. 5 con spessore di cm 25)erano giunte in piazza a Canove ,per la faccenda “Oro alla Patria “, vennero degli specialistiche con la fiamma ossidrica , le ridussero in pani maneggevoli e se le portarono via. Una situazione giuridica particolare e strana era in alto nei riguardi dei recuperanti. Per legge tutto il materiale bellico giacente sul terreno o proveniente da scavi, e di proprietà dello Stato e i rivenditori sono diffidati dal solo toccarlo ed invitati ad informare i carabinieri che avrebbero dovuto recuperare questo materiale con delle procedure particolari . C'è stato l'assurdo che, nel caso di disgrazie provocate da residuati , le vittime venivano multate in contravvenzione a questa legge. Più tardi e specialmente le fonderie, riconobbero che l'Altopiano dei Sette Comuni era una ricchissima miniera non di minerali ma di metalli pregiati ed i recuperanti ripresero a lavorare indisturbati. Dopo la guerra 1940-1945 dai campi ARAR saltarono fuori i ricercatori magnetici o cercamine americani ed i recuperanti muniti di questa novità ripresero il lavoro con più lena. Con questi rilevatori, impropriamente battezzati RADAR, si perlustrava il terreno e quando l'apparecchio passava sopra a metallo sepolto emetteva un suono in cuffia, ma faceva scavare anche per una scatoletta vuota. Allora i recuperanti impararono a riconoscere la qualità del fischio per individuare la presenza dei vari metalli e la loro consistenza. Non tutte le bombe potevano essere rotte con l'esplosivo ed allora ed allora qualche sconsiderato , pazzo o coraggioso, tentava il disinnesco tecnico che consisteva nello svitare la spoletta od il culatte contenente il detonatore, operazione resa difficile dalla ruggine . A volte andava bene e si recuperava la bomba intera con l'esplosivo interno, ma a volte l'uomo volava in cielo con la nuvola dello scoppio. Molto significativa perchè veramente corrisponde a verità, in quanto fatta da recuperanti professionisti, tutta la sequenza del disinnesco di una bomba da mml.210 eseguita dal vecchio “DU” col suo allievo, nel bellissimo film “i Recuperanti”del regista Ermanno Olmi e soggettista lo scrittore Mario Rigoni Stern. Ultimo atto del recupero: fino al 1950 -1960 e oltre, tutti boscaioli, i cavatori di marmo, i contadini e tutta la popolazione ha goduto di attrezzi di lavoro come segoni a mano, badili, picconi, accette, mazzuoli,stampi da mina, carriaggi e filo spinato per delimitare le proprietà, clementi componibili di baracche canadesi, paletti di ogni genere a T a L a coda di porco, provenienti dal recupero. Impensabile la quantità di paletti, di canne di fucile e di mitragliatrice finita per armare il calcestruzzo per architravi di porte e finestre. E quanti fucili furono “trapanati” cioè maggiorati di calibro, per renderli fucili da caccia cal. 32 e cal. 28, specialmente il “Manlicher” austriaco. Questa in succinto è l'avventura dell'altopiano e dei suoi recuperanti .