Catalogo mostra 2009 - BCC Fano
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Catalogo mostra 2009 - BCC Fano
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI FANO BART Banca Arte Territorio Mostra collettiva nelle diciassette Filiali della Banca di Credito Cooperativo di Fano Seconda edizione 22 dicembre 2009 29 gennaio 2010 Ideazione e coordinamento Monica Pucillo, Alessandro Marconi Progetto grafico Claudio Vagnini (Conte Camillo) Stampa Grapho5 Ulteriori informazioni sugli artisti possono essere richieste presso l’Ufficio Marketing della Banca di Credito Cooperativo di Fano: tel. 0721 851263 [email protected] © 2009 Banca di Credito Cooperativo di Fano BART BART BANCA ARTE TERRITORIO L’INCONTRO TRA ARTE E BANCA Anche quest’anno la BCC di Fano in occasione delle festività natalizie ha deciso di fare degli auguri speciali. Dopo il successo dello scorso anno, torna BART, la mostra che unisce la Banca all’arte contemporanea, rendendo protagonisti gli artisti del territorio. Un percorso itinerante che si snoda tra 8 comuni e 2 province delle Marche. In questa seconda edizione, le 17 filiali della BCC di Fano verranno trasformate in gallerie espositive da 18 artisti, Soci e clienti dell’Istituto di credito che vivono e lavorano nei comuni in cui si trovano le filiali. Pittori, vignettisti e fotografi arricchiranno e personalizzeranno lo spazio degli sportelli facendo un regalo speciale alle persone che vi lavorano, ai nostri clienti e a tutti coloro che avranno il piacere di percorrere questo itinerario dal 22 dicembre al 29 gennaio 2010. Con la speranza che l’iniziativa riceva lo stesso apprezzamento dello scorso anno, rivolgiamo a tutti i nostri migliori auguri d’arte! Romualdo Rondina Presidente BCC Fano Ma che sorpresa. A dimostrazione che l’incontro della BCC di Fano con l’arte e la cultura non era episodico anche quest’anno le sue sedi per Natale e Capodanno si coloreranno dei colori dell’arte. È il BART: Banca Arte Territorio. Non siamo ancora all’auspicato intervento artistico strutturale nelle stesse ma non siamo più neppure alla semplice esposizione di opere frutto di antichi e non sempre oculati acquisti. Semplicemente gli artisti entrano in punta di piedi con le loro opere nel tempio del denaro determinando una simpatica sinergia tra estetica ed economia nella inconsapevole consapevolezza che, come ha scritto un genio, la Bellezza salverà il mondo. Onore a chi questa iniziativa ha pensato ed a tutti coloro che l’hanno voluta. Se lo scorso anno fu un esperimento quest’anno siamo ormai alla certezza: l’incontro è positivo per l’arte e per il credito. La prima ingentilisce il mondo degli affari colpevolizzandolo quanto basta per aver troppo tempo operato in un caveau, il secondo dimostra di aver compreso che senza una radicale modificazione dell’economia ed una visione sociale ad ampio spettro che non può non avere ai primi posti anche la cultura e l’arte, la crisi è sempre dietro l’angolo. Lo sostiene il Papa, lo ribadisce il Presidente degli Stati Uniti: così non si può più andare avanti. La misura del tutto non è il denaro ma l’uomo. La BCC di Fano con la particolare sensibilità sociale che deriva dalle sue origini lo ha compreso perfettamente. Da anni, senza mai trascurare il legittimo profitto e la solidarietà che da esso promana, è vicina alla cultura con la sua meritevole attività editoriale e con lo spiraglio aperto all’arte figurativa. A quando un consulente culturale in ogni Istituto di credito? Un viatico migliore di questo non è dato. Auguri a tutti! Alberto Berardi FANO 3 FANO CENTRO Viale Cairoli Piazza XX Settembre FANO 5 FENILE Viale Italia Via Girardengo FANO 1 FANO 2 Via Veneto S. ORSO Via Roma Via S. Eusebio FANO 4 Via Mattei MONTECICCARDO Piazza Europa CUCCURANO BELLOCCHI Via Flaminia Via X Strada LUCREZIA MAROTTA Via della Repubblica SAN COSTANZO Via Litoranea Via Villetta Adriatica CALCINELLI Piazza De’ Cavalieri TAVERNELLE Via Flaminia SENIGALLIA Via Piave FRANCESCO FORNACIARI Agenzia S. Costanzo Via Villetta Adriatica PATRIZIO AMBROSINI Sede di Cuccurano Via Flaminia SERENA GARATTONI Agenzia Monteciccardo Piazza Europa SAMANTA BARTOLUCCI Filiale Fano 3 Viale Cairoli MIRCO BELACCHI Filiale Fano 4 Via E. Mattei CLARA LIONELLO Filiale Fano 1 Via Roma GIOVANNI BELLANTUONO Filiale Fano 1 Via Roma GIULIO MARCUCCI Filiale Fano Centro Piazza XX Settembre MOIRA BIGELLI Agenzia Marotta Via Litoranea MARCO MARIANI Agenzia Calcinelli Piazza De’ Cavalieri ADRIANO ORCIARI Agenzia Tavernelle Via Flaminia VINCENZO BRESCIA Agenzia Lucrezia Viale della Repubblica MICHELE PANICALI Agenzia Bellocchi Via X Strada SERGIO CARBONI Agenzia Fenile Via C. Girardengo MAURO CHIAPPA Filiale Fano 5 Viale Italia IL PERCORSO STEFANO BRAMUCCI Agenzia S. Orso Via S. Eusebio GIANCARLO PUCCI Filiale Fano 2 Via V. Veneto ELENA RICCIALDELLI Filiale Senigallia Via Piave GLI ARTISTI Patrizio Ambrosini Patrizio Ambrosini nasce nel 1973 a Fossombrone (PU). Si diploma all’ISA, Scuola del Libro di Urbino, città nella quale approfondisce la ricerca in campo pittorico ed incisorio sotto la guida del Maestro urbinate Leopoldo Ceccarelli. Della sua opera hanno scritto Alessandro Benvenuti, Prof. Bruno Ceci, Francesco Maria Acquabona. Vive e lavora nella sua bottega e nel suo studio di incisione stamperia a Lucrezia di Cartoceto (PU). Oscillazioni Nella storia artistica di Patrizio Ambrosini c’è un periodo fondamentale che si colloca tra il ’97 e il ’98, quando - come racconta - dipinge quasi d’improvviso alcune nature morte: pochissimi frutti che sembrano caduti casualmente al centro di uno spazio vasto e indistinto. Quei frutti dai colori spenti che emergono attoniti in un fondo scuro e tetro, costituiranno il principio di una lunga e ininterrotta produzione di nature morte. Quei primi tentativi, con le loro atmosfere e le loro soluzioni novecentesche, rimarranno per l’artista un costante riferimento e torneranno quasi invariati in opere anche molto distanti nel tempo. Ambrosini ha attinto alternativamente dal novecento e da un passato più lontano, fino a guardare le nature morte del seicento, epoca in cui nei Paesi Bassi sono consacrate per la prima volta come vero genere pittorico. Nelle opere di ispirazione più antica, tuttavia non ha mai ceduto al gusto della preziosità, né alla ridondanza compositiva barocca, piuttosto è rimasto fedele alla lezione moderna del rigore e della essenzialità. L’attinenza a Cézanne, a Casorati e a Morandi per lui rimane imprescindibile. Nei suoi quadri i singoli elementi sono sempre scarsi e riuniti in composizioni attente a riprenderli in una precaria compresenza. La frutta, un fiore, i fragili cristalli, le ceramiche candide, un cucchiaio o altra stoviglia, non hanno nulla di decorativo o di festoso. Quegli oggetti piuttosto sembrano sorpresi nella loro più feriale esistenza, non per essere consegnati a un realismo di tono dimesso, al contrario per essere coinvolti in una intensa rappresentazione spesso dai toni tragici che li trasforma e perfino li aggredisce. [...] Nonostante il grosso apporto informale, la pittura di Ambrosini comunque si mantiene dentro una misura classica anche per quel che riguarda le soluzioni compositive e le cromie. La classicità per lui è autenticamente il punto di equilibrio ideale, la forma eletta per essere forma di singole forme che coglie fragilissime nella loro perenne oscillante trasformazione. [...] Più libero nell’ideazione e soprattutto nell’esecuzione c’è un filone meno frequentato dall’artista, opere pittoriche di ridotte dimensioni. I soggetti, immersi in atmosfere intime e di sentimenti più caldi, cambiano: non più nature morte ma paesaggi, corpi e profili di donna, persino due luminosi interni di chiese. Sono immagini instabili, sul punto di svanire rese nella loro precaria e imprecisabile esistenza. [...] Nelle incisioni, invece, non si allontana dal disegno consistente e netto delle nature morte. Sono per lo più ancora volti e corpi femminili. Figure fatte di grovigli e sovrapposizioni dei segni, approssimazioni alla linea naturale che per lunghi tratti rimane intuita, percepibile quale risultante mediana di più linee o appena discosta dal segno tracciato. [...] Ancora una volta l’artista oscilla sfuggendo la forma definitiva. Ancora un volta oscilla seppur nei margini sicuri della mai abbandonata classicità. Francesco Maria Acquabona Urbino, Settembre 2009 Rosa e cucchiaio su piatto olio su tavola cm. 40x30 1998 Samanta Bartolucci Samanta Bartolucci è nata a Fano il 20 aprile 1975. Diplomata in arte dei metalli e dell’oreficeria all’Istituto “A. Apolloni” di Fano e in fumetto umoristico presso la Scuola Comics di Roma. Dal 2002 è caricaturista, cartoonist, illustratrice, grafica umoristica con lo pseudonimo SAM. Ha partecipato alle più importanti rassegne nazionali ed internazionali di umorismo. Samanta Bartolucci nel suo stile denota una frizzante vivacità che anima i suoi disegni. Di primo impatto ci si sofferma sul concetto di proporzione. Un concetto che irrompe anche nella ricercata cromaticità. Nell’uso del banco e nero, l‘artista riesce a distinguersi donando talora repentine folgorazioni di colore. Nelle caricature il suo tratto marcato e inconfondibile mette in evidenza la sua spiccata capacità di visualizzare e zoomare sul dettaglio. Il suo spirito di osservazione anima i personaggi, le situazioni, gli scenari restituendo alle proporzioni criteri che giocano col paradosso, l’intuito, l’esasperazione; il tutto ben calibrato. La visualizzazione artistica della Bartolucci mescola in modo eccellente, con la tavolozza della creatività, l’humus grottesco delle immagini. Un’ironia che si lega alla “joie de vivre” e all’istrionismo delle forme e delle dimen- sioni insolite: corpi minuscoli, volti giganteschi, proporzioni e dettagli che rilevano e rivelano tratti somatici particolari, smorfie, vezzi e vizi dei protagonisti. Omini, donne e pupazzi che si perdono in un bicchiere, sciatori che sciano su forchette, oggetti che si confondono fantasticamente con una nuova funzionalità dell’oggetto illustrato. La Bartolucci dona così con il suo tratto, un carattere visionario e divertente. Gli oggetti si animano e restituiscono un’anima di soggetti rinnovati in una sfera onirica e ironica. La caricatura a suo modo carica di senso l’introspezione e gli elementi vivi dei personaggi. Si mettono a fuoco dettagli, spicchi e particelle quasi impercettibili di uno spirito tragico, comico e fondamentalmente spiritoso. Giammarco Spineo Questa volta ti scarto! ecoline e pastelli su cartoncino 2008 Mirco Belacchi Mirco Belacchi, classe 1960, vive e lavora a San Costanzo. Dopo aver conseguito la maturità scientifica intraprende gli studi di chimica presso l’Università di Bologna, studi che interrompe nel 1984 per dedicarsi alla fotografia. Da sempre attratto dall’arte fotografica come forma espressiva, vi si dedica attivamente dal 2005 al 2009. Partecipa al Premio d’Arte Internazionale “Aperitivo Illustrato”, esordio che gli vale il premio come secondo classificato per l’opera Il sangue non lubrifica, esposta in occasione della collettiva dei finalisti a Fano (PU). L’artista si distacca dai canoni dell’arte fotografica convenzionale, rendendo le suo opere cariche di intensità e dense di contenuti che spingono chi osserva alla riflessione sulla conoscenza (irrisolta) del Sé. La dimora del Minotauro fotografia cm. 42x60 2009 Giovanni Bellantuono “… Un rimando, un’eco che si trasmette nello spazio che ascolta, vuoto che si riempie di sguardi scambievoli che annuiscono all’essere. A volte, una trasmissione di energia pulsante attraversa questo luogo di scambi che si carica di colori vivaci lungo segmenti zigzaganti. Questo rapporto di materia e spirito raggiunge un equilibrio di pesi bilanciati in un’atmosfera sospesa che allude ad un essere profondo, immaginario quanto nei Mobiles di Alexander Calder, Giovanni Bellantuono sceglie la tecnica delle proiezioni “consumato” dalla frequentazione professionale per raggiungere quel desiderio del cuore che ha voglia di rispecchiarsi in un luogo, in una persona o in un’impronta tracciata sulla materia per sempre”. Luisa Fontebuoni Giovanni Bellantuono è nato a Fano dove vive e lavora. Dopo essersi diplomato presso il locale Istituto d’Arte, prosegue gli studi presso il Magistero d’Arte di Firenze. Volume 42 acrilico, legno e doratura 2009 Moira Bigelli È il 3 agosto 1977, a Fano, nasce Moira Bigelli. Vive e studia nella vicina Marotta ma, dopo il diploma di ragioniera, decide di cambiare rotta. Si iscrive con convinzione a Storia Orientale e, nel 2008, si laurea col massimo dei voti. Contemporaneamente nasce in lei l’ispirazione artistica e la passione per i paesi esotici. Viaggia molto e, nell’incontro con luoghi e culture diverse, trova modalità personali per esprimere il suo punto di vista più originale. La sua formazione artistica inizia dall’adolescenza, prima come autodidatta poi sotto la guida del professor Giorgio Cassoni, dal quale apprende le basi delle tecniche che, crescendo e maturando, rielabora e fa sue. La sua capacità di espressione artistica utilizza la vivace pastosità dell’acrilico con cui offre, agli spunti reali, un’impalpabile dimensione onirica. Le forti tinte piatte e le linee nette sono i tratti che caratterizzano decisamente le sue opere, realizzate su tele dal taglio insolito. Ne scaturisce un’interpretazione minimalista dalle intense e indimenticabili suggestioni emotive. Seza titolo acrilico su tela cm. 20x100 2009 Stefano Bramucci “L’autore delle immagini [...] rappresenta un caso singolare nel panorama fotografico italiano, per la rapidità con cui si è impadronito di questo mezzo espressivo... l’eleganza e l’essenzialità della composizione ci riconducono alle sperimentazioni in seno al Bauhaus di Làszlò Moholy-Nagy, del suo conterraneo ungherese Andrè Kertèsz, nonché all’avanguardia russa di Aleksandr Rodçenko; le sofisticherie tecniche, [...] conferiscono alla scena una dimensione metafisica, di sospensione temporale, con un risultato fortemente evocativo. Maurizio Recano Stefano Bramucci nasce a Fano nel 1970, dove vive e lavora. Nel 2001 nasce in lui la passione per la fotografia, iniziando un intenso periodo di studio e di ricerca. Nel 2004 viene nominato direttore artistico della Sezione Fotografica della Venerabile Confraternita di S. Maria del Suffragio. Nel gennaio 2006 fonda la Scuola di Fotografia “S. Maria del Suffragio”. Predilige la fotografia chimica tradizionale, che sviluppa e stampa personalmente attraverso la tecnica del bianco e nero. “L´obiettivo fotografico di Stefano Bramucci si è soffermato a cogliere per noi momenti diversi nella vita di alcune famiglie religiose. I forti contrasti di luce nelle foto in bianco e nero sembrano mettere in risalto le scelte radicali dei “discepoli del Signore”, uomini e donne colti nelle azioni quotidiane della loro vocazione: lavoro e preghiera, contemplazione e servizio, silenzio e ricerca amorosa dei fratelli più deboli. Attraverso la sobria efficacia delle immagini, la proposta vocazionale ci tocca tutti, facendoci riflettere sui tanti modi in cui la sequela del Signore si può esprimere anche oggi, in un´epoca che potrebbe apparire distratta e persino sorda ai valori dello spirito.” Giovanni Tonucci Arcivescovo Prelato di Loreto “[...] dotato di una grande capacità di cogliere gli aspetti più suggestivi dei paesaggi urbani, proponendo un accattivante gioco di luci ed ombre, Stefano Bramucci si sta rivelando un fotografo di grande qualità, esperto nella tecnica, quanto attento nelle inquadrature e sensibile nel cogliere gli aspetti fuggenti della realtà quotidiana.” Corriere Adriatico “[...] non è improbabile che l’autore di questo scatto, programmaticamente titolato Psycho, sia avvezzo agli stilemi filmici dei grandi ed insuperati maestri alla Hitchcok o Welles. Certo è che la potenza del bianco e nero sprigiona, nella sequenza dei piani, una profondità spazio temporale in cui la figura in controluce in campo lungo potrebbe apparire rivelarsi indifferentemente umana o aliena. La sicura impostazione tecnica dell’immagine, ci consegna una realtà in effetti straniata, sottoposta com’è alla pressione talvolta scapigliata dell’immaginazione.” Giuria Premio Carafoli “Grazie alla capacità e sensibilità di Stefano Bramucci è stato possibile attraverso la fotografia gustare frammenti di vita vissuta attraverso l’arte, che mantengono la loro bellezza inalterata nel tempo, invitano ad attimi di meditazione e riflessione sullo spirito antico ma vivo della Venerabile Confraternita del Suffragio, spirito che ha saputo mantenere inalterato nei secoli. Carlino Bertini Studio 2 fotografia chimica in bianco e nero cm. 70x100 2002 Vincenzo Brescia Vincenzo Brescia è nato a Novoli (LE) il 24 aprile 1960. Ha frequentato il Liceo Artistico e l’Accademia di Belle Arti di Lecce dove ha ricevuto i “fondamentali” della Pittura dal maestro calabrese Prof. Luigi Spanò. Nel 1986, a Bologna, ha conseguito l’abilitazione all’insegnamento delle Discipline Pittoriche. Attualmente vive ed opera a Lucrezia di Cartoceto. “Mi ripugnano i poli di attrazione che hanno creato i moltissimi galleristi. È squallido vedere in giro tante grosse firme “commercializzate” in un enorme business creato da e per affaristi. A me non importa di raggiungere il successo a tutti i costi, sono troppo profondi in me il senso serio della vita e la coerenza delle mie scelte”. Questo assunto morale è la migliore presentazione ai dipinti di Vincenzo Brescia. La fermezza dell’affermazione come l’equilibrio e la geometria delle soluzioni formali sollecitano il ricordo di altri pensieri inseriti nel testo ”Lo Spirituale nell’arte” di Wassilij Kandisky per il quale un’opera d’arte nasce da una necessità interiore e suscita delle reazioni psicologiche tramite stimoli cromatici. La via dell’artista è dunque un percorso concentrato sui valori spirituali che guida lo spettatore attento ad un’esperienza catartica. L’opera di Vincenzo Brescia non è stata sempre rivolta ai segni non figurativi, raggiunti solo dal gennaio del 2007. La stessa, infatti, è nata come indagine precisa del paesaggio meridionale d’origine, assolato e silenzioso, spazi aperti di campagne aride, distese secche di arbusti e sassi dove appaiono casupole annidate a grappolo solitarie. La stesura cromatica, mai unitaria, rivelava già allora la gestualità attuale, spontanea, di sporcare il legno fino a coprire la superficie nell’atto di pulire gli strumenti. Un’esperienza automatica utilizzata dal pittore spagnolo Juan Mirò nella serie delle Costellazioni (1940), libera espres- sione dell’inconscio ed evasione da un mondo oppresso dal conflitto bellico. Notevole è stata la riconoscenza al maestro Luigi Spanò (Santa Severina - Crotone, 1949), docente di pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Lecce, che ha indirizzato il nostro artista ad una sapienza tecnica del mestiere, alla libertà del segno, all’immagine surrealista vissuta nel figurativo. Poi il trasferimento a Ravenna (1988) e l’incontro con altre personalità artistiche tra le quali è considerata fondante quella con il pittore perugino Manlio Bacosi (1921-1998) dal quale l’artista ha raccolto l’impostazione orchestrale e la freschezza delle pennellate. Quindi, improvvisa come lo è stato per tanti altri artisti, la scelta dell’astratto che è sempre un realismo, ma interiore. In questa fase, la pennellata si fa più libera sovrapponendo piani geometrici che si incastrano tra loro e, come afferma l’autore, contengono i segni cromatici più diversi come in un grembo materno. Tale ricerca si allinea ad altre contemporanee che indagano l’energia cosmica come i cruenti Plurimi di Emilio Vedova, le sculture proiettate verso il cielo come delle vele di Eliseo Mattiacci o le opere grafiche di Walter Valentini, composizioni di un silenzioso rigore architettonico. In questa produzione astratta, l’ordine geometrico rispecchia quello astrale, nella consapevolezza che nell’armonia divina, l’uomo si trova accolto nel suo essere pienamente con la sua fantasia, esuberanza e gioia. Luisa Fontebuoni Immagini olio su legno cm. 65x75 2008 Sergio Carboni Sergio Carboni vive e lavora a Fano. Docente di materie artistiche, ha iniziato giovanissimo l’attività di pittore, partecipando a varie collettive e allestendo varie personali a Firenze, Milano, Carpi, Foggia, Pesaro. Tra le opere più note si ricordano il ritratto di Eugenio Montale nel 1982 per il Centro Culturale “Prospettive nel mondo”, in occasione del primo anniversario della morte del poeta e il ritratto di Papa Giovanni Paolo II in occasione della sua visita a Fano nel 1984. Molti hanno scritto su di lui, le espressioni più care sono quelle del suo amico scrittore Fabio Tombari in occasione della presentazione di una mostra “Altro che astrattismi lambiccati a freddo! L’arte arzilla e tutta nostra. Ringrazio Sergio Carboni che mi ha dato l’opportunità di presentare un artista fanese dei più schietti”. L’altra è del musicista e poeta Ettore Spaggiani di Modena: “Se l’arte è creazione, sincerità, spontaneità, sentimento, espressione in forme armoniche ossia intonate a quelle matematiche leggi reggenti l’universo e se l’arte è trasfigurazione della realtà sulle orme del divino, Sergio Carboni è un artista”. È l’eterno ragazzo dell’arte, arte vissuta con ardore e passione, proprio come merita ogni grande storia d’amore. Era il lontano 1954, e il giovanissimo Sergio Carboni, appena quattordicenne, muoveva i primi convincenti passi nel mondo della fantasia artistica sotto la guida di grandi artisti di fama internazionale e docenti all’Istituto d’Arte “Adolfo Apolloni” di Fano di cui Carboni è stato brillante allievo. Nel 1957 la prima mostra di carattere nazionale a Firenze. […] I tratti decisi e amalgamati delle composizioni cromatiche di Sergio Carboni convincono e appassionano il pubblico alla ricerca di quello stile figurativo moderno – talvolta leggermente spatolato – che vale all’artista fanese l’accostamento con il grande frate pittore Padre Tarcisio Generali. […] E non è soltanto il tocco artistico ad attirare il visitatore, ma anche l’impegno sociale che Carboni trasmette attraverso le sue opere. Spontaneità, sincerità ed una profonda ricerca pittorica e culturale introspettiva diventano le tracce indelebili nel carattere artistico di Sergio Carboni, per nulla timoroso di combattere con la forza dei suoi pennelli le ipocrisie antisociali. Presto anche la lunga Italia diventa piccola e, tra gli anni ’70 e ’80 Carboni espone in Sud America, in Venezuela e poi a Cuba, paese dalla mille contraddizioni ma anche dalle mille magie dove le sue opere sono esposte nella famosa “Bodeguita del Medio”, compreso un ritratto di Ernest Hemingway. […] Ma Carboni non si monta la testa e prosegue con passione il proprio lavoro di insegnante e pittore nella sua amata città dove attira attorno a sé la cerchia di intellettuali ed artisti. […] Un fascino che non conosce limiti e che non tramonta mai, frutto di un incantesimo dispensato da Carboni con un abile tocco di bacchetta magica. Anzi di pennello. Marco Giovenco Impressioni cubane tecnica mista su tela cm. 40x60 2002 Mauro Chiappa […] vivace, socievole, ma facile alla distrazione, nel corso del triennio ha partecipato alla vita di classe, ma ha rivelato impegno discontinuo, non sfruttando appieno le sue capacità. La sua preparazione presenta ancora delle lacune in qualche disciplina. Dimostra un interesse particolare per il “far teatro” e spiccate attitudini per le attività artistico espressive per cui si consiglia una scuola ad indirizzo artistico. Il Preside Mauro Chiappa è nato nel giugno 1968. Maestro d’arte, vive e lavora a Fano. È illustratore, pittore, incisore, scenografo, umorista, vignettista, caricaturista, grafico e cantante. Konrad Lorenz tecnica mista, acrilico su cartone cm. 32x18 2004 Francesco Fornaciari Francesco Fornaciari nasce a San Costanzo il 3 Dicembre 1953 dove vive e lavora tutt’oggi. Fornaciari è artigiano falegname e vigile del fuoco. Diventa poeta e pittore perché dentro la cosiddetta “vena” lo spinge a cercare nei suoi pensieri immagini e parole che sostituiscano quelle consuete, quelle che si usano tutti i giorni, in ogni circostanza; ed ha la fortuna di trovarla quella “vena”, come ha la fortuna chi cerca l’acqua e la trova senza neppure scendere in profondità. Le sue opere, ricordiamo il suo libro di poesie “Se Fosse” di prossima pubblicazione, vengono recensite da importanti critici. Dicono di lui: “Fornaciari è un pittore che tende ad affermare la piena liberta di interpretazione. Le sue opere, cariche di poesia, riescono a darci, nei momenti d’ispirazione, il soffio della verità, la reinvenzione della realtà, qualche cosa che a lui spiacerebbe perdere ”; “Fornaciari trova nelle parole la possibilità di esprime sentimenti che tu ritieni che non gli appartengano, perché fanno parte di un mondo che non è suo! E invece, alla fine, devi renderti conto che quel mondo è suo, nel quale ha saputo penetrare come la fiamma nel cerchio di fuoco, come il trapano nel cuore del legno, tenendo lontano il pensiero da quelle e da ogni altra cosa, che in quel momento non gli appartengono!”. I tuoi capelli Qui accanto a te guardo i tuoi capelli che incantano i miei occhi. Accanto a te sento parlare il tuo cuore. Lontano sull’orizzonte ma caldo e dolce come questo tramonto. Nebbia d’autunno (19 – 10 – 2000) Silenziosa la collina dorme. Mille occhi discreti ci guardano. Tu sei come la nebbia d’autunno che avvolge dolcemente la vallata ed il pioppeto. Tu sei entrata in me con un amore discreto, mi avvolgi, mi sfiori, mi parli della solitudine, ti lasci accarezzare. Paesaggi della bassa parmense olio su tavolozza cm. 20x12 1979 Serena Garattoni Nel suo percorso artistico, Serena, mette tutta l’energia graffiante dei suoi 21 anni. Un’energia tutta da scoprire, vibrante e incisiva, fatta di segni che graffiano il colore e il supporto; colorando come vede e affronta la vita piena d’energia, che scaturisce dalle sue opere. Il suo cromatismo viene messo in evidenza con gusto e stile nelle sue opere. Le tinte mai di troppo forti e violente offrono all’occhio dell’osservatore una sapiente armonia cromatica. L’equilibrio pittorico e grafico fa dell’opera un oggetto ricercato e apprezzato per l’uso sapiente della tecnica e dell’abilità pittorica. Tiziano Dolzelli Serena Garattoni è nata a Pesaro il 19 ottobre 1988. Si è diplomata Maestra d’Arte all’Istituto d’Arte “Mengaroni” di Pesaro. Vive a Monteciccardo. Rose di montagna olio su tavola cm. 35x55 2009 Clara Lionello Clara Lionello nata a Contarina (RO) nel 1950. Si trasferisce a Verona nel 1967 dove consegue il diploma di pittura all’Accademia di Belle Arti. Attualmente svolge la sua attività artistica nella città di Fano, con mostre personali e collettive. Clara Lionello è pittrice delicata e sensibile. I suoi paesaggi collinari e campestri nascono da un rapporto di serena contemplazione attraverso il diretto contatto dell’artista con l’ambiente naturale. I colori chiari e festosi, la luminosità solare uniformemente diffusa, i rapporti cromatici a fasce o campiture sovrapposte nel palese intento di dare profondità all’immagine… C’è e si vede subito, una necessità profonda di vivere e quindi di esprimersi attraverso “una forma di interiorizzazione cromatica e tonale fresca e personale. È quanto ha ben evidenziato il critico Federico Bellomi, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Verona, indicando inoltre il suggestivo dipinto “girasoli a Cerasa” come “l’espressione di una vivacità cromatica che sa spingersi al di là della pura funzione estetica, per entrare negli ambiti evocativi del sentimento”. Il tutto, ben lontano “da quella produzione pittorica addomesticata che spesso riempie le sale delle nostre gallerie”. Ma al contrario con l’intrinseca finalità di “funzione catartica”, tesa questa ad appagare le ansie e i desideri di positività maturati nell’uomo in stretta relazione con l’attuale momento storico. Nei suoi quadri è la spontaneità della visione, l’entusiasmo vitale con cui rappresenta le sue campagne, le sue dolci colline, i fiori splendenti, il porto affollato di barche e vivido di colori. Una pittura come terapia, si sarebbe tentati di dire, terapia contro il grigiore dei giorni sempre uguali… La Lionello, anche nelle stagioni meno propizie, ama dipingere en plein air, a conferma che il rapporto diretto con la natura è per lei condizione essenziale di creatività. In un tempo come il nostro, in cui l’arte si carica spesso di esasperati intellettualismi che denunciano una preoccupante aridità interiore, questa artista riservata e sorridente, lontana da ogni clamore ed estranea ad ogni congrega di addetti ai lavori, è la consolante dimostrazione che c’è ancora la possibilità di vivere l’arte come esperienza di ricerca di un proprio equilibrio interiore, senza cedimenti a conformismi e mode. Paolo Bonetti Franco Battistelli Fano vista dalle sue colline olio su tavola cm. 60x60 1998 Giulio Marcucci Giulio Marcucci è nato a Cagli nel 1948. Si è diplomato all’Istituto d’Arte di Fano ed ha proseguito i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Urbino dove ha ottenuto il diploma di scultura. Ha insegnato a lungo all’Istituto d’Arte di Fano e continua ad operare nel settore delle arti visive allestendo mostre personali e partecipando a collettive. Vive ed opera a Fano. Giulio Marcucci, il Segno e la Parola Prima della parola era il segno, il tratto gestuale, come manifestazione delle urgenze dell’inconscio ed esplosione dell’immagine dal profondo dell’io, della necessità di rapportarsi con l’esterno, di comunicare con l’altro, col diverso da sé. L’uomo, all’alba della sua origine, già incideva, graffiava, scheggiava, feriva la materia in modo, si potrebbe dire, istintivo se non fosse che anche nella dimensione dell’irrazionale, della non coscienza, agisce costante un ingegno sconosciuto e sopraffino, sempre intuito ma mai disvelato. Poi è venuta la parola. Prima espressa per suoni, per fonemi, e quindi rappresentata, idealizzata, trascritta, resa leggibile, mediante segni in traccia o in impressione. Segno e parola sono quindi alla base di tutto il sistema comunicativo relazionale rapportato allo scambio di idee, di bisogni, di riferimenti rappresentativi alla realtà fisica o ontologica. L’arte segue linguaggi espressivi che sorgono sempre dal dentro, dall’io nascosto, anche quando l’orgoglio umanistico l’avrebbe preferita indifferente o scientificamente oppressa. Dati tali assunti paradigmatici, Marcucci, rifiuta l’immagine caratterizzan- te l’arte didascalica del passato per recuperare invece la materia come valore in sé, come realtà del tutto autonoma, oggetto e, al tempo stesso, soggetto autosufficiente, in grado di esprimere una nuova ed elevatissima valenza semiologica. L’operazione artistica a cui dà vita viene condotta con consumata perizia gestuale, senza tentennamenti, addirittura con gagliarda sicurezza nella stesura dei solchi materici, degli spessori plastici, così come nelle ferite incise in una superficie talora monocroma o vibrante di tinte vivaci. Il resto lo fa la luce modulando, al variare della direzione, in modo sempre nuovo i volumi e le ombre da loro originati nell’opera a rilievo. Sono segni, tracce, che suggeriscono una lettura di paesaggi veri - profili dolci e sinuosi come le colline metaurensi - o anche soltanto paesaggi dell’anima il cui senso è richiamato dalla cifra inserita, dalla parola che li accompagna ad esplicito epitaffio. Dunque Segno e Parola. Così Marcucci cerca il suo assoluto espressivo innalzato sull’idea di un’arte in grado di dar voce alle realtà interiori, immagini che divengono eventi rituali, magici, sacrali. Dante Piermattei dicembre 2009 Paesaggio / Progetti tecnica mista 2009 Marco Mariani Marco Mariani è nato nel 1980. Si forma artisticamente presso l’Istituto d’arte di Urbino dove si diploma in grafica pubblicitaria nel 1999. In parte autodidatta si avventura nelle sue opere esprimendo la sensibilità creativa, la grande fantasia e passione che lo contraddistinguono. Vive e lavora a Cartoceto. [...] Si propone come uno dei giovani artisti locali più produttivi. [..] Gli acrilici su tela sono dei piccoli cammei che sintetizzano momenti, stati d’animo, rapide emozioni o profondi periodi di riflessione interiore vissuti dall’artista. Negli occhi di chi guarda colpiscono, di primo acchito, le macchie di colore, le pennellate veloci e la consistenza materica del colore lavorato a spatola, ma dopo poco viene spontaneo soffermarsi sui dettagli, sulle piccole figure stilizzate, sui vortici di colore, ritagliandosi così il proprio e personalissimo “quadro nel quadro”, evocativo di episodi e stati d’animo solo nostri, difficilmente spiegabili a parole, ma immediati quando sono visivamente tangibili. Il percorso artistico di Mariani si sviluppa anche nella ricerca di materiali sempre nuovi e inaspettati: oltre alle classiche tele, con supporto in legno, troviamo le tele di juta non tesa senza struttura di sostegno, che con il loro essere imperfetto ricalcano le sfaccettature dell’animo umano, i suoi lati luminosi e quelli in ombra, il loro sapore di non finito ci invita a proseguire il nostro percorso di ricerca interiore. Fino ad arrivare alla ceramica dove ciò che sembra essere un prodotto finito, pronto ad essere utilizzato senza molti altri interventi da parte dell’uomo, è fonte di ispirazione e suggerisce all’artista anche la rappresentazione di parti del corpo inusuali come i piedi, simbolo di radicamento alla terra, alle proprie origini, ma anche mezzo principe per il viaggio, per il cambiamento, per la scoperta di mondi altri da noi, o nascosti tra le lacerazioni della nostra anima. Francesca Piccinetti Passo 1 acrilico su cotto cm. 30x30 2009 Adriano Orciari Adriano Orciari, nato a Sinshein Germania nel 1966. Sviluppa la sua ricerca artistica tra fotografia ed incisione calcografica. Vive e lavora a Lucrezia di Cartoceto (PU). Ho avuto la fortuna di presenziare alla nascita delle prime incisioni di Adriano Orciari, di assisterlo. Mettere in sincronia il rame, le puntesecche, le acqueforti, gli inchiostri calcografici e un torchio che potesse imprimere su pregiata carta le particolari visioni di Adriano; una semina fruttuosa. Facile, se vogliamo, presupposta la conoscenza di Adriano Orciari persona e la coscienza di non dover influenzare in alcuna maniera il suo maturo personale equilibrio espressivo. Equilibrio fatto di precisione, minuzia, flebilità di segno, da molta delicata poesia, fino a segni piu decisi, a raccontare il suo sentire la natura, la forza, l’animale, l’uomo, l’animale macchina, la tragedia. Che la rappresentazione assuma sembianze, di volta in volta, oniriche, metafisiche, primitive, futuristiche, surreali, mostra poi, ancora una volta sorprendente, spontanea innata polivalente proprietà espressiva. Ho avuto la fortuna di tenere tra le mani questo vaso compiuto fatto di fibre di segni, leggerissime e pesanti, decorato in maniera multiforme, cangiante, che ci parla di libertà svincolata da ogni preconcetta cultura, di un sentire che tradisce la primordialità e la purezza del suo spirito; le visionarie, sciamaniche incisioni di Adriano Orciari. Patrizio Ambrosini Lucrezia di Cartoceto, novembre 2009 Toro acquaforte su rame stampata su carta Fabriano 640 gmq, inchiostro seppia cm. 16x13 2009 Michele Panicali Michele Panicali è nato a Fano il 25 dicembre 1965. Si diploma nel 1984 all’Istituto d’Arte Apolloni, sezione Decorazione Pittorica. Dipinge con continuità dal 1994, la sua prima esposizione a Riccione nel 1995, seguono mostre collettive e personali. Vive e lavora a Bellocchi di Fano. [...] ed è scelta emblematica l’affondo ch’egli fa nel Barocco. Nella lussuria plastico-spaziale di oculi e portali, finestroni scorciati, penombre di navate e volute, abita la bellezza, l’alata forma ch’è musa e genio, e tempo. Davvero sorprendente la pittura del giovane Panicali: per la capacità di sintesi che egli talvolta riesce a toccare; per la sconcertante forza plastica e per l’evidenza, finanche violenta, delle sue forme; per l’emblematica scelta, dicevo, di riaggancio agli apporti di un secolo, in apparenza il più ridondante e lontano dall’essenzialità del nostro tempo, in realtà il più tormentato e sconvolgente per irrequietezza, fervore d’invenzione e ambizione di risultati, e quindi come nessun altro tanto vicino a noi e tanto vicino, soprattutto, alle inquietudini e alla sofferta individualità dell’artista. Sofferta individualità che emerge accentuatissima anche nelle ultime opere del Panicali, nate, si direbbe, a inseguire onirici rifugi, isole possibili da dominare. Guido Ugolini Autoritratto con topo albino olio e tempera su tavola cm. 83x86 2008 Giancarlo Pucci Giancarlo Pucci nasce a Fano il 23 agosto1936. Dopo il diploma presso l’lstituto d`Arte di Fano, dal 1957 è per tre anni a Venezia dove acquisisce nuove esperienze artistiche e culturali. Nel 2000 battezza la sua arte Duemilista. Partecipa nel 2003 alla 50° Esposizione internazionale d’arte Biennale di Venezia. Nel 2004 a Firenze è presente al battesimo del movimento Zerotre. lmportante è la sua attiva presenza nel mondo della Mail Art. Il rito della creatività. La celebrazione dell’arte [...] Non è facile raccogliere tutte le suggestioni e le provocazioni che questo artista ha prodotto attraverso i molteplici linguaggi da lui sperimentati, allo scopo di rendere sempre più efficace e vitale la propria poetica. È invece facile leggere nelle opere di Pucci un unico filo conduttore che passa per la conoscenza, per l’apertura culturale e per la curiosa ed insaziabile voglia di comunicare attraverso il proprio esclusivo linguaggio. Diviene quasi superfluo ricordare l’influenza delle avanguardie storiche nella sua formazione artistica, basta infatti osservare le opere per comprendere l’influsso dada, surreale, concettuale e aggiungerei della metafisica che, spesso, appare l’ispiratore di una certa estetica “fredda”, ravvisabile soprattutto nei lavori degli anni Settanta-Ottanta. Ma questo non è tutto. Occorre infatti menzionare un’altra prerogativa che anima queste opere: lo stupore o se mi è concesso, un certo candore fanciullesco. [...] Sono poi sorprendenti i mutamenti linguistici che rendono la poetica di Pucci un codice vivo in continua mutazione e le opere sembrano essere perfette metafore di quelle mutazioni… e non mi riferisco esclusivamente alla pittura e alla scultura ma anche agli interventi di mail art, ai libri d’artista e naturalmente alla performance. [...] Ma cosa significa esattamente agire attraverso la “performance”? [...] L’azione è espressione artistica che trascende l’oggetto, narrazione effimera, precario presidio di contatto con l’alterità che non subisce ma interagisce, più o meno consapevolmente. Nel caso di Pucci l’azione performativa si evolve ulteriormente divenendo rituale. Infatti, la scelta di indossare le proprie tele dipinte indica l’apoteosi del comunicare le propria arte, o meglio vestirsi del proprio linguaggio. L’opera non è più il fine a cui tendere ma elemento attivo, linfa vitale, come se si trattasse di una seconda pelle. [...] La geometria, le figure solide, i fondi piatti e perfetti non abbandonano nemmeno le azioni recenti, anche se, ora, il sentimento le avvicina irresistibilmente alla sensibilità di ciascuno. Le tele campite a spatola offrono lo spettacolo straordinario di un cromatismo mutevole, che si fa spesso materico e primitivo. Il paradosso si sfiora nella perfezione del disegno che proprio sembra non voler concedere nulla alla grossolana sostanza della tela. E poi… in un istante la tela sfugge al concetto di quadro entrando nella vita quotidiana degli uomini, facendosi abito, o forse paramento “sacro” attraverso cui celebrare l’arte. [...] La performance rappresenta solo un frammento piccolissimo e conclusivo della parabola della creatività di questo artista. Ad essa vanno assommate altre componenti vitali: la conoscenza, la folgorazione dell’idea, il sentimento nel dipingere, il rito della vestizione ed infine la traccia che queste azioni sapranno lasciare nella mente e nell’anima di chi ha potuto vederle. Roberta Ridolfi Silhouette tecnica mista cm. 125x50 2008 Elena Riccialdelli Elena Riccialdelli, in arte “ELY”, nasce ad Arezzo il 9 maggio 1969. Vive a Senigallia. Fin da piccola amante del disegno, di tutto ciò che poteva essere espresso con segni e colori, rimasto ancor oggi, nella purezza libera dell’essere autodidatta. Nel corso della crescita il suo carattere estroverso ed introverso allo stesso tempo, la rendeva spesso lunatica ed incompresa dalla maggioranza delle persone a lei vicine. Forse è proprio questa la chiave che apriva ed apre, tutt’oggi la porta dell’arte di “ELY”. L’aspetto peculiare del lavoro di Elena Riccialdelli detta Ely, è un’idea di trasversalità della prassi pittorica che non subisce né la fascinazione iconica, né l’assunto tecnico, ma li usa entrambi in funzione di una visione totalizzante. Il procedere per tematiche non indica necessariamente una catalogazione di modi e di forme, semmai utilizza il sostrato figurale come mezzo per esprimere il proprio sentire, per formalizzare il vissuto dell’esperienza. Quindi il problema non si inscrive nell’ordine di una interpretazione formale anche se figurativa, ma si intende sotteso ad un senso che è deliberata traduzione di “moti interiori”. L’adozione stessa di diverse modalità tecniche ed esecutive, da un lato mostra una decisa urgenza ideativa ed esecutiva di comunicare il proprio vissuto, dall’altro si pone come possibilità sempre aperta, in funzione dell’opera e della sua coerenza interna. La differenziazione stilistica non è determinante ai fini dell’opera, perché il problema non è quello di procedere per contiguità su di un piano orizzontale, ma di spezzare il percorso attraverso movimenti che tengono conto più del senso intrinseco dell’opera, che della consequenzialità stilistica dei singoli dipinti. [...] In alcuni casi la figura è netta, ben delineata, in altri si dà semplicemente come fatto cromatico percepibile attraverso la comparazione con elementi coloristici affini rivelati dal gioco del velare e disvelare. Questo riguarda soprattutto i quadri con figure, in cui il colore si pone come elemento caratterizzante, attraverso la sua definizione a volte materica, altre fluida, quasi acquida, contribuendo a definire la forma. Nei quadri con fiori prevale un segno secco e deciso che determina una forma figurale definita, quasi una icona del fiore stesso, la cui determinazione lo fa sembrare quasi una sorta di emblema araldico. È un fiore, ma è anche un segno pittorico, una traccia materica, un appunto cromatico, ed è questa declinazione degli elementi della pittura che lo traduce in una sorta di emblema, quasi un simbolo di se stesso. Anche la deliberata reiterazione della stessa icona floreale, definita da forme simili, ma declinata attraverso diverse connotazioni cromatiche, propone un senso seriale che suggerisce una totalità, nominata attraverso i frammenti di cui è composta. Persino le singole serie, come i pappagalli o le donne africane, ad esempio, pur se appaiono affini nei termini di una determinazione figurale, tuttavia mostrano differenze esecutive e formali, proprio perché ogni singolo quadro ha regole interne e proprie e non c’è una costrittiva regola generale da adottare. Ciò che appare evidente nella pittura di Ely, non è quindi una presunta compattezza formale tra le opere, lei non lavora per accumulazione, ma per dispersione, adottando una disseminazione di motivi figurali e di tecniche esecutive che privilegiano una coerenza interna a ciascun dipinto e non una presumibile continuità fra le forme visive ed esecutive delle opere in generale. Maurizio Cesarini Donne girate acrilico su tavola cm. 70x130 2008