Catalogo mostra 2009 - BCC Fano

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Catalogo mostra 2009 - BCC Fano
BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI FANO
BART Banca Arte Territorio
Mostra collettiva nelle diciassette Filiali
della Banca di Credito Cooperativo di Fano
Seconda edizione
22 dicembre 2009
29 gennaio 2010
Ideazione e coordinamento
Monica Pucillo, Alessandro Marconi
Progetto grafico
Claudio Vagnini (Conte Camillo)
Stampa
Grapho5
Ulteriori informazioni sugli artisti
possono essere richieste presso
l’Ufficio Marketing della Banca di Credito
Cooperativo di Fano: tel. 0721 851263
[email protected]
© 2009 Banca di Credito Cooperativo di Fano
BART
BART BANCA ARTE TERRITORIO
L’INCONTRO TRA ARTE E BANCA
Anche quest’anno la BCC di Fano in occasione delle festività natalizie ha deciso
di fare degli auguri speciali.
Dopo il successo dello scorso anno, torna BART, la mostra che unisce la Banca
all’arte contemporanea, rendendo protagonisti gli artisti del territorio.
Un percorso itinerante che si snoda tra 8 comuni e 2 province delle Marche.
In questa seconda edizione, le 17 filiali della BCC di Fano verranno trasformate
in gallerie espositive da 18 artisti, Soci e clienti dell’Istituto di credito che vivono
e lavorano nei comuni in cui si trovano le filiali.
Pittori, vignettisti e fotografi arricchiranno e personalizzeranno lo spazio degli
sportelli facendo un regalo speciale alle persone che vi lavorano, ai nostri clienti
e a tutti coloro che avranno il piacere di percorrere questo itinerario dal 22 dicembre al 29 gennaio 2010.
Con la speranza che l’iniziativa riceva lo stesso apprezzamento dello scorso
anno, rivolgiamo a tutti i nostri migliori auguri d’arte!
Romualdo Rondina
Presidente BCC Fano
Ma che sorpresa. A dimostrazione che l’incontro della BCC di Fano con l’arte e la cultura non era episodico anche quest’anno le sue sedi per Natale e
Capodanno si coloreranno dei colori dell’arte. È il BART: Banca Arte Territorio.
Non siamo ancora all’auspicato intervento artistico strutturale nelle stesse ma
non siamo più neppure alla semplice esposizione di opere frutto di antichi e non
sempre oculati acquisti. Semplicemente gli artisti entrano in punta di piedi con
le loro opere nel tempio del denaro determinando una simpatica sinergia tra
estetica ed economia nella inconsapevole consapevolezza che, come ha scritto
un genio, la Bellezza salverà il mondo. Onore a chi questa iniziativa ha pensato
ed a tutti coloro che l’hanno voluta. Se lo scorso anno fu un esperimento quest’anno siamo ormai alla certezza: l’incontro è positivo per l’arte e per il credito.
La prima ingentilisce il mondo degli affari colpevolizzandolo quanto basta per
aver troppo tempo operato in un caveau, il secondo dimostra di aver compreso
che senza una radicale modificazione dell’economia ed una visione sociale ad
ampio spettro che non può non avere ai primi posti anche la cultura e l’arte, la
crisi è sempre dietro l’angolo. Lo sostiene il Papa, lo ribadisce il Presidente degli
Stati Uniti: così non si può più andare avanti. La misura del tutto non è il denaro ma l’uomo. La BCC di Fano con la particolare sensibilità sociale che deriva
dalle sue origini lo ha compreso perfettamente. Da anni, senza mai trascurare il
legittimo profitto e la solidarietà che da esso promana, è vicina alla cultura con
la sua meritevole attività editoriale e con lo spiraglio aperto all’arte figurativa.
A quando un consulente culturale in ogni Istituto di credito? Un viatico migliore
di questo non è dato. Auguri a tutti!
Alberto Berardi
FANO 3
FANO CENTRO
Viale Cairoli
Piazza XX Settembre
FANO 5
FENILE
Viale Italia
Via Girardengo
FANO 1
FANO 2
Via Veneto
S. ORSO
Via Roma
Via S. Eusebio
FANO 4
Via Mattei
MONTECICCARDO
Piazza Europa
CUCCURANO
BELLOCCHI
Via Flaminia
Via X Strada
LUCREZIA
MAROTTA
Via della Repubblica
SAN COSTANZO
Via Litoranea
Via Villetta Adriatica
CALCINELLI
Piazza De’ Cavalieri
TAVERNELLE
Via Flaminia
SENIGALLIA
Via Piave
FRANCESCO FORNACIARI
Agenzia S. Costanzo
Via Villetta Adriatica
PATRIZIO AMBROSINI
Sede di Cuccurano
Via Flaminia
SERENA GARATTONI
Agenzia Monteciccardo
Piazza Europa
SAMANTA BARTOLUCCI
Filiale Fano 3
Viale Cairoli
MIRCO BELACCHI
Filiale Fano 4
Via E. Mattei
CLARA LIONELLO
Filiale Fano 1
Via Roma
GIOVANNI BELLANTUONO
Filiale Fano 1
Via Roma
GIULIO MARCUCCI
Filiale Fano Centro
Piazza XX Settembre
MOIRA BIGELLI
Agenzia Marotta
Via Litoranea
MARCO MARIANI
Agenzia Calcinelli
Piazza De’ Cavalieri
ADRIANO ORCIARI
Agenzia Tavernelle
Via Flaminia
VINCENZO BRESCIA
Agenzia Lucrezia
Viale della Repubblica
MICHELE PANICALI
Agenzia Bellocchi
Via X Strada
SERGIO CARBONI
Agenzia Fenile
Via C. Girardengo
MAURO CHIAPPA
Filiale Fano 5
Viale Italia
IL PERCORSO
STEFANO BRAMUCCI
Agenzia S. Orso
Via S. Eusebio
GIANCARLO PUCCI
Filiale Fano 2
Via V. Veneto
ELENA RICCIALDELLI
Filiale Senigallia
Via Piave
GLI ARTISTI
Patrizio Ambrosini
Patrizio Ambrosini nasce
nel 1973 a Fossombrone
(PU). Si diploma all’ISA,
Scuola del Libro di Urbino,
città nella quale approfondisce la ricerca in campo
pittorico ed incisorio sotto
la guida del Maestro urbinate Leopoldo Ceccarelli.
Della sua opera hanno
scritto Alessandro Benvenuti, Prof. Bruno Ceci,
Francesco Maria Acquabona. Vive e lavora nella sua
bottega e nel suo studio
di incisione stamperia a
Lucrezia di Cartoceto (PU).
Oscillazioni
Nella storia artistica di Patrizio Ambrosini
c’è un periodo fondamentale che si colloca
tra il ’97 e il ’98, quando - come racconta
- dipinge quasi d’improvviso alcune nature
morte: pochissimi frutti che sembrano caduti casualmente al centro di uno spazio
vasto e indistinto. Quei frutti dai colori
spenti che emergono attoniti in un fondo
scuro e tetro, costituiranno il principio di
una lunga e ininterrotta produzione di
nature morte. Quei primi tentativi, con
le loro atmosfere e le loro soluzioni novecentesche, rimarranno per l’artista un
costante riferimento e torneranno quasi
invariati in opere anche molto distanti
nel tempo. Ambrosini ha attinto alternativamente dal novecento e da un passato più
lontano, fino a guardare le nature morte del
seicento, epoca in cui nei Paesi Bassi sono
consacrate per la prima volta come vero
genere pittorico. Nelle opere di ispirazione
più antica, tuttavia non ha mai ceduto al
gusto della preziosità, né alla ridondanza
compositiva barocca, piuttosto è rimasto
fedele alla lezione moderna del rigore e
della essenzialità. L’attinenza a Cézanne, a Casorati e a Morandi per lui rimane
imprescindibile. Nei suoi quadri i singoli
elementi sono sempre scarsi e riuniti in
composizioni attente a riprenderli in una
precaria compresenza. La frutta, un fiore,
i fragili cristalli, le ceramiche candide, un
cucchiaio o altra stoviglia, non hanno nulla
di decorativo o di festoso. Quegli oggetti
piuttosto sembrano sorpresi nella loro più
feriale esistenza, non per essere consegnati
a un realismo di tono dimesso, al contrario
per essere coinvolti in una intensa rappresentazione spesso dai toni tragici che li
trasforma e perfino li aggredisce.
[...] Nonostante il grosso apporto informale, la pittura di Ambrosini comunque
si mantiene dentro una misura classica
anche per quel che riguarda le soluzioni
compositive e le cromie. La classicità per
lui è autenticamente il punto di equilibrio
ideale, la forma eletta per essere forma di
singole forme che coglie fragilissime nella
loro perenne oscillante trasformazione. [...]
Più libero nell’ideazione e soprattutto nell’esecuzione c’è un filone meno frequentato
dall’artista, opere pittoriche di ridotte dimensioni. I soggetti, immersi in atmosfere
intime e di sentimenti più caldi, cambiano:
non più nature morte ma paesaggi, corpi e
profili di donna, persino due luminosi interni di chiese. Sono immagini instabili, sul
punto di svanire rese nella loro precaria e
imprecisabile esistenza. [...] Nelle incisioni,
invece, non si allontana dal disegno consistente e netto delle nature morte. Sono per
lo più ancora volti e corpi femminili. Figure
fatte di grovigli e sovrapposizioni dei segni,
approssimazioni alla linea naturale che
per lunghi tratti rimane intuita, percepibile
quale risultante mediana di più linee o appena discosta dal segno tracciato. [...] Ancora una volta l’artista oscilla sfuggendo
la forma definitiva. Ancora un volta oscilla
seppur nei margini sicuri della mai abbandonata classicità.
Francesco Maria Acquabona
Urbino, Settembre 2009
Rosa e cucchiaio su piatto
olio su tavola
cm. 40x30
1998
Samanta Bartolucci
Samanta Bartolucci è nata
a Fano il 20 aprile 1975.
Diplomata in arte dei
metalli e dell’oreficeria
all’Istituto “A. Apolloni” di
Fano e in fumetto umoristico presso la Scuola Comics
di Roma.
Dal 2002 è caricaturista,
cartoonist, illustratrice,
grafica umoristica con lo
pseudonimo SAM.
Ha partecipato alle più
importanti rassegne
nazionali ed internazionali
di umorismo.
Samanta Bartolucci nel suo stile denota
una frizzante vivacità che anima i suoi disegni. Di primo impatto ci si sofferma sul
concetto di proporzione. Un concetto che
irrompe anche nella ricercata cromaticità.
Nell’uso del banco e nero, l‘artista riesce
a distinguersi donando talora repentine
folgorazioni di colore. Nelle caricature il
suo tratto marcato e inconfondibile mette in evidenza la sua spiccata capacità
di visualizzare e zoomare sul dettaglio. Il
suo spirito di osservazione anima i personaggi, le situazioni, gli scenari restituendo alle proporzioni criteri che giocano
col paradosso, l’intuito, l’esasperazione;
il tutto ben calibrato. La visualizzazione
artistica della Bartolucci mescola in modo
eccellente, con la tavolozza della creatività, l’humus grottesco delle immagini.
Un’ironia che si lega alla “joie de vivre” e
all’istrionismo delle forme e delle dimen-
sioni insolite: corpi minuscoli, volti giganteschi, proporzioni e dettagli che rilevano
e rivelano tratti somatici particolari,
smorfie, vezzi e vizi dei protagonisti. Omini, donne e pupazzi che si perdono in un
bicchiere, sciatori che sciano su forchette,
oggetti che si confondono fantasticamente con una nuova funzionalità dell’oggetto
illustrato. La Bartolucci dona così con il
suo tratto, un carattere visionario e divertente. Gli oggetti si animano e restituiscono un’anima di soggetti rinnovati in una
sfera onirica e ironica.
La caricatura a suo modo carica di senso l’introspezione e gli elementi vivi dei
personaggi. Si mettono a fuoco dettagli,
spicchi e particelle quasi impercettibili di
uno spirito tragico, comico e fondamentalmente spiritoso.
Giammarco Spineo
Questa volta ti scarto!
ecoline e pastelli su cartoncino
2008
Mirco Belacchi
Mirco Belacchi, classe
1960, vive e lavora a San
Costanzo. Dopo aver conseguito la maturità scientifica
intraprende gli studi di
chimica presso l’Università di Bologna, studi che
interrompe nel 1984 per
dedicarsi alla fotografia.
Da sempre attratto dall’arte fotografica
come forma espressiva, vi si dedica attivamente dal 2005 al 2009. Partecipa al
Premio d’Arte Internazionale “Aperitivo
Illustrato”, esordio che gli vale il premio
come secondo classificato per l’opera Il
sangue non lubrifica, esposta in occasione
della collettiva dei finalisti a Fano (PU).
L’artista si distacca dai canoni dell’arte
fotografica convenzionale, rendendo le
suo opere cariche di intensità e dense
di contenuti che spingono chi osserva
alla riflessione sulla conoscenza (irrisolta) del Sé.
La dimora del Minotauro
fotografia
cm. 42x60
2009
Giovanni Bellantuono
“… Un rimando, un’eco che si trasmette nello spazio che ascolta, vuoto che
si riempie di sguardi scambievoli che
annuiscono all’essere.
A volte, una trasmissione di energia
pulsante attraversa questo luogo di
scambi che si carica di colori vivaci lungo segmenti zigzaganti. Questo
rapporto di materia e spirito raggiunge
un equilibrio di pesi bilanciati in un’atmosfera sospesa che allude ad un essere profondo, immaginario quanto nei
Mobiles di Alexander Calder, Giovanni
Bellantuono sceglie la tecnica delle
proiezioni “consumato” dalla frequentazione professionale per raggiungere
quel desiderio del cuore che ha voglia
di rispecchiarsi in un luogo, in una persona o in un’impronta tracciata sulla
materia per sempre”.
Luisa Fontebuoni
Giovanni Bellantuono è
nato a Fano dove vive e
lavora.
Dopo essersi diplomato
presso il locale Istituto
d’Arte, prosegue gli studi
presso il Magistero d’Arte
di Firenze.
Volume 42
acrilico, legno e doratura
2009
Moira Bigelli
È il 3 agosto 1977, a Fano,
nasce Moira Bigelli.
Vive e studia nella vicina
Marotta ma, dopo il diploma
di ragioniera, decide di
cambiare rotta.
Si iscrive con convinzione a
Storia Orientale e, nel 2008, si
laurea col massimo dei voti.
Contemporaneamente nasce
in lei l’ispirazione artistica
e la passione per i paesi
esotici. Viaggia molto e,
nell’incontro con luoghi e culture diverse, trova modalità
personali per esprimere il suo
punto di vista più originale.
La sua formazione artistica inizia dall’adolescenza, prima come autodidatta
poi sotto la guida del professor Giorgio
Cassoni, dal quale apprende le basi delle tecniche che, crescendo e maturando,
rielabora e fa sue.
La sua capacità di espressione artistica
utilizza la vivace pastosità dell’acrilico
con cui offre, agli spunti reali, un’impalpabile dimensione onirica.
Le forti tinte piatte e le linee nette sono
i tratti che caratterizzano decisamente
le sue opere, realizzate su tele dal taglio
insolito.
Ne scaturisce un’interpretazione minimalista dalle intense e indimenticabili
suggestioni emotive.
Seza titolo
acrilico su tela
cm. 20x100
2009
Stefano Bramucci
“L’autore delle immagini [...] rappresenta un caso singolare nel panorama
fotografico italiano, per la rapidità con
cui si è impadronito di questo mezzo
espressivo... l’eleganza e l’essenzialità
della composizione ci riconducono alle
sperimentazioni in seno al Bauhaus di
Làszlò Moholy-Nagy, del suo conterraneo ungherese Andrè Kertèsz, nonché
all’avanguardia russa di Aleksandr
Rodçenko; le sofisticherie tecniche,
[...] conferiscono alla scena una dimensione metafisica, di sospensione
temporale, con un risultato fortemente
evocativo.
Maurizio Recano
Stefano Bramucci nasce a
Fano nel 1970, dove vive e
lavora. Nel 2001 nasce in lui
la passione per la fotografia,
iniziando un intenso periodo
di studio e di ricerca. Nel
2004 viene nominato direttore artistico della Sezione
Fotografica della Venerabile
Confraternita di S. Maria del
Suffragio. Nel gennaio 2006
fonda la Scuola di Fotografia
“S. Maria del Suffragio”.
Predilige la fotografia chimica tradizionale, che sviluppa
e stampa personalmente
attraverso la tecnica del
bianco e nero.
“L´obiettivo fotografico di Stefano Bramucci si è soffermato a cogliere per noi
momenti diversi nella vita di alcune famiglie religiose. I forti contrasti di luce
nelle foto in bianco e nero sembrano
mettere in risalto le scelte radicali dei
“discepoli del Signore”, uomini e donne
colti nelle azioni quotidiane della loro
vocazione: lavoro e preghiera, contemplazione e servizio, silenzio e ricerca
amorosa dei fratelli più deboli. Attraverso la sobria efficacia delle immagini,
la proposta vocazionale ci tocca tutti,
facendoci riflettere sui tanti modi in cui
la sequela del Signore si può esprimere
anche oggi, in un´epoca che potrebbe
apparire distratta e persino sorda ai
valori dello spirito.”
Giovanni Tonucci
Arcivescovo Prelato di Loreto
“[...] dotato di una grande capacità di
cogliere gli aspetti più suggestivi dei
paesaggi urbani, proponendo un accattivante gioco di luci ed ombre, Stefano
Bramucci si sta rivelando un fotografo
di grande qualità, esperto nella tecnica, quanto attento nelle inquadrature e
sensibile nel cogliere gli aspetti fuggenti
della realtà quotidiana.”
Corriere Adriatico
“[...] non è improbabile che l’autore di
questo scatto, programmaticamente titolato Psycho, sia avvezzo agli stilemi
filmici dei grandi ed insuperati maestri
alla Hitchcok o Welles. Certo è che la potenza del bianco e nero sprigiona, nella
sequenza dei piani, una profondità spazio
temporale in cui la figura in controluce in
campo lungo potrebbe apparire rivelarsi
indifferentemente umana o aliena. La sicura impostazione tecnica dell’immagine,
ci consegna una realtà in effetti straniata, sottoposta com’è alla pressione talvolta scapigliata dell’immaginazione.”
Giuria Premio Carafoli
“Grazie alla capacità e sensibilità di Stefano Bramucci è stato possibile attraverso la fotografia gustare frammenti di vita
vissuta attraverso l’arte, che mantengono
la loro bellezza inalterata nel tempo, invitano ad attimi di meditazione e riflessione
sullo spirito antico ma vivo della Venerabile
Confraternita del Suffragio, spirito che ha
saputo mantenere inalterato nei secoli.
Carlino Bertini
Studio 2
fotografia chimica
in bianco e nero
cm. 70x100
2002
Vincenzo Brescia
Vincenzo Brescia è nato
a Novoli (LE) il 24 aprile
1960.
Ha frequentato il Liceo
Artistico e l’Accademia di
Belle Arti di Lecce dove ha
ricevuto i “fondamentali”
della Pittura dal maestro
calabrese Prof. Luigi Spanò. Nel 1986, a Bologna,
ha conseguito l’abilitazione
all’insegnamento delle
Discipline Pittoriche.
Attualmente vive ed opera
a Lucrezia di Cartoceto.
“Mi ripugnano i poli di attrazione che
hanno creato i moltissimi galleristi.
È squallido vedere in giro tante grosse
firme “commercializzate” in un enorme
business creato da e per affaristi. A me
non importa di raggiungere il successo a
tutti i costi, sono troppo profondi in me il
senso serio della vita e la coerenza delle
mie scelte”.
Questo assunto morale è la migliore presentazione ai dipinti di Vincenzo Brescia.
La fermezza dell’affermazione come l’equilibrio e la geometria delle soluzioni formali
sollecitano il ricordo di altri pensieri inseriti nel testo ”Lo Spirituale nell’arte”
di Wassilij Kandisky per il quale un’opera
d’arte nasce da una necessità interiore e
suscita delle reazioni psicologiche tramite stimoli cromatici. La via dell’artista è
dunque un percorso concentrato sui valori
spirituali che guida lo spettatore attento
ad un’esperienza catartica.
L’opera di Vincenzo Brescia non è stata
sempre rivolta ai segni non figurativi,
raggiunti solo dal gennaio del 2007.
La stessa, infatti, è nata come indagine
precisa del paesaggio meridionale d’origine, assolato e silenzioso, spazi aperti
di campagne aride, distese secche di
arbusti e sassi dove appaiono casupole
annidate a grappolo solitarie. La stesura cromatica, mai unitaria, rivelava già
allora la gestualità attuale, spontanea,
di sporcare il legno fino a coprire la superficie nell’atto di pulire gli strumenti.
Un’esperienza automatica utilizzata dal
pittore spagnolo Juan Mirò nella serie
delle Costellazioni (1940), libera espres-
sione dell’inconscio ed evasione da un
mondo oppresso dal conflitto bellico.
Notevole è stata la riconoscenza al maestro Luigi Spanò (Santa Severina - Crotone, 1949), docente di pittura presso
l’Accademia di Belle Arti di Lecce, che ha
indirizzato il nostro artista ad una sapienza tecnica del mestiere, alla libertà del segno, all’immagine surrealista vissuta nel
figurativo. Poi il trasferimento a Ravenna
(1988) e l’incontro con altre personalità
artistiche tra le quali è considerata fondante quella con il pittore perugino Manlio
Bacosi (1921-1998) dal quale l’artista ha
raccolto l’impostazione orchestrale e la
freschezza delle pennellate. Quindi, improvvisa come lo è stato per tanti altri artisti, la scelta dell’astratto che è sempre
un realismo, ma interiore.
In questa fase, la pennellata si fa più
libera sovrapponendo piani geometrici
che si incastrano tra loro e, come afferma l’autore, contengono i segni cromatici
più diversi come in un grembo materno.
Tale ricerca si allinea ad altre contemporanee che indagano l’energia cosmica
come i cruenti Plurimi di Emilio Vedova,
le sculture proiettate verso il cielo come
delle vele di Eliseo Mattiacci o le opere
grafiche di Walter Valentini, composizioni di un silenzioso rigore architettonico.
In questa produzione astratta, l’ordine
geometrico rispecchia quello astrale,
nella consapevolezza che nell’armonia
divina, l’uomo si trova accolto nel suo
essere pienamente con la sua fantasia,
esuberanza e gioia.
Luisa Fontebuoni
Immagini
olio su legno
cm. 65x75
2008
Sergio Carboni
Sergio Carboni vive e lavora
a Fano. Docente di materie
artistiche, ha iniziato
giovanissimo l’attività di
pittore, partecipando a varie
collettive e allestendo varie
personali a Firenze, Milano,
Carpi, Foggia, Pesaro.
Tra le opere più note si
ricordano il ritratto di Eugenio Montale nel 1982 per il
Centro Culturale “Prospettive nel mondo”, in occasione
del primo anniversario
della morte del poeta e il
ritratto di Papa Giovanni
Paolo II in occasione della
sua visita a Fano nel 1984.
Molti hanno scritto su di lui, le espressioni più care sono quelle del suo amico scrittore Fabio Tombari in occasione
della presentazione di una mostra “Altro che astrattismi lambiccati a freddo!
L’arte arzilla e tutta nostra. Ringrazio
Sergio Carboni che mi ha dato l’opportunità di presentare un artista fanese
dei più schietti”. L’altra è del musicista
e poeta Ettore Spaggiani di Modena:
“Se l’arte è creazione, sincerità, spontaneità, sentimento, espressione in forme
armoniche ossia intonate a quelle matematiche leggi reggenti l’universo e se l’arte è trasfigurazione della realtà sulle orme
del divino, Sergio Carboni è un artista”.
È l’eterno ragazzo dell’arte, arte vissuta con ardore e passione, proprio come
merita ogni grande storia d’amore. Era
il lontano 1954, e il giovanissimo Sergio
Carboni, appena quattordicenne, muoveva i primi convincenti passi nel mondo
della fantasia artistica sotto la guida di
grandi artisti di fama internazionale e
docenti all’Istituto d’Arte “Adolfo Apolloni” di Fano di cui Carboni è stato brillante allievo. Nel 1957 la prima mostra
di carattere nazionale a Firenze. […]
I tratti decisi e amalgamati delle composizioni cromatiche di Sergio Carboni
convincono e appassionano il pubblico
alla ricerca di quello stile figurativo moderno – talvolta leggermente spatolato
– che vale all’artista fanese l’accostamento con il grande frate pittore Padre
Tarcisio Generali. […] E non è soltanto
il tocco artistico ad attirare il visitatore,
ma anche l’impegno sociale che Carboni trasmette attraverso le sue opere.
Spontaneità, sincerità ed una profonda
ricerca pittorica e culturale introspettiva
diventano le tracce indelebili nel carattere artistico di Sergio Carboni, per nulla
timoroso di combattere con la forza dei
suoi pennelli le ipocrisie antisociali. Presto anche la lunga Italia diventa piccola
e, tra gli anni ’70 e ’80 Carboni espone in
Sud America, in Venezuela e poi a Cuba,
paese dalla mille contraddizioni ma anche dalle mille magie dove le sue opere
sono esposte nella famosa “Bodeguita
del Medio”, compreso un ritratto di Ernest Hemingway. […] Ma Carboni non si
monta la testa e prosegue con passione
il proprio lavoro di insegnante e pittore
nella sua amata città dove attira attorno
a sé la cerchia di intellettuali ed artisti.
[…] Un fascino che non conosce limiti
e che non tramonta mai, frutto di un incantesimo dispensato da Carboni con un
abile tocco di bacchetta magica. Anzi di
pennello.
Marco Giovenco
Impressioni cubane
tecnica mista su tela
cm. 40x60
2002
Mauro Chiappa
[…] vivace, socievole, ma facile alla distrazione, nel corso del triennio ha partecipato alla vita di classe, ma ha rivelato
impegno discontinuo, non sfruttando
appieno le sue capacità.
La sua preparazione presenta ancora
delle lacune in qualche disciplina.
Dimostra un interesse particolare per il
“far teatro” e spiccate attitudini per le
attività artistico espressive per cui si
consiglia una scuola ad indirizzo artistico.
Il Preside
Mauro Chiappa è nato
nel giugno 1968.
Maestro d’arte, vive e
lavora a Fano.
È illustratore, pittore, incisore, scenografo, umorista,
vignettista, caricaturista,
grafico e cantante.
Konrad Lorenz
tecnica mista, acrilico su cartone
cm. 32x18
2004
Francesco Fornaciari
Francesco Fornaciari
nasce a San Costanzo il 3
Dicembre 1953 dove vive e
lavora tutt’oggi.
Fornaciari è artigiano falegname e vigile
del fuoco. Diventa poeta e pittore perché
dentro la cosiddetta “vena” lo spinge a
cercare nei suoi pensieri immagini e parole che sostituiscano quelle consuete,
quelle che si usano tutti i giorni, in ogni
circostanza; ed ha la fortuna di trovarla
quella “vena”, come ha la fortuna chi
cerca l’acqua e la trova senza neppure
scendere in profondità.
Le sue opere, ricordiamo il suo libro di
poesie “Se Fosse” di prossima pubblicazione, vengono recensite da importanti
critici. Dicono di lui: “Fornaciari è un
pittore che tende ad affermare la piena
liberta di interpretazione. Le sue opere,
cariche di poesia, riescono a darci, nei
momenti d’ispirazione, il soffio della verità, la reinvenzione della realtà, qualche
cosa che a lui spiacerebbe perdere ”;
“Fornaciari trova nelle parole la possibilità di esprime sentimenti che tu ritieni
che non gli appartengano, perché fanno
parte di un mondo che non è suo! E invece, alla fine, devi renderti conto che quel
mondo è suo, nel quale ha saputo penetrare come la fiamma nel cerchio di fuoco, come il trapano nel cuore del legno,
tenendo lontano il pensiero da quelle e
da ogni altra cosa, che in quel momento
non gli appartengono!”.
I tuoi capelli
Qui accanto a te guardo i tuoi capelli
che incantano i miei occhi.
Accanto a te sento parlare il tuo cuore.
Lontano
sull’orizzonte
ma caldo e dolce come questo tramonto.
Nebbia d’autunno
(19 – 10 – 2000)
Silenziosa la collina dorme.
Mille occhi discreti ci guardano.
Tu sei come la nebbia d’autunno
che avvolge dolcemente la vallata
ed il pioppeto.
Tu sei entrata in me con un amore
discreto,
mi avvolgi, mi sfiori,
mi parli della solitudine,
ti lasci accarezzare.
Paesaggi della bassa parmense
olio su tavolozza
cm. 20x12
1979
Serena Garattoni
Nel suo percorso artistico, Serena, mette
tutta l’energia graffiante dei suoi 21 anni.
Un’energia tutta da scoprire, vibrante e
incisiva, fatta di segni che graffiano il
colore e il supporto; colorando come vede
e affronta la vita piena d’energia, che
scaturisce dalle sue opere.
Il suo cromatismo viene messo in evidenza con gusto e stile nelle sue opere.
Le tinte mai di troppo forti e violente
offrono all’occhio dell’osservatore una
sapiente armonia cromatica.
L’equilibrio pittorico e grafico fa dell’opera un oggetto ricercato e apprezzato per
l’uso sapiente della tecnica e dell’abilità
pittorica.
Tiziano Dolzelli
Serena Garattoni
è nata a Pesaro il 19 ottobre
1988. Si è diplomata Maestra d’Arte all’Istituto d’Arte
“Mengaroni” di Pesaro.
Vive a Monteciccardo.
Rose di montagna
olio su tavola
cm. 35x55
2009
Clara Lionello
Clara Lionello nata
a Contarina (RO) nel 1950.
Si trasferisce a Verona
nel 1967 dove consegue il
diploma di pittura all’Accademia di Belle Arti.
Attualmente svolge la sua
attività artistica nella
città di Fano, con mostre
personali e collettive.
Clara Lionello è pittrice delicata e sensibile.
I suoi paesaggi collinari e campestri nascono da un rapporto di serena contemplazione attraverso il diretto contatto dell’artista
con l’ambiente naturale.
I colori chiari e festosi, la luminosità solare
uniformemente diffusa, i rapporti cromatici
a fasce o campiture sovrapposte nel palese
intento di dare profondità all’immagine…
C’è e si vede subito, una necessità profonda di vivere e quindi di esprimersi attraverso “una forma di interiorizzazione
cromatica e tonale fresca e personale.
È quanto ha ben evidenziato il critico Federico Bellomi, docente presso l’Accademia
di Belle Arti di Verona, indicando inoltre
il suggestivo dipinto “girasoli a Cerasa”
come “l’espressione di una vivacità cromatica che sa spingersi al di là della pura
funzione estetica, per entrare negli ambiti
evocativi del sentimento”. Il tutto, ben lontano “da quella produzione pittorica addomesticata che spesso riempie le sale delle
nostre gallerie”.
Ma al contrario con l’intrinseca finalità di
“funzione catartica”, tesa questa ad appagare le ansie e i desideri di positività
maturati nell’uomo in stretta relazione con
l’attuale momento storico.
Nei suoi quadri è la spontaneità della
visione, l’entusiasmo vitale con cui rappresenta le sue campagne, le sue dolci
colline, i fiori splendenti, il porto affollato
di barche e vivido di colori. Una pittura
come terapia, si sarebbe tentati di dire,
terapia contro il grigiore dei giorni sempre
uguali… La Lionello, anche nelle stagioni meno propizie, ama dipingere en plein
air, a conferma che il rapporto diretto con
la natura è per lei condizione essenziale
di creatività. In un tempo come il nostro,
in cui l’arte si carica spesso di esasperati intellettualismi che denunciano una
preoccupante aridità interiore, questa
artista riservata e sorridente, lontana da
ogni clamore ed estranea ad ogni congrega di addetti ai lavori, è la consolante dimostrazione che c’è ancora la possibilità
di vivere l’arte come esperienza di ricerca
di un proprio equilibrio interiore, senza cedimenti a conformismi e mode.
Paolo Bonetti
Franco Battistelli
Fano vista dalle sue colline
olio su tavola
cm. 60x60
1998
Giulio Marcucci
Giulio Marcucci è nato a Cagli
nel 1948. Si è diplomato all’Istituto d’Arte di Fano ed ha
proseguito i suoi studi all’Accademia di Belle Arti di Urbino
dove ha ottenuto il diploma
di scultura. Ha insegnato a
lungo all’Istituto d’Arte di
Fano e continua ad operare
nel settore delle arti visive
allestendo mostre personali e
partecipando a collettive. Vive
ed opera a Fano.
Giulio Marcucci, il Segno e la Parola
Prima della parola era il segno, il tratto gestuale, come manifestazione delle
urgenze dell’inconscio ed esplosione
dell’immagine dal profondo dell’io, della
necessità di rapportarsi con l’esterno, di
comunicare con l’altro, col diverso da sé.
L’uomo, all’alba della sua origine, già
incideva, graffiava, scheggiava, feriva
la materia in modo, si potrebbe dire,
istintivo se non fosse che anche nella
dimensione dell’irrazionale, della non
coscienza, agisce costante un ingegno
sconosciuto e sopraffino, sempre intuito
ma mai disvelato.
Poi è venuta la parola. Prima espressa
per suoni, per fonemi, e quindi rappresentata, idealizzata, trascritta, resa
leggibile, mediante segni in traccia o in
impressione.
Segno e parola sono quindi alla base di
tutto il sistema comunicativo relazionale rapportato allo scambio di idee, di
bisogni, di riferimenti rappresentativi
alla realtà fisica o ontologica.
L’arte segue linguaggi espressivi che
sorgono sempre dal dentro, dall’io nascosto, anche quando l’orgoglio umanistico l’avrebbe preferita indifferente o
scientificamente oppressa.
Dati tali assunti paradigmatici, Marcucci, rifiuta l’immagine caratterizzan-
te l’arte didascalica del passato per recuperare invece la materia come valore
in sé, come realtà del tutto autonoma,
oggetto e, al tempo stesso, soggetto
autosufficiente, in grado di esprimere
una nuova ed elevatissima valenza semiologica.
L’operazione artistica a cui dà vita viene condotta con consumata perizia gestuale, senza tentennamenti, addirittura con gagliarda sicurezza nella stesura
dei solchi materici, degli spessori plastici, così come nelle ferite incise in una
superficie talora monocroma o vibrante
di tinte vivaci. Il resto lo fa la luce modulando, al variare della direzione, in
modo sempre nuovo i volumi e le ombre
da loro originati nell’opera a rilievo.
Sono segni, tracce, che suggeriscono
una lettura di paesaggi veri - profili dolci e sinuosi come le colline metaurensi
- o anche soltanto paesaggi dell’anima
il cui senso è richiamato dalla cifra inserita, dalla parola che li accompagna
ad esplicito epitaffio.
Dunque Segno e Parola. Così Marcucci
cerca il suo assoluto espressivo innalzato sull’idea di un’arte in grado di dar
voce alle realtà interiori, immagini che
divengono eventi rituali, magici, sacrali.
Dante Piermattei
dicembre 2009
Paesaggio / Progetti
tecnica mista
2009
Marco Mariani
Marco Mariani è nato nel
1980. Si forma artisticamente presso l’Istituto
d’arte di Urbino dove si
diploma in grafica pubblicitaria nel 1999.
In parte autodidatta si
avventura nelle sue opere
esprimendo la sensibilità creativa, la grande
fantasia e passione che lo
contraddistinguono.
Vive e lavora a Cartoceto.
[...] Si propone come uno dei giovani
artisti locali più produttivi. [..] Gli acrilici su tela sono dei piccoli cammei che
sintetizzano momenti, stati d’animo,
rapide emozioni o profondi periodi di
riflessione interiore vissuti dall’artista.
Negli occhi di chi guarda colpiscono, di
primo acchito, le macchie di colore, le
pennellate veloci e la consistenza materica del colore lavorato a spatola, ma
dopo poco viene spontaneo soffermarsi
sui dettagli, sulle piccole figure stilizzate, sui vortici di colore, ritagliandosi
così il proprio e personalissimo “quadro
nel quadro”, evocativo di episodi e stati
d’animo solo nostri, difficilmente spiegabili a parole, ma immediati quando
sono visivamente tangibili. Il percorso
artistico di Mariani si sviluppa anche
nella ricerca di materiali sempre nuovi
e inaspettati: oltre alle classiche tele,
con supporto in legno, troviamo le tele
di juta non tesa senza struttura di sostegno, che con il loro essere imperfetto
ricalcano le sfaccettature dell’animo
umano, i suoi lati luminosi e quelli in
ombra, il loro sapore di non finito ci invita a proseguire il nostro percorso di
ricerca interiore. Fino ad arrivare alla
ceramica dove ciò che sembra essere un
prodotto finito, pronto ad essere utilizzato
senza molti altri interventi da parte dell’uomo, è fonte di ispirazione e suggerisce all’artista anche la rappresentazione
di parti del corpo inusuali come i piedi,
simbolo di radicamento alla terra, alle
proprie origini, ma anche mezzo principe
per il viaggio, per il cambiamento, per la
scoperta di mondi altri da noi, o nascosti
tra le lacerazioni della nostra anima.
Francesca Piccinetti
Passo 1
acrilico su cotto
cm. 30x30
2009
Adriano Orciari
Adriano Orciari, nato a
Sinshein Germania nel
1966. Sviluppa la sua
ricerca artistica tra
fotografia ed incisione
calcografica. Vive e lavora
a Lucrezia di Cartoceto (PU).
Ho avuto la fortuna di presenziare alla
nascita delle prime incisioni di Adriano
Orciari, di assisterlo.
Mettere in sincronia il rame, le puntesecche, le acqueforti, gli inchiostri calcografici e un torchio che potesse imprimere
su pregiata carta le particolari visioni di
Adriano; una semina fruttuosa.
Facile, se vogliamo, presupposta la conoscenza di Adriano Orciari persona e
la coscienza di non dover influenzare in
alcuna maniera il suo maturo personale
equilibrio espressivo.
Equilibrio fatto di precisione, minuzia,
flebilità di segno, da molta delicata poesia, fino a segni piu decisi, a raccontare il
suo sentire la natura, la forza, l’animale,
l’uomo, l’animale macchina, la tragedia.
Che la rappresentazione assuma sembianze, di volta in volta, oniriche, metafisiche, primitive, futuristiche, surreali,
mostra poi, ancora una volta sorprendente, spontanea innata polivalente proprietà espressiva.
Ho avuto la fortuna di tenere tra le mani
questo vaso compiuto fatto di fibre di
segni, leggerissime e pesanti, decorato
in maniera multiforme, cangiante, che
ci parla di libertà svincolata da ogni
preconcetta cultura, di un sentire che
tradisce la primordialità e la purezza del
suo spirito; le visionarie, sciamaniche
incisioni di Adriano Orciari.
Patrizio Ambrosini
Lucrezia di Cartoceto, novembre 2009
Toro
acquaforte su rame
stampata su carta Fabriano 640 gmq,
inchiostro seppia
cm. 16x13
2009
Michele Panicali
Michele Panicali è nato
a Fano il 25 dicembre
1965. Si diploma nel 1984
all’Istituto d’Arte Apolloni,
sezione Decorazione Pittorica. Dipinge con continuità
dal 1994, la sua prima
esposizione a Riccione
nel 1995, seguono mostre
collettive e personali.
Vive e lavora a Bellocchi
di Fano.
[...] ed è scelta emblematica l’affondo
ch’egli fa nel Barocco.
Nella lussuria plastico-spaziale di oculi e
portali, finestroni scorciati, penombre di
navate e volute, abita la bellezza, l’alata
forma ch’è musa e genio, e tempo. Davvero sorprendente la pittura del giovane
Panicali: per la capacità di sintesi che
egli talvolta riesce a toccare; per la sconcertante forza plastica e per l’evidenza,
finanche violenta, delle sue forme; per
l’emblematica scelta, dicevo, di riaggancio agli apporti di un secolo, in apparenza il più ridondante e lontano dall’essenzialità del nostro tempo, in realtà il più
tormentato e sconvolgente per irrequietezza, fervore d’invenzione e ambizione
di risultati, e quindi come nessun altro
tanto vicino a noi e tanto vicino, soprattutto, alle inquietudini e alla sofferta
individualità dell’artista. Sofferta individualità che emerge accentuatissima anche nelle ultime opere del Panicali, nate,
si direbbe, a inseguire onirici rifugi, isole
possibili da dominare.
Guido Ugolini
Autoritratto con topo albino
olio e tempera su tavola
cm. 83x86
2008
Giancarlo Pucci
Giancarlo Pucci nasce a
Fano il 23 agosto1936.
Dopo il diploma presso l’lstituto d`Arte di Fano, dal 1957
è per tre anni a Venezia dove
acquisisce nuove esperienze
artistiche e culturali.
Nel 2000 battezza la sua
arte Duemilista. Partecipa
nel 2003 alla 50° Esposizione internazionale d’arte
Biennale di Venezia.
Nel 2004 a Firenze è presente al battesimo del movimento Zerotre. lmportante
è la sua attiva presenza nel
mondo della Mail Art.
Il rito della creatività.
La celebrazione dell’arte
[...] Non è facile raccogliere tutte le suggestioni e le provocazioni che questo
artista ha prodotto attraverso i molteplici linguaggi da lui sperimentati, allo
scopo di rendere sempre più efficace e
vitale la propria poetica. È invece facile
leggere nelle opere di Pucci un unico filo
conduttore che passa per la conoscenza,
per l’apertura culturale e per la curiosa ed
insaziabile voglia di comunicare attraverso il proprio esclusivo linguaggio. Diviene
quasi superfluo ricordare l’influenza delle
avanguardie storiche nella sua formazione artistica, basta infatti osservare le
opere per comprendere l’influsso dada,
surreale, concettuale e aggiungerei della
metafisica che, spesso, appare l’ispiratore di una certa estetica “fredda”, ravvisabile soprattutto nei lavori degli anni
Settanta-Ottanta. Ma questo non è tutto.
Occorre infatti menzionare un’altra prerogativa che anima queste opere: lo stupore
o se mi è concesso, un certo candore fanciullesco.
[...] Sono poi sorprendenti i mutamenti
linguistici che rendono la poetica di Pucci
un codice vivo in continua mutazione e le
opere sembrano essere perfette metafore
di quelle mutazioni… e non mi riferisco
esclusivamente alla pittura e alla scultura ma anche agli interventi di mail art,
ai libri d’artista e naturalmente alla performance. [...] Ma cosa significa esattamente agire attraverso la “performance”?
[...] L’azione è espressione artistica che
trascende l’oggetto, narrazione effimera,
precario presidio di contatto con l’alterità che non subisce ma interagisce, più o
meno consapevolmente. Nel caso di Pucci
l’azione performativa si evolve ulteriormente divenendo rituale. Infatti, la scelta
di indossare le proprie tele dipinte indica
l’apoteosi del comunicare le propria arte,
o meglio vestirsi del proprio linguaggio.
L’opera non è più il fine a cui tendere ma
elemento attivo, linfa vitale, come se si
trattasse di una seconda pelle. [...] La
geometria, le figure solide, i fondi piatti
e perfetti non abbandonano nemmeno le
azioni recenti, anche se, ora, il sentimento
le avvicina irresistibilmente alla sensibilità di ciascuno. Le tele campite a spatola
offrono lo spettacolo straordinario di un
cromatismo mutevole, che si fa spesso
materico e primitivo. Il paradosso si sfiora
nella perfezione del disegno che proprio
sembra non voler concedere nulla alla
grossolana sostanza della tela. E poi…
in un istante la tela sfugge al concetto
di quadro entrando nella vita quotidiana
degli uomini, facendosi abito, o forse paramento “sacro” attraverso cui celebrare
l’arte. [...] La performance rappresenta
solo un frammento piccolissimo e conclusivo della parabola della creatività di
questo artista. Ad essa vanno assommate
altre componenti vitali: la conoscenza, la
folgorazione dell’idea, il sentimento nel
dipingere, il rito della vestizione ed infine
la traccia che queste azioni sapranno lasciare nella mente e nell’anima di chi ha
potuto vederle.
Roberta Ridolfi
Silhouette
tecnica mista
cm. 125x50
2008
Elena Riccialdelli
Elena Riccialdelli, in arte
“ELY”, nasce ad Arezzo il 9
maggio 1969. Vive a Senigallia. Fin da piccola amante
del disegno, di tutto ciò che
poteva essere espresso con
segni e colori, rimasto ancor
oggi, nella purezza libera dell’essere autodidatta. Nel corso
della crescita il suo carattere
estroverso ed introverso allo
stesso tempo, la rendeva
spesso lunatica ed incompresa dalla maggioranza delle
persone a lei vicine. Forse è
proprio questa la chiave che
apriva ed apre, tutt’oggi la
porta dell’arte di “ELY”.
L’aspetto peculiare del lavoro di Elena Riccialdelli detta Ely, è un’idea di trasversalità della prassi pittorica che non subisce
né la fascinazione iconica, né l’assunto
tecnico, ma li usa entrambi in funzione di
una visione totalizzante.
Il procedere per tematiche non indica necessariamente una catalogazione di modi e
di forme, semmai utilizza il sostrato figurale
come mezzo per esprimere il proprio sentire,
per formalizzare il vissuto dell’esperienza.
Quindi il problema non si inscrive nell’ordine di una interpretazione formale anche
se figurativa, ma si intende sotteso ad un
senso che è deliberata traduzione di “moti
interiori”.
L’adozione stessa di diverse modalità
tecniche ed esecutive, da un lato mostra
una decisa urgenza ideativa ed esecutiva di comunicare il proprio vissuto, dall’altro si pone come possibilità sempre
aperta, in funzione dell’opera e della sua
coerenza interna.
La differenziazione stilistica non è determinante ai fini dell’opera, perché il problema non è quello di procedere per contiguità su di un piano orizzontale, ma di
spezzare il percorso attraverso movimenti
che tengono conto più del senso intrinseco
dell’opera, che della consequenzialità stilistica dei singoli dipinti.
[...] In alcuni casi la figura è netta, ben delineata, in altri si dà semplicemente come
fatto cromatico percepibile attraverso la
comparazione con elementi coloristici affini
rivelati dal gioco del velare e disvelare.
Questo riguarda soprattutto i quadri con figure, in cui il colore si pone come elemento
caratterizzante, attraverso la sua definizione a volte materica, altre fluida, quasi
acquida, contribuendo a definire la forma.
Nei quadri con fiori prevale un segno secco
e deciso che determina una forma figurale
definita, quasi una icona del fiore stesso,
la cui determinazione lo fa sembrare quasi
una sorta di emblema araldico. È un fiore,
ma è anche un segno pittorico, una traccia
materica, un appunto cromatico, ed è questa declinazione degli elementi della pittura che lo traduce in una sorta di emblema,
quasi un simbolo di se stesso.
Anche la deliberata reiterazione della stessa icona floreale, definita da forme simili,
ma declinata attraverso diverse connotazioni cromatiche, propone un senso seriale
che suggerisce una totalità, nominata attraverso i frammenti di cui è composta.
Persino le singole serie, come i pappagalli
o le donne africane, ad esempio, pur se
appaiono affini nei termini di una determinazione figurale, tuttavia mostrano differenze esecutive e formali, proprio perché
ogni singolo quadro ha regole interne e
proprie e non c’è una costrittiva regola
generale da adottare.
Ciò che appare evidente nella pittura di Ely,
non è quindi una presunta compattezza
formale tra le opere, lei non lavora per accumulazione, ma per dispersione, adottando una disseminazione di motivi figurali e
di tecniche esecutive che privilegiano una
coerenza interna a ciascun dipinto e non
una presumibile continuità fra le forme visive ed esecutive delle opere in generale.
Maurizio Cesarini
Donne girate
acrilico su tavola
cm. 70x130
2008