Tema: lavoro e reddito
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Tema: lavoro e reddito
Tema: lavoro e reddito Un futuro addolcito dal miele: lavoro e reddito La produzione di miele e cera ridà speranza agli apicoltori del Darfur. Quando, nel 2003, nella regione del Darfur – parte occidentale del Sudan – scoppiò la guerra, migliaia di persone cercarono rifugio nei campi per profughi interni. Tra loro c’erano anche Abdul-Aziz e la sua famiglia. Quando fuggirono dal loro villaggio AbdulAziz e la moglie, piccoli contadini, persero casa e averi. Il campo di Mukjar, città nel Darfur occidentale, ormai sovraffollato, non offriva però alcuna prospettiva ad Abdul-Aziz. Decisero dunque di tornare nel loro villaggio, Bindisi, nella speranza di riprendere la loro attività di agricoltori e apicoltori, ben consapevoli però che non avrebbero trovato una situazione migliore di quella che avevano lasciato. Ma Abdul-Aziz con un po’ di fortuna riuscì a entrare a fare parte di un’associazione di apicoltori innovativa. «Grazie a questo progetto ora posso provvedere al sostentamento della mia famiglia. Produco miele e cera che vendo al mercato locale». Al progetto e ai corsi partecipano numerose donne, tra cui Nor Elsham Abdlgadir Mohamed, di 21 anni, già sei volte madre. «Preparo 50-60 porzioni di cera d’api a settimana, che mi fruttano 28 franchi. Quanto basta per mantenere la famiglia». Il progetto «miele» finanziato dalla DSC ha ridato speranza alla gente del posto ed è un esempio riuscito di connubio tra aiuto umanitario d’emergenza e ricostruzione duratura e sviluppo. Tema: istruzione Il segreto svizzero dell’indipendenza: la formazione Nel campo profughi di Kakuma nel Nord del Kenia vivono circa 185 000 persone, poco più della popolazione di Basilea. La permanenza nei campi profughi è in media di 17 anni. Chi è accolto nei campi profughi ha bisogno di prospettive, di un lavoro e di un reddito per non dover dipendere interamente dagli aiuti esterni. I profughi generalmente non hanno accesso al mercato del lavoro locale, d’altro canto la popolazione del luogo non può usufruire degli aiuti e del sostegno di cui beneficiano le persone in fuga. Il progetto «Skills 4 Life» realizzato a Kakuma è rivolto sia ai profughi sia alla popolazione locale allo scopo di promuovere l’integrazione. La partecipazione al progetto è facoltativa: non vengono offerti né soldi né pasti gratuiti. Chi partecipa lo fa solo perché vuole migliorare la propria situazione. La formazione informale e che non richiede grandi investimenti, sotto forma di «learning by doing» (imparare lavorando), è impartita in 12 materie tra cui attività agricole, lavori di muratore, gestione dei rifiuti, riparazione di computer e cellulari, lavanderia, sartoria e tessitura. È inoltre possibile seguire una formazione di base per imparare a leggere, scrivere e far di conto, e un training in competenze economiche e sociali. La formazione di base dura quattro o cinque mesi, è orientata alla pratica e aiuta i partecipanti ad acquisire conoscenze e autoconsapevolezza. Al termine della formazione viene rilasciato un certificato. La quota di donne raggiunge circa il 55 per cento. «È molto confortante vedere che diversi gruppi di persone che hanno partecipato al progetto hanno già fondato piccole imprese.» «Il progetto pilota servirà da modello per un programma informale di formazione professionale che in futuro potremo attivare per moduli anche in altre situazioni che coinvolgono profughi.» Il progetto, realizzato dalla fondazione svizzera Swisscontact su incarico della DSC, ridà dignità alle persone, contribuisce a ridurre la povertà e crea prospettive. Tema: diritti umani Afghanistan: «diritti umani» è sinonimo di «diritti delle donne» L’Afghanistan è uno dei Paesi più poveri e instabili del mondo. La DSC gestisce una serie di programmi per rafforzare le strutture governative locali, promuovere i diritti umani e sostenere lo sviluppo socioeconomico, dando così un contributo duraturo alla riduzione della povertà. «Diritti umani» è sinonimo di «diritti delle donne». Povertà, traumi provocati dalla guerra e mancanza di esperienza nei rapporti paritari uomo-donna sono le cause dei dati preoccupanti sulla violenza domestica di cui sono vittime le donne. Una priorità della Svizzera in Afghanistan è la formazione e l’addestramento di poliziotte: in particolare nei casi di violenza domestica è infatti fondamentale l’intervento di persone esperte che sappiano anche fungere da interlocutrici. La Svizzera sostiene la commissione afghana per i diritti umani, incaricata di esaminare casi di violenza domestica, e Medica Afghanistan, un’ONG locale che offre assistenza psicologica e legale alle vittime di violenze domestiche. Il diritto all’istruzione è un diritto umano fondamentale. L’87 per cento delle donne non sa né leggere né scrivere. La popolazione si batte però affinché anche le bambine possano avere accesso all’istruzione e si oppone coraggiosamente alla chiusura di alcune scuole nelle zone controllate dai ribelli. La Svizzera sostiene due progetti per il miglioramento del tasso di scolarizzazione tra le bambine in quattro province nel Nord dell’Afghanistan. L’obiettivo è sensibilizzare la popolazione locale e le guide religiose (i mullah) in merito all’importanza dell’istruzione femminile e aumentare con misure mirate il numero delle insegnanti nel livello secondario. Tra i diritti delle donne vi è anche quello di partecipare alla vita politica. A metà giugno del 2014 migliaia di donne hanno votato alle elezioni presidenziali. Sono rimaste in coda per ore davanti ai seggi e hanno mostrato orgogliosamente le dita macchiate d’inchiostro, a dimostrazione che erano andate a votare. In vista delle elezioni erano state adottate misure per consentire alle donne di partecipare alla consultazione elettorale: le organizzazioni per la difesa dei diritti umani avevano spiegato alle donne quali erano i loro diritti politici, invitandole a recarsi alle urne, ed era stata finanziata la formazione di forze dell’ordine femminili incaricate di garantire l’incolumità delle donne che si recavano ai seggi. La Svizzera promuove una più ampia partecipazione delle donne e una maggiore rappresentanza femminile nelle autorità governative a livello nazionale e provinciale. La chiave per lo sviluppo e la riduzione della povertà è l’inclusione. Nel quadro del suo impegno socioeconomico nelle regioni rurali del Paese, la Svizzera incoraggia le donne a lanciarsi in attività produttive e commerciali. Le contadine producono grano, verdura, frutta e patate e vendono i prodotti al mercato. In questo modo si assicurano un piccolo guadagno che permette alla famiglia di vivere meglio. Tema: cambiamenti climatici Le conoscenze svizzere in materia di climatologia contribuiscono a salvare vite in tutto il mondo Chi è costretto a lasciare il proprio Paese a causa della povertà o di catastrofi naturali – destino che accomuna milioni di persone nel mondo – non si vede riconosciuto lo statuto di rifugiato secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 e pertanto non può invocare il diritto di protezione. È qui che interviene l’iniziativa Nansen, lanciata congiuntamente da Svizzera e Norvegia nel 2012. L’Agenda di protezione elenca misure concrete per ridurre il rischio futuro di grandi flussi migratori dovuti agli effetti dei cambiamenti climatici: per esempio attraverso programmi incentrati su interventi di adattamento ai mutamenti del clima. La Svizzera, grazie al consolidato know-how specialistico e ad approcci innovativi, può fornire un valido contributo in ambiti come la glaciologia, la gestione delle risorse idriche, la prevenzione dei rischi, il risparmio energetico, la silvicoltura e la riduzione dell’inquinamento atmosferico. India, Cina e Perù, che a loro volta devono far fronte al problema dello scioglimento dei ghiacciai, sono interessati a collaborare con la Svizzera. «Grazie ai nostri studi riguardanti le Alpi abbiamo acquisito conoscenze specialistiche approfondite in materia climatica che trasmettiamo agli esperti di questi Paesi affinché possano monitorare il comportamento dei ghiacciai sul loro territorio.» «E loro, conoscendo il contesto sociale, sanno quali misure di adattamento adottare per salvare vite umane.» In Perù è stato possibile istituire un sistema di preallerta per un lago glaciale: il distacco di enormi blocchi di ghiaccio aveva già più volte provocato esondazioni e piene devastanti. La città di Carhuaz, che dista pochi chilometri dal lago, può ora contare su informazioni in tempo reale e predisporre evacuazioni in caso di emergenza. Un altro settore nel quale la Svizzera ha molta esperienza è quello dei filtri antiparticolato: fu infatti tra i primi Paesi, negli anni 1990, a occuparsi del problema dei gas di scarico prodotti dai motori diesel. Grazie all’impegno della Confederazione nella tutela della salute dei lavoratori edili, i filtri delle macchine da cantiere trattengono oggi più del 97 per cento del particolato. Con il primo progetto realizzato dalla DSC nel periodo 2004-2009 sono stati montati filtri antiparticolato su oltre 3000 autobus pubblici a Santiago del Cile. Gli ottimi risultati ottenuti hanno risvegliato l’interesse di altre città sudamericane e cinesi decise ad ammodernare la loro flotta di autobus e macchine da cantiere. «Oggi è risaputo che le polveri fini sono cancerogene e provocano malattie delle vie respiratorie». «È meno noto, invece, che le particelle di fuliggine sono uno dei fattori determinanti del riscaldamento globale e che depositandosi sui ghiacciai ne accelerano lo scioglimento». Tema: resilienza attraverso il lavoro Siria: mezzi di sostentamento per la popolazione Fino a pochi anni fa la Siria era un Paese con un’economia funzionante e un livello d’istruzione elevato. A causa della guerra oltre 11 milioni di siriani sono in fuga: più di 6 si muovono all’interno della Siria e quasi 5 sono fuggiti oltre i confini nazionali, soprattutto negli Stati confinanti. I siriani rappresentano il 17 per cento degli oltre 65 milioni di persone in fuga nel mondo: secondo l’ONU, era dai tempi della Seconda guerra mondiale che non si registrava un numero così elevato di profughi. In Siria, oltre 13 milioni di persone dipendono dall’aiuto umanitario: praticamente tutte le famiglie sono state colpite dalla guerra. La distruzione nel Paese ha raggiunto proporzioni enormi. Il numero delle persone senza un tetto aumenta e sempre più persone dipendono dall’aiuto umanitario. La Svizzera, attraverso i suoi partner, presta aiuto umanitario d’emergenza in loco e fornisce sostegno diretto per rafforzare la resilienza – cioè la capacità di resistere – della popolazione civile in Siria e nei Paesi limitrofi. Ma cosa vuol dire, concretamente, rafforzare la resilienza? Significa migliorare la capacità delle persone, e della società nel suo insieme, di gestire crisi e catastrofi e rimettersi in piedi più velocemente. È qui che la Svizzera interviene, in collaborazione con il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (PNUS), aiutando la popolazione siriana colpita a ricostruirsi un’esistenza senza dover dipendere dagli aiuti. Punta quindi sulla ricostruzione delle infrastrutture attraverso lo sgombero delle strade e lo smaltimento dei rifiuti. Fornisce sostegno finanziario a piccole imprese affinché possano produrre e rimettere in moto il mercato locale. Aiuta la popolazione locale a ripristinare l’approvvigionamento idrico riparando gli impianti. Coinvolge nella vita lavorativa le donne, che a causa della guerra devono ora provvedere da sole a mantenere tutta la famiglia. Fornisce sostegno alla produzione di generi alimentari e alla distribuzione delle sementi. Promuove formazioni nel campo delle attività artigianali affinché la popolazione possa disporre di nuovi mezzi di sostentamento. Tema: promozione della pace Niger e Libia – Dialogo transfrontaliero per la trasformazione dei conflitti Dalla caduta del regime di Gheddafi nel 2011 la situazione in Libia è confusa e il Paese è insicuro. Questa insicurezza destabilizza tutta la regione del Sahel e del Sahara. Milizie armate controllano la maggior parte del territorio e si combattono tra di loro. Nella regione di Fezzan gli scontri tra i gruppi armati delle popolazioni Tuareg, Toubou e Arabe vanno avanti da più di due anni. Dai due i lati del confine tra il Niger e la Libia vivono popolazioni che appartengono agli stessi gruppi etnici, alle stesse tribù e a volte alle stesse famiglie. In Niger la coabitazione è pacifica. Grazie alla sua relativa stabilità il Niger può svolgere un ruolo importante nel garantire la pace in tutta la regione del Sahel e del Sahara. Per evitare che il conflitto in corso nel Sud della Libia si estenda ad altri Paesi, la Svizzera sostiene il Niger in un dialogo transfrontaliero che ha l’obiettivo di giungere a una soluzione pacifica. La Svizzera coopera all’iniziativa lanciata dal Cabinet d’Analyses et d’Actions pour la Sécurité et la Paix au Sahel (CASPA). Questa organizzazione non governativa raccoglie politici, intellettuali ed ex membri di vari gruppi ribelli del Niger. Il dialogo mira a prevenire l’insorgere di tensioni tra Toubou, Touareg e Arabi in Niger e a esercitare un’influenza positiva sulla loro convivenza nel Sud della Libia. Durante un primo forum organizzato ad Agadez nel dicembre del 2015, circa 200 rappresentanti dei gruppi Touareg, Toubou e Arabi si sono incontrati con rappresentanti del Governo. Agadez è uno snodo fondamentale per tutti i flussi migratori dall’Africa occidentale all’Europa. L’incontro è stato presieduto dal primo ministro del Niger, Brigi Rafini. Le partecipanti e i partecipanti si sono dichiarati favorevoli a un attivo coinvolgimento del Governo nel processo di dialogo in corso. I rappresentanti dei diversi gruppi di popolazione hanno sottoscritto una dichiarazione con la quale si sono impegnati a dare un contributo al consolidamento della pace in Niger e alla ricerca di una soluzione al conflitto che dilania la regione. Il processo, sostenuto dal Dipartimento federale degli affari esteri (Divisione Sicurezza umana, DSU), rafforza la pace in Niger e promuove la convivenza pacifica tra i popoli al di là delle frontiere contrastando in questo modo anche le cause che spingono alla fuga.