Art Nouveau - Le premesse

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Art Nouveau - Le premesse
ART NOUVEAU
LE PREMESSE
Jugendstil
Stile Liberty
Modernismo
Sezessionstil
Stile Floreale
INTRODUZIONE
LE INVARIANTI
LE ORIGINI
A. W. N. Pugin e il Gothic Revival
John Ruskin
William Morris e le Arts and Crafts
I Preraffaelliti
Dante Gabriele Rossetti
Edward C. Burne-Jones
Viollet le Duc
L’influenza giapponese
Il Simbolismo
Gustave Moureau
Odilon Redon
Arnold Böcklin
I nabis : P. Serusier e M. Denis
Aubrey Vincent Beardsley
Gli imprenditori - artigiani
Louis Comfort Tiffany
Arthur Lasenby Liberty
E. Gallé – Vaso - 1900
E. Gallé – Vaso - 1900
La straordinaria, anche se breve, stagione dell’Art Nouveau si sviluppa a
cavallo tra il XIX e il XX secolo. Con la freschezza stilistica delle forme
“naturali”, i raffinati cromatismi di una materia lavorata dall’eleganza del
nuovo stile e con la coscienza di una spiritualità non ancora compromessa
dalla disillusione della decadenza fin de siecle, rappresenta il tentativo
estremo di realizzare una nuova sintesi figurativa, rivelatrice di verità ultime.
………..
L’Art Nouveau è lo specchio di un mondo borghese che, nello slancio di
rinnovamento, consuma i suoi ideali in un raffinato simbolismo, in perenne
equilibrio tra astrazione e realtà.
Introduzione
Le difficoltà nel definire in modo univoco
autori e opere che hanno interessato i
tempi e i modi dello sviluppo dell’Art
Nouveau in Europa è determinato dalle
molteplici prospettive con le quali la
storiografia ha affrontato il tema in questi
decenni. Questa varietà interpretativa è
determinata da un lato dalla stessa Art
Nouveau in quanto, sotto il profilo stilistico,
si presenta in una infinita varietà di
produzioni sia delle arti maggiori che
minori, coinvolgendo nella sua Künstwollen
anche tutti i livelli della produzione
artigianale. In tal modo, a seconda
dell’ottica generale o particolare con la
quale si affronta il problema interpretativo,
emergono aspetti, sfaccettature,
angolazioni che possono modificare, di
fatto, il quadro generale.
L. C. Tiffany
Vaso a forma di tulipano
Vetro opalescente e bronzo - 1895
L. C. Tiffany
Lampada Vistaria – 1899-1925
vetro, rame, bronzo
Introduzione
Dall’altro lato la varietà interpretativa è
determinata anche dalla dimensione
geografica della diffusione del nuovo stile
che, essendo a scala europea, ha favorito la
declinazione stilistica della produzione
secondo linee nazionali, regionali quando
non anche personali, portando ai limiti delle
potenzialità espressive materiali, forme,
superfici e cromatismi.
Essendo, inoltre, un movimento che si è
sviluppato in un arco temporale molto
limitato ha visto aderire al suo interno
personalità provenienti da altre esperienze
figurative o maturare, successivamente,
linguaggi che, pur nella continuità delle
ricerca, si sono staccati decisamente dagli
assunti iniziali.
Tali risultati, pertanto, non sempre sono
facilmente interpretabili nella loro
appartenenza ai vari filoni dell’Art Nouveau.
Questa poliedrica varietà, però, è anche la
ricchezza stessa di questo stile che dal
punto di vista stilistico, nella ormai stanca
produzione storicistica, ha saputo inventare
una “forma” nuova con la quale realizzare
una ideale Gesamtkünstwerk (opera d’arte
totale) moderna.
Emile Gallè, Il Giglio - 1895
Parigi, collezione privata
Fernando Thesmar, Vaso in
porcellana decorato con smalti su
lamelle d’oro - 1895
Eugene Feuillatre, broche – 1890
Parigi, collezione privata
Introduzione
Per delineare questa breve storia dello stile, che verrà affrontata
con un’ottica prevalentemente indirizzata all’architettura, tenuto
conto delle necessità didattiche di una scuola secondaria
superiore, si è ritenuto di privilegiare, anche se a rischio di
eccessivi schematismi, quegli autori che ne hanno messo in luce
con maggiore chiarezza i caratteri invarianti e le specificità
nazionali, regionali ed individuali, per quelle opere ritenute dalla
critica maggiormente rappresentative.
Non possono essere esclusi, però,
almeno dalla citazione, quegli autori
come Tafuri e Dal Co che colgono, di
questo periodo stilistico, le valenze
negative dettate da una sostanziale
compromissione con la “materia” per
trascenderla, affermando che “… al
massimo l’Art Nouveau è apologia
delle tecniche, mai “progettazione
della loro crisi.”. Continuano i due
autori “ … la Maison du Peuple di
Bruxelles modella la propria parete
ondulata sul perimetro del lotto
urbano, facendosi monumento ad una
istituzione politica popolare. Ma qui è
il punto : il “popolo” di Horta altri non
è che la “comunità spirituale” degli
eletti – gli artisti, sacerdoti dei grandi
Tiffany & Co.
Vaso Maagnolia - 1893
Emile Gallè - Iris – 1893
Vetro opalescente e bronzo
Introduzione
Valori - … divenuta umanità rigenerata
dall’arte. L’Art Nouveau mette maschere a
frammenti urbani salutati come germi di
utopie regressive. Adolf Loos ne mostrerà
l’inattualità scagliandosi contro Vienna “Città
tatuata””.
Un’ottica autorevole che, invece, accetta le
innovazioni dell’Art Nouveau ma tende a
leggerle unicamente attraverso l’espressione
dei suoi presupposti tecnologici e funzionali,
rimarcandone, anzi, l’originario distacco dagli
eccessi del decorativismo, è quella di
Kenneth Frampton. Lo storico inglese,
optando per una suddivisione per autori e
opere più che per movimenti e “stili”, rimarca
nei casi analizzati i caratteri innovativi che
pongono dette opere nel filone
protorazionalista o protoespressionista,
definendone con puntigliosa chiarezza le
radici di volta in volta Schinkeliane, di Viollet
Le Duc, di Morris e le Arts and Crafts, ma
escludendo ogni approfondimento critico sugli
aspetti stilistico decorativi e sulle relative
interpretazioni simboliche. Se ciò può essere
in parte giustificato dall’ottica esclusivamente
P. Behrens
Lampada da tavolo - 1895
bronzo e vetro opalescente
Introduzione
Yutta Sika – Vaso - 1905
architettonica del testo di Frampton non consente, però, per le nostre
finalità didattiche, una comprensione del fenomeno stilistico inteso nella
globalità della sua produzione e letto nell’impatto con un immaginario
collettivo che lo ha presto trasformato in “moda”.
Dall’esautoramento delle valenze più
propriamente stilistiche e decorative dell’Art
Nouveau operate di Frampton nella lettura delle
opere più significative del tempo altri autori,
come Bruno Zevi, tendono invece a sottolineare
l’influenza diretta ed indiretta che l’Art Nouveau
ha avuto in quasi tutti gli esponenti di spicco
dell’architettura fin de siecle.
Egli rimarca, invece, proprio i punti i connessione con gli esponenti e le poetiche
protorzionaliste, a suo dire debitrici della rivoluzione operata dal nuovo stile e
quindi delle esperienze figurative da esso introdotte nel fare artistico. Ma lo
stesso Zevi non manca di sottolineare “... si è detto che, presentando una
alternativa moderna ai partiti stilistici delle accademie neoclassiche e
neobarocche, il Liberty ha scalzato la loro autorità e ha apertoi la strada a nuove
esperienze. Questo è esatto, ma non dice tutta la storia. L’essenziale dell’Art
Nouveau è dato dalle personalità di Victor Horta, di Henry van de Velde, di
Charles Rennie Mackintosh, di Antonio Gaudì e dalle loro splendide opere”,
evidenziando, quindi, non tanto il valore della sintassi figurativa del Liberty per se
stessa quanto la padronanza di alcuni artisti nell’uso di quel linguaggio. A
conclusione delle sue premesse Zevi afferma che “… Questo fatto determina un
limite del Liberty : non c’è in esso un vero progresso culturale. … ma il fatto
stesso che nessun effettivo avanzamento culturale prenda le mosse da quel
primo esemplare giustifica il sospetto che l’origine del movimento vada ricercata
fuori dall’architettura e precisamente, come propone il Pevsner, in pittura …”
G. Gurschner
Lampada da tavolo - 1900
Il Curtis, citando le affermazioni dello storico Hitchcock, afferma che
l’Art Nouveau “… offrì il primo programma internazionale per un
fondamentale rinnovamento che il XIX secolo iniziò a realizzare” e
che “… l’Art Nouveau fu effettivamente il primo stadio di architettura
moderna in Europa”, anche se a questo attestato di primogenitura
affianca la dichiarazione “… se per architettura moderna si intende
principalmente il rifiuto totale dello storicismo”.
Cela anch’egli, all’interno delle sue
dichiarazioni, una sostanziale
indifferenza per gli aspetti stilistici,
rimarcando più il ruolo di “ponte”
verso la modernità razionalista (e
quindi di superamento delle
condizioni storico artistiche del
presente) che elementi di originalità
ed innovazione propri dello stile
floreale hanno determinato.
Manifesto pubblicitario per il negozio “Art
Nouveau Bing” aperto a Parigi nel1895
Pongo infine un riferimento all’opera di Renato De Fusco che pur
ripercorrendo nella sostanza lo stesso cammino interpretativo dei
precedenti autori, propone una visione più approfondita del fenomeno,
andando a definire alcuni aspetti, come la teoria dell’ Einfühlung, che
viene comunque accettata come uno dei substrati teorici dell’Art
Nouveau.
Introduzione
J. A. Daum – Vaso con pesci
Cristallo placcato -1890
Introduzione
L’autore, inoltre, nel tentativo di individuare alcuni
caratteri figurativi invarianti della produzione del periodo,
in particolare architettonica, non si sottrae all’esigenza di
analizzare il fenomeno stilistico anche sotto il profilo
dell’espressività grafico – pittorica, quale componente
essenziale del nuovo linguaggio.
Va detto che tale espressività, anche per il De Fusco, è
solo uno degli aspetti dell’Art Nouveau e ribadisce che la
sostanza del fenomeno non risiede solo nei simbolismi
superficiali di un decorativismo totalizzante, ma va
ricercata, forse, più nello stimolo all’innovazione che tali
grafismi hanno portato nella loro rottura con lo
storicismo, che non nei risultati figurativi veri e propri.
Questi, è un dato di fatto, hanno sostanzialmente
sostituito, con un’ottica organicista, gli apparati decorativi
dell’eclettismo. E ritroviamo, qui, una sostanziale
condivisione degli assunti di Zevi che riporta l’attenzione,
più che sulle invarianti del fenomeno artistico, su alcuni
artisti che lo hanno adottato come linguaggio e ne hanno
saputo sfruttare tutte le potenzialità creative e non solo
decorative.
F. E. Decorchemont – Coppa - 1907
Introduzione
Infine va citata Rossana Bossaglia che affrontando il
tema in senso generale, inclusa anche l’architettura,
pur rilevandone sia i diversi percorsi di maturazione e
sia le origini non coincidenti, accetta lo stile Liberty
nella sua autonoma configurazione storiografica
sottolineando come i diversi percorsi lessicali possono
essere riunificati nel più conglobante termine di
Modernismo. Ne individua, quindi, una chiara unità
stilistica che nella radice comune del simbolismo e
nelle esperienze estetioc-etico-sociali che da William
Morris alle numerose Werstätte caratterizzeranno una
parte della produzione artistico – artigianale di quegli
anni.
Riferendosi in particolare a queste ultime esperienze
afferma “La base specifica delle ricerche e
dell’apostolato di tutti costoro è la fede nell’integrazione
dell’arte con la vita e quindi la volontà di non produrre
alcunché che non sia ”bello”, anche nel campo
dell’oggetto di serie a di largo consumo : da un lato per
la convinzione idealistica che il bello operi da solo il
riscatto nel bene e sia pertanto veicolo primo di
redenzione e fonte di moralità, dall’altro per il
democratico impegno a fornire a tutti gli elementi e i
modi per una convivenza civile che non sia privilegio
per alcuni e mortificazione per altri.”.
J. A. Daum – 1901-1905
Vetro soffiato, placcato cion colore.
Introduzione
Da questo quadro introduttivo – interpretativo di
alcune posizioni storiografiche attuali e del
recente passato, si può comprendere la
premessa relativa alle difficoltà di definire con
schematismi eccessivamente riduttivi le linee di
indirizzo di un fenomeno tanto breve quanto di
grande impatto comunicativo, le cui premesse,
ritengo, ancora oggi non si sono del tutto
consumate nei magazzini della storia.
Il cammino all’interno della storia dell’Art
Nouveau, per motivazioni di ordine didattico,
verrà posto quindi con il preciso intento di
ordinare nel modo più schematico possibile le
varie declinazioni linguistiche, non trascurando,
per quanto possibile, quegli apporti critici anche
sostanzialmente discordanti, ma accettando
come impostazione generale di partenza la
suddivisione del De Fusco e la visione unitaria
della Bossaglia che consentono, con maggiore
immediatezza e facilità di lettura, la
comprensione dei diversi approcci al problema
della “forma”.
J. A. Daum – 1901-1905
Vetro soffiato, placcato cion colore.
LE INVARIANTI
DELL’ART NOUVEAU
Da
Per comprendere, pur della varietà delle declinazioni
stilistiche, le idee che stanno alla base dello stile e che
troveranno conferma nelle opere di architettura
realizzate, è necessario individuare gli elementi comuni
presenti nelle opere stesse, al di là delle varie produzioni
nazionali o scelte individuali.
Dal punto di vista generale :
• L’Art Nouveau fu uno stile internazionale, ma a
differenza di altri stili internazionali come quello
Neoclassico o Neogotico, esso non si rifà ad alcuno stile
del passato ma “crea” una forma nuova nel presente per
il presente.
•Inoltre il suo internazionalismo è determinato dal fatto
che esso era lo stile che rappresentava “gli ideali e gli
interessi dei paesi industrializzati i quali avevano
incrementato i loro vantaggi dalla liberalizzazione egli
scambi, dal superamento del nazionalismo, dallo
sviluppo dei sistemi di trasporto e comunicazione” (De
Fusco).
L’Art Nouveau attua un completo affrancamento dalle
forme del passato. Per la prima volta nella storia dell’arte
la ricerca stilistica non si rivolge alla storia passata ma
cerca nell’evoluzione del mondo moderno dello sviluppo
industriale, dei progressi della tecnologia, nelle nuove
istanze sociali e culturali, una “forma” appropriata, nuova e
rispondente alle richieste di rappresentatività. L’Art
Nouveau, infatti, accetta la moderna tecnologia e tenta di
piegarla alle nuove esigenze del gusto.
A seconda delle aree geografiche o di alcuni artisti sono
evidenti alcuni richiami al passato medievale o classico o
vernacolare, ma essi vengono completamente trasfigurati
dalla nuova logica stilistica.
L’Art Nouveau investe tutti i settori della produzione
artistica, dalle arti maggiori quali l’architettura, la pittura e
scultura, alle minori, all’arredamento, abbigliamento,
grafica, teatro, pubblicità. In questo modo con essa si
realizza quella ideale unificazione tra arti maggiori e minori
(o applicate) promosso da William Morris e recepito dalla
cultura dell’ottocento. Quell’ideale “opera d’arte totale”
L’Art Nouveau si sviluppa in una moltitudine di
varianti nazionali, pur avendo evidenti caratteri comuni.
Le tante declinazioni stilistiche raggiungono anche il limite
del personalismo, come nel caso di Gaudì, difficilmente
inquadrabile in una geografia più ampia.
L’Art Nouveau persegue l’ideale dell’ opera d’arte totale
(Gesamtkunstwerk). Lo slancio creativo è rivolto verso
un’arte totalizzante, che investa ogni aspetto dell’operare
umano, dalla scala architettonica e più rappresentativa fino al
più piccolo dettaglio decorativo. I limiti di questo campo
d’azione sono strettamente interconnessi tra loro, al punto di
risultare inscindibili.
Il fine ultimo è la creazione dell”opera d’arte totale” che
riassuma in se il controllo di ogni aspetto formale e figurativo e
sia la summa della forza creatrice dell’artista.
L’Art Nouveau presenta due linee interpretative : una linea
a carattere più “organico” e una a carattere più “geometrico”.
Le opere legate alla linea organica tendono a caratterizzare le
forme attraverso un continuo riferimento, più o meno marcato
a tutte le scale, al naturalismo floreale e quindi alla linearità
curva delle volute e degli arabeschi.
Le opere più “geometriche” tendono a caratterizzarsi per una
definizione più rettilinea delle forme e delle superfici, meno
legata ai principi del naturalismo.
E. Gallé – Vaso - 1900
J. Hoffmann+ - Bicchiere di servizio
“Variante B” - 1910
Dal punto di vista “formale” i
caratteri comuni possono essere :
Il recupero della dimensione
“organica” delle forme, in
contrapposizione all’artificialità degli
stilemi del classicismo. Questo
legame con il mondo naturale si
traduce, nell’esperienza pratica, da
un lato in elementi svincolati dalla
razionalità e dalla geometria del
classicismo e dell’eclettismo
ottocentesco, dall’altro nella teorica
“continuità delle forme” degli
elementi costituenti l’opera. Inoltre
la dimensione organica informa
anche l’intera struttura edilizia nella
sua conformazione architettonica.
La valorizzazione della “linea”
rispetto agli altri elementi figurativi o
spaziali è la traduzione in “simbolo”
del naturalismo dell’Art Nouveau.
Essa rappresenta, nel suo fluire
morbido e variato, la dimensione
organica delle forme.
L’uso del ferro quale materiale
moderno, tecnologicamente
avanzato, con la proprietà di
potersi adattare a qualsiasi forma.
L’uso congiunto di diversi
materiali contemporaneamente,
resi evidenti nelle loro
caratteristiche fisiche ed
espressive, ma organicamente
connessi gli uni agli altri. Il principio
di unità, implicito in questo stile, e
la sua ricchezza espressiva, si
manifesta proprio con la capacità di
fondere tra loro elementi
eterogenei in una strettissima
correlazione determinata proprio
dal principio formale. Questa
“unità” si manifesta, poi, anche a
scala più ampia tendendo a
connettere strettamente anche
l’architettura e la natura, la casa al
giardino, l’edilizia all’intera scena
urbana.
J. Hoffmann - Jardiniere
1914-1915
Le origini
LE ORIGINI
tutti i movimenti pittorici e gli artisti
che, in modi diversi, hanno
operato all’interno delle correnti
Simboliste, alla ricerca
dell’espressione di una
dimensione non oggettiva della
realtà.
Tra questi ultimi possono essere
annoverati i Preraffaelliti, i
Simbolisti propriamente detti, ma
anche figure autonome e
svincolate dagli “ismi” come
Gauguin, Van Gogh e Maurice
Denis.
Sempre tra i fattori culturali
possiamo annoverare anche la
nuove costruzioni in ferro che, più
che per le loro qualità formali,
aprivano un mondo nuovo di
forme e di potenzialità espressive
determinate da un materiale
ancora tutto da sperimentare.
Queste opere assurgevano,
proprio dal punto di vista
espressivo, a simboli di modernità,
in contrapposizione al
monumentalismo imperante della
retorica accademica.
L’Art Nouveau certamente eredita gran
parte di quelle esperienze figurative
maturate nel corso del XIX° secolo, sorte
in opposizione al classicismo Beaux Arts
della accademie. Ma le motivazioni di una
esigenza di rinnovamento così marcata
possono essere identificate nella
necessità, prolungatasi per tutto il secolo,
di definire uno stile ex novo.
Questo “stile” doveva sì rispecchiare le
trasformazioni del gusto dell’epoca, ma
doveva anche consentire alla nuova
società che si stava formando di
identificarsi in una immagine nuova, che
ne riassumesse i caratteri principali.
Tra i fattori culturali che in modi diversi ma
concomitanti hanno determinato le
premesse del nuovo stile sono da
annoverare l’esperienza del Gothic
Revival, con i suoi richiami ad una
spiritualità ed eticità della vita da trasporre
in primis nelle forme dell’arte; il movimento
delle Arts and Crafts, con il recupero della
dimensione artigianale contro la
banalizzazione dei prodotti industriali;
Vetreria Nuutajarvi - Vaso - 1900
Le origini
A. W. N. PUGIN E IL
GOTHIC REVIVAL
L’Art Nouveau trova parte delle sue radici anche nel
movimento inglese delle Arts and Crafts, sviluppatosi nella
seconda metà dell’ottocento, la cui figura più
rappresentativa fu William Morris.
Le Arts and Crafts rappresentano il punto di arrivo di una
linea evolutiva socio culturale e artistica che ha le sue
radici nel cristianesimo di Augustus Welby Northmore
Pugin (1812-1852) e nella figura di John Ruskin (18191900), un socialista promotore dell’ Aesthetic Movement.
Palazzo del Parlamento, Lomdra
Sezione e pianta
Ciò che unisce queste figure di
pensatori e artisti è da un lato
l’insoddisfazione spirituale e culturale
per la propria epoca caratterizzata dal
dominio della “macchina”, dall’altro
l’esigenza di porvi rimedio attraverso
una nuova etica della produzione che
superi le conseguenze della
divisione del lavoro, sia sotto il profilo
umano che artistico.
A. W. N. Pugin e C. Barry
Palazzo del Parlamento, Lomdra – 1839-1860
Tavola tratta da True principles (1841)
La cappella utilitaria è trattata
come un capannone decorato.
Per ottenere ciò Pugin propone un
ritorno diretto ai valori spirituali del
cristianesimo ed alle forme
architettoniche del Medioevo,
queste ultime quali simboli di una
umanità rigenerata dalla nuova
condizione spirituale.
Pugin dice che il Gotico non è uno
stile ma una religione e vale più del
greco perchè la religione cristiana
vale più della pagana.
Con lui si inizia a giudicare l’opera d’arte dal punto di vista della moralità del suo
creatore. Da ciò derivò l’obbligo della sincerità più assoluta, della verità degli
elementi dell’opera che devono essere palesati in architettura.
A lui si deve lo sviluppo e l’omogeneità del Gothic Revival europeo ma anche un
primo approccio verso una architettura che faccia dell’espressione dei suoi
materiali e delle sue strutture la sua ragione d’essere e la sua qualità, in
contrapposizione allo storicismo decorativo dominante.
Per quanto concerna l’architettura Pugin afferma che tutte le caratteristiche di ogni
edificio devono essere “necessarie” alla convenienza, alla costruzione ed
all’adeguatezza. Cioè vanno banditi il superfluo e il gratuito che per lui sono
rappresentati dagli apparati decorativi non strettamente necessari e
dall’occultamento delle strutture e dei materiali che formano l’opera.
Ogni ornamento dovrebbe avere la funzione esclusiva di un arricchimento della
costruzione elementare dell’edificio. Pugin infatti era convinto che la forma dovesse
essere determinata soprattutto dalla natura del materiale, e che queste condizioni
A. W. N. Pugin
erano state raggiunte al massimo livello all’interno dello stile Gotico Inglese del
Chiesa di Saint Augustine
XV° secolo.
Ramsgate - 1842
Le origini
Le origini
Con tale approccio l’architetto prende le distanze dall’architettura in
tesa solo come immagine di se stessa, per evidenziarne i contenuti
strutturali ed espressivi dei materiali di cui è costituita.
Questo approccio, però, non interrompe quella tradizione che
recupera dal passato il patrimonio stilistico necessario, ma si limita
a cercare, nella storia, quel periodo che più si avvicina alle sue
esigenze rappresentative.
Si determina con lui un nesso molto stretto tra condizione etica e
pratica artistica che, con declinazioni diverse, influenzerà parte
della cultura del XIX secolo.
A. W. N. Pugin - St. Gile’s – 1839-44
A. W. N. Pugin – Scarisbrick Hall – 1837-45
Il disegno della Chiesa di St. Paul a Londra
mostra chiaramente come le spinte laterali
siano assorbite dagli archi rampanti.
JOHN RUSKIN (1819-1900)
L’influenza di Pugin su John Ruskin fu decisiva, in particolare per la comune avversione per la loro
epoca materialista e per l’esigenza di nuovo approccio alla creazione artistica. L’insoddisfazione
estetica di Ruskin nasce dalla constatazione delle difficoltà di adattare la tradizione artigianale ai
metodi della produzione industriale, anche per la dimensione alienante e non creativa di questa. Inoltre
l’insoddisfazione nasce anche dal disagio determinato dall’eclettismo e dallo storicismo imperanti,
sovraccarichi di forme decorative.
Ruskin non si interessa dei problemi dell’organizzazione o della struttura degli edifici (sebbene egli
denunci con forza ciò che definisce l’inganno strutturale). In tutta la sua opera pubblicata ci sono si e
nò due piante di edifici, non ci sono sezioni, né emerge alcun interesse per le masse e per i volumi.
Come scrittore e disegnatore gli interessano i particolari, le cornici delle porte e delle finestre, i capitelli,
le modanature, e si concentra sui frammenti poco appariscenti, ritenendo che l’architettura consista
negli ornamenti della superficie e nelle parti scolpite. Ciò che lo interessa soprattutto è il disegno della
superficie, il tessuto delle cose, sia in architettura che in natura : egli ha un piacere sensuale, quasi
erotico, nel descrivere tutto ciò. Nelle superfici elaborate dall’uomo e modellate dal tempo egli vede
l’impronta della natura, e la mano e l’occhio godono nell’accarezzarla. La superficie può essere liscia o
scabra, o comunque si voglia, ma purché sia un’espressione vera della propria natura e delle proprie
funzioni.
In questa visione sono percepibili le affinità con Pugin, in particolare per la dimensione etica del “fare”
artistico e per il considerare il prodotto finale quale risultato della condizione morale della società e del
piacere del lavoro artigianale, elementi che per entrambi erano presenti nel medio evo.
John Ruskin non si espresse su questioni socio - culturali ed economiche fino al 1853 con il libro THE
STONES OF VENICE, dove condanna la “divisione del lavoro” industriale e al degenerazione a macchina
dell’operaio.
Dopo aver scritto LA NATURA DEL GOTICO Ruskin abbandona lo studio dell’architettura e si dedica
soprattutto ai problemi sociali, diventando uno dei più radicali pensatori del suo tempo : sogna per
l’Inghilterra un società giusta, egualitaria, con retribuzioni uguali per tutti. Fintanto ché ciò non si avvererà,
dice Ruskin, gli architetti saranno impotenti, e la buona architettura potrà sorgere solo una volta cambiata la
natura della società.
Le sue convinzioni sociali si esprimeranno con forza solo alla fine della sua vita, ma l’esaltazione dei valori
morali è già evidente nei suoi primi scritti. I saggi come THE POETRY OF ARCHITECTURE, pubblicati nel
1837 e 1838 nell’Architectural Magazine, trattano del paesaggio e del modo in cui uno chalet, un cottage o
una fattoria, devono armonizzarsi con esso, nella tradizione della teoria del Pittoresco, peraltro già da
tempo diffusa in Inghilterra. L’apporto di Ruskin è che questa architettura inevitabile, senza pretese e
“naturale” deve saper riflettere non solo l’abilità artigianale, ma l’intero modo di vita del popolo che la
produce. Questi temi verranno approfonditi poi nelle due opere più famose dedicate più specificatamente
all’architettura : The Seven Lamps of Architecture (1849) e The Stones of Venice (1851-53). In THE
QUEEN OF THE AIR (1865) le sue teorie si esprimono in un aforisma : “Una persona sciocca costruisce
scioccamente; un saggio saggiamente; un virtuoso costruisce cose belle, e una persona immorale cose
turpi”.
Ruskin pur fondando la sua critica sul sentimento e sulla sensibilità, curandosi molto poco delle tecniche
costruttive e dell’organizzazione degli edifici, mostra il più profondo rispetto per le analisi rigidamente
deterministiche del Gotico fatte da Viollet Le Duc.
WILLIAM MORRIS (1834-896)
E LE ARTS AND CRAFTS
La figura di William Morris riveste importanza per aver
portato a compimento quel percorso ideale, iniziato da
Pugin e continuato da Ruskin, di rivalutazione del lavoro
umano e in particolare della sua espressione artigianale.
Persona molto religiosa, nel 1852 a Oxford stringe amicizia
con Burne Jones (pittore Preraffaellita) e da questo
rapporto crescerà in lui la passione per l’arte medievale, la
poesia e lo stile dei primitivi, cosicché la vocazione
religiosa si trasformerà in vocazione artistica.
Philipèp Webb - Red House - 1858
Entrato nella Confraternita Preraffaellita Morris segue un suo
percorso personale, in particolare per l’impegno sociale
derivato dall’insegnamento di Ruskin e dalla lettura di Karl
Marx. Da queste idee matureranno le sue idee sul legame
tra arte e società, che sono alla base della sua dottrina
politica ed estetica.
Nel 1858-59 Morris si fa progettare una casa per sé e la
moglie, detta la Red House, a Bexley Heath nel Kent. La
casa era in stile neogotico ed era uno delle primi edifici
funzionali progettati con criteri di abitabilità secondo le reali
esigenze di vita (e non solo di pura rappresentanza). Inoltre
l’opera perseguiva anche una particolare integrazione
nell’ambiente nel quale era inserita. Morris progetta anche
tutto l’arredamento della sua casa, comprese le carte da
parati che decorate con motivi floreali o desunti dalla natura.
Interno della Red House – 1868 (ricostruzione
al Victoria e Albert Museum, Londra)
La casa diventerà il manifesto del nuovo gusto estetico e dei metodi di lavorazione artigianale. Essa rappresenta
l’esempio visibile degli ideali dell’artigianato artistico promosso da Morris.
L’evidente impoverimento e degrado estetico causato dall’industrializzazione si era evidenziato con l’Esposizione
Universale di Londra del 1851.
Per Morris le condizioni di lavoro ideali per ritrovare quella qualità perduta potevano essere ritrovate ripristinando
le condizioni di lavoro più congeniali alla persona, e cioè ritornando ad un lavoro di tipo artigianale. Il riferimento
era alle corporazioni medievali, dove il lavoro era progettato ed eseguito dall’artigiano stesso.
Morris sostiene che l’arte deve entrare nella prassi della vita sociale e ciò, oltre ad avere un valore “sociale” di per
sé, significava anche perseguire l’eliminazione della divisione del lavoro creativo tra artistico (rappresentato dalla
pittura, scultura e architettura) e artigianale, tendendo ad estendere la parola arte a tutto ciò che ci circonda nella
vita.
Le origini
Nel 1861 fonda a Londra la “Morris, Marshall, Faulkner & Co.” che è la prima moderna società
specializzata nel progetto e nella realizzazione di opre decorative e di arredamento. Tra i soci e i
collaboratori c’erano Rossetti, Burne Jones e l’architetto Philipp Webb. L’offerta era di pitture, decorazioni,
vetrate, lavori in metallo e mobili “a basso costo”.
I motivi decorativi sono principalmente floreali ed hanno nel disegno quelle stesse caratteristiche di
precisione naturalistica e forza espressiva presenti nelle opere dei Preraffaelliti.
L’idea è quella di produrre arte per le masse, di estendere il gusto estetico, con tutte le sue implicazioni
morali e storiche, all’interno di ogni casa. A ciò si aggiunge la sua speranza di ricreare condizioni d lavoro
più umane che sottolinea i fini fortemente egualitari e democratici della sua politica artistica.
Purtroppo la realtà dimostrerà l’utopia del suo pensiero in quanto i prodotti, così realizzati, erano troppo
costosi per la massa dei lavoratori.
Da ciò emergeranno le contraddizioni della sua opera in quanto se da un lato Morris dedicherà molto
tempo ad imprecare contro l’aristocrazia e il capitalismo, dall’altro lato sarà impegnato a disegnare carte
da parati per la residenza di campagna della Regina Vittoria.
Se il progetto umanitario socialista di Morris fallì, da un punto di vista pratico, rimane importante l’impulso
che la sua opera e il suo pensiero eserciteranno nella costruzione di un nuovo rapporto tra arte e società.
Nella seconda metà dell’XIX secolo nascerà il movimento inglese delle Ars ad Crafts (Arti e Mestieri) che
sarà una vera organizzazione per la riforma delle arti applicate di cui Morris fu uno dei massimi sostenitori
e divulgatori.
Nel 1887 prende lì’avvio la Arts and Crafts Exibition Society, un’organizzazione a carattere internazionale
con sedi a Londra, Parigi, Berlino ed altre città europee, con il compito di divulgare, attraverso
esposizioni, sia i prodotti realizzati e sia i mezzi di lavorazione artigianale.
Le origini
E. V. Le Duc – Progetto per sala
da concerti - 1866
VIOLLET LE DUC
(1819-1900)
E. V. Le Duc – Progetto per sala
da concerti - 1866
L’insegnamento del grande architetto francese Viollet le
Duc, che avrà una diretta ripercussione sulle opere di
Horta, è contenuto in un passo del suo Dictionnaire
raisonnè de l’architecture française du XI° au XVI° siècle
(1854-1869) dove cita “Il giorno in cui tutti saranno
convinti del fatto che il nuovo stile è soltanto la naturale e
non studiata fragranza di un principio, di un’idea che
consegue dal logico ordine delle cose di questo mondo;
che lo stile si sviluppa come una piante che cresce
secondo una legge ben definita … ebbene quel giorno
potremmo esser certi che i posteri ci riconosceranno un
certo stile . Lo stile esiste perché il progetto architettonico
è soltanto una immediata conseguenza dei fondamentali
principi strutturali relativi a : 1 – i materiali da utilizzare; 2
– il modo di utilizzarli; 3 – le operazioni da compiere; 4 –
la logica derivazione dei dettagli e dell’insieme.”
Le origini
Risulta evidente, in questo passo, come Le Duc si stacchi dal rigido dogmatismo classicista per spingersi
verso una direzione organica, che veda nella “naturalità” delle forme il vero principio strutturante delle stesse.
Da ciò ne consegue anche quella “onestà” nell’uso dei materiali che viene attuata attraverso la loro chiara
rappresentazione, senza falsificazioni, mettendone in luce le loro peculiarità.
Infine, per quanto concerne
lo stile, ad desso si
perviene in modo naturale,
quasi spontaneo, attraverso
il rivelamento ”dello scopo
per cui una forma è stata
costruita”. In alcuni disegni,
rimasti peraltro famosi per
l’innovazione nell’uso
combinato di materiali quali
ferro e pietra, Le Duc
anticipa quella nuova
armonia di “forme
aggregate” dove la qualità
stilistica emerge non tanto
per la decorazione delle
stesse quanto per la
chiarezza della loro
funzione e della loro
rappresentazione materiale.
E. V. Le Duc – Progetto per un Hotel de Ville (da Entretiens sur l’architecture) - 1866
Le origini
PRERAFFAELLITI
D. G. Rossetti
Beata Beatrix - 1863
Nel 1848 un gruppo di artisti fonda a Londra
The Prerafhaelite Brotherhood (la
Confraternita Prefraffaellita) che si pone come
movimento antiaccademico ma con specifici
risvolti mistico – ideali. Il portavoce del gruppo
è John Ruskin e ne fanno parte, come
fondatori, Dante Gabriele Rossetti (18281882), figlio di un italiano rifugiato politico in
Inghilterra; Holman Hunt (1827-1910); John
Everett Milais (1829-1896) e Thomas Woolner
(1825-1892). A questi si aggiungeranno in un
secondo tempo, Ford Madox Brown (18211893) e Edward Coley Buirne-Johns (18331898)
Questi artisti, come altri gruppi coevi, hanno
come modelli i Nazareni e quegli stili e
sentimenti del passato che fanno specifico
riferimento al Medioevo, periodo nel quale
essi vedevano la presenza di una religiosità
profonda e il realizzarsi di un ideale che era
quello di un’arte collettiva.
Il ricorso al Medio evo è un tema ricorrente
nel Romanticismo, sia in pittura che in
architettura, anche se di volta in volta assume
tagli e significati diversi, ma semper proposta
come depositaria di valori etico – sociali.
E. C. Burne-Jones
Storia di Pigmalione, 1868-1878
H. Hunt – Claudio e Isabella - 1850
I NAZARENI (1810-1830)
Con l’età napoleonica emerge per la prima volta nella storia moderna dell’Italia, l’idea di nazione. Anche solo i titoli di Repubblica Italiana prima
(1802), di Regno d’Italia poi (1805) esprimono l’aspirazione della società italiana all’unità nazionale, sia pure sotto protettorato straniero. La politica
di potenza e di conquista della Francia napoleonica aveva provocato in tutti i paesi sottomessi la riscoperta della Patria, dei valori di nazione.
Il messaggio egualitario e cosmopolita della Rivoluzione francese aveva generato, come antitesi, la riscoperta delle tradizioni e delle culture locali,
la valorizzazione di ogni popolo.
Con l’emergere dell’idea di nazione viene creata anche l’immagine simbolo dell’Italia : la bella donna in vesti classiche, la corona turrita in capo,
che piange il poeta repubblicano nella tomba di Alfieri di Canova (1806-10).
Nome derisorio dato ad artisti dell’inizio ‘800 che si ribellarono all’accademismo classicista, aspirando ad un rinnovamento dell’arte su basi
religiose e patriottiche.
Nel 1809 sotto la guida di Overbeck e Pforr, alcuni allievi dell’Accademia di Vienna fondarono la Lega di San Luca, (una confraternita religiosa) per
riportare l’arte sulla “via della verità”, sull’esempio degli antichi maestri. a questi artisti sarà attribuito il nome di Nazareni, in riferimento al modo di
portare i capelli lunghi - (così come sarà in Inghilterra con i Preraffaelliti)
Dal 1810 al 1830 Johann Friedrich Overbeck e Franz Pforr, con Peter Cornelius, Philipp Veit, Wilhelm von Shadow e Joseph Fuhrich, fondano a
Roma, nel Convento di San Isidoro sul Pincio, una colonia di artisti che si oppongono all’Accademia ufficiale e, quindi, in contrasto con il
classicismo dominante di marca francese, proponendo un’arte animata da un forte sentimento religioso. Questo, infatti, sarà il primo movimento
anti - Neoclassico.
Questi artisti propongono una comunità artistica basata sull’amicizia e sulla fede. Tale atteggiamento avrà altri esempi nel corso dell’ottocento.
Portano i capelli lunghi e vestiti medievali e questa identità tra arte e vita è un atteggiamento tipicamente romantico.
Tematiche
Quella dei Nazareni è un’arte di ispirazione nazionalista e cattolica, che accompagna
l’emergere dell’idea di Nazione dell’Italia, con tematiche prevalentemente religiose,
quasi un mezzo di propaganda. Si ispirano al Medio Evo cristiano e si rifanno ai pittori
fino al 1400 e a Raffaello. Cercano di “ricomporre” formalmente, in modo quasi
filologico (filologia : complesso di indagini che mirano a riportare un testo alla sua
forma originaria) lo stile di Raffaello che a quel tempo è ancora il simbolo dell’arte
italiana).
Questi artisti giungendo a Roma cercano, quindi, non la Roma classica dell’Impero
che entusiasmò Winkelmann o David, ma la Roma del primo cristianesimo. Vanno alla
ricerca di una originaria purezza.
Durante i loro viaggi studiano Giotto, il Beato Angelico, il Ghirlandaio, il Perugino e, al
disopra di tutti, Raffaello e Dürer.
Per loro l’arte moderna deve essere ricca di contenuti morali e deve recuperare la
spiritualità della natura e delle forme umane. Questo modo di pensare era in sintonia
con le teorie del Wackenroder e degli Shlegel.
I temi preferiti sono di ordine religioso o storico.
• I temi religiosi sono sviluppati dai Nazareni in due modi :
• Opere figurative finalizzate alla devozione privata, di piccole dimensioni, con soggetti prevalentemente intimi e affettuosi (L’Annunciazione,
La Sacra Famiglia, l’infanzia di Gesù)
• Opere più monumentali, quali cicli di affreschi di storie bibliche, nei quali riprendono anche le tecniche dell’affresco del 1400.
• I soggetti storici sono ripresi dalle vicende del Medio Evo, spesso anche tedesco (per il quale riceveranno molti incarichi in Germania).
Le origini
D. G. Rossetti, Beata Beatrix - 1863
Il termine Preraffaelliti sta a significare la ripresa di uno stile e
di riferimenti iconografici che si rifanno al periodo medievale
e rinascimentale, inteso nelle sue formule espressive più
art e mature, prima delle inflessioni manieristiche del
semplici
cinquecento.
Ma soprattutto i Preraffaelliti volevano recuperare quel senso
etico del “fare arte” che, secondo loro, sarà tradito nel 1500
quando l’arte diventerà una attività intellettuale.
Questa constante esigenza nel ritrovare una armonia
perduta, una sensibilità etica e profondi stimoli spirituali, sono
una conseguenza anche dei mutamenti della società
contemporanea che, nelle grandi trasformazioni indotte dalla
rivoluzione industriale sembrava ormai lontana dall’onesto,
umile ma gratificante lavoro artigianale.
D. G. Rossetti, Proserpina - 1874
DANTE G. ROSSETTI
(1828-1882)
.
D. G. Rossetti,
Ecce ancilla Domini - 1850
Rossetti, che rappresentava la figura più affascinante e
carismatica del gruppo, era un appassionato di Dante e il vate
sarà spesso la musa ispiratrice per i suoi quadri. Da questi
temi Rossetti prenderà spunto per le sue affascinanti
ambientazioni in costume che contribuiranno a quelle fittizie
ricostruzioni del mondo medievale che avranno una enorme
fortuna.
Nel 1850 Rossetti presenta la celebre tela dal titolo
L’Annunciazione, o Ecce Ancilla Domini. Si tratta di una
composizione di grande impegno morale e ideologico in
quanto il pittore non si limita a rappresentare semplicemente
la scena dell’Annunciazione, così familiare nell’arte sacra,
ma cerca di “penetrarne il mistero che si rinnova per ogni
donna nell’atto del concepimento”.
L’interno domestico è nudo e povero e la fragile figura
femminile viene raggiunta dall’Arcangelo chele porge un
giglio, simbolo di purezza e innocenza. La reazione della
giovane e di ritrosia e di smarrimento di fronte ad un
momento così decisivo per il suo destino.
Dal punto di vista pittorico l’autore usa simbolicamente il
colore bianco che, occupando gran parte della tela, domina
la scena con il suo senso di purezza e candore.
E. C. Burne-Jones- Amore tra le rovine, 1894 circa
E. C. Burne-Jones- Flora
arazzo, 1900 circa
D. G. Rossetti, Proserpina - 1874
L’INFLUENZA GIAPPONESE
In una cultura sensibile all’estetismo, alla dimensione simbolica dell’arte, ma anche
proiettata verso la ricerca del “nuovo”, pur senza perdere il contatto con le proprie
radici, non poteva non rimanere affascinata dagli esotismi grafici dell’arte figurativa
giapponese, penetrata in Europa e offerta al grande pubblico in modo massiccio
attraverso le Esposizioni Universali della seconda metà del secolo.
Cosicché quando Samuel Bing, nel 1890, allestì all’Ecole des Beaux Arts di Parigi una
mostra sull’arte figurativa e sull’artigianato giapponese, il successo fu immediato. Ma
al di là della mera novità e della naturale curiosità per questi esotismi figurativi, la
cultura europea ritrovava, in queste opere, la naturalità delle forme che, riprendendo
modelli forniti dalla natura organica, potevano finalmente superare l’impasse stilistico
determinato dall’ormai
stanco eclettismo
storicistico. Nelle opere
giapponesi la “forma
naturale” non si
arrestava di fronte ad
una fredda ed oggettiva
imitazione ma veniva
estrapolata dal suo
contesto e passata
attraverso il vaglio della
sensibilità creatrice
dell’artista, e con essa la
dimensione materiale
della forma originaria si
trasformava in simbolo di
una condizione
spirituale.
Katsushika Hokusai – Iris e cicala di campo, 1832
Giappone
Lenzuolo, XIX sec.
Okinawa, Giappone
Scialle, inizio XIX sec.
Le origini
L’arte giapponese, nella varietà delle sue forme e dei suoi colori, proponeva una grammatica
apparentemente semplificata, di forte impatto percettivo proprio per la chiarezza e
l’uniformità che la contraddistingueva. Tali caratteri erano determinati in primis da una
precisa riconoscibilità della forme, che potevano essere o palesemente naturali o, nel caso
di apparati decorativi, comunque riferibili alla loro origine organica. In secondo luogo dalla
sinteticità delle forme che erano caratterizzate da una prevalenza della bidimensionalità e da
un uso marcato della linea, al posto della tradizionale configurazione prospettica e
costruzione chiaroscurale della tradizione accademica. In terzo luogo da uno straordinario
uso delle gamme cromatiche che erano usate in modo uniforme, tali da caratterizzare con
immediatezza la superficie da rappresentare.
Questa semplificazione
cromatica, anziché spostare
l’immagine su un piano astratto,
riusciva a mantenerlo
strettamente legato al mondo
naturale per la particolarità degli
accordi tonali che riportano alla
memoria l’infinita varietà delle
sue manifestazioni.
Molti saranno gli artisti europei
che in modo diretto, o indiretto,
risentiranno di questo influsso
orientale. Gauguin è uno degli
esempi più importanti di questa
influenza, ma altri sono presenti
nel panorama europeo, come ad
esempio Van Gogh.
Le origini
Katsushika Hokusai - Il vento del sud spazza via le nuvole, 1831-34
Le origini
IL SIMBOLISMO
Il Simbolismo si manifesta verso gli anni
ottanta in Francia nel campo della letteratura,
in opposizione alle correnti naturalistiche del
Realismo e dell’Impressionismo. Rivalutando
la dimensione mitologica, onirica, psicologica
e immaginativa della realtà cerca di rendere
visibile l’ “Idea” che è nascosta alle di là delle
cose visibili, ricorrendo al simbolo e alle
allusioni. Nel caso del Simbolismo più che
parlare di un movimento artistico bisogna
parlare di un clima culturale che
diffondendosi a livello europeo, si pone in
continuità e come superamento del
Romanticismo, proiettandosi verso il
Novecento.
Oltre alla letteratura il Simbolismo
coinvolgerà anche le arti figurative e la
musica, attraverso una interpretazione molto
variegata della realtà che, dal punto di vista
figurativo, va da un forte legame con la
tradizione accademica fino quasi
all’astrattismo. Impossibili da caratterizzare
per le affinità stilistiche, le opere simboliste
fanno emerge costantemente una proiezione
verso un mondo irreale, subcosciente,
misterioso e profondamente allusivo.
Franz von Stuck, Salomè - 1906
GUSTAVE MOREAU
(1826-1898)
Pur rimanendo all’interno della tradizione
accademica come impianto tecnico - compositivo,
Moreau affronta temi tratti dalla mitologia
classica, dalle leggende e dai racconti biblici. I
suoi quadri, però, non sono a carattere descrittivo
ma attraverso il racconto egli introduce sempre
un’aura di mistero e di spaesamento, spingendo
lo spettatore a cercare il vero significato nascosto
dietro alla narrazione del mito.
Moreau, in opposizione al Realismo imperante
degli anni sessanta dell’ ottocento, non accetta il
dato sensibile nella sua oggettività visiva o tattile,
ma rappresenta ciò che non vede o ciò che sente,
quasi come percezione extrasensoriale. La
narrazione, mitologica o biblica, diventa solo uno
strumento per condurre lo spettatore nel mistero.
Nella “Salomè danza davanti a Erode” il contrasto
tra il luminoso e rifinito corpo di Salomè e lo
sfondo uniforme e confuso, con forti gradazioni
rosso brune, determina l’effetto irreale e
misterioso dell’ambientazione. A ciò va aggiunto il
fitto decorativismo simbolico che incide la
superficie del quadro .
G. Moreau
Salomè danza davanti a Erode
1876
Nella sua più famosa opera
“L’Apparizione” del 1874-76, usa il
tema biblico della Salomè (che ottenne
dal re Erode la testa del Battista per
merito del potere seduttivo della sua
danza) per introdurci in un mondo
magico e misterioso. Quì le presenze
umane smaterializzate dalla luce e gli
oggetti evanescenti sono immersi in
uno spazio che, per la dimensione
dilatata e la forma , richiama la sacralità
di una chiesa o di una moschea, luogo
di spiritualità. Nello stesso tempo i
segni e gli accenni decorativi
rimandano ad un mondo orientale o
indiano.
G. Moreau
L’apparizione - 1876
ODILON REDON
(1840-1916)
Tra le figure più rappresentative del Simbolismo
francese Redon, contemporaneo di Monet e degli
Impressionisti con i quali espose nell’ultima mostra
del 1886, opta per temi di tipo fantastico,
caratterizzati da presenze mostruose e surreali,
inserite in ambienti di forte ambiguità. Redon esplora
i segreti legami tra visibile ed invisibile, tra realtà e
fantasia e i suoi richiami sono ad un modo di sogni,
dove la dimensione onirica viene, però, esplicitata
attraverso “la logica e la verità del visibile”.
Ne “Gli occhi chiusi” la figura, apparentemente
sopita, rappresenta una metafora della visione
interiore e del risveglio della coscienza individuale.
Redon giocando proprio sull’ occhio, che
rappresenta il senso rivelatore per eccellenza, rende
simbolicamente evidente lo sguardo dell’artista che
è costantemente rivolto alla ricerca della verità.
Con alcune opere come, ad esempio, “L’occhio
come un pallone bizzarro, si dirige verso l’infinito” ,
che allude allo sguardo dell’arte sopra e dentro il
mondo sensibile, Redon anticipa il linguaggio
Surrealista.
O. Redon
Gli occhi chiusi - 1890
Con alcune opere come, ad esempio, “L’occhio
come un pallone bizzarro, si dirige verso
l’infinito” , che allude allo sguardo dell’arte
sopra e dentro il mondo sensibile, Redon
anticipa il linguaggio Surrealista.
O. Redon
Gli occhi chiusi - 1890
O. Redon
L’occhio, come un pallone bizzarro,
si dirige verso l’infinito - 1882
ARNOLD BÖCKLIN
(1827-1901)
Grande viaggiatore, al termine della sua vita
si stabilì a Firenze dove morì. L’Italia fu per
Böcklin una inesauribile fonte di ispirazione,
dove era possibile ritrovare un tempo e miti
ormai perduti.
Böcklin ha una formazione basata sui
modelli classici e rinascimentali e quindi il
suo Simbolismo è legato profondamente al
Romanticismo tedesco
A differenza dei francesi Böcklin non si
lascia trascinare sul terreno della loro
indeterminatezza descrittiva ma, al
contrario, affronta i temi con una chiarezza
ed un realismo assoluti. Ed è proprio questo
contrasto quasi “surreale” tra una immagine
descritta con uno stile accademico e
l’atmosfera ignota e magica che avvolge la
scena, che sconcerta l’osservatore.
A. Böcklin - L’isola dei morti - 1880
Nell’opera “L’isola dei morti”, che già nel titolo rimanda ad una realtà ultraterrena, proiettando l’osservatore
nel mistero di una condizione non sensibile e di forte angoscia.
Realizzata in cinque versioni tra il 1880 e il 1886, la tela ha una alta intensità evocativa che trasmette una
magica impressione di immobilità e di silenzio. La solidità dell’isola, materializzata nelle rocce a picco sul
mare, si stempera nell’atmosfera tetra e misteriosa rappresentato dal nucleo di cipressi costretti in uno
spazio ristretto, quasi a celare il varco verso l’infinito ultraterreno.
Una piccola barca scivola silenziosa verso l’isola con a bordo una figura eretta, bianca come un fantasma,
che osserva gli attimi precedenti l’approdo all’isola. L’immobilità della figura nel silenzio della scena sta a
sottolineare l’inevitabilità del viaggio e del destino.
A. Böcklin - L’isola dei morti - 1880
I NABIS :
P. SERUSIER E M. DENIS
(1864-1927)
(1870-1943)
Negli anni ottanta e novanta
dell’ottocento un gruppo di artisti
si riunisce a Pont Aven, in
Bretagna, attorno alla figura di
Paul Gauguin. Tra loro c’era
Emile Bernard, che aveva
messo a punto una tecnica
pittorica basata su un uso
autonomo del colore, steso a
grandi campiture piatte e
definite da un margine scuro
detto cloisonne, che si rifaceva
alla tecnica usata nel medio evo
per la realizzazione delle
vetrate. Questo stile pittorico
che si caratterizza per la
massima sintesi di forme e
colori, verrà chiamato
Sintetismo.
F. Vallotton
L’estate o il bagno - 1892
Nel 1888 giunge a Pont Aven il pittore Paul
Serusier che seguendo le indicazioni di Gauguin
sulla libera interpretazione dei colori (che vanno
stesi sulla tela così come l’artista li vede,
indipendentemente dalla loro similitudine con la
realtà) dipinge Il Talismano. L’opera, ai limiti
dell’astrazione, esprime perfettamente gli intenti
che il gruppo di Pont Aven si prefiggeva : una
sintesi di colori e forme, in contrapposizione al
metodo analitico impressionista, e uso dei colori
piatti, perlopiù puri e privi di chiaroscuri, scelti
secondo criteri soggettivi e antinaturalistici.
Ritornato Parigi Serusier raccoglie attorno a sè
alcuni pittori e fonda il gruppo dei Nabis (i Profeti) :
Maurice Denis, Pierre Bonnard, Paul Ranson,
Edouard Vouillard e Felix Vallotton. Nelle
discussioni che intraprendevano tra loro per
definire i fini della loro pittura stabilirono come
punti fermi : il superamento della visione
impressionista e dell’insegnamento accademico,
che privilegiava l’imitazione della natura; puntando
sull’estrema semplificazione delle forme attraverso
l’uso di un colore vivido, per costruire immagini
caratterizzate da una intensa carica psicologica ed
emotiva.
P. Serusier
Paesaggio al Bois d’amour
(Il Talismano) - 1890
Con i Nabis il Simbolismo si tinse di esoterismo e misticismo, infatti gli adepti
avevano ciascuno un proprio ruolo e si vestivano con abiti cerimoniali,
compiendo strani riti propiziatori. In questa atmosfera il “Talismano” divenne
una sorta di simbolo sacrale.
Maurice Denis (1870-1943), ottimo scrittore, era il teorico del gruppo e fu lui a
formulare la celebre frase “Ricordarsi che un quadro prima di essere un
cavallo di battaglia, una donna nuda, un’azione o un aneddoto qualsiasi, è
prima di tutto una superficie piana ricoperta di colori riuniti in un certo ordine”.
Per Denis l’opera d’arte non
doveva essere la riproduzione
illusoria di una realtà esterna
ma la trasposizione, mediante
segni e campi di colore, di
qualcosa di soggettivo, cioè
“l’equivalente appassionato di
una sensazione sperimentata”
dall’artista”.
P. Serusier – Ritratto di Paul
Ranson in abbigliamento da
“Nabi” - 1890
Nel quadro “Le muse nel bosco sacro” sono evidenti i
concetti su esposti. L’opera ha un forte e raffinato senso
decorativo, i colori sono piuttosto tenui rispetto a quelli di
Serusier , e sono applicati a larghe campiture uniformi,
delimitati da una linea di contorno fluida e ben evidente. Il
trionfo di questa linea sinuosa che avvolge figure e alberi, si
determina per il suo valore espressivo ed emozionale e sarà,
di lì a poco, l’elemento figurativo caratteristico dell’Art
Nouveau.
M. Denis – Le muse nel bosco sacro - 1893
Anche Paul Gauguin, che ha condiviso l’esperienza di Pont Aven con Paul
Serusier, troverà uno stile non dissimile, nei principi, a quello dei Nabis, pur
mantenendo una sua completa autonomia figurativa. Nel suo caso verrà
definito Simbolismo Sintetista a sottolineare l’acquisizione di quei caratteri
figurativi ed espressivi tipici del periodo.
Ne è un esempio il quadro “Visione dopo il sermone” dove alla realtà
oggettiva e al taglio “fotografico” delle donne bretoni riprese di spalle, anche
se sintetizzata da contorni marcati e superfici piatte, si contrappone l’irreale
sfondo rosso dove lottano il bene e il male. Realtà e spiritualità si fondono
nel cromatismo acceso di Gauguin che riunisce, nello spazio universale ed
unitario del quadro, tutte le dimensioni umane del reale.
P. Gauguin - Gli – 1888
P. Gauguin Visione dopo il sermone (Giacobbe lotta con l’angelo) – 1888
Le origini
AUBREY VINCENT
BEARDSLEY
(1872-1898)
Il nome di Beardsley è legato a quello di Oscar Wilde
ed alla sua opera Salomè per la quale, nel 1894,
realizzò le affascinanti illustrazioni, cariche di audace
erotismo. La sua fama fu immediata e si sviluppò
rapidamente a livello internazionale.
Nel 1893 il primo numero della famosa rivista di arte
e letteratura “The Studio”, fu dedicato ai disegni di un
giovane ventunenne sconosciuto che, in tal modo,
conobbe subito la fama e potè lasciare il suo lavoro
di scrivano per intraprendere quello artistico,
dedicandosi a tempo pieno alle sue creazioni.
Successivamente un’altra rivista “The Yellow Book”
lasciò molto spazio all’artista, anche perché le sue
raffigurazioni, spesso erotiche o oscene, suscitavano
forti polemiche garantendo, peraltro, una notevole
tiratura al mensile.
Nonostante ciò un anno dopo, nel 1895, Beardsley fu
esonerato dalla carica di redattore esperto di arte e
decise, quindi, di unirsi alla figura di Leonard
Smithers per pubblicare un giornale rivale, “The
Savoy” che trattava materiali pornografici ed erotici.
Le origini
Un figura, quella di Beardsley, ambigua e complessa, che nell’uso anche
provocatorio e spregiudicato che faceva della sua arte, rappresentava
uno straordinario e originale interprete del mondo estetizzante e
decadente che Wilde aveva descritto.
Dal punto di vista stilistico l’artista propugna una nuova concezione della
cornice e della superficie pittorica in cui la linea, per sua natura
bidimensionale, sostituisce la configurazione spaziale del mondo reale.
Questa nuova interpretazione elimina ogni riferimento alla
tridimensionalità dello spazio prospettico esaltando la superficie del
foglio. Nel contempo scompare anche la volumetria delle figure,
tradizionalmente costruita con effetti chiaroscurali, mentre la luminosità
viene evocata semplicemente dai contrasti neutri tra il bianco e il nero.
A. V. Beardsley – Illustrazioni per la
Salomè di Orscar Wilde - 1894
Con la stessa linea Beardsley disegna le decorazioni egli arabeschi delle
figure ma anche costruisce ed isola la figura dal suo contesto. I riferimenti
storici di Beardsley sono certamente i linearismi della decorazione dei
vasi attici greci (che aveva visto al British Museum), ma anche l’arte
giapponese, importata in grande quantità nel corso dell’ottocento in
Europa.
Come linguaggio figurativo Beardsley appartiene al mondo simbolista di
fine ottocento, in quanto da ognuna delle sue illustrazioni emerge quella
predisposizione per l’estetismo e per la dimensione onirica che
caratterizzano quasi tutto il movimento .
Colpito dalla tubercolosi morirà all’età di 26 anni.
A. V. Beardsley – Illustrazioni per la
Salomè di Orscar Wilde - 1894
A. V. Beardsley – Illustrazioni per Salomè di O. Wilde
1894
LOUIS COMFORT TIFFANY
Le origini
Nel 1837 il signor Charles L. Lewis Tiffany (padre del famoso artista Art
Nouveau) fondò a New York la società di argentieri e gioiellieri
Tiffany&Young. A metà secolo, raggiunta una enorme ricchezza, decise di
non importare più dall’Europa i prodotti ma di produrli in proprio.
Il nome Tiffany divenne, con il tempo, sinonimo di lusso e questa fama valicò
anche l’oceano giungendo in Europa, dove la società aprì delle filiali a Parigi
e Londra.
Louis Comfort Tiffany, il figlio, si formò in questo ambiente e intraprese studi
di pittura a New York.
Tiffany & Co. – New York
Vaso a forma di fiore - 1900
L. C. Tiffany – Le quattro stagioni, New York -1997 -
Le origini
Ma la sua idea estetica era lontana dagli ideali
americani di quegli anni, così nel 1865, a
diciassette anni, andò a Parigi da Leon Bailly
che era un cultore della nuova moda orientale.
Studiando e viaggiando verso i luoghi di origine
di queste forme artistiche, Tiffany visitò la
Spagna, l’Egitto, l’Africa ma anche Ravenna,
dove rimase colpito dai mosaici paleocristiani, e
Chartres, dove potè ammirare le vetrate
istoriate.
Nel 1878 però avviene il cambiamento e l’artista
si rivolge verso l’artigianato. Influenzato da
William Morris e dalle Arts and Crafts, nonché
dall’enorme collezione di oggetti raccolti in anni
di viaggi, Tiffany divenne uno dei più ricercati
designer d’interni, richiesto da tutta l’alta
società.
Tra le sue più famose linee di produzione è
rappresentata dalle lampade, con le quali
ottenne un successo straordinario, al punto che
nel 1882 progettò il sistema di illuminazione a
gas per la Casa Bianca.
Tiffany & Co. – New York
Lampada - 1900
L. C. Tiffany
Vaso a forma di tulipano
Vetro opalescente e bronzo - 1895
Le origini
L. C. Tiffany – Lampada
Wistaria – 1899-1925
Nello spirito dell’Art
Nouveau, che persegue la
realizzazione dell’ “opera
d’arte totale”, Tiffany
promosse anche altre
attività come la
progettazione di interni,
laboratori di ebanisteria, un
settore dedicato
esclusivamente all’ “arte
sacra”, uno studio di
ceramica, un atelier di
gioielleria e un’officina per la
lavorazione del metallo.
Tiffany & Co.
Vaso Maagnolia - 1893
Tiffany & Co. - New York
Vaso - 1897
L. C. Tiffany - Lampada Vistaria
1899-1925 - vetro, rame, bronzo
Tiffany & Co. – Veduta della Oyster Bay
1905
Il motivo per la vetrata
policroma, di 185 cm. di altezza,
prende ispirazione da un luogo
che amava molto : Cold Springs
Harbour, presso New York, dove
si costruì anche una casa.
La vetrata fu costruita per la
casa di New York di Wlliam
Skinner.
Tiffany & Co. – Fiore di
mela 1899-1928