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MARZO 2005
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Spedizione in A.P. 70% - Art. 2 comma 20/D - L. 662/96 - Filiale di Siena
Mensile di critica e attualità sportiva - €uro 2,00
Sprofondo bianconero
B i a n c o v e rd e p a l l i d o
207
marzo 2005
MARZO 2005
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editoriale
Direttore
Mario Ciani
Direttore responsabile
Paolo Corbini
Direzione – Redazione – Fotolito
Bernard & Co.
Strada di Busseto 18 -C2/7 – Siena
Tel. 05.77.28.53.74
Fax 05.77.22.10.14
E-mail: [email protected]
Edito e stampato presso
Arti Grafiche Ticci
Loc. Pian dei Mori 320 - Sovicille (Si)
Tel. 05.77.34.92.22
Fax 05.77.34.93.66
Autorizzazione del Tribunale di Siena n. 430
del 27.01.1983
Hanno collaborato a questo numero:
Raffaele Ascheri, Corrado Bagella,
Duccio Balestracci, Luca Bianchin, Mauro Bindi,
Andrea Bruschettini, Barbara Cerretani,
Mario Ciani, Vincenzo Coli, Mario De Gregorio,
Fabio Fineschi, Stefano Fini, Riccardo Giacopelli,
Emilio Giannelli, Daniele Giannini, Antonio Gigli,
Mario Lisi, Luca Luchini, Maurizio Madioni,
Mauro Mancini Proietti, Augusto Mattioli,
Andrea Monciatti, Marco Naldini,
Giuseppe Nigro, Massimo Oriani, Paolo Ridolfi,
Roberto Rosa, Gigi Rossetti, Andrea Sbardellati,
Senio Sensi, Jacopo Sordi, Antonio Tasso,
Matteo Tasso, Francesco Vannoni.
Fotografie di
Paolo Lazzeroni/Chechi
e Augusto Mattioli
Collaborazione fotografica: Fabio Di Pietro
Editing: Francesco Vannoni
Sito web: Olivia Agnelli
Progetto grafico: Bernard Chazine
numero
207
marzo 2005
ANNO XXIII
www.mesesport.it
Dimenticare
Montaperti
Si può elevare una singola partita a simbolo di
un’intera stagione? La risposta è certamente
no. Neanche se questa è fra bianconeri e viola,
se volete fra ghibellini e guelfi, insomma la
madre di tutti i derby? Anche. Poi magari al
tirar delle somme saranno stati altri i match
che hanno caratterizzato il campionato, anzi sicuramente, però come si fa a considerare alla
stregua di tutti gli altri un incontro giocato e
vinto dopo un’attesa di cento anni. Sì, perché
tanto è passato prima che Siena e Fiorentina si
confrontassero per la prima volta a livello di
serie A, ben altra cosa rispetto al campionato
di serio A-B Centro Sud del 45/46, teatro dell’ultima sfida. Quindi diciamo pure che tanta
attesa valeva la pena.
Ma c’è un’altra data che in questa occasione è tornata fatalmente alla memoria, quella del 4 settembre 1260, battaglia di Montaperti. Lungi
da noi voler banalizzare un
evento di portata
epica come questo,
non sarebbe serio,
però l’antagonismo fra le due tifoserie è nei fatti, e siccome lo sport si
alimenta anche di questi “dettagli”,
ecco che il riferimento non deve
suonare blasfemo.
Il rischio semmai è un altro, e cioè che la
squadra di De Canio, e
l’ambiente che la circonda, si senta in qualche modo
appagato da questo agognato successo (non diciamo
sugli storici rivali per non
dare loro il pretesto per
negare questa rivalità…) e
ritenga così
esaurito il proprio compito.
Questo è quanto temevamo,
questo è quanto è successo
contro il Brescia.
Con la vittoria sulla squadra di
Zoff la Vecchia Robur
aveva legittimato il
suo diritto a battersi
nella massima serie,
ma se a questa non fa seguire anche l’ultimo e decisivo atto non ha fatto niente. Vi immaginate che soddisfazione scendere in serie B con la
Fiorentina che resta in A, sia pure dopo averla
superata nel derby! Sarebbe come vincere
tutte le battaglie, e poi perdere la guerra.
Eppure è questo lo spettro che oggi aleggia sul futuro della squadra di De Canio, forse colpevole
di aver anteposto una partita dal significato
tutto particolare, agli interessi più generali che
si richiamano ad un solo obiettivo: la permanenza in serie A. Se poi qualcuno, pur di battere gli ‘odiati’ cugini, si rassegna a tornare in serie
B totalmente appagato, vuol dire che il suo provincialismo non ha confini ed allora ci meritiamo
di tornare dove siamo stati per decenni. Ma questo non è quello che pensa la stragrande maggioranza dei tifosi, e qualcuno deve pur dirglielo alla squadra e a De Canio. Perché battere la
Fiorentina è stato bello, ma non quanto poterci
riprovare l’anno prossimo. ■
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La squadra senese si accontenta di vincere il derby
e poi frana nella partita-chiave con il Brescia
Sprofondo bianconero
(Mario Ciani)
Il rischio era calcolato, e proprio
per questo andava sventato. Invece è
successo quanto temevamo, e cioè
che la vittoria nel derby anziché ridare slancio alle ambizioni di salvezza
della squadra bianconera, ha avuto
l’effetto contrario. Un effetto soporifero. Prima con la Juve, e qui siamo
tutti d’accordo che ci può sempre
stare (ma le vittorie non si preparano con le sconfitte, anche se contro
le grandi ci stanno e non sono traumatiche), ma soprattutto contro il
generoso Brescia di Cavasin, capace
di infliggere alla squadra di De Canio
una lezione di generosità e di umiltà
da farla arrossire di vergogna.
Una sensazione che hanno provato anche i tifosi, più attoniti che
delusi. Certamente impreparati ad
assistere ad una prestazione, sia collettiva che individuale, così disarmante. Non tanto per il risultato in
sé, peraltro pesantissimo solo se si
considera che quello lombardo era il
peggior attacco dell’intera serie A,
quanto per l’indisponenza con la
quale la squadra è scesa in campo.
Oggi è di moda parlare di “approccio
sbagliato alla gara” per giustificare
praticamente tutto ed il suo esatto
contrario, mai come questa volta
però il termine è azzeccatissimo per
delineare anche il vuoto caratteriale
emerso nella partita che può valere
l’intera stagione. E questo non tanto
dopo lo 0/2, maturato nelle solite
circostanze di sempre, quanto
prima. Anzi, soprattutto prima. E’
stato nella fase iniziale, quella di studio, quella in cui si creano i presupposti per stabilire determinate gerarchie in campo, che la Robur è
mancata. E al Brescia non è parso
vero che l’avversario che doveva vincere ad ogni costo ed aveva anche il
conforto del fattore campo, fosse
sceso in campo con un atteggiamento tanto disarmante.
Sfidiamo chiunque a riconoscere
in quella squadra il Siena che appena
due settimane prima aveva rimandato meritatamente battuta la Fioren-
tina, tanto era basso il suo ritmo,
prevedibili le sue giocate, del tutto
assente il tanto reclamato furore
agonistico.
No, quella vista col Brescia non è
sembrata una squadra consapevole
di giocarsi il campionato in 90 minuti. Sia sotto il profilo collettivo, che
individuale. E tutto questo, si badi
bene, all’altezza della prima prestazione con quasi tutto l’organico a disposizione di De Canio. Né sarebbe
onesto fare graduatorie, perché
tutti hanno demeritato. Non esclusi
quelli che sono andati a rete, perché
la prova dei singoli (visto che questo
è un gioco collettivo), non può
prescindere dai reali obiettivi
raggiunti.
Ma quello che ai tifosi fa più
male, è vedere che le potenzialità
di partenza c’erano tutte, se è
vero che dopo lo 0/2 il Brescia è
stato letteralmente confinato
nella propria area di rigore, e solo
sbagliando tutto quello che c’era
da sbagliare è potuto uscirne indenne. Il problema è che l’undici
senese doveva crederci prima,
non ridursi a dover rincorrere un
risultato già così pesante e penalizzante all’intervallo. Bastava che
fin dall’inizio avesse fatto intendere agli avversari qual’era la
squadra che aveva più fame di vittoria. Invece un po’ l’inizio molle,
un po’ gli errori palesati nell’arco
dell’intero primo tempo e le tante
palle perse, hanno indotto l’avversario a prendere coraggio e diventare quello che non era mai
stato nei precedenti 26 turni.
L’ultimo sciagurato impegno
ha oscurato ovviamente quelli
precedenti, a cominciare dal rocambolesco 2 a 2 con il Messina,
seguito dalla parentesi coi viola,
fino allesconfitte (seguite a 7 risultati positivi) con Juve e Brescia, appunto.
Ciò detto, senza girare tanto
intorno all’argomento perché la
situazione è seria e non si può
mascherare con argomenti di circostanza, finchè non è la matematica
certezza a condannare i bianconeri,
noi continuiamo a crederci. Come
continuiamo a credere che Cozza non
sia quello visto col Brescia; che D’Aversa sia incappato soltanto in una
giornata storta dopo il buon ritorno
alle gare; che Tudor non sia quello
sprovveduto che si fa espellere a partita già finita; che tutti gli altri, nessuno escluso, siano consapevoli della
figuraccia che hanno fatto e cerchino
di porvi un immediato rimedio.
Una figuraccia che ha fatto passare in secondo piano anche i tanti
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piccoli dettagli, che poi tanto dettagli non sono, che puntualmente si
accaniscono contro la formazione
senese. Un esempio: visto che i rigori che ci sono non ce li danno…per
contratto, si potrebbero avere quelli che non ci sono? Magari per errore, come succede agli altri.
Ma di fronte a prestazioni come
quella col Brescia c’è solo da battersi il petto, non dobbiamo offrire alibi
a nessuno. Anche noi, come i tifosi
veri (quelli che sono sempre lì, col
caldo e col freddo a dare il loro sostegno ai bianconeri, non quelli che
alle prime difficoltà si squagliano…), più che delusi ci sentiamo traditi. Ma siccome siamo anche degli
inguaribili ottimisti, vogliamo offrire
loro un’altra possibilità.
In fondo se ci crede la squadra di
Cavasin, perchè non deve crederci il
Siena. O no? ■
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a tutto campo
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Più grinta, se non è già tardi
Senio Sensi
ARBITRI, CHE PASSIONE….
Collina è il migliore del mondo. O
no? Forse, anche se qualche dubbio mi
rimane. E allora, tutti ogni domenica lo
vorrebbero. E io no. Intanto perché con
lui non abbiamo mai vinto e poi perché
una certa sudditanza psicologica ce
l’ha anche lui. Esempio: trattenuta di
Taddei (leggera) su Emerson…rigore.
Fallo in area di Cannavaro su Flo
(senza toccare la palla), calcio d’angolo. Inventato.
Allora si continua con due pesi e due
misure e poi non è finita. Se le regole
dicono che non si può “abbracciare”
l’avversario pena il rigore, perché Bertini (altro “campione” che ha salvato
Nesta da sicura espulsione in MilanAtalanta…guarda caso!) “non vede” il
placcaggio di Zampagna ai danni di
Tudor e Collina ne vede uno, a nostro
carico, meno grave. Potremmo continuare, ma tutto il discorso vale per dire
che non c’è un arbitro bravo e uno
meno bravo: manca l’omogeneità nei
giudizi nonostante si facciano stage
agli arbitri, incontri con le dirigenze eccetera. Ogni domenica 5-6 casi: rigori
regalati (vero meraviglioso Racalbuto?), palle oltre la linea non viste (in
Messina-Lazio) e tanto non si vuol dare
spazio alla moviola in campo. Come si
fa a non pensar male?
TARALLUCCI E VINO IN LEGA
Si riuniranno il 23 di marzo; da settembre aspettiamo il presidente della
Lega. Diego Della Valle
(quello delle scarpe; che
gli abbiamo fatto noi in
Siena-Fiorentina anche
se poi ci siamo fermati…)
aveva fatto il diavolo a
quattro: via Galliani e
dentro una cordata
nuova. Più giovane, più
“pulita”, meno compromessa e più capace. Via
le grandi squadre dai vertici (diceva) e spazio a noi
nuovi. Votazioni senza
esito, contatti, promesse
e poi? Nel giorno suddetto si realizzerà il rinculo di
Della Valle, le “piccole”
che stanno creando un
“Consorzio” (una sorta di
lega dentro la lega, almeno sembra. Ma vedrete
che desisteranno…) confermeranno il mitico Galliani (definito incapace,
culo di pietra ecc. più
volte) e si accontenteranno di una vice presidenza
per quel brav’uomo di
Giuseppe Gazzoni Frascara (Bologna) con, si
dice, ampi poteri. Quali?
Pensate che il Milan, pardon Galliani,
arretreranno di un solo centimentro? E
allora a Della Valle & C. per deporre le
armi è bastato entrare con un ditino
nella stanza dei bottoni dove faranno
finta di dar loro potere. E’ bastato aumentare dal 18 al 19,50% la quota dello
“stadio virtuale” e cioè il quantum stabilito degli introiti criptati per la squadra
ospitata con prospettiva di salire al 24%
in quattro anni. Pensate che tutto il can
can fatto mirasse a questo? Ma via….
Per la cronaca: Fiorentina - Reggina
del 6 Marzo: primo rigore concesso ai
giliati. Un caso. Il Siena rimane l’unica
squadra a non averne meritato nemmeno uno. Capito De Luca? Altro che potere dentro la lega.
SIENA, SULL’ORLO
DEL BARATRO
Di Siena-Brescia è stato scritto tutto.
Aggiungo solo che abbiamo mancato,
psicologicamente, tatticamente, agonisticamente tutti gli appuntamenti più importanti. Simoni o De Canio, fa lo stesso. Col Parma, col Bologna, col Lecce,
ma anche col Cagliari, con la Reggina e
– soprattutto – con il Brescia autentico
spareggio.
In serie A (come nelle serie inferiori)
non ci si salva se non si mette in campo
tutto: cuore, attributi, volontà, grinta,
cattiveria, trucchi. E noi non facciamo
niente di tutto questo. Una squadra
compassata che forse si ritiene immeritevole della posizione che detiene e che
aspetta che…sia fatta giustizia. Ma da
chi? Se continuiamo a sbagliare approccio alle partite, se in campo andiamo con sufficienza, se i due mister non
hanno fatto niente per cambiare gli errori iniziali inserendo uomini di volta in
volta più adatti a quanto accadeva in
chiave tattica sul campo…. Abbiamo
preso circa trenta gol su palle inattive e
noi abbiamo segnato una sola volta su
calcio di punizione. Schemi? Cosa
sono?
Inutile pretendere più gente allo stadio o più vicinanza delle istituzioni. I tifosi vengono in numero equo rispetto al
bacino di utenza; le istituzioni (ma quali,
vivaddio, ce lo volete dire una volta per
tutte, senza mezze frasi che sanno solo
di “scusa”…?) non scendono in campo.
Dove vanno invece 11 giocatori e un allenatore. Sul 2 a 3 contro il non certo
trascendentale Brescia, la curva, e non
solo quella, tifavano come se il risultato
fosse capovolto e la stampa protegge
anche troppo (salvo rarissime e ben individuate eccezioni) società e squadra.
In altra città si sarebbe alle invasioni di
campo o al “a lavorare…andate a lavorare…”. Già ma noi siamo civili. Talvolta
mi viene il dubbio che lo siamo anche
troppo.
Allora, forza ragazzi. Bisogna vincere due partite a fila sperando che il
Chievo continui a perdere. Ultima spiaggia, ma stavolta davvero. Perché c’è già
una quasi certezza: la lotta per non retrocedere è ristretta a sole quattro
squadre (e cioè Atalanta, Siena, Brescia e Chievo): la speranza è minima,
ma è ancora possibile che i bianconeri
lascino alle altre tre un posto per la B.
Presto, però, che è già tardi. ■
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Riflessioni a margine della metamorfosi che in 15 giorni
ha fatto precipitare il Siena dalla gioia allo sconforto
Tante domande
per poche risposte
Gli avvenimenti significativi di
questo mese appena trascorso sono
sicuramente due e purtroppo di
segno contrastante. Dopo l’esaltante, storica vittoria con i cugini fiorentini è arrivata infatti la devastante sconfitta interna con il Brescia che
rischia di condizionare in negativo il
cammino ancora da percorrere per
restare nella massima serie.
Cerchiamo, dunque, di analizzare singolarmente queste due importantissime tappe del secondo campionato bianconero in serie A, di
capire le cause che hanno portato a
prestazioni così diverse fra loro a distanza di soli quindici giorni.
Contro la squadra viola il gruppo
di De Canio ha dato il massimo, illudendoci (e forse illudendosi) di aver
trovato la quadratura del cerchio.
Grinta, velocità, spirito di abnegazione, sagacia tattica, voglia di vedere affermare i propri colori con uno
spirito raro fra i professionisti.
Neppure la leggerezza di Pasquale, penalizzata in maniera errata dall’arbitro, era riuscita ad alterare i perfetti equilibri della
formazione di De Canio. Tutto perfetto, dunque? Sul piano del gioco,
considerando che stava iniziando
anche a svuotarsi l’infermeria, la
vittoria con i gigliati era sembrata la
prima tappa di un percorso che ci
avrebbe portato abbastanza tranquillamente alla salvezza.
L’unico aspetto negativo, visto
che stiamo analizzando una vittoria
epocale (ed in questo caso non è
un’esagerazione), l’atteggiamento
della città che in qualche modo ha un
po’ snobbato l’avvenimento. Non
certamente la splendida tifoseria
storica bianconera, superiore in
tutto e per tutto alla curva fiorentina, ma quella parte di senesi che
sembrano essere sempre estremamente critici, distaccati, superiori.
Ma come si fa a non riempire il
Rastrello quando si disputa una parti-
( Luca Luchini )
ta attesa da decenni? Come si fa a lamentarsi che i fiorentini possano acquistare i biglietti nelle nostre tribune
non li attira. Peccato che stiamo parlando di una categoria che per generazioni di tifosi ha rappresentato un
quando quelle stesse tribune non riusciamo a riempirle il giorno che arriva
a Siena la Fiorentina? Ci sono senesi
che si definiscono tifosi che hanno decretato la retrocessione della squadra
bianconera prima ancora che il torneo
iniziasse e che adesso sembrano non
attendere altro di poter affermare di
aver avuto ragione.
E ce ne sono altri che hanno già
dichiarato che se retrocediamo, l’anno prossimo in serie B non rinnoveranno l’abbonamento, perché la B
sogno irraggiungibile fino a che non
è iniziato il “miracolo De Luca”.
Evidentemente la sbornia della
serie A è già passata e molti sono già
scesi dal carro del vincitore dopo
aver fatto a spintoni per salirvi sull’entusiasmo della novità. Con queste
premesse, l’unica soluzione è dare a
questa gente il peso che merita e
continuare a sostenere il Siena con lo
stesso spirito ed amore di sempre.
Arriviamo, dunque, alla cocente
sconfitta con il Brescia che purtrop-
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po fa seguito a quella altrettanto pesante rimediata con il Parma.
La squadra che ha disputato il
primo tempo con le rondinelle bresciane era ben diversa non soltanto da
quella che ha battuto la Fiorentina, ma
anche da quella, spesso pur priva di
numerosi pezzi, che nelle ultime domeniche aveva affrontato a viso aperto e ad armi pari qualunque squadra,
compresa la Juve della prima mezzora.
Cosa è accaduto, dunque? Quali
le cause di una totale mancanza di
mordente e di spirito agonistico che
hanno compromesso una partita se
non decisiva, importantissima? E
come è possibile che giocatori fino
ad oggi determinanti, in quarantacinque minuti non siano riusciti ad
azzeccare un passaggio, neppure il
più semplice?
Si dirà che nella ripresa abbiamo
avuto sfortuna, che potevamo anche
pareggiare, ma quando si regala, poi è
inutile recriminare. A De Canio il compito di trovare i giusti rimedi. A questo
punto non rimane che voltar pagina al
più presto, dimenticare le due partite
che potrebbero aver firmato la nostra
condanna e cercare di trovare altrove
quei punti che sono indispensabili per
la salvezza. Purtroppo, però, adesso
non è più lecito sbagliare.
E non si possono più giustificare
comportamenti assurdi che penalizzano non solo il singolo giocatore,
ma l’intera società. Come può un
giocatore come Tudor, con la sua
esperienza internazionale, rimediare
in cinque minuti due ammonizioni
assurde, non soltanto interrompendo i ritmi di una possibile, anche se
difficilissima, rimonta, ma condizionando in negativo con la sua assenza anche il prossimo turno?
Queste cose non devono più accadere e la società deve essere estremamente severa con chi sbaglia. Se poi
gli arbitri, almeno una volta, guardassero ai colori bianconeri (quelli del
Siena, però!) con maggiore obiettività, la cosa non ci dispiacerebbe davvero. Le reti buone ce le annullano; i
giocatori ce li buttano fuori, quando
se lo meritano ed anche quando potrebbero farne a meno. Ma che siamo
l’unica società in serie A a non aver ancora avuto un rigore a favore, forse le
terne arbitrali non se ne sono accorte.
Sarebbe l’ora di tutelare anche i nostri
attaccanti? ■
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l’angolo tecnico
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Scacco matto in due mosse
Riccardo Giacopelli
Siena Fiorentina del 20 febbraio 2005
è stata sicuramente una partita importante al di là delle motivazioni campanilistiche. Ma l’analisi tattica del match, difficilmente potrà prescindere dal
coinvolgimento emotivo, coinvolgimento
alimentato, oltre che dal pathos tipico dei
derby, anche dal modo in cui è arrivata la
vittoria: pronti via e Siena in vantaggio,
poi inferiorità numerica per circa un’ora
ed infine la sospirata vittoria che assume
quasi le sembianze di un’impresa. E
neanche si può sorvolare sull’apporto
del pubblico bianconero, finalmente presente sia in termini numerici che in termini di partecipazione e contributo al
raggiungimento del risultato positivo e
mai come in questa partita, vero dodicesimo uomo in campo. Sì, perché quello
del coinvolgimento del pubblico è spesso argomento posto in secondo piano
nelle valutazioni delle prestazioni delle
squadre ed invece influisce in modo
spesso determinante sul rendimento in
campo. I giocatori percepiscono forte la
spinta che arriva dagli spalti, così come
l’atmosfera carica di adrenalina che si
genera nello stadio, e ciò incide sulla
resa dei singoli più di quanto si possa
pensare. Non a caso alcune squadre,
costruiscono buona parte dei loro successi contando sulla capacità dei propri
supporters di rendere il terreno di casa
una vera e propria “arena” talmente
calda da “condizionare” avversari e, talvolta, anche i direttori di gara.
Ma ora, concentrandosi sugli aspetti
tecnico tattici della partita e tentando di
operare valutazioni il più possibile oggettive, vediamo quali possono essere state
le “mosse” principali che hanno deciso
Siena–Fiorentina. L’analisi è, ovviamente, divisa in due blocchi: prima del 35’ del
primo tempo con le squadre in 11 contro
11 e dopo l’espulsione di Pasquale con il
Siena in inferiorità numerica.
Zoff si è presentato con il 3-5-2, modulo provato con continuità da quando è
alla guida dei viola: Lupatelli in porta,
linea difensiva formata da Delli Carri,
Viali, Dainelli, a metà campo Chiellini ed
Ariatti esterni , con al centro Nakata, Donadel e Maresca, in avanti Miccoli e
Bojinov. De Canio decide di contrapporre un Siena con assetto tattico speculare consapevole che nella zona nevralgica di centrocampo i propri giocatori
avrebbero vinto tutti gli uno contro uno
con il rispettivo avversario. Ed infatti
sugli esterni Alberto e Pasquale (fino all’espulsione) hanno dominato le fasce: il
brasiliano,
non
solo ha limitato le
consuete progressioni di Chiellini,
ma ha costretto il
viola a rimanere
quasi sistematicamente sulla linea
dei difensori; in tal
modo Alberto ha
agito prevalentemente da vera e
propria ala destra,
fornendo, non a
caso, il cross per il
gol di Flo . Dall’altra
parte Pasquale
che, fino a quando
è
rimasto
in
campo, non ha
certo dovuto sudare le proverbiali
sette camice per
contrastare un evanescente Ariatti.
Nella zona centrale
D’Aversa e Vergassola (che in questo
momento
sono
probabilmente una delle coppie di centrocampo più affidabili e meglio assortite dell’intero campionato) hanno dominato su un Maresca, presumibilmente
non in perfette condizioni fisiche (visto
che non ha mai messo in mostra le indubbie qualità che possiede) e su Donadel, giocatore bravo, ordinato, che
non spreca un pallone, ma che ha giocato solo per linee orizzontali senza mai
cercare la verticalizzazione per gli attaccanti. Per completare il reparto manca
all’appello, da entrambe le parti, il quinto uomo, colui che nelle strategie dei
due allenatori, avrebbe dovuto giocare
libero di muoversi tra le linee avversarie
in modo da cercare la giocata decisiva
(intesa come conclusione a rete o ultimo
passaggio per gli attaccanti). I nomi:
Taddei per il Siena e Nakata per la Fiorentina. Se per il giapponese la posizione non rappresentava certo una novità,
la scelta fatta da De Canio di spostare il
centrocampista bianconero dalla consueta posizione di laterale a quella di
trequartista è stata la vera mossa a sorpresa della gara. I risultati sono stati diametralmente diversi: Nakata, come
avrebbe detto “Bernacca” ….non pervenuto….. mentre Taddei, pur dimostrando
di non essere completamente a proprio
agio nella nuova posizione, ha causato
diversi problemi alla retroguardia avversaria, non ultimo quello di creare spesso una situazione offensiva di tre contro
tre con i difensori viola,avanzando spesso la propria posizione e portandosi
sulla linea di Chiesa e Flo. Tutto ciò, naturalmente fino all’espulsione di Pasquale. Qui, infatti, la partita cambia:
Siena in vantaggio uno a zero ma in inferiorità numerica.
Ed ecco la seconda mossa di De
Canio: Taddei si sposta sulla sinistra, il
modulo dei bianconeri diviene un 3-4-2
e rimane tale fino alla fine (l’unica sostituzione Argilli per Chiesa avviene a partita ormai quasi finita), dando così la
possibilità a Flo e compagni di non arretrare troppo il proprio baricentro e riuscire a mantenere un assetto equilibrato in campo senza rinunciare a colpire di
rimessa. Ed infatti la Fiorentina ha creato pochissimo, in relazione all’uomo in
più, trovando spazi esigui per poter
sfruttare la superiorità numerica mentre
il Siena è riuscito a creare alcune azioni
pericolose che, oltre a legittimare il vantaggio, hanno tolto impeto a quello che
poteva (e doveva) essere un vero e proprio arrembaggio di Miccoli & C.
Vittoria importante, quindi, conseguita con il cuore, certo, ma anche con
una buona dose di “cervello”. ■
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il derby visto da loro
AL RASTRELLO
IO NON C’ERO...
Piccola cronaca di un fiorentino
Attesa febbrile
Nel giorno fatidico me ne stavo lontano con
un solido alibi, impegnato a smaltire i postumi
dell’influenza. La settimana dell’attesa era
stata febbrile, ma ahimè non nel senso dell’evento calcistico. L’appuntamento del derby mi
trovava perciò un po’ sur les rotules, in questo
del tutto sintonico con la mia squadra che nel
frattempo aveva assunto allenatori come io sulfamidici (io con maggior profitto). Sulla partita
dunque posso dire davvero poco, anche se
non voglio sottrarmi al compito, giacché il silenzio potrebbe essere interpretato come una
poco cavalleresca ritirata. Non sia mai.
(diciamo l’89%), i
restanti prendono
le distanze dall’evento con argomentazioni molto
politically correct;
ma se poi la lupa
battesse il leone
sono pronto a
scommettere che
anche al restante
11% affiorerebbe spontaneo un sogghigno di
soddisfazione. Mi ritelefona dopo un paio
d’ore, gli risulta che i tifosi viola intendono rispondere agli striscioni sulla battaglia di Montaperti invocando quella di Colle. Gli spiego
che per la verità Colle non è paragonabile a
Montaperti (cfr. Davidsohn, III, pp. 65-66). Ma
quali altri ultras in Italia e nel mondo si infamano a colpi di storia medievale? Soddisfazione di appartenere alla faziosa ma colta Tuscia. Bisognerebbe toscanizzare l’Italia. Il
giorno dopo MA mi fa sapere che ha apprezzato i miei sforzi di equanimità. Grazie, si fa
quel che si può.
Un’intervista volante
Il venerdì precedente mi telefona un affabile giornalista della Nazione per chiedermi
qualcosa sul derby. Parliamo per un quarto
d’ora di campanili, senso d’appartenenza,
sfottò toscani, striscioni, siti del tifo, Artemio
Franchi e varia umanità. Mi chiede un paragone tra i protagonisti di Montaperti e quelli dell’imminente derby. Glielo nego, anche, lo confesso ora, per scaramanzia. Mi chiede se ho
l’impressione che a Siena la partita sia molto
sentita. Certo, gli rispondo. Per quel che mi
sembra di capire nell’ambito delle mie conoscenze una parte di senesi ci tiene moltissimo
Il fatidico pomeriggio
Nel primo pomeriggio sono attaccato alla
radio, sintonizzato su un’emittente locale che
si chiama Blu, ma in realtà è viola quanto più
non si può. Dopo pochi minuti il gol di Flo. E qui
accade davvero qualcosa che ci riporta sette
secoli indietro: chi ha letto la cronaca del Villani su Montaperti sa che da parte del cronista
fiorentino non c’è alcun riconoscimento del valore senese, Firenze ha perso solo per colpe
proprie (i fuorusciti, i traditori, gli insensati
piani militari). Idem nella radiocronaca contemporanea, ad eccezione degli elogi a Chiesa, che per i suoi trascorsi viola forse può van-
tare lo status di fuoruscito. Magari ci avrei
messo anche Manninger, teutonico come quei
cavalieri di Manfredi in campo a Montaperti …
Finisce la partita e mi arriva per sms l’epigrafe di SM “Grande cuore bianconero. Piccola
piccola la viola”.
Sms, mails e avvisi alla porta
In realtà con gli sms avevo cominciato io,
giocando d’anticipo e indirizzando a quattro
amici senesi al momento del fischio finale il seguente messaggio circolare: “Come sarebbe finito il derby di Montaperti si sapeva da 745
anni” (sottinteso: ergo n.r.t.l.p.). E in effetti le risposte sono lievi, una, quella di GP, addirittura
quasi solidale. Meno lieve sarebbe stato il
grande medievista appenninico che ama Siena
e le zebre, ma con lui ho evitato strategicamente contatti diretti. Da SM mi arriva la notizia “Premio partita doppio” e capisco che non
si riferisce a una decisione dell’amico dello zio
Fester ma a un’elargizione sua propria a beneficio di Sofia. Sono contento per lei, con altri
tre o quattro di questi colpi potrà comprarsi un
cellulare super accessoriato, di quelli che d’estate fanno anche i gelati. Due giorni dopo, tornando sul luogo di lavoro, trovo affisso sulla
porta del mio studio il cartello: “Montaperti si ripete”. Gli indiziati sono tre, però, anche con la
collaborazione del direttore di Mesesport e di
AZ, ricostruisco presto che l’autore non può
essere che AF. Tolgo il cartello per evitare che
gli studenti lo interpretino come il titolo di un
testo da preparare per l’esame.
Concludendo
Onore ai vincitori e auspicio di tante rivincite. Tutte sui campi della serie A. ■
Sergio Raveggi
MARZO 2005
08-03-2005
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il derby visto da noi
... IO
INVECE SÌ
E ci siamo: vengono loro, scendono inferociti, Bande assetate di vendetta discendono
verso i nostri confini, pronte a lavare la delusione patìta di un “nulla di fatto” autunnale.
Scendono in massa; le notizie si rincorrono:
sono tremila, no, sono seimila. Ne arriveranno
almeno diecimila e vorranno entrare anche
senza biglietto. Hanno detto che occuperanno
i settori dei senesi. Meglio: ci sarà da ridere,
perché ora ce li hanno proprio rotti, ma chi si
credono d’essere? Sono nella stessa cacca
nostra. In fondo alla classifica. Sì ma più spocchiosi. E più rabbiosi. Hanno già passato San
Casciano, puntano su Colle…eccoli! A Monteriggioni li han visti passare coi vessilli spiegati nel vento del nord che aggèla le strade e
sotto un cielo basso di nuvole piene di neve.
Circolano i primi bollettini: hanno devastato la
birreria in Piazza del Campo. Hanno
fatto…hanno detto…hanno minacciato…Sono loro: quelli della Fiorentina, quelli di Firenze. Adrenalina pura formicola nel sangue: decenni e decenni di attesa per questo
momento. I bianconeri (noi, non la Juve) e i
Viola si incontrano sul campo. I vecchi piango-
no d’emozione per un giorno sognato da sempre e finalmente visto. I giovani ribollono d’orgoglio cittadino. All’andata fu zero a zero: oggi
serve il risultato. A tutt’e due. Sarà partita vera.
Non è una partita come tutte le altre, inutile
far finta. E’ d’obbligo il rito propiziatorio: davanti
al caminetto acceso si rinsaldano sanguigni
propositi di amicale solidarietà; abbracci l’amico e lo scopri fratello; l’avanguardia delle bottiglie già langue mentre la prima mandata di salsicce non è ancora arrosolita sulla brace. La
penultima (di una ragguardevole serie) cadrà
sul campo con la cartocciata di frittelle. Il “nel
frattempo” è stato lungo e interessante. Cade
anche l’ultima: piena di liquido del tutto incolore, ma non è acqua. Chissà com’è che s’alza
sempre la temperatura. Si va allo stadio. E lo
dici come quando si muove la comparsa e si va
in Piazza.
Nei cori non c’è chi si risparmi: sublima, l’amore del pallone, secoli d’atavico astio. 1170
battaglia d’Asciano (non c’è mai stata: è inventata. Chi se ne frega): Squilli la feeeeeee!!
Montaperti 1260: e per cantare viola (e quel
che segue) Enrico Chiesa facci un gol! Colle
1269: viola! viola (e quel che segue). Poggio
Imperiale 1479: chi non salta un fiorentino è!è!
Camollia 1526: Cecchi Gori alé alé! Cecchi
Gori alé alé!! Scannagallo 1554: nella Piazza
del Campo ci nasce la verbena!!
Poi comincia la partita. Stasera me lo
sento: si vince. Detto da una persona che in
genere lo dice per il palio e la mano corre ad
afferrare roba in basso. Dall’alto dell’Hotel
Jolly, Cerreto Cioccolini urla alle donne raccolte in preghiera ai piedi dell’edificio “sono i
nostri che avanzano! Pregate Maria Santissima che ci dia la vittoria di questa giornata”.
Madonnina se s’è vista brutta! uhhh mammina!! l’avevo bell’e vista dentro! E dentro c’è!
ma la palla è la nostra e la porta è la loro! Gli
spalti tremano; da Monastero e dalle Quattro
Torra si sente il ruggito possente dei senesi
che salutano il gol bianconero. Sventola il
bianco col nero color. Non finisce mai, non finisce mai: il pareggio no, madonnina santa, il
pareggio no! che purga sarebbe a questo
punto. E infatti il pareggio non c’è: al triplice fischio quella che sale al cielo è l’anima di una
città con tutti i secoli della sua storia. Il Siena
ha vinto. Siena ha vinto. Sarà che
fa caldo, ma non resisto alla tamarrata provinciale: spalanco il
giaccone e, sopra il maglione di
lana, fa bella mostra di sé la maglietta bianca con la scritta beneaugurante “1260. Il sogno continua” e, dalla parte del cuore,
quella più piccola riservata all’orgoglio e all’amore “brigata ghibellina Manfredi di Svevia”.
Manca Usilia a condurre con i
suoi nastri di seta il mesto corteo
dei calciatori viola che escono
sconfitti a testa bassa, ma mentre ce ne andiamo dal Rastrello
c’è qualcuno che giura di aver
visto affacciarsi fra le nuvole il
volto radioso di Silvio Gigli e di
aver sentito la sua voce tuonare
nel cielo “e in un tripudio di bandiere, di luci, di colori, Siena
trionfa immortale!”. ■
Duccio Balestracci
personaggi
MARZO 2005
08-03-2005
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Vendrame, la vita oltre la siepe
Per meritarsi un posto nei ricordi dei
tifosi a volte basta poco. Poco quanto? I
calzettoni tirati giù alla Sivori, e quell’incedere ciondolante caratteristico di chi
non riesce a prendersi troppo sul serio
ma sa trattare il pallone da dio, possono bastare?
A Ezio Vendrame, classe 1947, ex
bianconero di fine anni sessanta, si può
dire di sì.
Il suo nome è uscito in questi giorni
dal ripostiglio della memoria per la recente partecipazione, in veste di opinionista, al Festival di Sanremo. Perché
Vendrame non è stato solo un giocatore geniale e dallo spirito libero, ma soprattutto un poeta. Ed in questa veste è
stato chiamato da Bonolis a dire la sua
sulle canzoni in concorso.
A Siena è stato quasi di passaggio
nella stagione a cavallo fra gli anni sessanta e settanta, ed ancorchè il suo
contributo alla causa bianconera sia
stato del tutto marginale (31 presenze
ed un solo gol, nonostante fosse arrivato dalla Spal con l’etichetta d’attaccante), la sua presenza non è passsata
inosservata. Non lo è stato soprattutto
per il modo di interpretare il ruolo che gli
era stato affidato, svincolato cioè da
ogni tatticismo esasperato.
Di lui Marco Bernardini, uno dei più
acuti giornalisti di Tuttosport, dice: “Ex
calciatore fuori da ogni tipo di schema
tradizionale, oggi poeta e scrittore di
buon fascino letterario e personaggio
proprio per quel suo non volerlo essere.
Ai più giovani, che non hanno visto e
che non possono sapere, occorre dire
due o tre cose su e di Ezio Vendrame.
Quando giocava nel Vicenza e nel Napoli specialmente, Boniperti lo indicava
come un autentico fuoriclasse. Il presidente della Juventus non ha mai preso
abbagli nelle sue valutazioni tecniche.
Ma c’era un problema per nulla trascurabile: quel ragazzo con i capelli portati
fin sulle spalle, forse per nascondere il
pesantissimo fardello di un’infanzia durissima che gli gravava addosso, camminando lungo il sentiero di un successo sportivo che pure avrebbe potuto
raggiungere soltando respirando, tanto
era bravo e geniale, si accorse che l’essenziale della vita era altrove. Soprattutto oltre la siepe di un campo di pallone“.
E poi via con gli aneddoti: “Prima del
calcio di inizio saliva coi i due piedi sul
pallone e poggiava la mano destra sulla
fronte, tesa come facevano i guerrieri
Sioux prima della battaglia con i soldati
blu dal viso pallido. Confessava che, per
lui, era meglio mirare il palo e centrarlo
piuttosto che fare gol.”
Sarà per questo che
in bianconero ne fece
soltanto uno, e neppure
dei più importanti, quello dell’1 a 1 contro l’Imola vittoriosa poi per 4
a 1. E poi un’altra cosa
lo faceva godere: “Scartava tre avversari, si
presentava da solo davanti al portiere e poi
tornava indietro perché,
diceva, quel poveraccio
era pur sempre un
uomo provvisto della
sua dignità.”
Questo era il giocatore Ezio Vendrame, un
elemento sicuramente
spumeggiante ma accusato spesso di eccessivo personalismo,
peraltro coinvolto in una
delle pagine più brutte
della Vecchia Robur. Un
campionato, quello del
69/70, segnato fin dall’inizio da una precarietà
societaria (con Nannini
nella veste di Commissario) e tecnica (tre allenatori, di cui il primo,
Diotallevi, scaricato alla
vigilia della prima giornata, poi Piacentini e
Monguzzi) che poteva
culminare solo con la
retrocessione in Quarta Serie dopo 14
anni di C.
“Entrò nella leggenda – continua il
cronista di Tuttosport – una domenica
pomeriggio quando fece un tunnel a
Gianni Rivera davanti al pubblico di San
Siro. Pensò bene di uscire immediatamente da quella gabbia dorata di eroe
del nulla esternando pubblicamente che
lui non era un campione, ma un semplice passante per caso. Era Diego Maradona come gusto per il calcio e George
Best come frequentazione del quotidiano. Così tra la rinuncia al suo vero ‘io’ e
la possibilità di campare da star, scelse
la prima soluzione”. Coerentemente, aggiungiamo noi.
Come coerente è stata tutta la sua
vita: “…Un povero cristo, anche in
quanto a quattrini –chiosa Bernardini,
che conosce bene Vendrame- sempre
pronto a regalarsi completamente
anima e corpo a quei pochi o tanti che
ne hanno veramente bisogno. Mai una
volta che abbia deciso di mettersi in
vendita, neppure nei momenti di maggior difficoltà.”
Oggi per i tifosi bianconeri Vendrame
è solo un puntolino nero nel firmamento della centenaria storia del Siena, ma
un pensiero per lui ci sarà sempre. Non
tanto per quello che ha fatto in campo in
termini pratici, quanto per i messaggi
che con il suo comportamento ha voluto lanciare ad un mondo del quale non
è voluto diventare schiavo. Una scelta
ponderata e dignitosa che oggi gli fa
dire: “Al Festival mi hanno dato una cifra
che è pari a tutta la mia pensione di un
anno. Non mi vergogno a dirlo. Quel denaro farà molto comodo a me e a quelli con i quali lo dividerò perché ne hanno
bisogno…”.
E questo sicuramente è il suo più bel
gol fra i non molti che ha segnato. ■
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MARZO 2005
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08-03-2005
12:52
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calcio
ARCHIVIO SERIE A
Gianluca Falsini difensore
24a giornata
SIENA-MESSINA
2/2
(pt 5’ Di Napoli; st 1’ Chiesa,
22’ rig. Parisi, 38’ Chiumento)
25a giornata
SIENA-FIORENTINA
1/0
(pt 6’ Flo)
26a giornata
JUVENTUS –SIENA
3/0
(pt 35’ Del Piero; st 5’ Emerson;
18’ Del Piero su rig.)
27a giornata
SIENA-BRESCIA
2/3
(pt 40’ di Biagio, 45’ Caracciolo; st
8’ Chiesa, 30’ Mannini,
44’ Maccarone).
Classifica: Milan e Juventus 60;
Sampdoria 47; Inter 46; Palermo
43; Udinese 42; Roma 38; Bologna
36; Lecce e Reggina 35; Cagliari 34;
Lazio 33; Livorno e Messina 32; Fiorentina 30; Parma 29; Chievo 28;
Brescia 26; Siena 25; Atalanta 18.
febbre alta
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Con passione e rabbia
Antonio Gigli
' difficile trovare aggettivi nuovi per
definire il campionato del Siena. Si
possono scartabellare dizionari più o
meno aggiornati, ma scovare qualcosa
di nuovo ed originale è impresa ardua
quasi quanto la salvezza dell'amata
Robur. Si potrebbe usare la parola "sfortunato", pensando ai tanti infortuni, alle
vicende arbitrali, agli errori clamorosi
sotto porta in partite decisive (vedi con il
Brescia), ma non basta, visto che parlare solo di sfortuna sarebbe riduttivo.
Potremmo dire che ci siamo "autolesionati" mettendo fuori squadra giocatori
come Taddei per gran parte del torneo, ma
poi, quando il brasiliano è rientrato, non si
è visto quel salto di qualità tanto atteso. Si
potrebbe definire un campionato "altalenante", sì, ma solo dal punto di vista del
gioco, a tratti anche piacevole, visto che il
trend negativo dei risultati è sempre quello: due sole partite vinte in casa!
"Brutto", "strano", "assurdo", "negativo", "sbagliato" sono tutti aggettivi giusti
ed appropriati, ma piuttosto banali. Forse
il più azzeccato è "sconcertante". Tutto si
può dire del secondo campionato di serie
A della centenaria Robur, ma definirlo
sconcertante è forse la definizione più
giusta e che riassume meglio la situazione generale. Intanto abbiamo visto di
tutto, allenatore (di fama) esonerato compreso. Abbiamo vissuto l'addio di Nelso
Ricci, abbiamo assistito all'amore verso
un presidente che ci ha condotti nella
massima serie, ma anche alla sua contestazione, seppure limitata, alla curva. Abbiamo visto arrivare giocatori (sulla carta)
dalle caratteristiche giuste e promettenti
per poi vederli svanire ai primi fiocchi di
neve. Al posto di questi, nella calza della
Befana abbiamo trovato fior di calciatori
come Tudor, Pasquale, Maccarone,
Cozza, il rientro anticipato di D'Aversa,
Alberto, che fino a qualche tempo fa avevamo conosciuto solo nell'album delle figurine. Nonostante tutto questo rivolgimento, non è cambiato nulla: eravamo
penultimi qualche mese fa, siamo penultimi adesso. Eppure la squadra pareva
aver trovato una certa quadratura, riuscendo ad ottenere ben sette risultati utili
consecutivi (una vittoria e sei pareggi),
sembrava che il carattere, assente in
molte partite della prima parte del campionato, fosse tornato nel dna dei nostri
"campioni", facendoci vivere una giornata storica come il derby con i cugini viola.
No, nemmeno questo è bastato, in maniera (appunto) sconcertante ecco arrivare la partita con il Brescia. Un primo
E
tempo allucinante, una ripresa con venti
minuti di fuoco e fiamme e poi niente e
solita sconfitta casalinga contro una diretta concorrente, e senza trovare alibi
(arbitri) sui quali addossare le colpe.
De Canio è bravo, conosce l'ambiente, ma nemmeno lui, per ora, ha trovato
la quadratura del cerchio cambiando in
corsa moduli (dal 3-5-2 al 4-4-2, dal 3-43 al 3-4-1-2) e uomini. Insomma gli ingredienti sono cambiati, ma i piatti in tavola
sono gli stessi di mesi fa e nel mezzo ci
siamo noi, i tifosi, gli unici a continuare a
fare il loro mestiere, con passione e rabbia, senza rompere troppo le scatole e
subendo forse più del lecito.
Le conclusioni quali sono? Ci piacerebbe tanto anche a noi conoscerle, se
qualcuno ci può aiutare ce lo faccia sapere, perchè adesso, a una decina di
giornate dalla fine di questo "sconcertante" campionato dei bianconeri, non
sappiamo più cosa dire e pensare, se
non consigliare di buttare nel cestino
tutte le varie tabelle-salvezza, che facciamo un pò per gioco un pò per darci
coraggio e speranza. E vivere alla giornata, credendo che al peggio (ed al meglio), non esiste limite così come per i
miracoli ed i sogni, invitando tutti a cercare aggettivi nuovi per definire il Siena
di quest'anno. ■
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MARZO 2005
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calcio
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Addio vecchi campi fangosi e polverosi, anche Siena apre alle nuove superfici artificiali
Sul sintetico è meglio,
e costa meno
( Mario Lisi )
Anche a Siena sta passando il
tempo in cui nei fine settimana, sui
campetti di periferia, decine di giovani calciatori e di volenterosi amatori si dibattevano nella polvere o nel
fango di terreni di gioco ridotti a
campi vangati o, secondo la stagione, trasformati in paludose risaie. E
dunque è destinata ad andare in soffitta anche la scena che poco dopo si
replicava nelle case dei baldi atleti
quando mamme o consorti ne salutavano istericamente il rientro in famiglia perché accompagnati da chili
di melma da lavar via dagli indumenti di gioco.
Infatti, dopo il primo avveniristico terreno sintetico realizzato qualche anno fa a San Miniato, ormai
anche nelle umide lande di Torre Fiorentina e di Cerchiaia è sbocciata
un’erbetta di questo tipo, verdissima
e ben rasata, che accoglie i giocatori
come un morbido tappeto e li restituisce immacolati agli spogliatoi dopo
gare ed allenamenti. C’è da augurarsi
che presto anche i due sterrati dell’Acquacalda facciano la stessa fine segnando nella nostra città il trionfo
dell’erba artificiale, vera rivoluzione
del calcio del ventunesimo secolo.
Perché ormai le superfici sintetiche non sono più considerate una
stravaganza da soccer d’oltreoceano
bensì la soluzione finale per risolvere il problema di stagioni agonistiche
sempre più intense, innanzitutto tra
i professionisti, con partite a getto
continuo e che spesso, per motivi
eminentemente televisivi, devono
disputarsi in notturna anche nel periodo invernale con le conseguenze
(San Siro lo dimostra) che sono
sotto gli occhi di tutti. Lo spettacolo
migliorerebbe ed i costi di gestione,
abolite le ingenti spese di manutenzione e per le periodiche rizollature,
sarebbero notevolmente abbattuti.
Ma anche nel settore giovanile e
dilettantistico, come ha sottolineato
il presidente della FIGC Franco Carraro in una recente dichiarazione alla
stampa, il progressivo avvento dei
campi in erba artificiale è tutt’altro
che da disprezzare. Basti solo pensare che, per il fatto di essere utilizzabili al meglio durante tutto l’anno
e per molte ore al giorno, dilaterebbero i tempi di disponibilità degli impianti a tutto vantaggio dell’incremento della pratica calcistica.
Forse non molti sanno che, specie in aride zone del sud d’Italia,
sono già diverse le società che disputano il campionato di Serie D su
terreni di gioco di questa fattispecie,
realizzabili in poco più di un mese da
ditte specializzate che hanno ormai
acquisito esperienza e tecnologie
avanzatissime, tali da garantire al
nuovo manto “erboso” una durata di
almeno dieci anni.
Logico quindi che la questione attiri sempre più la massima attenzione
non solo della Federcalcio italiana ma
anche delle consorelle di paesi del
nord Europa (dove i campionati
vengono sospesi nel cuore dell’inverno) e soprattutto dell’UEFA che
deve portare avanti le coppe internazionali ad ogni latitudine del nostro continente. Tra un campo naturale, ecologico fin che si vuole
ma spesso in pessimo stato ed uno
frutto della tecnologia ma perfettamente agibile, insomma, l’orientamento sarà sempre più quello di
preferire il secondo, perfino in
Champions League.
Fin qui gli aspetti positivi, non
di poco conto. Ma, per dovere di
obiettività, bisogna dire che c’è
anche chi partecipa alla discussione
portando argomentazioni contrarie
secondo le quali il “sintetico”, dove
tra l’altro la palla corre via veloce,
nasconderebbe insidie per i calciatori che, dunque, potrebbero rischiare maggiori infortuni.
Il proverbio dice che chi vivrà
vedrà ma, tanto per riportare ancora una volta il discorso sulla
vecchia ed amata Robur, rallegriamoci del fatto che il problema
del campo di gioco all’”Artemio
Franchi” non esiste grazie alla bravura degli addetti ai lavori che permettono, anzi, di far annoverare
quello del Siena tra i migliori terreni
di tutta la serie A.
Sono davvero lontani i tempi in
cui, in caso di pioggia, poco prima
dell’inizio della partita sbucava dagli
spogliatoi un operaio comunale con il
suo bravo sacco di segatura in spalla;
mentre la voce metallica dell’altoparlante del “Rastrello” snocciolava le solite “reclame” raggiungeva prima
l’una e poi l’altra area di porta per
spandervi accuratamente quella minutaglia giallastra perché si prendesse cura dei rimbalzi della palla e dei
tuffi dei portieri. Come un tappeto
artificiale degli anni ruggenti. ■
MARZO 2005
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08-03-2005
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calcio
Mentre entra nel vivo l’organizzazione del torneo “Il Barbero”,
le squadre neroverdi si preparano allo sprint finale
Non c’é tregua
per il San Miniato
Generale Inverno sembra proprio
non volersene andare; alle porte della
primavera neve e freddo polare ma
San Miniato pensa già alla bella stagione e lo fa mettendo in cantiere la
dodicesima edizione del torneo " Il
Barbero", l’appuntamento calcistico
che porterà alle vacanze d’estate riservato a tutti i piccoli calciatori di
tutte le contrade. Tutti i ragazzi nati
negli anni che vanno dal ’92 al ’95
avranno la possibilità di sfidarsi per
portare a casa quello che, in ambito
giovanile, a Siena è senza dubbio il
torneo più importante e atteso. Un
torneo, quello di quest’anno, che assumerà una diversa struttura; hanno
aderito 9 contrade (con il tasso di natalità bassissimo non tutte sono riuscite ad organizzare una squadra) e
allora gli organizzatori hanno pensato bene di fare un girone unico dove
tutte incontrano tutti e di non dividere le squadre in due gironi dove tra
l’altro uno sarebbe risultato zoppo.
Un bel girone di andata insomma,
dove al termine del quale le prime
quattro si giocheranno, incrociandosi
( la prima con la quarta e la seconda
con la terza), l’accesso alla finalissima. Tutti in pista dal 26 aprile e fino
al 10 di giugno quando dopo l’ultima
gara, quella che assegnerà il trofeo ai
vincitori, ci sarà lo sciogliete le righe.
Per quel che riguarda il calcio giocato, prosegue la rincorsa degli Allievi regionali alla zona salvezza. La neve
dei giorni passati ha condizionato il
lavoro di tutti e soprattutto quello di
Romano Perini che sembra aver dato
a questa squadra quella spinta necessaria a raggiungere l’agognato traguardo. Comunque sia, ancora alti e
bassi per questi neroverdi capaci di
( Gigi Rossetti )
soccombere contro l’ultima e poi andare a vincere contro squadre di altissima classifica. Pronti comunque
allo sprint finale e con il morale alto
proprio per quello che in diverse occasioni sono riusciti a far vedere.
"Senza infamia e senza lode"
dice Galasi dei suoi Giovanissimi regionali oggi siamo sesti in classifica e
con l’obiettivo di mantenere questa
posizione che potrebbe essere di
buona soddisfazione. Come sempre
tende a smorzare i facili entusiasmi
l’espertissimo tecnico del San Miniato ma la verità vera è quella che nelle
restanti sei partite ( quelle che mancano alla fine del campionato) i Giovanissimi regionali potrebbero davvero mettere nel mirino un posto di
assoluto prestigio.
Sempre per i Giovanissimi, ma
quelli B, un po’ di rabbia c’è perché i
ragazzi di Lisci sembrano un po’
come Penelope: costruiscono una
tela pregiatissima nel primo tempo,
per poi nella ripresa disfare tutto e
buttare a mare punti preziosi che
avrebbero potuto portarli a veleggiare in testa. Lamenta continuità il
tecnico e tutti i torti non li ha, ma è
anche consapevole di avere a che
fare con dei ragazzi che non potranno fare altro che migliorare, visto
quello che nei momenti di " saggezza" riescono a far vedere.
Nei professionisti bene gli Allievi
Nazionali, benissimo gli Esordienti.
Per quel che riguarda i primi, nettamente migliore il cammino nel girone di ritorno che porta i ragazzi di
Tosoni in un tranquillo centro classifica mentre, fuori dalla possibilità di
guadagnare ulteriori posizioni, l’obiettivo di Gasperini, allenatore degli
Esordienti, è quello di migliorare
sotto l’aspetto tecnico oltre che, ovviamente, mantenere l’attuale posizione guadagnata con tanto sudore.
Insomma tutti quanti pronti allo
sprint finale, e con grande unità di
intenti perché il momento cruciale è
proprio questo. ■
La formazione degli Esordienti
MARZO 2005
08-03-2005
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calcio
Il mondo del pallone ha finalmente il suo governo
Riaffermati gli obiettivi del prossimo quadriennio
gnate in circa 500.000 partite
stagionali, la LND continuerà
la sua politica dei Servizi (assicurativi, sanitari, ecc.) coordinando l’attività agonistica ed
amatoriale del calcio non professionistico a tutti i livelli. Gli
obiettivi principali rimangono
( Maurizio Madioni ) quelli di diffondere la pratica
sportiva e di valorizzare la sua
funzione sociale, garantendo la
rantendo l’aumento dei ricavi e la riduzione dei costi, nonchè la più effi- totale gratuità dell’attività, una sempre maggiore accessibilità agli imciente gestione organizzativa.
Si attende ancora la nomina alla pianti sportivi, istituzionalizzando il
presidenza della Lega Professionisti, ruolo importante del volontariato
che non tarderà a venire, perchè sportivo.
Dopo la recente elezione dei
anche lì si lavorerà prevalentemente
vertici
Regionali, che in Toscana ha
sui programmi.
Un avvicendamento importante si visto “trionfare” il Presidente Fabio
avrà per la carica di presidente del Set- Bresci, a breve saranno nominati
tore Giovanile e Scolastico dove, al anche i presidenti provinciali che in
posto del tanto discusso Papponetti, questo periodo di transizione avesubentrerà Luigi Agnolin, un perso- vano operato in regime di “proronaggio che ha vissuto la maggior gatio” per mandare avanti l’attività
parte della sua vita calcistica all’inter- della corrente stagione sportiva.
no dell’AIA, arbitrando ai massimi li- Dopo questo atto tutti gli organi fevelli nazionali ed internazionali. Presi- derali potranno lavorare concretadente del Settore Tecnico sarà Azeglio mente per il raggiungimento di queVicini, che come fece per la Nazionale, gli obiettivi generali che il calcio si è
dato nel rispetto delle specifiche
prende il testimone da Enzo Bearzot.
La Lega Nazionale Dilettanti, l’u- competenze. ■
nica che in questi anni di difficoltà ha
operato con raziocinio e perfetta coesione, ha riconfermato il presidente
Carlo Tavecchio, che sarà coadiuvato
dai vice presidenti Alberto Mambelli,
Achille Candido e Andrea Nicchiotti.
Forte delle 11.000 Società iscritte,
del milione e 200.000 giocatori tesserati e delle 16.000 squadre impe- La rappresentativa senese allievi 2005
Valorizzare la funzione
sociale del calcio
Costituito finalmente il Governo
del calcio per i prossimi quattro anni.
Dopo molte discussioni e schermaglie, i presidenti delle leghe, i rappresentanti delle componenti AIAC, AIC,
AIA ed i candidati alla Presidenza federale ed alla vice presidenza hanno
trovato un accordo sui principali
punti programmatici e su un organigramma condiviso da tutte le componenti. Una soluzione unitaria basata
sui programmi è sembrata a tutti più
utile e proficua per il calcio, che deve
affrontare e risolvere complessi problemi come la rigenerazione morale,
economica ed organizzativa.
L’attività federale dovrà essere
improntata al rigore etico, al totale
rispetto delle regole, all’efficienza,
alla tempestività delle decisioni, alla
capacità di fornire efficaci risposte
ai problemi quotidiani, alla necessità
di affrontare le emergenze e contemporaneamente a portare avanti
le riforme indispensabili per adeguarsi alle attuali esigenze. Il nuovo
Governo calcistico, composto dal
Presidente Franco Carraro e dai due
vice presidenti Giancarlo Abete ed
Innocenzo Mazzini dovrà lavorare
per il raggiungimento di importanti
obiettivi come ottenere l’assegnazione all’Italia del Campionato Europeo
del 2012. Tale risultato darebbe un
vantaggio economico e di immagine
al nostro Paese, una svolta psicologica positiva a favore del calcio ed
una concreta spinta alla soluzione
del problema degli stadi.
Per quanto riguarda l’aspetto
economico-finanziario, la federazione deve essere più efficiente e razionale sul piano organizzativo, al fine di
ridurre le spese arbitrali di tutti i campionati dilettantistici e professionistici, e garantire un’efficace azione antidoping, di reperire i fondi necessari al
Settore Tecnico, al Settore Giovanile
e Scolastico ed al Fondo Garanzia. Attraverso un indispensabile dialogo
con il CONI, occorrerà operare per re-
cuperare, e possibilmente aumentare, il livello delle risorse provenienti
dai giochi e dalle scommesse.
Tutti i componenti degli Organi
di Giustizia Sportiva dovranno essere rinnovati per quattro anni prima
dell’inizio della prossima stagione,
mentre i componenti della
Co.Vi.So.C e della Co.A.Vi.So.C termineranno il loro mandato nel mese
di settembre. A questi organismi
dovrà essere garantita la massima
autonomia ed indipendenza.
Si dovrà porre la massima attenzione alla valorizzazione dei vivai sia
sul piano quantitativo che su quello
qualitativo, garantendo alle Società
che operano in questo settore compensi ed indennizzi per l’attività di
preparazione, di crescita tecnica e
psicologica dei giovani.
Sarà compito della Federazione
studiare in modo approfondito
forme per stilare i calendari delle
gare con la finalità di tutelare i diversi campionati, tenendo conto del
maggior incremento delle teletrasmissioni in diretta delle partite.
Il presidente Franco Carraro terminerà il suo mandato immediatamente dopo la decisione che a dicembre
2006 il Comitato
Esecutivo
UEFA
prenderà in ordine
all’assegnazione del
Campionato Europeo 2012; al suo
posto il Vice Presidente
Giancarlo
Abete. Proprio per
favorire l’inserimento di Abete tra due
anni, il presidente
Carraro non parteciperà al Comitato di
Gestione che sarà diretto dall’attuale Vice
Presidente con l’ottica di ottimizzare le
risorse umane, ga-
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calcio
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Il problema dell’arruolamento al centro del dibattito arbitrale
Quando la corsa al posto non paga
( Mauro Mancini Proietti )
Inevitabile e puntuale come l’ inesorabilità del tempo, è più o meno questo il culmine delle critiche che vengono generalmente rivolte contro la
classe arbitrale ed i suoi umanissimi,
quanto altrettanto inevitabili, errori.
Inutile dire come è una italica consuetudine quella di recriminare molto
più su un rigore o un fuorigioco dato e
non dato, piuttosto che analizzare
molto più banalmente quelli che sono
gli errori commessi dalla propria squadra. E se ad un errore arbitrale spesso
corrisponde una sorta di caccia all’ex
uomo in nero, nello stesso tempo a
nessuno viene in mente di riservare
analogo trattamento al fuoriclasse che
sbaglia clamorosamente un rigore, un
passaggio decisivo o quant’ altro.
Questo non vuol certo dire che
anche nell’ AIA come organizzazione
non ci possano essere colpe. Ma qui, al
di là della ventennale questione del
professionismo arbitrale quale panacea di immunodeficienza a qualsivoglia
condizionamento psicologico o meno,
una certa attenzione andrebbe posta
alla fase del reclutamento, della formazione e dell’ amministrazione dei
nostri arbitri che, comunque la si voglia pensare, rimangono tra i più preparati in Europa.
Sotto il primo aspetto andrebbe
considerato che l’ Associazione AIA è
una istituzione che nasce e dovrebbe
trovare la sua ragion d’ essere nella organizzazione, formazione e amministrazione di arbitri che debbono assicurare il regolare svolgimento dei
campionati di calcio, siano essi dilettantistici o professionistici. Se analizziamo allora globalmente il fenomeno
dal suo interno, vediamo come in definitiva si assiste invece ad una organizzazione che alla sua base, sia a livello
provinciale che regionale è solo alla ossessiva quanto inutile continua ricerca
del giovane talento da lanciare al più
presto possibile verso il mondo professionistico, senza preoccupazione alcuna di quella che è la sua effettiva maturazione al di là della mera classe.
Troppo spesso ci si dimentica della duplicità del ruolo dell’ arbitro che deve
essere in primo luogo un perfetto atleta tra gli atleti ma anche e non meno
altrettanto maturo e fermo da poter
realmente assolvere con fermezza e
capacità di giudizio al suo ruolo di giudice imparziale. Non soltanto quindi
una buona condizione atletica che permetta di essere sempre al centro di un
gioco sempre più veloce, ma anche con
quella maturità che a trent’ anni non
può essere quella di venti o venticinque
e questo anche e soprattutto in quei
campionati dilettantistici che sono la
vera e propria patria dello sport in
senso puro e che richiederebbe maggiore attenzione dai vertici anche per i
suoi indubbi conseguenti riflessi sul
calcio professionistico
Oggi è pertanto un continuo rincorrere la scalata al vertice, con la conseguenza di avere anche in categoria, ove
oltre al grande spirito di volontariato vi
è anche il sacrificio economico di piccoli
imprenditori, arbitri sempre più giovani
ma anche sempre e più inesperti dimenticando che anche una società di
promozione o eccellenza avrebbe diritto ad avere, specie in determinati momenti del campionato, arbitri di una
certa effettiva esperienza e non soltanto giovanissimi che sono li a farne semplicemente un banco di prova per il salto
alla categoria superiore.
E’ chiaro che una buona organizzazione oltre al suo fine istituzionale
deve necessariamente pensare “anche”
al suo futuro ed assicurare il giusto ricambio generazionale.
Ma questo dovrebbe appunto costituire un rapporto da mezzo a fine.
Una gestione che, mutuando termini
aziendalistici, per essere in utile dovrebbe allora essere efficiente quanto
efficace rispetto al fine che non può essere ridotto alla sola ricerca di quei due
o tre arbitri da far transitare in CAN D.
Molti giovani arbitri oggi, soprattutto
a livello dilettantistico, vanno in campo
con il solo unico scopo di raggiungere
quel traguardo, tanto che la buona
prova in campo si atteggia ad una mera
deputatio ad finem. Tutto ciò, tranne
che per pochissimi eletti, finisce allora
per creare solo frustrazione, disaffe-
zione e quant’altro, così come dimostrano i molti abbandoni di questi anni
e le molte difficoltà che si hanno in fase
di reclutamento. E tutto questo quando la conduzione in porto di una buona
gara ove anche la stessa squadra perdente ti riconosce il merito dovrebbe
essere il principale obbiettivo utile alla
causa arbitrale.
A ben vedere i mali del calcio sono
sotto gli occhi di tutti e vanno di pari
passo con i mali della nostra odierna
società. Fare una politica verso i giovani non significa soltanto individuare tra
questi i più talentuosi abbandonando
gli altri, e non significa nemmeno costringere i più portati a bruciare le
tappe senza permettere loro di maturare nei campionati minori. I risultati
di questa politica sono ben visibili a
chiunque e possiamo anche risparmiarli. Giungere a trent’anni in serie A
non deve essere un primato da raggiungere a tutti i costi, anche perché a
quegli stessi giovani che si ritengono di
avvantaggiare, bisognerà poi spiegare,
nel momento in cui gli si propone di accedere ad un corso arbitri, che il loro
potenziale posto risulterà poi occupato
per i successivi 15 anni. E i posti al vertice non sono molti. Una giusta crescita ha i suoi tempi e se si arriva al vertice “maturi”, e nel contempo
fisicamente e atleticamente ben preparati, non è un gran male.
Le condizioni atletiche di oggi non
sono quelle di appena un decennio fa,
e a quaranta anni continuano a rag-
giungersi risultati e tempi impensabili
solo qualche tempo prima (vedasi recenti olimpiadi). Non esistono regole
scritte. Esiste il buon senso, un regolare e serio programma di allenamento,
ed una verifica costante che solo il
campo può dare e non una semplice
carta d’ identità.
Tutto questo senza contare quanti
validissimi arbitri sono stati persi per
strada per il solo fatto che al raggiungimento della piena maturità arbitrale
corrispondeva una età anagrafica ritenuta (chissà da chi e perché) non più
idonea. E questo come se giungere in
serie A ultra trentacinquenne costituisca una abiura a prescindere da qualsiasi altra valutazione.
Sembra banale, ma quando si
parla di un calcio che è sempre più alla
mercè di disvalori e di grossi speculatori, ci si dimentica che per innescare
un buon circuito virtuoso bisognerebbe partire proprio dalla base e da una
rinnovata cultura dello sport che non
deve essere visto solo e soltanto come
la ricerca del successo a tutti i costi ma
anche in un lungo processo di maturazione che riduca sempre meno il fenomeno da abbandono ma che a tutti i livelli riservi la giusta importanza ed
attenzione sia come aiuto alle piccole
società sia ancora nell’ assicurare ufficiali di gara che sappiano coniugare a
tutti i livelli esperienza e giusta soddisfazione senza per questo vivere la
loro attuale realtà come figlia di un Dio
minore. ■
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“Il difficile non è vincere,
ma continuare a farlo”. Era
questo il succo delle dichiarazioni che la nostra rivista raccolse tra alcuni illustri addetti
ai lavori, in prossimità dell’inizio del campionato di basket, il
primo che la Montepaschi disputa con uno scudetto da difendere. Si sa che ripetersi non
è facile; siamo consapevoli
anche di una concorrenza sempre più agguerrita, ma forse, in
molti, vedevano il giocattolo
biancoverde un meccanismo
talmente perfetto da risultare immune al frasario dei periodi meno
brillanti.
Invece, quasi a ricordarci che quella del “calo” è un’inesorabile
legge dello sport, soprattutto quando, con impressionante continuità, ci si impone in Italia e in Europa, ecco puntuale il momento di
crisi. L’argenteria di casa Montepaschi sembra essersi offuscata e
qualche inciampo di troppo, per di più con avversari sicuramente
alla portata (vedi Roseto, Jesi e, più recentemente, Udine) rischia di
compromettere l’assalto a quella prima posizione che lo scorso anno
aveva regalato, ai ragazzi di Recalcati, il vantaggio del fattore campo
nei play-off.
E a fare notizia, stavolta, è proprio il pubblico del Palasclavo: le
prestazioni che la squadra ha offerto nell’ultimo periodo non hanno
convinto i tifosi che, con civiltà ed equilibrio, hanno voluto richiamare i propri beniamini ad un maggior impegno e ad una migliore
applicazione.
La pacatezza dei toni, con i quali è stato espresso il disappunto,
oltre a dimostrare qualora ce ne fosse stato bisogno, la maturità sportiva di una piazza competente ed appassionata, ridimensiona di
molto la disapprovazione della curva scioperante nel match di Eurolega contro il Cibona, ma autorizza a parlare di contestazione.
Ben lungi da tutti i supporters mensanini l’intenzione di voler incrinare un rapporto con la squadra cementato dagli storici traguardi
raggiunti, veder storcere la bocca per le performances dei Campioni
d’Italia è, a suo modo, una… novità.
Che fossimo abituati troppo bene? o magari qualche ingranaggio
si è inceppato davvero? Lasciando ad altri l’onere di disquisire sulle
probabili cause e gli eventuali effetti del “malanno”, ci piace ripartire da quegli applausi che alcuni settori del palasport non hanno dimenticato di tributare agli eroi di una grande storia sportiva.
Del resto, proprio quegli applausi, in un clima almeno surreale,
sembravano essere la voce anche di chi, per una volta, non voleva
cantare. Certo, la brillantezza non è quella di qualche mese fa, ma
al soffitto del palasport è appeso quel “triangolino” (con i suoi fratelli più “giovani”, più piccoli ma non meno importanti) che tutti ci
invidiano e cercano di “scucirci di dosso”. Lì sopra c’è la firma dei
nostri Campioni.
A loro possiamo dire che…adesso ci fanno divertire un po’ meno
e… soffrire un po’ di più; che li preferivamo meravigliosi interpreti
di un basket spettacolo anziché attori titubanti di un copione troppe
volte incerto…ma ai quali continueremo, comunque, a manifestare
riconoscenza e gratitudine per aver servito, alla nostra fame di sport,
il gustoso piatto della vittoria. ■
TORE ANDRÉ FLO
LA CONTESTAZIONE
fatti e personaggi del mese
a cura di Francesco Vannoni
“Ce l’abbiamo solo noi…
Tore André Flo”. Il simpatico coretto che la curva Robur intona
ogni volta che un gesto atletico
o balistico del longilineo centravanti norvegese giova alla causa
bianconera, appare una normale presa d’atto dell’esclusività
che con un campione come questo che il Siena si onora di avere
sia in termini tecnici che umani.
Eccellente professionista, il “ragazzone” di Stryn non ha mostrato il minimo nervosismo
quando, nella prima parte della
stagione, veniva stabilmente relegato in panchina e in ogni momento
nel quale è stato chiamato a dare il suo contributo, ha fornito prove
encomiabili per impegno e dedizione.
Dall’avvicendamento tecnico tra Simoni e De Canio, Flo ha trovato continuità di impiego e di prestazioni, traducendo in campo l’entusiasmo e la voglia di lottare per condurre la centenaria Robur a vincere il suo secondo scudetto sul massimo palcoscenico nazionale del
pallone. Intanto il suo nome è già nella storia. Segnato a lettere d’oro
dallo scorso 20 febbraio. Se dovessimo stilare una sorta di “hall of
fame” della secolare epopea bianconera, Flo avrebbe un posto di assoluto riguardo dopo il gol- partita firmato contro la Fiorentina.
Nell’arco di un campionato sono molte le “partite dell’anno”, i
confronti da ultima spiaggia, gli appuntamenti da non fallire. Di qui
alla fine del torneo i bianconeri dovranno davvero dare il massimo
per portarsi in posizioni più tranquille e centrare, così, l’obiettivo
della salvezza.
Eppure i tre punti conquistati contro i viola hanno un sapore particolare. Che non sarebbe stata una partita come le altre l’avevamo
capito subito: la Marcia del Palio diffusa dall’amplificazione dello
stadio faceva un effetto singolare. Sembrava richiamare ad un orgoglio cittadino fatto di storia, tradizioni e alto spirito di appartenenza. Arrivando in tribuna, avevamo la sensazione di doverci preparare ad una “battaglia sportiva” che mai la storia recente della pedata
aveva portato a dover “combattere” sul prato dell’Artemio Franchi
(quello vero, dice qualcuno!).
Attesissimo quasi come il traguardo di una “rincorsa” finalmente
coronata, e giunto nel momento di un Siena redivivo e una Fiorentina un po’ appannata, l’appuntamento aveva il sapore del pomeriggio
memorabile. Troppo facile – dirà qualcuno – poterlo dire a posteriori, ma quando l’”inzuccata” di Flo, “salito in cielo” per un gol da raccontare, mandò la palla in fondo al sacco…cominciammo a crederci davvero.
La “battaglia” era dura; la compagine bianconera perdeva i
“pezzi”, estromessi troppo frettolosamente dalla contesa, e il volgere della tenzone tornava ad essere incertissimo.
Ma nella precarietà, a volte, si trovano risorse insospettabili, specie quando c’è da difendere i colori della Balzana su quelli del Giglio. “S’armi e vinca l’onor”, diceva uno striscione della curva. Le
forze quadruplicarono, l’ardore collettivo spense le velleità avversarie e Siena, come a Montaperti, ha avuto ragione.
Al termine, e ancora oggi ripensandoci, la scena da ritagliare è
proprio l’esultanza di Flo: fermo, con le braccia al cielo rivolto al
cuore del tifo senese. Proprio come un Provenzan Salvani dei giorni
nostri. ■
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Destinati alle popolazioni colpite
dallo tsunami i ricavi della pista
allestita alla Lizza
Quando il ghiaccio
si scioglie
in solidarietà
Sono state quasi 8000 le
presenze alla pista del
ghiaccio allestita ai Giardini della Lizza nel periodo
compreso tra la fine di dicembre e la prima metà di
gennaio. Un autentico successo per questa iniziativa
voluta dall’Amministrazione Comunale di Siena nell’ambito del programma
dei festeggiamenti che
hanno caratterizzato le recenti vacanze natalizie: un
successo del quale è stata
partecipe la società “Mens
Sana in Corpore Sano”,
chiamata ad occuparsi
della organizzazione della
gestione della struttura attraverso l’opera dei suoi
volontari. Una presenza
preparata ed efficace,
tanto vigile quanto, al
tempo stesso, discreta sia
nei confronti degli addetti
ai lavori che nei confronti
di tutti coloro che (grandi o
piccoli, senesi o turisti)
hanno usufruito della pista
per trascorrere ore spensierate pattinando sul
ghiaccio.
Attraverso la riuscita di
questa particolare iniziativa, e ancor più grazie allo
spirito di solidarietà che da
sempre ne contraddistingue l’attività, la società di
via Sclavo presieduta da
Piero Ricci ha deciso di destinare l’avanzo di gestione, nella misura di 5.000,00
euro, per sostenere l’iniziativa di beneficenza a favore delle popolazioni del
sud-est asiatico colpite
dallo tsunami. L’iniziativa è
quella promossa dalla Regione Toscana, e immediatamente raccolta dalla Provincia di Siena attraverso
un comitato composto da
Provincia e Comune di
Siena, Aziende Sanitarie,
Banca Monte dei Paschi,
Fondazione Monte dei Paschi, Misericordia, Pubblica Assistenza, Consulta
del Volontariato e Camera
di Commercio. Il contributo
della Mens Sana, al pari di
quello fornito da altri enti
ed associazioni locali,
verrà destinato a quelle
popolazioni asiatiche della
zona d’intervento della Regione Toscana sia per gestire l’emergenza in atto
ma anche per progetti di ricostruzione e sviluppo. ■
Matteo Tasso
Cresce la famiglia biancoverde con la costituzione
del gruppo podistico
Ora la Mens Sana
va ..di corsa
di Matteo Tasso
a Mens Sana va…di
corsa. Ha esordito lo
scorso 13 febbraio il
nuovo gruppo podistico
biancoverde, costituitosi
come settore della già affermata e consolidata Area
Fitness della Polisportiva:
gli atleti che hanno dato
vita al primo nucleo di podisti biancoverdi hanno
avuto il loro ‘battesimo’ cimentandosi nella corsa
campestre disputatasi sul
tracciato di Pian del Lago,
L
valevole per il campionato
provinciale organizzato
dall’Uisp, e conquistando
un brillante 3° posto nella
classifica per società.
L’approdo del podismo
alla corte della Mens Sana
è nato da un’idea di alcuni
soci e dalla volontà dell’intero sodalizio, in testa il
presidente Piero Ricci: “Il
gruppo è costituito – spiega
Leonardo Tafani, responsabile tecnico – già da oltre
venti tesserati che coprono
tutte le diverse fasce di età.
Basti pensare che l’atleta
più giovane è del 1986,
mentre il più ‘maturo’ del
1953. Il podismo mensanino si configura infatti come
un’attività aperta a tutti,
sposando in pieno la filosofia societaria, e di tutte le
sue sezioni, che predica lo
sport per chiunque e accessibile a tutti”.
Un’ideale di grande spessore, al quale hanno fatto
subito riscontro anche i risultati agonistici: “La corsa
campestre di Pian del Lago
– spiega Tafani - ha messo
in evidenza le buone qualità dei podisti. Il 3° posto assoluto nella classifica a
squadre è stato ottenuto
grazie ad una grande partecipazione, ma anche ai
buoni risultati individuali”.
In quest’ottica, nelle
prossime settimane, il
gruppo podistico biancoverde parteciperà ad altre
manifestazioni provinciali.
Destinato a divenire un
altro ramo di successo
della grande famiglia
mensanina. ■
Accanto: Piero Ricci. Sopra il gruppo podismo
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polisportiva
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indagini
LEGGERE È BELLO,
MESESPORT È ANCHE MEGLIO
Che il rapporto tra gli italiani e la lettura non
sia, in larghissima parte, idilliaco è cosa vecchia:
statistiche, rilevazioni e confronti ci pongono da
tempo nelle posizioni di rincalzo nelle mille classifiche e graduatorie stilate sull’argomento.
Qualcuno dirà, forse non a torto, che, per
quanto esperti sociologi o volenterosi editori si
sforzino per invertire la tendenza, la recettività
collettiva quella è e quella rimane. L’allergia alla
lettura è ormai assurta alla dignità (si fa per dire)
di “cruccio” nazionale.
Senza stare troppo a lagnarsi di questa poco
edificante realtà, basta cercare l’eccezione che
conferma la regola per ritrovare un po’ di fiducia
e capire che, dopo tutto, nessun processo legato
al nostro modus vivendi, ad eccezione di quelli
naturali, è totalmente irreversibile.
Dalla nostra città arrivano segnali incoraggianti
circa la diffusione dell’interesse alla lettura e giungono degli input fortemente rilevanti proprio dai più
giovani.
Siena si distingue, ancora una volta, per una propensione tutt’altro che trascurabile e che altrove
diventa scarsissima attitudine: la voglia di informarsi, di
sapere e di conoscere, in
special modo tra i bambini.
E’ quanto emerge da
una ricerca effettuata dal
Centro Comunicazione e
Marketing dell’Università di
Siena, intitolata “l’edicola dei ragazzi”, e illustrata
durante i lavori del convegno “Reinventare la TV
– Bambini e Media” ospitato nell’aula magna
della Facoltà di Scienze Politiche.
L’indagine - coordinata dal Prof. Maurizio Boldrini con la collaborazione di Giuseppe Di Caterino e Agnes Allansdottir membri del Comitato
Scientifico, ma anche di Simona Piselli, Alessandro Lovari, Anna Majuri e Rosalba Botta, si è rivolta ad un campione di 252 alunni di cui 113
espressione della scuola elementare e 139 in
rappresentanza delle medie con la partecipazio-
ne al gruppo di lavoro di alcuni studenti di Scienze della Comunicazione.
Altissima (oltre il 94%) la percentuale di ragazzi delle elementari che si dichiara frequentemente dedita alla lettura; il valore scende all’88%
nel passaggio alle scuole medie.
Orientativamente, dunque, sia i bambini che
i ragazzi possono essere collocati all’interno di
una sfera comportamentale che si modifica col
variare dell’età.
Per quanto riguarda, in particolare, le preferenze espresse dai ragazzi della scuola media,
Mesesport è risultato tra le testate maggiormente conosciute e più lette: la nostra rivista, catalogata come unica nel suo genere, almeno per
quanto concerne la realtà senese, è stata “osservata” per la varietà di
temi proposti nel campo
della critica e dell’attualità
sportiva.
E’ emerso anche un
generale apprezzamento
per l’impianto grafico
della rivista, la scelta dell’abbinamento testo-immagine e per i vari supplementi che hanno
voluto “immortalare” in
pubblicazioni ad hoc i
grandi traguardi raggiunti
dallo sport senese.
“L’ampio ventaglio di
spunti, riflessioni e commenti offerti all’attenzione
di un pubblico adulto, ma
con un linguaggio adatto
anche ai più giovani – rileva lo studio -, permette di spaziare dalle discipline “portanti” come calcio e basket, agli altri
sport, di squadra o individuali, fino ad arrivare alle
attività minori”. Sempre riguardo al linguaggio, su
Mesesport viene anche rilevato “l’uso frequente
di termini riconducibili al Palio, e a tutto quanto attiene alle tradizioni e alla storia della città, stante
il bacino di utenza al quale la testata si rivolge”.
Più in generale, il linguaggio dei giornali sportivi viene definito “settoriale, fatto in prevalenza di
tecnicismi, anglismi ed espressioni del linguaggio figurato”.
L’ambito strettamente circoscritto alla realtà
locale, impedisce di ampliare e generalizzare i riscontri del lavoro svolto, ma in questo suo limite
applicativo suggerisce e stimola, come evidenziato nella parte introduttiva, nuove opportunità di
confronto, magari con realtà metropolitane, da allargare su scala nazionale per un monitoraggio
più completo e articolato di un fenomeno dal
quale dipendono anche gli standard culturali
delle future generazioni.
I ragazzi interpellati hanno fornito il loro contributo compilando un questionario, approntato
con l’obiettivo di comprendere non solo la tipologia di lettura che va per la maggiore, ma anche la
relazione sociale, individuale e collettiva che i
giovani hanno con il prodotto editoriale e i luoghi
preposti alla sua distribuzione.
Sette edicole, divise tra centro e periferia,
sono state monitorate studiandone la visibilità, la
facilità di accesso per i bambini e, ancora, in
quale misura questa è influenzata dal nucleo familiare o dal gruppo di amici.
Il gusto dei bambini, la loro inclinazione verso
questo o quel prodotto, riguardano un contesto
culturale, etico e commerciale piuttosto indicativo
per misurare il successo di un’iniziativa o di un
prodotto. I bambini, insomma, rilevatori di nuove
tendenze e, verrebbe da dire, termometri autorevolissimi di molte altre situazioni del quotidiano.
La ricerca dell’ateneo senese mette in risalto
l’assoluta necessità di coinvolgere il bambino, le
sue intuizioni, la sua capacità di osservazione,
nei progetti di crescita e visibilità.
La carta stampata conserva anche oggi un
ruolo ben determinato nelle abitudini dei giovani. Il
giornale rimane, nell’ eterogeneità di contenuti, un
veicolo prezioso di informazione e conoscenza.
La tv non è più… sola, ma appare come uno
dei tanti mezzi ai quali è demandato il senso generale di un prodotto, il messaggio di un’iniziativa
editoriale, il successo di un evento mediatico.
E se da una parte le mamme abbozzano un
sorriso per il tubo catodico che non ha più l’egemonia, quella che una volta era la “beata incoscienza”, diventa una “nuova intelligenza” che sa
analizzare e proporre. Un universo di idee da
esplorare, ma soprattutto voci da ascoltare per
un domani da costruire. ■
Francesco Vannoni
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curiosità
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Due sciarpe ed un amore
Augusto Mattioli
ianconero o biancoverde? Un dilemma che non tocca Silvia Bettalli,
una signora sessantenne senese del
Drago che segue con lo stesso trasporto e interesse il basket mensanino e il
calcio bianconero.
Una mosca bianca? Forse. Anche se
non sono pochi, portafoglio permettendo, ad assistere alle imprese, più o
meno esaltanti ma sempre coinvolgenti, delle nostre due società sportive di
vertice. Ma ci sono anche quelli, per le
ragioni più varie, che preferiscono tifare
solo per una delle due, rivendicando
magari la primogenitura della senesità
della loro squadra. Concetto, la senesità, peraltro molto abusato e tirato
come la trippa a seconda delle convenienze.
Lei no. Per la signora (figlia dello stimato professor Giuseppe Bettalli,
scomparso qualche anno fa) non ci
sono differenze tra le due squadre. Tra
gli undici calciatori che la domenica corrono nel prato ben curato dello stadio o
i cinque giganti del basket impegnati sul
parquet del palasport in viale Sclavo.
Una filosofia da vera appassionata di
sport. Che ha le sue origini in anni lontani. Quelli della sua giovinezza. Quando lo sport, soprattutto dal punto di vista
del tifo, era cosa solo da uomini: “Ricordo di avere respirato l’aria del calcioracconta – fin da quando ero bambina
ed abitavo vicino al Rastrelllo. Da quando i miei fratelli e mio padre si interessavano alle partite e le ascoltavamo con
la radiolina attaccata alle orecchie. Ora
B
che mio figlio, di quindici anni, gioca a
pallacanestro nel Costone ma va anche
allo stadio per tifare bianconero, il mio
interesse per il calcio è riemerso”.
La signora Silvia non nasconde però
che lo sport che ha seguito con maggiore continuità è la pallacanestro.
Il Siena è un gruppo che mi piace”. E
per far capire meglio come la pensa riguardo le divisioni, che esistono, tra chi
sostiene i bianconeri e i biancoverdi,
lancia quasi una parola d’ordine che occorrerebbe prendere in
considerazione: “Credo
che dobbiamo essere
fieri dell’una e dell’altra
squadra. Certo, ci sono
polemiche fra le due
sponde ma non mi ritengo una rarità in questa scelta. E bisogna
anche aggiungere che il
pubblico, per quanto riguarda il Siena, si allontana troppo facilmente
quando le cose si fanno
più difficili. La squadra
invece va sostenuta
sempre e comunque”.
La signora Silvia non
nasconde però che lo
sport che ha seguito
con maggiore continuità è la pallacanestro.
“Personalmente
considero il basket lo
sport più bello di tutti.
Da ragazzina l’ho praticato alla Virtus. Lo
seguo anche al palasport
perché mi consente di vedere da vicino lo sviluppo
del gioco. Cosa che non
accade purtroppo allo stadio, dove le tribune sono
troppo distanti dal campo.
Ed ora che ho sessant’anni e qualche difficoltà nella
vista, occorrono i binocoli
per vedere meglio”.
Una opinione che piacerebbe molto alla Gazzetta dello Sport.
La “rosea”da qualche
tempo sta sostenendo infatti l’idea, che peraltro si
va facendo strada nell’opinione pubblica, di togliere
le barriere tra tribune e
campi. Una decisione che
certo migliorerebbe la visibilità e vivibilità degli impianti, oggi
spesso divenuti, e lo stadio senese ne
è una chiara dimostrazione, dei veri e
propri bunker. Ma per cambiare occorrerebbe che i tifosi, come sta facendo la
signora Silvia, abbattessero per prima
cosa le loro barriere personali che impediscono di pensare che anche i tifosi
ospiti sono solo degli avversari, e non
dei nemici. E poi cominciare col tifare
per tutto quello che si richiama alla nostra città. ■
MARZO 2005
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La totale convergenza
che, almeno per quanto attiene l’ambito senese, caratterizza da anni i rapporti tra
amministrazione scolastica
e massimi organismi dello
sport, oltre ad essere il necessario fondamento programmatico per un futuro da
costruire nel solco di prestigiose tradizioni, rappresenta
il prezioso volano diretto ad
un sempre maggiore coinvolgimento nella pratica
sportiva di un universo giovanile che può contare su
una vastissima varietà di iniziative e un ampio ventaglio
di soluzioni.
Nel processo socio-formativo che scuola e sport devono favorire con la massima
assonanza di metodi ed intenti, la nostra città si identifica come una vera e propria
“isola felice”, non solo per
l’invidiabile concentrazione
di ragazzi impegnati, ma
anche e soprattutto per la
sensibilità di tutte le anime
istituzionali che hanno saputo cooperare ad una crescita
strutturalmente e culturalmente assai evidente.
Un risultato al cui raggiungimento hanno concorso la
lungimirante progettualità e
l’attenta pianificazione delle
risorse, secondo le inclinazioni di una popolazione
sportiva mutevole nelle
forme espressive e nelle esigenze manifestate.
Il Prof. Francesco Binella,
da sei anni Coordinatore per
le attività fisico-motorie presso il Centro Servizi Amministrativi di Siena, nell’esprimere la legittima soddisfazione
per il quadro generale della
vasta provincia senese, sottolinea la proficua sinergia con
il Comitato Provinciale del
CONI, più che mai importante come strumento di raccordo tra mondo federale e dimensione scolastica.
“Proseguire questa fattiva
collaborazione è ritenuta
condizione necessaria per
creare i presupposti ottimali
della continuità”.
Lo straordinario radicamento della “vocazione sportiva” impone un costante
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Il coordinatore per le attività fisico-motorie
dell’ex Provveditorato rilancia un tema sempre attuale
Scuola e sport,
obiettivi comuni
di Francesco Vannoni
monitoraggio per favorire
quella proiezione futura che,
con un tale livello di crescita,
coinvolgerà, presto e in una
piena condivisione di spazi e
contesti, i “nuovi giovani” e i
tanti appassionati di sempre.
Una questione di abbondanza che, oltre ad essere
prospettiva gradita per le finalità stesse del messaggio
sportivo, verrebbe a confermare l’efficacia del lavoro
svolto in tema di educazione
motoria. Scuola e sport non
sempre hanno camminato di
pari passo, principalmente a
causa di un retaggio culturale che ne separava profondamente sia la tipologia dell’impegno che le finalità
riconosciute. Ma i grandi
progressi fatti registrare
anche sul piano della “legittimazione didattica” fanno
ben sperare per una completa ed ormai palesata
complementarietà organizzativa e strutturale.
“Il progetto “Perseus” portato a regime nel 2000 e definito con un respiro attuativo
di tre anni, ha rappresentato-sostiene Binella- uno dei
primi esempi di piano strutturale per l’attività motoria
nelle scuole di secondo
grado, arricchendo l’offerta
formativa e stimolando la
creatività di un sempre maggiore numero di classi interessate e una crescente sensibilità degli insegnanti.
Qualche piccolo impedi-
mento già evidenziato durante il secondo anno, è stato
forse il motivo principale dell’accantonamento che il progetto ha patito immediatamente dopo il primo triennio
di vita”.
Siena, anche grazie all’ottimo livello strutturale ed organizzativo raggiunto in
questi anni in virtù di un impegno istituzionale collettivo, ha saputo costruire un
modello sportivo sostenibile
completo ed equilibrato.
“Il ruolo ricoperto dal Comitato Provinciale del CONI e
la disponibilità delle singole
federazioni, ha consentito di
armonizzare al massimo il beneficio di un lavoro comune
che ha avuto ottime ricadute
anche sulla scuola elementare, ambito – quest’ultimo –
precedentemente meno curato per un certo “vuoto legislativo” che ne regolasse l’approccio alla scienza motoria.
Del resto, molta è la strada
da percorrere per giungere
all’obiettivo che l’ufficio per
le attività fisico-motorie e il
Comitato Provinciale del
CONI si sono dati: quello di
instaurare il miglior interscambio tra scuola e società
sportiva”.
“Laddove non ancora
previsto dagli ordinamenti
scolastici, diventa necessario – prosegue il Prof. Binella
– elaborare forme alternative di intervento per rispondere agli imput giunti dagli
approfonditi studi condotti in
materia, che evidenziano in
almeno mezzora al giorno,
la periodicità da raccomandare per una corretta e salutare attività motoria.
La stragrande maggioranza dei ragazzi, infatti,
fanno parte di quel vastissimo “universo popolare” che,
al termine dell’impegno scolastico, svolge una qualsiasi
attività sportiva di ogni ordine e grado”.
La crescita armonica delle
potenzialità dell’individuo,
specie se giovane, non può
prescindere dalla reciprocità
operativa dei due ambiti.
“In questo senso, il progetto denominato “Il Bambino
sceglie lo Sport”, garantito
dal sostegno dell’Amministrazione Provinciale e dallo
sforzo organizzativo che ha
contemporaneamente impegnato il CONI provinciale ed
il nostro organismo, costituisce un’opportunità da rafforzare e rinnovare.
I Giochi Sportivi Studenteschi, vetrina rilevante di
sano agonismo e generale
coesione intorno ai valori
ancestrali dello sport, sono
l’ulteriore espressione della
concreta efficienza dell’asse
scuola-sport.
Il successo delle varie iniziative, deve essere uno sprone per la divulgazione e la
metodica conoscenza di tutte
le accezioni riferite alla pratica sportiva, così da agevolare
la scelta di questa o quell’altra attività, secondo attitudini
personali e non al “traino” di
mode o luoghi comuni”.
Non dimenticando il suo
status di insegnante prestato
“pro tempore” ad una funzione direttiva, il Prof. Binella si
dice “personalmente soddisfatto, sia sotto il profilo dell’arricchimento professionale
che del bagaglio di esperienze maturate. Ovviamente la
portata dell’impegno, se considerata in ore lavorative, è
maggiore rispetto a quella
dei colleghi inquadrati nelle
varie scuole, ma la vivacissima dialettica propositiva che
riscontriamo intorno al nostro
operato, inteso come lavoro
d’insieme tra entità sportive e
non, mi fanno pensare, con
giustificato ottimismo, alle
nuove sfide da intraprendere
e ai prossimi traguardi da
raggiungere.
Sussistono, almeno per
quanto mi riguarda, le condizioni ideali per proseguire
con il dovuto entusiasmo e il
necessario spirito di servizio,
nell’intento di costruire, promuovere e diffondere tutte
quelle iniziative mirate alla
fruizione generale del prodotto sportivo, come componente irrinunciabile nella
costruzione della società futura”. ■
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cinque cerchi
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BENVENUTA!
Un sincero benvenuto ad
una nuova associata, grande amazzone, già presidente
del Club Ippico Senese, vice
presidente del comitato regionale F.I.S.E della Toscana, giudice nazionale e internazionale, amata per la
sua onestà e schiettezza.
Richiesta nelle grandi manifestazioni equestri di massimo livello, senza tralasciare i contatti locali con
giovani atleti emergenti o
esperti fantini, ha onorato e
onora la nostra città e la
Siena equestre.
Stiamo parlando di Ada
Toscani Fioravanti (nella foto
con il presidente dell’Associazione Marco Fedi) che entrando a far parte della
grande famiglia dei Cavalieri Senesi, oltre a mettere il
suo spirito libero e creativo a
disposizione di questa Associazione, le dona un ‘tocco’
di interzionalità che non
guasta mai. ■
LA BENEDIZIONE
DEGLI ANIMALI
Nell’ottica di divertirsi e
fare opere di bene, come
sempre più spesso accade,
anche quest’anno l’Associazione Provinciale dei Cavalieri Senesi, in collaborazione
con l’Associazione equestre
“Musica e Natura“ ha organizzato la benedizione degli
animali per la festa del patrono, Sant’Antonio, anticipandola di una giornata . Infatti
la mattina del 16 Gennaio, a
Fogliano, nell’aia dei coniugi
Savelli, si contavano più di 30
cavalli, e poi cani , gatti, uccellini e tante altre razze di
animali portate lì dai loro
“amici“ per farli benedire.
Mario e Pace, perfetti padroni di casa, dimostravano
la felicità di averci lì, mentre
Don Giovanni, della Parrocchia di San Bartolomeo di
San Rocco a Pilli, è rimasto
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molto sorpreso e contento
della grande affluenza di
persone e di animali che per
l’occasione si erano raccolti
intorno a lui.
Dopo aver fatto una bella
e toccante prefazione, il sacerdote ha effettuato la benedizione
coinvolgendo
nella serietà e sobrietà del
rito tutti i presenti.
I previdenti che avevano
in precedenza prenotato il
posto al tavolo per il pranzo
hanno potuto gustare cose
squisite sfornate dalla cucina da Mario e servite al tavolo da bravissimi ragazzi.
Tutto si è svolto sotto lo
sguardo vigile dalla “grande“ Pace, perfetta nell’organizzazione dell’intera iniziativa.
L’incasso della giornata,
devoluto a SIENAIL (Associazione Italiana Leucemie,
sezione di Siena) ammontante a 200,00 euro, è stato
consegnato alla instancabile Paola Celli .
Inoltre l’incontro tra il parroco Don Giovanni e la SIENAIL, ha concretizzato un’altra grande occasione di
solidarietà. La parrocchia si
è infatti offerta a mettere a
disposizione un appartamento nel comune di Sovicille riservato all’accoglienza
sia dei malati in cura ematologica, che dei loro familiari.
Vogliamo precisare che
per noi è un onore rappresentare i Cavalieri e le
Amazzoni aderenti a questa
associazione, che ringraziamo sentitamente. Anche in
questa piccola occasione
abbiamo dimostrato la nostra vera identità.
La costante partecipazione alle nostre molteplici iniziative, ci permette infatti di
raggiungere due grandi
obiettivi quali un sano divertimento e l’attenzione verso i
problemi sociali. ■
Importante riconoscimento per l’Associazione dei
Cavalieri Senesi guidata da Marco Fedi
Ora il volontariato
è a ..cavallo
l 2004 è stato un anno veramente importante per
l’Associazione, è stato
l’anno che ha sancito, “nero
su bianco”, i valori che da
tempo già venivano propagandati e applicati nel
corso della varie attività ludiche ricreative.
Infatti il riconoscimento e
l’iscrizione nel registro del
volontariato, prima Comunale e Provinciale poi Regionale, ha fatto sì che le
tesi portate avanti dal Consiglio direttivo dell’Associazione fossero riconosciute valide e sostenibili
nel loro stesso espletamento. Andare a cavallo non
solo per divertimento ma
anche per costruire qualcosa di socialmente valido,
come ad esempio la costituzione dei Quadri Tecnici
specializzati nella pratica
dell’ippoterapia, o come
preferiamo chiamarla noi
Equitazione alternativa.
Manifestazioni di aggregazione e socializzazione con
cavalli il cui ricavato economico sia devoluto in
opere finalizzate a migliorare le condizioni fisiche e
I
morali sia dei bambini che
di enti di volontariato riconosciute da Istituzioni pubbliche ed abilitate ad esercitare soprattutto sul nostro
territorio azioni di appoggio sociale e umanitario.
L’attività comune, quella
cioè di andare normalmente a cavallo per il territorio,
era da tempo già finalizzata
, anche se per esclusiva volontarietà, a monitorare il
boschivo, le strade comunali, poderali e tutte le vie di
transito bianche della provincia, gli argini ed i letti dei
fiumi ed eventuali smottamenti, da segnalare agli
Enti preposti.
Le segnalazioni riguardano anche la presenza,
purtroppo ancora massiccia, di materiale dismesso
dalle abitazioni, come quella volta che è stato trovato
un salotto con tanto di credenza tavolo e sedie e una
cucina completa di frigorifero e televisione sistemati
in una radura come fossero
all’interno di una casa.
E questo impegno è stato
riconosciuto e valorizzato
quando è arrivata la racco-
mandata della Presidenza
del Consiglio dei Ministri,
dipartimento della Protezione Civile, che comunicava
all’Associazione il riconoscimento e quindi la relativa iscrizione nell’elenco
delle Organizzazioni di Volontariato del Dipartimento
della Protezione Civile.
Da questi fatti, e tanti altri
che si sono succeduti durante lo scorso anno, i Cavalieri Senesi ripartiranno
nel 2005 proponendo ai
propri associati momenti di
vera attività equestre,
siano essi competitivi che
di puro trekking, caccia
alla volpe e viaggi organizzati di un giorno con il trasporto dei cavalli su van
sono in arrivo.
Inoltre nuove proposte innovative per gli associati,
come un credito privilegiato e individuale per acquisti
e pagamenti dilazionati
messo a disposizione da
una grande banca presente sul nostro territorio e una
nuova tessera sociale ( a
7,00 euro annui ) con concorso a premi, e poi … tutti a
cavallo. ■
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equitazione
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Siena si fa promotrice di un convegno
sull’utilizzo del cavallo a scopi sociali
La Protezione Civile
arriva al trotto
i è svolto a Siena,
nella sala conferenze
della sede del Comitato delle Associazioni
Sportive Senesi, il primo
convegno organizzato in
Italia sulle problematiche
inerenti “ La circolazione
dei cavalli sulle strade e il
loro utilizzo per il Servizio di
Protezione Civile’.
E’ grazie alla sensibilità e
all’interesse della Fondazione Monte Dei Paschi di
Siena che è stato possibile
organizzare il convegno
che ha visto relatori l’Assessore al Comune di
Siena Pierluigi Brogi (Ambiente, Traffico, Polizia Municipale, Protezione Civile), il Comandante della
Polizia Municipale del Comune di Siena Antonio
Gaudini e gli Ispettori di
Polizia Municipale del Comune di Pisa e referenti sia
del Comitato Regione Toscana che Nazionali della
Federazione Italiana Turismo Equestre – TREC, Simone Soldati e Silvia Grassi, che con meticolosa
precisione hanno esposto e
risposto alle molteplici domande dei presenti sugli
articoli del codice civile,
dei regolamenti regionali e
comunali e sulle norme assicurative inerenti il possesso, la circolazione e il
mantenimento dei cavalli.
Moderatore della serata
Marco Fedi, che ha saputo
gestire la serata intrecciando un colloquio diretto tra i
relatori e i partecipanti,
tanto da rendere la serata
agile e piacevole.
Gli interventi di Brogi e
Gaudini hanno destato
grande interesse e partecipazione per le tematiche
trattate. Hanno aperto grandi spiragli operativi, ancora
chiaramente da concordare
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equitazione
con l’Amministrazione Comunale, inerenti l’impiego
sul territorio dell’Associazione Cavalieri Senesi soprattutto per l’aspetto relativo l’utilizzo dei cavalli nel servizio
di protezione civile.
Il mandato che dovrebbe essere conferito all’Associazione sarà inizialmente quello di osservare
e riferire su chiusura di
strade poderali e comunali, smottamenti, pattugliamento per prevenzione incendi, ostruzione degli
alvei dei fiumi, mappatura
del territorio e solo dopo
seri corsi di formazione, da
tenersi congiuntamente
con le altre grandi associazioni di volontariato già
operanti, l’utilizzo ad azioni
mirate di protezione civile.
L’Associazione ha registrato subito tra i presenti
molti intenti di volontà di
partecipazione al servizio e
prontamente ha incaricato
Maurizio Grazzini , Simone
Monciatti e Marco Fedi di
raccogliere le domande ed
organizzare i volontari. (per
ulteriori disponibilità contattare il sito www.cavalierisenesi.it e scrivere i propri
connotati, la residenza e i telefoni dove potranno essere
prontamente contattati).
Il grande interesse dimostrato a questa prima edizione di “ formazione “ ha
convinto l’Associazione a
proseguire su questa strada affinché se ne possano
effettuare altre. La prossima conferenza, della
quale sarà data tempestiva comunicazione, avrà
per tema “La cura e le medicine alternative per il benessere del cavallo“. ■
Marco Fedi
RINNOVATI
GLI ORGANI REGIONALI
Rinnovato il Consiglio Direttivo del Comitato Regionale Toscano della Federazione Italiana Turismo Equestre TREC –
ANTE.
Questi gli eletti: Stefano Mecocci (Presidente); Renzo Tomi
(Vice Presidente); Daniela Venturi, Simone Soldati, Nicola Daga,
Mario Rigucci, Fabrizio Simonetti (Responsabile Quadri Tecnici);
Susanna Lemmi, Marco Fedi,
Marco Bonnaventure, Stefano
Sacconi (Responsabili Cavalieri
e Amazzoni); Alberto Bellini (Delegato Tecnico Nazionale).
L’Associazione Provinciale
dei Cavalieri Senesi augura a
tutti “ Buon lavoro “ e spera che
il loro operato sia di esempio
per tutti i cavalieri ed amazzoni
toscani per una serena attività
equestre. Coglie inoltre l’occasione per invitarli a Siena nell’occasione di un prossimo incontro istituzionale.
Per maggiori informazioni riguardanti l’equitazione in Toscana, in Italia e in Europa consultare il sito:
www.fitetrecantetoscana.it
L’Associazione ricorda, infine, che il costo relativo al rinnovo della patente federale anno
2005 con copertura Assicurativa
FATA ammonta a 40,00 euro.
Il costo per il rinnovo del Quadro Tecnico 2005 (accompagnatore, guida, istruttore) con copertura assicurativa FATA
ammonta a 52,00 euro ed entrambi andranno effettuati tramite bonifico bancario intestato
a : FITETREC – ANTE TOSCANA – Banca del Chianti Fiorentino, Agenzia di San Casciano
Val di Pesa (FI) . C/c n 7909 Abi
38050 Cab 8802. (specificare
causale bonifico).
TESSERA 2005 CON QUIZ
Una nuova veste per l’Associazione Provinciale dei Cavalieri Senesi.
Chi rinnoverà o si iscriverà
per la prima volta (il costo annuale è di 7,00 euro) si vedrà recapitare a casa la nuova tessera sociale valida solo per l’anno
in corso.
La novità è che sul retro è stato
riprodotto un particolare di una
nota ed importante opera d’arte
esposta in Siena. La posta in
palio, riconoscendo l’autore, il titolo dell’opera e il luogo di conservazione, è un buono acquisto
di 50,00 euro da ritirare presso
“Maffei equitazione“. La risposta
al quesito sarà valida solo se inviata sul sito:
www.cavalierisenesi.it
Il vincitore sarà proclamato
alla fine del mese di Giugno
2005 e nel caso di più vincitori
sarà preferito chi per primo ha
dato la risposta esatta.
Per iscriversi o rinnovare la
tessera all’Associazione dei Cavalieri Senesi rivolgersi a ‘Maffei equitazione’ e ‘Il Puledro’,
con pagamento in contanti o
tramite bonifico bancario sul
C/C n° 12146434 aperto presso
la Banca Monte dei Paschi di
Siena, filiale di Siena ( Abi 1030
Cab 14200 ) intestato ad Associazione Provinciale dei Cavalieri Senesi, specificando nome,
cognome e indirizzo.
I PROSSIMI
APPUNTAMENTI
■ L’Associazione Provinciale
dei Cavalieri Senesi organizza,
per Domenica 10 aprile, un giorno a cavallo dedicato alla scoperta del lago di Chiusi con visita ad una tomba etrusca. La
quota di partecipazione è di
40,00 euro. Prenotazioni ed
informazioni, entro Mercoledì 6
Aprile,
a
Marco
Fedi
(3391857530), Maffei Equitazione
(0577 282168), Il Puledro
(0577247660).
■ Una tre giorni nelle terre della
Vernaccia è stata invece organizzata da venerdi 18 marzo a domernica 20 con puntate a Volterra
e Casole d’Elsa. Il costo totale,
compreso scuderizzazione dei cavalli e trasporto dei bagagli ,
240,00 euro con caparra di 50,00
euro. Prenotazioni e informazioni
(massimo 10 binomi) a Paolo
(3393827297), Maffei Equitazione
(0577.282162), Laura (3384807883).
IL PIACERE DI RIVEDERSI
A grande richiesta, l’Associazione Provinciale dei Cavalieri
Senesi ha deciso di divulgare sia
su CD che su cassette audiovisive, le varie manifestazioni equestri svoltesi sia nel 2004 che negli
anni precedenti. Saranno a disposizione le immagini, finemente curate nel montaggio, relative alle due ultime ‘Caccia
alla Volpe’ nel Chianti, i trekking
da Piazza del Campo a Piazza
San Pietro, ‘Da Mare a Mare’,
‘Alla ricerca delle nostre origini’,
e la ripresa di tutti i cavalieri partecipanti alle quattro gare della
“Gincana in terra di Siena. Prenotazione a Marco Fedi
(3391857530) e presso i negozi
‘Maffei Equitazione’ e ‘Il Puledro’.
Un’occasione unica, messa a disposizione di tutti, per ricordare e
rivedersi per sempre. ■
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recensioni
NON SOLO VOLPI
Dopo un monumento al calcio cittadino come
quello di Natili e Fontanelli, segnalato negli scorsi numeri di questa rubrica, eccone un altro, appassionato e di grande interesse, dedicato al ciclismo nel Senese. Annotiamo con grande
soddisfazione il moltiplicarsi di questi contributi
alla storia dello sport senese. Legati o no ad anniversari, ricorrenze, celebrazioni ed occasioni
particolari, contribuiscono tutti felicemente a coprire dei vuoti, nella storia di un aspetto decisivo
dell’evoluzione sociale, ma anche nella storia
tout-court del territorio, facendoci, oltretutto, toccare con mano grandi passioni e gusto e impegno per la ricerca. Per questo saremo grati a
quanti, autori o editori, vorranno segnalare a questa redazione apporti nuovi in questo settore così
suggestivo ed accattivante, ma anche così denso
di implicazioni diverse ed importanti.
Documentatissimo, questo bel volume di Giordano Cioli e Mirella Meloni ci accompagna con
garbo, spesso con ironia, sempre con il cuore,
lungo le strade, a volte bianche e polverose, del ciclismo senese dalle origini, fino allo striscione dell’ultimo chilometro asfaltato del 2004, che ultimo,
lo sappiamo già, non è, perché la bicicletta e le
passioni che trasmette vedono sempre un traguardo più in là, al di là degli arrivi di gara e degli
anni. Perché il ciclismo, al di là della pratica sportiva, è soprattutto leggenda, e perché, più del calcio, il ciclismo è metafora della vita. Forse per questo, giustamente, gli autori del volume scavano
non solo nella pubblicistica ma nei ricordi, nel
cuore e nella passione dei protagonisti e degli
spettatori. Perché la bicicletta è un’icona: dell’infanzia, del gusto della sfida per gioco e per se stessi, ma poi, anche, della consapevolezza della vita,
dell’età adulta, di una professione, del mestiere di
vivere. Per quanti di noi la bicicletta ha rappresentato e accompagnato, in un modo o nell’altro, l’attraversamento della “linea d’ombra” dell’adolescenza e poi della maturità?
Mi scuso per la spocchiosa citazione letteraria:
forse non tutti hanno letto Conrad. Che comunque
consiglio. Dovrei invece rendere conto di un volume che in ogni caso grande letteratura sportiva la
evoca davvero. Certi articoli di Rino Negri intercalati nel testo dovrebbero portarli ad esempio nelle
scuole di giornalismo. Ma, d’altra parte, è quasi
scontato: a grandi passioni grandi penne.
Ritorno al libro: quasi una Bibbia del ciclismo
in una terra che ha dato grandi campioni, grandi
società e grandi eventi e che qui, forse più che altrove, ha mosso e continua a muovere gambe e
cuori. Il sottotitolo (Per non dimenticare) forse de-
nota una vena, leggera, di tristezza per un ciclismo diverso, al di fuori di una cronaca recente
fatta molte volte, più che di risultati, di sfide epiche e di imprese, di indiscrezioni sul doping, di
campagne acquisti e contratti a suon di miliardi,
di ricerca ipertecnologica sui materiali, di programmazioni mirate di partecipazione alle gare di
un calendario divenuto fin troppo fitto. Sembra, il
sottotitolo, un invito accorato ad una sorta di ritorno al passato: alle gambe, alle sfide a cuore
aperto, insomma alla dimensione vera dello sport
e della leggenda del pedale. Ma la dettagliata ricognizione in fondo al volume sui gruppi sportivi
e sulle mille iniziative in atto a livello dilettantistico e amatoriale in provincia di Siena, l’emergere
di personaggi nuovi, appassionati e dirigenti, uomini e donne, sulla scena di un ciclismo lontano
da condizionamenti estranei ad una corretta pratica dello sport, induce invece – questo è il messaggio che ci sembra di cogliere - quanti lo hanno
a cuore, a guardare ancora avanti con fiducia e
con la stessa, immutata, passione di sempre.
L’excursus che il volume affronta è ampio.
Parte dalle prime forme di veicoli a due ruote per
giungere al passaggio dal velocipede alla bicicletta e registra con acribia l’affermarsi della pratica nel territorio senese nella seconda parte dell’Ottocento, le prime gare agli inizi del secolo
scorso, l’attività di sodalizi nuovi o di sezioni dell’associalismo sportivo cittadino consolidato
come l’Associazione Ginnastica, la Robur, lo
Sport Club. Un percorso di mezzo secolo, a Siena
e in provincia, con un occhio all’evoluzione del ciclismo nazionale ed internazionale, fino al dopoguerra e agli anni Cinquanta, seguito coscienziosamente, gara per gara, con l’aiuto
indispensabile e suggestivo dei giornali dell’epoca. Una sorta di informata introduzione alla “leggenda”, che lascia spazio successivamente alla
ricostruzione, anche questa dettagliatissima, del
“romanzo” del Giro d’Italia nel Senese: dal ciclismo dei tempi eroici, fino agli anni del boom economico e a quelli che hanno segnato la fine del
secolo scorso.
La parte maggiore del volume è dedicata comunque ai protagonisti della lunga stagione professionistica e no del ciclismo senese, dalla leggenda della Valdorcia Primo Volpi, definito
giustamente “il più grande campione nato in terra
di Siena” e del quale molti ricorderanno il volume,
pubblicato nel 2001, che lo riguarda in maniera
diretta illustrandone la biografia e le imprese
sportive, fino al colligiano, per restare ai professionisti, Daniele Righi, ancora sui pedali e a
pieno titolo sulle strade delle classiche e dei
grandi “giri”. È qui che incontriamo personaggi
che hanno fatto la storia del ciclismo senese: tra
gli altri Idrio Bui, fedele gregario di tanti campioni
affermati, detto “Trueba”, in spagnolo “pulce”; Girardengo Bernardini di Abbadia di Montepulciano, un destino nel nome, per anni al fianco di Rik
Van Steenbergen; Cino Cinelli, poi affermato industriale del settore ciclistico, vincitore di un Giro
di Lombardia e di una Milano-Sanremo; il sarteanese d’adozione Ferdinando Terruzzi, il “re delle
Sei Giorni”, che figurò a lungo in testa ad una
classifica mondiale compilata sulla base dei
piazzamenti e che fra i moltissimi successi annovera un titolo olimpico nel tandem alle Olimpiadi
di Londra.
Galleria affollatissima quella del ciclismo senese e stipata di personaggi di rango. Giordano
Cioli e Mirella Meloni mescolano abilmente e appassionatamente professionisti, dilettanti, allievi,
amatori, per darci un quadro a tutto tondo dello
sport del pedale nella nostra provincia in un lunghissimo corso di anni. Nelle loro pagine le carriere dei protagonisti di questa lunga vicenda a
due ruote si intrecciano senza soluzione di continuità e senza guardare più di tanto ai palcoscenici, siano essi il pavé della Parigi-Roubaix, il vialone di Sanremo, certi circuiti cittadini di provincia
o la polvere di certi percorsi chiantigiani e le
asperità dell’Amiata.
È un libro da leggere tutto d’un fiato, e non solo
per attingere informazioni. Certi aneddoti raccontati con gusto, appresi dalla viva voce dei protagonisti o raccolti in lunghi anni da suiveurs sulle strade o nei più disparati centri della provincia, a
contatto vero con la gente che si è assiepata sulle
strade per veder passare gli eroi della bicicletta, lo
rendono, oltre che utile, piacevolissimo. E non solo
per appassionati delle due ruote. ■
Mario De Gregorio
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ai, ammettiamolo:
chi di noi non ha sognato almeno una
volta di vestire i panni di
Rocky (ma non la sua faccia
tumefatta), e gridare, dopo
un match che non ti ha lasciato neppure più la forza
per reggerti sulle gambe, la
famosa frase che ha reso
celebre il personaggio:
“Adrianaaaaaaa…..”?
Chi, entrando in una
qualsiasi palestra, davanti
al sacco penzoloni, non ha
improvvisato un gioco di
gambe e sferrato un montante, un gancio, un diretto
allo stesso, compiacendosi
della sua improvvisa destrezza?
E a Siena chi dice boxe
dice famiglia Borgogni:
padre e figlio si sono trasmessi, non soltanto geneticamente, una passione
che ha fatto di loro i pilastri
e i portavoce di questa disciplina nella nostra città.
La boxe è tornata a
Siena, dopo un’assenza di
alcuni decenni, verso la
metà degli anni ’80, proprio
grazie a Romano Borgogni, ex pugile. Questa disciplina veniva praticata
presso la palestra della
Mens Sana ed è proprio
qui che David, figlio-discepolo di Romano, (rispettivamente tecnico e presidente della nuova società)
inizia, sotto la guida attenta ed esperta del padre, a
D
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tirare i primi pugni, diventando ben presto un fortissimo pugile dilettante con
tutte le carte in regola per
poter realisticamente ambire verso traguardi maggiori.
In seguito a vari eventi,
David fu costretto ad interrompere la sua carriera e
scelse di dedicarsi interamente all’insegnamento,
conseguendo prima il brevetto federale di aspirante
istruttore (a Firenze) e poi,
nel 1992, quello di istruttore
federale (dopo 15 giorni di
corso intensivo ad Assisi,
assieme a nomi che nell’ambiente sono conosciutissimi, quali Oliva e Kalambay) riconosciuto dalla
Federazione Pugilistica
Italiana.
Esigenze varie costrinsero David e il padre a spostare la sede della propria
attività prima presso la palestra di Monteroni d’Arbia
poi a San Rocco.
Nonostante la difficoltà a
reperire una sede propria
e aspiranti adepti, padre e
figlio hanno caparbiamente “lottato”, anche per l’amore che li lega al pugilato, fino a quando, nel ’94,
riuscirono in tale impresa e
fecero tornare la boxe dentro le mura, trovando ospitalità nella palestra Gold
and Gym, dov’è anche l’attuale sede.
Sono stati talmente tanti
La ‘Noble Art’ si riaffaccia su una piazza
che aveva disertato da alcuni decenni
Siena riscopre la boxe
di Chiara Cicali
gli atleti che si sono avvicendati nella palestra, che
non è facile ricordarsi di
tutti i nomi e i volti che, a dispetto di assurde credenze,
non hanno mai cambiato
connotati.
Alcuni hanno avuto carriera agonistica breve, altri
hanno disputato decine di
incontri senza tuttavia riuscire a finalizzare il brillante avvio; qualcuno ha suscitato e suscita ancora
speranze ed entusiasmi fra
gli addetti ai lavori (fra i migliori, in passato, merita di
essere ricordato Nicola
Fini, già pretendente al titolo nazionale di categoria). Ma soprattutto in questo
momento
David
Traversi, vero talento nato
coi guantoni, che si è
messo in evidenza diventando campione interregionale esordiente dei pesi
welter nel 2003, ed in grado
di sconfiggere con classe
avversari molto temibili.
Fino allo scorso anno
anche Emanuele Tricca,
campione regionale nel
2002 categoria juniores
super leggeri, ha combattuto con risultati davvero
interessanti. Come lo sono
stati quelli espressione del
promettente vivaio di
David: Andrea Neri, Luigi
Allegrini e David Banti che
torneranno sul ring fra pochissimo. Allegrini invece
tenterà l’assalto al titolo di
campione interregionale
(già detiene quelllo regionale) e, se come tutti si augurano andrà avanti, per il
titolo tricolore.
Una nota colorata di rosa
è d’obbligo per Sabina
Rosi, giunta addirittura a
conseguire, nel 2004, il titolo
di campionessa italiana,
ma in questo momento è
lontana dalle gare per problemi legati alla sua professione e qualche guaio muscolare estraneo alla boxe.
Attualmente il settore
amatoriale, seguito da Romano, conta una cinquantina di persone (che non
fanno attività agonistica)
mentre i pugili, seguiti da
David, sono cinque: Luigi
Allegroni, juniores, peso
mosca; Andrea Neri e
David Banti, super welter;
Sabina Rosi, piuma; David
Traversi, medio.
Vale ricordare che l’impegno pugilistico non è proprio una passeggiata”. In
vista dell’incontro ci si allena tutti i giorni, per due ore,
almeno un mese prima, poi
c’è la parte tecnica e comunque, regolarmente, tre
volte alla settimana.
La Federazione, durante
la programmazione dell’anno, indice i vari campionati: cadetti, juniores e
seniores (prima serie, seconda e terza serie).
Ognuna di queste categorie è ulteriormente suddivisa in campionati regionali; i campioni delle varie
categorie regionali disputano il campionato interregionale con quelli delle
altre quattro regioni che
fanno parte del raggruppamento della Toscana: il
campione che esce da questa serie di incontri, va a
scontrarsi con gli altri migliori quattro e, da ultimo,
emerge il campione italiano di categoria: un percorso lungo circa un’intera
stagione.
La stessa società sportiva
“Boxe- Gold and Gym” è
stata insignita, in più occasioni, di titoli di merito e,
negli ultimi anni, è stata
promotrice di serate di
boxe veramente ben riuscite e di buon richiamo, l’ultima delle quali quella svoltasi nei giardini della
società “La Pania” in occasione dell’omonima festa
enogastronomica dell’agosto scorso.
L’intenzione è quella di
potenziare sempre più l’attività per aumentarne la visibilità nella città e per riuscire in ciò una delle tante
idee in cantiere è la ristrutturazione del ring già in
possesso per renderlo ancora più adatto ad ospitare
match alla presenza del
pubblico, trasformandolo
da fisso a mobile, per poterlo montare e adattare in
qualsiasi punto della città.
La Toscana conta ben 38
società e Siena, nell’ambiente, è conosciuta abbastanza bene, ma per
“esportarla” a livello interregionale e nazionale è necessario che organizzi gli
incontri.
L’obiettivo ultimo è quello di riuscire tecnicamente
ad allestire una, due serate
di boxe all’anno nella
splendida cornice della nostra città, sperando anche
nel patrocinio e sponsorizzazione di Enti, Banche e
Comune sempre così vicini
alle esigenze delle società
sportive senesi. ■
pugilato
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anniversari
IL RUOLO DELLA DONNA
NELLO SPORT
La presenza attiva delle donne nelle molteplici e variegate discipline sportive praticate
nell’ambito della nostra comunità civile, è argomento che ormai non solo non può essere sottovalutato e sottaciuto, ma che si impone alla riflessione come uno dei valori fondanti la nostra
vita associativa.
In effetti, siamo di fronte ad un fenomeno
che corrisponde ad una vera e propria rivoluzione copernicana che alcuni riconoscono, accettano e condividono, altri, invece, in ambienti
diversi dal nostro, vi resistono, erigendo paratie culturali, religiose o semplicemente fisiche.
La strada che conduce al raggiungimento
delle pari opportunità ed alla identica dignità
uomo – donna in ogni manifestazione di vita sociale è ancora lunga da percorrere, ma non c’è
dubbio che, seppure con fatica, molte miglia
sono state ormai percorse in questi ultimi decenni e possiamo guardare indietro con soddisfazione per i traguardi intermedi raggiunti che
rammentiamo quasi con incredulità.
Sì, sembra che noi donne, compresse nei
secoli in ambiti di dipendenza nei confronti dell’uomo, confinate in un mero ruolo di riproduzione umana, ci si debba muovere per raggiungere quello che deve essere assicurato ad ogni
essere vivente: la possibilità di sviluppare liberamente la propria traiettoria di vita e tessere un
comune sistema di relazioni interpersonali.
Per questo ascoltiamo una specie di ritornello: la donna nell’arte, la donna nel cinema, la
donna nella politica, la donna nella ricerca
scientifica, la donna nel giornalismo, ecc…
quasi ad elencare nuovi traguardi, a definire il
raggiungimento di nuovi scalini nella piramide
della dignità umana che la donna affronta faticosamente e non senza pericolose cadute e retromarcia. È facile accettare la presenza femminile nelle attività comunque utili alla comunità
civile, come quella di un architetto, di una scienziata, di un’artista, di una scrittrice, etc., più difficile è accettarla nel mondo ludico e nel tentativo di esaltare le proprie abilità psico–fisiche. Ma
oggi, nei nostri orizzonti culturali, non è più così
ed a ragione possiamo scrivere della donna nel
mondo dello sport, quasi come se fosse l’ultima
conquista femminile raggiunta nella nostra società civile, ma che attende un uguale riconoscimento in moltissime aree territoriali ed in numerosi ambiti culturali diversi dal nostro.
Non pensiamo, evidentemente, ad uniche
competizioni sportive uomo-donna, troppo lontana e differente è la struttura fisica dei due
sessi, ma uguale è l’anelito di vita, di libertà, di
misurare e di migliorare se stessi, di testimoniare i progressi raggiunti.
Identica è la voglia di fare, l’essere di esempio, il dominare le sensazioni, l’abitudine al sa-
crificio e qualunque attività sportiva, non più
preclusa alla donna, è occasione ed opportunità per offrire il meglio di se stessa in un inno
alla vita che raggiunge la tonalità più forte nella
vittoria, ma anche nella dolorosa sconfitta.
La situazione descritta è ormai accettata
dall’opinione comune del nostro Paese e di
quelli occidentali, ma non era certamente così
solo alcuni decenni fa. Ciò significa che indubbiamente si sono fatti passi da gigante nell’affermare valori etici di pari dignità fra sessi.
Basta rammentare che nelle prime olimpiadi
moderne, svoltesi ad Atene nel 1894, le donne
non erano ammesse alle gare e solo negli anni
’20 del secolo scorso, in Francia si è iniziato a
parlare di agonismo sportivo coniugato al femminile. Dopo le olimpiadi del 1928 si è avviato
un processo di costante allineamento tra sport
maschile e femminile e nelle ultime olimpiadi,
tenutesi proprio ad Atene nel 2004, le atlete italiane hanno raggiunto performances addirittura
più brillanti dei colleghi maschi.
Sembra proprio che il progressivo allargamento del perimetro dell’attività sportiva agonistica femminile si coniughi parallelamente con
l’affermazione della donna anche negli altri
campi del vivere comunitario.
La presenza femminile nel mondo dello
sport a livello dirigenziale e nei settori tecnici,
tuttavia, almeno in Italia non è ancora molto significativa. A titolo di esempio, giova ricordare
che solo dal 1974 il Panathlon nazionale ha incluso una presenza femminile nel suo Consiglio
Direttivo e che solo nel 1981 ho avuto accesso,
come socia, a quello senese, insieme alle indimenticabili Maria Perucatti e Lara Fontani.
Per concludere queste brevi riflessioni
sulla donna nello sport, mi piace ravvivare i
miei ricordi di giovane atleta di pattinaggio artistico degli anni ’60, senza mai abbandonare
quel mondo anche negli anni successivi, tanto
che la dimensione, sportiva a tutto campo, mi
ha profondamente segnato e costituisce, ancora oggi, parte significativa della mia personalità
e dei miei interessi.
Ho vissuto l’attività agonistica con gioia;
gare ed allenamenti scandivano in modo naturale i tempi della mia giornata senza eccessiva
fatica e noia, merito sicuramente di mio padre,
primo allenatore, con il quale avevo così la possibilità di trascorrere gran parte della giornata.
L’unico grande problema era il rapporto, diciamo conflittuale, con la scuola e gli insegnanti di allora. Quest’ultimi non capivano e
non accettavano che si potesse praticare sport
a scapito dello svolgimento di qualche compito
o dell’impegno in alcune letture; per essi era
più importante la data di una battaglia piuttosto
che riuscire a superare la titubanza di presen-
tarsi in pista o di dedicare mente e corpo al raggiungimento di un obiettivo. Per gli insegnanti,
in genere, era difficile pensare allo sport come
scuola di vita, di sopportazione del sacrificio, di
costante tenacia, di rispetto per le avversarie, di
stimolo a fare, di affinamento delle capacità organizzative. L’esuberanza e la vivacità, mal
comprese, erano punite, senza minimamente
pensare a valorizzarle e ad incanalarle anche in
altri campi formativi.
La squadra agonistica di appartenenza, nel
mio caso la Mens Sana, era una mini comunità,
nell’ambito della quale si instauravano relazioni che andavano oltre lo stretto giro sportivo ed
insieme ai genitori vivevamo più di un momento di svago e di gioiosa condivisione. Le amicizie sportive sono rimaste nel tempo perché
rammentano vicende indimenticabili.
Ma perché parlare al passato? L’augurio
che faccio alle giovani leve agonistiche è che
possano vivere in pienezza quei canoni di amicizia e di altruismo, di sostegno e di condivisione che costituiscono i valori fondanti dello
sport. Esiste un pericolo incombente: la disumanizzazione dello sport e la meccanica della
vittoria; se dovesse vincere una simile piovra
non perderebbe lo sport, ma il genere umano
con la sua fantasia, la sua inventiva, le sue attese e le sue speranze: mi auguro che la presenza della donna nello sport possa essere un
baluardo sicuro per fermare una deriva che appare, sotto certi versi, incontrollabile.
Lo sport è vita e la donna nello sport ne è
testimonianza: le istituzioni pubbliche e private, la scuola di ogni ordine e grado, gli insegnanti, i dirigenti sportivi, tutti insieme devono
raggiungere un’unica, piena consapevolezza:
agire in nome della dignità umana e della qualità della vita.
Lucia Paolini Catturi
Lucia Paolini, ex Presidente del Panathlon senese
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Accanto ai risultati dei due principali protagonisti della stagione invernale,
tanti titoli regionali e positivo esordio di Magi
L’Uliveto Uisp vola in alto
con Palmieri e Cito
di Andrea Bruschettini
esti complessi e naturali, ripetuti all’infinito nel corso
degli anni per portare
verso la perfezione una
tecnica codificata dagli
studi biodinamici, e dalle
leggi della fisica.
E’ questa la sostanza del
lavoro, ripetitivo ma non
“routinario”, che lo specialista dei lanci (come dei
salti) deve compiere costantemente con pazienza
durante gli allenamenti,
per affinare le proprie capacità nei movimenti che
poi in gara si tradurranno
in prestazioni, misure, risultati.
Da anni Elisa Palmieri
ha intrapreso questa faticosa strada, quella della
lanciatrice, e sicuramente
non si può dire che le siano
mancate le soddisfazioni,
visti i prestigiosi titoli e i risultati conseguiti, che le
hanno permesso nel 2003
di essere in gara ai Campionati europei Under 23
con la maglia azzurra.
Campionessa italiana
promesse nel 2003 e nel
2004, campionessa italiana
juniores 2002 (anche nei
lanci invernali), un’infinità
di titoli regionali, il primato
toscano assoluto, nonchè
due convocazioni nella nazionale Under 23, fanno di
Elisa Palmieri la più titolata atleta della storia dell’atletica senese.
Nonostante questo, il suo
palmares continua ad arricchirsi, e già il primo scorcio di stagione mostra all’orizzonte grandi traguardi.
In occasione dei Campionati toscani invernali di
lanci, a Lucca, l’atleta del-
G
36
atletica leggera
l’Uliveto Uisp Siena ha infatti vinto nettamente la
gara, portando il nuovo record toscano della specialità a 59,12m, oltre un metro
sopra al precedente 57,89m
del 2003.
Con questo ottimo biglietto da visita, la giovane
del Drago si è poi presentata a Vigna di Valle, dove sul
campo dell’Aeronautica si
sono disputati i Campionati italiani invernali di lanci.
Qui Elisa si è addirittura
superata, arrivando a
60,03m, misura che le ha
consentito di vincere la medaglia d’argento tra le promesse, ed arrivare quarta
assoluta in una gara dall’altissimo contenuto tecnico: le
due olimpioniche Balassini
e Claretti rispettivamente a
70,02m e 67,11m; la ventenne Salis a 63,57m.
In una specialità giovane ed in continua crescita,
Elisa Palmieri appare al
passo con i tempi, e visto
che a luglio ad Erfurt (Germania) ci saranno i Campionati europei under 23,
cui si accede con 61m, è lecito attendersi dall’allieva
di Flamur Shabani una
grande stagione.
Per il momento l’atleta si
gode la grande misura,
giunta in un situazione climatica fastidiosa per un
lanciatore, quando è difficile e pericoloso allenarsi
al freddo e spesso su una
pedana bagnata dalle intemperie di stagione. Ma
questa è l’atletica italiana
in genere, l’optimum non
risiede certo in questo
sport, e non è lecito aspettarsi particolari attenzioni
da una città che ha ignora-
to nelle votazioni del personaggio sportivo del 2004,
promosso da questa rivista, tre maglie azzurre, di
cui una ai mondiali...
Cambiando argomento,
ma rimanendo sempre ai
vertici nazionali, bisogna
ricordare la scalata di
Maurizio Cito tra i migliori
specialisti delle campestri
a livello juniores italiano.
Protagonista da alcuni
anni a livello regionale,
dove non gli sfugge un titolo, quest’anno il giovane
senese (classe 1986) non
solo si è confermato campione toscano di cross juniores, ma a Villa Lagarina
(Trento) è anche terminato
quinto tra gli oltre cento
partenti della sua categoria nel Campionato nazionale individuale di corsa
campestre.
Quando lo scorso anno il
suo allenatore, il marocchino Abdellah Abdelhak, ci
diceva che vedeva per lui
un futuro in maglia azzurra, sembrava più un miraggio che realtà; adesso,
alla luce di questo risultato
e di un’innegabile
crescita tecnica, l’ipotesi potrebbe concretamente realizzarsi nel corso della
stagione.
Chi invece ha già
vestito la maglia azzurra è Emanuele
Magi, il quale ha
esordito nelle indoor
2005 con buoni risultati. Il quarto frazionista della staffetta
italiana 4x400 dei
mondiali juniores di
Grosseto, è giunto
sesto a Genova nella
finale dei 200m ai Campionati italiani juniores, correndo prima in batteria in
22”75, poi in finale in 22”78;
mentre nei 400m si è fermato a 50”98.
Nel contesto delle gare
indoor, sono emerse a livello regionale giovani speranze, atleti in erba, che
hanno mostrato buone
qualità.
Non nuove a risultati da
medaglia, Alice D’Auria
ed Elisa Pieri hanno scalato il podio nell’alto cadette:
Alice si è imposta con
1,54m, mentre Elisa si è
classificata terza (1,43m).
Anche nel lungo le due si
son ben comportate, con la
prima giunta seconda con
l’eccellente personale di
5,22m, e la seconda pure al
personale di 4,53m.
Lorenzo Morellini è il
nome nuovo della categoria ragazzi, dove ha conquistato quattro medaglie
ai regionali, prima portando la staffetta 4x1 giro (Morellini, Van de Nes, Ciani,
Giovanni) al successo, poi
bissando individualmente
nell’alto (1,52m), infine cogliendo l’argento nei 55m
hs (8”7) e il bronzo nel peso.
Titoli toscani juniores
sono giunti anche per
Chiara Palermo nel lungo
(5,28m) e Daniele Bellini,
arrivato al personale nell’asta (3,60m); ma in generale buono il comportamento anche degli altri
atleti scesi in gara: nei 55m
Gabriele Necco (7”02),
Francesco Tognazzi (7”07),
Lucio Colombini (7”43),
Sara Gualandi (7”97), mentre negli 800m Giulia Barneschi si è classificata decima in 2’36”40.
La stessa atleta si è ben
comportata anche nel
campionato toscano di
campestre di Lucca, dove
ha vinto la medaglia d’argento tra le allieve.
Sta crescendo nei risultati, come nella tecnica, Luca
Calzeroni. Fratello della discobola Elena, Luca, classe
1988, è un ottimo interprete
del martello nella categoria
allievi, tanto che a Lucca ha
vinto con 59,80m il titolo toscano invernale di categoria. Considerando che con
59,08 nella graduatoria nazionale del 2004 era quarto
tra gli allievi, e i primi tre
adesso sono passati tra gli
juniores, l’Uliveto Uisp
Siena ha un’altra ottima pedina da giocare in questa
stagione. ■
Alice Lauria ed Elisa Pieri sul podio
dei Campionati Toscani di salto in
alto Cadette.
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a scherma cussina
targata Montepaschi
Vita – Chiron Vaccines, sponsor tecnico Allstar-Senarmi coglie risultati di prestigio dalle Alpi
al profondo sud ed anche
dall’altro capo del mondo:
l’Australia ma vediamo
nei dettagli che cosa ha riservato il mese di febbraio
al sodalizio presieduto dal
Prof. Francesco Pulitini.
Si è svolta nella splendida cornice del palazzetto
dello sport di Bolzano la 2a
prova nazionale under 14
di fioretto prova generale
del Campionato Italiano
di specialità in programma nel prossimo mese di
Maggio a Rimini.
I giovani schermitori
cussini si sono comportati
decisamente bene salendo per due volte sul podio:
nella categoria “Allieve”
(13-14 anni) con Alice Volpi
e nella categoria “Maschietti” (11 anni) con
Guido Ferrini.
Molto valida dal punto di
vista tecnico la prova di
Alice Volpi, al primo dei
due anni della categoria,
in una gara che contava 75
atlete in pedana, con la
presenza su invito di una
folta rappresentativa ungherese. La giovane senese si sbarazzava facilmente nei turni iniziali delle
proprie avversarie,solo
nell’incontro per entrare
nella finale ad otto veniva
impegnata
seriamente
dalla forte livornese Mosca
che veniva sconfitta per 1514. Nel primo quarto di finale la Volpi si sbarazzava
nettamente per 15-3 della
pisana Calissi ed in semifinale cedeva all’ungherese Binet per 11-15, che poi
si aggiudicava la competizione. La Volpi doveva così
accontentarsi del bronzo.
Anche l’altra giovane senese, Irene Crecchi, si sbarazzava nettamente delle
avversarie nei turni eliminatori, per entrare nelle sedici batteva per 15-7 la
quotata milanese Cacciatori, ma cedeva successi-
L
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vamente alla romana Provinciali per 9-15 e si classificava undicesima.
Nella categoria maschietti Guido Ferrini, su
103 partecipanti, si aggiudicava il bronzo cedendo
nella semifinale per 6-10 al
mestrino Marotta. Nei turni
precedenti nessuna esitazione fino all’assalto per la
finale ad otto, dove pur essendo andato in svantaggio per 1-6 riusciva a ribaltare le sorti dell’incontro
battendo il milanese Barbieri 10-9 e successivamente con il torinese Di
Tizio per 10-5. Nella rassegna altoatesina erano presenti nella categoria allievi Jacopo Vagaggini e
Cristiano De Salve, che
dopo il primo turno eliminatorio cedevano nel tabellone da 128, mentre
Edoardo Marri in quello da
64; stessa sorte anche per
Marco Tanfoni nella categoria giovanissimi.
Intanto per tre settimane
l’altro capo del mondo
schermistico si è trasferito
a Siena. Sono infatti giunti
nella nostra Città il M° Angelo Santangelo, nel recente passato allenatore
della squadra nazionale
australiana di scherma e
pentathlon, ed il vice-campione australiano dei cadetti di fioretto Paul Leoni.
Il Maestro Santangelo
insegna al Sydney University Fencing Club e quindi
il legame con il sodalizio
cussino si è ancora di più
consolidato.
Il Presidente del CUS
professor Francesco Pulitini, insieme al vice-presidente Dott. Filippo Carlucci ed al responsabile della
sezione scherma Dott.
Giancarlo Pigino, hanno
fatto gli onori di casa e ringraziato per questa scelta
che onora la scherma italiana ed in particolare il
sodalizio senese.
Gli ospiti oltre all’aspetto tecnico curato dai Maestri Lio Bastianini, Daniele Giannini ed Alberto
Carboni, sono rimasti fa-
Parallelamente all’attività agonistica,
si intensificano i contatti con le altre scuole del mondo
Il Cus esporta
la sua tradizione
di Daniele Giannini
vorevolmente impressionati dalle capacità organizzative e dal numero
considerevole di bambini
ed atleti che frequentano
la struttura dell’Acquacalda ed hanno espresso il
desiderio di poter effettuare altri scambi di questo
tipo, magari anche a Sydney. Gli ospiti hanno naturalmente ricevuto i gadget
degli sponsor Montepaschi Vita, Chiron Vaccines
e dello sponsor tecnico Allstar Senarmi.
La fine del mese è stata
intensa anche per il fiorettista Niccolò Nuti che è
stato convocato in due
gare di Coppa del Mondo,
la prima a Como e la seconda a Moedling in Austria. In ambedue le competizioni Niccolò, non
ancora a proprio agio per i
cambiamenti tecnici all’apparecchio segnalatore, si è fermato nei sedicesimi
confermando
i
risultati precedenti. Nell’Ultimo fine settimana si
è svolta a Brindisi la seconda prova di qualificazione del campionato italiano giovani. Ambedue i
nostri rappresentanti, Niccolò Nuti e Vanni Mario
Zanchi (al rientro dopo un
grave infortunio al polso e
relativo intervento chirurgico), si sono qualificati
per la finale a 32 che si
svolgerà prossimamente
a Mestre. A Brindisi c’è
stata anche la lieta sorpresa del cadetto primo
anno Niccolò Zanchi, che
qualificatosi dal campionato della sua categoria
ha superato i primi due
turni eliminatori e ha raggiunto il tabellone da 64,
classificandosi poi 56° eliminato da Martino Minuto
di Monza, recente finalista
in coppa del mondo.
Per poco non ce l’ha fatta
nella spada Vieri Vannoni,
davvero in progresso dopo
due anni di inattività e tre
interventi chirurgici alla
fine 40°. Peccato, ma il forte
spadista cussino, che ha
dimostrato così tanta tenacia nel calvario che ha attraversato in questi due
anni, saprà sicuramente,
nel tempo, tornare a quei
livelli che lo avevano visto
protagonista tre anni fa ai
Campionati del Mondo. Il
cadetto Giacomo Steiner,
qualificatosi e pieno di
aspettative, si è dovuto arrendere soprattutto alla
febbre ed ha ceduto nel tabellone da 128. Le spadiste
Bianca Vannoni, Barbara
Galini entravano nelle 64,
mentre la cadetta Elena
Sommaria nei 128, fuori al
primo turno Giovanna Dimitri al primo anno cadette, ma con onore e con una
buona dose di esperienza;
stessa prova anche per la
pari età fiorettista Giorgia
Zizzo. ■
I maestri Bastianini e Giannini con
Santangelo e Leoni (foto in alto).
A sinistra: Alice Volpi e Guido Ferrini
sul podio.
scherma
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Mentre la formazione maschile si accontenta
della salvezza, quella femminile guarda sempre ai play-off
Febbraio amaro
per la Libertas
di Corrado Bagella
i aspettava con trepidazione il mese
di febbraio per conoscere le prime sentenze dei campionati, ma
quelle che sono arrivate
dai campi di gara sono
risultate piuttosto amare,
per i colori della Libertas
Siena. E questo, non
tanto per la formazione
maschile, che, pur tra alti
e bassi, ha raggiunto
matematicamente la salvezza con tre giornate di
anticipo rispetto alla fine
del campionato. La
squadra, infatti, ha alternato prestazioni superlative, sia nella partita
vinta per 6 a 0 con l’Ascoli Piceno, diretta contendente di metà classifica, sia (malgrado le
sconfitte per 6 a 4), nei
matches contro le prime
due della classe, Fortitudo Bologna ed Arpino. Di
contro, la sconfitta di
Reggio Emilia, pur con
qualche attenuante, ha
forse rappresentato la
peggior prestazione dell’anno.
Individualmente, notazioni molto positive per
Andrea Bongini, fighter
indomabile, che ha battuto il cinese Li Wei Min di
Arpino e il russo Kuznetsov di Ascoli Piceno, ben
davanti a lui nelle classifiche equiparate nazionali. Per parte sua Fatai
Adeyemo ha confermato
di essere la solita sicurezza, mentre sul secondo
tavolo Paolo Racca ha
denotato un rendimento
costante, riuscendo, fra
l’altro, a sconfiggere
Morgante dell’Arpino,
contro il quale aveva finora sempre perso. Un
S
po’ in sordina, invece,
Angelo Teatino, i cui risultati, malgrado il consueto massimo impegno,
sono stati inferiori alle
aspettative.
Peraltro,
nella partita contro l’Ascoli Piceno, ha fatto il
suo esordio stagionale il
bulgaro
Nikolay
Boyadzhiev, tuttora alla
ricerca della migliore
condizione atletica, a
causa dei pochi allenamenti che ha potuto fare,
ma sul quale si può puntare per il prosieguo del
campionato.
In campo femminile le
attese erano di tutt’altro
genere, dopo il girone di
andata concluso al secondo posto a pari punti
con la San Donatese.
Tutto era perciò rimandato allo scontro diretto,
fra le mura amiche, ma
le milanesi, dopo aver
superato la settimana
precedente l’Iglesias,
primo in classifica, sull’onda dell’entusiasmo si
sono imposte anche a
Siena. A nulla sono servite le ottime prestazioni
di Saida Burkhankhodjaeva e Marloes De Smet
contro la ex Giulia Cavalli, superata con netti 3
a 0, ma contro la Semenza, n. 9 delle classifiche
italiane, e la cinese
Wang Ju anche le straniere di Siena hanno dovuto ammainare bandiera.
E così la Libertas si
trova ora al quarto posto
in classifica, ma con due
partite da recuperare,
da vincere assolutamente, onde poter mantenere accesa l’esile
fiammella rappresenta-
ta dai play-off per la A1.
La ragione dice che
ormai non c’è più niente
da fare, visti gli impegni
abbastanza facili che rimangono da affrontare
per la San Donatese.
Soltanto un miracolo, ed
in zona Cesarini, potrebbe rilanciare le ambizioni della Libertas. In
questi casi nel calcio si
dice che la palla è
tonda…… Anche nel
tennis tavolo la pallina è
tonda ed inoltre sperare
non costa nulla.
A fine marzo, il verdetto definitivo. ■
Classifica A/2 maschile
Classifica A/2 femminile
Fortitudo Bologna
19
Arpino
14
Reggio Emilia
10 (**)
Libertas Siena
7
Parma
7 (*)
Ascoli Piceno
5 (**)
Iglesias
- 1 (*)
Iglesias
San Donatese
Terni
Libertas Siena
Elmas
Molfetta
San Gavino
Boscotrecase NA
23
20
17
15 (**)
15
14 (*)
12 (*)
12
(*) una partita in meno
(**) due partite in meno
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tennis tavolo
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basket
Timidi segnali
di ripresa dei
Campioni d’Italia,
in crescita anche
nei valori
individuali
MA U R O BI N D I
superare le perverse logiche che si
sono materializzate negli ultimi
tempi.
Non per buttare la croce addosso a nessuno, ma le dichiarazioni dei
giocatori senesi nel post Forlì sono
state veramente una delle parentesi più imbarazzanti degli ultimi
anni. Un conto è parlare dei problemi in campo, un altro spaziare in argomenti di non pertinenza, quale
giudicare ad esempio a stagione in
corso le scelte operate da società e
tecnico, rispetto alle quali un giocatore ha l’unico
dovere di dare il massimo affinché quelle scelte
producano il miglior risultato possibile.
Logicamente nessuno può vietare che poi
nella mente di ogni singolo giocatore si instaurino convinzioni diverse rispetto alle scelte fatte,
ma ciò non può giustificare ostracismi di sorta all’interno del gruppo, perché questo è quanto di
peggio si può produrre in ottica di gruppo e ovviamente di risultati in campo.
Per quanto difficile, Minucci e Recalcati devono trovare la chiave di svolta della stagione
proprio lontano dal rettangolo di gioco, richiamando tutti ad inseguire un obiettivo comune
che non può essere quello di imporre l’identità di
un blocco di giocatori rispetto ad un’altra. Qualsiasi squadra nasce dalla capacità di fondere tutte
le diverse caratteristiche dei vari uomini e prima
di parlare di valutazione sbagliata occorre fare di
tutto perché ciò avvenga e sarebbe quindi oltre
modo colpevole rimanere con il dubbio che non
sia stato fatto per lo meno il possibile perché ciò
non si realizzi.
Virtuosismi da veri e propri equilibristi attendono società e tecnico, ma pensiamo con convinzione che l’esperienza e le capacità di Recalcati, supportata dalla presenza non invasiva, ma
risoluta della società, permettano di recuperare
quella convinzione e quella determinazione necessarie per vedere esprimere la squadra proporzionalmente alle proprie potenzialità.
Intanto fermandoci alle considerazioni post
Udine, dove speriamo sinceramente che Siena
abbia toccato l’ultimo picco veramente negativo
della stagione, inteso non tanto in termini di
sconfitta, che rimane un evento possibile ogni
volta che si alza la prima palla a due, quanto in
termini di assoluta negatività, possiamo rilevare
che contro il Maccabi e poi a ruota contro la Lottomatica Roma abbiamo potuto apprezzare un
deciso recupero di rendimento da parte di buona
parte della squadra.
Rimane incerto, tanto per usare un eufemismo, lo stato di forma di Giacomo Galanda, la cui
crisi, oltre che fisica, comincia diventare anche
psicologica, con una frangia sempre più consistente di pubblico senese che mugugna ad ogni
tocco di palla dell’ala biancoverde, determinando
una situazione sempre più evidente di disagio generale, cosa che onestamente non giova a nessu-
La Mens Sana
si riscopre
protagonista
Salutiamo senza rimpianti il mese di febbraio, anzi, tenuto conto degli ultimi anni, potremo proporre di fermare campionato e ogni
altro tipo di competizione, garantendoci un
mese in meno di sofferenza.
Scherzi a parte, la storia ci insegna che
buona parte delle vittorie nascono proprio dalla
capacità di sapere affrontare, metabolizzare e
superare fasi di crisi, quindi nulla deve essere
visto in termini assoluti rispetto alle difficoltà
degli ultimi periodi. Ciò non ci può impedire però
di affermare che la crisi di gioco e risultati che
hanno contraddistinto la Montepaschi in
questa fase iniziale di
anno, è senza dubbio
la più grave e la più
complessa che la società biancoverde è
stata chiamata a risolvere in questi ultimi anni.
Non sono lontani
i tempi in cui le crisi
avevano un denominatore comune e nascevano dalle difficoltà soprattutto finanziarie che determinavano il contesto tecnico, oggi invece il cosiddetto quadro di
riferimento è totalmente diverso, Siena vive un
momento di solidità economica che garantisce
tranquillità a giocatori e tecnici per affrontare il
proprio impegno non occupandosi di problemi diversi da quelli proposti dal parquet e questo, oltre
a ricordare che è un vantaggio che non tocca a
tutti, ci dice che viviamo i problemi dell’era dell’abbondanza, dove per assurdo è più facile perdere di vista i punti cardine su cui deve poggiare
qualsiasi progetto, compresi quelli sportivi.
Il commento più impietoso è proprio quello
lanciato da coach Recalcati, che in un’intervista
alla Gazzetta dello Sport ha misurato il momento contingente, con l’immaturità dimostrata dal
gruppo nel saper gestire la stagione in corso con
lo scudetto cucito sul petto, una colpa grave, alla
quale è bene dirlo è sempre possibile porre rimedio da qui alla fine della stagione.
Certo il primo posto nella regular season è
ormai una chimera, sei punti sono troppi da rimontare a qualsiasi squadra, a maggior ragione
se a scappare è una formazione come la Benet-
ton che sa anche come gestire mentalmente un
campionato di testa, ma rimangono in piedi l’obiettivo del secondo posto in campionato ed
anche quello delle Final Four di Eurolegaue a
Mosca, competizione nella quale pur sprecando
una grande occasione a Tel Aviv , la Montepaschi
ha avuto il merito di rialzare la testa prepotentemente, dopo la sciagura di Udine e limitare al
massimo il divario, che lascia aperte prospettive
importanti.
Logico puntualizzare però, come Tel Aviv
debba rappresentare lo spartiacque da cui iniziare un capitolo completamente nuovo del campionato biancoverde, perché risulta oltremodo
scontato che proseguire sulla falsariga dell’ultimo mese di febbraio, vorrebbe dire agonizzare
fino alla fine della stagione, collezionando risultati ingiustificati rispetto alle possibilità tecniche,
che questo gruppo fuori da ogni dubbio ha.
Lo scorso anno la sconfitta nella semifinale di
Euroleague contro Bologna, sempre a Tel Aviv,
segnò una tappa fondamentale nella testa dei
giocatori della Montepaschi, radicò la convinzione che l’obiettivo scudetto era realmente nelle
possibilità della Mens Sana e quello che accadde
dopo lo abbiamo ancora ben scolpito nelle nostre
menti. Ora da un’altra sconfitta patita in Israele
deve scaturire una nuova valutazione: la stagione non è ancora arrivata al bivio finale, ma c’è da
recuperare una identità persa e quei particolari
meccanismi psicologici che rafforzano convinzioni individuali e collettive. E’ questo l’obiettivo
fondamentale di questo momento.
Una fase della stagione complicata dal terribile impatto del gomito di John Wallace con la
rachide cervicale dello sfortunatissimo Stefanov,
infortunio tanto pesante quanto anomalo per dinamica e conseguenze, ma per assurdo l’infortunio di un uomo fondamentale quale è il play
macedone, può aver rappresentato, soprattutto
dopo la prima valutazione di gravità, per fortuna smentita dalla realtà, la classica scossa di cui
aveva bisogno il gruppo per uscire da un impasse dai connotati esclusivamente mentali e pochissimo tecnici.
Innanzitutto ha richiamato l’intero gruppo
all’esigenza di sopperire in situazione di emergenza ad un problema che tocca un uomo essenziale negli equilibri del gioco senese e questo
presuppone uno sforzo che può permettere di
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no, anche perché nel modulo di gioco senese il
ruolo di Galanda rimane fondamentale e quindi è
lecito augurarsi che, come ad esempio accadde lo
scorso anno ad Andersen, sia lo stesso giocatore
a sbloccarsi, costringendo tutti a modificare un
giudizio su cui pesa la valutazione sul diverso impatto che il giocatore ha dimostrato di saper offrire alla causa azzurra della Nazionale, rispetto
a quanto offerto finora in maglia biancoverde.
E’ comunque nel reparto lunghi dove abbiamo potuto constatare i progressi più confortanti, con Chiacig che torna a farsi sentire, parallelamente alla capacità della squadra di
coinvolgerlo maggiormente specie nelle soluzioni di attacco e soprattutto con Eftimios Rentzias,
in predicato addirittura di partire solo qualche
settimana fa e oggi più che mai importante alla
luce delle perduranti difficoltà di tesseramento
come italiano di Eze.
E’ indubbio come il giocatore fino a questo
momento sia stata una di quelle scommesse su cui
il giudizio rimane maggiormente sospeso, ma la
sua definitiva conferma fino alla fine della stagione sembra avergli dato nuova linfa, la condizione
fisica sembra aver raggiunto livelli ottimali e con
essa abbiamo potuto intravedere quelle qualità
atletiche e tecniche che sappiamo appartenergli.
Unitamente ad un ritrovata intraprendenza,
ora attendiamo Rentzias ad un ulteriore salto di
qualità, in termini soprattutto difensivi, dove è
innegabile che il giocatore ha un ruolo essenziale, perché se è vero che in attacco Rentzias può
tranquillamente svariare tra le posizioni di 4 e 5,
in difesa il giocatore greco ha una sola dimensione, quella di difensore sui centri avversari e
tanto per citare gli ultimi eventi, la sua difesa su
Vujicic a Tel Aviv è senza dubbio rivedibile.
Rentzias può e deve diventare un’arma in più
nello scacchiere di Recalcati, la sfida rimane quella di vedergli tirare fuori quella grinta su cui
molti non sono pronti a scommettere, ma il tentativo vale sicuramente la pena di essere perseguito con convinzione, perché il giocatore è uno
di quelli che si trovano ad un bivio: ritrovare
quella dimensione che i suoi mezzi gli potrebbero garantire, o cadere in un anonimato troppo
precoce rispetto alle previsioni.
A Tel Aviv e contro Roma abbiamo ritrovato
il miglior Vanterpool, depurato da quell’eccesso
di protagonismo che in taluni momenti della stagione è risultato estremamente negativo per sé
e la squadra. Speriamo sia il segno di un equilibrio ritrovato e di una serenità che gioverà a lui
e ai suoi compagni, unitamente al recupero di un
Bootsy Thorton che tra molte traversie, soprattutto fisiche, spesso non sufficientemente ricordate, sta gradualmente cercando di riportarsi sui
livelli di gioco a lui più consoni e che lo devono
rendere punto di riferimento primario per la
squadra.
Un aspetto, questo, che richiama ad esempio
la difficoltà della squadra a gestire con maggiore lucidità i finali di gara.
Il Maccabi ci ha dimostrato in maniera inequivocabile che c’è una gerarchia immodificabile nei suoi equilibri, a dispetto di qualsiasi
cosa possa accadere nell’arco della partita, l’ultima palla la gioca Jasikevicius, che sia un tiro
da tre o uno scarico ha poca importanza, ma
tutti, compresi gli avversari, sanno ciò e questo più che un vantaggio per gli altri, risulta essere un condizionamento pesante per chi ne
deve prevedere le mosse.
La Montepaschi in questo senso, pur avendo
giocatori in grado di gestire simili situazioni, lascia troppo spesso la sensazione di una colpevo-
le improvvisazione e questo può diventare un
problema perché anche questa è una attitudine
che va coltivata giorno dopo giorno, individuando elementi di certezza in grado di materializzarsi al momento opportuno.
Piacerebbe pensare ad un recupero in tal
senso di un giocatore dal killer instict assodato
come Myers, ma il discorso sulla guardia senese
ci porta a riaffrontare il nodo degli equilibri interni della squadra, sui quali si gioca buona parte
delle fortune future della Montepaschi.
E’ questo il rebus più complicato del momento: armonizzare il contributo dell’ex romano con il resto del gruppo e soprattutto con i rispettivi compagni di reparto. La sensazione, in
questo frangente, è che Recalcati possa tornare
all’idea iniziale di restituire Myers alla panchina
all’inizio della gara per immetterlo a partita iniziata, ma il vero ostacolo è superare la mancanza di convinzione circa il ruolo che può recitare
Myers in questa squadra.
Finora difficilmente si è percepita una effettiva sensazione di amalgama tra le varie anime
della squadra, è quindi lecito chiedersi con quale
atteggiamento si è proceduto sulla strada del
tentativo intrapreso ad inizio stagione.
Niente da dire sotto l’aspetto professionale
dell’impegno a livello singolo, ma a livello di disponibilità gli uni verso gli altri onestamente si
può fare molto di meglio e questo è l’impegno
più decisivo per uscire dall’impasse, poco tecnico
e molto psicologico, che ha attanagliato la squadra negli ultimi mesi.
Intanto rallegriamoci sotto l’aspetto tecnico di quello che la squadra è in grado di esprimere in difesa, non ancora con la continuità
della scorsa stagione, ma comunque con punte
di intensità che fanno bene sperare in questa
ottica e soprattutto con il recupero di una manovra offensiva che nelle ultime due gare è tornata ad essere armonica e soprattutto rispondente alle caratteristiche dei giocatori senesi. I
quali migliorano le proprie performance se tornano a predicare il verbo del penetra e scarica,
con i conseguenti ribaltamenti di gioco che ne
accrescono le soluzioni e soprattutto ne semplificano la difficoltà.
Purtroppo il tempo della preparazione agli
esami che contano è pressoché finito, urge consolidare le ambizioni senesi in ottica Euroleague
dopo l’esito agro-dolce della prima sfida con il
Maccabi e rammentare sempre come in campionato, da qui in poi, ogni passo falso avrà un
valore sempre più condizionante. Purtroppo
però possiamo dire, a buona ragione, che la
Montepaschi ha sprecato una parte consistente
della stagione alla ricerca di un filo tecnico che
ancora è legato ad equilibri molto delicati. Questa perlomeno è la sensazione anche di questo
momento e l’augurio ovviamente è che invece,
senza accorgercene, sia iniziato quel chiarimento definitivo che ci permetta di vedere il vero
volto, nonché il migliore, della Montepaschi. ■
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diario
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Il cubo di Kubrik
Roberto Morrocchi
C
he succede alla Montepaschi? Cosa
c’è che non va? E’ lo spogliatoio che
non funziona? Non c’è armonia?
Queste, o giù di lì, le domande che
mi sono sentito rivolgere centinaia di
volte, come un disco rotto, in questo
scorcio di stagione dagli sportivi mensanini. Chiedo scusa a tutti dalla pagina
rialzare la testa con il Cibona, in Eurolega, ce le suona di santa ragione
Udine che raccoglie sul parquet una
squadra decimata da fughe e infortuni,
anche un Presidente può avere la sensazione di ritrovarsi fra le mani, invece
della squadra Campione d’Italia in carica, il cubo di Kubrik, un rompicapo che
del Diario di Meseport, se non sono
stato in grado di rispondere ai quesiti o
sono rimasto nel fumo di disquisizioni
del tutto fini a se stesse.
Se perdiamo a Jesi, per non parlare
della magra rimediata a Forlì in Coppa
Italia, e dopo aver dato l’impressione di
solo per caso, una volta, dopo millanta
tentativi sono riuscito a far quadrare.
E se dopo Udine si va in campo a Tel
Aviv contro i Campioni d’Europa del
Maccabi e senza Stefanov e con un
paio di giocatori debilitati da influenze o
ancora alla ricerca della giusta condi-
zione, rischiamo di sbancare i gialli d’Israele, ecco che il rebus si fa così complicato da diventare irrisolvibile.…
Eppure datemi dell’illuso, o peggio
del matto, ma io continuo a nutrire fiducia nel team mensanino e mi aspetto
che i giocatori che ci hanno regalato un
incredibile quanto meritatissimo scudetto siano in grado di dare
quel colpo d’ala che in fondo
in fondo un po’ tutti ci aspettiamo.
Loro sono li stessi che ci
hanno portato in cima al
mondo della palla a spicchi,
con Myers Rentzias e
Lamma in più nel motore in
attesa di Eze.
Voglio pensare, allora, che
la Montepaschi che vedremo
da qui alla fine sia quella vista
contro il Maccabi, determinata e coraggiosa, una squadra
vera, come quella che ha
fatto sua la Supercoppa e
che ha messo in riga tanti
squadroni in Eurolega e in
campionato, perdendo la faccia, magari, contro avversari,
non me ne vogliano a Livorno, Roseto, Jesi, Udine, Napoli, di modesto lignaggio. La
società non ha mai fatto mancare l’appoggio a tecnici e
giocatori. Sono da sempre
convinto che più che le multe
o i congelamenti degli stipendi, valgano, nei momenti difficili la serietà dei comportamenti. Se la società è seria,
se ha un suo stile e una condotta lineare, i giocatori si
sentiranno comunque protetti e in dovere di ripagare con
ugual moneta il club per il
quale giocano. Questa è la
nostra linea e su questa ci
muoviamo con decisione,
senza tentennamenti.
Tocca ora ai nostri Campioni ( perché Campioni sono..),
al nostro coach Recalcati e al
suo staff trovare le risposte da
dare alla gente, ai tifosi della
curva, agli addetti ai lavori, ai media, allo
sponsor, alla città e infine ad una Società
seria e a un Presidente che rischia altrimenti di finire la stagione con il cubo di
Kubrik in mano, dipinto di bianco e di
verde, senza poter dare una risposta valida ai suoi dubbi e ai suoi perché. ■
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basket
Come nel 2004
é la competizione
europea a ridare
slancio alle
ambizioni
biancoverdi
FABIO FINESCHI
L’Euroleague
come trampolino
di lancio
Era il 18 marzo di un anno fa. Terzo turno
delle top 16, con la Montepaschi che va a far visita all’imbattibile Treviso, così considerata in
quei tempi. I toscani tengono a lungo testa ai locali, sfiorano la vittoria, che sfugge per dettagli.
Finisce 95-92, con la Mens Sana che non raccoglie punti concreti, ma una consapevolezza delle
proprie potenzialità che poi saprà mettere a
buon frutto. Da lì in poi la seconda fase europea
è una cavalcata senza soste: fino alle Final four.
Inutile ricordare poi cosa avviene in campionato.
E’ passato quasi un anno dopo un febbraio
che ricalca quello del 2004, fra dubbi in campionato e disastri in Coppa Italia contro la solita Cantù. Stavolta l’avversario principale nel
gruppo D è il Maccabi, la seconda giornata è
quella della trasferta impossibile. La percezione della gara ricorda da vicino quella di un
anno fa al Palaverde. Siena ha il pallino del
gioco, e da un certo momento in poi lotta più
con se stessa che contro gli avversari. Da battere ci sono le paure, la sensazione di trovarsi
di fronte ad un’occasione unica. Il tabù non
cade neppure stavolta. E quei famosi dettagli
negano ancora la soddisfazione più grande. Ma
quanto a nuove convinzioni, quelle sì che sono
arrivate da Tel Aviv. Sono arrivate malgrado la
situazione di emergenza. E proprio in virtù
della pesante assenza di Stefanov vanno valutate. Alla squadra si chiedeva di reagire alle avversità. Lo ha fatto nel momento in cui rischiava di affondare definitivamente, contro
l’avversario più forte possibile. Potrebbe trattarsi dell’ennesimo segnale contrastante, in
una stagione ricca di controsensi e di improvvisi cambi di tendenza. Eppure stavolta la
squadra del dopo-Maccabi pare davvero animata da nuove certezze. Proprio come quella
che un anno fa seppe trasformare una sconfitta a Treviso nel trampolino di lancio.
E torniamo ancora al magico 2004. Proprio perché il nuovo equilibrio assomiglia tanto
ad un ritorno all’antico. Senza la luce del play,
la Mens Sana ha fatto di necessità virtù. Si è
stretta intorno a Vanterpool ed ha riscoperto
automatismi offensivi e intensità difensiva, che
ultimamente apparivano sporadicamente. Di
colpo Zukauskas è tornato a giocare di più, rivestendo il ruolo di irrinunciabile arma tattica.
Thornton ha ritrovato spazi per segnare e cat-
turare rimbalzi. Kakiouzis è più che mai il rapinatore d’area. E il gruppo in generale sfrutta al meglio le virtù di una palla che torna a
viaggiare come si deve. Come al solito l’ispirazione è arrivata dall’Eurolega. A dimostrazione che contro gli avversari più forti ci si misura con maggiore cognizione di causa. Toccando
con mano limiti, progressi e potenzialità. Ma la
tendenza ad un ritorno al passato è stata confermata in campionato contro Roma. Il che
non significa che tutto è risolto. Che d’ora in
poi il 2005 seguirà per filo e per segno le orme
dell’annata precedente. Intanto perché ci sono
gli avversari da considerare, e poi nessuna
esperienza può essere del tutto ripetibile. Di
certo al periodo della grande crisi la Montepaschi ha reagito riscoprendo se stessa. Ponendo così apparentemente fine all’affannosa ricerca di nuovi equilibri. Ovvio poi che a far sì
che l’operazione abbia pieno successo contendono mille fattori. Non ultima un’adesione più
ampia possibile da parte dei giocatori coinvolti nel progetto. Compresi coloro che al momento ne sono rimasti un po’ ai margini. Passa
da qui la possibilità di rivedere presto la Mens
Sana in stile play-off. ■
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basket
Quel volpone di Ricky Pittis ne conosce una
più del diavolo. In occasione della Supercoppa,
vinta dal Montepaschi, l’ex-capitano trevigiano
rilasciò alcune dichiarazioni, riportate su questo mensile nel numero di ottobre, che oggi ritornano, come un boomerang, alla memoria.
“Vincere è relativamente facile, confermarsi è
più difficile..anche se il sottoscritto c’è riuscito”, firmato Riccardo Pittis.
Sono trascorsi quasi sei mesi da quei giorni di inizio stagione, quando il Mps si presentava con un organico ancora più forte ai nastri
di partenza, confermato dai vari giudizi e pronostici e soprattutto dalla prima vittoria
schiacciante sul Benetton, tenuto a distanza di
18 punti (74-56) al termine dei primi 30’ di
gioco. Siena si presentava con gli stessi effettivi del tricolore, eccetto due arrocchi, uno sul
perimetro con l’arrivo di Carlton Myers e l’altro sottocanestro con quello di Efthimios
Rentzias. Sommando i singoli addendi il risultato assumeva, almeno sulla carta, un valore
maggiore, considerando le potenzialità di un
gruppo che aveva vissuto insieme una stagione favolosa.
Invece alcuni meccanismi vincenti della
passata stagione, che hanno echeggiato anche
nelle prime battute di quella in corso, si sono
a mano a mano arrugginiti. Sul banco degli
imputati siede in prima fila sua maestà la difesa, il killer principale di tanti successi della
scorsa primavera, da quelli della Top16 (che
spalancarono la seconda
Final- Four consecutiva di Eurolega) ai playoff affrontati
con un percorso netto di nove
successi per il primo tricolore
della storia mensanina. Difesa
non significa soltanto non
concedere agli avversari un
pingue bottino. La formazione senese non ha subìto pesanti grandinate, eccezion
fatta per i 108 punti rimediati a Roseto, dove peraltro ne
ha messi a segno soltanto 3 in
meno. Difesa vuol dire consistenza, abnegazione, feeling,
automatismi nei meccanismi
e nei movimenti che portano
ad un raddoppio sugli avversari, ad un tagliafuori, ad una
rapida rotazione negli aiuti.
Fino ad oggi questa è apparsa la caratteristica che è più
mancata ai biancoverdi perché in fase offensiva, pur con
percentuali al tiro non esaltanti, il Montepaschi è primo
nella classifica dei punti messi
a segno per minuti giocati.
Il divario in classifica dai primi della classe è
quindi in gran parte il risultato di scivoloni im-
Alla ricerca
delle cause
che finora hanno
impedito ai
biancoverdi
di rispettare
i pronostici
MA R C O NALDINI
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Il bis
riparte
dalla difesa
previsti su quei parquet dove una vittoria contro i campioni d’Italia significa una pagina di storia. Siena ha perso terreno quando il tricolore
cucito sul petto non è stato onorato a dovere.
Oggi nella poltrona destinata dai pronostici all’Mps siede incontrastato proprio il Benetton, oltretutto fresco trionfatore della Final Eight di
Coppa Italia. Il Monte è rimasto invece impantanato in quella corsa alla seconda posizione che
già all’inizio si presentava difficile e dispendiosa
per energie fisiche e mentali, in una lotta fratricida tra le pretendenti ad un playoff da affrontare comunque con l’eventuale gara decisiva in
casa, eccezion fatta per la finalissima. E Siena è
attesa proprio a quell’appuntamento.
Le delusioni, l’amarezza, l’epidemia di pessimismo che sembra allargarsi a macchia d’olio sulle tribune, sono destinati a sciogliersi
come la copiosa neve che ha fatto da cornice
alle batoste subite a Jesi e Udine, tralasciando
la sconfitta quasi tradizionale nei quarti di
Coppa Italia.
Il cartello ‘lavori in corso’ è ben visibile da
tempo ed il cantiere dell’Mps è in pieno fermento per presentarsi al volatone finale con il
look sistemato, compreso quello più denso di
significati di Vrbica Stefanov, dopo il pauroso
infortunio di Udine.
La squadra non è lontana dalla forma ideale e la sconfitta di misura contro il Maccabi a
Tel Aviv, pur con l’assenza del play titolare, ne
è la conferma.
Le posizioni di classifica in campionato ed
in Eurolega non precludono alcun traguardo,
ci sono tutte le condizioni per un bis di prestigio. Occorre forse volgere lo sguardo più spesso su quel tricolore cucito sul petto, per scoprire il segreto per nuovi successi. ■
tiri liberi
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Quando la Piazza Rossa
diventa biancoverde
Antonio Tasso
E s’ha anda’ bene!!!” Lo scambio
d’occhiate con chi da sempre sta dietro la mia sedia era stato più eloquente
di qualsiasi commento.
La settimana più nera della Beneamata, cominciata con l’inguardabile buco
nero di Udine ed il gravissimo problema al
“piccino” Stefanov, proseguita con l’incredibile finale di Tel Aviv , aveva avuto il suo
culmine in mattinata con le notizie disperanti sulla rotula di Vanterpool nell’immediata vigilia della gara con quella Roma
dei miliardi sferzata dal coach più vincente, signorile ed antipatico d’Europa.
E ora, ciliegina sulla torta, salta il tabellone con il punteggio, il tempo, i falli e
tutto quanto!
“E s’ha anda’ bene!...” La scaramanzia
è una delle fedi incrollabili nel mondo dello
sport ed il basket non fa eccezione: mai
toccare qualcosa, mai cambiare un’abitudine perché poi, se qualcosa comincia a
non girare… va a male tutto. E sinceramente in questa –diciamo così- altalenante stagione mensanina non c’è bisogno di
aggiungere ulteriori fattori d’incertezza a
quelli che già sembrano esserci.
Si prova una consolle di riserva, ma
forse l’imperizia dell’operatore fa saltare
anche quella, e allora –ultima risorsa con
i romani che già cominciano a sbuffare
impazienti ed irritati (capirai, loro sono
abituati alle tecnologie anni ’60 del Palatiziano, il palazzo più arretrato e scomodo che ci sia!)- via con i numeri sul tavolo che fanno tanto ping pong da oratorio
o calendario da tavolo montepaschino
degli anni d’oro.
Con tutti i rischi del caso: i giocatori
non vedono il punteggio, non si evidenziano i falli, il tempo lo sa solo il tavolo!
Di colpo, ripiombati nel clima Mens
Sana –Costone degli anni storici. D’un
tratto, tutti di nuovo a Sant’Agata, così, almeno per una volta, saranno soddisfatte
le vanterie delle migliaia di senesi che
–nell’anno dello scudetto- hanno rivelato
di essersi seduti sugli storici scalini sotto il
Prato di Sant’Agostino moltiplicando per
30 o 40 l’esiguo drappello di affezionati
che tifavano Boccini o Ghezzi o Collodel.
Sembra di sentirlo volteggiare sotto gli
stendardi degli scudetti, delle Coppe e
delle Finali, quel “gufo” che da tempo ci
prova ad annacquarci la gioia; non c’è
una cosa che vada per il suo verso:
anche la curva, che pur non contesta, è
perplessa verso la squadra, saltano
anche due fari di quelli grossi, uno dei tre
arbitri sembra venuto qui per una gita e
non per fischiare…
“
“E s’ha anda’ bene!...”
All’improvviso, Minda segna la
bomba, Settimio –dio greco senza fineva a fare una schiacciata di quelle che faceva a Barcellona con quel Pesic come
allenatore che ora storce la bocca e non
ride più, Ghiaccione la mette da sotto e,
come d’incanto, rifunziona tutto: tabellone, punteggio, tempo e falli.
Risiamo nel 2005, questa è (quasi!) la
Mens Sana scudettata dell’anno scorso,
i tempi eroici di Sant’Agata con il punteggio “opzionale” svaniscono nelle chiacchiere da Angolo dell’Unto, Vanterpool
salta come un grillo, Carlton Myers –polemico quanto volete (ma è Lui, signori!)ciuffa da tre che è un piacere, la palla gira
-e parecchio- anche con Lamma; Bootsy,
Kakkio e compagnia fanno la loro parte,
giocano anche i ragazzi degli juniores….
La curva in delirio coinvolge tutto il palazzo…. Roma è schiantata: “Bruciali tutti,
Nerone, Bruciali tutti!”
Si riaccendono, per incanto, anche
tutti i riflettori e gli arbitri, anche quello in
gita, riprendono a fischiare come si deve.
l “piccino” Stefanov scalpita a bordo
campo, con Treviso ci sarà… Intanto,
mercoledi, si va a salutare il ritorno di
coach Pascià Atamanan.
E s’ha anda’ bene!”….Circolano sulle
gradinate del Palasclavo le pubblicità
annuncianti viaggi nelle lontane Russie,
nel mese di Maggio.
Primo Maggio a Mosca era –negli anni
cinquanta e sessanta (ma anche settanta
e ottanta, non credete!)- la meta sognata
ed agognata da chi guardava a quel sole
e a quelle terre come il suol dell’avvenire.
La Mecca , almeno una volta nella
vita, nei sogni di ogni bravo mussulmano;
la Russia e Mosca ( il primo maggio poi
con la parata e le feste ) nei desideri irrealizzabili di ogni bravo, disciplinato ed
incrollabile “tovarish”.
Poi, i tempi sono cambiati, le fedi ed i
miti hanno ceduto sotto i colpi di eventi e
situazioni inimmaginabili solo dieci anni
prima, i suoli ed i soli dell’avvenire sono
passati in cavalleria e- senza dar giudizi
di valore- si è sognato più il tepore dei
Caraibi, delle Canarie o delle Maldive
–tsunami permettendo- che il radioso,
ma ancora freddo sole di maggio della
Piazza Rossa invasa dalla parata.
Solo pochi, inguaribili (immarcescibili
avrebbe detto il poroDuce) nostalgici,
conservavano nell’intimo il gusto ed il desiderio di un maggio moscovita: scorie del
“
passato, ricordi di gioventù ed
amicizie sbocciate all’ombra di
corsi estivi di …lingua. Ma le
mete proposte dalle Agenzie di
viaggio e dai Cral Aziendali
erano ben altre.
Improvvisamente, da un
mese non si parla d’altro: gita
a Mosca ad inizio Maggio.
Cinque, sei alternative con escursioni
varie, mete famose o ignote ai più saranno disvelate ai senesi, rinasce una moda?
Chissà… Di certo c’è che potrebbe
esserci, in quei primi giorni di tiepido
maggio moscovita, anche la nostra beneamata vicina alle torri del Cremlino e
allora parrebbe brutto lasciarsi scappare
l’occasione di una bella ingozzata di caviale e di un tuffo in un passato che tanti
–anche qui- apprezzavano e non hanno
mai sperimentato di persona.
Quale migliore occasione, ora, senza
problemi, rischi, colori politici ma solo il
biancoverde mensanino?
Andiamoci piano, ragazzi: le pratiche
per i visti sono lunghe e, soprattutto, passano per…Israele!
Quando scrivo è lunedi e la partita con
l’Ulker si giocherà fra due giorni, chissà
come andrà a finire (vinceremo noi!) e
chissà quali saranno le accoglienze a
Ergin Ataman.
Io, di certo, lo saluterò con piacere,
amichevolmente, con quella simpatia
grande come il suo giro vita che nei due
anni di frequentazione e lavoro insieme
non è mai venuta meno.
Io gli stringerò la mano con calore, lo
stesso che emanava dalla sua giacca e
dalle sue camicie nei match più duri, tirati e combattuti che si erano mai visti sino
ad allora dalle nostre parti.
Io, come sempre, gli sorriderò perché
Lui, per primo, mi ha fatto, ci ha fatto sorridere –un’intiera città- in una serata ventosa di Lione con la prima Coppa internazionale della nostra storia.
Io, volentieri, lo ascolterò ancora una
volta raccontare quelle storie incredibili al
punto da essere vere, nate dalla fantasia
astuta di un levantino/bresciano capace
di rigenerare gli entusiasmi sopiti di una
città in amore col basket.
Non ci sarà il tempo di sedersi a tavola
alla Patria di Rapolano per una faraona con
patate arrosto (soprattutto dopo che avrà
perso) ma ci scambieremo di certo i saluti
come si fa con uno che se n’è andato da Signore con un’ uscita da grande attore.
Ciao, Ergin! (E non ci far girare le scatole al ritorno…) ■
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basket
Luigi Datome,ala
ARCHIVIO SERIE A1
22a giornata
MONTEPASCHI SIENA-CASTI GROUP VARESE 82/73
23a giornata
SNAIDERO UDINE-MONTEPASCHI SIENA
79/67
24a giornata
MONTEPASCHI SIENA-LOTTOMATICA ROMA
90/66
Classifica: Treviso 40; Cantù, Milano, Siena e Bologna 34; Pesaro
24; Roma, Udine, Roseto, Varese e Livorno 22; Teramo, Napoli e
Reggio Emilia 20; Avellino 18; Biella 16; Jesi e Reggio Calabria 14.
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basket
Franco Bolelli è un cinquantacinquenne
che vive delle sue stesse idee. Scrittore, progettista, organizzatore di eventi, conferenziere. Un futurista convinto con l’ossessione
del progresso. Franco Bolelli sul primo numero di “Dream Team”, ultimo e unico mensile a tema cestistico che l’editoria italiana
produce, ha proposto un insolito “Elogio del
playmaker”. Tre colonne per spiegare la trasformazione che sta subendo il play del secondo millennio, sostituito sempre più spesso da guardie iperatletiche che con i creatori
di gioco old style hanno in comune soltanto i
(pochi) centimetri. Un’evoluzione della specie a cui molti guardano con scetticismo.
Vrbica Stefanov all’interno di questo discorso si inserisce davvero a fatica e, a ben
guardare, somiglia molto all’eccezione capace di far cadere l’intera teoria. Centottantotto centimetri per settantasei chili, Stefanov ha ben poco da spartire con i play del
Duemila e somiglia sinistramente all’ultimo
epigono dei piccoli che andavano di moda
negli anni Sessanta: John Stockton. Fin qui
tutto facile. Il difficile è capire se “Vrba” sia
l’ultimo esemplare della vecchia generazione, nato per sbaglio in un paesino della Macedonia, o più semplicemente un anello di
congiunzione tra ciò che è stato e ciò che
sarà. Il problema che marzo porrà alla Mens
Sana sembra avere molto a che vedere con
questo discorso. La botta alla schiena di
Udine e i conseguenti problemi a cui Stefanov è andato incontro pongono a Minucci e
Recalcati una serie di problemi. Il primo e il
più importante: come sostituire a metà stagione il play titolare, ammesso e concesso
che Vrbica faccia parte di quei giocatori che
possono essere sostituiti? Le soluzioni sono
fondamentalmente due: ricorrere ad un mercato che dopo cinque mesi di basket giocato ha ben poco da offrire o utilizzare chi del
roster mensanino fa già parte. Una scelta
che trasformerebbe David Vanterpool in insolito portatore di palla e regalerebbe una
manciata di minuti in più a Davide Lamma,
nell’insolito ruolo di uomo d’ordine. Dan Peterson ha già fatto sapere di avere idee anticonformiste: per il più “esperto” dei commentatori Sky l’assenza di Stefanov
gioverebbe alla circolazione di palla della
Mens Sana, congestionata dai troppi palleggi del play macedone. Parere non necessariamente condivisibile, anche considerando come le statistiche si schierino senza
mezzi termini dalla parte di Vrbica. Nelle vittorie mensanine il macedone ha segnato
oltre 12 punti di media e distribuito 3,3 assist, cifre non paragonibili a quelle totalizzate
nelle sette sconfitte che la Mens Sana ha rimediato in campionato: meno di dieci punti
e meno di due assist a partita. Se qualcuno
cercava nei freddi numeri la conferma dell’importanza che il numero 4 ha nei meccanismi offensivi della Montepaschi può dirsi
L’ infortunio
del play macedone
apre scenari
del tutto inediti
all’interno
della squadra
LU C A BIANCHIN
Stefanov,
un’eredità
pesante
soddisfatto. A completare l’elogio di Vrbica
pensano le sensazioni. Sensazioni che frequentemente hanno suggerito l’idea di una
Mens Sana Stefanov-dipendente, incapace di
prescindere dal ritmo con
cui l’ex AEK dirige da
quattro anni l’orchestra
biancoverde. Se è vero
quello che molti sostengono, ovvero che il segreto delle grandi squadre è l’equilibrio tra
soluzioni dal perimetro e
gioco di post, l’assenza di
Stefanov assume contorni preoccupanti. Il timore
è quello di scoprire una
Mens Sana troppo simile
alle tante squadre che,
prive di un play capace di
servire con continuità i
suoi lunghi, si riducono a
praticare un attacco modello pallanuoto con cui
riducono la fase offensiva
in una noiosa rete di passaggi sul perimetro. In attesa del giusto blocco per
l’ennesimo tiro dai sei e
venticinque. Il presente,
per fortuna, consente
maggiore ottimismo: a
pochi giorni dallo spavento di Udine restano i
dubbi che riguardano in
primis la durata del riposo forzato di Vrbica e, secondariamente, l’importanza del play titolare
nella chimica mensanina.
Per capire finalmente se
il basket moderno può
fare a meno della figura
del play o se, per tornare
a Franco Bolelli, può fare
ancora comodo chi
“sente il ritmo e lo scandisce variandolo, chi trasforma un’idea e uno
schema in fisico divenire.
Perché gli altri schiaccia-
no, saltano, stoppano, prendono i rimbalzi, ti
spostano. Ma tu sai il gioco, anzi forse sei il
gioco”. ■
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zapping
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Nessuno tocchi Caino (in tribuna ospiti)
Vincenzo Coli
ensierino della sera (la sera dopo la
disfatta di Udine). Una riflessione
piccola così, giusto per cercar di stemperare l’aggressività delle argomentazioni e degli atteggiamenti che sta intossicando anche il basket dopo aver
guastato in maniera irreversibile il calcio. Dico ai tanti (me compreso) che al
Palasport reagiscono con una certa
animosità ai tifosi ospiti quando, piccola falange puntuta o tribuna colma e ribollente, ci offendono pesantemente la
città del cuore e/o la mamma. Sono
cose che non vorremmo mai vedere.
Nei civilissimi Stati Uniti, è noto, si tifa a
favore della propria squadra, non contro
l’avversaria. Seee, lo fanno i quaccheri,
forse. Nelle partite Nba, Sky inquadra a
bordo campo dei veri mostri con la bava
alla bocca, che agitano cartelli irriferibili e gridano e tirano di tutto. Allora pensi
che c’è un limite oltre il quale non si può
andare: l’insulto razzista, quello davvero insopportabile, ne abbiamo già parlato in queste pagine. Sul resto, via, si
può trattare. C’è un modo sicuro per
non lasciarsi guidare dal demone della
fazione e non inciampare in un abisso di
adrenalina e imbecillità: mettersi nei
panni dei ragazzi che da quello spicchio
di cemento straniero e guardato a vista
gridano per darsi coraggio, e alle cui
stupidaggini l’istinto suggerisce risposte altrettanto becere, dietro la convinzione di difendere il patrio confine. Quei
P
giovani si sono sobbarcati viaggi allucinanti attraverso mezza Italia, da Cantù
o da Napoli, magari per arrivare a metà
partita e magari vedere la loro squadra
suonata come un tamburo. Dalla Mens
Sana. Magari. Non vi basta vederli uscire a testa bassa? Non vi basta no. Infatti
gli scugnizzi sono usciti a testa alta. E
non siete riusciti a immedesimarvi. Allora mettetevi nei panni di uno dei nostri
ragazzi, anzi proprio del nostro (gli abbiamo sistemato il panino con la frittata
nello zainetto, gli abbiamo raccomandato di non sudare) che ha affrontato
passeggiate di salute a Livorno, pranzo
con cacciucco annesso, o a Roseto con
i suoi maccheroni alla chitarra. Ma
anche su nel Friuli, nove (!) ultrà sul caravan in mezzo alla tormenta, ed è stata
la volta della Mens Sana a farsi suonare come un tamburo. Cosa sarà uscito
dalle loro bocche amareggiate, capaci
di scatenare la reazione inviperita del
supporter friulano, labronico o abruzzese, lo possiamo immaginare. E come
avranno lasciato il palazzetto nemico e
vittorioso, delusi e affamati - il panino
con la frittata a Udine mica bastava - è
facile capire.
La prossima volta, cari tifosi biancoverdi, piume delle mie piume, cerchiamo di essere indulgenti, e lasciamole
perdere quelle invocazioni a una guerra
che non si farà, se i poliziotti di servizio
saranno un po’ più svegli. Tanto, se son
tutte chiacchierate le mamme del
mondo, l’offesa dove sta?
i ero sbagliato, lo ammetto. Avevo
scritto che la Gazzetta dello sport
prima aveva promesso due pagine due,
ogni giorno zeppe di basket, e poi non
ne aveva fatto di niente, a parte la cronaca del lunedì con grande spazio alla
milanese Armani. Invece hanno cominciato: il martedì una pagina alla Nba e
l’altra al dopopartita Armani, il mercoledì una alle presentazioni delle coppe
e l’altra ai grandi personaggi Armani, il
giovedì una alla cronaca di coppa e l’altra all’Armani che la coppa la farà l’anno prossimo, il venerdì con la bela madunìna a tifare de luntan, e il sabato con
le interviste a D’Antoni e ai vecchi campioni in scarpette rosse, e la domenica
che è il gran giorno, non ci son più solo
Milan e Inter, finalmente. Beh, succede
che la domenica per due volte di seguito al Forum di Assago si staccano diecimila biglietti, ma per due volte l’Olimpia perde di brutto e aleggia il fantasma
dello SfigaForum. Al prossimo match
casalingo il bravo milanese preferirà il
cinema, almeno non gli prende il magone. Però le due pagine rosee sono rimaste: una, per illustrare la crisi della
Montepaschi. Ma si grattassero le
rogne loro. ■
M
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basket
Piombino come
New Brunswig, per la
quinta volta assegna
la Coppa Carnevale
alla Montepaschi
STEFANO FINI
I giovani biancoverdi
si scambiano il ‘cinque’
Ancora Siena, fortissimamente Siena, inesorabilmente Siena.
Alla XX^ edizione della Coppa Carnevale a
Piombino, le due società senesi, Mens Sana e
Virus, hanno dimostrato, ancora una volta, di
essere fra le realtà nazionali più significative di
tutto il movimento cestistico giovanile. La
Mens Sana si è aggiudicata il prestigioso torneo per la quinta volta, dopo la vittoria della
passata stagione e quelle, consecutive, degli
anni 1998/99/2000 quando era targata Ducato. La Virtus , giunta in semifinale, si aggiudicò, a sua volta, il torneo nel 2002; tutto questo a dimostrazione di un predominio senese
che dura da anni. La prima edizione del Torneo
fu vinta nel lontano 1986 dal Banco di Roma,
poi seguirono gli anni delle vittorie dell’ Olimpia Milano sponsorizzata Tracer e Philips, poi
quelli di Livorno e Treviso per arrivare agli attuali, dominati da Siena.
Venti edizioni che hanno regalato agli appassionati diversi motivi di interesse e soddisfazione. La Coppa Carnevale ha visto tra i suoi
protagonisti numerosi atleti di grandissimo
spessore, giovani che hanno poi fatto la storia
del nostro basket: Fucka, Del Pol, Bonora (edizione 1991), un timido Bulleri (edizione
1996) attuale play della nazionale, i fratelli Gigena (edizione 1994), Hugo Sconochini che
seppe infiammare il pubblico nel 1990. Fra i
“the best”, fra i migliori di questi ultimi anni
troviamo inoltre Alessandro Cittadini, all’epoca nella Virtus Bologna, Andrea Bargnani, nel
2003 alla Stella Azzurra Roma; troviamo
anche giovani della Mens Sana e della Virtus :
Marco Rossetti, Francesco Amoni, per terminare con Luigi Datome.
Per l’ occasione la piccola e camaleontica cittadina toscana indossa la canotta da basket; diventa New Brunswig, cittadona del New Jersey,
poco lontano da Princeton dove la passione per
il basket spinge “il dipartimento dello sport” ad
organizzare una volta all’ anno dei tornei per i
giovani dei playground nelle palestre della City.
Così il palazzetto di Via Ferrer si anima, si riempie di folla e Piombino parla di basket giovanile
come avviene in quella lontana località statunitense del New Jersey. Nella sua antica storia la
cittadina toscana ha già vissuto situazioni analoghe quando, agli inizi dell’ Ottocento, Napoleone concesse Piombino alla sorella Elisa e questa
le fece vivere, trasformandola, una “stagione
francese” tanto significativa da attribuirle l’ appellativo di “ piccola Parigi”.
Paradossalmente dalla “piccola Parigi”
passiamo alla attuale “New Brunswig” tutta
italiana. La Coppa Carnevale è ormai un evento importante per la città e per il movimento
giovanile italiano di pallacanestro; la consapevolezza che la frequenza media di spettatori
paganti alle ultime edizioni è stata di 2500
unità ci fa capire che la manifestazione non è
per i soliti “intimi” appassionati e l’ impegno finanziario ed organizzativo degli sponsor della
manifestazione, Amministrazione Comunale,
Federazione Italiana Pallacanestro e la stessa
Pallacanestro Piombino, ne sono la conferma.
Importante anche la presenza dei “massmedia” che si confermano attenti a tale evento, sia per quel che riguarda i quotidiani locali, che per quelli specialistici, ed anche per quel
che riguarda i mezzi televisivi, Rai in prima fila
ed emittenti locali.
La Piombino del basket ha farcito la vigilia
dell’ evento sportivo con la naturale curiosità
di chi vuol vedere quale squadra avrebbe potuto contrastare lo strapotere della Montepaschi e con quali armi. Quella maggiormente attesa sul banco di prova era l’ambiziosa Banca
Sella Biella dei vari Ganeta, Quaglia, Persico; le
sorprese potevano venire dalle solite e solide
Livorno e Frigerio Viaggi Canto dalla rigenerata Maxim Virtus Bologna di Sanguettoli, dalla
agguerrita pattuglia della Tiber Roma o dai cugini della Montepaschi Vita Virtus.
Il popolo baskettaro di Piombino durante
la manifestazione si è poi diviso in due fazioni:
i sostenitori della Montepaschi delle meraviglie, già grande in tutto, con i suoi giovani atleti pronti anche a firmare autografi, e quelli che
si sono sentiti attratti dai giovani e simpatici
guerrieri capitolini della Tiber degni finalisti
della manifestazione. In realtà i ragazzi di Simone Pianigiani non hanno avuto eccessivi
problemi. L’ unica squadra a contrastarla ed a
starle avanti nel punteggio per due quarti (1523 e 32-34) è stata proprio la Virtus Siena in
semifinale. Le altre, squagliandosi come neve
al sole di fronte allo strapotere difensivo della
Mens Sana, hanno perso tutte abbastanza nettamente. La principale arma adoperata nella
quasi totalità delle contendenti della Montepaschi è stata la difesa a zona; però questa ha,
solo, ottenuto il risultato di sporcare le medie
al tiro “dalla lunga” dei giovani mensanini ma
non ha inciso più di tanto sul risultato finale:
Gigliani 53% da due 19% da tre; Circosta
65% da due 16% da tre; Vergati 78% da due
10% da tre; Datome 64% da due 28% da tre.
Nella finale gli Juniores dell’Interiors Consulting Roma hanno giocato al loro meglio,
con la massima determinazione difensiva e con
il solito Daniele Grilli come principale terminale offensivo e bandiera del gruppo; ma ai ragazzi di Marco Cilli, contro la Montepaschi,
l’aggressività non è stata sufficiente. I mensanini hanno dominato ai rimbalzi ed hanno sbagliato poco in attacco, con Datome, migliore in
campo, pronto a mettere nella retina ogni pallone vacante e Circosta, eletto miglior play del
torneo, come al solito efficacissimo. Il punteggio sale con una certa regolarità fino al fischio
finale quando viene fissato sul 74-49. Al termine della finale è stato premiato il miglior
quintetto: Valerio Circosta (Mens Sana), Daniele Grilli (Tiber Roma), Donato Cutolo (Virtus Siena), Giacomo Eliantonio (Mens Sana) e
Luigi Datome (Mens Sana).Quest’ ultimo è
stato anche premiato come miglior giocatore e
miglior realizzatore del torneo (93 punti),
mentre Donato Cutolo è stato giudicato miglior giocatore da parte del pubblico ed il fratello Costantino Cutolo, sempre Virtus Siena,
miglior Cadetto (classe 1989). E’ una conclusione che non sorprende; l’anno scorso i ragazzi della Montepaschi hanno vinto tutto,
quest’anno la rinnovata formazione guidata
sapientemente da Simone Pianigiani sta dimostrando di essere ancora una volta la più forte
d’ Italia ed i pluriscudettati campioni della
Montepaschi sanno benissimo quanto sia difficile confermarsi... anche nel mondo del basket
giovanile. ■
I due biancoverdi Cigliani (a sinistra) e Gergati.
quelli che il tifo biancoverde
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“Forza Mens Sana sempre,
schiavi dei risultati mai”
Barbara Cerretani
Alla luce del periodo non proprio felice della Mens Sana Basket, con
molte chiacchere fuori dal campo e
poche risposte sul parquet, anche il
Commandos Tigre intende rendere
pubblica la propria posizione sul del difficile momento della nostra squadra del
cuore. Lasciando da parte disamine di
tipo tecnico,che, a nostro modo di vedere, spettano soprattutto ai nostri vertici societari, gradiremmo fare chiarezza su quali sono i nostri intenti futuri,
ovvero come la nostra curva ha deciso
di porsi rispetto alla squadra durante le
partite a venire. Il nostro gruppo, nel
corso di quest’annata, ha provato in tutti
i modi a spronare i ragazzi in casacca
biancoverde cercando di capire le difficoltà che stanno dietro ad una riconferma post-scudetto. Li abbiamo sostenuti
nelle situazioni più difficili e dopo le
sconfitte più brucianti abbiamo parlato
con loro, li abbiamo caricati nel pre-final
eight di Forlì, li abbiamo duramente
contestati dopo la sconfitta di Jesi e abbiamo mostrato loro anche la triste
realtà dello sciopero del tifo dopo la delusione di Coppa Italia contro l’”odiata”
Cantù. Insomma tutte le nostre carte
sono state giocate e, almeno per ora,
non sono riuscite a scuotere l’animo dei
12 mensanini. Ci sembra così giusto far
vedere loro cosa significa tenere davvero a questa maglia ed essere noi
stessi i primi a vivere lo scudetto dello
scorso anno come un piacevole ricordo
e non come una facile giustificazione ai
tanti errori attuali. Dall’inizio dell’anno
abbiamo predicato umiltà e voglia di
non adagiarsi sugli allori ed imborghesirsi come molte tifoserie hanno fatto
dopo anni di successi. E questo è quello che faremo da qui in avanti tifando
per tutti i 40’ in nome di un simbolo che
non va e viene come i giocatori di turno,
cercando di far sentire loro in debito nei
nostri confronti e senza fornire facili
capri espiatori per eventuali risultati negativi futuri. Per questo invitiamo chi
crede in quello che pensiamo ad aggregarsi a noi già dalla prossima trasferta
di Treviso cercando di mettere avanti la
fede per la squadra al singolo risultato
negativo. Noi tifosi siamo i primi e gli ultimi baluardi dei colori biancoverdi nel
bene e nel male, reagiamo a questa situazione, diamo un forte segnale di
fede, non ci lasciamo coinvolgere da
quella apatia che vediamo in campo,
“
perché il nostro tifo è sempre stato diretto e sempre sarà alla Mens Sana
come istituzione cittadina e orgoglio
sportivo senese. Forza Mens Sana
sempre, schiavi dei risultati mai.”
Queste le parole del Commandos
Tigre nella lettera scritta alla vigilia della
partita casalinga di campionato contro
Roma e soprattutto all’indomani dell’ennesima settimana altalenante, dalla
netta sconfitta di Udine alla partita
persa di misura al cospetto dei campioni d’Europa. Attraverso queste parole il
gruppo organizzato dei sostenitori biancoverdi ha giustamente tenuto a precisare il proprio pensiero in merito al brutto momento della squadra, ma
soprattutto riguardo all’atteggiamento
che il Commandos ha deciso di attuare.
I tifosi che seguono la Mens Sana ovunque e comunque, hanno spronato più
volte la squadra durante questa stagione, oltre al consueto apporto di voce e
colore non sono mancate occasioni di
confronto e di incitamento per un gruppo di ragazzi che nei momenti di difficoltà è sembrato sempre dispiaciuto e
volenteroso di un pronto riscatto. Tutto
ciò però non è bastato in seguito alla
terza eliminazione in tre anni dai quarti
di finale di Coppa Italia, specialmente
perché la sconfitta patita contro Cantù è
venuta al termine di una partita giocata
senza lo spirito giusto, elemento imprescindibile per qualsiasi tifoso, soprattutto quando esiste una rivalità molto accesa con l’avversario di turno; la
serataccia di Forlì ha inevitabilmente
portato con sé uno strascico di polemiche tecniche e non solo a livello di
stampa, ambiente e tifoseria che , suo
malgrado, si è vista costretta alla sofferta decisione dei 20 minuti di silenzio
in occasione della pur importantissima
prima partita di Top 16. Il silenzio della
curva nord nel primo tempo dell’incontro
con il Cibona voleva essere un tipo di
contestazione costruttiva, peraltro accompagnata da eloquenti striscioni che
spiegavano la breve “pausa” dei ragazzi
del Commandos, ma quando solo pochi
giorni dopo la Mens Sana è nuovamente capitolata sul parquet della Snaidero
Udine, sotto gli occhi di una decina di
senesi giunti nonostante le difficoltà invernali in Friuli, è stato necessario rivedere ancora una volta la decisione dello
sciopero. Avendo ormai tentato qualsiasi tipo di soluzione, sempre nel rispetto
di ognuno e con la massima civiltà, disponendo di una comune voglia di andare avanti per la Mens Sana siamo
giunti alla partita di Roma con le bandiere biancoverdi, i cori, la Verbena di
inizio partita e con l’aiuto di tutto il palazzo la curva è tornata a cantare per
tutto l’incontro optando per l’incitamento
ad oltranza verso chi ha l’onore di vestire la storica maglia mensanina.
Ciò che è richiesto a tutti, senza distinzioni, è un’ulteriore testimonianza di
una fede incrollabile anche in una stagione dove non tutte le tessere del
puzzle sono sistemate al posto giusto,
perché nonostante questo Siena ha
sempre il suo carattere orgoglioso e
combattivo, tocca ai tifosi dimostrarlo
anche nei momenti di difficoltà, fino alla
sirena dell’ultima partita. ■
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basket
Michalis Kakiouzis, ala
ARCHIVIO EUROLEAGUE 2004/2005
14a giornata
SCAVOLINI PESARO-MONTEPASCHI SIENA
83/69
Classifica finale prima fase: Maccabi Tel Aviv 20; Barcellona 18;
Zalgiris Kaunas 16; Aek Atene e Montepaschi Siena 14 (tutte qualificate ); Scavolini Pesaro 14 (ripescata come migliore sesta);
Olimpjia Lubiana 12; Asvel Villeurbanne 4.
TOP 16 – SECONDA FASE
1a giornata
MONTEPASCHI SIENA-CIBONA ZAGABRIA
90/62
2a giornata
MACCABI TEL AVIV-MONTEPASCHI SIENA
85/84
Classifica provvisoria: Maccabi Tel Aviv 4; Montepaschi Siena e
Ulker Instanbul 2; Cibona 0.
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basket
Andamento
altalenante
della formazione
di Zani
La Ducato sulle
montagne russe
ROBERT O ROSA
Alti e bassi, così come nelle montagne di
russa memoria; oggi vinco di trenta punti, domani perdo di trenta. Cosa stia capitando alla
formazione senese impegnata nel campionato
femminile di serie A2 è difficile comprenderlo.
Una cosa è certa: i risultati a corrente alternata che hanno caratterizzato il mese di febbraio
e l'inizio di marzo, inducono a pensare che la
stagione della Ducato debba proseguire su
questo standard, complice la formula del campionato che ormai non lascia intravedere possibili variazioni al tema. Sarà Viterbo alla fine
a festeggiare la promozione in serie A1 e questo lo si sa già da diverse settimane.
Di conseguenza trovare gli stimoli giusti e
le dovute motivazioni per proseguire il proprio
cammino non è certamente cosa facile.
Il mese di febbraio, iniziato con la convincente vittoria casalinga su Napoli, è proseguito
con la bella prestazione in casa della capolista Viterbo, dove le ragazze di Zani hanno sfiorato il
colpaccio. Avanti di un punto a pochissimi secondi dal termine e con la possibilità di incrementare il vantaggio dalla lunetta, le senesi si
sono fatte superare, dopo il doppio errore decisivo ai liberi, da un canestro a fil di sirena che ha
dato la vittoria alle laziali, fino a quel momento
ingabbiate dal gioco delle costoniane.
Nonostante la sconfitta la Ducato è uscita
comunque a testa alta da questo confronto,
confermando che con un cammino lineare
(cioè senza infortuni) avrebbe dato sicuramente un senso diverso al proprio campionato. La capolista fino a questo momento ha conosciuto una sola sconfitta, quella di Siena,
rischiando nel match di ritorno di ripetersi.
La settimana successiva la Ducato ritrova il
sorriso superando agevolmente al PalaCus la
Virtus Cagliari, ma a distanza di 7 giorni ecco
la brutta copia di una squadra che a Pontedera va sotto di 29, giocando forse la più brutta
partita della stagione, paragonabile a quella disputata ad Alcamo (anche lì -29) alla fine di
gennaio. Poi ecco arrivare l'ultimo successo,
roboante, contro il Cus Cagliari, sconfitto tra
le mura amiche con 30 punti di scarto: vacci a
capire qualcosa.
Adesso che sono state recuperate le giocatrici infortunate, manca all'appello solo Ilaria
Chemello, che dopo l'intervento ai legamenti
del ginocchio ha iniziato la riabilitazione, -la
squadra deve ancora ritrovare il giusto equilibrio al proprio interno. Essersi allenati per tre
lunghi mesi con un organico ridotto all'osso,
ma soprattutto aver giocato con un gruppo
formato al 50% da juniores e cadette, evidentemente ha lasciato il segno. Ma il tecnico Zani
non demorde, convinto com'è che la sua squadra possa ancora dare grandi segni di vitalità e
dimostrare di meritare, per il sesto anno consecutivo, un posto nella fascia alta della serie
A2. Una considerazione, questa, che non va
trascurata e se la formula fosse stata diversa,
la Ducato avrebbe, anche in questa stagione,
centrato l'obiettivo dei play-off, giocandosi il
tutto per tutto nella bagarre finale.
A questo punto non rimane che attendere
la fine del campionato, con le 8 gare che devono ancora essere disputate e che porteranno la Ducato, in questo mese di marzo a Battipaglia, a seguire la gara interna con
Palestrina, dopodiché vi sarà la pausa per le festività pasquali. Si riprenderà a giocare il 3
aprile con la Ducato impegnata nella trasferta
campana di Castellamare di Stabia.
Tre partite queste contro altrettante squadre impegnate nella lotta per evitare i playout, che dovranno svelare il vero volto di una
Ducato intenzionata a rendere la vita difficile a
tutte, ma in primo luogo a rendere la propria
godibile. ■
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basket
Mentre i vertici del basket italiano le assegnano il “Reverberi”, la Virus continua a lottare strenuamente per uscire dalle zone pericolose della B1.
Il mese di febbraio è stato davvero pieno
d’emozioni per la società di Piazza Don Perucatti. La Federazione ha infatti appena assegnato l’Oscar del basket alla società rossoblù per
l’impegno nell’attività giovanile. Una grande
soddisfazione per il presidente Fabio Bruttini,
che ha ritirato il premio a Ferrara, insieme tra
l’altro a Galanda, miglior giocatore italiano e Recalcati, in rappresentanza della nazionale azzurra. E’ questo senz’altro il più alto riconoscimento per il progetto Virtus, che non si è ancora
esaurito, e che avrà uno snodo fondamentale
nell’accordo in cantiere con la Mens Sana.
Intanto la truppa di Vezzosi ha vinto la sua
seconda gara in trasferta ad Argenta, e fermato
la corazzata Firenze. Quando però già si poteva
sognare una primavera più mite, è arrivato un
nuovo stop, con Porto Torres, e un altro a seguire, ancora di appena due punti, ad Ozzano.
Un campionato a strappi insomma quello
della Montepaschivita.
Crisi e rinascite continue, che rendono difficile il lavoro di commento, con il cronista, che
deve sempre stare attento a dispensare elogi o
rimbrotti, perché i fatti lo possono smentire da
un momento all’altro. Stando alle cifre, il ruolino di marcia dei rossoblù nel girone di ritorno non è affatto male, anzi. Forse, vista la qualità del basket espresso, è anche troppo
magro. Cinque vittorie in dieci gare, quando
nel girone di andata furono appena quattro.
Ma il tutto è macchiato dalle due “occasionissime” sprecate, in casa, con Imola e Porto Torres. Contro i sardi per esempio la Mpv si poteva mettere dietro ben quattro squadre, visto
il passaggio a vuoto di Bologna, che per qualche domenica sembrava davvero spacciata, e
quelli delle concorrenti più tentennanti, Cecina, Fidenza e Argenta. Un altro confronto diretto perso da Macaro e compagni, che faticano ad interpretare bene certe partite.
É solo così
che la squadra
di Vezzosi può
uscire dalla delicata
situazione
di classifica
in cui si é cacciata
ANDREA MONCIATTI
Una Virtus
più cinica
e pratica
Dopo sei mesi di campionato è questo il lato
che più preoccupa della squadra di Vezzosi, costretta ora a giocarsi la salvezza ai play-out, e lì
non affronterà di certo Veroli o Firenze, ma
quelle squadre con cui finora ha più faticato.
Per il resto si può, in qualche modo, essere ottimisti. Come andiamo ripetendo da
tempo, sul piano dell’impegno c’è ben poco da
rimproverare alla squadra. In campo poi la Virtus non mostra tante crepe, anzi. Le sconfitte
sono tutte maturate negli ultimi minuti, con
scarti ridottissimi. Semmai si potrebbe obiettare che non riesce a gestire bene i finali, che
ogni tanto ha qualche approccio soft, vedi con
Porto Torres, che sta sviluppando soprattutto
in attacco una certa dipendenza da due-tre
giocatori.
Negli ultimi due mesi di campionato in B1
nessuno regala niente. La classifica corta tiene
sulle spine tutte le squadre. La Virtus deve per
forza di cose provare a vincere qualche partita in
più delle sue dirette concorrenti, perché in caso
d’arrivo in parità ha praticamente sempre scontri diretti sfavorevoli. Senza fare calcoli, e vivendo di domenica in domenica, la Virtus non deve
far altro che lottare come ha fatto finora, cercando solo di essere più cinica e pratica, ma soprattutto consapevole che la fine di questo sprint
infinito è proprio lì, a portata di mano. ■
Vezzosi durante un time out
Altro che arbitri!
Non cambia, purtroppo lo schema del
campionato della Virtus. Che come accade
da anni, nonostante il variare di giocatori (e
di allenatori :ma per fortuna non è il caso di
quest’anno, perché la panchina di Umberto
Vezzosi non sembra essere mai stata in pericolo), è sempre lì a lottare per la salvezza, facendo stare con il patema d’animo chi la
segue. Ormai la Virtus è un classico . Non
pensiamo certo che i rossoblu debbano vincere il campionato, ma forse qualcosina in
più potrebbero essere in grado di fare. Per
dare stabilità alla sua serie B d’eccellenza, un
torneo certo difficile nel quale, visti i valori in
campo, non si possono fare troppi passi falsi.
Come quello recente in casa contro Sapori di
Sardegna Porto Torres, che la precedeva di
solo due punti. Una sconfitta arrivata dopo
due vittorie che avevano fatto pensare ad
una ripresa decisa verso posizioni di classifica meno preoccupanti. Invece la squadra nel
suo complesso ha giocato senza la necessaria concentrazione. Come dimostrano i diciassette palloni persi e i cinque rimbalzi consecutivi conquistati in attacco dai sardi.
Insomma un passo indietro che deve
giustamente aver fatto molto arrabbiare il
coach Vezzosi. Una sconfitta che non ci voleva proprio e che potrebbe pesare molto sul
risultato finale del campionato. A meno di
qualche augurabile colpo d’ala in campo
esterno che riteniamo sia sempre in grado
di fare. Oltre a non distrarsi ulteriormente
in casa. Basta avere testa e cuore. Una sconfitta, vogliamo aggiungere, nella quale è difficile trovare cause esterne. Magari un arbitraggio non all’altezza che possa far pensare
a trame oscure o a complotti nei confronti
della squadra rossoblù, orditi da chissà chi.
Questa volta il presidente Bruttini, che qualche settimana fa li aveva evocati con considerazioni molto dure ma piuttosto vaghe,
deve solo guardare in casa propria. ■
Augusto Mattioli
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08-03-2005
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basket
Fra alti e bassi
il quintetto
di Surico
é sempre
all’inseguimento
dei play off
Il Costone chiamato
all’ultimo sforzo
RAFFAELE ASCHERI
Siamo ad uno snodo fondamentale della stagione del Costone: la squadra gialloverde rischia
seriamente di fallire l’obiettivo minimo della stagione, cioè quello di entrare nei play-off.
La situazione, al momento, è sempre in salita, nonostante la bella prova ed il successo
esterno contro il Follonica, arrivato dopo un
troppo lungo digiuno di vittorie lontano dalle
mura amiche.
Febbraio, comunque, è stato davvero quel
che gli americani chiamano un “black month”:
iniziato con la vittoria nel derby cittadino con il
Cus – vittoria importante e convincente, c’è stato
poi un vero e proprio stillicidio di sconfitte.
I due punti sono stati lasciati al Rosignano,
al Pontedera con 18 punti di scarto finale, poi
al Colle, in casa, al termine di una partita tirata fino all’ultimo secondo.
A questo punto c’è da chiedersi il perché di
queste sconfitte in serie, appena riscattate dal
bel successo di Follonica.
Una prima risposta non può non riguardare il discorso infermeria: nonostante il prodigarsi della dottoressa Stabile e del fisioterapista Gepponi, l’infermeria costoniana è stata,
negli ultimi tempi, sin troppo affollata e questo non deve minimamente apparire come una
giustificazione per gli insuccessi, ma indubbiamente trattasi di un’attenuante più che fondata, sia per la quantità che per la qualità – senza
nulla togliere a nessuno – degli infortunati.
Dell’Aquila, Sensi, Filippo Franceschini
sono tre giocatori imprescindibili nell’economia della squadra allenata da Maurizio Surico,
tanto per l’apporto difensivo, quanto – se non
di più – per quello offensivo.
Si deve, poi, avere l’onestà intellettuale di ammettere che coloro
i quali, in termini di minutaggio,
hanno giocato di più a causa delle
assenze, non hanno brillato in
modo così fulgido come ci saremmo
potuti aspettare, se si eccettua il
caso di Spampani.
Qualche parola deve essere
spesa per questo lungo, tipico
esempio di “gregario” che, quando
viene chiamato sul parquet, sa essere efficace sia in difesa – riuscendo spesso ad attaccarsi agli avversari, a sporcare il loro gioco, ad
infastidirli con la sua costante pressione – che in attacco, dove può
rendersi utile – da buon saltatore
qual è – anche in fase di tap in.
Spesa la lode per Spampani, facciamo il punto della situazione a cinque giornate dalla fine: il Costone
deve giocare in casa con il San Giovanni Valdarno e poi, a seguire, con la squadra
del Levante Ligure Basket Follo, quindi ci sarà la
trasferta a Reggello, poi l’ultima partita casalinga con il Chiavari, prima del finale ad Arezzo.
La squadra di Vallepiatta ha le potenzialità
per vincere con chiunque in questo girone della
C1, soprattutto se riuscirà a presentarsi al
completo.
Ai play-off accedono le prime otto compagini, e chiaramente chi si qualifica in ottava posizione deve affrontare la prima, con l’eventuale
“bella” in trasferta. Siamo però sicuri che se il
Costone riuscirà ad arrivare dove deve, dal
punto di vista delle potenzialità d’organico potrà
dire la sua senza alcun timore reverenziale.
Questa considerazione nasce, per esempio,
anche dall’analisi della sconfitta con la capolista Colle.
E’ vero che i due punti non sono arrivati, ma
il Costone, rimaneggiato, un Sensi quasi inutilizzabile e un Dell’Aquila al di sotto delle sue potenzialità, ha tenuto testa, fino all’ultimo secondo, alla battistrada del campionato. ■
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MARZO 2005
08-03-2005
12:56
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Il giovane circolo al giro di boa
del secondo anno di attività
La scherma Uisp
non si pone limiti
Stefano Paganelli
ontinua a ritmo serrato l’ attività del giovane Circolo Scherma UISP-Siena, sia a livello
agonistico, che entrerà nel
vivo nei prossimi mesi di
Marzo, Aprile e Maggio, sia
a livello magistrale e propagandistico.
E’ della settimana scorsa
la bella prestazione della
sciabolatrice Alice Vannini,
classificatasi ottava nella finale della seconda prova di
Campionato Italiano Giovani Under 20, rientrando così
nel ristretto gruppo delle
trentadue schermitrici che
potranno partecipare alla
gara finale del Campionato
Italiano a Mestre, programmata per i prossimi giorni.
In questi stessi mesi di
maggiore attività agonistica
a livello nazionale, avrà
luogo la seconda prova di
selezione per i Campionati
Italiani Assoluti, che vedrà
una massiccia partecipazione degli schermitori e schermitrici del Circolo Scherma
UISP, con l’ obiettivo di confermare e migliorare prestazioni già di buon livello; già
qualificata, infatti, la sciabolatrice Flora Scarlato, nazionale agli Europei e Mondiali Under 20.
Anche i numerosi “piccoli” atleti saranno impegnati
nella qualificazione ai
Campionati Nazionali Giovanissimi del prossimo
Maggio a Rimini ed, infine,
si svolgeranno tutte le
prove assolute a squadre,
cui il Circolo prenderà
parte con formazioni ormai
ben consolidate e competitive; un fine stagione, quindi, di grandissimo impegno
per tutti, Schermitori, Maestri e Dirigenti.
Per quanto concerne, in-
C
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sport per tutti
vece, l’ aspetto dell’ insegnamento, negli scorsi mesi
di Novembre e Dicembre
2004, i Maestri del Circolo,
Ruggero e Patrizia D’Argenio, hanno tenuto, insieme
ai Maestri Roberto Tarfano
di Lucca ed Anna Ferni di
Pistoia, il Corso e gli esami
per Istruttori Regionali, durante i quali hanno conseguito il brevetto, fra gli altri,
anche gli atleti del Circolo
Matteo Betti, Marco Danero,
Francesco Montalbano, Enrico Gostinelli e Filippo Pintaldi, che andranno così ad
arricchire di professionalità
lo staff di insegnamento
della palestra di Via Avignone.
Dello scorso mese di Febbraio la lodevole e interessante iniziativa di gemellaggio con la Sala Scherma
londinese del Maestro Gadaskj.
Gli atleti di Londra, una
cui rappresentanza era già
venuta a Siena lo scorso
anno per valutare la possibilità del gemellaggio, sono
infatti giunti nella nostra
città entusiasti di poter condividere con i nostri schermitori la passione per questo sport e, soprattutto, di
scambiarsi vicendevolmente conoscenze e capacità
nelle varie discipline di fioretto, sciabola e spada. A
tutto ciò si è aggiunta la nascita di nuove amicizie tra
gli atleti e la promessa/invito di recarsi a Londra prima
del termine della stagione
agonistica.
Il neo-nato Circolo Scherma UISP, che l’ anno scorso
era, in quanto di nuova
creazione, nelle più basse
categorie di società, ha terminato l’ anno al 93° posto
assoluto nazionale, su oltre
210 società iscritte. Quota
già raggiunta in questo
primo scorcio di stagione e
soprattutto prima degli impegni già descritti che porteranno i maggiori punti al
Circolo.
Non si può insomma dire
che questo 2005 sia partito
in sordina, anzi il nuovo circolo si pone importanti ed
ambiziosi obiettivi, peraltro
tutti alla sua portata. ■
In basso un gruppo con
il maestro D’Argenio,
qui sotto la giovane Amabili.