Raccontare una storia Breve guida pratica allo storytelling

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Raccontare una storia Breve guida pratica allo storytelling
Raccontare una storia
Breve guida pratica allo storytelling, ovverosia come imparare a raccontare una storia
attraverso le fotografie
Raccontare una storia, qualsiasi essa sia, attraverso una sequenza di fotografie non è così facile
come può sembrare e chi ha subito la tortura di dover vedere per mezz’ora le foto degli amici appena
tornati dalle vacanze ne sa qualcosa.
Per quanto riguarda la fotografia, ossia tecniche di composizione, esposizione e simili in questo documento mi limiterò al minimo sindacale per ragioni di spazio ma non solo. In questo campo, tutto o
quasi dipende da troppi fattori per lo più soggettivi e dunque ogni generalizzazione rischia di essere
un azzardo. Quello che mi sento di poter dire serenamente è che di solito il racconto richiede l’uso
di ottiche grandangolari e che un buon compromesso è rappresentato dal 35mm che offre immagini
ampie ma senza causare una distorsione prospettica eccessiva e che si protrebbe coniugare male
per esempio con le esigenze di ritratto. Sempre in linea generale l’uso costante di diaframmi molto
aperti (uguali o inferiori a F2.0) è sconsigliato: con una profondità di campo ridotta al minimo si perdono molte delle informazioni utili a raccontare il contesto di ogni situazione fotografata. Di norma
evitate anche le foto “inclinate” e usatele solo quando questo effetto conferisce davvero qualcosa in
più. Nel caso di ritratti cercate di non stringere troppo sui visi ma di comporre le persone nel proprio
ambiente: riuscirete a raccontare molto di più di quanto reso possibile da un “faccione” (anche se
molto bello). Scegliete le immagini anche in funzione della loro capacità comunicativa e non solo in
funzione di fattori estetici. Non fate l’errore di pensare che la fotografia di viaggio sia solo panorami
e luoghi: talvolta anche i piccoli particolari possono essere utili, importanti e belli (se ben fotografati). Cercate una coerenza stilistica e tecnica in tutte le vostre fotografie così che successivamente
risulti più facile selezionarle e abbinarle insieme in una presentazione, in una mostra o in un vero e
proprio servizio.
L’importanza dell’editing
Visto che circa i consigli su come fare le foto ci vuole molto più tempo, per andare oltre a quanto
appena scritto, concentriamoci ora sulla fase successiva, ossia su quando, tornati a casa e svuotate
le valigie, si scaricano le schede di memoria sul computer. Molto spesso il primo errore in cui si
incorre è quello di fare selezioni troppo ampie, probabilmente perché si è troppo coinvolti emotivamente. Molte delle fotografie che abbiamo per le mani evocano ricordi ed emozioni che risultano
impercettibili agli occhi delle persone cui desideriamo mostrarle. Siccome è probabile che molte di
queste stesse immagini non siano né “belle” né interessanti da un punto di vista fotografico, quando iniziate a fare una selezione tenete sempre a mente quanto appena detto e sfoltite quanto più
possibile la selezione inziale. Di solito è meglio procedere per gradi effettuando una prima cernita
che tenga presente sia il valore estetico, sia quello documentativo/informativo e una successiva che
invece restringa ulteriormente il campo cercando di eliminare tutti i possibili doppioni (situazioni
che si ripetono, eccesso di paesaggi o tramonti, troppi ritratti, ecc.) e iniziando così a individuare
una possibile sequenza. Arrivati a questo punto e fissando convenzionalmente a 20 e 50 immagini il
limite massimo di fotografie, rispettivamente per il racconto di una storia e per quella di un viaggio,
occorre iniziare a scegliere la sequenza, cominciando con l’individuare una fotografia di apertura.
Quest’ultima dovrebbe avere la capacità di “accogliere” il lettore e condurlo all’interno della nostra
storia. Le scelte possibili sono tante e dipendono sia dal taglio che si intende dare, sia dal tipo di
storia che si vuole raccontare. In generale per i viaggi una possibilità classica è rappresentata da
un bel panorama, da una veduta ampia, piuttosto che da un particolare purchè capace di reggere
il ruolo di immagine simbolo (al pari di quella che si sceglie per la copertina di un magazine). Per
quanto riguarda il criterio di ordinamento delle immagini successive alla prima, mentre nel caso del
viaggio di solito seguire un principio cronologico va grosso modo bene, in quello di una storia non è
affatto detto che sia così. Lo scopo in questo caso non è raccontare un fatto, quanto farlo capire, e se
possibile trasmetterne le emozioni.
Visto che l’editing, non è facile nemmeno da spiegare, proviamo ora a vedere due esempi concreti.
ESEMPIO 1
Raccontare una storia/evento
The color run
Qualche giorno fa mi trovavo a Torino per un mini-workshop di street e insieme ai miei “allievi” ho
avuto la fortuna di imbattermi nella Color Run, una corsa non agonistica di 5 km decisamente particolare poiché a intervalli di un chilometro sui partecipanti vengono letteralmente sparate addosso
(innocue) polveri colorate. Sebbene le condizioni di luce fossero deprimenti (foschia e grigiore) e il
tempo a disposizione fosse meno di 15 minuti (visto che il mio compito era quello di insegnare e non
di fotografare) sono riuscito a portarmi a casa circa 45 scatti di cui quella che state per vedere è la
selezione finale, strutturata per raccontare che cos’è la Color Run.
Come immagine di apertura ho scelto questa fotografia perchè è un bel ritratto non solo di due partecipanti ma anche della manifestazione in generale visto che sullo sfondo si vede la grande partecipazione di pubblico e l’area della partenza. Il fatto che sia un
ritratto nel ritratto (o meglio un selfie) è un punto a favore in più poiché rende l’immagine ancora più attuale
La seconda e ultima immagine del pre-gara è un ritratto “doppio” in cui si legge bene il nome della manifestazione (e il relativo
logo) nonché lo spirito goliardico di chi vi partecipa. Sullo sfondo sfuocato, infine, si nota di nuovo la grande affluenza di pubblico
Questa foto ha una brutta luce anche a causa della mia posizione, bloccato dietro le transenne. Ciò nonostante l’ho selezionata
perchè il racconto di una corsa, seppur sui generis come questa, non può prescindere da un’immagine che racconti l’avvenimento
sportivo vero e proprio. Per renderla meno banale ho usato un tempo lungo e un leggero panning così da enfatizzare il senso di
movimento
Un ritratto dal basso di uno dei partecipanti già ampiamente “colorato”
Dal punto di vista narrativo questa era e resta la foto chiave, ossia quella che spiega che cosa è la color run e come avvenga la
“colorazione” dei partecipanti
Un ritratto stretto realizzato presso l’ultimo “color point” prima dell’arrivo con i corridori ormai completamente coperti di polveri
colorate
L’immagine di chiusura è un ritratto fotogiornalistico del dopo gara. I corridori che hanno appena concluso il percorso si apprestano
a festeggiare a ritmo di musica l’arrivo degli altri concorrenti
Le immagini usate sono in totale sette. Probabilmente vi sembreranno molto poche ma è un numero
già più alto di quello che in media compone un servizio pubblicato su un giornale. Riuscire a scartare
molte immagini di valore e di interesse non è impresa semplice, ma è impresa necessaria. Per non
annoiare i nostri lettori ma anche per migliorare la percezione delle nostre doti fotografiche.
Sony RX1
Tutte le foto di questo servizio sono state realizzate con la Sony RX-1, la super compatta dal prezzo
da superreflex che molti non “capiscono”, proprio perché trovano che il costo sia in qualche modo
ingiustificabile. Premesso che tremila euro sono tanti in ogni caso, giudicare per così dire un tanto al
chilo questa fotocamera mettendola a confronto con una reflex professionale non è il modo corretto
per procedere. La RX-1 dispone di un super sensore di pari valore di quello delle reflex full-frame,
capace di una risoluzione di 24 megapixel, cui è abbinata una super lente, il 35mm Zeiss Sonnar,
capace di un’apertura massima pari a F2.0, una vera e propria pietra miliare della fotografia. In un
corpo davvero piccolissimo sono quindi racchiusi componenti di altissima qualità che giustficano il
prezzo. Il fatto che l’ottica sia fissa, mentre può essere visto dai suoi detrattori come un difetto, per
molti è invece un fattore vincente proprio perché rende la macchina molto più “sicura” e “resistente”
doti che sono molto importanti per chi per esempio fa reportage. Tanto per fare un esempio in tema,
mentre tutti gli altri fotografi avevano ricoperto i propri corpi macchina con fogli di nylon più o meno
improvvisato per evitare che le polveri colorate si depositassero vicino all’attacco dell’obiettivo, con
la piccola RX-1 non ho mai temuto alcunché sia perché per proteggerne il corpo bastavano le mie
mani, sia perché il sensore è sempre al sicuro proprio grazie alla lente fissa.
Per quanto riguarda il setup ho lavorato in priorità di diaframmi con esposizione spot, utilizzando
la ghiera per la compensazione dell’esposizione per eventuali interventi di correzione. Quanto ai
diaframmi, scegliendo ampie aperture per i ritratti e lavorando invece su diaframmi chiusi per le
immagini con quella della corsa il cui effetto mosso è stato ottenuto a F 16. Con questo tipo di setup lavorare con la RX-1 diventa facilissimo e soprattutto molto rapido. La velocità di esposizione
permette di concentrarsi meglio sulla composizione e recuperare quella frazione di secondo che
l’autofocus paga rispetto a quello delle reflex professionali. Il corpo macchina così piccolo in questo
caso non si è rivelato utile perché mi ha reso più discreto, bensì perchè mi ha reso molto più agevole
muovermi tra la calca dei partecipanti, senza lo zaino e con solo 4 etti di macchina in mano.
Quanto alla post produzione, visto che la giornata grigia non restituiva in pieno i colori della Color
run ho usato un plug-in di Lightroom 5.4 (Alienskin Exposure 5) per effettuare un color fading (viraggio colore) e aumentare il contrasto.
ESEMPIO 2
Raccontare un viaggio
Indocina
Anche se per ragioni di lavoro, un viaggio è pur sempre un viaggio, anche per un fotografo. Ecco
perchè quando si torna da un lavoro come quello che ho fatto io nel sud-est asiatico, oltre che le fotografie realizzate per ragioni professionali, dalle schede di memoria, una a una escono fuori anche
quelle immagini che sono state scattate per motivo personale e che raccontano il senso più autentico dell’esperienza di viaggio. Quella che state per vedere è una selezione delle fotografie che meglio
riassumono il senso di un lavoro che nell’arco di 28 giorni mi ha portato da Bangkok a Bangkok
passando per Laos e Cambogia, per un percorso complessivo di oltre 2.800 km realizzato a piedi, in
biciletta, in barca, in pullman e in treno. Con tutte queste premesse è ovvio che la vera sfida è stata
scegliere poche decine di immagini su un totale che in questo caso ammonta a circa 950. Come detto
in precedenza, per quanto riguarda la sequenza grosso modo quella che ho usato corrisponde alla
cronologia del viaggio stesso.
Come apertura ho optato per un’icona di Bangkok: il mercato dei fiori, ritraendone però un particolare. E’ un’immagine di tipo grafico, gradevole per i colori, che ritrae anche un cartello con il prezzo in thai bat, elemento che dovrebbe fornire un’altra indicazione di
luogo utile a introdurre l’argomento al lettore. Da un punto di vista narrativo la ragione di questa scelta è semplice: sono arrivato e
partito da Bangkok, ma dei tre paesi che ho visitato la Thailandia è quello in cui ho trascorso meno tempo, ragion per cui l’uso per
esempio di una veduta dello skyline di Bangkok è stata esclusa fin da subito. Lo stesso ragionamento, infine, rendeva difficile optare
per un’immagine dello stesso tipo (ossia panoramica) ma ambientata in Laos o Cambogia.
Le ultime due foto della selezione dedicate alla Thailandia costituiscono anche il primo dittico presentato al lettore. Si tratta di un
monaco ritratto in un tempo a Bangkok e del particolare di uno dei Wat più famosi ad Ayuttaya, antica capitale Khmer. Le foto sono
in relazione per contenuti e per “colore”
Le immagini realizzate in Laos si aprono con due vedute di altrettanti negozi, quello di un barbiere e quello di uno studio fotografico.
E’ un modo per presentare la quotidianità di un paese che è ancora una repubblica democratica comunista. Le immagini in questo
caso sono state accoppiate per tema ma anche per composizione.
Il Laos conta molto sulle risorse agricole e ha un tasso di urbanizzazione decisamente basso che permette di preservare molte delle aree verdi. Una foto di due cascate nella giungla dell’altopiano del Bolaven e il dettaglio di una pianta di caffé rappresentano bene
entrambe le informazioni. Anche in questo caso il dittico si accosta oltre che per temi anche per colore.
L’interno del Laos è ancora organizzato in piccoli villaggi tribali che fanno capo alle decine di etnie che compongono la popolazione laotiana. Due ritratti di bambini sono la soluzione migliore per far conoscere anche questo aspetto del paese. Da notare che il
ritratto, quando utilizzato, è sempre molto largo, così che sia possibile vedere le persone nel contesto in cui vivono
In Laos ci sono meno resti Khmer che in Cambogia ma alcuni siti sono di grande importanza sia per l’ottimo stato di conservazione,
sia perché sono tra i più antichi di quelli arrivati fino ai nostri giorni. A queste due immagini, una stretta e una larga il compito di
raccontarli
Le ultime due foto della selezione dedicate al Laos sono state scattate sul Mekong, il fiume che oltre che da confine tra Thailandia,
Cambogia e Laos, funge soprattutto da fonte di vita. Questo imponente corso d’acqua offre cibo, la possibilità di irrigare campi e
risaie in particolare ma è anche la principale via di comunicazione di un paese che ha ancora poche strade asfaltate
Queste due immagini segnano il passaggio dal Laos alla Cambogia. La prima fotografia arriva un po’ come uno schiaffo e ci racconta l’orrore della dittatura degli Khmer Rossi con un ritratto di una delle vittime del genocidio voluto Pol Pot. La seconda è invece un
punto interrogativo sul fturo del paese con i monaci, icona della tradizione, davanti a uno dei tanti cantieri aperti a Phnom Phen.
Due immagini dei mercati, scelti per raccontare l’economia di un paese che inizia finalmente a svilupparsi seppur lentamente e tra
mille contraddizioni. Lo sviluppo delle attività commerciali è in aumento e questo è un ottimo segnale per una nazione che si basa
ancora molto su un’agricoltura di sussistenza.
Il patrimonio archeologico della Cambogia è uno dei più grandi ed estesi al mondo e il Paese è disseminato dei resti del regno
Khmer. Si tratta di decine di complessi templari o come nel caso di Angkor Wat di intere città, rimaste per secoli nascoste da una
giungla maestosa. Il turismo è oggi la prima leva dell’economia cambogiana.
Questo dittico riunisce due immagini “cartolina” del viaggio. Si tratta della veduta del tempio principale del complesso di Angkor
Wat ritratto all’alba e di uno dei numerosi laghi artificiali che gli antichi Khmer avevano realizzato intorno ai propri complessi architettonici.
Il dittico che chiude la selezione è stato scattato nei pressi di uno dei villaggi sull’acqua che sorgono nei grand laghi formati dal
Mekong lungo il suo percorso. Si tratta di insediamenti di pescatori costruiti su palafitte e nascosti da fitte foreste di mangrovie e
completamente privi di strade
Arrivare a una selezione di sole 23 immagini come quella che avete appena visto è sia “doloroso”
che difficile ma può essere l’unico modo per rendere interessante agli occhi degli amici il resoconto
visivo del vostro viaggio. Foto di apertura a parte (che abbiamo già commentato nella rispettiva didascalia) come criterio di selezione abbiamo utilizzato quello del dittico, cercando di rappresentare
al meglio luoghi e momenti chiave di questo lungo viaggio. Ogni singolo dittico a sua volta è stato
scelto cercando due immagini che avessero in comune quanti più elementi possibili dal punto di
vista della narrazione ma che funzionassero bene in coppia anche per quanto riguarda l’immagine.
Rispetto ai criteri di selezione, infine, ho cercato anche di distruibuire equamente le immagini tra
i tre paesi visitati e in proporzione al tempo trascorso in ciascuno di essi con il risultato che du 23
fotografie, tre sono state fatte in Thailandia, dieci in Laos e altrettante in Cambogia.
Sony RX-1
Questo portfolio, al di là che piaccia o meno da un punto di vista fotografico, dimostra bene che
anche senza zoom e solo con un 35mm tra le mani si può tranquillamente raccontare un viaggio.
Panorami, ritratti, architettura o dettagli non sono un problema e la gamma di tagli e inquadrature
possibili risulta davvero tanto ampia quanto la vostra capacità di spostarvi da e verso il soggetto
delle vostre fotografie.
Una lunghezza focale pari a 35 mm offre un compromesso perfetto tra la necessità di avere un
angolo di campo abbastanza ampio ma non doversi confrontare con una distorsione prospettica accentuata (come nel caso delle ottiche da 24mm o inferiori) che può essere di ostacolo con il ritratto
nonché dare un’impronta troppo forte alle immagini. Per quanto riguarda i diaframmi, sebbene lo
Zeiss Sonnar della RX-1 vanti un’apertura massima di F 2.0 ho usato spesso diaframmi chiusi, sia
per fare una serie di lunghe esposizioni (di giorno, come di notte) sia per rappresentare meglio paesaggi e vedute urbane con immagini caratterizzate da un’ampia profondità di campo.