VERSO LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA OLIVICOLA
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VERSO LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA OLIVICOLA
Campagna finanziata con il contributo della Comunità Europea Reg. (CE) 1331/2004 Settore 1: Sorveglianza e gestione amministrativa del settore e del mercato dell’olio d’oliva e delle olive da tavola 1.b Studi di fattibilità VERSO LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA OLIVICOLA: TRATTAMENTO, RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI Il presente studio è stato realizzato su commissione di UNASCO da: L’Officina GBS Soc. Cooperativa Piazza Vesuvio, 8 - 00141 ROMA Tel. 06.87186265 Coordinatore del progetto: Dr.ssa Anna Chiesura Hanno collaborato: Dr. Vincenzo Marano Dr. Pasquale De Francesco Dr. Angelo Maraglino Ringraziamenti Si ringraziano tutte le persone contattate, intervistate e incontrate durante la fase di raccolta dei dati. In particolare: il Prof. Paolo Amirante (Dip.to PRO.GE.SA, Università di Bari), il Prof. Donato Ferri (Istituto Sperimentale Agronomico, Bari), il Dr. Giorgio Pannelli e il Dr. Giuseppe Padula (C.R.A. Istituto Sperimentale di Olivicoltura, Spoleto), il Prof. Maurizio Petruccioli (Università La Tuscia, Viterbo), il Dr. Pietro Toscano, la Dr.ssa Caterina Briccoli-Bati e il Dr. Nino Iannotta (C.R.A. Istituto Sperimentale per l’Olivicoltura, Rende), il Dr. Nicola Silvestri e la Dr.ssa Lucia Ceccarini (Dip.to Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Università di Pisa), il Dr. Costantini e Ranalli (Istituto Sperimentale per l’Elaiotecnica, Pescara), il Dr. Antonio Feola (Coordinatore del Progetto LIFE TIRSAV), Vivai Attilio Sonnoli, il Dr. Altieri (CNR-Perugia), il Prof. Umberto Tomati (CNR, Istituto di Biochimica ed Ecofisiologia Vegetale, Monterotondo), il Prof. Maurizio Servili (Tecnologie e Biotecnologie degli Alimenti, Università di Perugia). Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari SOMMARIO INTRODUZIONE ____________________________________ 3 PREMESSA ____________________________________________ 3 OBIETTIVI ____________________________________________ 4 METODOLOGIA _________________________________________ 6 STRUTTURA DEL RAPPORTO _______________________________ 7 CAPITOLO I - I SOTTOPRODOTTI OLEARI ________________ 8 1.1. I RESIDUI DI CAMPO ________________________________ 8 1.2 I RESIDUI DELL’ESTRAZIONE OLEARIA __________________ 9 1.2.1 LE ACQUE DI VEGETAZIONE ________________________________ 12 1.2.2 LA SANSA VERGINE ______________________________________ 14 1.2.3 LE SANSE UMIDE ________________________________________ 15 1.2.4 LA SANSA ESAUSTA ______________________________________ 16 CONCLUSIONI ________________________________________ 16 CAPITOLO II - LA GESTIONE DEI RESIDUI OLEARI ________ 18 2.1 ASPETTI NORMATIVI ________________________________ 18 2.2 LO SPANDIMENTO DEI REFLUI SUI TERRENI _____________ 30 2.2.1 ANALISI SWOT DELLO SPANDIMENTO __________________________ 33 2.2.2 IMPATTO AMBIENTALE DELLO SPANDIMENTO ____________________ 34 2.3 VALORE AGRONOMICO DEI RESIDUI OLEARI______________ 35 CONCLUSIONI ________________________________________ 44 1 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CAPITOLO III - TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE _______ 46 DEI RESIDUI OLEARI_______________________________ 46 3.1 TRATTAMENTO DELLE SANSE __________________________ 48 3.1.1 SANSIFICIO _______________________________________________ 48 3.1.2 RECUPERO ENERGETICO _____________________________________ 48 3.1.3 PRODUZIONE DI MANGIMI ___________________________________ 49 3.1.4 COMPOSTAGGIO e PRODUZIONE DI COMPOST DI QUALITA’ _________ 51 3.2 TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE ___________ 56 3.2.1 LA FERTIRRIGAZIONE _______________________________________ 56 3.2.2 IL COMPOSTAGGIO _________________________________________ 60 3.2.3 LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE ________________ 74 CONCLUSIONI ________________________________________ 75 CAPITOLO IV - APPLICAZIONI PRATICHE _______________ 78 4. 1 IL PROGETTO LIFE TIRSAV ___________________________ 78 4.1.1 DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA ____________________________ 79 4.1.2 APPLICAZIONI DEL COMPOST PRODOTTO _______________________ 86 4.1.3 IL RECUPERO DEL NOCCIOLINO _______________________________ 90 4.1.4 INNOVAZIONE E VANTAGGI __________________________________ 90 4.2 ICARO - Indicatore di Compatibilità Ambientale dei Reflui Oleari _______________________________________________ 93 4.3 ANALISI ECONOMICA COMPARATA _____________________ 97 CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI _________________ 103 BIBLIOGRAFIA __________________________________ 108 2 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari INTRODUZIONE PREMESSA La crescente massa di materiale organico prodotto dall’attività di estrazione olearia pone pesantemente il problema del loro smaltimento. Lo smaltimento dei sottoprodotti dell’industria olearia è un problema tipico dei Paesi mediterranei dove, durante la breve e spesso piovosa stagione della raccolta, vengono prodotti piu’ di 30 milioni di m3 di residui oleari, sia allo stato liquido (acque di vegetazione) che solido (sanse). Con la diffusione dei processi di estrazione a due fasi, inoltre, si è aggiunta una terza tipologia di residuo, quella delle sanse umide, che a sua volta apre la questione del loro difficile smaltimento. Le sanse umide, infatti, sono poco accettate dai sansifici per il loro scarso contenuto in olio ed elevata percentuale di umidità. I reflui oleari sono caratterizzati da un alto carico inquinante per la presenza di complessi organici difficilmente biodegradabili. Se rilasciati nell’ambiente senza l’adozione di pratiche adeguate possono provocare effetti dannosi all’ecosistema e alle stesse colture. Proprio per i possibili rischi ambientali legati alla gestione dei reflui oleari, la legislazione vigente in materia prevede il loro spandimento sui terreni solo a determinate condizioni e nel rispetto di precisi quantitativi. La normativa vigente in materia ( L. 574/96, "Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari") consente infatti lo spandimento controllato delle acque di vegetazione su terreni adibiti ad usi agricoli. Oltre e fissare precisi limiti quantitativi e prevedere vincoli fisici e ambientali, la suddetta normativa richiede che lo spandimento sia subordinato alla presentazione al sindaco di una relazione tecnica redatta da un agronomo o perito agrario, agrotecnico o geologo. Le norme della legge si applicano in ugual modo anche alle sanse umide. La normativa non dà pero’ indicazioni sul momento migliore per la distribuzione dei reflui, né sulle modalità di incorporazione nel terreno, o tantomeno su possibili effetti fitotossici per le colture. A quasi 10 anni dall’emanazione della legge, tuttavia, non è ancora possibile esprimere un giudizio definitivo sulla sua efficacia e molte questioni restano ancora aperte circa i reali vantaggi agronomici di tale pratica, nonché sulle condizioni agroambientali per un uso ottimale dei reflui oleari. Molti studi sono stati condotti da Università e Istituti specializzati per valutare gli effetti dello spandimento dei residui 3 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari oleari su diverse colture, e alcuni di essi sono riportati in questo studio. Vista l’impossibilità di rendere conto di tutti, si rimanda il lettore interessato ad approfondire l’argomento tramite l’estesa bibliografia nazionale ed internazionale annessa. Ma se molto si è parlato e studiato circa la pratica dello spandimento, molto si è anche scoperto e sperimentato circa l’efficacia e l’opportunità di pratiche alternative di gestione dei sottoprodotti oleari. Tali pratiche hanno affrontato la questione del loro smaltimento non in termini di “gestione di residui”, ma piuttosto in termini di “valorizzazione di risorse”, mirando a tecnologie di trattamento e recupero di biomasse potenzialmente utili. I sottoprodotti del ciclo di raccolta, lavorazione ed estrazione olearia, infatti, sono caratterizzati da contenuti elevati di sostanza organica e altri composti ad azione ammendante e fertilizzante, utili a migliorare le caratteristiche chimico-fisiche dei nostri terreni, sempre piu’ poveri di sostanza organica a causa dei fenomeni di erosione e desertificazione tipici dei Paesi mediterranei. Se conosciute e sfruttate dagli agricoltori, tali pratiche possono fornire un valido contributo al crescente problema dell’impoverimento di sostanza organica – requisito fondamentale della fertilità - tipico dei suoli mediterranei. Esse inoltre consentono il contenimento degli interventi di concimazione, con gli evidenti vantaggi economici, oltre che ambientali, che ne conseguono. Occorre infine ricordare che diffondere e promuovere pratiche sostenibili di recupero e valorizzazione delle risorse è compito ormai imprescindibile per un’olivicoltura moderna. attenta alla qualità tanto dei prodotti, quanto dei processi. Un’ olivicoltura, quella che si va delineando, sempre piu’ chiamata a svolgere – oltre alla sua fondamentale funzione produttiva ed economica – anche un’ azione multifunzionale, attraverso la fornitura di servizi sociali e ambientali, quali la preservazione del paesaggio e l’adozione di tecnologie pulite. OBIETTIVI Lo smaltimento controllato dei residui oleari tal quali in campo –ammesso dalla normativa vigente – presenta aspetti controversi, e spesso non sufficientemente conosciuti dagli operatori del settore. Inoltre, le continue sperimentazioni e ricerche scientifiche effettuate nel settore propongono tecnologie di trattamento e valorizzazione dei residui oleari, alternative allo smaltimento, e molto interessanti sia per i loro risvolti di natura ambientale, che economica e di diversificazione del reddito 4 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari all’interno della filiera oleicola. Anche qui, tuttavia, le informazioni non sono spesso sufficientemente diffuse a livello di tecnici e operatori del settore. Obiettivo primario di questo studio è quello di condurre un’ indagine conoscitiva sullo stato dell’arte delle tecniche di trattamento, recupero e valorizzazione dei residui, nonché dei loro possibili impieghi nei vari campi di applicazione. In particolare, lo studio si è posto i seguenti obiettivi: _ approfondire le conoscenze relative alla produzione e alla gestione dei sottoprodotti della lavorazione olearia nel panorama italiano; _ _ documentare vantaggi e limiti dell’attuale gestione dei sottoprodotti oleari; descrivere le strategie alternative di trattamento e valorizzazione dei sottoprodotti oleari volte a diminuirne il carico inquinante e a trasformarli in prodotti a maggior valore aggiunto; _ analizzare i possibili mercati di sbocco per i prodotti derivati dal trattamento, recupero e valorizzazione dei sottoprodotti oleari; _ definire strategie atte a risolvere la gestione sostenibile dei sottoprodotti oleari nelle diverse situazioni territoriali, nell’ottica della salvaguardia ambientale e del recupero di una risorsa potenzialmente riutilizzabile; _ fornire materiale di base e casi di studio concreti per l’implementazione di misure ambientali nell’ ambito dei futuri programmi triennali, considerato, oltretutto, il crescente peso dell’ Ambiente nei nuovi programmi comunitari; _ trasferire le conoscenze maturate nell’ambito della ricerca accademica e tecnologica alle associazioni dei produttori e agli altri operatori del settore; _ sensibilizzare produttori, frantoiani e tecnici delle associazioni olivicole al fine di orientare l’intera filiera olivicola verso buone pratiche, sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico. Occorre qui ricordare che l’ obbiettivo generale del presente studio è da inserirsi nel piu’ ampio impegno da parte di UNASCO per la diffusione di pratiche colturali ecocompatibili, come quelle promosse attraverso i tre metodi di produzione (Buone Pratiche Agricole, Agricoltura Integrata e Biologica) disciplinati dal Sistema di qualità UNASCO. Non ultimo per importanza, infine, l’obbiettivo che il presente studio si propone è quello di fornire agli operatori olivicoli spunti utili e informazioni tecniche per la 5 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari progettazione di attività compatibili con i settori d’intervento previsti dai programmi triennali, che inizieranno a partire dal 1 Marzo 2006. All’interno di ben due Misure (“Miglioramento dell’Impatto Ambientale dell’Olivicoltura” e “Miglioramento della qualità della produzione) prevedono tra le attività ammissibili quelle legate al recupero e/o riutilizzo dei sottoprodotti dell’industria olearia (2c) e all’ Utilizzo delle acque di vegetazione per fertirrigazione e delle sanse umide come ammendante del terreno agrario attraverso l’utilizzo di mezzi idonei per lo spargimento (Legge 574/96) e/o utilizzo delle sanse per compost e/o per energia e combustibile (3c). METODOLOGIA Al fine di ottenere una mole di dati quanto piu’ completa ed esaustiva della realtà esistente, lo studio qui presentato si è avvalso di molteplici fonti. Si è ricorsi, infatti, sia a dati secondari (letteratura nazionale e internazionale, pubblicazioni scientifiche di settore, siti on-line e materiale multimediale) che a dati primari, con indagini sul campo, interviste a ricercatori presso enti di ricerca visite presso impianti e aziende, partecipazione a convegni, nonché testimonianze dirette di operatori di settore (Figura 1). Figura 1 – Schema d’indagine metodologica DATI PRIMARI _ _ METODOLOGIA Interviste Visite campo DATI SECONDARI sul _ Incontri e convegni di settore _ Pubblicazioni scientifiche _ Bibliografia nazionale internazionale e Nel contesto del presente studio si è preferito definire i residui della lavorazione olearia con il termine “sottoprodotti oleari”, piuttosto che il piu’ comunemente usato “reflui oleari”, per due motivi: - non tutti i residui si presentano allo stato liquido, come il termine refluo lascia invece intendere; 6 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari - non tutti i residui devono essere necessariamente smaltiti. Come si vedrà alcuni possono essere riutilizzati come materia prima per ulteriori trattamenti e impieghi. Per ragioni di comodità espositive indicheremo i “sottoprodotti oleari” con l’acronimo SOL. STRUTTURA DEL RAPPORTO Lo studio riportato nel presente rapporto è stato articolato secondo il seguente piano espositivo: ! CAPITOLO I – I SOTTOPRODOTTI OLEARI Si riportano le tipologie e le caratteristiche dei vari sottoprodotti generati dalla trasformazione delle olive ! CAPITOLO II – LA GESTIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI Si descrivono i vari aspetti normativi e ambientali legati alle principali metodologie di gestione dei sottoprodotti oleari. Si passa poi all’analisi SWOT della pratica dello smaltimento diretto in campo ! CAPITOLO III – TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI Si descrivono alcune tecnologie di trattamento e valorizzazione dei sottoprodotti oleari ! CAPITOLO IV – APPLICAZIONI PRATICHE Si riportano alcuni casi studio relativi ad applicazioni pratiche delle tecnologie alternative ! CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI ! BIBLIOGRAFIA 7 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CAPITOLO I - I SOTTOPRODOTTI OLEARI L’oliva e, quindi, l’olio rappresentano una minima parte della biomassa prodotta nell’ambito della filiera olivicola-olearia. Nella filiera olivicolo-olearia possono essere individuate due grandi tipologie di sottoprodotti: ! residui di campo: olive non raccolte, residui di potatura e di raccolta delle olive (legna, frasca, foglie); ! residui di estrazione olearia: sansa vergine (piu’ o meno umida a seconda delle tecnologie estrattive), acque di vegetazione, sansa esausta. Nei paragrafi che seguono si descrivono le caratteristiche dei sottoprodotti appartenenti alle due tipologie. 1.1. I RESIDUI DI CAMPO Pur non rientrando nell’oggetto del presente studio, tratteremo brevemente dei residui di potatura e della raccolta, poiché costituiscono una tipologia di sottoprodotto potenzialmente riutilizzabile, oltre che quantitativamente importante. In Tabella 1 si riportano alcune caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse prodotte dalle operazioni di potatura dell’olivo. Tabella 1 - Caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse da potatura dell’olivo CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE FRASCA LEGNA Quantità di residuo tal quale / 100 kg di olive trasformate in olio (kg) 65 15 Contenuto d’acqua nel residuo (%) 52 37 Quantità di residuo secco / 100 kg di olive trasformate in olio (kg) 31,2 9,4 Rapporto C/N (% sul secco) 33,0 128,2 Potere calorifico inferiore (kJ/kg) 18.623 17.163 Contenuto energetico del residuo /100 kg di olive trasformate in olio (KJ/kg) 581·103 161·103 8 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Fonte: Amirante e Pipitone Dai dati riportati in Tabella 1 è possibile rilevare che, tra i residui di potatura, la frasca è quello che fornisce la maggior quantità di biomassa e, quindi, il maggiore contenuto energetico. La sua ridotta utilizzazione attuale dipende solo dalle difficoltà tecniche ed economiche del recupero (Amirante e Pipitone). Foglie e ramaglie di diverse dimensioni costituiscono invece i residui delle attività di raccolta delle olive. La loro quantità varia quindi in funzione del tipo di raccolta condotto in campo. Sono gli scarti piu’ ricchi di sostanza secca e cellulosica. In alcuni casi le foglie, eliminate durante le prime fasi della lavorazione tramite aspirazione, sono destinate all’alimentazione animale o al riporto sul terreno tramite interramento e conseguente apporto di sostanza organica. La diffusione della raccolta meccanica ha portato a quantità crescenti di questo tipo di sottoprodotto. Le quantità di questa tipologia di sottoprodotto sono difficili da stimare, e variano in funzione dei sistemi di raccolta utilizzati. In peso possono oscillare tra il 2 e il 15% del carico totale di olive, con una densità di 150-300 kg/m3 (Pubblicazione UNEP, 2000). 1.2 I RESIDUI DELL’ESTRAZIONE OLEARIA I processi tradizionali di estrazione dell'olio d'oliva richiedono notevoli quantità di acqua, variabili tra i 40 ed i 150 litri per ogni quintale di olive macinate. Questo comporta la produzione di notevoli volumi di reflui da trattare. Inoltre, l'evoluzione della tecnologia di estrazione verso sistemi di lavorazione in automatico tende ad utilizzare impianti continui che puntino all'utilizzo del sistema centrifugo per la separazione delle fasi, eventualmente accoppiato con altri metodi di estrazione (impianti misti a doppia estrazione). Pertanto, gli impianti di estrazione olearia si sono, attualmente, specializzati secondo due direzioni, che prevedono sempre una riduzione sensibile di acqua in fase di processo. Infatti l'acqua aggiunta può essere nulla se le olive presentano un’ umidità del 50%, o di 10÷20 kg per 100 kg di olive se la pasta olearia ha una umidità iniziale del 40÷45%, in modo che, anche in tale nuova composizione, la sua umidità, durante il processo di estrazione, non scenda al di sotto del 50%. I suddetti sistemi innovativi di estrazione per centrifuga prevedono che la pasta olearia possa essere frazionata in due sole fasi (olio e sansa molto umida) oppure in tre fasi (olio, sansa meno umida e piccole frazioni d’acqua). 9 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari L’attività molitoria dei frantoi italiani produce annualmente, in media, oltre 3 milioni di tonnellate di reflui (sanse ed acqua di vegetazione). I moderni sistemi di estrazione centrifuga degli oli (impianti “continui”), frazionano la pasta derivata dalla frangitura delle olive in due fasi, olio e sansa molto umida (58-62%), oppure in tre fasi, olio, sansa con umidità del 48-54%, ed elevate quantità di acqua. Con i decanter a riciclo d’acqua (due fasi e mezzo) si ottiene una sansa meno umida rispetto agli impianti a due fasi e minori quantità di acque di vegetazione rispetto ai “tre fasi”. I vari passaggi previsti dalle due tipologie estrattive (a due o a tre fasi) con i relativi tassi di umidità e aggiunta di acqua nelle diverse fasi sono rappresentati schematicamente in Figura 2. Figura 2 – Estrazione a due e a tre fasi Pertanto, estraendo l’olio con impianti a due uscite non vengono prodotte acque di vegetazione, ma l’umidità della sansa risulta piuttosto elevata (58-62%), il che crea problemi in fase di gestione (spandimento tal quale sui terreni) e/o successiva 10 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari trasformazione (estrazione al solvente o combustione). Lavorando, invece, a tre uscite, con gli impianti tradizionali si ottiene una sansa con un’umidità accettabile (48-54%) e elevate quantità di acqua di vegetazione. In Tabella 2 si riportano i dati relativi alla quantità di acqua aggiunta per tecnologia di estrazione e le caratteristiche dei sottoprodotti generati. Tabella 2 - Bilancio di massa nell'estrazione centrifuga a due e tre fasi ACQUA SANSA AGGIUNTA KG/100 KG (%) OLIVE Due fasi 0 – 10 75 - 80 58 - 62 0 Tre fasi 50 55 – 57 48 - 54 80 – 110 Tre fasi a riciclo d’acqua 10 – 20 56 - 60 50 - 52 33 - 35 TECNOLOGIA DI ESTRAZIONE UMIDITÀ (%) SANSA A.V. (KG/ 100 KG OLIVE) Infine, per avere un’idea dei quantitativi di residui solidi e liquidi prodotti dall’industria olearia, si riportano in Tabella 3 i dati del Consiglio Oleicolo Internazionale relativi alle produzioni medie mondiali e nazionali di olio e reflui. Tabella 3 – Produzioni medie di olio e sottoprodotti oleari in Italia e nel mondo PRODUZIONI DI OLIO E REFLUI OLEARI (.000 T) Olio1 Sansevergini2 Sansa umide2 473 1044 380 1640 UE 1519 3353 1220 5275 MONDIALE 1996 4407 1604 6933 ITALIA Acqua di vegetazione2 (1) medie delle campagne 1990/91-1997/98. (2) stime basate sulle produzioni di olio certe, considerando una resa di estrazione dell’olio pari al 20% e una diffusione del sistema a 3 fasi continuo pari al 70 % del totale, del sistema a 2 fasi continuo pari al 20% e del sistema a 3 fasi discontinuo (tradizionale) pari al 10%. Nei paragrafi successivi si procederà alla descrizione delle due principali tipologie di sottoprodotti dell’attività estrattiva: le acque di vegetazione (sottoprodotto liquido), le sanse vergini (sottoprodotto solido) e le sanse umide. 11 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari 1.2.1 LE ACQUE DI VEGETAZIONE Le acque di vegetazione (AV) rappresentano il sottoprodotto liquido proveniente dal processo di estrazione dell'olio. Le AV sono costituite essenzialmente da: _ acqua di costituzione dell’ olive con un modesto residuo d’olio; _ acqua di lavaggio delle olive e degli impianti; _ acque di diluizione delle paste negli impianti continui. La produzione nazionale di AV si stima ingente (Tabella 4) Tabella 4 – Stima dei quantitativi al frantoio di acque di vegetazione TIPOLOGIA FRANTOIO FRANTOI (NR) OLIO OTTENUTO (T) AV Integrale 43 2.442 0 Pressione 2.005 106.127 349.102 Continuo 2.846 445.707 2.932.283 5 185 1.339 Misto 607 123.101 647.900 Altro 189 22.706 119.505 5.695 700.268 4.050.129 Percolante Totale Fonte: Elaborazione su dati Agecontrol, 2004; Cnr, 1998 Caratteristiche chimico-fisiche delle acque di vegetazione Le caratteristiche chimico-fisiche di queste sostanze variano sostanzialmente in relazione al metodo di estrazione adottato. Nel metodo di estrazione per pressione, quello tradizionale, le AV sono composte unicamente dall'acqua e da altre sostanze solubili presenti nella drupe. Nel caso invece dell'estrazione per centrifugazione, detto anche sistema a ciclo continuo, a quanto sopra si aggiunge l'acqua utilizzata per diluire la pasta di olive. E' evidente come nel primo caso viene prodotto un refluo assai più concentrato. Tali reflui, inoltre, contengono in soluzione allo stato colloidale e in sospensione numerosi composti organici e inorganici con tenori totali di sostanze secche oscillanti tra il 3.5 e il 20% (Tabella 5) dovuti ai differenti volumi di acqua utilizzati nei diversi processi di trasformazione e alla durata dello stoccaggio. 12 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Tabella 5 – Caratteristiche chimico-fisiche delle AV per tipologia d’ estrazione CONTINUO O PARAMETRO DISCONTINUO A CENTRIFUGAZIONE PRESSATURA RANGE MEDIA RANGE MEDIA 5.1-5.8 5.4 4.7-5.5 5.4 79.8-91.7 86.4 90.4 - 96.5 93.5 7.2-18.4 12 2.6-8 5.2 Sostanze grasse (%) 0.02-1 0.5 0.5-2.3 1.3 Sostanze azotate (%) 1.2-2.4 1.8 0.17-0.4 0.3 2-8 4.5 0.5-2.6 1.5 0.5-1.5 0.9 - tracce 1-1.5 1.1 0.9-1.4 1.1 1.3-1.7 1.5 0.23-0.5 0.37 - Tracce - tracce 1.2-2.4 1.7 0.3-0.8 0.63 P2O5 (%) 0.14-0.23 0.21 0.03-0.7 0.06 CaO (%) 0.06-0.01 0.09 0.01-0.03 0.03 K20 0.47-0.81 0.71 0.11-0.24 0.19 Na2O 0.07-0.11 0.1 0.01-0.03 0.03 Solidi sospesi (%) 0.08-0.15 0.1 0.7-1.1 0.9 Sost. secche a 105o 8.3-20.1 13.6 3.5-9.6 6.5 COD (g/L) 54.1-318 208 28.9-79.1 49.5 BOD5 (g/L) 19.2-134.8 90.2 17-41.2 28.7 pH Acqua (%) Composti organici (%) Zuccheri (%) Acidi organici (%) Polialcoli (%) Pectine, mucillagini, tannini (%) Glucosidi Polifenoli (%) Fonte: Pacifico, 1989 La notevole variabilità nel valore dei costituenti totali è legata ai volumi di acqua utilizzati nei diversi processi di trasformazione e alla durata dello stoccaggio nelle vasche di raccolta. Il tempo di permanenza ha, poi, influenza diretta sul peso di alcuni componenti organici facilmente fermentescibili, sull’entità della sedimentazione dei solidi sospesi, e sulla concentrazione dell’estratto etereo in caso si recuperano le sostanze grasse affioranti (Celano et al., 2005). 13 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Altri composti importanti sono i polifenoli i quali esercitano una funzione fitotossica sulle piante erbacee sia pure limitata a poche settimane data la loro estrema degradabilità alla luce e all'aria. Per quanto riguarda invece le informazioni relative alla caratterizzazione microbiologica delle AV, si riscontra invece una carenza di dati. Dalle analisi sinora eseguite su AV di diversa provenienza emerge come la popolazione microbica è prevalentemente costituita da batteri cellulosolitici, mentre assenti risultano i nitrificanti. Sono presenti, invece, anche se in numero minore, lieviti e funghi, molti dei quali pectinolitici. Del tutto assenti risultano gli actinomiceti. 1.2.2 LA SANSA VERGINE La sansa è invece il sottoprodotto solido della lavorazione delle olive. A seconda della tecnologia di estrazione adottata variano i quantitativi di sansa prodotti (Tabella 6). Ciò che caratterizza maggiormente questo sottoprodotto é l'umidità residua che può variare in ragione del 25-30% sul totale della massa in virtù del metodo di estrazione. Tabella 6 – Stima delle quantità di sansa fresca prodotta per tipologia di frantoio TIPOLOGIA FRANTOIO FRANTOI (NR) OLIO OTTENUTO (T) SANSA PRODOTTA (T) Integrale 43 2.442 23.295 Pressione 2.005 106.127 243.281 Continuo 2.846 445.707 1.327.247 5 185 521 Misto 607 123.101 350.666 Altro 189 22.706 85.373 5.695 700.268 2.030.385 Percolante Totale Fonte: elaborazione su dati Agecontrol, 2004; Cnr, 1998 La sansa vergine di oliva presenta caratteristiche simili, sia che provenga da impianti a pressione che da impianti centrifughi, ad eccezione dell’ umidità che passa da valori del 25-30% negli impianti a pressione, a valori del 48-54% negli impianti centrifughi tradizionali (Tabella 7), mentre negli impianti centrifughi a due fasi l’umidità sale a valori pari al 58-62% ed in quelli a risparmio d’acqua risulta pari al 50-52 %. 14 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Tabella 7 – Caratteristiche chimico-fisiche della sansa vergine da impianto tradizionale a 3 fasi PARAMETRI Umidità VALORI 52.05 pH 5.20 Azoto totale (come N) (%) 0.96 Fosforo totale (come P2O5) 0.56 Carbonio organico totale (%) 60.45 Rapporto C/N 62.97 Carbonio organico totale estratto (%) 30.85 Carbonio umificato estratto (%) 11.40 Carbonio non unificato estratto (%) 18.45 Grado di umificazione (DH) (%) 36.95 Tasso di umificazione (HR) (%) 18.86 Indice di umificazione (HI) (%) 1.65 Fonte: Progetto Life-TIRSAV 1.2.3 LE SANSE UMIDE Per venire incontro alle esigenze degli operatori dell’industria olearia è stato messo a punto un sistema di estrazione centrifuga che pota alla riduzione del consumo di acqua e alla riduzione delle quantità di AV prodotte. Con l’introduzione dei decanter centrifughi a “due fasi”, infatti, all’uscita del ciclo estrattivo si hanno due sole frazioni: olio e sansa vergine il cui contenuto di umidità risulta essere mediamente intorno al 60% contro il 48-54% di quello ottenuto con il sistema tradizionale. Questo aumento del tenore in acqua delle sanse cosi’ prodotte, e per questo dette “sanse umide” (SU), ha di fatto posto il problema relativo al loro smaltimento. Le SU infatti presentano un’umidità eccessiva per essere accettate dai santifici, per i quali la voce che piu’ incide sui costi di produzione è proprio quella legata all’essiccamento fino ad un’umidità dell’8% che precede l’estrazione dell’olio a mezzo di solventi organici (esano). Ulteriori problemi legati allo smaltimento delle sanse umide riguardano il loro trasporto, dato che risultano difficilmente palabili e richiedono, al contrario delle sanse asciutte, cassoni stagni. 15 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari 1.2.4 LA SANSA ESAUSTA Con un processo di estrazione dell’olio dalle sanse vergini con solvente (esano) si ottengono l’olio di sansa e le sanse esauste. L’olio di sansa è un diretto concorrente dell’olio di oliva vergine di qualità e richiede una spesa energetica dieci volte superiore a quella necessaria per l’estrazione meccanica dell’olio dalle olive, oltre a generare rifiuti tossici e ad usare composti chimici di sintesi dannosi all’ambiente e alla salute umana. Le caratteristiche della sansa esausta sono riportate in Tabella 8. Tabella 8 – Caratteristiche della sansa esausta dopo estrazione con solvente Olio (%) 0.5-1.0 Nocciolo (%) 45-60 Pellicola (%) 8-12 Polvere (%) 20-30 Umidità (%) 7-12 Fonte: Quaderni PANDA CONCLUSIONI Da quanto descritto in questo capitolo, si deduce che le caratteristiche dei sottoprodotti oleari dipendono in gran parte dalla metodologia di estrazione dell’olio adottata. L'evoluzione della tecnologia di estrazione verso sistemi di lavorazione in automatico tende ad utilizzare impianti continui che puntino all'utilizzo del sistema centrifugo per la separazione delle fasi, eventualmente accoppiato con altri metodi di estrazione (impianti misti a doppia estrazione). I suddetti sistemi innovativi di estrazione per centrifuga prevedono che la pasta olearia possa essere frazionata in due sole fasi (olio e sansa molto umida) oppure in tre fasi (olio, sansa meno umida e piccole frazioni d’acqua). La diffusione degli impianti centrifughi, generalemente dotati di alta capacità giornaliera, ha consentito di ridurre i costi della manodopera ed i tempi di stoccaggio delle olive con indubbi vantaggi per la qualità dell’olio prodotto, specie nelle regioni meridionali del Paese (Cucurachi, 1975). Anche il sistema continuo della centrifugazione presenta, tuttavia, degli inconvenienti dovuti soprattutto alla necessità di impiegare acqua calda per la diluizione delle paste da 16 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari avviare al decanter, che determina la riduzione del tenore di antiossidanti naturali degli olii (De Felice et al., 1979; Di Gioacchino et al., 1980; Di Gioacchino et al., 1992) e l’incremento dei volumi di acque di vegetazione prodotti dall’oleificio. Per ridurre tali inconvenienti è stata prospettata la possibilità di riciclare le acuqe di vegetazione appena prodotte utilizzandole per la diluizione della pasta di olive, prima del suo avvio al decanter in sostituzione dell’acqua di rete (Cioni, 1991; Amirante et al., 1992). I risultati conseguiti con questa tecnica mostrano che il tenore di polifenoli totali dell’olio aumenta del 30% circa e che il volume delle acque di vegetazione di riduce del 35-40%. Un ulteriore miglioramento nella tecnologia di estrazione dell’olio dalle olive si è registrato con la comparsa di decanter centrifughi che consentono la separazione della fase oleosa, dalla pasta di olive gramolata senza l’aggiunta di acqua: la quantità di acque di vegetazione è quasi annullata e ben conservato risulta il patrimonio di antiossidanti naturali (Di Gioacchino et al., 1994). Accanto a tali vantaggi, tuttavia, è da registrarsi un aumento dell’umidità delle sanse nelle quali confluisce tutta l’acqua di costituzione delle olive. In conclusione, nella figura che segue si riassume lo schema di flusso dei prodotti all’interno di ogni singola tipologia estrattiva: a) processo tradizionale; b) sistema con decanter a tre fasi; c) sistema con decanter a due fasi. 17 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CAPITOLO II - LA GESTIONE DEI RESIDUI OLEARI Una volta descritte le tipologie e le caratteristiche dei principali sottoprodotti oleari, in questo capitolo si esaminano i vari aspetti – normativi, ambientali, agronomici legati alla loro gestione. Dopo aver descritto le tecniche consentite dalla normativa vigente, si analizza quella piu’ comunemente praticata: lo spandimento tal quale sui terreni. Tramite analisi SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats) si elencheranno pro e contro dello spandimento diretto in campo dei reflui tal quali, al fine di comprendere in maniera completa ed oggettiva le varie componenti in gioco, dal rischio ambientale alla convenienza operativa ed economica, e le possibili soluzioni per impieghi futuri a maggior valore aggiunto. 2.1 ASPETTI NORMATIVI Una prima ricognizione dell’attuale normativa in materia di riciclo dei reflui oleari, suggerisce di adottare, come uno dei possibili criteri per uno studio più approfondito della stessa normativa, un metodo di analisi basato su: - le diverse tipologie di reflui prodotte dalla filiera olearia; - le diverse fasi di gestione per ciascuna delle tipologie di reflui Ricordiamo quindi le tre principale tipologie di sottoprodotti: ! Acque di vegetazione, prodotte dagli impianti di estrazione tradizionali, e, in minori quantità, dagli impianti centrifughi innovativi "a tre fasi". ! Sansa vergine (o sansa umida) avente un’umidità pari a circa 65-70%, derivante dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi". ! Sansa esausta, prodotta dai sansifici a partire dalle sanse relativamente secche derivanti dagli impianti di estrazione tradizionali (sanse con umidità del 30% in uscita dai frantoi) e dagli impianti centrifughi innovativi "a tre fasi" (sanse con umidità del 45-50% in uscita dai frantoi), oppure prodotta dai sansifici a partire dalla sansa vergine. A questa prima suddivisione funzionale per l’analisi della normativa specifica è associabile una seconda, basata sulle diverse fasi di gestione per ciascuna tipologia: ! fase di stoccaggio; ! fase di trattamento; ! fase di trasporto; ! fase di applicazione al terreno 18 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! fase di scarico; ! altre destinazioni dei reflui oleari. Di seguito si analizzano nel dettaglio le leggi che normano le varie fasi e tipologie. 2.1.1 ACQUE DI VEGETAZIONE Stoccaggio Per quanto riguarda lo stoccaggio, il problema che innanzi tutto si pone risulta essere quello di verificare la vigenza o meno dell’art. 6 della L. 11 novembre 1996, n. 574 dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni, ovvero di stabilire il coordinamento tra le due normative. Lo stoccaggio, tendenzialmente, risulta considerato come deposito e quindi incluso nelle operazioni di smaltimento e assoggettato alla disciplina dei rifiuti. Ma per quanto riguarda le acque di vegetazione lo stoccaggio in vasche all’interno del frantoio o in vasche di evaporazione richiede solo l’obbligo della preventiva comunicazione, secondo quanto si può ricavare dalla legge n. 574/96 (obbligo che non risulta neppure sanzionato). Il regime alleggerito è stabilito solo se le acque di vegetazione sono destinate ad utilizzazione agronomica, secondo alcuni, in caso contrario si applicano le norme del decreto n. 22/97 sui rifiuti Trattamento Per quanto riguarda la fase di trattamento delle A.V., sulla base della normativa sono possibili due diverse destinazioni di tale refluo: ! utilizzazione agronomica ! scarico Nel caso dell’ utilizzazione agronomica, la normativa di riferimento è costituita dalla legge n. 574/1996. Tale legge non prevede alcun intervento preventivo rispetto all’utilizzazione agronomica delle AV. Per questa ragione essa non sembra disciplinare e neppure prevedere alcuna forma di trattamento, sia pure estremamente semplice quale la diluizione delle AV con acqua. Il problema che si pone è quello di verificare la conferma o meno della necessità o opportunità di interventi di trattamento delle AV prima della loro utilizzazione agronomica, alla luce di quanto stabilito dal recente decreto del Ministero dell’Ambiente, recante norme relative alla "Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 19 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari febbraio 1997, n. 22". Secondo tali norme le AV possono essere recuperate mediante la: "Produzione di fertilizzante allo stato fluido conforme alla L. 19 ottobre 1984, n. 748", cioè la legge il cui titolo recita: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti". Se le AV non sono, ovvero non possono essere, utilizzate agronomicamente, è necessario ricorrere al preventivo trattamento. I prodotti risultanti dal processo di depurazione (e la relativa disciplina) possono essere così schematizzati: _ Fase liquida. La normativa di riferimento è la cosiddetta legge Merli e successive modifiche ed integrazioni _ Fase solida (fanghi di risulta). La normativa di riferimento, relativa alle fasi di trattamento e di scarico che risultano in questo caso funzionalmente connesse tra loro, è costituita dal D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 (avente come titolo: "Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura"), da leggersi unitamente alla Legge 19 ottobre 1984, n. 748 e succ. modif. (avente come titolo: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti"). Tali normative non risultano essere state abrogate dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Infatti, l’art. 8, comma 1, lett. d) del "decreto Ronchi" stabilisce che sono esclusi dal proprio campo di applicazione, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni di legge: "le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti, individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità di impiego ai sensi della legge 19 ottobre 1984, n. 748, e succ. modif. ed integr. Agli insediamenti che producono fertilizzanti anche con l’impiego di scarti si applicano le disposizioni di cui all’art. 33". Inoltre il D. Lgs. n. 99/1992, sembra essere coordinato con il successivo d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, facente parte quest’ ultimo del gruppo di decreti che sono stati o dovranno essere emanati per garantire l’effettiva attuazione del "decreto Ronchi". Trasporto L’analisi della fase del trasporto sotto il profilo pratico, fa emergere il problema del coordinamento delle varie attività ad esso funzionali tra quanto disciplinato dalla cosiddetta "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. e il D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Considerando la fase di trasporto delle AV sottoposta alla disciplina del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz., occorre analizzare quali siano le specifiche norme che regolano tale attività. Questo si rende necessario sulla base di 20 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari quanto stabilito dal d.m. 05.02.1998. Tale decreto del Ministero dell’Ambiente iscrive infatti le AV in una specifica categoria di rifiuti non pericolosi, che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni. Scarico Per quanto riguarda la fase di scarico delle AV è senz’altro da chiarire se e quando esso rientri nell’ambito della "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed anche od oppure nell’ambito del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Questo punto ha delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, in particolare nel caso di comportamenti illeciti, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla Legge n. 574/1996, dalla "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed infine dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Applicazione al terreno La fase di applicazione al terreno delle AV è disciplinata dalla L. n. 574/1996 se e solo quando l’applicazione medesima è finalizzata all’utilizzazione agronomica di tali reflui. Rimane comunque da stabilire il discrimen tra: ! utilizzazione agronomica (o spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura), ! scarico sul suolo, ! smaltimento illecito (o non autorizzato) sul suolo. In altre parole il problema che si pone è quello di determinare l’incidenza della "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. e del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. sulle applicazioni di AV al terreno non conformi alle finalità, ai limiti e/o alle modalità previste dalla legge n. 574/1996. In particolare, come già affermato a proposito della fase di scarico delle AV – e logicamente, date le strette connessioni e le conseguenti difficoltà interpretative, tra i concetti di utilizzazione agronomica non corretta, scarico sul terreno e smaltimento illecito sul terreno – la distinzione tra queste diverse fattispecie ha delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla Legge n. 574/1996, dalla "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed infine dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Le acque di vegetazione residuate dalla lavorazione meccanica delle olive che non hanno ricevuto alcun trattamento, né additivo, destinate ad essere oggetto di utilizzazione agronomica attraverso lo spandimento controllato su terreni adibiti ad 21 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari uso agricolo sono assoggettate alla legge n. 574 dell’11 novembre 1996 (“Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi di frantoi oleari”). L’art.38 del d.lgs. 11 maggio 1999, n.152 (“Disposizioni sulla tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitrati provenienti da fonti agricole”), modificato dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 258, stabilisce che, ferme le disposizioni dell’art.19 per le zone vulnerabili e quelle previste per gli impianti di allevamento intensivo, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, “delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574”, nonché delle acque provenienti da altre aziende agricole indicate nell’art. 28, comma 7° , lett. a) , b) , c) e da altre piccole aziende agroalimentari (ancora da definire) “è soggetta a comunicazione”. Saranno le regioni a disciplinare le attività di utilizzo sulla base dei criteri e norme tecniche adottati in base ad un decreto del Ministero delle politiche agricole (che stiamo attendendo). Devono ancora essere disciplinate, in particolare, le modalità per la comunicazione, i criteri e le procedure per il controllo, le norme tecniche per l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione, cioè “le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574” (cfr. l’art. 38, 2° e 3° comma). L’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione risulta quindi sottoposta ad una disciplina ad hoc, contenuta nella legge n. 574 del 1996, non avulsa dal contesto d’indagine del d.lgs. n. 152 del 1999. Alle violazioni della disciplina in materia di utilizzazione agronomica, possono applicarsi le sanzioni penali dell’art. 59, comma 11 ter del d. lgs. 152/99, ma fino all’emanazione della normativa regionale di cui all’art. 38 sopraindicata, le attività di utilizzazione agronomica si effettuano secondo “le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto” (art. 62, comma 10°). Anche la fertirrigazione, che può concernere la gestione di acque di vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive finalizzate “al loro utilizzo irriguo o fertirriguo”, è sottoposta alla procedura autorizzativa semplificata (lo ha confermato, recentemente, anche una sentenza della Corte di cassazione). Scarico La legge n. 576 del 1996 non esclude l’applicazione della normativa sulle acque contenuta nel d. lgs. 152/99 al momento dello scarico, ma solo in quello della 22 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari eventuale, possibile utilizzazione agronomica. La fattispecie dello scarico risulta concettualmente separata dalla utilizzazione agronomica. In assenza di utilizzazione agronomica le acque di vegetazione possono essere avviate allo scarico nei corpi recettori, oppure allo smaltimento, o altro. Se le acque di vegetazione sono da considerare scarichi, cioè avviate alla immissione in condotta, risultano assoggettate alle previsioni più favorevoli dell’art. 28, comma 7°, nel rispetto dei valori limite previsti. Nel decreto n. 152/99 è prevista per legge l’assimilabilità delle acque reflue provenienti da certe imprese agricole a quelle domestiche, mentre la scelta di carattere generale risulta quella del regime autorizzatorio. Il legislatore, infatti, ha stabilito che “tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati” (art. 45). Il concetto di scarico e quello di utilizzazione agronomica sono entrambi contenuti nell’art.2 del d.lgs. 152/99, modificato dal decreto n. 258 del 2000. In specie, l’utilizzazione agronomica fa riferimento alla gestione di acque di vegetazione “dalla produzione all’applicazione al terreno” (…) “finalizzata all’utilizzo di sostanze nutritive ed ammendanti (…)”. Per tale motivo la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio delle acque di vegetazione delle olive provenienti da frantoi, secondo una dottrina, non rientrano nella disciplina dei rifiuti, ma in quella più favorevole della utilizzazione agronomica. La giurisprudenza, fino a questo momento, non ha mostrato un orientamento completamente favorevole in tal senso. Piuttosto, è risultata rigida nel confermare per tali attività l’applicazione della disciplina dei rifiuti contenuta nel d. lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 (più volte modificato). Smaltimento Al momento attuale, come si comprende, la linea di confine tra la disciplina sui rifiuti e quella contenuta nel d.lgs. 152/99 non può essere disegnata con precisione. Le acque reflue il cui detentore intende disfarsi senza versamento nei corpi recettori e senza alcun utilizzo agronomico avviate allo smaltimento, trattamento o depurazione a mezzo trasporto su strada rientrano nella disciplina dei rifiuti e quindi nel regime previsto dal d. lgs. 22/97. Tuttavia, il d.lgs. 22/97 fa riferimento a procedure semplificate per le attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi (artt. 31 e 33), così come per talune attività di recupero. Le acque di vegetazione, provenienti da “industria olearia, con le caratteristiche di “rifiuto allo stato liquido” e “per la produzione di fertilizzante” sono richiamate anche in appositi decreti ministeriali (d.m. 5 febbraio 1998), che prevedono norme tecniche e criteri utili per l’applicazione delle procedure semplificate. 23 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Altre destinazioni Un’altra possibile destinazione delle AV riguarda sempre l’utilizzazione agronomica, non attraverso la diretta applicazione di queste ultime al terreno, ma attraverso una fase "intermedia" quale può essere considerata la produzione di fertilizzanti allo stato fluido a partire dalle AV. A questo proposito va ricordato quanto già descritto in precedenza a proposito della fase di (possibile) trattamento delle AV prima dell’utilizzazione agronomica. Infatti, secondo le norme contenute nel d.m. 05.02.1998 del Ministro dell’Ambiente, le AV possono essere recuperate mediante la: "Produzione di fertilizzante allo stato fluido conforme alla L. 19 ottobre 1984, n. 748", cioè la legge il cui titolo recita: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti". Nello stesso tempo va segnalato che la lettura combinata di tale norma con l’allegato C del "decreto Ronchi", porta a ritenere che le AV, così come disciplinate dalla normativa sui rifiuti, non vengano recuperate attraverso lo "Spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia" (punto R10 dell’Allegato C, previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera h del D. Lgs. n. 22/1997), ma attraverso il "Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche" (punto R3 dell’Allegato C, previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera h del D. Lgs. n. 22/1997). 2.1.2 SANSA VERGINE (O SANSA UMIDA) Stoccaggio Per quanto riguarda lo stoccaggio della cosiddetta "sansa vergine" (S.V.), esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996, che esplicitamente esclude tale fase dal proprio ambito di applicazione. Per tale motivo, tale fase risulta disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz.; secondo tale decreto lo stoccaggio delle S.V. dovrebbe essere considerato uno stoccaggio di un rifiuto speciale non pericoloso. Il problema che si pone riguarda però la possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. (tali procedure semplificate di recupero implicano, per quanto riguarda la fase di stoccaggio, la messa in riserva dei rifiuti, oppure, prima del recupero, il loro deposito temporaneo). Questa possibilità deve essere attentamente verificata sulla base della lettura combinata di: 24 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! norme tecniche, con particolare riferimento alle "Tipologie di rifiuti", contenute nel d.m. 05.02.1998; ! allegato A al D. Lgs. n. 22/1997. Trattamento Il problema interpretativo che si pone sulla fase di trattamento delle S.V., è se le sanse derivanti dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi" possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. Se effettivamente così fosse, deve essere ricordato che la legge n. 574/1996 non prevede alcun intervento preventivo rispetto all’utilizzazione agronomica delle S.V., dal momento che: "Ai fini dell’applicazione della presente legge le sanse umide provenienti dalla lavorazione delle olive e costituite dalle acque e dalla parte fibrosa di frutto e dai frammenti di nocciolo possono essere utilizzate come ammendanti in deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni". Rimane tuttavia da verificare quanto definito a proposito della precedente fase di stoccaggio delle S.V., cioè la possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Tali procedure semplificate di recupero potrebbero implicare, per quanto riguarda la fase di trattamento delle S.V.: _ la produzione di biogas mediante processo di digestione anaerobica delle S.V., _ il compostaggio attraverso un processo di trasformazione biologica aerobica. Trasporto Per quanto riguarda la fase di trasporto della S.V., esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996. Tale fase risulta invece disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Secondo tale decreto il trasporto delle S.V. dovrebbe avvenire in ottemperanza agli obblighi stabiliti per i rifiuti speciali non pericolosi. Rimane tuttavia da verificare se le procedure semplificate di recupero implichino dei cambiamenti negli obblighi stabiliti per gli operatori, per quanto riguarda la fase di trasporto delle S.V., ammettendo la possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. 25 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Scarico La fase di scarico, intendendo con questo termine anche lo smaltimento delle S.V. rientra nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Occorre tuttavia ricordare che ex. artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed integraz., la procedura di smaltimento risulta subordinata all’attività di recupero, di gran lunga preferita. Applicazione al terreno Circa la fase di applicazione al terreno delle S.V., il problema interpretativo che si pone è se le sanse derivanti dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi" possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. Se effettivamente così fosse, deve essere ricordato che la legge n. 574/1996 prevede l’applicazione al terreno delle S.V se e solo quando l’applicazione medesima è finalizzata all’utilizzazione agronomica (più precisamente come ammendanti) di tali reflui, dal momento che "Ai fini dell’applicazione della presente legge le sanse umide provenienti dalla lavorazione delle olive e costituite dalle acque e dalla parte fibrosa di frutto e dai frammenti di nocciolo possono essere utilizzate come ammendanti in deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni”. Rimane comunque da stabilire il discrimen tra: ! utilizzazione agronomica delle S.V. (o spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura), ! scarico o smaltimento illecito delle S.V. sul suolo In altre parole il problema che si pone è quello di determinare l’incidenza del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. sulle applicazioni di S.V. al terreno non conformi alle finalità, ai limiti e/o alle modalità previste dalla legge n. 574/1996. In particolare, il distinguere tra i concetti di utilizzazione agronomica (non corretta) e scarico o smaltimento illecito sul terreno delle S.V. ha delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla Legge n. 574/1996 e dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Altre destinazioni Una destinazione che risulta implicita nella lettura congiunta degli artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed 26 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari integraz., è il conferimento delle S.V. ai sansifici dove, dopo un eventuale trattamento di essiccazione, dalle sanse ora un po’ più secche viene estratto l’olio di sansa per mezzo di opportune tecniche che ricorrono a solventi. Il rifiuto che deriva da tale processo produttivo è costituito essenzialmente dalle sanse esauste. Si possono tuttavia ipotizzare altre destinazioni stabilite in maniera estremamente dettagliata dalla specifica normativa, che possono essere alternative ad un’utilizzazione agronomica "diretta e immediata" delle S.V. (utilizzate perciò come ammendanti in deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni). Tali destinazioni alternative si basano sulla possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni. Le procedure semplificate di recupero implicano la possibilità (da verificare attentamente) di: ! produrre biogas mediante processo di digestione anaerobica delle S.V., ! produrre compost attraverso un processo di trasformazione biologica aerobica, le cui caratteristiche sono quelle indicate negli allegati alla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni. 2.1.3 SANSA ESAUSTA Stoccaggio Per quanto riguarda lo stoccaggio della cosiddetta "sansa esausta" (S.E.), esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996, sia perché tale testo normativo esplicitamente esclude lo stoccaggio dal proprio ambito di applicazione, sia perché le S.E. non sembra possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. (Si veda: Legge 11 novembre 1996, n. 574, articolo 1, comma 2). Per tale motivo, lo stoccaggio risulta disciplinato dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Secondo tale decreto lo stoccaggio delle S.V. dovrebbe essere considerato uno stoccaggio di un rifiuto speciale non pericoloso. Inoltre il d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente iscrive esplicitamente le S.E. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Tali procedure semplificate di recupero implicano, per quanto riguarda la fase di 27 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari stoccaggio, la messa in riserva dei rifiuti, oppure, prima del recupero, il loro deposito temporaneo. Trattamento Il trattamento della S.E. viene disciplinato sulla base di quanto stabilito dal d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, che iscrive esplicitamente le S.E. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. In particolare la fase di trattamento delle S.E. è strettamente correlata con l’attività di recupero, che può essere: ! reimpiego di S.E. di oliva nel settore della produzione e del riciclaggio di materie plastiche caricate con polvere di legno, produzione del pannello di particelle, previa vagliatura ed essiccazione; ! recupero energetico per mezzo di impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali Trasporto Tale fase risulta disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Secondo tale decreto il trasporto delle S.E. dovrebbe avvenire in ottemperanza agli obblighi stabiliti per i rifiuti speciali non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Rimane tuttavia da verificare se le procedure semplificate di recupero implichino dei cambiamenti negli obblighi stabiliti per gli operatori, per quanto riguarda la fase di trasporto delle S.E. (In merito alla definizione di rifiuto, si veda: decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 6, comma 1, lettera a. In merito alla definizione di rifiuto pericoloso, si veda: decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, allegato D Scarico La fase di scarico, intendendo con questo termine anche lo smaltimento delle S.E. rientra nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Occorre tuttavia ricordare che ex. artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed integraz., la procedura di smaltimento risulta subordinata all’attività di recupero, di gran lunga preferita. 28 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Applicazione al terreno Per quanto riguarda l’applicazione al terreno (anche per usi agronomici) della cosiddetta "sansa esausta" (S.E.), esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996 perché le S.E. non sembra possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex l e g e n. 574/1996. Ciò che invece è interessante notare è che le ceneri di combustione da sansa esausta (prevedendo quindi un’altra destinazione delle S.E., quale il recupero energetico) possono essere a loro volta recuperate attraverso la produzione di fertilizzanti conformi alla legge 19 ottobre 1984, n. 748 e succ. modif. Altra destinazione Come già affermato descrivendo le fasi di trattamento e applicazione al terreno, le S.E. possono essere reimpiegate: ! nel settore della produzione e del riciclaggio di materie plastiche caricate con polvere di legno, ovvero della produzione del pannello di particelle, previa vagliatura ed essiccazione; ! nel settore dell’energia, per mezzo di impianti dedicati al recupero energetico di rifiuti o impianti industriali Come si può evincere da queste brevi note sullo stato dell’arte relativo alle norme che disciplinano la gestione dei sottoprodotti oleari, il quadro normativo risulta essere particolarmente complesso. Inoltre quest’ ultimo assume connotati ancora più incerti alla luce delle conseguenze derivanti: ! dalla normativa comunitaria, in particolare in conseguenza dell’emanazione del Regolamento CE n. 2366/98 della Commissione (recante modalità di applicazione del regime di aiuto alla produzione di olio di oliva per le campagne di commercializzazione dal 1998/99 al 2000/01), il quale al capitolo 3, art.8 recita: "Nel quadro del regime di controllo di cui all’articolo 14 del regolamento (CEE) n. 2261/84 gli Stati membri dispongono: [ …] a partire dalla campagna 1998/99 [ …] la verifica del metodo di evacuazione delle acque di rifiuto; ! dalla preannunciata entrata in vigore del Testo Unico in materia di tutela delle acque, anche se in realtà il testo dello schema di decreto legislativo, nella versione approvata dal Consiglio dei Ministri di venerdì 15 gennaio 1999 non si presenta più come un testo unico, ma come mero decreto legislativo di recepimento delle direttive 91/271/Cee sulle acque reflue urbane e 91/676/Cee sull'inquinamento da nitrati da fonti agricole. 29 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari 2.2 LO SPANDIMENTO DEI REFLUI SUI TERRENI L’impiego delle biomasse di scarto in agricoltura è auspicabile, in quanto, anche ipotizzando la completa utilizzazione della sostanza organica contenuta nelle migliaia di tonnellate dei fanghi dei depuratori, dei rifiuti urbani e dei sottoprodotti agroindustriali, non sarebbe possibile soddisfare il fabbisogno di fertilizzanti organici del settore agricolo. La decisione del legislatore di consentire l’ impiego dei reflui oleari (acque di vegetazione e sanse umide) a fini agronomici tramite spandimento controllato sui terreni agricoli, è quindi positiva e giustificata anche sul piano scientifico, attraverso numerosi studi effettuati per valutare l’effettivo valore agronomico dei reflui. La letteratura in materia, tuttavia, non è sempre concorde nei risultati: se molti autori riportano infatti incrementi di resa per alcune colture, altri sconsigliano l’uso agronomico delle acque da frantoio per l’alta concentrazione di sali minierali, l’acidità e la presenza di agenti fitotossici. La pratica dello spandimento diretto dei residui oleari dev’ essere quindi condizionata da un attento controllo della relativa composizione chimica, al fine di individuare eventuali sostanze tossiche o nocive e quindi evitare fenomeni di inquinamento del terreno che possano dar luogo ad alterazioni irreversibili (Amirante e Montel, 1998; 1999). E’ opportuno, altresì, che siano valutati preventivamente lo stato evolutivo e la qualità delle componenti organiche presenti nei materiali che vengono introdotti nel terreno, in quanto esistono rischi di natura agronomica (fitossicità), quando si somministrano al terreno biomasse non opportunamente maturate, cioè con carbonio organico non ancora trasformato in carbonio umificato, e rischi agronomici e sanitari, quando nella preparazione di un ammendante si usino prodotti ricchi di cationi metallici o di microrganismi patogeni per l’uomo (De Bertoldi, 1992). Per ridurre i rischi ambientali legati allo spandimento dei reflui tal quali in campo, la legge vigente in materia (la già descritta L.574/96) prevede che tale pratica sia condotta nel rispetto di precisi limiti quali e quantitativi (Tabella 9). Diversi sono quindi gli aspetti critici da considerare ai fini di una corretta pratica di spandimento dei reflui oleari e gli obblighi cui sono soggetti i frantoiani. Nella realtà, tuttavia, le condizioni operative di molti olivicoltori e frantoiani – soprattutto di quelli di mediopiccole dimensioni – raramente consentono l’adempimento totale delle prescrizioni previste dalla legge. In molti casi, lo spandimento avviene in maniera incontrollata, senza i mezzi adeguati e in condizioni climatiche sfavorevoli. Se da un lato, quindi, lo spandimento dei residui oleari (acque di vegetazione e sanse umide) costituisce 30 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari sempre un metodo vantaggioso dal punto di vista economico, raramente lo è da un punto di vista agro-ambientale. Tabella 9 – Condizioni allo spandimento delle AV secondo la Legge 574/96 VINCOLI PRESCRIZIONI _ _ 50 m3/ha per AV da frantoio tradizionale _ _ Terreni a meno di 200 m. dai centri abitati _ _ _ Terreni con altezza di falda < a 10 m Stoccaggio _ Tempo massimo 30 gg (poi protratto a 90 gg) Comunicazione _ _ Comunicazione scritta al Sindaco 30 gg. prima Limiti quantitativi Terreni esclusi 80 m3/ha per AV da frantoio a ciclo continuo Terreni a meno di 300 m . dalle aree di salvaguardia della captazione di acque per il consumo umano Terreni gelati, innevati, saturi d’acque e inondati Terreni a colture oriticole Relazione tecnica sulle condizioni ricevitore redatta da professionista Spargimento dell’ambiente _ E’ necessario assicurare distribuzione uniforme sul terreno _ Evitare fenomeni di ruscellamento In Tabella 10 è riportata una sintesi dei pro e contro dello spandimento su terreni agricoli dei reflui oleari. Occorre aggiungere che la pratica dello spandimento controllato apporta vantaggi agronomici verificati nel breve periodo, e in funzione di parametri chimico-fisici e climatici in continua evoluzione e quindi variabili nel tempo. Per quanto riguarda i vantaggi agronomici derivati da spandimento dei reflui, per esempio, molti autori concordano nel preferire invece pratiche che prevedano trattamenti dei reflui preliminari allo spargimento in campo, tramite compostaggio, per esempio, che permette la biostabilizzazione della sostanza organica e del suo successivo utilizzo da parte del terreno nel medio-lungo periodo. 31 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Tabella 10 – Vantaggi e svantaggi dello smaltimento sui terreni dei Reflui Oleari (RO) VANTAGGI (") E SVANTAGGI (#) DELLO SMALTIMENTO SUI TERRENI DEI RO TAL QUALI " Costi contenuti " Fonte di acqua a basso costo " Elevato contenuto in macroelementi " Apporto ai terreni di sostanza organica fresca (non ancora umificata) " Effetto erbicida su vegetazione " Minore impegno tecnologico " Effetti positivi sui terreni " Evito costi depurazione # # # Elevato carico inquinante Azione inibitoria microflora tellurica Scarso potere ammendante sostanza organica non è umificata) # # # # Rischio fitotossicità # # pH acido # # Difficoltà logistiche (la Riduzione permeabilità del suolo Rischio inquinamento falde Rischio ruscellamento e perdita di sostanza organica Difficile normativa il pieno rispetto d e l l a Perdita prodotti a maggior valore aggiunto In Figura 3 si riportano i vari aspetti di da considerare per uno spandimento corretto dei reflui sui terreni: occorre verificare caratteristiche podologiche (tipo e struttura del terreno) e nutrizionali (dotazione minerale e di sostanza organica), parametri economici (convenienza e fattibilità) e vincoli giuridici (il rispetto della normativa vigente e dei quantitativi ammessi), quelli logistici e operativi (disponibilità di mezzi propri e idonei al corretto e uniforme spargimento in campo), e – non ultimi – quelli relativi ai possibili rischi di impatto ambientale (fitotossicità, inquinamento idrico). Il compostaggio, rappresentato all’estremo opposto rispetto allo spandimento e di cui si parlerà piu’ approfonditamente in seguito, rappresenta un’alternativa interessante, sia per l’ottimizzazione del valore agronomico dei reflui stessi, che per la loro valorizzazione in prodotti a maggior valore aggiunto. In particolare, i prodotti che derivavano da un processo di estrazione o trasformazione di industrie agro-alimentari sono, in genere, privi di metalli pesanti e con un’ idonea ossidazione biologica si ottengono prodotti ben umificati e privi di microrganismi patogeni (Stentiford, 1992). Per un migliore utilizzo dei SOL a fini agronomici appare dunque indispensabile sottoporre la sostanza organica, prima della somministrazione in campo, ad un processo di trasformazione biologica che ne 32 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari modifichi profondamente la sua struttura e dia luogo a composti umificati dotati di elevata stabilità e compatibili con le colture praticate. Figura 3 – Aspetti critici da considerare nello spandimento delle AV Spandimento Quantità max spandibili Aspetti podologici Aspetti giuridici Richiesta nutrizionale Impatto ambientale Effetti struttura suolo Aspetti economici Tecnologie di spandimento Compostaggio 2.2.1 ANALISI SWOT DELLO SPANDIMENTO In conclusione, ci appare riassumere la complessità degli aspetti legati alla gestione dei residui oleari, tramite analisi SWOT: di seguito si riportano i punti di forza, i punti di debolezza, le minacce e le opportunità legati alla problematica della gestione dei reflui tramite spandimento diretto su terreni agricoli. Punti di forza ! Regolamentato da legge ! Eliminazione tempestiva dei reflui ! Semplicità tecnologica ! Riduzione dei costi ! Vantaggi agronomici documentati Punti di debolezza ! Rischi ambientali se effettuato in condizioni non idonee ! Scarso valore ammendante ! Possibili azioni fitotossiche ! Elevato carico organico 33 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! Mancata valorizzazione della sostanza organica ! Effetto agronomico di breve durata ! Difficoltà logistica spandimento ! Terreni spesso poco accessibili per condizioni climatiche avverse Minacce ! Inquinamento ambientale ! Alterazioni sistema suolo-pianta nel lungo periodo Opportunità ! Valorizzazione a fini agronomici (produzione di compost di qualità quale ammendante organico vegetale) ! Valorizzazione a fini energetici (nocciolino) ! Valorizzazione a fini vivaistici ! Valorizzazione per industria farmaceutica, cosmetica e mangimistica 2.2.2 IMPATTO AMBIENTALE DELLO SPANDIMENTO DEI REFLUI TAL QUALI Sanse e acque di vegetazione sono caratterizzati da un alto carico organico e dalla presenza di sostanze complesse difficilmente biodegradabili. Se effettuato in maniera scorretta, il loro smaltimento sui terreni puo’ avere i seguenti impatti ambientali: _ Effetto sulla vita delle acque Le acque reflue sono caratterizzate da un alto COD e BOD5 e da una notevole quantità di zuccheri ridotti. Se rilasciate nei bacini idrici, incrementano il numero di microrganismi che usano gli zuccheri come substrato di crescita. L’aumentato consumo di ossigeno riduce la disponibilità di tale elemento per le altre componenti viventi. Questo causa forti squilibri nell’intero ecosistema. Un processo simile è innescato dall’alto consumo di fosforo che stimola e accelera la crescita delle alghe, provocando cosi’ l’eutrofizzazione delle acque. La presenza di grandi quantità di nutrienti fornisce inoltre un ottimo substrato di crescita di molti patogeni c h e possono compromettere la vita acquatica. Infine, i lipidi contenuti nei reflui possono formare un film sulle superfici delle acque, limitandone l’aerazione e favorendo il 34 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ruscellamento superficiale delle precipitazioni, aggravando in tal modo i fenomeni erosivi (cui molti oliveti collinari sono già predisposti). _ Colorazione delle acque superficiali Questo è l’effetto piu’ appariscente osservato nei paesi mediterranei ed è dovuto ai tannini presenti nelle bucce delle olive _ Inquinamento della acque superficiali e profonde Il ruscellamento dei reflui sparsi sui pendii o su terreni declivi con una pendenza superiore a quella prevista dalla normativa vigente in materia, puo’ provocare l’inquinamento delle acque superficiali. Le falde possono essere danneggiate quando i reflui siano sparsi su terreni eccessivamente sciolti o non idonei che permettono il percolamento negli strati profondi. _ Qualità del suolo e crescita delle piante Lo spandimento incontrollato puo’ alterare alcune proprietà del suolo (capacità di scambio cationico, incremento della salinità, alterazione delle popolazioni microbiche, alterazione della circolazione dell’aria e dell’acqua). A causa della fitotossicità, infine, puo’ essere inibita la germinazione di molte specie vegetali. _ Emissioni maleodoranti Sono principalmente dovuti alla fermentazione delle acque e possono essere causa di inquinamento, specialmente quando si tratti di acque lagunate. 2.3 VALORE AGRONOMICO DEI RESIDUI OLEARI La progressiva diminuzione del contenuto di sostanza organica nei suoli sottoposti ad agricoltura intensiva è particolarmente preoccupante in Italia, specialmente nelle regioni meridionali, dove la sostanza organica si decompone più rapidamente. Le conseguenze di tale diminuzione sono immediatamente identificabili dalla degradazione delle proprietà fisiche dei suoli accompagnata dal consistente aumento dei rischi erosivi. L'utilizzazione agronomica di biomasse di rifiuto e di scarto come i sottoprodotti dei frantoi oleari ha quindi assunto particolare interesse quale mezzo per reintegrare la perdita di sostanza organica, per riciclare in maniera corretta gli elementi nutritivi ed infine per la possibilità di smaltire questi rifiuti al più basso costo 35 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari possibile. Per una valutazione quantitativa delle modificazioni fisiche e chimiche dei terreni trattati con i residui della lavorazione delle olive è necessario tener presente la notevole variabilità della composizione chimica di questi materiali, tutti caratterizzati da bassi pH e da un’ elevata presenza di sali e di sostanza organica contenente elevate quantità di frazioni difficilmente biodegradabili. Inoltre, la composizione chimica è anche variabile durante il periodo del loro stoccaggio, sia per la parziale sedimentazione della frazione insolubile, che per la trasformazione microbiologica della sostanza organica e l'evaporazione della componente acquosa. La pratica dello spandimento dei reflui sul terreno è stata attentamente studiata, non più quale semplice mezzo per lo smaltimento, ma quale tecnica mirante al miglioramento delle proprietà fisiche e chimiche del terreno e della nutrizione vegetale. Risulta comunque opportuno, per un più completo riutilizzo degli effluenti, sottoporli preliminarmente ad un adeguato trattamento di grigliatura, desabbiatura e sedimentazione, onde facilitare la separazione dei componenti più grossolani. A discapito dell'effetto positivo che avrebbero però detti reflui se usati come fertilizzanti, vi sono delle caratteristiche particolari quali: ! elevata salinità, che potrebbe provocare una forte concentrazione di sali nel suolo e fenomeni di flocculazione e peptizzazione che possono aver luogo a carico della frazione argillosa del terreno; ! alta acidità, quindi, un pH basso (4,95 per acque provenienti da un'estrazione tradizionale; 5,58 per quelle derivanti da una estrazione continua); ! abbondanza di sostanze organiche quali polifenoli a notevole effetto fitotossico, erbicida. Ciò nonostante, le acque di vegetazione possono senza dubbio essere utilizzate a fini agronomici, come si evince dalle numerose ricerche condotte da diversi autori, tra cui molti riportati nell’Appendice bibliografica del presente studio. Vista l’importanza dell’utilizzo agronomico dei SOL, ci sembra opportuno soffermarci ad analizzare nel dettaglio il loro valore agronomico. 2.5.1 VALORE AGRONOMICO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE Il valore agronomico delle AV è attribuibile innanzitutto al loro contenuto in elementi nutritivi. Esse risultano infatti molto ricche in potassio e contengono, in quantità piu’ ridotte, anche azoto, fosforo e magnesio. Le acque reflue sono inoltre caratterizzate da una varietà di composti organici che possono determinare un miglioramento delle proprietà chimiche e fisiche del suolo e favorire lo sviluppo della microflora tellurica 36 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari (Balice, 1990). Vi sono pero’ alcuni costituenti che potrebbero avere effetti negativi sulle colture erbacee: tra questi vanno considerati i sali (quando la conducibilità elettrica del refluo supera 10-12 dS/m) ed i polifenoli, che possono generare fenomeni di fitotossicità. Le acque di vegetazione contengono poi quantità apprezzabili dì elementi nutritivi minerali, che possono sostituire una parte degli elementi nutritivi apportati dalla fertilizzazione classica. Infatti sono molto ricche in potassio e, anche se in quantità più ridotte, possiedono azoto, fosforo e magnesio, oltre al fatto che, essendo prevalentemente costituite da sostanza organica, sono un ottimo substrato per lo sviluppo della microflora che permette un miglioramento delle proprietà chimico-fisiche del suolo. _ Effetti sulle proprietà fisiche del terreno Lo studio e la quantificazione delle modificazioni fisiche del terreno dipende da molti fattori primo fra tutti l'ambiente pedologico in cui si opera, cioè le proprietà del suolo, quindi le condizioni climatiche, la quantità e il tipo del materiale somministrato, con particolare riguardo alla qualità della sostanza organica in esso presente e alla sua velocità di decomposizione, il modo di incorporazione nel terreno, ecc. La valutazione degli effetti delle somministrazioni delle biomasse di rifiuto e di scarto, inclusi anche i sottoprodotti dei frantoi oleari, sulle proprietà fisiche dei suoli viene espressa attraverso la quantificazione delle modificazioni delle caratteristiche strutturali quali la porosità o meglio il sistema dei pori, la stabilità degli aggregati, la ritenzione e i movimenti. Porosità La porosità è l'indicatore principale delle qualità strutturali dei suoli e la sua caratterizzazione è quindi fondamentale per valutare l'impatto sull'ambiente suolo delle somministrazioni di materiali organici. Le informazioni disponibili evidenziano che la somministrazione dei sottoprodotti dei frantoi oleari migliora, in generale, il sistema dei pori nel terreno. Per quanto concerne la microporosità (porosità all’interno degli aggregati) questa sembra diminuire negli aggregati superficiali nelle prime settimane dopo la somministrazione per poi aumentare, dopo circa un mese, in modo significativo rispetto al terreno non trattato in concomitanza con l'aumento della attività microbica. Questo aumento è dovuto all'incremento dei pori compresi fra 0,5 e 50 µm, che costituiscono la riserva idrica per le piante ed i microrganismi. La macroporosità generalmente aumenta in seguito ai trattamenti e l'entità di tale aumento dipende dal tipo di suolo e dal volume di acque somministrato ed è 37 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari generalmente proporzionale alla quantità somministrata. Quando si usano però dosi molto elevate, oltre i 200 m3 ha-1, si possono verificare danni alla struttura specialmente in terreni tendenzialmente argillosi, con una evidente diminuzione di porosità. Altro fattore importantissimo è l'epoca di somministrazione in quanto i migliori risultati si ottengono con i trattamenti primaverili, dato che le condizioni ottimali di umidità e temperatura favoriscono l'attività biologica del terreno. Per quelle invernali molto spesso l'incremento della porosità non è significativo rispetto al terreno non trattato. L'effetto del miglioramento della porosità in seguito alla somministrazione dei reflui oleari non va oltre il singolo ciclo colturale in quanto, essendo la sostanza organica di tali reflui facilmente decomponibile, la sua azione miglioratrice sulla struttura del terreno si esaurisce piuttosto rapidamente. Il miglioramento della porosità generalmente si manifesta con un aumento dei pori allungati (interconnessi e continui) compresi fra 50 e 500 µ m, detti pori di trasmissione. Generalmente si assiste al passaggio da una struttura formata da grossi aggregati piuttosto compatti al loro interno, nel terreno non trattato, ad una struttura poliedrica subangolare più uniforme con piccoli aggregati separati da pori interconnessi e continui. La somministrazione delle acque di vegetazione riduce notevolmente la formazione della crosta superficiale, e questo aspetto di prevenzione di fenomeni di degradazione strutturale è molto importante proprio perché le croste superficiali riducono l’infiltrazione dell’acqua e quindi, a seconda della giacitura del suolo, aumentano notevolmente i rischi di erosione o di sommersione. Stabilità degli aggregati La stabilità degli aggregati segue più o meno lo stesso andamento dalla microporosità all’interno degli aggregati stessi: un aumento qualche settimana dopo la somministrazione - e tale aumento è fortemente dipendente dall’epoca della stessa - ed una diminuzione dopo qualche mese. L'aumento della stabilità strutturale è dovuta all’azione cementante dei polimeri organici, principalmente polisaccaridi, derivati dalla decomposizione della frazione organica dei reflui. La successiva decomposizione dei polimeri organici deprime la capacità stabilizzante della sostanza organica, per cui sono necessarie successive e oculate somministrazioni di acque di vegetazione. Il miglioramento della stabilità degli aggregati è molto importante soprattutto nello strato superficiale dato che molti dei terreni intensamente coltivati presentano, come già ricordato, croste superficiali formate in seguito all'azione battente della pioggia. La somministrazione al terreno di acque reflue di frantoi oleari si è rivelata efficace per prevenire o ridurre il processo di formazione di dette croste 38 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari superficiali. In terreni con incipienti caratteri di salinità o, soprattutto, di sodicizzazione (sodio oltre il 15% nel complesso di scambio) la somministrazione di acque di vegetazione può provocare una ulteriore diminuzione della stabilità degli aggregati, in quanto la concentrazione salina presente nelle acque reflue può causare ulteriore dispersione della particelle del terreno. Ritenzione idrica La somministrazione di materiali organici al terreno ne influenza la ritenzione idrica in due modi. Il primo è un effetto diretto, dovuto alla frazione organica dei reflui e dei prodotti di decomposizione che hanno un'alta capacità di assorbimento dell'acqua. Il secondo è un modo indiretto, dovuto al miglioramento della porosità e soprattutto all'aumento, sopra menzionato, dei pori compresi fra 0,5 e 50 µm. Anche l'aumento della ritenzione idrica si verifica qualche settimana dopo la somministrazione dei reflui oleari. Infiltrazione dell'acqua I dati disponibili in letteratura circa l’effetto della somministrazione dei sottoprodotti dei frantoi oleari sull’infiltrazione e la conducibilità idrica sono molto scarsi. Comunque i miglioramenti sopra descritti inerenti la struttura, la porosità e soprattutto il sistema dei pori si riflettono inequivocabilmente in un miglioramento delle proprietà idrologiche. Anche in questo caso, il miglioramento si verifica dopo qualche settimana dalla somministrazione dei reflui in concomitanza con le migliori condizioni strutturali e con la maggiore attività biologica. Subito dopo lo spandimento dei reflui l’azione di idrorepellenza esplicata dalle particelle grasse adsorbite negli strati superficiali del terreno può far diminuire l’infiltrazione. Tale azione idrorepellente si attenua in breve tempo con la decomposizione di queste sostanze grasse. La conducibilità idrica è un parametro essenziale per stabilire i volumi da somministrare. In caso di bassa conducibilità idrica (<5 mm h-1) è fondamentale procedere con somministrazioni di bassi volumi, per evitare che le perdite per ruscellamento superficiale possano causare l'inquinamento delle acque di superficie. Non solo, ma dosi eccessive possono aumentare l'idrorepellenza in questi suoli e provocare, nell'immediato, un’ ulteriore diminuzione di infiltrazione con ulteriori rischi di scorrimento superficiale oppure di sommersione, a seconda della giacitura del suolo. I volumi da somministrare devono essere calcolati con oculatezza anche per i terreni ad alta conducibilità idrica (>150 mm h-1), in quanto l'eccessiva percolazione può portare parte della frazione organica delle acque reflue nelle acque di falda. 39 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari _ Effetti sulle proprietà chimiche del terreno Per una migliore comprensione delle variazione delle proprietà chimiche dei terreni occorre tener presente che tutti i componenti solubili e insolubili dei reflui oleari sono coinvolti in numerosi processi di natura chimico-fisica e microbiologica che ne influenzano la mobilità e la biodegradabilità. I valori analitici dei diversi parametri chimici dei terreni trattati sono quindi la risultante di complesse interazioni, variabili sia nel tempo che nello spazio, che possono alterare, anche in maniera consistente, i valori analitici presenti nei reflui prima del loro incorporamento nel terreno. pH La reazione acida (pH circa 5) dei reflui è causata dalla frazione di sostanza organica composta da acidi organici. Diverse ricerche hanno preso in esame questo parametro nell'ambito dell'interazione reflui oleari-terreno. I risultati ottenuti sono assai concordanti e le conclusioni che possono essere tratte indicano che questo parametro è scarsamente influenzato se i reflui sono utilizzati secondo le dosi stabilite dalla legislazione vigente. Solo in caso di dosi massicce, è stata notata una diminuzione evidente del pH del terreno che, tuttavia, tende a scomparire dopo 1-2 mesi. Conducibilità elettrica (CE) I residui della lavorazione delle olive contengono notevoli quantità di sali, circa 20 g L-1. Tuttavia, come nel caso del pH, dosi di reflui aggiunti al terreno in accordo con la legge 574/1996 hanno limitati effetti su questo parametro. Sensibile è invece l'aumento della CE quando siano state utilizzate dosi assai maggiori. In questo caso, i tempi di scomparsa degli effetti delle acque di vegetazione raggiungono le 16 settimane per la dose di 320 m3 ha-1 e le 6 settimane per quella di 160 m3 ha-1. Sostanza organica La sostanza organica che viene aggiunta al terreno con le dosi stabilite dalla normativa nazionale è, mediamente, di 5 t ha-1 . Questa componente dei reflui, poiché riveste un notevole interesse dal punto di vista agronomico, anche se può essere una potenziale fonte di inquinamento in situazioni particolari, è stata studiata con particolare attenzione. Sono stati infatti presi in esame i processi che, nel suolo, regolano il trasporto della fase liquida, la ripartizione delle due fasi liquido-solido e la degradazione che determina la progressiva scomparsa dei soluti presenti nel refluo. Inoltre, prove condotte su vari tipi di reflui, aggiunte a vari tipi di suolo in dosi diverse, hanno evidenziato che la velocità ed il grado di decomposizione del carbonio organico seguono una funzione esponenziale e che la sostanza organica risulta costituita da due frazioni a differente grado di degradabilità. Recenti prove di 40 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari laboratorio, eseguite con quantità di reflui simili a quelle permesse dalla vigente normativa, hanno mostrato, nei suoli trattati, un contenuto di sostanza organica ancora superiore a quella dei testimoni dopo circa sei mesi. Di alcune delle frazioni che costituiscono la sostanza organica dei reflui è anche stato studiato in dettaglio il destino nel suolo. In particolare, sono state prese in esame le sostanze grasse, gli acidi volatili e gli zuccheri. Queste sostanze aumentano nei suoli trattati ed il loro incremento è generalmente proporzionale alle quantità di reflui aggiunte. Tuttavia, questo fenomeno è temporaneo e si assiste ad una loro completa degradazione dopo poco più di un mese mentre, alla stessa data, il COD dei suoli trattati è ancora più elevato rispetto ai testimoni. Composti fenolici Di tutte le classi di composti costituenti la frazione organica dei reflui, i composti fenolici meritano una trattazione separata per i numerosi processi in cui sono coinvolti oltre a dare, con la loro presenza, il colore marrone scuro ai reflui oleari. La peculiarità di alcuni di questi prodotti risiede nella loro lenta biodegradabilità e nell'azione antimicrobica. Questa ostacola sensibilmente la biodegradazione delle acque di vegetazione, specialmente per quanto riguarda i glucidi semplici e complessi, rallentando quindi la naturale riduzione del carico inquinante dei reflui. Inoltre, specialmente i polifenoli solubili in acqua sono anche responsabili di fenomeni di inibizione di germinazione, crescita e sviluppo di diverse piante erbacee. A questo proposito è stato osservato un effetto erbicida in terreni trattati con reflui oleari. Tutti i lavori disponibili in letteratura mostrano aumenti dei composti fenolici nei terreni trattati. Tuttavia, questi incrementi sono temporanei e non superano, anche nel caso di dosi massicce, i tre mesi. Anche se alcuni Autori riportano che i fenoli sono trattenuti dai colloidi del suolo e/o sono biodegradati nel terreno agrario, la presenza di fenoli è stata rilevata in pozzi, anche profondi, localizzati in una zona ad elevata densità di piccoli e medi frantoi dove lo sversamento dei reflui oleari nei campi è pratica comune. La causa di questo fenomeno è stata attribuita a discontinuità stratigrafiche, errata costruzione dei pozzi, non adeguate pratiche di sversamento ed agli andamenti pluviometrici. _ Effetti sulle proprietà biologiche L’apporto dei reflui di frantoio provoca inizialmente una generale diminuzione della microflora totale, probabilmente dovuta alla presenza di composti batteriostatici e/o battericidi per alcuni ceppi. Tale riduzione è seguita da una successiva crescita della 41 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari microflora che raggiunge e supera i valori iniziali in un periodo variabile tra i 7 e i 15 giorni. Si è rilevato comunque che, a dosi di 80, 160, 320 m3 ha-1, non si riscontrano effetti negativi sulla reattività biologica complessiva dei suoli trattati. Salvo una lieve e momentanea inibizione nei giorni immediatamente seguenti (5-10 giorni) al trattamento, le popolazioni microbiche negli appezzamenti sottoposti a spandimento dei reflui oleari non hanno evidenziato sostanziali differenze dai relativi controlli. Al contrario, nelle parcelle trattate sono stati apprezzati significativi incrementi delle conte relative alla comunità microbica dei lieviti. Quest’ultima evidenza trova spiegazione nella elevata carica di lieviti associata alle acque di vegetazione. L’intensa attività respiratoria, che permane per un lungo periodo nei terreni trattati, può essere considerata come un indice di una incrementata attività microbica. Alcuni autori hanno messo in evidenza che, dopo trattamento, si riscontra un arricchimento di batteri azotofissatori liberi. Non è ancora possibile stabilire l’entità dell’azoto fissato, anche se sembra che il guadagno in azoto possa essere compreso, come per altri materiali organici, tra i 2 e i 200 kg ha-1. A parte la loro capacità azotofissatrice, gli azotofissatori liberi sono un importante fattore per la fertilità del terreno. Molti ceppi azotofissatori sono infatti buoni produttori di regolatori di crescita, sostanze che giocano un ruolo fondamentale nel metabolismo della pianta. L’utilizzo di regolatori di crescita in agricoltura, in particolare auxine, gibberelline e citochinine, è una prospettiva di grande e crescente interesse. E’ da sottolineare, infine, che le acque di vegetazione costituiscono un interessante substrato per la produzione di gibberelline e auxine da parte di batteri del suolo. Ricerche condotte in Grecia e Spagna confermano la sostanziale capacità della microflora eterotrofa complessiva dei terreni agricoli ad utilizzare le acque di vegetazione come substrato di crescita, eliminando gli eventuali effetti tossici a carico di quei gruppi microbici specifici più sensibili alla frazione fenolica (es. batteri gram positivi appartenti al genere Bacillus). Recenti indagini sugli effetti delle acque di vegetazione sui batteri azotofissatori liberi (es. gen. Azotobacter) confermano un’azione di stimolo nella crescita di questi microrganismi, i quali, oltre a fissare l’azoto atmosferico, potrebbero persino essere coinvolti nelle reazioni di degradazione della componente fenolica dei reflui oleari, contribuendo così alla detossificazione del terreno. C’è una grande scarsità di dati riguardo ai possibili effetti dei reflui di frantoio su agenti fitopatogeni presenti nel suolo. Un effetto inibitorio su alcuni patogeni, in particolare Oomiceti, è stato comunque studiato. In merito, si ipotizza che l’effetto 42 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari inibitorio possa dipendere dall’accresciuta popolazione microbica ed in particolare dagli azotofissatori, attivi verso alcuni patogeni del suolo. Scarsi sono anche i dati relativi all’impatto dei reflui di frantoio sulla mesofauna. E' stato indagato sull'impatto dei reflui sulle taxocenosi di acari e collemboli quantitativamente più numerosi nell’ecosistema terreno agrario. Valutando da gennaio a luglio il numero delle principali unità sistematiche (aracnidi, insetti, diplopodi, chilopodi, sinfili) nel terreno trattato con 20-50 m3 ha-1 si è concluso che poiché il danno ambientale, determinato da un inquinante, si manifesta prioritariamente come danno biologico con alterazione degli equilibri tra le popolazioni della comunità presente nell’ecosistema, si deve ritenere che lo smaltimento sul terreno di 20 e 50 m3 ha-1 di AV da impianto a pressione non possa costituire una pratica inquinante, in quanto non influenza la qualità biologica del suolo . Infine per quanto riguarda gli aspetti igienico-sanitari, dopo una lunga disamina sulla distribuzione delle AV sul terreno agrario, si è constatato che le AV sono prive di quei parametri microbiologici che, invece, rendono pericolosi i liquami urbani per le colture da consumare crude e per la salubrità dell’ambiente; inoltre, tale soluzione è opportuna per l’impiego delle AV poiché, relativamente al trasporto delle sostanze inquinanti in profondità, la normale capacità di ritenzione idrica dei terreni impedisce significative infiltrazioni verticali, anche sotto abbondanti piogge, sino a coinvolgere la falda idrica . 2.5.2 VALORE AGRONOMICO DELLE SANSE La sansa vergine ad elevata umidità (50-60%) non contiene metalli pesanti, inquinanti tossici o organismi patogeni, inoltre è costituita nella sua integralità da sostanza organica di origine vegetale non fermentata, pertanto ha una composizione assimilabile ad un ammendante vegetale e quindi può essere oggetto di utilizzazione agronomica mediante spargimento controllato sul terreno. Diversi studi scientifici, tra cui quello di Almirante dell’Istituto Sperimentale Agronomico di Bari hanno documentato i benefici agronomici dello spargimento in campo delle sanse umide. Come documentato dalle analisi eseguite sul terreno trattato e sul testimone dopo due anni dalla distribuzione della sansa, si è riscontrato un miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno per una maggiore presenza di azoto, fosforo e carbonio organico totale, per cui la sostanza organica totale presente sul terreno trattato è risultato 3,6 volte superiore rispetto al terreno non trattato (Amirante e Brunetti, 1996). Tuttavia, gli Autori concludono che vi è 43 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ancora molto carbonio non umificato, per cui, nel terreno trattato con sansa vergine, risultano molto bassi sia il grado di umificazione che il tasso di umificazione. L’azione repressiva riscontrata sulle produzioni, nel primo anno di prove, fa ritenere che la tecnica della distribuzione diretta in campo della sansa vergine è possibile anche se risulta opportuno distribuirne una quantità in valore molto inferiore a quella distribuita con le prove (5000 kg/ha). I rilievi eseguiti a tre anni di distanza dal trattamento hanno evidenziato che le caratteristiche chimico-fisiche del terreno trattato sono simili a quelle del testimone per la presenza pressoché uguale di azoto, fosforo e potassio, per cui la sostanza organica totale presente nel terreno trattato è risultata dello stesso ordine di grandezza del testimone, il che dimostra che la sostanza organica è stata completamente utilizzata. Inoltre, anche gli indici di umificazione del terreno trattato e del testimone risultano dello stesso ordine di grandezza e quindi nel tempo le caratteristiche del terreno ritornano ai valori iniziali. Pertanto, la sansa vergine può essere distribuita al terreno agrario. Sembra, tuttavia, più opportuno procedere ad un preventivo suo compostaggio. CONCLUSIONI Molto tempo è passato da quando Marco Porzio Catone nel suo “De Agricoltura” discuteva circa la possibilità di usare le acque di vegetazione per migliorare la fertilità dei suoli e da quando, nella Spagna del 1500, si consigliava di utilizzare tali acque diluite in quantità non eccessive. Eppure l’uso agricolo della acque di vegetazione è pratica la cui applicabilità è tuttora oggetto di ampia discussione. Le conoscenze attuali non consentono di porre un punto definitivo al problema della gestione dei reflui oleari: troppo diverse sono infatti le condizioni sperimentali (tipologia di refluo, tempi e modalità d’impiego, caratteristiche geologiche e ambientali, etc.) e poco è stato tenuto conto delle caratteristiche dei suoli in cui sono state condotte le esperienze in materia. Nonostante l’opzione del recupero dei reflui in agricoltura sia da considerarsi preferenziale, per le loro proprietà ammendanti e fertilizzanti, esistono comunque risultati contrastanti ed opinioni distinte sui reali benefici o sui possibili effetti negativi sul suolo e sui comparti ambientali limitrofi, quali acque profonde e superficiali, e sulla biomassa naturale del suolo, prodotti in seguito all’applicazione dei RO “tal quali”, sia “freschi” in uscita dai frantoi che dopo un certo periodo di lagunaggio (Brunetti et al., 2002). Molti sono infatti gli elementi che concorrono all’ estrema variabilità dei risultati ottenuti, tra i quali: 44 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! modalità e dosi di spandimento ! tipologia dei suoli ! colture in atto e loro stadio fenologico ! profondità e natura della falda freatica ! regimi irrigui e pratiche agronomiche attuate ! condizioni climatiche Poiché tutte queste variabili possono condizionare positivamente o negativamente gli effetti dei reflui oleari sul suolo e sui comparti ambientali limitrofi, ci si spiega sia la estrema variabilità delle risposte sperimentali ottenute, che l’estrema difficoltà di considerare e catalogare debitamente tutte queste variabili in una normativa unica ed operativa che consenta di definire i siti, le modalità e le dosi di applicazione. Per massimizzare i vantaggi agronomici dell’impiego dei RO sui terreni, poi, molti sostengono sia preferibile sottoporre i RO a trattamenti biologici che ne stabilizzino la sostanza organica e riducano il carico inquinante, ottenendo cosi’ un duplice vantaggio: da una parte si riducono i rischi ambientali legati all’inquinamento delle falde idriche, dall’altro si ottimizza l’impiego della sostanza organica contenuta nei reflui, applicandola al terreno in una forma che consenta il lento rilascio degli elementi nutritivi e del suo potere ammendante, fattore questo non trascurabile in colture arboree, a ciclo lungo come l’olivo. Il compostaggio rappresenta una prospettiva molto interessante: i residui oleari, infatti, possono essere considerati un ottimo materiale di partenza per ottenere compost di qualità. Il prodotto finale è infatti esente da xenobiotici, è ricco di nutrienti minerali e di sostanza organica stabilizzata, prerequisito fondamentale della fertilità del suolo. Nel Capitolo successivo si parlerà di questa pratica e delle diverse tecnologie alternative di trattamenti, recupero e valorizzazione dei sottoprodotti oleari ad oggi disponibili. 45 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CAPITOLO III - TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE DEI RESIDUI OLEARI Nei paragrafi successivi si fornisce una sintesi il piu’ possibile dettagliata del panorama delle tecnologie esistenti nel campo del trattamento e valorizzazione dei residui oleari, considerati sia nella loro componente solida (sanse vergini o esauste) che liquida (acque di vegetazione), schematicamente elencate in Figura 4 e 5 rispettivamente. Per ogni tecnologia di trattamento si è riportato, oltre alla descrizione tecnica della metodologia interessata, anche il materiale reperito in letteratura e le applicazioni pratiche ad oggi sperimentate, citando per ognuno le fonti bibliografiche di riferimento. In questa sede si è creduto opportuno descrivere le varie tipologie di trattamento e le ricerche sperimentali in modo sintetico, piuttosto che soffermarsi sui dati prettamente tecnici e impiantistici. Si è cercato dunque di privilegiare il carattere informativo e divulgativo delle esperienze documentate, al fine di fornire agli operatori descrizioni comprensibili dei trattamenti esistenti e – soprattutto – i loro risvolti pratici in termini di risultati e fattibilità. Per maggiori dettagli si rimanda il lettore interessato al relativo materiale bibliografico di riferimento. 46 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Figura 4 - Tipologie di trattamento per i residui solidi RES. SOLIDI: SANSE VERGINI, UMIDE, ESAUSTE Sansificio (estrazione olio di sansa e lampante) Essiccamento, combustione e produzione di “energia verde” Combustione nocciolino Compostaggio per produzione compost di qualità (uso agronomico o vivaistico) Industria mangimistica Figura 5 – Tipologie di trattamento per i residui liquidi RES. LIQUIDI: ACQUE DI VEGETAZIONE Fertirrigazione (spandimento sui terreni) Irrorazione chioma per difesa mosca Digestione anaerobica (produzione di biogas e fanghi) Compostaggio con sanse per produzione compost di qualità (uso agronomico o vivaistico) Evaporazione naturale o forzata in vasche lagunaggio Processi combinati 47 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari 3.1 TRATTAMENTO DELLE SANSE 3.1.1 SANSIFICIO Con un processo di estrazione dell’olio dalle sanse vergini con solvente (esano) si ottengono l’olio di sansa e le sanse esauste. L’olio di sansa è un diretto concorrente dell’olio di oliva vergine di qualità e richiede una spesa energetica dieci volte superiore a quella necessaria per l’estrazione meccanica dell’olio dalle olive, oltre a generare rifiuti tossici e ad usare composti chimici di sintesi dannosi all’ambiente e alla salute umana. 3.1.2 RECUPERO ENERGETICO La sansa esausta – o la vergine essiccata – puo’ essere utilizzata come combustibile e fonte di energia termica, previa essiccazione in essiccatori cilindrici rotanti. Anche il nocciolino - una volta separato dalla sansa ed essiccato – puo’ essere convenientemente recuperato a fini energetici. In Tabella 11 sono riportati i valori relativi al potere calorico della sansa e suoi sottoprodotti. Tabella 11 - Potere calorico della sansa e sottoprodotti SOTTOPRODOTTO POTERE CALORICO (kcal/kg) Sansa da pressione 2.800-3.000 Sansa (3 fasi) 2.500-2.800 Sansa esausta 3.500 Nocciolo 4.000 Fonte: Pubblicazione UNEP Tale pratica di recupero energetico tramite combustione consente di risparmiare sui costi dell’energia prodotta da fonti non rinnovabili, evitando il ricorso a fonti combustibili fossili, tra l’altro sempre piu’ costose, oltre che inquinanti per l’ambiente. La termovalorizzazione delle sanse esauste o dei nocciolini consente inoltre di eliminare il problema dei residui trasformandoli in materie prime per generare energia termica ed elettrica; sostituire altri combustibili e contribuire alla 48 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari diversificazione energetica; ridurre gli inquinanti nell'aria e le emissioni ad azione climaterante (gas serra). La valorizzazione delle sanse a fini energetici puo’ essere sfruttata sia per la produzione di energia termica che elettrica (co-generazione). Presso l’Istituto di Elaiotecnica di Pescara è in funzione un frantoio sperimentale a due fasi con denocciolatrice a monte per produzione di denocciolato-lignina ad uso energetico (15 Euro/q.le – alto rendimento energetico e assenza di emissioni fumose). Il denocciolamento iniziale, se da un lato consente di ottenere un prodotto a valore aggiunto e di differenziare il mercato di sbocco del sottoprodotto verso settori a minore impatto ambientale (recupero energetico, fonti rinnovabili, incremento energia verde), influenza dall’altro la qualità finale dell’olio. L’olio prodotto, infatti, ha alta ossidabilità e deve essere pertanto consumato in tempi brevi. Data la sua leggerezza e il minor contenuto di grassi, tuttavia, tale olio offre impieghi interessanti nell’ambito dell’industria dolciaria e dietetica (bambini o anziani). Una volta privata del nocciolo, la sansa viene essiccata ed inviata all’Istituto di zootecnia dell’Università di Roma per studi sul suo valore nutritivo e possibile impiego nell’industria mangimistica. 3.1.3 PRODUZIONE DI MANGIMI Un’ulteriore possibilità di valorizzazione della sansa di oliva è quella di impiegarne la polpa quale integratore nell’ alimentazione animale (Jardak et al., 1997). Le sanse denocciolate possono trovare impiego come complemento alla nutrizione animale e possono quindi essere d’interesse per l’industria mangimistica e il settore dell’allevamento animale – principalmente bovino, ovino e caprino. La sansa vergine di oliva presenta una elevata percentuale di fibra, quale cellulosa e lignina, quest’ultima non digeribile dagli animali (Tabella 12). Pertanto, si rende necessario ridurre l’ elevata presenza di fibra; questa riduzione è ottenibile con la separazione meccanica del nocciolino, ricco in lignina, dalla polpa. Tale separazione consente altresì un arricchimento del contenuto proteico del 15 – 18%. La polpa così ottenuta, dopo essere stata eventualmente pellettizzata, è utilizzabile, in miscela con altri costituenti, per la formazione della razione alimentare. Questa pratica risulta essere di grande interesse per l’alimentazione del bestiame nelle zone aride del bacino del Mediterraneo, laddove è difficoltoso l’approvvigionamento di foraggio fresco. L’Istituto di Zootecnia di Roma, in collaborazione con l’Istituto per l’Elaiotecnica di Pescara, sta conducendo delle sperimentazioni per valutare il valore nutritivo di questo sottoprodotto dell’industria olearia. Si ritiene comunque che la presenza di 49 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari grassi antiossidanti nelle sanse denocciolate costituisca un valido apporto antiossidante alla dieta animale, con conseguente miglioramento della qualità dei prodotti finali (latte, formaggi, carne). Tabella 12 - Valore nutritivo della polpa di sansa denocciolata e ipotesi di razione alimentare VALORE NUTRITIVO DEGLI INGREDIENTI INGREDIENTE Polpa di denocciolata sansa UVF MAD (uvf/kg M.S.) (g/kg M.S.) 0,3 30 Crusca di grano 0,78 110 Fior di farina 0,99 152 Panello di colza disoleata 0,87 336 RAZIONE ALIMENTARE FORMULATA INGREDIENTE Polpa di denocciolata % sansa UVF MAD (uvf/kg M.S.) (g/kg M.S.) 35 0,105 10,5 Crusca di grano 35 0,273 38,5 Fior di farina 11 0,109 16,7 Panello di colza disoleata 15 0,131 50,4 Sale 2 - - Concentrato vitaminico 2 - - TOTALE 100 0,62 UF 116 MAD = materia azotata digeribile UVF = unità foraggera carne da ingrasso M.S. = materia secca Alcuni dei fattori importanti da valutare per la valorizzazione della sansa denocciolata ai fini mangimistici sono: ! tenore in composti azotati dell’ordine del 10%; 50 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! tenore elevato in materie grasse, prevalentemente acido oleico (65%), linoleico (12%) e palmitico (10.5%); ! basso contenuto in composti fenolici, che per molto tempo si è creduto responsabili del basso valore nutritivo delle sanse; ! elevato tenore in fibre (lignina, non digeribile) il cui livello viene pero’ notevolmente ridotto tramite operazione di eliminazione del nocciolo 3.1.4 COMPOSTAGGIO E PRODUZIONE DI COMPOST DI QUALITA’ Il compostaggio è una prospettiva molto promettente nella politica del riciclo dei sottoprodotti organici, in vista della produzione di fertilizzanti da impiegare tal quali o come base per formulati. Per loro natura, infatti, i sottoprodotti della lavorazione olearia possono essere considerati un ottimo materiale di partenza per ottenere compost di “qualità”. Il prodotto finale è esente da xenobiotici, è ricco di nutrienti minerali e di sostanza organica stabilizzata. Il compostaggio è un processo naturale di trasformazione biologica della composizione originaria della matrice organica che produce un materiale stabilizzato, mineralizzato, igienizzato e fitocompatibile. Il processo avviene con l’ausilio di microrganismi aerobi i quali si accrescono, catalizzando una parziale degradazione aerobica delle sostanze organiche, una trasformazione ossido-riduttiva di alcuni dei composti inorganici e la sintesi di nuovi composti organici, piu’ stabili. Uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento PROGESA dell’ Università di Bari e dell’Istituto di Produzioni e Preparazioni Alimentari dell’Università di Foggia (Clodoveo et al., 2002) ha sperimentato la realizzazione di impianti semplificati per il compostaggio della sansa di oliva. La prima fase della ricerca ha riguardato il controllo automatico dei parametri di processo con un sistema di rilevazione, acquisizione ed elaborazione automatica dei dati attraverso un software appositamente progettato in Visual Basic su architettura NT-Windows. Il sistema è in grado di apprendere le condizioni di processo durante l’evoluzione della reazione biossidativa e di correggere in linea eventuali scostamenti dalle condizioni ottimali. Successivamente, le prove sono state effettuate su un impianto pilota di laboratorio (un reattore cilindrico da 20 dm3) con una biomassa costituita da sansa vergine di oliva, foglie di olivo, paglia e pollina in opportuna miscela. Sono stati quindi valutati i primi risultati ottenuti in laboratorio per poi applicare il sistema ad un impianto sperimentale in scala reale. E’ infatti stato trasferito in campo il risultato della ricerca 51 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari in un prototipo di impianto su scala industriale, molto semplice, costituito di una piattaforma in calcestruzzo su cui è stata distribuita la biomassa in cumuli a sezione trapezia. Il rivoltamento, l’omogeinizzazione, l’ossigenazione e l’umettamento sono stati garantiti attraverso una macchina rivoltatrice semiportata dalla trattrice. Il reattore pilota, realizzato presso l’Olificio Cooperativo Riforma Fondiaria di Nardo’ (LE) ha utilizzato una biomassa di partenza ottenuta miscelando sansa, paglia e pollina nelle percentuali seguenti: - sansa vergine d’oliva 82% - pollina 10% - paglia 8% La fase conclusiva della ricerca è stata quella di uno scale-up su di un impianto in scala reale, costituito da un reattore ad asse orizzontale su piattaforma in cemento armato dotato di una sistema di aerazione a rivoltamento meccanico e chiusura del sistema tramite una serra. Tale impianto pilota semi-industriale è stato realizzato in collaborazione con l’Associazione dei Produttori Olivicoli della Provincia di Lecce (APROL) nell’ ambito delle azioni Reg. CEE 528/99 “Miglioramento dell’evacuazione dei residui della molitura delle olive in condizioni non nocive all’ambiente”. Inoltre per consentire un ottimale ricambio d’aria è stato installato un ventilatore che invia gli aeriformi presenti nella serra ad un biofiltro per riciclarli dopo la depurazione nella serra stessa. I risultati sperimentali ottenuti in un biennio di prove sono molto incoraggianti, in quanto dimostrano che il compostaggio della sansa procede in modo efficace fornendo un materiale finale costituito da un ottimo ammendante, dotato di un livello di umificazione di tutto rispetto. Occorre tuttavia studiare in modo piu’ approfondito i rapporti di miscelazione con altre sostanze organiche e gli aspetti microbiologici della suddetta sostanza organica. Il materiale ottenuto è stato fornito agli agricoltori per distribuirlo su colture arboree ed erbacee, nonché ai ricercatori dell’Istituto di Agronomia e Coltivazioni arboree dell’Università di Bari, ricercatori dell’Istituto di Nematologia del CNR di Bari e dell’Istituto Sperimentale Agronomico del MiPAF, allo scopo di saggiarne la qualità agronomica. Un altro studio interessante è stato condotto nell’ambito di un progetto di ricerca C N R , APROL (Associazione di Produttori Olivicoli della Provincia di Lecce) e il Dipartimento PROGESA dell’Università degli Studi di Bari. La ricerca ha puntato alla realizzazione di impianti semplificati di compostaggio, ubicati a valle e all’interno 52 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari degli stessi frantoi oleari. I risultati ottenuti dalle prove di compostaggio hanno evidenziato la possibilità di poter compostare tutti i sottoprodotti della filiera olivicolo-olearia, purché opportunamente miscelati con altre sostanze organiche ricche di azoto. Le prove preliminari di compostaggio, avvenute su cumuli posti all’aperto su piazzola, movimentati da idonea macchina rivoltatrice, hanno consentito di ottenere compost di qualità da miscele diverse a base di sansa vergine (Tab. 13). Tabella 13 – Rapporti di miscelazione prove di compostaggio delle sanse vergini MISCELE PRODOTTO BASE CUMULO A Sansa vergine 4000 kg CUMULO B Sansa vergine 4000 kg CUMULO C Sansa vergine 4000 kg CUMULO D Sansa vergine 900 kg Pastazzo arance 900 kg CUMULO E Sansa snocciolata 3000 kg CUMULO F Sansa vergine 4000 kg INGREDIENTI paglia 77 kg (2%) stallone 240 kg (6%) foglie 200 kg (5%) paglia 200 kg (5%) stallone 240 kg (6%) paglia 77 kg (2%) stallatico 240 kg (6%) stallone 108 kg (6%) foglie 144 kg (8%) paglia 22 kg (1,5%) paglia 45 kg (1,5%) stallone 180 kg (6%) foglie 240 kg (8%) paglia 77 kg (2%) stallone 240 kg (6%) foglie 320 kg (8%) MASSA MISCELA 4517 kg 4440 kg 4317 kg 2074 kg 3465 kg 4637 kg Fonte: Amirante et al., 2002 La ricerca è poi passata alla fase di messa a punto di due impianti semplificati di compostaggio e ad una successiva valutazione agronomica del compost attraverso la fertilizzazione organica del terreno agrario. Le prove sperimentali hanno utilizzato diverse miscele con prodotto di base costituito da sansa vergine o denocciolata. Inoltre, è stato eseguito un ciclo di compostaggio aggiuntivo costituito per il 50% di sansa vergine e per l’altro 50% di pastazzo proveniente dalla spremitura delle arance per la produzione di succo. Le suddette prove sono state impostate nell’ambito di una attività di ricerca sviluppata in collaborazione con l’Università di Reggio Calabria. Per la correzione del contenuto di carbonio sono state utilizzate foglie di olivo e piccole 53 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari quantità di paglia. Tali prodotti sono stati, poi, miscelati con diversi prodotti starter a base di azoto organico: stallone e stallatico. Il primo starter (stallone) è un prodotto commerciale costituito da letame essiccato e cubettato, mentre il secondo è un letame di allevamento bovino. Il ciclo di processo è stato lo stesso per tutti i cumuli: ! preparazione della matrice organica da compostare costituita dalle miscele innanzi indicate; ! periodico rivoltamento della biomassa (ogni 8-10 giorni) per garantire idonee condizioni di areazione, umidità, temperatura e ossigenazione della biomassa durante il processo biossidativo; ! periodico rilievo (ogni 8-10 giorni) dei valori di temperatura raggiunta dalla biomassa; ! periodico campionamento della biomassa (miscela iniziale, prodotto intermedio, prodotto finale) per la valutazione del contenuto in umidità della massa organica durante il processo biossidativo; ! periodico campionamento (miscela iniziale, campionamento intermedio, prodotto finale), per la valutazione del TOC, TEC, contenuto in HA e FA, contenuto in N, P, determinazione degli indici di umificazione HI, HD, HR; ! ultimazione della prova, dopo circa 90 giorni di compostaggio, con circa 60 giorni di fase termofila e 30 giorni di fase mesofila, procedendo alla fine del processo alla valutazione agronomica del compost. Il rilievo delle temperature è stato effettuato con termometro modello HD 9215, digitale a microprocessore per sonde con sensore al platino Pt100 (ditta Delta Ohm). Foto dell’impianto di compostaggio ad asse orizzontale utilizzato nella sperimentazione 54 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Risultati e conclusioni della ricerca La correlazione dei risultati ottenuti dalle analisi chimiche, sul prodotto compostato negli impianti pilota, consente di trarre le seguenti conclusioni: ! Il recupero della sostanza organica dai sottoprodotti dell’industria olearia e più in generale dagli scarti vegetali, attraverso un processo di biossidazione, è una pratica utile se non indispensabile per gestire una moderna agricoltura, attenta alla qualità e all’ambiente. La sansa vergine non contiene metalli pesanti, inquinanti tossici, o organismi patogeni, ed è costituita nella sua integralità da sostanza organica di origine vegetale, per cui rientra perfettamente nella categoria degli ammendanti organici utilizzabili anche in agricoltura biologica; ! Al fine di valorizzare le caratteristiche agronomiche dei sottoprodotti dell’industria olearia, è opportuno, tuttavia, procedere ad una idonea umificazione della sostanza organica, miscelata con altri sottoprodotti ricchi di azoto, con una fase termofila sufficientemente estesa; ! Per rendere funzionali gli impianti sperimentali e trasferirli alle realtà aziendali presenti sul territorio è fondamentale la collaborazione con l’industria e le ditte costruttrici. In altri studi (Colella et al., 2001; Serra, S., et al., 2001) si riferisce di interessanti progressi nel campo delle applicazioni di un “bio-antiparassitario” ottenuto da compost di sanse d’oliva attivato con antagonisti microbici contro la tuberosi radicale e il marciume basale del pomodoro e la verticillosi del carciofo. Il compost da sanse opportunamente attivato con agenti di biocontrollo ha quindi una duplice funzione: da un lato apporta al terreno sostanza organica, e dall’altro provvede alla lotta contro i patogeni radicali del terreno, sostituendosi cosi’ alle tradizionali forme di lotta. Molti Autori, infine, sottolineano l’importanza dell’apporto di altre matrici organiche per la produzione di compost di qualità. Oltre agli scarti delle filiere agro-alimentari, infatti, tra i quali quelli provenienti dalle filiere olivicolo-oleari, lattiero-casearia, e viticola-enologica, altre matrici co-compostabili sono costituite dai fanghi di depurazione e dalla frazioni umide degli rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata, 55 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari che a livello quantitativo possono fornire un consistente contributo al riciclo di sostanza organica al terreno con conseguenti riflessi utili alla salvaguardia dell’ambiente. 3.2 TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE Per le caratteristiche chimico-fisiche precedentemente descritte, le acque di vegetazione possiedono un elevato carico inquinante: la loro gestione dev’ essere pertanto attenta e responsabile. Prima dell’attuale normativa in materia (L. 574/96 e successive modifiche), il loro smaltimento ne prevedeva la depurazione ai sensi della legge Merli. A partire dagli anni ’70, quindi, si assiste ad un’intensa attività di ricerca e innovazione tecnologica finalizzata allo sviluppo di tecnologie depurative che consentissero l’abbattimento del carico inquinante e il raggiungimento degli standard qualitativi previsti dalla legge. Questo ha generato un ricco corpus bibliografico e numerose sperimentazioni pilota, raramente pero’ trasferite a scala industriale. Si tratta di circa 20 processi e tecnologie, tra cui: ! uso agronomico (fertirrigazione, spandimento su terreni) ! evaporazione naturale in bacini o vasche di lagunaggio ! incenerimento ! distillazione ! depurazione (fisica, chimica, biologica) ! compostaggio con altre matrici ! estrazione composti ad alto valore aggiunto 3.2.1 LA FERTIRRIGAZIONE Delle proprietà nutritive e fertilizzanti delle acque di vegetazione (AV) si è parlato in precedenza, cosi’ come del loro utilizzo agronomico tramite spandimento sui terreni, pratica denominata fertirrigazione. La fertirrigazione di oliveti appare una soluzione proponibile e consigliabile ai fini di una corretta pratica agronomica (apporto sostanza organica, etc.) solo previo adempimento delle prescrizioni previste dalla normativa vigente in materia. Le acque di vegetazione possono senza dubbio essere utilizzate a fini agronomici, come si evince dalle numerose ricerche condotte da diversi autori, riportate in modo sintetico nella Tabella 14. Le prove sperimentali condotte da numerosi autori concordano che, distribuendo una quantità di acque di vegetazione compresa tra 40 e 100 m3/ha su colture arboree, si 56 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ottengono numerosi vantaggi, quali il riciclo quasi totale dei composti nutrienti (N,P,K), la metabolizzazione del carico organico e l’assorbimento dei sali presenti nelle AV, mentre risulta sconsigliabile la distribuzione delle AV su colture erbacee in atto, ma per tali colture è possibile l’utilizzazione agronomica della AV, distribuendole 30-60 giorni prima della semina o del trapianto. Tabella 14 - Impiego agronomico delle acque di vegetazione in colture arboree ed erbacee COLTURA DOSE Insalata <200 m3/ha >200 m3/ha Loglietto italico <800 m3/ha Olivo (olive da tavola) Vite (var.Verdeca e Montepulciano) PERIODO distribuzione fino a 10 giorni prima del trapianto distribuzione fino a 45 giorni prima della semina AUTORE Marisot >100 m3/ha Catalano 3 <150 m /ha <150 m3/ha >20 m3/ha “ 3 in fase di accestimento Bonari, BonariCeccarini in fase di accestimento “ 3 40-50 giorni prima della semina “ 40-50 giorni prima della semina “ 3 3 fino a 20 giorni prima dalla semina Di GiovacchinoSeghetti fino a 30 giorni prima dalla semina “ Orzo <320 m /ha >20 m3/ha Grano <320 m /ha >20 m3/ha Girasole <320 m3/ha >20 m3/ha Mais <320 m /ha >20 m3/ha Mais <100 m /ha >20 m3/ha Grano <100 m3/ha E’ stato recentemente messo a punto un carro spandiliquame appositamente progettato per lo spandimento controllato delle acque di vegetazione in campo con la possibilità di distriburle al terreno a pioggia o a scorrimento o di interrarle a pochi centimetri di profondità, con vanghette o organi coltivatori portati dalla stessa macchina (vedi Foto). Questo aspetto di natura meccanica non è da sottovalutare ai 57 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari fini di una corretta applicazione della L. 574/96, che all’art 4 cosi’ recita: “1. Lo spandimento delle acque di vegetazione deve essere realizzato assicurando una idonea distribuzione ed incorporazione delle sostanze sui terreni in modo da evitare conseguenze tali da mettere in pericolo l'approvvigionamento idrico, nuocere alle risorse viventi ed al sistema ecologico” e al comma 2: “Lo spandimento delle acque di vegetazione si intende realizzato in modo tecnicamente corretto e compatibile con le condizioni di produzione nel caso di distribuzione uniforme del carico idraulico sull'intera superficie dei terreni in modo da evitare fenomeni di ruscellamento”. Foto - Carrobotte per lo spandimento controllato delle acque di vegetazione Fonte: Amirante e Pipitone Considerata la finalità di questo studio e la sua funzione divulgativa per gli operatori del settore olivicolo, ci sembra utile riportare alcuni tra i numerosi studi effettuati da ricercatori italiani per analizzare gli effetti della fertirrigazione sugli oliveti trattati. Fertirrigazione di oliveti Uno studio di Silvestri e Bonari (2001) dell’ Università di Agraria di Pisa ha analizzato il caso di trattamenti effettuati su oliveti durante il periodo di riposo vegetativo – pratica tra l’altro piuttosto diffusa in parecchie aree nel nostro Paese (Raglione e D’Ambrosio, 2001). Un triennio di sperimentazione svolta a questo riguardo, ha dimostrato come non si rilevi alcun effetto negativo né sulla loro produzione, né sulle caratteristiche qualitative dell’olio estratto (Tabella 15) dalla 58 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari parcelle trattate anche con volumi di refluo nettamente superiori a quelle consentite per legge (fino a 320 m3/ha). Non sembrerebbero esistere dunque particolari controindicazioni nel “ritorno” delle AV alle piante che le hanno prodotte, se non quella di evitare lo spandimento in condizioni ambientali (pendenza, natura del suolo, clima, etc.) possono rendere impraticabile e/o rischiosa l’operazione. Tabella 15 – Caratteristiche quali-quantitative della produzione olivata in funzione delle dosi di AV impiegate DOSE RESA POLPA NOCCIOLO ACQUA OLIO FOD Rr Rp m /ha Kg/piante (%) (%) (%) (%) (%) - - 0 41.9 75.9 24.1 59.5 28.5 12 1.65 2.40 80 38.6 78.6 21.4 61.8 26.1 12.1 1.76 2.16 160 39.1 76.3 23.7 59.4 29.0 11.6 1.69 2.49 320 38.1 75.5 24.5 60.4 27.8 11.9 1.55 2.35 3 Legenda: FOD = Frazione Organica Disoleata Rr = rapporto peso secco polpa/peso secco nocciolino Rp = rapporto percentuale olio/percentuale FOD nella polpa Fonte: Silvestri e Bonari, 2001 Nel concludere lo studio, gli Autori raccomandano pero’ di mettere in atto tutti gli accorgimenti possibili onde evitare l’esaltazione di processi di trasporto solido che potrebbero condurre alla contaminazione dei corpi d’acque superficiali. Un altro importante studio condotto da ricercatori (Ferri et al. 2002) dell’Istituto Sperimentale Agronomico di Bari ha considerato l’effetto della somministrazione di AV (400-800 m3/ha) su piante di olivo di 2 anni in vaso e di 20 anni in campo. Nelle prove di pieno campo si è impiegato il refluo proveniente da un impianto di molitura di tipo tradizionale, basato sul metodo a pressione, risultato piu’ ricco in Fosforo, Sodio, Potassio, Calcio, Ferro, Piombo e Carbonio organico. I risultati hanno mostrato che la somministrazione di 50 m3/ha – dose ammessa dalla normativa vigente - non ha influenzato significativamente la produzione, mostrando alcuni effetti positivi sulle proprietà chimiche del terreno: ! dopo 2 anni di applicazione del refluo, L’N totale non ha presentato variazioni significative; 59 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! l’N minerale del terreno (N-NO3 + N-NH4) non è cambiato durante il periodo di prova; solo un piccolo aumento di N-NH4 si è registrato in seguito alla somministrazione del refluo oleario; ! il C organico è aumentato sia nelle particelle trattate che in quelle non trattate. Di conseguenza sembra molto difficile individuare un’influenza precisa del refluo su questo parametro; ! il P del suolo mostra un aumento significativo solo in una delle parcelle trattate col refluo; ! incremento del K scambiabile Altri studi (Mastrorilli et al., 2002) hanno analizzato la capacità dei reflui oleari di influire sulla struttura dei terreni alterandone lo stato di aggregazione. La ricerca è stata condotta su tre terreni situati nella provincia di Bari. Il confronto tra terreni trattati e non trattati con RO ha permesso di studiare il comportamento nel tempo di alcune proprietà fisiche dei terreni argillosi. La ricerca ha dimostrato che somministrando annualmente i 50 m3/ha di AV ammesse dalla legge il diametro degli aggregati tende lievemente ad aumentare. Questa osservazione permette di ipotizzare che l’uso di reflui migliora la qualità del terreno perché provoca l’aumento della porosità e la sofficità del terreno migliorando anche lo stato di aerazione e la circolazione dell’acqua. 3.2.2 IL COMPOSTAGGIO Il compostaggio è un processo naturale di trasformazione biologica della matrice organica che produce un materiale stabilizzato, mineralizzato, igienizzato e fitocompatibile. Il processo avviene con l’ausilio di microrganismi aerobi i quali si accrescono, catalizzando una parziale degradazione aerobica delle sostanze organiche, una trasformazione ossido-riduttiva di alcuni dei composti inorganici e la sintesi di nuovi composti organici, piu’ stabili. Il processo di compostaggio può essere suddiviso in due fasi: 1. Fase di biossidazione (ACT - Active Composting Time) durante la quale deve essere garantita, ai fini dell'igienizzazione del materiale, una temperatura superiore a 60 °C per almeno 5 giorni; in questa fase, che si svolge in condizioni termofile, con intensi processi degradativi a carico delle componenti organiche facilmente fermentescibili, si raggiungono temperature elevate ed è quindi 60 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari necessario areare opportunamente la massa sia per fornire l’ossigeno necessario alle reazioni biochimiche, che per drenare l’eccesso di calore dal sistema; in relazione alle caratteristiche della matrice, la fase di biossidazione può avvenire in cumuli (con o senza rivoltamenti e con o senza aerazione forzata), oppure in sistemi complessi (bioreattori), per una durata di 21-28 giorni nel caso di cumuli rivoltati, o 14-16 giorni nel caso di bireattori 2. Fase di maturazione (curing) in cui si completano i fenomeni degradativi ed intervengono le reazioni di sintesi delle sostanze umiche. In questa fase, della durata di almeno 45 giorni, si hanno minori esigenze di ossigeno e di drenaggio di calore e quindi i rivoltamenti sono più dilazionati. I parametri di controllo dell’efficienza del processo di compostaggio sono: § - Ossigeno: deve essere garantito soprattutto nella fase iniziale del processo. Per assicurare la sua presenza nella biomassa in trasformazione e ottenere, quindi, un compost valido è necessaria una buona porosità, che viene garantita dalla presenza del materiale lignocellulosico. § - Rapporto C/N: esprime il rapporto tra le sostanze che forniscono ai microrganismi energia per le loro reazioni metaboliche (composti carboniosi) e materiali plastici per la loro moltiplicazione (composti azotati); il C/N ideale è compreso tra 25 e 30, tenendo presente che ogni scostamento da questi valori porta a carenze o eccessi che condizionano le attività biologiche, determinando perdite di azoto (nel caso di valori bassi di C/N) o un rallentamento delle reazioni metaboliche, nel caso di valori alti di C/N. § - Umidità: il contenuto ideale è tra il 55-65%, in quanto l’acqua è essenziale per la vita dei microrganismi che intervengono nel processo di compostaggio. § - Temperatura: è importante raggiungere temperature di almeno 60°C per almeno 5 giorni, in modo da consentire l’igienizzazione della biomassa da microrganismi patogeni o semi di infestanti. § - pH: 5,5 – 8, intervallo ideale per i microrganismi preposti alla degradazione. Si possono ottenere due tipologie di compost in funzione della durata del processo di compostaggio (grado di maturazione): - il compost pronto che si ottiene in 3-4 mesi, dopo l’esaurimento della fase termofila, e può essere utilizzato per orti, giardini e in pieno campo in presemina. - il compost maturo, (5-6 mesi), di elevata stabilità, ma minore effetto concimante, e trova utilizzo come ammendante in pieno campo, o come terriccio nel florovivaismo. 61 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Per il trattamento delle acque di vegetazione tal quali sono stati proposti, di volta in volta con esiti più o meno soddisfacenti, sia processi di tipo fisico e fisico-chimico che filiere di natura biologica. Tra i primi, finalizzati soprattutto ad una riduzione drastica dei volumi ovvero alla completa mineralizzazione (incenerimento) delle matrici da smaltire, sono da annoverarsi i processi di concentrazione dei reflui attraverso distillazione ed evaporazione, la filtrazione su membrana, la chiari-flocculazione e la combustione. D’altra parte, sul fronte dei trattamenti biologici, il riferimento è ai processi di depurazione sia aerobici che anaerobici. Le filiere di trattamento biologico aerobico comprendono, a loro volta, i processi a fanghi attivi ed i filtri percolatori e si basano sul principio della trasformazione dei composti contaminanti, disciolti nei reflui o di natura colloidale, in elementi minerali non inquinanti e copiosa biomassa microbica sedimentabile. I trattamenti di tipo ossidativo delle acque reflue avvengono generalmente in reattori biologici aperti. I processi anaerobici sono invece caratterizzati dalla trasformazione microbica dei reflui, in assenza di ossigeno molecolare. In questo caso, le sostanze inquinanti di natura organica sono convertite in una miscela combustibile, il biogas, costituita prevalentemente da metano ed anidride carbonica, ovvero in sostanze volatili idrogenate (es. acidi grassi ed alcooli). I processi anaerobici sin qui proposti per le acque di vegetazione vanno dal semplice lagunaggio al trattamento in reattori tradizionali CSTR (Completely stirred tank reactor) mediante co-digestione con matrici organiche meno refrattarie (es. fanghi di depurazione), e ancora, dal conferimento in discarica al trattamento in speciali tipologie di digestori a contatto, quali i reattori UASB (Up-flow anaerobic sludge blanket) ed i filtri anaeobici. Sono stati pure proposti sistemi integrati di trattamento basati sulla combinazione di uno stadio aerobico di biotrasformazione promossa principalmente da eumiceti, finalizzato all’abbattimento della frazione polifenolica delle acque di vegetazione, responsabile dei fenomeni di inibizione delle stesse cenosi microbiche coinvolte nei processi depurativi, seguito da uno stadio di digestione anaerobica. Anche laddove i suddetti trattamenti hanno dimostrato di essere in grado di abbattere il potere inquinante delle acque di vegetazione, all’atto pratico si sono rivelati difficilmente sostenibili dal punto di vista economico per la quasi totalità dei frantoi. E’ opportuno ricordare che la stagionalità dei flussi e le spiccate 62 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari caratteristiche di tossicità biologica rendono difficile la gestione del trattamento dei reflui oleari presso i comuni impianti di depurazione delle acque urbane, sia nelle sezioni di ossidazione totale che in quelle di stabilizzazione anaerobica dei fanghi. D’altra parte, strutture così onerose, come quelle sopra ricordate, non possono essere concepite per impieghi su base stagionale, condizione, questa, inadeguata anche per la stessa funzionalità degli impianti. La necessità quindi di mettere a disposizione di un’utenza diffusa, dotata di limitate risorse finanziarie, sistemi di trattamento dei reflui oleari semplici, affidabili, flessibili e di facile gestione, ha orientato, negli ultimi anni, l’indagine verso lo sfruttamento dei processi biologici basati sulla stabilizzazione aerobica delle acque di vegetazione in combinazione con residui ligno-cellulosici. La preventiva imbibizione dei reflui oleari su matrici di supporto di natura vegetale, dotate di adeguate caratteristiche fisico-meccaniche (i.e. porosità, struttura, tessitura e dimensione delle particelle), consente di sottoporre le acque di vegetazione alle reazioni di bioossidazione in fase solida, tipiche del compostaggio. Questo processo, attraverso la parziale mineralizzazione ed umificazione del substrato di partenza, porta all’ottenimento di un prodotto finale metastabile, privo di effetti fitotossici, destinabile, senza controindicazioni, all’uso agricolo come ammendante organico. Il compostaggio delle acque di vegetazione è stato considerato solo recentemente come una pratica utile per umificare la sostanza organica in essa contenuta. Considerato il suo stato liquido, durante il processo di compostaggio l’acqua di vegetazione deve essere distribuita nel tempo su un substrato solido. Per la loro matrice ligninocellulosica, in genere tutti gli scarti agricoli possono essere utilizzati. In particolare, in esperienze effettuate in Italia e Spagna, sono stati utilizzati prevalentemente paglia di grano, stocchi di mais e scarti di cotone addizionati con fonti di azoto (urea, pollina, fanghi). In una prima ricerca è stato utilizzato un prodotto come la paglia, ricco di composti ligninocellulosici. Le reazioni termofile si sono sviluppate rapidamente dopo una settimana, ottenendo a 60 giorni dall’inizio del trattamento una buona umificazione, con i seguenti valori degli indici caratteristici: - grado di umificazione 75,5% - tasso di umificazione 37,8% - indice di umificazione 0,32%. In una seconda ricerca, sottoponendo a compostaggio una miscela costituita da acque di vegetazione (34% in peso), sansa vergine (51%) e pollina (15%) si è avuta 63 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari una lunga fase mesofila dovuta alla lenta azione di decomposizione della sostanza organica operata dai microrganismi. La temperatura della miscela ha subito un leggero incremento rispetto alla temperatura di ambiente, portandosi alla temperatura di 35 °C circa. Il processo, quindi, si è sviluppato prevalentemente per azione di microrganismi mesofili e durante tutto il periodo di ossidazione, durato circa 52 giorni, solo per un limitato intervallo di tempo, si è raggiunta la temperatura di 40 °C. Dall’insieme dei risultati disponibili si evince che le acque di vegetazione, se miscelate con substrati solidi ricchi di composti cellulosici e con un rapporto C/N adeguato (25-30), possono facilmente umificarsi. Viceversa una miscela costituita da sansa vergine e pollina presenta difficoltà di umificazione a meno che non vengano eliminati i frammenti di nocciolo dalla sansa e si arricchisca la miscela con prodotti cellulosici che favoriscano lo sviluppo di reazioni termofile. Nell’ambito di un Progetto comunitario ("Bioremedation of olive-milI wastewater for use as fertiliser"), inoltre, è stato realizzato un impianto pilota per il compostaggio dei reflui di frantoio usando paglia di grano come matrice assorbente. Il compostaggio è stato effettuato in pila statica ad aerazione forzata (dimensioni: 7,5 x 2,5 x 1,5 m). L'aria richiesta per il processo è stata fornita da una soffiante (12 m3/ora) collegata ad un sistema di tubi forati fissati sul pavimento dell'impianto. Un opportuno sistema ha permesso di riportare sul cumulo le acque di drenaggio. L'impianto è stato riempito con paglia di grano tritata (5-6 cm) addizionata con urea commerciale (2%) per assicurare un corretto rapporto tra carbonio ed azoto (C/N = 35). La temperatura all'interno del cumulo è stata controllata tramite termistori sistemati nei diversi strati della pila e collegati con un sistema di controllo in grado di innescare la soffiante per valori di temperatura superiori ai 55 °C. La paglia è stata bagnata con reflui di frantoio in rapporto 1:1 peso/volume. Ogni 3 giorni, al cumulo è stata apportata la stessa quantità di refluo, prolungando così la fase termofila per 56 settimane. Ciò ha permesso di raggiungere tre importanti obiettivi: - eliminazione della fitotossicità; - degradazione della componente ligninica (70%); - notevole evaporazione della componente acquosa (20 dm3/100 kg paglia/giorno). Al termine della fase termofila il cumulo è stato rigirato e sottoposto alla fase di maturazione. Dopo 140 giorni dall'inizio del processo il materiale è stato tritato, analizzato e impiegato per sperimentazioni agrarie in serra ed in pieno campo. Il 64 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari processo non porta ovviamente ad un prodotto completamente umificato. Comunque, per i fini agronomici, è importante apportare al terreno un materiale privo di fitotossicità e in cui sia già avviato il processo di umificazione. Compostaggio di concentrati di acque di vegetazione Un'altra sperimentazione ha studiato il recupero della sostanza organica contenuta nei fanghi, prodotti nella depurazione dei reflui oleari, attraverso un trattamento che permetta di produrre degli ammendanti organici da reimpiegare per la fertilizzazione delle aree di produzione attraverso un processo di compostaggio, in miscela con altre sostanze (residui agricoli e zootecnici), in un ammendante organico . Per lo svolgimento delle prove è stato utilizzato un prototipo di fermentatore della capacità di circa 0,4 m3, nel quale sono state condotte le prove di compostaggio, miscelando il concentrato ottenuto con processi di ultrafiltrazione e osmosi inversa, con paglia ed integratori di azoto (solfato ammonico e pollina), per portare il rapporto carbonio/azoto a valori prossimi a 35 . Al fine di eseguire una valutazione comparativa con altri prodotti attualmente commercializzati, sono state eseguite le analisi chimiche sui seguenti campioni: - rapporto 4:1 con paglia arricchita con solfato ammonico (dopo 30 giorni di fermentazione); - campione "B", ottenuto dal compostaggio di concentrato di reflui oleari miscelato in rapporto 10:1 con paglia e pollina; - campione "C", ottenuto con un processo di stabilizzazione e disidratazione, in essiccatore, di fanghi provenienti da un depuratore di reflui civili. La curva della temperatura durante il processo di compostaggio del campione "A" ha avuto un andamento a campana raggiungendo rapidamente la temperatura di 60 °C, mantenendo tale livello termico per circa 15 giorni, per decrescere poi fino alla temperatura di 30 °C dopo 30 giorni e continuare, quindi, la umificazione in campo mesofilo. I valori delle proprietà chimiche generali dei tre campioni studiati risultano entro "i limiti di accettabilità per il compost ai fini della tutela ambientale" per il carbonio organico totale, l'azoto totale, il rapporto carbonio/azoto e il potassio totale. Il contenuto di umidità dei campioni A e B risulta notevolmente più elevato del valore limite massimo, mentre il fosforo totale del campione A si colloca al di sotto del limite minimo accettabile e il valore del pH del campione B risulta leggermente superiore al valore massimo di 8.5. I dati sperimentali indicano chiaramente che, pur essendo i valori del carbonio organico totale al di sopra del limite minimo del 23% p.s. per tutti i campioni, in quelli contraddistinti dalle sigle A e B il carbonio umificato risulta 65 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari nettamente prevalente rispetto alla componente non umificata, così come chiaramente evidenziato dai valori del tasso di umificazione, mentre nel campione C tali valori sono molto più bassi. L'indice di umificazione risulta poi, per i primi due campioni, molto basso e prossimo allo 0, come tipicamente accade per il carbonio organico naturale nel terreno, mentre per il campione C, il valore risulta elevato.Per quanto riguarda poi il contenuto di alcuni metalli inquinanti e/o a rischio, nei tre compost esaminati, appare evidente quanto segue: - per i primi due campioni, ottenuti con concentrati delle AV, i valori risultano al di sotto dei limiti di tossicità previsti dalla normativa vigente (G.U. n.253 del 13/9/84 suppl. n. 52); - nei campioni A e B, molti elementi risultano assenti ovvero presenti a valori molto bassi, lontani dai limiti indicati e quindi di limitato rilievo per quanto riguarda i rischi di tossicità da accumulo nel tempo; - nel campione C, l'As risulta presente in quantità oltre il doppio del limite e tutti gli altri metalli, ad eccezione del Be, sono presenti a valori piuttosto elevati, molto al di sopra dei valori corrispondenti degli altri due campioni e con rischio palese di tossicità da accumulo. In conclusione, il compostaggio effettuato sui concentrati prodotti in impianti di smaltimento delle acque reflue olearie, addizionato con solfato ammonico (A) ovvero con pollina (B), produce un materiale organico: - di alto valore in elementi macro-nutritivi, nonostante i limiti per il contenuto di P2O5 e l'alto tenore di umidità che, comunque, può essere abbassato con accorgimenti di processo nel futuro; - di alta qualità agronomica per il contenuto in carbonio umico; - con rischio di tossicità attuale e da accumulo ben al di sotto dei limiti. Invece, il prodotto ottenuto con la stabilizzazione e la disidratazione di fanghi civili, pur presentando un buon contenuto di elementi macro-nutritivi, si qualifica di minore qualità agronomica per il basso tenore in carbonio umico presente e l'elevato contenuto di metalli a rischio di tossicità da accumulo. Le prove eseguite hanno consentito di constatare che il concentrato dei reflui oleari può essere agevolmente umificato in reattori statici aerati, purché sia opportunamente miscelato con altri sottoprodotti agricoli, vegetali e animali. Inoltre, il confronto con altri prodotti presenti in commercio evidenzia che il compost ottenuto da fanghi prodotti negli impianti di concentrazione delle acque reflue dei frantoi oleari potrebbe rientrare nei limiti imposti dalla legislazione vigente e risultare competitivo, 66 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari dal punto di vista della qualità, nei confronti degli altri prodotti attualmente commercializzati. _ UTILIZZO DI COMPOST DI QUALITA’ Il compost proveniente da materie prime vegetali e/o in combinazione con altri sottoprodotti costituisce un buon ammendante organico, molto utile ai fine del recupero e conservazione della fertilità dei suoli agrari, sempre piu’ compromessa per fenomeni di erosione e mancato reintegro di sostanza organica. Inoltre, l’impiego di tale ammendante è favorito e richiesto nelle pratiche colturali dell’agricoltura biologica. La legislazione comunitaria in materia di produzioni biologiche, infatti, prevede che la fertilità e l’attività biologica del suolo debbano essere mantenute mediante l’incorporazione di materiale organico, compostato o meno (Reg. CEE 2092/91 – Allegato II “Prodotti per la concimazione e l’ammendamento”). Oltre che come ammendante organico vegetale, il compost di qualità puo’ trovare impiego in diversi ambiti applicativi. Vediamo di seguito quali. _ IMPIEGO NEL FLORO-VIVAISMO Uno studio pubblicato sulla rivista Agricoltura e Ricerca (Russo, 2002) ha valutato l’influenza dei reflui – somministrati a diverse concentrazioni - sull’accrescimento di piantine di olivo e sulla terminabilità dei semenzali. Dai risultati ottenuti si è notato che nessuna delle piantine d’olivo interessate alla prova (cultivar Ogliarola) ha mostrato sintomi di sofferenza con l’uso di basse concentrazioni di refluo. L’accrescimento delle piante non é stato alterato dai trattamenti con le stesse dosi. Elementi di tossicità si sono riscontrati invece con i piu’ alti dosaggi (100%). Sui semi delle tre cultivar d’olivo a confronto, i trattamenti con i reflui hanno dato risultati diversi sia fra cultivar che nell’ambito dei trattamenti con concentrazioni diverse. Da testimonianze dirette con vivaisti, inoltre, appare un vivo interesse da parte della categorie verso tali substrati compostati, soprattutto per ragioni economiche, visti i costi elevati necessari per l’acquisto della torba dal Nord Europa, la cui estrazione tra l’altro – causa nei Paesi di origine danni paesaggistici e ambientali. _ IMPIEGO NELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA Estrazione dell’Idrossitirosolo 67 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari L’idrossitirosolo è una molecola contenuta nella “sentina” che nasconde grandi potenzialità nelle applicazioni farmaceutiche, perchè antiossidante, anti-aggregante, antinfiammatoria, ed altre potenzialità ancora da sperimentare. La sua presenza è stata scoperta nelle acque di vegetazione. Le acque di vegetazione contengono inoltre un gruppo di composti detti secoroidi, derivati dall’ oleuroperina, in quantità che possono raggiungere sino a 5 g/l di AV. Gli studi finalizzati allo studio dell’attività biologica di questi componenti - iniziata negli anni ’80 – è proseguita con difficoltà a causa dell’elevata instabilità dei componenti in esame che si degradano velocemente per via enzimatica. L’estrazione dei derivati dell’oleuroperina richiede l’installazione di un impianto per la stabilizzazione – della durata di qualche mese – e lo stoccaggio delle AV. L’uso cosmetico risulta di piu’ facile applicazione perché basterebbe l’estratto grezzo senza il ricorso a successive operazioni di raffinazione. I carotenoidi servono alla stabilizzazione delle creme. _ ESTRAZIONE DI COMPOSTI AD ALTO VALORE AGGIUNTO Estrazione di sostanze fenoliche La presenza di sostanze fenoliche può far considerare le acque di vegetazione delle olive come una potenziale materia prima per la produzione di composti ad alto valore aggiunto da utilizzare sia nel settore alimentare (antiossidanti, coloranti), sia nel settore agrario (sostanze ad attività antimicrobica, bioinsetticidi, fitoregolatori). E' in questo ambito che da alcuni anni vengono condotte ricerche miranti all’estrazione ed alla purificazione dei vari composti fenolici presenti nelle acque di vegetazione ed alla successiva caratterizzazione dell’attività biologica delle molecole isolate. Le acque di vegetazione contengono elevate concentrazioni di sostanze fenoliche di natura monomerica e polimerica (tra lo 0,6 % e l’1,6 %). Tale concentrazione dipende dalla varietà e dallo stadio fenologico della drupa, nonché dalla procedura utilizzata per l’estrazione dell’olio), la cui struttura chimica e la relativa attività biologica è stata oggetto di accurato studio. Attività biologica delle sostanze fenoliche I composti fenolici presentano un ampio spettro di attività biologiche che vengono influenzate dal numero e dalla natura dei gruppi sostituenti presenti sulla struttura base. Così, ad esempio, i pigmenti fenolici, oltre a contribuire al colore ed all’odore di fiori e frutti, influenzano l’attrazione degli insetti impollinatori e la dispersione dei 68 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari semi conseguente all’attrazione esercitata sugli animali erbivori. Molti composti fenolici hanno un effetto significativo sui processi di crescita quando vengono esogenamente forniti alla pianta in concentrazioni fisiologiche, anche se ciò non significa necessariamente che le stesse sostanze endogene esercitino lo stesso ruolo. E’ stato suggerito, inoltre, che alcuni composti fenolici possano avere un ruolo nel processo di crescita della pianta agendo, ad esempio, da cofattori enzimatici: l’inibizione dell’enzima acido indolacetico ossidasi ad opera di composti o-difenolici ovvero la sua stimolazione ad opera di monofenoli suggerisce un’interazione tra composti fenolici ed azione ormonale. Ancora, numerosi dati sperimentali fanno ritenere che i composti fenolici svolgano un ruolo importante nelle interazioni tra la pianta e l’ambiente circostante e che spesso il loro significato debba, quindi, essere visto in relazione ad altri organismi presenti nello stesso habitat. Ad esempio, è stato recentemente osservato che i flavonoidi svolgono un ruolo importante nel processo di azotofissazione nelle piante superiori. Infatti, i batteri appartenenti ai generi Rhizobium, Bradyrhizobium ed Azorhizobium (chiamati collegialmente rhizobia) rispondono positivamente ad essudati degli apparati radicali della pianta ospite, in particolare, i rizhobia mostrano una forte specificità nei confronti di alcuni flavonoidi rilasciati dalle radici delle leguminose. Diversi esperimenti, condotti in anni recenti, hanno dimostrato che un certo numero di sostanze fenoliche, in particolare, chinoni, fenoli semplici, acidi fenolici, derivati dell’acido cinnamico e flavonoidi, presentano un’attività allelopatica quando secreti dai tessuti vegetali (CNR-MURST). Tale attività può esercitarsi sia sulla pianta che li ha prodotti che su altre piante presenti nell’ambiente circostante. Sostanze quali l’idrochinone e l’acido salicilico, presenti in forma legata nei tessuti vegetali, quando vengono rilasciate da foglie e radici in forma libera nell’ambiente circostante possono avere un effetto inibitorio sia sulla germinazione dei semi che sul processo di crescita delle piante presenti nello stesso ambiente. La presenza di sostanze fenoliche nel suolo può, inoltre, influenzare l’accumulo, la disponibilità e la velocità di assorbimento di molti nutrienti minerali. Ad esempio, i fenoli possono competere per i siti dell’assorbimento anionico su argille ed humus e possono anche legarsi a forme solubili di alluminio, ferro e manganese, che altrimenti si legherebbero al fosfato: in tal modo i fenoli aumentano la disponibilità del fosfato. L’assorbimento minerale può essere influenzato dai fenoli anche tramite effetti sulla funzionalità delle membrane delle cellule radicali, in quanto gli acidi fenolici sono in 69 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari grado di depolarizzare il campo elettrico transmembrana con conseguente inibizione del trasporto attivo. Da un punto di vista ecologico, diverse classi di sostanze fenoliche presentano un’attività antimicrobica in grado di contrastare efficacemente infezioni fungine, batteriche o virali. Uno dei primi esempi di inibizione delle spore di un patogeno fungino ad opera di sostanze fenoliche preesistenti nell’ospite è quello osservato in scaglie colorate di cipolla dove la presenza di catecolo ed acido protocatecuico inibiva la germinazione delle spore di Colletotrichum circinans. Analogamente la resistenza mostrata da alcune varietà di patata nei confronti di Phytophtora infestans, Verticillium albo-atrum e Streptomyces scabies è riconducibile alla presenza di adeguati livelli di acido clorogenico. Numerosi flavoni e flavanoni si sono rivelati efficaci nel contrastare marciumi derivanti dalla presenza di Botrytis cinerea, Rhizopus stolonifer, Aspergillus spp. ed altri patogeni fungini comunemente insorgenti nel corso della conservazione dei prodotti ortofrutticoli. Infine, diverse classi di sostanze fenoliche si sono rivelate in grado di influenzare il comportamento, lo sviluppo e la crescita di numerose specie di insetti. E’ probabile che in alcuni casi questi composti vengano usati dagli insetti fitofagi per riconoscere la pianta ospite, dal momento che spesso il pattern flavonoidico è tipico di una data specie vegetale. Al contrario, esistono numerose ricerche che dimostrano che varie sostanze fenoliche possono agire da deterrenti nutrizionali a concentrazioni relativamente basse. Numerose sostanze fenoliche manifestano effetti fisiologici positivi quando usate nella dieta o come additivi. Tra questi effetti, appunto, vanno inserite le proprietà antiossidanti di diverse classi di sostanze fenoliche, che consentono il loro utilizzo come additivi alternativi agli antiossidanti sintetici. Queste sostanze hanno manifestato un’attività antiossidante sia in sistemi acquosi, che in sistemi lipidici, ma ciò nonostante non hanno ancora avuto una larga diffusione commerciale sia per problemi connessi alla loro estrazione dalle matrici vegetali che per alcuni dubbi persistenti circa la mutagenicita di alcune molecole. I flavonoidi rappresentano la classe di antiossidanti naturali più numerosa ed in grado di esercitare la loro attività benefica nei confronti di molte sostanze facilmente ossidabili, come l’acido ascorbico. Il meccanismo protettivo dei flavonoidi, oltre che con le loro proprietà antiossidanti sensu stricto e di scavengers di radicali liberi e di forme tossiche dell’ossigeno, si basa anche sulla loro capacità di agire da chelanti dei metalli pesanti, in particolare il ferro, e da inibitori della lipossigenasi. Si ritiene, inoltre che i flavonoidi, grazie alla 70 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari loro capacità di assorbire le radiazioni UV, siano in grado di prevenire la formazione delle specie tossiche dell’ossigeno. Per quanto concerne i tannini sia quelli idrolizzabili che le proantocianidine manifestano un’attività antiossidante. Si ritiene che l’attività antiossidante di questi tannini sia da ricondursi principalmente alla loro capacità di interagire con i radicali ossidrilici piuttosto che ad un’attività chelante nei confronti dei metalli di transizione. Per l’acido ellagico, un prodotto dell’idrolisi dei tannini idrolizzabili, esistono dati sperimentali che indicano una sua attività di scavenger di forme tossiche dell’ossigeno generate da trattamenti con acqua ossigenata sia un effetto protettivo sulla doppia elica del DNA nei confronti di danni derivanti da agenti alchilanti. Attività e meccanismi analoghi a quelli descritti per flavonoidi e tannini, sono stati riscontrati anche per acidi fenolici ed acidi cinnamici. Da quanto detto si deduce che le proprietà antiossidanti di alcuni fenoli, dopo gli opportuni accertamenti relativi alla sicurezza d’uso nei confronti del consumatore, potrebbero fare ipotizzare un loro utilizzo nel settore alimentare come additivi chimici alternativi al BHA (butil-idrossianisolo) ed al BHT (butil-idrossitoluene), la cui innocuità é tuttora incerta. Nel settore agrario, invece esistono concrete possibilità di utilizzo delle sostanze fenoliche come biopesticidi. Sostanze fenoliche presenti nell’olivo e nelle acque di vegetazione Nelle foglie e nelle drupe di Olea europaea L. (Oleraceae) sono state identificate numerose sostanze di natura fenolica appartenenti alle varie classi di struttura nelle quali vengono classificati i diversi composti fenolici presenti nelle piante. In particolare, sono stati identificati: acido protocatecuico, acido caffeico, acido pcumarico, i flavonoidi catechina, apigenina, crisoeriolo, kempferolo, luteolina e quercetina, gli antociani cianidina e peonidina, esculetina ed i fenoli di natura polimerica, tannini e catecolmelanine. Tutte queste sostanze sono presenti in varia misura anche nelle acque di vegetazione delle olive. Una sostanza di natura fenolica tipica dell’ Olea europaea L., da cui prende il nome, è l’oleuropeina, un glucoside amaro presente sia nelle drupe che nelle foglie, il quale è stato isolato anche in frutti maturi e foglie di Ligustrum lucidum e L. japonicum. A questa sostanza vengono riconosciute varie proprietà biologiche, in particolare un’attività antiossidante, antiipertensiva, batteriostatica, dilatatrice delle coronarie, spasmolitica e vasodilatatrice. Normalmente nelle acque di vegetazione delle olive l’oleuropeina è quasi del tutto assente, mentre si ritrovano alcuni prodotti di degradazione: acido elenolico, 71 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari idrossitirosolo e l’aglicone dell’oleuropeina. Oltre alle sostanze citate, nelle acque di vegetazione si ritrovano catecolo, 4-metilcatecolo, tirosolo, e gli acidi pidrossibenzoico, vanillico, siringico e gallico, oltre ai vari flavonoidi e polimeri presenti nelle drupe e nelle foglie. Da un punto di vista quantitativo, catecolo, 4metilcatecolo, tirosolo ed idrossitiroso rappresentano i principali costituenti delle acque di vegetazione, dove raggiungono una concentrazione di 10-3 M. Per questi ultimi composti sono state condotte ricerche miranti a mettere in evidenza alcune proprietà biologiche. E’ stato così dimostrato che catecolo, 4-metilcatecolo ed idrossitirosolo presentano un’attività battericida nei confronti Pseudomonas syringae pv. s a v a s t a n o i , un batterio responsabile della rogna dell’ulivo, ai valori di concentrazione determinati nelle acque di vegetazione. Gli stessi autori sconsigliano, comunque, di effettuare trattamenti con il liquido grezzo per evitare fenomeni di fitotossicità o di abscissione dei frutti, mentre consigliano di utilizzare piuttosto dell’idrossitirosolo, dopo opportuna procedura di purificazione, in quanto questo composto a differenza di catecolo e 4-metilcatecolo non presenta controindicazioni. Altra potenziale applicazione della frazione fenolica delle acque di vegetazione deriva della sue proprietà deterrenti nei confronti dell’ovoposizione della mosca dell’ulivo (Bactrocera oleae), un’attività riconducibile soprattutto al catecolo ed, in misura minore, al 4-metilcatecolo, mentre il tirosolo e l’idrossitirosolo si sono rivelati inefficaci . Queste prime indicazioni, unite ad altre informazioni ancora da approfondire e che assegnano a queste sostanze proprietà antiossidanti, allelochimiche, antivirali ed antifungine, oltre che antibatteriche, fanno supporre che sia possibile ipotizzare un utilizzo delle sostanze fenoliche estratte dalle acque di vegetazione sia in campo alimentare (coloranti, antiossidanti) sia nel settore agrario (biopesticidi, fitoregolatori). Altresi molto stimolante è la possibilità di ottenere chitosani dalle bioconversioni in fase solida. Dette sostanze sono di un attuale forte interesse applicativo per l'industria agroalimentare e farmaceutica come addensanti, cicatrizzanti, flocculanti ed alcuni esempi dell' applicazione di chitosani si possono trovare anche nell' alimentazione umana. Queste sostanze hanno dimostrato infatti una azione riduttiva del peso corporeo, trigliceridi e colesterolemia a causa della capacità di interferire con il metabolismo dei grassi. I chitosani, inoltre, sembrano avere effetti positivi su alcune patologie di interesse oncologico e, persino odontoiatrico (riduzione della formazione di carie per ridotta adesione dei microrganismi implicati). In campo 72 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari agronomico, i chitosani possono essere usati per l' elicitazione delle difese delle piante da patogeni di tipo fungino, e per aumento della resistenza a virus. In campo industriale sono utilizzati per produrre fibre e pellicole biodegradabili, come rafforzanti della struttura di carte, agenti di controllo della viscosità (CNR-MURST). Nell’acqua di vegetazione delle olive è contenuto un largo spettro di sostanze fenoliche, molte delle quali (soprattutto gli o-difenoli) mostrano una spiccata attività antiossidante. Uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Sperimentale per l’Elaiotecnica in provincia di Pescara (Ranalli e Contento, 2002) ha valutato il potere antiossidanti delle sostanze fenoliche contenute nelle acque di vegetazione delle olive. I risultati hanno mostrato, in generale, che l’estratto fenoliche delle AV sembra avere un marcato effetto antiossidante, superiore a quello degli antiossidanti sintetici, al posto dei quali potrebbero essere impiegati, anche e soprattutto perché costituiti da sostanze fenoliche naturali e non di sintesi. Se recuperati e riutilizzati, quindi, i fenoli consentirebbero di compensare almeno in parte gli elevati costi di produzione dell’olio, e di rendere questo prodotto piu’ competitivo sui mercati internazionali. Il recupero dei fenoli, inoltre, consentirebbe un significativo abbassamento dei valori di COD e BOD5 del refluo (Ranalli, 1991, Visioli et al., 1999). _ IMPIEGHI AGRONOMICI Prove di trattamento fogliare con AV effettuate presso il CRA di Rende (Cosenza) hanno mostrato applicazioni interessanti nell’ambito della difesa fitoparassitaria. Si sono infatti rilevati: ! inibizione delle fasi iniziali di sviluppo della mosca dell’olivo; ! riduzione del micelio nel caso della verticillosi _ IMPEGHI NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE Recupero di fenoli tramite solventi organici a anidride carbonica. I fenoli, che sono composti antiossidanti, possono trovare impiego nell’industria alimentare come sostituti delle omonime sostanze di provenienza industriale e di sintesi. Una volta estratti i fenoli, le acque cosi’ depurate possono essere riutilizzate al posto di quella di rete, o all’interno del frantoio stesso e re-immesse nel ciclo lavorativo. Altro impiego puo’ avvenire tramite il recupero di zuccheri dalle AV tramite fermentazione alcolica e conseguente produzione di alcol etilico. 73 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Compostate con altre matrici, infine, le acque di vegetazione possono costituire un substrato per la crescita e l’allevamento di funghi eduli di particolare pregio (Pleurotus eryingii). 3.2.3 LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE Considerate le caratteristiche e l’elevato carico inquinante del refluo, la depurazione delle acque di vegetazione comporta piu’ stadi di trattamento. Esiste un gran numero di processi di depurazione, tra cui i piu’ impiegati sono: ! impianti a concentrazione termica ! impianti fisici (ultrafiltrazione, filtrazione sottovuoto, osmosi inversa, etc.) ! impianti biologici anaerobici e microbiologici ! impianti chimico-fisici Di seguito si riporta il caso di un impianto pilota per la depurazione della AV tramite concentrazione termica. IMPIANTO PILOTA DI DEPURAZIONE E CONCENTRAZIONE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE DELLE OLIVE L’impianto pilota di depurazione delle AV è stato realizzato attraverso la collaborazione tra l’Istituto di Meccanica Agraria dell’Università di Bari (Prof. Paolo Amirante) e la ditta Frilli di Poggibonsi ed è ubicato presso la Cooperativa Oleicola di Casamassima (Bari). Il trattamento di basa sul principio di fornire energia termica all’acqua in modo da favorirne l’evaporazione, con il risultato di produrre un concentrato ad elevato contenuto di sostanza organica. La concentrazione con distillazione è un processo di risanamento dei reflui che avviene in ambiente con parziale grado di vuoto, per cui si opera a temperature di evaporazione dell’acqua inferiori a 100° C. il concentrato prodotto è una pasta fangosa in cui sono contenute la maggior parte delle sostanza solute o sospese, mentre il distillato viene condensato e costituisce il refluo depurato. Tale sistema ha pero’ il limite determinato dall’elevato costo del combustibile impiegato nell’evaporazione. Per tale motivo si è cercato di ridurre sensibilmente la spesa dell’energia utilizzata per l’evaporazione attraverso una distillazione frazionata delle AV, con il recupero del calore derivante dall’effluente trattato (duplice effetto) e di utilizzare un’ apposita 74 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari caldaia che sfrutti il potere calorifico del refluo concentrato, consentendo cosi’ di ottenere una sensibile riduzione del consumo di combustibile tradizionale. La sperimentazione eseguita ha consentito di constatare che per una depurazione ottimale occorre separare dall’acqua evaporata la frazione di sostanze piu’ volatili (alcol etilico prevalentemente) presente nel refluo in seguito alla fermentazione degli zuccheri. Il concentrato prodotto puo’ anche orientarsi al mercato mangimistico. Inoltre la produzione di alcol etilico permette di abbassare i costi di gestione. Considerato l’alto livello di frazionamento dei frantoi sul territorio, è consigliabile orientarsi verso impianti di depurazione centralizzati attraverso l’installazione di impianti consortili in piattaforme depurative, anche se su tale organizzazione gravano i costi di trasporto del refluo. La depurazione delle AV mediante depuratori biologici a fanghi attivi, a causa dell’alto contenuto di sostanza organica e dei valori elevati di COD e BOD5 è possibile solo a seguito di una forte diluizione del refluo con le acque di scarico urbane e richiede, pertanto, un depuratore adeguatamente dimensionato. Gli altri sistemi di depurazione proposti, come la concentrazione per evaporazione o per ultrafiltrazione ed osmosi inversa risultano eccessivamente costosi, sia per l’investimento che per l’esercizio; inoltre non risolvono il problema, poiché producono un concentrato comunque da smaltire, con costi ulteriori. Per la depurazione delle AV tramite estrazione della componente fenolica, è stato brevettato un sistema che recupera la componente fenolica direttamente in frantoio tramite un processo di cromatografia con uso di resine consente di abbattere il carico inquinante dei reflui e la conseguente successiva depurazione nei normali impianti urbani. CONCLUSIONI La filosofia di considerare i reflui oleari come "materia prima" seconda ha dato origine a numerose ricerche volte alla utilizzazione e valorizzazione del refluo per vie biologiche e chimiche, al fine di ottenere prodotti a medio o alto valore aggiunto e, al contempo, l'abbattimento del potere inquinante. In questo capitolo, si è cercato di fornire una visione quanto piu’ completa della gamma delle tecnologie attualmente disponibili nel campo del trattamento, recupero e valorizzazione dei sottoprodotti dell’industria olearia. Da quanto emerso, si evidenzia una notevole versatilità di tali sottoprodotti a “trasformarsi” da mero residuo a risorsa e materia prima riutilizzabile 75 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari in diversi settori economici e produttivi. Ognuna di esse, infatti, trova applicazioni pratiche in ambiti diversi a seconda delle matrici trattate, delle tecnologie adottate e dei prodotti ottenibili. Vari sono i settori d’impiego: oltre al comparto agricolo, infatti, le industrie potenzialmente interessate sono quelle mangimistiche, farmaceutiche, cosmetiche, alimentari, floro-vivaistiche e il comparto energetico. La scelta verso una tecnologia di trattamento piuttosto che un'altra dev’essere dettata da un’analisi attenta sia delle tipologie di sottoprodotti disponibili in loco (a livello sia di singola azienda che di comprensorio) che delle possibilità di impiego presenti (sia diretto in azienda o agricoltura che altri eventuali mercati di sbocco). Nelle Tabelle che seguono si riassumono le tipologie di trattamento attuabili per tipologia di residui oleari. ! Sintesi alternative di trattamento e valorizzazione delle acque di vegetazione TRATTAMENTO VANTAGGI CONSIDERAZIONI DEPURAZIONE Riduzione carico inquinante FERTIRRIGAZIONE Vantaggi agronomici e ambientali Spesso costoso Gestione risulta fanghi di Dev’essere controllata Metodo economico Tecnologia COMPOSTAGGIO Vantaggi agronomici (apporto di sostanza organica stabilizzata) Co-compostaggio altre matrici con GREEN CHEMISTRY Produzioni di composti ad alto valore aggiunto (antiossidanti, enzimi, biomasse microbiche) Costoso, ancora poco mercato ! Sintesi alternative di trattamento e valorizzazione delle sanse vergini e umide TRATTAMENTO SPANDIMENTO DIGESTIONE ANAEROBICA COMBUSTIONE VANTAGGI Vantaggi agronomici CONSIDERAZIONI (effetto concimante) Produzione di melme da smaltire Produzione biogas (bassa) elettrica produzione Dev’essere effettuato in modo adeguato! energia Limiti emissioni inquinanti Produzione di ceneri fertilizzanti 76 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Produzione energia pulita da nocciolino DENOCCIOLAMENTO COMPOSTAGGIO Risparmio energetico riutilizzato in azienda se Diversificazione reddito del Prodotti a maggior valore aggiunto Utilizzo polpa industria mangimi Meno conveniente in caso di sanse umide Produzione ammendante organico vegetale Co-compostaggio con altre biomasse di scarto Olivicoltura biologica Compost di qualità Riduzione costi di concimazione Diversificazione reddito Consigliabile comprensoriale del impianto La scelta di un trattamento piuttosto che un altro dev’ essere valutata attentamente, in funzione di parametri tecnici, economici e ambientali, tra i quali: ! L’ubicazione del frantoio ! La disponibilità di terreni agricoli nelle vicinanze con colture appropriate ! Presenza di una “domanda” sufficiente a giustificare gli eventuali investimenti e costi di gestione e a trovare ai prodotti giusta collocazione sul mercato ! Presenza di consorzi di produttori interessati ! Dimensione del frantoio e produzione di sottoprodotti ! Livello d’integrazione dei frantoi su scala locale ! Mercati di sbocco ! Presenza nel territorio di altre attività agro-alimentari o zootecniche per disponibilità matrici organiche da co-compostare ! Leggi locali vigenti 77 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CAPITOLO IV - APPLICAZIONI PRATICHE Dopo aver descritto le varie tipologie disponibili per il trattamento dei sottoprodotti oleari liquidi e solidi, in questo capitolo si è cercato di fornire esempi che potessero rappresentare strumenti utili sia per gli operatori specifici del settore (frantoiani, olivicoltori), che per gli amministratori o i pianificatori locali. Per i primi si è scelto un caso di impianto di compostaggio, innovativo sia per la tecnologia adottata che per la partnership pubblico-privata costituitasi per realizzarla. Trattasi di un progetto LIFE attuato in Campania, all’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, territorio che – per sua stessa vocazione – è chiamato a promuovere e diffondere pratiche di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico. Come utile strumento di pianificazione per gli amministratori locali, invece, si riporta il caso di un software applicativo – denominato ICARO - atto a valutare la vulnerabilità dei suoli allo spandimento dei reflui, sviluppato presso l’Università di Agraria di Pisa. Infine, per fornire un’analisi approfondita anche dell’aspetto economico abbiamo riportato un’ analisi economica comparata tra differenti alternative di smaltimento i recupero dei reflui oleari. I questo modo si è cercato di indirizzare la selezione di “buone pratiche” verso esperienze utili sia al mondo degli operatori di settore (olivicoltori, frantoiani, tecnici di associazioni) che alle parti pubbliche responsabili della pianificazione. 4. 1 IL PROGETTO LIFE TIRSAV Il Progetto LIFE TIRSAV (Tecnologie Innovative per il Riciclaggio delle Sanse e delle Acque di Vegetazione) è stato finanziato al 30% dalla Commissione Europea nell'ambito del programma LIFE Ambiente 2000. Il progetto nasce con l'intento di realizzare e sperimentare una tecnologia innovativa capace di rispondere in modo efficace ai problemi connessi allo smaltimento delle sanse e delle acque di vegetazione, reflui dei frantoi oleari. Il progetto, infatti, è consistito nello sviluppare un sistema pratico ed efficace che consentisse di ridurre drasticamente l'impatto ambientale relativo allo smaltimento al suolo dei reflui del frantoio oleario, attraverso la realizzazione di un impianto di riciclaggio delle sanse vergini e delle acque di vegetazione per la produzione di ammendanti organici. Il progetto è stato possibile grazie alla collaborazione tra Ente Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, la Provincia di Salerno, la sezione Olivicoltura dell'ISAFoM 78 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CNR di Perugia, l'azienda Verdegiglio Macchine Agricole, l'Azienda Monacelli e la Cooperativa Nuovo Cilento. Grazie all'attività di ricerca si è riusciti ad individuare un processo tecnologico in grado di processare direttamente in frantoio i sottoprodotti della lavorazione delle olive – sanse e acque di vegetazione - fornendo un prodotto finale confezionato in sacchi a rete non percolante, non maleodorante, di facile trasporto e stoccaggio in azienda, gestibile anche a livello comprensoriale. I risultati della ricerca e la conseguente individuazione del processo tecnologico innovativo sono capaci di rispondere alle diverse esigenze dell'utenza intervenendo positivamente sulla drastica riduzione dell'impatto ambientale relativa allo smaltimento al suolo dei reflui dell'industria olearia, nella produzione di un compost ottimale ai fini agronomici e nel miglioramento dei risultati economici ed incremento occupazionale all'interno della filiera olivicola. In conclusione, il sistema proposto permette di prelevare dall'uliveto solamente la componente olio e di restituire al terreno il resto delle sostanze organiche, rispettando il naturale turn-over dell'agroecosistema. 4.1.1 DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA Il metodo per il recupero agronomico dei reflui oleari messo a punto nell’ambito del progetto prevede, nel caso di frantoi a “tre fasi” (che producono due reflui distinti: sanse e acque di vegetazione) una ricombinazione degli stessi a monte del processo, in modo tale che il refluo da trattare sia unico. L’azione del sistema innovativo realizzato col progetto TIRSAV è espletata in linea col frantoio e si puo’ sintetizzare in tre fasi successive, come schematizzato in Figura 6: 1. fase di denocciolamento 2. fase di miscelazione 3. fase di confezionamento La FASE 1 di denocciolamento prevede un trattamento in grado di separare dal refluo oleario, in uno stato caratterizzato da un basso contenuto di umidità (circa 25%), il nocciolino che, pertanto, risulta direttamente atto alla combustione. La separazione del nocciolino in una fase preliminare del processo ne consente proficui impieghi industriali alternativi, quali, ad esempio, come già indicato in precedenza, la combustione diretta per produzione di calore, la trasformazione in bio-combustibile per pirolisi, l'utilizzazione per la “sabbiatura” dei monumenti e delle fusoliere di aerei, o come substrato per colture idroponiche, la produzione di materiale coibente o di carbone attivo, altri impieghi per la produzione di energia e così via. 79 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Figura 6 – Fasi del processo tecnologico del progetto LIFE TIRSAV Fonte: Progetto LIFE TIRSAV Il refluo oleario denocciolato, ottenuto con la fase di denocciolamento, risulta costituito dalla polpa e dalla buccia delle olive e dall'acqua di vegetazione; esso, nel caso di frantoi a “due fasi”, presenta, in genere, un tasso di umidità compreso fra il 74 e il 76% circa, risultando,quindi, piuttosto fluido. Inoltre, come verificato sperimentalmente, accanto ad un elevato tenore di acqua, presenta una 80 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari composizione articolata, dove il contenuto maggiore è rappresentato dalla sostanza organica (costituita in prevalenza da grassi r e s i d u i , p e c t i n e , z u c c h e r i , emicellulose,cellulose, proteine, composti fenolici, sostanze volatili ed altro), stimata intorno al 94% circa della sostanza secca; il resto risulta costituito dalle ceneri (contenenti, in prevalenza, potassio, calcio e vari microelementi della nutrizione vegetale, come magnesio, ferro, manganese, zinco, rame). Foto – Produzione di nocciolino Fonte: Progetto LIFE TIRSAV Nella FASE 2 il refluo oleario denocciolato che scaturisce dalla prima fase del processo, raccolto e movimentato in apposita vasca (Fig. 7) per evitare la separazione fisica delle fasi presenti (liquida e solida), viene convogliato automaticamente in un'ulteriore vasca, dove si attua la sua miscelazione con particolari additivi atti a: (a) ridurre l'umidità del refluo oleario vergine denocciolato per rendere il prodotto finale non percolante; (b) consentire una buona circolazione di aria nel prodotto finale; (c) diminuire il rapporto carbonio/azoto del refluo oleario di partenza, al fine di determinarne una più rapida degradazione microbica nel suolo e, soprattutto, per ridurre al minimo la competizione nei confronti di colture agrarie, per l'azoto presente nella soluzione circolante del terreno. 81 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari I tipi e le quantità di additivi da aggiungere al refluo oleario denocciolato dipendono dalle specifiche esigenze di lavorazione, ad esempio dal tipo di sansa, in relazione allo stato di umidità delle olive, dal frantoio (“due fasi” o “tre fasi”) e dal tipo di prodotto finale che si vuole ottenere. Per quanto riguarda gli additivi con proprietà (a), preferibilmente viene aggiunto materiale di origine organica che presenta un'alta capacità di assorbire acqua, come, ad esempio, trucioli e segature provenienti da legname naturale non trattato, paglia di graminacee, cascami di lana grezza e così via. Per quanto riguarda gli additivi con proprietà (b), questi devono essere in forma di materiale relativamente grossolano. Additivi di questo tipo preferiti sono paglia, foglie e rametti di olivo, provenenti dalla pulizia dei frutti in frantoio realizzata a monte del processo di estrazione dell’olio. Figura 7 – Vasca di miscelazione del progetto LIFE TIRSAV Fonte: Progetto LIFE TIRSAV Per quanto riguarda gli additivi con proprietà (c), questi sono rappresentati preferibilmente da materiali ricchi di azoto organico o da particolari concimi azotati minerali atti, appunto, a produrre un arricchimento in azoto della miscela. Additivi con proprietà (c), sulla base di quanto già sperimentato, sono rappresentati, ad esempio, dai cascami di lana grezza o dalla lana grezza tal quale, di facile reperimento a costi molto contenuti, che, accanto ad un contenuto in azoto organico variabile fra il 6% ed il 4,5% circa, presentano anche un'elevata igroscopicità legata, tra l'altro, al loro basso contenuto di umidità. I cascami di lana grezza e la lana tal quale presentano un contenuto in sostanza organica pari al 76% circa sul peso fresco 82 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ed il 9% circa sul peso fresco di ceneri (prevalentemente costituite da calcio e potassio, mentre tra i microelementi spicca il ferro). Se viene impiegata tale tipologia di additivo con proprietà (c), la miscela finale ottenuta si configura come un concime organico. Come già indicato, l'arricchimento in azoto può essere ottenuto mediante additivi azotati alternativi, come, ad esempio, particolari concimi minerali quali nitrati di potassio o calcio, tipicamente più stabili rispetto ad altri esistenti sul mercato. In questo caso, la miscela finale si configura come un concime organico-minerale. La quantità di additivi con proprietà (c) da immettere nelle miscele può, naturalmente, essere regolata in funzione del titolo finale in azoto che si vuole raggiungere. F to – Fase di carico degli additivi Fonte: Progetto LIFE TIRSAV Durante la fase di miscelazione (Foto) è prevista la triturazione del materiale presente nelle miscele; tale operazione serve a produrre uno sminuzzamento grossolano degli additivi aggiunti (minimo 3-4 cm), in modo che la biomassa presenti, alla fine del processo, una macroporosità interna capace di garantire l'instaurarsi, in seno alla stessa, di fermentazioni aerobiche. Al termine del trattamento, il refluo del frantoio oleario “additivato” (prodotto finale) deve risultare parzialmente stabilizzato, non percolante, non maleodorante, con caratteristiche chimico-fisiche assimilabili a quelle di un ammendante, di un concime organico od organico- 83 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari minerale, di facile stoccaggio anche a ridosso del frantoio e di agevole trasporto ed impiego agronomico. Foto – Impasto delle sanse con gli additivi Fonte: Progetto LIFE TIRSAV La FASE 3 consiste nel confezionamento automatico (Foto) del prodotto finale in sacchi a rete chiusi automaticamente per favorirne il trasporto e lo stoccaggio; il peso dei sacchi dovrà oscillare tra 20 e 30 kg per agevolarne la movimentazione. Sulla base delle ricerche effettuate, grazie alle specifiche modalità di confezionamento sopra illustrate, lo stoccaggio del prodotto confezionato, effettuato in pila stratificata statica prima e/o dopo il trasporto, consente alla miscela finale ottenuta di subire una maturazione aerobica, operata da lieviti e batteri, che contribuisce a migliorarne le caratteristiche chimico-fisiche, rendendo, peraltro, più agevole e proficuo il suo successivo impiego agronomico come ammendante e/o concime organico. Infatti, durante lo stoccaggio, si riduce il tenore di umidità della biomassa, il che consente, all'atto dell'impiego, di ridurre l'entità delle masse movimentate, con maggiore efficacia agronomica delle stesse causata dalla concentrazione dei nutrienti occorsa. 84 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Foto – Sistema di insacchettamento Fonte: Progetto LIFE TIRSAV La conservazione in frantoio o in azienda del prodotto finale confezionato, dunque, se effettuata in condizioni adeguate, attraverso un'opportuna stratificazione statica dei sacchi (Foto), da effettuarsi all'aperto, al riparo da precipitazioni meteoriche per evitare il dilavamento delle masse, si ribadisce che può essere prolungata senza inconvenienti (produzione di cattivi odori), in attesa del momento migliore per il suo impiego agronomico. Il prodotto finale ottenuto rappresenta per i suoli un'importante fonte di sostanza organica biodegradabile utile per conservare e migliorare la loro fertilità, a vantaggio delle colture, ad iniziare dalla coltivazione dell'olivo. La sostanza organica determina, infatti, una serie di azioni benefiche per il terreno tra le quali si possono segnalare: ! un aumento della macro-porosità, che consente una maggiore ossigenazione del profilo superficiale del terreno interessato dall'accrescimento radicale e dall'attività microbica (franco di coltivazione); ! un incremento della stabilità degli aggregati, importante per evitare sia fenomeni di erosione sia di formazione di croste superficiali per l'azione battente della pioggia; una migliore ritenzione idrica del terreno d o v u t a all'aumento della micro-porosità dello stesso; 85 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari ! una maggiore bio-disponibilità di micro-elementi per la nutrizione vegetale, azione ascrivibile alla ben nota capacità chelante e/o complessante della frazione organica del suolo che, proprio in virtù delle sue caratteristiche chimiche, tende ad impedire i processi di insolubilizzazione chimica a carico di tali micro-elementi, fenomeni che, in genere, si v e r i f i c a n o n e i s u o l i c a l c a r e i , estremamente diffusi in Italia; ! contrastare il fenomeno di desertificazione dei suoli, che sta interessando sempre più vaste zone in ambiente mediterraneo, laddove, peraltro, è maggiormente diffusa l'olivicoltura e, di conseguenza, è più concentrata l'attività dei frantoi. Foto – Stoccaggio del prodotto in sacchi a rete traspiranti Fonte: Progetto LIFE TIRSAV 4.1.2 APPLICAZIONI DEL COMPOST PRODOTTO Nel corso dei tre anni di durata del progetto sono state impostate numerose prove sperimentali che hanno visto la collaborazione scientifica di diverse Istituzioni di Ricerca e la partecipazione di aziende agrarie private; alcune di esse, sia per la 86 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari complessità che in conseguenza della ridotta disponibilità di tempo prevista dal progetto, si considerano conclusi solo parzialmente. I dati ottenuti, comunque, forniscono, a nostro avviso, indicazioni significative sia rispetto alla validità delle metodologie impiegate che del materiale testato. L'attività realizzata dall’ISAFOM Cnr di Perugia - Sez. Olivicoltura è stata concepita in modo tale da ottenere, nel periodo previsto dal progetto, quante più informazioni possibili inerenti le qualità agronomiche dei substrati organici a base di reflui oleari ottenibili dalla tecnologia innovativa denominata M.A.T.Re.F.O (Metodo ed Apparato per il Trattamento dei Reflui dei Frantoi Oleari Brevetto Consiglio Nazionale delle Ricerche Parco Nazionale del Cilento e Vallo del Diano, deposito n. RM2004A000084). La prove sperimentali sono state finalizzati allo studio di diversi aspetti. Qui si riportano quelle riferite ai seguenti filoni di indagine: _ Sperimentazione agronomica di pieno campo del substrato organico da reflui oleari, con valutazione degli effetti quali-quantitativi sulla produzione delle coltivazioni indagate valutando altresì l'impatto sul suolo; _ Sperimentazione agronomica in ambito vivaistico del substrato organico da reflui oleari quale additivo al mezzo di coltura in vaso o fuori suolo; _ Sperimentazione sul recupero e riutilizzo del nocciolino ottenuto a monte del trattamento dei reflui oleari con la tecnologia innovativa; _ Studio dell'effetto soppressivo del substrato da reflui oleari su nematodi galligeni del genere meloidogyne. SPERIMENTAZIONE SU OLIVETI I prodotti della miscelazione derivanti dalla tecnologia M.A.T.Re.F.O. hanno trovato come destinazione sperimentale prioritaria prove di reintegro nel suolo, particolarmente in oliveti. La sperimentazione di campo, inizialmente avviata solo in Umbria, nel corso del progetto è stata allargata ad altre importanti regioni olivicole italiane (Sicilia e Calabria) presso aziende olivicole specializzate, particolarmente attente all'introduzione di innovazioni tecnologiche nella gestione della propria azienda. In particolare, in Umbria sono state coinvolte due aziende olivicole di differente estensione e significative nel panorama olivicolo locale, l'Azienda Casteldoglio, sita in località Doglio - Montecastello di Vibi, Perugia e l'Azienda Agricola Faena, sita in località Spineta - Fratta Todina, Perugia. Gli oliveti interessati 87 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari dalla sperimentazione sono caratterizzati da piantagioni di media ed alta densità con forma di allevamento a monocono, nei quali si pratica l'inerbimento permanente dei suoli con restituzione integrale dei residui della potatura al suolo previa trinciatura e sfalcio periodico dell'erba, lasciata in superficie come pacciamatura. Nella prima azienda la potatura viene effettuata con sistemi meccanici agevolatori mentre nella Azienda Faena viene praticata raccolta e potatura meccanica; in entrambi i casi si pratica irrigazione localizzata (a goccia) mentre la concimazione organica ordinaria annuale viene effettuata con urea nella quantità di circa 100 kg di N/ha. Specifici trattamenti antiparassitari vengono effettuati per la difesa dalle principali avversità dell'olivo (occhio di pavone, mosca dell’olivo). Foto – Uno dei campi sperimentali Fonte: Progetto LIFE TIRSAV Lo spargimento delle miscele sperimentali è stato annualmente effettuato in primavera, avendo cura di distribuire il materiale sotto chioma (Foto). 88 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Foto – Spargimento controllato dei reflui compostati Fonte: Progetto LIFE TIRSAV Successivamente allo spargimento, durante l'ordinaria operazione di falciatura dell'erba, il materiale organico veniva uniformemente distribuito nell'oliveto (Foto ). Foto – Distribuzione uniforme post- falciatura Fonte: Progetto LIFE TIRSAV I risultati delle sperimentazioni condotte sono di seguito sintetizzati: ! incremento del contenuto di sostanza organica nei suoi trattati rispetto al controllo concimato con urea. Anche se dalle indagini effettuate sui parametri vegeto-produttivo delle piante non sono emerse sostanziali differenze rispetto al controllo concimato con urea, l'aumento di sostanza organica riscontrato 89 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari nelle parcelle di riferimento rappresenta un indice valido di incremento di fertilità residua del suolo che si riflette positivamente sulla nutrizione delle piante nel lungo periodo, con particolare riferimento a colture arboree a ciclo lungo come l’olivo; ! l’indagine microbiologica ha mostrato poi una maggiore presenza di batteri nitrificanti nei suoli trattati con le miscele sperimentali. I batteri Nitrificanti sono considerati come bio-indicatori della buona qualità dei suoli, essendo responsabili della mineralizzazione dell'azoto ammoniacale proveniente dalla degradazione della sostanza organica del terreno e contribuendo, pertanto, ad aumentare la disponibilità di azoto nitrico facilmente assimilabile dalle piante ! per quanto riguarda gli effetti vegeto-produttivi – considerando anche il limitato periodo di osservazioni – si rileva che le tesi trattate con le miscele sperimentali mostrano una vigoria comparabile al controllo concimato con urea 4.1.3 IL RECUPERO DEL NOCCIOLINO La tecnologia impiegata per il trattamento dei reflui oleari, come già descritto precedentemente, prevede nella prima fase la separazione del nocciolino dal resto della massa fluida. Il nocciolino, che viene così escluso dalle miscele sperimentali, rappresenta un sottoprodotto dotato di un alto valore aggiunto essendo idoneo all'utilizzo in molteplici applicazioni industriali. Alcune di queste sono già utilizzate, quali la combustione diretta in caldaie per uso domestico ed industriale e l'impiego per la levigatura delle fusoliere degli aerei, mentre altre sono ancora in fase di sperimentazione, come la produzione di combustibile liquido, l'utilizzo nel processo di sabbiatura dei monumenti, l'uso come substrato per colture idroponiche, l'impiego come materiale coibente e la produzione di carbone attivo. 4.1.4 INNOVAZIONE E VANTAGGI Il metodo di riciclaggio proposto, in grado di separare a monte del processo la parte legnosa della sansa derivante dalla rottura dell'endocarpo (nocciolino) per proficui alternativi impieghi industriali, consente di sfruttare pienamente a fini agronomici le sanse vergini e le acque di vegetazione residue dal frantoio, evitando sia gli inconvenienti associati al loro immediato e diretto spargimento in campo sia il trattamento nei “sansifici”. Il problema dello smaltimento dei reflui oleari viene dunque risolto alla base attraverso un processo di riciclaggio che, peraltro, applicato 90 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari su reflui oleari vergini appena prodotti, impedisce l'instaurarsi di fermentazioni anaerobiche maleodoranti in seno alle masse. Il recupero a fini agronomici dei sottoprodotti della lavorazione del frantoio garantisce un reale ed immediato vantaggio per il frantoiano, che vede trasformarsi un rifiuto da smaltire in risorsa. Il prodotto organico finale che si ottiene con la metodologia innovativa ideata e sviluppata nell'ambito del progetto TIRSAV, come sperimentalmente dimostrato, può trovare largo impiego quale substrato di crescita per piantine in vivaio e per colture fuori suolo in sostituzione della torba o di altro materiale organico-minerale (torba + perlite) nonché per la fertilizzazione di terreni, in sostituzione dei concimi chimici di sintesi, eventualmente da parte dello stesso olivicoltore. La tecnologia innovativa proposta di recupero a fini agronomici dei reflui oleari consente, quindi, di rendere eco-compatibile l'intera filiera olivicolaolearia, in coincidenza con la produzione di olio extra-vergine e vergine di oliva, contribuendo, allo stesso tempo, alla salvaguardia e/o al recupero della fertilità organica dei suoli. Il metodo e l'apparato proposti, integrandosi con il ciclo di lavorazione del frantoio, presentano, inoltre, un'elevata flessibilità d'applicazione, essendo adattabili alle varie tipologie di frantoi a ciclo continuo esistenti sul mercato mondiale, con particolare riferimento a quella definita a “due fasi”, producendo una sansa vergine “additivata” (prodotto finale) atta a fungere da ammendante e/o concime i terreni. Il carattere innovativo del progetto risiede quindi: a ) in una integrazione del ciclo di lavorazione delle olive che permette il riutilizzo totale di tutti i sottoprodotti della lavorazione; b) nella produzione di un substrato organico di elevata qualità agronomica, per il quale si può prevedere un utilizzo più razionale; c) nella completa eliminazione dei problemi connessi allo smaltimento dei reflui. Da non trascurare, infine, il potenziale risparmio energetico derivante dall'utilizzo dell'impianto di trattamento, stimabile in una riduzione del 30% del consumo determinato dal funzionamento dei sansifici e delle raffinerie. Sotto il profilo del rapporto costi/benefici ambientali, l'impianto garantisce: a) il completo riciclo dei sottoprodotti della lavorazione delle olive ed il conseguente azzeramento dell'impatto ambientale legato allo smaltimento delle acque di vegetazione e delle sanse vergini; b) la restituzione di sostanza organica al terreno mediante l'utilizzo di fertilizzanti di origine vegetale e dunque la diminuzione dell'inquinamento ambientale derivante dallo spargimento di concimi chimici; 91 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari c) la riduzione dell'inquinamento ambientale derivante dalle emissioni in atmosfera di sostanze tossiche durante la lavorazione delle sanse nei sansifici; d) il ripristino del naturale contenuto di sostanza organica nei terreni agricoli; e) l'aumento della capacità di ritenzione idrica del terreno trattato, atta a prevenirne i rischi di erosione; f) la riutilizzazione di sottoprodotti provenienti da altre lavorazioni (trucioli, segatura, cascami di lana); g) la riduzione dei consumi energetici riconducibili al ciclo di produzione dell'olio d'oliva. Foto – Distribuzione del substrato in oliveto Fonte: Progetto LIFE TIRSAV E’ bene segnalare che le miscele prodotte - arricchite da materiali di origine organica ricchi di azoto - possono rappresentare un'alternativa all'impiego di concimi chimici di sintesi, rientrando, peraltro, in pieno diritto tra i concimi organici impiegabili per colture biologiche. Infatti, il prodotto finale che scaturisce dal processo innovativo, data la natura certa delle componenti immesse in fase di miscelazione, potrebbe agevolmente essere certificato dagli organi preposti per un suo impiego in agricoltura biologica; verrebbe così a prefigurarsi la nascita di un mercato di tale sottoprodotto 92 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari capace di surrogare il letame o altri concimi organici richiesti dalle aziende biologiche, caratterizzati, peraltro, o da scarsa reperibilità (nel caso del letame) o da costi piuttosto elevati. 4.2 ICARO - Indicatore di Compatibilità Ambientale dei Reflui Oleari La legge 574 del novembre 1996 che regola l’impiego dei reflui oleari sui terreni agrari consente il loro sversamento previa comunicazione – accompagnata da una relazione tecnica redatta da un professionista abilitato – da effettuare al Sindaco competente almeno 30 giorni prima dell’effettiva distribuzione in campo (Bonari et al., 2001). Gli strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali per valutare la liceità e l’opportunità dell’operazione richiesta sono pero’ limitati. Di conseguenza, solo in rari casi si procede ad un’effettiva disamina dei casi, sui quali quindi quasi mai viene espresso un giudizio. Allo scopo di rendere piu’ trasparenti ed oggettive le scelte da assumere a questo riguardo, ma anche al fine di semplificare la preparazione della documentazione necessaria da parte del richiedente, è stato sviluppato un software applicativo che, attraverso una valutazione integrata dei principali aspetti coinvolti, consente la formulazione di un giudizio di idoneità allo sversamento dei reflui, proponendosi quindi come un vero e proprio sistema di supporto alle decisione di pianificazione e sviluppo del territorio. L’applicazione informatica denominata ICARO (Indicatore di Compatibilità Ambientale dei Reflui Oleari) è stato sviluppato da ricercatori dell’Università di Pisa nell’ambito del Programma Nazionale di Ricerca CNR-MIUR “Riciclo dei Reflui del Sistema AgroIndustriale” e applicato nel comune di Ferrandina, in provincia di Matera (Celano et al., 2005). Il software ICARO fornisce una stima del rischio agro-ambientale attribuibile alla specifica ipotesi di spandimento dei reflui oleari sul terreno agrario mediante il calcolo di un indicatore sintetico derivante dall’aggregazione ponderata di variabili legate sia alle caratteristiche quanti-qualitative delle acque di vegetazione, sia alle condizioni agronomiche, climatiche, podologiche e topografiche degli appezzamenti destinati a riceverle. Le variabili utilizzate per operare una valutazione del rischio agro-ambientale associato allo sversamento in campo dei reflui oleari sono state raggruppate in cinque moduli diversi: 1. Refluo 2. Falda 3. Corpi Idrici 4. Coltura 93 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari 5. Suolo Come schematizzato in Tabella MODULO VARIABILE PESO (%) Refluo Dose (m3/ha); tempo trascorso dall’ultimo sversamento; solidi sospesi, pH, SAR, conducibilità elettrica Falda Velocità di saturazione, conducibilità idrica satura Corpi idrici Erosività delle piogge, fattore morfologico, erodibilità del suolo, fattore di copertura, distanza da corpi idrici, pratiche conservative Coltura Epoca sversamento, tipo di coltura, stadio fenologico 10 Suolo Temperatura media del mese di spandimento, macroporosità, salinità, pH, distanza dalla captazione di acque potabili, distanza da centri abitati 20 distanza 25 pozzi, 15 30 Fonte: Celano et al., 2005 Per ciascuno di essi sono stati fissati dei valori soglia necessari per l’individuazione dei rispettivi valori di rischio. Per chiarire il livello di complessità raggiunto dal sistema, elenchiamo le variabili di input del software ICARO: _ dose (da impianti centrifughi e tradizionali) _ pH del refluo _ SAR (Solid Adsorption Ratio) _ Conducibilità elettrica _ Velocità di saturazione _ Conducibilità satura _ Distanza pozzi _ Erosività delle piogge _ Fattore morfologico (pendenza e lunghezza) _ Erodibilità del suolo _ Fattore di copertura 94 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari _ Distanza dai corpi idrici _ Adozione di pratiche conservative _ Fattore di vulnerabilità delle colture _ Temperatura media del mese di sversamento _ Macroporosità del terreno _ Salinità del terreno _ pH del terreno _ ESO (Exchangeable Sodium Percentage) _ Distanza da aree di captazione acque potabili _ Distanza da centri abitati Nel programma ICARO i cinque moduli, che considerano variabili legate sia alle caratteristiche quanti-qualitative delle acque di vegetazione, sia alle condizioni agronomiche, climatiche, podologiche e topografiche degli appezzamenti destinati a riceverli, sono aggregati con differente peso a determinare l’indicatore finale. Applicazione di ICARO a livello comunale Presso l’Università della Basilicata, in collaborazione con l’Università di Pisa, è stata realizzata l’applicazione del software ICARO a livello comunale (scale-up), al fine di una restituzione cartografica del livello di rischio agroambientale associato allo spandimento dei reflui oleari sui terreni adibiti a usi agricoli. Il comune oggetto dello studio è stato quello di Ferrandina, in provincia di Matera. La fase dello studio ha previsto l’acquisizione del materiale cartografico esistente, la digitalizzazione di quello presente solo su supporto cartaceo e l’elaborazione di nuove mappe tematiche. Con l’ausilio del programma Arcview sono stati realizzati i differenti strati informativi relativi alle variabili coinvolte nella determinazione dell’indicatore di compatibilità agroambientale: copertura del suolo, pedologia, altimetria, morfologia, etc. La sovrapposizione di tutti gli strati tematici ha permesso di avere una visione complessiva e allo stesso tempo dettagliata del territorio preso in esame, garantendo l’immediata visualizzazione e conoscenza degli elementi presenti. Si è poi proceduto a individuare le aree in cui non è permesso lo spandimento dei reflui, cioè le aree vincolate. A tal fine, sono stati considerati aspetti e vincoli sia di tipo normativo che ambientale: - aree a distanza inferiore ai 200 m da centri abitati; 95 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari - aree boschive e arbustive; - aree con falda superficiale (> 10 m) - aree investite con colture orticole - aree sature d’acqua - aree calanchive Sulle rimanenti aree non vincolate è stata realizzata la valutazione del rischio agroambientale secondo i criteri proposti dal software Icaro. La valutazione del rischio agroambientale è stata effettuata ponendo a confronto die diverse tipologie di impianto: quella “moderna” (estrazione centrifuga o di tipo continuo) e quella “tradizionale” (estrazione con presse o di tipo discontinuo). A fronte di una superficie comunale di circa 21.600 ha è stata individuata un’area vincolata di 10.500 ha. Ne deriva che 11.100 ha restano a disposizione per gestire l’intera produzione di acuqe di vegetazione. Tale superficie è ripartita tra le due colture prevalenti sul territorio: l’olivo (1.000 ha) e i seminativi (9.100 ha). Dall’analisi delle elaborazioni realizzate con ArcView GIS è emerso come per la coltura dell’olivo si ottenga un livello di rischio ambientale sempre elevato nel caso di uno spandimento effettuato in febbraio (usuale epoca di sversamento). Tale condizione non cambia sia che si ipotizzi il ricordo a impianti continui che discontinui. L’ipotesi di spargimento dei reflui da impianto di tipo continuo coinvolge 4.900 ha a elevato rischio agroambientale contro 5.200 ha classificabili a rischio medio. Invece, simulando l’impiego di reflui da impianti tradizionali (discontinui) il livello di rischio di considera elevato per quasi 5.650 ha e medio per 4.500 ha. L’incremento (700 ha) della classe a rischiosità elevata è risultato essenzialmente a carico delle aree investite a cereali. Nel comune in oggetto sono state molite circa 5.650 t/anno di olive (Agecontrol, 2002-2003) con una produzione stimabile di acuqe di vegetazione oscillante tra 2.825 m3 nell’ipotesi di totale estrazione con impianti a pressa, e di 5.750 m3 nel caso di separazione con centrifuga. Considerando tali quantità, la superficie minima necessaria allo spandimento dei reflui ottenuti oscillerebbe tra 56.5 e 70.63 ha per anno, grandezze piu’ che compatibili con la disponibilità comunale di aree classificate a media rischiosità. La compatibilità fra la produzione di reflui e l’ampiezza delle superfici del comprensorio potrebbe essere ulteriormente incrementata nell’ipotesi di turnare le aree annualmente interessate alla distribuzione delle acque di vegetazione. Un tale databse geografico, se continuamente aggiornato, dopo un’eventuale integrazione con lo strato catastale, puo’ presentare notevoli risvolti applicativi, quali la possibilità di programmare gli spandimenti e ricostruirne la storia, velocizzare le 96 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari procedure di autorizzazione e di controllo, rendendo piu’ semplice da parte delle Regioni la redazione di un piano di spandimento cosi’ come previsto dall’attuale normativa (articolo 7, legge 574/96). Un piano di spandimento non puo’ prescindere da un supporto cartografico che indichi le aree piu’ o meno suscettibili all’inquinamento derivante dalla distribuzione delle acque di vegetazione. Il sistema proposto puo’ dunque costituire uno strumento utile a disposizione di Pubbiche Amministrazioni o Associazioni di categoria quale sistema di supporto alle decisioni per una piu’ corretta pianificazione della distribuzione della acque di vegetazione sui campi coltivati, nel rispetto dell’ambiente e dell’esercizio dell’attività agricola. 4.3 ANALISI ECONOMICA COMPARATA La valutazione economica delle differenti alternative di smaltimento o recupero dei reflui dell’industria frantoiana si presenta complessa, poiché investe contemporaneamente aspetti giuridici, economici, tecnico-scientifici, sociali e territoriali. Per valutare da un punto di vista privatistico i costi ed i benefici connessi alle tecniche attualmente utilizzate per lo smaltimento dei reflui oleari è necessario studiare e definire i processi tecnologici e i relativi coefficienti tecnici nonché le modalità organizzative secondo le quali tali reflui vengono smaltiti. Poiché in Italia l’attuale normativa permette entro certi limiti la distribuzione in campo delle acque di vegetazione o delle sanse umide, e questa modalità di smaltimento è quella utilizzata dalla quasi totalità delle imprese, sono stati analizzati gli aspetti tecnici ed economici delle diverse soluzioni utilizzate per lo spargimento sul terreno agrario delle acque di vegetazione e delle sanse umide, stimando i costi di quelle più diffusamente adottate. I costi sono stati distinti in: ! costi variabili (il noleggio del mezzo di trasporto, il lavoro, il costo dei servizi c/terzi, i consumi di lubrificante, carburante, pneumatici) e in ! costi fissi relativi all’ammortamento dei mezzi, alla manutenzione e all’assicurazione. Le indagini effettuate hanno permesso di verificare che le acque di vegetazione sono distribuite su fondi che distano mediamente dal frantoio tra i 5 e 10 Km, investiti a colture arboree e, in particolar modo, a olivo, vite e mandorlo. Non sono stati 97 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari considerati i costi relativi agli impianti di stoccaggio in quanto ritenuti sostanzialmente identici nelle diverse alternative e quindi irrilevanti per una valutazione comparativa. Il trasporto e la distribuzione sono realizzati mediante generici carri botte trainati da trattrici, di proprietà dell’azienda o della cooperativa di trasformazione. La stima dei costi (Tabella 16) è stata effettuata attraverso l’individuazione di alcuni parametri tecnici: i tempi di manovra, di carico, di uscita dal frantoio, di trasporto e di scarico e la capacità media del mezzo. La distanza media tra il frantoio e il fondo per lo spandimento è stato considerata pari a 7 km, mentre la durata media della campagna di lavorazione è stata considerata pari a 90 giorni per 8 ore di lavoro giornaliere. Tabella 16 - Stima del costo di distribuzione dei reflui oleari su terreno agrario (! al m3) ACQUE DI VEGETAZIONE mezzi propri mezzi di terzi SANSE UMIDE mezzi propri COSTI VARIABILI noleggio mezzo di trasporto 5,16 consumi vari 1,16 0,34 lavoro 1,71 0,86 servizi c/terzi 5,16 COSTI FISSI trattrice ammortamento 0,21 0,21 Manutenzione-assicurazione 0,09 0,09 carrobotte ammortamento 0,13 manutenzione 0,03 spandiletame ammortamento 0,16 manutenzione 0,03 TOTALE 3,34 5,16 6,86 Fonte: Ferri 98 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Nel caso specifico dello spandimento delle AV, sono stati presi in considerazione l’utilizzo del carrobotte trainato da una trattrice, entrambi di proprietà del frantoio, con una capacità media di 5m3, con tempi di spandimento e trasporto pari a circa 55 minuti e, in alternativa, l’impiego di un autobotte c/terzi, con una capacità di circa 15m3. Per quanto riguarda lo smaltimento delle sanse umide, per il trasporto viene utilizzato un autocarro con una capacità media di 10 m3, che viene noleggiato per tutta la durata della campagna olearia. Per le operazioni di spandimento in campo della sanse è impiegato, invece, uno spandiletame trainato da una trattrice. I risultati ottenuti sono stati utilizzati per ricostruire un quadro completo del costi di trasformazione delle olive con le differenti tecnologie attualmente disponibili tenendo nella debita considerazione anche gli elementi di costo derivanti dalla gestione dei reflui. Si è così pervenuti alla definizione dei costi di trasformazione delle olive e di gestione dei reflui delle due più moderne filiere tecnologiche (Tabella 17). Quest’analisi ha mostrato una sostanziale uguaglianza, almeno in termini di costi privati, tra le due soluzioni tecnologiche valutate (sistemi a tre fasi e sistemi a due fasi). Tabella 17 - Stima del costo totale di trasformazione olive in olio (!/qle olive lavorate) SISTEMA SISTEMA 3 FASI 2 FASI Ammortamento 1,03 1,03 Manutenzione 0,23 0,23 Manodopera 0,46 0,46 Energia elettrica 0,32 0,26 Combustibile per riscaldamento acqua 0,25 0,12 Acqua di rete 0,25 0,03 Totale 2,55 2,14 Distribuzione acque di vegetazione 0,33 COSTI Costi di impianto Manodopera materiali di consumo Distribuzione sanse umide Costo di trasformazione 0,54 2,88 2,68 99 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari I dati riportati in Tabella 17 mostrano che con il sistema a due fasi la riduzione dei costi derivante dai risparmi di acqua, energia elettrica e di combustibile viene compensata dai più elevati costi di smaltimento delle sanse umide, almeno con la tecnologia attualmente utilizzata. I risultati della valutazione comparativa tra le due filiere tecnologiche mutano se si considerano anche i ricavi derivanti dalla vendita dei sottoprodotti: le sanse, nel caso dei sistemi a tre fasi, e il nocciolino, per quelli a due fasi. In questo caso, come mostrato in Tabella 18, con la completa valorizzazione dei sottoprodotti il sistema di estrazione a due fasi risulta essere più conveniente rispetto al processo continuo a tre fasi. Tabella 18 - Stima del costo totale di trasformazione Costo di trasformazione SISTEMA 3 FASI 2,88 Valore netto nocciolino Vendita sanse COSTO TOTALE SISTEMA 2 FASI 2,82 -0,89 -0,52 2,36 1,93 Nei frantoi oleari, recentemente accanto al problema dello smaltimento delle acque di vegetazione, si comincia ad avvertire la necessità di trovare soluzioni alternative anche per una migliore valorizzazione delle sanse. Queste possono, infatti, essere utilizzate come biomasse per la preparazione di compost di qualità. Negli anni recenti la produzione di compost di qualità ha assunto una crescente importanza attestata sia dall’ incremento nel numero di impianti che dei quantitativi prodotti. Il mercato dei compost è quindi in una fase di evoluzione e sviluppo anche a causa della flessibilità nella utilizzazione di questi prodotti in diversi ambiti applicativi. Un ulteriore elemento di crescita è legato all’impiego di tale prodotto nell’agricoltura biologica, un comparto in forte espansione. Si è ritenuto, quindi, di grande interesse cominciare a valutare la convenienza economica della trasformazione delle sanse vergini in compost di qualità. Un aspetto di grande influenza nella valutazione della convenienza economica del processo di trasformazione è quello della scelta delle matrici da compostare e delle tecnologie da impiegare. In questa ricerca si è ritenuto 100 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari opportuno focalizzare l’analisi su alcune matrici che sono state oggetto delle sperimentazioni da parte di altre unità operative nell’ambito dello stesso progetto. Il dimensionamento dei cumuli e del piazzale è stato determinato partendo dalla dimensione media dei frantoi e utilizzando i coefficienti tecnici forniti da altre unità operative. Si è giunti, così, a formulare tre ipotesi di matrici costituite da: A) 350q di sansa + 50q di pollina liquida + 30q di paglia; B) 350q di sansa + 50q di stallatico equino; C) 350q di sansa + 46q di residui ortofrutticoli e di potatura. In Tabella 19 sono riassunti i risultati dell’analisi economica relativa alle tre diverse matrici impiegate nel compostaggio. Tabella 19 - Costi, ricavi ed utili dell’attività di compostaggio per le diverse matrici COSTI A B C Costi fissi 4.515 4.515 4.515 Costi variabili 7.188 6.862 6.380 Pollina liquida 105 Paglia 1.327 Stallatico equino 1.106 Residui potatura Manodopera 171 5.084 5.084 Trinciatura 5.208 328 Energia 443 443 443 Spese varie 229 229 229 19.921 19.921 19.921 8.218 8.544 9.026 3,84 3,99 4,21 Ricavi Utile Utile per q.le di compost 101 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari Da queste prime valutazioni, il processo di trasformazione delle sanse in compost risulta economicamente conveniente, anche se con margini di profitto contenuti e diversificati a seconda dei materiali di partenza miscelati con le sanse. Lo studio realizzato ha anche evidenziato che i vincoli maggiori all’adozione di questa pratica da parte delle imprese derivano sia dalla localizzazione urbana o periurbana di molti impianti di molitura, che rende difficile il reperimento degli spazi necessari, che dalle difficoltà di carattere organizzativo che l’attività di compostaggio comporterebbe nelle gestione dei frantoi. Tale soluzione appare, invece, più perseguibile, sia da un punto di vista economico, che gestionale ed organizzativo, mediante la realizzazione di apposite imprese specializzate, anche a carattere consortile, che potrebbero trasformare i reflui prodotti da un certo numero di frantoi. Questa soluzione potrebbe contribuire ad una più vasta riorganizzazione della filiera di produzione dell’olio finalizzata alla realizzazione di un sistema produttivo integrato che si completerebbe con la riutilizzazione e valorizzazione di tutti i sottoprodotti. Ciò consentirebbe di conseguire un duplice vantaggio: un minore impatto ambientale dell’attività di trasformazione delle olive in olio, e maggiori ricavi derivanti dalla più razionale utilizzazione dei sottoprodotti. 102 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI La tematica legata alla gestione dei sottoprodotti dell’industria olearia è di notevole criticità, sia per le sue implicazioni tecniche che ambientali. Le elevate produzioni nazionali, la breve durata del periodo in cui vengono prodotti e la tempestività degli interventi richiesti per il loro smaltimento rendono lo smaltimento dei residui oleari un impegno oneroso per gli operatori olivicoli. L’elevato carico organico dei residui prodotti, inoltre, rappresenta un elemento di criticità rispetto ai possibili impatti che la loro immissione incontrollata puo’ causare sui vari comparti ambientali, nonché sui delicati equilibri degli ecosistemi ricettori. A queste difficoltà si è cercato, tra l’altro, di sopperire con l’emanazione di norme che consentissero l’utilizzo controllato dei reflui tal quali (sia solidi che liquidi) tramite spandimento su terreni a fini agronomici. Tale pratica, se ha consentito da un lato una gestione dei reflui oleari piu’ serena e agevolata da parte degli operatori del settore, presenta dall’ altro una serie di aspetti ancora da verificare e condizioni esecutive di non sempre facile attuazione. Per esempio, i pareri riscontrati in letteratura circa l’effettiva tossicità dei reflui e il reale valore agronomico dello spandimento risultano contrastanti. Le condizioni operative tipiche della stagione (elevata piovosità, terreni poco accessibili) e le dotazioni meccaniche di molte realtà aziendali, inoltre, non sempre consentono di effettuare la fertirrigazione nel rispetto delle prescrizioni previste dalla legge. La stagionalità della produzione e l’elevata frammentazione dell’attività produttiva costituiscono poi ulteriori aggravanti. Il comparto dell’industria estrattiva, infatti, è ancora in gran parte costituito da impianti di modeste dimensioni, talvolta localizzati in strutture prossime o addirittura all’interno di centri abitati, per cui non vengono armonicamente coniugati i criteri dell’efficienza produttiva con quella di una gestione economica e sostenibile degli impianti di trasformazione. Inoltre, la crescente produzione di sanse umide in seguito alla diffusione di tecnologie estrattive a due fasi e a risparmio d’acqua, pone ulteriori oneri e difficoltà gestionali. Questi ed altri fattori fanno si che la gestione dei residui oleari venga vista nell’ottica di uno smaltimento dei rifiuti da effettuare nel modo piu’ veloce ed economico possibile. Se considerati invece come risorse e non come rifiuti, come materia prima e non come residuo, i sottoprodotti dell’ attività olearia possono offrire molteplici opportunità di re-impiego e aprire prospettive interessanti sia dal punto di vista agro-ambientale che economico e produttivo. L’obbiettivo di questo studio è stato proprio quello di “fotografare” la gamma di tecnologie innovative attualmente 103 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari disponibili nel campo del trattamento, del recupero e della valorizzazione sia della componente solida che liquida delle sostanze in esame. Per la componente liquida (le acque di vegetazione) – quella piu’ largamente studiata – oltre al corretto impiego agronomico, esistono interessanti applicazioni nel campo farmaceutico e cosmetico, e in quello piu’ vasto di quella che con termine anglosassone viene chiamata “green chemistry” (chimica verde): l’ottenimento, per esempio, di coloranti e antiossidanti impiegabili nell’industria alimentare, cosmetica e farmaceutica, o di composti impiegabili per allungare la shelf-life di alcuni prodotti, tra cui l’olio d’oliva. Inoltre, si prospetta l’utilizzo delle frazioni fenoliche quali antiossidanti, sostitutivi di quelli sintetici usati nell’industria alimentare. Altra applicazione ad alto valore aggiunto riguarda la produzione di biomasse quale materia prima per l’estrazione di enzimi e di composti ad elevata attività biologica per l’industria farmaceutica e cosmetica, o l’ impiego di biomasse miceliali per l’assorbimento selettivo di metalli pesanti. Queste tecnologie, tuttavia, comportano spesso un impegno finanziario eccessivo per le strutture di trasformazione mediopiccole - frequenti nell’Italia centro-meridionale – che dovrebbero dotarsi di impianti appositi, o conferire i reflui alle ditte interessate. Per queste realtà, appare preferibile l’impiego agronomico tramite fertirrigazione, eseguita pero’ in modo corretto e responsabile. Come mostrano i numerosi studi e sperimentazioni riportate in questo studio, infatti, tali sostanze possono risultare molto utili ai fini produttivi. Un loro uso scorretto, tuttavia, comporterebbe rischi ambientali che non farebbe che penalizzare nel lungo termine gli interessi dei coltivatori stessi. Uno studio accurato delle caratteristiche ambientali del terreno ricevente, oltre che il rispetto di dosi adeguate e delle procedure previste dalla legge, fanno della fertirrigazione un’ alternativa ecocompatibile ed economica alla fertilizzazione di sintesi. Oltre all’utilizzo agronomico tramite spandimento, le acque di vegetazione possono essere sottoposte a diverse tipologie di trattamento volte alla loro depurazione e riduzione del carico inquinante: filtrazione, separazione su membrana, trattamento a fanghi attivi, trattamento anaerobico, precipitazione, flocculazione, incenerimento e distillazione/evaporazione. Tutte queste tecniche, tuttavia, risultano spesso di difficile applicazione pratica su scala aziendale, vuoi per i costi eccessivi degli impianti necessari, vuoi per la produzione di ulteriori prodotti da smaltire. Per quanto riguarda invece la componente solida dei sottoprodotti oleari (sanse vergini, piu’ o meno umide), molto promettente risulta il trattamento e la valorizzazione tramite compostaggio, con la conseguente produzione di compost di 104 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari qualità. La possibilità di trattare le acque e le sanse derivanti dalla molitura delle olive mediante filiere semplici e nello stesso tempo affidabili, capaci non solo di abbattere il potere inquinante e la fitotossicità di questi reflui ma anche di trasformare le suddette matrici-rifiuto in prodotti utili, svincolati dalla necessità d’uso in periodi obbligati, rappresenta un’alternativa di grande interesse economico, agronomico ed ambientale. In questo contesto, la produzione di ammendanti organici da reflui oleari attraverso processi controllati di biostabilizzazione aerobica in fase solida, più comunemente nota come compostaggio, costituisce, di sicuro, una delle opzioni tecnologiche più promettenti e di indubbia ricaduta pratica. Il compostaggio delle sanse – anche in combinazione con altre matrici organiche di scarto per una composizione piu’ bilanciata – è una prospettiva interessante non solo per i suoi vantaggi agronomici (apporto di sostanza organica e miglioramento delle fertilità dei suoli) e ambientali (riciclo di risorse naturali, preservazione del paesaggio, tutela dell’ambiente), ma anche economici (risparmio dei costi di concimazione, produzione di composti a maggior valore aggiunto, diversificazione del reddito aziendale e dei mercati di sbocco). Negli anni recenti, infatti, la produzione di compost di qualità ha assunto una crescente importanza, attestata sia dall’ incremento nel numero di impianti, che dei quantitativi prodotti. Il mercato del compost è in una fase di evoluzione e sviluppo anche a causa della flessibilità nell’ utilizzazione di questi prodotti in diversi ambiti applicativi. La scelta di un trattamento piuttosto che un altro dev’essere valutata attentamente in funzione di parametri tecnici, economici e ambientali e condotta attraverso la collaborazione stretta tra mondo della ricerca, i vari soggetti della filiera olivicola e il settore industriale. E’ inoltre auspicabile continuare a promuovere la ricerca e la sperimentazione nel settore, al fine di trovare soluzioni applicative cha siano sostenibili dal punto di vista economico e ambientale, e facilmente trasferibili alle esigenze contestuali delle singole realtà territoriali. Questo richiede l’impegno e il coinvolgimento attivo di tutti i soggetti della filiera olivicola, oltre alla collaborazione ed il supporto tecnico degli Istituti di ricerca specializzati, degli Enti competenti, delle Associazioni di categoria e delle Organizzazioni di produttori. A tal proposito, appare fondamentale il ruolo di UNASCO e significativa la sua posizione e il suo impegno verso strategie progettuali volte all’innovazione e alla qualità dell’intero comparto olivicolo. Con la definizione di un proprio Sistema di qualità, infatti, UNASCO ha voluto dare un chiaro segnale agli operatori della filiera associati. Attraverso la definizione di un Disciplinare di produzione contenente linee 105 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari guida per buone prassi agricole, olivicoltura integrata e biologica, oltre alla sensibilizzazione continua dei tecnici e dei produttori associati, UNASCO intende diffondere tra gli imprenditori l’adozione di pratiche e comportamenti tesi a qualificare e valorizzare la produzione. E’ proprio nell’ ottica di favorire l’implementazione del sistema UNASCO che s’inserisce il presente studio. La scelta di analizzare la problematica della gestione dei sottoprodotti oleari, infatti, s’inserisce nell’ottica piu’ generale di divulgare e promuovere tra gli operatori del settore (tecnici, associazioni, imprenditori agricoli, frantoiani) pratiche sostenibili sia dal punto di vista ambientale che economico. Oltre al valore agronomico e ambientale, infatti, il recupero e la valorizzazione dei residui oleari presenta indubbi vantaggi anche sul piano della commercializzazione, della promozione e dell’immagine aziendale, contribuendo ad arricchire di contenuti (etici e ambientali) la qualità complessiva del prodotto finale. La valorizzazione dei residui oleari, inoltre, consente di ottenere prodotti a maggior valore aggiunto, aprendo cosi’ interessanti opportunità di integrazione e diversificazione del reddito aziendale, oltre a generare economie di scala e di scopo, ossia vantaggi competitivi per le aziende coinvolte. E’ auspicabile, quindi, che le informazioni raccolte in questo studio possano fornire spunti interessanti di riferimento per la futura programmazione delle attività per le singole Associazioni e le aziende della filiera olivicola, e costituire una base progettuale per la condivisione da parte degli associati di strategie comuni all’interno del sistema UNASCO. E’ infatti prevedibile che una gestione efficiente ed efficace dei sottoprodotti della lavorazione oleari implichi l’organizzazione e il coordinamento tra vari attori della filiera olivicola, attraverso la messa in rete di competenze e interessi altrimenti destinati ad esaurirsi nell’ambito della singola azienda. Nel caso di una scelta progettuale volta a valorizzare i residui oleari attraverso la produzione di compost di qualità, per esempio, questo significa la creazione di un’ “impresa rete” che, forte dell’adesione di frantoiani, olivicoltori, tecnici di associazioni, vivaisti, ditte di impiantistica ed eventuali altri imprenditori agricoli, riesca a sviluppare sinergie economiche ed organizzative vantaggiose per tutte le parti interessate. A tal fine, il ruolo di UNASCO appare nuovamente fondamentale, attraverso la sua funzione di orientare la produzione e la trasformazione verso il mercato e fornire servizi che diano contenuto alla nuova cultura della qualità. Una qualità, pero’, che – come richiesto anche dal consumatore - vada oltre la semplice dimensione di prodotto, per includere altri tipi di valori: il valore dell’ambiente (impatto sull’ecosistema delle 106 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari pratiche colturali) e dell’uomo (etica, centralità delle problematiche dello sviluppo sostenibile). Si ritiene infine che il recupero e la valorizzazione delle risorse sia compito ormai imprescindibile per un’olivicoltura moderna, attenta alla qualità tanto dei prodotti, quanto dei processi. Un’ olivicoltura, quella che si va delineando anche attraverso le recenti normative comunitarie e nazionali, sempre piu’ chiamata a svolgere – oltre alla sua fondamentale funzione produttiva ed economica – anche un’ azione multifunzionale, attraverso la fornitura di servizi sociali e ambientali, quali la preservazione del paesaggio, l’adozione di tecnologie pulite e la promozione di una cultura della qualità. 107 Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari BIBLIOGRAFIA Amirante P., Di Gioacchino L., Di Renzo G.C., 1992. Riciclo delle acque di vegetazione nell’estrazione centrifuga: aspetti qualitativi e quantitativi. Atti del Congresso Internazionale Olive Oil Quality, Firenze 1-3 Dicembre, pp. 115-126 Amirante P., 1998. Utilizzazione agronomica dei sottoprodotti dell’estrazione olearia: aspetti legislativi, tecnologici e risultati sperimentali. Rs rifiuti solidi, vol. XII n. 1. Amirante, P., 1999. Traitment et utilisation des sous produits. 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