VERSO LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA OLIVICOLA

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VERSO LA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA OLIVICOLA
Campagna finanziata
con il contributo della
Comunità Europea
Reg. (CE) 1331/2004
Settore 1: Sorveglianza e gestione amministrativa
del settore e del mercato dell’olio d’oliva
e delle olive da tavola
1.b Studi di fattibilità
VERSO LA SOSTENIBILITÀ
DELLA FILIERA OLIVICOLA:
TRATTAMENTO, RECUPERO
E VALORIZZAZIONE
DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI
Il presente studio è stato realizzato su commissione di UNASCO da:
L’Officina GBS
Soc. Cooperativa
Piazza Vesuvio, 8 - 00141 ROMA
Tel. 06.87186265
Coordinatore del progetto: Dr.ssa Anna Chiesura
Hanno collaborato:
Dr. Vincenzo Marano
Dr. Pasquale De Francesco
Dr. Angelo Maraglino
Ringraziamenti
Si ringraziano tutte le persone contattate, intervistate e incontrate durante la fase di raccolta dei
dati. In particolare: il Prof. Paolo Amirante (Dip.to PRO.GE.SA, Università di Bari), il Prof. Donato
Ferri (Istituto Sperimentale Agronomico, Bari), il Dr. Giorgio Pannelli e il Dr. Giuseppe Padula (C.R.A.
Istituto Sperimentale di Olivicoltura, Spoleto), il Prof. Maurizio Petruccioli (Università La Tuscia,
Viterbo), il Dr. Pietro Toscano, la Dr.ssa Caterina Briccoli-Bati e il Dr. Nino Iannotta (C.R.A. Istituto
Sperimentale per l’Olivicoltura, Rende), il Dr. Nicola Silvestri e la Dr.ssa Lucia Ceccarini (Dip.to
Agronomia e Gestione dell’Agroecosistema, Università di Pisa), il Dr. Costantini e Ranalli (Istituto
Sperimentale per l’Elaiotecnica, Pescara), il Dr. Antonio Feola (Coordinatore del Progetto LIFE TIRSAV), Vivai Attilio Sonnoli, il Dr. Altieri (CNR-Perugia), il Prof. Umberto Tomati (CNR, Istituto di
Biochimica ed Ecofisiologia Vegetale, Monterotondo), il Prof. Maurizio Servili (Tecnologie e
Biotecnologie degli Alimenti, Università di Perugia).
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
SOMMARIO
INTRODUZIONE ____________________________________ 3
PREMESSA ____________________________________________ 3
OBIETTIVI ____________________________________________ 4
METODOLOGIA _________________________________________ 6
STRUTTURA DEL RAPPORTO _______________________________ 7
CAPITOLO I - I SOTTOPRODOTTI OLEARI ________________ 8
1.1. I RESIDUI DI CAMPO ________________________________ 8
1.2
I RESIDUI DELL’ESTRAZIONE OLEARIA __________________ 9
1.2.1
LE ACQUE DI VEGETAZIONE ________________________________ 12
1.2.2
LA SANSA VERGINE ______________________________________ 14
1.2.3
LE SANSE UMIDE ________________________________________ 15
1.2.4
LA SANSA ESAUSTA ______________________________________ 16
CONCLUSIONI ________________________________________ 16
CAPITOLO II - LA GESTIONE DEI RESIDUI OLEARI ________ 18
2.1 ASPETTI NORMATIVI ________________________________ 18
2.2 LO SPANDIMENTO DEI REFLUI SUI TERRENI _____________ 30
2.2.1
ANALISI SWOT DELLO SPANDIMENTO __________________________ 33
2.2.2
IMPATTO AMBIENTALE DELLO SPANDIMENTO ____________________ 34
2.3 VALORE AGRONOMICO DEI RESIDUI OLEARI______________ 35
CONCLUSIONI ________________________________________ 44
1
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CAPITOLO III - TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE _______ 46
DEI RESIDUI OLEARI_______________________________ 46
3.1 TRATTAMENTO DELLE SANSE __________________________ 48
3.1.1
SANSIFICIO _______________________________________________ 48
3.1.2
RECUPERO ENERGETICO _____________________________________ 48
3.1.3
PRODUZIONE DI MANGIMI ___________________________________ 49
3.1.4
COMPOSTAGGIO e PRODUZIONE DI COMPOST DI QUALITA’ _________ 51
3.2 TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE ___________ 56
3.2.1
LA FERTIRRIGAZIONE _______________________________________ 56
3.2.2
IL COMPOSTAGGIO _________________________________________ 60
3.2.3
LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE ________________ 74
CONCLUSIONI ________________________________________ 75
CAPITOLO IV - APPLICAZIONI PRATICHE _______________ 78
4. 1 IL PROGETTO LIFE TIRSAV ___________________________ 78
4.1.1
DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA ____________________________ 79
4.1.2
APPLICAZIONI DEL COMPOST PRODOTTO _______________________ 86
4.1.3
IL RECUPERO DEL NOCCIOLINO _______________________________ 90
4.1.4
INNOVAZIONE E VANTAGGI __________________________________ 90
4.2 ICARO - Indicatore di Compatibilità Ambientale dei Reflui
Oleari _______________________________________________ 93
4.3 ANALISI ECONOMICA COMPARATA _____________________ 97
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI _________________ 103
BIBLIOGRAFIA __________________________________ 108
2
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
INTRODUZIONE
PREMESSA
La crescente massa di materiale organico prodotto dall’attività di estrazione olearia
pone pesantemente il problema del loro smaltimento. Lo smaltimento dei
sottoprodotti dell’industria olearia è un problema tipico dei Paesi mediterranei dove,
durante la breve e spesso piovosa stagione della raccolta, vengono prodotti piu’ di 30
milioni di m3 di residui oleari, sia allo stato liquido (acque di vegetazione) che solido
(sanse). Con la diffusione dei processi di estrazione a due fasi, inoltre, si è aggiunta
una terza tipologia di residuo, quella delle sanse umide, che a sua volta apre la
questione del loro difficile smaltimento. Le sanse umide, infatti, sono poco accettate
dai sansifici per il loro scarso contenuto in olio ed elevata percentuale di umidità.
I reflui oleari sono caratterizzati da un alto carico inquinante per la presenza
di complessi organici difficilmente biodegradabili. Se rilasciati nell’ambiente senza
l’adozione di pratiche adeguate possono provocare effetti dannosi all’ecosistema e
alle stesse colture. Proprio per i possibili rischi ambientali legati alla gestione dei
reflui oleari, la legislazione vigente in materia prevede il loro spandimento sui terreni
solo a determinate condizioni e nel rispetto di precisi quantitativi. La normativa
vigente in materia ( L. 574/96, "Nuove norme in materia di utilizzazione agronomica
delle acque di vegetazione e di scarichi dei frantoi oleari") consente infatti lo
spandimento controllato delle acque di vegetazione su terreni adibiti ad usi agricoli.
Oltre e fissare precisi limiti quantitativi e prevedere vincoli fisici e ambientali, la
suddetta normativa richiede che lo spandimento sia subordinato alla presentazione al
sindaco di una relazione tecnica redatta da un agronomo o perito agrario,
agrotecnico o geologo. Le norme della legge si applicano in ugual modo anche alle
sanse umide. La normativa non dà pero’ indicazioni sul momento migliore per la
distribuzione dei reflui, né sulle modalità di incorporazione nel terreno, o tantomeno
su possibili effetti fitotossici per le colture.
A quasi 10 anni dall’emanazione della legge, tuttavia, non è ancora possibile
esprimere un giudizio definitivo sulla sua efficacia e molte questioni restano ancora
aperte circa i reali vantaggi agronomici di tale pratica, nonché sulle condizioni agroambientali per un uso ottimale dei reflui oleari. Molti studi sono stati condotti da
Università e Istituti specializzati per valutare gli effetti dello spandimento dei residui
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Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
oleari su diverse colture, e alcuni di essi sono riportati in questo studio. Vista
l’impossibilità di rendere conto di tutti, si rimanda il lettore interessato ad
approfondire l’argomento tramite l’estesa bibliografia nazionale ed internazionale
annessa.
Ma se molto si è parlato e studiato circa la pratica dello spandimento, molto si
è anche scoperto e sperimentato circa l’efficacia e l’opportunità di pratiche
alternative di gestione dei sottoprodotti oleari. Tali pratiche hanno affrontato la
questione del loro smaltimento non in termini di “gestione di residui”, ma piuttosto in
termini di “valorizzazione di risorse”, mirando a tecnologie di trattamento e recupero
di biomasse potenzialmente utili. I sottoprodotti del ciclo di raccolta, lavorazione ed
estrazione olearia, infatti, sono caratterizzati da contenuti elevati di sostanza
organica e altri composti ad azione ammendante e fertilizzante, utili a migliorare le
caratteristiche chimico-fisiche dei nostri terreni, sempre piu’ poveri di sostanza
organica a causa dei fenomeni di erosione e desertificazione tipici dei Paesi
mediterranei. Se conosciute e sfruttate dagli agricoltori, tali pratiche possono fornire
un valido contributo al crescente problema dell’impoverimento di sostanza organica –
requisito fondamentale della fertilità - tipico dei suoli mediterranei. Esse inoltre
consentono il contenimento degli interventi di concimazione, con gli evidenti vantaggi
economici, oltre che ambientali, che ne conseguono.
Occorre infine ricordare che diffondere e promuovere pratiche sostenibili di
recupero e valorizzazione delle risorse è compito ormai imprescindibile per
un’olivicoltura moderna. attenta alla qualità tanto dei prodotti, quanto dei processi.
Un’ olivicoltura, quella che si va delineando, sempre piu’ chiamata a svolgere – oltre
alla sua fondamentale funzione produttiva ed economica – anche un’ azione
multifunzionale, attraverso la fornitura di servizi sociali e ambientali, quali la
preservazione del paesaggio e l’adozione di tecnologie pulite.
OBIETTIVI
Lo smaltimento controllato dei residui oleari tal quali in campo –ammesso dalla
normativa vigente – presenta aspetti controversi, e spesso non sufficientemente
conosciuti dagli operatori del settore. Inoltre, le continue sperimentazioni e ricerche
scientifiche effettuate nel settore propongono tecnologie di trattamento e
valorizzazione dei residui oleari, alternative allo smaltimento, e molto interessanti sia
per i loro risvolti di natura ambientale, che economica e di diversificazione del reddito
4
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
all’interno della filiera oleicola. Anche qui, tuttavia, le informazioni non sono spesso
sufficientemente diffuse a livello di tecnici e operatori del settore.
Obiettivo primario di questo studio è quello di condurre un’ indagine conoscitiva sullo
stato dell’arte delle tecniche di trattamento, recupero e valorizzazione dei residui,
nonché dei loro possibili impieghi nei vari campi di applicazione. In particolare, lo
studio si è posto i seguenti obiettivi:
_
approfondire le conoscenze relative alla produzione e alla gestione dei
sottoprodotti della lavorazione olearia nel panorama italiano;
_
_
documentare vantaggi e limiti dell’attuale gestione dei sottoprodotti oleari;
descrivere le strategie alternative di trattamento e valorizzazione dei
sottoprodotti oleari volte a diminuirne il carico inquinante e a trasformarli in
prodotti a maggior valore aggiunto;
_
analizzare i possibili mercati di sbocco per i prodotti derivati dal trattamento,
recupero e valorizzazione dei sottoprodotti oleari;
_
definire strategie atte a risolvere la gestione sostenibile dei sottoprodotti
oleari nelle diverse situazioni territoriali, nell’ottica della salvaguardia ambientale e
del recupero di una risorsa potenzialmente riutilizzabile;
_
fornire materiale di base e casi di studio concreti per l’implementazione di
misure ambientali nell’ ambito dei futuri programmi triennali, considerato,
oltretutto, il crescente peso dell’ Ambiente nei nuovi programmi comunitari;
_
trasferire le conoscenze maturate nell’ambito della ricerca accademica e
tecnologica alle associazioni dei produttori e agli altri operatori del settore;
_
sensibilizzare produttori, frantoiani e tecnici delle associazioni olivicole al fine
di orientare l’intera filiera olivicola verso buone pratiche, sostenibili sia dal punto di
vista ambientale che economico.
Occorre qui ricordare che l’ obbiettivo generale del presente studio è da inserirsi nel
piu’ ampio impegno da parte di UNASCO per la diffusione di pratiche colturali ecocompatibili, come quelle promosse attraverso i tre metodi di produzione (Buone
Pratiche Agricole, Agricoltura Integrata e Biologica) disciplinati dal Sistema di
qualità UNASCO.
Non ultimo per importanza, infine, l’obbiettivo che il presente studio si propone è
quello di fornire agli operatori olivicoli spunti utili e informazioni tecniche per la
5
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
progettazione di attività compatibili con i settori d’intervento previsti dai programmi
triennali, che inizieranno a partire dal 1 Marzo 2006. All’interno di ben due Misure
(“Miglioramento dell’Impatto Ambientale dell’Olivicoltura” e “Miglioramento della
qualità della produzione) prevedono tra le attività ammissibili quelle legate al
recupero e/o riutilizzo dei sottoprodotti dell’industria olearia (2c) e all’ Utilizzo delle
acque di vegetazione per fertirrigazione e delle sanse umide come ammendante del
terreno agrario attraverso l’utilizzo di mezzi idonei per lo spargimento (Legge
574/96) e/o utilizzo delle sanse per compost e/o per energia e combustibile (3c).
METODOLOGIA
Al fine di ottenere una mole di dati quanto piu’ completa ed esaustiva della realtà
esistente, lo studio qui presentato si è avvalso di molteplici fonti. Si è ricorsi, infatti,
sia a dati secondari (letteratura nazionale e internazionale, pubblicazioni scientifiche
di settore, siti on-line e materiale multimediale) che a dati primari, con indagini sul
campo, interviste a ricercatori presso enti di ricerca visite presso impianti e aziende,
partecipazione a convegni, nonché testimonianze dirette di operatori di settore
(Figura 1).
Figura 1 – Schema d’indagine metodologica
DATI PRIMARI
_
_
METODOLOGIA
Interviste
Visite
campo
DATI SECONDARI
sul
_
Incontri
e
convegni di settore
_
Pubblicazioni
scientifiche
_
Bibliografia
nazionale
internazionale
e
Nel contesto del presente studio si è preferito definire i residui della lavorazione
olearia con il termine “sottoprodotti oleari”, piuttosto che il piu’ comunemente usato
“reflui oleari”, per due motivi:
-
non tutti i residui si presentano allo stato liquido, come il termine refluo lascia
invece intendere;
6
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
-
non tutti i residui devono essere necessariamente smaltiti. Come si vedrà
alcuni possono essere riutilizzati come materia prima per ulteriori trattamenti
e impieghi.
Per ragioni di comodità espositive indicheremo i “sottoprodotti oleari” con l’acronimo
SOL.
STRUTTURA DEL RAPPORTO
Lo studio riportato nel presente rapporto è stato articolato secondo il seguente piano
espositivo:
!
CAPITOLO I – I SOTTOPRODOTTI OLEARI
Si riportano le tipologie e le caratteristiche dei vari sottoprodotti generati dalla
trasformazione delle olive
!
CAPITOLO II – LA GESTIONE DEI SOTTOPRODOTTI OLEARI
Si descrivono i vari aspetti normativi e ambientali legati alle principali metodologie
di gestione dei sottoprodotti oleari. Si passa poi all’analisi SWOT della pratica dello
smaltimento diretto in campo
!
CAPITOLO
III
–
TRATTAMENTO
E
VALORIZZAZIONE
DEI
SOTTOPRODOTTI OLEARI
Si descrivono alcune tecnologie di trattamento e valorizzazione dei sottoprodotti
oleari
!
CAPITOLO IV – APPLICAZIONI PRATICHE
Si riportano alcuni casi studio relativi ad applicazioni pratiche delle tecnologie
alternative
!
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI
!
BIBLIOGRAFIA
7
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CAPITOLO I - I SOTTOPRODOTTI OLEARI
L’oliva e, quindi, l’olio rappresentano una minima parte della biomassa prodotta
nell’ambito della filiera olivicola-olearia. Nella filiera olivicolo-olearia possono essere
individuate due grandi tipologie di sottoprodotti:
!
residui di campo: olive non raccolte, residui di potatura e di raccolta delle olive
(legna, frasca, foglie);
!
residui di estrazione olearia: sansa vergine (piu’ o meno umida a seconda delle
tecnologie estrattive), acque di vegetazione, sansa esausta.
Nei paragrafi che seguono si descrivono le caratteristiche dei sottoprodotti
appartenenti alle due tipologie.
1.1.
I RESIDUI DI CAMPO
Pur non rientrando nell’oggetto del presente studio, tratteremo brevemente dei
residui di potatura e della raccolta, poiché costituiscono una tipologia di
sottoprodotto potenzialmente riutilizzabile, oltre che quantitativamente importante.
In Tabella 1 si riportano alcune caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse
prodotte dalle operazioni di potatura dell’olivo.
Tabella 1 - Caratteristiche chimico-fisiche delle biomasse da potatura dell’olivo
CARATTERISTICHE CHIMICO-FISICHE
FRASCA
LEGNA
Quantità di residuo tal quale / 100
kg di olive trasformate in olio (kg)
65
15
Contenuto d’acqua nel residuo (%)
52
37
Quantità di residuo secco / 100 kg
di olive trasformate in olio (kg)
31,2
9,4
Rapporto C/N (% sul secco)
33,0
128,2
Potere calorifico inferiore (kJ/kg)
18.623
17.163
Contenuto energetico del residuo
/100 kg di olive trasformate in olio
(KJ/kg)
581·103
161·103
8
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Fonte: Amirante e Pipitone
Dai dati riportati in Tabella 1 è possibile rilevare che, tra i residui di potatura, la
frasca è quello che fornisce la maggior quantità di biomassa e, quindi, il maggiore
contenuto energetico. La sua ridotta utilizzazione attuale dipende solo dalle difficoltà
tecniche ed economiche del recupero (Amirante e Pipitone).
Foglie e ramaglie di diverse dimensioni costituiscono invece i residui delle attività
di raccolta delle olive. La loro quantità varia quindi in funzione del tipo di raccolta
condotto in campo. Sono gli scarti piu’ ricchi di sostanza secca e cellulosica. In alcuni
casi le foglie, eliminate durante le prime fasi della lavorazione tramite aspirazione,
sono destinate all’alimentazione animale o al riporto sul terreno tramite interramento
e conseguente apporto di sostanza organica. La diffusione della raccolta meccanica
ha portato a quantità crescenti di questo tipo di sottoprodotto. Le quantità di questa
tipologia di sottoprodotto sono difficili da stimare, e variano in funzione dei sistemi di
raccolta utilizzati. In peso possono oscillare tra il 2 e il 15% del carico totale di olive,
con una densità di 150-300 kg/m3 (Pubblicazione UNEP, 2000).
1.2
I RESIDUI DELL’ESTRAZIONE OLEARIA
I processi tradizionali di estrazione dell'olio d'oliva richiedono notevoli quantità di
acqua, variabili tra i 40 ed i 150 litri per ogni quintale di olive macinate. Questo
comporta la produzione di notevoli volumi di reflui da trattare. Inoltre, l'evoluzione
della tecnologia di estrazione verso sistemi di lavorazione in automatico tende ad
utilizzare impianti continui che puntino all'utilizzo del sistema centrifugo per la
separazione delle fasi, eventualmente accoppiato con altri metodi di estrazione
(impianti misti a doppia estrazione). Pertanto, gli impianti di estrazione olearia si
sono, attualmente, specializzati secondo due direzioni, che prevedono sempre una
riduzione sensibile di acqua in fase di processo. Infatti l'acqua aggiunta può essere
nulla se le olive presentano un’ umidità del 50%, o di 10÷20 kg per 100 kg di olive
se la pasta olearia ha una umidità iniziale del 40÷45%, in modo che, anche in tale
nuova composizione, la sua umidità, durante il processo di estrazione, non scenda al
di sotto del 50%. I suddetti sistemi innovativi di estrazione per centrifuga prevedono
che la pasta olearia possa essere frazionata in due sole fasi (olio e sansa molto
umida) oppure in tre fasi (olio, sansa meno umida e piccole frazioni d’acqua).
9
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
L’attività molitoria dei frantoi italiani produce annualmente, in media, oltre 3 milioni
di tonnellate di reflui (sanse ed acqua di vegetazione). I moderni sistemi di
estrazione centrifuga degli oli (impianti “continui”), frazionano la pasta derivata dalla
frangitura delle olive in due fasi, olio e sansa molto umida (58-62%), oppure in tre
fasi, olio, sansa con umidità del 48-54%, ed elevate quantità di acqua. Con i
decanter a riciclo d’acqua (due fasi e mezzo) si ottiene una sansa meno umida
rispetto agli impianti a due fasi e minori quantità di acque di vegetazione rispetto ai
“tre fasi”. I vari passaggi previsti dalle due tipologie estrattive (a due o a tre fasi)
con i relativi tassi di umidità e aggiunta di acqua nelle diverse fasi sono rappresentati
schematicamente in Figura 2.
Figura 2 – Estrazione a due e a tre fasi
Pertanto, estraendo l’olio con impianti a due uscite non vengono prodotte acque di
vegetazione, ma l’umidità della sansa risulta piuttosto elevata (58-62%), il che crea
problemi in fase di gestione (spandimento tal quale sui terreni) e/o successiva
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Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
trasformazione (estrazione al solvente o combustione). Lavorando, invece, a tre
uscite, con gli impianti tradizionali si ottiene una sansa con un’umidità accettabile
(48-54%) e elevate quantità di acqua di vegetazione.
In Tabella 2 si riportano i dati relativi alla quantità di acqua aggiunta per tecnologia
di estrazione e le caratteristiche dei sottoprodotti generati.
Tabella 2 - Bilancio di massa nell'estrazione centrifuga a due e tre fasi
ACQUA
SANSA
AGGIUNTA
KG/100 KG
(%)
OLIVE
Due fasi
0 – 10
75 - 80
58 - 62
0
Tre fasi
50
55 – 57
48 - 54
80 – 110
Tre fasi a riciclo
d’acqua
10 – 20
56 - 60
50 - 52
33 - 35
TECNOLOGIA DI
ESTRAZIONE
UMIDITÀ
(%)
SANSA
A.V. (KG/ 100
KG OLIVE)
Infine, per avere un’idea dei quantitativi di residui solidi e liquidi prodotti
dall’industria olearia, si riportano in Tabella 3 i dati del Consiglio Oleicolo
Internazionale relativi alle produzioni medie mondiali e nazionali di olio e reflui.
Tabella 3 – Produzioni medie di olio e sottoprodotti oleari in Italia e nel mondo
PRODUZIONI DI OLIO E REFLUI OLEARI (.000 T)
Olio1
Sansevergini2
Sansa umide2
473
1044
380
1640
UE
1519
3353
1220
5275
MONDIALE
1996
4407
1604
6933
ITALIA
Acqua di vegetazione2
(1) medie delle campagne 1990/91-1997/98.
(2) stime basate sulle produzioni di olio certe, considerando una resa di estrazione dell’olio
pari al 20% e una diffusione del sistema a 3 fasi continuo pari al 70 % del totale, del sistema a
2 fasi continuo pari al 20% e del sistema a 3 fasi discontinuo (tradizionale) pari al 10%.
Nei paragrafi successivi si procederà alla descrizione delle due principali tipologie di
sottoprodotti dell’attività estrattiva: le acque di vegetazione (sottoprodotto liquido),
le sanse vergini (sottoprodotto solido) e le sanse umide.
11
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
1.2.1
LE ACQUE DI VEGETAZIONE
Le acque di vegetazione (AV) rappresentano il sottoprodotto liquido proveniente dal
processo di estrazione dell'olio. Le AV sono costituite essenzialmente da:
_ acqua di costituzione dell’ olive con un modesto residuo d’olio;
_ acqua di lavaggio delle olive e degli impianti;
_ acque di diluizione delle paste negli impianti continui.
La produzione nazionale di AV si stima ingente (Tabella 4)
Tabella 4 – Stima dei quantitativi al frantoio di acque di vegetazione
TIPOLOGIA FRANTOIO
FRANTOI (NR)
OLIO OTTENUTO (T)
AV
Integrale
43
2.442
0
Pressione
2.005
106.127
349.102
Continuo
2.846
445.707
2.932.283
5
185
1.339
Misto
607
123.101
647.900
Altro
189
22.706
119.505
5.695
700.268
4.050.129
Percolante
Totale
Fonte: Elaborazione su dati Agecontrol, 2004; Cnr, 1998
Caratteristiche chimico-fisiche delle acque di vegetazione
Le caratteristiche chimico-fisiche di queste sostanze variano sostanzialmente in
relazione al metodo di estrazione adottato. Nel metodo di estrazione per pressione,
quello tradizionale, le AV sono composte unicamente dall'acqua e da altre sostanze
solubili presenti nella drupe. Nel caso invece dell'estrazione per centrifugazione,
detto anche sistema a ciclo continuo, a quanto sopra si aggiunge l'acqua utilizzata
per diluire la pasta di olive. E' evidente come nel primo caso viene prodotto un refluo
assai più concentrato. Tali reflui, inoltre, contengono in soluzione allo stato colloidale
e in sospensione numerosi composti organici e inorganici con tenori totali di sostanze
secche oscillanti tra il 3.5 e il 20% (Tabella 5) dovuti ai differenti volumi di acqua
utilizzati nei diversi processi di trasformazione e alla durata dello stoccaggio.
12
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Tabella 5 – Caratteristiche chimico-fisiche delle AV per tipologia d’ estrazione
CONTINUO O
PARAMETRO
DISCONTINUO A
CENTRIFUGAZIONE
PRESSATURA
RANGE
MEDIA
RANGE
MEDIA
5.1-5.8
5.4
4.7-5.5
5.4
79.8-91.7
86.4
90.4 - 96.5
93.5
7.2-18.4
12
2.6-8
5.2
Sostanze grasse (%)
0.02-1
0.5
0.5-2.3
1.3
Sostanze azotate (%)
1.2-2.4
1.8
0.17-0.4
0.3
2-8
4.5
0.5-2.6
1.5
0.5-1.5
0.9
-
tracce
1-1.5
1.1
0.9-1.4
1.1
1.3-1.7
1.5
0.23-0.5
0.37
-
Tracce
-
tracce
1.2-2.4
1.7
0.3-0.8
0.63
P2O5 (%)
0.14-0.23
0.21
0.03-0.7
0.06
CaO (%)
0.06-0.01
0.09
0.01-0.03
0.03
K20
0.47-0.81
0.71
0.11-0.24
0.19
Na2O
0.07-0.11
0.1
0.01-0.03
0.03
Solidi sospesi (%)
0.08-0.15
0.1
0.7-1.1
0.9
Sost. secche a 105o
8.3-20.1
13.6
3.5-9.6
6.5
COD (g/L)
54.1-318
208
28.9-79.1
49.5
BOD5 (g/L)
19.2-134.8
90.2
17-41.2
28.7
pH
Acqua (%)
Composti organici (%)
Zuccheri (%)
Acidi organici (%)
Polialcoli (%)
Pectine, mucillagini, tannini (%)
Glucosidi
Polifenoli (%)
Fonte: Pacifico, 1989
La notevole variabilità nel valore dei costituenti totali è legata ai volumi di acqua
utilizzati nei diversi processi di trasformazione e alla durata dello stoccaggio nelle
vasche di raccolta. Il tempo di permanenza ha, poi, influenza diretta sul peso di
alcuni componenti organici facilmente fermentescibili, sull’entità della sedimentazione
dei solidi sospesi, e sulla concentrazione dell’estratto etereo in caso si recuperano le
sostanze grasse affioranti (Celano et al., 2005).
13
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Altri composti importanti sono i polifenoli i quali esercitano una funzione fitotossica
sulle piante erbacee sia pure limitata a poche settimane data la loro estrema
degradabilità alla luce e all'aria.
Per quanto riguarda invece le informazioni relative alla caratterizzazione
microbiologica delle AV, si riscontra invece una carenza di dati. Dalle analisi sinora
eseguite su AV di diversa provenienza emerge come la popolazione microbica è
prevalentemente costituita da batteri cellulosolitici, mentre assenti risultano i
nitrificanti. Sono presenti, invece, anche se in numero minore, lieviti e funghi, molti
dei quali pectinolitici. Del tutto assenti risultano gli actinomiceti.
1.2.2 LA SANSA VERGINE
La sansa è invece il sottoprodotto solido della lavorazione delle olive. A seconda della
tecnologia di estrazione adottata variano i quantitativi di sansa prodotti (Tabella 6).
Ciò che caratterizza maggiormente questo sottoprodotto é l'umidità residua che può
variare in ragione del 25-30% sul totale della massa in virtù del metodo di
estrazione.
Tabella 6 – Stima delle quantità di sansa fresca prodotta per tipologia di frantoio
TIPOLOGIA FRANTOIO
FRANTOI (NR)
OLIO OTTENUTO (T)
SANSA PRODOTTA (T)
Integrale
43
2.442
23.295
Pressione
2.005
106.127
243.281
Continuo
2.846
445.707
1.327.247
5
185
521
Misto
607
123.101
350.666
Altro
189
22.706
85.373
5.695
700.268
2.030.385
Percolante
Totale
Fonte: elaborazione su dati Agecontrol, 2004; Cnr, 1998
La sansa vergine di oliva presenta caratteristiche simili, sia che provenga da impianti
a pressione che da impianti centrifughi, ad eccezione dell’ umidità che passa da valori
del 25-30% negli impianti a pressione, a valori del 48-54% negli impianti centrifughi
tradizionali (Tabella 7), mentre negli impianti centrifughi a due fasi l’umidità sale a
valori pari al 58-62% ed in quelli a risparmio d’acqua risulta pari al 50-52 %.
14
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Tabella 7 – Caratteristiche chimico-fisiche della sansa vergine da impianto tradizionale a 3 fasi
PARAMETRI
Umidità
VALORI
52.05
pH
5.20
Azoto totale (come N) (%)
0.96
Fosforo totale (come P2O5)
0.56
Carbonio organico totale (%)
60.45
Rapporto C/N
62.97
Carbonio organico totale estratto (%)
30.85
Carbonio umificato estratto (%)
11.40
Carbonio non unificato estratto (%)
18.45
Grado di umificazione (DH) (%)
36.95
Tasso di umificazione (HR) (%)
18.86
Indice di umificazione (HI) (%)
1.65
Fonte: Progetto Life-TIRSAV
1.2.3 LE SANSE UMIDE
Per venire incontro alle esigenze degli operatori dell’industria olearia è stato messo a
punto un sistema di estrazione centrifuga che pota alla riduzione del consumo di
acqua e alla riduzione delle quantità di AV prodotte. Con l’introduzione dei decanter
centrifughi a “due fasi”, infatti, all’uscita del ciclo estrattivo si hanno due sole
frazioni: olio e sansa vergine il cui contenuto di umidità risulta essere mediamente
intorno al 60% contro il 48-54% di quello ottenuto con il sistema tradizionale.
Questo aumento del tenore in acqua delle sanse cosi’ prodotte, e per questo dette
“sanse umide” (SU), ha di fatto posto il problema relativo al loro smaltimento. Le SU
infatti presentano un’umidità eccessiva per essere accettate dai santifici, per i quali
la voce che piu’ incide sui costi di produzione è proprio quella legata all’essiccamento
fino ad un’umidità dell’8% che precede l’estrazione dell’olio a mezzo di solventi
organici (esano). Ulteriori problemi legati allo smaltimento delle sanse umide
riguardano il loro trasporto, dato che risultano difficilmente palabili e richiedono, al
contrario delle sanse asciutte, cassoni stagni.
15
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
1.2.4 LA SANSA ESAUSTA
Con un processo di estrazione dell’olio dalle sanse vergini con solvente (esano) si
ottengono l’olio di sansa e le sanse esauste. L’olio di sansa è un diretto
concorrente dell’olio di oliva vergine di qualità e richiede una spesa energetica dieci
volte superiore a quella necessaria per l’estrazione meccanica dell’olio dalle olive,
oltre a generare rifiuti tossici e ad usare composti chimici di sintesi dannosi
all’ambiente e alla salute umana. Le caratteristiche della sansa esausta sono
riportate in Tabella 8.
Tabella 8 – Caratteristiche della sansa esausta dopo estrazione con solvente
Olio (%)
0.5-1.0
Nocciolo (%)
45-60
Pellicola (%)
8-12
Polvere (%)
20-30
Umidità (%)
7-12
Fonte: Quaderni PANDA
CONCLUSIONI
Da quanto descritto in questo capitolo, si deduce che le caratteristiche dei
sottoprodotti oleari dipendono in gran parte dalla metodologia di estrazione dell’olio
adottata. L'evoluzione della tecnologia di estrazione verso sistemi di lavorazione in
automatico tende ad utilizzare impianti continui che puntino all'utilizzo del sistema
centrifugo per la separazione delle fasi, eventualmente accoppiato con altri metodi di
estrazione (impianti misti a doppia estrazione). I suddetti sistemi innovativi di
estrazione per centrifuga prevedono che la pasta olearia possa essere frazionata in
due sole fasi (olio e sansa molto umida) oppure in tre fasi (olio, sansa meno umida e
piccole frazioni d’acqua). La diffusione degli impianti centrifughi, generalemente
dotati di alta capacità giornaliera, ha consentito di ridurre i costi della manodopera
ed i tempi di stoccaggio delle olive con indubbi vantaggi per la qualità dell’olio
prodotto, specie nelle regioni meridionali del Paese (Cucurachi, 1975). Anche il
sistema continuo della centrifugazione presenta, tuttavia, degli inconvenienti dovuti
soprattutto alla necessità di impiegare acqua calda per la diluizione delle paste da
16
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
avviare al decanter, che determina la riduzione del tenore di antiossidanti naturali
degli olii (De Felice et al., 1979; Di Gioacchino et al., 1980; Di Gioacchino et al.,
1992) e l’incremento dei volumi di acque di vegetazione prodotti dall’oleificio. Per
ridurre tali inconvenienti è stata prospettata la possibilità di riciclare le acuqe di
vegetazione appena prodotte utilizzandole per la diluizione della pasta di olive, prima
del suo avvio al decanter in sostituzione dell’acqua di rete (Cioni, 1991; Amirante et
al., 1992). I risultati conseguiti con questa tecnica mostrano che il tenore di polifenoli
totali dell’olio aumenta del 30% circa e che il volume delle acque di vegetazione di
riduce del 35-40%. Un ulteriore miglioramento nella tecnologia di estrazione dell’olio
dalle olive si è registrato con la comparsa di decanter centrifughi che consentono la
separazione della fase oleosa, dalla pasta di olive gramolata senza l’aggiunta di
acqua: la quantità di acque di vegetazione è quasi annullata e ben conservato risulta
il patrimonio di antiossidanti naturali (Di Gioacchino et al., 1994). Accanto a tali
vantaggi, tuttavia, è da registrarsi un aumento dell’umidità delle sanse nelle quali
confluisce tutta l’acqua di costituzione delle olive. In conclusione, nella figura che
segue si riassume lo schema di flusso dei prodotti all’interno di ogni singola tipologia
estrattiva: a) processo tradizionale; b) sistema con decanter a tre fasi; c) sistema
con decanter a due fasi.
17
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CAPITOLO II - LA GESTIONE DEI RESIDUI OLEARI
Una volta descritte le tipologie e le caratteristiche dei principali sottoprodotti oleari,
in questo capitolo si esaminano i vari aspetti – normativi, ambientali, agronomici legati alla loro gestione. Dopo aver descritto le tecniche consentite dalla normativa
vigente, si analizza quella piu’ comunemente praticata: lo spandimento tal quale sui
terreni.
Tramite analisi SWOT (Strenghts, Weaknesses, Opportunities, Threats) si
elencheranno pro e contro dello spandimento diretto in campo dei reflui tal quali, al
fine di comprendere in maniera completa ed oggettiva le varie componenti in gioco,
dal rischio ambientale alla convenienza operativa ed economica, e le possibili
soluzioni per impieghi futuri a maggior valore aggiunto.
2.1 ASPETTI NORMATIVI
Una prima ricognizione dell’attuale normativa in materia di riciclo dei reflui oleari,
suggerisce di adottare, come uno dei possibili criteri per uno studio più approfondito
della stessa normativa, un metodo di analisi basato su:
-
le diverse tipologie di reflui prodotte dalla filiera olearia;
-
le diverse fasi di gestione per ciascuna delle tipologie di reflui
Ricordiamo quindi le tre principale tipologie di sottoprodotti:
!
Acque di vegetazione, prodotte dagli impianti di estrazione tradizionali, e, in
minori quantità, dagli impianti centrifughi innovativi "a tre fasi".
!
Sansa vergine (o sansa umida) avente un’umidità pari a circa 65-70%,
derivante dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi".
!
Sansa esausta, prodotta dai sansifici a partire dalle sanse relativamente
secche derivanti dagli impianti di estrazione tradizionali (sanse con umidità del
30% in uscita dai frantoi) e dagli impianti centrifughi innovativi "a tre fasi"
(sanse con umidità del 45-50% in uscita dai frantoi), oppure prodotta dai
sansifici a partire dalla sansa vergine.
A questa prima suddivisione funzionale per l’analisi della normativa specifica è
associabile una seconda, basata sulle diverse fasi di gestione per ciascuna tipologia:
!
fase di stoccaggio;
!
fase di trattamento;
!
fase di trasporto;
!
fase di applicazione al terreno
18
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
fase di scarico;
!
altre destinazioni dei reflui oleari.
Di seguito si analizzano nel dettaglio le leggi che normano le varie fasi e tipologie.
2.1.1 ACQUE DI VEGETAZIONE
Stoccaggio
Per quanto riguarda lo stoccaggio, il problema che innanzi tutto si pone risulta essere
quello di verificare la vigenza o meno dell’art. 6 della L. 11 novembre 1996, n. 574
dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed
integrazioni, ovvero di stabilire il coordinamento tra le due normative.
Lo stoccaggio, tendenzialmente, risulta considerato come deposito e quindi incluso
nelle operazioni di smaltimento e assoggettato alla disciplina dei rifiuti.
Ma per
quanto riguarda le acque di vegetazione lo stoccaggio in vasche all’interno del
frantoio o in vasche di evaporazione richiede solo l’obbligo della preventiva
comunicazione, secondo quanto si può ricavare dalla legge n. 574/96 (obbligo che
non risulta neppure sanzionato). Il regime alleggerito è stabilito solo se le acque di
vegetazione sono destinate ad utilizzazione agronomica, secondo alcuni, in caso
contrario si applicano le norme del decreto n. 22/97 sui rifiuti
Trattamento
Per quanto riguarda la fase di trattamento delle A.V., sulla base della normativa sono
possibili due diverse destinazioni di tale refluo:
!
utilizzazione agronomica
!
scarico
Nel caso dell’ utilizzazione agronomica, la normativa di riferimento è costituita dalla
legge n. 574/1996. Tale legge non prevede alcun intervento preventivo rispetto
all’utilizzazione agronomica delle AV. Per questa ragione essa non sembra
disciplinare e neppure prevedere alcuna forma di trattamento, sia pure
estremamente semplice quale la diluizione delle AV con acqua. Il problema che si
pone è quello di verificare la conferma o meno della necessità o opportunità di
interventi di trattamento delle AV prima della loro utilizzazione agronomica, alla luce
di quanto stabilito dal recente decreto del Ministero dell’Ambiente, recante norme
relative alla "Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure
semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5
19
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
febbraio 1997, n. 22". Secondo tali norme le AV possono essere recuperate mediante
la: "Produzione di fertilizzante allo stato fluido conforme alla L. 19 ottobre 1984, n.
748", cioè la legge il cui titolo recita: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti".
Se le AV non sono, ovvero non possono essere, utilizzate agronomicamente, è
necessario ricorrere al preventivo trattamento. I prodotti risultanti dal processo di
depurazione (e la relativa disciplina) possono essere così schematizzati:
_
Fase liquida. La normativa di riferimento è la cosiddetta legge Merli e successive
modifiche ed integrazioni
_
Fase solida (fanghi di risulta). La normativa di riferimento, relativa alle fasi di
trattamento e di scarico che risultano in questo caso funzionalmente connesse tra
loro, è costituita dal D. Lgs. 27 gennaio 1992, n. 99 (avente come titolo:
"Attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in
particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura"),
da leggersi unitamente alla Legge 19 ottobre 1984, n. 748 e succ. modif. (avente
come titolo: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti"). Tali normative non
risultano essere state abrogate dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz.
Infatti, l’art. 8, comma 1, lett. d) del "decreto Ronchi" stabilisce che sono esclusi
dal proprio campo di applicazione, in quanto disciplinati da specifiche disposizioni
di legge: "le attività di trattamento degli scarti che danno origine ai fertilizzanti,
individuati con riferimento alla tipologia e alle modalità di impiego ai sensi della
legge 19 ottobre 1984, n. 748, e succ. modif. ed integr. Agli insediamenti che
producono fertilizzanti anche con l’impiego di scarti si applicano le disposizioni di
cui all’art. 33". Inoltre il D. Lgs. n. 99/1992, sembra essere coordinato con il
successivo d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, facente parte quest’
ultimo del gruppo di decreti che sono stati o dovranno essere emanati per
garantire l’effettiva attuazione del "decreto Ronchi".
Trasporto
L’analisi della fase del trasporto sotto il profilo pratico, fa emergere il problema del
coordinamento delle varie attività ad esso funzionali tra quanto disciplinato dalla
cosiddetta "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. e il D. Lgs. n. 22/1997 e succ.
modif. e integraz. Considerando la fase di trasporto delle AV sottoposta alla disciplina
del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz., occorre analizzare quali siano le
specifiche norme che regolano tale attività. Questo si rende necessario sulla base di
20
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
quanto stabilito dal d.m. 05.02.1998. Tale decreto del Ministero dell’Ambiente iscrive
infatti le AV in una specifica categoria di rifiuti non pericolosi, che possono essere
sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D.
Lgs. n. 22/1997 e successive modifiche ed integrazioni.
Scarico
Per quanto riguarda la fase di scarico delle AV è senz’altro da chiarire se e quando
esso rientri nell’ambito della "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed anche od
oppure nell’ambito del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. Questo punto ha
delle conseguenze pratiche di notevole rilevanza, in particolare nel caso di
comportamenti illeciti, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti
dalla Legge n. 574/1996, dalla "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed infine dal
D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz.
Applicazione al terreno
La fase di applicazione al terreno delle AV è disciplinata dalla L. n. 574/1996 se e
solo quando l’applicazione medesima è finalizzata all’utilizzazione agronomica di tali
reflui. Rimane comunque da stabilire il discrimen tra:
!
utilizzazione agronomica (o spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura),
!
scarico sul suolo,
!
smaltimento illecito (o non autorizzato) sul suolo.
In altre parole il problema che si pone è quello di determinare l’incidenza della
"Legge Merli" e succ. modif. e integraz. e del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e
integraz. sulle applicazioni di AV al terreno non conformi alle finalità, ai limiti e/o alle
modalità previste dalla legge n. 574/1996.
In particolare, come già affermato a proposito della fase di scarico delle AV – e
logicamente, date le strette connessioni e le conseguenti difficoltà interpretative, tra i
concetti di utilizzazione agronomica non corretta, scarico sul terreno e smaltimento
illecito sul terreno – la distinzione tra queste diverse fattispecie ha delle conseguenze
pratiche di notevole rilevanza, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori
previsti dalla Legge n. 574/1996, dalla "Legge Merli" e succ. modif. e integraz. ed
infine dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz.
Le acque di vegetazione residuate dalla lavorazione meccanica delle olive che non
hanno ricevuto alcun trattamento, né additivo, destinate ad essere oggetto di
utilizzazione agronomica attraverso lo spandimento controllato su terreni adibiti ad
21
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
uso agricolo sono assoggettate alla legge n. 574 dell’11 novembre 1996 (“Nuove
norme in materia di utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e di scarichi
di frantoi oleari”). L’art.38 del d.lgs. 11 maggio 1999, n.152 (“Disposizioni sulla
tutela delle acque dall’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/CEE
concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/676/CEE
relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato da nitrati provenienti
da fonti agricole”), modificato dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 258, stabilisce che,
ferme le disposizioni dell’art.19 per le zone vulnerabili e quelle previste per gli
impianti di allevamento intensivo, l’utilizzazione agronomica degli effluenti di
allevamento, “delle acque di vegetazione dei frantoi oleari, sulla base di quanto
previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574”, nonché delle acque provenienti da
altre aziende agricole indicate nell’art. 28, comma 7° , lett. a) , b) , c) e da altre
piccole aziende agroalimentari (ancora da definire) “è soggetta a comunicazione”.
Saranno le regioni a disciplinare le attività di utilizzo sulla base dei criteri e norme
tecniche adottati in base ad un decreto del Ministero delle politiche agricole (che
stiamo attendendo). Devono ancora essere disciplinate, in particolare, le modalità
per la comunicazione, i criteri e le procedure per il controllo, le norme tecniche per
l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione, cioè “le modalità di attuazione
degli articoli 3, 5, 6 e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574” (cfr. l’art. 38, 2° e 3°
comma).
L’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione risulta quindi sottoposta ad una
disciplina ad hoc, contenuta nella legge n. 574 del 1996, non avulsa dal contesto
d’indagine del d.lgs. n. 152 del 1999. Alle violazioni della disciplina in materia di
utilizzazione agronomica, possono applicarsi le sanzioni penali dell’art. 59, comma 11
ter del d. lgs. 152/99, ma fino all’emanazione della normativa regionale di cui all’art.
38 sopraindicata, le attività di utilizzazione agronomica si effettuano
secondo “le
disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto” (art.
62, comma 10°). Anche la fertirrigazione, che può concernere la gestione di acque di
vegetazione residuate dalla lavorazione delle olive finalizzate “al loro utilizzo irriguo
o fertirriguo”, è sottoposta alla procedura autorizzativa semplificata (lo ha
confermato, recentemente, anche una sentenza della Corte di cassazione).
Scarico
La legge n. 576 del 1996 non esclude l’applicazione della normativa sulle acque
contenuta nel d. lgs. 152/99 al momento dello scarico, ma solo in quello della
22
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
eventuale, possibile utilizzazione agronomica. La fattispecie dello scarico risulta
concettualmente separata dalla utilizzazione agronomica. In assenza di utilizzazione
agronomica le acque di vegetazione possono essere avviate allo scarico nei corpi
recettori, oppure allo smaltimento, o altro. Se le acque di vegetazione sono da
considerare scarichi, cioè avviate alla immissione in condotta, risultano assoggettate
alle previsioni più favorevoli dell’art. 28, comma 7°, nel rispetto dei valori limite
previsti. Nel decreto n. 152/99 è prevista per legge l’assimilabilità delle acque reflue
provenienti da certe imprese agricole a quelle domestiche, mentre la scelta di
carattere generale risulta quella del regime autorizzatorio. Il legislatore, infatti,
ha
stabilito che “tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati” (art. 45).
Il concetto di scarico e quello di utilizzazione agronomica sono entrambi contenuti
nell’art.2 del d.lgs. 152/99, modificato dal decreto n. 258 del 2000. In specie,
l’utilizzazione agronomica fa riferimento alla gestione di acque di vegetazione “dalla
produzione all’applicazione al terreno” (…) “finalizzata all’utilizzo di sostanze nutritive
ed ammendanti (…)”. Per tale motivo la raccolta, il trasporto, lo stoccaggio delle
acque di vegetazione delle olive provenienti da frantoi, secondo una dottrina,
non
rientrano nella disciplina dei rifiuti, ma in quella più favorevole della utilizzazione
agronomica. La giurisprudenza, fino a questo momento, non ha mostrato un
orientamento completamente favorevole in tal senso. Piuttosto, è risultata rigida nel
confermare per tali attività l’applicazione della disciplina dei rifiuti contenuta nel d.
lgs. n. 22 del 5 febbraio 1997 (più volte modificato).
Smaltimento
Al momento attuale, come si comprende, la linea di confine tra la disciplina sui rifiuti
e quella contenuta nel d.lgs. 152/99 non può essere disegnata con precisione. Le
acque reflue il cui detentore intende disfarsi senza versamento nei corpi recettori e
senza alcun utilizzo agronomico avviate allo smaltimento, trattamento o depurazione
a mezzo trasporto su strada rientrano nella disciplina dei rifiuti e quindi nel regime
previsto dal d. lgs. 22/97. Tuttavia, il d.lgs. 22/97 fa riferimento a procedure
semplificate per le attività di smaltimento dei rifiuti non pericolosi (artt. 31 e 33),
così come per talune attività di recupero. Le acque di vegetazione, provenienti da
“industria olearia, con le caratteristiche di “rifiuto allo stato liquido” e “per la
produzione di fertilizzante” sono
richiamate anche in appositi decreti ministeriali
(d.m. 5 febbraio 1998), che prevedono norme tecniche e criteri utili per
l’applicazione delle procedure semplificate.
23
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Altre destinazioni
Un’altra possibile destinazione delle AV riguarda sempre l’utilizzazione agronomica,
non attraverso la diretta applicazione di queste ultime al terreno, ma attraverso una
fase "intermedia" quale può essere considerata la produzione di fertilizzanti allo stato
fluido a partire dalle AV. A questo proposito va ricordato quanto già descritto in
precedenza a proposito della fase di (possibile) trattamento delle AV prima
dell’utilizzazione agronomica. Infatti, secondo le norme contenute nel d.m.
05.02.1998 del Ministro dell’Ambiente, le AV possono essere recuperate mediante la:
"Produzione di fertilizzante allo stato fluido conforme alla L. 19 ottobre 1984, n.
748", cioè la legge il cui titolo recita: "Nuove norme per la disciplina dei fertilizzanti".
Nello stesso tempo va segnalato che la lettura combinata di tale norma con l’allegato
C del "decreto Ronchi", porta a ritenere che le AV, così come disciplinate dalla
normativa sui rifiuti, non vengano recuperate attraverso lo "Spandimento sul suolo a
beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia" (punto R10 dell’Allegato C, previsto
dall’articolo 6, comma 1, lettera h del D. Lgs. n. 22/1997), ma attraverso il
"Riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le
operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche" (punto R3 dell’Allegato
C, previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera h del D. Lgs. n. 22/1997).
2.1.2 SANSA VERGINE (O SANSA UMIDA)
Stoccaggio
Per quanto riguarda lo stoccaggio della cosiddetta "sansa vergine" (S.V.), esso non è
disciplinato dalla Legge n. 574/1996, che esplicitamente esclude tale fase dal proprio
ambito di applicazione. Per tale motivo, tale fase risulta disciplinata dal D. Lgs n.
22/1997 e succ. modif. ed integraz.; secondo tale decreto lo stoccaggio delle S.V.
dovrebbe essere considerato uno stoccaggio di un rifiuto speciale non pericoloso. Il
problema che si pone riguarda però la possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero
dell’Ambiente, di iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono
essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33
del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. (tali procedure semplificate di
recupero implicano, per quanto riguarda la fase di stoccaggio, la messa in riserva dei
rifiuti, oppure, prima del recupero, il loro deposito temporaneo). Questa possibilità
deve essere attentamente verificata sulla base della lettura combinata di:
24
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
norme tecniche, con particolare riferimento alle "Tipologie di rifiuti", contenute
nel d.m. 05.02.1998;
!
allegato A al D. Lgs. n. 22/1997.
Trattamento
Il problema interpretativo che si pone sulla fase di trattamento delle S.V., è se le
sanse derivanti dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi" possano essere
ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. Se effettivamente così
fosse, deve essere ricordato che la legge n. 574/1996 non prevede alcun intervento
preventivo rispetto all’utilizzazione agronomica delle S.V., dal momento che: "Ai fini
dell’applicazione della presente legge le sanse umide provenienti dalla lavorazione
delle olive e costituite dalle acque e dalla parte fibrosa di frutto e dai frammenti di
nocciolo possono essere utilizzate come ammendanti in deroga alle caratteristiche
stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive modificazioni". Rimane
tuttavia da verificare quanto definito a proposito della precedente fase di stoccaggio
delle S.V., cioè la possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di
iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti
alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n.
22/1997 e succ. modif. ed integraz. Tali procedure semplificate di recupero
potrebbero implicare, per quanto riguarda la fase di trattamento delle S.V.:
_ la produzione di biogas mediante processo di digestione anaerobica delle S.V.,
_ il compostaggio attraverso un processo di trasformazione biologica aerobica.
Trasporto
Per quanto riguarda la fase di trasporto della S.V., esso non è disciplinato dalla Legge
n. 574/1996. Tale fase risulta invece disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ.
modif. ed integraz. Secondo tale decreto il trasporto delle S.V. dovrebbe avvenire in
ottemperanza agli obblighi stabiliti per i rifiuti speciali non pericolosi. Rimane tuttavia
da verificare se le procedure semplificate di recupero implichino dei cambiamenti
negli obblighi stabiliti per gli operatori, per quanto riguarda la fase di trasporto delle
S.V., ammettendo la possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di
iscrivere le S.V. nella categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti
alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n.
22/1997 e succ. modif. ed integraz.
25
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Scarico
La fase di scarico, intendendo con questo termine anche lo smaltimento delle S.V.
rientra nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz.
Occorre tuttavia ricordare che ex. artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei
rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed integraz., la procedura di smaltimento
risulta subordinata all’attività di recupero, di gran lunga preferita.
Applicazione al terreno
Circa la fase di applicazione al terreno delle S.V., il problema interpretativo che si
pone è se le sanse derivanti dagli impianti centrifughi innovativi "a due fasi" possano
essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996. Se effettivamente
così fosse, deve essere ricordato che la legge n. 574/1996 prevede l’applicazione al
terreno delle S.V se e solo quando l’applicazione medesima è finalizzata
all’utilizzazione agronomica (più precisamente come ammendanti) di tali reflui, dal
momento che "Ai fini dell’applicazione della presente legge le sanse umide
provenienti dalla lavorazione delle olive e costituite dalle acque e dalla parte fibrosa
di frutto e dai frammenti di nocciolo possono essere utilizzate come ammendanti in
deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748, e successive
modificazioni”. Rimane comunque da stabilire il discrimen tra:
!
utilizzazione agronomica delle S.V. (o spandimento sul suolo a beneficio
dell’agricoltura),
!
scarico o smaltimento illecito delle S.V. sul suolo
In altre parole il problema che si pone è quello di determinare l’incidenza del D. Lgs.
n. 22/1997 e succ. modif. e integraz. sulle applicazioni di S.V. al terreno non
conformi alle finalità, ai limiti e/o alle modalità previste dalla legge n. 574/1996.
In particolare, il distinguere tra i concetti di utilizzazione agronomica (non corretta) e
scarico o smaltimento illecito sul terreno delle S.V. ha delle conseguenze pratiche di
notevole rilevanza, date le grandi difformità tra i sistemi sanzionatori previsti dalla
Legge n. 574/1996 e dal D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz.
Altre destinazioni
Una destinazione che risulta implicita nella lettura congiunta degli artt. 4 (recupero
dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed
26
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
integraz., è il conferimento delle S.V. ai sansifici dove, dopo un eventuale
trattamento di essiccazione, dalle sanse ora un po’ più secche viene estratto l’olio di
sansa per mezzo di opportune tecniche che ricorrono a solventi. Il rifiuto che deriva
da tale processo produttivo è costituito essenzialmente dalle sanse esauste.
Si possono tuttavia ipotizzare altre destinazioni stabilite in maniera estremamente
dettagliata dalla specifica normativa, che possono essere alternative ad
un’utilizzazione agronomica "diretta e immediata" delle S.V. (utilizzate perciò come
ammendanti in deroga alle caratteristiche stabilite dalla legge 19 ottobre 1984, n.
748, e successive modificazioni). Tali destinazioni alternative si basano sulla
possibilità ex d.m. 05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, di iscrivere le S.V. nella
categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure
semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e
successive modifiche ed integrazioni. Le procedure semplificate di recupero implicano
la possibilità (da verificare attentamente) di:
!
produrre biogas mediante processo di digestione anaerobica delle S.V.,
!
produrre compost attraverso un processo di trasformazione biologica aerobica,
le cui caratteristiche sono quelle indicate negli allegati alla legge 19 ottobre
1984, n. 748, e successive modificazioni.
2.1.3 SANSA ESAUSTA
Stoccaggio
Per quanto riguarda lo stoccaggio della cosiddetta "sansa esausta" (S.E.), esso non è
disciplinato dalla Legge n. 574/1996, sia perché tale testo normativo esplicitamente
esclude lo stoccaggio dal proprio ambito di applicazione, sia perché le S.E. non
sembra possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex lege n. 574/1996.
(Si veda: Legge 11 novembre 1996, n. 574, articolo 1, comma 2). Per tale motivo, lo
stoccaggio risulta disciplinato dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz.
Secondo tale decreto lo stoccaggio delle S.V. dovrebbe essere considerato uno
stoccaggio di un rifiuto speciale non pericoloso. Inoltre il d.m. 05.02.1998 del
Ministero dell’Ambiente iscrive esplicitamente le S.E. nella categoria dei rifiuti non
pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai
sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz. Tali
procedure semplificate di recupero implicano, per quanto riguarda la fase di
27
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
stoccaggio, la messa in riserva dei rifiuti, oppure, prima del recupero, il loro deposito
temporaneo.
Trattamento
Il trattamento della S.E. viene disciplinato sulla base di quanto stabilito dal d.m.
05.02.1998 del Ministero dell’Ambiente, che iscrive esplicitamente le S.E. nella
categoria dei rifiuti non pericolosi che possono essere sottoposti alle procedure
semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n. 22/1997 e succ.
modif. ed integraz. In particolare la fase di trattamento delle S.E. è strettamente
correlata con l’attività di recupero, che può essere:
!
reimpiego di S.E. di oliva nel settore della produzione e del riciclaggio di materie
plastiche caricate con polvere di legno, produzione del pannello di particelle,
previa vagliatura ed essiccazione;
!
recupero energetico per mezzo di impianti dedicati al recupero energetico di
rifiuti o impianti industriali
Trasporto
Tale fase risulta disciplinata dal D. Lgs n. 22/1997 e succ. modif. ed integraz.
Secondo tale decreto il trasporto delle S.E. dovrebbe avvenire in ottemperanza agli
obblighi stabiliti per i rifiuti speciali non pericolosi che possono essere sottoposti alle
procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del D. Lgs. n.
22/1997 e succ. modif. ed integraz. Rimane tuttavia da verificare se le procedure
semplificate di recupero implichino dei cambiamenti negli obblighi stabiliti per gli
operatori, per quanto riguarda la fase di trasporto delle S.E. (In merito alla
definizione di rifiuto, si veda: decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, articolo 6,
comma 1, lettera a. In merito alla definizione di rifiuto pericoloso, si veda: decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, allegato D
Scarico
La fase di scarico, intendendo con questo termine anche lo smaltimento delle S.E.
rientra nel campo di applicazione del D. Lgs. n. 22/1997 e succ. modif. e integraz.
Occorre tuttavia ricordare che ex. artt. 4 (recupero dei rifiuti) e 5 (smaltimento dei
rifiuti) del "decreto Ronchi" e succ. modif. ed integraz., la procedura di smaltimento
risulta subordinata all’attività di recupero, di gran lunga preferita.
28
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Applicazione al terreno
Per quanto riguarda l’applicazione al terreno (anche per usi agronomici) della
cosiddetta "sansa esausta" (S.E.), esso non è disciplinato dalla Legge n. 574/1996
perché le S.E. non sembra possano essere ascritte alla categoria "sanse umide" ex
l e g e n. 574/1996. Ciò che invece è interessante notare è che le ceneri di
combustione da sansa esausta (prevedendo quindi un’altra destinazione delle S.E.,
quale il recupero energetico) possono essere a loro volta recuperate attraverso la
produzione di fertilizzanti conformi alla legge 19 ottobre 1984, n. 748 e succ. modif.
Altra destinazione
Come già affermato descrivendo le fasi di trattamento e applicazione al terreno, le
S.E. possono essere reimpiegate:
!
nel settore della produzione e del riciclaggio di materie plastiche caricate con
polvere di legno, ovvero della produzione del pannello di particelle, previa
vagliatura ed essiccazione;
!
nel settore dell’energia, per mezzo di impianti dedicati al recupero energetico di
rifiuti o impianti industriali
Come si può evincere da queste brevi note sullo stato dell’arte relativo alle norme
che disciplinano la gestione dei sottoprodotti oleari, il quadro normativo risulta
essere particolarmente complesso. Inoltre quest’ ultimo assume connotati ancora più
incerti alla luce delle conseguenze derivanti:
!
dalla normativa comunitaria, in particolare in conseguenza dell’emanazione del
Regolamento CE n. 2366/98 della Commissione (recante modalità di
applicazione del regime di aiuto alla produzione di olio di oliva per le campagne
di commercializzazione dal 1998/99 al 2000/01), il quale al capitolo 3, art.8
recita: "Nel quadro del regime di controllo di cui all’articolo 14 del regolamento
(CEE) n. 2261/84 gli Stati membri dispongono: [ …] a partire dalla campagna
1998/99 [ …] la verifica del metodo di evacuazione delle acque di rifiuto;
!
dalla preannunciata entrata in vigore del Testo Unico in materia di tutela delle
acque, anche se in realtà il testo dello schema di decreto legislativo, nella
versione approvata dal Consiglio dei Ministri di venerdì 15 gennaio 1999 non si
presenta più come un testo unico, ma come mero decreto legislativo di
recepimento delle direttive 91/271/Cee sulle acque reflue urbane e 91/676/Cee
sull'inquinamento da nitrati da fonti agricole.
29
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
2.2 LO SPANDIMENTO DEI REFLUI SUI TERRENI
L’impiego delle biomasse di scarto in agricoltura è auspicabile, in quanto, anche
ipotizzando la completa utilizzazione della sostanza organica contenuta nelle migliaia
di tonnellate dei fanghi dei depuratori, dei rifiuti urbani e dei sottoprodotti
agroindustriali, non sarebbe possibile soddisfare il fabbisogno di fertilizzanti organici
del settore agricolo. La decisione del legislatore di consentire l’ impiego dei reflui
oleari (acque di vegetazione e sanse umide) a fini agronomici tramite spandimento
controllato sui terreni agricoli, è quindi positiva e giustificata anche sul piano
scientifico, attraverso numerosi studi effettuati per valutare l’effettivo valore
agronomico dei reflui. La letteratura in materia, tuttavia, non è sempre concorde nei
risultati: se molti autori riportano infatti incrementi di resa per alcune colture, altri
sconsigliano l’uso agronomico delle acque da frantoio per l’alta concentrazione di sali
minierali, l’acidità e la presenza di agenti fitotossici. La pratica dello spandimento
diretto dei residui oleari dev’ essere quindi condizionata da un attento controllo della
relativa composizione chimica, al fine di individuare eventuali sostanze tossiche o
nocive e quindi evitare fenomeni di inquinamento del terreno che possano dar luogo
ad alterazioni irreversibili (Amirante e Montel, 1998; 1999). E’ opportuno, altresì, che
siano valutati preventivamente lo stato evolutivo e la qualità delle componenti
organiche presenti nei materiali che vengono introdotti nel terreno, in quanto
esistono rischi di natura agronomica (fitossicità), quando si somministrano al terreno
biomasse non opportunamente maturate, cioè con carbonio organico non ancora
trasformato in carbonio umificato, e rischi agronomici e sanitari, quando nella
preparazione di un ammendante si usino prodotti ricchi di cationi metallici o di
microrganismi patogeni per l’uomo (De Bertoldi, 1992).
Per ridurre i rischi ambientali legati allo spandimento dei reflui tal quali in campo, la
legge vigente in materia (la già descritta L.574/96) prevede che tale pratica sia
condotta nel rispetto di precisi limiti quali e quantitativi (Tabella 9). Diversi sono
quindi gli aspetti critici da considerare ai fini di una corretta pratica di spandimento
dei reflui oleari e gli obblighi cui sono soggetti i frantoiani. Nella realtà, tuttavia, le
condizioni operative di molti olivicoltori e frantoiani – soprattutto di quelli di mediopiccole dimensioni – raramente consentono l’adempimento totale delle prescrizioni
previste dalla legge. In molti casi, lo spandimento avviene in maniera incontrollata,
senza i mezzi adeguati e in condizioni climatiche sfavorevoli. Se da un lato, quindi, lo
spandimento dei residui oleari (acque di vegetazione e sanse umide) costituisce
30
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
sempre un metodo vantaggioso dal punto di vista economico, raramente lo è da un
punto di vista agro-ambientale.
Tabella 9 – Condizioni allo spandimento delle AV secondo la Legge 574/96
VINCOLI
PRESCRIZIONI
_
_
50 m3/ha per AV da frantoio tradizionale
_
_
Terreni a meno di 200 m. dai centri abitati
_
_
_
Terreni con altezza di falda < a 10 m
Stoccaggio
_
Tempo massimo 30 gg (poi protratto a 90 gg)
Comunicazione
_
_
Comunicazione scritta al Sindaco 30 gg. prima
Limiti quantitativi
Terreni esclusi
80 m3/ha per AV da frantoio a ciclo continuo
Terreni a meno di 300 m . dalle aree di salvaguardia
della captazione di acque per il consumo umano
Terreni gelati, innevati, saturi d’acque e inondati
Terreni a colture oriticole
Relazione tecnica sulle condizioni
ricevitore redatta da professionista
Spargimento
dell’ambiente
_
E’ necessario assicurare distribuzione uniforme sul
terreno
_
Evitare fenomeni di ruscellamento
In Tabella 10 è riportata una sintesi dei pro e contro dello spandimento su terreni
agricoli dei reflui oleari. Occorre aggiungere che la pratica dello spandimento
controllato apporta vantaggi agronomici verificati nel breve periodo, e in funzione di
parametri chimico-fisici e climatici in continua evoluzione e quindi variabili nel tempo.
Per quanto riguarda i vantaggi agronomici derivati da spandimento dei reflui, per
esempio, molti autori concordano nel preferire invece pratiche che prevedano
trattamenti dei reflui preliminari allo spargimento in campo, tramite compostaggio,
per esempio, che permette la biostabilizzazione della sostanza organica e del suo
successivo utilizzo da parte del terreno nel medio-lungo periodo.
31
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Tabella 10 – Vantaggi e svantaggi dello smaltimento sui terreni dei Reflui Oleari (RO)
VANTAGGI (") E SVANTAGGI (#) DELLO SMALTIMENTO SUI TERRENI DEI RO TAL QUALI
"
Costi contenuti
"
Fonte di acqua a basso costo
"
Elevato contenuto in macroelementi
"
Apporto ai terreni di sostanza
organica fresca (non ancora umificata)
"
Effetto erbicida su vegetazione
"
Minore impegno tecnologico
"
Effetti positivi sui terreni
"
Evito costi depurazione
#
#
#
Elevato carico inquinante
Azione inibitoria microflora tellurica
Scarso potere ammendante
sostanza organica non è umificata)
#
#
#
#
Rischio fitotossicità
#
#
pH acido
#
#
Difficoltà logistiche
(la
Riduzione permeabilità del suolo
Rischio inquinamento falde
Rischio ruscellamento e perdita di
sostanza organica
Difficile
normativa
il
pieno
rispetto d e l l a
Perdita prodotti a maggior valore
aggiunto
In Figura 3 si riportano i vari aspetti di da considerare per uno spandimento corretto
dei reflui sui terreni: occorre verificare caratteristiche podologiche (tipo e struttura
del terreno) e nutrizionali (dotazione minerale e di sostanza organica), parametri
economici (convenienza e fattibilità) e vincoli giuridici (il rispetto della normativa
vigente e dei quantitativi ammessi), quelli logistici e operativi (disponibilità di mezzi
propri e idonei al corretto e uniforme spargimento in campo), e – non ultimi – quelli
relativi ai possibili rischi di impatto ambientale (fitotossicità, inquinamento idrico).
Il compostaggio, rappresentato all’estremo opposto rispetto allo spandimento e di cui
si parlerà piu’ approfonditamente in seguito, rappresenta un’alternativa interessante,
sia per l’ottimizzazione del valore agronomico dei reflui stessi, che per la loro
valorizzazione in prodotti a maggior valore aggiunto.
In particolare, i prodotti che derivavano da un processo di estrazione o
trasformazione di industrie agro-alimentari sono, in genere, privi di metalli pesanti e
con un’ idonea ossidazione biologica si ottengono prodotti ben umificati e privi di
microrganismi patogeni (Stentiford, 1992). Per un migliore utilizzo dei SOL a fini
agronomici appare dunque indispensabile sottoporre la sostanza organica, prima
della somministrazione in campo, ad un processo di trasformazione biologica che ne
32
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
modifichi profondamente la sua struttura e dia luogo a composti umificati dotati di
elevata stabilità e compatibili con le colture praticate.
Figura 3 – Aspetti critici da considerare nello spandimento delle AV
Spandimento
Quantità max spandibili
Aspetti podologici
Aspetti giuridici
Richiesta nutrizionale
Impatto ambientale
Effetti struttura suolo
Aspetti economici
Tecnologie di spandimento
Compostaggio
2.2.1 ANALISI SWOT DELLO SPANDIMENTO
In conclusione, ci appare riassumere la complessità degli aspetti legati alla gestione
dei residui oleari, tramite analisi SWOT: di seguito si riportano i punti di forza, i punti
di debolezza, le minacce e le opportunità legati alla problematica della gestione dei
reflui tramite spandimento diretto su terreni agricoli.
Punti di forza
!
Regolamentato da legge
!
Eliminazione tempestiva dei reflui
!
Semplicità tecnologica
!
Riduzione dei costi
!
Vantaggi agronomici documentati
Punti di debolezza
!
Rischi ambientali se effettuato in condizioni non idonee
!
Scarso valore ammendante
!
Possibili azioni fitotossiche
!
Elevato carico organico
33
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
Mancata valorizzazione della sostanza organica
!
Effetto agronomico di breve durata
!
Difficoltà logistica spandimento
!
Terreni spesso poco accessibili per condizioni climatiche avverse
Minacce
!
Inquinamento ambientale
!
Alterazioni sistema suolo-pianta nel lungo periodo
Opportunità
!
Valorizzazione a fini agronomici (produzione di compost di qualità quale
ammendante organico vegetale)
!
Valorizzazione a fini energetici (nocciolino)
!
Valorizzazione a fini vivaistici
!
Valorizzazione per industria farmaceutica, cosmetica e mangimistica
2.2.2 IMPATTO AMBIENTALE DELLO SPANDIMENTO DEI REFLUI TAL QUALI
Sanse e acque di vegetazione sono caratterizzati da un alto carico organico e dalla
presenza di sostanze complesse difficilmente biodegradabili. Se effettuato in maniera
scorretta, il loro smaltimento sui terreni puo’ avere i seguenti impatti ambientali:
_ Effetto sulla vita delle acque
Le acque reflue sono caratterizzate da un alto COD e BOD5 e da una notevole
quantità di zuccheri ridotti. Se rilasciate nei bacini idrici, incrementano il numero di
microrganismi che usano gli zuccheri come substrato di crescita. L’aumentato
consumo di ossigeno riduce la disponibilità di tale elemento per le altre componenti
viventi. Questo causa forti squilibri nell’intero ecosistema. Un processo simile è
innescato dall’alto consumo di fosforo che stimola e accelera la crescita delle alghe,
provocando cosi’ l’eutrofizzazione delle acque. La presenza di grandi quantità di
nutrienti fornisce inoltre un ottimo substrato di crescita di molti patogeni c h e
possono compromettere la vita acquatica. Infine, i lipidi contenuti nei reflui possono
formare un film sulle superfici delle acque, limitandone l’aerazione e favorendo il
34
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
ruscellamento superficiale delle precipitazioni, aggravando in tal modo i fenomeni
erosivi (cui molti oliveti collinari sono già predisposti).
_ Colorazione delle acque superficiali
Questo è l’effetto piu’ appariscente osservato nei paesi mediterranei ed è dovuto ai
tannini presenti nelle bucce delle olive
_ Inquinamento della acque superficiali e profonde
Il ruscellamento dei reflui sparsi sui pendii o su terreni declivi con una pendenza
superiore a quella prevista dalla normativa vigente in materia, puo’ provocare
l’inquinamento delle acque superficiali. Le falde possono essere danneggiate quando i
reflui siano sparsi su terreni eccessivamente sciolti o non idonei che permettono il
percolamento negli strati profondi.
_ Qualità del suolo e crescita delle piante
Lo spandimento incontrollato puo’ alterare alcune proprietà del suolo (capacità di
scambio cationico, incremento della salinità, alterazione delle popolazioni microbiche,
alterazione della circolazione dell’aria e dell’acqua). A causa della fitotossicità, infine,
puo’ essere inibita la germinazione di molte specie vegetali.
_ Emissioni maleodoranti
Sono principalmente dovuti alla fermentazione delle acque e possono essere causa di
inquinamento, specialmente quando si tratti di acque lagunate.
2.3 VALORE AGRONOMICO DEI RESIDUI OLEARI
La progressiva diminuzione del contenuto di sostanza organica nei suoli sottoposti ad
agricoltura intensiva è particolarmente preoccupante in Italia, specialmente nelle
regioni meridionali, dove la sostanza organica si decompone più rapidamente. Le
conseguenze di tale diminuzione sono immediatamente identificabili dalla
degradazione delle proprietà fisiche dei suoli accompagnata dal consistente aumento
dei rischi erosivi. L'utilizzazione agronomica di biomasse di rifiuto e di scarto come i
sottoprodotti dei frantoi oleari ha quindi assunto particolare interesse quale mezzo
per reintegrare la perdita di sostanza organica, per riciclare in maniera corretta gli
elementi nutritivi ed infine per la possibilità di smaltire questi rifiuti al più basso costo
35
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
possibile. Per una valutazione quantitativa delle modificazioni fisiche e chimiche dei
terreni trattati con i residui della lavorazione delle olive è necessario tener presente
la notevole variabilità della composizione chimica di questi materiali, tutti
caratterizzati da bassi pH e da un’ elevata presenza di sali e di sostanza organica
contenente elevate quantità di frazioni difficilmente biodegradabili. Inoltre, la
composizione chimica è anche variabile durante il periodo del loro stoccaggio, sia per
la parziale sedimentazione della frazione insolubile, che per la trasformazione
microbiologica della sostanza organica e l'evaporazione della componente acquosa.
La pratica dello spandimento dei reflui sul terreno è stata attentamente studiata, non
più quale semplice mezzo per lo smaltimento, ma quale tecnica mirante al
miglioramento delle proprietà fisiche e chimiche del terreno e della nutrizione
vegetale. Risulta comunque opportuno, per un più completo riutilizzo degli effluenti,
sottoporli preliminarmente ad un adeguato trattamento di grigliatura, desabbiatura e
sedimentazione, onde facilitare la separazione dei componenti più grossolani.
A discapito dell'effetto positivo che avrebbero però detti reflui se usati come
fertilizzanti, vi sono delle caratteristiche particolari quali:
!
elevata salinità, che potrebbe provocare una forte concentrazione di sali nel
suolo e fenomeni di flocculazione e peptizzazione che possono aver luogo a
carico della frazione argillosa del terreno;
!
alta acidità, quindi, un pH basso (4,95 per acque provenienti da un'estrazione
tradizionale; 5,58 per quelle derivanti da una estrazione continua);
!
abbondanza di sostanze organiche quali polifenoli a notevole effetto fitotossico,
erbicida.
Ciò nonostante, le acque di vegetazione possono senza dubbio essere utilizzate a fini
agronomici, come si evince dalle numerose ricerche condotte da diversi autori, tra cui
molti riportati nell’Appendice bibliografica del presente studio. Vista l’importanza
dell’utilizzo agronomico dei SOL, ci sembra opportuno soffermarci ad analizzare nel
dettaglio il loro valore agronomico.
2.5.1 VALORE AGRONOMICO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE
Il valore agronomico delle AV è attribuibile innanzitutto al loro contenuto in elementi
nutritivi. Esse risultano infatti molto ricche in potassio e contengono, in quantità piu’
ridotte, anche azoto, fosforo e magnesio. Le acque reflue sono inoltre caratterizzate
da una varietà di composti organici che possono determinare un miglioramento delle
proprietà chimiche e fisiche del suolo e favorire lo sviluppo della microflora tellurica
36
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
(Balice, 1990). Vi sono pero’ alcuni costituenti che potrebbero avere effetti negativi
sulle colture erbacee: tra questi vanno considerati i sali (quando la conducibilità
elettrica del refluo supera 10-12 dS/m) ed i polifenoli, che possono generare
fenomeni di fitotossicità. Le acque di vegetazione contengono poi quantità
apprezzabili dì elementi nutritivi minerali, che possono sostituire una parte degli
elementi nutritivi apportati dalla fertilizzazione classica. Infatti sono molto ricche in
potassio e, anche se in quantità più ridotte, possiedono azoto, fosforo e magnesio,
oltre al fatto che, essendo prevalentemente costituite da sostanza organica, sono un
ottimo substrato per lo sviluppo della microflora che permette un miglioramento delle
proprietà chimico-fisiche del suolo.
_ Effetti sulle proprietà fisiche del terreno
Lo studio e la quantificazione delle modificazioni fisiche del terreno dipende da molti
fattori primo fra tutti l'ambiente pedologico in cui si opera, cioè le proprietà del suolo,
quindi le condizioni climatiche, la quantità e il tipo del materiale somministrato, con
particolare riguardo alla qualità della sostanza organica in esso presente e alla sua
velocità di decomposizione, il modo di incorporazione nel terreno, ecc. La valutazione
degli effetti delle somministrazioni delle biomasse di rifiuto e di scarto, inclusi anche i
sottoprodotti dei frantoi oleari, sulle proprietà fisiche dei suoli viene espressa
attraverso la quantificazione delle modificazioni delle caratteristiche strutturali quali
la porosità o meglio il sistema dei pori, la stabilità degli aggregati, la ritenzione e i
movimenti.
Porosità
La porosità è l'indicatore principale delle qualità strutturali dei suoli e la sua
caratterizzazione è quindi fondamentale per valutare l'impatto sull'ambiente suolo
delle somministrazioni di materiali organici. Le informazioni disponibili evidenziano
che la somministrazione dei sottoprodotti dei frantoi oleari migliora, in generale, il
sistema dei pori nel terreno. Per quanto concerne la microporosità (porosità
all’interno degli aggregati) questa sembra diminuire negli aggregati superficiali nelle
prime settimane dopo la somministrazione per poi aumentare, dopo circa un mese,
in modo significativo rispetto al terreno non trattato in concomitanza con l'aumento
della attività microbica. Questo aumento è dovuto all'incremento dei pori compresi
fra 0,5 e 50 µm, che costituiscono la riserva idrica per le piante ed i microrganismi.
La macroporosità generalmente aumenta in seguito ai trattamenti e l'entità di tale
aumento dipende dal tipo di suolo e dal volume di acque somministrato ed è
37
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
generalmente proporzionale alla quantità somministrata. Quando si usano però dosi
molto elevate, oltre i 200 m3 ha-1, si possono verificare danni alla struttura
specialmente in terreni tendenzialmente argillosi, con una evidente diminuzione di
porosità. Altro fattore importantissimo è l'epoca di somministrazione in quanto i
migliori risultati si ottengono con i trattamenti primaverili, dato che le condizioni
ottimali di umidità e temperatura favoriscono l'attività biologica del terreno. Per
quelle invernali molto spesso l'incremento della porosità non è significativo rispetto al
terreno non trattato. L'effetto del miglioramento della porosità in seguito alla
somministrazione dei reflui oleari non va oltre il singolo ciclo colturale in quanto,
essendo la sostanza organica di tali reflui facilmente decomponibile, la sua azione
miglioratrice sulla struttura del terreno si esaurisce piuttosto rapidamente.
Il miglioramento della porosità generalmente si manifesta con un aumento dei pori
allungati (interconnessi e continui) compresi fra 50 e 500 µ m, detti pori di
trasmissione. Generalmente si assiste al passaggio da una struttura formata da
grossi aggregati piuttosto compatti al loro interno, nel terreno non trattato, ad una
struttura poliedrica subangolare più uniforme con piccoli aggregati separati da pori
interconnessi e continui. La somministrazione delle acque di vegetazione riduce
notevolmente la formazione della crosta superficiale, e questo aspetto di prevenzione
di fenomeni di degradazione strutturale è molto importante proprio perché le croste
superficiali riducono l’infiltrazione dell’acqua e quindi, a seconda della giacitura del
suolo, aumentano notevolmente i rischi di erosione o di sommersione.
Stabilità degli aggregati
La stabilità degli aggregati segue più o meno lo stesso andamento dalla
microporosità all’interno degli aggregati stessi: un aumento qualche settimana dopo
la somministrazione - e tale aumento è fortemente dipendente dall’epoca della stessa
- ed una diminuzione dopo qualche mese. L'aumento della stabilità strutturale è
dovuta all’azione cementante dei polimeri organici, principalmente polisaccaridi,
derivati dalla decomposizione della frazione organica dei reflui. La successiva
decomposizione dei polimeri organici deprime la capacità stabilizzante della sostanza
organica, per cui sono necessarie successive e oculate somministrazioni di acque di
vegetazione. Il miglioramento della stabilità degli aggregati è molto importante
soprattutto nello strato superficiale dato che molti dei terreni intensamente coltivati
presentano, come già ricordato, croste superficiali formate in seguito all'azione
battente della pioggia. La somministrazione al terreno di acque reflue di frantoi oleari
si è rivelata efficace per prevenire o ridurre il processo di formazione di dette croste
38
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
superficiali. In terreni con incipienti caratteri di salinità o, soprattutto, di
sodicizzazione (sodio oltre il 15% nel complesso di scambio) la somministrazione di
acque di vegetazione può provocare una ulteriore diminuzione della stabilità degli
aggregati, in quanto la concentrazione salina presente nelle acque reflue può causare
ulteriore dispersione della particelle del terreno.
Ritenzione idrica
La somministrazione di materiali organici al terreno ne influenza la ritenzione idrica
in due modi. Il primo è un effetto diretto, dovuto alla frazione organica dei reflui e
dei prodotti di decomposizione che hanno un'alta capacità di assorbimento
dell'acqua. Il secondo è un modo indiretto, dovuto al miglioramento della porosità e
soprattutto all'aumento, sopra menzionato, dei pori compresi fra 0,5 e 50 µm. Anche
l'aumento
della
ritenzione
idrica
si
verifica
qualche
settimana
dopo
la
somministrazione dei reflui oleari.
Infiltrazione dell'acqua
I dati disponibili in letteratura circa l’effetto della somministrazione dei sottoprodotti
dei frantoi oleari sull’infiltrazione e la conducibilità idrica sono molto scarsi.
Comunque i miglioramenti sopra descritti inerenti la struttura, la porosità e
soprattutto il sistema dei pori si riflettono inequivocabilmente in un miglioramento
delle proprietà idrologiche. Anche in questo caso, il miglioramento si verifica dopo
qualche settimana dalla somministrazione dei reflui in concomitanza con le migliori
condizioni strutturali e con la maggiore attività biologica. Subito dopo lo spandimento
dei reflui l’azione di idrorepellenza esplicata dalle particelle grasse adsorbite negli
strati superficiali del terreno può far diminuire l’infiltrazione. Tale azione
idrorepellente si attenua in breve tempo con la decomposizione di queste sostanze
grasse. La conducibilità idrica è un parametro essenziale per stabilire i volumi da
somministrare. In caso di bassa conducibilità idrica (<5 mm h-1) è fondamentale
procedere con somministrazioni di bassi volumi, per evitare che le perdite per
ruscellamento superficiale possano causare l'inquinamento delle acque di superficie.
Non solo, ma dosi eccessive possono aumentare l'idrorepellenza in questi suoli e
provocare, nell'immediato, un’ ulteriore diminuzione di infiltrazione con ulteriori rischi
di scorrimento superficiale oppure di sommersione, a seconda della giacitura del
suolo. I volumi da somministrare devono essere calcolati con oculatezza anche per i
terreni ad alta conducibilità idrica (>150 mm h-1), in quanto l'eccessiva percolazione
può portare parte della frazione organica delle acque reflue nelle acque di falda.
39
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
_ Effetti sulle proprietà chimiche del terreno
Per una migliore comprensione delle variazione delle proprietà chimiche dei terreni
occorre tener presente che tutti i componenti solubili e insolubili dei reflui oleari sono
coinvolti in numerosi processi di natura chimico-fisica e microbiologica che ne
influenzano la mobilità e la biodegradabilità. I valori analitici dei diversi parametri
chimici dei terreni trattati sono quindi la risultante di complesse interazioni, variabili
sia nel tempo che nello spazio, che possono alterare, anche in maniera consistente, i
valori analitici presenti nei reflui prima del loro incorporamento nel terreno.
pH
La reazione acida (pH circa 5) dei reflui è causata dalla frazione di sostanza organica
composta da acidi organici. Diverse ricerche hanno preso in esame questo parametro
nell'ambito dell'interazione reflui oleari-terreno. I risultati ottenuti sono assai
concordanti e le conclusioni che possono essere tratte indicano che questo parametro
è scarsamente influenzato se i reflui sono utilizzati secondo le dosi stabilite dalla
legislazione vigente. Solo in caso di dosi massicce, è stata notata una diminuzione
evidente del pH del terreno che, tuttavia, tende a scomparire dopo 1-2 mesi.
Conducibilità elettrica (CE)
I residui della lavorazione delle olive contengono notevoli quantità di sali, circa 20 g
L-1. Tuttavia, come nel caso del pH, dosi di reflui aggiunti al terreno in accordo con la
legge 574/1996 hanno limitati effetti su questo parametro. Sensibile è invece
l'aumento della CE quando siano state utilizzate dosi assai maggiori. In questo caso, i
tempi di scomparsa degli effetti delle acque di vegetazione raggiungono le 16
settimane per la dose di 320 m3 ha-1 e le 6 settimane per quella di 160 m3 ha-1.
Sostanza organica
La sostanza organica che viene aggiunta al terreno con le dosi stabilite dalla
normativa nazionale è, mediamente, di 5 t ha-1 . Questa componente dei reflui,
poiché riveste un notevole interesse dal punto di vista agronomico, anche se può
essere una potenziale fonte di inquinamento in situazioni particolari, è stata studiata
con particolare attenzione. Sono stati infatti presi in esame i processi che, nel suolo,
regolano il trasporto della fase liquida, la ripartizione delle due fasi liquido-solido e la
degradazione che determina la progressiva scomparsa dei soluti presenti nel refluo.
Inoltre, prove condotte su vari tipi di reflui, aggiunte a vari tipi di suolo in dosi
diverse, hanno evidenziato che la velocità ed il grado di decomposizione del carbonio
organico seguono una funzione esponenziale e che la sostanza organica risulta
costituita da due frazioni a differente grado di degradabilità. Recenti prove di
40
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
laboratorio, eseguite con quantità di reflui simili a quelle permesse dalla vigente
normativa, hanno mostrato, nei suoli trattati, un contenuto di sostanza organica
ancora superiore a quella dei testimoni dopo circa sei mesi. Di alcune delle frazioni
che costituiscono la sostanza organica dei reflui è anche stato studiato in dettaglio il
destino nel suolo. In particolare, sono state prese in esame le sostanze grasse, gli
acidi volatili e gli zuccheri. Queste sostanze aumentano nei suoli trattati ed il loro
incremento è generalmente proporzionale alle quantità di reflui aggiunte. Tuttavia,
questo fenomeno è temporaneo e si assiste ad una loro completa degradazione dopo
poco più di un mese mentre, alla stessa data, il COD dei suoli trattati è ancora più
elevato rispetto ai testimoni.
Composti fenolici
Di tutte le classi di composti costituenti la frazione organica dei reflui, i composti
fenolici meritano una trattazione separata per i numerosi processi in cui sono
coinvolti oltre a dare, con la loro presenza, il colore marrone scuro ai reflui oleari. La
peculiarità di alcuni di questi prodotti risiede nella loro lenta biodegradabilità e
nell'azione antimicrobica. Questa ostacola sensibilmente la biodegradazione delle
acque di vegetazione, specialmente per quanto riguarda i glucidi semplici e
complessi, rallentando quindi la naturale riduzione del carico inquinante dei reflui.
Inoltre, specialmente i polifenoli solubili in acqua sono anche responsabili di fenomeni
di inibizione di germinazione, crescita e sviluppo di diverse piante erbacee. A questo
proposito è stato osservato un effetto erbicida in terreni trattati con reflui oleari.
Tutti i lavori disponibili in letteratura mostrano aumenti dei composti fenolici nei
terreni trattati. Tuttavia, questi incrementi sono temporanei e non superano, anche
nel caso di dosi massicce, i tre mesi. Anche se alcuni Autori riportano che i fenoli
sono trattenuti dai colloidi del suolo e/o sono biodegradati nel terreno agrario, la
presenza di fenoli è stata rilevata in pozzi, anche profondi, localizzati in una zona ad
elevata densità di piccoli e medi frantoi dove lo sversamento dei reflui oleari nei
campi è pratica comune. La causa di questo fenomeno è stata attribuita a
discontinuità stratigrafiche, errata costruzione dei pozzi, non adeguate pratiche di
sversamento ed agli andamenti pluviometrici.
_ Effetti sulle proprietà biologiche
L’apporto dei reflui di frantoio provoca inizialmente una generale diminuzione della
microflora totale, probabilmente dovuta alla presenza di composti batteriostatici e/o
battericidi per alcuni ceppi. Tale riduzione è seguita da una successiva crescita della
41
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
microflora che raggiunge e supera i valori iniziali in un periodo variabile tra i 7 e i 15
giorni. Si è rilevato comunque che, a dosi di 80, 160, 320 m3 ha-1, non si riscontrano
effetti negativi sulla reattività biologica complessiva dei suoli trattati. Salvo una lieve
e momentanea inibizione nei giorni immediatamente seguenti (5-10 giorni) al
trattamento, le popolazioni microbiche negli appezzamenti sottoposti a spandimento
dei reflui oleari non hanno evidenziato sostanziali differenze dai relativi controlli. Al
contrario, nelle parcelle trattate sono stati apprezzati significativi incrementi delle
conte relative alla comunità microbica dei lieviti. Quest’ultima evidenza trova
spiegazione nella elevata carica di lieviti associata alle acque di vegetazione.
L’intensa attività respiratoria, che permane per un lungo periodo nei terreni trattati,
può essere considerata come un indice di una incrementata attività microbica. Alcuni
autori hanno messo in evidenza che, dopo trattamento, si riscontra un arricchimento
di batteri azotofissatori liberi. Non è ancora possibile stabilire l’entità dell’azoto
fissato, anche se sembra che il guadagno in azoto possa essere compreso, come per
altri materiali organici, tra i 2 e i 200 kg ha-1. A parte la loro capacità azotofissatrice,
gli azotofissatori liberi sono un importante fattore per la fertilità del terreno. Molti
ceppi azotofissatori sono infatti buoni produttori di regolatori di crescita, sostanze
che giocano un ruolo fondamentale nel metabolismo della pianta. L’utilizzo di
regolatori di crescita in agricoltura, in particolare auxine, gibberelline e citochinine, è
una prospettiva di grande e crescente interesse. E’ da sottolineare, infine, che le
acque di vegetazione costituiscono un interessante substrato per la produzione di
gibberelline e auxine da parte di batteri del suolo.
Ricerche condotte in Grecia e Spagna confermano la sostanziale capacità della
microflora eterotrofa complessiva dei terreni agricoli ad utilizzare le acque di
vegetazione come substrato di crescita, eliminando gli eventuali effetti tossici a carico
di quei gruppi microbici specifici più sensibili alla frazione fenolica (es. batteri gram
positivi appartenti al genere Bacillus). Recenti indagini sugli effetti delle acque di
vegetazione sui batteri azotofissatori liberi (es. gen. Azotobacter) confermano
un’azione di stimolo nella crescita di questi microrganismi, i quali, oltre a fissare
l’azoto atmosferico, potrebbero persino essere coinvolti nelle reazioni di
degradazione della componente fenolica dei reflui oleari, contribuendo così alla
detossificazione del terreno.
C’è una grande scarsità di dati riguardo ai possibili effetti dei reflui di frantoio su
agenti fitopatogeni presenti nel suolo. Un effetto inibitorio su alcuni patogeni, in
particolare Oomiceti, è stato comunque studiato. In merito, si ipotizza che l’effetto
42
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
inibitorio possa dipendere dall’accresciuta popolazione microbica ed in particolare
dagli azotofissatori, attivi verso alcuni patogeni del suolo. Scarsi sono anche i dati
relativi all’impatto dei reflui di frantoio sulla mesofauna. E' stato indagato sull'impatto
dei reflui sulle taxocenosi di acari e collemboli quantitativamente più numerosi
nell’ecosistema terreno agrario. Valutando da gennaio a luglio il numero delle
principali unità sistematiche (aracnidi, insetti, diplopodi, chilopodi, sinfili) nel terreno
trattato con 20-50 m3 ha-1 si è concluso che poiché il danno ambientale, determinato
da un inquinante, si manifesta prioritariamente come danno biologico con alterazione
degli equilibri tra le popolazioni della comunità presente nell’ecosistema, si deve
ritenere che lo smaltimento sul terreno di 20 e 50 m3 ha-1 di AV da impianto a
pressione non possa costituire una pratica inquinante, in quanto non influenza la
qualità biologica del suolo .
Infine per quanto riguarda gli aspetti igienico-sanitari, dopo una lunga disamina sulla
distribuzione delle AV sul terreno agrario, si è constatato che le AV sono prive di quei
parametri microbiologici che, invece, rendono pericolosi i liquami urbani per le
colture da consumare crude e per la salubrità dell’ambiente; inoltre, tale soluzione è
opportuna per l’impiego delle AV poiché, relativamente al trasporto delle sostanze
inquinanti in profondità, la normale capacità di ritenzione idrica dei terreni impedisce
significative infiltrazioni verticali, anche sotto abbondanti piogge, sino a coinvolgere
la falda idrica .
2.5.2 VALORE AGRONOMICO DELLE SANSE
La sansa vergine ad elevata umidità (50-60%) non contiene metalli pesanti,
inquinanti tossici o organismi patogeni, inoltre è costituita nella sua integralità da
sostanza organica di origine vegetale non fermentata, pertanto ha una composizione
assimilabile ad un ammendante vegetale e quindi può essere oggetto di utilizzazione
agronomica mediante spargimento controllato sul terreno.
Diversi studi scientifici, tra cui quello di Almirante dell’Istituto Sperimentale
Agronomico di Bari hanno documentato i benefici agronomici dello spargimento in
campo delle sanse umide. Come documentato dalle analisi eseguite sul terreno
trattato e sul testimone dopo due anni dalla distribuzione della sansa, si è riscontrato
un miglioramento delle caratteristiche chimico-fisiche del terreno per una maggiore
presenza di azoto, fosforo e carbonio organico totale, per cui la sostanza organica
totale presente sul terreno trattato è risultato 3,6 volte superiore rispetto al terreno
non trattato (Amirante e Brunetti, 1996). Tuttavia, gli Autori concludono che vi è
43
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
ancora molto carbonio non umificato, per cui, nel terreno trattato con sansa vergine,
risultano molto bassi sia il grado di umificazione che il tasso di umificazione.
L’azione repressiva riscontrata sulle produzioni, nel primo anno di prove, fa ritenere
che la tecnica della distribuzione diretta in campo della sansa vergine è possibile
anche se risulta opportuno distribuirne una quantità in valore molto inferiore a quella
distribuita con le prove (5000 kg/ha). I rilievi eseguiti a tre anni di distanza dal
trattamento hanno evidenziato che le caratteristiche chimico-fisiche del terreno
trattato sono simili a quelle del testimone per la presenza pressoché uguale di azoto,
fosforo e potassio, per cui la sostanza organica totale presente nel terreno trattato è
risultata dello stesso ordine di grandezza del testimone, il che dimostra che la
sostanza organica è stata completamente utilizzata. Inoltre, anche gli indici di
umificazione del terreno trattato e del testimone risultano dello stesso ordine di
grandezza e quindi nel tempo le caratteristiche del terreno ritornano ai valori iniziali.
Pertanto, la sansa vergine può essere distribuita al terreno agrario. Sembra, tuttavia,
più opportuno procedere ad un preventivo suo compostaggio.
CONCLUSIONI
Molto tempo è passato da quando Marco Porzio Catone nel suo “De Agricoltura”
discuteva circa la possibilità di usare le acque di vegetazione per migliorare la fertilità
dei suoli e da quando, nella Spagna del 1500, si consigliava di utilizzare tali acque
diluite in quantità non eccessive. Eppure l’uso agricolo della acque di vegetazione è
pratica la cui applicabilità è tuttora oggetto di ampia discussione. Le conoscenze
attuali non consentono di porre un punto definitivo al problema della gestione dei
reflui oleari: troppo diverse sono infatti le condizioni sperimentali (tipologia di refluo,
tempi e modalità d’impiego, caratteristiche geologiche e ambientali, etc.) e poco è
stato tenuto conto delle caratteristiche dei suoli in cui sono state condotte le
esperienze in materia.
Nonostante l’opzione del recupero dei reflui in agricoltura sia da considerarsi
preferenziale, per le loro proprietà ammendanti e fertilizzanti, esistono comunque
risultati contrastanti ed opinioni distinte sui reali benefici o sui possibili effetti
negativi sul suolo e sui comparti ambientali limitrofi, quali acque profonde e
superficiali, e sulla biomassa naturale del suolo, prodotti in seguito all’applicazione
dei RO “tal quali”, sia “freschi” in uscita dai frantoi che dopo un certo periodo di
lagunaggio (Brunetti et al., 2002). Molti sono infatti gli elementi che concorrono all’
estrema variabilità dei risultati ottenuti, tra i quali:
44
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
modalità e dosi di spandimento
!
tipologia dei suoli
!
colture in atto e loro stadio fenologico
!
profondità e natura della falda freatica
!
regimi irrigui e pratiche agronomiche attuate
!
condizioni climatiche
Poiché tutte queste variabili possono condizionare positivamente o negativamente gli
effetti dei reflui oleari sul suolo e sui comparti ambientali limitrofi, ci si spiega sia la
estrema variabilità delle risposte sperimentali ottenute, che l’estrema difficoltà di
considerare e catalogare debitamente tutte queste variabili in una normativa unica
ed operativa che consenta di definire i siti, le modalità e le dosi di applicazione.
Per massimizzare i vantaggi agronomici dell’impiego dei RO sui terreni, poi, molti
sostengono sia preferibile sottoporre i RO a trattamenti biologici che ne stabilizzino la
sostanza organica e riducano il carico inquinante, ottenendo cosi’ un duplice
vantaggio: da una parte si riducono i rischi ambientali legati all’inquinamento delle
falde idriche, dall’altro si ottimizza l’impiego della sostanza organica contenuta nei
reflui, applicandola al terreno in una forma che consenta il lento rilascio degli
elementi nutritivi e del suo potere ammendante, fattore questo non trascurabile in
colture arboree, a ciclo lungo come l’olivo. Il compostaggio rappresenta una
prospettiva molto interessante: i residui oleari, infatti, possono essere considerati un
ottimo materiale di partenza per ottenere compost di qualità. Il prodotto finale è
infatti esente da xenobiotici, è ricco di nutrienti minerali e di sostanza organica
stabilizzata, prerequisito fondamentale della fertilità del suolo. Nel Capitolo
successivo si parlerà di questa pratica e delle diverse tecnologie alternative di
trattamenti, recupero e valorizzazione dei sottoprodotti oleari ad oggi disponibili.
45
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CAPITOLO III - TRATTAMENTO E VALORIZZAZIONE
DEI RESIDUI OLEARI
Nei paragrafi successivi si fornisce una sintesi il piu’ possibile dettagliata del
panorama delle tecnologie esistenti nel campo del trattamento e valorizzazione dei
residui oleari, considerati sia nella loro componente solida (sanse vergini o esauste)
che liquida (acque di vegetazione), schematicamente elencate in Figura 4 e 5
rispettivamente.
Per ogni tecnologia di trattamento si è riportato, oltre alla descrizione tecnica della
metodologia interessata, anche il materiale reperito in letteratura e le applicazioni
pratiche ad oggi sperimentate, citando per ognuno le fonti bibliografiche di
riferimento. In questa sede si è creduto opportuno descrivere le varie tipologie di
trattamento e le ricerche sperimentali in modo sintetico, piuttosto che soffermarsi sui
dati prettamente tecnici e impiantistici. Si è cercato dunque di privilegiare il carattere
informativo e divulgativo delle esperienze documentate, al fine di fornire agli
operatori descrizioni comprensibili dei trattamenti esistenti e – soprattutto – i loro
risvolti pratici in termini di risultati e fattibilità. Per maggiori dettagli si rimanda il
lettore interessato al relativo materiale bibliografico di riferimento.
46
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Figura 4 - Tipologie di trattamento per i residui solidi
RES. SOLIDI: SANSE VERGINI, UMIDE, ESAUSTE
Sansificio
(estrazione olio di sansa e lampante)
Essiccamento, combustione
e produzione di “energia verde”
Combustione nocciolino
Compostaggio per produzione compost di qualità
(uso agronomico o vivaistico)
Industria mangimistica
Figura 5 – Tipologie di trattamento per i residui liquidi
RES. LIQUIDI: ACQUE DI VEGETAZIONE
Fertirrigazione (spandimento sui terreni)
Irrorazione chioma per difesa mosca
Digestione anaerobica
(produzione di biogas e fanghi)
Compostaggio con sanse per produzione compost
di qualità (uso agronomico o vivaistico)
Evaporazione naturale o forzata in vasche
lagunaggio
Processi combinati
47
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
3.1 TRATTAMENTO DELLE SANSE
3.1.1 SANSIFICIO
Con un processo di estrazione dell’olio dalle sanse vergini con solvente (esano) si
ottengono l’olio di sansa e le sanse esauste. L’olio di sansa è un diretto concorrente
dell’olio di oliva vergine di qualità e richiede una spesa energetica dieci volte
superiore a quella necessaria per l’estrazione meccanica dell’olio dalle olive, oltre a
generare rifiuti tossici e ad usare composti chimici di sintesi dannosi all’ambiente e
alla salute umana.
3.1.2 RECUPERO ENERGETICO
La sansa esausta – o la vergine essiccata – puo’ essere utilizzata come combustibile
e fonte di energia termica, previa essiccazione in essiccatori cilindrici rotanti. Anche il
nocciolino - una volta separato dalla sansa ed essiccato – puo’ essere
convenientemente recuperato a fini energetici. In Tabella 11 sono riportati i valori
relativi al potere calorico della sansa e suoi sottoprodotti.
Tabella 11 - Potere calorico della sansa e sottoprodotti
SOTTOPRODOTTO
POTERE CALORICO
(kcal/kg)
Sansa da pressione
2.800-3.000
Sansa (3 fasi)
2.500-2.800
Sansa esausta
3.500
Nocciolo
4.000
Fonte: Pubblicazione UNEP
Tale pratica di recupero energetico tramite combustione consente di risparmiare sui
costi dell’energia prodotta da fonti non rinnovabili, evitando il ricorso a fonti
combustibili fossili, tra l’altro sempre piu’ costose, oltre che inquinanti per
l’ambiente. La termovalorizzazione delle sanse esauste o dei nocciolini consente
inoltre di eliminare il problema dei residui trasformandoli in materie prime per
generare energia termica ed elettrica; sostituire altri combustibili e contribuire alla
48
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
diversificazione energetica; ridurre gli inquinanti nell'aria e le emissioni ad azione
climaterante (gas serra). La valorizzazione delle sanse a fini energetici puo’ essere
sfruttata sia per la produzione di energia termica che elettrica (co-generazione).
Presso l’Istituto di Elaiotecnica di Pescara è in funzione un frantoio sperimentale
a due fasi con denocciolatrice a monte per produzione di denocciolato-lignina ad uso
energetico (15 Euro/q.le – alto rendimento energetico e assenza di emissioni
fumose). Il denocciolamento iniziale, se da un lato consente di ottenere un prodotto
a valore aggiunto e di differenziare il mercato di sbocco del sottoprodotto verso
settori a minore impatto ambientale (recupero energetico, fonti rinnovabili,
incremento energia verde), influenza dall’altro la qualità finale dell’olio. L’olio
prodotto, infatti, ha alta ossidabilità e deve essere pertanto consumato in tempi
brevi. Data la sua leggerezza e il minor contenuto di grassi, tuttavia, tale olio offre
impieghi interessanti nell’ambito dell’industria dolciaria e dietetica (bambini o
anziani). Una volta privata del nocciolo, la sansa viene essiccata ed inviata all’Istituto
di zootecnia dell’Università di Roma per studi sul suo valore nutritivo e possibile
impiego nell’industria mangimistica.
3.1.3
PRODUZIONE DI MANGIMI
Un’ulteriore possibilità di valorizzazione della sansa di oliva è quella di impiegarne la
polpa quale integratore nell’ alimentazione animale (Jardak et al., 1997). Le sanse
denocciolate possono trovare impiego come complemento alla nutrizione animale e
possono quindi essere d’interesse per l’industria mangimistica e il settore
dell’allevamento animale – principalmente bovino, ovino e caprino. La sansa vergine
di oliva presenta una elevata percentuale di fibra, quale cellulosa e lignina,
quest’ultima non digeribile dagli animali (Tabella 12). Pertanto, si rende necessario
ridurre l’ elevata presenza di fibra; questa riduzione è ottenibile con la separazione
meccanica del nocciolino, ricco in lignina, dalla polpa. Tale separazione consente
altresì un arricchimento del contenuto proteico del 15 – 18%. La polpa così ottenuta,
dopo essere stata eventualmente pellettizzata, è utilizzabile, in miscela con altri
costituenti, per la formazione della razione alimentare. Questa pratica risulta essere
di grande interesse per l’alimentazione del bestiame nelle zone aride del bacino del
Mediterraneo, laddove è difficoltoso l’approvvigionamento di foraggio fresco.
L’Istituto di Zootecnia di Roma, in collaborazione con l’Istituto per l’Elaiotecnica di
Pescara, sta conducendo delle sperimentazioni per valutare il valore nutritivo di
questo sottoprodotto dell’industria olearia. Si ritiene comunque che la presenza di
49
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
grassi antiossidanti nelle sanse denocciolate costituisca un valido apporto
antiossidante alla dieta animale, con conseguente miglioramento della qualità dei
prodotti finali (latte, formaggi, carne).
Tabella 12 - Valore nutritivo della polpa di sansa denocciolata e ipotesi di razione alimentare
VALORE NUTRITIVO DEGLI INGREDIENTI
INGREDIENTE
Polpa
di
denocciolata
sansa
UVF
MAD
(uvf/kg M.S.)
(g/kg M.S.)
0,3
30
Crusca di grano
0,78
110
Fior di farina
0,99
152
Panello di colza disoleata
0,87
336
RAZIONE ALIMENTARE FORMULATA
INGREDIENTE
Polpa
di
denocciolata
%
sansa
UVF
MAD
(uvf/kg M.S.)
(g/kg M.S.)
35
0,105
10,5
Crusca di grano
35
0,273
38,5
Fior di farina
11
0,109
16,7
Panello di colza disoleata
15
0,131
50,4
Sale
2
-
-
Concentrato vitaminico
2
-
-
TOTALE
100
0,62 UF
116
MAD = materia azotata digeribile
UVF = unità foraggera carne da ingrasso
M.S. = materia secca
Alcuni dei fattori importanti da valutare per la valorizzazione della sansa denocciolata
ai fini mangimistici sono:
!
tenore in composti azotati dell’ordine del 10%;
50
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
tenore elevato in materie grasse, prevalentemente acido oleico (65%), linoleico
(12%) e palmitico (10.5%);
!
basso contenuto in composti fenolici, che per molto tempo si è creduto
responsabili del basso valore nutritivo delle sanse;
!
elevato tenore in fibre (lignina, non digeribile) il cui livello viene pero’
notevolmente ridotto tramite operazione di eliminazione del nocciolo
3.1.4 COMPOSTAGGIO E PRODUZIONE DI COMPOST DI QUALITA’
Il compostaggio è una prospettiva molto promettente nella politica del riciclo dei
sottoprodotti organici, in vista della produzione di fertilizzanti da impiegare tal quali o
come base per formulati. Per loro natura, infatti, i sottoprodotti della lavorazione
olearia possono essere considerati un ottimo materiale di partenza per ottenere
compost di “qualità”. Il prodotto finale è esente da xenobiotici, è ricco di nutrienti
minerali e di sostanza organica stabilizzata. Il compostaggio è un processo naturale
di trasformazione biologica della composizione originaria della matrice organica che
produce un materiale stabilizzato, mineralizzato, igienizzato e fitocompatibile. Il
processo avviene con l’ausilio di microrganismi aerobi i quali si accrescono,
catalizzando una parziale degradazione aerobica delle sostanze organiche, una
trasformazione ossido-riduttiva di alcuni dei composti inorganici e la sintesi di nuovi
composti organici, piu’ stabili.
Uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento PROGESA dell’ Università di
Bari e dell’Istituto di Produzioni e Preparazioni Alimentari dell’Università di Foggia
(Clodoveo et al., 2002) ha sperimentato la realizzazione di impianti semplificati per il
compostaggio della sansa di oliva. La prima fase della ricerca ha riguardato il
controllo automatico dei parametri di processo con un sistema di rilevazione,
acquisizione ed elaborazione automatica dei dati attraverso un software
appositamente progettato in Visual Basic su architettura NT-Windows. Il sistema è in
grado di apprendere le condizioni di processo durante l’evoluzione della reazione
biossidativa e di correggere in linea eventuali scostamenti dalle condizioni ottimali.
Successivamente, le prove sono state effettuate su un impianto pilota di laboratorio
(un reattore cilindrico da 20 dm3) con una biomassa costituita da sansa vergine di
oliva, foglie di olivo, paglia e pollina in opportuna miscela. Sono stati quindi valutati i
primi risultati ottenuti in laboratorio per poi applicare il sistema ad un impianto
sperimentale in scala reale. E’ infatti stato trasferito in campo il risultato della ricerca
51
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
in un prototipo di impianto su scala industriale, molto semplice, costituito di una
piattaforma in calcestruzzo su cui è stata distribuita la biomassa in cumuli a sezione
trapezia. Il rivoltamento, l’omogeinizzazione, l’ossigenazione e l’umettamento sono
stati garantiti attraverso una macchina rivoltatrice semiportata dalla trattrice.
Il reattore pilota, realizzato presso l’Olificio Cooperativo Riforma Fondiaria di Nardo’
(LE) ha utilizzato una biomassa di partenza ottenuta miscelando sansa, paglia e
pollina nelle percentuali seguenti:
- sansa vergine d’oliva
82%
- pollina
10%
- paglia
8%
La fase conclusiva della ricerca è stata quella di uno scale-up su di un impianto in
scala reale, costituito da un reattore ad asse orizzontale su piattaforma in cemento
armato dotato di una sistema di aerazione a rivoltamento meccanico e chiusura del
sistema tramite una serra. Tale impianto pilota semi-industriale è stato realizzato in
collaborazione con l’Associazione dei Produttori Olivicoli della Provincia di Lecce
(APROL) nell’ ambito delle azioni Reg. CEE 528/99 “Miglioramento dell’evacuazione
dei residui della molitura delle olive in condizioni non nocive all’ambiente”.
Inoltre per consentire un ottimale ricambio d’aria è stato installato un ventilatore che
invia gli aeriformi presenti nella serra ad un biofiltro per riciclarli dopo la depurazione
nella serra stessa.
I risultati sperimentali ottenuti in un biennio di prove sono molto incoraggianti, in
quanto dimostrano che il compostaggio della sansa procede in modo efficace
fornendo un materiale finale costituito da un ottimo ammendante, dotato di un livello
di umificazione di tutto rispetto. Occorre tuttavia studiare in modo piu’ approfondito i
rapporti di miscelazione con altre sostanze organiche e gli aspetti microbiologici della
suddetta sostanza organica. Il materiale ottenuto è stato fornito agli agricoltori per
distribuirlo su colture arboree ed erbacee, nonché ai ricercatori dell’Istituto di
Agronomia e Coltivazioni arboree dell’Università di Bari, ricercatori dell’Istituto di
Nematologia del CNR di Bari e dell’Istituto Sperimentale Agronomico del MiPAF, allo
scopo di saggiarne la qualità agronomica.
Un altro studio interessante è stato condotto nell’ambito di un progetto di ricerca
C N R , APROL (Associazione di Produttori Olivicoli della Provincia di Lecce) e il
Dipartimento PROGESA dell’Università degli Studi di Bari. La ricerca ha puntato alla
realizzazione di impianti semplificati di compostaggio, ubicati a valle e all’interno
52
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
degli stessi frantoi oleari. I risultati ottenuti dalle prove di compostaggio hanno
evidenziato la possibilità di poter compostare tutti i sottoprodotti della filiera
olivicolo-olearia, purché opportunamente miscelati con altre sostanze organiche
ricche di azoto. Le prove preliminari di compostaggio, avvenute su cumuli posti
all’aperto su piazzola, movimentati da idonea macchina rivoltatrice, hanno consentito
di ottenere compost di qualità da miscele diverse a base di sansa vergine (Tab. 13).
Tabella 13 – Rapporti di miscelazione prove di compostaggio delle sanse vergini
MISCELE
PRODOTTO BASE
CUMULO A
Sansa vergine 4000
kg
CUMULO B
Sansa vergine 4000
kg
CUMULO C
Sansa vergine 4000
kg
CUMULO D
Sansa vergine 900 kg
Pastazzo arance 900
kg
CUMULO E
Sansa
snocciolata 3000 kg
CUMULO F
Sansa vergine 4000
kg
INGREDIENTI
paglia 77 kg (2%)
stallone
240
kg
(6%)
foglie 200 kg (5%)
paglia 200 kg (5%)
stallone
240
kg
(6%)
paglia 77 kg (2%)
stallatico 240 kg
(6%)
stallone
108
kg
(6%)
foglie 144 kg (8%)
paglia 22 kg (1,5%)
paglia 45 kg (1,5%)
stallone
180
kg
(6%)
foglie 240 kg (8%)
paglia 77 kg (2%)
stallone
240
kg
(6%)
foglie 320 kg (8%)
MASSA
MISCELA
4517 kg
4440 kg
4317 kg
2074 kg
3465 kg
4637 kg
Fonte: Amirante et al., 2002
La ricerca è poi passata alla fase di messa a punto di due impianti semplificati di
compostaggio e ad una successiva valutazione agronomica del compost attraverso la
fertilizzazione organica del terreno agrario. Le prove sperimentali hanno utilizzato
diverse miscele con prodotto di base costituito da sansa vergine o denocciolata.
Inoltre, è stato eseguito un ciclo di compostaggio aggiuntivo costituito per il 50% di
sansa vergine e per l’altro 50% di pastazzo proveniente dalla spremitura delle arance
per la produzione di succo. Le suddette prove sono state impostate nell’ambito di una
attività di ricerca sviluppata in collaborazione con l’Università di Reggio Calabria. Per
la correzione del contenuto di carbonio sono state utilizzate foglie di olivo e piccole
53
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
quantità di paglia. Tali prodotti sono stati, poi, miscelati con diversi prodotti starter a
base di azoto organico: stallone e stallatico. Il primo starter (stallone) è un prodotto
commerciale costituito da letame essiccato e cubettato, mentre il secondo è un
letame di allevamento bovino. Il ciclo di processo è stato lo stesso per tutti i cumuli:
!
preparazione della matrice organica da compostare costituita dalle miscele
innanzi indicate;
!
periodico rivoltamento della biomassa (ogni 8-10 giorni) per garantire idonee
condizioni di areazione, umidità, temperatura e ossigenazione della biomassa
durante il processo biossidativo;
!
periodico rilievo (ogni 8-10 giorni) dei valori di temperatura raggiunta dalla
biomassa;
!
periodico campionamento della biomassa (miscela iniziale, prodotto intermedio,
prodotto finale) per la valutazione del contenuto in umidità della massa
organica durante il processo biossidativo;
!
periodico campionamento (miscela iniziale, campionamento intermedio,
prodotto finale), per la valutazione del TOC, TEC, contenuto in HA e FA,
contenuto in N, P, determinazione degli indici di umificazione HI, HD, HR;
!
ultimazione della prova, dopo circa 90 giorni di compostaggio, con circa 60
giorni di fase termofila e 30 giorni di fase mesofila, procedendo alla fine del
processo alla valutazione agronomica del compost.
Il rilievo delle temperature è stato effettuato con termometro modello HD 9215,
digitale a microprocessore per sonde con sensore al platino Pt100 (ditta Delta Ohm).
Foto dell’impianto di compostaggio ad asse orizzontale utilizzato nella sperimentazione
54
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Risultati e conclusioni della ricerca
La correlazione dei risultati ottenuti dalle analisi chimiche, sul prodotto compostato
negli impianti pilota, consente di trarre le seguenti conclusioni:
!
Il recupero della sostanza organica dai sottoprodotti dell’industria olearia e più
in generale dagli scarti vegetali, attraverso un processo di biossidazione, è una
pratica utile se non indispensabile per gestire una moderna agricoltura, attenta
alla qualità e all’ambiente. La sansa vergine non contiene metalli pesanti,
inquinanti tossici, o organismi patogeni, ed è costituita nella sua integralità da
sostanza organica di origine vegetale, per cui rientra perfettamente nella
categoria degli ammendanti organici utilizzabili anche in agricoltura biologica;
!
Al fine di valorizzare le caratteristiche agronomiche dei sottoprodotti
dell’industria olearia, è opportuno, tuttavia, procedere ad una idonea
umificazione della sostanza organica, miscelata con altri sottoprodotti ricchi di
azoto, con una fase termofila sufficientemente estesa;
!
Per rendere funzionali gli impianti sperimentali e trasferirli alle realtà aziendali
presenti sul territorio è fondamentale la collaborazione con l’industria e le ditte
costruttrici.
In altri studi (Colella et al., 2001; Serra, S., et al., 2001) si riferisce di interessanti
progressi nel campo delle applicazioni di un “bio-antiparassitario” ottenuto da
compost di sanse d’oliva attivato con antagonisti microbici contro la tuberosi radicale
e il marciume basale del pomodoro e la verticillosi del carciofo. Il compost da sanse
opportunamente attivato con agenti di biocontrollo ha quindi una duplice funzione:
da un lato apporta al terreno sostanza organica, e dall’altro provvede alla lotta contro
i patogeni radicali del terreno, sostituendosi cosi’ alle tradizionali forme di lotta.
Molti Autori, infine, sottolineano l’importanza dell’apporto di altre matrici organiche
per la produzione di compost di qualità. Oltre agli scarti delle filiere agro-alimentari,
infatti, tra i quali quelli provenienti dalle filiere olivicolo-oleari, lattiero-casearia, e
viticola-enologica, altre matrici co-compostabili sono costituite dai fanghi di
depurazione e dalla frazioni umide degli rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata,
55
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
che a livello quantitativo possono fornire un consistente contributo al riciclo di
sostanza organica al terreno con conseguenti riflessi utili alla salvaguardia
dell’ambiente.
3.2 TRATTAMENTO DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE
Per le caratteristiche chimico-fisiche precedentemente descritte, le acque di
vegetazione possiedono un elevato carico inquinante: la loro gestione dev’ essere
pertanto attenta e responsabile. Prima dell’attuale normativa in materia (L. 574/96 e
successive modifiche), il loro smaltimento ne prevedeva la depurazione ai sensi della
legge Merli. A partire dagli anni ’70, quindi, si assiste ad un’intensa attività di ricerca
e innovazione tecnologica finalizzata allo sviluppo di tecnologie depurative che
consentissero l’abbattimento del carico inquinante e il raggiungimento degli standard
qualitativi previsti dalla legge. Questo ha generato un ricco corpus bibliografico e
numerose sperimentazioni pilota, raramente pero’ trasferite a scala industriale. Si
tratta di circa 20 processi e tecnologie, tra cui:
!
uso agronomico (fertirrigazione, spandimento su terreni)
!
evaporazione naturale in bacini o vasche di lagunaggio
!
incenerimento
!
distillazione
!
depurazione (fisica, chimica, biologica)
!
compostaggio con altre matrici
!
estrazione composti ad alto valore aggiunto
3.2.1
LA FERTIRRIGAZIONE
Delle proprietà nutritive e fertilizzanti delle acque di vegetazione (AV) si è parlato in
precedenza, cosi’ come del loro utilizzo agronomico tramite spandimento sui terreni,
pratica denominata fertirrigazione. La fertirrigazione di oliveti appare una soluzione
proponibile e consigliabile ai fini di una corretta pratica agronomica (apporto
sostanza organica, etc.) solo previo adempimento delle prescrizioni previste dalla
normativa vigente in materia. Le acque di vegetazione possono senza dubbio essere
utilizzate a fini agronomici, come si evince dalle numerose ricerche condotte da
diversi autori, riportate in modo sintetico nella Tabella 14.
Le prove sperimentali condotte da numerosi autori concordano che, distribuendo una
quantità di acque di vegetazione compresa tra 40 e 100 m3/ha su colture arboree, si
56
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
ottengono numerosi vantaggi, quali il riciclo quasi totale dei composti nutrienti
(N,P,K), la metabolizzazione del carico organico e l’assorbimento dei sali presenti
nelle AV, mentre risulta sconsigliabile la distribuzione delle AV su colture erbacee in
atto, ma per tali colture è possibile l’utilizzazione agronomica della AV, distribuendole
30-60 giorni prima della semina o del trapianto.
Tabella 14 - Impiego agronomico delle acque di vegetazione in colture arboree ed erbacee
COLTURA
DOSE
Insalata
<200 m3/ha
>200 m3/ha
Loglietto italico
<800 m3/ha
Olivo
(olive da
tavola)
Vite
(var.Verdeca e
Montepulciano)
PERIODO
distribuzione fino
a 10 giorni prima
del trapianto
distribuzione fino
a 45 giorni prima
della semina
AUTORE
Marisot
>100 m3/ha
Catalano
3
<150 m /ha
<150 m3/ha
>20 m3/ha
“
3
in fase di
accestimento
Bonari, BonariCeccarini
in fase di
accestimento
“
3
40-50 giorni prima
della semina
“
40-50 giorni prima
della semina
“
3
3
fino a 20 giorni
prima dalla semina
Di GiovacchinoSeghetti
fino a 30 giorni
prima dalla semina
“
Orzo
<320 m /ha
>20 m3/ha
Grano
<320 m /ha
>20 m3/ha
Girasole
<320 m3/ha
>20 m3/ha
Mais
<320 m /ha
>20 m3/ha
Mais
<100 m /ha
>20 m3/ha
Grano
<100 m3/ha
E’ stato recentemente messo a punto un carro spandiliquame appositamente
progettato per lo spandimento controllato delle acque di vegetazione in campo con la
possibilità di distriburle al terreno a pioggia o a scorrimento o di interrarle a pochi
centimetri di profondità, con vanghette o organi coltivatori portati dalla stessa
macchina (vedi Foto). Questo aspetto di natura meccanica non è da sottovalutare ai
57
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
fini di una corretta applicazione della L. 574/96, che all’art 4 cosi’ recita: “1. Lo
spandimento delle acque di vegetazione deve essere realizzato assicurando una
idonea distribuzione ed incorporazione delle sostanze sui terreni in modo da evitare
conseguenze tali da mettere in pericolo l'approvvigionamento idrico, nuocere alle
risorse viventi ed al sistema ecologico” e al comma 2: “Lo spandimento delle acque
di vegetazione si intende realizzato in modo tecnicamente corretto e compatibile con
le condizioni di produzione nel caso di distribuzione uniforme del carico idraulico
sull'intera superficie dei terreni in modo da evitare fenomeni di ruscellamento”.
Foto - Carrobotte per lo spandimento controllato delle acque di vegetazione
Fonte: Amirante e Pipitone
Considerata la finalità di questo studio e la sua funzione divulgativa per gli operatori
del settore olivicolo, ci sembra utile riportare alcuni tra i numerosi studi effettuati da
ricercatori italiani per analizzare gli effetti della fertirrigazione sugli oliveti trattati.
Fertirrigazione di oliveti
Uno studio di Silvestri e Bonari (2001) dell’ Università di Agraria di Pisa ha
analizzato il caso di trattamenti effettuati su oliveti durante il periodo di riposo
vegetativo – pratica tra l’altro piuttosto diffusa in parecchie aree nel nostro Paese
(Raglione e D’Ambrosio, 2001). Un triennio di sperimentazione svolta a questo
riguardo, ha dimostrato come non si rilevi alcun effetto negativo né sulla loro
produzione, né sulle caratteristiche qualitative dell’olio estratto (Tabella 15) dalla
58
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
parcelle trattate anche con volumi di refluo nettamente superiori a quelle consentite
per legge (fino a 320 m3/ha). Non sembrerebbero esistere dunque particolari
controindicazioni nel “ritorno” delle AV alle piante che le hanno prodotte, se non
quella di evitare lo spandimento in condizioni ambientali (pendenza, natura del suolo,
clima, etc.) possono rendere impraticabile e/o rischiosa l’operazione.
Tabella 15 – Caratteristiche quali-quantitative della produzione olivata in funzione delle dosi di
AV impiegate
DOSE
RESA
POLPA
NOCCIOLO
ACQUA
OLIO
FOD
Rr
Rp
m /ha
Kg/piante
(%)
(%)
(%)
(%)
(%)
-
-
0
41.9
75.9
24.1
59.5
28.5
12
1.65
2.40
80
38.6
78.6
21.4
61.8
26.1
12.1
1.76
2.16
160
39.1
76.3
23.7
59.4
29.0
11.6
1.69
2.49
320
38.1
75.5
24.5
60.4
27.8
11.9
1.55
2.35
3
Legenda:
FOD = Frazione Organica Disoleata
Rr = rapporto peso secco polpa/peso secco nocciolino
Rp = rapporto percentuale olio/percentuale FOD nella polpa
Fonte: Silvestri e Bonari, 2001
Nel concludere lo studio, gli Autori raccomandano pero’ di mettere in atto tutti gli
accorgimenti possibili onde evitare l’esaltazione di processi di trasporto solido che
potrebbero condurre alla contaminazione dei corpi d’acque superficiali.
Un altro importante studio condotto da ricercatori (Ferri et al. 2002) dell’Istituto
Sperimentale Agronomico di Bari ha considerato l’effetto della somministrazione
di AV (400-800 m3/ha) su piante di olivo di 2 anni in vaso e di 20 anni in campo.
Nelle prove di pieno campo si è impiegato il refluo proveniente da un impianto di
molitura di tipo tradizionale, basato sul metodo a pressione, risultato piu’ ricco in
Fosforo, Sodio, Potassio, Calcio, Ferro, Piombo e Carbonio organico. I risultati hanno
mostrato che la somministrazione di 50 m3/ha – dose ammessa dalla normativa
vigente - non ha influenzato significativamente la produzione, mostrando alcuni
effetti positivi sulle proprietà chimiche del terreno:
!
dopo 2 anni di applicazione del refluo, L’N totale non ha presentato variazioni
significative;
59
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
l’N minerale del terreno (N-NO3 + N-NH4) non è cambiato durante il periodo di
prova; solo un piccolo aumento di N-NH4 si è registrato in seguito alla
somministrazione del refluo oleario;
!
il C organico è aumentato sia nelle particelle trattate che in quelle non trattate.
Di conseguenza sembra molto difficile individuare un’influenza precisa del refluo
su questo parametro;
!
il P del suolo mostra un aumento significativo solo in una delle parcelle trattate
col refluo;
!
incremento del K scambiabile
Altri studi (Mastrorilli et al., 2002) hanno analizzato la capacità dei reflui oleari di
influire sulla struttura dei terreni alterandone lo stato di aggregazione. La ricerca è
stata condotta su tre terreni situati nella provincia di Bari. Il confronto tra terreni
trattati e non trattati con RO ha permesso di studiare il comportamento nel tempo di
alcune proprietà fisiche dei terreni argillosi. La ricerca ha dimostrato che
somministrando annualmente i 50 m3/ha di AV ammesse dalla legge il diametro degli
aggregati tende lievemente ad aumentare. Questa osservazione permette di
ipotizzare che l’uso di reflui migliora la qualità del terreno perché provoca l’aumento
della porosità e la sofficità del terreno migliorando anche lo stato di aerazione e la
circolazione dell’acqua.
3.2.2 IL COMPOSTAGGIO
Il compostaggio è un processo naturale di trasformazione biologica della matrice
organica che produce un materiale stabilizzato, mineralizzato, igienizzato e
fitocompatibile. Il processo avviene con l’ausilio di microrganismi aerobi i quali si
accrescono, catalizzando una parziale degradazione aerobica delle sostanze
organiche, una trasformazione ossido-riduttiva di alcuni dei composti inorganici e la
sintesi di nuovi composti organici, piu’ stabili. Il processo di compostaggio può essere
suddiviso in due fasi:
1. Fase di biossidazione (ACT - Active Composting Time) durante la quale deve
essere garantita, ai fini dell'igienizzazione del materiale, una temperatura
superiore a 60 °C per almeno 5 giorni; in questa fase, che si svolge in condizioni
termofile, con intensi processi degradativi a carico delle componenti organiche
facilmente fermentescibili, si raggiungono temperature elevate ed è quindi
60
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
necessario areare opportunamente la massa sia per fornire l’ossigeno necessario
alle reazioni biochimiche, che per drenare l’eccesso di calore dal sistema; in
relazione alle caratteristiche della matrice, la fase di biossidazione può avvenire
in cumuli (con o senza rivoltamenti e con o senza aerazione forzata), oppure in
sistemi complessi (bioreattori), per una durata di 21-28 giorni nel caso di cumuli
rivoltati, o 14-16 giorni nel caso di bireattori
2. Fase di maturazione (curing) in cui si completano i fenomeni degradativi ed
intervengono le reazioni di sintesi delle sostanze umiche. In questa fase, della
durata di almeno 45 giorni, si hanno minori esigenze di ossigeno e di drenaggio
di calore e quindi i rivoltamenti sono più dilazionati.
I parametri di controllo dell’efficienza del processo di compostaggio sono:
§ - Ossigeno: deve essere garantito soprattutto nella fase iniziale del processo. Per
assicurare la sua presenza nella biomassa in trasformazione e ottenere, quindi, un
compost valido è necessaria una buona porosità, che viene garantita dalla presenza
del materiale lignocellulosico.
§ - Rapporto C/N: esprime il rapporto tra le sostanze che forniscono ai
microrganismi energia per le loro reazioni metaboliche (composti carboniosi) e
materiali plastici per la loro moltiplicazione (composti azotati); il C/N ideale è
compreso tra 25 e 30, tenendo presente che ogni scostamento da questi valori porta
a carenze o eccessi che condizionano le attività biologiche, determinando perdite di
azoto (nel caso di valori bassi di C/N) o un rallentamento delle reazioni metaboliche,
nel caso di valori alti di C/N.
§ - Umidità: il contenuto ideale è tra il 55-65%, in quanto l’acqua è essenziale per
la vita dei microrganismi che intervengono nel processo di compostaggio.
§ - Temperatura: è importante raggiungere temperature di almeno 60°C per
almeno 5 giorni, in modo da consentire l’igienizzazione della biomassa da
microrganismi patogeni o semi di infestanti.
§ - pH: 5,5 – 8, intervallo ideale per i microrganismi preposti alla degradazione.
Si possono ottenere due tipologie di compost in funzione della durata del processo di
compostaggio (grado di maturazione):
- il compost pronto che si ottiene in 3-4 mesi, dopo l’esaurimento della fase
termofila, e può essere utilizzato per orti, giardini e in pieno campo in presemina.
- il compost maturo, (5-6 mesi), di elevata stabilità, ma minore effetto concimante,
e trova utilizzo come ammendante in pieno campo, o come terriccio nel
florovivaismo.
61
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Per il trattamento delle acque di vegetazione tal quali sono stati proposti, di volta in
volta con esiti più o meno soddisfacenti, sia processi di tipo fisico e fisico-chimico che
filiere di natura biologica. Tra i primi, finalizzati soprattutto ad una riduzione drastica
dei volumi ovvero alla completa mineralizzazione (incenerimento) delle matrici da
smaltire, sono da annoverarsi i processi di concentrazione dei reflui attraverso
distillazione ed evaporazione, la filtrazione su membrana, la chiari-flocculazione e la
combustione. D’altra parte, sul fronte dei trattamenti biologici, il riferimento è ai
processi di depurazione sia aerobici che anaerobici. Le filiere di trattamento biologico
aerobico comprendono, a loro volta, i processi a fanghi attivi ed i filtri percolatori e si
basano sul principio della trasformazione dei composti contaminanti, disciolti nei
reflui o di natura colloidale, in elementi minerali non inquinanti e copiosa biomassa
microbica sedimentabile. I trattamenti di tipo ossidativo delle acque reflue
avvengono generalmente in reattori biologici aperti. I processi anaerobici sono invece
caratterizzati dalla trasformazione microbica dei reflui, in assenza di ossigeno
molecolare. In questo caso, le sostanze inquinanti di natura organica sono convertite
in una miscela combustibile, il biogas, costituita prevalentemente da metano ed
anidride carbonica, ovvero in sostanze volatili idrogenate (es. acidi grassi ed alcooli).
I processi anaerobici sin qui proposti per le acque di vegetazione vanno dal semplice
lagunaggio al trattamento in reattori tradizionali CSTR (Completely stirred tank
reactor) mediante co-digestione con matrici organiche meno refrattarie (es. fanghi di
depurazione), e ancora, dal conferimento in discarica al trattamento in speciali
tipologie di digestori a contatto, quali i reattori UASB (Up-flow anaerobic sludge
blanket) ed i filtri anaeobici. Sono stati pure proposti sistemi integrati di trattamento
basati sulla combinazione di uno stadio aerobico di biotrasformazione promossa
principalmente da eumiceti, finalizzato all’abbattimento della frazione polifenolica
delle acque di vegetazione, responsabile dei fenomeni di inibizione delle stesse cenosi
microbiche coinvolte nei processi depurativi, seguito da uno stadio di digestione
anaerobica.
Anche laddove i suddetti trattamenti hanno dimostrato di essere in grado di
abbattere il potere inquinante delle acque di vegetazione, all’atto pratico si sono
rivelati difficilmente sostenibili dal punto di vista economico per la quasi totalità dei
frantoi. E’ opportuno ricordare che la stagionalità dei flussi e le spiccate
62
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
caratteristiche di tossicità biologica rendono difficile la gestione del trattamento dei
reflui oleari presso i comuni impianti di depurazione delle acque urbane, sia nelle
sezioni di ossidazione totale che in quelle di stabilizzazione anaerobica dei fanghi.
D’altra parte, strutture così onerose, come quelle sopra ricordate, non possono
essere concepite per impieghi su base stagionale, condizione, questa, inadeguata
anche per la stessa funzionalità degli impianti.
La necessità quindi di mettere a disposizione di un’utenza diffusa, dotata di limitate
risorse finanziarie, sistemi di trattamento dei reflui oleari semplici, affidabili, flessibili
e di facile gestione, ha orientato, negli ultimi anni, l’indagine verso lo sfruttamento
dei processi biologici basati sulla stabilizzazione aerobica delle acque di vegetazione
in combinazione con residui ligno-cellulosici. La preventiva imbibizione dei reflui
oleari su matrici di supporto di natura vegetale, dotate di adeguate caratteristiche
fisico-meccaniche (i.e. porosità, struttura, tessitura e dimensione delle particelle),
consente di sottoporre le acque di vegetazione alle reazioni di bioossidazione in fase
solida, tipiche del compostaggio. Questo processo, attraverso la parziale
mineralizzazione ed umificazione del substrato di partenza, porta all’ottenimento di
un prodotto finale metastabile, privo di effetti fitotossici, destinabile, senza
controindicazioni, all’uso agricolo come ammendante organico.
Il compostaggio delle acque di vegetazione è stato considerato solo recentemente
come una pratica utile per umificare la sostanza organica in essa contenuta.
Considerato il suo stato liquido, durante il processo di compostaggio l’acqua di
vegetazione deve essere distribuita nel tempo su un substrato solido. Per la loro
matrice ligninocellulosica, in genere tutti gli scarti agricoli possono essere utilizzati.
In particolare, in esperienze effettuate in Italia e Spagna, sono stati utilizzati
prevalentemente paglia di grano, stocchi di mais e scarti di cotone addizionati con
fonti di azoto (urea, pollina, fanghi).
In una prima ricerca è stato utilizzato un prodotto come la paglia, ricco di composti
ligninocellulosici. Le reazioni termofile si sono sviluppate rapidamente dopo una
settimana, ottenendo a 60 giorni dall’inizio del trattamento una buona umificazione,
con i seguenti valori degli indici caratteristici:
- grado di umificazione 75,5%
- tasso di umificazione 37,8%
- indice di umificazione 0,32%.
In una seconda ricerca, sottoponendo a compostaggio una miscela costituita da
acque di vegetazione (34% in peso), sansa vergine (51%) e pollina (15%) si è avuta
63
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
una lunga fase mesofila dovuta alla lenta azione di decomposizione della sostanza
organica operata dai microrganismi. La temperatura della miscela ha subito un
leggero incremento rispetto alla temperatura di ambiente, portandosi alla
temperatura di 35 °C circa. Il processo, quindi, si è sviluppato prevalentemente per
azione di microrganismi mesofili e durante tutto il periodo di ossidazione, durato
circa 52 giorni, solo per un limitato intervallo di tempo, si è raggiunta la temperatura
di 40 °C. Dall’insieme dei risultati disponibili si evince che le acque di vegetazione, se
miscelate con substrati solidi ricchi di composti cellulosici e con un rapporto C/N
adeguato (25-30), possono facilmente umificarsi. Viceversa una miscela costituita da
sansa vergine e pollina presenta difficoltà di umificazione a meno che non vengano
eliminati i frammenti di nocciolo dalla sansa e si arricchisca la miscela con prodotti
cellulosici che favoriscano lo sviluppo di reazioni termofile.
Nell’ambito di un Progetto comunitario ("Bioremedation of olive-milI wastewater for
use as fertiliser"), inoltre, è stato realizzato un impianto pilota per il compostaggio
dei reflui di frantoio usando paglia di grano come matrice assorbente. Il
compostaggio è stato effettuato in pila statica ad aerazione forzata (dimensioni: 7,5
x 2,5 x 1,5 m). L'aria richiesta per il processo è stata fornita da una soffiante (12
m3/ora) collegata ad un sistema di tubi forati fissati sul pavimento dell'impianto. Un
opportuno sistema ha permesso di riportare sul cumulo le acque di drenaggio.
L'impianto è stato riempito con paglia di grano tritata (5-6 cm) addizionata con urea
commerciale (2%) per assicurare un corretto rapporto tra carbonio ed azoto (C/N =
35). La temperatura all'interno del cumulo è stata controllata tramite termistori
sistemati nei diversi strati della pila e collegati con un sistema di controllo in grado di
innescare la soffiante per valori di temperatura superiori ai 55 °C. La paglia è stata
bagnata con reflui di frantoio in rapporto 1:1 peso/volume. Ogni 3 giorni, al cumulo è
stata apportata la stessa quantità di refluo, prolungando così la fase termofila per 56 settimane. Ciò ha permesso di raggiungere tre importanti obiettivi:
-
eliminazione della fitotossicità;
-
degradazione della componente ligninica (70%);
-
notevole evaporazione della componente acquosa (20 dm3/100
kg
paglia/giorno).
Al termine della fase termofila il cumulo è stato rigirato e sottoposto alla fase di
maturazione. Dopo 140 giorni dall'inizio del processo il materiale è stato tritato,
analizzato e impiegato per sperimentazioni agrarie in serra ed in pieno campo. Il
64
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
processo non porta ovviamente ad un prodotto completamente umificato.
Comunque, per i fini agronomici, è importante apportare al terreno un materiale
privo di fitotossicità e in cui sia già avviato il processo di umificazione.
Compostaggio di concentrati di acque di vegetazione
Un'altra sperimentazione ha studiato il recupero della sostanza organica contenuta
nei fanghi, prodotti nella depurazione dei reflui oleari, attraverso un trattamento che
permetta di produrre degli ammendanti organici da reimpiegare per la fertilizzazione
delle aree di produzione attraverso un processo di compostaggio, in miscela con altre
sostanze (residui agricoli e zootecnici), in un ammendante organico .
Per lo svolgimento delle prove è stato utilizzato un prototipo di fermentatore della
capacità di circa 0,4 m3, nel quale sono state condotte le prove di compostaggio,
miscelando il concentrato ottenuto con processi di ultrafiltrazione e osmosi inversa,
con paglia ed integratori di azoto (solfato ammonico e pollina), per portare il
rapporto carbonio/azoto a valori prossimi a 35 .
Al fine di eseguire una valutazione comparativa con altri prodotti attualmente
commercializzati, sono state eseguite le analisi chimiche sui seguenti campioni:
- rapporto 4:1 con paglia arricchita con solfato ammonico (dopo 30 giorni di
fermentazione);
- campione "B", ottenuto dal compostaggio di concentrato di reflui oleari miscelato in
rapporto 10:1 con paglia e pollina;
- campione "C", ottenuto con un processo di stabilizzazione e disidratazione, in
essiccatore, di fanghi provenienti da un depuratore di reflui civili.
La curva della temperatura durante il processo di compostaggio del campione "A" ha
avuto un andamento a campana raggiungendo rapidamente la temperatura di 60 °C,
mantenendo tale livello termico per circa 15 giorni, per decrescere poi fino alla
temperatura di 30 °C dopo 30 giorni e continuare, quindi, la umificazione in campo
mesofilo. I valori delle proprietà chimiche generali dei tre campioni studiati risultano
entro "i limiti di accettabilità per il compost ai fini della tutela ambientale" per il
carbonio organico totale, l'azoto totale, il rapporto carbonio/azoto e il potassio totale.
Il contenuto di umidità dei campioni A e B risulta notevolmente più elevato del valore
limite massimo, mentre il fosforo totale del campione A si colloca al di sotto del limite
minimo accettabile e il valore del pH del campione B risulta leggermente superiore al
valore massimo di 8.5. I dati sperimentali indicano chiaramente che, pur essendo i
valori del carbonio organico totale al di sopra del limite minimo del 23% p.s. per tutti
i campioni, in quelli contraddistinti dalle sigle A e B il carbonio umificato risulta
65
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
nettamente prevalente rispetto alla componente non umificata, così come
chiaramente evidenziato dai valori del tasso di umificazione, mentre nel campione C
tali valori sono molto più bassi. L'indice di umificazione risulta poi, per i primi due
campioni, molto basso e prossimo allo 0, come tipicamente accade per il carbonio
organico naturale nel terreno, mentre per il campione C, il valore risulta elevato.Per
quanto riguarda poi il contenuto di alcuni metalli inquinanti e/o a rischio, nei tre
compost esaminati, appare evidente quanto segue:
-
per i primi due campioni, ottenuti con concentrati delle AV, i valori risultano al
di sotto dei limiti di tossicità previsti dalla normativa vigente (G.U. n.253 del
13/9/84 suppl. n. 52);
-
nei campioni A e B, molti elementi risultano assenti ovvero presenti a valori
molto bassi, lontani dai limiti indicati e quindi di limitato rilievo per quanto
riguarda i rischi di tossicità da accumulo nel tempo;
-
nel campione C, l'As risulta presente in quantità oltre il doppio del limite e
tutti gli altri metalli, ad eccezione del Be, sono presenti a valori piuttosto
elevati, molto al di sopra dei valori corrispondenti degli altri due campioni e
con rischio palese di tossicità da accumulo.
In conclusione, il compostaggio effettuato sui concentrati prodotti in impianti di
smaltimento delle acque reflue olearie, addizionato con solfato ammonico (A) ovvero
con pollina (B), produce un materiale organico:
-
di alto valore in elementi macro-nutritivi, nonostante i limiti per il contenuto
di P2O5 e l'alto tenore di umidità che, comunque, può essere abbassato con
accorgimenti di processo nel futuro;
-
di alta qualità agronomica per il contenuto in carbonio umico;
-
con rischio di tossicità attuale e da accumulo ben al di sotto dei limiti.
Invece, il prodotto ottenuto con la stabilizzazione e la disidratazione di fanghi civili,
pur presentando un buon contenuto di elementi macro-nutritivi, si qualifica di minore
qualità agronomica per il basso tenore in carbonio umico presente e l'elevato
contenuto di metalli a rischio di tossicità da accumulo.
Le prove eseguite hanno consentito di constatare che il concentrato dei reflui oleari
può
essere
agevolmente
umificato
in
reattori
statici
aerati,
purché
sia
opportunamente miscelato con altri sottoprodotti agricoli, vegetali e animali. Inoltre,
il confronto con altri prodotti presenti in commercio evidenzia che il compost ottenuto
da fanghi prodotti negli impianti di concentrazione delle acque reflue dei frantoi oleari
potrebbe rientrare nei limiti imposti dalla legislazione vigente e risultare competitivo,
66
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
dal punto di vista della qualità, nei confronti degli altri prodotti attualmente
commercializzati.
_ UTILIZZO DI COMPOST DI QUALITA’
Il compost proveniente da materie prime vegetali e/o in combinazione con altri
sottoprodotti costituisce un buon ammendante organico, molto utile ai fine del
recupero e conservazione della fertilità dei suoli agrari, sempre piu’ compromessa
per fenomeni di erosione e mancato reintegro di sostanza organica. Inoltre, l’impiego
di tale ammendante è favorito e richiesto nelle pratiche colturali dell’agricoltura
biologica. La legislazione comunitaria in materia di produzioni biologiche, infatti,
prevede che la fertilità e l’attività biologica del suolo debbano essere mantenute
mediante l’incorporazione di materiale organico, compostato o meno (Reg. CEE
2092/91 – Allegato II “Prodotti per la concimazione e l’ammendamento”).
Oltre che come ammendante organico vegetale, il compost di qualità puo’ trovare
impiego in diversi ambiti applicativi. Vediamo di seguito quali.
_ IMPIEGO NEL FLORO-VIVAISMO
Uno studio pubblicato sulla rivista Agricoltura e Ricerca (Russo, 2002) ha valutato
l’influenza dei reflui – somministrati a diverse concentrazioni - sull’accrescimento di
piantine di olivo e sulla terminabilità dei semenzali. Dai risultati ottenuti si è notato
che nessuna delle piantine d’olivo interessate alla prova (cultivar Ogliarola) ha
mostrato sintomi di sofferenza con l’uso di basse concentrazioni di refluo.
L’accrescimento delle piante non é stato alterato dai trattamenti con le stesse dosi.
Elementi di tossicità si sono riscontrati invece con i piu’ alti dosaggi (100%). Sui semi
delle tre cultivar d’olivo a confronto, i trattamenti con i reflui hanno dato risultati
diversi sia fra cultivar che nell’ambito dei trattamenti con concentrazioni diverse.
Da testimonianze dirette con vivaisti, inoltre, appare un vivo interesse da parte della
categorie verso tali substrati compostati, soprattutto per ragioni economiche, visti i
costi elevati necessari per l’acquisto della torba dal Nord Europa, la cui estrazione tra l’altro – causa nei Paesi di origine danni paesaggistici e ambientali.
_ IMPIEGO NELL’INDUSTRIA FARMACEUTICA
Estrazione dell’Idrossitirosolo
67
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
L’idrossitirosolo è una molecola contenuta nella “sentina” che nasconde grandi
potenzialità nelle applicazioni farmaceutiche, perchè antiossidante, anti-aggregante,
antinfiammatoria, ed altre potenzialità ancora da sperimentare. La sua presenza è
stata scoperta nelle acque di vegetazione.
Le acque di vegetazione contengono inoltre un gruppo di composti detti secoroidi,
derivati dall’ oleuroperina, in quantità che possono raggiungere sino a 5 g/l di AV. Gli
studi finalizzati allo studio dell’attività biologica di questi componenti - iniziata negli
anni ’80 – è proseguita con difficoltà a causa dell’elevata instabilità dei componenti in
esame che si degradano velocemente per via enzimatica. L’estrazione dei derivati
dell’oleuroperina richiede l’installazione di un impianto per la stabilizzazione – della
durata di qualche mese – e lo stoccaggio delle AV.
L’uso cosmetico risulta di piu’ facile applicazione perché basterebbe l’estratto grezzo
senza il ricorso a successive operazioni di raffinazione. I carotenoidi servono alla
stabilizzazione delle creme.
_ ESTRAZIONE DI COMPOSTI AD ALTO VALORE AGGIUNTO
Estrazione di sostanze fenoliche
La presenza di sostanze fenoliche può far considerare le acque di vegetazione delle
olive come una potenziale materia prima per la produzione di composti ad alto valore
aggiunto da utilizzare sia nel settore alimentare (antiossidanti, coloranti), sia nel
settore agrario (sostanze ad attività antimicrobica, bioinsetticidi, fitoregolatori). E' in
questo ambito che da alcuni anni vengono condotte ricerche miranti all’estrazione ed
alla purificazione dei vari composti fenolici presenti nelle acque di vegetazione ed alla
successiva caratterizzazione dell’attività biologica delle molecole isolate.
Le acque di vegetazione contengono elevate concentrazioni di sostanze fenoliche di
natura monomerica e polimerica (tra lo 0,6 % e l’1,6 %). Tale concentrazione
dipende dalla varietà e dallo stadio fenologico della drupa, nonché dalla procedura
utilizzata per l’estrazione dell’olio), la cui struttura chimica e la relativa attività
biologica è stata oggetto di accurato studio.
Attività biologica delle sostanze fenoliche
I composti fenolici presentano un ampio spettro di attività biologiche che vengono
influenzate dal numero e dalla natura dei gruppi sostituenti presenti sulla struttura
base. Così, ad esempio, i pigmenti fenolici, oltre a contribuire al colore ed all’odore di
fiori e frutti, influenzano l’attrazione degli insetti impollinatori e la dispersione dei
68
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
semi conseguente all’attrazione esercitata sugli animali erbivori. Molti composti
fenolici hanno un effetto significativo sui processi di crescita quando vengono
esogenamente forniti alla pianta in concentrazioni fisiologiche, anche se ciò non
significa necessariamente che le stesse sostanze endogene esercitino lo stesso ruolo.
E’ stato suggerito, inoltre, che alcuni composti fenolici possano avere un ruolo nel
processo di crescita della pianta agendo, ad esempio, da cofattori enzimatici:
l’inibizione dell’enzima acido indolacetico ossidasi ad opera di composti o-difenolici
ovvero la sua stimolazione ad opera di monofenoli suggerisce un’interazione tra
composti fenolici ed azione ormonale.
Ancora, numerosi dati sperimentali fanno ritenere che i composti fenolici svolgano un
ruolo importante nelle interazioni tra la pianta e l’ambiente circostante e che spesso
il loro significato debba, quindi, essere visto in relazione ad altri organismi presenti
nello stesso habitat. Ad esempio, è stato recentemente osservato che i flavonoidi
svolgono un ruolo importante nel processo di azotofissazione nelle piante superiori.
Infatti, i batteri appartenenti ai generi Rhizobium, Bradyrhizobium ed Azorhizobium
(chiamati collegialmente rhizobia) rispondono positivamente ad essudati degli
apparati radicali della pianta ospite, in particolare, i rizhobia mostrano una forte
specificità nei confronti di alcuni flavonoidi rilasciati dalle radici delle leguminose.
Diversi esperimenti, condotti in anni recenti, hanno dimostrato che un certo numero
di sostanze fenoliche, in particolare, chinoni, fenoli semplici, acidi fenolici, derivati
dell’acido cinnamico e flavonoidi, presentano un’attività allelopatica quando secreti
dai tessuti vegetali (CNR-MURST). Tale attività può esercitarsi sia sulla pianta che li
ha prodotti che su altre piante presenti nell’ambiente circostante. Sostanze quali
l’idrochinone e l’acido salicilico, presenti in forma legata nei tessuti vegetali, quando
vengono rilasciate da foglie e radici in forma libera nell’ambiente circostante possono
avere un effetto inibitorio sia sulla germinazione dei semi che sul processo di crescita
delle piante presenti nello stesso ambiente.
La presenza di sostanze fenoliche nel suolo può, inoltre, influenzare l’accumulo, la
disponibilità e la velocità di assorbimento di molti nutrienti minerali. Ad esempio, i
fenoli possono competere per i siti dell’assorbimento anionico su argille ed humus e
possono anche legarsi a forme solubili di alluminio, ferro e manganese, che altrimenti
si legherebbero al fosfato: in tal modo i fenoli aumentano la disponibilità del fosfato.
L’assorbimento minerale può essere influenzato dai fenoli anche tramite effetti sulla
funzionalità delle membrane delle cellule radicali, in quanto gli acidi fenolici sono in
69
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
grado di depolarizzare il campo elettrico transmembrana con conseguente inibizione
del trasporto attivo.
Da un punto di vista ecologico, diverse classi di sostanze fenoliche presentano
un’attività antimicrobica in grado di contrastare efficacemente infezioni fungine,
batteriche o virali. Uno dei primi esempi di inibizione delle spore di un patogeno
fungino ad opera di sostanze fenoliche preesistenti nell’ospite è quello osservato in
scaglie colorate di cipolla dove la presenza di catecolo ed acido protocatecuico inibiva
la germinazione delle spore di Colletotrichum circinans. Analogamente la resistenza
mostrata da alcune varietà di patata nei confronti di Phytophtora infestans,
Verticillium albo-atrum e Streptomyces scabies è riconducibile alla presenza di
adeguati livelli di acido clorogenico. Numerosi flavoni e flavanoni si sono rivelati
efficaci nel contrastare marciumi derivanti dalla presenza di Botrytis cinerea,
Rhizopus stolonifer, Aspergillus
spp. ed altri patogeni fungini comunemente
insorgenti nel corso della conservazione dei prodotti ortofrutticoli.
Infine, diverse classi di sostanze fenoliche si sono rivelate in grado di influenzare il
comportamento, lo sviluppo e la crescita di numerose specie di insetti. E’ probabile
che in alcuni casi questi composti vengano usati dagli insetti fitofagi per riconoscere
la pianta ospite, dal momento che spesso il pattern flavonoidico è tipico di una data
specie vegetale. Al contrario, esistono numerose ricerche che dimostrano che varie
sostanze fenoliche possono agire da deterrenti nutrizionali a concentrazioni
relativamente basse.
Numerose sostanze fenoliche manifestano effetti fisiologici positivi quando usate
nella dieta o come additivi. Tra questi effetti, appunto, vanno inserite le proprietà
antiossidanti di diverse classi di sostanze fenoliche, che consentono il loro utilizzo
come additivi alternativi agli antiossidanti sintetici. Queste sostanze hanno
manifestato un’attività antiossidante sia in sistemi acquosi, che in sistemi lipidici, ma
ciò nonostante non hanno ancora avuto una larga diffusione commerciale sia per
problemi connessi alla loro estrazione dalle matrici vegetali che per alcuni dubbi
persistenti circa la mutagenicita di alcune molecole. I flavonoidi rappresentano la
classe di antiossidanti naturali più numerosa ed in grado di esercitare la loro attività
benefica nei confronti di molte sostanze facilmente ossidabili, come l’acido ascorbico.
Il meccanismo protettivo dei flavonoidi, oltre che con le loro proprietà antiossidanti
sensu stricto e di scavengers di radicali liberi e di forme tossiche dell’ossigeno, si
basa anche sulla loro capacità di agire da chelanti dei metalli pesanti, in particolare il
ferro, e da inibitori della lipossigenasi. Si ritiene, inoltre che i flavonoidi, grazie alla
70
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
loro capacità di assorbire le radiazioni UV, siano in grado di prevenire la formazione
delle specie tossiche dell’ossigeno. Per quanto concerne i tannini sia quelli idrolizzabili
che le proantocianidine manifestano un’attività antiossidante. Si ritiene che l’attività
antiossidante di questi tannini sia da ricondursi principalmente alla loro capacità di
interagire con i radicali ossidrilici piuttosto che ad un’attività chelante nei confronti
dei metalli di transizione. Per l’acido ellagico, un prodotto dell’idrolisi dei tannini
idrolizzabili, esistono dati sperimentali che indicano una sua attività di scavenger di
forme tossiche dell’ossigeno generate da trattamenti con acqua ossigenata sia un
effetto protettivo sulla doppia elica del DNA nei confronti di danni derivanti da agenti
alchilanti. Attività e meccanismi analoghi a quelli descritti per flavonoidi e tannini,
sono stati riscontrati anche per acidi fenolici ed acidi cinnamici.
Da quanto detto si deduce che le proprietà antiossidanti di alcuni fenoli, dopo gli
opportuni accertamenti relativi alla sicurezza d’uso nei confronti del consumatore,
potrebbero fare ipotizzare un loro utilizzo nel settore alimentare come additivi chimici
alternativi al BHA (butil-idrossianisolo) ed al BHT (butil-idrossitoluene), la cui
innocuità é tuttora incerta. Nel settore agrario, invece esistono concrete possibilità di
utilizzo delle sostanze fenoliche come biopesticidi.
Sostanze fenoliche presenti nell’olivo e nelle acque di vegetazione
Nelle foglie e nelle drupe di Olea europaea L. (Oleraceae) sono state identificate
numerose sostanze di natura fenolica appartenenti alle varie classi di struttura nelle
quali vengono classificati i diversi composti fenolici presenti nelle piante. In
particolare, sono stati identificati: acido protocatecuico, acido caffeico, acido pcumarico, i flavonoidi catechina, apigenina, crisoeriolo, kempferolo, luteolina e
quercetina, gli antociani cianidina e peonidina, esculetina ed i fenoli di natura
polimerica, tannini e catecolmelanine. Tutte queste sostanze sono presenti in varia
misura anche nelle acque di vegetazione delle olive. Una sostanza di natura fenolica
tipica dell’ Olea europaea L., da cui prende il nome, è l’oleuropeina, un glucoside
amaro presente sia nelle drupe che nelle foglie, il quale è stato isolato anche in frutti
maturi e foglie di Ligustrum lucidum e L. japonicum. A questa sostanza vengono
riconosciute varie proprietà biologiche, in particolare un’attività antiossidante,
antiipertensiva, batteriostatica, dilatatrice delle coronarie, spasmolitica e
vasodilatatrice.
Normalmente nelle acque di vegetazione delle olive l’oleuropeina è quasi del tutto
assente, mentre si ritrovano alcuni prodotti di degradazione: acido elenolico,
71
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
idrossitirosolo e l’aglicone dell’oleuropeina. Oltre alle sostanze citate, nelle acque di
vegetazione si ritrovano catecolo, 4-metilcatecolo, tirosolo, e gli acidi pidrossibenzoico, vanillico, siringico e gallico, oltre ai vari flavonoidi e polimeri presenti
nelle drupe e nelle foglie. Da un punto di vista quantitativo, catecolo, 4metilcatecolo, tirosolo ed idrossitiroso rappresentano i principali costituenti delle
acque di vegetazione, dove raggiungono una concentrazione di 10-3 M.
Per questi ultimi composti sono state condotte ricerche miranti a mettere in evidenza
alcune proprietà biologiche. E’ stato così dimostrato che catecolo, 4-metilcatecolo ed
idrossitirosolo presentano un’attività battericida nei confronti Pseudomonas syringae
pv. s a v a s t a n o i , un batterio responsabile della rogna dell’ulivo, ai valori di
concentrazione determinati nelle acque di vegetazione. Gli stessi autori sconsigliano,
comunque, di effettuare trattamenti con il liquido grezzo per evitare fenomeni di
fitotossicità o di abscissione dei frutti, mentre consigliano di utilizzare piuttosto
dell’idrossitirosolo, dopo opportuna procedura di purificazione, in quanto questo
composto a differenza di catecolo e 4-metilcatecolo non presenta controindicazioni.
Altra potenziale applicazione della frazione fenolica delle acque di vegetazione deriva
della sue proprietà deterrenti nei confronti dell’ovoposizione della mosca dell’ulivo
(Bactrocera oleae), un’attività riconducibile soprattutto al catecolo ed, in misura
minore, al 4-metilcatecolo, mentre il tirosolo e l’idrossitirosolo si sono rivelati
inefficaci .
Queste prime indicazioni, unite ad altre informazioni ancora da approfondire e che
assegnano a queste sostanze proprietà antiossidanti, allelochimiche, antivirali ed
antifungine, oltre che antibatteriche, fanno supporre che sia possibile ipotizzare un
utilizzo delle sostanze fenoliche estratte dalle acque di vegetazione sia in campo
alimentare (coloranti, antiossidanti) sia nel settore agrario (biopesticidi,
fitoregolatori).
Altresi molto stimolante è la possibilità di ottenere chitosani dalle bioconversioni in
fase solida. Dette sostanze sono di un attuale forte interesse applicativo per
l'industria agroalimentare e farmaceutica come addensanti, cicatrizzanti, flocculanti
ed alcuni esempi dell' applicazione di chitosani si possono trovare anche nell'
alimentazione umana. Queste sostanze hanno dimostrato infatti una azione riduttiva
del peso corporeo, trigliceridi e colesterolemia a causa della capacità di interferire
con il metabolismo dei grassi. I chitosani, inoltre, sembrano avere effetti positivi su
alcune patologie di interesse oncologico e, persino odontoiatrico (riduzione della
formazione di carie per ridotta adesione dei microrganismi implicati). In campo
72
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
agronomico, i chitosani possono essere usati per l' elicitazione delle difese delle
piante da patogeni di tipo fungino, e per aumento della resistenza a virus. In campo
industriale sono utilizzati per produrre fibre e pellicole biodegradabili, come
rafforzanti della struttura di carte, agenti di controllo della viscosità (CNR-MURST).
Nell’acqua di vegetazione delle olive è contenuto un largo spettro di sostanze
fenoliche, molte delle quali (soprattutto gli o-difenoli) mostrano una spiccata attività
antiossidante. Uno studio condotto da ricercatori dell’Istituto Sperimentale per
l’Elaiotecnica in provincia di Pescara (Ranalli e Contento, 2002) ha valutato il potere
antiossidanti delle sostanze fenoliche contenute nelle acque di vegetazione delle
olive. I risultati hanno mostrato, in generale, che l’estratto fenoliche delle AV sembra
avere un marcato effetto antiossidante, superiore a quello degli antiossidanti
sintetici, al posto dei quali potrebbero essere impiegati, anche e soprattutto perché
costituiti da sostanze fenoliche naturali e non di sintesi. Se recuperati e riutilizzati,
quindi, i fenoli consentirebbero di compensare almeno in parte gli elevati costi di
produzione dell’olio, e di rendere questo prodotto piu’ competitivo sui mercati
internazionali. Il recupero dei fenoli, inoltre, consentirebbe un significativo
abbassamento dei valori di COD e BOD5 del refluo (Ranalli, 1991, Visioli et al., 1999).
_ IMPIEGHI AGRONOMICI
Prove di trattamento fogliare con AV effettuate presso il CRA di Rende (Cosenza)
hanno mostrato applicazioni interessanti nell’ambito della difesa fitoparassitaria. Si
sono infatti rilevati:
!
inibizione delle fasi iniziali di sviluppo della mosca dell’olivo;
!
riduzione del micelio nel caso della verticillosi
_ IMPEGHI NELL’INDUSTRIA ALIMENTARE
Recupero di fenoli tramite solventi organici a anidride carbonica. I fenoli, che sono
composti antiossidanti, possono trovare impiego nell’industria alimentare come
sostituti delle omonime sostanze di provenienza industriale e di sintesi. Una volta
estratti i fenoli, le acque cosi’ depurate possono essere riutilizzate al posto di quella
di rete, o all’interno del frantoio stesso e re-immesse nel ciclo lavorativo.
Altro impiego puo’ avvenire tramite il recupero di zuccheri dalle AV tramite
fermentazione alcolica e conseguente produzione di alcol etilico.
73
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Compostate con altre matrici, infine, le acque di vegetazione possono costituire un
substrato per la crescita e l’allevamento di funghi eduli di particolare pregio
(Pleurotus eryingii).
3.2.3
LA DEPURAZIONE DELLE ACQUE DI VEGETAZIONE
Considerate le caratteristiche e l’elevato carico inquinante del refluo, la depurazione
delle acque di vegetazione comporta piu’ stadi di trattamento. Esiste un gran numero
di processi di depurazione, tra cui i piu’ impiegati sono:
!
impianti a concentrazione termica
!
impianti fisici (ultrafiltrazione, filtrazione sottovuoto, osmosi inversa, etc.)
!
impianti biologici anaerobici e microbiologici
!
impianti chimico-fisici
Di seguito si riporta il caso di un impianto pilota per la depurazione della AV tramite
concentrazione termica.
IMPIANTO PILOTA DI DEPURAZIONE E CONCENTRAZIONE DELLE ACQUE DI
VEGETAZIONE DELLE OLIVE
L’impianto pilota di depurazione delle AV è stato realizzato attraverso la
collaborazione tra l’Istituto di Meccanica Agraria dell’Università di Bari (Prof.
Paolo Amirante) e la ditta Frilli di Poggibonsi ed è ubicato presso la Cooperativa
Oleicola di Casamassima (Bari). Il trattamento di basa sul principio di fornire energia
termica all’acqua in modo da favorirne l’evaporazione, con il risultato di produrre un
concentrato ad elevato contenuto di sostanza organica. La concentrazione con
distillazione è un processo di risanamento dei reflui che avviene in ambiente con
parziale grado di vuoto, per cui si opera a temperature di evaporazione dell’acqua
inferiori a 100° C. il concentrato prodotto è una pasta fangosa in cui sono contenute
la maggior parte delle sostanza solute o sospese, mentre il distillato viene
condensato e costituisce il refluo depurato. Tale sistema ha pero’ il limite
determinato dall’elevato costo del combustibile impiegato nell’evaporazione. Per tale
motivo si è cercato di ridurre sensibilmente la spesa dell’energia utilizzata per
l’evaporazione attraverso una distillazione frazionata delle AV, con il recupero del
calore derivante dall’effluente trattato (duplice effetto) e di utilizzare un’ apposita
74
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
caldaia che sfrutti il potere calorifico del refluo concentrato, consentendo cosi’ di
ottenere una sensibile riduzione del consumo di combustibile tradizionale. La
sperimentazione eseguita ha consentito di constatare che per una depurazione
ottimale occorre separare dall’acqua evaporata la frazione di sostanze piu’ volatili
(alcol etilico prevalentemente) presente nel refluo in seguito alla fermentazione degli
zuccheri. Il concentrato prodotto puo’ anche orientarsi al mercato mangimistico.
Inoltre la produzione di alcol etilico permette di abbassare i costi di gestione.
Considerato l’alto livello di frazionamento dei frantoi sul territorio, è consigliabile
orientarsi verso impianti di depurazione centralizzati attraverso l’installazione di
impianti consortili in piattaforme depurative, anche se su tale organizzazione gravano
i costi di trasporto del refluo.
La depurazione delle AV mediante depuratori biologici a fanghi attivi, a causa dell’alto
contenuto di sostanza organica e dei valori elevati di COD e BOD5 è possibile solo a
seguito di una forte diluizione del refluo con le acque di scarico urbane e richiede,
pertanto, un depuratore adeguatamente dimensionato. Gli altri sistemi di
depurazione proposti, come la concentrazione per evaporazione o per ultrafiltrazione
ed osmosi inversa risultano eccessivamente costosi, sia per l’investimento che per
l’esercizio; inoltre non risolvono il problema, poiché producono un concentrato
comunque da smaltire, con costi ulteriori.
Per la depurazione delle AV tramite estrazione della componente fenolica, è stato
brevettato un sistema che recupera la componente fenolica direttamente in frantoio
tramite un processo di cromatografia con uso di resine consente di abbattere il carico
inquinante dei reflui e la conseguente successiva depurazione nei normali impianti
urbani.
CONCLUSIONI
La filosofia di considerare i reflui oleari come "materia prima" seconda ha dato
origine a numerose ricerche volte alla utilizzazione e valorizzazione del refluo per vie
biologiche e chimiche, al fine di ottenere prodotti a medio o alto valore aggiunto e, al
contempo, l'abbattimento del potere inquinante. In questo capitolo, si è cercato di
fornire una visione quanto piu’ completa della gamma delle tecnologie attualmente
disponibili nel campo del trattamento, recupero e valorizzazione dei sottoprodotti
dell’industria olearia. Da quanto emerso, si evidenzia una notevole versatilità di tali
sottoprodotti a “trasformarsi” da mero residuo a risorsa e materia prima riutilizzabile
75
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
in diversi settori economici e produttivi. Ognuna di esse, infatti, trova applicazioni
pratiche in ambiti diversi a seconda delle matrici trattate, delle tecnologie adottate e
dei prodotti ottenibili. Vari sono i settori d’impiego: oltre al comparto agricolo, infatti,
le industrie potenzialmente interessate sono quelle mangimistiche, farmaceutiche,
cosmetiche, alimentari, floro-vivaistiche e il comparto energetico.
La scelta verso una tecnologia di trattamento piuttosto che un'altra dev’essere
dettata da un’analisi attenta sia delle tipologie di sottoprodotti disponibili in loco (a
livello sia di singola azienda che di comprensorio) che delle possibilità di impiego
presenti (sia diretto in azienda o agricoltura che altri eventuali mercati di sbocco).
Nelle Tabelle che seguono si riassumono le tipologie di trattamento attuabili per
tipologia di residui oleari.
! Sintesi alternative di trattamento e valorizzazione delle acque di vegetazione
TRATTAMENTO
VANTAGGI
CONSIDERAZIONI
DEPURAZIONE
Riduzione carico inquinante
FERTIRRIGAZIONE
Vantaggi agronomici e ambientali
Spesso costoso
Gestione
risulta
fanghi
di
Dev’essere controllata
Metodo economico
Tecnologia
COMPOSTAGGIO
Vantaggi agronomici (apporto di
sostanza organica stabilizzata)
Co-compostaggio
altre matrici
con
GREEN CHEMISTRY
Produzioni di composti ad alto
valore aggiunto (antiossidanti,
enzimi, biomasse microbiche)
Costoso, ancora poco
mercato
! Sintesi alternative di trattamento e valorizzazione delle sanse vergini e umide
TRATTAMENTO
SPANDIMENTO
DIGESTIONE
ANAEROBICA
COMBUSTIONE
VANTAGGI
Vantaggi
agronomici
CONSIDERAZIONI
(effetto
concimante)
Produzione di melme da
smaltire
Produzione biogas
(bassa)
elettrica
produzione
Dev’essere effettuato in
modo adeguato!
energia
Limiti emissioni inquinanti
Produzione di ceneri fertilizzanti
76
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Produzione energia pulita da
nocciolino
DENOCCIOLAMENTO
COMPOSTAGGIO
Risparmio
energetico
riutilizzato in azienda
se
Diversificazione
reddito
del
Prodotti a maggior valore
aggiunto
Utilizzo polpa industria mangimi
Meno conveniente in caso
di sanse umide
Produzione
ammendante
organico vegetale
Co-compostaggio
con
altre biomasse di scarto
Olivicoltura biologica
Compost di qualità
Riduzione costi di concimazione
Diversificazione
reddito
Consigliabile
comprensoriale
del
impianto
La scelta di un trattamento piuttosto che un altro dev’ essere valutata attentamente,
in funzione di parametri tecnici, economici e ambientali, tra i quali:
!
L’ubicazione del frantoio
!
La disponibilità di terreni agricoli nelle vicinanze con colture appropriate
!
Presenza di una “domanda” sufficiente a giustificare gli eventuali investimenti e
costi di gestione e a trovare ai prodotti giusta collocazione sul mercato
!
Presenza di consorzi di produttori interessati
!
Dimensione del frantoio e produzione di sottoprodotti
!
Livello d’integrazione dei frantoi su scala locale
!
Mercati di sbocco
!
Presenza nel territorio di altre attività agro-alimentari o zootecniche per
disponibilità matrici organiche da co-compostare
!
Leggi locali vigenti
77
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CAPITOLO IV - APPLICAZIONI PRATICHE
Dopo aver descritto le varie tipologie disponibili per il trattamento dei sottoprodotti
oleari liquidi e solidi, in questo capitolo si è cercato di fornire esempi che potessero
rappresentare strumenti utili sia per gli operatori specifici del settore (frantoiani,
olivicoltori), che per gli amministratori o i pianificatori locali. Per i primi si è scelto un
caso di impianto di compostaggio, innovativo sia per la tecnologia adottata che per la
partnership pubblico-privata costituitasi per realizzarla. Trattasi di un progetto LIFE
attuato in Campania, all’interno del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano,
territorio che – per sua stessa vocazione – è chiamato a promuovere e diffondere
pratiche di sviluppo sostenibile, sia dal punto di vista ambientale che socioeconomico. Come utile strumento di pianificazione per gli amministratori locali,
invece, si riporta il caso di un software applicativo – denominato ICARO - atto a
valutare la vulnerabilità dei suoli allo spandimento dei reflui, sviluppato presso
l’Università di Agraria di Pisa. Infine, per fornire un’analisi approfondita anche
dell’aspetto economico abbiamo riportato un’ analisi economica comparata tra
differenti alternative di smaltimento i recupero dei reflui oleari.
I questo modo si è cercato di indirizzare la selezione di “buone pratiche” verso
esperienze utili sia al mondo degli operatori di settore (olivicoltori, frantoiani, tecnici
di associazioni) che alle parti pubbliche responsabili della pianificazione.
4. 1 IL PROGETTO LIFE TIRSAV
Il Progetto LIFE TIRSAV (Tecnologie Innovative per il Riciclaggio delle Sanse e delle
Acque di Vegetazione) è stato finanziato al 30% dalla Commissione Europea
nell'ambito del programma LIFE Ambiente 2000. Il progetto nasce con l'intento di
realizzare e sperimentare una tecnologia innovativa capace di rispondere in modo
efficace ai problemi connessi allo smaltimento delle sanse e delle acque di
vegetazione, reflui dei frantoi oleari. Il progetto, infatti, è consistito nello sviluppare
un sistema pratico ed efficace che consentisse di ridurre drasticamente l'impatto
ambientale relativo allo smaltimento al suolo dei reflui del frantoio oleario, attraverso
la realizzazione di un impianto di riciclaggio delle sanse vergini e delle acque di
vegetazione per la produzione di ammendanti organici.
Il progetto è stato possibile grazie alla collaborazione tra Ente Parco Nazionale del
Cilento e Vallo di Diano, la Provincia di Salerno, la sezione Olivicoltura dell'ISAFoM
78
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CNR di Perugia, l'azienda Verdegiglio Macchine Agricole, l'Azienda Monacelli e la
Cooperativa Nuovo Cilento. Grazie all'attività di ricerca si è riusciti ad individuare un
processo tecnologico in grado di processare direttamente in frantoio i sottoprodotti
della lavorazione delle olive – sanse e acque di vegetazione - fornendo un prodotto
finale confezionato in sacchi a rete non percolante, non maleodorante, di facile
trasporto e stoccaggio in azienda, gestibile anche a livello comprensoriale. I risultati
della ricerca e la conseguente individuazione del processo tecnologico innovativo
sono capaci di rispondere alle diverse esigenze dell'utenza intervenendo
positivamente sulla drastica riduzione dell'impatto ambientale relativa allo
smaltimento al suolo dei reflui dell'industria olearia, nella produzione di un compost
ottimale ai fini agronomici e nel miglioramento dei risultati economici ed incremento
occupazionale all'interno della filiera olivicola. In conclusione, il sistema proposto
permette di prelevare dall'uliveto solamente la componente olio e di restituire al
terreno il resto delle sostanze organiche, rispettando il naturale turn-over dell'agroecosistema.
4.1.1 DESCRIZIONE DELLA TECNOLOGIA
Il metodo per il recupero agronomico dei reflui oleari messo a punto nell’ambito del
progetto prevede, nel caso di frantoi a “tre fasi” (che producono due reflui distinti:
sanse e acque di vegetazione) una ricombinazione degli stessi a monte del processo,
in modo tale che il refluo da trattare sia unico. L’azione del sistema innovativo
realizzato col progetto TIRSAV è espletata in linea col frantoio e si puo’ sintetizzare in
tre fasi successive, come schematizzato in Figura 6:
1. fase di denocciolamento
2. fase di miscelazione
3. fase di confezionamento
La FASE 1 di denocciolamento prevede un trattamento in grado di separare dal
refluo oleario, in uno stato caratterizzato da un basso contenuto di umidità (circa
25%), il nocciolino che, pertanto, risulta direttamente atto alla combustione. La
separazione del nocciolino in una fase preliminare del processo ne consente proficui
impieghi industriali alternativi, quali, ad esempio, come già indicato in precedenza, la
combustione diretta per produzione di calore, la trasformazione in bio-combustibile
per pirolisi, l'utilizzazione per la “sabbiatura” dei monumenti e delle fusoliere di aerei,
o come substrato per colture idroponiche, la produzione di materiale coibente o di
carbone attivo, altri impieghi per la produzione di energia e così via.
79
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Figura 6 – Fasi del processo tecnologico del progetto LIFE TIRSAV
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
Il refluo oleario denocciolato, ottenuto con la fase di denocciolamento, risulta
costituito dalla polpa e dalla buccia delle olive e dall'acqua di vegetazione; esso, nel
caso di frantoi a “due fasi”, presenta, in genere, un tasso di umidità compreso fra il
74 e il 76% circa, risultando,quindi, piuttosto fluido. Inoltre, come verificato
sperimentalmente, accanto ad un elevato tenore di acqua, presenta una
80
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
composizione articolata, dove il contenuto maggiore è rappresentato dalla sostanza
organica (costituita in prevalenza da grassi r e s i d u i , p e c t i n e , z u c c h e r i ,
emicellulose,cellulose, proteine, composti fenolici, sostanze volatili ed altro), stimata
intorno al 94% circa della sostanza secca; il resto risulta costituito dalle ceneri
(contenenti, in prevalenza, potassio, calcio e vari microelementi della nutrizione
vegetale, come magnesio, ferro, manganese, zinco, rame).
Foto – Produzione di nocciolino
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
Nella FASE 2 il refluo oleario denocciolato che scaturisce dalla prima fase del
processo, raccolto e movimentato in apposita vasca (Fig. 7) per evitare la
separazione fisica delle fasi presenti (liquida e solida), viene convogliato
automaticamente in un'ulteriore vasca, dove si attua la sua miscelazione con
particolari additivi atti a:
(a) ridurre l'umidità del refluo oleario vergine denocciolato per rendere il prodotto
finale non percolante;
(b) consentire una buona circolazione di aria nel prodotto finale;
(c) diminuire il rapporto carbonio/azoto del refluo oleario di partenza, al fine di
determinarne una più rapida degradazione microbica nel suolo e, soprattutto, per
ridurre al minimo la competizione nei confronti di colture agrarie, per l'azoto
presente nella soluzione circolante del terreno.
81
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
I tipi e le quantità di additivi da aggiungere al refluo oleario denocciolato dipendono
dalle specifiche esigenze di lavorazione, ad esempio dal tipo di sansa, in relazione
allo stato di umidità delle olive, dal frantoio (“due fasi” o “tre fasi”) e dal tipo di
prodotto finale che si vuole ottenere. Per quanto riguarda gli additivi con proprietà
(a), preferibilmente viene aggiunto materiale di origine organica che presenta un'alta
capacità di assorbire acqua, come, ad esempio, trucioli e segature provenienti da
legname naturale non trattato, paglia di graminacee, cascami di lana grezza e così
via. Per quanto riguarda gli additivi con proprietà (b), questi devono essere in forma
di materiale relativamente grossolano. Additivi di questo tipo preferiti sono paglia,
foglie e rametti di olivo, provenenti dalla pulizia dei frutti in frantoio realizzata a
monte del processo di estrazione dell’olio.
Figura 7 – Vasca di miscelazione del progetto LIFE TIRSAV
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
Per quanto riguarda gli additivi con proprietà (c), questi sono rappresentati
preferibilmente da materiali ricchi di azoto organico o da particolari concimi azotati
minerali atti, appunto, a produrre un arricchimento in azoto della miscela. Additivi
con proprietà (c), sulla base di quanto già sperimentato, sono rappresentati, ad
esempio, dai cascami di lana grezza o dalla lana grezza tal quale, di facile
reperimento a costi molto contenuti, che, accanto ad un contenuto in azoto organico
variabile fra il 6% ed il 4,5% circa, presentano anche un'elevata igroscopicità legata,
tra l'altro, al loro basso contenuto di umidità. I cascami di lana grezza e la lana tal
quale presentano un contenuto in sostanza organica pari al 76% circa sul peso fresco
82
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
ed il 9% circa sul peso fresco di ceneri (prevalentemente costituite da calcio e
potassio, mentre tra i microelementi spicca il ferro). Se viene impiegata tale tipologia
di additivo con proprietà (c), la miscela finale ottenuta si configura come un concime
organico. Come già indicato, l'arricchimento in azoto può essere ottenuto mediante
additivi azotati alternativi, come, ad esempio, particolari concimi minerali quali nitrati
di potassio o calcio, tipicamente più stabili rispetto ad altri esistenti sul mercato. In
questo caso, la miscela finale si configura come un concime organico-minerale. La
quantità di additivi con proprietà (c) da immettere nelle miscele può, naturalmente,
essere regolata in funzione del titolo finale in azoto che si vuole raggiungere.
F to – Fase di carico degli additivi
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
Durante la fase di miscelazione (Foto) è prevista la triturazione del materiale
presente nelle miscele; tale operazione serve a produrre uno sminuzzamento
grossolano degli additivi aggiunti (minimo 3-4 cm), in modo che la biomassa
presenti, alla fine del processo, una macroporosità interna capace di garantire
l'instaurarsi, in seno alla stessa, di fermentazioni aerobiche. Al termine del
trattamento, il refluo del frantoio oleario “additivato” (prodotto finale) deve risultare
parzialmente stabilizzato, non percolante, non maleodorante, con caratteristiche
chimico-fisiche assimilabili a quelle di un ammendante, di un concime organico od organico-
83
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
minerale, di facile stoccaggio anche a ridosso del frantoio e di agevole trasporto ed
impiego agronomico.
Foto – Impasto delle sanse con gli additivi
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
La FASE 3 consiste nel confezionamento automatico (Foto) del prodotto finale in
sacchi a rete chiusi automaticamente per favorirne il trasporto e lo stoccaggio; il
peso dei sacchi dovrà oscillare tra 20 e 30 kg per agevolarne la movimentazione.
Sulla
base
delle
ricerche
effettuate,
grazie
alle
specifiche
modalità
di
confezionamento sopra illustrate, lo stoccaggio del prodotto confezionato, effettuato
in pila stratificata statica prima e/o dopo il trasporto, consente alla miscela finale
ottenuta di subire una maturazione aerobica, operata da lieviti e batteri, che
contribuisce a migliorarne le caratteristiche chimico-fisiche, rendendo, peraltro, più
agevole e proficuo il suo successivo impiego agronomico come ammendante e/o
concime organico. Infatti, durante lo stoccaggio, si riduce il tenore di umidità della
biomassa, il che consente, all'atto dell'impiego, di ridurre l'entità delle masse
movimentate, con maggiore efficacia agronomica delle stesse causata dalla
concentrazione dei nutrienti occorsa.
84
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Foto – Sistema di insacchettamento
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
La conservazione in frantoio o in azienda del prodotto finale confezionato, dunque, se
effettuata in condizioni adeguate, attraverso un'opportuna stratificazione statica dei
sacchi (Foto), da effettuarsi all'aperto, al riparo da precipitazioni meteoriche per
evitare il dilavamento delle masse, si ribadisce che può essere prolungata senza
inconvenienti (produzione di cattivi odori), in attesa del momento migliore per il suo
impiego agronomico.
Il prodotto finale ottenuto rappresenta per i suoli un'importante fonte di sostanza
organica biodegradabile utile per conservare e migliorare la loro fertilità, a vantaggio
delle colture, ad iniziare dalla coltivazione dell'olivo. La sostanza organica determina,
infatti, una serie di azioni benefiche per il terreno tra le quali si possono segnalare:
!
un aumento della macro-porosità, che consente una maggiore ossigenazione del
profilo superficiale del terreno interessato dall'accrescimento radicale e
dall'attività microbica (franco di coltivazione);
!
un incremento della stabilità degli aggregati, importante per evitare sia
fenomeni di erosione sia di formazione di croste superficiali per l'azione
battente della pioggia; una migliore ritenzione idrica del terreno d o v u t a
all'aumento della micro-porosità dello stesso;
85
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
!
una maggiore bio-disponibilità di micro-elementi per la nutrizione vegetale,
azione ascrivibile alla ben nota capacità chelante e/o complessante della
frazione organica del suolo che, proprio in virtù delle sue caratteristiche
chimiche, tende ad impedire i processi di insolubilizzazione chimica a carico di
tali micro-elementi, fenomeni che, in genere, si v e r i f i c a n o n e i s u o l i c
a l c a r e i , estremamente diffusi in Italia;
!
contrastare il fenomeno di desertificazione dei suoli, che sta interessando
sempre più vaste zone in ambiente mediterraneo, laddove, peraltro, è
maggiormente diffusa l'olivicoltura e, di conseguenza, è più concentrata
l'attività dei frantoi.
Foto – Stoccaggio del prodotto in sacchi a rete traspiranti
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
4.1.2 APPLICAZIONI DEL COMPOST PRODOTTO
Nel corso dei tre anni di durata del progetto sono state impostate numerose prove
sperimentali che hanno visto la collaborazione scientifica di diverse Istituzioni di
Ricerca e la partecipazione di aziende agrarie private; alcune di esse, sia per la
86
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
complessità che in conseguenza della ridotta disponibilità di tempo prevista dal
progetto, si considerano conclusi solo parzialmente. I dati ottenuti, comunque,
forniscono, a nostro avviso, indicazioni significative sia rispetto alla validità delle
metodologie impiegate che del materiale testato.
L'attività realizzata dall’ISAFOM Cnr di Perugia - Sez. Olivicoltura è stata concepita
in modo tale da ottenere, nel periodo previsto dal progetto, quante più informazioni
possibili inerenti le qualità agronomiche dei substrati organici a base di reflui oleari
ottenibili dalla tecnologia innovativa denominata M.A.T.Re.F.O (Metodo ed Apparato
per il Trattamento dei Reflui dei Frantoi Oleari Brevetto Consiglio Nazionale delle
Ricerche Parco Nazionale del Cilento e Vallo del Diano, deposito n. RM2004A000084).
La prove sperimentali sono state finalizzati allo studio di diversi aspetti. Qui si
riportano quelle riferite ai seguenti filoni di indagine:
_ Sperimentazione
agronomica di pieno campo del substrato organico da reflui
oleari, con valutazione degli effetti quali-quantitativi sulla produzione delle
coltivazioni indagate valutando altresì l'impatto sul suolo;
_ Sperimentazione
agronomica in ambito vivaistico del substrato organico da reflui
oleari quale additivo al mezzo di coltura in vaso o fuori suolo;
_ Sperimentazione
sul recupero e riutilizzo del nocciolino ottenuto a monte del
trattamento dei reflui oleari con la tecnologia innovativa;
_ Studio
dell'effetto soppressivo del substrato da reflui oleari su nematodi galligeni
del genere meloidogyne.
SPERIMENTAZIONE SU OLIVETI
I prodotti della miscelazione derivanti dalla tecnologia M.A.T.Re.F.O. hanno trovato
come destinazione sperimentale prioritaria prove di reintegro nel suolo,
particolarmente in oliveti. La sperimentazione di campo, inizialmente avviata solo in
Umbria, nel corso del progetto è stata allargata ad altre importanti regioni olivicole
italiane (Sicilia e Calabria) presso aziende olivicole specializzate, particolarmente
attente all'introduzione di innovazioni tecnologiche nella gestione della propria
azienda. In particolare, in Umbria sono state coinvolte due aziende olivicole di
differente estensione e significative nel panorama olivicolo locale, l'Azienda
Casteldoglio, sita in località Doglio - Montecastello di Vibi, Perugia e l'Azienda
Agricola Faena, sita in località Spineta - Fratta Todina, Perugia. Gli oliveti interessati
87
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
dalla sperimentazione sono caratterizzati da piantagioni di media ed alta densità con
forma di allevamento a monocono, nei quali si pratica l'inerbimento permanente dei
suoli con restituzione integrale dei residui della potatura al suolo previa trinciatura e
sfalcio periodico dell'erba, lasciata in superficie come pacciamatura. Nella prima
azienda la potatura viene effettuata con sistemi meccanici agevolatori mentre nella
Azienda Faena viene praticata raccolta e potatura meccanica; in entrambi i casi si
pratica irrigazione localizzata (a goccia) mentre la concimazione organica ordinaria
annuale viene effettuata con urea nella quantità di circa 100 kg di N/ha. Specifici
trattamenti antiparassitari vengono effettuati per la difesa dalle principali avversità
dell'olivo (occhio di pavone, mosca dell’olivo).
Foto – Uno dei campi sperimentali
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
Lo spargimento delle miscele sperimentali è stato annualmente effettuato in
primavera, avendo cura di distribuire il materiale sotto chioma (Foto).
88
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Foto – Spargimento controllato dei reflui compostati
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
Successivamente allo spargimento, durante l'ordinaria operazione di falciatura
dell'erba, il materiale organico veniva uniformemente distribuito nell'oliveto (Foto ).
Foto – Distribuzione uniforme post- falciatura
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
I risultati delle sperimentazioni condotte sono di seguito sintetizzati:
!
incremento del contenuto di sostanza organica nei suoi trattati rispetto al
controllo concimato con urea. Anche se dalle indagini effettuate sui parametri
vegeto-produttivo delle piante non sono emerse sostanziali differenze rispetto
al controllo concimato con urea, l'aumento di sostanza organica riscontrato
89
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
nelle parcelle di riferimento rappresenta un indice valido di incremento di
fertilità residua del suolo che si riflette positivamente sulla nutrizione delle
piante nel lungo periodo, con particolare riferimento a colture arboree a ciclo
lungo come l’olivo;
!
l’indagine microbiologica ha mostrato poi una maggiore presenza di batteri
nitrificanti nei suoli trattati con le miscele sperimentali. I batteri Nitrificanti
sono considerati come bio-indicatori della buona qualità dei suoli, essendo
responsabili della mineralizzazione dell'azoto ammoniacale proveniente dalla
degradazione della sostanza organica del terreno e contribuendo, pertanto, ad
aumentare la disponibilità di azoto nitrico facilmente assimilabile dalle piante
!
per quanto riguarda gli effetti vegeto-produttivi – considerando anche il limitato
periodo di osservazioni – si rileva che le tesi trattate con le miscele sperimentali
mostrano una vigoria comparabile al controllo concimato con urea
4.1.3 IL RECUPERO DEL NOCCIOLINO
La tecnologia impiegata per il trattamento dei reflui oleari, come già descritto
precedentemente, prevede nella prima fase la separazione del nocciolino dal resto
della massa fluida. Il nocciolino, che viene così escluso dalle miscele sperimentali,
rappresenta un sottoprodotto dotato di un alto valore aggiunto essendo idoneo
all'utilizzo in molteplici applicazioni industriali. Alcune di queste sono già utilizzate,
quali la combustione diretta in caldaie per uso domestico ed industriale e l'impiego
per la levigatura delle fusoliere degli aerei, mentre altre sono ancora in fase di
sperimentazione, come la produzione di combustibile liquido, l'utilizzo nel processo di
sabbiatura dei monumenti, l'uso come substrato per colture idroponiche, l'impiego
come materiale coibente e la produzione di carbone attivo.
4.1.4 INNOVAZIONE E VANTAGGI
Il metodo di riciclaggio proposto, in grado di separare a monte del processo la parte
legnosa della sansa derivante dalla rottura dell'endocarpo (nocciolino) per proficui
alternativi impieghi industriali, consente di sfruttare pienamente a fini agronomici le
sanse vergini e le acque di vegetazione residue dal frantoio, evitando sia gli
inconvenienti associati al loro immediato e diretto spargimento in campo sia il
trattamento nei “sansifici”. Il problema dello smaltimento dei reflui oleari viene
dunque risolto alla base attraverso un processo di riciclaggio che, peraltro, applicato
90
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
su reflui oleari vergini appena prodotti, impedisce l'instaurarsi di fermentazioni
anaerobiche maleodoranti in seno alle masse.
Il recupero a fini agronomici dei sottoprodotti della lavorazione del frantoio
garantisce un reale ed immediato vantaggio per il frantoiano, che vede trasformarsi
un rifiuto da smaltire in risorsa. Il prodotto organico finale che si ottiene con la
metodologia innovativa ideata e sviluppata nell'ambito del progetto TIRSAV, come
sperimentalmente dimostrato, può trovare largo impiego quale substrato di crescita
per piantine in vivaio e per colture fuori suolo in sostituzione della torba o di altro
materiale organico-minerale (torba + perlite) nonché per la fertilizzazione di terreni,
in sostituzione dei concimi chimici di sintesi, eventualmente da parte dello stesso
olivicoltore. La tecnologia innovativa proposta di recupero a fini agronomici dei reflui
oleari consente, quindi, di rendere eco-compatibile l'intera filiera olivicolaolearia, in coincidenza con la produzione di olio extra-vergine e vergine di oliva,
contribuendo, allo stesso tempo, alla salvaguardia e/o al recupero della fertilità
organica dei suoli. Il metodo e l'apparato proposti, integrandosi con il ciclo di
lavorazione del frantoio, presentano, inoltre, un'elevata flessibilità d'applicazione,
essendo adattabili alle varie tipologie di frantoi a ciclo continuo esistenti sul mercato
mondiale, con particolare riferimento a quella definita a “due fasi”, producendo una
sansa vergine “additivata” (prodotto finale) atta a fungere da ammendante e/o
concime i terreni. Il carattere innovativo del progetto risiede quindi:
a ) in una integrazione del ciclo di lavorazione delle olive che permette il riutilizzo
totale di tutti i sottoprodotti della lavorazione;
b) nella produzione di un substrato organico di elevata qualità agronomica, per il
quale si può prevedere un utilizzo più razionale;
c) nella completa eliminazione dei problemi connessi allo smaltimento dei reflui.
Da non trascurare, infine, il potenziale risparmio energetico derivante dall'utilizzo
dell'impianto di trattamento, stimabile in una riduzione del 30% del consumo
determinato dal funzionamento dei sansifici e delle raffinerie.
Sotto il profilo del rapporto costi/benefici ambientali, l'impianto garantisce:
a) il completo riciclo dei sottoprodotti della lavorazione delle olive ed il conseguente
azzeramento dell'impatto ambientale legato allo smaltimento delle acque di
vegetazione e delle sanse vergini;
b) la restituzione di sostanza organica al terreno mediante l'utilizzo di fertilizzanti
di origine vegetale e dunque la diminuzione dell'inquinamento ambientale derivante
dallo spargimento di concimi chimici;
91
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
c) la riduzione dell'inquinamento ambientale derivante dalle emissioni in atmosfera
di sostanze tossiche durante la lavorazione delle sanse nei sansifici;
d) il ripristino del naturale contenuto di sostanza organica nei terreni agricoli;
e) l'aumento della capacità di ritenzione idrica del terreno trattato, atta a prevenirne
i rischi di erosione;
f) la riutilizzazione di sottoprodotti provenienti da altre lavorazioni (trucioli, segatura,
cascami di lana);
g) la riduzione dei consumi energetici riconducibili al ciclo di produzione dell'olio
d'oliva.
Foto – Distribuzione del substrato in oliveto
Fonte: Progetto LIFE TIRSAV
E’ bene segnalare che le miscele prodotte - arricchite da materiali di origine organica
ricchi di azoto - possono rappresentare un'alternativa all'impiego di concimi chimici di
sintesi, rientrando, peraltro, in pieno diritto tra i concimi organici impiegabili per
colture biologiche. Infatti, il prodotto finale che scaturisce dal processo innovativo,
data la natura certa delle componenti immesse in fase di miscelazione, potrebbe
agevolmente essere certificato dagli organi preposti per un suo impiego in agricoltura
biologica; verrebbe così a prefigurarsi la nascita di un mercato di tale sottoprodotto
92
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
capace di surrogare il letame o altri concimi organici richiesti dalle aziende
biologiche, caratterizzati, peraltro, o da scarsa reperibilità (nel caso del letame) o da
costi piuttosto elevati.
4.2 ICARO - Indicatore di Compatibilità Ambientale dei Reflui Oleari
La legge 574 del novembre 1996 che regola l’impiego dei reflui oleari sui terreni
agrari consente il loro sversamento previa comunicazione – accompagnata da una
relazione tecnica redatta da un professionista abilitato – da effettuare al Sindaco
competente almeno 30 giorni prima dell’effettiva distribuzione in campo (Bonari et
al., 2001). Gli strumenti a disposizione delle amministrazioni comunali per valutare la
liceità e l’opportunità dell’operazione richiesta sono pero’ limitati. Di conseguenza,
solo in rari casi si procede ad un’effettiva disamina dei casi, sui quali quindi quasi mai
viene espresso un giudizio. Allo scopo di rendere piu’ trasparenti ed oggettive le
scelte da assumere a questo riguardo, ma anche al fine di semplificare la
preparazione della documentazione necessaria da parte del richiedente, è stato
sviluppato un software applicativo che, attraverso una valutazione integrata dei
principali aspetti coinvolti, consente la formulazione di un giudizio di idoneità allo
sversamento dei reflui, proponendosi quindi come un vero e proprio sistema di
supporto alle decisione di pianificazione e sviluppo del territorio.
L’applicazione informatica denominata ICARO (Indicatore di Compatibilità Ambientale
dei Reflui Oleari) è stato sviluppato da ricercatori dell’Università di Pisa nell’ambito
del Programma Nazionale di Ricerca CNR-MIUR “Riciclo dei Reflui del Sistema AgroIndustriale” e applicato nel comune di Ferrandina, in provincia di Matera (Celano et
al., 2005). Il software ICARO fornisce una stima del rischio agro-ambientale
attribuibile alla specifica ipotesi di spandimento dei reflui oleari sul terreno agrario
mediante il calcolo di un indicatore sintetico derivante dall’aggregazione ponderata di
variabili legate sia alle caratteristiche quanti-qualitative delle acque di vegetazione,
sia alle condizioni agronomiche, climatiche, podologiche e topografiche degli
appezzamenti destinati a riceverle. Le variabili utilizzate per operare una valutazione
del rischio agro-ambientale associato allo sversamento in campo dei reflui oleari sono
state raggruppate in cinque moduli diversi:
1. Refluo
2. Falda
3. Corpi Idrici
4. Coltura
93
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
5. Suolo
Come schematizzato in Tabella
MODULO
VARIABILE
PESO (%)
Refluo
Dose (m3/ha); tempo trascorso dall’ultimo
sversamento; solidi sospesi, pH, SAR,
conducibilità elettrica
Falda
Velocità di saturazione,
conducibilità idrica satura
Corpi idrici
Erosività delle piogge, fattore morfologico,
erodibilità del suolo, fattore di copertura,
distanza da corpi idrici, pratiche conservative
Coltura
Epoca sversamento, tipo di coltura, stadio
fenologico
10
Suolo
Temperatura media del mese di spandimento,
macroporosità, salinità, pH, distanza dalla
captazione di acque potabili, distanza da centri
abitati
20
distanza
25
pozzi,
15
30
Fonte: Celano et al., 2005
Per ciascuno di essi sono stati fissati dei valori soglia necessari per l’individuazione
dei rispettivi valori di rischio. Per chiarire il livello di complessità raggiunto dal
sistema, elenchiamo le variabili di input del software ICARO:
_ dose (da impianti centrifughi e tradizionali)
_ pH del refluo
_ SAR (Solid Adsorption Ratio)
_ Conducibilità elettrica
_ Velocità di saturazione
_ Conducibilità satura
_ Distanza pozzi
_ Erosività delle piogge
_ Fattore morfologico (pendenza e lunghezza)
_ Erodibilità del suolo
_ Fattore di copertura
94
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
_ Distanza dai corpi idrici
_ Adozione di pratiche conservative
_ Fattore di vulnerabilità delle colture
_ Temperatura media del mese di sversamento
_ Macroporosità del terreno
_ Salinità del terreno
_ pH del terreno
_ ESO (Exchangeable Sodium Percentage)
_ Distanza da aree di captazione acque potabili
_ Distanza da centri abitati
Nel programma ICARO i cinque moduli, che considerano variabili legate sia alle
caratteristiche quanti-qualitative delle acque di vegetazione, sia alle condizioni
agronomiche, climatiche, podologiche e topografiche degli appezzamenti destinati a
riceverli, sono aggregati con differente peso a determinare l’indicatore finale.
Applicazione di ICARO a livello comunale
Presso l’Università della Basilicata, in collaborazione con l’Università di Pisa, è stata
realizzata l’applicazione del software ICARO a livello comunale (scale-up), al fine di
una restituzione cartografica del livello di rischio agroambientale associato allo
spandimento dei reflui oleari sui terreni adibiti a usi agricoli. Il comune oggetto dello
studio è stato quello di Ferrandina, in provincia di Matera. La fase dello studio ha
previsto l’acquisizione del materiale cartografico esistente, la digitalizzazione di
quello presente solo su supporto cartaceo e l’elaborazione di nuove mappe
tematiche. Con l’ausilio del programma Arcview sono stati realizzati i differenti strati
informativi relativi alle variabili coinvolte nella determinazione dell’indicatore di
compatibilità agroambientale: copertura del suolo, pedologia, altimetria, morfologia,
etc. La sovrapposizione di tutti gli strati tematici ha permesso di avere una visione
complessiva e allo stesso tempo dettagliata del territorio preso in esame, garantendo
l’immediata visualizzazione e conoscenza degli elementi presenti. Si è poi proceduto
a individuare le aree in cui non è permesso lo spandimento dei reflui, cioè le aree
vincolate. A tal fine, sono stati considerati aspetti e vincoli sia di tipo normativo che
ambientale:
-
aree a distanza inferiore ai 200 m da centri abitati;
95
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
-
aree boschive e arbustive;
-
aree con falda superficiale (> 10 m)
-
aree investite con colture orticole
-
aree sature d’acqua
-
aree calanchive
Sulle rimanenti aree non vincolate è stata realizzata la valutazione del rischio
agroambientale secondo i criteri proposti dal software Icaro. La valutazione del
rischio agroambientale è stata effettuata ponendo a confronto die diverse tipologie di
impianto: quella “moderna” (estrazione centrifuga o di tipo continuo) e quella
“tradizionale” (estrazione con presse o di tipo discontinuo). A fronte di una superficie
comunale di circa 21.600 ha è stata individuata un’area vincolata di 10.500 ha. Ne
deriva che 11.100 ha restano a disposizione per gestire l’intera produzione di acuqe
di vegetazione. Tale superficie è ripartita tra le due colture prevalenti sul territorio:
l’olivo (1.000 ha) e i seminativi (9.100 ha). Dall’analisi delle elaborazioni realizzate
con ArcView GIS è emerso come per la coltura dell’olivo si ottenga un livello di
rischio ambientale sempre elevato nel caso di uno spandimento effettuato in febbraio
(usuale epoca di sversamento). Tale condizione non cambia sia che si ipotizzi il
ricordo a impianti continui che discontinui. L’ipotesi di spargimento dei reflui da
impianto di tipo continuo coinvolge 4.900 ha a elevato rischio agroambientale contro
5.200 ha classificabili a rischio medio. Invece, simulando l’impiego di reflui da
impianti tradizionali (discontinui) il livello di rischio di considera elevato per quasi
5.650 ha e medio per 4.500 ha. L’incremento (700 ha) della classe a rischiosità
elevata è risultato essenzialmente a carico delle aree investite a cereali. Nel comune
in oggetto sono state molite circa 5.650 t/anno di olive (Agecontrol, 2002-2003) con
una produzione stimabile di acuqe di vegetazione oscillante tra 2.825 m3 nell’ipotesi
di totale estrazione con impianti a pressa, e di 5.750 m3 nel caso di separazione con
centrifuga. Considerando tali quantità, la superficie minima necessaria allo
spandimento dei reflui ottenuti oscillerebbe tra 56.5 e 70.63 ha per anno, grandezze
piu’ che compatibili con la disponibilità comunale di aree classificate a media
rischiosità. La compatibilità fra la produzione di reflui e l’ampiezza delle superfici del
comprensorio potrebbe essere ulteriormente incrementata nell’ipotesi di turnare le
aree annualmente interessate alla distribuzione delle acque di vegetazione.
Un tale databse geografico, se continuamente aggiornato, dopo un’eventuale
integrazione con lo strato catastale, puo’ presentare notevoli risvolti applicativi, quali
la possibilità di programmare gli spandimenti e ricostruirne la storia, velocizzare le
96
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
procedure di autorizzazione e di controllo, rendendo piu’ semplice da parte delle
Regioni la redazione di un piano di spandimento cosi’ come previsto dall’attuale
normativa (articolo 7, legge 574/96). Un piano di spandimento non puo’ prescindere
da un supporto cartografico che indichi le aree piu’ o meno suscettibili
all’inquinamento derivante dalla distribuzione delle acque di vegetazione.
Il sistema proposto puo’ dunque costituire uno strumento utile a disposizione di
Pubbiche Amministrazioni o Associazioni di categoria quale sistema di supporto alle
decisioni per una piu’ corretta pianificazione della distribuzione della acque di
vegetazione sui campi coltivati, nel rispetto dell’ambiente e dell’esercizio dell’attività
agricola.
4.3 ANALISI ECONOMICA COMPARATA
La valutazione economica delle differenti alternative di smaltimento o recupero dei
reflui
dell’industria
frantoiana
si
presenta
complessa,
poiché
investe
contemporaneamente aspetti giuridici, economici, tecnico-scientifici, sociali e
territoriali. Per valutare da un punto di vista privatistico i costi ed i benefici connessi
alle tecniche attualmente utilizzate per lo smaltimento dei reflui oleari è necessario
studiare e definire i processi tecnologici e i relativi coefficienti tecnici nonché le
modalità organizzative secondo le quali tali reflui vengono smaltiti. Poiché in Italia
l’attuale normativa permette entro certi limiti la distribuzione in campo delle acque
di vegetazione o delle sanse umide, e questa modalità di smaltimento è quella
utilizzata dalla quasi totalità delle imprese, sono stati analizzati gli aspetti tecnici ed
economici delle diverse soluzioni utilizzate per lo spargimento sul terreno agrario
delle acque di vegetazione e delle sanse umide, stimando i costi di quelle più
diffusamente adottate. I costi sono stati distinti in:
!
costi variabili (il noleggio del mezzo di trasporto, il lavoro, il costo dei servizi
c/terzi, i consumi di lubrificante, carburante, pneumatici) e in
!
costi fissi relativi all’ammortamento dei mezzi, alla manutenzione e
all’assicurazione.
Le indagini effettuate hanno permesso di verificare che le acque di vegetazione sono
distribuite su fondi che distano mediamente dal frantoio tra i 5 e 10 Km, investiti a
colture arboree e, in particolar modo, a olivo, vite e mandorlo. Non sono stati
97
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
considerati i costi relativi agli impianti di stoccaggio in quanto ritenuti
sostanzialmente identici nelle diverse alternative e quindi irrilevanti per una
valutazione comparativa. Il trasporto e la distribuzione sono realizzati mediante
generici carri botte trainati da trattrici, di proprietà dell’azienda o della cooperativa di
trasformazione.
La stima dei costi (Tabella 16) è stata effettuata attraverso l’individuazione di alcuni
parametri tecnici: i tempi di manovra, di carico, di uscita dal frantoio, di trasporto e
di scarico e la capacità media del mezzo. La distanza media tra il frantoio e il fondo
per lo spandimento è stato considerata pari a 7 km, mentre la durata media della
campagna di lavorazione è stata considerata pari a 90 giorni per 8 ore di lavoro
giornaliere.
Tabella 16 - Stima del costo di distribuzione dei reflui oleari su terreno agrario (! al m3)
ACQUE DI VEGETAZIONE
mezzi
propri
mezzi di
terzi
SANSE UMIDE
mezzi
propri
COSTI VARIABILI
noleggio mezzo di trasporto
5,16
consumi vari
1,16
0,34
lavoro
1,71
0,86
servizi c/terzi
5,16
COSTI FISSI
trattrice
ammortamento
0,21
0,21
Manutenzione-assicurazione
0,09
0,09
carrobotte
ammortamento
0,13
manutenzione
0,03
spandiletame
ammortamento
0,16
manutenzione
0,03
TOTALE
3,34
5,16
6,86
Fonte: Ferri
98
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Nel caso specifico dello spandimento delle AV, sono stati presi in considerazione
l’utilizzo del carrobotte trainato da una trattrice, entrambi di proprietà del frantoio,
con una capacità media di 5m3, con tempi di spandimento e trasporto pari a circa 55
minuti e, in alternativa, l’impiego di un autobotte c/terzi, con una capacità di circa
15m3. Per quanto riguarda lo smaltimento delle sanse umide, per il trasporto viene
utilizzato un autocarro con una capacità media di 10 m3, che viene noleggiato per
tutta la durata della campagna olearia. Per le operazioni di spandimento in campo
della sanse è impiegato, invece, uno spandiletame trainato da una trattrice. I risultati
ottenuti sono stati utilizzati per ricostruire un quadro completo del costi di
trasformazione delle olive con le differenti tecnologie attualmente disponibili tenendo
nella debita considerazione anche gli elementi di costo derivanti dalla gestione dei
reflui. Si è così pervenuti alla definizione dei costi di trasformazione delle olive e di
gestione dei reflui delle due più moderne filiere tecnologiche (Tabella 17).
Quest’analisi ha mostrato una sostanziale uguaglianza, almeno in termini di costi
privati, tra le due soluzioni tecnologiche valutate (sistemi a tre fasi e sistemi a due
fasi).
Tabella 17 - Stima del costo totale di trasformazione olive in olio (!/qle olive lavorate)
SISTEMA
SISTEMA
3 FASI
2 FASI
Ammortamento
1,03
1,03
Manutenzione
0,23
0,23
Manodopera
0,46
0,46
Energia elettrica
0,32
0,26
Combustibile per riscaldamento acqua
0,25
0,12
Acqua di rete
0,25
0,03
Totale
2,55
2,14
Distribuzione acque di vegetazione
0,33
COSTI
Costi di impianto
Manodopera materiali di consumo
Distribuzione sanse umide
Costo di trasformazione
0,54
2,88
2,68
99
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
I dati riportati in Tabella 17 mostrano che con il sistema a due fasi la riduzione dei
costi derivante dai risparmi di acqua, energia elettrica e di combustibile viene
compensata dai più elevati costi di smaltimento delle sanse umide, almeno con la
tecnologia attualmente utilizzata.
I risultati della valutazione comparativa tra le due filiere tecnologiche mutano se si
considerano anche i ricavi derivanti dalla vendita dei sottoprodotti: le sanse, nel caso
dei sistemi a tre fasi, e il nocciolino, per quelli a due fasi. In questo caso, come
mostrato in Tabella 18, con la completa valorizzazione dei sottoprodotti il sistema di
estrazione a due fasi risulta essere più conveniente rispetto al processo continuo a
tre fasi.
Tabella 18 - Stima del costo totale di trasformazione
Costo di trasformazione
SISTEMA
3 FASI
2,88
Valore netto nocciolino
Vendita sanse
COSTO TOTALE
SISTEMA
2 FASI
2,82
-0,89
-0,52
2,36
1,93
Nei frantoi oleari, recentemente accanto al problema dello smaltimento delle acque di
vegetazione, si comincia ad avvertire la necessità di trovare soluzioni alternative
anche per una migliore valorizzazione delle sanse. Queste possono, infatti, essere
utilizzate come biomasse per la preparazione di compost di qualità. Negli anni recenti
la produzione di compost di qualità ha assunto una crescente importanza attestata
sia dall’ incremento nel numero di impianti che dei quantitativi prodotti. Il mercato
dei compost è quindi in una fase di evoluzione e sviluppo anche a causa della
flessibilità nella utilizzazione di questi prodotti in diversi ambiti applicativi.
Un ulteriore elemento di crescita è legato all’impiego di tale prodotto nell’agricoltura
biologica, un comparto in forte espansione. Si è ritenuto, quindi, di grande interesse
cominciare a valutare la convenienza economica della trasformazione delle sanse
vergini in compost di qualità. Un aspetto di grande influenza nella valutazione della
convenienza economica del processo di trasformazione è quello della scelta delle
matrici da compostare e delle tecnologie da impiegare. In questa ricerca si è ritenuto
100
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
opportuno focalizzare l’analisi su alcune matrici che sono state oggetto delle
sperimentazioni da parte di altre unità operative nell’ambito dello stesso progetto. Il
dimensionamento dei cumuli e del piazzale è stato determinato partendo dalla
dimensione media dei frantoi e utilizzando i coefficienti tecnici forniti da altre unità
operative. Si è giunti, così, a formulare tre ipotesi di matrici costituite da:
A)
350q di sansa + 50q di pollina liquida + 30q di paglia;
B)
350q di sansa + 50q di stallatico equino;
C)
350q di sansa + 46q di residui ortofrutticoli e di potatura.
In Tabella 19 sono riassunti i risultati dell’analisi economica relativa alle tre diverse
matrici impiegate nel compostaggio.
Tabella 19 - Costi, ricavi ed utili dell’attività di compostaggio per le diverse matrici
COSTI
A
B
C
Costi fissi
4.515
4.515
4.515
Costi variabili
7.188
6.862
6.380
Pollina liquida
105
Paglia
1.327
Stallatico equino
1.106
Residui potatura
Manodopera
171
5.084
5.084
Trinciatura
5.208
328
Energia
443
443
443
Spese varie
229
229
229
19.921
19.921
19.921
8.218
8.544
9.026
3,84
3,99
4,21
Ricavi
Utile
Utile per q.le di compost
101
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
Da queste prime valutazioni, il processo di trasformazione delle sanse in compost
risulta economicamente conveniente, anche se con margini di profitto contenuti e
diversificati a seconda dei materiali di partenza miscelati con le sanse.
Lo studio realizzato ha anche evidenziato che i vincoli maggiori all’adozione di questa
pratica da parte delle imprese derivano sia dalla localizzazione urbana o periurbana
di molti impianti di molitura, che rende difficile il reperimento degli spazi necessari,
che dalle difficoltà di carattere organizzativo che l’attività di compostaggio
comporterebbe nelle gestione dei frantoi. Tale soluzione appare, invece, più
perseguibile, sia da un punto di vista economico, che gestionale ed organizzativo,
mediante la realizzazione di apposite imprese specializzate, anche a carattere
consortile, che potrebbero trasformare i reflui prodotti da un certo numero di frantoi.
Questa soluzione potrebbe contribuire ad una più vasta riorganizzazione della filiera
di produzione dell’olio finalizzata alla realizzazione di un sistema produttivo integrato
che si completerebbe con la riutilizzazione e valorizzazione di tutti i sottoprodotti. Ciò
consentirebbe di conseguire un duplice vantaggio: un minore impatto ambientale
dell’attività di trasformazione delle olive in olio, e maggiori ricavi derivanti dalla più
razionale utilizzazione dei sottoprodotti.
102
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI
La tematica legata alla gestione dei sottoprodotti dell’industria olearia è di notevole
criticità, sia per le sue implicazioni tecniche che ambientali. Le elevate produzioni
nazionali, la breve durata del periodo in cui vengono prodotti e la tempestività degli
interventi richiesti per il loro smaltimento rendono lo smaltimento dei residui oleari
un impegno oneroso per gli operatori olivicoli. L’elevato carico organico dei residui
prodotti, inoltre, rappresenta un elemento di criticità rispetto ai possibili impatti che
la loro immissione incontrollata puo’ causare sui vari comparti ambientali, nonché sui
delicati equilibri degli ecosistemi ricettori. A queste difficoltà si è cercato, tra l’altro,
di sopperire con l’emanazione di norme che consentissero l’utilizzo controllato dei
reflui tal quali (sia solidi che liquidi) tramite spandimento su terreni a fini agronomici.
Tale pratica, se ha consentito da un lato una gestione dei reflui oleari piu’ serena e
agevolata da parte degli operatori del settore, presenta dall’ altro una serie di aspetti
ancora da verificare e condizioni esecutive di non sempre facile attuazione. Per
esempio, i pareri riscontrati in letteratura circa l’effettiva tossicità dei reflui e il reale
valore agronomico dello spandimento risultano contrastanti. Le condizioni operative
tipiche della stagione (elevata piovosità, terreni poco accessibili) e le dotazioni
meccaniche di molte realtà aziendali, inoltre, non sempre consentono di effettuare la
fertirrigazione nel rispetto delle prescrizioni previste dalla legge. La stagionalità della
produzione e l’elevata frammentazione dell’attività produttiva costituiscono poi
ulteriori aggravanti. Il comparto dell’industria estrattiva, infatti, è ancora in gran
parte costituito da impianti di modeste dimensioni, talvolta localizzati in strutture
prossime o addirittura all’interno di centri abitati, per cui non vengono
armonicamente coniugati i criteri dell’efficienza produttiva con quella di una gestione
economica e sostenibile degli impianti di trasformazione. Inoltre, la crescente
produzione di sanse umide in seguito alla diffusione di tecnologie estrattive a due fasi
e a risparmio d’acqua, pone ulteriori oneri e difficoltà gestionali.
Questi ed altri fattori fanno si che la gestione dei residui oleari venga vista
nell’ottica di uno smaltimento dei rifiuti da effettuare nel modo piu’ veloce ed
economico possibile. Se considerati invece come risorse e non come rifiuti, come
materia prima e non come residuo, i sottoprodotti dell’ attività olearia possono offrire
molteplici opportunità di re-impiego e aprire prospettive interessanti sia dal punto di
vista agro-ambientale che economico e produttivo. L’obbiettivo di questo studio è
stato proprio quello di “fotografare” la gamma di tecnologie innovative attualmente
103
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
disponibili nel campo del trattamento, del recupero e della valorizzazione sia della
componente solida che liquida delle sostanze in esame.
Per la componente liquida (le acque di vegetazione) – quella piu’ largamente
studiata – oltre al corretto impiego agronomico, esistono interessanti applicazioni nel
campo farmaceutico e cosmetico, e in quello piu’ vasto di quella che con termine
anglosassone viene chiamata “green chemistry” (chimica verde): l’ottenimento, per
esempio, di coloranti e antiossidanti impiegabili nell’industria alimentare, cosmetica e
farmaceutica, o di composti impiegabili per allungare la shelf-life di alcuni prodotti,
tra cui l’olio d’oliva. Inoltre, si prospetta l’utilizzo delle frazioni fenoliche quali
antiossidanti, sostitutivi di quelli sintetici usati nell’industria alimentare. Altra
applicazione ad alto valore aggiunto riguarda la produzione di biomasse quale
materia prima per l’estrazione di enzimi e di composti ad elevata attività biologica
per l’industria farmaceutica e cosmetica, o l’ impiego di biomasse miceliali per
l’assorbimento selettivo di metalli pesanti. Queste tecnologie, tuttavia, comportano
spesso un impegno finanziario eccessivo per le strutture di trasformazione mediopiccole - frequenti nell’Italia centro-meridionale – che dovrebbero dotarsi di impianti
appositi, o conferire i reflui alle ditte interessate. Per queste realtà, appare preferibile
l’impiego agronomico tramite fertirrigazione, eseguita pero’ in modo corretto e
responsabile. Come mostrano i numerosi studi e sperimentazioni riportate in questo
studio, infatti, tali sostanze possono risultare molto utili ai fini produttivi. Un loro uso
scorretto, tuttavia, comporterebbe rischi ambientali che non farebbe che penalizzare
nel lungo termine gli interessi dei coltivatori stessi. Uno studio accurato delle
caratteristiche ambientali del terreno ricevente, oltre che il rispetto di dosi adeguate
e delle procedure previste dalla legge, fanno della fertirrigazione un’ alternativa ecocompatibile ed economica alla fertilizzazione di sintesi. Oltre all’utilizzo agronomico
tramite spandimento, le acque di vegetazione possono essere sottoposte a diverse
tipologie di trattamento volte alla loro depurazione e riduzione del carico inquinante:
filtrazione, separazione su membrana, trattamento a fanghi attivi, trattamento
anaerobico, precipitazione, flocculazione, incenerimento e distillazione/evaporazione.
Tutte queste tecniche, tuttavia, risultano spesso di difficile applicazione pratica su
scala aziendale, vuoi per i costi eccessivi degli impianti necessari, vuoi per la
produzione di ulteriori prodotti da smaltire.
Per quanto riguarda invece la componente solida dei sottoprodotti oleari (sanse
vergini, piu’ o meno umide), molto promettente risulta il trattamento e la
valorizzazione tramite compostaggio, con la conseguente produzione di compost di
104
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
qualità. La possibilità di trattare le acque e le sanse derivanti dalla molitura delle
olive mediante filiere semplici e nello stesso tempo affidabili, capaci non solo di
abbattere il potere inquinante e la fitotossicità di questi reflui ma anche di
trasformare le suddette matrici-rifiuto in prodotti utili, svincolati dalla necessità d’uso
in periodi obbligati, rappresenta un’alternativa di grande interesse economico,
agronomico ed ambientale. In questo contesto, la produzione di ammendanti organici
da reflui oleari attraverso processi controllati di biostabilizzazione aerobica in fase
solida, più comunemente nota come compostaggio, costituisce, di sicuro, una delle
opzioni tecnologiche più promettenti e di indubbia ricaduta pratica.
Il compostaggio delle sanse – anche in combinazione con altre matrici
organiche di scarto per una composizione piu’ bilanciata – è una prospettiva
interessante non solo per i suoi vantaggi agronomici (apporto di sostanza organica e
miglioramento delle fertilità dei suoli) e ambientali (riciclo di risorse naturali,
preservazione del paesaggio, tutela dell’ambiente), ma anche economici (risparmio
dei costi di concimazione, produzione di composti a maggior valore aggiunto,
diversificazione del reddito aziendale e dei mercati di sbocco). Negli anni recenti,
infatti, la produzione di compost di qualità ha assunto una crescente importanza,
attestata sia dall’ incremento nel numero di impianti, che dei quantitativi prodotti. Il
mercato del compost è in una fase di evoluzione e sviluppo anche a causa della
flessibilità nell’ utilizzazione di questi prodotti in diversi ambiti applicativi.
La scelta di un trattamento piuttosto che un altro dev’essere valutata
attentamente in funzione di parametri tecnici, economici e ambientali e condotta
attraverso la collaborazione stretta tra mondo della ricerca, i vari soggetti della filiera
olivicola e il settore industriale. E’ inoltre auspicabile continuare a promuovere la
ricerca e la sperimentazione nel settore, al fine di trovare soluzioni applicative cha
siano sostenibili dal punto di vista economico e ambientale, e facilmente trasferibili
alle esigenze contestuali delle singole realtà territoriali. Questo richiede l’impegno e il
coinvolgimento attivo di tutti i soggetti della filiera olivicola, oltre alla collaborazione
ed il supporto tecnico degli Istituti di ricerca specializzati, degli Enti competenti, delle
Associazioni di categoria e delle Organizzazioni di produttori.
A tal proposito, appare fondamentale il ruolo di UNASCO e significativa la sua
posizione e il suo impegno verso strategie progettuali volte all’innovazione e alla
qualità dell’intero comparto olivicolo. Con la definizione di un proprio Sistema di
qualità, infatti, UNASCO ha voluto dare un chiaro segnale agli operatori della filiera
associati. Attraverso la definizione di un Disciplinare di produzione contenente linee
105
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
guida per buone prassi agricole, olivicoltura integrata e biologica, oltre alla
sensibilizzazione continua dei tecnici e dei produttori associati, UNASCO intende
diffondere tra gli imprenditori l’adozione di pratiche e comportamenti tesi a
qualificare e valorizzare la produzione. E’ proprio nell’ ottica di favorire
l’implementazione del sistema UNASCO che s’inserisce il presente studio. La scelta di
analizzare la problematica della gestione dei sottoprodotti oleari, infatti, s’inserisce
nell’ottica piu’ generale di divulgare e promuovere tra gli operatori del settore
(tecnici, associazioni, imprenditori agricoli, frantoiani) pratiche sostenibili sia dal
punto di vista ambientale che economico. Oltre al valore agronomico e ambientale,
infatti, il recupero e la valorizzazione dei residui oleari presenta indubbi vantaggi
anche sul piano della commercializzazione, della promozione e dell’immagine
aziendale, contribuendo ad arricchire di contenuti (etici e ambientali) la qualità
complessiva del prodotto finale. La valorizzazione dei residui oleari, inoltre, consente
di ottenere prodotti a maggior valore aggiunto, aprendo cosi’ interessanti opportunità
di integrazione e diversificazione del reddito aziendale, oltre a generare economie di
scala e di scopo, ossia vantaggi competitivi per le aziende coinvolte.
E’ auspicabile, quindi, che le informazioni raccolte in questo studio possano
fornire spunti interessanti di riferimento per la futura programmazione delle attività
per le singole Associazioni e le aziende della filiera olivicola, e costituire una base
progettuale per la condivisione da parte degli associati di strategie comuni all’interno
del sistema UNASCO. E’ infatti prevedibile che una gestione efficiente ed efficace dei
sottoprodotti della lavorazione oleari implichi l’organizzazione e il coordinamento tra
vari attori della filiera olivicola, attraverso la messa in rete di competenze e interessi
altrimenti destinati ad esaurirsi nell’ambito della singola azienda. Nel caso di una
scelta progettuale volta a valorizzare i residui oleari attraverso la produzione di
compost di qualità, per esempio, questo significa la creazione di un’ “impresa rete”
che, forte dell’adesione di frantoiani, olivicoltori, tecnici di associazioni, vivaisti, ditte
di impiantistica ed eventuali altri imprenditori agricoli, riesca a sviluppare sinergie
economiche ed organizzative vantaggiose per tutte le parti interessate. A tal fine, il
ruolo di UNASCO appare nuovamente fondamentale, attraverso la sua funzione di
orientare la produzione e la trasformazione verso il mercato e fornire servizi che
diano contenuto alla nuova cultura della qualità. Una qualità, pero’, che – come
richiesto anche dal consumatore - vada oltre la semplice dimensione di prodotto, per
includere altri tipi di valori: il valore dell’ambiente (impatto sull’ecosistema delle
106
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
pratiche colturali) e dell’uomo (etica, centralità delle problematiche dello sviluppo
sostenibile).
Si ritiene infine che il recupero e la valorizzazione delle risorse sia compito
ormai imprescindibile per un’olivicoltura moderna, attenta alla qualità tanto dei
prodotti, quanto dei processi. Un’ olivicoltura, quella che si va delineando anche
attraverso le recenti normative comunitarie e nazionali, sempre piu’ chiamata a
svolgere – oltre alla sua fondamentale funzione produttiva ed economica – anche un’
azione multifunzionale, attraverso la fornitura di servizi sociali e ambientali, quali la
preservazione del paesaggio, l’adozione di tecnologie pulite e la promozione di una
cultura della qualità.
107
Verso la sostenibilità di filiera: recupero e valorizzazione dei reflui oleari
BIBLIOGRAFIA
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