le dinamiche della ricchezza in tempi di crisi

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manini - musile tanzi
LE DINAMICHE DELLA
RICCHEZZA
IN TEMPI DI CRISI
Capgemini
Paola Musile Tanzi
SDA Professor di
Intermediazione Finanziaria e
Assicurazioni e professore
ordinario di Economia degli
Intermediari Finanziari
dell’Università degli Studi
di Perugia
[email protected]
IL NUMERO DI COLORO CHE DISPONGONO DI OLTRE UN MILIONE DI DOLLARI DI ASSET CONTINUA AD AUMENTARE A LIVELLO MONDIALE, ANCHE SE A RITMI RIDOTTI MENTRE LA LORO RICCHEZZA PRESENTA LIEVI SEGNALI DI EROSIONE, COMPRENSIBILI ALLA LUCE DELLA CRESCITA RALLENTATA E DELL’AUMENTATA VOLATILITÀ DEI MERCATI.
DI QUESTO SCENARIO DEVONO TENERE CONTO GLI OPERATORI SPECIALIZZATI NEL WEALTH MANAGEMENT. OGGI, LA MAGGIORE FLESSIBILITÀ DEI RICAVI, L’APPESANTIMENTO DELLA
STRUTTURA DEI COSTI, L’AUMENTO DEGLI INVESTIMENTI PER
PRESIDIARE I RISCHI SI TRADUCONO PER GLI INTERMEDIARI IN
UNA REDDITIVITÀ PIÙ CONTENUTA. IL BUSINESS DEL WEALTH
MANAGEMENT SI TROVA AD AFFRONTARE SFIDE IMPORTANTI.
CIÒ IMPLICA L’ATTENTA E CONTINUA REVISIONE DEI PROCESSI
AZIENDALI E DEI MODELLI ORGANIZZATIVI ADOTTATI.
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Roberto Manini
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π π π PREMESSA
Quanti sono i cosiddetti ricchi a livello mondiale? Quanto è ampia la parte di ricchezza in capo a questo fortunato segmento? Ogni anno dal 1997 ad oggi le dinamiche nel
settore degli High Net Worth Individuals (HNWI) ovvero degli individui o dei nuclei
familiari con oltre un milione di dollari di asset liquidi sono fotografate e analizzate
dal World Wealth Report di Capgemini, nel 2011 in joint con Royal Bank of Canada.
Secondo l’ultimo rapporto, il segmento degli HNWI cresce leggermente (+0,8% rispetto al 2010), ma il loro livello di ricchezza complessivo presenta un leggero segnale di
riduzione (-1,7% rispetto all’anno precedente).
Sul calo di ricchezza degli HNWI ha influito la crisi, ma come ha impattato sulle loro
scelte di investimento? L’orientamento degli investitori è stato quello di modificare i propri portafogli nel tentativo di proteggere il capitale, in particolare le scelte si sono orientate alla liquidità e su investimenti obbligazionari in paesi percepiti come sicuri. A fronte di queste dinamiche, come reagiscono gli operatori del wealth management, specializzati nell’offerta di servizi agli HNWI? Secondo gli operatori che hanno partecipato alla realizzazione del rapporto, il tentativo è quello di ampliare la presenza sul mercato,
contenendo i costi di struttura ovvero di accrescere la scalabilità dei modelli di business.
Di seguito si analizzano, in primo luogo, i trend che interessano a livello internazionale il segmento degli HNWI, in secondo luogo i driver della ricchezza in questi anni di
crisi e, infine, la reazione da parte degli operatori specializzati nel wealth management.
π π π COME SI MUOVE LA RICCHEZZA?
A livello mondiale il segmento degli HNWI cresce dal 2004 ad oggi in termini di numerosità e di ricchezza posseduta, sebbene anche su questo segmento si riflettano le
dinamiche della crisi (tabella 1). Nel 2011 il segmento si amplia leggermente in termini di numerosità, ma con i tassi di crescita di un mercato maturo (+0,8% rispetto al
2011), mentre si contrae in termini di ricchezza (-1,7% rispetto al 2010), un calo decisamente meno consistente di quello sopportato durante la crisi del 2008 (anno in cui
il decremento di ricchezza fu del -19,4% rispetto al 2007). I dati si riferiscono a 71 paesi, che rappresentano oltre il 98% del Gross Domestic Product (GDP) mondiale e il
99% della capitalizzazione delle borse mondiali.
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tabella 1
evoluzione della ricchezza e del numero di hnwi
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Ricchezza finanziaria (1)
30,7
33,3
37,2
40,7
32,8
39,0
42,7
42,0
Numero di HNWI (2)
8,2
8,7
9,5
10,1
8,6
10,0
10,9
11,0
(1) usd trillions; (2) milioni
fonte: capgemini, anni vari
La crescita della popolazione è attribuibile in larga parte al segmento degli HNWI che
si colloca nella fascia tra 1 e 5 milioni di dollari investibili e che rappresenta circa il 90%
del totale degli HNWI. Invece, nel 2011 la popolazione degli ultra-HNWI (soggetti con
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figura 1
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numero di hnwi per area geografica (in milioni), 2007-2011
CAGR 2007-2011: 2,1%
Numero di individui HNWI nel mondo (milioni)
12
Totale 10,1
Totale 8,6
Totale 10,0
0,1
0,4
0,4
3,1
% Variazione totale
popolazione HNWI 2010-2011
Totale 10,9
Totale 11,0
0,1
0,4
0,5
0,1
0,5
0,5
3,1
3,2
0,1
0,4
0,5
0,1
0,4
0,4
9
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πGlobale
0,8%
πAfrica
3,9%
πMedio Oriente 2,7%
πAmerica Latina 5,4%
3,0
πEuropa
1,1%
πNord America -1,1%
2,6
6
πAsia Pacifico
3,4
3,4
3,0
3,3
3,4
2009
2010
2011
1,6%
3,1
3,3
2,7
3
2,8
0
2,4
2007
2008
fonte: capgemini lorenz curve analysis, 2012
figura 2
ricchezza finanziaria degli hnwi per area geografica
(usd trillions), 2007-2011
CAGR 2007-2011: 0,8%
50
Totale 40,7
Totale 32,8
Totale 39,0
% Variazione della ricchezza
totale HNWI 2010-2011
Totale 42,7
1,2
1,0
0,8
1,7
1,5
1,7
7,3
6,2
0,8
10,7
-1,7%
πAfrica
-2,0%
1,1
πMedio Oriente 0,7%
1,7
πAmerica Latina -2,9%
7,1
πEuropa
πAsia Pacifico
5,8
-1,1%
πNord America -1,1%
6,7
1,4
30
πGlobale
10,2
10,1
10,8
10,7
10,7
11,6
11,4
2009
2010
2011
-2,3%
9,5
8,3
20
9,5
9,7
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Ricchezza globale (USD Trillions)
40
Totale 42,0
7,4
10
11,7
9,1
0
2007
2008
fonte: capgemini lorenz curve analysis, 2012
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oltre 30 milioni di dollari in asset finanziari) diminuisce del 2,5% e la loro ricchezza
complessiva del 4,2%. Appena al disotto di questo segmento, ma oltre la soglia dei 5
milioni di dollari di patrimonio finanziario, si colloca il segmento dei “mid-tier millionaires”, la somma di questi due segmenti pesa per il 9,7% in termini numerici, ma per
il 56,9% in termini di ricchezza finanziaria. Un segnale forte del livello di concentrazione della ricchezza esistente a livello mondiale.
Interessante è osservare la redistribuzione
della ricchezza, avvenuta a livello geografico, dopo la crisi. La situazione rappresentata nelle figure 1 e 2 conferma la crescita dell’area Asia-Pacifico, che nel corso degli ultimi cinque anni in termini numerici eguaglia il Nord America e diventa il bacino di
HNWI più ampio al mondo. In termini di
ricchezza la più grande area geografica è ancora il Nord America, seguito a distanza ravvicinata dall’area asiatica. Data la congiuntura economica e l’impatto delle recenti crisi, non stupisce il sorpasso dell’area asiatica
sull’Europa in terza posizione nello scenario internazionale. L’area latino-americana,
seppure ancora molto contenuta numericamente, accresce nei cinque anni rilevanza dimensionale, nonostante il lieve rallentamento nel 2011.
Ragionando invece di singoli paesi, in luogo di aree geografiche, la classifica che emerge è quella illustrata nella figura 3, nella quale l’Italia compare in decima posizione a
livello internazionale per dimensione della popolazione di HNWI, invariata rispetto al
2010. I primi tre paesi presenti in classifica, ovvero Stati Uniti, Giappone e Germania,
L’Italia è caratterizzata da una
quota di ricchezza finanziaria
netta in capo alle famiglie
elevata rispetto all’area euro
figura 3
numerosità di hnwi per paesi
-1,2%
Numeri HNWI (k)
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3,0%
5,2%
3,6%
-6,9%
-1,3%
6,2%
-1,5%
La Corea del Sud
ha sostituito l’India, che
ha subito un calo significativo
della popolazione HNWI
nel 2011. L’India era entrata
per la prima volta nel 2010
nella classifica dei top 12.
951
924
562
535
454
441
404
396
United
States
Japan
Germany
China
United
Kingdom
France
1
2
3
4
5
6
π 2010 π 2011
fonte: word wealth report, capgemini-rbc 2012
12
-0,9%
1.739 1.822
1.000
Posizione
nel 2010
1,9%
3.104 3.068
2.000
0
-2,9%
53,3% della popolazione
complessiva HNWI
(53,1 nel 2010)
4.000
3.000
4,8%
282
280
252
243
193
180
Canada Switzerland Australia
7
8
9
170
168
165
155
147
144
Italy
Brasil
South
Korea
10
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concentrano il 53% della
ricchezza detenuta dagli
HNWI a livello mondiale. In questo elenco nel
2011 la Corea del Sud
2007
2010
2011
prende il posto dell’India
Italia
2,76
2,56
2,38
e si colloca in tredicesiFrancia
2,06
2,07
1,96
ma posizione.
Germania
1,81
1,85
1,80
Il posizionamento dell’Italia tra i paesi con il
Spagna
1,44
1,16
1,11
maggior numero di HNWI
Area dell’Euro
2,08
1,99
1,92
conferma la situazione
Regno Unito
2,89
2,85
2,75
presentata da Banca d’ItaStati Uniti
3,50
3,12
3,01
lia nella sua ultima Relazione Annuale (tabella 2)
Giappone
3,71
3,69
--di paese caratterizzato da
una quota di ricchezza fifonte: banca d’italia, relazione annuale, maggio 2012
nanziaria netta in capo
alle famiglie elevata rispetto all’area euro. Tale situazione è monitorata nell’ambito di un’indagine statistica
sui bilanci delle famiglie italiane: “La concentrazione della ricchezza finanziaria è aumentata durante la crisi: la quota di attività finanziarie posseduta dal 10 per cento delle famiglie più ricche è salita, tra il 2008 e il 2010, dal 44 al 47 per cento. Più del 60
per cento del totale delle attività finanziarie è detenuto da nuclei con un capofamiglia
di età superiore a 55 anni, mentre ha continuato a ridursi la quota posseduta da quelli
con capofamiglia di età inferiore a 35 anni (meno del 4 per cento nel 2010, oltre dieci
punti percentuali più bassa di quanto osservato nella prima metà degli anni novanta)”
(Banca d’Italia 2012). In sintesi, in Italia poche e anziane famiglie controllano una quota elevata di ricchezza.
tabella 2
ricchezza finanziaria netta in
rapporto al reddito disponibile
(consistenze a fine periodo)
π π π QUALI SONO I DRIVER CHE HANNO IMPATTATO
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SULLA RICCHEZZA?
La leggera contrazione della ricchezza complessiva del segmento nel 2011 non sorprende dato l’andamento dello scenario internazionale: la crescita mondiale contenuta, l’elevata volatilità dei mercati, in larga parte legata all’incertezza sull’area euro, l’esperienza
di scarsi rendimenti sul fronte equity e immobiliare sono fattori che contribuiscono a
orientare le preferenze degli investitori verso investimenti in liquidità e obbligazionari.
Ω A livello internazionale, la crescita mondiale del GDP nel 2011 è stata del 2,7%, con
andamenti molto differenziati nelle diverse aree geografiche. La figura 4 mostra
l’andamento del GDP nelle diverse aree geografiche negli ultimi tre anni: il rallentamento della crescita nel 2011 è significativo rispetto al 2010, pur in assenza di segnali di recessione nelle diverse aree geografiche, come invece era accaduto nel
2009. Rilevante è il gap di crescita nel 2011 tra le aree geografiche. In particolare,
colpisce il confronto tra il tasso di crescita dell’Europa occidentale, 1,7%, se paragonato con quello segnato in altre aree geografiche, come l’area asiatica, che registra
una crescita del 6,5%, sebbene in rallentamento rispetto al 2010 o quella della stes-
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figura 4
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tasso di crescita del gross domestic product (gdp) mondiale e per aree geografiche 2009-2011
Tasso di crescita (%)
12
8,3
6,5
6
6,0
5,2
4,1
4,3
4,1
4,5
3,7
3,1
2,7
3,8
3,4
3,0
2,2
1,8
1,5
1,7
0
-1,6
-2,0
-2,3
-3,4
(6)
Mondo
Asia-Pacifico
(ex. Japan)
America
Latina
Medio Oriente
e Nord Africa
Africa
Sub-sahariana
-4,2
Nord
America
Europa
Occidentale
-5,7
Europa
Orientale
π 2009 π 2010 π 2011
fonte: capgemini analysis 2012; economist intelligence unit, march 2012
figura 5
previsioni sul tasso di crescita del gross domestic product (gdp) mondiale e per aree
geografiche 2012-2013
Previsione
crescita
2012-2013
(basis points)
70
70
80
70
60
80
20
100
8
6,8
6,1
6
Tasso di crescita (%)
5,2
4,4
4
4,2
4,2
3,5
3,6
3,3
2,9
2
2,5
2,2
1,9
2,1
0,8
0
Mondo
Asia-Pacifico
(ex. Japan)
Africa
Sub-sahariana
Medio Oriente
e Nord Africa
America
Latina
Europa
Orientale
Nord
America
-0,2
Europa Occidentale
(2)
π 2012f π 2013f
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fonte: capgemini analysis 2012; economist intelligence unit, may 2012; global economic prospects, may 2012; the world bank, may 2012
sa Europa dell’Est in crescita del 3,8%. Le prospettive, evidenziate nella figura 5, sono di rallentamento ulteriore della crescita nel 2012: è infatti previsto un tasso di
crescita del GDP mondiale del 2,2% a fronte di una lenta ripresa nel 2013.
Ω Le scelte di investimento degli HNWI sono state condizionate dall’elevata volatilità
dei mercati, su cui ha pesato nel 2011 l’incertezza derivante dall’area euro (figura 6).
Nonostante le misure adottate in Europa per contenere la crisi legata al rischio sovrano, in funzione dell’alto livello di debito presente nel bilancio di alcuni paesi europei (figura 7), la volatilità non risulta contenuta nel 2012 e si configura uno scenario nel quale gli investitori dovranno convivere con alti tassi di volatilità dei mercati. Questa attesa nel 2011 ha indotto gli investitori a ricercare asset class di investi-
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figura 6
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volatilità giornaliera del dow jones world index
(gennaio 1997- gennaio 2012)
Crisi
finanziaria
globale
2008-09
Volatilità giornaliera dell’indice DJ
3
2
1
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11
Settembre
2001
Crisi
finanziaria
Russia
Crisi
del debito
Asia
0
Jan-97
Crisi
del debito
sovrano
Eurozona
Scoppio
bolla
tecnologica
Jan-00
Jan-03
Jan-06
Jan-09
Jan-12
fonte: word wealth report, capgemini-rbc 2012
debito pubblico totale e deficit di bilancio pubblico in percentuale del gdp,
selezione di paesi, 2011
Debito
Pubbl./PIL
Deficit di
bilancio/PIL
Giappone
229,8%
-10,1%
-9,9%
Singapore
100,8%
7,3%
120,1%
-3,9%
India
68,1%
-8,7%
Grecia
160,8%
-9,2%
Thailandia
41,7%
-1,9%
-3,4%
Spagna
68,5%
-8,5%
Nuova Zelanda
37,0%
-6,5%
34,7%
-2,1%
Belgio
98,5%
-4,2%
Sud Corea
34,1%
2,3%
Perù
21,6%
1,9%
Francia
86,3%
-5,3%
Cina
25,8%
-1,2%
Cile
9,9%
1,2%
Germania
81,5%
-1,0%
Indonesia
25,0%
-1,6%
UK
75,1%
-8,7%
Australia
22,9%
-4,3%
Svizzera
48,6%
-0,4%
Arabia Saudita
7,5%
15,2%
Debito
Pubbl./PIL
Deficit di
bilancio/PIL
EUROPA
Debito
Pubbl./PIL
Deficit di
bilancio/PIL
USA
98,5%
-9,6%
Portogallo
106,8%
-4,0%
Canada
85,0%
-4,5%
Irlanda
105%
Brasile
66,2%
-2,6%
Italia
Argentina
44,2%
-3,3%
Messico
43,8%
Colombia
AMERICHE
RESTO
DEL MONDO
fonte: capgemini analysis 2012; international monetary fund (imf), may 2012
mento percepite sicure, come la liquidità e gli investimenti in obbligazioni, emesse
da emittenti contraddistinti da basso rischio.
Ω L’andamento del mercato azionario nel 2011 segnala una contrazione consistente
pari a -18,7% a livello mondiale e riflette l’andamento negativo delle diverse aree
geografiche, Europa, Asia-Pacifico e America. La pesante decrescita si registra dopo
un periodo di ripresa dal 2008 al 2010 (+29,1%) e dopo la brusca caduta del 2008,
-48,3% rispetto al 2007 (figura 8). Osservando la serie storica prolungata dei dati re-
15
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figura 7
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lativi al mercato azionario statunitense dal 1930 al 2012, si evidenzia il consistente
accorciamento dei cicli di rialzo e di ribasso, che di recente si realizzano nell’arco di
quattro anni, rispetto alle durate più che decennali registrate nel passato (figura 9).
La combinazione di maggiore volatilità dei mercati e di performance deludente nel
corso del 2011 ha contribuito a ridurre la preferenza degli HNWI per l’investimento azionario. I Treasury Bills, emessi negli Stati Uniti (il Dow Jones CBOT Treasury
Index è cresciuto del 12,2% nel 2011) e l’oro hanno beneficiato di una domanda consistente alla ricerca di sicurezza, mentre il mercato immobiliare ha registrato una
domanda debole, associata a prezzi bassi.
figura 8
capitalizzazione del mercato azionario per aree geografiche 2004-2011 (usd trillions)
CAGR
2004-2007
18,4%
Capitalizzazione mercato azionario (USD Trillions)
80
Crescita
2007-2008
-48,3%
CAGR
2008-2010
29,1%
Crescita
2010-2011
-18,7%
Regione Crescita Indice di
capit. benchmark
mercato crescita
2010-2011 2010-2011
Emea
(27,1%)
(14,5%)
APAC
(19,9%)
(17,3%)
Americhe (12,0%)
(2,9%)
61,5
60
53,0
51,2
19,3
46,5
42,2
13,0
13,0
π Asia-Pacifico
π Americhe
15,6
12,0
9,4
14,6
9,3
7,5
11,1
31,8
17,9
11,5
20
π Europa/Medio Oriente/Africa
16,6
37,3
40
43,1
15,3
12,5
8,5
0
18,2
19,9
2004
2005
24,3
22,7
22,2
18,9
19,5
13,9
2006
2007
2008
2009
2010
2011
fonte: capgemini analysis 2012; world federation of exchanges, gennaio 2012
figura 9
cicli storici di rialzo e di ribasso del mercato azionario statunitense, indice djia, 1930-2012
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Dow Jones Industrial Average
16,000
Bear
Market
20 Years
12,000
Bull
Market
17 Years
Bull
Market
18 Years
8,000
Shortened
boom/bust
cycles
4,000
0
1930
1935
1940
1945
1950
1955
fonte: word wealth report, capgemini-rbc 2012
16
Bear
Market
16 Years
Bull
Market
Bear 4 Years
Market
4 Years
1960
1965
1970
1975
1980
1985
1990
1995
2000
2005
2010
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π π π WEALTH MANAGEMENT: LA RICERCA DELLA SCALABILITÀ
La struttura dei ricavi nel
private banking è sottoposta alle
pressioni di una crescente
competizione che riduce i margini
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DEI MODELLI DI BUSINESS PER RAGGIUNGERE LA STABILITÀ
A fronte di queste modifiche, come reagiscono gli operatori nel settore wealth management, specializzati nell’offerta di servizi agli HNWI? Le soluzioni adottate differiscono
in funzione del DNA dei diversi operatori e dei differenti modelli di business adottati,
ma il comune impegno è quello di accrescere la dimensione del proprio mercato, cercando di contenere i costi. Il livello di attrattività del comparto è alto, in quanto potenzialmente in grado di generare ricavi stabili, in presenza di un contenuto assorbimento
di capitale, aspetto che diventa particolarmente intrigante alla luce dell’evoluzione normativa contenuta nell’impianto di Basilea 3. Nel settore è però elevato anche il livello di
competitività; sul mercato si confrontano, infatti, operatori con modelli di business molto eterogenei tra loro: l’arena competitiva è popolata da piccole realtà “indipendenti” locali, operatori di matrice bancaria e non domestici, global e niche player internazionali.
A questo proposito, è utile richiamare il fatto che il concetto di modello di business, nella sua accezione più ampia, indica “the way the company operate”, ovvero è la risultante delle scelte compiute dal management e delle corrispettive conseguenze (Zott, Amit,
Massa 2010). Le scelte vanno a concretizzarsi nel posizionamento strategico e nell’architettura complessiva dei processi aziendali (Dossi, Musile Tanzi 2012). I modelli di business sono dunque fortemente influenzati dal DNA, dalla vocazione dell’impresa stessa, aspetti dai quali non si può prescindere e che comportano la forte contestualizzazione aziendale e locale delle tendenze rilevabili a livello settoriale internazionale.
Negli ultimi decenni il cambiamento sui modelli di business nel settore è stato così consistente da richiedere un vero e proprio “cambio di pelle” e di lessico. Negli anni sessanta, quando le grandi commercial bank americane entrarono nell’area di business del private banking, sfidando il monopolio delle banche svizzere, furono attratte da alcune specificità settoriali: ricavi elevati e stabili, caratterizzati da una struttura di costi contenuta
e da basso rischio. Nello scenario attuale il contesto è profondamente cambiato.
Ω La struttura dei ricavi è sottoposta alle pressioni di una crescente competizione che
riduce i margini. L’attività di private banking è ancora percepita dalla clientela come
un servizio a elevato valore aggiunto e il
prezzo non è la variabile competitiva più rilevante nella scelta del servizio, ma il mercato è ormai in grado di confrontare tra loro le offerte provenienti da più operatori.
Inoltre, l’elemento di stabilità dei ricavi
permane nella misura in cui il servizio si
basa su management fee o di advisory, si riduce notevolmente se l’attività contiene
una componente significativa di servizi di
amministrazione o di negoziazione, ma
anche gli operatori maggiormente orientati al risparmio gestito, in fasi recessive del
mercato, possono subire pesanti ripercussioni, legate al clima di sfiducia da parte
degli investitori. La stabilizzazione dei ricavi è meglio perseguita diversificando le
fonti di origine delle commissioni, con particolare attenzione a quelle aree di attività che prevedono, per loro natura, rapporti contrattuali di lungo termine, come la
pianificazione assicurativo-previdenziale e quella successoria, in una logica di ge-
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stione della ricchezza complessiva ovvero di wealth management. Mentre, però, sul
fronte assicurativo l’effetto della diversificazione è visibile nel bilancio di alcuni operatori, attraverso un aumento delle voci di ricavo, la pianificazione successoria spesso risulta essere un servizio aggiuntivo, apprezzato dal cliente ma che non necessariamente si esplicita in commissioni dirette per l’intermediario.
Ω La struttura dei costi nel frattempo si è notevolmente appesantita nel corso degli anni, fino a diventare un elemento di debolezza per alcune realtà. Il cost-to-income a
livello di settore evidenziato nel World Wealth Report a livello internazionale nel
2011 è pari a 79,8%, in crescita dal 63,7% del 2007. Il dato medio del cost-to-income
è il segnale che alcune strutture hanno raggiunto livelli molto prossimi alla non-sostenibilità. Considerata questa situazione, ci si può attendere che la sua riduzione
rientri tra gli obiettivi perseguiti prioritariamente dal settore. A questo proposito è
utile riflettere sul fatto che in alcuni casi l’adozione di logiche di open architecture
non ha contribuito a rendere più flessibile la struttura dei costi; in compenso, tale
effetto è stato raggiunto sul fronte dei ricavi.
Ω La pressione sui ricavi, a fronte di strutture dei costi notevolmente appesantite, evidenzia un livello di rischio di business elevato, ovvero il rischio che la marginalità si
riduca a tal punto da non consentire la copertura dei costi. Inoltre, sul fronte dei rischi aziendali, il quadro regolamentare impone di identificare, di monitorare e di gestire il rischio operativo in capo all’operatore e di controllare il rischio di compliance,
cui si è esposti. Se infatti è ancora vero che nell’attività di private banking / wealth
management la banca o la società non prendono posizione in termini di rischi di
mercato / di credito (se non è attiva sul fronte finanziamenti), è altrettanto vero che
sopportano un alto rischio operativo, connesso all’adeguatezza del proprio sistema
informativo e dei controlli, alla correttezza dei processi aziendali, alla correttezza e alla professionalità dei propri dipendenti. A fronte del rischio operativo occorre allocare capitale, una risorsa scarsa nel settore bancario, e l’investimento sul fronte del presidio dei rischi operativi deve aumentare, se l’intermediario adotta logiche di architettura aperta, esternalizzando presso fornitori terzi attività core, come la gestione dei
portafogli dei clienti. Inoltre, occorre attivare processi in grado di intercettare a tutti
i livelli le potenziali fonti di rischio di compliance, onde evitare che il loro mancato
rispetto si traduca in sanzioni penali e perdite economiche e di reputazione per l’intermediario. Quest’ultimo è un aspetto particolarmente delicato poiché, da un lato, si
opera in contropartita con clientela di elevato standing, dall’altro i volumi delle operazioni effettuate nel settore possono essere rilevanti, perciò occorre prestare la massima attenzione all’origine dei flussi. Nel settore, dunque, gli investimenti in tecnologia, in supporti informativi e in formazione del personale sono consistenti, al fine
di contribuire a controllare il livello dei rischi operativi e di compliance sopportati.
Alcuni modelli di business ereditati dal passato non sono stati in grado di rispondere
alle mutate esigenze del settore, per la mancanza di flessibilità e per l’incapacità di sostenere la crescita e la complessità del business, mantenendo elevato il livello di redditività e di soddisfazione dei clienti e dei professionisti che li interfacciano.
La fotografia che emerge nel World Wealth Report di Capgemini-RBC è quella di un
business che si pone come obiettivo la crescita del proprio mercato, tenendo fortemente sotto controllo i costi. La scalabilità del business è un obiettivo arduo da raggiunge-
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le dinamiche della ricchezza in tempi di crisi
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re; a questo proposito alcune best practice adottate nel settore sono volte a:
Ω ottimizzare i processi attraverso l’automazione;
Ω utilizzare team di specialisti di prodotto a livello di sede centrale, capaci di supportare la rete di advisor;
Ω adottare efficaci modelli di segmentazione degli HNWI;
Ω mantenere il principio guida della scalabilità anche nel valutare eventuali operazioni di acquisizioni esterne.
L’obiettivo di rivedere il modello di business, peraltro, non può prescindere dall’identificazione delle eredità del passato, dal DNA dell’operatore e dalle sue core competencies
e dalle tecnologie che è in grado di mettere in campo.
π π π CONCLUSIONI
Il segmento di coloro che dispongono di oltre un milione di dollari di asset a livello mondiale, i cosiddetti High Net Worth Individuals, continua a crescere, anche se a ritmi ridotti e la loro ricchezza presenta lievi segnali di erosione, comprensibili alla luce della crescita rallentata a livello mondiale, dell’aumentata volatilità dei mercati e delle deludenti performance dei mercati azionari che inducono questi investitori a comportamenti particolarmente prudenti. Di questo scenario devono tenere conto gli operatori specializzati nel
wealth management, che in molti casi si sono rafforzati nel settore durante gli anni di crescita sostenuta. Oggi, la maggiore flessibilità dei ricavi, fortemente sotto pressione, l’appesantimento della struttura dei costi, l’aumento degli investimenti per presidiare i rischi si
traducono per gli intermediari in una redditività più contenuta. Il business del wealth
management si trova ad affrontare sfide importanti, legate all’incremento della regolamentazione, alla diminuita profittabilità e all’accresciuta volatilità dei mercati. Ciò implica l’attenta e continua revisione dei processi aziendali e dei modelli organizzativi adottati.
Il conseguimento di una redditività soddisfacente in quest’area di business passa attraverso la capacità di ampliare il mercato di riferimento, contenendo i costi, disegnando
modelli flessibili e fondati sul principio della scalabilità del business, nel rispetto della
propria storia aziendale che contribuisce a formare il DNA di ciascun operatore. π
AIPB (2011), Lo scenario macroeconomico e i
patrimoni italiani. Il mercato del private banking,
Report 2011.
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maggio 2012, www.bancaditalia.it
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Musile Tanzi P., “Private Banking Performance
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Theoretical Roots, Recent Developments and Future
Research, Iese Business School Working Paper
WP-862, June 2010.
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π π π RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI