Cos`è La radioattività

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Cos`è La radioattività
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Cos’è La radioattività
Internamente ad un nucleo sono presenti due f orze delle quali una coulombiana (protoni dello stesso segno
che si respingono) ed una nucleare (mutua attrazione f ra le masse). Esiste tra queste due f orze, che però si
può rompere con la conseguenza che qualcuno di questi componenti riesca a sfuggire. Poiché queste due
f orze agiscono div ersamente (l’intensità e distanze diff erenti: la f orza di attrazione nucleare è molto più forte
di quella coulombiana, nello stesso tempo si fa sentire su distanze molto più piccole) può nascere uno
squilibrio che porta alla radioattività. La radioattività può def inirsi come una f uga molto v eloce di particelle o
gruppi di particelle dall’interno di un nucleo. In molti casi può liberarsi energia, e pertanto questo tipo di
radiazione non è particellare ma è costituito da onde elettromagnetiche come quelle della luce. La rottura
dell’equilibrio delle f orze prov oca il f enomeno della radioattiv ità, può essere spontanea o indotta
artif icialmente. Il f enomeno di rottura dell’equilibrio con emissione di particelle o energia si chiama
disintegrazione nucleare.
La radioattività non è stata inv entata dall'uomo, anzi, al contrario, l'uomo è esposto alla radioattiv ità fin dal
momento della sua apparizione sulla Terra. La radioattiv ità è antica quanto l’Universo ed è presente ovunque:
nelle Stelle, nella Terra e nei nostri stessi corpi.
La scoperta della radioattiv ità avvenne alla fine dell’800 ad opera di Henry Bequerel e dei coniugi Pierre e
Marie Curie (Figura 1), che ricevettero il Premio Nobel per la Fisica per le loro ricerche. Essi scoprirono che
alcuni minerali, contenenti uranio e radio,avev ano la proprietà di impressionare delle lastre f otograf iche poste
nelle loro v icinanze. Le lastre fotografiche, una v olta sv iluppate, presentav ano delle macchie scure.
Per questa loro proprietà, elementi come l’uranio, il radio e il polonio (gli ultimi due scoperti proprio da Pierre e
Marie Curie) v ennero denominati “attivi” e il f enomeno di emissione di particelle v enne detto radioattività. Da
allora sono stati identificati quasi 2500 specie di nuclei differenti e di essi solo una piccola percentuale, circa
280, sono stabili.
Figura 1: Henry Bequerel e i coniugi Curie.
Atomi, elementi chimici e isotopi
La materia che ci circonda (aria, acqua, terra, oggetti ed esseri viv enti) è costituita
da atomi, che a loro v olta sono fatti da un nucleo estremamente piccolo, delle
dimensioni di un Fermi (1 fm = un milione di miliardi di volte più piccolo di un
metro) e di carica positiv a, circondato da una nuvola di elettroni di carica negativ a
(Figura 2).
Il nucleo dell’atomo è costituito dai protoni, carichi positivamente, e dai neutroni,
che sono inv ece privi di carica elettrica e perciò neutri (come dice il loro stesso
nome). Il numero di protoni è uguale al numero di elettroni, così che l'atomo è
elettricamente neutro.
Figura 2: Disegno
schematico di un atomo.
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La struttura dell’atomo (nucleo di protoni e neutroni ed elettroni orbitanti intorno al nucleo) è la stessa per tutti
gli elementi chimici che conosciamo. Quello che cambia da un elemento all’altro è il numero dei protoni (e
quindi degli elettroni) e dei neutroni che l’atomo contiene. Il numero totale di protoni nel nucleo v iene
chiamato “numero atomico” e si indica con la lettera Z. Esso determina di quale elemento chimico si tratta:
così ad esempio l'elemento chimico con 8 protoni è l'ossigeno, quello con 26 protoni è il f erro, quello con 79
protoni è l'oro, quello con 92 protoni è l'uranio e così via.
La somma del numero dei protoni più il numero dei neutroni v iene chiamato “numero di massa” e si indica con
la lettera A. Mentre il numero di protoni di un elemento chimico è fisso (inf atti abbiamo detto che questo
numero, Z, caratterizza l’elemento), il numero di neutroni può essere variabile. In questo caso parliamo di
“isotopi” di un elemento chimico. Ad esempio: il f erro presente in natura è costituito da 4 isotopi, tutti con 26
protoni ma con 28, 30, 31 e 32 neutroni rispettiv amente. Gli isotopi sono identificati dal nome dell'elemento e
dal numero di massa, che v iene di solito riportato in alto a sinistra del simbolo dell’elemento chimico, per
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esempio l’isotopo del Carbonio con numero di massa 14 si indica con C.
In natura esistono circa 90 elementi (dall'idrogeno, il più leggero, all'uranio, il più pesante) e circa 270 isotopi.
Oltre agli isotopi da sempre presenti in natura (isotopi naturali) , esistono oggi un gran numero di isotopi
artif iciali, cioè prodotti dall'uomo. Esempi di isotopi artif iciali sono il cobalto-60 (27 protoni, 33 neutroni), usato
in radioterapia e il plutonio-239 (94 protoni, 145 neutroni), usato come combustibile nelle centrali nucleari.
Cause della radioattività
Anche se i protoni nel nucleo atomico si respingono a causa della loro carica positiva, il nucleo atomico
rimane unito, in v irtù dell'interazione nucleare f orte (che coinv olge anche i neutroni). Questa f orza è
estremamente intensa su piccolissime distanze, mentre al di fuori del nucleo atomico praticamente si annulla.
Nei nuclei degli elementi pesanti, che contengono molti nucleoni (come quelli di uranio), c'è una minore
probabilità di raggiungere una condizione di stabilità; questi nuclei hanno quindi tendenza a emettere
particelle radioattive per conseguire una condizione più stabile. Si è potuto inoltre osserv are che si determina
una condizione di instabilità quando il numero di protoni e di neutroni del nucleo è dispari.
Il decadimento radioattiv o è regolato da una legge statistica, che può essere espressa mediante il tempo di
dimezzamento T 1/2, che rappresenta il periodo di tempo necessario perché si disintegri metà della quantità
iniziale di nuclei (v . tab. 16.2). Quando decade, il nucleo di un radioisotopo si trasforma nell'isotopo di un
div erso elemento, che a sua volta è spesso instabile. Nascono così catene di decadimenti (serie
radioattive) che terminano quando si f orma un isotopo stabile.
Esistono tre div ersi tipi di decadimenti radioattiv i, che si differenziano dal tipo di particella emessa a seguito
del decadimento. Le particelle emesse v engono indicate col nome generico di radiazioni.
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o
o
Decadimento alfa
Decadimento beta
Decadimento gamma
Decadimento Alfa (): Consideriamo un
nucleo con numero atomico Z e numero
di massa A. In seguito ad un
decadimento alf a, il nucleo emette una
particella a, cioè un nucleo di elio
composto da due protoni e due neutroni,
e si trasforma in un nucleo div erso, con
numero atomico (Z - 2) e numero di
massa (A – 4). Un esempio è il
decadimento dell’uranio-238 in torio-234
(Figura 3). Le radiazioni alfa, per la loro
natura, sono poco penetranti e possono
essere completamente bloccate da un
semplice f oglio di carta (Figura 4).
Figura 3: Un decadimento alf a.
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Figura 4: Il potere penetrante delle diverse radiazioni.
Decadimento Beta (): Il nucleo emette un elettrone e un antineutrino di tipo elettronico (v edi sezione sui
neutrini) e si trasforma in un nucleo con numero atomico (Z + 1) ma stesso numero di massa A. Un esempio è
il decadimento del Cobalto-60 in Nichel-60 (Figura 5). Le radiazioni beta sono più penetranti di quelle alfa, ma
possono essere completamente bloccate da piccoli spessori di materiali metallici (ad esempio, pochi millimetri
di alluminio).
Figura 5: Un decadimento beta con successivo decadimento gamma del nucleo eccitato.
Decadimento Gamma (): Il nucleo non si trasf orma ma passa semplicemente in uno stato di energia inf eriore
ed emette un fotone. La radiazione gamma accompagna solitamente una radiazione alfa o una radiazione
beta. Inf atti, dopo l'emissione alf a o beta, il nucleo è ancora eccitato perché i suoi protoni e neutroni non
hanno ancora raggiunto la nuov a situazione di equilibrio: di conseguenza, il nucleo si libera rapidamente del
surplus di energia attrav erso l'emissione di una radiazione gamma. Per esempio il cobalto-60 si trasf orma per
disintegrazione beta in nichel-60, che raggiunge il suo stato di equilibrio emettendo una radiazione gamma
(Figura 5). Al contrario delle radiazioni alf a e beta, le radiazioni gamma sono molto penetranti, e per bloccarle
occorrono materiali ad elevata densità come il piombo (Figura 4).
La radioattività artificiale f u scoperta nel 1919 dal fisico neozelandese E. Rutherf ord (1871-1937).
I f enomeni di disintegrazione nucleare che avvengono spontaneamente in natura si possono riprodurre
artif icialmente “bombardando'' i nuclei degli isotopi stabili con particelle subatomiche quali protoni, particelle β,
neutroni, che devono v enire fortemente accelerate per aumentare la loro v elocità e quindi la loro energia
cinetica (solo in tal modo possono vincere la notev ole resistenza opposta dai campi elettrici che circondano i
nuclei). Ciò si ottiene per mezzo di acceleratori di particelle (ciclotroni, sincrotoni, betatroni ecc.).
I radioisotopi artif iciali hanno v ari impieghi. Il risultato più importante maturato attrav erso gli studi sui f enomeni
radioattiv i è stato il dischiudersi della possibilità di sf ruttare l'enorme quantità di energia racchiusa nei nuclei
atomici.
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Qual’è l’origine della radioattività?
Come abbiamo detto, gli isotopi radioattiv i possono av ere origine naturale o artif iciale. Tuttav ia non bisogna
pensare che la radioattiv ità naturale e quella artif iciale siano fenomeni div ersi, in quanto il processo fisico alla
base è lo stesso per entrambe.
I radioisotopi naturali hanno av uto origine al centro delle stelle, tramite reazioni nucleari o durante le
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esplosioni di Supernovae. Alcuni di questi nuclei, come il potassio-40 ( K), il torio-232 ( Th) e l’uranio235
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235/238 ( U / U) sono attivi ancora oggi, in quanto il loro tempo di dimezzamento è di v ari miliardi di anni.
La misura dell’abbondanza residua di questi isotopi sulla Terra permette di risalire all’età del nostro pianeta,
che è calcolata in 4.5 miliardi di anni.
Altri nuclei radioattiv i si sono f ormati in seguito alle interazioni dei raggi cosmici con alcuni elementi. Si parla
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allora di nuclei di origine cosmogenica. Alcuni esempi sono il carbonio-14 ( C), prodotto dall’interazione dei
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raggi cosmici con l’azoto dell’atmosf era, il berillio-10 ( Be) e il cobalto-58 ( Co), che si sv iluppa in qualsiasi
pezzo di rame esposto ai raggi cosmici.
La radioattività in natura
La radioattività è un f enomeno naturale: per questo motiv o qualsiasi cosa sulla Terra, inclusi i nostri corpi,
contiene una certa percentuale di elementi radioattiv i.
La radioattiv ità nell’aria è dov uta alla presenza del Radon (Rn). Questo elemento v iene prodotto dal
decadimento dell’uranio e del torio, che si trovano in moltissimi materiali, soprattutto nelle rocce. Essendo
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gassoso, il radon riesce ad “evaporare” diffondendosi nell’aria. In 1 m di aria in un edif icio chiuso avvengono
in media 30 decadimenti di radon al secondo.
Un altro protagonista della radioattività naturale è il Potassio-40, che è presente nel nostro corpo e in
generale nella materia biologica, nei cibi, nella crosta terrestre e nell’acqua di mare. Per esempio, in un corpo
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umano si hanno circa 5000 decadimenti di K al secondo. La radioattiv ità, inoltre, è responsabile del calore
interno della Terra.
Come si misura la radioattività?
Hans Geiger, f isico tedesco nato nel 1882 e morto nel 1945, sviluppa nel 1910 il primo dispositiv o in grado di
misurare la radioattività. Geiger conseguì il dottorato in f isica a Erlangen nel 1906, poi andò a Manchester,
dov e f u assistente di Rutherf ord. L' apparecchio da lui ideato, costituito essenzialmente da un tubo riempito di
gas e attrav ersato da un f ilo ad alto potenziale elettrico, sfruttav a la ionizzazione del gas prodotta dal
passaggio delle particelle alf a; la brev e corrente che si instaurav a v eniva misurata da un elettrometro
collegato al f ilo. Perfezionato nei decenni successiv i, il contatore Geiger-Müller ancora oggi è uno strumento
insostituibile per misurare la radioattiv ità.
L'unità di misura della radioattiv ità è il becquerel (Bq). 1 Bq corrisponde a 1 disintegrazione al secondo.
Poiché questa unità di misura è assai piccola, la radioattività si esprime molto spesso in multipli di Bq: il kilo3
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becquerel (kBq) = 10 Bq, il Mega-becquerel (MBq) = 10 Bq e il Gigabecquerel (GBq) = 10 Bq.
L'unità di misura usata in precedenza era il Curie (Ci) def inita come la quantità di radioattiv ità presente in un
grammo di radio. Questa unità è immensamente più grande del Bq, perché in un grammo di radio avvengono
37 miliardi di disintegrazioni al secondo. Perciò:1 Ci = 37 GBq = 37 miliardi di Bq.
Alcune scale di misura alternative:
Rad: Unità di misura della dose assorbita. Un Rad è uguale a 100 erg (unità di misura dell’energia) per
grammo di sostanza irradiata nel punto preso in esame.
Rem: (roentgen equivalent man): misura la dose di radiazione assorbita tenendo però in conto l'efficacia
biologica della stessa con un fattore Q (qualità) che v aria a seconda dei tipi di radiazione coinvolta e dei v ari
modi in cui la radiazione stessa è assorbita. Quindi 1 rem = Q rad. Q v ale 1 per radiazione beta e gamma, ma
v ale 20 per radiazione alf a. Siccome il rem misura essenzialmente il danno biologico, questi valori mostrano
che a parità di energia rilasciata per grammo di tessuto, la radiazione alf a è molto più nociva delle altre
radiazioni.
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Roentengen: Unità di misura della dose di esposizione di raggi X o gamma, tale che l’emissione
corpuscolare ad essa assorbita per 0,001293 grammi di aria. Produce in aria ioni portanti un’unità
elettrostatica di elettricità dell’uno o dell’altro segno.
Quali sono gli effetti della radioattività?
Le radiazioni prodotte interagiscono con la materia grazie al loro potere ionizzante nei conf ronti degli atomi e
delle molecole che attrav ersano. Come conseguenza possono v enire rotti legami chimici con grav e pericolo
da un punto di vista biologico, in particolare se v iene danneggiato il DNA dei cromosomi delle cellule. Gli
effetti biologici delle radiazioni v engono espressi in termini di dose assorbita o di dose equivalente.
L'unità di misura della dose assorbita dalla materia a seguito dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti é il
Gray (Gy ). 1 Gy corrisponde a una quantità di energia di 1 Joule (J) assorbita da 1 kilogrammo di materia. Per
la misura delle dosi di radiazioni assorbite dall'uomo, o più precisamente per una misura degli effetti biologici
dov uti alla dose di radiazioni assorbita, è stato introdotto il concetto di equiv alente di dose, che tiene conto
della dannosità più o meno grande, a parità di dose, dei v ari tipi di radiazioni ionizzanti.
In questo caso, l'unità di misura è il Sievert (Sv ). Di uso più comune è il sottomultiplo millisiev ert (mSv), pari a
un millesimo di Sv. Ad esempio, una radiografia al torace comporta l'assorbimento di una dose di circa 0,14
mSv . La dose annualmente assorbita da ogni indiv iduo per effetto della radioattiv ità naturale è in media di 2,4
mSv per anno.
Il limite massimo di dose stabilito dalla legge italiana per le persone è 1 mSv per anno al di sopra della dose
naturale di radiazioni (20 mSv per lav oratori impegnati in attività che prevedono l’uso o la manipolazione di
radioisotopi).
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