Il teatro delle ombre di Giava
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Il teatro delle ombre di Giava
12 ottobre2003 SPETTACOLO EMERGENCY Il teatro delle ombre di Giava Storie dalla Cambogia infestata di mine Il 17-18 ottobre a Villa Strozzi per la prima volta in Europa e in esclusiva italiana n Leonardo D’Amico Il Teatro delle Ombre è una delle più antiche forme di teatro a Giava e a Bali, dove ogni espressione artistica è strettamente connessa alla vita religiosa e sociale della comunità. Il Wayang Sandosa è un genere di teatro sperimentale indonesiano, un tipo contemporaneo di Teatro delle Ombre creato negli anni ‘80 nell’Accademia delle Belle Arti di Solo/Surakarta. La compagnia è guidata da Blacius Subono, uno dei più conosciuti e stimati marionettisti di Giava. Il Wayang Sand o sa è un’evoluzione interna contemporanea del tradizionale Wayang Kulit, realizzato apportando delle modifiche tecniche nella rappresentazione ma senza stravolgerne i contenuti. Si tratta di un’evoluzione ‘interna’ nel senso che non è stata indotta da un processo ‘esterno’ di occidentalizzazione, ma nasce da un’esigenza di attualizzare la rappresentazione tradizionale per iniziativa di alcuni maestri marionettisti giavanesi che, nella loro attività didattica, sperimentano nuove forme espressive all’interno dei canoni tradizionali. L’intento è quello di valorizzare la tradizione rendendola attuale agli occhi del cittadino che non apprezza più gli spettacoli che durano tutta la notte né le celebrazioni che fanno da contorno alla rappresentazione (lo spettacolo che tradizionalmente durava 8 ore è stato ri- dotto ad 1 ora e mezza/ due ore). Queste performance, quindi, tendono a conciliare le storie più antiche con stili di vita e valori più moderni. Le marionette sono le stesse: sagome di cuoio accuratamente intagliate e decorate; ma qui le figure in pelle non rappresentano più solamente gli eroi della storia, ma anche intere legioni, carri da battaglia, animali, fiori, figure mitiche, ecc. Inoltre, mentre nella forma tradizionale vi è un solo marionettista immobile per ore, seduto dietro lo schermo, nel Wayang Sandosa vi sono almeno tre marionettisti che manipolano contemporaneamente le marionette, si spostano continuamente nel backstage, dando vita con la loro voce e con la gestualità ai personaggi delle storie. Un’altra differenza evidente, è che nel Wayang Sandosa si utilizza un telo bianco di dim e n s ion i c on s id e r e v oli (10x5m - a differenza del Wayang Kulit che ne impiega uno di ridotte dimensioni: 3x2m) su cui vengono proiettate le ombre delle marionette, ed inoltre vengono utilizzate luci colorate proiettate con fari teatrali con gelatine (mentre nel Wayang Kulit si impiega ancora oggi la luce di una lampada ad olio) per conferire atmosfere suggestive adatte ad ogni scena. Le storie sono tratte da episodi delle grandi epiche indiane, il Mahabharata e il Ramayana, ma vengono reinterpretate liberamente contestualizzandole all’attualità. Lo spettacolo del Wayang Sandosa è accompagnato dall’orchestra tradizionale giavanese, formata da sette musicisti. Il Wayang Sandosa sarà rappresentato per la prima volta in Europa e in esclusiva italiana a Firenze per MUSICA DEI POPOLI 2003, in collaborazione con la Commissione Cultura Q.4. Si prevede l’allestimento di uno schermo su cui verranno proiettati i sottotitoli in italiano. Direttore Artistico della Musica dei Popoli Wayang Sandosa Teatro delle Ombre di Giava, Limonaia di Villa Strozzi, 17-18 ottobre, ore 21,3 Ingresso 15 euro Prevendita Box Office 055210804 Info: Centro Flog 0554220300 POLEMICA Schizzi di fango per riscrivere la storia MATOGROSSO Squallida operazione per screditare Vasco Pratolini P rato l in i er a una spia dell’Ovra, la polizia segreta fascista. Uno dei più grandi scrittori italiani del dopoguerra era sul libro paga del regime: lo sostiene uno studioso, il prof. Canali, noto per aver adombrato la compromissione con il fascismo di Ignazio Silone. Nel dibattito che ne è scaturito è accaduto che aspetti già ampiamente conosciuti della vita del giovane Pratolini siano stati confezionati dal neo-revisionismo storico, ormai in voga, come l’ennesimo caso di ‘scheletro nell’armadio’ della cultura antifascista. La formula, già sperimentata all’epoca della campagna diffamatoria contro Norberto Bobbio (l’intellettuale piemontese era stato incolpato di aver scritto una ‘supplica’ al Duce ndr), è semplice e chiara nei suoi passaggi logici: l’opportunismo e la sottomissione albergavano ovunque durante il ventennio, sostanzialmente il regime non aveva avversari, dunque non ci sono innocenti, l’antifascismo è una pura invenzione, l’opposizione e la resistenza sono fenomeni gonfiati ad arte dai ‘comunisti’ per accreditarsi come padri della patria. Contemporaneamente una parte di Alleanza Nazionale si lancia nell’ardita operazione di rivalutazione di Pavolini, uno dei gerarchi irriducibili del fascismo (reso proverbiale dal suo zelo di epuratore e fucilatore), celebrato per i suoi ‘meriti culturali’ verso Fire nz e . Q ue s to r ie n tr a nell’altra faccia del teorema: tutto sommato il fascismo non era poi così male (ci ha anche lasciato in eredità il Maggio Musicale, pensate un po’), basta con questa demonizzazione, rivalutiamo anche i tanti aspetti positivi di quel periodo. Tantopiù - ci ha ricor- dato qualcuno - che Mussolini non ha mai ammazzato nessuno ed anzi, nella sua generosità, procurava agli oppositori una salutare vacanza al confino. Ma torniamo a Pratolini e ai suoi romanzi che tanto hanno contribuito a formare quel sentire collettivo il cui sgretolamento rappresenta proprio l’obiettivo principale del neo-revisionismo. Ce ne importa qualcosa delle debolezze e dei cedimenti del giovane Pratolini specie se, come sembra assodato, non ha mai compromesso né venduto nessuno? Forse che questo intacca la credibilità, la forza, la profonda verità delle sue storie, dei suoi personaggi? Non è stato lui stesso, attraverso opere come ‘Metello’ e ‘Lo Scialo’, a raccontarci la dura iniziazione alla vita passando per la vanità, i crolli morali, le lusinghe del potere e del denaro? E non è stato proprio lui, con la rottura del ’43 (quando raggiunse i partigiani a Roma), a dimostrare come arriva per tutti, prima o poi, il momento in cui ci si può riscattare sciogliendosi dai compromessi e dall’inerzia? Gli schizzi di fango non riusciranno a sporcare quelle pagine… G.V. pagina precedente Le guerre odierne non finiscono mai, anche perché spesso non hanno lobiettivo di uccidere il nemico ma di colpirlo creando una moltitudine di mutilati, impedendogli di usare i mezzi di sostentamento, colpendo la sua economia. Le mine antiuomo rispondono perfettamente a questi obiettivi: creano uninfinità di amputati, infestano i campi, i corsi dacqua, le strade. In Cambogia come in Angola, in Afganistan come nel Kurdistan (e in molti altri Paesi) le mine sono state disseminate a milioni, durano nel tempo e colpiscono generazione dopo generazione, con un carico di dolore immenso. In Cambogia, 25 anni di guerra hanno lasciato sul terreno dagli 8 ai 10 milioni di mine (stima della Croce Rossa internazionale). Da qualche tempo il paese sta cercando una via di pacificazione e la gente sta tornando ai villaggi. Ma ritorna dovendo fare i conti con quella particolare forma di economia che è lagricoltura del campo minato. Dello sminamento, unattività che a differenza della semina delle mine, è costosissima, lenta e molto rischiosa, si occupa una grossa impresa locale con il supporto di agenzie internazionali. Nel distretto di Samlot, sta disinfestando 4 strade e 16 metri quadri per ciascuna delle 147 famiglie che sono tornate a vivere qui. 16 mq puliti, così potranno costruirsi la casa dice il direttore di questo progetto. Cecilia Strada allora ha chiesto e la terra da coltivare? come mangeranno?. La risposta è stata: Ah quella se la smineranno da soli. In questo distretto lunico presidio sanitario accessibile è un posto di primo soccorso di Emergency, con un medico, infermieri, farmaci, unambulanza. È qui che un giorno sono arrivati Sok, 8 anni e la sua nonna. La nonna di Sok è una donna di cinquantanni, che sembra averne cento: ha visto Pol Pot, ha lavorato nelle risaie, ha perso il padre e il marito, è stata nei campi di sterminio e nei campi profughi. Ora vive nella Cambogia minata. Lei, la figlia e il nipote camminano in fila indiana nella giungla per cercare piante e frutta da mangiare; quando unesplosione devastante riempie ogni cosa. Sok è a terra coperto di sangue. Le fiamme hanno bruciato mani, terra, volto, capelli, occhi e vestiti. Ma lei prende Sok in braccio e cammina fino al posto di primo soccorso. Qui Sok viene stabilizzato e trasferito allospedale Emergency di Battambang, sottoposto a un intervento delicato. Le braccia e il torace sono pieni di schegge. Due dita sono da amputare. Dopo due ore, alluscita della sala operatoria il chirurgo dirà: vivrà, ma gli occhi sono andati. Sok è rimasto 10 giorni nella corsia pediatrica, zitto e immobile, ad abituarsi al buio. Con la nonna sempre accanto, a tradurre per lui quel mondo nuovo. Emergency ha poi invitato le agenzie cambogiane e internazionali, a vedere, e a vedere da vicino, cosa significa per il popolo cambogiano sminare da soli. [la storia di Sok è raccontata da Cecilia Strada, in Fiori di guerra, Ed CoopGiunti, 2002] A Firenze contattare Lorenzo Casi: 339404900 www.firenzeperemergency.it Lavorare per la solidarietà Stanno lavorando alacremente per il nostro quartiere ma i proventi del loro lavoro non se li metteranno in tasca perché li devolveranno per una straordinaria operazione di solidarietà. Sono i ragazzi delloperazione Mato Grasso, giovani che sfruttano le ferie o le vacanze universitarie per impegnarsi in lavori socialmente utili; i fondi così guadagnati vanno a finanziare gli interventi a favore delle popolazioni indigene del Mato Grosso. I ragazzi del Mato Grosso hanno presentato un piano di interventi sul territorio del Q.4, concordato con i tecnici del quartiere, che lamministrazione comunale ha finanziato per un importo complessivo di 7.500 euro. I lavori, già in corso, consistono nellimbiancatura della scuola media Pirandello e nel rifacimento della staccionata nel parco di Villa Strozzi. Loperazione Mato Grosso è cominciata nel 1967 con una spedizione a Poxoreo (Brasile), per iniziativa di un sacerdote salesiano, padre Ugo De Censi, si è poi estesa in Ecuador, Perù e Bolivia. Adesso conta più di 80 spedizioni, nelle quali svolge tante attività educative e caritative a favore dei giovani e delle famiglie. L"asse portante" del movimento sono i giovani che fanno gruppo in Italia lavorando nel tempo libero (imbiancature, verniciatura persiane, lavori agricoli, raccolte viveri, medicinali etc.) e che si recano come volontari in missione. Tutto il ricavato dei lavori viene interamente donato ai poveri. Lo spirito dellOperazione Mato Grosso è: lavorare anziché chiacchierare, cercare di cambiare un po se stessi e misurare le proprie capacità non sui desideri e sulle parole ma sul lavoro e sulla vita. Sabato 8 e domenica 9 novembre, presso i locali della parrocchia di Santa Maria a Mantignano, grande vendita di mobili dantiquariato, giochi, curiosità, vestiti, libri, dischi, cocci, organizzata dai ragazzi delloperazione Mato Grosso. Info: Operazione Mato Grosso, Oratorio don Bosco, via Adua, Reggio Emilia, 0522920144; Offerte: c/c n.1670/21- Cab 1614, Abi 3512 Credito Artigiano Milano Stelline, intestato a Associazione don Bosco 3A (onlus) pagina successiva