Il mondo stretto attorno alla Francia “Bisogni” di

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Il mondo stretto attorno alla Francia “Bisogni” di
Anno IV - Numero 268 - Venerdì 13 novembre 2015
Direttore: Francesco Storace
Roma, via Giovanni Paisiello n. 40
Lo scontro
Lo scandalo
Il caso
Renzi-De Luca:
braccio di ferro?
Parentopoli
grillina in Sicilia
Prima tassa e case:
parola alla Consulta
a pag. 2
Fruch a pag. 9
Zappa a pag. 3
IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA SCUOTE IL MONDO NELLA NOTTE E MINACCIA SANGUE OVUNQUE
di Francesco Storace
ivampa la paura, il mondo è atterrito. Il mostro
islamico è tra noi e provoca distruzione e morte
senza risparmiare nessuno. La nottata di ieri sarà ricordata
a lungo per il terrore senza precedenti esploso a Parigi, decine
di morti, oltre centosessanta, tra
una sala concerto e nelle strade:
esplosioni, kamikaze, sparatorie e
una drammatica presa d’ostaggi
in sei diversi attacchi nel cuore
della capitale. Il procuratore di Parigi Francois Molins in nottata
aveva parlato di almeno 120 vittime. Ma il bilancio rischia di essere
molto più grave.
Il massacro è stato siglato dall’Isis,
che nel suo delirio parla di “11
settembre francese”: “La Francia
manda i suoi aerei in Siria, bombarda uccidendo i bambini, oggi
beve dalla stessa coppa”, si legge
sul canale Dabiq France, la rivista
francese dello Stato islamico. L’annuncio di sangue è condito dalla
minaccia globale: non finisce qui,
adesso “tocca a Roma, Londra e
Washington”. Il presidente Francois
Hollande ha dichiarato lo stato
d’emergenza, chiuso le frontiere
e annullato il suo viaggio in Turchia
per il G20. Il governo ha decretato
il piano Alpha Rouge (Alfa Rosso),
un livello di allerta mai toccato
prima e che corrisponde al livello
“attentati multipli”.
Parigi si presenta in queste ore
come una città deserta, blindata
dalla polizia, lo spavento è generale. La popolazione è invitata a
starsene in casa.
Il primo attentato è stato segnalato
nel X arrondissement, in una brasserie nel quartiere tipico dei ristoranti kosher. Dieci morti a quanto sembra, poi i terroristi - come
in un vero e proprio raid - sono
ridiscesi verso l’XI e il XII arrondissement, a pochi metri dalla redazione di Charlie Hebdo, insan-
D
PAURA GLOBALE
La follia islamica si abbatte su Parigi, strage senza fine: oltre 160 morti
guinata dagli attentati del 7 gennaio. Lì, nella sala da concerti Bataclan - dove c’era il tutto esaurito
per un concerto rock del gruppo
americano “Eagles of death metal”
- tre terroristi, secondo il racconto
dell’agenzia Ansa, al grido di “Allah è grande” hanno aperto il
fuoco sul pubblico, facendo “tra i
sessanta e i cento morti”, secondo
l’ultima stima diffusa da fonti di
polizia. “Ci uccidevano a uno a
uno, c’è sangue ovunque, è una
carneficina”, ha raccontato terrorizzato un testimone che è riuscito
CROCEFISSI NO, CRISTO NELL’URINA SÌ
a scappare. A mezzanotte passata,
le teste di cuoio hanno fatto irruzione nel locale, portando in salvo
decine di persone in evidente
stato di shock, e uccidendo i tre
jihadisti.
Sul posto sono accorsi il presidente
Hollande e il premier Manuel Valls,
insieme ai ministri dell’Interno e
della Giustizia, Bernard Cazeneuve
e Christiane Taubira.“Faremo una
guerra implacabile al terrore”, ha
promesso il presidente.
Intanto, a Saint-Denis, allo Stade
de France, tre esplosioni scuote-
vano i 50mila presenti all’amichevole Francia-Germania. Giocatori
e spettatori sono rimasti a lungo
prigionieri nello stadio, mentre
fuori era il caos. Immediatamente
evacuato il presidente Hollande,
che assisteva alla partita in tribuna
d’onore. Il bilancio parla di almeno
sei morti in esplosioni di polvere
da sparo mista a chiodi in una
brasserie e altri due siti adiacenti
allo stadio. La polizia ha riferito
di due kamikaze. Moltissimi i feriti.
Un’altra sparatoria è avvenuta a
rue de Charonne, altri colpi di
arma da fuoco a boulevard Beaumarchais e a Faidherbe, tutti e tre
luoghi a pochi metri da place de
la Bastille.
Oggi la città di Parigi e l’intera
regione saranno bloccate: scuole,
università e musei resteranno chiusi. Intanto, la prefettura lancia attraverso i social network un appello ai testimoni degli attacchi,
chiedendo aiuto nelle indagini.
Alcuni attentatori, riferiscono diversi media Oltralpe, sarebbero
ancora in fuga.
Il terrore continua.
DAGLI USA ALLA GERMANIA, DALL’ITALIA ALLA RUSSIA I MESSAGGI DI VICINANZA
Il mondo stretto attorno alla Francia
l mondo che non conosce sonno, consapevole di un’esplosione di violenza che
deve avere una risposta. In tutto il mondo.
Quello che sta accadendo a Parigi “è un attacco non solo al popolo francese ma a
tutta l'umanità e ai valori che condividiamo”:
sono queste le parole del presidente americano, Barack Obama, lanciate in diretta tv
dalla Casa Bianca. “Siamo vicini ai francesi
nella lotta al terrorismo”. E ancora: “Quelli
che pensano di poter terrorizzare i francesi
o i valori che condividono, sbagliano”, ha
aggiunto.
La cancelliera tedesca Angela Merkel è stata
altresì tra i primi ad intervenire: “Sono profondamente scioccata dalle notizie e dalle
immagini che arrivano da Parigi. In queste
ore, i miei pensieri vanno alle vittime di
questi attacchi evidentemente terroristici, ai
loro cari e a tutti gli abitanti di Parigi”.
Per quanto riguarda l’Italia, il Presidente
della Repubblica Sergio Mattarella ha detto:
I
“Bisogni”
di fede
a pag. 4
“Apprensione e forte dolore per gli attentati
a Parigi”. Poi in una lettera a Hollande ha
scritto: “L’orrore che sta sconvolgendo la
capitale francese e tutto il Paese lascia esterrefatti e sgomenti. È una nuova ferita profonda
nel cuore della Francia, della libertà, della
democrazia”. Matteo Renzi ha dapprima
commentato brevemente sui social network,
poi ha comunicato ufficialmente: “L’Italia
piange le vittime di Parigi e si unisce al
dolore dei fratelli francesi. L’Europa colpita
al cuore saprà reagire alla barbarie”. Il
premier è rimasto a Palazzo Chigi da dove
sta seguendo i fatti di Parigi. Alle 9.30 presiederà la riunione straordinaria del Comitato
nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica
che è stato convocato dal ministro dell’Interno
Angelino Alfano. Quest’ultimo ha sentito il
capo della Polizia Alessandro Pansa e ha disposto subito l’innalzamento dei livelli di sicurezza in tutta Italia. Il Viminale ha riferito
che l’antiterrorismo italiano è in costante
contatto con i corrispondenti francesi.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha espresso
sostegno e solidarietà al Presidente François
Hollande e a tutto il popolo francese dopo i
terribili attentati che hanno colpito la città.
Lo ha riferito il portavoce del Cremlino
Dmitri Peskov. “La Russia condanna con
forza questi brutali omicidi ed è pronta a
fornire qualsiasi tipo di collaborazione nelle
R.V.
indagini”, ha fatto sapere Peskov.
2
Sabato 14 novembre 2015
ATTUALITA’
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ROMPE IL SILENZIO SULLO SCANDALO ESPLOSO A NAPOLI
Scatta l’ora del “Vincenzo stai sereno”
Il temporeggiatore Renzi usa per il presidente campano le stesse parole dedicate tempo fa a Marino:
“Se ne è capace, deve amministrare”. Le precedenti ruggini tra il premier e l’ex viceministro ai trasporti
di Robert Vignola
ttenti al lessico renziano:
perché se è vero che il
premier sul caso De Luca
ha rotto il silenzio (religiosamente osservato durante
la sua inutile trasferta maltese sul
tema immigrazione), non lo ha fatto
per dimostrare coraggio. Coraggioso
sarebbe stato infatti prendere le difese
con forza del governatore e del “suo”
Pd. E coraggioso sarebbe stato d’altra
parte prendere le difese del “suo”
Pd, scaricando però un governatore
che, ogni ora che passa, si fa sempre
meno difendibile. La via di mezzo
scelta da Renzi è invece degna di
Quinto Fabio Massimo, detto “cunctator” (il temporeggiatore), quello
cioè che da console evitò scientificamente di affrontare Annibale.
A
Il nemico che il premier non affronta
è evidentemente lo stesso De Luca.
Simpatie tra i due ex sindaci (di Firenze e Salerno) non ve ne sono, e
questo non è un mistero. Ma il massimo che Renzi ha sinora fatto, in
opere, contro De Luca è la sospensione da governatore della Campania,
presentata come atto dovuto e poi
annullata (guarda caso) proprio per
effetto delle decisioni del tribunale
di Napoli, ora al centro di una bufera.
Bufera che, oltre confine, avrebbe
causato un rotolamento di teste da
entrare nel guinness dei primati. In
Italia invece, per ora, ci si limita al
trasferimento (non già alla sospensione, se non all’arresto per evidente
possibilità di reiterazione del reato)
del giudice coinvolto, e, appunto, alle
parole su De Luca.
Come quelle pronunciate ieri. “Piena
fiducia nella magistratura e resto
convinto che De Luca possa e debba
governare la Campania”. E ancora:
“Abbiamo molta fiducia nella magistratura, ma il presidente della regione ha la titolarità, il diritto e il dovere di governare quella terra. Siamo
assolutamente certi che il mandato
che ha ricevuto sia pieno e che, di
conseguenza, ha davanti a sé sfide
di grande impatto, perché la Campania è una regione chiave per il futuro del Sud e del Paese”. Inoltre:
“Pur rispettando valutazioni e polemiche, leggo di imbarazzi e discussioni che rispetto, non mi muovo
dalla solita posizione: De Luca governi. Ho detto in passato, rispetto
ad altre persone, se ne è capace. Lo
confermo”. Qui casca l’asino: perché
quel passato è riferito a Ignazio Marino, un illustre defenestrato dallo
stesso Renzi, non appena gli scandali
causati dal primo cittadino di Roma
hanno portato schizzi di fango sull’immagine dell’intero Pd nazionale.
E guarda caso, tra i primi “imbarazzi”
che sono stati resi noti ci sono quelli
di Stefano Esposito, il senatore mandato, con l’ultimo rimpasto, a controllare cosa facesse in giunta Marino.
Lo stesso senatore che ha appunto
levato la sua voce chiamando ad una
riflessione dentro al Pd su De Luca.
Il temporeggiatore Renzi, però, lo
scontro diretto non lo accetta. E la
sua voce suadente la usa anche,
dopo l’avvertimento assai sottile sulla
condotta da tenere da parte dei suoi
sullo scandalo campano, per adulare
il governatore campano. “Se c’è una
persona che può fare della Terra dei
Fuochi e di Bagnoli una sfida decisiva
questa è De Luca: sono certo che
con De Luca queste due partite saranno sbloccate”.
Basta questo a chiudere il caso? Impossibile. In primo luogo perché l’ex
sindaco di Salerno ha un carattere
talmente vulcanico da renderlo imprevedibile. In secondo luogo perché
sa benissimo cosa lo attende ora: un
tambureggiante assedio di seconde
file del Pd che con lo stillicidio cercheranno di logorarlo per convincerlo
ad andarsene. È proprio De Luca che
ha già provato sulla sua pelle cosa significa: il giorno che Renzi, all’indomani della sua vittoria alle primarie
del Pd, salì da Napolitano a riferire
(era il dicembre 2013), la sua fedelissima deputata Pina Picierno andò
a cercare l’allora sindaco di Salerno
per dirgli che doveva dimettersi dalla
carica di viceministro alle infrastrutture,
perché due cariche erano troppe.
Non servì convincerlo: quando a febbraio Renzi acquisì la sua… seconda
carica (cioè presidente del consiglio,
oltre che segretario del Pd), non riconfermò De Luca. Sono dettagli, evidentemente; come quella pacca sulle
spalle partita poco prima del cambio
nei confronti dell’allora premier Letta:
“Enrico, stai sereno”. Vale anche per
Vincenzo? Chissà…
LA REPLICA
Da De Luca una risposta zen:
“Sono un monaco buddista”
on perde la bussola, Vincenzo De Luca. Si tiene
stretta la poltrona aspettando che passi la buriana. E lo
fa in modo… zen. “Siamo tranquilli, sereni, avremo il diritto
e dovere di tutelarci in tutte le
sedi. In questo periodo non do
neppure un'occhiata ai giornali
e spengo la televisione, per una
ragione politica, per non farmi
distrarre. Gli effetti collaterali
di queste campagne montate,
perché io non so niente di niente delle persone chiamate in
causa, sono distrazioni dal lavoro e non deve accadere. Per
questo rimuovo tutto, quasi da
monaco buddista”.
N
Riguardo ai richiami di Renzi su
Terra dei Fuochi e Bagnoli, il governatore non prevede ritardi e
anzi avanza la tesi del complotto:
“Ma fa che proprio questo ha
creato qualche preoccupazione
in qualche ambiente? Il fatto cioè
di aver cominciato a capire che
in Campania si volta pagina?. Ho
la sensazione - ha aggiunto - che,
alla fine di questa montagna di
polemiche e avventure giornalistiche, avremo solo una montagna
di chiacchiere o invece qualcosa
di preoccupante: un tentativo di
pressione o ricatto nei confronti
della Regione. In un caso e nell’altro io e la Regione Campania
siamo parte lesa”.
R.V.
BARI, GLI ATTI DEL PROCESSO IN PROCURA: “POTREBBE AVER INTRALCIATO LA GIUSTIZIA”
Caso Escort, Berlusconi di nuovo sotto tiro
Condannati Tarantini e la Began, esclusa dal tribunale l’associazione a delinquere e respinte al mittente
le richieste di risarcimento danni. La D’Addario la prende male: “Non mi resta che il suicidio”
di Marcello Calvo
ccanimento giudiziario.
Non può definirsi in altro
modo il continuo e infinito
attacco della magistratura italiana
nei confronti di Silvio Berlusconi.
Che adesso rischia di finire al
centro di un’altra indagine ai
sensi dell’articolo 377 del codice
penale (intralcio alla giustizia).
L’ultima offensiva arriva dal Tribunale di Bari, che nel processo
“Escort” ha condannato a 7 anni
e 10 mesi di carcere Giampaolo
Tarantini (ritenuto responsabile
di aver favorito il giro di “accompagnatrici” a favore di Berlusconi per “corteggiarlo”, con
l’obiettivo di entrare nelle sue
grazie) e a 16 mesi Sabina Began,
“l’ape regina” delle feste organizzate nelle residenze dell’allora
premier tra il 2008 e il 2009.
Trasmettendo gli atti alla procura
per l’eventuale (e a questo punto
probabile) azione penale nei con-
A
fronti del leader di Forza Italia
(non imputato in questo processo).
Una forzatura, l’ennesima, che
probabilmente si riferisce alla
mancata presentazione in aula
di Barbara Guerra (l’ex concorrente del reality tv la “Fattoria”
che nel processo Ruby bis ha
dichiarato di ricevere un assegno
mensile da 2.500 euro da parte
di Berlusconi “perché dopo il
danno d’immagine che ho subito
non ho più lavorato”), mai esibitasi in udienza nonostante le
ripetute sollecitazioni del tribunale. Per avere la conferma, occorrerà aspettare le motivazioni
di sentenza, che scioglieranno
ogni dubbio. Tant’è, per il momento viene da chiedersi perché
prendersela ancora (e sempre)
con l’ex Cav per via dell’atteggiamento insubordinato di una
ragazza che per aver disertato
l’aula è stata pure condannata a
versare 400 euro di ammenda?
Pure per altri testi – le ragazze
(e non solo) portate da Tarantini
nelle case di Berlusconi “affinché
si prostituissero” - il tribunale
ha inviato gli atti in procura con
l’ipotesi di falsa testimonianza:
si tratta di Vanessa Di Meglio,
Sonia Carpentone, Roberta Nigro,
Ioana Visan, Barbara Montereale
e Dino Mastromarco, l’ex autista
di “Giampi”.
Dal processo, un altro verdetto
importante che ridimensiona i
sospetti della procura con i giudici
che nel formulare la sentenza
(arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio), non hanno
riconosciuto il reato di associazione a delinquere rispedendo
al mittente le richieste di risarcimento danni da parte di chi s’è
costituito parte civile, prime fra
tutte Patrizia D’Addario, la escort
barese da cui è partito tutto lo
scandalo delle cene eleganti. Che
ha reagito in modo disperato
alla pronuncia del tribunale. Fuori
dall’aula la donna ha pianto a
dirotto davanti alle telecamere
lasciando presagire al peggio:
“Non mi resta – l’allarme lanciato
- che il suicidio”.
Dalle scene in stile Beautiful alle
altre condanne. Mano pesante
dei giudici pure nei confronti
dell’imprenditore Massimiliano
Verdoscia (3 anni e 6 mesi) e il
pr Pierluigi Faraone (2 anni e 6
mesi). Assoluzione, al contrario,
per Letizia Filippi (showgirl ed
ex fidanzata di Cristiano Ronaldo),
Francesca Lana (già “miss Billionaire”) e Claudio Tarantini,
fratello dell’eccellente imputato.
Tra stangate e proscioglimenti,
accuse cadute e minacce di farla
finita per sempre, nel processo
“Escort” la magistratura torna
alla carica e mette nuovamente
nel mirino il nemico di sempre,
Silvio Berlusconi.
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n° 286 del 19-10-2012
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Sabato 14 novembre 2015
ATTUALITA’
A RAGUSA SPINTA AL PASSO INDIETRO STEFANIA CAMPO, SOSPETTATA DI AVER FAVORITO IL MARITO
Parentopoli a 5 Stelle, si dimette assessore grillina
L’esponente pentastellata nel mirino per presunte pressioni esercitate su una coop legata al Comune per far assumere il coniuge
di Marco Zappa
na presunta parentopoli
a 5 Stelle, che costa le dimissioni all’ormai ex assessore alla Cultura e ai
Beni culturali del Comune
di Ragusa, Stefania Campo, grillina
di ferro. Costretta al passo indietro
dopo le polemiche esplose durante
un acceso consiglio nel corso del
quale le opposizioni l’hanno accusata
di aver favorito il marito, assunto da
una ditta appaltatrice di un servizio
in convenzione col Comune.
Decisiva, ai fini della cacciata, una
interrogazione presentata da due
consiglieri del Pd che hanno chiesto all’amministrazione guidata dal
5Stelle Federico Piccitto di riferire
in aula “circa le notizie di stampa
riguardanti le pressioni esercitate
dalla Campo per far assumere un
proprio congiunto in una coop che
si occupa della lettura dei contatori
idrici”. Chiarimenti mai avvenuti
che non hanno impedito però alla
“cittadina” pentastellata di abbandonare irrevocabilmente la Giunta.
Una decisione presa forse dall’alto
al termine di una riunione fiume,
U
nel corso del quale parecchi consiglieri e attivisti hanno sostenuto
la necessità che rimanesse al pro-
prio posto. Con la “base” che ha
però deciso di sacrificare la Campo a cui non è rimasto altro da
fare che presentare le dimissioni
al primocittadino. “Prendo atto –
le parole di Piccitto – di una deci-
sione sicuramente da apprezzare
e rispettare, che per l’ennesima
volta dimostra la diversità del nostro mondo di intendere il servizio
alla città”.
E meno male! Se è vero che gli addebiti mossi nei confronti della grillina sono tutti da dimostrare, è vero
anche che il M5s non ci ha messo
nulla a mollarla. Con un gesto che
non può lasciare indifferenti. E che
porta a pensare come da parte
dell’ex assessore forse qualche interessamento verso la posizione
del marito, poi assunto da una cooperativa, probabilmente c’è stato.
Se così non fosse sarà il tempo (o
perché no la magistratura) a stabilirlo. Con il sindaco che per il momento ha deciso di tenere le deleghe attribuite alla Campo in attesa
che si faccia chiarezza su una vicenda davvero oscura. Che getta
ombra sui grillini e su quella questione morale questa volta sventolata
in faccia dal Pd.
Gli anticasta a parole alle prese con
un presunto conflitto di interessi,
proprio quello che il M5s vorrebbe
affossare in Parlamento. Un paradosso.
CONFERMATA IN VIA DEFINITIVA DALLA CASSAZIONE LA CONDANNA A SEI ANNI E MEZZO
Peculato, Acierno finisce dentro
Spese personali con i soldi dell’Ars e della Fondazione Federico II di cui era direttore, l’ex deputato
vicino a Cuffaro e Miccichè s’è presentato spontaneamente davanti al carcere Pagliarelli di Palermo
di Marcello Calvo
onfermata in via definitiva
dalla Cassazione la condanna a 6 anni e 6 mesi
di carcere per l’ex deputato regionale e nazionale Alberto Acierno, colpevole di peculato per le
spese pazze con i soldi dell’Assemblea Regionale Siciliana (Ars)
e della Fondazione Federico II
C
di cui era direttore.
Non ha aspettato nemmeno che
la Suprema Corte trasmettesse
alla procura di Palermo l’ordine
di esecuzione. L’ex parlamentare
s’è presentato spontaneamente
davanti all’entrata del carcere Pagliarelli per scontare il suo debito
con la giustizia. La pena è di sei
anni e mezzo, a cui vanno tolti i
tre previsti dal condono e i 79
giorni che ha già trascorso in
custodia cautelare ai domiciliari.
Conti alla mano, dovrà scontare
poco più di tre anni. Una beffa,
che gli impedisce, almeno in questa fase, di chiedere attraverso i
suoi legali l’affidamento in prova
ai servizi sociali. Beneficio che
potrà forse ottenere solo quando
la pena scenderà sotto i tre anni.
Confermata pure la pena acces-
soria dell’interdizione perpetua
dai pubblici uffici e del risarcimento di 102 mila euro alla Fondazione e di altri 42.000 all’Ars,
che s’erano costituiti parte civile
nel processo.
Tutto ha inizio nel 2009, quando
Acierno finisce ai domiciliari a
seguito di un’inchiesta delle Fiamme Gialle. La procura siciliana
accusa l’allora parlamentare di
essersi indebitamente appropriato
di denaro della Fondazione Federico II, utilizzando per scopi
strettamente personali le carte
di credito che gli erano state
concesse per fini istituzionali.
Ma non solo. Gli inquirenti gli
contestano pure di essersi intascato parte dei fondi assegnati
al Gruppo Misto da lui presieduto.
In tutto 150 mila euro.
Nel 2010 prova a patteggiare,
con l’accordo della pubblica accusa, una pena di due anni e
due mesi. Richiesta che però il
giudice dell’udienza preliminare
(Gup) non ritiene congrua. Da
qui prima il processo davanti al
tribunale, poi la conferma della
pena in appello e, per concludere,
il bollo della Cassazione. Fino
alla presentazione spontanea davanti alle autorità giudiziarie.
Eletto per la prima volta all’Ars
nel listino di Salvatore Cuffaro
per Acierno, finito al vertice della
Fondazione Federico II nel 2006
pure per volontà dell’allora governatore siciliano Gianfranco
Miccichè, si aprono le porte del
carcere.
GLI INCIDENTI PIÙ GRAVI A NAPOLI: SETTE I FERITI TRA MANIFESTANTI E FORZE DELL’ORDINE
“Buona scuola”, scontri e bandiere del Pd a fuoco
B
andiere del Pd date alle
fiamme. E poi il corollario dei soliti scontri.
Con un bilancio che, nella fattispecie da Napoli, raggiunge
i sette feriti: quattro tra le forze
dell’ordine e tre fra i manifestanti. Ma tafferugli e tensioni
si sono verificati anche a Milano, Roma, Torino nelle altre
manifestazioni indette contro
la “buona scuola”, la riforma
varata dal governo.
A Napoli i quattro feriti tra le
forze dell’ordine hanno riportato delle contusioni e sono
stati giudicati guaribili in tre
giorni. Uno dei tre manifestanti
feriti, invece, è stato curato all’ospedale. Due giovani sono
stati condotti in Questura per
accertamenti e per entrambi
è scattato il fermo di polizia
giudiziaria.
A Roma era in programma il
corteo indetto da Unicobas,
Anief, Cub, Cobas, Usi Surf. Gli
studenti si sono poi riuniti in
assemblea a piazza del
Pantheon. Erano partiti, insieme
ai lavoratori della scuola, dal
Miur ed erano arrivati fino al
parlamento. Nello spostarsi verso il Pantheon, sono stati bloccati in via in Aquiro da un cordone di agenti delle forze dell’ordine, con qualche tensione.
A Milano i momenti più caldi
al corteo degli studenti contro
la riforma della scuola si sono
registrati in via Pola, dove i dimostranti hanno cercato di raggiungere la sede del Miur: gli
agenti hanno respinto i giovani
che a quel punto hanno ripreso
il regolare percorso.
A Torino, nel corso della protesta è stata bruciata una bandiera
del Pd, sortendo l’indignazione
dehli esponenti della locale
giunta, guidata da Fassino.
R. V.
4
Sabato 14 novembre 2015
ATTUALITA’
L’OPERA SCANDALO DI UN FOTOGRAFO STATUNITENSE PATROCINATA DA REGIONE TOSCANA E MIBAC
Dal Vangelo secondo il Pd: Cristo nell’urina
Al Photolux Festival di Lucca verrà esposto un “capolavoro” che ritrae un crocifisso immerso
in un bicchiere di pipì – La protesta dei leghisti e il silenzio del ministro Franceschini
di Marco Zappa
al Vangelo secondo il Pd: Cristo
nell’urina. E la chiamano pure
“arte”. Sì, blasfema. Ha davvero
dell’incredibile il “capolavoro” che
potrà essere “ammirato” - dal prossimo 21 novembre fino al 13 dicembre - al
Photolux Festival di Lucca in cui verrà esposta
D
una fotografia realizzata dallo statunitense Andres Serrano, che ha immortalato un crocifisso
immerso in un bicchiere pieno di pipì.
Un ritratto vergognoso, che verrà mostrato
nell’evento patrocinato dalla rossa Regione
Toscana e addirittura dal ministero per i Beni
culturali guidato dal democratico Dario Franceschini. Che senza alcuna vergogna stanno
contribuendo alla promozione di una “opera”
profana che andrebbe condannata aspramente
anziché essere incoraggiata.
Uno scandalo in piena regola che non sembra
preoccupare minimamente né il governatore
Enrico Rossi, tantomeno il compagno di
partito che presiede il Mibac. Nei dépliant
che pubblicizzano il Festival campeggia il
logo della Regione, che probabilmente – la
speranza – non era a conoscenza di tutti i ri-
tratti che verranno esposti durante
la campagna. Al contrario di due
attentissimi esponenti politici locali
leghisti, che hanno svelato la “sorpresa”. I consiglieri regionali Manuel Vescovi ed Elisa Montagnini,
attraverso una nota hanno dichiarato
come sia “inammissibile sostenere
iniziative di questo genere, dove
vengono esibite opere che offendono pesantemente il cristianesimo. Attraverso un ritratto che umilia
Cristo e rende omaggio all’Islam”.
Con il Carroccio che ha già annunciato di voler organizzare un
presidio davanti alla sede della
mostra per esprimere totale dissenso verso questa iniziativa, invitando i cittadini toscani a partecipare in massa a questa “pacifica
protesta che vuole difendere le
nostre profonde radici cristiane”.
Non s’è fatta attendere la replica
del direttore del Festival, Enrico
Stefanelli, secondo il quale lo scatto
ha tutto il pieno diritto ad essere
esposto “perché non è nato come
un oltraggio o una contestazione
del Cristo”.
Dichiarazioni rispettabili, non certo
condivisibili. Se è vero che le premesse non
erano quelle, le intenzioni si sono rivelate
ben altra cosa. Guardare per credere.
Davvero inquietante, il silenzio del ministro
Franceschini. Che dovrebbe spiegare il motivo
– davvero misterioso – che ha portato il “suo”
ministero a sostenere un’opera di così basso
gusto che altro non rappresenta che un’offesa
a Cristo.
IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE ESPONE IL SIMBOLO DELLA CRISTIANITÀ NELLA SUA STANZA
Affissioni riparatrici e distinguo a sinistra
Eugenio Giani: “Sbagliato non portare i bambini a Bellezza divina”. Ma assolve “l’artista del piscio”
NOVITÀ
di Robert Vignola
ffissioni e distinguo. Il
presidente del consiglio
regionale della Toscana,
Eugenio Giani, è (va da sé) del
Pd. E proprio mentre il territorio
è attraversato da due roventi
polemiche sull’uso che si fa del
simbolo della cristianità, ieri ha
convocato una conferenza stampa durante la quale, in pompa
magna, ha mostrato un crocifisso
appeso nella sua stanza. Un’icona
orientale, nella fattispecie. Atto
riparatore per il Cristo nell’urina
di Lucca, che proprio la Regione
Toscana ha pensato bene di patrocinare? O per il Cristo (peraltro
di Chagall, mica di qualche ultimo
arrivato d’oltreoceano) negato
di Firenze?
“Quando devo leggere sui giornali che ci sono insegnanti che,
nel nome della laicità e del rispetto delle altre religioni arrivano a mascherare ai bambini il
crocifisso, vivo dentro di me
una sensazione di sdegno. Lo
dico da laico. Proprio il rispetto
verso ciò che quella cristiana
ha significato per la costruzione
della civiltà europea così com’è,
io oggi metto il crocifisso nella
A
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mia stanza”, ha detto Giani ai
giornalisti convocati. Il primo
pensiero è quindi al caso della
scuola elementare di Firenze,
"Matteotti", che ha bloccato una
visita alla mostra "Bellezza divina"
a palazzo Strozzi al fine di evitare
di urtare la suscettibilità dei non
cristiani. “Rivendico quella tolleranza - ha aggiunto il presidente
- che è propria di Firenze e della
Toscana, verso le altre religioni
e credenze. Il crocifisso allora è
bene che stia nella stanza del
presidente del Consiglio regionale toscano, e che ci stia, come
direbbe Dante, ''a viso aperto''”.
Un bel pensiero: ma cosa pensa
allora Giani della mostra, che
tanto ha fatto discutere nei giorni
scorsi, "Cristo di piscio" a Lucca
che vanta anche il patrocinio
della Regione Toscana? È qui
che arrivano i distinguo. “Personalmente la trovo un’iniziativa
di cattivo gusto, però quando si
parla di questo genere di eventi
sono costretto a riscontrare che
ognuno fa ciò che ritiene”. Rispetto alla manifestazione lucchese, quindi, altra cosa è “la
moda di voler togliere i crocifissi,
che non va a riferirsi solo alla
Chiesa cattolica ma è un dispetto
a tutto ciò che è la nostra storia.
La storia di una civiltà europea
che si è fondata su quella cristiana. Sia dei credenti che dei
non credenti. Io poi sono credente e se vedo degli insegnanti
che pensano di poter trasmettere
i migliori valori ai bambini negandogli di andare a una mostra
d’arte dove ci sono dei crocifissi,
allora io, da presidente del Consiglio della Toscana, metto il
crocifisso nella mia stanza”, ha
ribadito. “È l’ora di smetterla
con il nichilismo verso la nostra
storia”, scagliandosi ancora con-
tro la scelta delle elementari fiorentine ''Matteotti''. “Questa non
è laicità. Io la nostra storia la
voglio vedere e far vedere. Questo con tutto il rispetto e la tolleranza verso chi ha credenze
diverse”.
Ecco, appunto: ritiene Giani che
la tolleranza (valore in cui si riconosce) verso il cristianesimo
(altro vlore che sbandiera) sia
stata rispettata da questo “artista” statunitense pagato (indirettamente) con i soldi della Regione? Ai posteri l’ardua sentenza.
5
Sabato 14 novembre 2015
ESTERI
GLI USA CERCANO DI RIFARSI UN’IMMAGINE NELLA LOTTA AI TAGLIAGOLE CON L’ANNUNCIO DELL’UCCISIONE DEL BOIA
“Jihadi John è morto”: ma la guerra continua
I curdi liberano la città yazida di Sinjar e tagliano i collegamenti tra Raqqa e Mosul, le due roccaforti dell’Isis
In Iraq le milizie sciite assediano Ramadi, in Siria ancora raid russi. Ma Putin lamenta la scarsa collaborazione
di Robert Vignola
ventolare Jihadi John
per mostrarsi attivi
sul fronte più calco
del pianeta: quello
contro i tagliagole
islamici. Grande clamore è
stato dato quindi alla notizia
che il boia protagonista dei
filmati con le esecuzioni dell’Isis, è stato ucciso in un raid
aereo statunitense in Siria. Seguendo un collaudato sistema,
fonti militari “di alto livello” lo
hanno reso noto alla Bbc, parlando di “elevato grado di
S
certezza”. Secondo altre fonti,
in particolare quelle dell’Isis,
Jihadi John sarebbe ferito ma
ancora vivo. Sulla preziosissima notizia si è pure fiondata
Sky, citando testimoni oculari
a Raqqa hanno riferito a Sky
di aver visto portare il jihadista
in ospedale. Visto che il nosocomio è stato chiuso subito
dopo, e che questo tipo di
misura viene adottata solo
quando muore un alto grado
militare, la morte del rifugiato
arrivato in Gran Bretagna
vent’anni fa (un fantastico spot
per lo ius soli e l’accoglien-
za…) sarebbe confermata.
Tutto molto rassicurante per
l’opinione pubblica occidentale: ma la guerra non si fa distruggendo solo i simboli,
bensì le infrastrutture. Ben altro
sarebbe quindi il peso dell’altra notizia che arriva dal
fronte del “Daesh”, cioè di
quella porzione di territorio
mediorientale che, per effetto
delle guerre Nato in Iraq e
della destabilizzazione della
Siria a suon di primavere arabe, è finita sotto il controllo
diretto dell’organizzazione terroristica di stampo sunnita. I
peshmerga, cioè le milizie
armate curde, hanno infatti
conquistato Sinjar, città dalla
posizione strategica nel Nord
Ovest dell’Iraq. Si tratta di un
centro della minoranza yazida,
quella contro cui sarebbero
stati perpetrati eccidi da parte
dell’Isis, perché considerati
adoratori del diavolo per via
della loro religione monoteista
esoterica. Situata tra Mosul e
Raqqa, la città è quindi un
nodo fondamentale per le comunicazioni tra le due roccaforti del Califfato, che ora
sarebbe quindi spaccato in
due. La presa di Sinjar è stata
preceduta, secondo le solite
fonti militari, da un martellamento aereo della coalizione
a guida statunitense e ora la
bandiera del Kurdistan, sogno
geopolitico dei peshmerga,
sventola sulla città.
Di natura strategica altrettanto
importante è l’offensiva per
la liberazione di Ramadi. A
portarla avanti insieme all’esercito regolare iracheno
sono, e questa è la novità,
milizie sciite di Al-Hashd AlShaabi (gruppo armato di
mobilitazione popolare, secondo la traduzione dall’arabo). Qui l’esito della battaglia,
combattuta casa per casa, è
ancora incerto, ma a perdere
posizioni è sempre l’Isis.
E la Russia? Non se ne sta
con le mani in mano, per
quanto le notizie dei successi
militari dell’asse con l’esercito
siriano vengono accolte solo
col contagocce dalla stampa
occidentale. Nei 107 raid condotti su 8 province siriane in
48 ore sono stati colpiti 289
obiettivi in mano a terroristi,
tra gruppi dell’Isis e di al Nusra (al Qaeda). Quest’ultima
organizzazione sta cercando
di respingere l’assedio delle
forze di Damasco ad Aleppo.
Ma come è evidente da tutte
queste notizie, il vero limite
è che manca un’organizzazione comune tra chi ha detto
di voler combattere l’Isis e
chi lo sta facendo. Cosa che
anche ieri il presidente russo
Vladimir Putin ha denunciato.
“Avevamo informato in anticipo la parte americana e i
dirigenti della Nato dell’inizio
delle operazioni di guerra.
Speravamo che ci sarebbe
stato almeno uno stretto coordinamento, normale in tali
casi, con i militari e gli esperti
della coalizione internazionale guidata dagli americani,
pur considerando tutte le differenze di principio, in merito
alla crisi siriana, che esistono
tra l’approccio della Russia
e quello degli Stati Uniti. La
reazione da parte dei partner
americani e occidentali è
stata piuttosto fredda: anche
se si potrebbe pensare che
l’Isis e gli altri analoghi gruppi
estremistici, che stanno operando in Siria, rappresentino
per i nostri paesi una minaccia indubbiamente comune”,
ha registrato Putin. Ma evidentemente non è così. All’America, e alla stampa occidentale, interessa più di
“Jihadi John”.
ORRORE IN GERMANIA
Il cimitero dei neonati
scoperto in Baviera
a scoperta avvenuta
in una cittadina della
Franconia, la regione
a nord della Baviera, ha
sconvolto tutta la Germania. Otto corpicini di altrettanto neonati sono stati
scoperti all’interno di una
sauna usata come magazzino in un appartamento
della cittadina di Wallenfels, circa tremila abitanti.
Ad allertare le autorità era
stata una nuova inquilina
della villetta, che ha trovato uno dei cadaveri.
Quando la polizia scientifica è entrata nell’abitazione, a quel corpicino se
ne sono aggiunti pian piano altri. In tutto, come detto, otto le sale ritrovate, in
pessimo stato, sulle quali
è stata immediatamente
L
disposta l’autopsia.
La ex inquilina e presunta
madre delle vittime, una
donna di 45 anni, è ora ricercata. Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, e anche da numerose testate giornalistiche
accorse sul luogo del macabro ritrovamento, Andrea
G. avrebbe vissuto in quella
abitazione con il marito per
18 anni. Durante la quale
avrebbe dato alla luce i tre
figli noti della coppia.
Avrebbe tuttavia nascosto
diverse gravidanze: andandosene a settembre, dopo
una furibonda lite, avrebbe
anche urlato contro il marito (secondo il racconto
di un vicino) di aver nascosto dei figli. Evidentemente era vero.
R. V.
NEL MEDITERRANEO È IN ATTO ANCHE UNO SCONTRO TRA I SISTEMI DI RILEVAMENTO DELLE MAGGIORI POTENZE MONDIALI
Richag spegne i radar della Nato
di Tatiana Ovidi
A
ncora alta la tensione tra la
Nato e la Russia. Dopo le
burrascose polemiche legate allo sport e al doping - che
stanno mettendo a rischio i mondiali
di calcio che erano programmati
a Mosca - torna ad essere il Mediterraneo il "campo di battaglia".
Gli atlantici denunciano la presenza e l'uso da parte dell'esercito
di Putin di radar accecati, danni
ai sistemi elettronici di gestione
e interferenza alle riprese satellitari con una "bolla" dal diametro
di 600 chilometri. Insieme al sistema di difesa aerea "S-300" a
bordo dell'incrociatore russo al
largo delle coste di Latakia, questi
due sistemi costituiscono, per definizione del generale Philip Breed-
love, comandante americano della
Nato in Europa, la "bolla russa" in
Siria. E a seguito del funzionamento
di questo sistema, l'Alleanza atlantica si è ritrovata di fatto accecata
in un raggio di 600 chilometri a
partire dal centro della base russa
di Latakia.
Parliamo di un tipo di arma segreta
russa, schierata in Siria, che gli
americani ed i suoi alleati ancora
non riescono a capire. Si presume
che i russi abbiano usato una tecnologia simile al sistema "Richag",
ma a quanto pare la sua funzionalità
è molto più estesa. La versione
tattica di questo sistema era stata
presentata ai giornalisti lo scorso
aprile in Russia. Ricordiamo che
il sistema "Richag" è montato sull'elicottero.
Ora si sostiene che non esista
alcun modo di neutralizzarlo. Le
sue contromisure elettroniche sono
studiate per accecare i radar, sonar
ed altri sistemi di rilevamento con
lo scopo di difendere gli aerei,
elicotteri, droni ed altri sistemi di
difesa terrestri e delle forze navali
in un raggio di diverse centinaia
di chilometri. "Richag" può essere
montato su qualsiasi tipo di armamento delle forze armate, compresi elicotteri e aerei, così come
sulle unità terrestri e navali.
Inoltre secondo il generale Breedlove, "oltre al Baltico e al Mar Nero,
i russi ci hanno tolto la visibilità
nel Mediterraneo." Washington
ancora non ha dimenticata la missione fallimentare della nave USA
"Donald Cook" nel Mar Nero e
questa situazione nel Mediterraneo
preoccupa non poco la Casa Bian-
ca. I russi hanno praticamente alzato un muro intorno al Mare Nostrum, tenendo fuori "il grande
fratello" occidentale.
E non a caso la potenza militare
russa ha fatto cambiare atteggiamento agli Stati Uniti. I muscoli
mostrati da Mosca hanno davvero
impressionato Washington.
Gli analisti politici e militari rilevano che nell'ultimo periodo non
ci sono stati interventi a "gamba
tesa" contro il rappresentante di
Mosca alle Nazioni Unite Vitaly
Churkin da parte dei suoi colleghi
americani. Inoltre sono cambiati
il tono e il contenuto dei discorsi
di John Kerry riguardo la Siria e
l'Ucraina. Il capo della diplomazia
americana non chiede più l'allontanamento immediato di Assad
e addirittura rimprovera il regime
di Poroshenko di non rispettare
gli accordi di Minsk. E come sempre Mosca offre una risposta calma
e adeguata alle accuse, dimostrando, ancora una volta, di coniugare
forza militare e acuta e paziente
diplomazia.
Tutto mentre ora i media statunitensi rinfacciano ad Obama tutto
quello che diceva contro Mosca,
ovvero di "aver fatto a pezzi l'economia russa" e che "la Russia è
una potenza regionale".
L'America sembra alle corde, mentre Putin è stabile al centro del
ring, dove sta assestando colpi fatali sia all’Isis che allo strapotere
occidentale, sotto il quale pure il
Califfato era così comodamente…
nato. Magari gli spettatori europei
la smetteranno di tifare per gli
atlantici.
6
Sabato 14 novembre 2015
STORIA
CONCILIARE LA FEDE E L A RAGIONE, L A TRADIZ IONE REL IGIOSA DE L PASSATO E LA LIBERA ATTIVITÀ
DEL PENSIERO DEL L A SUA OPERA DI PERENNE CREAZIONE DELL'AVVENIRE
La composizione Stato-Chiesa,
pietra miliare della nostra storia
La Cristianità come valore irrinunciabile, da difendere ancora oggi con tenacia e passione
di Emma Moriconi
A
bbiamo lasciato in sospeso, nella
scorsa puntata di questo speciale, il ragionamento sulla composizione
tra Stato e Chiesa, che
non riepilogheremo qui
neppure nei tratti essenziali, visto che è argomento che abbiamo già
più volte trattato, ma sul
quale vale la pena almeno
in questa sede riferire ciò
che scrive Balbino Giuliano: "Noi in fondo - dice
- abbiamo riconosciuto
che l'educazione non può
avere il suo fondamento
sulla negazione religiosa
senza negare se stessa:
naturalmente aggiungiamo che deve avere il suo
fondamento nell'affermazione religiosa non certo
per chiudere il pensiero
in una determinata concezione teologica, ma per
dargli il senso sacro della
vita ed una nuova luce intellettuale a comprenderne e attuarne il significato ideale. Noi abbiamo
insomma - continua - aperta all'anima la via per
risolvere una contraddizione più profonda di
quella che travaglia lo Stato, e conquistare un'armonia più alta della sfera politica: per conciliare
cioè la fede e la ragione, la tradizione religiosa
del passato e la libera attività del pensiero della
sua opera di perenne creazione dell'avvenire".
È un breve concetto che abbiamo scelto di
riferire ai nostri lettori perché contiene in poche
righe il principio di una sintesi importante,
quella tra fede e ragione, che riescono in questa
ottica ad andare insieme, l'una nel rispetto dell'altra. Si tratta di un conflitto importante che finalmente viene sanato, una pietra miliare della
nostra storia che resta immobile e che non si
può scalfire, nonostante i ripetuti tentativi di
adombrarla di un alone diverso e non positivo.
Del resto, a questo tipo di "operazioni" siamo
ormai abituati, guardando alla nostra storia, soprattutto quando parliamo del Fascismo. Gettando, poi, uno sguardo all'epoca odierna cosa che facciamo spesso quando parliamo
delle vicende storiche della nostra Patria occorre rilevare come, soprattutto negli ultimi
tempi, ci sia stato un continuo e sfacciato tentativo
di svilire la religione cristiana, e il fatto che
questo avvenga in Italia, Patria della Cristianità,
è qualcosa di inconcepibile. Si tende, un po'
per fare notizia e un po' per scardinare certi
valori che resistono - nonostante tutto - da
millenni, di ridicolizzare con la blasfemia il
credo cristiano. Di segnali ve ne sono a bizzeffe,
a cominciare con quello che sembra un innocente
divertimento - Halloween - per arrivare a spet-
tacoli teatrali di indiscussa immoralità, fino alle
manifestazioni incresciose che ci accade di essere costretti a vedere nelle strade e nelle
piazze, dove l'offesa ai simboli sacri sembra diventato uno sport in voga. Ecco, tutto questo va
combattuto con forza, con tutto l'impegno di
cui siamo capaci, ne va dei nostri valori, della
nostra storia, della nostra civiltà. La Chiesa cattolica - nonostante i noti episodi che ne hanno
evidenziato alcuni aspetti sicuramente da condannare - è la detentrice di quei valori insindacabili che occorre difendere a tutti i costi, oltre
che della cultura millenaria dell'umanità tutta,
sotto tutti i punti di vista. Al di là, infatti, di certi
aspetti esteriori della Chiesa e di certi comportamenti che giustamente sollevano l'indignazione popolare, resta l'esempio di Gesù
Cristo: il fatto che ci siano, oggi come in passato,
Suoi Ministri che non ottemperano alle regole da
Lui segnate per noi uomini, non può deviare dalla via giusta: occorre invece affermare con inflessibilità che il Suo
esempio non può e non
deve essere dimenticato.
Torniamo quindi di nuovo
indietro nel tempo, e a
sfogliare ancora alcune
delle pagine che formano
il testo oggetto della nostra
analisi di questi giorni,
quello dedicato alla cultura fascista di Balbino
Giuliano, che dopo aver
affrontato il tema della
composizione tra la Chiesa e lo Stato passa a parlare della gerarchia, ed è
estremamente interessante ciò che dice a questo
proposito: "Finché noi concepivamo l'uomo come
individualità materiale, ed
il suo diritto egoistico
come principio e fondamento dei rapporti sociali
e della loro sistemazione
giuridica, si capiva che
l'ideale ultimo della società umana dovesse essere l'abolizione delle gerarchie, ed un'assoluta
uguaglianza: siccome col progresso sociale doveva a poco a poco scomparire il dovere dell'uomo verso lo Stato, logicamente doveva scomparire anche l'autorità del Sovrano che in nome
dello Stato rappresentava quel dovere ed aveva
il diritto di imporlo agli altri. La verità politica
era espressa dalla somma dei voleri individuali,
e quindi il metodo unico di ricerca della verità
era l'elettoralismo parlamentare. Presso tutte le
amministrazioni infatti pullulavano i parlamentini
che tendevano ad assorbire il potere esecutivo
dei funzionari statali. Il Parlamento poi si avviava
a diventare l'unico vero sovrano dello Stato e il
Ministero viceversa si andava riducendo ad un
grane ufficio di segretariato incaricato di eseguire
il volere della maggioranza parlamentare".
L’UOMO NON È SOLO MATERIA, È SOPRATTUTTO SPIRITO: OCCORRE QUINDI RESPINGERE IL LIVELLAMENTO DELLE INDIVIDUALITÀ
Sul concetto di uguaglianza
Quanto alla nozione di regime, “la potestà sovrana deve assurgere
dalla profonda coscienza del popolo alla sommità dello Stato”
Q
ualche breve considerazione
a proposito di questo ultimo
passaggio di Giuliano, prima
di proseguire, va fatta. Breve perché in realtà verterebbe sul concetto di uguaglianza del quale abbiamo già parlato a lungo e in più
di un'occasione. L'uguaglianza assoluta, stante ciò che abbiamo già
espresso altrove, è evidente che
non esiste, non può esistere. Dunque perde di senso anche tutto
ciò che sottosta a questo concetto.
Occorre appena ribadire che
quando diciamo che l'uguaglianza
non esiste, non parliamo naturalmente della necessità di eguali
diritti ed eguali doveri che fanno
capo a ciascuno, il quale concetto
è assolutamente corretto e giusto,
sebbene spesso purtroppo non si
assiste al suo concretizzarsi. Piuttosto, occorre parlare di uguaglianza nella diversità: ed è ovvio
che ciascuno è diverso dall'altro,
non migliore e non peggiore in linea di principio, ma sicuramente
diverso. Dire il contrario è affermare una falsità. E sul concetto di
uguaglianza e sull'uso - e abuso che se ne è fatto nei secoli, per
ora riteniamo di poterci fermare
qui. Anche perché sullo stesso
concetto Giuliano dice altre cose
interessanti che vale la pena riportare: "Come noi abbiamo spiegato ormai più che a sufficienza dice -, l'uomo non è solo materia
ma è essenzialmente spirito; e il
principio fondamentale dei rapporti sociali e della loro sistemazione giuridica non è il materiale
egoismo dell'individuo, come si è
già detto avanti, ma è un ideale,
bensì immanente nel cuore dell'individuo, ma più alto del suo
egoismo e più ampio della sua individualità: un ideale che crea in
lui una necessità fatta d'amore e
di dovere, che lo spinge verso le
sfere superiori dove l'Io esula nel
donarsi ad un valore universale.
Noi quindi respingiamo come una
pericolosa follia il concetto di
un'assoluta uguaglianza livellatrice
dell'individualità. Dov'è spirito è
differenza, e vi è quindi gerarchia
di dignità. Nel progresso sociale il
dovere dell'uomo ed il corrispondente diritto dello Stato, lungi dall'essere abolito, dovrà essere sempre perfezionato, per modo che le
attività dell'individuo vengano a
coordinarsi in forma sempre meglio
confacente allo sviluppo delle persone umane e all'attuazione della
loro verità più profonda. La giusta
uguaglianza non è quella che livella
le stature e identifica diritti e doveri,
ma quella che dà agli uomini maggiore o minore autorità e più o
meno alto diritto di comando, secondo il diverso grado di comprensione dei doveri, e secondo
le varie capacità di dirigere le attività e determinare i loro rapporti
giuridici ai fini segnati dagli ideali
che illuminano la vita". Poi Giuliano
parla di "regime", sottolineando
come "noi non sogniamo certo un
regime in cui la potestà sovrana
annulli il volere del popolo come
negli antichi regimi assoluti, anteriori alla grande rivoluzione, che
tra la fine del Settecento e il principio dell'Ottocento ha posto nella
volontà umana il fondamentale
principio dei valori", provvedendo
a difendere l'autorità sovrana dello
Stato, garanzia - con certi presupposti naturalmente - di ordine, di
civiltà e di argine contro l'anarchia
e specificando che "la potestà sovrana deve assurgere dalla profonda coscienza del popolo alla sommità dello Stato, e quindi per mantenere il suo vigore deve sapersi
ripiegare fino sentire il contatto
col suo principio originario, come
Anteo doveva ritrovare la forza del
suo corpo gigantesco al contatto
con la terra". Ecco, ancora un aspetto affascinante che si può ritrovare
quando si vanno a rispolverare
certe vecchie carte, è il rinvenire
qua e là certi richiami classici che
conferiscono agli scritti quel po'
di poesia e la giusta allegoria di
un'epoca trascorsa che è parte della nostra storia.
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7
Sabato 14 novembre 2015
DA ROMA E DAL LAZIO
IL GOVERNO STANZIA 200 MILIONI DI EURO PER L’ANNO SANTO, CHE INIZIERÀ L’8 DICEMBRE
Giubileo, “habemus” fondi
Presentato il piano di Fs. Botta e risposta tra Gabrielli e monsignor Fisichella
l governo Renzi ha partorito
i fondi per il Giubileo della
Misericordia, stanziando 200
milioni di euro per la sanità,
le iniziative sul trasporto, il
decoro e per l’inizio dell’Anno Santo.
Un finanziamento giunto in ampio
ritardo, a due settimane esatte dalla
nomina di Francesco Paolo Tronca
a commissario straordinario del
Campidoglio.
“Saranno messi a disposizione del
commissario”, ha spiegato Claudio
De Vincenti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
L’8 dicembre Papa Francesco aprirà
la prima porta santa, fra meno di tre
settimane. Ben 23 sono i cantieri ancora aperti.
Subito dopo lo stanziamento dei 200
milioni di euro, è andata in scena
un’altra riunione della cabina di regia
tra Governo e Santa Sede. Alla quale
ha partecipato anche Nicola Zingaretti: “Credo che ci sia un ulteriore
investimento di 18-20 milioni sul trasporto e altro alla sanità”, ha spiegato
I
il presidente della Regione Lazio al
termine dell’incontro.
L’annuncio dello stanziamento dei
fondi ha risvegliato anche Ignazio
Marino, ex sindaco di Roma.
Il 27 agosto scorso, il governo dichiarò che non avrebbe stanziato
nemmeno un euro per il Giubileo,
“ora cosa è cambiato?”, si è chiesto
Marino su Facebook.
Ieri, intanto, Ferrovie dello Stato hanno presentato il piano per il Giubileo.
Sulle tempistiche dei lavori del Giubileo c’è stato un botta e risposta
tra il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, e il presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione della
nuova evangelizzazione, monsignor
Rino Fisichella.
“Noi guardiamo all’8 dicembre - ha
detto Gabrielli - ma poi abbiamo
una tempistica che avrà soprattutto
in primavera gli appuntamenti più
significativi e impegnativi”.
“Forse sarebbe utile non guardare
più ai tempi stagionali - ha affermato
Fisichella - Il prefetto ha fatto richiamo
alla primavera ma le stagioni si stanno
abbreviando, stanno cambiando, caro
prefetto, e nel 2016 Pasqua sarà alla
fine di marzo, il che vuol dire che
per tanti lavori che dovranno essere
realizzati la data di Pasqua è piuttosto
in alto e quindi sarebbe importante
che anche la città di Roma sia veramente pronta a questa sfida”.
A seguire, la controreplica di Gabrielli: “Avevo parlato degli appun-
tamenti più significativi - ha detto che saranno in primavera e anche
in questo caso, se il calendario non
mi tradisce, la primavera almeno da
un punto di vista di calendario è il
21 di marzo, quindi perfettamente
in linea con quel che dicevo. Noi in
primavera dobbiamo essere prontissimi”.
Roma Tiburtina, Roma Aurelia, La
Storta, Fiumicino e Ciampino saranno
le principali stazioni di interscambio,
dotate di parcheggi e servizi che
permetteranno facili soluzioni di
viaggio, con oltre mille treni, per chi
arriverà a Roma in autobus, in auto
o in aereo, così da decongestionare
il traffico della Capitale. La stazione
Tiburtina sarà la principale porta di
accesso alla città, che sarà dotata di
un parcheggio, circa 130 stalli, per i
pullman turistici provenienti dall’A24.
I pellegrini potranno raggiungere
San Pietro grazie ai collegamenti
della linea FL3 (Tiburtina - San Pietro), ai quali si aggiungerà dal 29
novembre una frequenza giornaliera
di tre treni l’ora fra Tiburtina e Roma
San Pietro. Che aumenteranno nelle
giornate di sabato e festivi, con 18
treni in più. Nel pacchetto sono presenti anche sei collegamenti nazionali: 2 Frecciabianca da/per Genova,
2 treni Intercity Sestri Levante Napoli e 2 treni Notte da/per Torino.
La stazione più grande d’Italia, Termini, è stata invece sottoposta a interventi straordinari.
LA TESTIMONIANZA AL GIORNALE D’ITALIA – GRAVI ACCUSE RIVOLTE AL MUNICIPIO III
“Firma o niente assistenza”, lo Stato contro i disabili
Fabrizio Bartoccioni, tetraplegico al 100%, denuncia “l’atteggiamento ricattatorio”
di cui è stato vittima: “Da gennaio, corro il rischio di perdere tutto il sussidio”
Firma o ti togliamo tutto”.
Sarebbe questo il diktat di
cui è stato vittima Fabrizio
Bartoccioni, 38 anni, tetraplegico
al 100%. Non muove né gli arti
inferiori né le mani. E’ costretto
a vivere sulla sedia a rotelle per
tutto il resto della vita. E’ stato
vittima di un incidente, Fabrizio.
Necessita di un’assistenza giorno
e notte. Per fortuna, ha al suo
fianco i genitori che lo aiutano
come possono, anche economicamente.
Come previsto dalla legge, Fabrizio percepisce un’assistenza.
Ora gliela vogliono ridurre di
qualche centinaio di euro. Se
non dovesse firmare, gliela toglieranno per sempre con l’avvento del nuovo anno: questa la
sua accusa. “Verifico un atteggiamento ricattatorio”, ha denunciato Fabrizio.
E’ un ragazzo d’oro. Dona la
propria vita per la raccolta fondi.
E’ il presidente nazionale della
Fondazione Vertical, il cui scopo
è chiarissimo: sostenere la ricerca
sulle lesioni del midollo spinale.
Per capirne di più, lo abbiamo
contattato telefonicamente, come,
“
incredibilmente, hanno fatto, a
suo dire, i servizi sociali del Municipio III di Roma Capitale.
Quale spiegazione le hanno
dato dal Municipio III?
Nessuna. Ho una tetraplegia ed
un’invalidità riconosciuta al
100%, quindi ho bisogno di
un’assistenza 24h su 24. Ho difficoltà di movimento degli arti
superiori e una paralisi a quelli
inferiori per cui ho necessità di
assistenza giorno e notte. Già
due anni fa ho chiesto un adeguamento perché l’assistenza è
insufficiente. Non mi basta. Quindi ho bisogno di un sostegno
alternativo, che ricevo dalla mia
famiglia. L’assistenza, che percepisco da dieci anni, mi ha permesso di crearmi una vita indipendente, costruita appunto su
questa certezza.
Ha ricevuto una comunicazione
cartacea dai servizi sociali?
No. L’altro giorno sono stato
contattato telefonicamente dal
Municipio. Ecco la prima lacuna:
non ho ricevuto una comunicazione scritta nero su bianco.
Quindi un preavviso. Le dirò
di più.
Prego.
Stiamo valutando con i miei avvocati un provvedimento legale,
c’è anche la possibilità di presentare un’interrogazione parlamentare.
Come è stato accolto?
Sono andato e mi hanno ricevuto
tre impiegati peraltro privi del
cartellino identificativo. Mi è stato
comunicato un taglio determinante e improvviso all’assistenza
domiciliare. La cosa drammatica
è che mi hanno messo davanti
un foglio di carta e una penna e,
nel caso non avessi firmato in
quel momento, mi sarebbe stata
tolta completamente tutta l’assistenza domiciliare a partire da
gennaio 2016. Ci rendiamo conto? Ma non è finita qui.
Cosa è accaduto?
Un altro fatto estremamente
grave riguarda il mancato accesso agli atti. Ho chiesto immediatamente il criterio di valutazione del mio caso. Non me lo
hanno permesso. Non mi hanno
fornito nessun materiale cartaceo,
né della convocazione né i criteri
di valutazione. Quindi, su quale
base è stato valutato il taglio?
Ovviamente non ho firmato. Ho
chiesto del tempo, mi hanno
concesso tre o quattro giorni al
massimo per riflettere. Altrimenti
la pratica sarebbe partita con
decorrenza gennaio 2016, perdendo tutto.
Lei chiedeva spiegazioni, le
hanno risposto?
Sì, che non ho firmato. Ribadendo che non hanno nessun materiale da fornirmi, quindi i criteri
di valutazione non ce li hanno,
ripetendomi continuamente che
applicheranno la legge. Stop. Si
tratta della delibera 335/2012
della giunta Alemanno a firma
di Sveva Belviso. Poi ho controllato ed effettivamente la delibera è del 2012. Sinceramente
mi interessa fino a un certo punto. Chiedo chiarimenti e gli atti.
Quali misure metterà in campo?
Devo capire se è un caso individuale oppure è la prassi. Ho
una percezione diversa essendo
un rappresentante nazionale della
Fondazione Vertical. Se questo
è il modus operandi che viene
perpetrato sulle persone disabili
e sugli anziani, messe alle strette:
“firmi o niente indennità”, può
darsi che qualcuno abbia firmato
per il timore di perdere l’assistenza. Non tutti hanno la lucidità
in quel momento di prendere
tempo e ragionare sulle contro-
misure. Dopo la mia denuncia
su Facebook ho ricevuto diversi
messaggi di comportamenti
analoghi dal Municipio III.
Bisogna verificare se tale situazione avviene nel resto della
città, in tutti i Municipi.
Vuole rivolgere un appello al
commissario Francesco Paolo
Tronca?
Certo. Iniziamo dal Municipio III
ma credo investa anche Roma
Capitale. Se questa procedura
viene applicata nei confronti delle
persone disabili e degli anziani,
sottolineo, qualora fosse così,
siamo di fronte a un atteggiamento non trasparente e ricattatorio. Tronca faccia chiarezza
sulle modalità, sui criteri di valutazione e pubblichi gli atti per
trasparenza. In generale se la
politica ci promette una rivisitazione dei fondi, poi però nell’-
effettivo non possono applicare
tagli lineari. Una rivisitazione significa anche un adeguamento
agli indici Istat. Ad esempio, percepisco lo stesso sussidio da
dieci anni che non è stato mai
adeguato. Inizialmente il contributo orario era di 70 centesimi,
adesso ha superato un euro. Ci
aspettavamo di essere convocati
per un adeguamento, non per
un taglio sulla spesa. La mia
scalata sociale ha raggiunto una
propria autonomia, grazie alle
conquiste di questi anni. Se
questo taglio dovesse diventare
effettivo pregiudicherà direttamente anche il mio lavoro che
svolgo come volontario all’interno
della Fondazione Vertical, che finanzia la ricerca scientifica ogni
anno, la quale raccoglie fondi
sulla paralisi.
Giuseppe Sarra
8
Sabato 14 novembre 2015
ECONOMIA
PALAZZO CHIGI SI RIVOL GE AL GARANTE DEL L A CONCORRENZ A E DE L MERCATO, ALLEVATORI IN PIAZZA
Latte, continua la protesta
Guerra mediatica tra Salvini e Martina. “Dorme e fa finta di niente”, attacca il leghista. E il ministro: “Dicci cos'hai fatto tu”
l governo Renzi non decide,
demandando all’Antitrust
qualsiasi valutazione sul
prezzo del latte, motivo di
scontro tra gli industriali e
gli allevatori. Sul tavolo del garante
della concorrenza e del mercato
sono arrivate quindi “le segnalazioni
ricevute in merito al rispetto delle
norme sui contratti di vendita del
latte e sull’applicazione dell’art. 62
che abbiamo rafforzato con la nostra
legge 91 di luglio”, ha comunicato
Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole.
Al centro del contendere, com’è
noto, la rivalutazione del prezzo del
latte “alla stalla”, fermo a 34 centesimi al litro. Un introito con cui non
vengono coperti nemmeno i costi
di gestione, pressoché invariati. Gli
allevatori hanno alzato la voce chiedendo almeno 41 centesimi al litro.
Niente da fare. Gli industriali fanno
orecchie da mercato. Propongono
di aumentare l’offerta di acquisto di appena
un centesimo in più, passando a 35 centesimi
al litro, oltre di far decadere l’indicizzazione
al prezzo tedesco previsto in alcuni contratti,
anche per il gruppo francese Lactalis, il “dominus” del latte, che controlla un terzo del
mercato del latte italiano. Equivalente, secondo
la Coldiretti, ad oltre 1,4 miliardi l’anno.
La crisi continua, mentre le trattative sono in
alto mare. Ieri gli allevatori sono tornati in
piazza manifestando davanti la sede dell’Antitrust con cartelli e striscioni con su scritto:
“Dalla stalla alla tavola il prezzo del latte aumenta 4 volte”, “Chi attacca il Made in Italy
attacca l’Italia”, “Stop alle speculazioni”, ma
anche “Antitrust, un silenzio assordante”.
“In Italia - denuncia la Coldiretti - occorre
I
dunque verificare l’esistenza di comportamenti
scorretti nel pagamento del latte agli allevatori
che hanno portato prima in Spagna e anche
in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, peraltro,
operano anche sul territorio nazionale”.
L’associazione si è poi soffermata sulle contromisure prese dalla Francia, dove “l’Antitrust
- ricorda la Coldiretti - ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie tra le quali Lactalis, Laita, Senagral e Andross Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era precedentemente
intervenuto anche l’Antitrust iberico che aveva
annunciato multe per un totale di 88 milioni
di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni),
Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Grupo
Lactalis Iberica (11,6 milioni)”.
Il Gruppo francese “ha tagliato i compensi
agli allevatori italiani che chiedono soltanto
che - sottolinea la Coldiretti - il prezzo a loro
riconosciuto sia almeno commisurato ai costi
di produzione che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro”, secondo l’analisi ufficiale effettuata
dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo
alimentare (Ismea, ndr) in attuazione della
legge 91 del luglio 2015.
La “guerra mediatica” è proseguita a colpi di
comunicati tra Matteo Salvini e governo.
“Renzi se ci sei batti un colpo”, ha attaccato il
leader del Carroccio, parlando agli allevatori
in piazza Cardusio a Milano, secondo cui “il
governo dorme e gli allevatori sono schiavi
delle multinazionali”. Rivolgendo un appello
IL PIL FRENA ALLO 0,2, SOTTO LE ATTESE. GLI OBIETTIVI DEL GOVERNO SONO A RISCHIO
La minestra è la stessa:
l’Italia cresce meno
ai consumatori italiani: “Comprate
e consumate solo latte Made in
Italy per aiutare così la nostra gente”, bollando Martina, bergamasco,
così: “Dorme e fa finta di niente”.
Il delegato alle Politiche agricole
non ci sta: “Ti aspetto al ministero”.
E critica: “Magari nell’occasione
potrai spiegarci cosa hai fatto tu
che da anni stai a Bruxelles come
parlamentare. Salvo adesso correre
ai presidi, come sempre, più per
le telecamere che per gli allevatori”,
rivendicando, tra i provvedimenti,
l’aumento della compensazione Iva
per le stalle.
E’ immediata la controreplica di
Salvini: “Puoi risparmiarmi il viaggio,
perché in dieci mesi l’unico risultato
che gli allevatori hanno ottenuto
grazie agli annunci del governo è
l’indebitamento, quando non la chiusura definitiva. Piuttosto - ha incalzato - ti aspetto io a Bruxelles per
vedere quello che combini”.
E sull’aumento della compensazione Iva per
le stalle, ha detto: “Sei l’unico bergamasco
che preferisce stare a Roma, evidentemente
perché dalle tue parti le aziende agricole
non se ne fanno nulla dell’aumento della compensazione Iva, con un prezzo del latte che è
diminuito del 20% in un anno, quando i costi
fissi sono pressoché invariati. Perché non lo
spieghi agli allevatori?”.
Quindi il leader della Lega ha concluso con
una battuta rivolta al presidente della Regione
Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani,
colpevole, a suo dire, di “non capire una fava”
in materia di latte perché, ha spiegato, “qui le
quote latte non c’entrano nulla. Qui si parla
del prezzo del latte. Informatela così evita di
fare figure di m…”.
AVVIATE SETTE ISTRUTTORIE SULL’AUTENTICITÀ DEI PRODOTTI
Olio, indaga l’Antitrust
Nel mirino: Gruppo Carapelli, Carrefour Classico,
Cirio 100% italiano, De Cecco Classico, Prima donna Lidl,
Pietro Coricelli Selezione e Santa Sabina
Renzi minimizza lo schiaffo economico con una battuta: “Negli ultimi
due dati Istat si è poi verificato un miglioramento, probabilmente porta bene”
A
nche l’Istat conferma le parole
del presidente
della Bce, Mario Draghi.
La crescita dell’Eurozona
resta lenta. E l’Italia non
accelera, anzi… nel terzo
trimestre dell’anno siamo
cresciuti appena dello
0,2% contro il +0,4% del
primo trimestre e il
+0,3% del secondo. Certo il dato su base annua
(+0,9% sullo stesso periodo del 2014) è il migliore dal
2011 e in aumento rispetto al trimestre precedente. Ma la flessione
è evidente.
Il governo Renzi si aspettava ben
altro, forte dei provvedimenti sbandierati in un lungo e in largo dall’Italia all’Europa. Tant’è che gli
addetti ai lavori avevano stimato il
pil italiano almeno allo 0,3%.
Un dato, e la matematica non è
un’opinione, che ha spiazzato ine-
vitabilmente anche il governo. Il
Mef ha previsto una progressione
dello 0,9% per l’intero 2015. Ad
oggi la variazione è dello 0,6%;
un punto decimale in più, invece,
lo prevede l’Istituto di ricerca. Vedremo a fine anno.
Intanto Matteo Renzi non ha potuto
altro che tornare sui suoi passi, digerendo l’ennesimo schiaffo economico con una battuta: “Speravo
in uno 0,3 comunque è il terzo tri-
mestre positivo, ma diciamo che negli ultimi due
dati Istat si è poi verificato
un miglioramento delle
previsioni, probabilmente
porta bene, non c’è due
senza tre”, ha detto il premier al termine del Consiglio dei ministri.
Una sorpresa negativa un
po’ per tutti, dagli analisti
di Unicredit alle associazioni di categoria. Perplessità anche dal mondo politico, da destra a sinistra passando
per il centro. Il coro è unanime: “La
crescita è ancora contenuta”.“Renzi
ha giocato d’azzardo e ci rimette
l’Italia”, è la critica di Forza Italia
per voce di Renato Brunetta.
Se il Pil non dovesse crescere almeno secondo le stime del governo, Renzi dovrà correre ai ripari
per disinnescare le clausole di salvaguardia. Come? Aumentando i
tributi?
e verifiche si allargano a macchia d’olio sull’autenticità dell’extra-vergine prodotto da sette aziende di caratura nazionale e
internazionale. Su segnalazione di
un’associazione di consumatori,
l’Autorità garante della concorrenza
e del mercato, l’Antitrust, ha avviato
sette istruttorie per presunte pratiche
commerciali scorrette, nei confronti
di alcune importanti aziende che
commercializzano olio in Italia.
Oltre a tre marchi del Gruppo Carapelli (“Carapelli Il frantoio”, “Bertolli Gentile” e “Sasso Classico”),
gli altri sono “Carrefour Classico”,
“Cirio 100% italiano”, “De Cecco
Classico”, “Prima donna Lidl”, “Pietro Coricelli Selezione” e “Santa
Sabina”.
L
Secondo quanto segnalato, a seguito
di test condotti dal laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e
dei Monopoli, le caratteristiche organolettiche e chimiche dei campioni
di olii sottoposti a verifica sarebbero
risultate inferiori ai valori previsti
per qualificare l’olio come extravergine di oliva.
“Queste condotte, una volta verificate e accertate, potrebbero integrare pratiche commerciali scorrette
- spiega una nota l’Antitrust - le indicazioni riportate sulle etichette e
nelle campagne pubblicitarie, per
prodotti che non corrispondono
alle caratteristiche qualitative dichiarate, sarebbero suscettibili di
indurre in errore i consumatori nelle
loro scelte d’acquisto”.
9
Sabato 14 novembre 2015
DALL’ITALIA
S UL L A BAT TAGLIA PARTITA DA PONTINVREA L A COMMISSIONE TRIBUTARIA CHIAMA IN CAUSA I GIUDICI DELLA CORTE ROMANA
Tasse sulla prima casa? Parli la Consulta
Il sindaco Camiciottoli: “Non ho fatto pagare Imu, Tasi e Tari ai miei cittadini perché le ritenevo
ingiuste. Ora che se n’è accorto pure Renzi, mi aspetto che la Costituzione ne sancisca l’illegittimità”
na questione di giustizia. Ed è per
questo che lui dal 2012 non fa pagare ai residenti del suo Comune
né Imu o Tasi sulla prima casa, né
Tari. Ora, a dargli ragione è anche
la commissione tributaria provinciale di Massa-Carrara che, con l’ordinanza 25 del 25
marzo 2015, ha inviato alla Corte Costituzionale
gli atti del ricorso contro la legge istitutiva
dell’Imu “per contrasto con gli articoli 53 e
42 della costituzione”.
La vittoria di una battaglia per del Sindaco di
Pontinvrea, Matteo Camiciottoli, esponente di
Fratelli d’Italia, accusato più volte in questi
anni di aver rinunciato a far pagare le tasse
solamente per farsi pubblicità. Evidentemente
così non è. Il primo cittadino del comune di
poco più di 850 anime nell’entroterra di Savona
ha portato avanti in maniera ferma ciò che ha
sempre sostenuto. “In questi anni ho sentito
tanti giudizi sul mio operato in merito a questa
battaglia – ha spiegato Camiciottoli a Il Giornale
d’Italia – e i migliori giudizi sono stati che
volevo farmi pubblicità. Ho incassato in silenzio,
oggi la mia soddisfazione è immensa anche
se non definitiva”.
I principi per cui lui si batte da tempo ora
infatti vengono per lo meno ascoltati, in un
momento in cui, come ricorda il sindaco, la
crisi sta attanagliando il paese. “È una questione
di giustizia verso cittadini, i quali già soffrono
una crisi che costringe a chiudere continuamente attività. Ogni giorno serrande vengono
abbassate grazie agli studi di settore – accusa
il primo cittadino – noi non abbiamo fatto altro
che muoverci con coscienza, cosa che evidentemente non ha fatto chi doveva semplicemente obbedire agli ordini imposti dall’alto”.
Ordini che, a distanza di anni, si scopre vanno
contro la Costituzione. A dar ragione a Matteo
U
Camiciottoli, oltre al popolo stanco di essere
spremuto da un sistema tributario killer, sono
anche gli articoli 42 e 53 della costituzione,
che chiariscono tra l’altro come “tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche in
ragione della loro capacità contributiva”.
“Com’è possibile far pagare l’Imu, oggi Tasi,
a un pensionato che con una vita di sacrifici
si è riuscito a costruire una casetta per lasciarla
ai suoi figli?” si domanda.
Non manca l’accusa ad un Governo che, evidentemente, per troppo tempo ha preso per i
fondelli il popolo ignorando anche articoli
messi nero su bianco. Camiciottoli si chiede
infatti come mai “il Presidente del Consiglio
si è affrettato a dichiarare in pompa magna
come il nuovo benefattore che riduceva le
tasse togliendo l’Imu. A marzo l’ordinanza del
tribunale e subito dopo il Premier, dopo aver
istituito anche quella per i terreni agricoli, la
cancella. Forse voleva evitarsi la solita figura.
Forse sapeva che sia lui che il Professor Monti
stavano rapinando gli Italiani calpestando la
Costituzione?” .
Un comportamento dal quale prendere le distanze. “Basta continuare a far politica sulle
spalle dei cittadini – spiega il primo cittadino
– è ora di finirla e di dare il colpo di grazia a
questo governo che si fonda su un Parlamento
illegittimo, come da sentenza porcellum”.
VENEZIA
Una battaglia per la legalità che deve partire
dalla Costituzione. “L’invito che faccio come
cittadino e come esponente politico, trattandosi
ora più che mai dell’esercizio di un diritto è
quello di non pagare questi illegittimi balzelli
e ricorrere contro gli accertamenti sollevando
l’eccezione di costituzionalità, le cause sul
punto dovranno essere sospese in attesa della
sentenza della Corte Costituzionale”.
Ora sarà l’organo giuridico a mettere parola
fine alla questione. “Spero che ci sia una sentenza di diritto e non politica”.
Insomma giudici chiamati a fare il loro mestiere,
senza nessun tipo di influenza. In questo modo
“non si potrà che accertare l’incostituzionalità
di questa odiosa imposta” conclude Camiciottoli.
Imposta di cui, lui l’ha dimostrato, se ne può
fare benissimo a meno. Da anni i cittadini nel
suo comune non pagano Imu o Tasi e Tari. E
le casse non ne risentono, anzi: si è ottenuto
un attivo di bilancio di 50 mila euro ed è stata
incrementata la raccolta differenziata al 64%.
Un operato che ha difeso a spada tratta, rischiando anche il commissario prefettizio per
non aver obbedito al decreto Delrio che imponeva ai piccoli centri di unirsi o almeno associare le funzioni amministrative, dall’anagrafe
alla ragioneria. Quello che lui aveva definito,
a suo tempo, “un falso risparmio, l’obiettivo
vero è creare Comuni che invece di essere
amministrati da liste civiche finiranno sotto il
‘cappello’ della politica”.
Il motivo pare facilmente intuibile. Avere un
sindaco pro-popolo e contro il governo è scomodo. Lo è stato Camiciottoli che ora però ha
incassato la sua prima battaglia: come finirà
la guerra, però, lo deciderà la Corte Costituzionale.
Barbara Fruch
CATANIA
Truffa ad anziani incapaci,
nei guai addetto all’assistenza
Tromba d’aria, i risarcimenti
dei danni tassati dal fisco C
assati dal fisco anche i risarcimenti da danni ricevuti
dopo quella tromba d’aria
dello scorso otto luglio che ha
travolto i centri di Mira e Dolo,
in provincia di Venezia. A essere
colpiti sono infatti gli indennizzi
assicurativi riscossi da coloro
che sono stati investiti dall’evento
catastrofico.
A riportare la notizia, che ha inevitabilmente fatto insorgere i sindaci dei Comuni protagonisti di
questa triste vicenda, sono i siti
del nord-est ‘Il gazzettino’ e ‘La
Nuova Venezia’. I danni sono
stati ingenti. Settantuno milioni
di euro tra Mira, Dolo e Pianiga.
A pagarne le spese maggiori le abitazioni private, ma anche aziende industriali, artigianali,
ed agricole, oltre ad esercizi commerciali.
Oltre il danno, la beffa che arriva dopo il
silenzio del Governo sulla richiesta di fondi, i
ritardi della Regione sui 6 milioni promessi e
l’imposizione fiscale sulle spese sostenute
per il ripristino della zona. Infatti al momento
gli unici soldi che sono arrivati sono quelli
raccolti dagli enti locali con collette di solidarietà
e quelli delle assicurazioni (per chi aveva stipulato polizze ad hoc).
Quest’ultime però andranno inserite nella di-
T
chiarazione dei redditi e quindi tassate. L’imprenditore o il cittadino che ha ricevuto un
indennizzo per case, capannoni o auto distrutte
dovranno pagare le tasse, come se avessero
fatto una vincita al superenalotto.
Una scelta che ha fatto insorgere inevitabilmente i sindaci dei Comini, che hanno parlato
chiaramente di presa in giro da parte dello
Stato. Riuniti giovedì per discutere la questione,
i primi cittadini hanno chiesto chiarimenti al
commissario delegato al tornado. Risposta?
La vicenda non è di sua competenza. “Creare
delle difficoltà a delle persone che hanno già
subito grandi danni – spiega il sindaco di
Dolo Alberto Polo - è da evitare
assolutamente. Tutto doveva essere studiato in modo che questi
problemi non si ponessero alle
persone colpite dalla devastazione
nelle abitazioni e aziende di proprietà. Il commissario delegato
ci ha risposto che il tema non è
di sua competenza, ma allora
qualcuno trovi una soluzione”.
Gli fa eco il sindaco di Pianiga
Massimo Calzavara. “Una vera
e propria presa in giro – afferma
– Ma come è possibile tassare
gli indennizzi assicurativi in una
calamità naturale? Arriviamo a
oltre 4 mesi di distanza per scoprire questi inghippi fiscali? Va trovata una
soluzione al più presto. Se necessario una
legge ad hoc come quella trovata per l’Emilia
Romagna”.
Il fatto non sarebbe una novità, come ricorda
Confindustria. “Purtroppo è così - spiegano
dall’associazione - anche i rimborsi assicurativi
sui danni del tornado sono sottoposti a tassazione, per questo già ad agosto e in un recente incontro con il sottosegretario Zanetti
abbiamo ribadito la nostra richiesta al Governo
di defiscalizzare le spese di ripristino dei
danni al tornado per le imprese colpite”.
B.F.
irconvenzione di persone incapaci e appropriazione indebita.
Con queste accuse la guardia di finanza ha arrestato
e posto ai domiciliari un
uomo di 52 anni di Mascali.
Le indagini dei baschi verdi di Acireale, nel catanese, hanno fatto luce sull’attività del “factotum” di
una struttura sanitaria di
un comune pedemontano,
convenzionata con l’Asp
e dedicata all’assistenza
di persone affette da gravi
disturbi psichici, che si è
appropriato di cospicue
somme di denaro, approfittando proprio del precario stato di salute mentale dei pazienti.
In quattro anni l’uomo è
riuscito ad appropriarsi
complessivamente di circa
140mila euro. In alcuni casi
il 52enne è arrivato a prosciugare completamente
i conti anche dopo il decesso dei pazienti.
Gli approfondimenti dei
finanzieri hanno consentito di appurare che l’arrestato - talvolta con l’ausilio di altri due dipen-
denti della struttura, allo
stato solo indagati - era
riuscito a inserirsi quale
cointestatario in numerosi
libretti postali riconducibili a diversi pazienti accuratamente selezionati
fra quelli privi di familiari
o congiunti. Peraltro, gli
assistiti non risultavano
nemmeno formalmente interdetti, e quindi non sottoposti alla sorveglianza
di un giudice tutelare, nonostante le patologie mentali sofferte non consentissero loro di attendere
alle normali attività della
vita quotidiana.
Attraverso indagini sui
conti correnti dell’arrestato e dei ricoverati presso
la struttura, sono stati rilevati e ricostruiti gli ingenti prelevamenti di somme di denaro contante che
non potevano essere neanche giustificati con il pagamento della retta della
struttura sanitaria, in quanto si trattava di degenti
per i quali l’Asp già versava l’intero importo dovuto per l’assistenza e il
ricovero.
10
Sabato 14 novembre 2015
DALL’ITALIA
BERGAMO
BERGAMO
Rapina in casa:
sequestrati per ore
Sparò ai ladri: arriva
la grazia parziale per Monella
Ad agire una banda dell’est
fuggita con un bottino di 35mila euro
L
egato, picchiato e sequestrato in casa insieme alla compagna
da una banda di malviventi.
Sono state tre ore di terrore
quelle che ha vissuto un
commerciante 56enne a Bottanuco, in provincia di Bergamo.
“Ho creduto che ci avrebbero uccisi” ha spiegato
l’uomo che è rimasto ferito
in modo non grave in una
colluttazione.
I rapinatori, sicuramente originari di un Paese dell’Est
Europa, cercavano la cassaforte, inutilmente, perché
non c’era e hanno dovuto
accontentarsi, si fa per dire,
di un bottino che supera i
35 mila euro. “Grazie a Dio
siamo ancora qui sani e salvi
- esclama il commerciante
a L'Eco di Bergamo allargando le braccia - Dico la
verità: abbiamo avuto paura
che alla fine, non avendo
trovato la cassaforte, quelli
ci avrebbero ucciso”.
Il tutto è iniziato verso le
19,15 di giovedì quando l'uomo e la sua compagna stavano rincasando dopo il lavoro. Ad attenderli c’erano i
ladri che hanno subito braccato l’uomo, colpendolo con
il calcio della pistola, ferendolo e puntandogli l'arma
alla fronte. “Mi hanno picchiato con i pugni e con il
calcio della pistola in testa,
quindi con il filo elettrico mi
hanno legato le mani dietro
alla schiena” ha spiegato.
Poco dopo è rincasata anche la sua compagna, coinvolta a sua volta nel sequestro. “Poi è entrata la mia
compagna. Loro hanno cercato di tranquillizzarla e
l’hanno consigliata di stare
calma e di non muoversi.
E con la pistola sempre
puntata alla fronte mi gridavano che volevano uccidermi. Volevano sapere
dov’era la cassaforte. Hanno fatto su di lei pressione
psicologica dicendole che
altrimenti avrebbero ammazzato me”.
Nonostante i ripetuti tentativi
di convincerli che in casa
non avevano alcuna cassetta
di sicurezza i ladri ci hanno
messo un bel po’ per cedere
e hanno continuato a minacciare la donna di uccidere
il compagno, allo scopo di
farle pressione. Dopo tre ore
di tensione i malviventi sono
fuggiti via con un bottino di
35mila euro.
Quella avvenuta nel bergamasco e solamente l’ultima
rapina che poteva finire in
B.F.
tragedia.
Il Capo dello Stato firma il decreto: ora potrà accedere
ai servizi sociali. Esulta la Lega: “Vittoria dei cittadini perbene”
L
a notte tra il 5 e il 6 settembre
del 2006 Antonio Monella,
imprenditore edile di Arzago
d'Adda (Bergamo), sparò e
uccise con un colpo di fucile un ladro
albanese di 19 anni che stava cercando
di rubargli l’auto dal garage di casa.
Per quell’episodio dall’8 settembre
dell’anno scorso l’uomo si trova rinchiuso nel carcere di Bergamo, dove
si è presentato spontaneamente quando è diventata definitiva la condanna
di terzo grado a 6 anni, 2 mesi e 20
giorni,emessa della Corte di Assise
di Appello di Brescia del 29 giugno
2012, confermata il 25 febbraio 2014,
per omicidio volontario. Ora, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato (ai sensi di quanto
previsto dall'art. 87 comma 11 della
Costituzione) il decreto con cui gli
concede la grazia parziale di due anni
di reclusione. La decisione tiene conto
del parere favorevole formulato dal
Ministro della Giustizia a conclusione
della prevista istruttoria. “Per effetto
del provvedimento – si legge in una
nota del Quirinale – all’interessato rimarrà da espiare una pena residua
inferiore a tre anni. Essa rientra dunque nell’ambito di applicabilità dell’istituto dell’affidamento in prova al
servizio sociale (art. 47 dell’Ordinamento penitenziario)”.
Monella a marzo 2014 aveva chiesto
la grazia al presidente Giorgio Napo-
GIALLO DI MARCHENO
Ghirardini è morto
avvelenato dal cianuro
vvelenamento da cianuro.
È questa la causa della
morte di Giuseppe Ghirardini, trovato senza vita il 18 ottobre dopo la scomparsa. A confermarlo sono gli inquirenti di
Brescia dopo l’esito degli esami.
Non sarebbe quindi morto per
cause naturali, come ipotizzato
in un primo momento. Nello
stomaco del lavoratore dell’azienda Bozzoli di Marcheno, il
cui proprietario Mario Bozzoli
è sparito a sua volta l’8 ottobre,
è stato trovato un oggetto, contenente un’anima di cianuro,
non naturale e che non si troverebbe sul mercato libero.
Secondo gli esami il cianuro
era dentro un baccello in silicato che l’uomo avrebbe in-
A
gerito bevendo. Al
momento comunque
non vi è nessuna ufficialità di correlazione tra l’involucro e
l’avvelenamento da
cianuro. Esclusa la
morte naturale, le
ipotesi sulle cause si
indirizzano su suicidio o omicidio.
L'uomo era stato rinvenuto senza vita il 18
ottobre scorso a Case
di Viso, sopra Pontedilegno, dopo la scomparsa risalente al mercoledì precedente,
giorno in cui era fissato il suo
nuovo interrogatorio davanti ai
Carabinieri che stavano indagando sulla misteriosa scomparsa del suo titolare. Il cadavere
dell’uomo fu trovato a qualche
chilometro dalla sua auto.
La scomparsa di Girardini, inizialmente, fu legata all’altra misteriosa sparizione, quella di
Bozzoli. E proprio su quest’ultimo continuano le ricerche di
tracce biologiche nell’azienda
di Marcheno (quelle all’esterno
furono sospese). Su richiesta
della Procura è iniziato lo svuotamento dei forni, disposta su
indicazione dell'anatomopatologa Cristina Cattaneo.
litano che aveva avviato la pratica di
esame della richiesta, ora accolta.
“Nel valutare la domanda il Capo
dello Stato ha tenuto conto del comportamento positivo tenuto dal condannato durante la detenzione (iniziata
l’8 settembre 2014) e della circostanza
che il percorso di educazione sino a
ora compiuto potrebbe utilmente proseguire - se la competente Autorità
Giudiziaria ne ravvisasse i presupposti
- con l’applicazione di misure alternative al carcere”.
L’imprenditore, oggi 49enne, sparò
dopo che quattro malviventi si erano
introdotti nell’abitazione prendendo
le chiavi della sua auto, un Mercedes.
Prima sparò in aria, poi in direzione
del mezzo a bordo della quale stava
BRESCIA
RAGUSA
Caso Loris, la mamma
cambia versione
Loris non l’ho ucciso io”
ha detto allo stesso tempo
ammettendo però di “non
averlo accompagnato a scuola”.
È quanto affermato da Veronica
Panarello al pm Marco Rota
nella deposizione nel carcere
di Agrigento, durata ben sette
ore, in cui si continua a proclamare innocente in merito all’accusa di aver strangolato il
figlio il 29 novembre 2014 e
gettato in un canalone a Santa
Croce Camerina. Il giorno in
cui è stato ucciso, ha detto la
mamma, il bambino “è salito a
casa con le chiavi” che gli ha
dato lei. Poi, ha aggiunto, riferisce il suo avvocato, di “avere
un buco e di non ricordare”.
Dichiarazioni che la donna aveva
“
già fatto al marito, in
uno dei drammatici
colloqui avvenuti in
carcere dove il padre
di Loris, Davide Stival, le chiedeva di
dire la verità.
Più volte la Panarello
ha professato la sua
innocenza, sostenendo invece di avere accompagnato il giorno
della morte di Loris il
bambino a scuola. Parole smentite dalle telecamere del paese che non immortalano mai la sua auto nei
pressi dell’istituto. E proprio le
immagini invece immortalerebbero il mezzo compiere il tragitto
che porta al canale di scolo dove
è stato poi trovato il cadavere
del bimbo.
Intanto l’avvocato Francesco
Villardita, legale di Veronica Panarello, chiede il “silenzio stampa” sulla sua assistita e annuncia: “Non farò più alcuna
dichiarazione fino all’udienza
preliminare” fissata per il 19
novembre prossimo davanti al
Gup di Ragusa. Alle domande
dei cronisti su come sta Veronica o se farà ricorso a riti alternativi, il penalista replica:
“nessun commento”.
salendo la banda, che fuggì. Monella
chiamò subito i carabinieri che dopo
un paio d’ore trovarono un giovane
albanese, Ervis Hoxha, in un pub dove
i complici probabilmente lo avevano
abbandonato.
“Ora potremo chiedere l’affidamento
ai servizi sociali – ha spiegato l’avvocato Enrico Mastropietro – Quella
della grazia parziale era la nostra richiesta”.
A commentare la notizia la Lega Nord
che, dopo la condanna ha portato
avanti una campagna mediatica in favore dell’uomo. “Grazia per Antonio
Monella! - ha scritto Matteo Salvini In carcere da oltre un anno per aver
ucciso un rapinatore, oggi è finalmente
libero! Vittoria dei cittadini perbene,
della Lega e del diritto di difendersi!”.
Gioisce anche Roberto Calderoli che
spiega come “simili casi non devono
più accadere: occorre eliminare quanto
prima il reato di eccesso di legittima
difesa all’interno del proprio domicilio
o esercizio commerciale, perché da
una parte il cittadino deve sapere che
in casa propria ha sempre il diritto di
difendersi e dall’altra questo deve servire per deterrente ai criminali, che
devono essere consapevoli dei rischi,
anche di vita, che corrono”. Che sia
stato anche il dibattito scaturito dopo
gli ultimi fatti di cronaca a spingere il
Presidente a concedere la grazia?
Barbara Fruch
Confermato l’ergastolo
per Pasquale Iacovone
onfermato l’ergastolo per
Pasquale Iacovone, il padre 40enne di Ono San
Pietro nel Bresciano accusato
di aver ucciso i due figli di nove
e dodici anni.
La sentenza della Corte d’Assise
di Brescia è arrivata ieri. Era il
16 luglio 2013, si ricorda, quando
l’uomo avrebbe innescato un incendio nella casa dove viveva a
Ono San Pietro, in Valcamonica,
che ha bruciato i ragazzini, prima
soffocati. L’avrebbe fatto per
vendicarsi della ex moglie. L’uomo aveva riportato vaste ustioni
su tutto il corpo e, dopo essere
dichiarato fuori pericolo, è stato
portato al carcere milanese di
Opera dove sta scontando l’ergastolo arrivato nel primo grado
di giudizio il 19 dicembre del
2014. Nelle cinquanta pagine di
motivazioni il gip Maria Chiara
Minazzato scrisse di Iacovone:
C
“Nessuna pietà per i corpi dei
figli sopprimendone i cadaveri e
togliendo alla moglie anche il
conforto di poter piangere e dare
l’ultimo saluto ad Andrea e Davide”. Rigettata ieri la richiesta
dell’avvocato dell’uomo, che aveva chiesto l’assoluzione per infermità mentale. Il padre dei due
ragazzi era in tribunale con una
maschera protettiva al volto per
nascondere le ustioni. Ha continuato a professarsi innocente
dicendo che le fiamme non sarebbero state innescate da lui.
Per la prima volta il 40enne ha
incrociato lo sguardo dell’ex moglie Erika Patti, da cui era stato
denunciato per stalking prima
della tragedia. “Ti ammazzo i
figli” era arrivato a scriverle in
un messaggio.
Non sono mancati momenti di
tensione tra Iacovone e i parenti
della donna.
11
Sabato 14 novembre 2015
SPETTACOLI
NOTE CONTROCORRENTE – IL 20 NOVEMBRE, ALL’AUDITORIUM, L’ORIGINALE OMAGGIO DI ELENA BONELLI
Il rap? E’ nato a Roma, dallo stornello
i siamo recati nella
base operativa di una
grande interprete della
canzone romana. Parliamo
di Elena Bonelli, una persona che non possiamo che
definire “Controcorrente”.
All’inizio avevamo pensato
ad un'intervista canonica sull’evento programmato per
il 20 novembre all’Auditorium, “Dallo stornello romano al rap”, però poi la Bonelli
ci ha portato in un mondo
che credevamo scomparso
o quanto meno nascosto tra
gli scaffali polverosi di una
tradizione dimenticata.
Una motivazione importante
ha mosso quello che po-
C
tremmo definire “il vate”
della canzone romana, Elena
Bonelli, cioè quello di restituire la dignità che merita a
questa tradizione popolare
che ha radici profonde nella
storia e nella tradizione stessa, e che troppo spesso, “negletta e sottostimata, è stata
sacrificata - dice la cantante
romana, a favore dei salotti
buoni radical-chic”
Se si compie un esame sereno si vede che, ad esempio, la canzone napoletana
è stata maggiormente considerata e fino a pochi anni
fa ha avuto anche il suo Festival. Una tradizione con
una linea neo-melodica, ha
fatto si che tantissimi artisti
della canzone cosiddetta
leggera napoletana, abbiano
avuto visibilità e successo.
Elena ci parla però di una
città, come quella di Roma,
che è depositaria di storia
e cultura millenaria all’interno delle quali la canzone
popolare, lo stornello, ma
non quello doppio-sensista,
ha sempre evidenziato le
realtà del “popolo”, i desideri, le aspirazioni, la rabbia,
l’amore, e questo si è trasferito idealmente al più
contemporaneo rap che non
nasce in America ma proprio a Roma.
In questa serata del 20 no-
vembre all’Auditorium Parco
della Musica, nella sala Sinopoli, si intrecceranno dunque brani portati da giovani
e da grandi della canzone
d’autore Italiana, così come
si potranno vedere videoclip
realizzati da tanti artisti che,
assieme ad altri cantanti,
sono accorsi al richiamo di
una canzone per Roma lanciato, con questa prima edizione nata dalla passionale
ed appassionata idea di Elena, dalle cui parole emerge
peraltro tutto l’amore che
ha per questa città.
La Bonelli si rammarica non
solo per il degrado che troppo spesso è sotto gli occhi
di tutti, ma anche per il fatto
che lentamente, inesorabilmente e silenziosamente interi quartieri, soprattutto
nell’apparato della piccola
imprenditoria e nel commercio, siano depredati e
svenduti a cittadini provenienti da etnie totalmente
scollegate con le radici e la
cultura romana, ma anche
di quella italiana.
Non si tratta di erigere barriere razziali ma di accogliere il grido, tramite la
canzone, di coloro che vorrebbero di più dalla vita,
maggiore dignità, riconoscibilità e autorevolezza perché Roma è Roma, e c’è da
esserne orgogliosi.
Per non andare troppo indietro nel tempo, recentemente sono morti due grandissimi della canzone romana, Gabriella Ferri e Franco
Califano.
Quanto si è parlato di loro
a livello nazionale? Della
loro arte e delle loro opere?
Ben poco.
Si pensi che quando è morto
Califano contemporaneamente è morto anche Enzo
Iannacci; ebbene, le pagine
dei giornali, le radio e le tv
hanno dato a Iannacci, del
quale non vogliamo disconoscere il valore, una visibilità
e una attenzione dieci volte
superiore a quella data a
Franco Califano. Perché Califano era scomodo. Il Califfo
non chiedeva e non faceva
parte dei “salotti buoni”.
Per chi non lo sapesse, Franco Califano ha scritto centinaia di canzoni e alcune liriche indimenticabili portate
al successo da lui stesso,
ma anche da Mia Martini,
Mina, Ornella Vanoni, Mita
Medici, Gabriella Ferri, Peppino De Capri, ed era e si
sentiva romano anche se
nato a Pagani.
Grazie all'iniziativa di Elena
Bonelli, coraggiosissima neo
imprenditrice di questo progetto nel quale ha investito
il ricavato del suo lavoro all’estero, messaggera della
canzone romana in tutte le
parti del mondo, la canzone
romana rivivrà per opera
dei tanti che la supportano.
La canzone romana è una
canzone per tutti, è un patrimonio culturale nazionale
che deve essere meglio conosciuto anche al di fuori
dei confini della città. Testimonial dell’evento saranno,
tra gli altri, Amedeo Minghi
e Simone Cristicchi
SG
[email protected]
IL PRIMO CD DELLA BAND BOLOGNESE
Gli Zois all’esordio nel segno di Mango
a cosa più bella che ci ha trasmesso Mango è che un vero artista non si scolla mai dalla sua
musica, che il successo è un effetto
collaterale, piacevole, ma sono la ricerca
e l'amore per la musica che ti devono
guidare. Così dice Valentina Gerometta,
la cantante degli Zois, la band bolognese
che ieri ha presentato il suo album
omonimo, che contiene la cover di
''Oro'' e la traccia inedita ''Stella Contraria'', scritta a quattro mani proprio
con il cantautore lucano.
"Abbiamo potuto terminare un'opera in
totale libertà, che ci assomiglia in tuttoha raccontato Valentina a Diregiovani.itNon siamo scesi ad alcun compromesso,
questo è un grande sogno che si realizza.
Questo album ha un grande significato,
ci abbiamo lavorato tanto e contiene le
nostre storie personali, i nostri percorsi
vita. E vederlo è bellissimo". Sono 11 le
tracce dell'album che, in contro tendenza
rispetto alla sola pubblicazione in digitale
L
riservata agli esordi, verrà stampato
anche in CD e sarà disponibile presso
punti vendita selezionati, su tutto il territorio nazionale (sul sito ufficiale sarà
disponibile la mappa dettagliata).
''ZOIS'', album d'esordio del gruppo,
sarà disponibile dal 20 novembre negli
store digitali (distribuzione Artist First),
inizierà un tour radiofonico (con esibizioni
live acustiche) nel circuito Uniweb radio
(le radio delle università più importanti
su tutto il territorio); il tour radio e le interviste telefoniche continueranno nei
principali network nazionali e locali, su
tutto il territorio.
Spicca, ovviamente, la collaborazione
con Mango, "iniziata un po’ per caso.
Cercavamo una cover per il disco e cercavamo una canzone della grande tradizione italiana. Abbiamo quindi inciso
Oro e il provino lo abbiamo fatto arrivare
a Mango. Non ci aspettavamo di trovarci
davanti la persona che poi abbiamo conosciuto- ammette Valentina- una persona
di altissima levatura, molto curiosa del
lavoro, con la massima apertura mentale
e con la massima disponibilità, che ci
ha accolto sotto la sua ala". Mango ha
apprezzato talmente tanto il suo lavoro
"che ha registrato la sua voce in ''Oro'' e
ha partecipato al videoclip. In più ci ha
proposto la musica di Stella Contraria
in cui noi abbiamo messo il testo". Il
prodotto finale "gli è piaciuto molto. Era
l''inizio di un percorso umano e artistico
molto bello, purtroppo interrotto bruscamente". Mango è scomparso l''8 dicembre del 2014 a seguito di un malore
sul palco durante un concerto.
12
Sabato 14 novembre 2015
CINEMA
DOPO “LAVORARE CON L ENTEZ Z A” ECCO UNA NUOVA COMMEDIA DIRETTA DA GUIDO CHIESA
Quei figli belli di papà Diego
Film piacevole, con un Abatantuono in grande forma che deve crescere da solo tre pargoli
di Luciana Caprara
fruttando al massimo la scia
di Edoardo Leo e Sydney Sibilia, Guido Chiesa dà vita a
una commedia la cui ridondanza dell’arrivo dei settentrionali nel sud Italia non può far altro
che riportarci a “Benvenuti” al sud di
Miniero. Belli di papà è la storia di
Vincenzo, interpretato da un magistrale
Diego Abatantuono nelle vesti di un
ricco imprenditore che dopo la perdita
della moglie si ritrova da solo a crescere
tre figli.
Dopo ben cinque anni di assenza dalla
macchina da presa, e gli ultimi due
anni passati ad affiancare Paolo Ruffini
nel suo esordio da regista, Chiesa
affida al suo co-sceneggiatore di fiducia
Giovanni Bognetti un soggetto lineare
e semplice, insolito per un regista
come lui che si è sempre trovato a
dirigere film dal target molto più limitato
di questo.
Dalla visione del film si intuisce che la
prova per Guido è stata superata a
pieni voti, mettendo in piedi un film ben scritto,
con l’obiettivo di far sorridere che di questi tempi
non è mica poco…
Il regista sceglie sapientemente di mettere da
parte il suo tocco autoriale, per immedesimarsi in
una regia dove il linguaggio e il modo di lavorare
è molto diverso da quello a cui lui è abituato.
Così il torinese classe 1959 autore, tra l'altro, de Il
partigiano Johnny e Lavorare con lentezza, sintetizza
i motivi che lo hanno portato a dirigere Belli di
papà, che, rispetto alla pellicola da cui prende
spunto, pare abbia provveduto a rendere meno
melodrammatico l'aspetto relativo alla vedovanza
S
del protagonista.
Protagonista si, dalle fattezze di un Diego Abatantuono che, imprenditore di successo, si rende
conto del fatto che i tre figli ventenni cui deve
badare conducono una vita piena di agi e ignari di
qualsiasi responsabilità e voglia di guadagnarsi la
vita, tanto da arrivare ad organizzare una messa in
scena finalizzata a far credere loro che l'azienda di
famiglia stia fallendo per bancarotta fraudolenta e
che sono quindi costretti ad un'improvvisa fuga
degna di veri latitanti.
Figli ventenni che si trovano per la prima volta a
dover affrontare, quindi, il duro universo dei "lavori
umili" una volta rifugiatisi insieme al padre in una
vecchia e ormai malconcia casa in Puglia, concretizzando per l'ennesima volta su schermo l'incontro-scontro sociale tra nord e sud che ha fatto
la fortuna non solo del francese Giù al Nord e del
suo remake tricolore Benvenuti al Sud, ma anche
della filmografia zaloniana.
Incontro-scontro sociale stavolta affrontato, però,
in maniera del tutto diversa, in quanto non mirato
a generare gag attraverso il contrasto tra le abitudini
dei milanesi e quelle dei pugliesi, bensì ad immergere
nella poco confortante realtà operaia meridionale
personalità appartenenti al pensiero maggiormente
snob della borghesia del settentrione.
Un film capace di far sorridere, onesto,
sincero, con malcelate contraddizioni.
Le stesse che alimentano la vita quotidiana
di ognuno di noi, d’altronde.
Taranto non è uscita come capoluogo
di modernità, con le sue strade impolverate, il mare devastante, le friselle,
le cozze e la città vecchia un po’ acciaccata.
Il trasferimento forzato dalla Milano
patinata alla modesta e soleggiata
Taranto, è stato davvero un viaggio
catartico per i protagonisti, che, seppur
di origini meneghine, si sono ritrovati,
infine, perfettamente integrati e legati
ad un territorio dal quale pare davvero
che sia possibile ripartire. Un territorio
che ha tutte le carte in regola per consentire di restare, dal quale in sostanza
si può anche non fuggire.
Ed è per questo che il messaggio che
Chiesa lancia è estremamente positivo,
al di là dei luoghi comuni con i quali
farcisce alcune scene fino alle battute
pungenti sull’eccessiva veracità e spontaneità pugliese, sulle cose fatte “a
cazzo” nel meridione.
Da qui si capisce come non manchi nel film
l’oramai canzonato divario tra nord e sud che, in
questo caso, viene drasticamente ridotto da una
serie di questioni che poco o nulla hanno a che
fare con l’essere polentoni o terroni.
Va inoltre premiato il coraggio per aver allestito
un cast inedito e fuori dall’ordinario, che tuttavia è
apparso sinergico e all’altezza del film. Vincente la
presenza dei , giovani Youtubers tarantini con
oltre 500mila fan su Facebook e Youtube, con i
quali Guido Chiesa ha dimostrato di avere un
occhio di riguardo per il web.
ARRIVA ANCHE NELLE SALE ITALIANE L’ULTIMA CREATURA DI PATRICE LECONTE
Tutti pazzi a casa di Christian Clavier
Adattamento di una pièce teatrale, è forse poco cinematografico ma resta godibile
Q
uello di Patrice Leconte è un film che
nasce da una commedia che viene dal teatro
e che non fa nulla per cambiare questo registro narrativo.
“Tutti pazzi in casa mia” si
svolge interamente in un
appartamento, all’interno
del quale succede di tutto
e di più. E’ una commedia
leggera, appena venata di
satira verso l’odierna borghesia francese, che dietro
al benessere cela per lo più
instabilità e scheletri nell’armadio.
L’aspetto interessante è che
l’epilogo del film non tende
ad una vera e propria redenzione, considerata poco
credibile in un arco di tempo
così ristretto.
Clavier riesce a tenere desta
l’attenzione per via della
sua simpatia e dei continui
cambi di intensità, mentre
Leconte ha un bel da fare
nel mantenere il ritmo su livelli accettabili, cosa che
gli riesce bene nella prima
parte, laddove nella seconda
vi è un calo per certi versi
troppo evidente.
Tutti pazzi in casa mia è la
classica commedia che tende a mettere d’accordo tutti,
attenta nel non convertire
le note sarcastiche in denuncia o appesantire certi
drammi per far leva sul grigiume di certe situazioni. In
nessun caso scomoda, ci si
prende gioco di una generazione alla frutta oramai da
anni, e su cui di tanto in
tanto alcuni cineasti francesi
tornano per scherzarci un
po’ su, ché ad intraprendere
un discorso serio a riguardo
non si riuscirebbe ad essere
credibili.
Il vulcano esploso in casa
Leproux non trova però la
giusta fluidità nei personaggi. La recitazione converge
in Christian Clavier, ma l’attore si ritrova da solo e risulta difficile approfondire
la commedia a più livelli.
Ciò che vediamo sullo
schermo rimane un po’ piatto e troppo statico, troppo
teatrale, lontano dall’inserire
lo spettatore nel tornado
degli eventi. Per questo, seppur risultando piacevole,
non si ha mai la sensazione
di vivere con empatia gli
sfortunati eventi del protagonista. Un gran peccato.
Le gag pur non essendo
molto originali, pur essendo
praticamente già viste nel
trailer sono comunque ben
riuscite. Si ride delle bizzarre disgrazie di Michel
che ne passa di tutti i colori,
dagli equivoci ai disastri
fino ai drammi familiari su
cui ci sarebbe ben poco da
ridere.
E’ un film infarcito di situazioni comiche ma anche dal
retrogusto amaro, presente
con sollazzo dove il carosello
di stati umorali gira impazzito: la crescente irritazione
di Michel, il dolore e poi la
rabbia della moglie, la disperazione dell’amante, lo
sprezzo del figlio per il padre, lo stupore del migliore
amico di Michel ed a tutto
questo si uniscono i brillanti
ripatteggiamenti dei personaggi secondari: la petulante domestica, l’invadente vicino di casa con la sua festa
di condominio, i silenziosi
clandestini costretti a slog-
giare da un posto all’altro e
gli incapaci muratori “polacchi”.
Rispetto all’originale teatrale
qui non c’è Fabrice Luchini,
ma al suo posto Christian
Clavier fa di tutto per limitare i danni. E poi al timone
un certo Patrice Leconte sa
il fatto suo. Ma la regia conserva un pesante impianto
teatrale anche se le battute,
gli ingressi in scena, il modo
in cui si combinano e si incasinano le cose, può essere
cinematograficamente accettabile.
L’invettiva contro la borghe-
sia istupidita e ipocrita è un
po’ un clichè ma la risata è
spesso riesce ad essere
spontanea.
La lezione è tutta qui: il cinema
francese funziona lo stesso,
non bisogna necessariamente
fare nulla di nuovo. Basta solo
farlo meglio.
L.C.