Il mondo stretto attorno alla Francia “Bisogni” di
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Il mondo stretto attorno alla Francia “Bisogni” di
Anno IV - Numero 268 - Venerdì 13 novembre 2015 Direttore: Francesco Storace Roma, via Giovanni Paisiello n. 40 Lo scontro Lo scandalo Il caso Renzi-De Luca: braccio di ferro? Parentopoli grillina in Sicilia Prima tassa e case: parola alla Consulta a pag. 2 Fruch a pag. 9 Zappa a pag. 3 IL TERRORISMO FONDAMENTALISTA SCUOTE IL MONDO NELLA NOTTE E MINACCIA SANGUE OVUNQUE di Francesco Storace ivampa la paura, il mondo è atterrito. Il mostro islamico è tra noi e provoca distruzione e morte senza risparmiare nessuno. La nottata di ieri sarà ricordata a lungo per il terrore senza precedenti esploso a Parigi, decine di morti, oltre centosessanta, tra una sala concerto e nelle strade: esplosioni, kamikaze, sparatorie e una drammatica presa d’ostaggi in sei diversi attacchi nel cuore della capitale. Il procuratore di Parigi Francois Molins in nottata aveva parlato di almeno 120 vittime. Ma il bilancio rischia di essere molto più grave. Il massacro è stato siglato dall’Isis, che nel suo delirio parla di “11 settembre francese”: “La Francia manda i suoi aerei in Siria, bombarda uccidendo i bambini, oggi beve dalla stessa coppa”, si legge sul canale Dabiq France, la rivista francese dello Stato islamico. L’annuncio di sangue è condito dalla minaccia globale: non finisce qui, adesso “tocca a Roma, Londra e Washington”. Il presidente Francois Hollande ha dichiarato lo stato d’emergenza, chiuso le frontiere e annullato il suo viaggio in Turchia per il G20. Il governo ha decretato il piano Alpha Rouge (Alfa Rosso), un livello di allerta mai toccato prima e che corrisponde al livello “attentati multipli”. Parigi si presenta in queste ore come una città deserta, blindata dalla polizia, lo spavento è generale. La popolazione è invitata a starsene in casa. Il primo attentato è stato segnalato nel X arrondissement, in una brasserie nel quartiere tipico dei ristoranti kosher. Dieci morti a quanto sembra, poi i terroristi - come in un vero e proprio raid - sono ridiscesi verso l’XI e il XII arrondissement, a pochi metri dalla redazione di Charlie Hebdo, insan- D PAURA GLOBALE La follia islamica si abbatte su Parigi, strage senza fine: oltre 160 morti guinata dagli attentati del 7 gennaio. Lì, nella sala da concerti Bataclan - dove c’era il tutto esaurito per un concerto rock del gruppo americano “Eagles of death metal” - tre terroristi, secondo il racconto dell’agenzia Ansa, al grido di “Allah è grande” hanno aperto il fuoco sul pubblico, facendo “tra i sessanta e i cento morti”, secondo l’ultima stima diffusa da fonti di polizia. “Ci uccidevano a uno a uno, c’è sangue ovunque, è una carneficina”, ha raccontato terrorizzato un testimone che è riuscito CROCEFISSI NO, CRISTO NELL’URINA SÌ a scappare. A mezzanotte passata, le teste di cuoio hanno fatto irruzione nel locale, portando in salvo decine di persone in evidente stato di shock, e uccidendo i tre jihadisti. Sul posto sono accorsi il presidente Hollande e il premier Manuel Valls, insieme ai ministri dell’Interno e della Giustizia, Bernard Cazeneuve e Christiane Taubira.“Faremo una guerra implacabile al terrore”, ha promesso il presidente. Intanto, a Saint-Denis, allo Stade de France, tre esplosioni scuote- vano i 50mila presenti all’amichevole Francia-Germania. Giocatori e spettatori sono rimasti a lungo prigionieri nello stadio, mentre fuori era il caos. Immediatamente evacuato il presidente Hollande, che assisteva alla partita in tribuna d’onore. Il bilancio parla di almeno sei morti in esplosioni di polvere da sparo mista a chiodi in una brasserie e altri due siti adiacenti allo stadio. La polizia ha riferito di due kamikaze. Moltissimi i feriti. Un’altra sparatoria è avvenuta a rue de Charonne, altri colpi di arma da fuoco a boulevard Beaumarchais e a Faidherbe, tutti e tre luoghi a pochi metri da place de la Bastille. Oggi la città di Parigi e l’intera regione saranno bloccate: scuole, università e musei resteranno chiusi. Intanto, la prefettura lancia attraverso i social network un appello ai testimoni degli attacchi, chiedendo aiuto nelle indagini. Alcuni attentatori, riferiscono diversi media Oltralpe, sarebbero ancora in fuga. Il terrore continua. DAGLI USA ALLA GERMANIA, DALL’ITALIA ALLA RUSSIA I MESSAGGI DI VICINANZA Il mondo stretto attorno alla Francia l mondo che non conosce sonno, consapevole di un’esplosione di violenza che deve avere una risposta. In tutto il mondo. Quello che sta accadendo a Parigi “è un attacco non solo al popolo francese ma a tutta l'umanità e ai valori che condividiamo”: sono queste le parole del presidente americano, Barack Obama, lanciate in diretta tv dalla Casa Bianca. “Siamo vicini ai francesi nella lotta al terrorismo”. E ancora: “Quelli che pensano di poter terrorizzare i francesi o i valori che condividono, sbagliano”, ha aggiunto. La cancelliera tedesca Angela Merkel è stata altresì tra i primi ad intervenire: “Sono profondamente scioccata dalle notizie e dalle immagini che arrivano da Parigi. In queste ore, i miei pensieri vanno alle vittime di questi attacchi evidentemente terroristici, ai loro cari e a tutti gli abitanti di Parigi”. Per quanto riguarda l’Italia, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto: I “Bisogni” di fede a pag. 4 “Apprensione e forte dolore per gli attentati a Parigi”. Poi in una lettera a Hollande ha scritto: “L’orrore che sta sconvolgendo la capitale francese e tutto il Paese lascia esterrefatti e sgomenti. È una nuova ferita profonda nel cuore della Francia, della libertà, della democrazia”. Matteo Renzi ha dapprima commentato brevemente sui social network, poi ha comunicato ufficialmente: “L’Italia piange le vittime di Parigi e si unisce al dolore dei fratelli francesi. L’Europa colpita al cuore saprà reagire alla barbarie”. Il premier è rimasto a Palazzo Chigi da dove sta seguendo i fatti di Parigi. Alle 9.30 presiederà la riunione straordinaria del Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica che è stato convocato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano. Quest’ultimo ha sentito il capo della Polizia Alessandro Pansa e ha disposto subito l’innalzamento dei livelli di sicurezza in tutta Italia. Il Viminale ha riferito che l’antiterrorismo italiano è in costante contatto con i corrispondenti francesi. Il Presidente russo Vladimir Putin ha espresso sostegno e solidarietà al Presidente François Hollande e a tutto il popolo francese dopo i terribili attentati che hanno colpito la città. Lo ha riferito il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. “La Russia condanna con forza questi brutali omicidi ed è pronta a fornire qualsiasi tipo di collaborazione nelle R.V. indagini”, ha fatto sapere Peskov. 2 Sabato 14 novembre 2015 ATTUALITA’ IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ROMPE IL SILENZIO SULLO SCANDALO ESPLOSO A NAPOLI Scatta l’ora del “Vincenzo stai sereno” Il temporeggiatore Renzi usa per il presidente campano le stesse parole dedicate tempo fa a Marino: “Se ne è capace, deve amministrare”. Le precedenti ruggini tra il premier e l’ex viceministro ai trasporti di Robert Vignola ttenti al lessico renziano: perché se è vero che il premier sul caso De Luca ha rotto il silenzio (religiosamente osservato durante la sua inutile trasferta maltese sul tema immigrazione), non lo ha fatto per dimostrare coraggio. Coraggioso sarebbe stato infatti prendere le difese con forza del governatore e del “suo” Pd. E coraggioso sarebbe stato d’altra parte prendere le difese del “suo” Pd, scaricando però un governatore che, ogni ora che passa, si fa sempre meno difendibile. La via di mezzo scelta da Renzi è invece degna di Quinto Fabio Massimo, detto “cunctator” (il temporeggiatore), quello cioè che da console evitò scientificamente di affrontare Annibale. A Il nemico che il premier non affronta è evidentemente lo stesso De Luca. Simpatie tra i due ex sindaci (di Firenze e Salerno) non ve ne sono, e questo non è un mistero. Ma il massimo che Renzi ha sinora fatto, in opere, contro De Luca è la sospensione da governatore della Campania, presentata come atto dovuto e poi annullata (guarda caso) proprio per effetto delle decisioni del tribunale di Napoli, ora al centro di una bufera. Bufera che, oltre confine, avrebbe causato un rotolamento di teste da entrare nel guinness dei primati. In Italia invece, per ora, ci si limita al trasferimento (non già alla sospensione, se non all’arresto per evidente possibilità di reiterazione del reato) del giudice coinvolto, e, appunto, alle parole su De Luca. Come quelle pronunciate ieri. “Piena fiducia nella magistratura e resto convinto che De Luca possa e debba governare la Campania”. E ancora: “Abbiamo molta fiducia nella magistratura, ma il presidente della regione ha la titolarità, il diritto e il dovere di governare quella terra. Siamo assolutamente certi che il mandato che ha ricevuto sia pieno e che, di conseguenza, ha davanti a sé sfide di grande impatto, perché la Campania è una regione chiave per il futuro del Sud e del Paese”. Inoltre: “Pur rispettando valutazioni e polemiche, leggo di imbarazzi e discussioni che rispetto, non mi muovo dalla solita posizione: De Luca governi. Ho detto in passato, rispetto ad altre persone, se ne è capace. Lo confermo”. Qui casca l’asino: perché quel passato è riferito a Ignazio Marino, un illustre defenestrato dallo stesso Renzi, non appena gli scandali causati dal primo cittadino di Roma hanno portato schizzi di fango sull’immagine dell’intero Pd nazionale. E guarda caso, tra i primi “imbarazzi” che sono stati resi noti ci sono quelli di Stefano Esposito, il senatore mandato, con l’ultimo rimpasto, a controllare cosa facesse in giunta Marino. Lo stesso senatore che ha appunto levato la sua voce chiamando ad una riflessione dentro al Pd su De Luca. Il temporeggiatore Renzi, però, lo scontro diretto non lo accetta. E la sua voce suadente la usa anche, dopo l’avvertimento assai sottile sulla condotta da tenere da parte dei suoi sullo scandalo campano, per adulare il governatore campano. “Se c’è una persona che può fare della Terra dei Fuochi e di Bagnoli una sfida decisiva questa è De Luca: sono certo che con De Luca queste due partite saranno sbloccate”. Basta questo a chiudere il caso? Impossibile. In primo luogo perché l’ex sindaco di Salerno ha un carattere talmente vulcanico da renderlo imprevedibile. In secondo luogo perché sa benissimo cosa lo attende ora: un tambureggiante assedio di seconde file del Pd che con lo stillicidio cercheranno di logorarlo per convincerlo ad andarsene. È proprio De Luca che ha già provato sulla sua pelle cosa significa: il giorno che Renzi, all’indomani della sua vittoria alle primarie del Pd, salì da Napolitano a riferire (era il dicembre 2013), la sua fedelissima deputata Pina Picierno andò a cercare l’allora sindaco di Salerno per dirgli che doveva dimettersi dalla carica di viceministro alle infrastrutture, perché due cariche erano troppe. Non servì convincerlo: quando a febbraio Renzi acquisì la sua… seconda carica (cioè presidente del consiglio, oltre che segretario del Pd), non riconfermò De Luca. Sono dettagli, evidentemente; come quella pacca sulle spalle partita poco prima del cambio nei confronti dell’allora premier Letta: “Enrico, stai sereno”. Vale anche per Vincenzo? Chissà… LA REPLICA Da De Luca una risposta zen: “Sono un monaco buddista” on perde la bussola, Vincenzo De Luca. Si tiene stretta la poltrona aspettando che passi la buriana. E lo fa in modo… zen. “Siamo tranquilli, sereni, avremo il diritto e dovere di tutelarci in tutte le sedi. In questo periodo non do neppure un'occhiata ai giornali e spengo la televisione, per una ragione politica, per non farmi distrarre. Gli effetti collaterali di queste campagne montate, perché io non so niente di niente delle persone chiamate in causa, sono distrazioni dal lavoro e non deve accadere. Per questo rimuovo tutto, quasi da monaco buddista”. N Riguardo ai richiami di Renzi su Terra dei Fuochi e Bagnoli, il governatore non prevede ritardi e anzi avanza la tesi del complotto: “Ma fa che proprio questo ha creato qualche preoccupazione in qualche ambiente? Il fatto cioè di aver cominciato a capire che in Campania si volta pagina?. Ho la sensazione - ha aggiunto - che, alla fine di questa montagna di polemiche e avventure giornalistiche, avremo solo una montagna di chiacchiere o invece qualcosa di preoccupante: un tentativo di pressione o ricatto nei confronti della Regione. In un caso e nell’altro io e la Regione Campania siamo parte lesa”. R.V. BARI, GLI ATTI DEL PROCESSO IN PROCURA: “POTREBBE AVER INTRALCIATO LA GIUSTIZIA” Caso Escort, Berlusconi di nuovo sotto tiro Condannati Tarantini e la Began, esclusa dal tribunale l’associazione a delinquere e respinte al mittente le richieste di risarcimento danni. La D’Addario la prende male: “Non mi resta che il suicidio” di Marcello Calvo ccanimento giudiziario. Non può definirsi in altro modo il continuo e infinito attacco della magistratura italiana nei confronti di Silvio Berlusconi. Che adesso rischia di finire al centro di un’altra indagine ai sensi dell’articolo 377 del codice penale (intralcio alla giustizia). L’ultima offensiva arriva dal Tribunale di Bari, che nel processo “Escort” ha condannato a 7 anni e 10 mesi di carcere Giampaolo Tarantini (ritenuto responsabile di aver favorito il giro di “accompagnatrici” a favore di Berlusconi per “corteggiarlo”, con l’obiettivo di entrare nelle sue grazie) e a 16 mesi Sabina Began, “l’ape regina” delle feste organizzate nelle residenze dell’allora premier tra il 2008 e il 2009. Trasmettendo gli atti alla procura per l’eventuale (e a questo punto probabile) azione penale nei con- A fronti del leader di Forza Italia (non imputato in questo processo). Una forzatura, l’ennesima, che probabilmente si riferisce alla mancata presentazione in aula di Barbara Guerra (l’ex concorrente del reality tv la “Fattoria” che nel processo Ruby bis ha dichiarato di ricevere un assegno mensile da 2.500 euro da parte di Berlusconi “perché dopo il danno d’immagine che ho subito non ho più lavorato”), mai esibitasi in udienza nonostante le ripetute sollecitazioni del tribunale. Per avere la conferma, occorrerà aspettare le motivazioni di sentenza, che scioglieranno ogni dubbio. Tant’è, per il momento viene da chiedersi perché prendersela ancora (e sempre) con l’ex Cav per via dell’atteggiamento insubordinato di una ragazza che per aver disertato l’aula è stata pure condannata a versare 400 euro di ammenda? Pure per altri testi – le ragazze (e non solo) portate da Tarantini nelle case di Berlusconi “affinché si prostituissero” - il tribunale ha inviato gli atti in procura con l’ipotesi di falsa testimonianza: si tratta di Vanessa Di Meglio, Sonia Carpentone, Roberta Nigro, Ioana Visan, Barbara Montereale e Dino Mastromarco, l’ex autista di “Giampi”. Dal processo, un altro verdetto importante che ridimensiona i sospetti della procura con i giudici che nel formulare la sentenza (arrivata dopo cinque ore di camera di consiglio), non hanno riconosciuto il reato di associazione a delinquere rispedendo al mittente le richieste di risarcimento danni da parte di chi s’è costituito parte civile, prime fra tutte Patrizia D’Addario, la escort barese da cui è partito tutto lo scandalo delle cene eleganti. Che ha reagito in modo disperato alla pronuncia del tribunale. Fuori dall’aula la donna ha pianto a dirotto davanti alle telecamere lasciando presagire al peggio: “Non mi resta – l’allarme lanciato - che il suicidio”. Dalle scene in stile Beautiful alle altre condanne. Mano pesante dei giudici pure nei confronti dell’imprenditore Massimiliano Verdoscia (3 anni e 6 mesi) e il pr Pierluigi Faraone (2 anni e 6 mesi). Assoluzione, al contrario, per Letizia Filippi (showgirl ed ex fidanzata di Cristiano Ronaldo), Francesca Lana (già “miss Billionaire”) e Claudio Tarantini, fratello dell’eccellente imputato. Tra stangate e proscioglimenti, accuse cadute e minacce di farla finita per sempre, nel processo “Escort” la magistratura torna alla carica e mette nuovamente nel mirino il nemico di sempre, Silvio Berlusconi. Via Giovanni Paisiello n.40 00198 Roma Tel. 06 85357599 - 06 84082003 Fax 06 85357556 email: [email protected] Direttore responsabile Francesco Storace Amministratore Roberto Buonasorte Capo Redattore Igor Traboni Società editrice Amici del Giornale d’Italia Sito web www.ilgiornaleditalia.org Per la pubblicità Responsabile Marketing Daniele Belli tel. 335 6466624 - 06 37517187 mail: [email protected] -----------------Autorizzazione del Tribunale di Roma n° 286 del 19-10-2012 3 Sabato 14 novembre 2015 ATTUALITA’ A RAGUSA SPINTA AL PASSO INDIETRO STEFANIA CAMPO, SOSPETTATA DI AVER FAVORITO IL MARITO Parentopoli a 5 Stelle, si dimette assessore grillina L’esponente pentastellata nel mirino per presunte pressioni esercitate su una coop legata al Comune per far assumere il coniuge di Marco Zappa na presunta parentopoli a 5 Stelle, che costa le dimissioni all’ormai ex assessore alla Cultura e ai Beni culturali del Comune di Ragusa, Stefania Campo, grillina di ferro. Costretta al passo indietro dopo le polemiche esplose durante un acceso consiglio nel corso del quale le opposizioni l’hanno accusata di aver favorito il marito, assunto da una ditta appaltatrice di un servizio in convenzione col Comune. Decisiva, ai fini della cacciata, una interrogazione presentata da due consiglieri del Pd che hanno chiesto all’amministrazione guidata dal 5Stelle Federico Piccitto di riferire in aula “circa le notizie di stampa riguardanti le pressioni esercitate dalla Campo per far assumere un proprio congiunto in una coop che si occupa della lettura dei contatori idrici”. Chiarimenti mai avvenuti che non hanno impedito però alla “cittadina” pentastellata di abbandonare irrevocabilmente la Giunta. Una decisione presa forse dall’alto al termine di una riunione fiume, U nel corso del quale parecchi consiglieri e attivisti hanno sostenuto la necessità che rimanesse al pro- prio posto. Con la “base” che ha però deciso di sacrificare la Campo a cui non è rimasto altro da fare che presentare le dimissioni al primocittadino. “Prendo atto – le parole di Piccitto – di una deci- sione sicuramente da apprezzare e rispettare, che per l’ennesima volta dimostra la diversità del nostro mondo di intendere il servizio alla città”. E meno male! Se è vero che gli addebiti mossi nei confronti della grillina sono tutti da dimostrare, è vero anche che il M5s non ci ha messo nulla a mollarla. Con un gesto che non può lasciare indifferenti. E che porta a pensare come da parte dell’ex assessore forse qualche interessamento verso la posizione del marito, poi assunto da una cooperativa, probabilmente c’è stato. Se così non fosse sarà il tempo (o perché no la magistratura) a stabilirlo. Con il sindaco che per il momento ha deciso di tenere le deleghe attribuite alla Campo in attesa che si faccia chiarezza su una vicenda davvero oscura. Che getta ombra sui grillini e su quella questione morale questa volta sventolata in faccia dal Pd. Gli anticasta a parole alle prese con un presunto conflitto di interessi, proprio quello che il M5s vorrebbe affossare in Parlamento. Un paradosso. CONFERMATA IN VIA DEFINITIVA DALLA CASSAZIONE LA CONDANNA A SEI ANNI E MEZZO Peculato, Acierno finisce dentro Spese personali con i soldi dell’Ars e della Fondazione Federico II di cui era direttore, l’ex deputato vicino a Cuffaro e Miccichè s’è presentato spontaneamente davanti al carcere Pagliarelli di Palermo di Marcello Calvo onfermata in via definitiva dalla Cassazione la condanna a 6 anni e 6 mesi di carcere per l’ex deputato regionale e nazionale Alberto Acierno, colpevole di peculato per le spese pazze con i soldi dell’Assemblea Regionale Siciliana (Ars) e della Fondazione Federico II C di cui era direttore. Non ha aspettato nemmeno che la Suprema Corte trasmettesse alla procura di Palermo l’ordine di esecuzione. L’ex parlamentare s’è presentato spontaneamente davanti all’entrata del carcere Pagliarelli per scontare il suo debito con la giustizia. La pena è di sei anni e mezzo, a cui vanno tolti i tre previsti dal condono e i 79 giorni che ha già trascorso in custodia cautelare ai domiciliari. Conti alla mano, dovrà scontare poco più di tre anni. Una beffa, che gli impedisce, almeno in questa fase, di chiedere attraverso i suoi legali l’affidamento in prova ai servizi sociali. Beneficio che potrà forse ottenere solo quando la pena scenderà sotto i tre anni. Confermata pure la pena acces- soria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici e del risarcimento di 102 mila euro alla Fondazione e di altri 42.000 all’Ars, che s’erano costituiti parte civile nel processo. Tutto ha inizio nel 2009, quando Acierno finisce ai domiciliari a seguito di un’inchiesta delle Fiamme Gialle. La procura siciliana accusa l’allora parlamentare di essersi indebitamente appropriato di denaro della Fondazione Federico II, utilizzando per scopi strettamente personali le carte di credito che gli erano state concesse per fini istituzionali. Ma non solo. Gli inquirenti gli contestano pure di essersi intascato parte dei fondi assegnati al Gruppo Misto da lui presieduto. In tutto 150 mila euro. Nel 2010 prova a patteggiare, con l’accordo della pubblica accusa, una pena di due anni e due mesi. Richiesta che però il giudice dell’udienza preliminare (Gup) non ritiene congrua. Da qui prima il processo davanti al tribunale, poi la conferma della pena in appello e, per concludere, il bollo della Cassazione. Fino alla presentazione spontanea davanti alle autorità giudiziarie. Eletto per la prima volta all’Ars nel listino di Salvatore Cuffaro per Acierno, finito al vertice della Fondazione Federico II nel 2006 pure per volontà dell’allora governatore siciliano Gianfranco Miccichè, si aprono le porte del carcere. GLI INCIDENTI PIÙ GRAVI A NAPOLI: SETTE I FERITI TRA MANIFESTANTI E FORZE DELL’ORDINE “Buona scuola”, scontri e bandiere del Pd a fuoco B andiere del Pd date alle fiamme. E poi il corollario dei soliti scontri. Con un bilancio che, nella fattispecie da Napoli, raggiunge i sette feriti: quattro tra le forze dell’ordine e tre fra i manifestanti. Ma tafferugli e tensioni si sono verificati anche a Milano, Roma, Torino nelle altre manifestazioni indette contro la “buona scuola”, la riforma varata dal governo. A Napoli i quattro feriti tra le forze dell’ordine hanno riportato delle contusioni e sono stati giudicati guaribili in tre giorni. Uno dei tre manifestanti feriti, invece, è stato curato all’ospedale. Due giovani sono stati condotti in Questura per accertamenti e per entrambi è scattato il fermo di polizia giudiziaria. A Roma era in programma il corteo indetto da Unicobas, Anief, Cub, Cobas, Usi Surf. Gli studenti si sono poi riuniti in assemblea a piazza del Pantheon. Erano partiti, insieme ai lavoratori della scuola, dal Miur ed erano arrivati fino al parlamento. Nello spostarsi verso il Pantheon, sono stati bloccati in via in Aquiro da un cordone di agenti delle forze dell’ordine, con qualche tensione. A Milano i momenti più caldi al corteo degli studenti contro la riforma della scuola si sono registrati in via Pola, dove i dimostranti hanno cercato di raggiungere la sede del Miur: gli agenti hanno respinto i giovani che a quel punto hanno ripreso il regolare percorso. A Torino, nel corso della protesta è stata bruciata una bandiera del Pd, sortendo l’indignazione dehli esponenti della locale giunta, guidata da Fassino. R. V. 4 Sabato 14 novembre 2015 ATTUALITA’ L’OPERA SCANDALO DI UN FOTOGRAFO STATUNITENSE PATROCINATA DA REGIONE TOSCANA E MIBAC Dal Vangelo secondo il Pd: Cristo nell’urina Al Photolux Festival di Lucca verrà esposto un “capolavoro” che ritrae un crocifisso immerso in un bicchiere di pipì – La protesta dei leghisti e il silenzio del ministro Franceschini di Marco Zappa al Vangelo secondo il Pd: Cristo nell’urina. E la chiamano pure “arte”. Sì, blasfema. Ha davvero dell’incredibile il “capolavoro” che potrà essere “ammirato” - dal prossimo 21 novembre fino al 13 dicembre - al Photolux Festival di Lucca in cui verrà esposta D una fotografia realizzata dallo statunitense Andres Serrano, che ha immortalato un crocifisso immerso in un bicchiere pieno di pipì. Un ritratto vergognoso, che verrà mostrato nell’evento patrocinato dalla rossa Regione Toscana e addirittura dal ministero per i Beni culturali guidato dal democratico Dario Franceschini. Che senza alcuna vergogna stanno contribuendo alla promozione di una “opera” profana che andrebbe condannata aspramente anziché essere incoraggiata. Uno scandalo in piena regola che non sembra preoccupare minimamente né il governatore Enrico Rossi, tantomeno il compagno di partito che presiede il Mibac. Nei dépliant che pubblicizzano il Festival campeggia il logo della Regione, che probabilmente – la speranza – non era a conoscenza di tutti i ri- tratti che verranno esposti durante la campagna. Al contrario di due attentissimi esponenti politici locali leghisti, che hanno svelato la “sorpresa”. I consiglieri regionali Manuel Vescovi ed Elisa Montagnini, attraverso una nota hanno dichiarato come sia “inammissibile sostenere iniziative di questo genere, dove vengono esibite opere che offendono pesantemente il cristianesimo. Attraverso un ritratto che umilia Cristo e rende omaggio all’Islam”. Con il Carroccio che ha già annunciato di voler organizzare un presidio davanti alla sede della mostra per esprimere totale dissenso verso questa iniziativa, invitando i cittadini toscani a partecipare in massa a questa “pacifica protesta che vuole difendere le nostre profonde radici cristiane”. Non s’è fatta attendere la replica del direttore del Festival, Enrico Stefanelli, secondo il quale lo scatto ha tutto il pieno diritto ad essere esposto “perché non è nato come un oltraggio o una contestazione del Cristo”. Dichiarazioni rispettabili, non certo condivisibili. Se è vero che le premesse non erano quelle, le intenzioni si sono rivelate ben altra cosa. Guardare per credere. Davvero inquietante, il silenzio del ministro Franceschini. Che dovrebbe spiegare il motivo – davvero misterioso – che ha portato il “suo” ministero a sostenere un’opera di così basso gusto che altro non rappresenta che un’offesa a Cristo. IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE ESPONE IL SIMBOLO DELLA CRISTIANITÀ NELLA SUA STANZA Affissioni riparatrici e distinguo a sinistra Eugenio Giani: “Sbagliato non portare i bambini a Bellezza divina”. Ma assolve “l’artista del piscio” NOVITÀ di Robert Vignola ffissioni e distinguo. Il presidente del consiglio regionale della Toscana, Eugenio Giani, è (va da sé) del Pd. E proprio mentre il territorio è attraversato da due roventi polemiche sull’uso che si fa del simbolo della cristianità, ieri ha convocato una conferenza stampa durante la quale, in pompa magna, ha mostrato un crocifisso appeso nella sua stanza. Un’icona orientale, nella fattispecie. Atto riparatore per il Cristo nell’urina di Lucca, che proprio la Regione Toscana ha pensato bene di patrocinare? O per il Cristo (peraltro di Chagall, mica di qualche ultimo arrivato d’oltreoceano) negato di Firenze? “Quando devo leggere sui giornali che ci sono insegnanti che, nel nome della laicità e del rispetto delle altre religioni arrivano a mascherare ai bambini il crocifisso, vivo dentro di me una sensazione di sdegno. Lo dico da laico. Proprio il rispetto verso ciò che quella cristiana ha significato per la costruzione della civiltà europea così com’è, io oggi metto il crocifisso nella A Prenota la tua copia su www.minervaedizioni.com mia stanza”, ha detto Giani ai giornalisti convocati. Il primo pensiero è quindi al caso della scuola elementare di Firenze, "Matteotti", che ha bloccato una visita alla mostra "Bellezza divina" a palazzo Strozzi al fine di evitare di urtare la suscettibilità dei non cristiani. “Rivendico quella tolleranza - ha aggiunto il presidente - che è propria di Firenze e della Toscana, verso le altre religioni e credenze. Il crocifisso allora è bene che stia nella stanza del presidente del Consiglio regionale toscano, e che ci stia, come direbbe Dante, ''a viso aperto''”. Un bel pensiero: ma cosa pensa allora Giani della mostra, che tanto ha fatto discutere nei giorni scorsi, "Cristo di piscio" a Lucca che vanta anche il patrocinio della Regione Toscana? È qui che arrivano i distinguo. “Personalmente la trovo un’iniziativa di cattivo gusto, però quando si parla di questo genere di eventi sono costretto a riscontrare che ognuno fa ciò che ritiene”. Rispetto alla manifestazione lucchese, quindi, altra cosa è “la moda di voler togliere i crocifissi, che non va a riferirsi solo alla Chiesa cattolica ma è un dispetto a tutto ciò che è la nostra storia. La storia di una civiltà europea che si è fondata su quella cristiana. Sia dei credenti che dei non credenti. Io poi sono credente e se vedo degli insegnanti che pensano di poter trasmettere i migliori valori ai bambini negandogli di andare a una mostra d’arte dove ci sono dei crocifissi, allora io, da presidente del Consiglio della Toscana, metto il crocifisso nella mia stanza”, ha ribadito. “È l’ora di smetterla con il nichilismo verso la nostra storia”, scagliandosi ancora con- tro la scelta delle elementari fiorentine ''Matteotti''. “Questa non è laicità. Io la nostra storia la voglio vedere e far vedere. Questo con tutto il rispetto e la tolleranza verso chi ha credenze diverse”. Ecco, appunto: ritiene Giani che la tolleranza (valore in cui si riconosce) verso il cristianesimo (altro vlore che sbandiera) sia stata rispettata da questo “artista” statunitense pagato (indirettamente) con i soldi della Regione? Ai posteri l’ardua sentenza. 5 Sabato 14 novembre 2015 ESTERI GLI USA CERCANO DI RIFARSI UN’IMMAGINE NELLA LOTTA AI TAGLIAGOLE CON L’ANNUNCIO DELL’UCCISIONE DEL BOIA “Jihadi John è morto”: ma la guerra continua I curdi liberano la città yazida di Sinjar e tagliano i collegamenti tra Raqqa e Mosul, le due roccaforti dell’Isis In Iraq le milizie sciite assediano Ramadi, in Siria ancora raid russi. Ma Putin lamenta la scarsa collaborazione di Robert Vignola ventolare Jihadi John per mostrarsi attivi sul fronte più calco del pianeta: quello contro i tagliagole islamici. Grande clamore è stato dato quindi alla notizia che il boia protagonista dei filmati con le esecuzioni dell’Isis, è stato ucciso in un raid aereo statunitense in Siria. Seguendo un collaudato sistema, fonti militari “di alto livello” lo hanno reso noto alla Bbc, parlando di “elevato grado di S certezza”. Secondo altre fonti, in particolare quelle dell’Isis, Jihadi John sarebbe ferito ma ancora vivo. Sulla preziosissima notizia si è pure fiondata Sky, citando testimoni oculari a Raqqa hanno riferito a Sky di aver visto portare il jihadista in ospedale. Visto che il nosocomio è stato chiuso subito dopo, e che questo tipo di misura viene adottata solo quando muore un alto grado militare, la morte del rifugiato arrivato in Gran Bretagna vent’anni fa (un fantastico spot per lo ius soli e l’accoglien- za…) sarebbe confermata. Tutto molto rassicurante per l’opinione pubblica occidentale: ma la guerra non si fa distruggendo solo i simboli, bensì le infrastrutture. Ben altro sarebbe quindi il peso dell’altra notizia che arriva dal fronte del “Daesh”, cioè di quella porzione di territorio mediorientale che, per effetto delle guerre Nato in Iraq e della destabilizzazione della Siria a suon di primavere arabe, è finita sotto il controllo diretto dell’organizzazione terroristica di stampo sunnita. I peshmerga, cioè le milizie armate curde, hanno infatti conquistato Sinjar, città dalla posizione strategica nel Nord Ovest dell’Iraq. Si tratta di un centro della minoranza yazida, quella contro cui sarebbero stati perpetrati eccidi da parte dell’Isis, perché considerati adoratori del diavolo per via della loro religione monoteista esoterica. Situata tra Mosul e Raqqa, la città è quindi un nodo fondamentale per le comunicazioni tra le due roccaforti del Califfato, che ora sarebbe quindi spaccato in due. La presa di Sinjar è stata preceduta, secondo le solite fonti militari, da un martellamento aereo della coalizione a guida statunitense e ora la bandiera del Kurdistan, sogno geopolitico dei peshmerga, sventola sulla città. Di natura strategica altrettanto importante è l’offensiva per la liberazione di Ramadi. A portarla avanti insieme all’esercito regolare iracheno sono, e questa è la novità, milizie sciite di Al-Hashd AlShaabi (gruppo armato di mobilitazione popolare, secondo la traduzione dall’arabo). Qui l’esito della battaglia, combattuta casa per casa, è ancora incerto, ma a perdere posizioni è sempre l’Isis. E la Russia? Non se ne sta con le mani in mano, per quanto le notizie dei successi militari dell’asse con l’esercito siriano vengono accolte solo col contagocce dalla stampa occidentale. Nei 107 raid condotti su 8 province siriane in 48 ore sono stati colpiti 289 obiettivi in mano a terroristi, tra gruppi dell’Isis e di al Nusra (al Qaeda). Quest’ultima organizzazione sta cercando di respingere l’assedio delle forze di Damasco ad Aleppo. Ma come è evidente da tutte queste notizie, il vero limite è che manca un’organizzazione comune tra chi ha detto di voler combattere l’Isis e chi lo sta facendo. Cosa che anche ieri il presidente russo Vladimir Putin ha denunciato. “Avevamo informato in anticipo la parte americana e i dirigenti della Nato dell’inizio delle operazioni di guerra. Speravamo che ci sarebbe stato almeno uno stretto coordinamento, normale in tali casi, con i militari e gli esperti della coalizione internazionale guidata dagli americani, pur considerando tutte le differenze di principio, in merito alla crisi siriana, che esistono tra l’approccio della Russia e quello degli Stati Uniti. La reazione da parte dei partner americani e occidentali è stata piuttosto fredda: anche se si potrebbe pensare che l’Isis e gli altri analoghi gruppi estremistici, che stanno operando in Siria, rappresentino per i nostri paesi una minaccia indubbiamente comune”, ha registrato Putin. Ma evidentemente non è così. All’America, e alla stampa occidentale, interessa più di “Jihadi John”. ORRORE IN GERMANIA Il cimitero dei neonati scoperto in Baviera a scoperta avvenuta in una cittadina della Franconia, la regione a nord della Baviera, ha sconvolto tutta la Germania. Otto corpicini di altrettanto neonati sono stati scoperti all’interno di una sauna usata come magazzino in un appartamento della cittadina di Wallenfels, circa tremila abitanti. Ad allertare le autorità era stata una nuova inquilina della villetta, che ha trovato uno dei cadaveri. Quando la polizia scientifica è entrata nell’abitazione, a quel corpicino se ne sono aggiunti pian piano altri. In tutto, come detto, otto le sale ritrovate, in pessimo stato, sulle quali è stata immediatamente L disposta l’autopsia. La ex inquilina e presunta madre delle vittime, una donna di 45 anni, è ora ricercata. Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, e anche da numerose testate giornalistiche accorse sul luogo del macabro ritrovamento, Andrea G. avrebbe vissuto in quella abitazione con il marito per 18 anni. Durante la quale avrebbe dato alla luce i tre figli noti della coppia. Avrebbe tuttavia nascosto diverse gravidanze: andandosene a settembre, dopo una furibonda lite, avrebbe anche urlato contro il marito (secondo il racconto di un vicino) di aver nascosto dei figli. Evidentemente era vero. R. V. NEL MEDITERRANEO È IN ATTO ANCHE UNO SCONTRO TRA I SISTEMI DI RILEVAMENTO DELLE MAGGIORI POTENZE MONDIALI Richag spegne i radar della Nato di Tatiana Ovidi A ncora alta la tensione tra la Nato e la Russia. Dopo le burrascose polemiche legate allo sport e al doping - che stanno mettendo a rischio i mondiali di calcio che erano programmati a Mosca - torna ad essere il Mediterraneo il "campo di battaglia". Gli atlantici denunciano la presenza e l'uso da parte dell'esercito di Putin di radar accecati, danni ai sistemi elettronici di gestione e interferenza alle riprese satellitari con una "bolla" dal diametro di 600 chilometri. Insieme al sistema di difesa aerea "S-300" a bordo dell'incrociatore russo al largo delle coste di Latakia, questi due sistemi costituiscono, per definizione del generale Philip Breed- love, comandante americano della Nato in Europa, la "bolla russa" in Siria. E a seguito del funzionamento di questo sistema, l'Alleanza atlantica si è ritrovata di fatto accecata in un raggio di 600 chilometri a partire dal centro della base russa di Latakia. Parliamo di un tipo di arma segreta russa, schierata in Siria, che gli americani ed i suoi alleati ancora non riescono a capire. Si presume che i russi abbiano usato una tecnologia simile al sistema "Richag", ma a quanto pare la sua funzionalità è molto più estesa. La versione tattica di questo sistema era stata presentata ai giornalisti lo scorso aprile in Russia. Ricordiamo che il sistema "Richag" è montato sull'elicottero. Ora si sostiene che non esista alcun modo di neutralizzarlo. Le sue contromisure elettroniche sono studiate per accecare i radar, sonar ed altri sistemi di rilevamento con lo scopo di difendere gli aerei, elicotteri, droni ed altri sistemi di difesa terrestri e delle forze navali in un raggio di diverse centinaia di chilometri. "Richag" può essere montato su qualsiasi tipo di armamento delle forze armate, compresi elicotteri e aerei, così come sulle unità terrestri e navali. Inoltre secondo il generale Breedlove, "oltre al Baltico e al Mar Nero, i russi ci hanno tolto la visibilità nel Mediterraneo." Washington ancora non ha dimenticata la missione fallimentare della nave USA "Donald Cook" nel Mar Nero e questa situazione nel Mediterraneo preoccupa non poco la Casa Bian- ca. I russi hanno praticamente alzato un muro intorno al Mare Nostrum, tenendo fuori "il grande fratello" occidentale. E non a caso la potenza militare russa ha fatto cambiare atteggiamento agli Stati Uniti. I muscoli mostrati da Mosca hanno davvero impressionato Washington. Gli analisti politici e militari rilevano che nell'ultimo periodo non ci sono stati interventi a "gamba tesa" contro il rappresentante di Mosca alle Nazioni Unite Vitaly Churkin da parte dei suoi colleghi americani. Inoltre sono cambiati il tono e il contenuto dei discorsi di John Kerry riguardo la Siria e l'Ucraina. Il capo della diplomazia americana non chiede più l'allontanamento immediato di Assad e addirittura rimprovera il regime di Poroshenko di non rispettare gli accordi di Minsk. E come sempre Mosca offre una risposta calma e adeguata alle accuse, dimostrando, ancora una volta, di coniugare forza militare e acuta e paziente diplomazia. Tutto mentre ora i media statunitensi rinfacciano ad Obama tutto quello che diceva contro Mosca, ovvero di "aver fatto a pezzi l'economia russa" e che "la Russia è una potenza regionale". L'America sembra alle corde, mentre Putin è stabile al centro del ring, dove sta assestando colpi fatali sia all’Isis che allo strapotere occidentale, sotto il quale pure il Califfato era così comodamente… nato. Magari gli spettatori europei la smetteranno di tifare per gli atlantici. 6 Sabato 14 novembre 2015 STORIA CONCILIARE LA FEDE E L A RAGIONE, L A TRADIZ IONE REL IGIOSA DE L PASSATO E LA LIBERA ATTIVITÀ DEL PENSIERO DEL L A SUA OPERA DI PERENNE CREAZIONE DELL'AVVENIRE La composizione Stato-Chiesa, pietra miliare della nostra storia La Cristianità come valore irrinunciabile, da difendere ancora oggi con tenacia e passione di Emma Moriconi A bbiamo lasciato in sospeso, nella scorsa puntata di questo speciale, il ragionamento sulla composizione tra Stato e Chiesa, che non riepilogheremo qui neppure nei tratti essenziali, visto che è argomento che abbiamo già più volte trattato, ma sul quale vale la pena almeno in questa sede riferire ciò che scrive Balbino Giuliano: "Noi in fondo - dice - abbiamo riconosciuto che l'educazione non può avere il suo fondamento sulla negazione religiosa senza negare se stessa: naturalmente aggiungiamo che deve avere il suo fondamento nell'affermazione religiosa non certo per chiudere il pensiero in una determinata concezione teologica, ma per dargli il senso sacro della vita ed una nuova luce intellettuale a comprenderne e attuarne il significato ideale. Noi abbiamo insomma - continua - aperta all'anima la via per risolvere una contraddizione più profonda di quella che travaglia lo Stato, e conquistare un'armonia più alta della sfera politica: per conciliare cioè la fede e la ragione, la tradizione religiosa del passato e la libera attività del pensiero della sua opera di perenne creazione dell'avvenire". È un breve concetto che abbiamo scelto di riferire ai nostri lettori perché contiene in poche righe il principio di una sintesi importante, quella tra fede e ragione, che riescono in questa ottica ad andare insieme, l'una nel rispetto dell'altra. Si tratta di un conflitto importante che finalmente viene sanato, una pietra miliare della nostra storia che resta immobile e che non si può scalfire, nonostante i ripetuti tentativi di adombrarla di un alone diverso e non positivo. Del resto, a questo tipo di "operazioni" siamo ormai abituati, guardando alla nostra storia, soprattutto quando parliamo del Fascismo. Gettando, poi, uno sguardo all'epoca odierna cosa che facciamo spesso quando parliamo delle vicende storiche della nostra Patria occorre rilevare come, soprattutto negli ultimi tempi, ci sia stato un continuo e sfacciato tentativo di svilire la religione cristiana, e il fatto che questo avvenga in Italia, Patria della Cristianità, è qualcosa di inconcepibile. Si tende, un po' per fare notizia e un po' per scardinare certi valori che resistono - nonostante tutto - da millenni, di ridicolizzare con la blasfemia il credo cristiano. Di segnali ve ne sono a bizzeffe, a cominciare con quello che sembra un innocente divertimento - Halloween - per arrivare a spet- tacoli teatrali di indiscussa immoralità, fino alle manifestazioni incresciose che ci accade di essere costretti a vedere nelle strade e nelle piazze, dove l'offesa ai simboli sacri sembra diventato uno sport in voga. Ecco, tutto questo va combattuto con forza, con tutto l'impegno di cui siamo capaci, ne va dei nostri valori, della nostra storia, della nostra civiltà. La Chiesa cattolica - nonostante i noti episodi che ne hanno evidenziato alcuni aspetti sicuramente da condannare - è la detentrice di quei valori insindacabili che occorre difendere a tutti i costi, oltre che della cultura millenaria dell'umanità tutta, sotto tutti i punti di vista. Al di là, infatti, di certi aspetti esteriori della Chiesa e di certi comportamenti che giustamente sollevano l'indignazione popolare, resta l'esempio di Gesù Cristo: il fatto che ci siano, oggi come in passato, Suoi Ministri che non ottemperano alle regole da Lui segnate per noi uomini, non può deviare dalla via giusta: occorre invece affermare con inflessibilità che il Suo esempio non può e non deve essere dimenticato. Torniamo quindi di nuovo indietro nel tempo, e a sfogliare ancora alcune delle pagine che formano il testo oggetto della nostra analisi di questi giorni, quello dedicato alla cultura fascista di Balbino Giuliano, che dopo aver affrontato il tema della composizione tra la Chiesa e lo Stato passa a parlare della gerarchia, ed è estremamente interessante ciò che dice a questo proposito: "Finché noi concepivamo l'uomo come individualità materiale, ed il suo diritto egoistico come principio e fondamento dei rapporti sociali e della loro sistemazione giuridica, si capiva che l'ideale ultimo della società umana dovesse essere l'abolizione delle gerarchie, ed un'assoluta uguaglianza: siccome col progresso sociale doveva a poco a poco scomparire il dovere dell'uomo verso lo Stato, logicamente doveva scomparire anche l'autorità del Sovrano che in nome dello Stato rappresentava quel dovere ed aveva il diritto di imporlo agli altri. La verità politica era espressa dalla somma dei voleri individuali, e quindi il metodo unico di ricerca della verità era l'elettoralismo parlamentare. Presso tutte le amministrazioni infatti pullulavano i parlamentini che tendevano ad assorbire il potere esecutivo dei funzionari statali. Il Parlamento poi si avviava a diventare l'unico vero sovrano dello Stato e il Ministero viceversa si andava riducendo ad un grane ufficio di segretariato incaricato di eseguire il volere della maggioranza parlamentare". L’UOMO NON È SOLO MATERIA, È SOPRATTUTTO SPIRITO: OCCORRE QUINDI RESPINGERE IL LIVELLAMENTO DELLE INDIVIDUALITÀ Sul concetto di uguaglianza Quanto alla nozione di regime, “la potestà sovrana deve assurgere dalla profonda coscienza del popolo alla sommità dello Stato” Q ualche breve considerazione a proposito di questo ultimo passaggio di Giuliano, prima di proseguire, va fatta. Breve perché in realtà verterebbe sul concetto di uguaglianza del quale abbiamo già parlato a lungo e in più di un'occasione. L'uguaglianza assoluta, stante ciò che abbiamo già espresso altrove, è evidente che non esiste, non può esistere. Dunque perde di senso anche tutto ciò che sottosta a questo concetto. Occorre appena ribadire che quando diciamo che l'uguaglianza non esiste, non parliamo naturalmente della necessità di eguali diritti ed eguali doveri che fanno capo a ciascuno, il quale concetto è assolutamente corretto e giusto, sebbene spesso purtroppo non si assiste al suo concretizzarsi. Piuttosto, occorre parlare di uguaglianza nella diversità: ed è ovvio che ciascuno è diverso dall'altro, non migliore e non peggiore in linea di principio, ma sicuramente diverso. Dire il contrario è affermare una falsità. E sul concetto di uguaglianza e sull'uso - e abuso che se ne è fatto nei secoli, per ora riteniamo di poterci fermare qui. Anche perché sullo stesso concetto Giuliano dice altre cose interessanti che vale la pena riportare: "Come noi abbiamo spiegato ormai più che a sufficienza dice -, l'uomo non è solo materia ma è essenzialmente spirito; e il principio fondamentale dei rapporti sociali e della loro sistemazione giuridica non è il materiale egoismo dell'individuo, come si è già detto avanti, ma è un ideale, bensì immanente nel cuore dell'individuo, ma più alto del suo egoismo e più ampio della sua individualità: un ideale che crea in lui una necessità fatta d'amore e di dovere, che lo spinge verso le sfere superiori dove l'Io esula nel donarsi ad un valore universale. Noi quindi respingiamo come una pericolosa follia il concetto di un'assoluta uguaglianza livellatrice dell'individualità. Dov'è spirito è differenza, e vi è quindi gerarchia di dignità. Nel progresso sociale il dovere dell'uomo ed il corrispondente diritto dello Stato, lungi dall'essere abolito, dovrà essere sempre perfezionato, per modo che le attività dell'individuo vengano a coordinarsi in forma sempre meglio confacente allo sviluppo delle persone umane e all'attuazione della loro verità più profonda. La giusta uguaglianza non è quella che livella le stature e identifica diritti e doveri, ma quella che dà agli uomini maggiore o minore autorità e più o meno alto diritto di comando, secondo il diverso grado di comprensione dei doveri, e secondo le varie capacità di dirigere le attività e determinare i loro rapporti giuridici ai fini segnati dagli ideali che illuminano la vita". Poi Giuliano parla di "regime", sottolineando come "noi non sogniamo certo un regime in cui la potestà sovrana annulli il volere del popolo come negli antichi regimi assoluti, anteriori alla grande rivoluzione, che tra la fine del Settecento e il principio dell'Ottocento ha posto nella volontà umana il fondamentale principio dei valori", provvedendo a difendere l'autorità sovrana dello Stato, garanzia - con certi presupposti naturalmente - di ordine, di civiltà e di argine contro l'anarchia e specificando che "la potestà sovrana deve assurgere dalla profonda coscienza del popolo alla sommità dello Stato, e quindi per mantenere il suo vigore deve sapersi ripiegare fino sentire il contatto col suo principio originario, come Anteo doveva ritrovare la forza del suo corpo gigantesco al contatto con la terra". Ecco, ancora un aspetto affascinante che si può ritrovare quando si vanno a rispolverare certe vecchie carte, è il rinvenire qua e là certi richiami classici che conferiscono agli scritti quel po' di poesia e la giusta allegoria di un'epoca trascorsa che è parte della nostra storia. [email protected] 7 Sabato 14 novembre 2015 DA ROMA E DAL LAZIO IL GOVERNO STANZIA 200 MILIONI DI EURO PER L’ANNO SANTO, CHE INIZIERÀ L’8 DICEMBRE Giubileo, “habemus” fondi Presentato il piano di Fs. Botta e risposta tra Gabrielli e monsignor Fisichella l governo Renzi ha partorito i fondi per il Giubileo della Misericordia, stanziando 200 milioni di euro per la sanità, le iniziative sul trasporto, il decoro e per l’inizio dell’Anno Santo. Un finanziamento giunto in ampio ritardo, a due settimane esatte dalla nomina di Francesco Paolo Tronca a commissario straordinario del Campidoglio. “Saranno messi a disposizione del commissario”, ha spiegato Claudio De Vincenti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. L’8 dicembre Papa Francesco aprirà la prima porta santa, fra meno di tre settimane. Ben 23 sono i cantieri ancora aperti. Subito dopo lo stanziamento dei 200 milioni di euro, è andata in scena un’altra riunione della cabina di regia tra Governo e Santa Sede. Alla quale ha partecipato anche Nicola Zingaretti: “Credo che ci sia un ulteriore investimento di 18-20 milioni sul trasporto e altro alla sanità”, ha spiegato I il presidente della Regione Lazio al termine dell’incontro. L’annuncio dello stanziamento dei fondi ha risvegliato anche Ignazio Marino, ex sindaco di Roma. Il 27 agosto scorso, il governo dichiarò che non avrebbe stanziato nemmeno un euro per il Giubileo, “ora cosa è cambiato?”, si è chiesto Marino su Facebook. Ieri, intanto, Ferrovie dello Stato hanno presentato il piano per il Giubileo. Sulle tempistiche dei lavori del Giubileo c’è stato un botta e risposta tra il prefetto di Roma, Franco Gabrielli, e il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella. “Noi guardiamo all’8 dicembre - ha detto Gabrielli - ma poi abbiamo una tempistica che avrà soprattutto in primavera gli appuntamenti più significativi e impegnativi”. “Forse sarebbe utile non guardare più ai tempi stagionali - ha affermato Fisichella - Il prefetto ha fatto richiamo alla primavera ma le stagioni si stanno abbreviando, stanno cambiando, caro prefetto, e nel 2016 Pasqua sarà alla fine di marzo, il che vuol dire che per tanti lavori che dovranno essere realizzati la data di Pasqua è piuttosto in alto e quindi sarebbe importante che anche la città di Roma sia veramente pronta a questa sfida”. A seguire, la controreplica di Gabrielli: “Avevo parlato degli appun- tamenti più significativi - ha detto che saranno in primavera e anche in questo caso, se il calendario non mi tradisce, la primavera almeno da un punto di vista di calendario è il 21 di marzo, quindi perfettamente in linea con quel che dicevo. Noi in primavera dobbiamo essere prontissimi”. Roma Tiburtina, Roma Aurelia, La Storta, Fiumicino e Ciampino saranno le principali stazioni di interscambio, dotate di parcheggi e servizi che permetteranno facili soluzioni di viaggio, con oltre mille treni, per chi arriverà a Roma in autobus, in auto o in aereo, così da decongestionare il traffico della Capitale. La stazione Tiburtina sarà la principale porta di accesso alla città, che sarà dotata di un parcheggio, circa 130 stalli, per i pullman turistici provenienti dall’A24. I pellegrini potranno raggiungere San Pietro grazie ai collegamenti della linea FL3 (Tiburtina - San Pietro), ai quali si aggiungerà dal 29 novembre una frequenza giornaliera di tre treni l’ora fra Tiburtina e Roma San Pietro. Che aumenteranno nelle giornate di sabato e festivi, con 18 treni in più. Nel pacchetto sono presenti anche sei collegamenti nazionali: 2 Frecciabianca da/per Genova, 2 treni Intercity Sestri Levante Napoli e 2 treni Notte da/per Torino. La stazione più grande d’Italia, Termini, è stata invece sottoposta a interventi straordinari. LA TESTIMONIANZA AL GIORNALE D’ITALIA – GRAVI ACCUSE RIVOLTE AL MUNICIPIO III “Firma o niente assistenza”, lo Stato contro i disabili Fabrizio Bartoccioni, tetraplegico al 100%, denuncia “l’atteggiamento ricattatorio” di cui è stato vittima: “Da gennaio, corro il rischio di perdere tutto il sussidio” Firma o ti togliamo tutto”. Sarebbe questo il diktat di cui è stato vittima Fabrizio Bartoccioni, 38 anni, tetraplegico al 100%. Non muove né gli arti inferiori né le mani. E’ costretto a vivere sulla sedia a rotelle per tutto il resto della vita. E’ stato vittima di un incidente, Fabrizio. Necessita di un’assistenza giorno e notte. Per fortuna, ha al suo fianco i genitori che lo aiutano come possono, anche economicamente. Come previsto dalla legge, Fabrizio percepisce un’assistenza. Ora gliela vogliono ridurre di qualche centinaio di euro. Se non dovesse firmare, gliela toglieranno per sempre con l’avvento del nuovo anno: questa la sua accusa. “Verifico un atteggiamento ricattatorio”, ha denunciato Fabrizio. E’ un ragazzo d’oro. Dona la propria vita per la raccolta fondi. E’ il presidente nazionale della Fondazione Vertical, il cui scopo è chiarissimo: sostenere la ricerca sulle lesioni del midollo spinale. Per capirne di più, lo abbiamo contattato telefonicamente, come, “ incredibilmente, hanno fatto, a suo dire, i servizi sociali del Municipio III di Roma Capitale. Quale spiegazione le hanno dato dal Municipio III? Nessuna. Ho una tetraplegia ed un’invalidità riconosciuta al 100%, quindi ho bisogno di un’assistenza 24h su 24. Ho difficoltà di movimento degli arti superiori e una paralisi a quelli inferiori per cui ho necessità di assistenza giorno e notte. Già due anni fa ho chiesto un adeguamento perché l’assistenza è insufficiente. Non mi basta. Quindi ho bisogno di un sostegno alternativo, che ricevo dalla mia famiglia. L’assistenza, che percepisco da dieci anni, mi ha permesso di crearmi una vita indipendente, costruita appunto su questa certezza. Ha ricevuto una comunicazione cartacea dai servizi sociali? No. L’altro giorno sono stato contattato telefonicamente dal Municipio. Ecco la prima lacuna: non ho ricevuto una comunicazione scritta nero su bianco. Quindi un preavviso. Le dirò di più. Prego. Stiamo valutando con i miei avvocati un provvedimento legale, c’è anche la possibilità di presentare un’interrogazione parlamentare. Come è stato accolto? Sono andato e mi hanno ricevuto tre impiegati peraltro privi del cartellino identificativo. Mi è stato comunicato un taglio determinante e improvviso all’assistenza domiciliare. La cosa drammatica è che mi hanno messo davanti un foglio di carta e una penna e, nel caso non avessi firmato in quel momento, mi sarebbe stata tolta completamente tutta l’assistenza domiciliare a partire da gennaio 2016. Ci rendiamo conto? Ma non è finita qui. Cosa è accaduto? Un altro fatto estremamente grave riguarda il mancato accesso agli atti. Ho chiesto immediatamente il criterio di valutazione del mio caso. Non me lo hanno permesso. Non mi hanno fornito nessun materiale cartaceo, né della convocazione né i criteri di valutazione. Quindi, su quale base è stato valutato il taglio? Ovviamente non ho firmato. Ho chiesto del tempo, mi hanno concesso tre o quattro giorni al massimo per riflettere. Altrimenti la pratica sarebbe partita con decorrenza gennaio 2016, perdendo tutto. Lei chiedeva spiegazioni, le hanno risposto? Sì, che non ho firmato. Ribadendo che non hanno nessun materiale da fornirmi, quindi i criteri di valutazione non ce li hanno, ripetendomi continuamente che applicheranno la legge. Stop. Si tratta della delibera 335/2012 della giunta Alemanno a firma di Sveva Belviso. Poi ho controllato ed effettivamente la delibera è del 2012. Sinceramente mi interessa fino a un certo punto. Chiedo chiarimenti e gli atti. Quali misure metterà in campo? Devo capire se è un caso individuale oppure è la prassi. Ho una percezione diversa essendo un rappresentante nazionale della Fondazione Vertical. Se questo è il modus operandi che viene perpetrato sulle persone disabili e sugli anziani, messe alle strette: “firmi o niente indennità”, può darsi che qualcuno abbia firmato per il timore di perdere l’assistenza. Non tutti hanno la lucidità in quel momento di prendere tempo e ragionare sulle contro- misure. Dopo la mia denuncia su Facebook ho ricevuto diversi messaggi di comportamenti analoghi dal Municipio III. Bisogna verificare se tale situazione avviene nel resto della città, in tutti i Municipi. Vuole rivolgere un appello al commissario Francesco Paolo Tronca? Certo. Iniziamo dal Municipio III ma credo investa anche Roma Capitale. Se questa procedura viene applicata nei confronti delle persone disabili e degli anziani, sottolineo, qualora fosse così, siamo di fronte a un atteggiamento non trasparente e ricattatorio. Tronca faccia chiarezza sulle modalità, sui criteri di valutazione e pubblichi gli atti per trasparenza. In generale se la politica ci promette una rivisitazione dei fondi, poi però nell’- effettivo non possono applicare tagli lineari. Una rivisitazione significa anche un adeguamento agli indici Istat. Ad esempio, percepisco lo stesso sussidio da dieci anni che non è stato mai adeguato. Inizialmente il contributo orario era di 70 centesimi, adesso ha superato un euro. Ci aspettavamo di essere convocati per un adeguamento, non per un taglio sulla spesa. La mia scalata sociale ha raggiunto una propria autonomia, grazie alle conquiste di questi anni. Se questo taglio dovesse diventare effettivo pregiudicherà direttamente anche il mio lavoro che svolgo come volontario all’interno della Fondazione Vertical, che finanzia la ricerca scientifica ogni anno, la quale raccoglie fondi sulla paralisi. Giuseppe Sarra 8 Sabato 14 novembre 2015 ECONOMIA PALAZZO CHIGI SI RIVOL GE AL GARANTE DEL L A CONCORRENZ A E DE L MERCATO, ALLEVATORI IN PIAZZA Latte, continua la protesta Guerra mediatica tra Salvini e Martina. “Dorme e fa finta di niente”, attacca il leghista. E il ministro: “Dicci cos'hai fatto tu” l governo Renzi non decide, demandando all’Antitrust qualsiasi valutazione sul prezzo del latte, motivo di scontro tra gli industriali e gli allevatori. Sul tavolo del garante della concorrenza e del mercato sono arrivate quindi “le segnalazioni ricevute in merito al rispetto delle norme sui contratti di vendita del latte e sull’applicazione dell’art. 62 che abbiamo rafforzato con la nostra legge 91 di luglio”, ha comunicato Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole. Al centro del contendere, com’è noto, la rivalutazione del prezzo del latte “alla stalla”, fermo a 34 centesimi al litro. Un introito con cui non vengono coperti nemmeno i costi di gestione, pressoché invariati. Gli allevatori hanno alzato la voce chiedendo almeno 41 centesimi al litro. Niente da fare. Gli industriali fanno orecchie da mercato. Propongono di aumentare l’offerta di acquisto di appena un centesimo in più, passando a 35 centesimi al litro, oltre di far decadere l’indicizzazione al prezzo tedesco previsto in alcuni contratti, anche per il gruppo francese Lactalis, il “dominus” del latte, che controlla un terzo del mercato del latte italiano. Equivalente, secondo la Coldiretti, ad oltre 1,4 miliardi l’anno. La crisi continua, mentre le trattative sono in alto mare. Ieri gli allevatori sono tornati in piazza manifestando davanti la sede dell’Antitrust con cartelli e striscioni con su scritto: “Dalla stalla alla tavola il prezzo del latte aumenta 4 volte”, “Chi attacca il Made in Italy attacca l’Italia”, “Stop alle speculazioni”, ma anche “Antitrust, un silenzio assordante”. “In Italia - denuncia la Coldiretti - occorre I dunque verificare l’esistenza di comportamenti scorretti nel pagamento del latte agli allevatori che hanno portato prima in Spagna e anche in Francia alla condanna delle principali industrie lattiero-casearie, molte delle quali, peraltro, operano anche sul territorio nazionale”. L’associazione si è poi soffermata sulle contromisure prese dalla Francia, dove “l’Antitrust - ricorda la Coldiretti - ha multato per un importo di 193 milioni di euro 11 industrie lattiero-casearie tra le quali Lactalis, Laita, Senagral e Andross Novandie per pratiche anticoncorrenziali dopo che era precedentemente intervenuto anche l’Antitrust iberico che aveva annunciato multe per un totale di 88 milioni di euro a gruppi come Danone (23,2 milioni), Corporation Alimentaria (21,8 milioni), Grupo Lactalis Iberica (11,6 milioni)”. Il Gruppo francese “ha tagliato i compensi agli allevatori italiani che chiedono soltanto che - sottolinea la Coldiretti - il prezzo a loro riconosciuto sia almeno commisurato ai costi di produzione che variano dai 38 ai 41 centesimi al litro”, secondo l’analisi ufficiale effettuata dall’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (Ismea, ndr) in attuazione della legge 91 del luglio 2015. La “guerra mediatica” è proseguita a colpi di comunicati tra Matteo Salvini e governo. “Renzi se ci sei batti un colpo”, ha attaccato il leader del Carroccio, parlando agli allevatori in piazza Cardusio a Milano, secondo cui “il governo dorme e gli allevatori sono schiavi delle multinazionali”. Rivolgendo un appello IL PIL FRENA ALLO 0,2, SOTTO LE ATTESE. GLI OBIETTIVI DEL GOVERNO SONO A RISCHIO La minestra è la stessa: l’Italia cresce meno ai consumatori italiani: “Comprate e consumate solo latte Made in Italy per aiutare così la nostra gente”, bollando Martina, bergamasco, così: “Dorme e fa finta di niente”. Il delegato alle Politiche agricole non ci sta: “Ti aspetto al ministero”. E critica: “Magari nell’occasione potrai spiegarci cosa hai fatto tu che da anni stai a Bruxelles come parlamentare. Salvo adesso correre ai presidi, come sempre, più per le telecamere che per gli allevatori”, rivendicando, tra i provvedimenti, l’aumento della compensazione Iva per le stalle. E’ immediata la controreplica di Salvini: “Puoi risparmiarmi il viaggio, perché in dieci mesi l’unico risultato che gli allevatori hanno ottenuto grazie agli annunci del governo è l’indebitamento, quando non la chiusura definitiva. Piuttosto - ha incalzato - ti aspetto io a Bruxelles per vedere quello che combini”. E sull’aumento della compensazione Iva per le stalle, ha detto: “Sei l’unico bergamasco che preferisce stare a Roma, evidentemente perché dalle tue parti le aziende agricole non se ne fanno nulla dell’aumento della compensazione Iva, con un prezzo del latte che è diminuito del 20% in un anno, quando i costi fissi sono pressoché invariati. Perché non lo spieghi agli allevatori?”. Quindi il leader della Lega ha concluso con una battuta rivolta al presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, colpevole, a suo dire, di “non capire una fava” in materia di latte perché, ha spiegato, “qui le quote latte non c’entrano nulla. Qui si parla del prezzo del latte. Informatela così evita di fare figure di m…”. AVVIATE SETTE ISTRUTTORIE SULL’AUTENTICITÀ DEI PRODOTTI Olio, indaga l’Antitrust Nel mirino: Gruppo Carapelli, Carrefour Classico, Cirio 100% italiano, De Cecco Classico, Prima donna Lidl, Pietro Coricelli Selezione e Santa Sabina Renzi minimizza lo schiaffo economico con una battuta: “Negli ultimi due dati Istat si è poi verificato un miglioramento, probabilmente porta bene” A nche l’Istat conferma le parole del presidente della Bce, Mario Draghi. La crescita dell’Eurozona resta lenta. E l’Italia non accelera, anzi… nel terzo trimestre dell’anno siamo cresciuti appena dello 0,2% contro il +0,4% del primo trimestre e il +0,3% del secondo. Certo il dato su base annua (+0,9% sullo stesso periodo del 2014) è il migliore dal 2011 e in aumento rispetto al trimestre precedente. Ma la flessione è evidente. Il governo Renzi si aspettava ben altro, forte dei provvedimenti sbandierati in un lungo e in largo dall’Italia all’Europa. Tant’è che gli addetti ai lavori avevano stimato il pil italiano almeno allo 0,3%. Un dato, e la matematica non è un’opinione, che ha spiazzato ine- vitabilmente anche il governo. Il Mef ha previsto una progressione dello 0,9% per l’intero 2015. Ad oggi la variazione è dello 0,6%; un punto decimale in più, invece, lo prevede l’Istituto di ricerca. Vedremo a fine anno. Intanto Matteo Renzi non ha potuto altro che tornare sui suoi passi, digerendo l’ennesimo schiaffo economico con una battuta: “Speravo in uno 0,3 comunque è il terzo tri- mestre positivo, ma diciamo che negli ultimi due dati Istat si è poi verificato un miglioramento delle previsioni, probabilmente porta bene, non c’è due senza tre”, ha detto il premier al termine del Consiglio dei ministri. Una sorpresa negativa un po’ per tutti, dagli analisti di Unicredit alle associazioni di categoria. Perplessità anche dal mondo politico, da destra a sinistra passando per il centro. Il coro è unanime: “La crescita è ancora contenuta”.“Renzi ha giocato d’azzardo e ci rimette l’Italia”, è la critica di Forza Italia per voce di Renato Brunetta. Se il Pil non dovesse crescere almeno secondo le stime del governo, Renzi dovrà correre ai ripari per disinnescare le clausole di salvaguardia. Come? Aumentando i tributi? e verifiche si allargano a macchia d’olio sull’autenticità dell’extra-vergine prodotto da sette aziende di caratura nazionale e internazionale. Su segnalazione di un’associazione di consumatori, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Antitrust, ha avviato sette istruttorie per presunte pratiche commerciali scorrette, nei confronti di alcune importanti aziende che commercializzano olio in Italia. Oltre a tre marchi del Gruppo Carapelli (“Carapelli Il frantoio”, “Bertolli Gentile” e “Sasso Classico”), gli altri sono “Carrefour Classico”, “Cirio 100% italiano”, “De Cecco Classico”, “Prima donna Lidl”, “Pietro Coricelli Selezione” e “Santa Sabina”. L Secondo quanto segnalato, a seguito di test condotti dal laboratorio chimico dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, le caratteristiche organolettiche e chimiche dei campioni di olii sottoposti a verifica sarebbero risultate inferiori ai valori previsti per qualificare l’olio come extravergine di oliva. “Queste condotte, una volta verificate e accertate, potrebbero integrare pratiche commerciali scorrette - spiega una nota l’Antitrust - le indicazioni riportate sulle etichette e nelle campagne pubblicitarie, per prodotti che non corrispondono alle caratteristiche qualitative dichiarate, sarebbero suscettibili di indurre in errore i consumatori nelle loro scelte d’acquisto”. 9 Sabato 14 novembre 2015 DALL’ITALIA S UL L A BAT TAGLIA PARTITA DA PONTINVREA L A COMMISSIONE TRIBUTARIA CHIAMA IN CAUSA I GIUDICI DELLA CORTE ROMANA Tasse sulla prima casa? Parli la Consulta Il sindaco Camiciottoli: “Non ho fatto pagare Imu, Tasi e Tari ai miei cittadini perché le ritenevo ingiuste. Ora che se n’è accorto pure Renzi, mi aspetto che la Costituzione ne sancisca l’illegittimità” na questione di giustizia. Ed è per questo che lui dal 2012 non fa pagare ai residenti del suo Comune né Imu o Tasi sulla prima casa, né Tari. Ora, a dargli ragione è anche la commissione tributaria provinciale di Massa-Carrara che, con l’ordinanza 25 del 25 marzo 2015, ha inviato alla Corte Costituzionale gli atti del ricorso contro la legge istitutiva dell’Imu “per contrasto con gli articoli 53 e 42 della costituzione”. La vittoria di una battaglia per del Sindaco di Pontinvrea, Matteo Camiciottoli, esponente di Fratelli d’Italia, accusato più volte in questi anni di aver rinunciato a far pagare le tasse solamente per farsi pubblicità. Evidentemente così non è. Il primo cittadino del comune di poco più di 850 anime nell’entroterra di Savona ha portato avanti in maniera ferma ciò che ha sempre sostenuto. “In questi anni ho sentito tanti giudizi sul mio operato in merito a questa battaglia – ha spiegato Camiciottoli a Il Giornale d’Italia – e i migliori giudizi sono stati che volevo farmi pubblicità. Ho incassato in silenzio, oggi la mia soddisfazione è immensa anche se non definitiva”. I principi per cui lui si batte da tempo ora infatti vengono per lo meno ascoltati, in un momento in cui, come ricorda il sindaco, la crisi sta attanagliando il paese. “È una questione di giustizia verso cittadini, i quali già soffrono una crisi che costringe a chiudere continuamente attività. Ogni giorno serrande vengono abbassate grazie agli studi di settore – accusa il primo cittadino – noi non abbiamo fatto altro che muoverci con coscienza, cosa che evidentemente non ha fatto chi doveva semplicemente obbedire agli ordini imposti dall’alto”. Ordini che, a distanza di anni, si scopre vanno contro la Costituzione. A dar ragione a Matteo U Camiciottoli, oltre al popolo stanco di essere spremuto da un sistema tributario killer, sono anche gli articoli 42 e 53 della costituzione, che chiariscono tra l’altro come “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. “Com’è possibile far pagare l’Imu, oggi Tasi, a un pensionato che con una vita di sacrifici si è riuscito a costruire una casetta per lasciarla ai suoi figli?” si domanda. Non manca l’accusa ad un Governo che, evidentemente, per troppo tempo ha preso per i fondelli il popolo ignorando anche articoli messi nero su bianco. Camiciottoli si chiede infatti come mai “il Presidente del Consiglio si è affrettato a dichiarare in pompa magna come il nuovo benefattore che riduceva le tasse togliendo l’Imu. A marzo l’ordinanza del tribunale e subito dopo il Premier, dopo aver istituito anche quella per i terreni agricoli, la cancella. Forse voleva evitarsi la solita figura. Forse sapeva che sia lui che il Professor Monti stavano rapinando gli Italiani calpestando la Costituzione?” . Un comportamento dal quale prendere le distanze. “Basta continuare a far politica sulle spalle dei cittadini – spiega il primo cittadino – è ora di finirla e di dare il colpo di grazia a questo governo che si fonda su un Parlamento illegittimo, come da sentenza porcellum”. VENEZIA Una battaglia per la legalità che deve partire dalla Costituzione. “L’invito che faccio come cittadino e come esponente politico, trattandosi ora più che mai dell’esercizio di un diritto è quello di non pagare questi illegittimi balzelli e ricorrere contro gli accertamenti sollevando l’eccezione di costituzionalità, le cause sul punto dovranno essere sospese in attesa della sentenza della Corte Costituzionale”. Ora sarà l’organo giuridico a mettere parola fine alla questione. “Spero che ci sia una sentenza di diritto e non politica”. Insomma giudici chiamati a fare il loro mestiere, senza nessun tipo di influenza. In questo modo “non si potrà che accertare l’incostituzionalità di questa odiosa imposta” conclude Camiciottoli. Imposta di cui, lui l’ha dimostrato, se ne può fare benissimo a meno. Da anni i cittadini nel suo comune non pagano Imu o Tasi e Tari. E le casse non ne risentono, anzi: si è ottenuto un attivo di bilancio di 50 mila euro ed è stata incrementata la raccolta differenziata al 64%. Un operato che ha difeso a spada tratta, rischiando anche il commissario prefettizio per non aver obbedito al decreto Delrio che imponeva ai piccoli centri di unirsi o almeno associare le funzioni amministrative, dall’anagrafe alla ragioneria. Quello che lui aveva definito, a suo tempo, “un falso risparmio, l’obiettivo vero è creare Comuni che invece di essere amministrati da liste civiche finiranno sotto il ‘cappello’ della politica”. Il motivo pare facilmente intuibile. Avere un sindaco pro-popolo e contro il governo è scomodo. Lo è stato Camiciottoli che ora però ha incassato la sua prima battaglia: come finirà la guerra, però, lo deciderà la Corte Costituzionale. Barbara Fruch CATANIA Truffa ad anziani incapaci, nei guai addetto all’assistenza Tromba d’aria, i risarcimenti dei danni tassati dal fisco C assati dal fisco anche i risarcimenti da danni ricevuti dopo quella tromba d’aria dello scorso otto luglio che ha travolto i centri di Mira e Dolo, in provincia di Venezia. A essere colpiti sono infatti gli indennizzi assicurativi riscossi da coloro che sono stati investiti dall’evento catastrofico. A riportare la notizia, che ha inevitabilmente fatto insorgere i sindaci dei Comuni protagonisti di questa triste vicenda, sono i siti del nord-est ‘Il gazzettino’ e ‘La Nuova Venezia’. I danni sono stati ingenti. Settantuno milioni di euro tra Mira, Dolo e Pianiga. A pagarne le spese maggiori le abitazioni private, ma anche aziende industriali, artigianali, ed agricole, oltre ad esercizi commerciali. Oltre il danno, la beffa che arriva dopo il silenzio del Governo sulla richiesta di fondi, i ritardi della Regione sui 6 milioni promessi e l’imposizione fiscale sulle spese sostenute per il ripristino della zona. Infatti al momento gli unici soldi che sono arrivati sono quelli raccolti dagli enti locali con collette di solidarietà e quelli delle assicurazioni (per chi aveva stipulato polizze ad hoc). Quest’ultime però andranno inserite nella di- T chiarazione dei redditi e quindi tassate. L’imprenditore o il cittadino che ha ricevuto un indennizzo per case, capannoni o auto distrutte dovranno pagare le tasse, come se avessero fatto una vincita al superenalotto. Una scelta che ha fatto insorgere inevitabilmente i sindaci dei Comini, che hanno parlato chiaramente di presa in giro da parte dello Stato. Riuniti giovedì per discutere la questione, i primi cittadini hanno chiesto chiarimenti al commissario delegato al tornado. Risposta? La vicenda non è di sua competenza. “Creare delle difficoltà a delle persone che hanno già subito grandi danni – spiega il sindaco di Dolo Alberto Polo - è da evitare assolutamente. Tutto doveva essere studiato in modo che questi problemi non si ponessero alle persone colpite dalla devastazione nelle abitazioni e aziende di proprietà. Il commissario delegato ci ha risposto che il tema non è di sua competenza, ma allora qualcuno trovi una soluzione”. Gli fa eco il sindaco di Pianiga Massimo Calzavara. “Una vera e propria presa in giro – afferma – Ma come è possibile tassare gli indennizzi assicurativi in una calamità naturale? Arriviamo a oltre 4 mesi di distanza per scoprire questi inghippi fiscali? Va trovata una soluzione al più presto. Se necessario una legge ad hoc come quella trovata per l’Emilia Romagna”. Il fatto non sarebbe una novità, come ricorda Confindustria. “Purtroppo è così - spiegano dall’associazione - anche i rimborsi assicurativi sui danni del tornado sono sottoposti a tassazione, per questo già ad agosto e in un recente incontro con il sottosegretario Zanetti abbiamo ribadito la nostra richiesta al Governo di defiscalizzare le spese di ripristino dei danni al tornado per le imprese colpite”. B.F. irconvenzione di persone incapaci e appropriazione indebita. Con queste accuse la guardia di finanza ha arrestato e posto ai domiciliari un uomo di 52 anni di Mascali. Le indagini dei baschi verdi di Acireale, nel catanese, hanno fatto luce sull’attività del “factotum” di una struttura sanitaria di un comune pedemontano, convenzionata con l’Asp e dedicata all’assistenza di persone affette da gravi disturbi psichici, che si è appropriato di cospicue somme di denaro, approfittando proprio del precario stato di salute mentale dei pazienti. In quattro anni l’uomo è riuscito ad appropriarsi complessivamente di circa 140mila euro. In alcuni casi il 52enne è arrivato a prosciugare completamente i conti anche dopo il decesso dei pazienti. Gli approfondimenti dei finanzieri hanno consentito di appurare che l’arrestato - talvolta con l’ausilio di altri due dipen- denti della struttura, allo stato solo indagati - era riuscito a inserirsi quale cointestatario in numerosi libretti postali riconducibili a diversi pazienti accuratamente selezionati fra quelli privi di familiari o congiunti. Peraltro, gli assistiti non risultavano nemmeno formalmente interdetti, e quindi non sottoposti alla sorveglianza di un giudice tutelare, nonostante le patologie mentali sofferte non consentissero loro di attendere alle normali attività della vita quotidiana. Attraverso indagini sui conti correnti dell’arrestato e dei ricoverati presso la struttura, sono stati rilevati e ricostruiti gli ingenti prelevamenti di somme di denaro contante che non potevano essere neanche giustificati con il pagamento della retta della struttura sanitaria, in quanto si trattava di degenti per i quali l’Asp già versava l’intero importo dovuto per l’assistenza e il ricovero. 10 Sabato 14 novembre 2015 DALL’ITALIA BERGAMO BERGAMO Rapina in casa: sequestrati per ore Sparò ai ladri: arriva la grazia parziale per Monella Ad agire una banda dell’est fuggita con un bottino di 35mila euro L egato, picchiato e sequestrato in casa insieme alla compagna da una banda di malviventi. Sono state tre ore di terrore quelle che ha vissuto un commerciante 56enne a Bottanuco, in provincia di Bergamo. “Ho creduto che ci avrebbero uccisi” ha spiegato l’uomo che è rimasto ferito in modo non grave in una colluttazione. I rapinatori, sicuramente originari di un Paese dell’Est Europa, cercavano la cassaforte, inutilmente, perché non c’era e hanno dovuto accontentarsi, si fa per dire, di un bottino che supera i 35 mila euro. “Grazie a Dio siamo ancora qui sani e salvi - esclama il commerciante a L'Eco di Bergamo allargando le braccia - Dico la verità: abbiamo avuto paura che alla fine, non avendo trovato la cassaforte, quelli ci avrebbero ucciso”. Il tutto è iniziato verso le 19,15 di giovedì quando l'uomo e la sua compagna stavano rincasando dopo il lavoro. Ad attenderli c’erano i ladri che hanno subito braccato l’uomo, colpendolo con il calcio della pistola, ferendolo e puntandogli l'arma alla fronte. “Mi hanno picchiato con i pugni e con il calcio della pistola in testa, quindi con il filo elettrico mi hanno legato le mani dietro alla schiena” ha spiegato. Poco dopo è rincasata anche la sua compagna, coinvolta a sua volta nel sequestro. “Poi è entrata la mia compagna. Loro hanno cercato di tranquillizzarla e l’hanno consigliata di stare calma e di non muoversi. E con la pistola sempre puntata alla fronte mi gridavano che volevano uccidermi. Volevano sapere dov’era la cassaforte. Hanno fatto su di lei pressione psicologica dicendole che altrimenti avrebbero ammazzato me”. Nonostante i ripetuti tentativi di convincerli che in casa non avevano alcuna cassetta di sicurezza i ladri ci hanno messo un bel po’ per cedere e hanno continuato a minacciare la donna di uccidere il compagno, allo scopo di farle pressione. Dopo tre ore di tensione i malviventi sono fuggiti via con un bottino di 35mila euro. Quella avvenuta nel bergamasco e solamente l’ultima rapina che poteva finire in B.F. tragedia. Il Capo dello Stato firma il decreto: ora potrà accedere ai servizi sociali. Esulta la Lega: “Vittoria dei cittadini perbene” L a notte tra il 5 e il 6 settembre del 2006 Antonio Monella, imprenditore edile di Arzago d'Adda (Bergamo), sparò e uccise con un colpo di fucile un ladro albanese di 19 anni che stava cercando di rubargli l’auto dal garage di casa. Per quell’episodio dall’8 settembre dell’anno scorso l’uomo si trova rinchiuso nel carcere di Bergamo, dove si è presentato spontaneamente quando è diventata definitiva la condanna di terzo grado a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni,emessa della Corte di Assise di Appello di Brescia del 29 giugno 2012, confermata il 25 febbraio 2014, per omicidio volontario. Ora, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha firmato (ai sensi di quanto previsto dall'art. 87 comma 11 della Costituzione) il decreto con cui gli concede la grazia parziale di due anni di reclusione. La decisione tiene conto del parere favorevole formulato dal Ministro della Giustizia a conclusione della prevista istruttoria. “Per effetto del provvedimento – si legge in una nota del Quirinale – all’interessato rimarrà da espiare una pena residua inferiore a tre anni. Essa rientra dunque nell’ambito di applicabilità dell’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale (art. 47 dell’Ordinamento penitenziario)”. Monella a marzo 2014 aveva chiesto la grazia al presidente Giorgio Napo- GIALLO DI MARCHENO Ghirardini è morto avvelenato dal cianuro vvelenamento da cianuro. È questa la causa della morte di Giuseppe Ghirardini, trovato senza vita il 18 ottobre dopo la scomparsa. A confermarlo sono gli inquirenti di Brescia dopo l’esito degli esami. Non sarebbe quindi morto per cause naturali, come ipotizzato in un primo momento. Nello stomaco del lavoratore dell’azienda Bozzoli di Marcheno, il cui proprietario Mario Bozzoli è sparito a sua volta l’8 ottobre, è stato trovato un oggetto, contenente un’anima di cianuro, non naturale e che non si troverebbe sul mercato libero. Secondo gli esami il cianuro era dentro un baccello in silicato che l’uomo avrebbe in- A gerito bevendo. Al momento comunque non vi è nessuna ufficialità di correlazione tra l’involucro e l’avvelenamento da cianuro. Esclusa la morte naturale, le ipotesi sulle cause si indirizzano su suicidio o omicidio. L'uomo era stato rinvenuto senza vita il 18 ottobre scorso a Case di Viso, sopra Pontedilegno, dopo la scomparsa risalente al mercoledì precedente, giorno in cui era fissato il suo nuovo interrogatorio davanti ai Carabinieri che stavano indagando sulla misteriosa scomparsa del suo titolare. Il cadavere dell’uomo fu trovato a qualche chilometro dalla sua auto. La scomparsa di Girardini, inizialmente, fu legata all’altra misteriosa sparizione, quella di Bozzoli. E proprio su quest’ultimo continuano le ricerche di tracce biologiche nell’azienda di Marcheno (quelle all’esterno furono sospese). Su richiesta della Procura è iniziato lo svuotamento dei forni, disposta su indicazione dell'anatomopatologa Cristina Cattaneo. litano che aveva avviato la pratica di esame della richiesta, ora accolta. “Nel valutare la domanda il Capo dello Stato ha tenuto conto del comportamento positivo tenuto dal condannato durante la detenzione (iniziata l’8 settembre 2014) e della circostanza che il percorso di educazione sino a ora compiuto potrebbe utilmente proseguire - se la competente Autorità Giudiziaria ne ravvisasse i presupposti - con l’applicazione di misure alternative al carcere”. L’imprenditore, oggi 49enne, sparò dopo che quattro malviventi si erano introdotti nell’abitazione prendendo le chiavi della sua auto, un Mercedes. Prima sparò in aria, poi in direzione del mezzo a bordo della quale stava BRESCIA RAGUSA Caso Loris, la mamma cambia versione Loris non l’ho ucciso io” ha detto allo stesso tempo ammettendo però di “non averlo accompagnato a scuola”. È quanto affermato da Veronica Panarello al pm Marco Rota nella deposizione nel carcere di Agrigento, durata ben sette ore, in cui si continua a proclamare innocente in merito all’accusa di aver strangolato il figlio il 29 novembre 2014 e gettato in un canalone a Santa Croce Camerina. Il giorno in cui è stato ucciso, ha detto la mamma, il bambino “è salito a casa con le chiavi” che gli ha dato lei. Poi, ha aggiunto, riferisce il suo avvocato, di “avere un buco e di non ricordare”. Dichiarazioni che la donna aveva “ già fatto al marito, in uno dei drammatici colloqui avvenuti in carcere dove il padre di Loris, Davide Stival, le chiedeva di dire la verità. Più volte la Panarello ha professato la sua innocenza, sostenendo invece di avere accompagnato il giorno della morte di Loris il bambino a scuola. Parole smentite dalle telecamere del paese che non immortalano mai la sua auto nei pressi dell’istituto. E proprio le immagini invece immortalerebbero il mezzo compiere il tragitto che porta al canale di scolo dove è stato poi trovato il cadavere del bimbo. Intanto l’avvocato Francesco Villardita, legale di Veronica Panarello, chiede il “silenzio stampa” sulla sua assistita e annuncia: “Non farò più alcuna dichiarazione fino all’udienza preliminare” fissata per il 19 novembre prossimo davanti al Gup di Ragusa. Alle domande dei cronisti su come sta Veronica o se farà ricorso a riti alternativi, il penalista replica: “nessun commento”. salendo la banda, che fuggì. Monella chiamò subito i carabinieri che dopo un paio d’ore trovarono un giovane albanese, Ervis Hoxha, in un pub dove i complici probabilmente lo avevano abbandonato. “Ora potremo chiedere l’affidamento ai servizi sociali – ha spiegato l’avvocato Enrico Mastropietro – Quella della grazia parziale era la nostra richiesta”. A commentare la notizia la Lega Nord che, dopo la condanna ha portato avanti una campagna mediatica in favore dell’uomo. “Grazia per Antonio Monella! - ha scritto Matteo Salvini In carcere da oltre un anno per aver ucciso un rapinatore, oggi è finalmente libero! Vittoria dei cittadini perbene, della Lega e del diritto di difendersi!”. Gioisce anche Roberto Calderoli che spiega come “simili casi non devono più accadere: occorre eliminare quanto prima il reato di eccesso di legittima difesa all’interno del proprio domicilio o esercizio commerciale, perché da una parte il cittadino deve sapere che in casa propria ha sempre il diritto di difendersi e dall’altra questo deve servire per deterrente ai criminali, che devono essere consapevoli dei rischi, anche di vita, che corrono”. Che sia stato anche il dibattito scaturito dopo gli ultimi fatti di cronaca a spingere il Presidente a concedere la grazia? Barbara Fruch Confermato l’ergastolo per Pasquale Iacovone onfermato l’ergastolo per Pasquale Iacovone, il padre 40enne di Ono San Pietro nel Bresciano accusato di aver ucciso i due figli di nove e dodici anni. La sentenza della Corte d’Assise di Brescia è arrivata ieri. Era il 16 luglio 2013, si ricorda, quando l’uomo avrebbe innescato un incendio nella casa dove viveva a Ono San Pietro, in Valcamonica, che ha bruciato i ragazzini, prima soffocati. L’avrebbe fatto per vendicarsi della ex moglie. L’uomo aveva riportato vaste ustioni su tutto il corpo e, dopo essere dichiarato fuori pericolo, è stato portato al carcere milanese di Opera dove sta scontando l’ergastolo arrivato nel primo grado di giudizio il 19 dicembre del 2014. Nelle cinquanta pagine di motivazioni il gip Maria Chiara Minazzato scrisse di Iacovone: C “Nessuna pietà per i corpi dei figli sopprimendone i cadaveri e togliendo alla moglie anche il conforto di poter piangere e dare l’ultimo saluto ad Andrea e Davide”. Rigettata ieri la richiesta dell’avvocato dell’uomo, che aveva chiesto l’assoluzione per infermità mentale. Il padre dei due ragazzi era in tribunale con una maschera protettiva al volto per nascondere le ustioni. Ha continuato a professarsi innocente dicendo che le fiamme non sarebbero state innescate da lui. Per la prima volta il 40enne ha incrociato lo sguardo dell’ex moglie Erika Patti, da cui era stato denunciato per stalking prima della tragedia. “Ti ammazzo i figli” era arrivato a scriverle in un messaggio. Non sono mancati momenti di tensione tra Iacovone e i parenti della donna. 11 Sabato 14 novembre 2015 SPETTACOLI NOTE CONTROCORRENTE – IL 20 NOVEMBRE, ALL’AUDITORIUM, L’ORIGINALE OMAGGIO DI ELENA BONELLI Il rap? E’ nato a Roma, dallo stornello i siamo recati nella base operativa di una grande interprete della canzone romana. Parliamo di Elena Bonelli, una persona che non possiamo che definire “Controcorrente”. All’inizio avevamo pensato ad un'intervista canonica sull’evento programmato per il 20 novembre all’Auditorium, “Dallo stornello romano al rap”, però poi la Bonelli ci ha portato in un mondo che credevamo scomparso o quanto meno nascosto tra gli scaffali polverosi di una tradizione dimenticata. Una motivazione importante ha mosso quello che po- C tremmo definire “il vate” della canzone romana, Elena Bonelli, cioè quello di restituire la dignità che merita a questa tradizione popolare che ha radici profonde nella storia e nella tradizione stessa, e che troppo spesso, “negletta e sottostimata, è stata sacrificata - dice la cantante romana, a favore dei salotti buoni radical-chic” Se si compie un esame sereno si vede che, ad esempio, la canzone napoletana è stata maggiormente considerata e fino a pochi anni fa ha avuto anche il suo Festival. Una tradizione con una linea neo-melodica, ha fatto si che tantissimi artisti della canzone cosiddetta leggera napoletana, abbiano avuto visibilità e successo. Elena ci parla però di una città, come quella di Roma, che è depositaria di storia e cultura millenaria all’interno delle quali la canzone popolare, lo stornello, ma non quello doppio-sensista, ha sempre evidenziato le realtà del “popolo”, i desideri, le aspirazioni, la rabbia, l’amore, e questo si è trasferito idealmente al più contemporaneo rap che non nasce in America ma proprio a Roma. In questa serata del 20 no- vembre all’Auditorium Parco della Musica, nella sala Sinopoli, si intrecceranno dunque brani portati da giovani e da grandi della canzone d’autore Italiana, così come si potranno vedere videoclip realizzati da tanti artisti che, assieme ad altri cantanti, sono accorsi al richiamo di una canzone per Roma lanciato, con questa prima edizione nata dalla passionale ed appassionata idea di Elena, dalle cui parole emerge peraltro tutto l’amore che ha per questa città. La Bonelli si rammarica non solo per il degrado che troppo spesso è sotto gli occhi di tutti, ma anche per il fatto che lentamente, inesorabilmente e silenziosamente interi quartieri, soprattutto nell’apparato della piccola imprenditoria e nel commercio, siano depredati e svenduti a cittadini provenienti da etnie totalmente scollegate con le radici e la cultura romana, ma anche di quella italiana. Non si tratta di erigere barriere razziali ma di accogliere il grido, tramite la canzone, di coloro che vorrebbero di più dalla vita, maggiore dignità, riconoscibilità e autorevolezza perché Roma è Roma, e c’è da esserne orgogliosi. Per non andare troppo indietro nel tempo, recentemente sono morti due grandissimi della canzone romana, Gabriella Ferri e Franco Califano. Quanto si è parlato di loro a livello nazionale? Della loro arte e delle loro opere? Ben poco. Si pensi che quando è morto Califano contemporaneamente è morto anche Enzo Iannacci; ebbene, le pagine dei giornali, le radio e le tv hanno dato a Iannacci, del quale non vogliamo disconoscere il valore, una visibilità e una attenzione dieci volte superiore a quella data a Franco Califano. Perché Califano era scomodo. Il Califfo non chiedeva e non faceva parte dei “salotti buoni”. Per chi non lo sapesse, Franco Califano ha scritto centinaia di canzoni e alcune liriche indimenticabili portate al successo da lui stesso, ma anche da Mia Martini, Mina, Ornella Vanoni, Mita Medici, Gabriella Ferri, Peppino De Capri, ed era e si sentiva romano anche se nato a Pagani. Grazie all'iniziativa di Elena Bonelli, coraggiosissima neo imprenditrice di questo progetto nel quale ha investito il ricavato del suo lavoro all’estero, messaggera della canzone romana in tutte le parti del mondo, la canzone romana rivivrà per opera dei tanti che la supportano. La canzone romana è una canzone per tutti, è un patrimonio culturale nazionale che deve essere meglio conosciuto anche al di fuori dei confini della città. Testimonial dell’evento saranno, tra gli altri, Amedeo Minghi e Simone Cristicchi SG [email protected] IL PRIMO CD DELLA BAND BOLOGNESE Gli Zois all’esordio nel segno di Mango a cosa più bella che ci ha trasmesso Mango è che un vero artista non si scolla mai dalla sua musica, che il successo è un effetto collaterale, piacevole, ma sono la ricerca e l'amore per la musica che ti devono guidare. Così dice Valentina Gerometta, la cantante degli Zois, la band bolognese che ieri ha presentato il suo album omonimo, che contiene la cover di ''Oro'' e la traccia inedita ''Stella Contraria'', scritta a quattro mani proprio con il cantautore lucano. "Abbiamo potuto terminare un'opera in totale libertà, che ci assomiglia in tuttoha raccontato Valentina a Diregiovani.itNon siamo scesi ad alcun compromesso, questo è un grande sogno che si realizza. Questo album ha un grande significato, ci abbiamo lavorato tanto e contiene le nostre storie personali, i nostri percorsi vita. E vederlo è bellissimo". Sono 11 le tracce dell'album che, in contro tendenza rispetto alla sola pubblicazione in digitale L riservata agli esordi, verrà stampato anche in CD e sarà disponibile presso punti vendita selezionati, su tutto il territorio nazionale (sul sito ufficiale sarà disponibile la mappa dettagliata). ''ZOIS'', album d'esordio del gruppo, sarà disponibile dal 20 novembre negli store digitali (distribuzione Artist First), inizierà un tour radiofonico (con esibizioni live acustiche) nel circuito Uniweb radio (le radio delle università più importanti su tutto il territorio); il tour radio e le interviste telefoniche continueranno nei principali network nazionali e locali, su tutto il territorio. Spicca, ovviamente, la collaborazione con Mango, "iniziata un po’ per caso. Cercavamo una cover per il disco e cercavamo una canzone della grande tradizione italiana. Abbiamo quindi inciso Oro e il provino lo abbiamo fatto arrivare a Mango. Non ci aspettavamo di trovarci davanti la persona che poi abbiamo conosciuto- ammette Valentina- una persona di altissima levatura, molto curiosa del lavoro, con la massima apertura mentale e con la massima disponibilità, che ci ha accolto sotto la sua ala". Mango ha apprezzato talmente tanto il suo lavoro "che ha registrato la sua voce in ''Oro'' e ha partecipato al videoclip. In più ci ha proposto la musica di Stella Contraria in cui noi abbiamo messo il testo". Il prodotto finale "gli è piaciuto molto. Era l''inizio di un percorso umano e artistico molto bello, purtroppo interrotto bruscamente". Mango è scomparso l''8 dicembre del 2014 a seguito di un malore sul palco durante un concerto. 12 Sabato 14 novembre 2015 CINEMA DOPO “LAVORARE CON L ENTEZ Z A” ECCO UNA NUOVA COMMEDIA DIRETTA DA GUIDO CHIESA Quei figli belli di papà Diego Film piacevole, con un Abatantuono in grande forma che deve crescere da solo tre pargoli di Luciana Caprara fruttando al massimo la scia di Edoardo Leo e Sydney Sibilia, Guido Chiesa dà vita a una commedia la cui ridondanza dell’arrivo dei settentrionali nel sud Italia non può far altro che riportarci a “Benvenuti” al sud di Miniero. Belli di papà è la storia di Vincenzo, interpretato da un magistrale Diego Abatantuono nelle vesti di un ricco imprenditore che dopo la perdita della moglie si ritrova da solo a crescere tre figli. Dopo ben cinque anni di assenza dalla macchina da presa, e gli ultimi due anni passati ad affiancare Paolo Ruffini nel suo esordio da regista, Chiesa affida al suo co-sceneggiatore di fiducia Giovanni Bognetti un soggetto lineare e semplice, insolito per un regista come lui che si è sempre trovato a dirigere film dal target molto più limitato di questo. Dalla visione del film si intuisce che la prova per Guido è stata superata a pieni voti, mettendo in piedi un film ben scritto, con l’obiettivo di far sorridere che di questi tempi non è mica poco… Il regista sceglie sapientemente di mettere da parte il suo tocco autoriale, per immedesimarsi in una regia dove il linguaggio e il modo di lavorare è molto diverso da quello a cui lui è abituato. Così il torinese classe 1959 autore, tra l'altro, de Il partigiano Johnny e Lavorare con lentezza, sintetizza i motivi che lo hanno portato a dirigere Belli di papà, che, rispetto alla pellicola da cui prende spunto, pare abbia provveduto a rendere meno melodrammatico l'aspetto relativo alla vedovanza S del protagonista. Protagonista si, dalle fattezze di un Diego Abatantuono che, imprenditore di successo, si rende conto del fatto che i tre figli ventenni cui deve badare conducono una vita piena di agi e ignari di qualsiasi responsabilità e voglia di guadagnarsi la vita, tanto da arrivare ad organizzare una messa in scena finalizzata a far credere loro che l'azienda di famiglia stia fallendo per bancarotta fraudolenta e che sono quindi costretti ad un'improvvisa fuga degna di veri latitanti. Figli ventenni che si trovano per la prima volta a dover affrontare, quindi, il duro universo dei "lavori umili" una volta rifugiatisi insieme al padre in una vecchia e ormai malconcia casa in Puglia, concretizzando per l'ennesima volta su schermo l'incontro-scontro sociale tra nord e sud che ha fatto la fortuna non solo del francese Giù al Nord e del suo remake tricolore Benvenuti al Sud, ma anche della filmografia zaloniana. Incontro-scontro sociale stavolta affrontato, però, in maniera del tutto diversa, in quanto non mirato a generare gag attraverso il contrasto tra le abitudini dei milanesi e quelle dei pugliesi, bensì ad immergere nella poco confortante realtà operaia meridionale personalità appartenenti al pensiero maggiormente snob della borghesia del settentrione. Un film capace di far sorridere, onesto, sincero, con malcelate contraddizioni. Le stesse che alimentano la vita quotidiana di ognuno di noi, d’altronde. Taranto non è uscita come capoluogo di modernità, con le sue strade impolverate, il mare devastante, le friselle, le cozze e la città vecchia un po’ acciaccata. Il trasferimento forzato dalla Milano patinata alla modesta e soleggiata Taranto, è stato davvero un viaggio catartico per i protagonisti, che, seppur di origini meneghine, si sono ritrovati, infine, perfettamente integrati e legati ad un territorio dal quale pare davvero che sia possibile ripartire. Un territorio che ha tutte le carte in regola per consentire di restare, dal quale in sostanza si può anche non fuggire. Ed è per questo che il messaggio che Chiesa lancia è estremamente positivo, al di là dei luoghi comuni con i quali farcisce alcune scene fino alle battute pungenti sull’eccessiva veracità e spontaneità pugliese, sulle cose fatte “a cazzo” nel meridione. Da qui si capisce come non manchi nel film l’oramai canzonato divario tra nord e sud che, in questo caso, viene drasticamente ridotto da una serie di questioni che poco o nulla hanno a che fare con l’essere polentoni o terroni. Va inoltre premiato il coraggio per aver allestito un cast inedito e fuori dall’ordinario, che tuttavia è apparso sinergico e all’altezza del film. Vincente la presenza dei , giovani Youtubers tarantini con oltre 500mila fan su Facebook e Youtube, con i quali Guido Chiesa ha dimostrato di avere un occhio di riguardo per il web. ARRIVA ANCHE NELLE SALE ITALIANE L’ULTIMA CREATURA DI PATRICE LECONTE Tutti pazzi a casa di Christian Clavier Adattamento di una pièce teatrale, è forse poco cinematografico ma resta godibile Q uello di Patrice Leconte è un film che nasce da una commedia che viene dal teatro e che non fa nulla per cambiare questo registro narrativo. “Tutti pazzi in casa mia” si svolge interamente in un appartamento, all’interno del quale succede di tutto e di più. E’ una commedia leggera, appena venata di satira verso l’odierna borghesia francese, che dietro al benessere cela per lo più instabilità e scheletri nell’armadio. L’aspetto interessante è che l’epilogo del film non tende ad una vera e propria redenzione, considerata poco credibile in un arco di tempo così ristretto. Clavier riesce a tenere desta l’attenzione per via della sua simpatia e dei continui cambi di intensità, mentre Leconte ha un bel da fare nel mantenere il ritmo su livelli accettabili, cosa che gli riesce bene nella prima parte, laddove nella seconda vi è un calo per certi versi troppo evidente. Tutti pazzi in casa mia è la classica commedia che tende a mettere d’accordo tutti, attenta nel non convertire le note sarcastiche in denuncia o appesantire certi drammi per far leva sul grigiume di certe situazioni. In nessun caso scomoda, ci si prende gioco di una generazione alla frutta oramai da anni, e su cui di tanto in tanto alcuni cineasti francesi tornano per scherzarci un po’ su, ché ad intraprendere un discorso serio a riguardo non si riuscirebbe ad essere credibili. Il vulcano esploso in casa Leproux non trova però la giusta fluidità nei personaggi. La recitazione converge in Christian Clavier, ma l’attore si ritrova da solo e risulta difficile approfondire la commedia a più livelli. Ciò che vediamo sullo schermo rimane un po’ piatto e troppo statico, troppo teatrale, lontano dall’inserire lo spettatore nel tornado degli eventi. Per questo, seppur risultando piacevole, non si ha mai la sensazione di vivere con empatia gli sfortunati eventi del protagonista. Un gran peccato. Le gag pur non essendo molto originali, pur essendo praticamente già viste nel trailer sono comunque ben riuscite. Si ride delle bizzarre disgrazie di Michel che ne passa di tutti i colori, dagli equivoci ai disastri fino ai drammi familiari su cui ci sarebbe ben poco da ridere. E’ un film infarcito di situazioni comiche ma anche dal retrogusto amaro, presente con sollazzo dove il carosello di stati umorali gira impazzito: la crescente irritazione di Michel, il dolore e poi la rabbia della moglie, la disperazione dell’amante, lo sprezzo del figlio per il padre, lo stupore del migliore amico di Michel ed a tutto questo si uniscono i brillanti ripatteggiamenti dei personaggi secondari: la petulante domestica, l’invadente vicino di casa con la sua festa di condominio, i silenziosi clandestini costretti a slog- giare da un posto all’altro e gli incapaci muratori “polacchi”. Rispetto all’originale teatrale qui non c’è Fabrice Luchini, ma al suo posto Christian Clavier fa di tutto per limitare i danni. E poi al timone un certo Patrice Leconte sa il fatto suo. Ma la regia conserva un pesante impianto teatrale anche se le battute, gli ingressi in scena, il modo in cui si combinano e si incasinano le cose, può essere cinematograficamente accettabile. L’invettiva contro la borghe- sia istupidita e ipocrita è un po’ un clichè ma la risata è spesso riesce ad essere spontanea. La lezione è tutta qui: il cinema francese funziona lo stesso, non bisogna necessariamente fare nulla di nuovo. Basta solo farlo meglio. L.C.