(preliminare,minuta,puntuazione Scarpino

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(preliminare,minuta,puntuazione Scarpino
RAPPORTI TRA "MINUTA", "PUNTUAZIONE"
E PRELIMINARE
NELL’AMBITO
DELLA
FORMAZIONE
PROGRESSIVA
DEL
CONTRATTO.
Di
Daniele Scarpino, avvocato, Specialista nelle professioni Legali (SSPL) e cultore della materia in diritto privato
E
Davide Romanelli, avvocato, Specialista nelle professioni Legali (SSPL).
1.Considerazioni generali sulla formazione progressiva dell’accordo.
Sin dall’epoca romanistica il principale strumento di circolazione dei beni e traffico
giuridico è stato il contratto1.
Nell’attuale sistema di diritto civile, esso è definito dall’art 1321 del codice di merito
come l’accordo tra due o più parti 2 per costituire, modificare o estinguere rapporti
giuridici aventi carattere patrimoniale.
L’accordo, pertanto, oltre a rappresentare il primo dei requisiti contrattuali, come
espressamente sancito dall’art. 1325 c.c., ne integra anche il momento costitutivoperfezionativo.
L’accordo consiste nell’incontro delle manifestazioni di volontà delle parti
contraenti: raggiunto l’accordo 3 il contratto può dirsi perfezionato.
Quanto esposto trova conferma nella disciplina dettata dall’art. 1326 cc., che fa
discendere la conclusione del contratto dal noto schema proposta- accettazione 4.
1
Secondo l’orientamento dominante il contratto rappresenta la principale figura di negozio giuridico. Esso viene
qualificato da un punto di vista strutturale come un atto consensuale caratterizzato dall’incontro delle dichiarazioni di
volontà e, da un punto di vista funzionale come atto di esplicazione dell’autonomia negoziale, idoneo a generare
effetti obbligatori e reali.
2
Per dovere di completezza occorre sottolineare che per “parte” deve intendersi, nell’ottica del Legislatore, il centro
di interessi, che pertanto concerne anche più persone fisiche.
3
Sebbene secondo alcune voci isolate accodo e contratto possono essere ritenuti concetti equivalenti, appare
opportuno concordare con quella dottrina (Santoro-Passarelli) secondo cui i due concetti dovrebbero rimanere
distinti, definendo il contratto come il negozio, lo strumento giuridico per la risoluzione di un conflitto di interessi,
mentre l’accordo come il negozio al cui raggiungimento è subordinata, per regola generale, la conclusione del
contratto. Sul punto si veda Caringella-Buffoni, Manuale di diritto civile, 2011, Dike, 564
4
Lo schema proposta accettazione non è l’unica modalità possibile di conclusione del contratto prevista nel nostro
sistema di diritto civile.
Tra gli altri schemi di formazione del contratto rilevano:
a)conclusione del contratto mediante inizio dell’esecuzione ex art 1327 cc. Si tratta di una particolare ipotesi di
formazione del contratto che integra comunque gli estremi dell’accordo: l’esecuzione rileva quale tacita
manifestazione di consenso.
1
Secondo tale generale modalità di formazione5 del contratto, il momento in cui si
verifica la “conclusione del contratto” sarebbe da individuarsi in quello in cui la
parte proponente ha conoscenza 6 dell’accettazione dell’altra.
Nella pratica degli affari capita spesso che il suddetto incontro di volontà si verifichi
in via istantanea, senza alcuna rilevante attività interlocutoria da parte dei contraenti.
Ma capita anche di trovarsi di fronte ad operazioni negoziali di estrema complessità,
nonché di rilevante entità economica.
In tali ipotesi, le parti di solito giungono all’accordo in via progressiva7, all’esito di
una lunga e articolata attività negoziale, di carattere interlocutorio, durante la quale
avviene lo scambio e la valutazione, delle reciproche proposte.
Viene in rilievo, in questo caso, la fase delle trattative, finalizzata alla formazione del
contratto 8.
b)contratti reali, ove la consegna non è un mero momento esecutivo come nei contratti traslativi ad effetti reali; in tali
ipotesi il perfezionamento avviene con consenso e consegna.
c) adesione al contratto aperto, ipotesi tipica circa i contratti plurilaterali con comunione di scopo, ove le parti
cooperano per il raggiungimento di un fine comune. In tali casi, poichè il contratto prevede l’adesione successiva di
nuove parti, esso si dice aperto.
d)Opzione
e) contratto con obbligazioni del solo proponente
5
L’autonoma rilevanza della proposta e dell’accettazione nell’ambito di tale generale modalità di formazione del
contratto pone la quaestio iuris circa la natura giuridica delle stesse e, cioè se queste possano essere considerate
negozi preparatori.
E’ stata prospettata in dottrina una nozione ampia di negozi preparatori, comprensiva di tutti gli atti finalizzati alla
conclusione del contratto, comprensiva anche di quelli con cui le parti manifestano la volontà.
In realtà, secondo Bianca, proposta ed accettazione sono manifestazioni di volontà costitutive del contratto finale: la
loro rilevanza autonoma si esaurisce nel momento di formazione del contratto, dopo la conclusione esse fanno parte
dell’accordo.
Sul piano sistematico, quindi, appare preferibile qualificare queste non come atti preparatori. Tale qualifica va
riservata a quei negozi che rimangono distinti rispetto al contratto finale ma strumentali a questo; un esempio
sarebbe il preliminare. Proposta ed accettazione sono invece atti formativi del contratto.
6
Sul punto, per un approfondimento, si tenga presenta la problematica inerente la presunzione di conoscenza ex 1335
cc, trattata diffusamente da Galgano F., Trattato di diritto civile e commerciale, cedam, 2010.
7
Bianca, Diritto civile. 3. Il contratto, Milano, 2000; Roppo, in Id., Trattato del contratto, I. Formazione, Milano, 2006;
nonché Ravazzoni, Gradualità dei vincoli a carico dell'alienante e conclusione del contratto, in Riv. Notar., 1994, 35 ss.;
Id., La formazione del contratto, I, Milano, 1966; Franceschelli, La formazione progressiva del contratto, in questa
Rivista, 1993, 144 ss.
8
Un’applicazione di tale principio di buona fede nelle trattative si rinviene nell’art. 1338 cc. con cui il legislatore
provvede a specificare la reale portata dell’obbligo di buona fede, nonché a delineare (seppure in via approssimativa)
le conseguenze della sua violazione.
La norma ultima citata, in particolare, sanziona la mancata informazione da parte del contraente che sia a conoscenza
di possibili cause di invalidità del contratto, obbligando lo stesso al risarcimento del danno patito dalla controparte,
per aver incolpevolmente confidato nella validità del negozio.
Emerge che la violazione dell’obbligo di buona fede è fonte di responsabilità (cd. precontrattuale) e che il danno
arrecato all’altro contraente consiste nella lesione del suo legittimo affidamento nella positiva conclusione del
2
In virtù del ricorrere delle trattative l’accordo verrà raggiunto gradatamente: le parti
potranno approvare alcuni punti e poi proseguire le trattative su altri 9.
Il contratto non potrà dirsi concluso fino a quando l’accordo non sia totale, cioè non
concerna tutti i punti 10, e, quindi, non vi sia perfetta coincidenza tra le manifestazioni
di volontà delle parti.
Può accadere che il contratto si concluda nonostante le parti abbiano lasciato in
sospeso la definizione di alcuni punti 11: ciò si verifica ove le parti abbiano
manifestato la volontà di concludere il contratto immediatamente e lasciare ad una
determinazione successiva la decisione circa gli elementi in discussione.
Deve ritenersi che fino a quando le parti non abbiano raggiunto l’accordo su tutti gli
elementi del contratto, questo non può dirsi concluso, sia che si dibatta su elementi
essenziale sia che si discuta su elementi secondari, salvo abbiano inteso come già
raggiunto l’accordo.
Ad ogni modo, fino a quando il contratto non è perfezionato i contraenti non sono
vincolati in ordine agli eventuali punti definiti nel corso delle trattative, trattandosi di
intese solo provvisorie: si deve riconoscere efficacia non vincolante alle intese
parziali, essendo accordi provvisori suscettibili di ulteriori evoluzioni e sviluppi.
Alla fase de qua l’ordinamento attribuisce espressamente rilevanza giuridica,
prescrivendo in capo alle parti un generale obbligo di buona fede nelle trattative (art.
1337 c.c.).
8
contratto. Muovendo da tali premesse, la giurisprudenza ha ricondotto sotto la sfera applicativa del principio
generale di cui all’art. 1337 c.c. le frequenti ipotesi di brusca (e ingiustificata) interruzione delle trattative, ovvero
quelle di inizio delle trattative in assenza di una reale intenzione di giungere ad un accordo.
Se, dunque, appare certo che la violazione dell’obbligo di buona fede nella fase delle trattative dà luogo a
responsabilità della parte in mala fede, resta da stabilire la natura (contrattuale o extracontrattuale) di tale
responsabilità.
Da una parte, infatti, si sostiene che le parti in trattativa sono legate da un rapporto giuridico avente natura di
contatto sociale qualificato, al quale la giurisprudenza riconnette una responsabilità di tipo contrattuale ai sensi
dell’art. 1218 c.c..
Per contrapposta opinione, invece, non è dato ravvisare un tale rapporto tra le parti in quanto quello di buona fede è
un principio che preesiste alla costituzione di qualsivoglia rapporto giuridico, e la cui violazione, pertanto, rileva ai soli
fini del naeminem ledere (art. 2043).
È noto che, a seconda che si opti per l’uno o per l’altro regime di responsabilità, le conseguenze pratiche sono di non
poco rilievo.
99
Ricciuto, in I contratti, a cura di E. Gabrielli, I, 151, cit.;
Sul punto occorre segnalare che secondo alcuni autori, proprio il fatto che l’accordo deve concernere tutti i punti in
discussione, non avrebbe rilievo giuridico la tradizionale distinzione tra punti essenziali e non essenziali. A riguardo si
veda già Scialoja V., in Riv. Dir. Comm., 1909, I, 49, secondo cui tal distinzione non avrebbe rilievo perché per le parti
potrebbe soggettivamente essere essenziale anche un elemento accidentale.
11
A riguardo si veda Cass. Civ., 7 gennaio 1993, n. 77, con nota di Franceschelli.
10
3
Nel corso delle trattative pre-contrattuali le parti sono solite compiere atti
preparatori 12 al futuro contratto, ai quali l’ordinamento attribuisce rilievo giuridico.
E’ utile individuare i contorni e la portata del rilievo che l’ordinamento attribuisce a
tali atti, anche al fine di stabilire se gli stessi possano in qualche modo dar luogo alla
già menzionata responsabilità (precontrattuale13) per la violazione del principio di
buona fede di cui all’art. 1337 cc.
2. Minuta e puntuazione: siamo in presenza di vincoli precontrattuali?
A volte nel corso delle trattative si inseriscono i negozi preparatori, detti anche
vincoli precontrattuali 14, con cui le parti assumono impegni ed obblighi in relazione
ad una futura contrattazione.
Tali negozi costituiscono veri e propri limiti convenzionali all’autonomia negoziale15.
Normalmente vengono in rilievo tre tipologie di vincoli: in primis quelli volti a
rendere irrevocabili le proposte, privando il proponente della possibilità di revocarle
(proposta irrevocabile ex art 1329 c.c.), vi è poi il contratto preliminare, che incide
sull’an della stipulazione, ed infine vi sono i vincoli che incidono sulla libertà di
scelta del contraente, come il patto di prelazione.
Nell’ambito degli atti preparatori 16, si discute se possano rientrare la cd. minuta
contrattuale e le puntuazioni.
Per lungo tempo dottrina e giurisprudenza hanno fatto uso indistinto dei due termini:
l’indirizzo prevalente, comunque, è ancora orientato in tal senso.
Con essi si suole tradizionalmente indicare la prima stesura dell’atto contrattuale, la
bozza, avente carattere provvisorio, da integrare (ed eventualmente correggere) in
sede di stipulazione del contratto definitivo.
12
Ricciuto, La formazione progressiva del contratto, in AA.VV., I contratti in generale, a cura di Gabrielli, I, Torino,
1999, 250.
13
Circa la natura giuridica di questa forma di responsabilità è ancora acceso il dibattito tra due linee interpretative
differenti. Secondo una prima opzione ermeneutica si tratterebbe di una forma di responsabilità extracontrattuale,
altro e diverso orientamento argomenta invece per la responsabilità contrattuale da contatto sociale.
14
In dottrina e giurisprudenza si è posta la questione dei rimedi esperibili dal titolare del diritto nascente da un vincolo
prenegoziale, qualora la controparte, violando quest’ultimo, stipuli con un terzo.
Secondo l’orientamento dominante tali vincoli hanno efficacia inter partes, per cui il contratto stipulato con il terzo
sarebbe valido ed efficace, salvo il risarcimento del danno in capo alla parte lesa. Si tratta quindi di vincoli non
opponibili ai terzi.
15
Sul punto si veda Caringella-Buffoni, Manuale di diritto civile, Dike , 2011.
16
Gli atti preparatori non devono essere confusi con i cd. atti formativi, quali proposta ed accettazione.
4
Si tratta, in altri termini, di scritture che darebbero atto dello svolgimento delle
trattative, documentandone la progressione e che vanno tenute distinte dal factum de
tractando17.
Secondo autorevole dottrina 18 la minuta può consistere in un’intesa provvisoria
destinata ad essere sostituita da un documento finale.
Circa la rilevanza giuridica della minuta si è verificata un’evoluzione dottrinale che,
come diremo, sottopone a vaglio critico l’assimilazione con la puntazione.
Oggi la rilevanza della minuta dipende da ciò, se la provvisorietà concerne l’accordo
ovvero la conclusione del contratto, o la forma di esso.
Quando la minuta contiene un testo ancora da integrare, correggere, non è vincolante
perché esprime solo un accordo parziale.
Le parti possono poi creare una minuta che consiste in un progetto contrattuale:
elaborano un testo completo ma si riservano di deciderne l’accettazione.
La minuta può inoltre consistere in un documento provvisorio: le parti considerano
concluso l’accordo sottoscritto nella minuta, ma si riservano di trascriverlo in altro
documento o in forma pubblica.
Secondo l’orientamento che assimila minuta e puntazione, esse giammai potranno
assumere carattere in qualche modo vincolante per le parti in trattativa, con
conseguente applicabilità delle norme sull’inadempimento contrattuale.
Potranno, esse, al massimo rilevare ai sensi dell’art. 1337 c.c. 19 e, in particolare,
assumere veste probatoria circa lo stato delle trattative, valutabili pertanto al fine di
stabilire la responsabilità (precontrattuale) della parte che, ad esempio, le interrompa
bruscamente, in un momento in cui l’altra parte aveva fondato motivo di confidare
nel loro esito positivo.
Tuttavia, come detto, una corrente dottrinale piuttosto recente 20 ha ritenuto di
sottoporre a revisione critica l’assimilazione lessicale tra minuta e puntazione.
17
Le tipologie di scritture in discorso non devono essere confuse con il cd. pactum de tractando, accordo con cui le
parti si vincolano a trattare, ma non anche a concludere il contratto. In forza di questo accordo negoziale, quindi, le
trattative che di norma sono estrinsecazione della libertà negoziale, divengono oggetto di un obbligo.
Diversamente dalla puntazione, tale accordo ha effetto vincolante tra le parti. Ancora, è palese la differenza con il
contratto preliminare: dal factum de tractando, infatti non discende l’obbligo di concludere il futuro contratto.
Secondo un orientamento l’inadempimento del pactum determinerebbe responsabilità precontrattuale; altro filone
interpretativo argomenta per la natura puramente contrattuale della responsabilità. In particolare si veda: Sapone N.,
La responsabilità precontrattuale, in Trattati, a cura di Paolo Cendon, giuffrè.
18
Trabucchi, Il contratto. Silloge in onore di G. Oppo, I, Padova, 1992, 43; Bianca….
19
Bigliazzi Geri, voce Buona fede nel diritto civile, in Dig. disc. priv., Sez. civ., II, 1988.
20
Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica-Zatti, Milano, 2001, spec. 139. Cfr. anche Fusaro, In
tema di formazione progressiva del contratto (Nota a Cass., 15 marzo 1982, n. 1691), in Riv. dir. comm., 1985, II, 202.
5
E ciò prendendo spunto da altro autorevole indirizzo dottrinale 21, che già in
precedenza aveva avuto modo di distinguere (in ambito di atti preparatori) tra le
ipotesi in cui le parti avessero chiaramente raggiunto un’intesa provvisoria e parziale,
da quelle in cui le stesse (pur in assenza di qualsivoglia atto definitivo o comunque
vincolante) avessero comunque manifestato il raggiungimento di un accordo
complessivo.
In tale ultimo caso non si potrebbe, a ben vedere escludere l’applicabilità delle norme
sull’inadempimento contrattuale (art. 1453 c.c.) e della relativa responsabilità (art.
1218 cc.).
Proprio su tali basi di partenza, la dottrina anzidetta ha rielaborato la nozione di
puntuazione, distinguendola da quella di minuta.
Mentre quest’ultima, infatti, costituisce una dicitura che sta ad indicare la
provvisorietà dell’intesa raggiunta, e che nella pratica degli affari viene utilizzata
proprio al fine di impedire che tali intese assumano i connotati di una proposta, la
puntazione (come il termine stesso lascia intendere) sta ad indicare l’intesa raggiunta
su singoli punti del regolamento contrattuale e, in particolare, su singole clausole.
Le clausole, com’è noto, costituiscono (nell’ambito del complessivo regolamento
contrattuale) parti connotate da un certo grado di autonomia (es. il prezzo, la clausola
penale ecc.), e sulle quali pertanto risulta più agevole ipotizzare in astratto una intesa
definitiva tra le parti.
Con ciò, ovviamente, non si vuole affermare il carattere vincolanti di tali accordi (pur
sempre parziali).
Si sarebbe, altrimenti, in presenza di un vero e proprio contratto preliminare.
A differenza delle minute contrattuali, tuttavia, le puntuazioni possono arrivare a
coinvolgere svariati punti del regolamento contrattuale, tali da esaurire l’oggetto del
contratto e far ritenere, pertanto, di essere già in presenza di un sostanziale accordo.
Si assume pertanto l'identità tra i concetti di formazione dell'accordo e formazione
del contratto, che autorevole dottrina 22 aveva suggerito di tenere distinti.
Si può conclusivamente affermare, dunque, che le singole puntuazioni 23 non sono di
per sé vincolanti: le parti possono ben giungere ad un accordo difforme dalle stesse o
non giungere ad alcun accordo.
21
Fusaro, In tema di formazione progressiva del contratto (Nota a Cass., 15 marzo 1982, n. 1691), in Riv. dir. comm.,
1985, II, 202.
22
Ferri, Considerazioni sul problema della formazione del contratto, in Riv. dir. comm., 1969, I, 201 ss.
23
La presenza di una puntazione, inoltre, non è idonea a fornire prova del perfezionamento del contratto,
costituendone, invece, mera presunzione semplice, superabile mediante prova contraria. In particolare si veda: Cass.
Civ., Sez. II, 2 dicembre 2008, n. 28618.
6
Esse, tuttavia, possono assumere nel loro complesso i connotati di un accordo, e
rilevare così (in caso di loro inadempimento) non più ai soli sensi dell’art. 1337cc.,
ma ai fini delle norme sull’inadempimento contrattuale e della responsabilità ex art.
1218 c.c.
3. Differenze strutturali con il contratto preliminare: le linee di confine.
Tra gli atti preparatori del contratto definitivo è solitamente ricompreso anche il
contratto preliminare24.
Esso è il contratto mediante il quale una o entrambe le parti si obbligano alla
stipulazione di un successivo contratto detto definitivo.
Il preliminare che vincola una sola parte è detto “unilaterale”, quello che vincola
entrambe è definito “bilaterale”.
Il codice civile prende in considerazione l’istituto sotto un triplice aspetto.
In primo luogo ne prescrive, a pena di nullità, la forma, che deve essere la stessa che
la legge prevede per il contratto definitivo (art. 1351 cc.).
La presenza di questa norma inerente la forma consente di considerare ormai superata
la problematica, sorta in passato, circa la giuridica ammissibilità 25 di un’obbligazione
avente ad oggetto la futura stipulazione di un contratto.
La validità dell’impegno preliminare è esclusa solo rispetto a quei negozi che per la
loro funzione esigono una libertà di decisione attuale, come quelli familiari, il
testamento o la donazione.
In secondo luogo, l’articolato normativo presente nel codice svela la natura giuridica
del preliminare, prevedendo all’art. 2932 cc, primo comma, un rimedio in caso di
inadempimento dell’obbligazione di concludere il definitivo: la parte non
inadempiente, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, potrà ottenere una
sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso. Infine, con il D.L.
669/1996, è stato introdotto l’art. 2645 bis c.c., che prevede un’articolata disciplina di
trascrizione del preliminare ai fini della sua opponibilità.
24
In materia di preliminare si veda diffusamente: Gazzoni, Il contratto preliminare, 1998; Gabrielli e franceschelli,
Contratto preliminare, Diritto civile, in Enc. Giur. Treccani, X; Chianale, Contratto preliminare, in Dig. Discipline priv.,
Sez. civ., IV, 276 e Contratto preliminare in diritto privato, ivi, 290; Speciale, Contratto preliminare e intese
precontrattuali, Milano, 1990; Busnelli, in Comm. UTET del codice civile, sub art. 2932, Torino, 1964,350.
25
La dottrina maggioritaria da tempo evidenzia, infatti, l’assenza di difficoltà teoriche circa la compatibilità tra
autonomia negoziale e preliminare, salvo la necessità di libertà attuale nelle decisioni. Sul punto si veda bianca, Diritto
civile, Il contratto, III, Milano, 2000, 181.
7
Dalla suddetta nozione di contratto preliminare, nonché dal quadro di riferimento
sommariamente esposto, si evince che si tratta di un contratto ad effetti obbligatori,
categoria contrapposta a quella dei contratti ad effetti reali di cui all’art. 1376 c.c.
Col preliminare, usato solitamente nelle vendite immobiliari, le parti costituiscono un
vincolo obbligatorio in ordine alla stipula del contratto definitivo, e, quindi, in
concreto, in ordine all’alienazione del bene, con effetti analoghi a quelli di una
vendita obbligatoria, riservando ad un successivo atto la costituzione dell’effetto
reale.
Le parti, in forza della stipulazione del preliminare, si impegnano effettivamente e
provvisoriamente, riservando al futuro contratto definitivo la regolamentazione degli
affari.
Quello in analisi, quindi, è un vero e proprio contratto 26 il cui effetto è quello di
obbligare le parti alla stipulazione del contratto definitivo che sarà la sede della
regolamentazione dell’affare.
Ove alla stipulazione del preliminare segua quella del definitivo, quest’ultimo
costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti il negozio voluto,
poichè il preliminare, determinando esclusivamente il reciproco obbligo alla stipula
del definitivo, resta superato da quest’ultimo, salvo le parti non abbiano
espressamente previsto che esso sopravviva 27.
Lo stabilire se le parti abbiano inteso stipulare un preliminare o un definitivo è
fondamentale per l’individuazione dell’esistenza o meno dell’effetto traslativo,
rimesso al definitivo.
Tale accertamento è riservato al giudice di merito, è incensurabile28 in Cassazione se
è sorretto da sufficiente motivazione ed esente da vizi logici e ciò perché attiene ad
un’operazione ermeneutica condotta sulla base dell’art 1362 c.c.
Sono pertanto evidenti le differenze , sia di struttura che di disciplina, con gli istituti
della puntazione e, soprattutto, della minuta contrattuale.
La differenza tra la puntazione e il contratto preliminare risiede nel carattere
vincolante di quest’ultimo.
Infatti, mentre il preliminare dà luogo ad effetti obbligatori, vincolando le parti alla
stipula del definitivo, le puntuazioni non assumono di per sé carattere vincolante.
Esse possono, come si è già avvertito, coinvolgere l’intero oggetto contrattuale,
assumendo in questo modo i connotati di un vero e proprio accordo.
26
Palese è, come visto sub nota n. 17, la differenza con il pactum de tractando, con cui le parti si obbligano
semplicemente a trattare e non anche a concludere un contratto.
27
Sul punto si veda: Cass. Civ., 25 febbraio 2003, n. 2824; e Cass. Civ., Sez. II, 11 luglio 2007, n. 15585.
28
Si veda a riguardo Cass. Civ., Sez. II, 20 novembre 2007, n. 24140
8
Ma rileveranno, in tal caso, quale accordo definitivo e giammai quale contratto
preliminare.
Contrariamente opinando, si finirebbe per ammettere la configurabilità del
preliminare di preliminare, figura respinta dalla pressoché unanime dottrina e
giurisprudenza 29, in quanto ritenuta carente di meritevolezza di tutela ai sensi dell’art.
1322 c.c
Ancora più netta si presenta la differenza intercorrente tra minuta contrattuale e
contratto preliminare.
Si è detto che la minuta costituisce un atto preparatorio indicativo di intese solo
provvisorie, aventi fondamentalmente la funzione di documentare lo stato delle
trattative ("funzione essenzialmente storica e probatoria della fase delle trattative" 30),
e possibilmente rilevanti ai soli fini della responsabilità precontrattuale ai sensi
dell’art. 1337 c.c.
Invece, il già ricordato carattere vincolante del contratto preliminare implica in primo
luogo una differenza di contenuto tra lo stesso preliminare e la minuta.
Mentre quest’ultima, infatti, può limitarsi a contenere solo parte dell’oggetto
contrattuale, il premilitare deve, a detta dei più, contenere quantomeno i tratti
essenziali dell’accordo definitivo.
Il che tuttavia non comporta che le parti siano vincolate al contenuto del contratto
preliminare, potendo le stesse (in sede di stipula del definitivo) derogare al contenuto
del preliminare, manifestando in tal modo la volontà di dar vita ad un nuovo
contratto.
Ma la differenza più rilevante, connessa alla diversa natura giuridica dei due atti, è
quella relativa alla disciplina applicabile.
In quanto contratto (ad effetti obbligatori), il preliminare si colloca ben al di fuori
della fase delle trattative, nella quale è circoscritto il rilievo giuridico della minuta
contrattuale.
29
In materia di preliminare del preliminare si veda Cass. Civ., Sez. II, 2 aprile 2009, n. 8038, secondo cui ”il contratto in
virtù del quale le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto ad effetti obbligatori (ovvero un contratto
preliminare di preliminare) è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad
obbligarsi, in quanto produttivo di una inutile complicazione.”
30
La definizione è ricorrente: cfr., su tutte, Cass., Sez. Un., 27 novembre 1963, n. 3044, in Riv. dir. comm., 1964, II, 192
ss., spec. 196, con nota di Ferri, In tema di formazione progressiva del contratto e di negozio formale "per relationem"
(ora anche in Saggi di diritto civile, Rimini, 1994, 292); nonché Cass., 27 agosto 1997, n. 7857, in questa Rivista, 1998,
113, con nota di Braccio, Minuta completa e volontà di obbligarsi; o, più di recente, Cass., 16 luglio 2002, n. 10276, in
Giust. civ. mass., 2002, 1229.
9
In caso di inadempimento dell’obbligazione nascente dal preliminare non opererà,
pertanto, l’art. 1337 cc, ma troveranno applicazione le norme sull’inadempimento
contrattuale, segnatamente l’art. 1453 c.c., che consente all’attore di chiedere la
risoluzione, fatta salva la possibilità di ottenere il risarcimento ai sensi dell’art. 1218
c.c.
In alternativa alla risoluzione, il legislatore prevede il già menzionato rimedio di cui
all’art. 2932 cc.
In caso di inadempimento dell’obbligo di stipulare il definitivo, l’altra parte può adire
il giudice e ottenere una sentenza (costitutiva) che produca gli stessi effetti del
contratto non concluso.
10