i caratteri architettonici dei paesaggi agrari regionali. analisi e

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i caratteri architettonici dei paesaggi agrari regionali. analisi e
Direzione Regionale per i Beni Culturali Paesaggistici della Sardegna
PROGETTO DI RICERCA
METODOLOGIE PER LA PROGETTAZIONE SOSTENIBILE DEL PAESAGGIO
Rapporto finale
ing. Carlo Atzeni
I CARATTERI ARCHITETTONICI DEI PAESAGGI AGRARI REGIONALI.
ANALISI E SCHEDE PER UNA MANUALISTICA DEL RECUPERO
INDICE
L’insediamento disperso dei medaus e dei furriadroxius del Sulcis
1. Tipi edilizi di base.
2. Sviluppi e accrescimenti elementari dei tipi di base.
3. Abaco dei tipi edilizi ricorrenti nei Medasu del Sulcis
4. Abaco delle regole di sviluppo e accrescimento dei tipi edilizi di base
5. Materiali e tecniche della costruzione premoderna
6. Murature in terra - Murature in pietra
7. Le coperture
8. I coronamenti e le soluzioni di gronda
9. I solai intermedi
10. Le aperture: porte e finestre
11. Pavimentazioni esterne ed interne
12. Schede di analisi tecnologica e costruttiva: coperture, murature, solai intermedi,
porte e finestre
L’INSEDIAMENTO DISPERSO DEI MEDAUS E DEI FURRIADROXIUS
DEL SULCIS
Tipi edilizi di base
Allineamento di cellule edilizie su
strada nel medau Terresoli.
L’architettura dei medaus e dei furriadroxius ha come elemento di
base la cellula edilizia muraria che, al tempo stesso, rappresenta
sia il modulo distributivo e aggregativo, che il modulo strutturale di
riferimento.
In relazione al rapporto che i volumi costruiti instaurano con i
percorsi pubblici è possibile distinguere fra edilizia che si attesta al
filo strada e edilizia che se ne discosta, disponendosi in posizione più
o meno baricentrica rispetto al lotto di pertinenza.
In entrambi i casi si individuano sostanzialmente due tipi edilizi di
base rispettivamente a impianto planimetrico bicellulare e a tre
cellule allineate, sviluppati su un livello.
La bicellula disposta a fondo o al centro del lotto, con sviluppo su
un solo livello è il tipo edilizio di base che definisce, più di ogni altro,
l’habitat disperso del Sulcis. Nonostante le sue minime dimensioni, è
ancora oggi molto diffusa sia in forma isolata a presidio della proprietà
agraria, sia nei sistemi con un maggior grado di accentramento, in cui
spesso costituisce il nucleo originario di aggregazioni più complesse.
Il corpo di fabbrica residenziale, può essere collocato, secondo
due varianti analoghe, lungo un asse parallelo alla strada oppure
ortogonale ad essa, in modo tale che la corte risulti sistematicamente
esposta a meridione. Il sistema di aperture, di norma ridotto a una
porta e una finestra di dimensioni contenute o, al più a due porte,
è collocato sul lato che fronteggia la corte e quindi esposto a sud
secondo uno schema tipico in Sardegna nell’architettura di ambito
rurale.
Medaus e territorio: bicellule edilizie distaccate dal filo strada nel
medau Is Canis
L’abitazione si sviluppa al piano terra ed è costituita da due vani, la
cucina e un ambiente pluriuso (camera da letto, deposito di derrate,
ricovero per il bestiame domestico).
La bicellula disposta sul filo strada, con sviluppo su un solo livello,
invece, è un tipo edilizio diffuso nei medaus e nei furriadroxius
di maggiori dimensioni che presentano un più spiccato carattere di
accentramento e le prime forme di aggregazione urbana. Si configura
come un modello abitativo che regola il rapporto fra spazio pubblico
e privato attraverso l’affaccio diretto della casa su strada. Questo
schema, abbastanza usuale in ambiti accentrati anche nel Sulcis (si
vedano ad esempio i centri di Santadi, Nuxis, San Giovanni Suergiu),
diventa più raro negli insediamenti dispersi a carattere rurale.
In questo tipo edilizio l’esposizione della corte assume un ruolo meno
decisivo rispetto ai modelli disposti a fondo lotto, perché il corpo di
fabbrica residenziale dispone del doppio affaccio, sia su strada che
sulla corte.
La bicellula sul filo strada presenta due varianti in funzione delle
diverse possibilità di accesso alla corte: nella prima il corpo di
fabbrica principale si estende per l’intera larghezza del lotto e la
corte può essere accessibile direttamente solo di lato o sul retro;
nella seconda l’accesso carrabile alla corte dalla strada, di solito
realizzato con un cancello a doghe di legno, è diretto e posto
affianco alla residenza che, di conseguenza, non occupa tutta la
larghezza del lotto.
Per quanto concerne gli aspetti distributivi e funzionali dell’abitazione
e le modalità di delimitazione della proprietà non ci sono sostanziali
variazioni rispetto alla bicellula al centro o sul fondo lotto.
La tricellula disposta in posizione baricentrica rispetto al lotto, con
sviluppo su un solo livello, analogamente alla bicellula con uguale
disposizione, rappresenta anch’essa un tipo edilizio di base ricorrente
negli insediamenti dispersi sulcitani. Si tratta di un modello abitativo
che nella stecca costruita a spessore semplice, con prevalente
sviluppo orizzontale, ritrova il suo carattere formale principale.
Il corpo di fabbrica residenziale, può essere collocato anche in questo
caso, secondo le due varianti lungo un asse parallelo alla strada
oppure ortogonale ad essa.
Lo schema planimetrico, di norma simmetrico, è costituito da tre
vani. La cucina occupa il vano centrale ed è direttamente collegata
alla corte attraverso la porta di ingresso. I due vani laterali sono
destinati, di volta in volta, ad usi differenti (camere, depositi etc.).
Anche in questo tipo le aperture sono collocate sul lato che
fronteggia la corte e quindi esposte a sud.
La copertura dell’edificio è usualmente a due falde uguali di pari
pendenza con linea di colmo secondo la direttrice di sviluppo del
corpo di fabbrica. In numerosi casi le due falde proseguono oltre una
delle testate a coprire un vano rustico, aperto sulla corte, destinato
a ricovero del bestiame domestico.
Analogamente alla bicellula, anche la tricellula disposta sul filo
strada, con sviluppo su un solo livello, è un tipo edilizio diffuso nei
medaus e nei furriadroxius di maggiori dimensioni che presentano un
Tipi edilizi di base su un livello, a
impianto planimetrico tricellulare
disposte su filo strada e al centro
della proprietà nel medau Terresoli.
Allineamento di cellule edilizie
elemantari su strada nel medau
Barrancu Mannu. Il percorso comune qui si configura come spazio
semi-pubblico; le poche case presenti si accorpano costituendo una
embrionale forma di accentramento
edilizio
più spiccato carattere urbano. La concezione distributiva di questo
tipo edilizio, che si traduce in una stecca costruita a spessore
semplice costituita da tre cellule edilizie in successione lungo il
fronte strada, determina un paesaggio urbano a prevalente carattere
orizzontale.
L’impianto planimetrico è simmetrico e il vano centrale, di solito la
cucina o la sala, è l’unico collegato direttamente comunicante con la
strada e con la corte.
Per quanto concerne gli aspetti legati all’esposizione, alle modalità
di accesso alla corte retrostante non ci sono sostanziali variazioni
rispetto alla bicellula su filo strada e alla tricellula a fondo o al
centro lotto.
Occorre sottolineare, inoltre, che l’edilizia a filo strada dei medaus
sulcitani presenta numerose analogie con l’architettura tradizionale
di altri ambiti del territorio regionale (Campidano settentrionale)
e mediterraneo, (in particolare dell’Alentejo e dell’Algarve nel
Portogallo meridionale).
La copertura dei corpi di fabbrica a spessore semplice, in tutti i tipi
edilizi di base, prescinde dalla disposizione rispetto al lotto ed è
usualmente a due falde uguali di pari pendenza con linea di colmo
secondo la direttrice di sviluppo del volume costruito. Come in altre
regioni del bacino del Mediterraneo, non è raro che una pergola a
struttura metallica o lignea sia disposta sul fronte principale, allo
scopo di ombreggiare la cucina.
Il perimetro del lotto può essere nettamente distinto dal percorso
pubblico attraverso un muro a secco oppure, più semplicemente, per
mezzo di siepi o di essenze arboree, come l’olivo.
Sviluppi e accrescimenti elementari dei tipi di base
Accresimenti multipli secondo l’asse originario e per giustapposizione
nel medau Acqua Cadda.
Le architetture tradizionali dei medaus e dei furriadroxius sulcitani
nelle configurazioni con cui si presentano attualmente derivano, nella
maggioranza dei casi, dall’aggregazione, secondo un numero limitato
di regole di sviluppo, di volumi elementari di base, dalle forme
archetipiche.
Negli aggregati edilizi che costituiscono i medaus prevale il carattere
orizzontale dei corpi di fabbrica che, di norma, si sviluppano su
un unico livello, con spessore semplice e secondo allineamenti
preferenziali.
È possibile sintetizzare l’accrescimento dei tipi edilizi di base a due
e a tre cellule allineate attraverso quattro modalità elementari
ricorrenti sul territorio sulcitano.
1. accrescimento lungo l’asse di sviluppo originario
2. accrescimento secondo l’asse ortogonale all’asse originario
3. accrescimento per giustapposizione di un nuovo sistema di due o
più cellule allineate
4. accrescimento in altezza (più raro).
Nel primo e nel secondo caso l’unità edilizia di base può essere
incrementata con una, due o più cellule anche in tempi differenti.
Le geometrie e le proporzioni dei volumi aggiuntivi non sono
Accresimenti complessi secondo
l’asse originario, per giustapposizione e in altezza con la formazione di corpi di fabbrica a doppio
sepssore nel medau Acqua Cadda.
sostanzialmente differenti da quelli originari ma possono essere
disposti su livelli diversi in funzione dell’orografia del sito.
L’accrescimento per giustapposizione deriva, invece, dall’accostamento
di un corpo di fabbrica aggiuntivo a quello originale secondo un asse
di sviluppo parallelo al primo.
Si tratta dello sviluppo della biecellula o della tricellula di base
disposte sia al centro lotto che su filo strada.
Il corpo di fabbrica complessivo raddoppia il suo spessore ma il
volume originario e quello aggiunto, essendo semplicemente accostati,
sono perfettamente riconoscibili. Questa modalità di sviluppo, infatti,
solitamente non presuppone la fusione dei due corpi di fabbrica che
mantengono inalterate forme e dimensioni.
L’impianto planimetrico che ne deriva può essere a tre o più cellule
disposte su due file. Il caso più semplice di accrescimento è dato
dalla giustapposizione di un solo vano al corpo di fabbrica originario
(schema complessivo a tre cellule), ma si registrano casi di raddoppi
completi di entrambe le cellule di base (schema a quattro e a sei
cellule) e, anche se più raramente, di aggiunte di corpi di fabbrica
nuovi di dimensioni maggiori rispetto a quello di base. Il nuovo
corpo di fabbrica non supera mai in altezza quello preesistente e
viene configurato con uno schema di copertura a due falde o più
recentemente con copertura piana. In alcuni casi (medau Acqua
Accresimenti per giustapposizione
nel medau Terresoli. Il corpo di
fabbrica originario è disposto su
filo strada e quello supplementare
viene ad esso giustapposto sul
fronte interno, verso la corte. I
due volumi hanno caratteri formali
e costruttivi analoghi e sono perfettamente riconsocibili. Il profilo
di testata finale è dato dalla
successione di due timpani secondo
uno schema abbastanza diffuso in
tutto il Sulcis.
Sviluppo lungo l’asse del corpo di
fabbrica originario nel medau Is
Vaccas.
Cadda, Barrua de Basciu, medau Garau, solo per citare alcuni esempi
significativi in questo senso) è stata documentata la fusione completa
dei corpi di fabbrica che vengono sormontati da un’unica copertura
a due falde.
Lo sviluppo in altezza, in generale meno frequente, interessa più
spesso l’edilizia disposta a filo strada e comporta l’aggiunta di un
livello completo, o più spesso, di un sottotetto praticabile da adibire
a deposito di derrate alimentari, o eventualmente, abitabile.
Sono state riscontrate inoltre, diverse forme più articolate di
accrescimento, in particolar modo nei medaus di grandi dimensioni,
in cui più il nucleo originario si è sviluppato secondo più modalità
elementari dando forma a complessi edilizi ad impianto cruciforme e
a recinto chiuso.
Nel primo caso, la biecellula o la tricellula di base disposte in posizione
baricentrica rispetto al lotto, si accrescono secondo assi ortogonali
e paralleli alla direttrice di sviluppo dell’unità originaria. Questo
schema evolutivo, abbastanza diffuso in quasi tutti gli insediamenti
dispersi del Sulcis (si vedano ad esempio i medaus di Acqua Cadda,
Is Vaccas, Is Carillius nei pressi di Santadi), da luogo a un sistema
complesso a impianto cruciforme in cui a ciascun braccio corrisponde
una specializzazione funzionale differente: il nucleo originario a due
o tre cellule allineate conserva la destinazione residenziale, mentre
sul retro trovano collocazione gli annessi rustici per il ricovero
degli animali domestici e da lavoro; i bracci frontali sono destinati ai
depositi di derrate e agli spazi di trasformazione dei prodotti.
Il corpo di fabbrica complessivo occupa lo spazio secondo logiche
di sviluppo radiali, introducendo una nuova gerarchia dello spazio
privato: sul retro si concentrano le attività più direttamente legate
al lavoro sui campi mentre la corte antistante, che raramente è divisa
Accrescimenti multipli secondo l’asse del corpo di fabbrica originario,
secondo l’asse ad esso ortogonale
e per giustapposizione nel medau
Is Cattas.
dalla strada, acquista il ruolo di spazio di relazione semi- pubblico.
Questa forma di incremento, nell’ambito delle singole unità, costituisce
una prima fase di un modello di sviluppo più complesso che comporta
modalità aggregative di scala più ampia, che può coinvolger più
abitazioni fra le quali si generano nuove relazioni gerarchiche.
L’accrescimento secondo la logica del recinto chiuso, invece, deriva
della biecellula o della tricellula di base disposte a fondo o al centro
lotto o anche a filo strada, attraverso lo sviluppo combinato lungo il
perimetro del lotto. Questo schema evolutivo, da luogo a un sistema
chiuso attorno a una corte, in analogia a quanto accade nei villaggi
rurali di altri ambiti regionali.
Lo spazio privato della corte è nettamente separato dai percorsi
pubblici ed è di esclusiva pertinenza dell’abitazione, soprattutto
quando l’unità si trova in una posizione baricentrica rispetto al
medau.
I corpi di fabbrica variamente distribuiti attorno al recinto assumono
differenti funzioni, ma sono essenzialmente destinati al ricovero del
bestiame domestico, al rimessaggio degli attrezzi da lavoro e allo
stoccaggio delle derrate alimentari.
Nell’articolazione dei medaus acquistano un particolare rilievo gli spazi
lavorativi aperti che sono costituiti generalmente dal sistema di logge,
tettoie, recinti vegetali o murati destinati alla trasformazione e lo
stoccaggio dei prodotti dell’attività agro-pastorale e il ricovero del
bestiame. Questi elementi assumono una connotazione particolarmente
arcaica e costano di elementari tettoie ad ordito ligneo addossate su
setti murari in pietra a vista, oppure di semplici recinti realizzati con
muri a secco di delimitazione di spazi gerarchicamente differenti per
le greggi e per il bestiame da lavoro.
Impianto planimetrico a tre cellule
Impianto planimetrico a due cellule
EDILIZIA ARRETRATA RISPETTO AL FILO STRADA
Impianto planimetrico a tre cellule
EDILIZIA A FILO STRADA
Impianto planimetrico a due cellule
Abaco dei tipi edilizi ricorrenti nei Medaus del Sulcis
TIPI EDILIZI DI BASE
SVILUPPI E ACCRESCIMENTI ELEMENTARI
Secondo l’asse longitudinale
Secondo l’asse trasversale
Per giustapposizione
In altezza
Materiali e tecniche della costruzione premoderna
L’utilizzo di materiali naturali come
pietra, terra e legno costituisce un
dato ricorrente nella costruzione
pre-moderna degli insediamenti dispersi del Sulcis. Medau Is Cangius.
Come sempre è accaduto in epoca premoderna, anche negli
insediamenti dispersi dei medaus e dei furriadroxius del Sulcis, legati
direttamente all’ambito agro-pastorale, l’attività edificatoria si è
fondata sull’impiego quasi esclusivo di materiali naturali; qui come
in altre aree della Sardegna, inoltre, l’investimento di risorse da
parte delle maestranze è stato ridotto al minimo e, di conseguenza,
il grado di lavorazione dei materiali è stato quello strettamente
necessario per la corretta posa in opera degli elementi costruttivi. La
sapiente conoscenza e applicazione di tecniche antiche consolidatesi
nel tempo attraverso l’esperienza pratica e quotidiana del cantiere
e una continua attività di manutenzione, infatti, piuttosto che una
più specialistica trasformazione del materiale, hanno garantito la
lunga durata delle costruzioni e costituiscono due elementi ricorrenti
dell’edilizia tradizionale di queste aree.
L’architettura pre-moderna del Sulcis, ancor più se si considera
quella dei furriadroxius e dei medaus, analogamente a quanto si
verifica in gran parte delle aree mediterranee, è essenzialmente
architettura di terra, pietra e legno (e di pochi altri materiali da essi
derivati), essendo queste le materie prime maggiormente diffuse sul
territorio e perciò quelle più facilmente reperibili ed economicamente
vantaggiose.
Cellule murarie a tecnica mista
realizzate in opera incerta con
trovanti di scisto e granito. Medau
Is Cangius.
Tuttavia l’ambito territoriale sulcitano presenta differenti varianti
morfologiche e culturali che introducono, pur all’interno di un quadro
generale di sostanziale omogeneità di caratteri architettonici, alcune
varianti nei materiali e nelle tecniche costruttive tradizionali.
La costruzione di questi ambiti, storicamente, si fonda sul principio
dell’assemblaggio a secco degli elementi: la casa pre-moderna può
essere assimilata a una grande scatola di montaggio in cui solo il
muro è elemento di lunga durata e di continuità per l’edificato. Tutto
il resto - le strutture e i manti di copertura, i solai intermedi, le
poche ed essenziali finiture - può essere smontato e rimontato in
qualunque momento senza mettere in discussione l’efficienza del
sistema del complessivo.
Le tecniche da costruzione, governate da principi generali di economia
e risparmio di risorse, assumono dunque una connotazione di ambito
strettamente locale in funzione dei materiali disponibili sul territorio.
Pertanto si incontrano centri in cui la dominante materica è unica,
come nel caso dei medaus interamente costruiti di scisto, di granito,
oppure di terra cruda, ma anche insediamenti a tecniche miste, in cui
si verificano interessantissime commistioni materiali e tecnologiche
fra scisto, granito e terra cruda.
Murature in terra- Murature in pietra
Il muro è l’elemento che maggiormente caratterizza le costruzioni
tradizionali del Sulcis pur presentandosi con un numero limitato di
tessiture e materiali.
I muri di terra cruda sono diffusi nei in particolare nei medaus e nei
furriadroxius di pianura e sono costituiti da mattoni che, di norma,
hanno le dimensioni di 40x20x10 cm, in rapporto geometrico che lega
ciascuno dei lati ad essere il doppio del precedente1, anche se sono
stati riscontrati medaus nel territorio di Santadi in cui si impiegano
mattoni a sezione quadrata con dimensioni 17x17x35 cm. Questo
fatto costituisce certamente un’anomalia nel panorama costruttivo
tradizionale della Sardegna dove invece le dimensioni ricorrenti sono
10x20x40 cm. Le murature di terra cruda solitamente venivano erette
su uno zoccolo di fondazione in pietrame la cui tessitura a “grana
grossa” scongiurava i fenomeni di risalita capillare dannosi per le
murature in genere, e per quelle in crudo in particolare. Intonacare
le superfici murarie con malte di calce e terra opportunamente
miscelate era prassi costruttiva diffusa allo scopo di salvaguardare
il muro dal dilavamento; tuttavia non è insolito imbattersi in murature
non intonacate ma ancora perfettamente conservate.
Se il muro in terra cruda, pur con la variazioni cromatiche dovute alla
Muri di terra e muri di pietra nel
medau Is Cangius.
In alto muratura in adobe con
fenomeni di dilavamento, in basso
basamento di una muratura realizzata con un doppio paramento
in trovanti di granito e scisto, con
allettamento in terra.
differente natura delle terre impiegate (apprezzabile peraltro solo in
assenza di intonaco), ha caratteristiche abbastanza omogenee in tutta
l’area di diffusione, diversamente, il muro di pietra in relazione al
tipo di lapideo e alla tecnica associata, presenta almeno due varianti
principali legate all’uso del granito e dello scisto e, insieme ad esse
le soluzioini miste in cui entrambi i lapidei vengono impiegati.
La configurazione tipicamente adottata2 consiste nella costruzione
simultanea di due paramenti in pietra paralleli, fra i quali viene
interposta un’intercapedine colmata con terra, pietrame di piccola
pezzatura e cocci di laterizio. La stabilità del muro, data l’inconsistenza
del riempimento, dipende dagli elementi passanti (diatoni) che grazie
alle notevoli dimensioni e alla disposizione di testa collegano
direttamente i due paramenti conferendo loro un accettabile grado
di solidarietà.
Le murature più antiche, ma non di rado anche quelle edificate
durante tutto l’ottocento e, in alcuni casi, agli inizi del novecento,
erano a secco e l’unico sistema di allettamento fra i trovanti non
lavorati o grossolanamente sbozzati era affidato all’impiego di terra.
Per rendere più efficiente il contatto fra le superfici irregolari degli
elementi lapidei, e per limitare il dilavamento della terra contenuta
nel nucleo centrale, si faceva affidamento alla rinzeppatura ottenuta
mediante l’inserimento di piccole scaglie di pietra o di laterizio negli
interstizi fra i conci.
A partire dalla seconda metà dell’ottocento si consolida, almeno
relativamente agli edifici di particolare pregio, l’utilizzo dei leganti a
base di calce che garantiscono una maggiore collaborazione fra i conci
lapidei, un incremento nella coerenza del corpo murario e della sua
monoliticità e, di conseguenza, delle capacità resistenti complessive.
Le differenze che si riscontrano fra le murature delle variambiti
insediativi sulcitani., più che alla tecnica costruttiva di base, sono da
attribuirsi alla differente natura delle pietre impiegate e, anche se
in minam parte nel territorio sulcitano, al più o meno raffinato livello
di lavorazione. Questi aspetti, infatti, introducono alcune variazioni
in merito alle dimensioni, alle tessiture e alle capacità statiche del
corpo murario.
La murature lapidee sono essenzialmente realizzate con trovanti di
granito e scisto di differenti proporzioni e dimensioni, apparecchiati
ad opera incerta o con corsi sub-orizzontali.
In numerosi insediamenti dispersi del Sulcis si ricorre sia alla tecnica
del muro misto in granito e scisto, che a quella della terra cruda
e della pietra, avendo cura di impiegare le murature di adobe, più
leggere e sensibili ai fenomeni di risalita di acqua capillare, per
la realizzazione dei piani alti e delle murature interne, destinando
quelle lapidee ai piani terra.
Murature a doppio paramento,con
apparecchio ad opera incerta in
trovanti di scisto e granito allettati con terra.
Le coperture
Le coperture sono ovunque a struttura lignea a semplice e doppia
orditura ed è diffuso l’impiego di elementi complessi come la falsa
capriata o, più raramente la capriata classica.
A sinistra, ordito ligneo di copertura in un medau nei pressi di
Narcao: il piano di canne è sostenuto da travicelli a sezione pseudo-circolare, a loro volta posati su
arcarecci di dimensioni più consistenti (diametro di circa 15-20 cm).
A destra, manto di copertura in
coppi laterizi nel medau Is Cattas,
nei pressi di Santadi.
differente natura delle terre impiegate (apprezzabile peraltro solo in
assenza di intonaco), ha caratteristiche abbastanza omogenee in tutta
l’area di diffusione, diversamente, il muro di pietra in relazione al
tipo di lapideo e alla tecnica associata, presenta almeno due varianti
principali legate all’uso del granito e dello scisto e, insieme ad esse
le soluzioini miste in cui entrambi i lapidei vengono impiegati.
La configurazione tipicamente adottata2 consiste nella costruzione
simultanea di due paramenti in pietra paralleli, fra i quali viene
interposta un’intercapedine colmata con terra, pietrame di
piccola pezzatura e cocci di laterizio. La stabilità del muro, data
l’inconsistenza del riempimento, dipende dagli elementi passanti
(diatoni) che grazie alle notevoli dimensioni e alla disposizione di
testa collegano direttamente i due paramenti conferendo loro un
accettabile grado di solidarietà.
Le murature più antiche, ma non di rado anche quelle edificate
durante tutto l’ottocento e, in alcuni casi, agli inizi del novecento,
erano a secco e l’unico sistema di allettamento fra i trovanti non
lavorati o grossolanamente sbozzati era affidato all’impiego di terra.
Per rendere più efficiente il contatto fra le superfici irregolari degli
elementi lapidei, e per limitare il dilavamento della terra contenuta
nel nucleo centrale, si faceva affidamento alla rinzeppatura ottenuta
mediante l’inserimento di piccole scaglie di pietra o di laterizio negli
interstizi fra i conci.
A partire dalla seconda metà dell’ottocento si consolida, almeno
relativamente agli edifici di particolare pregio, l’utilizzo dei leganti a
base di calce che garantiscono una maggiore collaborazione fra i conci
lapidei, un incremento nella coerenza del corpo murario e della sua
monoliticità e, di conseguenza, delle capacità resistenti complessive.
Le differenze che si riscontrano fra le murature delle varie regioni
storiche dell’area G.A.L., più che alla tecnica costruttiva di base,
sono da attribuirsi alla differente natura delle pietre impiegate
e, anche se in minam parte nel territorio sulcitano, al più o meno
raffinato livello di lavorazione. Questi aspetti, infatti, introducono
alcune variazioni in merito alle dimensioni, alle tessiture e alle
capacità statiche del corpo murario.
La murature lapidee sono essenzialmente realizzate con trovanti di
granito e scisto di differenti proporzioni e dimensioni, apparecchiati
ad opera incerta o con corsi sub-orizzontali.
In numerosi insediamenti dispersi del Sulcis si ricorre sia alla tecnica
del muro misto in granito e scisto, che a quella della terra cruda
e della pietra, avendo cura di impiegare le murature di adobe, più
leggere e sensibili ai fenomeni di risalita di acqua capillare, per
la realizzazione dei piani alti e delle murature interne, destinando
quelle lapidee ai piani terra.
Soluzione di gronda elementare con
aggetto semplice dei coppi canale
nel medau Is Canis.
Le coperture
Le coperture sono ovunque a struttura lignea a semplice e doppia
orditura ed è diffuso l’impiego di elementi complessi come la falsa
capriata o, più raramente la capriata classica.
Gli schemi di copertura dei corpi di fabbrica residenziali sono
essenzialmente a due falde simmetriche, mentre quelli degli annessi
rustici sono a una falda.
Il manto di copertura era realizzato in coppi sardi, semplicemente
posati su un piano di canne nelle case più antiche, oppure su un
massetto di allettamento di terra, eventualmente stabilizzata con
calce, nelle case più recenti. L’incannicciato è disposto su travicelli
lignei e legato con l’ausilio di grosse canne (del diametro non inferiore
a 25 mm) dette canne maestre, disposte parallelamente ai travicelli
stessi con interasse di circa 50 cm.
I travicelli sono sempre disposti secondo la massima pendenza delle
falde (25-35%) con interasse compreso fra 50 e 80 cm, e sono sorretti,
Soluzione di gronda con raccolta
dell’acqua meteorica attraverso
l’impiego del muretto d’attico e dei
doccioni realizzati con coppi aggettanti per lo smaltimento nel medau
Terresoli.
in relazione allo schema strutturale della copertura, dalla trave di
colmo, dagli arcarecci e dai muri perimetrali in prossimità della linea
di gronda nei casi con doppia orditura, oppure semplicemente dalla
trave di colmo e dai muri perimetrali nei casi con semplice orditura.
Il carico della copertura, attraverso la struttura lignea costituita
da una trave di colmo, dagli arcarecci (se in presenza di schemi ad
orditura doppia) e dai travicelli, viene ripartito sui quattro setti
murari che definiscono la cellula edilizia (di norma con dimensioni non
superiori a 4x4 metri).
La trave di colmo disposta in mezzeria del corpo di fabbrica, e gli
arcarecci ad essa paralleli, posti in posizione intermedia lungo lo
sviluppo delle falde (con interasse massimo di circa 1,5 metri), si
appoggiano sui setti trasversali (di testata o interni) sagomati a
timpano e sulle strutture lignee complesse quali la falsa capriata e
la capriata classica.
Un elemento strutturale ligneo di grande interesse, peraltro diffuso
uniformemente in tutto il territorio regionale e non solo nel Sulcis,
dai connotati fortemente arcaici, è la falsa capriata. Disposto
trasversalmente e appoggiato ai muri perimetrali longitudinali, questo
elemento, la cui geometria ricorda quella delle capriate classiche, in
realtà è regolato da principi profondamente differenti, basandosi su
un regime statico di tipo prevalentemente flessionale e non assiale.
Si tratta di una struttura non spingente, riconducibile allo schema di
una trave semplicemente appoggiata agli estremi sui setti murari e
sollecitata da un carico concentrato in mezzeria, derivante dall’azione
del puntone che sostiene la trave di colmo e, eventualmente, da altri
due carichi concentrati corrispondenti all’azione degli arcarecci, nei
casi di orditura doppia.
Il tronco trasversale veniva scelto, in genere, con una naturale
curvatura che seguisse la doppia pendenza delle falde per
limitare lo sviluppo del puntone e di conseguenza gli eventuali
fenomeni di instabilità del sistema nel suo complesso, consentendo
parallelamente di poter disporre di una maggiore altezza utile nel
vano. Le dimensioni della sezione resistente della falsa capriata sono
variabili, trattandosi di un elemento non lavorato ma, di solito, non
si impiegavano tronchi di diametro inferiore a 20 cm.
I coronamenti e le soluzioni di gronda
Lo smaltimento delle acque costituisce un aspetto particolarmente
importante dell’architettura tradizionale del Sulcis. Le soluzioni di
gronda poche e conrtibuiscono a conferire alle forme costruite un
forte carattere archetipico.
Si riscontrano sotanzialmente due grandi famiglie di soluzioni di
gronda: quelle munite di canale di raccolta delle acque e quelle che
ne sono sprovviste.
Il sistema in assoluto più diffuso è quello elementare che non
prevede la raccolta dell’acqua meteorica ma funziona con il principio
dell’allontanamento diretto attraverso l’aggetto, per circa la metà
della loro lunghezza, dei coppi canale. Varianti più articolate di
questo sistema, in cui permane lo sfalsamento in avanti dell’ultima
fila di canali, sono rappresentate dalle soluzioni di coronamento con
cornici in aggetto rispetto alla superficie del muro realizzate con una
o più file di tegole convesse sporgenti, con mensole lapidee, con uno
o più ricorsi di mattoni crudi o cotti progressivamente sporgenti o,
ancora, anche se più raramente, con l’aggetto della struttura lignea
di copertura. Spesso le cornici in mattoni erano intonacate e stuccate
con modine.
L’impiego dei primi sistemi di smaltimento con canale di gronda si
diffonde a partire dalla seconda metà del 1800 nella gran parte dei
palazzetti e deriva da modelli architettonici spiccatamente urbani.
Il canale di raccolta dell’acqua meteorica proveniente dal manto di
copertura è di norma realizzato con coppi canale oppure direttamente
sulla muratura con coccio pesto. Lo smaltimento dell’acqua era
risolto nei casi più semplici attraverso l’impiego di doccioni laterali
posti in continuità con la gronda o frontali, collocati ortogonalmente
al canale e solitamente realizzati con un coppo concavo; non sono
stati riscontrati casi in cui siano stati impiegati discendenti.
Il coronamento laterale è risolto con l’impiego di due file di coppi
convessi sovrapposti, senza l’impiego di ulteriori cornici laterali.
A sinistra, porta a una anta con
sportello nel medau Is Cangius.
A destra, porta a due ante nel
medau Terresoli.
I solai intermedi
I solai intermedi impiegati nell’edilizia popolare premoderna del Sulcis
sono quasi esclusivamente a struttura lignea, di solito costituita
da una semplice orditura di travi disposte ortogonalmente ai setti
murari, a sostegno di un tavolato di calpestio. Le essenze più usate
sono il castagno, la roverella, l’olivastro e il ginepro; nell’edilizia più
recente, inoltre, non è raro l’impiego del più economico abete. Nelle
abitazioni più antiche, ma spesso anche in quelle costruite durante
i primi anni del novecento, la lavorazione sui tronchi è minima: ne
derivano travi semplicemente sgrossate, con sezioni sub-circolari a
diametro variabile e, in diversi casi, con sviluppo non perfettamente
rettilineo. Più di recente si diffonde anche l’uso delle sezioni “uso
Trieste”, rettangolari e quadrate.
Il tavolato assolve alla doppia funzione strutturale e di finitura,
essendo al tempo stesso, piano di completamento dell’ordito ligneo e
piano di calpestio. Le soluzioni più semplici non prevedono accorgimenti
particolari a garanzia della connessione fra le tavole, semplicemente
accostate l’una all’altra e vincolate per mezzo di chiodi, in legno o
metallici, alle travi di sostegno. Tuttavia sono diffuse anche soluzioni
di mutuo incastro con giunti maschiati o a battente che assicurano
un certo grado di solidarietà fra le tavole adiacenti, rendendole
collaboranti fra loro.
Il nodo fra le travi in legno e le murature portanti rappresenta un
punto di assoluta criticità per la costruzione tradizionale.
A sinistra, composizione di facciata
con aperture elementari nel medau
Terresoli. La finestra del piano
terra e protetta con una grata
metallica
A destra, finestra elemantare con
infisso e sportello ligneo, protetta da grata metallica nel medau
Acqua Cadda.
Le aperture: porte, finestre
La dominante della massa costruita sui “vuoti” rappresenta un
segno costante nel linguaggio edilizio mediterraneo e, proprio per
questa ragione, le bucature acquistano un valore del tutto speciale,
essendo luogo singolare ed eccezionale della costruzione muraria.
L’architettura degli insediamenti dispersi del Sulcis non costituisce
un’eccezione sotto questo profilo: bucature di dimensioni minime e in
numero limitato sono una cifra ricorrente del linguaggio architettonico
dei medaus e dei furriadroxius.
Come è prassi nella tradizione costruttiva in muratura le aperture
sono strette e le proporzioni riconducibili a schemi quadrati (nelle
abitazioni più arcaiche con lato che raramente supera 60 cm), o
rettangolari con rapporto fra base e altezza compreso fra 2/3 e
1/2.
La continuità della muratura soprastante l’apertura veniva ripristinata
per mezzo di architravi lignei nelle costruzioni più antiche, spesso
con l’ausilio di sistemi di scarico quali triangoli ottenuti con due
conci a contrasto, oppure con archi di laterizio inseriti all’interno
del corpo murario; mentre, più recentemente si è fatto largo uso
della struttura spingente realizzata in mattoni crudi, in conci lapidei
o in laterizio. Le limitate proprietà di coerenza e monoliticità delle
murature in pietra contribuivano a limitare la dimensione delle
aperture e di conseguenza a ridurre la luce degli architravi che, in
genere, non supera 80 cm.
Nelle costruzioni con muratura lapidea gli stipiti erano solitamente
realizzati con cantoni squadrati, con il lato maggiore lungo quanto
lo spessore del corpo murario, disposti alternativamente di fascia e
di testa, allo scopo di assicurare l’ammorsamento al muro in opera
incerta. Tuttavia, nelle case più povere si può ancora riscontrare
la soluzione strutturale più elementare per realizzare la bucatura,
che consiste semplicemente nell’interrompere il muro in prossimità
del vano dell’apertura, senza alcun accorgimento particolare per la
predisposizione degli stipiti, e nell’impiego di alcuni tronchi affiancati
per tutto lo spessore del muro, di diametro non superiore a 10 cm,
come architravi.
Modalità analoghe si riscontrano nelle murature in terra cruda, con
un’unica variante significativa relativa ai casi in cui la struttura
verticale dell’apertura era interamente costituita con mattoni di
terra cruda, sia quando la chiusura superiore veniva realizzata con
sistemi pesanti (architravi lignei o lapidei), sia spingenti (solitamente
piattabande in mattoni crudi).
Le decorazioni dell’imbotte, nei furriadroxius sulcitani, costituiscono
un’eccezione, a differenza di altri ambiti regionali in cui, pur
all’interno di un quadro di riferimento ispirato alla massima sobrietà
ed essenzialità formale, le aperture costituiscono occasione per
inserire contenuti di maggior decoro alle abitazioni.
Le essenze lignee impiegate per la realizzazione dei telai fissi e
mobili degli infissi sono generalmente il castagno, la roverella e
il leccio anche se, molto raramente,in alcuni casi si è riscontrato
l’impiego del ginepro.
Le finestre sono munite di scuretti con apertura all’interno,
incernierati direttamente sul telaio mobile dell’infisso. Le finestre più
arcaiche, di cui ancora si trova traccia in numerose abitazioni storiche,
erano sprovviste di vetro e l’infisso costituito da un un’unica anta
in tavole di legno, era munito di un piccolo sportellino, a sua volta
apribile, disposto al centro oppure su uno dei quattro vertici.
I sistemi di protezione dall’esterno, quando presenti, sono limitati
alle poche finestre con affaccio su strada disposte al piano terra,
e consistono nell’uso di grate realizzate, generalmente, con piattini
o tondini metallici vincolati all’imbotte dell’apertura in completa
analogia con altri ambiti mediterranei. La maglia, più o meno fitta, è
generalmente quadrata con direttrici orizzontale e verticale, oppure
ruotate di 45°.
Nelle case più antiche e povere è ancora possibile trovare grate
protettive realizzate con intrecci di piccoli tronchi in legno con un
basso grado di lavorazione, con asse non perfettamente rettilineo
e sezioni variabili. Sono interessanti, inoltre, i sistemi di chiusura
metallici, costituiti da maniglie, pomoli, cerniere, paletti, aste girevoli,
perni per il bloccaggio delle ante delle finestre e degli scuretti,
sostanzialmente costituiti da piattini sagomati e da tondini pieni di
diametro non superiore a 5-6 millimetri, fissati attraverso chiodi e
viti, interamente in vista.
Di norma tutte le superfici lignee sono protette da più strati di
verniciature e laccature. I colori più utilizzati sono vari toni di verde,
celeste, azzurro, grigio e più raramente di amaranto.
Le porte più antiche sono estremamente sobrie: di solito costituite da
una sola anta, hanno infisso interamente realizzato con un tavolato e,
in alcuni casi, sono munite di uno sportellino apribile, posizionato nella
parte superiore, lateralmente o in posizione baricentrica. L’uso della
doppia anta, rigorosamente simmetrica, è relativo alle costruzioni più
recenti. Fanno parte integrante degli infissi della porte le serrature
metalliche, le maniglie, i paletti di sicurezza e i battenti.
È da sottolineare la prassi, comune a tutto il Mediterraneo, di utilizzare
il latte di calce lungo il perimetro e il risvolto delle aperture con
finalità igienico-sanitarie (in considerazione delle proprietà disinfettanti
della calce). Sotto il profilo formale, ciò contribuisce ad aumentare il
contrasto cromatico con l’infisso, ribadendo ulteriormente il carattere
eccezionale attribuito alla bucatura, in una cultura costruttiva in cui
prevale la massa muraria.
Pavimentazioni esterne ed interne
La pavimentazione delle corti in prossimità dell’abitazione e dei vani
rustici, solitamente, era realizzata in trovanti lapidei di piccole e medie
dimensioni (da 7/8 cm a 15 cm.) o, più di rado e limitatamente a spazi di
pertinenza di edifici di particolare pregio, con ciottoli di fiume omogenei
e regolari. Gli elementi di pietra sono posati direttamente sulla terra
battuta e disposti in maniera da convogliare l’acqua verso le linee di
naturale compluvio, che vengono rivolte verso la strada.
La sistemazione degli spazi esterni di pertinenza dell’abitazione segue
l’altimetria e la forma del lotto e non sono previsti, se non in casi
eccezionali, modellamenti del terreno con scavi o riporti.
È da sottolineare che nei lotti in pendenza, la casa occupa sistematicamente
il luogo più alto in modo da garantirne la salubrità e risolvere, senza
particolari accorgimenti tecnologici, i problemi legati allo smaltimento
naturale dell’acqua.
Le soluzioni adottate per le pavimentazioni degli spazi interni all’abitazione
sono poche, essenziali e sostanzialmente limitate ai vani posti al piano
terra, essendo quelli dei livelli superiori, quando calpestabili, realizzati
in modo sistematico direttamente con il tavolato del solaio ad orditura
lignea.
Uno dei sistemi più diffuso ed arcaico, ma utilizzato ancora con frequenza
nei primi decenni del XX secolo, consisteva nell’impiego congiunto di
argilla opportunamente e periodicamente costipati e pigiati, consentivano
di realizzare uno strato di separazione dal terreno naturale di altezza
variabile tra i 10 e 20 cm e di disporre di un piano quasi impermeabile
e non polveroso.
Nelle abitazioni più antiche è abbastanza frequente l’uso di pavimentazioni
lapidee con trovanti irregolari di grandi dimensioni o con conci sbozzati
o squadrati, posati direttamente sulla terra battuta.
A partire dagli inizi del novecento, si diffonde l’impiego di mattonelle
in graniglia di cemento colorate e in alcuni casi decorate con disegni
1
2
4
5
COPERTURE
6
7
sezione trasversale
0
1
2
C1
schema a due falde
con setti murari e
orditura doppia
9
8
Legenda
1 - Manto di copertura in coppi sardi
2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce
3 - Incannicciato
4 - “Canna maestra”
5 - Travicelli lignei
6 - Trave di colmo (biga manna)
7 - Arcarecci (bigas)
8 - Setto murario trasversale
9 - Muratura perimetrale
TAV O L A
spaccato assonometrico
3
sezione longitudinale
pianta
Si tratta dello schema di copertura maggiormente diffuso in tutto l’ambito territoriale del
Sulcis, quando il passo strutturale del vano,
inclusi gli spessori delle murature, è compreso
fra 4 e 6 metri.
Il carico proveniente dal tetto, attraverso la
struttura lignea costituita dalla trave di colmo,
dagli arcarecci e dai travicelli, viene ripartito
sui quattro setti murari che definiscono la cellula edilizia. Sui setti trasversali (di testata o
interni) si dispongono, oltre alla trave di colmo,
anche uno o due arcarecci per ciascuna falda
che fungono da rompitratta per i travicelli ad
essi ortogonali, disposti con interasse compreso fra 50 e 80 cm. Il piano di copertura è
realizzato con l’incannicciato, appoggiato sui
travicelli e legato con l’ausilio di grosse canne
(diametro non inferiore a 25 mm) dette canne
maestre, disposte parallelamente ai travicelli
stessi con interasse di circa 50 cm.
Nelle costruzioni più recenti l’incannicciato può
essere sostituito da un tavolato ligneo.
Il manto di copertura è in coppi sardi posati
direttamente sull’incannicciato (originariamente)
oppure su uno strato di allettamento di terra,
eventualmente stabilizzata con calce (più di recente) che funge anche da coibente termico.
4m
Soluzione di copertura a due falde, con cellula
muraria e orditura doppia a Santadi e nel Medau
Is Cangius, nel territorio di Santadi. A sinistra,
l’orditura principale, costituita da arcarecci e
trave di colmo con diametro di 20-25 cm, grava
sui muri trasversali sagomati a timpano secondo la pendenza delle falde. L’orditura dei travicelli
è sostenuta dalla principale (arcarecci e trave
di colmo) e dai muri longitudinali. A destra, la
testata del corpo di fabbrica residenziale del
medau, a spessore semplice, con la sua tipica
configurazione a copertura con due falde.
TAV O L A
1
2
spaccato assonometrico
3
COPERTURE
4
5
6
7
Legenda
1 - Manto di copertura
in coppi sardi
2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce
3 - Incannicciato
4 - “Canna maestra”
5 - Travicelli lignei
6 - Trave di colmo (biga manna)
7 - Arcarecci (bigas)
8 - Falsa capriata (cuaddu)
9 - Muratura perimetrale
sezione trasversale
0
1
2
schema a due falde con
carpenterie lignee elementari e orditura doppia
8
sezione longitudinale
pianta
4m
C2
Si tratta della variante del caso precedente in
cui la struttura di copertura è sostenuta da
carpenterie lignee elementari, o false capriate,
ad asse rettilineo o curvilineo, al posto dei setti
murari trasversali. La falsa capriata è un elemento strutturale dai connotati arcaici, detta
anche cuaddu o cuaddu armau, che viene disposta trasversalmente e appoggiata ai muri
perimetrali longitudinali.
Benchè la geometria possa ricordare quella delle capriate classiche, in realtà la falsa capriata è
regolata da principi profondamente differenti, basandosi su un regime statico di tipo flessionale
e non assiale. Si tratta infatti, di una struttura
non spingente, riconducibile allo schema di una
trave appoggiata agli estremi sui setti murari e
sollecitata dai carichi concentrati, derivanti dall’azione dei puntoni che sostengono la trave di
colmo e gli arcarecci. Il tronco trasversale veniva scelto, in genere, con una naturale curvatura
che seguisse la doppia pendenza delle falde per
limitare lo sviluppo del puntone e di conseguenza gli eventuali fenomeni di instabilità del sistema nel suo complesso, consentendo parallelamente di poter disporre di una maggiore altezza utile nel vano.
La dimensione della falsa capriata è generalmente variabile, trattandosi di un elemento non
lavorato, ma di solito non si impiegavano tronchi di diametro inferiore a 20 cm.
L’orditura principale è sostenuta da una o più
false capriate ed è costituita dalla trave di colmo e da almeno un arcareccio per falda. Il
collegamento con la falsa capriata è risolto
attraverso un puntone analogo a quello che
sostiene la trave di colmo. La falsa capriata, di
conseguenza è sollecitata da tre carichi concentrati equamente distanziati fra loro.
L’orditura secondaria, il piano e il manto di copertura, per il resto, rimangono assolutamente
invariati rispetto al caso precedente.
Soluzione di copertura a due falde, con falsa
capriata (“cuaddu”) e orditura doppia nei medaus
sulcitani. A destra, la falsa capriata è realizzata
con un tronco sagomato secondo la pendenza
delle due falde; a sinistra, la struttura è costituita da una trave orizzontale su cui gravano i tre
puntoni a sostegno rispettivamente degli
arcarecci e della trave di colmo.
TAV O L A
1
2
spaccato assonometrico
3
COPERTURE
4
5
C3
6
schema a due falde con
capriate e orditura doppia
7
Legenda
1 - Manto di copertura
in coppi sardi
2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce
3 - Incannicciato
4 - “Canna maestra”
5 - Travicelli lignei
6 - Trave di colmo (biga manna)
7 - Arcarecci (bigas)
8 - Capriata
9 - Muratura perimetrale
sezione trasversale
0
1
2
8
9
sezione longitudinale
pianta
Si tratta della variante del caso precedente, in
cui al posto delle carpenterie lignee elementari
si impiegano le capriate classiche.
L’orditura principale di copertura è sostenuta
da una o più capriate, disposte ad interasse
non superiore a 4 metri, ed è costituita dalla
trave di colmo e da almeno un arcareccio per
falda. Il collegamento fra gli arcarecci e le
capriate è risolto attraverso un gattello ligneo
che impedisce all’arcareccio di rotolare o scivolare sull’estradosso del puntone della capriata.
In questo caso, essendo la luce dei puntoni
maggiore, la capriata assume la configurazione completa ed è dotata delle saette.
L’orditura, il piano e il manto di copertura, per il
resto, rimangono assolutamente invariati.
In alcuni casi, la capriata può essere collegata
alle murature che la sostengono, attraverso un
capochiave metallico o ligneo, in modo da rendere l’intero sistema collaborante e maggiormente solidale.
Il nodo fra le travi lignee e la muratura veniva
risolto in diversi modi: con appoggio diretto
sulla muratura sia lapidea che in terra cruda nei
casi più elementari oppure, allo scopo di ripartire i carichi su una porzione più ampia di
muratura limitando i fenomeni di punzonamento,
con l’impiego di grossi conci lapidei o di
dormienti lignei al di sotto della trave. Anche in
questo caso, spesso, le travi hanno la testa
direttamente esposta all’esterno.
4m
Soluzione di copertura a due falde con capriata
classica e orditura doppia.
Nella maggior parte dei casi questo schema
strutturale veniva impiegato per la copertura di
vani strumentali ma anche per abitazioni di
grandi dimensioni soprattutto a partire dalla fine
dell’800.
1
2
TAV O L A
spaccato assonometrico
3
4
5
COPERTURE
6
C4
schema monofalda con
orditura doppia
Legenda
1 - Manto di copertura in coppi sardi
2 - Eventuale massetto in terra stabilizzata con calce
3 - Incannicciato
4 - “Canna maestra”
5 - Travicelli lignei
6 - Trave di colmo
7 - Arcarecci
8 - Muratura perimetrale
sezione trasversale
0
1
2
7
8
sezione longitudinale
È uno schema di copertura impiegato per i vani
strumentali quando il passo strutturale supera
2.5 metri compresi gli spessori delle murature.
La struttura principale è costituita da una o
più grosse travi disposte secondo la pendenza della falda ad interassi regolari di circa
3.00 metri, che sostengono gli arcarecci, uno
o due solitamente, disposti con interasse non
superiore a 2.00 metri, parallelamente alla linea di gronda.
L’orditura secondaria, il piano e il manto di
copertura, per il resto, rimangono assolutamente invariati rispetto al caso precedente.
Il nodo fra le travi lignee e la muratura veniva
risolto in diversi modi: con appoggio diretto
sulla muratura sia lapidea che in terra cruda nei
casi più elementari oppure, allo scopo di ripartire i carichi su una porzione più ampia di
muratura limitando i fenomeni di punzonamento,
con l’impiego di grossi conci lapidei o di
dormienti lignei al di sotto della trave. In diversi
casi le travi, attraversando l’intero spessore
del corpo murario, hanno la testa direttamente
esposta all’esterno.
pianta
4m
Soluzioni di copertura a una falda con orditura
doppia per un vano strumentale a Santadi e per
un loggiato a Narcao. In entrambi i casi il passo strutturale è di circa 3 metri e impone l’impiego di una struttura con due o tre arcarecci
impostati su una trave realizzata con un tronco
naturale di ginepro, semplicemente
scortecciato. Nel caso di Santadi, l’intera struttura di copertura è sostenuta da una stampella
di ginepro, secondo uno schema costruttivo
arcaico ma molto diffuso nella regione sulcitana.
TAV O L A
MURATURE
3
trovanti di scisto e granito a
corsi occasionali
2
4
1
M1
spaccato assonometrico
5
Legenda
1 - Concio di scisto disposto di testa per il
collegamento fra i due paramenti murari
(diatono)
2 - Paramento murario in trovanti laminari di
scisto di piccole e grandi dimensioni e
trovanti di granito
3 - Riempimento fra i paramenti murari
4 - Rinzeppatura con scaglie di scisto
5 - Concio d’angolo sbozzato o squadrato in
calcare o arenaria
Muratura a due paramenti occasionalmente
collegati con elementi passanti (diatoni),
realizzata con trovanti di scisto di forma
laminare e di granito di piccole e grandi
dimensioni, apparecchiati con allettamento
in terra e rinzeppatura con corsi di
spianamento occasionali. Il nucleo della
muratura è costituito da materiale di risulta: terra, cocci di laterizio e pietrame. La soluzione
d’angolo è risolta con conci di grandi dimensioni squadrati o sbozzati, di scisto o granito, disposti alternativamente di fascia o di testa per
ottimizzare l’ammorsamento fra i due muri. La
superficie esterna del muro, di norma, è lasciata a vista, mentre quella interna è protetta con
intonaci a base di terra e calce. Lo spessore
medio complessivo del corpo murario si aggira
intorno ai 60 cm, non è mai inferiore a 50 cm e,
in alcuni casi, può raggiungere e superare 1 m.
soluzione d’angolo
1
2
3
4
sezione
tessitura muraria
0
10 20
60 cm
Tessiture murarie nei medaus di Is Cattas e di
Is Cangius: i trovanti impiegati, di scisto e
granito, hanno dimensioni differenziate e forma laminare, prismatica o sferoidale. Le irregolarità della tessitura, che derivano dalle differenza fra i conci, sono limitate con l’ausilio di
pietrame di piccole dimensioni, attraverso cui
si ottimizza il piano di posa degli elementi secondo corsi occasionali e sub-orizzontali.
TAV O L A
spaccato assonometrico
MURATURE
M2
3
trovanti di scisto a
corsi orizzontali
4
2
5
1
6
Muratura a due paramenti collegati con
elementi passanti (diatoni), realizzata con
trovanti di scisto di forma laminare, di
dimensioni uniformi, apparecchiati con allettamento in terra e rinzeppatura secondo corsi orizzontali. Il nucleo della muratura
è costituito da materiale di risulta: terra, cocci di
laterizio e pietrame. La soluzione d’angolo è
risolta con conci di grandi dimensioni squadrati
o sbozzati di calcare o arenaria, disposti alternativamente di fascia o di testa, anche se non
di rado, è possibile trovare, interposti fra i cantoni d’angolo, elementi laminari di scisto di notevoli proporzioni. La superficie esterna del muro,
di norma, è lasciata a vista, mentre quella
interna è protetta con intonaci a base di terra e
calce. Lo spessore medio complessivo del
corpo murario si aggira intorno ai 60 cm, non è
mai inferiore a 50 cm e, in alcuni casi, può
raggiungere e superare 1 m.
5
Legenda
1 - Concio di scisto di collegamento fra i
due paramenti murari (diatono)
2 - Paramento murario in trovanti laminari
di scisto di dimensioni uniformi
3 - Riempimento fra i paramenti murari
4 - Rinzeppatura con scaglie lapidee
5 - Piano di posa orizzontale
6 - Concio d’angolo sbozzato o squadrato
in arenaria o calcare
soluzione d’angolo
1
2
3
4
sezione
tessitura muraria
0
10 20
60 cm
Tessiture murarie a Is Cattas: la muratura è
costituita da trovanti prevalentemente laminari,
di dimensioni mediamente confrontabili, che
consentono un apparecchiatura secondo piani
di posa orizzontali. La continuità dei ricorsi può
essere interrotta dall’interposizione di elementi
di forma prismatica e dimensioni maggiori rispetto alla media.
TAV O L A
1
MURATURE
M3
2
mattoni di terra cruda
3
4
6
incrocio murario
Legenda
1 - muratura di spina
2 - ammorsamento di 1/2 mattone
3 - pezzo speciale: 3/4 di mattone
4 - muratura di mattoni crudi
disposti di testa
5 - basamento in trovanti lapidei
6 - intonaco in malta di calce
soluzione d’angolo
6
5
3
6
3
5
sezione
tessitura muraria
0
10
20
La muratura di due teste in mattoni di terra
cruda (ladiri) è diffusa trasversalmente in tutto
l’ambito territoriale del Sulcis.
Il mattone deriva dall’essicazione naturale al
sole di un impasto di terra, acqua e paglia
posto in uno stampo di legno detto su sestu.
Le dimensioni dei mattoni di 10x20x40 cm sono
standardizzate e ricorrenti in tutto il territorio
regionale anche se nel Sulcis sono stati riscontrati casi singolari di mattoni con proporzioni in
rapporto 1:1:2 e dimensioni 17x17x35 cm.
I mattoni sono disposti di testa e sfalsati di 1/
2, solo di rado si utilizzavano muri a tre teste
per i piani terra e ancor meno frequentemente
si faceva ricorso all’apparecchiatura gotica.
In gran parte degli insediamenti di pianura l’intero edificio, a uno o due piani, è costruito con
la tecnica del muro in mattoni di terra cruda.
Nelle zone collinari l’uso del crudo prevale nelle
sopraelevazioni, mentre nei medaus e nei piccoli centri urbani a carattere più marcatamente
montano viene impiegato per realizzare i divisori
interni (muri a una testa con mattoni disposti di
fascia a giunti sfalsati di una testa fra i differenti ricorsi) e, più raramente, per i muri di
spina.
La malta di allettamento fra i mattoni è anch’essa un impasto di argilla e acqua dello
spessore variabile tra 1 e 2 cm. La superficie
superiore dei mattoni viene opportunamente
inumidita prima di ricevere il letto di malta di
terra necessario ad accogliere il corso successivo, al fine di migliorare le capacità coesive
della malta.
L’intero corpo murario è protetto con intonaco
di terra eventualemente stabilizzata con calce
di spessore variabile intorno ai 2 cm.
60 cm
Murature in mattoni di terra cruda di due teste
a Santadi e nel medau Is Cangius.
I mattoni crudi, nel Sulcis come negli altri ambiti regionali di diffusione della tecnica muraria
in adobe, sono disposti di testa e i ricorsi sono
sfalsati di metà mattone.
In entrambi i casi l’intonaco di terra è degradato con conseguente dilavamento dei mattoni.
A destra, dettaglio del basamento in trovanti
lapidei che protegge il corpo murario in terra
dalla risalita capillare dell’acqua.
TAV O L A
spaccato assonometrico
SOLAI INTERMEDI
1
2
3
S1
4
orditura lignea
semplice e tavolato
Legenda
1 - Tavolato ligneo
2 - Travi lignee (lunghezza < 4.00 m,
interasse = 0.50 - 0.80 m)
3 - Eventuale setto murario trasversale
4 - Muratura perimetrale
sezione longitudinale
sezione trasversale
0
1
2
pianta
4m
La struttura dei solai, nella maggioranza dei casi,
è costituita da travi lignee, di luce ordinariamente inferiore a 5 m, disposte parallelamente ad
interasse compreso fra 50 cm e un metro.
Le sezioni delle travi variano da quelle meno
lavorate pseudo-circolari o a uso Trieste, con
diametri compresi fra 12 e 20 cm, a quelle rettangolari o quadrate, con dimensioni variabili fra
8 e 25 cm.
Il piano di calpestio è realizzato con un tavolato
di legno direttamente chiodato sulle travi che
costituiscono la struttura principale di sostegno.
Le tavole hanno spessore compreso fra 20 e 40
mm e larghezza variabile fra 15 e 30 cm. I
tavolati più semplici erano realizzati senza nessun sistema di mutuo incastro fra le tavole, ma
è comunque abbastanza diffuso in tutta l’area
del G.A.L. l’impiego di giunti maschiati o a battente che ne ottimizzano la connessione.
Il nodo fra le travi lignee e la muratura veniva
risolto in diversi modi: con appoggio diretto
sulla muratura sia lapidea che in terra cruda,
nei casi più elementari oppure, allo scopo di
ripartire i carichi su una porzione più ampia di
muratura, con l’impiego di grossi conci lapidei
o di dormienti lignei al di sotto della trave. In
diversi casi le travi, attraversando l’intero spessore del corpo murario, hanno la testa direttamente esposta all’esterno, analogamente alle
travi di copertura. Frequentemente, inoltre, era
prassi ancorare le travi alle murature attraverso l’uso di chiavi in legno o in metallo allo
scopo di irrigidire l’intera scatola muraria, rendendo collaboranti le quattro pareti portanti,
soprattuto in relazione ad eventuali azioni orizzontali.
Le essenze lignee tradizionalmente impiegate
sono: pioppo, roverella, castagno, olivastro;
più recentemente: abete, pino di Svezia e di
Corsica.
Solai intermedi ad orditura semplice privi di
pavimento e plafonature all’intradosso a Santadi
e nel medau di Acqua Cadda. In entrambi i casi
le travi principali, disposte con interasse di circa 80 cm, sono grossolanamente lavorate e
hanno sezione pseudo-circolare con diametro
non inferiore a 15 cm.
TAV O L A
spaccato assonometrico
2
3
GRONDE
4
G1
aggetto semplice dei canali
5
6
1
7
8
Legenda
1 - Coppi canali aggettanti
2 - Manto di copertura in coppi
3 - Eventuale strato di allettamento in terra
stabilizzata con calce
4 - Cannicciata
5 - “Canna maestra”
6 - Travicello ligneo (i = 50 - 70 cm)
7 - Intonaco di calce
8 - Muratura a doppio paramento lapideo
9 - Doppia fila di coppi convessi
sovrapposti
coronamento di testata:
privo di cornice laterale
Si tratta del sistema più semplice di smaltimento
delle acque ottenuto attraverso l’aggetto, di circa 15 cm, dei coppi-canale, sfalsati rispetto ai
displuvi che, invece, si arrestano esattamente
in linea con il paramento murario. Nonostante
l’investimento tecnologico sia minimo, questa
soluzione, particolarmente diffusa in tutta la
sottozona di riferimento, è comunque in grado
di assolvere alla sua funzione in maniera soddisfacente.
Inoltre, in funzione dell’inclinazione dei raggi solari, le tegole aggettanti danno luogo ai tipici giochi chiaroscurali dovuti alla loro ombra portata
sulla parete, che caratterizzano in maniera significativa gran parte dell’edilizia minore in Sardegna.
1
9
9
2
3
4
5
6
60 cm
1
prospetto frontale
sezione trasversale
0
10 20
1
Soluzione di gronda elementare con aggetto
semplice dei coppi-canale a Is Cattas.
3
spaccato assonometrico
4
TAV O L A
5
GRONDE
Legenda
1 - Coppi canali aggettanti
2 - Cornice aggettante di coppi convessi
3 - Manto di copertura in coppi
4 - Eventuale strato di allettamento
in terra stabilizzata con calce
5 - Incannicciato
6 - “Canna maestra”
7 - Travicello ligneo
(interasse = 50 - 70 cm)
8 - Intonaco di calce
9 - Muratura a doppio paramento lapideo
10 - Doppia fila di coppi
convessi sovrapposti
aggetto dei coppi canale
su cornice di tegole convesse sottostante
6
7
8
9
1
1
2
G2
2
10
coronamento di testata C-1:
privo di cornice laterale
1
10
2
2
10
Si tratta di uno sviluppo della soluzione elementare con aggetto semplice, abbastanza diffusa negli insediamenti diffusi dell’intero ambito territoriale del Sulcis; lo smaltimento delle
acque meteoriche si ottiene per mezzo di una
cornice di coppi che sporge per circa 15 cm
rispetto alla muratura, sostenendo le tegole
sovrastanti, disposte con un ulteriore aggetto
dei coppi-canale, in analogia con la soluzione
elementare precedente. Il coronamento laterale è, di norma, risolto o con una doppia fila di
coppi convessi sovrapposti allineati con la superficie muraria, oppure collocati sopra una cornice di coppi rampante, realizzata con modalità analoghe a quella frontale, ma disposta secondo la pendenza della falda.
coronamento di testata C-2:
con cornice laterale di coppi
2
3
4
5
6
7
60 cm
1
2
prospetto frontale
sezione trasversale
0
10
20
1
Soluzione di gronda con cornice aggettante di
coppi convessi a Santadi e nel medau
Morimenta de Susu.
5
4
spaccato assonometrico
TAV O L A
6
GRONDE
G3
aggetto realizzato con un
ricorso di mattoni crudi
1
2
3
8
7
Legenda
1 - Coppi canali aggettanti
2 - Aggetto dell’ultimo mattone
3 - Manto di copertura in coppi
4 - Incannicciato
5 - “Canna maestra”
6 - Travicello ligneo
(interasse 50-70 cm)
7 - Intonaco di terra e calce
8 - Muratura in mattoni di terra cruda (ladrini)
9 - Doppia fila di coppi convessi sovrapposti
1
9
2
1
2
coronamento di testata C-1
2
3
4
5
6
prospetto frontale
sezione trasversale
0
10
20
60 cm
1
Si tratta di una soluzione largamente diffusa in
tutti gli insediamenti diffusi e accentrati del
Sulcis in cui è utilizzata la tecnica della terra
cruda; la sua semplicità costruttiva fa si che si
addica in modo particolare ai tipi edilizi di base
nelle varianti a uno e due piani. Lo smaltimento
delle acque meteoriche si ottiene per mezzo
dell’aggetto dell’ultima fila di mattoni crudi che
vengono fatti sporgere rispetto alla muratura di
circa 10 cm (pari a un quarto della lunghezza
del mattone), in modo da definire la sagoma
della cornice che sostiene i coppi canale ulteriormente sporgenti di circa 15 cm rispetto al
filo esterno della cornice. Quest’ultima veniva
di norma intonacata con malte di terra e calce
e tinteggiata dello stesso colore della facciata
per preservare la superficie dei mattoni dal
dilavamento.
Il coronamento di testata è abitualmente risolto con una doppia fila di coppi convessi
sovrapposti e allineati con la superficie muraria
laterale.
Soluzioni di gronda con aggetto semplice di un
ricorso in mattoni crudi a Santadi. La cornice
che sporge per circa 10 cm rispetto alla superficie del muro è di norma intonacata con malte
di terra e calce. Si tratta di una una soluzione
assai diffusa in tutti i centri in cui la muratura
del piano superiore è realizzata in mattoni di
terra cruda.
TAV O L A
PORTE
2
1
3
4
5
6
Legenda
1 - Architrave esterno: tronco non
lavorato a sezione pseudo circolare
2 - Architrave interno: tavole a sezione rettangolare (spessore 5
cm circa)
3 - Imbotte intonacata a calce5
4 - Paramento murario lapideo con
tessitura in vista
5 - Infisso in legno con sportello
6
superiore apribile
6 - Soglia monolitica
spaccato assonometrico
prospetto esterno
sezione orizzontale
sezione verticale
0
20
P1
schema a trilite con
architrave ligneosu stipiti in
trovanti lapidei
Porta con schema strutturale elementare a trilite
disomogeneo, con stipiti realizzati in trovanti
lapidei (trachite, tufo, scisto o arenaria) e
architrave ligneo naturale (abbastanza di frequente) o lavorato. La continuità del muro sovrastante deve essere ripristinata per tutto il
suo spessore e quindi è necessario ricorrere a
più elementi di legno affiancati, dando luogo a
differenti varianti in funzione della loro sezione
resistente; il caso più semplice è rappresentato
dall’impiego di tre o anche quattro tronchi a sezione naturale pseudo circolare, senza distinzioni tra interno e esterno ma non è raro imbattersi, quando la luce dell’apertura è contenuta,
nella soluzione che prevede l’utilizzo affiancato
di tronchi all’esterno e robuste tavole all’interno.
Non sono previsti dispositivi di scarico.
La soglia è costituita da un blocco lapideo di
grandi dimensioni sbozzato o squadrato; l’infisso è in legno generalmente a una anta, con
sportello superiore apribile.
Questo tipo di base è particolarmente diffuso
nelle abitazioni più antiche e povere e presenta
un grado di lavorazione e di finitura ridotto al
minimo. Usualmente il paramento murario esterno era mantenuto a vista ma, come del resto in
altri ambiti mediterranei, era prassi intonacare a
calce e imbiancare l’imbotte dell’apertura costituendo una sorta di cornice bianca attorno alla
porta.
Le dimensioni dell’apertura sono sempre minime, raramente, infatti, si superano 80 cm di
larghezza e 2.00 m di altezza.
60 cm
Porte con schema strutturale elementare a
trilite disomogeneo nei medaus di Is Cangius e
di Is Cattas. In questi tre casi l’imbotte dell’apertura è risolta in maniera analoga con stipiti in torvanti lapidei e architrave ligneo, ma
l’infisso si presenta con tre varianti differenti: a
sinistra a un’anta con sportello apribile superiore laterale, al centro privo di sportello, a destra
con due ante a vetri e scuretti interni.
TAV O L A
2
1
4
5
6
3
Legenda
1 - Architrave esterno: trave in legno squadrato
2 - Architrave interno: travicelli in legno accoppiati e disposti su una tavola
3 - Spianamento in cocci di tegole e terra
4 - Stipiti realizzati con mattoni interi e tagliati a
3/4, con corsi a giunti sfalsati nella muratura
in ladiri
5 - Intonaco con malta di terra e calce
6 - Infisso in legno a due ante
7 - Basamento in muratura di pietrame
8 - Soglia monolitica in pietra (basalto,trachite
o marna)
7
8
spaccato assonometrico
prospetto esterno
sezione verticale
PORTE
P2
schema a trilite con
architrave ligneo su stipiti
in mattoni crudi
Porta con schema strutturale elementare a
trilite disomogeneo, con stipiti in muratura di
mattoni crudi e architrave ligneo.
E’ una soluzione molto frequente negli insediamenti
di diffusione della tecnica costruttiva con la terra
cruda. Gli stipiti sono realizzati con mattoni crudi
interi e tagliati a 3/4 disposti alternativamente di
fascia e di testa secondo lo schema di chiusura dell’apparecchio murario in laterizi. Gli sguinci
interni sono realizzati smussando i mattoni in terra,
poi intonacati con malta di calce. La continuità del
muro sovrastante deve essere ripristinata per tutto
il suo spessore e quindi è necessario ricorrere a più
elementi di legno affiancati. Il caso più semplice è
rappresentato dall’impiego di tre o anche quattro
tronchi a sezione squadrata, privilegiando per l’esterno il tronco a diametro maggiore. Talvolta, quando
la luce dell’apertura è contenuta, si può osservare
l’utilizzo di travicelli affiancati all’esterno e robuste
tavole per l’architrave interno. Non sono comunemente previsti dispositivi di scarico. La soglia è
costituita da un unico blocco di pietra resistente, di
solito basalto o trachite, sbozzato o squadrato;
l’infisso è in legno generalmente a due ante, talvolta a una anta con sportello superiore apribile. L’intonaco esterno, che di norma dovrebbe rivestire
l’intera parete, spesso è limitato alla sola cornice
delle aperture (porte e finestre). Talvolta, per dare
risalto all’apertura, l’intonaco è ispessito e modellato in corrispondenza di stipiti e architrave.
Le dimensioni dell’apertura sono contenute, la
larghezza, infatti, non supera quasi mai un metro e l’altezza è compresa fra 1,80 e 2,20 m.
sezione orizzontale
Porte con schema strutturale elementare a
trilite disomogeneo, con stipiti in mattoni di
terra cruda e architrave ligneo a Santadi. entrambi i casi l’infisso è a due ante in legno prive
di sportello superiore.
TAV O L A
2
1
3
Legenda
1 - Architrave esterno: tronco non lavorato
a sezione pseudo circolare
2 - Architrave interno: tavole a sezione
rettangolare (spessore 5 cm circa)
3 - Imbotte intonacata a calce
4 - Infisso in legno a due ante con scuretti
interni
5 - Paramento murario lapideo con tessitura in vista
6 - Davanzale intonacato
FINESTRE
F1
schema a trilite con
architrave ligneo su stipiti
in trovanti lapidei
4
5
6
spaccato assonometrico
prospetto esterno
sezione verticale
sezione orizzontale
0
10 20
La continuità del muro sovrastante deve
essere ripristinata per tutto il suo spessore
e quindi è necessario ricorrere a più elementi di legno affiancati, dando luogo a differenti varianti in funzione della loro sezione
resistente; il caso più semplice è rappresentato dall’impiego di tre o quattro tronchi a
sezione naturale pseudo circolare, senza
distinzioni tra interno e esterno ma non è
raro imbattersi, se la luce dell’apertura è
contenuta, nella soluzione che prevede l’utilizzo affiancato di tronchi all’esterno e robuste tavole all’interno. Non sono previsti
dispositivi di scarico.
Il davanzale è costituito da un piano intonacato al di sopra della muratura ad opera
incerta; l’infisso è in legno a un’anta cieca
oppure a due ante con scuretti interni protetto da un’eventuale grata metallica.
Questo tipo di base è particolarmente diffuso nelle abitazioni più antiche e povere e
presenta un grado di lavorazione e di finitura ridotto al minimo. Usualmente il paramento
murario esterno era mantenuto a vista ma
era prassi intonacare a calce e imbiancare
l’imbotte dell’apertura costituendo una sorta
di cornice bianca attorno alla porta.
Proporzioni geometriche:
rapporto larghezza/altezza 1/1 - 2/3.
Dimensioni:
larghezza 50-80 cm; altezza 50-120 cm.
60 cm
Finestre con schema strutturale elementare a
trilite disomogeneo a Is Cattas. In questi due
casi l’infisso si presenta nella variante a due
ante uguali con scuretti interni e con grata
metallica di protezione. La continuità della
muratura viene ripristinata con l’impiego di quattro architravi lignei accostati.
TAV O L A
2
3
1
6
5
Legenda
1 - Architrave esterno: travetti squadrati affiancati fra loro
2 - Architrave interno: travi naturali di piccolo diametro affiancate e posate sopra una tavola
3 - Strato di spianamento in cocci di tegole e
malta di terra
4 - Prima fila di mattoni disposti di fascia sul
paramento esterno
5 - Stipiti: mattoni in terra cruda disposti di fascia,
alternati interi e tagliati a 3/4
6 - Infisso in legno a due ante con scuretti interni
7 - Lastra in ardesia
7
spaccato assonometrico
prospetto frontale
sezione trasversale
sezione orizzontale
FINESTRE
F2
schema a trilite omogeneo
con architrave ligneo su
stipiti in mattoni crudi
Finestra con schema strutturale elementare a
trilite disomogeneo, su muratura di terra cruda,
con architrave in legno. Gli stipiti sono realizzati in mattoni crudi (ladiri), con diposizione
alternata di testa, per i mattoni interi e di fascia
per quelli tagliati a 3/4, allo scopo di garantire la
sfalsatura dei giunti.
La chiusura orizzontale della bucatura è risolta
da due architravi in legno, costituiti da un unico
pezzo squadrato o da più tronchi di diametro
ridotto affiancati. In alcuni casi, per realizzare
un intradosso uniforme, i tronchi sono disposti
al di sopra di una tavola.
Può essere presente il dormiente fra gli appoggi degli architravi e la muratura al fine di evitare
marcescenze del legno.
La ripresa della muratura avviene disponendo
di fascia la prima fila di mattoni sul paramento
esterno per compensare l’eventuale dislivello
fra i due architravi accostati.
Il davanzale è spesso costituito da un piano
intonacato al di sopra della muratura; talvolta
si ha l’inserimento di una lastra in ardesia o la
posa di pianelle in cotto.
L’infisso è in legno a una o due ante con scuretti
interni, protetto da un’eventuale grata metallica se l’apertura è al piano terra.
Questo schema di apertura rappresenta il tipo
di base per finestre nelle murature di terra e si
distingue per un grado di lavorazione e di finitura ridotto al minimo. Usualmente il paramento
murario esterno era intonacato, anche se sono
frequenti i casi in cui la finitura si limita alla
pittura a calce dell’imbotte.
Proporzioni geometriche:
rapporto larghezza/altezza: 1/1 - 1/2 - 2/3.
Dimensioni:
larghezza 60-80 cm; altezza 60 -150 cm.
Finestre con stipiti in mattoni di terra cruda e
architrave ligneo a Santadi. L’intonaco in buono stato di conservazione protegge la muratura
in terra e a sinistra riveste anche l’architrave
che, invece a destra, è in vista. In entrambi i
casi l’apetura è protetta da una grata metallica.