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“...incisioni eseguite con una punta su una superficie dura, per lo più mettendo allo scoperto un sottostante strato di colore diverso...” VOLGARITÀ E CAOS Volontari alla Salvini di Guido Cenini Erano trent’anni che non entravo in Questura a Brescia. Accompagnavo un parente argentino quando ancora non si parlava di immigrazione, ma solamente di guerra alle Malvinas. Essendo nipote di italiani doveva ritirare il nuovo passaporto da cittadino italiano. Breve attesa, niente file, uno sportello e via. Ci sono ritornato con una badante ucraina, solo per aiutarla in caso di linguaggio burocratico nella presentazione del suo carteggio. Preciso che è in Italia da più di quindici anni e doveva solamente consegnare il carteggio del rinnovo del permesso di soggiorno, già illimitato, e bisognoso dopo cinque anni delle nuove impronte digitali. Appuntamento da parte della Acli per le 10.30. Arriviamo una mezz’ora prima, per sicurezza. Entriamo in uno stanzone pieno zeppo di oltre duecento persone. Ci consegnano il numero 114. Non capisco quindi perché ci hanno dato una prenotazione con orario definito. Ad attenderci, dietro il bancone, quattro o cinque volontari, ritengo pensionati vista l’età e visto che non portano nessun segno distintivo. Urlano e sbraitano come se davanti avessero delle bestie al pascolo. Parlano solo italiano e spesso dialetto bresciano. Pretendono che si parli in italiano anche da chi è appena sbarcato in Italia e chiede asilo politico. Distribuiscono biglietti bianchi per le impronte, verdi per l’asilo politico, rossi per il soggiorno e via dicendo. Chiamano i numeri, da uno a duecento e si incazzano ancora di più se qualcuno non è in grado di capire a quale cifra si riferisce. Insultano pesantemente chi è seduto fuori posto, persino un bambino di due anni che mangia, dopo ore di attesa, una piccola merenda. «Qui segue a pagina 9 Restiamo umani Confronto interculturale: racconti diSABATO viaggio 27 e buone pratiche FEBBRAIO 2016 di Simona Figaroli e Alessio Domenighini (pag. 5) Dentro il carcere, oltre il carcere A cena con Graffiti Non perdere l’ottava edizione della cena annuale di Margherita Moles, Andrea Bonadei e Mery Sedani e 7) dei(pagg. lettori 6e simpatizzanti del nostro mensile. Iscrizioni: 346.1819077 La scuola fa la differenza, non le differenze di Paola Abondio (pag. 8) Scopri il menu a pag. 12 Direzione, Redazione, Amministrazione: Darfo Boario Terme, Vicolo Oglio - Direttore responsabile: Tullio Clementi - Direttore editoriale: Michele Cotti Cottini Autorizz. Tribunale di Brescia n° 3/92 del 10.01.1992. Spedizione in abbonamento postale, art. 2 comma 20/d legge 662/96 - Filiale Bs - Stampa: Tipografia Valgrigna, Esine DARFO BOARIO TERME: LA PROTESTA DI ADRIANA GALLI: «SARÀ UN ECOMOSTRO» Castellino: la rotonda della discordia a cura di Tullio Clementi L’accordo per la “rotonda” del Castellino in quel di Darfo Boario Terme (dovrebbe armonizzare le rampe di connessione alla superstrada con la viabilità urbana della cittadina) è stato firmato lo scorso 16 febbraio in Broletto, a Brescia, dal presidente della... risorta Provincia, Pierluigi Mottinelli e dal sindaco del “capoluogo” valligiano, Ezio Mondini, ma la ciliegina sulla torta gliel’ha messa il vicesindaco Attilio Cristini. Come riporta il Giornale di Brescia di mercoledì 17 febbraio, infatti, «per quanto riguarda i dubbi sollevati da alcuni proprietari delle aree che saranno sacrificate per la rotatoria, il vicesindaco Attilio Cristini ha ricordato che le osservazioni presentate sono state accolte tutte di fatto e nell’ultimo incontro, avvenuto proprio ieri, “gli interpellati hanno constatato l’impegno dell’Amministrazione nella direzione che si aspettavano”». Chapeau, verrebbe da dire, sennonché per alcuni di questi “interpellati” l’affermazione cade come un fulmine a ciel sereno. Adriana Galli ci ha contattato, particolarmente contrariata. Cos’è che non va, signora Galli? «Sono andata alle 8 di mattina alla consueta udienza del martedì del vicesindaco per saperne qualcosa di più sul progetto, e lui mi dice che stanno cercando di apportare delle modifiche alla bozza iniziale del progetto, per venire incontro alle esigenze dei proprietari... Torno a casa e tranquillizzo la mamma la signora Albina Comensoli, proprietaria del terreno in località “Capedenardo”: “mi ha detto che cercheranno di venirci incontro, stanno ancora stendendo il progetto e ne riparleremo nei prossimi giorni, appena il tutto è completato”. Oggi pomeriggio prendo il giornale e mi ritrovo con una dichiarazione di questo genere...», e mi mette sotto gli occhi il ritaglio del Giornale di Brescia: «Il vicesindaco Cristini ha ricordato che le osservazioni presentate sono state accolte tutte di fatto e nell’ultimo incontro, avvenuto proprio ieri, “gli interpellati hanno constatato l’impegno dell’Amministrazione nella direzione che si aspettavano”». E cos’è che vi aspettavate? «Beh, mi aspetto che venga ridotto il più possibile l’impatto ambientale, cosa che sarebbe possibile evitando il doppio senso di marcia sugli svincoli...». ABBONAMENTO 2016 ordinario: 20 euro; sostenitore: 30 euro. Gli abbonati sostenitori riceveranno in omaggio un libro sulla Valcamonica. Versare sul c.c.p. 44667335 (intestato all’Associazione culturale Graffiti), tramite l’allegato bollettino, oppure tramite Banca (IT89O 03599 01899 050188527063. Tanti piccoli sforzi personali possono trasformarsi in una grande risorsa per le prospettive di Graffiti! 2| | aprile 2016 «Da piccola andavo su con il nonno a raccogliere i gamberi, lì fuori casa, perché c’era un bel fosso dove l’acqua scorreva limpida. Era una zona splendida!» In funzione di cosa (e di chi), un’opera di tali dimensioni? «Questo bisognerebbe chiederlo a loro...». Sulla “rotonda” del Castellino, c’è anche l’approvazione dell’Otd, seppure “con riserva. Quali sono secondo lei le riserve dell’Osservatorio? «Non lo so. Ho avuto un incontro anche con loro, ma sono venuta via molto delusa: non mi sono sembrate poi così decise a salvaguardare, o forse non sono consapevoli di quale rovina questo nuovo progetto determina all’ambito naturalistico... Ci si rende conto che questo e l’unico angolo verde di Boario? E poi le incisioni rupestri... Mi ricordo quando da piccola andavo su con il nonno a raccogliere i gamberi, lì fuori casa, perché c’era un bel fosso dove l’acqua scorreva limpida [una derivazione dell’Ogliolo, probabilmente, alla cui scomparsa potrebbe aver contribuito anche la “lunga alluvione” del 1960]... Era una zona splendida! Con la superstrada si è data una botta tremenda a tutto l’ambiente. Ma ci si rende conto che i nostri figli dovranno convivere con un ecomostro?». Stava parlando delle incisioni rupestri... [il marito di Adriana] «Ma lo sa che dovranno tagliare anche un pezzo di roccia del Monticolo? E lì, tra i due monti, il Monticolo e il Castellino, la gente stava sopra, ovviamente, perché sotto erano acquitrini... e ovviamente avevano tutto il tempo di... scrivere sulle pietre. Solo che qui la roccia, la pietra simona, è molto più fragile che su a Capodiponte... e quindi è più facile che le incisioni vadano a perdersi...». Si dice che lì abbiano già fatto delle ricerche archeologiche e che non sia stato trovato nulla... [Adriana] «Chi è che le ha fatte? Glielo chiedo perché noi non abbiamo mai visto nessuno... E lì mio fratello c’ha abitato fino a pochi anni fa...». [Albina Comensoli] «Fino a sei anni fa. C’ha abitato trent’anni! E lì non mi pare che abbiano mai fatto ricerche». Albina Comensoli si concede poi una battuta anche sulla vicina stazione ferroviaria di Boario: «Quei soldi lì [il preventivo di spesa supera il milione di euro] dovrebbero essere spesi per la stazione di Boario, oltre che fare un passaggio alto per la scuola, dove i ragazzi sono costretti a saltare la recinzione... Ha visto cosa han fatto alla stazione di Edolo?». E chissà che non ci sia anche un po’ di nostalgia in quest’ultima battuta, visto che la signora Albina Comensoli è originaria di Edolo? RESIO: CITTADINI E ISTITUZIONI INSIEME. E LA PROVINCIA? Quando la Valle si mobilita di Alessio Domenighini e Margherita Moles Finalmente un approdo sociale e pubblico che ha legato le comunità di Esine, Gianico e Darfo, e non solo. Sabato 2 aprile il centro sud della Valle si è pubblicamente mobilitato per rendere visivamente nota la posizione di molti cittadini contro l'ennesimo assalto all'ambiente che si vorrebbe realizzare nella Valle dell'Inferno. Così due cortei – 600 persone in totale – si sono radunati a Gianico ed Esine e attraverso una camminata hanno raggiunto la Sacca. È stata un’iniziativa non di arrabbiati (anche se le ragioni ci sono), ma piuttosto caratterizzata da una dimensione di festa, di riflessione, quasi di meditazione. Pensiamo alla performance artistica di Patrizia Tigossi in piazza Roma a Gianico, poi l’ascolto di testi e versi sull’acqua e sul bosco, lette da cinque donne. E poi la musica di accompagnamento, i suoni della natura, i versi degli animali, le soste rituali sul Grigna e sul Resio, la presenza di giovani, bambini e genitori che sventolavano delle strisce colorate di azzurro: simboli di un'acqua di cui sono legittimamente proprietari. Significativa la presenza delle decine di associazioni che si sono mobilitate e degli amministratori di Esine, Gianico, Artogne, Braone, Malegno: un impegno istituzionale in linea con la posizione finalmente assunta anche dalla Comunità Montana e, vogliamo sperarlo, anche dalla Provincia. I contenuti segnalati dai cartelli e dagli interventi hanno fatto emergere tre aspetti. La riaffermazione dell'acqua come bene comune che ancora una volta si vorrebbe privatizzare. La volontà di difendere un territorio naturale di grande valore, che verrebbe snaturato nonostante i copiosi investimenti di salvaguardia realizzati da molte istituzioni. Da ultimo, molti hanno smascherato il vero intento di chi vuole questo scempio, la società IN.BRE di Breno, che, nonostante i suoi valori di riferimento sbandierati, nei fatti lavora per una sola prospettiva: il profitto economico. Vogliamo sperare che i molti sordi e i grandi interessi di qualcuno, ancora una volta, non possano cantare vittoria. GRAZIOSO PEDERSOLI: L’OPERA ERA AL PRIMO PUNTO DEL NOSTRO PROGRAMMA «Solo così si può togliere traffico dal centro» a cura di Michele Cotti Cottini Schivo e pacato di natura, Grazioso Pedersoli, assessore ai Lavori Pubblici e all’Urbanistica, smorza i toni della polemica. Lo incontro all’Ufficio Tecnico del Comune di Darfo Boario Terme. Sulla scrivania, cartine e planimetrie, il testo del ricorso al TAR presentato dalla signora Comensoli, il programma elettorale della Civica. Eh sì, perché non si tratta di un’opera improvvisata (lo racconta Guido Cenini nella sua rubrica). Pagina 2 del programma con cui Ezio Mondini si presentò e vinse nel 2012, primo obiettivo del paragrafo intitolato “Una città sostenibile”: «Rapida realizzazione del ponte di collegamento Boario-Isola con i relativi raccordi viari (rotonda Castellino)». Il ricorso al TAR – mi confessa Grazioso – non è stato una sorpresa: «Era prevedibile; nei panni della signora Comensoli l’avrei fatto anch’io. È uno strumento contrattuale, una cautela comprensibile». Il rischio di un allungamento dei tempi c’è, ma nella mancata richiesta di sospensiva da parte dei promotori del ricorso la Giunta vede una volontà negoziale che fa ben sperare, tanto da continuare a ritenere realistico dare il via ai lavori entro la fine dell’anno. Grazioso mantiene il suo aplomb anche quando gli chiedo di commentare le voci maligne che vorrebbero la nuova rotatoria legata ad un nuovo centro commerciale nell’area Ex Tenda. «Non so nemmeno chi siano ora i proprietari di quell’area. Lo scopo dell’opera è tutt’altro e cioè migliorare la viabilità interna. L’idea di questa rotonda viene da lontano. Periodicamente ci si chiede come si può pedonalizzare Boario, anche solo occasionalmente. Per questo quand’eravamo all’opposizione avevamo insistito molto sul ponte nuovo a Montecchio e avevamo chiesto questa rotonda sulla superstrada. Il ponte nuovo ha tolto un sacco di traffico da Boario; nonostante si debbano fare un po’ di gimcane per raggiun- LEGENDA • Il colore grigio chiaro indica l’area occupata dalla rotatoria prevista dal P.G.T. vigente, m² 13.306 circa. • Il colore grigio scuro indica l’area occupata dalla rotatoria prevista dalla Variante al P.G.T. vigente, m² 6.544 circa. • Il colore bianco indica le aree occupate dalle scarpate necessarie alla nuova rotatoria, m² 1.241 circa. «La gente si sta abituando ad usare il ponte nuovo di Montecchio: il traffico va direzionato lì. Ricorso al Tar prevedibile, ma puntiamo a iniziare i lavori nel 2016. La minoranza di centrodestra? Sta cercando la rissa» gerlo, la gente si è abituata ad usarlo. Davanti alle Terme il passaggio delle auto ora è più fluido anche grazie ad un semaforo intelligente attivo da un mesetto». Le auto vanno sempre più direzionate sul ponte nuovo: questo è il ragionamento di fondo. All’incrocio tra Via De Gasperi e via Manifattura si creano code per il passaggio a livello che è impossibile rimuovere. Ecco allora la necessità di portare le automobili dalla rotonda dei Vigili del Fuoco verso il ponte nuovo, evitando il passaggio di fronte all’autostazione. 1,2 milioni di euro è l’ipotesi di spesa, di cui il 37,5% a carico del Comune, il 12,5% finanziato dai sovraccanoni Bim e il restante 50% di competenza della Provincia. Proprio lo zampino degli ingegneri del Broletto ha per certi versi complicato la progettazione dell’opera: per rispettare gli standard delle strade provinciali, le dimensioni della rotatoria sono lievitate. Da qui un confronto – costruttivo – tra Provincia e Comune, con quest’ultimo impegnato a ridurre il più possibile la taglia e l’impatto dell’opera: «Ci stanno venendo incontro». Il raggio, nel progetto attuale, è diminuito a 52 metri. Il Parco del Monticolo sarà toccato nel perimetro, in modo del tutto marginale. «Rispetto al progetto precedente, abbiamo risparmiato una grossa fetta della proprietà Comensoli. Certo un sacrificio c’è ma la cosa è ancora in evoluzione». Una volta realizzata la “rotatoria della discordia”, il passo successivo dovrebbe essere una modifica della viabilità su Via Valeriana, la strada che costeggia la ferrovia: obiettivo cancellare lo stop attuale e favorire il percorso ciclabile in un tratto che è già molto battuto dalle bici. Approfitto per chiedere a Grazioso come ha vissuto il recente Aventino della minoranza di centrodestra, che in occasione dell’ultimo Consiglio Comunale ha lasciato polemicamente l’aula per i troppi temi all’ordine del giorno: «Stanno cercando la rissa. Poi certo un tema vero c’è, legato a come sono cambiati i ruoli dopo la Riforma Bassanini». La Giunta Mondini ha davanti ancora un anno di lavoro prima delle Elezioni Comunali che nel 2017 vedranno per la prima volta Darfo contesa con il sistema elettorale delle città sopra i 15mila abitanti, con tanto di ballottaggio qualora nessun candidato sindaco superi il 50%. Per ora Grazioso manifesta una «soddisfazione moderata»: «Fino a ieri abbiamo dovuto mettere insieme i pezzi che abbiamo trovato ed amministrare ingabbiati nel patto di stabilità. Solo nell’ultimo anno abbiamo respirato un po’ con l’allentamento del patto e i soldi una tantum dal sovraccanone per l’imbottigliamento Ferrarelle. Abbiamo comunque la presunzione di aver cambiato la prospettiva, più rivolta al lungo periodo che all’incasso immediato (vedi il caso della farmacia comunale). Le manutenzioni sono più regolari. E Darfo ha ripreso centralità nei processi comprensoriali». AMBIENTE & DINTORNI di Guido Cenini Rotonda: farla più in là? Sulla costruzione delle rotonde in Valle Camonica si è sempre vista la contrapposizione tra sostenitori e contrari, ma stavolta sembra che la questione sia molto più accentuata. La rotonda prevista all’ingresso di Boario, nei pressi del Castellino, sta veramente creando grosse polemiche. La strada è di proprietà della Provincia, il progetto sarà finanziato principalmente da questo ente. L’idea, passata da un’amministrazione comunale all’altra, servirebbe a togliere il traffico dal centro termale. È necessaria e utile? Per il Comune certamente, per i proprietari terrieri e dei caseggiati limitrofi assolutamente no. Quest’ultimi si sono presi la briga di far ricorso al TAR per diverse e giustificate ragioni, tra le quali l’incremento dell’inquinamento acustico ed atmosferico, la scarpata di cinque metri a ridosso delle abitazioni, il sovradimensionamento dei raggi di curvatura, l’impoverimento del valore economico dei terreni e delle abitazioni e la vicinanza al Parco del Monticolo, facente parte del PLIS con il Lago Moro e Luine. Anche l’Osservatorio Territoriale Darfense aveva già espresso perplessità sull’utilità della rotonda, in particolare per il consumo di suolo, le necessarie opere di mitigazione per la tutela di flora e fauna della Rete Ecologica, la continua aggressione alle aree agricole e protette. Oltre al dubbio che serva a nuovi insediamenti commerciali in contiguità al Parco del Monticolo. Pure dalla Sinistra di opposizione si sono levate chiare affermazioni di contrarietà. Ma la cosa più sorprendente resta l’attacco da parte della minoranza di destra che effettivamente l’aveva inserita nel PGT durante la propria amministrazione. Le scelte dell’amministrazione Mondini non sono del tutto chiare: mentre il centro storico resta sempre più vuoto si propongono nuove aree edificabili, mentre le botteghe chiudono si pensa a nuovi centri commerciali, mentre il flusso turistico cala si pensa a nuove circonvallazioni per deviare un traffico che certamente non aumenta. Personalmente ritengo che una piccola rotonda, se necessitava, andava proposta, senza recar danno ad alcuno, all’incrocio tra l’uscita per il Palacongressi attuale e la strada che arriva dalla zona industriale. Ci stanno solo prati, ex parcheggi inselvatichiti e prati di accesso all’ex Tenda. Consumo di suolo ridotto al minimo, aree oggi inutilizzate, nessuna scarpata, nessuna preoccupazione per le famiglie che nei paraggi hanno abitazioni e terreni agricoli, oltre a non recare danno al Parco del Monticolo. Vale sempre e comunque la pena di sentire più voci e posizioni in merito. Ne sono una dimostrazione queste due pagine di Graffiti. aprile 2016 | |3 NO AL CANTONE, SÌ ALL’AUTONOMIA CAMUNA IN UN “ENTE BRESCIANO DI AREA VASTA” Per i trasporti pubblici ve la vedete con Sondrio? di Claudio Bragaglio (vicepresidente dell’Agenzia del Trasporto pubblico Locale di Brescia) Ho letto vari interventi su Graffiti e rilevo contrapposizioni sull’aggregazione o meno della Valcamonica alla Valtellina. Ma lo stato di confusione è del “Quartier generale”, che sovrintende alle riforme degli Enti Locali, e non già della sola Valcamonica. Riformare, a mio parere, significa: de-costituzionalizzare le Province, valorizzare le Città metropolitane e gli Enti di Area Vasta, intesi come enti di secondo grado. Confermare questi punti – già previsti dalla Delrio – vuol dire non “abolire” le Province, ma trasformarle in Enti rappresentativi dei Comuni. In Regioni grandi come la Lombardia le nuove Province sono un’intelaiatura istituzionale indispensabile per i Comuni stessi, con riferimento ai loro problemi sovra comunali. In quanto poi all’idea d’un Comune della Valcamonica, come proposto anni fa dall’amico avv. Milani, penso che, almeno per ora, rimanga una suggestione. Infatti pensare che 41 Comuni di quasi 100 mila persone possano sentirsi rappresentati a Darfo da 24 consiglieri mi pare poco convincente. Più concreta la trasformazione di tale suggestione in una Unione dei Comuni. Nell’ambito d’una Area omogenea, già prevista anche dallo Statuto della Provincia. Ma non è indifferente, come taluni ritengono, che la Valle stia con la Valtellina o con Brescia. L’aggregazione con Sondrio è la coda amputata d’una proposta iniziale di Maroni. Assurda, e non a caso già finita nel cestino. Prevedeva la divisione della Lombardia in tre aree: Milano, la zona Montana e quella Padana. Con Regione e Provincia di Brescia tagliate a metà. Sono rimasto meravigliato del silenzio del Pd e dei Sindaci camuni, a fronte dello stolido spostamento della Valle con la Valtellina in campo sanitario con la nuova ATS. Su Graffiti si confrontano opposte visioni. C’è chi ritiene (Giancarlo Maculotti e, in parte, Ludovico Scolari) che i possibili vantaggi economici, sovrastino tutti gli altri problemi. Persino il fatto che la Valcamonica non abbia nulla da spartire (un dettaglio?!) con la Valtellina, come sostiene Scolari. Dall’altra la posizione di Enzo Raco, che personalmente condivido. Sapendo peraltro che in base ai nuovi Enti di Area Vasta si riorganizzeranno anche i vari livelli pubblici (Tribunale, Sovrintendenza, Università, Camere di Commercio…), quelli sociali, economici e sindacali. Nonché servizi come la gestione dell’acqua, del territorio, dei rifiuti, dell’edilizia popolare con l’Aler… E la stessa Agenzia del Trasporto Pubblico Locale (TPL). Certo, non muraglie cinesi. Ma neppure miti vetero-letterari od anacronismi leghisti del tipo: la montagna ai montanari! Esser parte d’un sistema economico territoriale o d’un altro cambia molto. In particolare, segnalo due importanti aspetti che si giocano in questa fase. Il primo. L’Agenzia del TPL sta predisponendo il “Programma di Bacino provinciale” per poi indire una gara per il gestore unico del TPL (più o meno 500 milioni di euro, per una durata di circa 9 anni), e che per ora comprende la Valcamonica. Ma a che titolo la Provincia di Brescia (socio dell’Agenzia TPL) si sobbarca tali oneri finanziari, anche per la Valle? Ora che si fa con il Programma di Bacino? Si arriva al Lago d’Iseo e la Valle per il TPL se la vede 4| | aprile 2016 «La montagna ai montanari? Anacronismo leghista. La Valcamonica è un’area strategica nell’operazione della Lombardia Orientale: anziché ripiegarsi in una ridotta valtellinese, può essere protagonista di un sistema integrato» con la Valtellina? Un pasticcio. Anzi, pensando a chi apprezza lo scrittore Gadda, mi vien da dire: quer pasticciaccio brutto de via Valeriana. Alludendo all’antica strada della Valle. Molte ragioni mi fan condividere le posizioni del presidente Mottinelli. Ovvero: valorizzare l’autonomia dell’Area omogenea della Valle, nell’ambito d’un Ente di area vasta bresciano. Il secondo aspetto. La Valcamonica è un’area strategica dell’operazione della Lombardia Orientale. Un’area non ripiegata quindi in una ridotta valtellinese, ma protagonista d’un sistema integrato di sviluppo economico, turistico e territoriale che si pone come un nuovo attrattore su scala europea, facendo leva su molteplici fattori. Tra cui l’anello delle quattro città d’arte (Brescia, Bergamo, Mantova, Cremona), i siti Unesco (tra cui la Valle, Brescia…), le montagne e i nostri laghi: dall’Iseo (si pensi all’operazione di Christo) al Garda, che è già il terzo polo turistico nazionale. Si consideri l’impegnativo Programma di Bresciatourism, promosso dalla presidente Eleonora Rigotti. Insomma una Lombardia dell’Est anche come un Brand europeo di cui far parte. E il nodo si scioglie ora, con i pareri espressi sul Documento regionale di Maroni, quello dei “Cantoni”, e che vien sopposto le prossime settimane alla consultazione dei Comuni. LA PROPOSTA DI MARONI SQUINTERNA LA LEGA CAMUNA Di Cantoni e... cantonate di Bruno Bonafini Un momentaccio per la Lega Nord camuna. La proposta Maroni fa soffrire: un Cantone della montagna, centrato sulla Valtellina, con la Valle Camonica periferica e sacrificale appendice per dare corpo e numeri più presentabili al nuovo Ente con capoluogo Sondrio. La proposta brucia aspettative storiche nel Carroccio di casa nostra, strapazza l’identità di una militanza nata e cresciuta col mito dell’autonomia dei popoli celtici (da sempre il segretario della Lega camuna è indicato come “segretario “provinciale” della Valle). Un cazzotto di quelli da finire al tappeto. Ma la Lega camuna, che con Bossi, figli e cerchio magico si è fatta la scorza dura ed è diventata un buon incassatore, ha retto. Non s’è sentito nemmeno un “ahi”, in casa leghista, non una protesta o un abbandono, non un lamento. Solo un comprensibile annebbiamento, da pugile suonato, ben rappresentato dal segretario e dalle sue uscite pubbliche all’indomani della proposta Maroni. Due le uscite pubbliche, ravvicinate e di segno opposto, e perfino con tratti di contraddizione interna. Con un comunicato stampa la prima, l’8 marzo, con cui si presenta come una “grande occasione” la proposta del “Cantone della Valle Camonica allargato alla vicina Valtellina e all’Alto Lario” (sic!!! ma cosa hanno capito?!). L’inchino a Maroni, pur attraverso una illusa interpretazione addolcita del nuovo Ente, non impedisce di presentare qualche riga più sotto un’altra (e più sincera) proposta della Lega Camuna: “la Valle Camonica deve correre da sola, senza allargamenti”, perché solo così può salvaguardare la sua identità. Firmato Giuseppe Donina, segretario provinciale Lega Nord Valle Camonica. Ma il Segretario era ancora sotto choc, evidentemente: il comunicato infatti ricalca parola per parola, per tutta l’intera pagina, quello dato alla stampa il giorno prima dal segretario leghista della Valtellina Christian Borromini. Uniche variazioni la sostituzione della Valle camonica al nome della Valtellina nelle due frasi sopra citate. Non c’era testa, né animo, a quanto pare, per stendere un testo proprio. Ma la lucidità non sembra raggiunta del tutto nemmeno nella successiva intervista del Nostro a PiùValliTV, di un paio di giorni dopo. Il Donina accetta totalmente stavolta la proposta di una Valle Camonica aggregata a Sondrio nel Cantone della Montagna, visto che “abbiamo poco a che vedere noi con la realtà bresciana sia sotto l’aspetto lavorativo, agricolo, industriale”. E naturalmente respinge, a domanda dell’intervistatrice, la proposta di un autonomo Ente valligiano, perché “quelli che ora la fanno sono quelli che un tempo avversavano la provincia camuna”. Una logica stringente, come si vede, e una coerenza di lunga tenuta. Piccola storia di cantoni e cantonate, ha commentato un amico. Battuta che vale anche oltre la vicenda locale di cui sopra. E ben si attaglia anche alla riforma degli Enti del Presidente Maroni. I cantoni sono quelli svizzeri, che lui vuole scimmiottare, in ben altro contesto e con ben altra configurazione; le cantonate covano nel suo spericolato disegno istituzionale. BEZZI CI RICASCA ANCORA IL CICLO “STRANI E STRANIERI” PROMOSSO DA ESSERCI Nel momento in cui Graffiti si avvia alla stampa, ecco l’ultima “novità” sul tema: il Pd camuno vuole per la Valle la “Vasta Area” autonoma, che sia provincia insomma. Ciò che in passate stagioni politiche ha giudicato scelta inopportuna e fuorviante, che ha rimproverato alla Lega come tratto di localismo controproducente e proposta irrealizzabile, quindi obbiettivo velleitario che distoglie energie politiche e lavoro sui temi più veri e realistici dello sviluppo della Valle. La proposta è avanzata con toni decisi, corredata da propositi di lotta, dall’immancabile comitato, dalla sollecitazione di alleanze (alla Lega, naturalmente) e di adesioni “patriottiche” diffuse. La notizia, data con stupore dai mass media locali, è meno clamorosa di quanto sembri. È l’ennesima trovata di amministratori, ora divenuti dirigenti del Pd locale, da tempo su posizioni di un localismo di stampo leghista. Da ricordare la costituzione, a suo tempo, del Movimento dei popoli alpini camuni, creazione tanto celebrata nel nascere quanto inconcludente negli esiti, da cui dovevano immancabilmente discendere le “sorti magnifiche e progressive” della Valle. Ora altre fascinazioni sopraggiungono, come la “Vasta Area Camuna”. Che vi si possa dar credito, in tempi di razionalizzazione come gli attuali, e pensare che quella della Valle sia la dimensione di servizi che un tempo erano provinciali, è un segno di debolezza e disorientamento, piuttosto che di grintosa scelta politico-amministrativa. Il cui primo effetto è quello di lasciar senza alcun sostegno valligiano l’unica realistica proposta di autonomia della Valle, quella di “area omogenea” - con decentramento e deleghe- all’interno della vasta area di Brescia. Sondrio capoluogo ringrazia. (b.b.) Due docenti universitari, giovedì 31 marzo a Costa Volpino, hanno animato il dibattito su convivenza e confronto interculturale. Ospiti la Prof.ssa Paola Gandolfi, ricercatrice in pedagogia ed esperta di antropologia del mondo arabo e dei contesti migratori all’Università di Bergamo, e il Prof. Khalid Rhazzali, ricercatore in sociologia ed esperto di diversità culturale e comunicazione interculturale all’Università di Padova. Allo stato attuale, operare nella sfera pubblica richiede l’adozione di una prospettiva comunicativa interculturale che, oltre a riconoscere le differenze, consenta la pratica della mediazione per valorizzare le molte realtà di una società sempre più plurale. Ma quanto ha investito lo Stato italiano in programmi e progetti di qualità tangibile sul tema immigrazione e accoglienza? Abbiamo a disposizione ciò che serve per far fronte ai problemi generati dalla necessità di convivenza con i “diversi”, sia nello spazio istituzionale che in quello informale? Curiose le testimonianze di quelle “sperimentazioni culturali” pensate e realizzate proprio dai due ricercatori nel padovano: laboratori in lingua araba per bambini delle scuole elementari; studio del lavoro di rete ospedaleterritorio-associazioni religiose di migranti nell’accompagnamento del paziente nel fine vita; accoglienza omoculturale dei minori stranieri non accompagnati presso famiglie di migranti e modelli di affido omoculturale. Progetti ambiziosi e ben riusciti di intercultu- Sondrio ringrazia (il Pd) COSA CI INSEGNA LA STORIA Unioni “mostruose”? In uno dei documenti della Raccolta Putelli di Breno si trova una nota, redatta nei primi anni dell’800, che biasima l’unione della Valle Camonica al«mostruoso dipartimento Adda ed Oglio» (b.1, fasc. 46). Al posto di “mostruoso”, in prima stesura si trovava “assurdo”. Questo dipartimento proprio non piaceva ai Camuni: ma cos’era? Negli anni delle guerre napoleoniche gli stati italiani e le loro suddivisioni amministrative hanno subito innumerevoli e vorticosi cambiamenti (per un breve periodo il corso dell’Oglio divenne addirittura confine di stato): il Dipartimento dell’Adda e Oglio univa la Valle Camonica con… la Valtellina. Orpo! «Parve strana alla Valcamonica l’unione con la Valtellina, poiché oltre che doveasi solcare una montagna, il carattere di quegli abitanti è completamente opposto al nostro», scriveva il notaio di Vione Gian Antonio Guarneri qualche anno dopo. La storia ci può aiutare a riflettere sui criteri con cui le suddivisioni amministrative sono fatte: se imposte dall’alto, astrattamente, sono rigettate dalla popolazione e durano poco. Hanno successo quando le popolazioni e le classi politiche sono disposte a rinunciare ad una parte della loro autonomia per costruire un progetto comune. Sono pronti i Valtellinesi? E sono pronti i Camuni? (i.f.) Accogliere, convivere, mediare di Simona Figaroli ralità, frutto dell’intraprendenza di studiosi, associazioni, enti locali, che hanno visto in queste esperienze delle chiavi di volta nel difficile lavoro dell’accoglienza dei cittadini stranieri, che si fronteggia spesso con carenza di risorse, strutture e indicazioni. Il prof. Rhazzali, lui stesso figlio di immigrati marocchini, cittadino italiano residente in Germania, ha portato poi all’attenzione dei presenti l’importante questione dell’adattamento culturale: le culture e le religioni minoritarie si plasmano su quelle del paese di migrazione fino a generare nuove identità, non più riconducibili alle culture d’origine, generando una costruzione dell’altro secondo stereotipi, percezioni e pregiudizi della comunità ospitante, a cui gli stranieri sanno di dover somigliare. Lo scambio di opinioni con la platea ha permesso di riprendere alcuni degli argomenti affrontati nelle serate precedenti, approfondendoli con un approccio accademico, grazie al quale si è percepito quanto siano apprezzabili anche le esperienze portate avanti sul territorio sebino e camuno. Per chi si occupa di immigrazione, serate come questa rappresentano vortici di ossigeno, da respirare a pieni polmoni. Il messaggio della prof.ssa Gandolfi ha risuonato forte e chiaro: la mancanza di progettualità da parte delle istituzioni non ci deve scoraggiare. Ben vengano esperienze innovative, anche se circoscritte, e momenti di confronto e dialogo come lo sono state le tre serate promosse dall’Associazione EsserCi. IN TAPIOCA FOTO E PAROLE PER CONDIVIDERE UN VIAGGIO Capire l’Islam: il “mio” Iran di Alessio Domenighini Vivo interesse ha suscitato la presentazione in Tapioca del viaggio in Iran che abbiamo compiuto recentemente: una serata all’interno di un ciclo di incontri che offrono opportunità con immagini e parole di conoscere angoli del mondo direttamente vissuti da viaggiatori camuni. È un modo interessante di entrare dentro storie e culture, superare barriere mentali, provare curiosità verso mondi ancora poco raccontati. L’Iran è certamente uno di questi. Considerato Paese canaglia, oggetto di un embargo che è durato quasi quattro decenni, grazie agli accordi sul nucleare siglati l’estate scorsa si è inaugurata una fase di distensione con l’Occidente che dovrebbe aprire le porte ad una nuova stagione economica ed al turismo. Ho avuto modo di constatare la complessità di questa realtà, la bellezza e la raffinatezza della sua cultura. Molti gli aspetti attrattivi. Anzitutto la natura. Due terzi di questo territorio, grande quasi sei volte l’Italia, sono costituiti da deserto, affascinante per la diversità, la conformazione del paesaggio, i piccoli villaggi, i caravanserragli costruiti sulla via della seta, le rovine dei villaggi abbandonati, le conformazioni rocciose chiamate “castelli di sabbia”. Sorprendenti i luoghi archeologici come Pasargade, dove abbiamo trovato anche incisioni rupestri simili a quelle valligiane, o Persepoli con superbe rovine di palazzi della dinastia persiana, raffigurazioni di sfilate di popoli, varie tribù, etnie, per non parlare delle tombe rupestri che ci hanno ricordato installazioni egiziane. Nelle città i palazzi signorili, le moschee, le grandi piazze riescono a stupire per la raffinatezza e la diversità, pur nella ripetitività degli schemi di base. E poi i bazar, dove un artigianato molto raffinato ostenta grandi produzioni a partire dai tappeti. Il rapporto con le persone ha stupito. Abbiamo incontrato un popolo accogliente, disponibile, cordiale oltre ogni forma di ritualità. Certo la diversità è balzata subito agli occhi. È chiaro che la forma sociale evidenzia modelli autoritari. In particolare la condizione della donna parla di una evidente sottomissione: già le bambine piccole iniziano a portare il velo destinato a diventare una presenza che durerà per tutta la vita. Altri aspetti simili ci sono stati raccontati anche dalla nostra guida. Aspetti imposti a partire dalla dimensione religiosa: la norme coraniche dopo la rivoluzione Komeinista sono diventate legge dello Stato e perciò ogni violazione viene considerata reato perseguibile. Un viaggio affascinante, quindi, che aiuta a capire un mondo che davvero non può rinchiudersi in stereotipi precostituiti. aprile 2016 | |5 A GIANICO PER CONOSCERE CANTON MOMBELLO, DOVE IL 70% DEI DETENUTI È STRANIERO Dentro il carcere, oltre il carcere di Margherita Moles Il mondo delle carceri è il mondo dei dimenticati: nessuno ne vuole parlare, ci si dimentica persino della sua esistenza, come se non facesse parte della società. Non è mai come lo si immagina. È con la curiosità di conoscere che si è realizzata qualche settimana fa a Gianico la serata Oltre la colpa, promossa dalla Parrocchia di Gianico e dalle biblioteche di Artogne, Gianico, Pian Camuno. Al tavolo dei relatori il cappellano del carcere di Canton Mombello, don Adriano Santus, e i due volontari della Caritas Gianni e Bruna Carancini di Erbanno. Il taglio del discorso del cappellano è stato orientato dal suo ruolo, quindi hanno avuto spazio la pastorale della Chiesa nei confronti dei detenuti e delle loro famiglie e gli spazi per la catechesi e i sacramenti garantiti settimanalmente nel carcere. Spazi per l’elevazione spirituale che presuppongono tuttavia una relazione. Gli incontri infatti possono diventare l’ascolto di bisogni umani concreti: telefonare alla moglie, chiamare l’avvocato, recuperare dei francobolli. Anche lo spazio per ripensare la propria esistenza in un percorso di riflessione che aiuti a conoscere e sperimentare nuovi valori per la propria esistenza. E qualcuno ce la fa, come dice in una lettera un detenuto che è ora agli arresti domiciliari: «Senza avere fatto il carcere avrei continuato a vivere la vita senza capirne il vero senso. Io ho cominciato ad essere libero proprio in carcere. Il bello è che una volta capito tutto ciò, non è un punto di arrivo, ma bensì un punto di partenza. Ognuno di noi ha un compito nella vita, ha il dovere di portare l’amore al primo posto. Immaginate se tutti i popoli della Terra si amassero fra di loro?». Ci sono stati forniti alcuni dati di conoscenza del carcere di Brescia. Con capienza di 230 posti, fino a due anni fa la presenza era di 480/500 detenuti, ora di 330. Il 70% di detenuti sono stranieri. C’è una pericolosa promiscuità tra detenuti incalliti, avvezzi ad ogni tipo di reato, e giovani diciottenni beccati per la prima volta. I recidivi sono il 70%, cioè chi esce ha molte probabilità di ritornare in carcere una seconda, una terza volta. Proprio per interrompere questa catena di «… è venuta fuori una nuova ingegneria del controllo e un modello di penitenziario che, negli anni ’90, hanno dimostrato una grande efficacia nella gestione della deriva autoritaria delle politiche sociali neoliberiste, emblematicamente rappresentate dalle violente ondate di criminalizzazione della miseria che da tempo stanno disegnando un nuovo spazio della penalità. “La pietà e la forca”, l’assistenza e la repressione, l’aiuto e la punizione, l’accoglienza e l’esclusione, la politica sociale e quella criminale, il volontariato e il controllo, il carcere e i centri di accoglienza, il crimine e il disagio, la sofferenza e la violenza. Ecco un piccolo estratto del vocabolario col quale viene declinata la crisi sociale contemporanea». (Salvatore Verde, Massima sicurezza. Dal carcere speciale allo Stato penale) 6| | aprile 2016 230 posti, 330 detenuti. Gianni e Bruna di Erbanno fanno volontariato in carcere con la Caritas: «Ascoltiamo i detenuti, li stimoliamo ad iscriversi a scuola, li invitiamo a non passare il tempo a dormire e guardare la tv» reiterazione e abitudine al reato, veramente importante è l’azione dei volontari che visitano i carcerati. Così ci hanno parlato Gianni e Bruna durante l’incontro. «All’inizio vedevamo quasi esclusivamente i detenuti della Valle, ma adesso sono più gli esterni, anche tantissimi stranieri. Il colloquio è individuale, noi siamo in coppia, non facciamo mai alcuna domanda sul reato, a volte sono loro che ci raccontano poi la loro vita, che cosa hanno combinato. Cerchiamo di avviare un rapporto. A volte inizia perché desiderano che sollecitiamo l’avvocato, a volte chiedono di contattare i parenti, a volte hanno richieste materiali, come indumenti o kit per l’igiene personale. Seguiamo anche le persone che sono agli arresti domiciliari qui in Valle Camonica a Darfo o nei dintorni. Abbiamo continuato a seguire dei giovani che sono stati trasferiti in altre carceri. Lo facciamo volentieri soprattutto con i giovani con cui siamo riusciti a creare un rapporto di crescita, anche se di piccola crescita; riteniamo bene non abbandonarli, se loro lo chiedono. In carcere nei colloqui, noi li ascoltiamo, li stimoliamo ad iscriversi alla scuola, ad occupare la giornata in modo positivo, li invitiamo a non passare solo il tempo a dormire e guardare la tv. Se cominciano a riflettere, pian pianino il cambiamento avviene. Alcuni quando escono sono maturati, hanno un atteggiamento diverso nei confronti del mondo». Una testimonianza di grande forza e serenità. Per concludere, la grande domanda. Si può immaginare un luogo diverso dal carcere, aprire alle misure alternative, proporre percorsi di riabilitazione, di fiducia, di prospettive nel futuro? Don Adriano Santus ha caldeggiato queste soluzioni, facendo riferimento alla recente presenza pubblica a Castenedolo di ex brigatisti degli anni di piombo, vittime illustri, quale Agnese Moro, magistrati, sociologi. Insieme, come risultato di incontri segretissimi tra vittime e autori di reati, in cui si è parlato del dolore e dei ricordi, del sangue versato e di come ritrovarsi. Sì, oltre la sicurezza dei cittadini, oltre la certezza della pena, è oggi necessaria una prospettiva di speranza che si chiama giustizia riparativa, perchè il dolore attraversato non resti congelato, ma ritorni ad essere vita. BRENO: SODDISFAZIONI E OSTACOLI NELLA VITA DELLA CASA-FAM Una alternativa per minori in cerc di Mary Sedani La Comunità Educativa per Minori “La Mano” è nata sedici anni fa all’interno del “Progetto Accoglienza” della Parrocchia SS. Salvatore, a Breno, nel cuore della Valle Camonica, per offrire accoglienza a bambini e adolescenti che per vari motivi non potevano risiedere presso la famiglia d’origine. Ben presto si rese urgente la scelta di accogliere soprattutto adolescenti: i più difficili da collocare. La nostra esperienza subì uno sviluppo significativo quanto fummo interpellati dal Centro di Giustizia Minorile di Milano, che si occupa di ragazzi con provvedimenti penali in corso, perché potessimo accogliere e seguire alcuni adolescenti per esperienza alternative al carcere minorile. Abbiamo così iniziato ad ospitare ragazzi adolescenti, italiani e stranieri, che si trovavano in regime di detenzione per aver commesso dei reati. La nostra Comunità, in tutti questi anni, si sta impegnando nel dare accoglienza a questi ragazzi, offrendo una proposta educativa alternativa al carcere, ma soprattutto per fare un tratto di strada con loro e per scommettere su di loro così come sono! È un’avventura faticosa e affascinante toccare le frontiere dell’educazione e del mettersi in gioco con loro. Il nostro sogno è da tempo quello di trovare una casa maggiormente capiente e soprattutto che possa permettere ai ragazzi di svolgere alcune attività in sede, senza la necessità di muoversi. Il tutto sia per ragioni di sicurezza sia per dare continuità al loro recupero. Due sono gli elementi fondanti un completo recupero del ragazzo: il recupero socio-psicologico e la riappropriazione di una capacita lavorativa. Il primo aspetto avviene nella quotidianità, dando esempi di stile di vita diverso da quello che loro hanno sperimentato fino al momento dell’arresto, facendogli gustare quelle soddisfazioni legate alle piccole esperienze giornaliere e alla rielaborazione dell’agito, attraverso un costante rapporto relazionale con gli educatori e fra di loro. Ad un certo punto del percorso, il ragazzo viene accompagnato a vivere delle esperienze anche al di fuori della struttura che gli permettono di rivalutarsi e mettersi in gioco in un contesto sociale “sano”. Ovviamente non mancano incontri costanti con lo psicologo e con i Servizi Sociali che hanno lo scopo di monitorare il percorso e valutare man mano gli obiettivi raggiunti e da raggiungere. Fino ad oggi il secondo aspetto è stato perseguito attraverso lo svolgimento di piccole e saltuarie attività lavorative, a titolo di volontariato, presso alcune piccole aziende della zona. Il tutto però non ha avuto il requisito della continuità e pertanto di una vera efficacia, da qui la necessità di individuare modalità maggiormente strutturate e caratterizzate da continuità di impiego. Ci siamo, pertanto, messi alla ricerca di un immobile che avesse come pertinenza terreno dove poter svolgere alcune attività agricole, che già oggi alcuni ragazzi praticano, a titolo di volontariato, presso un agriturismo e un maneggio nella zona. Stiamo attualmente valutando la possibilità di ac- LO SCHIAVO ONESIMO INCONTRÒ IN CARCERE SAN PAOLO. SI CONVERTÌ E DIVENNE SUO DISCEPOLO Per reintegrare chi ha scontato la pena di Andrea Bonadei Come è nata la vostra realtà e cosa vi ha spinto a questo impegno? Potrebbe capitare a tutti di trovarsi dall’altra parte, da quella dei “cattivi”. Avremmo voglia di riscatto e speranze, ma scarse risorse per ripartire. Conta molto la comunità locale, a quel punto. Ecco cosa ha ispirato alcuni volontari alla costituzione della nostra Associazione, di ispirazione cattolica, il 4 maggio 1998. Raccolsero la proposta del compianto Angelo Zanzottera, per l’ascolto di persone detenute e che avevano vissuto l’esperienza della detenzione, al fine di creare un riferimento territoriale. A fondamento di tutto sta il rispetto dei diritti della persona, dando voce ai bisogni e alle necessità delle persone in misure restrittive della libertà personale. Nella stragrande maggioranza essi sono senza una casa, senza lavoro e senza soldi e per di più la gente li evita. Spesso hanno anche rotto tutti i legami con la famiglia. Sono degli emarginati, con una grande voglia di non tornare in carcere, ma nello stesso tempo costrette a vivere senza risorse. Se tu non li accogli e li rifiuti cosa pretendi da loro? Si capisce come sia vitale per voi collegare l’istituzione carcere con le agenzie del territorio, costruendo una fitta rete di rapporti con enti, istituzioni e associazioni. Come si articola il vostro radicamento territoriale? I soci fondatori degli Amici di Onesimo hanno MIGLIA “LA MANO” ca di riscatto quistare un terreno edificabile e costruire la nostra casa, anche se l’impegno economico è davvero alto per noi... L’idea è poi quella di coltivare fuori casa, per quanto possibile, ciò di cui necessitiamo. In questi anni abbiamo raccolto molte soddisfazioni legate alla buona riuscita del percorso di molti nostri ragazzi i quali, a distanza di anni, mantengono comunque un rapporto con noi e sono riusciti a mantenersi in modo autonomo e lontani da condotte devianti. Le maggiori difficoltà sono legate alla mancanza di denaro per realizzare dei laboratori di vario genere, che permetterebbero ai nostri ragazzi di imparare un lavoro; inoltre vorremmo avere la possibilità di fare un lavoro “educativo” con le famiglie dei nostri ragazzi con la finalità di saperli riaccogliere con maggiori strumenti; infine, dobbiamo spesso fare i conti con un sistema giudiziario che funziona male in quanto manca di chiarezza e coerenza (troppo blando in alcuni casi e troppo rigido in altri). Sicuramente crediamo si dovrebbe investire molto sulla prevenzione offrendo a genitori, bambini e adolescenti la possibilità di vivere esperienze aggregative positive che permettano loro di crescere con dei valori, primo fra tutti il rispetto di sé e degli altri. «Solo gli imbecilli credono che sia meglio vivere in un clima di svalutazione e di timore della punizione, anziché circondati dall’amore, dalla fiducia e dalla stima». (Bruna Franceschini, La scuola difficile) «È più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio», disse Einstein. Lo sa bene Bruno Bettoni, referente dell’associazione “Gli amici di Onesimo” di Costa Volpino. Qui ci racconta l’impegno quotidiano per reinserire chi intende tornare alla vita. avuto in comodato d’uso dalla parrocchia di Corti di Costa Volpino un piccolo appartamento inutilizzato che è stato a loro spese ristrutturato e arredato, aiutati in parte da un contributo della Caritas diocesana di Bergamo. Da allora sono state ospitate oltre 30 persone, e ancora oggi una coppia di nostri soci, accreditati dal Ministero della Giustizia entra in carcere per incontrare i detenuti. Ciò in collaborazione con diversi livelli dell’amministrazione penitenziaria, quali la direzione, l’area educativa, la polizia penitenziaria, ecc. Siamo in contatto con l’associazione Carcere e Territorio di Brescia ed i cappellani del carcere di Via Gleno a Bergamo, quello dei penitenziari maschile di Canton Mombello e femminile di Verziano. Capita spesso che dei detenuti del nostro territorio siano carcerati in altre province o regioni, per questo siamo soci della Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia della Lombardia, che ci permette di essere in rete con tutte le associazioni che si occupano di carcere e problemi di giustizia a livello lombardo e nazionale, con continui incontri, scambio di esperienze e iniziative coordinate dalla Caritas Ambrosiana di Milano. In quanto a progetti recenti e concreti, cosa sta impegnando voi volontari in questa fase? Oltre che all’interno del carcere, per una fondamentale attività di ascolto e di costruzione di relazioni personali, ci muoviamo sul territorio dell’alto Sebino bresciano e bergamasco, mediante l’attivazione di percorsi di inserimento al lavoro, in particolare con la Cooperativa Trapezio di Darfo ed alcune aziende private. Sosteniamo importanti iniziative scolastiche, culturali, teatrali ed artistiche (es. “pensieri ed emozioni” e “Laboratorio Crisalide d’argilla”), a tal fine stiamo promuovendo nelle scuole il progetto “A scuola di libertà” che evidenzia come si può arrivare a commettere un reato senza neanche rendersene conto e come la nostra società è intrisa di pregiudizi. Come dice Benedetta Tobagi, figlia di Walter, giornalista ucciso da un commando di terroristi nel 1980, non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono, ed è lei che indica agli studenti una idea di giustizia più mite e più umana. Puoi raccontare qualche vicenda positiva, da cui avete tratto soddisfazione? La nostra attività è stata intensa e molto spesso ricompensata da piccoli successi. Ricordiamo il momento dell’indulto, quando a seguito dell’affollamento delle carceri e del forte richiamo del Papa, S. Giovanni Paolo II, il Parlamento con un voto quasi unanime (75%), nel giro di una settimana, ha messo in libertà 22.000 persone. Essenziale in quel momento è stato il contributo del volontariato, che coordinato dalle Caritas diocesane, dai “cappellani carcere” e altre associazioni del mondo cattolico ha accolto questi fratelli. Nella nostra struttura hanno trovato una prima accoglienza quattro concittadini e tre di loro hanno fatto un percorso di riscatto sociale. Un’altra storia è quella di un ragazzo di trent’anni, che dopo oltre dieci anni di detenzione, ha avuto la possibilità di entrare in un programma di pene alternative. È stato nostro ospite durante il giorno, mentre lavorava come manovale in un’impresa edile; alla sera ritornava in carcere a Bergamo. Questo per un anno intero con un motorino, sotto l’acqua, la neve o il sole. Per i dodici mesi seguenti gli sono stati concessi gli arresti domiciliari presso di noi fino a fine pena. Oggi ha messo su famiglia e lavora in un’azienda, come un cittadino comune. Questa esperienza ci ha insegnato che non è sufficiente accogliere, ma è molto importante abbinare alla casa anche il lavoro. IL GRAFFIO Orgoglio camuno: citati nel nuovo singolo degli Elio e le Storie Tese, Il mistero dei bulli. «Il bullo è / presente in ogni antica civiltà / ad esempio i camuni / che furono i bulli dell’antichità / tamarri del neolitico / chissà chi vessavate voi / nessuno l’ha saputo mai, / non ci sono i reperti / o non li hanno trovati». Le vignette di Altan, Staino, Ellekappa, Cinzia Poli, Vauro, Biani, Fogliazza ed altri, sono tratte dai quotidiani: Corriere della Sera, il Manifesto, Repubblica, Caterpillar AM., oltre che da vari siti Internet. aprile 2016 | |7 GRAZIE A EQUANIME E ISTITUTO DARFO2, UN CONFRONTO SERIO PER GENITORI E INSEGNANTI La scuola fa la differenza, non le differenze di Paola Abondio (Dirigente Scolastico Istituto comprensivo Darfo 2) Negli ultimi anni avevo letto, con superficialità probabilmente, alcuni articoli pro e contro una cosa definita teoria gender, ma non mi ero lasciata coinvolgere, né come persona né come dirigente scolastico considerando quello che avevo letto punte di estremismi, avulsi dalla realtà e dal quotidiano delle persone comuni e reali. A giugno 2015 l’intervento a Darfo di un avvocato, decisamente aggressivo e schierato, mi ha spinto ad approfondire l’argomento teoria gender e in seguito agli approfondimenti a scegliere di aderire e collaborare con l’associazione equAnime, di segno diametralmente opposto. Credo che compito della scuola sia accompagnare ogni studente ad esprimere al meglio le proprie potenzialità, sollecitandolo all’apertura verso il mondo, sviluppando un sano senso critico e il senso di libertà del proprio agire. Per questo nella scuola si lavora su molti fronti, non solo sull’acquisizione di competenze specifiche (il vecchio “scrivere leggere e far di conto”) ma anche sugli aspetti educativi, di relazione e di comprensione della complessità in cui si cresce. Altro impegno, reso ancora più esplicito dalla L. 107/15, è quello di promozione culturale e sociale. È stato un passaggio naturale, avendo letto lo statuto dell’associazione equAnime che promuove attività contro le discriminazioni di genere e orientamento sessuale, pensare ad occasioni comuni di riflessione per i genitori e gli educatori, mentre le attività interne alla scuola non sono state toccate, in quanto il lavoro che da anni si propone relativamente all’educazione all’affettività, alla relazionalità e al rispetto delle diversità ci sembra adeguato e ben strutturato. Sono stati pensati, quindi, due interventi di approfondimento e di riflessione aperti a genitori, insegnanti ed educatori non con intenti polemici o di contrapposizione ma proprio di apertura al confronto. Il primo, con il dottor Pellai, ci ha permesso di ragionare sull’educazione all’affettività e alla sessualità, azione educativa che scuola e famiglia devono portare avanti in sinergia, nel rispetto del bambino aiutandolo a fare chia- GRAFFITI via Silone, 8 (c/o Tullio Clementi) 25040 Darfo Boario Terme [email protected] www.graffitivalcamonica.it «... Erano in tanti allora a pensare che la questione morale si riducesse a ciò che le persone fanno con i loro genitali. Tentai di sostenere che nel sesso in sé non c’è nulla di male a meno che non manchi di rispetto o danneggi qualcuno, e che quindi lo scopo dell’educazione sessuale avrebbe dovuto essere quello di far capire che siamo anche un corpo e che non ci si deve vergognare della capacità di trarne e dare benessere, piacere...» Bruna Franceschini, La scuola difficile 8| | aprile 2016 «A scuola non si insegna solo a leggere scrivere e far di conto. Non spingiamo i nostri studenti verso la “liquidità del sesso”, ma aiutiamo ognuno a capire che ha valore a prescindere dall’orientamento sessuale». rezza su quanto sente e prova quando è in relazione con un altro essere umano. Questo per chiarire che il lavoro proposto a scuola non ha l’obiettivo di spingere tutti verso la “liquidità del sesso, l’insignificanza della genetica”, ma di aiutare ognuno a capire che ha valore a prescindere dall’orientamento sessuale (così come si prescinde dal colore della pelle, dalla religione, dalla provenienza...) accompagnandolo con serenità e delicatezza sia a comprendere cosa gli succede dentro sia ad accogliere la diversità che vede intorno a sé. Il secondo, con Domenighini e Comini, legato alla lettura, poco partecipato sfortunatamente, è stata un’interessante riflessione sul valore del leggere da soli o con i genitori, sull’impatto che la lettura ha sui ragazzi, sul significato della scelta di mettere all’indice alcuni libri considerati dai sostenitori della teoria gender molto negativi. Abbiamo ascoltato interessanti riflessioni e apprezzato la lettura di alcuni di questi libri che ci hanno ancor più convinto dell’importanza della libertà di pensiero e dell’impegno a favore del libero senso critico. La scuola, anche in passato, ha collaborato con enti ed associazioni del territorio per sviluppare progetti rivolti ai ragazzi o ai genitori seguendo la logica del rispetto e dell’attenzione alla sensibilità di ognuno. Quanto è proposto a scuola non nasce da un’idea estemporanea ed avulsa dalle scelte educative che sono espresse nel Piano dell’offerta formativa e che sono condivise dagli insegnanti in seguito a confronti successivi, a rielaborazioni e valutazioni approfondite. A fronte di proposte di ogni genere che vengono sostenute dagli enti più diversi o da personaggi più o meno connessi con il mondo della scuola, gli insegnanti, per tutelare i ragazzi, applicano un sano senso critico, valutano la connessione con quanto si sta facendo, l’adeguatezza della proposta all’età dello studente, la consistenza/valore dell’idea in sé e si confrontano con i genitori; rispetto poi a tematiche delicate legate alla sessualità e ai valori questa attenzione è ancora maggiore. La scelta quindi di collaborare con l’associazione equAnime non significa un’adesione acritica ad ogni proposta, ma la scelta di accogliere quanto permette a tutti di crescere nello spirito di accoglienza della diversità e di aprire porte al confronto, di avere strumenti seri per leggere la realtà. IL CIELO DI CARTA di Andrea Curnis Little boy «Sapevamo che il mondo non sarebbe stato più lo stesso. Alcuni risero, altri piansero, i più rimasero in silenzio […] “sono diventato Morte, il distruttore dei mondi”, suppongo lo pensammo tutti, in un modo o nell’altro.» Hiroshima: 6 agosto 1945, ore 8:45. La bomba chiamata “Little Boy” cade dal cielo, precipita e annichilisce, sancisce la fine di una guerra che gli stoici Giapponesi stanno combattendo fino all’ultimo uomo. Nel suo studio, è in preda ai sensi chi ha coniugato scienza e distruzione. Sulla figura enigmatica e per nulla scontata di una delle più grandi menti del ‘900, J. R. Oppenheimer, è basato “OPPIE”: spettacolo che il 19 marzo tiene banco al San Filippo di Darfo. Scorrevole e mai banale, ideato per far riflettere, il monologo è interpretato da Michele Mariniello con l’abile Regia di Michele Segreto. Anni dopo il progetto Manhattan che creò la bomba atomica, J. R. O. si rifiuta di partecipare al concepimento della bomba all’idrogeno e per questo è sotto processo (la bomba H si ipotizzava dovesse avere un potenziale distruttore di mille “Little Boy”). La deposizione in tribunale, avvalorata dai ricordi di ciò che successe, si fa flusso di coscienza a 360 gradi svelando i dubbi che paralizzano lo scienziato. Può la scienza partecipare al male se concepita per il bene? Più volte citato, “Vita di Galileo” di Brecht costruisce un ponte immaginario tra uomini di scienza piegati alla strumentalizzazione politica e militare: il cannocchiale galileiano fu utilizzato d’altronde dai veneziani per scrutare i nemici piuttosto che le stelle; l’eliocentrismo fu assunto a eresia e l’abiura gli evitò il rogo. In bilico tra il desiderio di scoprire e la paura delle conseguenze, Galileo e “Oppie” sono casus belli nel difficile rapporto tra scienza e potere: confliggenti dove l’interesse del genere umano si fa interesse di una sola parte. UN LUNGO VIAGGIO VOGLIO FARE: DALLO STUDIO DEL LATINO L’AMORE PER IL NOSTRO PAESE Bill, brenese del Missouri: «Io voto Sanders» di Federica Nember Mentre la primavera entra prepotentemente nella nostra vita con la sua aria di cambiamento e novità, continuano le mie interviste a giovani che hanno deciso, in un determinato momento della loro vita, di intraprendere un viaggio e quindi hanno vissuto un cambiamento. Questo mese ho avuto la fortuna di chiacchierare con Bill Costello, ventiseienne di Saint Louis (Missouri) che si è trasferito, finita l’università, in Italia. Perché l’Italia? Il mio amore per l’Italia e per il mondo classico inizia già al liceo quando studio il latino e il greco, all’università studio poi antropologia e tra le materie di studio ci sono anche due esami di lingua italiana, ho così la possibilità di fare tre mesi a Firenze e questo per me è stato il primo vero viaggio. Finita l’università, tramite la mia professoressa di lingua italiana, che è di Cremona, vengo a conoscenza di un progetto che si chiama “Site” e che seleziona 50 giovani statunitensi e li manda in Lombardia negli istituti superiori come assistenti madrelingua. In realtà io invio la mia COOPERATIVA SOCIALE Pro-Ser Valcamonica Onlus Piazza don Bosco, 1 - 0364.532683 DARFO BOARIO TERME aderente al Solco-Camunia • pulizie uffici, scale condominiali, negozi, bar, ristoranti, civili abitazioni. Preventivi gratuiti! LAVA&STIRA-LAVASECCO • Gianico, Centro Mercato Valgrande • Pisogne, Centro Commerciale Italmark • Darfo, Centro Commerciale Adamello MANINPASTA Produzione e vendita di pasta fresca, a Darfo (piazza Matteotti, 15) dalla prima pagina non si viene per mangiare». «Se non capisci l’italiano devi restare al tuo paese». «Se chiamo ottantotto vuol dire ottantotto, vuoi capirlo?!». «Siete qui solo a chiedere favori, ma non sapete neanche lavorare e neanche l’italiano». «Certificato, serve il certificato [senza mai mostrare un modello o una copia in loro possesso], vai via e non farti più vedere». Anche se non ha capito niente e nessuno ha provato un minimo di traduzione. Nessun mediatore culturale, nessuno che parli qualcosa oltre al dialetto bresciano. E questo di fronte a centinaia di immigrati di decine di nazionalità diverse. Senza un controllo, un’organizzazione per domande specifiche, senza un ordine, senza una prenotazione utilizzabile. Solo caos e tanta maleducazione e volgarità. Sembrava un campo di concentramento, non la sala d’attesa di un’istituzione pubblica italiana. Ammucchiati ed insultati, urla e spintoni. Nessuna attenzione a vecchi, bambini, neonati, donne, ragazze gravide. Tutti trattati come bestie. Quale sconforto. Finalmente negli uffici la fila funziona ed i funzionari sono tanti, gentili e rapidi. Dopo ore e ore di follia. richiesta di adesione in ritardo, ma sono stato fortunato, un ragazzo si è ritirato e io sono potuto partire al suo posto. Sono arrivato così, a fine settembre, a Breno. Qui mi sono trovato subito bene, sia a scuola che in Valle Camonica, così ho deciso di rimanere per due anni, il tempo massimo previsto dal progetto. Ora il progetto è finito? Cosa pensi di fare? Sì il progetto è finito, ho lavorato ancora con le scuole ma in futuro vorrei fare nuove esperienze, magari in altri ambiti. Al momento sono abbastanza indeciso ma mi piacerebbe tornare all’università, vorrei trovare un corso di studi che si occupi della “Cyber-anthropology”, ossia si concentri sul rapporto che c’è, o meglio dovrebbe esserci tra la tecnologia e la filosofia, come influiscono l’una sull’altra. Credo che al momento l’intelligenza artificiale sia fredda, o forse è solo concepita così, ma di sicuro manca una componente intellettuale e credo si debba creare un ponte tra le due. Sono come sempre in ritardo, mi piacerebbe comunque restare in Italia o in Europa, è anche vero che qui mi sono creato una rete di amicizie, mi trovo bene, conosco la cultura e la lingua. Una cosa che non mi aspettavo, quando sono partito, è che qui mi sarei creato una vita. Che differenza trovi tra l’Italia e gli Stati Uniti? I giovani, ma anche gli adulti, le persone che conosco qui insomma, sono molto più interessati alla politica rispetto a Saint Louis o anche a Madison, la città dove ho fatto l’università. A Madison, che è una città progressista e libe- rale, ho partecipato ad una manifestazione in un anno, qui conosco persone che ogni mese si organizzano per partecipare a eventi politici, magari andando anche nelle città vicine. Ma anche ora che negli Stati Uniti c’è il fermento delle elezioni? Di sicuro ora c’è più interesse, anche io sto seguendo le campagne elettorali e le votazioni per le primarie, il mio voto è per Sanders e continuo a seguire cosa accade, fiducioso che Donald Trump non riesca a divenire il candidato repubblicano! Dopotutto si devono esprimere ancora venti stati… Speranza comune! FUOCO FATUO di Stefano Malosso Le tante voci di “Sul palco” “Felicità è partecipazione”, recita la campagna tesseramenti 2016 del circuito nazionale dei circoli Arci. Un manifesto di pensiero e d’azione che sembra essere stato sposato appieno dal circolo Arci “Sul Palco” creato poco più di un anno fa da un gruppo di amici a Malegno: un salotto intimo e familiare, prima ancora di essere un luogo d’incontro e di scambio culturale, che accoglie il proprio pubblico come si accoglie un amico in casa propria. Una casa con un calendario di eventi e iniziative piuttosto vivace, quella di “Sul Palco”: solo negli ultimi mesi sono stati una miriade gli incontri realizzati, in un connubio fra libri, teatro, impegno civile, cinema, promozione del territorio. Recentemente è stato il concerto degli Staggerman ad animare la serata di Malegno con un set a tutto rock, mentre poco prima era stato il turno del cantautore Alessandro Sipolo e delle sue “Eresie”, album di recente uscita prodotto da Giorgio Cordini, già musicista di De André, della cantautrice Laura Lalla Domenighini con le sue atmosfere in chiaroscuro e degli apericena vintage con i djset di Ando Bang. Ma il circolo non è solo musica. Fra le ultime iniziative volte alla valorizzazione del territorio e di una nuova vivibilità sostenibile, la presentazione dei vini a km zero di Valle Camonica in collaborazione con l’azienda agricola Ligabue, il laboratorio per la produzione casalinga di saponi e detersivi, la degustazione delle birre locali targate Balanders’, l’approfondimento delle pratiche shiatsu alla ricerca di un equilibrio interiore. Ricco è stato poi l’incontro con Franco Michieli, geografo, esploratore di montagne e giornalista-scrittore, che ha presentato “La vocazione di perdersi - Piccolo saggio su come le vie trovano i viandanti”. Ma forte è anche l’impegno sociale del circolo verso i temi più attuali del nostro paese: di grande importanza in questo senso è stata la serata dell’8 marzo dedicata alle donne, con un aperitivo speciale e la proiezione del film tutto al femminile “In Grazia di Dio” di Edoardo Winspeare. Altro esempio di questa sensibilità è l’organizzazione della camminata al buio in occasione di “M’illumino di Meno – Giornata Mondiale del risparmio energetico”, e la serata del 18 febbraio che ha visto la presentazione al pubblico dell’associazione valligiana “EquAnime”, che si batte per sensibilizzare l’opinione pubblica contro le discriminazioni di genere e dell’orientamento sessuale in un territorio difficile come il nostro. Territorio che viene valorizzato anche attraverso serate di autofinanziamento di alcune realtà formatesi dal basso, come il Concorso Letterario Zero a Zero che nel circolo ha trovato l’occasione per presentarsi lanciando il bando del nuovo anno. Un anno ricco di iniziative e di occasioni, dunque, per la Media Valle Camonica, sempre Sul Palco con uno sguardo curioso e vivace verso le narrazioni del nostro tempo. aprile 2016 | |9 LA RAVA & LA FAVA BRAONE: UNIONI CIVILI CEDEGOLO E LA BOSNIA Come tutti i Sindaci d’Italia, anche Gabriele Prandini nei giorni scorsi ha ricevuto nella casella di posta elettronica una petizione dell’Associazione ProVita: obiettivo chiedere al Parlamento di prevedere la possibilità per i Primi Cittadini di rifiutarsi di celebrare le unioni civili, «in ragione dei loro più profondi convincimenti morali o religiosi» e «in base agli art. 2, 19, 21 e 29 della Costituzione». Obiezione di coscienza, dunque, contro quello che viene definito il «simil matrimonio omosessuale». Il Sindaco di Braone non si è limitato a dirottare l’email nella casella spam, ma è intervenuto sul suo blog spiegando perché, proprio per rispetto della nostra Carta fondamentale, la richiesta di ProVita è da rigettare e anzi al Parlamento andrebbe chiesto ben altro. «Io voglio poter rispettare la Costituzione italiana. Voglio poter trattare tutti i cittadini con pari dignità», scrive Prandini. Immaginandosi di fronte ad una coppia omosessuale che gli chiede di celebrare la loro unione, aggiunge: «Io voglio sposarli, (...) ritengo che la nostra Costituzione sarebbe pienamente rispettata unicamente dall’introduzione nel nostro ordinamento dal matrimonio completamente egualitario». Ribalta dunque il ragionamento il Sindaco di Braone: «Dite che ho il diritto di chiedere allo Stato di autorizzarmi a parlare di “matrimonio” e non di “unione civile tra due persone dello stesso sesso” quando dovrò celebrarne una?». Prandini chiude esplicitando il proprio «rammarico nel sapere che esistono associazioni che si battono per le ingiustizie sociali». Prandini ha poi provato in prima persona che per le ingiustizie sociali si batte pure qualche politico: è il caso del tristemente noto Oscar Lancini, vicesindaco di Adro. Per intenderci quello della mensa negata e della scuola pubblica con il Sole delle Alpi. Ultimamente l’esponente leghista sforna almeno un post Facebook a settimana contro la minaccia gender, in genere opponendo la sua maschia virilità a fotomontaggi di esponenti del Pd con ortaggi vari. Finissimo humour inglese, insomma. È toccato pure a Prandini: «Ma bravone il Sindaco di Braone. Vorrà dire che tutti i gay e le lesbiche li manderemo da te. Io sto con ProVita». Fortunatamente la reazione su Facebook è stata immediata, al grido di #iostoconilsindacodiBraone. (m.c.c.) «Commercianti, banditi e garibaldini». Così venivano presentati i Panzerini di Cedegolo lo scorso ottobre, durante la visita guidata nell’ambito dell’11a edizione di “Del Bene e del Bello” alla “Casa Panzerini”. Si tratta di un seicentesco palazzo che il Comune di Cedegolo – beneficiario della recente donazione da parte degli eredi – ha restaurato adeguatamente e, quindi, col supporto dell’associazione culturale omonima sta promuovendo come luogo di cultura, di aggregazione e di incontri (è la nuova sede anche della Biblioteca comunale, oltre che di varie altre associazioni locali). La sera di mercoledì 30 marzo, tuttavia, il suo ampio salone – una settantina di posti a sedere – non è stato in grado di accogliere tutti i partecipanti all’incontro promosso dall’Associazione “Casa Panzerini”, in collaborazione con l’Unione Comuni della Valsaviore e l’Associazione della comunità bosniaca in Valcamonica, “Ljiljan” per “tenere viva la memoria di un conflitto che ha segnato la fine del Novecento”. Apprezzato il ruolo... istigatore di Paola Cominelli, che ha saputo provocare nella giusta misura i tre protagonisti della serata: Elvira Mujčić, giovane autrice di diversi libri sul dramma bosniaco (fra cui l’autobiografico Al di là del caos. Cosa rimane dopo Srebrenica); il presidente della comunità bosniaca di Valcamonica, Ramo Kadric ed il referente della Caritas valligiana, don Danilo Vezzoli, che ha ricordato il tenace impegno della gente camuna nel portare aiuti in Bosnia e nel dare ospitalità alle famiglie costrette alla diaspora. Molto applauditi anche gli interventi del sin- #VoglioSposarli: Prandini vs ProVita MOBILITÀ SOSTENIBILE Cevo elettrizzante A Cevo hanno provveduto concretamente a dare una mano alla mobilità sostenibile: lo hanno fatto installando (forse è il primo comune in Valcamonica) una colonnina per la ricarica gratuita dei veicoli elettrici. Ora speriamo che a Cevo si acquistino sempre più auto a motore elettrico, visto l’incentivo della ricarica gratuita. (g.c.) «... un amico che non sia tormentato dall’ambizione o dall’interesse; che preferisca l’ombra di un albero alla pompa di una corte! Felice chi possiede un amico!». (Xavier de Maistre, Viaggio intorno alla mia camera) 10 | | aprile 2016 Casa Panzerini onora la sua storia RITRATTO daco di Artogne, Giampietro Cesari, che ha ringraziato i bosniaci – presenti in misura significativa anche nel “suo” Comune – per il loro buon esempio nel saper fare comunità, e del presidente del Museo della Resistenza di Valsaviore, Guerino Ramponi, pure lui sorpreso favorevolmente dalla volontà di inserimento dei bosniaci... valligiani. (t.c.) EDUCARE I BAMBINI ALLA LETTURA Camuni nati per leggere! Nel corso del 2015 è nato in valle il gruppo di volontari Nati per Leggere in Valle Camonica. Nati per Leggere (NPL) è un programma nazionale promosso da bibliotecari, pediatri e associazioni, che promuove la lettura ai bambini dagli 0 ai 6 anni da parte degli adulti. Studi scientifici dimostrano che questo semplice gesto aiuta a sviluppare le abilità cognitive, aumenta le probabilità di integrazione sociale e l’emancipazione (termine ahimé desueto!) dei bambini di oggi ed adulti del futuro. NPL in Valle Camonica è formato da una ventina di ragazze e signore (un solo uomo in organico… vergogna per noi maschi!) che fanno attività di lettura per i più piccoli, spiegando i benefici agli adulti interessati. Che libri si leggono ai più piccoli? Per averne un’idea, si può visitare la mostra “50 anni di… versi”, dedicata alle onomatopee (i versi, appunto), che è in transito per diverse biblioteche della valle da febbraio a dicembre 2016. Per il calendario della mostra e le attività dei volontari, ecco il sito: http://nplvallecamonica. blogspot.it. (i.f.) di Mario Salvetti Sergio Turetti Nessuno si è stupito più di tanto quando l’anno scorso – dopo dieci anni da vicesindaco factotum – ha accettato di buon grado di diventare presidente dell’Agenzia del Turismo capontino. In fondo lui, da ottimo braccio destro del sindaco Manella, è sempre stato abituato a sgobbare dietro le quinte e darsi da fare senza apparire o cercare riconoscimenti. Una nuova sfida certamente, ma una continuità assoluta con il lavoro che ha sempre fatto. Con la sua capacità di organizzare, fare e brigare (quindi di essere concreto portando a casa il risultato al di là delle parole o dei buoni propositi) si sta adoperando al massimo per cercare di mettere ordine nelle attività culturali e turistiche di Capo di Ponte, da sempre terreno impervio per chiunque: il futuro del (finora) fallito Parco tematico; i tentennamenti della Comunità Montana (e di Anati e dintorni) sulla Cittàdella Cultura; i sofismi ed i ritardi della Soprintendenza nella gestione di Naquane, Massi di Cemmo e Mupre; il pressapochismo della locale Pro loco; il parco di Seradina e Bedolina da curare e salvaguardare e la spropositata intelligenza del suo direttore Alberto Marretta da tenere a bada. Dalla sua il carattere riservato, la propensione all’ascolto, la passione per l’ambiente e l’arte rupestre e quella sana cultura che la mattina gli consente di vendere con professionalità e competenza i quotidiani ed i libri della sua edicola del centro, una delle più fornite, curate e ricche dell’intera Valcamonica. Un lavoro duro, sette giorni su sette, fatto di levatacce (e di consegne a domicilio quando ancora tutti i compaesani dormono), ma che gli consente (e gli ha consentito) di conoscere bene il territorio e la sua gente. Al suo fianco sempre la Savina, che ha sposato recentemente dopo decenni di convivenza. E gli amati – e pestiferi – nipoti Pietro e Simone. Qualcosa da rimproverargli? Certamente il voto dato al Movimento 5 Stelle alle ultime politiche, poiché è complice anche lui (come molta sinistra radicale) della non vittoria del centrosinistra. Ma, purtroppo, nessuno è perfetto in questo mondo… In Redazione: Andrea Bonadei, Andrea Curnis, Bruno Bonafini, Guido Cenini, Alessio Domenighini, Ivan Faiferri, Stefano Malosso, Valerio Moncini, Federica Nember, Gabriele Scalvinoni. Hanno collaborato: Paola Abondio, Bruno Bettoni, Claudio Bragaglio, Albina Comensoli, Bill Costello, Simona Figaroli, Igor Gabusi, Adriana Galli, Giancarlo Maculotti, Margherita Moles, Grazioso Pedersoli, Mario Salvetti, Mery Sedani. Impaginazione grafica: Tullio Clementi e Gabriele Scalvinoni. Disegni: Sabrina Valentini. Direttore editoriale: Michele Cotti Cottini. Direttore responsabile: Tullio Clementi. CONSULENZA PROGETTAZIONE E VENDITA DI SISTEMI INFORMATICI ANALISI E SVILUPPO SOFTWARE PERSONALIZZATO ASSISTENZA TECNICA Via Quarteroni, 16 25047 - Darfo Boario Terme Tel. 0364.535523 - Fax 0364.534788 Internet: www.ecenter.it e-mail: [email protected] RECENSIONI di Ivan Faiferri La Valle Camonica frontiera di guerra nel 600 Titolo: I cannoni di Guspessa. I comuni di Edolo, Cortenedolo e Mu alle soglie della guerra de trent’anni (1624-1625) Autore: Simone Signaroli e Giulio Ongaro Editore: Servizio archivistico comprensoriale di Valle Camonica Gli effetti della tecnologia sulla guerra, l’arrivo di profughi in un territorio di confine, gli scontri di religione alimentati dalle potenze estere, i mutamenti economici causati dai conflitti, l’importanza della propaganda per creare consenso e influenzare la diplomazia: questi aspetti, decisivi per capire la crisi siriana o quella ucraina, si trovano analizzati in relazione alla Valle Camonica ed alla Guerra dei Trent’anni, in uno snello volume (89 pp.) edito dal Servizio archivistico comprensoriale di Valle Camonica. La pubblicazione, divisa in tre saggi ed alcune appendici, racconta gli effetti del conflitto sul nostro territorio, partendo da un episodio circoscritto: il trasporto di una batteria di artiglieria da Lovere al passo di Guspessa, nell’inverno del 1624-1625. L’evento viene inserito nel contesto politico e sociale del Seicento europeo; attraverso le parole dei testimoni del periodo si ricostruisce la volontà di potenza dei grandi dell’epoca, la scaltrezza dell’azione dei diplomatici di Venezia, le difficoltà tecniche di un’impresa per l’epoca colossale. Gli effetti bellici vengono osservati dal punto di vista della storia economica: si assiste al travaso di ricchezze dalle comunità, indebitate per il passaggio degli eserciti, alle famiglie più importanti ed a singoli privati. Ne emergono figure uniche, come quella di una donna, Liberata Parri, che costruisce la sua fortuna trasformandosi in una imprenditrice di guerra. Una menzione particolare per il saggio “Il cannone come arma immateriale”, illuminante analisi dell’utilizzo della parola e della propaganda nei rapporti di forza della politica internazionale. Il lavoro si fonda sullo studio dell’archivio del cessato Comune di Mu (conservati nell’archivio comunale di Edolo): messi in relazione con carte contenute negli archivi locali e nazionali, questi documenti sono capaci di raccontare una storia avvincente e complessa testimoniando quanto ancora c’è da scoprire tra le carte dei nostri comuni. VALCAMONICA EXPRESS di Igor Gabusi La barba del Conte (da Pezzo a Pontedilegno) Sono tante le strade che si possono percorrere da un paese all’altro a mezza costa della montagna; sono strade strette e sterrate, solo a tratti carrabili, che ci danno una dimensione diversa dello spostamento, del viaggio. Ci salvano dal rombo dei motori, dalle lingue tristi di asfalto, dalle selve di rotonde, cartelli e pali, ci portano nel nostro camminare più vicini ai prati, al paese, agli uomini. È questo quello a cui ho pensato quando ho deciso di raggiungere Case di Viso fermandomi a Pezzo, attraversando il paese, e poi proseguendo a piedi per il sentiero che, nei pressi del cimitero, risale lentamente la stretta valle. Lo si vede da lontano il cabianco e slanciato circondato da case strette e alti fienili di legno. La piazza è un piccolo slargo in discesa, teatro naturale verso le cime dell’Adamello. Il Salimmo in fondo alla valle, spicca innevato sotto i grandi boschi di abeti. È come se questo paese guardasse dall’alto tutti gli altri paesi della valle, perché più a nord di paesi, non ce ne sono. Ci sono voluto venire in questa piazza perché qui trent’anni fa forse più, in una sera d’estate, andava in scena la Barba del Conte, fiaba popolare delle Langhe, riscritta da Italo Calvino. Non c’ero allora, perché non ero ancora nato, ma come ogni buona storia, lo so perché chi c’era me l’ha raccontato, e mi ha letto anche la fiaba. Pocapaglia era un paese così erto, in cima ad una collina dai fianchi così ripidi che gli abitanti del paese per non perdere le uova, che appena fatte sarebbero rotolate giù nei boschi, appendevano un sacchetto sotto la coda delle galline… La fiaba è incentrata sulla figura incombente della maschera Micillina che, mentre i contadini vegliano il bestiame alla luce di grandi falò, ruba i buoi dalla cascina/ti guarda con l’occhio storto/e ti stende come morto. È una storia di abigeato, furto di bestiame ai danni degli abitanti del paese. I contadini chiedono aiuto a Masino, un loro compaesano che è emigrato all’estero, ha fatto la guerra, ha conosciuto il mondo, ed è il più astuto di tutti loro. Riuscirà a scoprire insieme ai contadini di Pocapaglia il vero autore dei furti; il Conte, e non una misteriosa Masca. La storia si fa moderna perché i prepotenti, paese per paese sono sempre in azione; magari non gireranno nei boschi di notte a rubar bestiame, ma il senso di ciò che fanno i furbi e i prepotenti, non cambia, è sempre quello. Tocca a noi smascherare i prepotenti, fagli gettar la maschera, non permettere che per l’interesse di qualcuno i paesi e boschi e le montagne siano roba per far soldi, e non un bene comune di tutti noi. La Barba del Conte fa parte di Fiabe Italiane, raccolte e trascritte da Italo Calvino. aprile 2016 | | 11 ROSSO DI SERA di Giancarlo Maculotti Aree interne: di nuovo penalizzati Aperto il confronto in valle sulle cosiddette “aree interne”. Di che si tratta? Si tratta di cospicui finanziamenti (milioni di euro) per aree disagiate di tutto il Paese che subiscono continuo spopolamento e hanno tassi di sviluppo decisamente inferiori alle medie nazionali. Entrano a pieno titolo in tale insieme i paesi e le valli montane. La Regione Lombardia ha già distribuito finanziamenti per le aree interne e, guarda caso, senza alcun bando, ha scelto Valtellina e Valchiavenna. Ulteriori finanziamenti saranno stanziati tramite gara. Scrive a tal proposito il portavoce del Pd camuno Mario Bezzi: «A seguito della Pubblicazione del Bando per l’individuazione delle aree interne mi sono permesso, unitamente al consigliere reCorrado Tomasi, di effettuare alcune verifiche in La Regione ha stabilito, gionale ordine alle regole di selezione individuate dalla Regiosenza bando, che Valtellina ne. In particolare abbiamo simulato il punteggio relativo e Valchiavenna sono aree al criterio “caratteristiche dell’area”, che non ha nulla di disagiate meritevoli di discrezionale, e che è anche quello preponderante sul totale (fino a 40 punti su 100). La simulazione è stata finanziamenti. Poi ha effettuata sia con riferimento alle diverse aggregazioni aperto un bando per ipotizzabili in Valle, sia con riferimento ad altre potenindividuare ulteriori ziali “aree interne” che intendono candidarsi. Con viva sorpresa, ne è emerso un quadro davvero preoccupante beneficiari, così la Valle è con almeno tre aree di altre Province che partiranno con penalizzata due volte. un maggior punteggio rispetto a quello su cui potranno contare tutte le aggregazioni “camune” possibili». A complicare il quadro vi è da aggiungere che il bando ammette solo aree che hanno tra i 10.000 e i 40.000 abitanti. Tenere unita tutta la valle i cui Comuni sono classificati come periferici o ultraperiferici (condizione indispensabile per partecipare alla gara) diventa quindi impossibile. Partecipare con due progetti pone grossi problemi di aggregazione e di scelta. Escludere ad esempio i Comuni che usufruiscono dei fondi Odi (comuni di confine?). Può essere un criterio, ma non porta nessun vantaggio dal punto di vista del punteggio ed in più disaggrega aree sostanzialmente omogenee come quella della media valle. Continua Bezzi, con la consueta lucidità, in una lettera rivolta agli amministratori: «Il [nostro] nemico ancora una volta si annida in Regione, la quale si è inventata un Bando con criteri diversi da quelli delle cartine del Ministero; lo ha fatto appositamente per escluderci?(a proposito perché Alta Valtellina e Val Chiavenna sono state individuate senza Bando??). Spero che la Politica (quella con la P maiuscola) possa prevalere sull’invidia». Se la Regione avesse utilizzato gli stessi criteri anche per l’individuazione delle prime due aree interne, Valtellina e Valchiavenna molto difficilmente potevano essere finanziate. Se avesse continuato sulla strada intrapresa la Valcamonica doveva obbligatoriamente essere inserita per dati oggettivi. Così la nostra valle, che ha ben 15 Comuni classificati come ultraperiferici, partirà con un punteggio più basso rispetto ad aree che di Comuni ultraperiferici non ne hanno nemmeno uno. Ora i tempi stringono. I progetti vanno presentati entro il prossimo 20 maggio. E non si è ancora cominciato a discutere di contenuti: dove e come investire il gruzzolo che potrebbe arrivare. A meno che la Regione ci tolga ancora una volta dall’imbarazzo e, dopo le prediche maroniane sulla montagna, concluda con un vade retro camunia vallis. POST-IT «Improcedibile ed infondata»: la Regione ha rigettato la richiesta della Comunità Montana di riperimetrare il Parco dell’Adamello. Anche il Cypripedium Calceolus ringrazia. RICETTARIO a cura del cuoco ZUCCHERO Il sindaco di Capo di Ponte Manella ha lanciato per primo, tra gli amministratori, la campagna per pulire i bordi della superstrada dalla montagna di rifiuti che cittadini barbari continuano a gettare fuori dai finestrini delle loro auto. PEPE L’onnipresente Bezzi (SIT, PD, semafori di Malonno, ecc.) stavolta è stato messo sulla graticola dalla Corte dei Conti. Colpa dei funzionari. Sembra comunque la stessa accusa della Lega ai tempi di Tomasi in Comunità Montana. Una bolla di sapone? SALE Presidente Mottinelli, Lei che percorre tutti i giorni le gallerie del lago, si è accorto che le lampadine sono accese due su dieci e il buio non favorisce la sicurezza? Delrio ha (quasi) abolito la Provincia, mica la strada provinciale? IN AGENDA lunedì 25 aprile ore 8,30 Cerveno, Lozio, Malegno Festa di Liberazione lungo i sentieri della Concarena con i Luf Dal Municipio di Cerveno, così come dalla Piazza Casari di Malegno si partirà alle 8.30. Dal Municipio di Lozio invece alle 9. Destinazione comune il ristoro dei Monti di Cerveno, dove alle 14 interverrà l’avv. Pier Luigi Milani prima del concerto dei Luf, con la partecipazione della corale L’eco della Concarena. Ad organizzare questo originale 25 aprile i tre Comuni, Anpi, Fiamme Verdi, la Pro Loco Valle di Lozio per tutto Iseo, fondaz. “Arsenale” (vicolo Malinconia) aprile da martedì Partigiani e fumetto: a domenica settant’anni di ore 10 - 12 Resistenza 40 pannelli nei quali si narra il mutare delle visioni e interpretazioni sulla Resistenza attraverso le storie a fumetti e i cartoons di alcuni tra i più noti disegnatori italiani (Mario Uggeri, Alfredo Castelli, Guido Crepax, Hugo Pratt…). A ingresso libero, la mostra “Partigiani e fumetto” è aperta tutti i giorni di aprile (tranne il lunedì), dalle 10 alle 12; i weekend anche dalle 16 alle 18. domenica Artogne, Acquebone 14 maggio ore 14,30 (Località Roncasello) OltreConfine: passeggiata letteraria tra i castagneti Gianico, Artogne, Pian Camuno: le tre biblioteche dell’Unione dei Comuni della Bassa Valle, per il secondo anno, hanno promosso gli «appuntamenti culturali di primavera», tutti sotto il titolo OltreConfine. Una rassegna molto varia: le storie dei disertori durante la Seconda Guerra Mondiale raccolte da Mimmo Franzinelli (lunedì 26 aprile alle 20.30, a Gianico), gli affreschi del Romanino, il mondo creativo dei deejay, la lotta contro la violenza sulle donne, la Valcamonica delle miniere, la disabilità oltre gli stereotipi... Fino ad una passeggiata da Acquebone al Dosso Superiore, dove «letture di brani di autori diversi, in cui si respira l’anima degli spazi aperti, accompagneranno il passo del camminatore cercando un dialogo di volta in volta serio o giocoso con la natura che ci accoglie, ci ospita, ci guarda e ci ascolta». 12 | | aprile 2016