Venere e la Notte. Era l`ora in cui il sole getta timidamente i suoi

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Venere e la Notte. Era l`ora in cui il sole getta timidamente i suoi
Venere e la Notte.
Era l’ora in cui il sole getta timidamente i suoi primi raggi oltre i monti, intensificando ad
ogni lancio di una tonalità l’azzurro tenue del cielo. L’Alba aveva da poco iniziato il suo lavoro,
lustrando a dovere la natura con cristalline gocce di rugiada. Le Stelle ormai stanche del loro duro
lavoro, si preparavano al meritato riposo, dopo aver ispirato poeti, cullato gli amanti e orientato le
navi. Venere che per vanità da sempre ama confondersi con le stelle mattutine, stava ritirandosi
nel chiarore del primo sole quando, sotto una pergola, fu fermata dalla Notte.
<<Il più dolce dei frutti è l’uva, eppure manomessa e fermentata diventa il mio più grande
tormento. Orde di ubriachi percorrono le strade quando il Sole è a riposare ed io a governare. Si
aggirano a compiere gli atti più insensati, cose che mai farebbero sotto la luce del grande astro. Tu
che così bene conosci Bacco fai qualcosa per frenare questa stoltezza. Placa la mia sofferenza, fai
sparire da questo mondo il vino>>.
Alle orecchie della dea tali richieste risuonarono insensate: il sacro nettare di Bacco
spronava il timido innanzi all’amata e soprattutto era il miglior rimedio per curare le pene del
cuore. Per la grande dea dell’amore tale richiesta era troppo gravosa da assecondare, anche se
ben conosceva gli effetti deleteri che provenivano dall’abuso di tale bevanda. Decise di aiutare la
Notte, che da sempre l’aveva così affettuosamente ospitata nel suo bruno manto.
Prontamente si diresse alla dimora di Bacco. Naturalmente il dio giaceva al suolo, nel più
profondo dei sogni, indotto dall’ennesima notte dedita alla gozzoviglia. Nel percorrere le ampie
sale della residenza, la dea si accorse che non vi era traccia alcuna di cibo. L’uva stessa era ingerita
solo fermentata così come da enotrica tradizione. Venere intuì in quel momento la soluzione al
problema. Richiamò a se suo figlio Cupido con annessi dardi amoriferi. Dopodiché con l’aiuto di
Mercurio si fece raggiungere al palazzo di Bacco dalla dea Adefagèa, divinità della gastronomia,
maestra cuoca dell’Olimpo. La scusa fu un ipotetico banchetto da organizzare nella residenza del
dio. I falsi pretesti di Venere convinsero la dea a visitare il palazzo e a presentarsi al padrone di
casa. Nel frattempo Cupido ben appostato attendeva il risveglio dal torpore della divinità della
vendemmia, per compiere il compito affidatogli dalla madre: far innamorare Bacco e Adefagéa. Le
dee si stavano avvicinando alla sala, dove il dio si era abbandonato a Morfeo quando questi si
svegliò. Venere invitò l’ospite ad entrare per prima, per permettere un facile tiro al figlio. Tuttavia
Cupido non era un tipo di cui ci si poteva fidare. Nell’attesa, infatti, più di una volta aveva fatto
visita alle sacre cantine di Bacco, servendosi abbondantemente ad ogni tornata. Il risultato fu che
dei dieci dardi scagliati nessuno andò a segno. Le pareti in compenso divennero un colabrodo e
l’ira invase l’amorevole madre. La furia di Venere verso lo scapestrato figlio si placò presto. Bacco
risvegliandosi si trovò davanti alle dolci forme di Adefagéa e se ne invaghì all’istante. Lo stesso fu
per lei. Le loro anime sembrarono riconoscersi più che scoprirsi. Si baciarono e poi scomparvero
abbracciati oltre la porta, come se si fossero sempre amati. L’amore fra i due fu naturale e
perfetto: lei cucinava e lui abbinava il giusto vitigno ad ogni portata. A poco a poco la loro storia
fece il giro del mondo. Tutti sapevano il vino aveva trovato nella tavola la sua compagna ideale.
L’antica bevanda inebriante smise i panni di padre degli eccessi notturni, diventando insieme alla
buona cucina sinonimo di voluttà, piacere fisico e spirituale.
La Notte fu lieta di accogliere tra le sue braccia il vino nelle nuove vesti. Per l’impegno
profuso Venere ricevette dalla Notte il più bello dei doni.
<< Dolce dea dell’Amore, d’ora in poi sarai la stella più luminosa del mio manto, brillerai
per prima al tramonto e sarai l’ultima a svanire all’alba! >>.