Una storia vera

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Una storia vera
Una storia vera
Naida1 era nata nel 2000, un anno importante, “porterà fortuna” si diceva. Era una ragazzina come
tante, allegra, vivace e che odiava andare a scuola. Era nata a Columna Pasco, uno dei tanti quartieri
della città più alta del mondo: Cerro de Pasco. Come tutti gli abitanti di Cerro de Pasco era abituata
a convivere con la grossa voragine nel centro della città che tutti chiamavano semplicemente el tajo,
il taglio. Il taglio è una grande miniera a cielo aperto per l’estrazione di piombo, zinco e argento.
Così come era abituata al tajo, Naida era anche abituata ad avere l’acqua un’ora e mezza alla
settimana e a vivere al lato de los desmontes, le grandi montagne di rocce triturate ammassate un
po’ ovunque nella città. Ce n’era una anche dietro casa sua, una grossa montagna alta più di cento
metri con una base di un paio di ettari. Per tutti i bambini di Columna Pasco era un invito al gioco.
Ma nessuno andava mai a giocarci. “Quelle rocce sono velenose! Non dovete neanche avvicinarvi!”
dicevano loro le mamme preoccupate.
Ma per quanto uno non andasse a giocarci i mucchi di rocce erano lì. Non si muovevano. Nella
stagione delle piogge dai desmontes venivano giù dei piccoli ruscelli di acqua arancione. “Quei
piccoli ruscelli sono acque acide! Non bisogna toccarle!” si diceva in città. La miniera invece
diceva che era acqua normalissima. “Pura acqua piovana” si leggeva nei comunicati. Nella stagione
secca invece, dalle montagne di rocce si alzavano vere e proprie nubi di polvere. “Quella polvere è
dannosa, c’è del piombo dentro. Fa male!” dicevano gli ambientalisti. “Quella polvere è
normalissima polvere, come quella che si leva dalle strade” diceva l’impresa mineraria.
Naida era cresciuta con quelle diatribe e non ci faceva caso. Lei credeva a sua mamma e ai
desmontes non si avvicinava nemmeno. Ma loro erano lì. A meno di cento metri da casa sua.
La sua vita proseguì così regolare come quella di tutti i bambini della città mineraria. Giocava,
andava a scuola e si teneva lontano dai desmontes.
Verso la fine del 2008 però qualcosa iniziò ad andare storto. Naida non giocava più tanto e aveva
sempre dei tremendi mal di testa. Passò il natale e così anche il capodanno e i mal di testa
continuavano ad aumentare. All’inizio i genitori di Naida non si preoccuparono, poi, visto che i
dolori continuavano, la portarono al centro di salute più vicino. Nel centro di salute notarono subito
che qualcosa non andava ma non avevano i mezzi per fare delle analisi più approfondite. Così la
mandarono in un ospedale a Lima. Ma lì, due giorni dopo il ricovero, Naida morì.
“Atrofia celebrale” si leggeva nel referto. Le analisi dimostrarono che nel sangue di Naida c’erano
111 µg/dl di piombo. Il limite consentito dalla Organizzazione Mondiale della Salute è di 10 µg/dl.
Sopra i 70 µg/dl è previsto il ricovero immediato. Il rischio è proprio quello di incorrere in
un’atrofia celebrale.
Nel solo 2008 erano stati 9 i casi di atrofia celebrale a Cerro de Pasco, ma l’impresa continuava a
negare la propria responsabilità. Dicevano che il tutto non era in alcun modo relazionato con i
desmontes né con le operazioni minerarie. Ad appoggiare questa idea poi c’era anche DIGESA (la
Direzione Generale di Salute, l’organo che dovrebbe tutelare la salute dei cittadini) che, invece di
eseguire analisi più approfondite si limitava solo a “dar voce” alle idee della multinazionale
mineraria.
“Ma allora da dove arriva il piombo se non dalla miniera? Nelle altre città non ci sono casi simili.”
Sosteneva la gente. Ed è vero. In tutta la regione di Pasco ci sono stati solo 9 casi di atrofia
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Nome fittizio.
celebrale nel 2008. E tutti e 9 nella città di Cerro de Pasco, proprio sotto i desmontes e ai bordi del
tajo.
La popolazione ne voleva sapere di più. Così arrivarono dei ricercatori per indagare sulla presenza
di piombo o di altri metalli nel sangue della popolazione.
Ma ancora una volta si mise in mezzo DIGESA che ormai, agli occhi di tutti, era solo un portavoce
dell’impresa mineraria e non un difensore della salute della popolazione.
I ricercatori avevano tutte le carte in regola ma DIGESA sosteneva che uno studio del genere non
era necessario e che solo poteva aumentare i conflitti interni alla città e tentò di impedirlo con tutti i
mezzi possibili.
Ma la gente continuava a morire. Un mese dopo Naida, il 18 febbraio, fu la volta di Marcos2. Aveva
undici anni. Anche lui morto per atrofia cerebrale. Nel suo organismo c’erano 94 µg/dl di piombo.
“È colpa della miniera” insorse quasi tutta la città. Ma la compagnia non ebbe bisogno di dire nulla.
Anche questa volta fu DIGESA a dichiarare che la morte di Marcos non poteva essere in alcun
modo relazionata all’attività mineraria.
Tutto regolare. Tutto normale. Tutto deve continuare ad andare come sempre è andato.
Per la Direzione Generale di Salute di Cerro de Pasco la morte di una decina di bambini all’anno
per atrofia cerebrale è tutto nella normalità. L’importante è che non si scomodi il grande colosso
minerario, loro padre-padrone.
Ma c’era un’altra ipotesi che iniziava a farsi strada nella città più alta del mondo. Un’ipotesi assurda
ma che forse era l’unica speranza per i suoi 80.000 abitanti. Spostare l’intera città. Distruggere una
città che era lì da prima che Colombo solo immaginasse di navigare verso Ovest e ricostruirla
qualche chilometro più in là, lontano dagli scarichi della miniera e dalle polveri dei desmontes.
Così, qualche giorno fa, mentre i bambini continuavano ad ammalarsi di atrofia celebrale e
DIGESA continuava a far finta di nulla la commissione ha deciso: Cerro de Pasco, la città più alta
del mondo, verrà traslatata. A maggioranza risicata la commissione ha deciso così. La vita qui non è
più possibile. Tanto vale spostarsi.
Cerro de Pasco era in festa l’altra sera. Le strade piene di gente nonostante la neve e il vento freddo.
Celebrazioni ovunque, festa, musica e balli. E vedere qualcuno in festa perché lo sfrattano dalla
casa dove hanno vissuto i suoi nonni e prima i nonni dei suoi nonni è una cosa davvero rara. Sono
marchigiano, e ricordo, quando dopo il terremoto del 1997 la gente non voleva andarsene dalle case
che gli cadevano in testa. Chi può essere contento di dover abbandonare il posto dove è nato e
cresciuto? Solo i paschegni, per loro la decisione della commissione è stata una vittoria.
Ma la vittoria porta in sé una sconfitta. È una vittoria perché finalmente gli abitanti di Cerro de
Pasco potranno tornare ad avere una vita normale, con aria pura, acqua potabile e senza montagne
di detriti a riempire ogni angolo vuoto. È una sconfitta perché il capitale ha vinto sulla vita. Perché
tra le motivazioni che hanno portato a tale decisione c’è il fatto che VOLCAN vuole ampliare la sua
miniera e per farlo deve distruggere altri pezzi di città. E se spostano la città questo è un problema
in meno. È una sconfitta perché non sono stati posti dei vincoli all’inquinamento. Anche se la zona
resterà deserta questo non è un buon motivo per continuare ad inquinare il fiume San Juan, il fiume
Tingo e il fiume Huallaga.
E una vittoria perché, oggettivamente, nessuno poteva aspettarsi di più. Ma è una sconfitta perché la
decisione è arrivata tardi. Già nel 1975 il governo rivoluzionario del Generale Juan Velasco
Alvarado aveva deciso di spostare la città. Ma poi non è mai stato fatto fino ad oggi. E nessuno sa
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Nome fittizio
quante vite si sono perse per aver aspettato oltre trenta anni. Nel solo 2008 nove bambini sono morti
per atrofia celebrale, nel 2009 sono già due. Per non parlare delle malformazioni che a Paragsha (il
quartiere più vicino alla miniera) rappresentano la prima causa di mortalità infantile con il 15,79%
delle morti. O i suicidi che nei ragazzi tra i 10 e i 19 anni rappresentano la prima causa di mortalità
con il 18%.
È una vittoria perché finalmente i bambini giocheranno nei prati e non tra le rocce di scarto. Una
sconfitta perché la gente viveva qui prima ancora che Colombo imparasse a navigare, e ora viene
sfrattata dalla propria casa per un pugno di metalli preziosi.
Ed è una sconfitta perché ancora non è stato deciso chi pagherà lo spostamento. Spostare 80.000
persone non costa due lire e bisogna chiarire chi pagherà il tutto. La cosa più ovvia è che paghi
l’impresa. Poi in fondo sono loro che ne trarranno il vantaggio di poter crescere a dismisura senza
“l’impiccio” della città. E poi sono loro quelli che hanno causato una condizione talmente invivibile
da rendere necessario il traslato della città. Ma VOLCAN dice di non essere responsabile (ma allora
chi lo sarebbe? Chi è che ha fatto un buco nel mezzo della città e ha ammucchiato scarti ovunque?)
e non ne vuole sapere di pagare. Dice che la cosa spetta allo Stato. Ma i cittadini non hanno la
minima voglia di pagare con le proprie tasse i profitti di una multinazionale mineraria. La cosa è a
un punto morto. La commissione deciderà da qui a qualche mese chi dovrà farsi carico dello
spostamento.
Intanto in città continua la festa. Anche se dovranno abbandonare le case dove sono nati e cresciuti i
paschegni sono in festa, finalmente potranno avere una vita normale.
Flaviano Bianchini