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risorge l` immagine della cultura salentina e della
RISORGE L' IMMAGINE DELLA CULTURA SALENTINA
E DELLA SUA MITOLOGIA POETICA
UNIVERSITÀ SALENTINA E PREMI DEL SALENTO
Il faro di umana civiltà e di amore costante e sincero per gli eterni valori
dello spirito che Lecce da tempo immemorabilmente eleva nel cielo, dove confini
e barriere si identificano con la sintonia del paesaggio e del colore, ha reso possibile un nuovo felice approdo nel periglioso mare della cultura e delle arti, all'insegna dei « premi salento ».
Ecco i premiati dalle diverse giurie :
Per la narrativa: Dante Troisi, per il romanzo « La strada della perfezione »
e Roberto Roversi per il romanzo « Caccia all'uomo ».
Per il primo, la Commissione ha detto « Nel Libro del Troisi una vicenda interiore sottilmente umana coferma il valore e l'originalità di questo scrittore
dall'accento inconsueto nella nostra narrativa contemporanea, rivelando una sempre vigile sensibilità moderna ».
Per il secondo « Nel libro del Roversi, superati gli schemi del vecchio romanzo storico, si realizza un audace tentativo in cui storia e lirica, stato d'animo e
modulo espressivo si saldano in felici soluzioni ».
Per il giornalismo il premio è andato a Maria Brandon Albini per gli articoli :
« Le temps modernes », « Connaissance du mond », « Il ponte », « Il Campo », « La
scena illustrata ».
La Commissione per il premio « Università Salentina » dopo avere riconosciuto all'unanimità che fra tutte le opere presentate, si imponevano le opere
« La bibliografia speciale della letteratura italiana del prof. Frattarolo » e « L'Anacreon » del prof. Gentili, ha premiato quest'ultimo per l'indivisibilità dei premi
e con il seguente lusinghiero giudizio.
« L'Anacreon del Gentili ci offre una completa raccolta di frammenti di questo lirico e delle testimonianze intorno a lui, basata sulla revisione accurata del
testo con ampio apparato critico. La traduzione è sempre fedele e penetrante e
tale da rendere per lo più — cosa particolarmente difficile — il tono poetico dell'originale.
Quest'opera, saggio notevolissimo di edizione filologica, ci presenta e ci fa conoscere in sostanza un Anacreonte diverso dalla figura tradizionale del poeta : e
per merito suo noi possiamo oggi leggere frammenti anacreontei di traduzione
diretta ».
Non è stato invece assegnato il premio per un'opera sull'industrializzazione del
Salento, in rapporto all'economia locale.
Nel chiudere queste brevi note, ci sembra doveroso sottolineare il successo di
questo « nostro premio » che si è ormai imposto su piano nazionale costituendo un
ambito riconoscimento per le migliori firme che rappresentano la letteratura ed il
giornalismo d'Italia.
I migliori accenti locali al premio ed all'iniziativa della benemerita Amministrazione Provinciale, eccezionalmente e costantemente sensibile ad ogni istanza
della cultura e dell'arte, sono stati i consensi dei cittadini accorsi come non mai
a plaudire agli amministratori, festeggiando i premiati che, servendo la verità,
hanno meritato dal nostro popolo ammirazione consapevole e sincera.
Il Presidente dell'Amministrazione Provinciale, Avv. Girolamo Vergine, ha pronunciato in apertura della cerimonia, un degno discorso con il quale praticamente
egli ha segnato il battesimo del Magistero Salentino, che dopo il recente ricono108
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scimento, inizia la sua vita regolare in linea perfetta con le altre Università Italiane,
nella consapevolezza della legittimità del suo ansito di vivere e di operare, forte
firj dal suo nascere ; della cortesia, del sapere e della modestia della sua gente.
Ed ecco alcune delle parole pronunciate da Girolamo Vergine, fra i consensi
unanimi :
« Un anno non passa invano nell'ardente volontà di un popolo antico come il
nostro che dal suo passato trae la forza generosa per il proprio divenire. Così,
mentre istituti di istruzione si moltiplicano sulla linea tradizionale e mentre si
raccoglie l'indirizzo dei tempi nuovi con l'istituzione di studi tecnico-industriali,
una pietra miliare si pone nei tempi di realizzo della nostra istanza universitaria :
il decreto del Capo dello Stato che riconosce e pareggia il Magistero ». E continuando : « Nel mentre da noi sale un sentito ringraziamento e si rinnova l'offerta calda
di un'amicizia che non traligna perché intesa in purezza adamantina, a Voi e a
quanti ci guardano con fiducia e comprensione mi sia concesso di auspicare una
nostra sempre più operante fusione di spiriti e di cuori, una sempre più tesa volontà
leccese di non essere mai secondi nei diritti perché sempre primi siamo stati e
rimarremo nei doveri ».
N. d. R.
URBANISTICA
IL PIANO REGOLATORE DELLA CITTÀ' DI LECCE
ED IL VII° CONVEGNO NAZIONALE DELL' I. N. U.
Lecce, novembre
Non sarebbe possibile, nelle pagine di questa Rivista, tacere di due avvenimenti
che tanto posto hanno occupato nella cronaca delle manifestazioni culturali di questo novembre leccese : il dibattito sul « VOLTO DELLA CITTA' DI LECCE » ed i
lavori del VII(' CONVEGNO NAZIONALE DELL'ISTITUTO NAZIONALE DI URBANISTICA ».
Le ragioni di tale impossibilità sono ovvie : gli stretti rapporti che i problemi
e gli argomenti trattati hanno con la sfera operativa individuale e collettiva di
ognuno di noi e le ripercussioni, favorevoli e no, che essi hanno sulla nostra vita
privata e sociale, spiegano a sufficienza l'interesse che ogni uomo di cultura avrà
sentito per questi avvenimenti, il primo dei quali ancor più vicino alla sensibilità
di ogni leccese cui stia a cuore l'avvenire della propria città.
Il pomeriggio di venerdì 13, nei locali del Circolo Cittadino, organizzato dalla
sezione leccese del « Lions Club », si è svolto il dibattito sulla relazione tecnica con
cui l'arch. Calza Bini ha presentato il progetto del piano regolatore di Lecce, il
quale, ormai portato a termine, sarà sottoposto, per l'approvazione, all'esame del
Consiglio Comunale (nel momento in cui scriviamo, ciò non è ancora avvenuto e se
ne ignora quindi il risultato).
Il piano regolatore intende correggere un grave errore di impostazione urbanistica, le cui conseguenze finora SODO state molto dannose al pregevole profilo
architettonico che il vecchio tessuto urbanistico della città di Lecce presentava.
L'errore, cioè; di aver voluto conservare il vecchio centro storico quale sede del
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8 - LA ZAGAGLIA
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nuovo centro affaristico e degli uffici. A tal fine, i continui sventramenti necessari
per l'erezione di nuovi edifici, funzionalmente forse più efficienti, ma architettonicamente meno validi, e per l'adattamento delle arterie stradali che, concepite originariamente per il transito di soli pedoni e carrozze, risultavano asfittiche per il
crescente impiego di veicoli motorizzati. Da qui, quindi, la necessità di trasferire
altrove il centro della vita cittadina, il che avverrà, sempre secondo il piano, nelle
adiacenze della piazza dei Trecentomila, nuovo nucleo della città che sorgerà lungo
la rinnovata, efficiente arteria Lecce-S. Cataldo.
In questa zona, data la possibilità di sfruttare l'abbondante suolo edificatorio
disponibile a prezzi relativamente modici e la lontananza dei confini di altri feudi
comunali, piccole case per abitazione si alterneranno a vasti spazi di verde e la
linearità di tale paesaggio urbano sarà rotta da pochi (ed auguriamoci che così
restino) edifici verticali. Si darà così, anche da parte dei nostri urbanisti, un piccolo contributo alla realizzazione di quell'idea che, tanto tempo fa, F. L. Wright
formulò per « Broadacre », la sua città usoniana.
Nel vecchio recinto delle mura, per non turbare l'equilibrio volumetrico delle
costruzioni esistenti, i nuovi edifici si manterranno bassi e di proporzioni modeste.
Altro punto molto importante del piano e che sta particolarmente a cuore di
ogni leccese, è la prevista sistemazione della piazza S. Oronzo. Con la sua graduale
attuazione, sarà riportato interamente alla luce il vecchio anfiteatro romano, conservando, con opportuni accorgimenti tecnici, la preziosa facciata della Chiesa delle
Grazie che verrebbe così a costituire un incomparabile e significativo fondale al
riscoperto rudere monumentale. Si dovrebbe infine procedere al completo abbattimento degli già sventrati edifici siti ad est della piazza, con la creazione di un
vasto « spiazzo » grazie al quale sarà completamente visibile la maestosa mole del
Castello medievale. Quest'ultimo sarà inoltre restituito alla sua quasi completa integrità, mediante lo spostamento del mercato coperto, oggi ad esso aderente, e che
così malamente lo deturpa.
Nel predetto « spiazzo », opportunamente riempito di verde ed adattato a scopi
ricreativi, potrebbe sorgere un alto edificio in vetro e acciaio che, per la sua impronta decisamente moderna e per l'assoluta purezza formale, concluderebbe degnamente quel discorso architettonico, iniziatosi nel passato e protrattosi nei secoli, di
cui piazza S. Oronzo costituirebbe così una delle sintesi veramente impareggiabile.
Durante le giornate del 14, 15 e 16 novembre, nell'Aula Magna della Università
Salentina, si sono indi svolti i lavori del VII° Convegno Nazionale di Urbanistica.
Il tema di studio per quest'anno è stato « IL VOLTO DELLA CITTA' », arzomento questo che, a prima vista, è potuto sembrare un semplice ripensamento
critico degli urbanisti su quanto precedentemente era stato da essi realizzato, una
pausa cioè nel vero e proprio lavoro di pianificazione urbanistica. Si è trattato di
esaminare e discutere il concetto di « townscape », termine già acquisito dall'urbanistica inglese e che, in italiano, può approssimativamente tradursi con « arredo
urbano ». L'applicazione di tale concetto comporta l'esame accurato di quei particolari, finora trascurati nella progettazione di un piano edilizio (panchine, aiuole,
alberature, illuminazione, pavimentazioni stradali) e che servono invece a trasformare un freddo aggregato di edifici e strutture in un ambiente confortevole ed
abitabile.
L'importanza di questo « arredo urbano » è stata sufficientemente illustrata dagli arch. Giovenale e Gellner e dall'ing. Giordani con l'analisi, rispettivamente, dei
quartieri dell'INA-Casa, del Villaggio dell'ENI a Borca di Cadore e dei borghi del
Delta Padano.
Il Convegno è così entrato nella fase più interessante dei suoi lavori. La « round
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table » (o tavola rotonda), composta dagli architetti Giancarlo De Carlo, Piero Moroni ed Eduardo Vittoria, ed i numerosi interventi di altri urbanisti, hanno cercato
di risolvere i vari problemi connessi ad una valida attuazione del « townscape ».
Questo dialogo, che in alcuni momenti ha raggiunto punte decisamente polemiche,
avrà certamente meravigliato — e forse anche deluso — chi si aspettava una concreta ed univoca soluzione di tali problemi. I nomi spesso ricorrenti di Kafka e
Baudelaire, la sottile ma sterile dialettica intorno a concetti come : « solitudine dell'uomo moderno », « utopia della forma e utopia sociale », « rapporto esistenziale e
miscredenza », « edonismo culturale e necessità di critica nella fantasia » possono
aver fatto pensare, infatti, più ad un convegno di studi filosofici o letterari che ad
una riunione di architetti urbanisti.
Da tale schermaglia verbale sono però emersi alcuni concetti che, ciascuno per
il particolare apporto all'insieme del problema trattato, hanno contribuito a tracciare un quadro abbastanza crudo ed efficace della città moderna e degli interrogativi posti dal « townscape », così efficacemente sintetizzati da Bruno Zevi : « La
città antica presenta una forma conclusa, proiezione d'un potere politico ed economico accentrato : un quadro omogeneo ben separato dalla campagna e spesso murato. La città moderna ha invece una forma aperta, che divora la campagna, esclude
composizioni prospettiche di masse gerarchicamente determinate e affida le sue
attrattive a una molteplicità di visioni spaziali attingibili attraverso percorsi veloci.
Il gruppo, il clan, il quartiere sono entrati in crisi; non sarà certo un arredo urbano
migliore che potrà riscattarli. L'automobile e la motocicletta hanno distrutto la
comunità, il « vicinato antico »: opporsi a questi fenomeni ricorrendo a surrogati
decorativi è ridicolo. Un buon arredamento è auspicabile ma non basta a trasformare una vecchia casa in una casa moderna, e meno ancora una città. Anzi, l'esperienza dell'ultimo mezzo secolo dimostra che, tentando d'intonare la città moderna
all'antica, si distrugge quest'ultima senza offrire nemmeno una contropartita funzionale per l'uomo contemporaneo ».
I lavori del VII Convegno, che molti urbanisti hanno definito il più concreto
di quelli organizzati dal'INU negli ultimi anni, si sono conclusi con la constatazione che i problemi di creare un volto alla città moderna, di determinare e mantenere continuamente quella « forma aperta », caratteristica peculiare della città
contemporanea, di condurre ad una urbanistica compenetrata dalla critica d'arte
— riservata finora alle sole manifestazioni architettoniche e non anche alla pia
nificazione urbanistica — potranno essere seriamente affrontati e risolti soltanto
dopo la formulazione di un nuovo codice dell'urbanistica.
Agli urbanisti italiani, quindi, il compito di formulare nei mesi futuri l'auspicato codice, da presentarsi al prossimo convegno che si terrà a Roma, nell'autunno del 1960.
FERRUCCIO MORELLO
IL MEZZOGIORNO NELL' ETA' SVEVA
Il 2° Congresso internazionale indetto dalla Società pugliese di Storia Patria,
svoltosi a Foggia dal 26 al 29 ottobre 1959, merita di essere ricordato non solo per
la sua perfetta organizzazione, ma sopratutto per la sua felice riuscita.
Particolarmente intense e proficue sono state infatti le giornate dedicate allo
studio dell'età sveva, particolarmente chiare e determinanti le relazioni dei dotti
storici di varie nazionalità che hanno posto nella più sicura e completa luce — a
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cominciare dal Medio Evo — la formazione della cultura, del pensiero e di ogni
altra concezione etica e sociale per il divenire di una nostra civiltà.
Come dicevamo, numerose sono state le relazioni ognuna rivolta a studiare,
illuminare e valutare un particolare aspetto della complessa opera giuridica, culturale e militare di Federico II.
Prima di tratteggiare per i nostri lettori una sintesi del periodo storico svevo
desideriamo avvertire che continuando nella sua opera, la benemerita Società
pugliese di Storia Patria, per bocca del suo attivo e valoroso Presidente, ha annunciato lo svolgersi, il prossimo anno, del 3° congresso del nuovo ciclo (su « Il Regno
dalla unità normanna alla unità italiana ») a Lecce, sull'Età Angioina. Si aggiungerà così un nuovo capitolo dimostrativo del contributo del Mezzogiorno alla formazione della più vasta unità nazionale e alla cultura italiana : contributo costante
che non venne mai meno : dal periodo normanno a quello svevo, a quello angioino,
sino all'unità.
Occuparsi della storia dell'età sveva, significa inevitabilmente di mettere a
fuoco la poliedrica opera di Federico II, il « fanciullo di Puglia », il cui governo
segnò per la nostra regione il periodo di massima gloria in ogni campo : da quello
politico a quello artistico, culturale e sociale.
Va subito detto per l'esattezza della storicità dell'età sveva che l'opera federiciana non può riguardarsi come rivendicazione in esclusiva di una o più regioni
d'Italia, ogni tentativo in questo senso mortificherebbe la grandezza e l'originalità
della filosofia e dell'etica sveva, che segna invece una felice novità creativa nella
vita dell'umanità.
Il Congresso Internazionale di Studi sull'età sveva, tenutosi a Foggia dal 25
al 29 ottobre 1959, ad iniziativa della Società Pugliese di Storia Patria, ha operato
appunto in questa luce di verità storica, ponendo nella dovuta evidenza l'importante posizione di sintesi che la cultura meridionale sotto la guida di Federico seppe
raggiungere, realizzando felice fusione del pensiero di occidente con quello di
oriente, in una unità nazionale nella quale le componenti confluivano per iniziare
quel naturale processo di liberazione dalle particolari influenze : dallo stile pugliese
meridionale federiciano con accenti greco romani e dallo stile bolognese-federiciano
con evidenti accenti franco-provenzali.
Un arco luminoso di particolare valore storico, dunque, il periodo che vide
Federico II imperare con criteri umanistici di nuova fattura che fissano nei secoli
il volto di una Puglia protagonista di pregevoli trame di arte, di poesia, di libertà
e di diritto.
Attraverso le interessanti relazioni dei più qualificati storici di Europa, l'età
sveva oseremo dire che è stata compiutamente illuminata, in una rievocazione ri gorosa, per una valutazione precisa del suo apporto allo sviluppo della futura storicità:
sono le vicende dense di drammaticità di Federico II, a soli 14 anni già protagonista
di governo e al centro di furiose dispute che vedevano Ottone IV di Baviera contro
Filippo Augusto di Francia e il Papa Innocenzo III.
Re di Sicilia e di Germania a soli vent'anni, Federico II impegnava tutto se
stesso all'ambita secolare aspirazione tedesca di restaurare l'Impero d'Occidente
sulle antiche orme romane; il suo sogno doveva divenire realtà nel 1220 con la
solenne incoronazione avvenuta in S. Pietro, il 22 novembre, per mano di papa
Onorio.
Comincia quindi la sua opera che può considerarsi veramente storica, opera
che dovrà lottare duramente prima di vincere per esternarsi nel tempo. La sua
saggezza, il suo acume politico, la sua preparazione culturale e la sua gentilezza
d'animo lo porteranno ad avere presto ragione delle resistenze feudali dei baroni
tedeschi da una parte e dei Saraceni ribelli dall'altra. Nascerà così dalla sua opera
restauratrice e creatrice quella fisionomia del nuovo stato unitario, nel quale favoriti dalla cultura, si apriranno nuovi traffici e nuovi commerci mentre nasceranno
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le prime manifestazioni di un'economia industriale e l'agricoltura assumerà un
nuovo ruolo, dando nuova linfa alla vita ed alla fortuna delle nostre genti.
Morta nel 1923 Costanza, sua prima sposa, Federico II pensa ad un secondo
matrimonio subordinato però alla ragione di Stato, sceglie perciò Isabella di Brienne, figlia del Re di Gerusalemme.
Si prepara quindi alla Crociata in Terra Santa, per la quale aveva preso formale
impegno in obbedienza a precisa commissione conferitagli dal Concilio del Laterano ; sarà il nuovo papa Gregorio IX successore di Onofrio a deciderlo a partire,
rompendo gli indugi e le dilazioni sempre frapposte per aver tempo a consolidare
il suo potere che nel Nord d'Italia accanitamente e irriducibilmente gli contestavano i Comuni della Lega Lombarda, nonostante l'opera mediatrice di Onorio III
ed i suoi stessi tentativi di pace nella dieta di Cremona.
La prima partenza per la Crociata avvenuta da Brindisi nell'agosto del 1227,
purtroppo non andrà a compimento; solo dopo pochi giorni un'epidemia scoppiata fra gli equipaggi ne provocherà l'interruzione.
Nel 1228 però la Crociata verrà ripresa sotto la spinta della reazione papale :
rapida vittoria le arriderà, eternando Federico II anche per le sue virtù militari.
L'ambiziosa tentazione di incoronarsi Re di Gerusalemme però vincerà a sua volta
il glorioso condottiero e questo basterà per alienargli la simpatia e la riconoscenza
del Papa al punto da farlo accorrere in patria per respingere un'invasione del Regno
provocata dallo stesso papa Gregorio IX.
Ancora una vittoria delle armi arriderà al giovane imperatore che detterà,
affine, le condizioni di pace alle quali il papa dovrà arrendersi; ne seguirà un
periodo di pace che durerà meno di 10 anni impiegati da Federico II in opere
di progresso e di riforma, culminate in quel magnifico monumento di saggezza
amministrativa chiamato Costi tutiones, promulgato nel 1231 da Melfi con il quale
veniva realizzato per la prima volta lo Stato unitario, regolato da unitaria legislazione in sostituzione delle vecchie assise normanne.
Le lotte, gli intrighi e le ostilità lungi dal cessare però riprenderanno più
violente che mai esplodendo un po' dovunque in incendi violenti: in Germania
la miccia sarà accesa dal risentimento che la politica imperiale in Italia, in Germania dai Comuni ribelli alleati con il papa. Gli uni e gli altri verranno piegati
con la forza, ma l'incendio riprenderà a divampare : ancora, a Milano, ad Alessandria, a Brescia. Nuove vittorie dell'Imperatore, maggiore accanimento negli avversari, particolarmente nei Comuni e nel papa, non rassegnati alla grave sconfitta
dì Cortenuova nel 1237.
A colmare la misura degli odi fra Chiesa e Federico, verrà non ultimo il
matrimonio del figlio Enzo con Adelaide di Torres e di Gallura, con conseguente
possesso della Corona di Sardegna.
Ne seguirà una nuova scomunica di Gregorio IX all'Imperatore, ma da questo
momento gli esiti degli scontri armati saranno alterni : alle armi imperiali arriderà ancora il successo in Toscana, mentre insuccessi su insuccessi si abbatteranno
su di esse in Val Padana, in Romagna e nella stessa Roma nella quale un moto
popolare favorevole al papa avrà la meglio.
Neppure la morte di Gregorio IX porrà fine alla lotta; Innocenzo IV che gli
succederà, deciso di giungere all'epilogo, fuggirà da Roma e correrà a Lione per
decretare in concilio un'altra scomunica ed aizzare contro l'Imperatore una santa
crociata.
Sarà l'inizio delle disgrazie e dei rovesci per Federico contro il quale si cominceranno ad ordire anche tradimenti, primo fra tutti quello di Parma. L'Imperatore, battuto dai parmensi si rifugierà a Cremona; le sconfitte si moltiplicheranno e si susseguiranno portando sconforto e sbandamento: Enzo verrà fatto
prigioniero dai Bolognesi a Fossalto; Pier della Vigna — fedele cancelliere — verrà
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allontanato dalla Corte che rotolerà sempre più giù. A nulla serviranno ormai bagliori isolati di ripresa : in Germania ad opera di Corrado, in Italia Settentrionale
per merito del Vicario Ezzelino da Romano. La morte verrà a strappare dalla
completa rovina uno dei più grandi Principi della storia ; perchè la gloria non
perda nella polvere tutta la sua lucentezza il faro di Federico II sfuggirà alla
distruzione degli uomini ed il 3 dicembre 1250, a Fiorentino, fra Foggia e Lucera,
si appunterà nel Cielo, al di sopra degli uomini per indicare loro la nuova strada
tracciata dal Sovrano.
Un attento cronista del nostro Congresso, a ragione, ha detto che lo stesso
Congresso ha avuto come obiettivo principale, quello di porre nella giusta luce
gli aneliti più congeniali alla natura di un poeta, di un artista, di un legislatore
più che di un uomo di guerra, quale fu indubbiamente Federico II, anche se tuttora
sono ancor più noti i caduchi fatti d'armi dell'Età Sveva, anziché le immortali
espressioni d'arte che questa Età ha lievitato.
Non mancano ancora oggi testimonianze superstiti dell'architettura federiciana, civile, militare e religiosa; sono testimonianze che meravigliano quanto i documenti di scienza politica e amministrativa, della genialità militare, della sapienza
scientifica filosofica e culturale di Federico. Si tratta di cattedrali, palazzi e castelli che conservano ancora un preziosismo miracoloso che il divenire dei popoli
non ha superato; in esse come in tutta l'opera federiciana mentre si incastonano
tre esperienze, ognuna delle quali rappresenta una civiltà: quella latino-germanica,
quella araba ed infine, quella normanna, contemporaneamente si annunciano forieri di vie nuove per l'arte, il rinnovamento e la libertà.
Anche da noi, nel Salento, non mancano costruzioni che ricordano Federico
e la sua grandezza: i castelli di Oria, Brindisi, Ginosa, Fulcignano, S. Vito e la
Torre Quadrata di Leverano, dai motivi gotici-ghibellini.
Tali impronte tanto più significato hanno quanto più si consideri la costante
ribellione che la Contea di Lecce oppose alla nuova vita del Regno; non vi
è dubbio che esse furono favorite dalle condizioni di eccezionale evoluzione
della Contea, pronta ad assorbire ogni flusso che valesse a fare fiorire sempre
più e sempre meglio il già fiorito albero della sua signorile esistenza.
Contro questa costante tendenza ad assorbire i più validi motivi di progresso
civile, a nulla varranno gli intrighi e le congiure che si tenterà di ordire; inutilmente alla morte di Albiria e dopo la partenza del piccolo Gualtiero per Gerusalemme (ivi chiamato dallo zio, il Re Giovanni), aristocratici e clero tenteranno di
sollevarsi contro lo Svevo ponendosi sotto bandiera papale!
Federico II stroncherà sul nascere il tentativo e domerà prontamente ogni
velleità.
La successiva sconfitta sul fiume Iri di Giovanni e di Gualtiero rientrati da
Gerusalemme ed impegnati nell'ultima disperata battaglia per la riscossa della
Contea non fa che sanzionare il consolidamento del potere svevo su Terra d'Otranto.
A conclusione di queste brevi note e per una più esatta valutazione del contributo del Mezzogiorno nell'età sveva, riteniamo necessario riportare la luce
dominante derivata dal Congresso di Foggia.
Grazie a tale luce, ci pare che nessun dubbio più sussista nel considerare la
scuola aulica siciliana come un fenomeno assolutamente autonomo la cui derivazione come preparazione immediata è da ricercare nella civiltà siciliana del periodo normanno.
Il fatto però che, in Italia, solo alla Corte di Federico II sorge una lirica
siciliana che, valendosi delle esperienze poetiche precedenti, ripete i canoni della
poetica occitanica, permette che formuli il quesito se questa scuola sia stata
non solo promossa, ma direttamente ideata dall'imperatore, sul modello di quanto
il nonno e il padre avevano realizzato, in tedesco, nella Svevia.
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Una dimostrazione impostata su temi e situazioni, oppure su quadretti d'am
biente, oppure su problemi dell'amore « curiale » non potrà dare risposta a questo
quesito, dato che anche il Mimesang ripete, senza particolari innovazioni, la scuola
occitonica e lo stesso fra la scuola lirica siciliana.
Quando poi si tratta, come nei migliori di questi poeti, di brevi descrizioni
ambientali o dell'elaborazione di elementi che, con qualche esagerazione, potremmo
chiamare « popolari », l'esame del Mimesang — canto d'amore di imitazione provenzale, riveduto e approfondito negli ultimissimi anni, quello della lirica provenzale e di quella aulica siciliana —, ha sempre dimostrato che riscontri, alle volte
di coincidenze verbali, si trovano in letterature molto lontane e certamente sconosciute nell'occidente cristiano nel periodo delle crociate: sono elementi popolari
primordiali che si trovano dovunque e quindi non stonano né in Italia, né in
Germania.
Fino a qual punto, poi, la poesia latina medioevale abbia potuto ispirare i
lirici cavallereschi dei due paesi propagando elementi di poesia popolare non fu
ancora sufficientemente esaminato e, forse, non è nemmeno rilevante; comunque
ciò non porterebbe ad una soluzione degli eventuali rapporti genetici fra poesia
cavalleresca tedesca e siciliana alla Corte di Federico.
Quando si tratta di fenomeni letterari e culturali — è stato autorevolmente
affermato e noi ne conveniamo — ogni fatto di qualche importanza nel dominio
della poesia merita di essere liberato e studiato nel suo ambiente locale, sempre
tenendosi presenti tutti i fatti analoghi che ricorrono anche fuori delle lingue
neolatine, tanto più che la preferenza di una lingua all'altra ebbe un'importanza
realmente secondaria ; tale è il caso dei fenomeni della « nostra » epoca di europeismo che è quella della crociata.
In questo modo, nel segno dell'unità spirituale ed ideale del periodo della
Crociata, romanistica e germanistica dovranno considerarsi supplementari e perciò mantenere i più stretti contatti.
Solo così potremo ricostruire un periodo storico particolarmente affine, nelle
sue tendenze europeistiche, al nostro, certamente non facile nella sua valutazione.
MARIO MOSCARDINO
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