1.8 Mb - pdf - Comune di Menaggio
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1861 2011 Anno IX - Numero 3 - Dicembre 2011 Notiziario del Comune di Menaggio - Via Lusardi, 26 - 22017 Menaggio (CO) - Registrazione del Tribunale di Como n. 3/2003 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento postale - 70% - DCB COMO - Direttore Responsabile: Alberto Bobba - Grafica/Stampa: www.nuovaera.info Care concittadine e cari concittadini, come di consueto spetta al sottoscritto, in veste di Sindaco di Menaggio, l’apertura di questa nuova edizione del nostro notiziario comunale. E’ un’uscita particolare perché siamo alla fine del 2011, un anno strano non solo a livello locale ma purtroppo e soprattutto a livello internazionale. Ma nonostante questo scenario, sono comunque felice e onorato di poter entrare nelle Vostre case ed idealmente stringere la mano a tutti, augurando ad ognuno Buon Natale e Felice Anno Nuovo. Quello trascorso a detta di molti non è stato in assoluto un buon anno e le considerazioni al riguardo hanno per troppo tempo riempito le pagine dei giornali. Non ho voglia e sinceramente non mi interessa fare ulteriori disamine contingenti o ricavare alchimie contabili o finanziarie della situazione italiana ed internazionale attuali; lasciamole fare al nuovo governo, sempre che possa incidere, senza aspettarci troppo. Preferisco guardare a Noi, a quello che ci sta attorno, a quello che stiamo facendo come Amministrazione comunale e a quello che vorremmo fare in futuro. Ripensandoci un poco, però, mi vien spontaneo dire: “In fondo per sapere cosa sta facendo e dove vuole arrivare l’Amministrazione basta riprendere in mano il depliant elettorale di 7 e di 2 anni fa e rileggerlo attentamente”. Lì continua a pag. 2 sommario in primo piano 5 9 VAS: PRIMA SERATA DI PRESENTAZIONE UN 2011 POSITIVO PER GLI ANZIANI 11 PAULLO, LE FOTO DELLA CASTAGNATA 19 SPECIALE 150° UNITA’ D’ITALIA segue da pag. 1 verificheremo il lavoro fatto in questi anni e quanto ci manca per completarlo, con idee, progetti e opere. Un’opera, infatti, di qualsiasi genere e specie, ha bisogno di un’idea, programmazione e progettazione, un finanziamento e una realizzazione. Ma soprattutto ha bisogno di condivisione. Alcune opere sono in fase di realizzazione ed altre, invece, in quella fase in cui “tutto sommato ….. sarebbe meglio non parlarne”, o quanto meno parlarne poco e soprattutto con cognizione di causa e non come troppo spesso accade cercando il pelo nell’uovo, strumentalizzando il tutto per cercare di screditare “gli altri”, esclusivamente per un proprio interesse. So che quest’ultima frase susciterà delle inevitabili critiche da parte di qualcuno e sarò accusato di prepotenza ed altro, ma da che mondo è mondo alcuni equilibri in particolari fasi di realizzazione progettuale è meglio siano sviluppati nelle sedi preposte e competenti, secondo regole precise e trasparenti, e soprattutto in silenzio. So che la stragrande maggioranza condivide questo mio modo d’agire avendomi concesso per ben due volte, nel 2004 e nel 2009 il proprio appoggio elettorale. Insomma, compatti fuori e compatti dentro. Vi assicuro, infatti, che la maggioranza è solidissima. E questo non per ” excusatio” non richiesta, ma semplicemente perché alcuni cittadini mi hanno rivolto tale domanda. Maggioranza coesa per raggiungere gli obiettivi prefissati, con una forte condivisione di intenti e di obiettivi comuni. Il cammino sarà duro e, come lo è stato sin qui, costellato da burocrati provinciali e regionali che dall’alto del loro “potere di veto”, giocano una partita tutta loro contro i cittadini ed il comune senso della ragione. E’ così che le nostre nuove scuole elementari avranno dei pilastri, non tanto “portanti” considerando che il loro consolidamento costerà 200.000mila euro, duecento mila euro in più per le 2 IN PRIMO PIANO casse comunali e quindi per i cittadini di Menaggio, pilastri all’interno della palestra a sostegno delle volte, vecchie di 80-90 anni, lasciate lì forse per ricordare come si lavorava allora e non certamente per altri motivi. Scherzo? Non ci credete? Incomprensibile, ma tutto vero! Ed ancora, come facciamo ad andare a Nobiallo e dire: cari Signori, abbiamo trovato l’Ente (Consorzio del Lario e dei Laghi minori) che ci finanzia completamente il pontile galleggiante che ci avete richiesto giustamente ed insistentemente, ma non lo faremo mai perché la sopraintendenza e la “Provincia” ci hanno negato il permesso, perchè “deturpante” il paesaggio. Sempre le stesse ed oramai monotone ragioni (si fa per dire!), sempre uguali frasi da copia - incolla. Ancora non si capisce perché i cittadini di Varenna (giusto per fare un esempio) non sono “disturbati” da un piccolo ponte e da due barchette a rami ad esso ormeggiate e quelli di Menaggio sì. Ma non è lo stesso Lago? Forse è giunto il momento che anche la formica si ribelli e faccia sentire la sua voce. Qualche giorno fa, in occasione della ricorrenza della Virgo Fidelis, il 21 novembre scorso, celebrata nella chiesetta di Nobiallo, molti Sindaci si sono ritrovati per partecipare alla cerimonia ed è stata in quell’occasione che tutti hanno manifestato la loro singola impotenza verso queste istituzioni che indiscriminatamente e spesso con poche giustificazioni compromettono il loro lavoro, tanto da far considerare la necessità di recarsi a Milano e Como per manifestare con tanto di fascia tricolore sul petto il proprio disappunto e la loro contrarietà nel vedersi bocciare regolarmente i progetti, gettando al fuoco decine e decine di miglia di euro. Qualcuno si domanderà, forse giustamente, “ma il nostro Sindaco è un poco alterato? E’ stato punto dalla tarantola?”. Né l’uno né l’altro, o meglio un poco alterato lo sono quando vedo vanificato il lavoro di tanta gente e quando sento blaterare senza costrutto; semplicemente vorremmo chiedere maggiore collaborazione e un po’ di buonsenso in più anche a costo di sovvertire alcuni canoni ed andare contro determinati pretestuosi “dettati”. Ma si consolino i cittadini di Nobiallo, (oggi sono loro il mio primo pensiero): a breve partiranno i lavori di pavimentazione della via per S. Anna (2 anni per vincere la burocrazia) e saranno sistemati i valletti esistenti (sempre che non arrivi qualcuno in divisa o con un tesserino a fermare tutto). Per quanto riguarda la ex- cava di gesso, siamo all’assegnazione della progettazione definitiva-esecutiva, poi spazio al bando di gara e quindi il via ai lavori. Non me ne vogliano i Concittadini di Croce e Loveno, se parlerò poco di Loro, son certo che avranno capito il senso del mio discorso. Anche per loro comunque ci saranno presto novità. Il demanio, sembra finalmente deciso ad alienare alcune proprietà, così che l’ex-tiro a segno con annesse costruzioni sarà ceduto al Comune. Bisognerà pensare al da farsi e trovare le risorse per adeguare la proprietà. Ma saranno molteplici le piccole opere “qua e là” per il territorio. Abbiamo ricevuto, da parte di un’associazione di società private, la proposta di realizzare parcheggi interrati. L’Amministrazione ha aggiunto altre richieste: se “son rose fioriranno”. Buon Santo Natale a tutti con l’augurio che il prossimo anno sia foriero di tante buone novità e soprattutto che ci porti pace con noi stessi e con chi ci sta accanto. Il Vostro Sindaco, Alberto Bobba “Spread, magistrati, Cina e sindacalismo” Ecco il famoso discorso integrale del 4 novembre Care concittadine e cari concittadini, porgo a Voi il saluto per la partecipazione a questa Cerimonia che commemora la fine vittoriosa della prima Grande Guerra e la riunificazione territoriale della Nostra Patria. Come tutti gli anni questa ricorrenza ci permette di fare alcune considerazioni su ciò che sta accadendo in Italia e nel mondo. E soprattutto domandarci: come va? Non va bene. Anzi va male, malissimo, anzi peggio non potrebbe andare. Non siamo sull’orlo del baratro, stiamo precipitando dentro il baratro. Siamo ormai in caduta libera ed inarrestabile. Certo non va bene ma, meno colpevoli di quanto si voglia far credere, non va peggio rispetto ad altri, come ad esempio Francia e Germania, per non parlare di chi è veramente in crisi, come la Grecia, e della Spagna, che sembrava sul punto di sorpassarci e poi ha avuto un brusco arresto. Ma c’è una differenza: noi amiamo denigrarci, parlarci addosso, svilirci, in tutto ciò supportati dalla magistratura (l’ultima è di pochi giorni fa, quando un solito noto magistrato si è definitivo “Partigiano della costituzione”. Ma partigiano non vuol forse dire essere di “parte”? Ma non dovrebbe essere imparziale ed obiettivo?), da stampa e tv, da un’opposizione che, senza programmi alternativi, tresca sempre e comunque pur di abbattere l’odiato nemico, incurante ed indifferente al fatto che con ciò mette a rischio l’Italia. Nel frattempo siamo nel bel mezzo di un ponte: non di quelli che vanno giù con la piena dei fiumi ma di quelli solidi che servono a far festa, di quelli che, coniugando e collegando “il venerdì col martedì, col giovedì e la domenica successiva”, permettono non solo di non lavorare una settimana ma, finalmente, di potersene andare in vacanza. Se si deve credere alla televisione ed alla stampa, vangelo e verità assoluta quando sparla e sproloquia di certi personaggi ed argomenti cui siamo tutti estremamente attenti, tra gite fuori porta, viaggi un po più in là della porta, visite a città d’arte, godimento della natura nei paradisi agrituristici, viaggi all’estero, tuffi nei mari dei paesi tropicali e via oziando e spendendo, quelli che scelgono di partire sono in numero impressionante, roba da esodo biblico. E non è ancora stagione per le settimane bianche. Boh! Crisi? Non capisco! Per fortuna adesso abbiamo gli indignati che ci riportano alla realtà e ci mostrano le cose nel loro giusto valore e nella loro corretta dimensione. Come? Ripensiamo a Roma qualche giorno fa: tutti abbiamo visto, inutile ripeterci. Ma non sono loro! Sono i “neri cattivi”! A parte il fatto che non si capisce bene di che cosa siano indignati, mi domando dove tanta gente trovi tempo e soldi per viaggiare, mangiare, bere, vivere, insomma partecipare ad ogni manifestazione, sciopero, corteo, agitazione. Ed è inoltre ormai assodato per lunga esperienza che i “neri cattivi” sfruttano tutte queste occasioni per fare ciò che abbiamo visto loro fare, sicuri che nessuno torcerà loro un capello, tollerati da Polizia e Carabinieri che ricevono ordini dall’alto di non intralciare troppo le loro bravate sanguinarie, magari di farsi ammazzare piuttosto che far loro la “bua”, DALLA CASA COMUNALE 3 protetti in altissimo da qualcuno che riserva loro mille riguardi, un buffetto e via senza condanna. E allora, se nonostante tutto ciò si decide di mettere a repentaglio la vita, la salute, i beni degli altri per dimostrazioni di dubbio contenuto, allora sì è criminali complici dei criminali. Giova peraltro rammentare che la nostra situazione è determinata soprattutto dal debito pubblico accumulato da altri molto tempo fa, anche con il voto di scambio: posti pubblici, pensioni baby, privilegi a vario titolo in cambio di voti - il tutto sponsorizzato dalla sinistra comunista che oggi si straccia le vesti - oltre che dallo scandalo della finanza creativa soprattutto americana, con la massima rappresentanza in negativo della Lehman Brothers. Ci sono poi le agenzie di rating (Moody’s, Standard & Poor’s, ecc.) che tutti ascoltiamo terrorizzati e scandalizzati senza sapere che cosa siano ma soprattutto chi siano; lobby finanziare ed economiche, in sostanza gruppi d’affari che, anche ammesso che si muovano nel lecito, agiscono nel loro interesse, con giudizi che possono favorire aree di speculazione nelle quali intervenire a loro vantaggio e naturalmente a svantaggio dell’area colpita, oppure ancora con giudizi che possono screditare un governo, a favore o vantaggio di un altro a loro più gradito magari perché più malleabile e manovrabile. Dice niente la vicenda libica? L’Italia aveva accordi vantaggiosi che non andavano bene alla Francia che si è alleata all’Inghilterra, anche lei in cerca di “spazi” e con la complicità di un pavido, inetto e incapace (o furbo complice) Barak Obama è successo quel che è successo in nome della giustizia, della libertà e della democrazia ed intanto, al posto di un dittatore, abbiamo portato al potere ancora non sappiamo chi. Forse 4 DALLA CASA COMUNALE l’integralismo islamico? L’importante è il “dagli all’untore”, scagliarsi contro il demonio, insultare e colpevolizzare il capro espiatorio, volutamente dimenticando che costui è stato trascinato per i capelli (si fa per dire, in modo figurato) da fatti ed eventi superiori. Per inciso è da ricordare che la seria ed affidabile Standard & Poor’s (e perché non lo si dice?) alla vigilia dello scoppio della bolla finanziaria, aveva pubblicamente promosso, in una delle sue periodiche valutazioni la Lehman Brothers, a pieni voti! C’è poi il Made in Italy fabbricato in Romania, dove il costo del lavoro è un quarto rispetto all’Italia; la Cina che importa mafia e porcherie di ogni genere ma stiamo zitti perché facciamo affari, ed anche i prodotti di qualità, ce ne sono, sono prodotti a paghe da fame (quella vera) senza garanzie sindacali, con lavoro minorile e giornate da 12-14 ore per 7 giorni settimana, e la serafica Camusso non ha nulla da dire. Ed ora la Cina interviene anche in supporto ed a garanzia della crisi europea! Come, non lo so, ma così è. Ma c’è anche vivaddio e viva l’Italia, un Made in Italy che va alla conquista dell’America, la FIAT di Marchionne. Affrancata da un passato dove con la complicità di partiti al potere, DC e PCI, e potenti sindacati, la CGIL di Luciano Lama, quando gli utili erano privati e avviati in Svizzera e nei paradisi fiscali e le perdite erano sociali, quindi pagate da tutti, oggi non è più a spese delle tasche degli italiani. Oggi è una realtà che investe, dà lavoro, produce e finalmente manda all’inferno la Marcegaglia e la Camusso, vecchi arnesi di un soviet ormai sorpassato e finito, se si vuol stare al passo con i tempi e competere veramente col mondo globale. Per fortuna c’è anche un’Italia che lavora e che lavora sodo. E’ l’Italia che commemora oggi, nelle piazze all’ombra dei monumenti, i Martiri del passato e plaude coloro che lottano lontano dalla nostra Patria per la Pace e la Libertà nel mondo, che non speculano, che soffrono e danno anche la vita per questi ideali. C’è per fortuna anche un’altra Italia che va oltre la crisi e sa già cosa fare, ed è l’Italia di tutti quegli Amministratori onesti che sanno di non essere la causa dei costi della politica, anche se ipocritamente così si maligna; amministratori che continuano ad amministrare pur nelle gravi e pesanti difficoltà attuali e che speriamo un giorno possano anche loro far vera politica. Ringrazio tutti i presenti per la partecipazione, le Autorità Civili, Religiose, le Associazioni d’Arma che con le loro Bandiere e Insegne hanno onorato questa ricorrenza. Ringrazio gli studenti della Scuola Primaria e Media e le loro insegnanti e i loro insegnanti. Ringrazio il Corpo Musicale di Loveno, quest’anno assurto agli onori nazionali, che ci ha accompagnato in questa ravvivante mattinata ed invito tutti per un brindisi “scaccia crisi”, detto veramente col cuore, al bar del campo sportivo. Il Sindaco Alberto Bobba PGT, “ok” la prima presentazione della VAS L’Assessore Guaita commenta i risultati raggiunti Nella giornata dell’11 novembre, alla presenza di oltre 50 cittadini e di 11 associazioni su 60 invitate, presso la Sala Consiliare di Menaggio si è tenuta la prima presentazione della Vas (Valutazione Ambientale Strategica). Un appuntamento importante, introdotto dal Sindaco Alberto Bobba che ha voluto ringraziare gli operatori che hanno contribuito e stanno contribuendo alla buona riuscita del Pgt (Piano di Governo del Territorio). L’Assessore all’Urbanistica Francesco Guaita è poi entrato nel merito del Pgt, illustrandone innanzitutto la filosofia di fondo. “Menaggio è punto centrale di un’ampia area della sponda occidentale del nostro lago, dunque la gestione del territorio non solo deve tener conto dell’attuale realtà demografica ma soprattutto deve prevederne il potenziale sviluppo territoriale – ha sottolineato Guaita - Proprio per questo il Pgt che si va formando non è una semplice continuazione, con una sigla differente, del PRG (Piano Regolatore Generale). Tutt’altro: è uno studio molto approfondito che ha richiesto molti anni di lavoro e che tiene conto anche di aspetti del passato, quale ad esempio la carta del Catasto Teresiano, che può fungere da modello di vissuto storico, indispensabile per capire e pianificare il futuro. L’obiettivo è quello di fermare il deterioramento del territorio, senza però frenarne lo sviluppo”. Dopo l’Assessore, la Dott.ssa Adriana Paolillo, Dirigente della Provincia di Como, ha spiegato in modo sintetico l’intera traccia degli indirizzi e degli obiettivi pianificati e condivisi con il Comune di Menaggio. Gli Architetti Ivana Lucchesi e Silvia Raitè, progettisti dell’intero Pgt, hanno invece illustrato l’iter del Piano e gli spunti che hanno portato alla formazione dell’ossatura del Documento. L’Architetto Lucchesi ha confermato la centralità e l’importanza di Menaggio per il territorio del centro ed alto lago, elencando poi tutti gli studi paralleli finora svolti(Studio Geologico, Piano Arboreo e Vegetazionale, Piano Faunistico, Piano Climatico, Piano Illuminotecnico, Piano Cimiteriale, Piano Acustico, Piano Idrico ed Approvvigionamento, ecc), invitando di volta in volta ogni professionista ad illustrare il proprio lavoro. Devono invece essere ancora completati il Piano della Sicurezza, il Piano dei Servizi del Sottosuolo, il Piano Ecologico, il Piano Inquinamento Elettromagnetico, il Piano Viario/Urbanistico ed il Piano delle Perequazioni. “L’importanza di Menaggio ci ha spinto ad adottare per il Pgt degli standard di qualità elevati. Per questo ad ogni singolo settore sono stati dedicati studi spe- cifici e dettagliati nei particolari – continua l’Assessore Guaita - La bontà della strutturazione del Pgt è testimoniata anche dal fatto che la Provincia stessa ha elogiato il lavoro fin qui svolto. Siamo a buon punto e il cammino prosegue spedito perché, entro il 31 marzo 2012, il Pgt deve essere adottato, questo è l’obiettivo che il Sindaco e la Maggioranza si sono dati. Per quanto riguarda il Piano Urbanistico, dagli studi fatti è risultato che abbiamo ancora oltre il 10% di edificabilità rispetto all’attuale edificato. L’Architetto Ivana Lucchesi, su nostre indicazioni, ha approntando uno studio volto a salvaguardare e contenere l’espansione edificatoria, non per bloccarla ma per gestirla correttamente e farla crescere in armonia con il contesto territoriale. Il Piano Idrico è stato particolarmente impegnativo, basti dire che la relazione finale è di ben 86 pagine; lavoro, questo e quello finora completato dai vari professionisti, ben visibile e scaricabile dal sito del comune www. DALLA CASA COMUNALE 5 Menaggio e il suo territorio come appare nel Catasto Teresiano del 1722 (fonte: Archivio di Stato di Como) menaggio.com, nella sezione dedicata al Pgt. Dal punto di vista geologico abbiamo delle criticità, costituite in particolare dal fiume Sanagra, come per esempio la “forra dell’orrido del Forno”, zona che non deve essere sottovalutata a causa dei suoi pendii molto franosi, così pure tutta l’area della cava di Nobiallo, quest’ultima in fase esecutiva del noto progetto di bonifica, ma che in ogni caso 6 DALLA CASA COMUNALE dovrà essere perennemente monitorata. Il Cnr (Centro Nazionale di Ricerca), ente con il quale il comune di Menaggio ha un filo diretto, ha proposto a scopo preventivo il monitoraggio di tutte queste aree sensibili. E’ un progetto molto ambizioso e di estrema importanza, unico nel suo genere in Europa, che, se andrà definitivamente in porto (come sempre, finanziamenti permettendo), verrà addirittura presentato dal nostro Sindaco e dal Presidente della Provincia all’Expo 2015 in Villa Erba. Un altro studio fondamentale, in fase di completamento, è quello sui sottoservizi. Abbiamo assemblato un’analisi dettagliatissima che si estende a tutto il territorio comunale, comprese le frazioni e i comuni confinanti. E’ fondamentale per sapere dove intervenire, data l’inadeguatezza di carico meteorologico e fognario degli impianti visti, in previsione dello sviluppo abitativo contemplato nel Pgt. Ci sarebbe poi da parlare del Piano delle Perequazioni, dello studio arboreo vegetativo del territorio, fatto da Sauro Vable, del Piano Faunistico, fatto dal Dottor Attilio Selva e focalizzato sulla Val Sanagra. Infine, tramite il Professor Maurizio Caminada, professionista e collaboratore del Cnr, abbiamo redatto uno studio climatico degli ultimi 10 anni. Ne è emerso che Menaggio ha un microclima particolarmente dolce e adatto anche a fini sanitari/ cardiovascolari. Personalmente mi sto poi impegnando per compilare la relazione sull’inquinamento elettromagnetico, analizzando le linee di trasporto dell’energia (bassa e media tensione) in collaborazione con Enel e Terna, le antenne ricetrasmittenti della telefonia, per confrontare e percepirne le potenziali discrepanze tra gli impianti, l’abitato e le prescrizioni dettate dalla normativa Cee. La cura quasi maniacale dei dettagli del Pgt nasce anche quale risposta ad alcune criticità già presenti sul territorio, quali ad esempio le parabole sull’Ospedale di Menaggio, progetto non sottoposto ad analisi da parte dell’Amministrazione Comunale, in quanto imposto ed avallato dagli enti superiori quali l’Ente Ospedaliero e la Sopraintendenza Paesaggistica. Come più volte ho avuto modo di rimarcare, soprattutto a causa dell’assenza della parte politica nelle Commissioni del Paesaggio ed Urbanistica, ci troveremo fra due anni, a fine mandato, a dover giustificare opere da noi non condivise e pareri forzati da parte di altri enti superiori a quello comunale. Dunque con il Pgt intendiamo lasciare ai cittadini una traccia inconfutabile del buon lavoro fatto. La seconda Vas è prevista per il mese di gennaio 2012, nel frattempo saranno completati i Piani di Emergenza, Viabilistico e l’intero quadro edificatorio volto in particolare al recupero delle aree dismesse ed abbandonate. Invito sin d’ora tutti i cittadini a partecipare alla seconda seduta della Vas e ai vari incontri serali che pubblicamente saranno di volta in volta pianificati, per discutere apertamente con tutta la comunità Menaggina il proseguo del Pgt”, conclude l’Assessore Guaita. MENAGGIO È ANCORA UNA VOLTA BANDIERA ARANCIONE Confermata al Comune di Menaggio la Bandiera arancione, il marchio di qualità-turistico ambientale del Touring Club Italiano. La relativa certificazione, segnalata con lettera del 12 settembre indirizzata al Sindaco e firmata da Marco L. Girolami, Direttore Strategie Territoriali TCI, avrà validità fino al 31 dicembre 2013. Grande è la soddisfazione per la conferma di questo riconoscimento, soprattutto perché assegnato considerando “l’impegno del Comune nell’attivazione di interventi, iniziative sul territorio, i miglioramenti e i risultati conseguiti nel corso degli anni di validità del marchio”. Per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito www. bandierearancioni.it DALLA CASA COMUNALE 7 Qui menaggio giorno per giorno In distribuzione il Calendario 2012 Cari concittadini, anche quest’anno, in occasione delle festività natalizie, il numero di fine anno del nostro amato giornale “Qui Menaggio” è accompagnato dal calendario 2012, “Qui Menaggio giorno per giorno”, utilissimo strumento in cui sono ricordate tutte le ricorrenze, festività e scadenze della prossima annata. Un prezioso taccuino su cui segnare o sottolineare tutti gli appuntamenti clou, mese per mese. Si tratta ormai di due inseparabili “compagni di viaggio” che da diversi anni tutti i menaggini aspettano con particolare curiosità e attenzione sotto l’albero di Natale. Confezionati insieme e recapitati in tutte le case dei residenti di Menaggio, nelle sue circa 2000 copie (chi non li avesse ricevuti può richiederne copia in Municipio), questi due preziosi strumenti di comunicazione ospitano da tempo anche l’immagine e la pubblicità di molteplici attività commerciali e imprenditoriali del territorio. Ritorno di immagine e sostegno per l’informazione locale diventano così un contemporaneo doppio beneficio per quanti scelgono di essere “sponsor” di questa iniziativa editoriale che vanta ormai una bella storia alle proprie spalle, in un periodo in TRIBUTI: NUOVE ATTIVITA’ DI CONTROLLO AL VIA cui, più che mai, c’è bisogno di fare “squadra” tutti insieme. Ringraziando tutti quelli che hanno con generosità “sposato la causa” e certi dell’apprezzamento per il lavoro svolto, inviamo a tutti i nostri migliori AUGURI DI BUON NATALE E FELICE ANNO NUOVO! La Redazione: Ercole Spaggiari Alessandro Gini Domenico Rizzi Davide Spaggiari Raffaella Catarinicchia Vania Catarinicchia Gaia Giossi Marcel Paolini Marco Venturini RINGRAZIAMENTO Un doveroso pubblico ringraziamento alla Signora Carla Savorani, per aver concesso gratuitamente la servitù di passaggio di tubazioni per impianti civili di uso pubblico attraverso terreni di sua proprietà. Per il Comune di Menaggio il Sindaco Alberto Bobba e l’Assessore Francesco Guaita 8 DALLA CASA COMUNALE AVVERTENZA Comunicazione delle persone alloggiate: sussiste l’obbligo anche per le strutture ricettive non alberghiere Con la circolare n. 557/ PAS.12388.12012(1) il Ministero dell’Interno ha espressamente specificato che l’obbligo di comunicare all’Autorità di Pubblica Sicurezza le generalità delle persone alloggiate, così come previsto dall’art. 109 del T.U.L.P.S., sussiste anche per coloro che esercitano l’attività ricettiva non alberghiera e precisamente: - Case per ferie - Ostelli per la gioventù - Esercizi di affittacamere - Case e appartamenti per vacanze - Bed & breakfast Un anno positivo Commissione Anziani Grandi soddisfazioni per il Presidente Paola Ponte Un altro anno da incorniciare per i nostri anziani. Un anno da ricordare per le molte iniziative svolte, alcune di grande importanza, che si ripeteranno senza alcun dubbio anche nel 2012. “La soddisfazione è grande: ancora una volta archiviamo un anno estremamente positivo – dichiara la signora Paola Ponte, Presidente della Commissione Anziani ed ex Vicesindaco di Menaggio - E’ il settimo anno di attività e registriamo una continua crescita”. Come detto sono molte le iniziative messe in campo in questo 2011. Innanzitutto, è da ricordare la riuscitissima festa degli anziani, svoltasi lo scorso 15 ottobre presso il Grand Hotel Victoria di Menaggio. Una giornata bellissima, quasi primaverile, ha fatto da sfondo a quella che, da tempo, non è più solo un’occasione conviviale ma un punto di partenza per pianificare nuove iniziative e progetti. La Commissione Anziani ha inoltre organizzato, nei mercoledì di inverno e primavera, numerosi incontri presso l’auditorium, su temi i più disparati, ma tutti di grande interesse. I relatori intervenuti hanno toccato argomenti in grado di coinvolgere il pubblico, che non ha mai fatto mancare la propria presenza. Infine la Commissione ha organizzato due uscite, nel mese di ottobre, nei prestigiosi siti della Villa del Balbianello, a Lenno, e della Villa Fogazzaro, a Valsolda, riaperta al pubblico solo nel 2010, dopo un lungo periodo di oblio. In entrambe le occasioni la partecipazione è stata numerosa, anche grazie a prezzi molto favorevoli, in virtù di un piccolo fondo proprio mantenuto con lo scopo di calmierare i costi delle attività proposte dalla Commissione. In generale tutta l’annata è stata dedicata all’Unità d’Italia, con varie iniziative attinenti l’importante ricorrenza. In conclusione, Paola Ponte non dimentica i protagonisti di questi successi: “Devo ringraziare innanzitutto i vari relatori intervenuti, sempre molto competenti e in grado di appassionare il pubblico, poi i volontari delle Onlus del territorio che in più di un’occasione hanno collaborato e ci hanno dato una mano, quindi tutti i componenti della commissione anziani. Soprattutto devo ringraziare le tante persone intervenute alle serate”. La Commissione confida ovviamente in una buona partecipazione anche per gli appuntamenti a venire, sempre ben pubblicizzati grazie a regolari affissioni alle bacheche del comune, nelle frazioni, negli ambulatori e nei luoghi pubblici. 9 “Premio S. Stefano”, niente nomi Mancano i candidati: tutto rimandato di un anno Quest’anno il “Premio Santo Stefano – Comune di Menaggio”, consegnato ogni anno in occasione della Festa degli Anziani, non è stato assegnato per totale mancanza di segnalazioni. Ricordiamo che presso il Municipio è a disposizione tutto l’anno un’urna dove poter depositare la propria scelta, anche anonima. Invitiamo tutti a partecipare, anche perché non riteniamo possibile che in Menaggio non ci siano persone meritevoli, alle quali sia giusto e doveroso assegnare un riconoscimento espressione dell’apprezzamento di noi tutti. Di seguito trovate il testo con i criteri d’assegnazione del premio. Anche nel 2012 una serata pro Anffas RIPORTIAMO DI SEGUITO I CRITERI DI ASSEGNAZIONE DEL PREMIO SANTO STEFANO - COMUNE DI MENAGGIO 1. E’ istituito il “PREMIO SANTO STEFANO - COMUNE DI MENAGGIO” 2. Il premio consiste in: •TARGAD’ARGENTO sulla quale sono incisi: lo Stemma Comunale l’Effige di Santo Stefano, Patrono di Menaggio il Titolo del Premio il Nome del premiato l’anno di assegnazione •PERGAMENA con le identiche immagini e scritte della Targa, riportante le motivazioni dell’assegnazione. 3. Il premio verrà assegnato ogni anno e sarà consegnato in occasione della “Festa degli Anziani”, a due persone (una donna ed un uomo) e/o ad uno/due Enti, Istituti, Associazioni, in riconoscimento di opere di particolare rilevanza sociale, di volontariato, per meriti e/o fatti di particolare significato o per aver contribuito ad illustrare il Nome di Menaggio al di fuori del suo territorio. 4. Il premio potrà essere assegnato a chiunque, indipendentemente dal luogo di nascita, residenza o domicilio. 5. La segnalazione dei Candidati al Premio è libera a tutti e può essere notificata a mezzo posta o e-mail ai seguenti recapiti: •Assessore ai Servizi Sociali e Pubbliche Relazioni Municipio di Menaggio, Via Lusardi 26 - Menaggio (CO) e-mail: [email protected] •“Qui Menaggio” Municipio di Menaggio, Via Lusardi 26 - Menaggio (CO) e-mail: [email protected] 6. La scelta fra la rosa dei Candidati, come da segnalazioni raccolte (vedi punto 5), sarà effettuata ad insindacabile decisione e giudizio da una Commissione composta da: Arciprete di Menaggio Assessore ai Servizi Sociali del Comune Presidente della Commissione Anziani Comunale Gli ultimi due assegnatari del Premio 10 INIZIATIVE “Quest’estate, in agosto, siamo stati ospitati al Pala Menaggio per una serata di beneficenza pro Anffas (Associazione Nazionale Famiglie di Persone con Disabilità Intellettiva e/o Relazionale) – ricorda Paola Ponte - A dire il vero i partecipanti non erano molti ma sono stati davvero generosi. Abbiamo raccolto un contributo importante per la realizzazione del progetto della casa “La Rosa Blu”. La Casa della Solidarietà “La Rosa Blu” è una nuova struttura sociosanitaria che sorgerà nel territorio di Grandola, per rispondere alla sempre maggior richiesta di alloggi e luoghi adatti ad accogliere disabili. “E’ importante reperire i fondi necessari nel più breve tempo possibile. La serata pro Anffas verrà ripetuta nell’estate 2012; fisseremo la data già il prossimo gennaio, quando la Pro Loco definirà l’intera programmazione estiva. Speriamo che i menaggini siano più numerosi della volta scorsa, perché l’iniziativa “La Rosa Blu” è davvero importante”. Siamo sicuri che non mancheranno. Clima estivo per la sagra autunnale “Biröll” a Paullo: un successo la Castagnata Sole, allegria, tanta gente e buone caldarroste: tutti ingredienti fondamentali per l’ottima riuscita della “Castagnata a Paullo 2011”, appuntamento autunnale ormai tanto atteso. Edizione dopo edizione la festa delle castagne sui nostri monti si è ingrandita sempre più e quella di quest’anno, svoltasi il 2 ottobre, ha registrato il record di presenze, richiamando tanti crocini, menaggini e non solo. Complice l’insolito clima estivo, elargito da uno strascico d’estate che si è fatta più sentire a settembre e a ottobre che non nei mesi precedenti, la festa è potuta incominciare già dalle prime ore del mattino quando nella parte alta del prato sono stati allestiti diversi stand con esposti articoli per i lavori all’aperto: numerosi modelli di motoseghe, tagliaerba, decespugliatori e vestiario a norma di sicurezza. Dalle ore nove gli appassionati e i più curiosi (tra cui tante donne!) non solo hanno potuto assistere a delle dimostrazioni sugli usi degli attrezzi ma si sono cimentati in gare di abilità e di velocità con le motoseghe, destreggiandosi nell’uso delle stesse con il taglio di grossi tronchi e di ceppi di legno. La festa è poi decollata con il tradizionale pranzo servito e consumato sui prati di Paullo e nel pomeriggio con la preparazione dei “biröll” accompagnati dall’immancabile vin brulè. Quello degli “Amici di Croce” è un gruppo ormai consolidato di volenterosi crocini che da parecchi anni si occupa di preparare feste ed eventi in paese e che, anche in questa occasione, ha organizzato la giornata; i “Scimiott de Cruus” si sono dichiarati soddisfatti per la buona riuscita della festa e ringraziano tutti coloro che hanno partecipato, condividendo insieme una bella giornata di sole a Paullo. Non resta che darci appuntamento alla prossima festa, con l’augurio che presto si trovi un’efficace soluzione contro il letale insetto che purtroppo si sta diffondendo anche nella nostra zona, danneggiando gravemente i nostri castagni. Federica Scheggia INIZIATIVE 11 CSI, che derby tra Croce e Menaggio! Risultati e problemi diversi per le 2 squadre a 7 giocatori Dopo le prime otto giornate, difficile formulare una previsione sui traguardi che riusciranno a raggiungere quest’anno le nostre due squadre di calcio iscritte al C.S.I. La classifica vede il Fraquelli Ettore di Croce in testa con 17 punti, frutto di 5 vittorie, 2 pareggi e 1 una sola sconfitta di misura, subita ad opera di una delle formazioni più insidiose. Non altrettanto favorevole il ruolino di marcia della Polisportiva Menaggio che, nonostante ciò, si trova comunque in posizione medioalta con 9 punti (2 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte), mantenendo intatte le chance di rimonta, impresa già riuscita l’anno scorso. I problemi del Croce non sembrano preoccupanti, mentre per il Menaggio c’è da segnalare un organico strettissimo. Al di là dei neo-acquisti effettuati dal Croce - il portiere Pippo Martinelli, i difensori Andrea Cereghini e Davide Della Torre, il mediano di fascia Maurizio Biacchi e l’attaccante Mirko Sozzio – la struttura portante rimane quella dello scorso campionato. Fabrizio Cereghini e il suo allenatore Nico Butti possono contare ancora su uomini collaudati come Christian Signorini, Maci Ferrari, Beppe Valsecchi e Carlo Cova, affiancati da altri elementi più giovani e di Capelli - Lanfranconi - Ortelli 12 SPORT E TEMPO LIBERO Nico Butti e Fabrizio Cereghini sicuro affidamento. “Siamo partiti con una goleada in trasferta contro l’Ossuccio (n.d.r. risultato 7-7) – dice il presidente Cereghini - poi abbiamo perso una sola partita fuori casa contro l’Oltrona, che è una delle squadre più forti. Ci sono inoltre mancati per infortunio Andrea Castellini e Maci Ferrari, appena recuperato. Credo comunque che Butti abbia schierato sempre delle ottime formazioni, garantendo sempre equilibrio tattico. In fin dei conti abbiamo segnato 41 gol, subendone appena 21, con Miki Angelinetti che rimane uno degli uomini d’area più forti del girone. La difesa, nonostante qualche assenza, tiene bene. Abbiamo alcuni giocatori un po’ avanti negli anni, ma il loro livello tecnico rimane fuori discussione. Il campionato è ancora lungo e la squadra si allena con gran serietà insieme allo staff”. Più difficile la situazione del Menaggio, che dispone di giocatori – come Maxi De Bernardi e Marco Capelli – fra i migliori in assoluto a livello di C.S.I. provinciale ed ha aggiunto quest’anno Michele Canzani, Ivan Locatelli e Carlo Locatelli. Nell’insieme, però, i giocatori disponibili sono sempre pochi e la panchina è una delle più “corte” del campionato. Ineccepibili la difesa e il centrocampo, la maggiore sofferenza si individua, invece, nell’attacco, dove praticamente c’è il solo Fabio Costarelli. “Ci ha penalizzato moltissimo - sostiene l’allenatore Cechi Lanfranconi - il perdurare dell’assenza dell’attaccante Fumagalli, che manca ormai da mesi a causa di un serio infortunio. Con lui in avanti avremmo avuto altre prospettive. Speriamo di recuperarlo nella seconda fase. I punti fin qui raccolti non sono molti ma neppure pochi e, guardando alla classifica, la rimonta è alla nostra portata. Nel derby contro il Croce, terminato 4-4, non abbiamo affatto sfigurato contro i nostri avversari: quando possiamo disporre di Capelli, Ortelli e De Bernardi non è facile superarci. Il nostro bilancio fra gol fatti e subiti è quasi pari: 20 segnati e 19 incassati, quindi non del tutto negativo”. Entrambe le valutazioni ci sembrano equilibrate, costruttive e improntate ad un prudente ottimismo, derivante anche dalla constatazione che, finora, non si sono viste formazioni irresistibili: nessuna, in ogni caso, che possa equivalere la titolata e quotatissima AZ di Cucciago, squadra dell’altro girone, vincitrice dell’ultimo campionato provinciale, che quasi inevitabilmente disputerà i play off. Ma questo è un problema che dovrà essere affrontato a tempo debito. Per ora l’obiettivo di Croce e Menaggio è riuscire ad entrare nella ristretta cerchia delle squadre che andranno a disputare le finali provinciali nel maggio 2012. Dunque, avanti con fiducia. Domenico Rizzi CSI Oratorio Menaggio, realtà vincente Felice binomio tra sport dilettantistico e valori oratoriali Il C.S.I. (Centro Sportivo Italiano) Oratorio Menaggio è un’associazione sportiva dilettantistica fondata sul volontariato che promuove lo sport come momento di educazione, di crescita, di impegno e di aggregazione sociale e che cerca di avvicinare i ragazzi a tutte le discipline sportive. Fino a qualche anno fa, forse perché non la si conosceva o non si credeva nella potenzialità dello sport, la nostra Società ha conosciuto dei momenti in cui la partecipazione era a livelli minimi, ma grazie all’impegno di genitori e volontari, che hanno dedicato molto del loro tempo libero, si è visto concretizzare il sogno di rilanciare lo sport come strumento oratoriale, rivolto soprattutto ai bambini e ragazzi. Infatti in questo anno sportivo il C.S.I. oratorio Menaggio è arrivato ad avere una partecipazione di circa 90 iscritti che, con fatica e impegno, senza gelosie e senza screzi, riescono a scoprire il meglio di sé Vuoi inserire la tua pubblicità sul giornale comunale? CONTATTACI! Avrai diritto ad una promozione esclusiva sulla realizzazione di volantini, brochure e siti internet! Nuovaera Comunica la tua immagine srl Grafica pubblicitaria - Siti internet Editoria - Eventi - Allestimenti stand Via Tevere, 2 Villa Guardia (Co) tel. 031.483356 - www.nuovaera.info [email protected] divertendosi. Non si punta al risultato immediato, ma anche questo può servire per tenere alto il morale dei ragazzi e la motivazione del cammino. Grande soddisfazione, ad esempio, nella scorsa stagione sportiva, dopo il successo per il 1° posto del CSI Oratorio nel Mini Volley, ottenuto nel torneo del Polisportivo del Lago, al quale hanno partecipato 8 società sportive dei vari Comuni Lariani. Attualmente i nostri ragazzi sono impegnati nelle seguenti attività sportive: Pallavolo, suddivisa in “palla rilanciata”, con 18 iscritti, e “mini volley” con 20 iscritti; Calcio, suddiviso in “mini calcio”, con 33 iscritti, e “calcio a 7”, con 17 iscritti. Il “calcio a 7” è la nuova attività resa possibile grazie alla collaborazione con la Società Polisportiva Plesio, con la quale abbiamo creato la squadra chiamata significativamente “La Grona”. Partecipare al Polisportivo del Lago significa anche avvicinare e far conoscere ai nostri ragazzi altre attività sportive quali corsa campestre su strada e ciclistica, staffetta, triathlon atletico e nuoto. Queste attività sono il fiore all’occhiello del Centro Sportivo Italiano, naturale fucina dello sport, poiché in questo Ente che promuove lo sport per tutti, specie per i più piccoli, si respira tanto affiatamento, tanta comprensione, tanto sano protagonismo, tanta voglia di partecipazione, di collaborazione e di spirito educativo, essenziali requisiti sportivi. Voglio concludere con il mio più sincero e doveroso ringraziamento ai numerosi dirigenti ed allenatori che aiutano i nostri atleti a migliorarsi, a responsabilizzarsi sempre di più, in modo che sappiano cogliere la bellezza dello sport. Colgo quest’occasione per augurare a tutti Buone Feste e un sereno e prospero anno nuovo. Fabrizio Confalonieri Vice Presidente www.csioratoriomenaggio.it SPORT E TEMPO LIBERO 13 14 LISTE LISTE 15 Prima la ricerca del bene, poi tutto il resto Le parole di Don Gnocchi per gli auguri dell’Amministrazione Una scelta, precisa e sentita. Quella di rispondere con poche parole, non le nostre ma quelle di un “beato”, a polemiche che oramai lasciano il tempo che trovano. Il gruppo Vivere Menaggio “E’ questo che ti rende e renderà sempre più vicino a Dio, perchè Dio è tutto qui: nel fare del bene a quelli che soffrono ed hanno bisogno di un aiuto materiale o morale. Il Cristianesimo ed il Vangelo, a quelli che lo capiscono veramente, non comanda altro. Tutto il resto viene dopo e viene da sè.” Don Carlo Gnocchi A VOI TUTTI, I NOSTRI SINCERI E SENTITI AUGURI PER UN BUON E SERENO NATALE E PER UN PROSPERO ANNO NUOVO! Alberto Bobba, Donata Venini, Fabrizio Cereghini, Luigi Fraquelli, Francesco Guaita, Gianpaolo Martinelli, Mario Martinelli, Lorenzo Peroggi, Emanuele Pitto, Giulio Pozzi, Ercole Spaggiari, Fabrizio Visetti. L’Amministrazione Comunale augura a tutti i cittadini di Menaggio Buone Feste 16 LISTE Società filarmonica di Menaggio C’era una volta la banda: ecco come nacque Nel 1836 la Lombardia, il Lago di Como e quindi anche Menaggio erano sotto la dominazione austriaca. A quell’epoca Menaggio era un piccolo borgo raccolto attorno alla chiesa parrocchiale, al molo e all’attuale Piazza Garibaldi, dove allora vi era una bellissima chiesa battistero detta di San Giovanni il cui campanile funzionava anche per la chiesa parrocchiale. L’attuale campanile sarebbe stato costruito nel 1860 quando, purtroppo, venne demolita la chiesa battistero. Allora il borgo era abitato da pescatori e operai addetti allo scarico delle merci che i barconi, con le caratteristiche arcate, portavano via lago da e per le città di Como e Lecco, servendo così anche la valle che qui da noi aveva il suo sbocco. Al di là dell’attuale municipio e del ponte sul Senagra solo qualche officina e tanti campi coltivati dagli agricoltori di Cheglio che con Sonenga e Casate costituivano le frazioni di Menaggio, mentre erano comuni autonomi Croce e Loveno, ed era frazione di quest’ultima Nobiallo. Il turismo non era ancora sboc- ciato sulle sulle sponde lariane, sarebbe arrivato con l’Unità d’Italia. Nel maggio di quell’anno, Luigi Messa, notabile del paese, raggruppò dei giovani e fondò una banda musicale che in seguito si chiamerà “Società filarmonica di Menaggio”, una delle prime nate nei paesi rivieraschi. Si perde nella notte dei tempi la storia di questa banda. Allora nei piccoli borghi la storia non la si scriveva ma la si raccontava di padre in figlio, andando incontro ad un inevitabile oblio, perciò possiamo solo immaginare l’attività della banda menaggina in quegli anni. Quasi certamente il repertorio era composto da valzer viennesi, belle musiche, orecchiabili e ballabili nelle feste popolari e soprattutto rispettose del quieto vivere con l’occupante. Nel periodo risorgimentale sarà giunto fino a qui il Nabucco di Giuseppe Verdi e magari i musicanti menaggini l’avranno suonato di nascosto nei so- lai per non farlo sentire ad orecchie austriache, per poi eseguirlo a tutto ottoni con l’unità d’Italia. Le prime immagini della banda sono datate 1890, ed i membri vestivano una divisa di tipo militare con cappello piumato quasi identico a quello dei bersaglieri, mentre già nel 1901 la divisa era cambiata, il cappello era diventato simile a quello dei gendarmi svizzeri, il nome della banda era scritto sulla gran cassa e i musicanti erano 33. Negli anni dal 1890, in assenza del maestro titolare, la banda, nelle festicciole paesane, era diretta da un capo banda che indossava un cappello diverso dagli altri componenti. Singolare è la storia di uno di questi che è giunta fino a noi. Era un uomo sulla quarantina, di professione conduttore delle carrozze dell’Hotel Victoria e marito della bidella delle scuole. Il suo attaccamento alla banda era talmente forte che nel 1897 si rifiutò di farsi amputare un dito della mano perché, a suo dire, non avrebbe più potuto suonare, sopraggiunse così una grave infezione che lo portò alla morte. Il suo nome era Giovanni Barbaglia. Nelle bande musicali di paese, che rappresentavano uno dei pochi svaghi per la gente, era forte la presenza di giovani e anziani, spesso padri e figli o comunque legati da parentela. Questo accadeva anche a Menaggio: a Loveno i musicanti della banda nell’800 erano familiari o parenti di Giuliano Tenzi, fondatore nel 1843 della banda stessa, oggi Corpo Musicale di Loveno. Rossano Levan IN BREVE 17 Lettere in redazione Riceviamo e pubblichiamo i vostri contributi Spettabile Redazione “Qui Menaggio”, Vi sembra corretto che un giornale (“La Provincia” di oggi) (mart. 22 novembre 2011 – n.d.r.) scriva che uno spacciatore riforniva mezza Menaggio? (titolo dell’articolo). Cosa significa, letteralmente? Che 1.700 cittadini su 3.400 si drogano? Io credo che tutti debbano sentirsi gravemente offesi e che spetti al Sindaco sporgere una querela chiedendo i danni, perchè il giornale è diffuso in tutto il comprensorio provinciale ed anche oltre. Cosa può pensare di noi un abitante di Como, di Cantù, di Erba o di Mariano Comense, se non uno di Milano, Lecco, Varese o Sondrio, dato che questo giornale vende anche in quelle province? Questo è un gravissimo danno all’immagine, particolarmente perchè la nostra è una cittadina turistica. Direi al Sindaco di valutare l’azione da intraprendere. Cordiali saluti. (lettera firmata) Caro Amico Lettore, grazie per la segnalazione perché la notizia mi era sinceramente sfuggita. E’ questione di misura e buon senso ma ti sembra che, da troppo tempo a questa parte, la stampa in particolare ma tutti i cosiddetti media in generale (basti pensare ad alcune trasmissioni televisive!), facciano uso di queste due virtù? Ciò che fa aggio su tutto, soprattutto sulla ricerca del vero e del giusto, è la cassetta e quindi la tiratura e tutto è sacrificato a questo fine. Lo scoop che suscita la reazione emotiva e la curiosità, si spera porti il cittadino ad entrare nell’edicola e ad acquistare il pezzo di carta. Gioco fatto e ri18 MENAGGIO MORMORA Istruzioniperl’uso 1. Non saranno presi in considerazione scritti anonimi che verranno immediatamente cestinati 2. Chi scrive dovrà indicare chiaramente nome e cognome, recapito postale completo, recapito telefonico fisso e/o cellulare, oltre a sottoscrivere la missiva; in mancanza di uno o più dei citati requisiti, la lettera uscito, scopo raggiunto, fine del gioco; a domani, così come oggi. Qualche esempio fra i ricordi (tanti): una locandina che recitava “Menaggio: Sindaco indagato”. La notizia riguardava un Sindaco dell’alto Lario che presso il Tribunale di Menaggio era in causa con un parente o un concittadino per un problema di confini o di capre, non ricordo. Più recentemente un Consigliere di Menaggio è stato citato nominativamente nel sottotitolo per aver rivolto una frase irriguardosa ad un collega: peccato che nella registrazione della seduta del Consiglio della cosa non si trovi traccia. Ultimamente, a proposito del discorso del Sindaco in occasione del 4 Novembre, si è lasciato intendere un attacco nei confronti di Polizia, Carabinieri e forze dell’ordine in genere, cosa clamorosamente smentita dal testo riprodotto in originale in questo stesso numero di “Qui Menaggio”, nella rubrica “Dalla Casa Comunale” (così potrete voi verrà considerata anonima e quindi cestinata; è però possibile richiedere l’anonimato in pubblicazione (“lettera firmata”), purché il mittente sia identificato dalla redazione. 3. Gli scritti dovranno essere il più possibile concisi e trattare un argomento alla volta; in caso contrario, verrà preso in considerazione il primo argomento esposto mentre i successivi verranno trattati solo se lo spazio a disposizione lo consentirà. 4. Se gli scritti ricevuti fossero troppo numerosi, verranno trattati, a insindacabile giudizio della redazione, quelli ritenuti di maggiore importanza ed attualità. Gli altri, compatibilmente con lo spazio a disposizione, potrebbero essere evasi nel numero successivo. stessi giudicare). E allora? Inutile illudersi! Continuerà così finchè non si riacquisterà almeno un maggior senso dell’etica professionale. Circa il suggerimento, il Sindaco è avvertito e deciderà nel merito secondo una sua valutazione. Personalmente non sono d’accordo perché la denuncia, la smentita, la replica è benzina sul fuoco, fa il loro gioco e si innesca una reazione a catena che non finisce più e nella quale loro hanno sempre l’ultima parola. C’è un’ultima considerazione ed è la più importante: il lettore non è più uno sprovveduto. Mi è capitato più e più volte di questi tempi, scambiando quattro parole all’edicola o al bar ed anche ascoltando, senza origliare, discorsi ad alta voce fra persone terze, commenti di disagio, disaffezione, attenta prudenza nei confronti di titoli e notizie della stampa, con la conclusione : “ ….. ma non si può vivere fuori dal mondo, qualche informazione bisogna pure averla” 150° anniversario dell’unità d’Italia Volti, nomi, battaglie e idee: per non dimenticare 1814 – 1918 Congresso di Vienna. Prima guerra mondiale Si conclude con questo numero di dicembre il trittico celebrativo di “Qui Menaggio” dedicato al Risorgimento, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. La testata, modificata per l’occasione, tornerà ad essere quella abituale e scompariranno le icone ai suoi lati che hanno ricordato ed onorato i Personaggi celebrati per antonomasia come Padri della Patria: Cavour, Garibaldi, Mazzini e Vittorio Emanuele II. Con questo ultimo numero ci spingiamo un po’ più avanti nel tempo, andando al 1915 – 1918, alla Prima Guerra Mondiale, che con la riconquista delle irredente Trento e Trieste ed il raggiungimento dell’unità territoriale, segna il compimento del disegno risorgimentale. Così le due icone che abbiamo scelto raffigurano due eroi simbolo della “Grande Guerra”: Cesare Battisti e Francesco Baracca, artefici, fra molti altri e in modi diversi fra loro, della vicenda eroica, tragica e drammatica che conclude il Risorgimento Italiano, perché solo il 4 Novembre 1918 l’Italia completa il suo disegno unitario. Cesare Battisti (Trento, 4 febbraio 1875 - Trento, 12 luglio 1916), patriota, giornalista, geografo, politico socialista e irredentista italiano, diresse giornali nella Trento asburgica e fu deputato al Parlamento di Vienna. Allo scoppio della Grande Guerra combatté per l’Italia, disertando la chiamata alle armi dell’Imperial Regio Esercito Austro-Ungarico. Catturato dagli austriaci, fu processato e impiccato per tradimento. Decorato di medaglia d’oro, insieme a Guglielmo Oberdan, Fabio Filzi e Nazario Sauro è considerato tra le più importanti figure della causa dell’irredentismo italiano. Francesco Baracca (Lugo, 9 maggio 1888 – Nervesa della Battaglia, 19 giugno 1918) fu un asso dell’aviazione italiana e medaglia d’oro nella prima guerra mondiale. Qualche anno dopo la fine della Prima guerra mondiale, nel 1923, la madre di Francesco Baracca donò ad Enzo Ferrari il suo emblema che, modificato nella posizione della coda e del colore dello sfondo, ora giallo (il colore della città di Modena), ornò le vetture condotte dal pilota per la scuderia da corsa della Alfa Romeo e, più tardi, le vetture della fabbrica che Ferrari fondò subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ancora oggi il cavallino rampante è il simbolo dell’omonima casa automobilistica. Non spiace ricordare che Enzo Ferrari, con i trionfi delle sue auto da corsa, è forse l’uomo che ha fatto risuonare più volte di tutti le note dell’Inno di Mameli sui circuiti di tutto il mondo. VIVA L’ITALIA! VIVA IL RISORGIMENTO! “PER NON DIMENTICARE”! Ancora il Manzoni scrive: “La villa Tanzina, la casa Airoldi, la villa Ciani con la Tipografia della Svizzera Italiana a Lugano e la Tipografia Elvetica a Capolago, ecco le grandi fucine, i formidabili arsenali della rivoluzione italiana”. Luoghi sacri alle memorie di un’epoca della quale dovremmo andare più orgogliosi. Non che il Ticino si limitasse all’ospitalità degli esuli italiani: il giorno stesso che a Milano scoppiò la rivolta popolare, il 18 marzo del ’48, prima delle Cinque gloriose Giornate, una colonna di volontari mosse da Lugano e partecipò attivamente alle battaglie. Un esempio tra i molti: una lapide, alla Malpensata, vicino alla scomparsa Tanzina, ricorda i nomi dei Ticinesi caduti per la liberazione d’Italia. Per testimonianza di Carlo Cattaneo: “I Ticinesi furono i primi a rompere il confine per soccorrerci e senz’altra mente che di soccorrerci”. Altissimo elogio dettato dal Cattaneo, che poi doveva ripagare generosamente il suo debito al Ticino, dove si stabilì durevolmente, fino alla morte avvenuta nel 1869, e dove per dodici anni insegnò filosofia nel liceo cantonale. Animoso incitatore di progresso, il CattaIL RISORGIMENTO 19 neo caldeggiò varie imprese, dalle strade ferrate alle bonifiche del suolo. E con lui molti altri rifugiati, limitiamoci a ricordare il veneziano medico Giuseppe Pasqualigo, che nel 1855 pubblicò un utile e arguto “Manuale a uso del forestiero a Lugano”, e altri valentuomini e insegnanti come Pizzorno, Olivetti, Rensi, Bignami, eccetera, a rinsanguare la sempre un po’ anemica vita culturale nostrana. A questi rifugiati sono dovute le riviste culturali luganesi del primo novecento, dopo la “Piccola Rivista” del nostro (nota: Ticinese) Chiesa: le “Pagine Libere” di Olivetti, il “Coenobium” di Enrico Bignami, del quale era redattore il filosofo Rensi. Fallito il moto del ’48 e tornati gli austriaci, il Ticino fu invaso da una folla di profughi e di soldati del disfatto esercito lombardo: una spia austriaca così la descrive, colorita stampa romantica: “Dal semplice crociato con la blusa di tela azzurra e la croce rossa, ai militi della Legione della Morte, col teschio ricamato in argento sul petto in nero, dalle semplicissime uniformi della Legione Lombarda, al più elegante costume calabrese in divisa militare di velluto e cappello a pennacchio, tutto era ivi rappresentato ….. Bisogna saper unire l’utile col piacevole e così i giovani ricchi, per non privarsi di tutte le dolcezze della vita, avevano fatto venire a Lugano le loro amanti …..”. Non certo tutti in così agiate condizioni: per i profughi bisognosi un comitato di soccorso organizzò, nel settembre, uno spettacolo di beneficenza, con musiche di Verdi e Donizzetti, al quale partecipò Gustavo Modena: che declamando una poesia del Berchet, quando giungeva al verso “esecrato Carignano”, mandava in frantumi la sedia sulla quale si appoggiava e in visibilio la folla delirante; e con lui Giuditta Pasta, ormai sul declino, osservata con trepida attenzione da uno spettatore singolare, Giuseppe Mazzini: “Povera vecchia... stavo proprio tremando per lei quando è comparsa ma ha cantato in un modo da farmi sentire l’eco di quello che dev’essere stata un giorno...”. Ben altro spettacolo le squallide colonne di profughi che fuggivano la vendetta austriaca: tutta la via da Chiasso a Lugano è sparsa d’uomini spossati, di donne anelanti, di vecchi i quali appena si reggono, di fanciulli. In quel drammatico anno il Ticino seppe comportarsi in modo magnanimo, soccorse generosamente esuli e rifugiati, resistette all’aperta diffidenza a non dire inimicizia dei Cantoni tedeschi inquieti della reazione dell’Austria che nel settembre dichiarò un blocco il quale costrinse duemila ticinesi a rimpatriare dalla Lombardia. Difficile periodo, il paese sotto la paternalistica tute- la svizzera – commissari, sospetti, diffidenze – che tende a negare al Ticino il diritto di asilo e mette a durissima prova la sovranità cantonale. Nel fatidico 1848 il Ticino si sentì arditamente e vigorosamente italiano: umiliato e pur fiero, seppe salvaguardare a un tempo la sua fraternità di sangue con l’Italia e la sua fedeltà Svizzera; rispettare le ragioni della politica e insieme quelle anche più imperiose del sentimento. Dopo la delusione del ’48 l’attività dei profughi e delle stamperie, superato un primo momento di scoramento, riprese animosamente. G.B. Passerini di Salò, che era il consulente della Stamperia della Svizzera Italiana, scriveva a Ciani: “Ora che purtroppo la reazione par destinata a vincerla, conviene riprendere più che mai la guerra della stampa per preparare gli spiriti e le idee alla prossima lotta e perché possa riuscire meglio di quella del Quarantotto... Provvediti dunque di carta, perché i tuoi torchi dovranno lavorare a tutto potere”. Così continuò l’attività degli esuli con rinnovato ardore, nel nostro Paese che l’Austria considerava un covo di serpi, provocando altre e più crudeli angherie, e un nuovo durissimo blocco: pretesto lo sfratto dal Ticino di ventidue cappuccini lombardi, in realtà i moti milanesi del febbraio 1853, dall’Austria non infondatamente ritenuti tramati dai mazziniani di Lugano. Oltre seimila ticinesi dovettero rimpatriare dalla Lombardia e dal Veneto, dall’oggi al domani, lasciando negozi, interessi, commerci e lavoro; il blocco, durato dal 1853 al 1855, provocò un acuto stato di miseria nel Cantone e incalcolabili danni economici. Ma in questa occasione i Cantoni Confederati seppero essere solidali con il Ticino e validamente sostenerlo nella durissima prova. riduzione da : LUGANO NOSTRA di PIERO BIANCONI, edito a cura della Città di Lugano, TIPOGRAFIA GRASSI VELADINI & CO. DI LUGANO Giuditta Pasta 20 IL RISORGIMENTO Giuseppe Mazzini De Rudio, Italia e America nel cuore Seconda parte del racconto di una vita divisa a metà SECONDA PARTE La Cayenna, dove i deportati giunsero nel dicembre 1858, era un luogo infernale. Una recente epidemia di febbre gialla aveva fatto morire 4.800 detenuti su circa 9.000. I tentativi di evasione venivano puniti con pene durissime e per i recidivi c’era la morte. Nonostante ciò, De Rudio non vi sarebbe rimasto molto a lungo. Indomabile e incurante dei rischi, si mise subito all’opera per tentare di evadere con qualsiasi mezzo. Gomez invece, rimasto scioccato dall’attentato e in uno stato di depressione cronica, non lo assecondò, tirandosi in disparte. Dopo un primo tentativo di fuga – fallito perché la piena di un fiume sommerse l’imbarcazione pazientemente scavata in un tronco d’albero dai detenuti - il “Moretto” ne mise in atto un secondo, impadronendosi una sera di un peschereccio insieme ad altri detenuti, fra i quali un capitano di marina francese condannato all’ergastolo, per veleggiare verso la Guyana Olandese, dove i fuggitivi ottennero asilo. Alla fine di gennaio del 1860, l’ex galeotto, imbarcatosi su un brigantino come marinaio sotto falso nome, approdò a Gravesend, dove poté riabbracciare la moglie. In Inghilterra De Rudio non nascose la sua vera identità, tenendo anzi conferenze in varie località, fra le quali Londra, Birmingham e Manchester, riguardo alla fallita congiura. C’era chi, come Simon Bernard, aveva diffuso probabilmente voci false sul suo conto e chi lo giudicava un personaggio scomodo. Non potendo tornare in Italia – avrebbe voluto partecipare alla spedizione dei Mille, che Garibaldi stava preparando, ma rischiava l’estradizione in Francia e la pena di morte – confidò ad alcuni esuli, fra i quali Giuseppe Mazzini, di voler raggiungere la Polonia per battersi in difesa della libertà di quel Paese. Mentre le sue condizioni economiche peggioravano ed egli non era più in grado di provvedere alla famiglia (la moglie Eliza, il figlio Hercules ed un’altra figlia avuta dopo il suo ritorno) fu lo stesso Mazzini, che probabilmente intendeva prendere le distanze da lui, a consigliarlo di emigrare in America. Stilò di suo pugno alcune lettere di presentazione destinate a uomini importanti, quali Horace Greeley, direttore del Carlo De Rudio maggior quotidiano statunitense dell’epoca, il “New York Herald”. De Rudio accettò la proposta e raggiunse New York l’8 febbraio 1864, mentre la guerra di secessione divampava ormai da tre anni. Da questo momento iniziò la seconda vita di Carlo Camillo De Rudio, che si fece registrare dalle autorità statunitensi come Charles C. De Rudio. La raccomandazione di Mazzini gli servì a facilitargli l’arruolamento nell’esercito nordista come soldato semplice, ma di lì a poco la fortuna – che lo aveva aiutato parecchie volte – gli tese nuovamente una mano. Essendosi distinto in alcuni combattimenti, l’Italiano meritò il grado di sottotenente di un plotone di truppe di colore, che solitamente gli ufficiali bianchi erano piuttosto restii a comandare. Pochi mesi prima della fine dell’immane conflitto, costato oltre 600.000 morti, il neo-ufficiale venne raggiunto in Florida dalla moglie Eliza, che per poco non perì in un naufragio durante la IL RISORGIMENTO 21 navigazione fra New York e Key West. Poco tempo dopo, tuttavia, la figlia nata in Inghilterra, della quale non si conosce il nome, morì di malattia. Inoltre De Rudio rischiò di essere congedato per una malformazione congenita che gli era stata scoperta alla visita di idoneità: se la cavò ancora una volta grazie a Greeley, che conferì direttamente con il ministro della Guerra Stanton. Nel 1869, dopo essere stato adibito a servizi amministrativi e di routine, venne assegnato al Settimo Reggimento Cavalleria del tenente colonnello George A. Custer, brevettato maggior generale al termine della guerra di secessione. Fra il conte bellunese e il suo comandante non corse mai buon sangue, ma anche altri ufficiali lo consideravano un “italiano fantasioso”: se avesse raccontato di avere attentato alla vita dell’imperatore di Francia, non gli avrebbero sicuramente creduto. Nel 1870 De Rudio, posto al comando interinale di una compagnia nel Kansas, si segnalò brillantemente nella difesa di 150 coloni della Solomon Valley, derubati del bestiame da una banda di Pellirosse. Per riconoscenza gli venne regalata una sciabola con l’impugnatura decorata, che egli esibirà sempre orgogliosamente. Più tardi tornò all’Est per proteggere la gente di colore minacciata dalla setta xenofoba del Ku Klux Klan e soltanto nel 1873 venne rimandato nel territorio del Dakota, dove l’avanzata della ferrovia Northern Pacific aveva messo in subbuglio gli indiani Sioux di Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Assegnato nuovamente ad operazioni di polizia in Louisiana nel 1874, per garantire il regolare diritto di voto agli ex schiavi, De Rudio commise un’altra delle sue frequenti impulsività, arrestando un piantatore francese - ex ge22 IL RISORGIMENTO Francesco Crispi nerale nell’esercito napoleonico – che intendeva proibire ai propri servitori di andare a votare. La notizia fece scalpore e De Rudio attirò l’attenzione della stampa. In Italia, un cronista de “La Provincia di Belluno” ricollegò il nome dell’ufficiale italo-americano – che veniva variamente riportato come Di Rudio, De Rudio o semplicemente Rudio - all’attentato di Napoleone III. Per fortuna dell’interessato, i rapporti fra il governo e gli Indiani del Dakota si erano deteriorati e si profilava ormai una campagna militare in piena regola, che richiese il suo trasferimento nella zona di operazioni. Nel Settimo Cavalleria c’erano altri 5 Italiani. Due di essi – il trombettiere Giovanni Martini di Sala Consilina, arruolato come John Martin e il capo-musica della banda reggimentale Felice (Felix) Vinatieri di Torino – erano stati con Garibaldi durante le lotte del Risorgimento. Qualche burlone aveva messo in giro la voce che Martini fosse stato cacciato dal corpo per avere tentato di rubare il cavallo dell’Eroe dei Due Mondi, forse durante la Terza Guerra d’Indipendenza. Raggiunto il Montana insieme al suo reggimento, il 25 giugno 1876 il primo tenente De Rudio – era stato promosso da pochi mesi – si trovò nel bel mezzo della battaglia sul fiume Little Big Horn, nel Montana, dove quasi 2.000 guerrieri guidati da Cavallo Pazzo, Gall e Due Lune massacrarono Custer e 264 uomini del Settimo Cavalleria. Sebbene avesse già chiesto parecchio alla sua buona stella, questa protesse ancora il conte italiano. Rimasto tagliato fuori dalla ritirata del suo battaglione sulle rive del corso d’acqua insieme ad un pugno di uomini, De Rudio si difese dagli assalti nemici nascosto in un canneto e a notte fonda risalì la collina dove si erano trincerati i superstiti del maggiore Marcus Reno e dei capitani Benteen e Mc Dougall. Alle tre di notte del 26 giugno, incolume nonostante lo scontro a fuoco con i Sioux, egli si presentò alle sentinelle gridando in inglese: “Non sparate! Sono il tenente De Rudio insieme al soldato O’Neill!” Veramente una fortuna sfacciata che non sembrava doversi esaurire mai. Il capitano Frederick Benteen, sopravvissuto alla battaglia, mise in dubbio, in una lettera indirizzata alla propria moglie, il rapporto fornito dall’Italiano, osservando che De Rudio “si era preparata una storia romantica e piena di suspense, certamente caricata, c’è da scommetterci!” Dunque l’ufficiale veneto si era creato la fama, se non proprio di bugiardo, di una persona che elaborava a proprio vantaggio i racconti delle imprese vissute. Ciononostante, nessuno osava metterne in dubbio il coraggio o le qualità di comando. Dopo la fine della campagna militare e l’inchiesta sulla strage, nella quale venne ascoltato da una commissione militare a Chicago, De Rudio ottenne un incarico più tranquillo a Fort Meade, nel Dakota, dove sarebbe rimasto 5 lunghi anni. Fu proprio durante questo soggiorno che il suo nome venne nuovamente accostato a quello di Orsini e Pieri in un articolo apparso sul “New York Times”, ma l’autore dello scritto, rimasto anonimo, non credeva minimamente che il De Rudio scampato all’eccidio del Little Big Horn fosse la stessa persona che aveva tirato una bomba contro Napoleone III. “Un ufficiale del Settimo Cavalleria, che afferma di chiamarsi De Rudio” scrisse il giornale “pretende di essere uno dei tre complici di Orsini… Ma se l’impostore fosse davvero l’assassino… farebbe molta attenzione a nascondere il fatto”. Questa storia sarebbe tornata a galla anni più tardi, nel 1894, quando De Rudio, avanzato al grado di capitano e con altre 3 figlie avute dalla moglie Eliza (le aveva chiamate Italia, Roma e America, per ricordare le fasi più significative della sua vita) si trovava ad espletare un incarico amministrativo a New York. Questa volta la discussione si fece rovente, coinvolgendo vari organi di stampa, ma senza che la carriera militare del discusso personaggio ne risentisse in alcun modo. De Rudio aveva ottenuto la cittadinanza americana nel 1866 e il suo stato di servizio era sempre stato impeccabile. Nonostante l’esercito sapesse chi egli fosse realmente e quale crimine avesse commesso, le sue note erano eccezionali e la polemica si spense ancora una volta, per riaccendersi l’anno seguente, quando il “Washington Post” avanzò l’ipotesi che l’evasione dalla Cayenna fosse stata una messinscena, organizzata dalle stesse autorità francesi quale ricompensa per la delazione di De Rudio verso i compagni di congiura. Dunque, l’opinione pubblica conosceva ormai l’intera vicenda, ma nonostante ciò all’Italiano venne consentito di rimanere arruolato fino al termine della carriera, in quanto “considerato uno dei più risoluti combattenti d’Indiani del nostro intero esercito”. Probabilmente però furono le stesse autorità militari a suggerirgli il collocamento a riposo. Si congedò infatti il 26 agosto 1896, essendo sofferente di una forma d’asma che rendeva difficoltosa la sua permanenza in servizio nelle polverose pianure dell’Oklahoma e del Texas dov’era stato destinato. Insieme alla famiglia emigrò allora a San Diego, in California, per stabilirsi più tardi a Pasadena. Nell’aprile 1904 gli venne conferita la promozione a maggiore della cavalleria e un anno e mezzo dopo festeggiò con la consorte Eliza il cinquantesimo anniversario di matrimonio, facendo pubblicare le foto della famiglia sul “Los Angeles Times”. Per l’occasione, De Rudio si fece ritrarre nella sua alta uniforme con i fregi dell’avanzamento ottenuto, del quale andava fiero. A questo punto, dopo le infinite peripezie vissute, avrebbe potuto trasformarsi in un tranquillo pensionato e godersi il mite clima californiano. Invece il nostro “Moretto”, da uomo impetuoso quale era sempre stato, aveva ancora in serbo una sorpresa che avrebbe stupito l’opinione pubblica mondiale. In risposta ad una richiesta di informazioni ricevuta nel 1908 dal notaio Paolo Mastri di Gatteo (Forlì), un appassionato studioso di storia risorgimentale e biografo di Felice Orsini, De Rudio fece una rivelazione sensazionale: il giorno dell’attentato a Napoleone III, i congiurati erano 5 e non 4 come si era sempre creduto. Il quinto era nientemeno che Francesco Crispi, con il quale Orsini scambiò poche parole prima del lancio delle bombe. De Rudio dichiarò di essere stato presente al furtivo incontro e di avere rico- nosciuto il Crispi, la cui identità gli venne confermata dallo stesso Orsini! L’incredibile rivelazione finì su “Il Resto del Carlino” di domenica 9 agosto 1908 e fu subito ripresa dagli altri quotidiani nazionali e locali. Ad accrescere la veridicità della dichiarazione del conte bellunese, l’avvocato italiano Enrico Comitti aggiunse, con una lettera indirizzata al giornale, che parecchi anni prima aveva avuto una confidenza da Cesare Orsini, fratello di Felice, che confermava il racconto di De Rudio. Natu- Anno IX n. 3 – novembre 2011 Qui Menaggio on line: www.menaggio.com Nota: i non residenti, interessati a ricevere “QUI MENAGGIO”, possono segnalare il proprio nominativo ed indirizzo al responsabile di redazione attraverso l’indirizzo e-mail o al recapito postale presso il Municipio. Direttore responsabile: Alberto Bobba Responsabile di redazione: Ercole Spaggiari Consulenza editoriale: Alessandro Gini Comitato di redazione: Domenico Rizzi, Davide Spaggiari, Raffaella Catarinicchia, Vania Catarinicchia, Gaia Giossi, Marcel Paolini, Marco Venturini Hanno collaborato: Benvenuto Manzoni, Federica Scheggia, Fabrizio Confalonieri, Rossano Levan, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano Torino Foto: Foto-Video Lanfranconi Menaggio, Selva Enrico, Museo Nazionale del Risorgimento Italiano Torino, Archivio Biblioteca, Archivio Comune di Menaggio, Archivi personali privati, Archivio Nuovaera, Roberto De Bernardi Progetto grafico: Nuovaera Comunica la tua immagine s.r.l. Via Tevere, 2 - 22079 Villa Guardia (CO) www.nuovaera.info Per contatti: [email protected] [email protected] IL RISORGIMENTO 23 ralmente in Italia si scatenò una polemica furibonda, perché Crispi, deceduto nel 1901, era stato esponente della sinistra storica presidente del consiglio dell’Italia unificata dal 1887 al 1891, sotto il regno di Umberto I. De Rudio venne accusato di demenza senile e mania di protagonismo, ma non ritrattò mai le proprie affermazioni. Al linciaggio morale cui venne sottoposto da una parte della stampa, sua sorella Luigia rispose indignata con un’intervista su “La Gazzetta di Venezia” definendo il fratello e la propria famiglia gente che aveva sacrificato la propria vita alla causa dell’indipendenza. Non aveva tutti i torti, anche perché lei stessa era finita nelle carceri austriache insieme al padre Ercole, il fratello Achille era morto durante la difesa di Venezia e Carlo aveva combattuto in Lombardia, a Venezia, a Roma e nel Cadore per un’Italia libera. La questione della partecipazione o meno del Crispi alla congiura di Orsini è ancora avvolta nel mistero. Che il patriota siciliano si trovasse a Parigi quel giorno è confermato dalla gendarmeria francese che ne decise l’espulsione: ciò non significa, ovviamente, che avesse lanciato la terza bomba contro la carrozza di Napoleone III, sebbene Orsini avesse sempre negato di averla scagliata. L’unico interrogativo che ci si potrebbe porre è: che motivo avrebbe potuto avere De Rudio a lanciare una simile accusa, esponendosi a nuovi attacchi da parte della stampa? Ormai era vecchio e malandato, si era ritirato dalla vita militare e avrebbe potuto vivere i suoi ultimi anni in tranquillità. La domanda rimarrà sempre senza risposta. Nell’ottobre 1910 le condizioni di salute dell’anziano conte si aggravarono improvvisamente. Da anni soffriva di asma bronchiale e recentemente anche il suo cuore versava in pessime condizioni. Il medico italiano Bartolomeo Sassella, che lo conosceva da molto tempo, lo assistette fino all’ultimo giorno e lo vide spirare il 1° MUSEO NAZIONALE DEL RISORGIMENTO ITALIANO Il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano è ospitato a Palazzo Carignano nel cuore di Torino, con ingresso da piazza Carlo Alberto, 8 - a pochi passi da piazza Castello. E’ aperto dal martedì alla domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.00. Per prenotare la visita occorre telefonare al numero 011.562.37.19, oppure inviare una e-mail all’indirizzo [email protected]. Queste e altre notizie sono disponibili sul nuovo sito del Museo all’indirizzo: www.museorisorgimentotorino.it Ufficio Stampa: Antonella Giordano Mobile: 349.641.20.29 E-mail:[email protected] 24 IL RISORGIMENTO novembre 1910 nella sua casa di Pasadena. Erano presenti la fedele moglie Eliza, il primogenito Hercules accorso dall’Arizona, le tre figlie Italia, Roma e America. Il suo corpo venne cremato a Los Angeles e le ceneri sepolte nel National Cemetery di Presidio, a San Francisco. Forse nessun uomo del suo tempo, neppure l’ardimentoso Garibaldi, aveva avuto un’esistenza tanto avventurosa e travagliata. La sua storia, ai limiti della credibilità, è stata ricostruita minuziosamente soprattutto dall’italo-americano Cesare Marino nel libro ”Dal Piave al Little Big Horn”. Nella ricerca e nel confronto con altre fonti, l’autore di questo articolo ha trovato molti riscontri a quanto narrato nella citata biografia. Quando ci si chiede come mai il patriottismo avesse portato anche a certi eccessi, non è possibile trovare altra risposta che il titolo del film di argomento risorgimentale diretto da Mario Martone nel 2010: “Noi credevamo”. Domenico Rizzi Una visita insolita a Sant’Ambrogio Il Risorgimento visto dall’altra parte della barricata Vostra Eccellenza, che mi sta in cagnesco per qu è pochi scherzucci di dozzina, e mi gabella per anti–tedesco perché metto le birbe alla berlina, o senta il caso avvenuto di fresco, a me che, girellando una mattina, capito in Sant’Ambrogio di Milano, in quello vecchio, là, fuori di mano. M’era compagno il figlio giovinetto d’un di qu è capi un po’ pericolosi, di quel tal Sandro, autor d’un romanzetto ove si tratta di promessi sposi... Che fa il nesci, Eccellenza? o non l’ha letto? Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo riposi, in tutt’altre faccende affaccendato, a questa roba è morto e sotterrato. Entro, e ti trovo un pieno di soldati, di qu è soldati settentrionali, come sarebbe Boemi e Croati, messi qui nella vigna a far da pali: difatto, se ne stavano impalati, come sogliono in faccia a’ Generali, co’ baffi di capecchio e con qu è musi, davanti a Dio diritti come fusi. Mi tenni indietro; ché piovuto in mezzo di quella maramaglia, io non lo nego d’aver provato un senso di ribrezzo, che lei non prova in grazia dell’impiego. Sentiva un’afa, un alito di lezzo: scusi, Eccellenza, mi parean di sego in quella bella casa del Signore fin le candele dell’altar maggiore. Ma in quella che s’appresta il sacerdote a consacrar la mistica vivanda, di sùbita dolcezza mi percuote su, di verso l’altare, un suon di banda. Dalle trombe di guerra uscìan le note come di voce che si raccomanda, d’una gente che gema in duri stenti e d è perduti beni si rammenti. Era un coro del Verdi; il coro a Dio là d è Lombardi miseri assetati; quello: O Signore, dal tetto natio, che tanti petti ha scossi e inebriati. Qui cominciai a non esser più io e, come se qu è cosi doventati fossero gente della nostra gente, entrai nel branco involontariamente. Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo è bello, poi nostro, e poi suonato come va; e coll’arte di mezzo, e col cervello dato all’arte, l’ubbie si buttan là. Ma cessato che fu, dentro, bel bello io ritornava a star come la sa: quand’eccoti, per farmi un altro tiro, da quelle bocche che parean di ghiro un cantico tedesco lento lento per l’âer sacro a Dio mosse le penne. Era preghiera, e mi parea lamento, d’un suono grave flebile solenne, tal che sempre nell’anima lo sento: e mi stupisco che in quelle cotenne, in qu è fantocci esotici di legno, potesse l’armonia fino a quel segno. Sentìa nell’inno la dolcezza amara d è canti uditi da fanciullo; il core che da voce domestica gl’impara, ce li ripete i giorni del dolore: un pensier mesto della madre cara, un desiderio di pace e di amore, uno sgomento di lontano esilio, che mi faceva andare in visibilio. E quando tacque, mi lasciò pensoso di pensieri più forti e più soavi. «Costor», dicea tra me, «Re pauroso degl’italici moti e degli slavi, strappa a’ lor tetti, e qua senza riposo schiavi gli spinge per tenerci schiavi; gli spinge di Croazia e di Boemme, come mandre a svernar nelle maremme. A dura vita, a dura disciplina, muti, derisi, solitari stanno, strumenti ciechi d’occhiuta rapina, che lor non tocca e che forse non sanno: e quest’odio, che mai non avvicina il popolo lombardo all’alemanno, giova a chi regna dividendo, e teme popoli avversi affratellati insieme. Povera gente! lontana da’ suoi, in un paese qui che le vuol male, chi sa che in fondo all’anima po’ poi non mandi a quel paese il principale! Gioco che l’hanno in tasca come noi». Qui, se non fuggo, abbraccio un caporale, colla su’ brava mazza di nocciolo, duro e piantato lì come un piolo. Giuseppe Giusti Monsumanno Terme 12.5.1809 – Firenze 31.3.1850 IL RISORGIMENTO 25 Le coraggiose Madri della Patria Il ruolo delle donne nel processo rivoluzionario Una principessa fuori dal comune L’eroinadeiduemondi L’eroina per eccellenza, la donna più conosciuta del Risorgimento, è senza dubbio Ana Maria de Jesus Ribero de Silva, nata il 30 agosto 1821, sposatasi a 14 anni e passata alla storia come Anita Garibaldi, che conobbe l’eroe dei due mondi nel 1839 e del quale diventò amante e madre dei suoi figli, nonché compagna di tutte le sue battaglie. Pur di seguire il marito si travestì da uomo, si tagliò i capelli, indossò l’uniforme e combatté con tutte le sue forze, dedicando l’intera sua vita alla libertà e all’indipendenza dei popoli. Indebolita dalla quinta gravidanza e provata dalle battaglie, morì tra le braccia di Garibaldi in fuga dalla polizia papalina e dai soldati austriaci. Una donna che è diventata quasi una leggenda del Risorgimento Italiano con il suo coraggio e la sua audacia, riveste l’ideale di donna guerriera che non si arrende mai, che combatte a costo della propria vita per i diritti dei popoli, per l’uguaglianza dei cittadini, per i propri ideali. 26 IL RISORGIMENTO Una delle figure di maggiore spicco, per l’ampia portata del pensiero e l’influenza nella vita culturale e politica dei decenni coincidenti con le tappe dell’unificazione del Paese, fu sicuramente la Principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso che dimostrò fin dall’infanzia una pura passione politica. Nata a Milano nel 1808 in una famiglia dell’alta aristocrazia, ebbe una vita familiare travagliata e comportamenti per il tempo ritenuti spregiudicati e scandalosi: sposata, lasciò il marito ed ebbe una figlia da un nuovo compagno, fu in contatto con la Carboneria e in seguito fuggì in Francia, intrattenne relazioni prestigiose nel famoso salotto parigino, divenne giornalista. Tornata in Italia, si dedicò ai problemi sociali, con uno spirito da vera riformista, aprì asili e scuole per figli e figlie del popolo. Nel 1848-49 fu in prima linea partecipando ad alcuni episodi salienti: raggiunse Milano guidando la “Divisione Belgioioso” con 200 volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo da Roma a Genova e da lì a Milano. A Roma, nei mesi della Repubblica guidata da Mazzini, lavorò negli ospedali durante l’assedio della città, creando le “infermiere” laiche e chiamando a questo compito nobili, borghesi e prostitute. Alla caduta della Repubblica, dopo essersi battuta per salvare feriti e prigionieri, fuggì a Malta, ad Atene e infine a Costantinopoli. A un’attiva partecipazione si accompagnò sempre la passione per la scrittura, che si tradusse in una vasta produzione giornalistica e saggistica, intervenendo nei momenti decisivi della storia nazionale. Iniziò anche a stampare un giornale, che non venne molto apprezzato dal Mazzini, il quale disse: “Non scriverei mai su un giornale diretto da una donna!”. Della presente condizione delle donne e del loro avvenire, un saggio pubblicato nel 1866 in “Nuova Antologia”, è un’analisi lucida e chiara del problema del diritto di voto femminile, negato dal recente codice Pisanelli, che esprime un parere ragionato e avanza proposte concrete, ma soprattutto lascia trasparire amarezza e delusione per gli esiti moderati del Risorgimento e l’esitazione nei confronti della questione dei diritti delle donne di una nuova classe politica conservatrice quanto la vecchia. Una donna tra i mille Rose Montmasson, detta Rosalia, (Saint Orioz 1825 – Roma 1904), è stata una patriota italiana. Era originaria di una povera famiglia della Savoia, allora parte del Regno di Sardegna, fu moglie di Francesco Crispi ed è celebre in quanto prese parte alla spedizione dei Mille. Rose conobbe il futuro marito durante l’esilio piemontese, quando lei svolgeva le umili mansioni di lavandaia e stiratrice, mentre Crispi era un giovane rivoluzionario. Si recò a Malta per avvertire i rifugiati Italiani dell’imminente spedizione e tornò a Genova in tempo per unirsi ai Mille, dei quali fu l’unica partecipante femminile da noi nota, oltre a Jessie Meriton White Mario. La leggenda vuole che si travestì da militare per imbarcarsi sul “Piemonte”, contravvenendo all’ordine del marito di restare a Quarto. Durante la spedizione dei Mille si occupò prevalentemente della cura dei feriti, già dalla battaglia di Calata- fimi operò tra i combattenti per portare in salvo i colpiti e, nell’occasione, non disdegnò di imbracciare il fucile. Incessante fu la sua opera nelle ambulanze di Salemi ed Alcamo, dove i siciliani la ribattezzarono Rosalia. Dopo la nomina a deputato del marito, seguirono alcuni anni di vita relativamente tranquilla, terminata qualche tempo dopo il trasferimento della coppia a Roma, quando venne ripudiata da Crispi, il quale denunciò l’irregolarità del matrimonio contratto a Malta. Il secondo matrimonio di Francesco Crispi (divenuto nel frattempo Presidente del Consiglio) con una nobile leccese provocò un grande scandalo che coinvolse anche la regina, la quale si rifiutò pubblicamente di stringere la mano al ministro Crispi dopo aver presa visione della copia fotografica dell’atto di matrimonio celebrato a Malta. L’ex lavandaia ebbe un ruolo che, forse, nessun’altra donna ebbe in quelle pagine esaltanti della nostra storia. Vittima del perbenismo, del pregiudizio di classe e di cultura che avevano indotto Francesco Crispi ad allontanarla da sé, per vivere, nella maturità degli anni e della sua carriera politica, un’altra vita, Rosalia rimase a Roma, sopravvivendo con la pensione assegnata ai Mille, dove morì in povertà e dimenticata dal mondo risorgimentale, tanto che la sua salma venne tumulata in un semplice loculo, concesso gratuitamente dal comune nel cimitero del Verano, dove ancora riposa. Federica Scheggia “Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata, felicità!” Cristina Trivulzio di Belgiojoso, 1866 RINGRAZIAMENTI Ai commercianti del Comune di Menaggio L’Amministrazione Comunale e la Pro Loco Menaggio, riconoscenti per l’attenzione prestata alla proposta di allestire un clima Natalizio nelle vie del nostro Comune, ringraziano per la fattiva collaborazione e il contributo offerto, apprezzando la professionalità nel rendersi disponibili per la crescita di uno sviluppo commerciale. Con l’occasione Augurano buon lavoro e formulano sinceri Auguri di Buone Feste. Mario Martinelli, Roberta Iannazzo IL RISORGIMENTO 27 Marzo 1821 - Marzo 1861 Apoteosi di un ideale All’indomani del Congresso di Vienna (1814-1815), quella che noi oggi chiamiamo Italia era divisa in una decina di Stati, ridottisi poi, in pochi anni, a sette: Il Regno di Sardegna, il Regno Lombardo-Veneto, il Granducato di Toscana, il Ducato di Modena, il Ducato di Parma, lo Stato Pontificio, il Regno delle Due Sicilie. Era una divisione artificiale, scaturita dal Congresso, che accese la reazione di una nuova classe politica cresciuta negli ideali di libertà e fratellanza e capeggiata da Giuseppe Mazzini. La lingua, la comune cultura imponevano l’idea di un’Italia unita, dalle Alpi alla Sicilia, e i moti libertari cominciarono a concretizzarsi in Piemonte nel fatidico Marzo 1821. Altre date significative, pietre miliari della nostra storia, il 1848, il 1859 e infine il 1861 decretarono ciò che si presentava ormai come ineludibile: l’unità d’Italia, sospinta sì da soldati e valorosi guerrieri, sì da canti popolari sgorgati nelle strade e nelle piazze (di cui abbiamo trattato nel numero precedente), ma anche e soprattutto negli immortali componimenti di immortali artisti: Giuseppe Verdi, Giovanni Berchet, Goffredo Mameli, Giuseppe Novaro, Dall’Ongaro, Giosuè Carducci, il cosiddetto “Vate della Terza Italia”. . Di questo tratteremo brevemente, onde evitare il madornale errore di dipingere il Risorgimento Italiano e la conseguente unità nazionale, come conseguenza esclusiva di movimenti popolari oseremmo dire “folkloristici”. Il popolo, con la sua ferma volontà di cambiamento e il suo indiscutibile coraggio creò le possibilità per un futuro unitario, ma grandi ed illumina28 BIBLIOTECA: SPECIALE 150° te menti politiche e artistiche lo seppero guidare alla meta: l’uno, senza l’altro, non avrebbe certo sortito i risultati ottenuti. Nel 1821, allorchè sembrò che i soldati piemontesi potessero varcare il Ticino per liberare il Regno dagli oppressori Austriaci, Alessandro Manzoni scrisse di getto la famosa Ode dal titolo “Marzo 1821”. Fu però solo un’illusione, Carlo Alberto aveva sì concesso la costituzione, subordinandola però al voto del Re Carlo Alberto, il quale, non appena rientrato a Torino, sconfessò l’operato di Carlo Alberto e lo esiliò in Portogallo. L’Ode del Manzoni è un appello alla libertà di tutti i popoli, insieme al riconoscimento della presenza di Dio nelle vicende umane, e auspica un nuovo mondo dove l’uomo sia in grado di rispettare il prossimo, lasciando da parte, una volta per tutte, l’egoismo e l’interesse personale. Lo spirito dell’Ode non sarà mai soffocato, Manzoni, tuttavia, per timore della censura e di ripercussioni penali, la tenne nascosta e la pubblicò solo nel 1848, all’indomani delle vittoriose Cinque Giornate di Milano. L’incipit è inconfondibile: Soffermati sull’arida sponda, vòlti i guardi al varcato Ticino… Il celebre scrittore Giovanni Berchet, nel 1829, compose un poema dal titolo Fantasie, e in quegli anni si trovava in esilio a Londra. Prendendo spunto dalla sua condizione di esule e dall’anelito di libertà del popolo, il poeta fonde sentimenti epici e civili nell’idea di patria. Per rendere ancor più efficace l’impatto, Berchet revoca il Giuramento di Pontida, avvenimento accaduto nel piccolo Comune in provincia di Bergamo il 7 aprile 1167, nel quale benne stabilita un’alleanza tra i Comuni Lombardi contro il potere del Sacro Romano Impero di Federico Barbarossa. Il componimento più importante di Berchet è però All’armi! All’armi!, composto nel 1831 per celebrare le insurrezioni di Modena, uno dei componimenti poetici più intensi del nostro Risorgimento, adottato dalla Giovine Italia come Inno. L’incipit è un’importante esortazione all’azione e al coraggio in nome della nostra nazione: Su. Figli d’Italia! Su, in armi! Coraggio! Il suolo qui è nostro […] Al Teatro Alla Scala di Milano, il 9 Marzo 1842 fu rappresentata la terza opera di Giuseppe Verdi: il Nabuccodonosor, successivamente sintetizzata in Nabucco, vista l’eccessiva lunghezza del nome del Re assiro. La trama è la conquista di Gerusalemme da parte di Nabucco (587d.C.), che mise fine al regno di Giuda, e la deportazione degli Ebrei a Babilonia. Il coro dei prigionieri, Va’ pensiero sull’ali dorate (gli ebrei schiavi, appunto) incatenati al lavoro che rimpiangono la patria perduta è divenuto in assoluto l’Inno del Risorgimento italiano e dell’unità di Italia, talmente popolare che causò a Giuseppe Verdi stesso problemi con la polizia austriaca. Il tempo ha poi consacrato definitivamente il componimento, e tutt’oggi Va’ pensiero costituisce un canto denso di trasporto e di grande carica emotiva. Non si dimentichi, in tal proposito, che fu in ballottaggio con Il canto degli italiani di Mameli/Novaro per diventare il nostro Inno nazionale. Giuseppe Verdi, avendo capito che il filone degli ideali risorgimentali gli avrebbe assicurato un nuovo grande successo, compose, subito dopo il Nabucco, l’opera I Lombardi alla prima Crociata, sempre su libretto di T. Solera, basandosi su un poema di Tommaso Grossi. Nel coro O Signore, dal tetto natio, che rese celebre l’opera, le genti lombarde e delle altre regioni del nord colsero un segnale in favore del movimento risorgimentale, per la liberazione dell’Italia dall’oppressione straniera. Francesco Dall’Ongaro, patriota e poeta, prestò il suo talento nella stesura di un Canto inneggiante la nostra bandiera; l’autore della musica è sconosciuto (anche se alcuni attribuiscono il merito ad un certo Cordigliani), e le sue due versioni, una breve e una lunga, videro la luce nel 148 e nel 1859. Il canto è La Bandiera tricolore che, prendendo spunto dalla declamata bellezza del nostro vessillo, svilisce le bandiere dei Paesi oppressori dichiarando che noi (Italiani) non dobbiamo mai più vedere issare colori diversi dal nostro rosso bianco e verde: La bandiera dei tre colori è stata sempre la più bella, noi vogliamo sempre quella, noi vogliam la libertà Sul finire del 1858, Garibaldi, lasciata Caprera, si trovava a Genova nel tentativo di costituire un gruppo di volontari, i Cacciatori delle Alpi, per attaccare gli austriaci nel nord sulle montagne. In dicembre incontrò il poeta Luigi Mercantini, già noto come patriota, e gli chiese di comporre un inno per i suoi cacciatori. Mercantini accettò con entusiasmo e L’Inno di Garibaldi fu eseguito per la prima volta nel 1858 al cospetto di Nino Bixio. Il successo fu subito grandissimo, ne fu entusiasta lo stesso Garibaldi, ma la cosa non piacque a Cavour, che, in occasione dell’esecuzione di Genova del 1858, scrisse: Il Ministero sottoscritto invita l’Intendente Generale [Garibaldi nda] a cogliere tutte le occasioni per far capire agli uomini che delle canzoni per liberare l’Italia ce ne sono già un numero soverchio, che quindi il Ministero le considera in chi le fa come indizio che non con i fatti ma con le vane parole intende giovare alla causa nazionale. Gli uomini seri e i giornali dovrebbero volgere in ridicolo questi vati, che senza avere l ingegno di Triteo fuggono come lui. L’irritazione di Cavour si comprende appieno se si pone attenzione alla data di quella lettera: in quei si stavano concludendo, in gran segreto, gli accordi per la firma del trattato tra Francia e Regno di Sardegna, e di lì a poco la Lombardia sarebbe stata annessa al Regno di Sardegna; poco dopo, con la Seconda Guerra di Indipendenza, si sarebbero unite altre regioni, iniziando concreta- mente, e non con vane parole, il processo che avrebbe portato all’unità di Italia. Giosuè Carducci, tra i principali poeti italiani, professore presso l’Università di Bologna dal 1860 al 1904, premio Nobel per la letteratura nel 1906, nella sua prima raccolta di poesie, Juvenilia, riprese alcuni temi di carattere Risorgimentale, ispirato senz’altro dal poeta Goffredo Mameli, e compose l’Ode Il Plebiscito testimoniando la nostalgia del poeta per l’antica civiltà italiana. Gli ideali di romanità e di antichità sono spesso presenti nelle composizioni di Carducci, nell’Ode il poeta li porta a limiti estremi, incarnando gli ideali risorgimentali in un concetto universale di fratellanza e uguaglianza. Abbiamo voluto riassumere al massimo quel processo ideologico/politico che portò a quella grande e straordinaria rivoluzione che il 17 marzo 1861 incoronò il primo Re dell’Italia unita, proprio quell’Italia i cui confini la circondano ancora adesso. Ci alziamo in piedi quando sentiamo le note dell’Inno, ci emozioniamo quando vediamo il Tricolore, ci accendiamo di entusiasmo quando vediamo il cielo solcato dalle nostre amate Frecce, non possiamo proprio dimenticare quanti sacrifici umani, quanta fatica, quanto dolore ha costellato quella strada irta che dal 1821 al 1861 ci ha portati ad ottenere il premio più ambito, il risultato più bello. Concludiamo, con le parole di Carlo Azeglio Ciampi, il quale, guardando all’appuntamento del 2011, sottolinea che è cosa buona e giusta riproporre, in ogni sua espressione, lo spirito degli ideali del Risorgimento. Sono ideali ancora vivi, sono incisi sul marmo, sul frontone del Vittoriano: “all’unità della Patria, all libertà dei cittadini” Essi sono il fondamento della Repubblica. Marcel Paolini BIBLIOTECA: SPECIALE 150° 29 Quando “la storia” fa la storia del Cinema Garibaldi eroe dei due mondi e del grande schermo Il Risorgimento non ha offerto spunti soltanto alla letteratura classica italiana, con romanzi quali “Piccolo mondo antico” (1896) di Antonio Fogazzaro e “Il Gattopardo” (1958) di Tomasi di Lampedusa. Fin dalle origini del cinema, le sue vicende sono state infatti rappresentate anche sullo schermo. Fra i primissimi film, “La presa di Roma” del 1905, diretto da Filoteo Alberini; “Garibaldi” (1907) di Mario Caserini; “La battaglia di Palestro” (1908). Nel 1910 il regista Caserini girò la prima pellicola che aveva come protagonista una donna: “Anita Garibaldi”. L’eroina sarà ancora il personaggio principale nel 1927 con “Anita o il romanzo d’amore dell’Eroe dei due mondi”, di Aldo de Benedetti. Due anni prima, Carmine Gallone aveva diretto un lavoro dal titolo che richiamava la serie salgariana dedicata al western: “La cavalcata ardente”, con il sottotitolo “Passione garibaldina”. Figura centrale di nuovo una donna, questa volta del Regno delle Due Sicilie: Grazia Montechiaro (l’attrice Soava Gallone) di famiglia filo-borbonica, ma segretamente innamorata di un seguace di Garibaldi. Era l’epoca in cui il cinema trionfava con le struggenti storie passionali, spesso inserite in contesti sociali nei quali l’amore era contrastato da ragioni economico-politiche e il ruolo femminile rimaneva ancora fortemente subordinato. Nel 1934 Alessandro Blasetti diede vita ad uno dei più classici film sull’unificazione italiana: “1860”, che impiegava un cast molto ampio nel quale i grandi personaggi storici – a parte forse Nino Bixio, interpretato da Arcangelo Aversa – rivestivano parti secondarie o venivano semplicemente accen30 BIBLIOTECA: SPECIALE 150° nati. Di impronta marcatamente populista, subì forti tentativi di condizionamento da parte del regime, che Blasetti seppe aggirare abilmente, mantenendosi fedele al proprio filo conduttore. In realtà “1860”, antiretorico e ritenuto poco celebrativo dai fascisti, scrisse una delle prime pagine del neorealismo italiano. Maestose alcune sequenze, come la partenza dei Mille da Quarto. Nel 1940, Mario Soldati diresse la trasposizione cinematografica di “Piccolo mondo antico”, interpretato da Massimo Serato (Franco) e Alida Valli (Luisa): romanzo strappalacrime, con la tragedia familiare – la morte accidentale della figlioletta annegata nel lago - che divide i protagonisti finchè la speranza nella vittoria italiana e la placida attesa di una nuova maternità non riconcilieranno Luisa con il marito patriota. Velleitariamente biografico e romanzato “La contessa di Castiglione”, girato a Cinecittà in pieno conflitto mondiale da Fabio Calzavara, con l’interpretazione principale affidata a Doris Duranti, “diva del regime” (fu l’amante di Alessandro Pavolini, ministro della Cultura Popolare, nonostante le sue sospette origini ebraiche) e prima attrice a comparire a seno scoperto sugli schermi. Nel dopoguerra, la produzione di film risorgimentali subì una contrazione, diventando più rarefatta, ma non per questo meno efficace. Nel 1954 Luchino Visconti girò il discusso “Senso”, che in un primo tempo aveva incautamente intitolato “Custoza”, un nome infausto per l’Italia. Protagonista ancora la bellissima Alida Valli, affiancata da Farley Granger (Franz Mahler) e Massimo Girotti (Roberto Ussoni) è permeato del pessimismo del suo regista, che di lì a qualche anno realizzerà la versione cinematografica de L’Autore dell’articolo sulla “Canzone Popolare nel Risorgimento Italiano” pubblicato nella rubrica “Biblioteca” del precedente numero di “Qui Menaggio” è Marcel Paolini. Per un mio errore nella correzione della bozza finale non mi sono accorto che mancava la firma. Cerco di rimediare e chiedo scusa. E.S. “Il Gattopardo”. Sia nell’uno che nell’altro film, il sentimento e le frustrazioni personali hanno il sopravvento sul fervore patriottico e le vicende storiche sono avvertite prevalentemente per l’influsso che possono avere sui destini individuali. La contessa veneziana Livia Serpieri (Valli), divenuta amante di un ufficiale austriaco (Granger) opportunista e dissoluto, alla fine lo denuncia mandandolo a morte, ma la sua decisione assume più il sapore della vendetta di una donna umiliata che di un tardivo ritorno all’amor di patria. L’evento della sconfitta di Custoza, magistralmente ricreato da Visconti ispirandosi ad un dipinto di Giovanni Fattori (18251908) è rivisitato dal regista come lo scenario marginale di un melodramma, nel quale la tormentata passione dei due protagonisti sovrasta e sbiadisce la storia. Così pure “Il Gattopardo” è il ritratto malinconico e crepuscolare di un’aristocrazia al tramonto - rassegnata ad adattarsi all’inevitabile trasformismo politico “per non cambiare nulla” – che si specchia, attraverso la figura del conte di Salina (Burt Lancaster) nell’immagine del proprio inesorabile declino, perché “anche se sarà scongiurata la rivoluzione popolare, cambieranno… la cultura, lo stile, i cerimoniali della classe dominante…” (Alessandro Bencivenni, “Luchino Visconti”, La Nuova Italia, Firenze, 1982, p. 53). Il principe “prende le distanze, sia dalla vecchia aristocrazia… sia dai volgari profittatori del nuovo corso.” E’ ormai un uomo solo, in un ambiente dove “persone e cose appaiono come sontuose nature morte.” (Bencivenni, cit., pp. 53-54). Il film del centenario fu “Viva l’Italia!” di Roberto Rossellini, che divise fortemente la critica sul modo di interpretarlo. L’impresa dei Mille non è più vista con il trionfalismo retorico di altre pellicole precedenti, ma induce ad azzardati parallelismi con i più recenti avvenimenti (venne girato nel 1960) della seconda guerra mondiale. Le vicende che seguono lo sbarco di Marsala hanno qualcosa in comune con quello alleato del 1943: se non altro, la scarsa conoscenza della realtà del profondo Sud. Comunque, “un grande affresco dell’impresa garibaldina, veduta con gli occhi del cronista attento ai fatti minuti, quotidiani, o ai riflessi secondari della grande avventura storico-politica…” (Gianni Rondolino, “Roberto Rossellini”, La Nuova Italia, Firenze, 1974, p. 101). L’ambiente della Roma papalina del primo Ottocento, che contiene già i germi della sua prossima dissoluzione, forma il background di “Nell’anno del Signore”, di Luigi Magni, prodotto nel 1969, mentre quello di “Allonsanfàn” di Paolo e Vittorio Taviani (1974) si svolge nel periodo della Restaurazione. Entrambi mostrano, al di là delle differenze tematiche, una singolare analogia: l’impreparazione e l’incredulità di popoli oppressi dinanzi alla prospettiva rivoluzionaria, che spingerà la gente ad invocare la morte dei patrioti o li sterminerà addirittura come malfattori. Magni si ripete con “In nome del Papa re” del 1977, analisi amara di un’oppressione politica esercitata dal sistema teocratico nell’ultima fase della sua sopravvivenza. Completerà la trilogia nel 1990 “In nome del popolo sovrano”, rievocazione della breve esistenza della Repubblica Romana del 1849. Infine, nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, Mario Martone propone il suo “Noi credevamo”, ispirato al romanzo di Anna Banti, narrando la lunga lotta che conduce alla libertà di tre giovani patrioti del Sud approdati alla Giovine Italia. L’impressione che se ne ricava, è quella di un sogno spezzato, di aspirazioni deluse e di un Risorgimento tradito, dopo avere suscitato enormi aspettative. L’esercito piemontese liberatore viene visto alla fine – quando ormai dilaga il brigantaggio alimentato da Borbonici sconfitti, disertori e gente comune che si ribella alla nuova oppressione - come uno spietato conquistatore, strumento della nuova tirannide che è stata instaurata. Il titolo stesso del film è assai significativo: la società ideale per cui si è battuta un’intera generazione non è stata realizzata e l’Italia è diventata soltanto un’unione territoriale costruita sulle rovine di altri Stati. Come del resto ha dimostrato la storia nazionale dell’ultimo secolo, perché il Risorgimento è stato soltanto il punto di inizio di un lungo, difficile cammino. Domenico Rizzi BIBLIOTECA: SPECIALE 150° 31 “Il Gattopardo”: un romanzo epocale Un capolavoro unico, che ancora oggi è best seller Anche in quest’ultimo numero del 2011 “Qui Menaggo” continua a celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Proprio per questo ho scelto di parlarvi di uno dei capolavori della letteratura italiana ambientato in quell’epoca: Il Gattopardo. Il romanzo è opera di Giuseppe Tomasi principe di Lampedusa e duca di Palma Montechiaro, nato a Palermo nel 1896, erede di una delle famiglie più illustri dell’aristocrazia siciliana. Cominciò a scrivere molto tardi, aveva quasi sessant’anni, e dopo aver composto Il Gattopardo e pochi altri scritti di narrativa e critica letteraria, si ammalò e morì a Roma nel 1957, ancor prima di vedere esposta nelle librerie la sua migliore opera. Il Gattopardo venne pubblicato a Milano (ed. Feltrinelli) nel 1958 e da subito creò molto “rumore” nell’ambiente letterario e non solo, fu un grande successo in Italia e all’estero (Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Austria...). Il Gattopardo è considerato un romanzo storico nel senso che l’autore ha creato dei personaggi e li ha “fatti muovere” all’interno di un periodo preciso, dandoci così la sua personale interpretazione del momento storico in questione. Completamente errata è perciò la tesi di molti critici che ci videro un romanzo autobiografico, vista l’estrazione sociale che accomuna Tomasi di Lampedusa e il principe di Salina protagonista principale del romanzo. La narrazione copre un arco temporale di un cinquantennio (maggio 1860-maggio1910), al centro degli avvenimenti troviamo i membri della nobile famiglia dei Salina e in particolare la figura di don Fabrizio, principe di Salina, che domina il romanzo sia da 32 FAHRENHEIT 451: SPECIALE 150° vivo che da morto. La Sicilia sta vivendo momenti cruciali: ai deboli tentativi delle forze locali di opporsi ai Borboni si sovrappone l’intervento di Garibaldi, destinato a sbaragliare l’esercito borbonico ed abbattere la monarchia, la caduta della quale comporterà anche il declino della nobiltà. E’ dunque in gioco il destino della famiglia Salina e di tutta l’aristocrazia dell’isola. Sullo sfondo di questa situazione politica si inseriscono i temi della vita quotidiana: la giovinezza, l’amore, le nuove classi in ascesa, il ruolo della Chiesa e soprattutto lo stato tristissimo in cui versa la Sicilia stessa (priva di strade, in condizioni igieniche penose e vittima di un’inezia che si trascina da secoli). Accanto al personaggio del principe don Fabrizio, fulcro indiscusso del libro, troviamo numerosi altri personaggi che, ognuno a modo suo, contribuiscono a creare il fascino del romanzo: il nipote di don Fabrizio, Tancredi Falconeri, che si arruola nell’esercito garibaldino per frenare l’aria rivoluzionaria e crearsi le giuste condizioni per la sua futura carriera diplomatica e nel frattempo, non si lascia sfuggire né la bellezza né la ricca dote di Angelica Sedara, simbolo indiscusso di femminilità e amore; poi troviamo Concetta, figlia del principe, innamorata da sempre di Tancredi e incapace di conquistarlo, invecchierà nella solitudine assediata da “un inferno di memorie mummificate”; Maria Stella, la moglie del principe; Padre Pirrone, il Gesuita di famiglia, osservatore acuto e prudente; don Calogero Sedara, padre di Angelica, contadino arricchitosi grazie alla sua astuzia ed abilità, simbolo inequivocabile della nuova classe borghese in ascesa; infine troviamo tutti gli altri personaggi, definiti minori, come Chevalley, il funzionario piemontese, don Ciccio Tumeo e don Onofrio Rotolo e l’indimenticabile cane di don Fabrizio, Bendicò. In un romanzo così non poteva mancare il personaggio storico, il colonnello Pallavicino che colpisce tutti con le sue lungimiranti profezie sulla futura storia d’Italia. Il Gattopardo è un’opera davvero strepitosa, l’autore la compose di getto nel giro di un anno, tra il 1955 e il 1956. E’ vivace, scorrevole e mai noiosa, ci offre “una finestra” sul passato da cui possiamo osservare un pezzo della nostra storia dimenticandoci tranquillamente che qualcuno non è stato capace di notare le stupefacenti qualità artistiche del romanzo ma ha notato le presunte tendenze politiche di destra di Tomasi di Lampedusa! L’Arte non può essere qualificata con definizioni che appartengono al linguaggio politico. Raffaella Catarinicchia