1.8 Mb - pdf - Comune di Menaggio

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1.8 Mb - pdf - Comune di Menaggio
1861
2011
Anno IX - Numero 3 - Dicembre 2011
Notiziario del Comune di Menaggio - Via Lusardi, 26 - 22017 Menaggio (CO) - Registrazione del Tribunale di Como n. 3/2003
Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento postale - 70% - DCB COMO - Direttore Responsabile: Alberto Bobba - Grafica/Stampa: www.nuovaera.info
Care concittadine e cari concittadini, come di consueto spetta al
sottoscritto, in veste di Sindaco
di Menaggio, l’apertura di questa
nuova edizione del nostro notiziario comunale. E’ un’uscita particolare perché siamo alla fine del
2011, un anno strano non solo a
livello locale ma purtroppo e soprattutto a livello internazionale.
Ma nonostante questo scenario,
sono comunque felice e onorato
di poter entrare nelle Vostre case
ed idealmente stringere la mano a
tutti, augurando ad ognuno Buon
Natale e Felice Anno Nuovo.
Quello trascorso a detta di molti
non è stato in assoluto un buon
anno e le considerazioni al riguardo hanno per troppo tempo riempito le pagine dei giornali. Non ho
voglia e sinceramente non mi interessa fare ulteriori disamine contingenti o ricavare alchimie contabili o finanziarie della situazione
italiana ed internazionale attuali;
lasciamole fare al nuovo governo,
sempre che possa incidere, senza
aspettarci troppo.
Preferisco guardare a Noi, a quello che ci sta attorno, a quello che
stiamo facendo come Amministrazione comunale e a quello che
vorremmo fare in futuro.
Ripensandoci un poco, però, mi
vien spontaneo dire: “In fondo
per sapere cosa sta facendo e
dove vuole arrivare l’Amministrazione basta riprendere in mano il
depliant elettorale di 7 e di 2 anni
fa e rileggerlo attentamente”. Lì
continua a pag. 2
sommario
in primo piano
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VAS: PRIMA SERATA
DI PRESENTAZIONE
UN 2011 POSITIVO
PER GLI ANZIANI
11
PAULLO, LE FOTO
DELLA CASTAGNATA
19
SPECIALE 150°
UNITA’ D’ITALIA
segue da pag. 1
verificheremo il lavoro fatto in questi
anni e quanto ci manca per completarlo, con idee, progetti e opere.
Un’opera, infatti, di qualsiasi genere e
specie, ha bisogno di un’idea, programmazione e progettazione, un finanziamento e una realizzazione. Ma soprattutto ha bisogno di condivisione.
Alcune opere sono in fase di realizzazione ed altre, invece, in quella fase in
cui “tutto sommato ….. sarebbe meglio
non parlarne”, o quanto meno parlarne
poco e soprattutto con cognizione di
causa e non come troppo spesso accade cercando il pelo nell’uovo, strumentalizzando il tutto per cercare di
screditare “gli altri”, esclusivamente per un proprio interesse. So che
quest’ultima frase susciterà delle inevitabili critiche da parte di qualcuno e
sarò accusato di prepotenza ed altro,
ma da che mondo è mondo alcuni equilibri in particolari fasi di realizzazione
progettuale è meglio siano sviluppati
nelle sedi preposte e competenti, secondo regole precise e trasparenti, e
soprattutto in silenzio. So che la stragrande maggioranza condivide questo
mio modo d’agire avendomi concesso per ben due volte, nel 2004 e nel
2009 il proprio appoggio elettorale.
Insomma, compatti fuori e compatti dentro. Vi assicuro, infatti, che la
maggioranza è solidissima. E questo
non per ” excusatio” non richiesta, ma
semplicemente perché alcuni cittadini mi hanno rivolto tale domanda.
Maggioranza coesa per raggiungere gli
obiettivi prefissati, con una forte condivisione di intenti e di obiettivi comuni. Il cammino sarà duro e, come lo
è stato sin qui, costellato da burocrati provinciali e regionali che dall’alto
del loro “potere di veto”, giocano una
partita tutta loro contro i cittadini ed
il comune senso della ragione.
E’ così che le nostre nuove scuole elementari avranno dei pilastri, non tanto
“portanti” considerando che il loro
consolidamento costerà 200.000mila
euro, duecento mila euro in più per le
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IN PRIMO PIANO
casse comunali e quindi per i cittadini
di Menaggio, pilastri all’interno della
palestra a sostegno delle volte, vecchie di 80-90 anni, lasciate lì forse per
ricordare come si lavorava allora e non
certamente per altri motivi. Scherzo?
Non ci credete? Incomprensibile, ma
tutto vero!
Ed ancora, come facciamo ad andare
a Nobiallo e dire: cari Signori, abbiamo trovato l’Ente (Consorzio del Lario e dei Laghi minori) che ci finanzia
completamente il pontile galleggiante
che ci avete richiesto giustamente ed
insistentemente, ma non lo faremo
mai perché la sopraintendenza e la
“Provincia” ci hanno negato il permesso, perchè “deturpante” il paesaggio.
Sempre le stesse ed oramai monotone
ragioni (si fa per dire!), sempre uguali
frasi da copia - incolla. Ancora non si
capisce perché i cittadini di Varenna
(giusto per fare un esempio) non sono
“disturbati” da un piccolo ponte e da
due barchette a rami ad esso ormeggiate e quelli di Menaggio sì. Ma non è
lo stesso Lago?
Forse è giunto il momento che anche la
formica si ribelli e faccia sentire la sua
voce. Qualche giorno fa, in occasione
della ricorrenza della Virgo Fidelis, il
21 novembre scorso, celebrata nella
chiesetta di Nobiallo, molti Sindaci
si sono ritrovati per partecipare alla
cerimonia ed è stata in quell’occasione che tutti hanno manifestato la loro
singola impotenza verso queste istituzioni che indiscriminatamente e spesso
con poche giustificazioni compromettono il loro lavoro, tanto da far considerare la necessità di recarsi a Milano
e Como per manifestare con tanto di
fascia tricolore sul petto il proprio disappunto e la loro contrarietà nel vedersi bocciare regolarmente i progetti, gettando al fuoco decine e decine
di miglia di euro.
Qualcuno si domanderà, forse giustamente, “ma il nostro Sindaco è un
poco alterato? E’ stato punto dalla tarantola?”. Né l’uno né l’altro, o meglio
un poco alterato lo sono quando vedo
vanificato il lavoro di tanta gente e
quando sento blaterare senza costrutto; semplicemente vorremmo chiedere maggiore collaborazione e un po’ di
buonsenso in più anche a costo di sovvertire alcuni canoni ed andare contro
determinati pretestuosi “dettati”.
Ma si consolino i cittadini di Nobiallo,
(oggi sono loro il mio primo pensiero):
a breve partiranno i lavori di pavimentazione della via per S. Anna (2 anni
per vincere la burocrazia) e saranno sistemati i valletti esistenti (sempre che
non arrivi qualcuno in divisa o con un
tesserino a fermare tutto). Per quanto riguarda la ex- cava di gesso, siamo
all’assegnazione della progettazione definitiva-esecutiva, poi spazio al
bando di gara e quindi il via ai lavori.
Non me ne vogliano i Concittadini di
Croce e Loveno, se parlerò poco di
Loro, son certo che avranno capito il
senso del mio discorso. Anche per loro
comunque ci saranno presto novità.
Il demanio, sembra finalmente deciso
ad alienare alcune proprietà, così che
l’ex-tiro a segno con annesse costruzioni sarà ceduto al Comune. Bisognerà
pensare al da farsi e trovare le risorse
per adeguare la proprietà. Ma saranno
molteplici le piccole opere “qua e là”
per il territorio.
Abbiamo ricevuto, da parte di un’associazione di società private, la proposta di realizzare parcheggi interrati.
L’Amministrazione ha aggiunto altre
richieste: se “son rose fioriranno”.
Buon Santo Natale a tutti con l’augurio
che il prossimo anno sia foriero di tante buone novità e soprattutto che ci
porti pace con noi stessi e con chi ci
sta accanto.
Il Vostro Sindaco, Alberto Bobba
“Spread, magistrati, Cina e sindacalismo”
Ecco il famoso discorso integrale del 4 novembre
Care concittadine e cari concittadini, porgo a Voi il saluto per la
partecipazione a questa Cerimonia che commemora la fine vittoriosa della prima Grande Guerra
e la riunificazione territoriale
della Nostra Patria.
Come tutti gli anni questa ricorrenza ci permette di fare alcune
considerazioni su ciò che sta accadendo in Italia e nel mondo.
E soprattutto domandarci: come
va?
Non va bene. Anzi va male, malissimo, anzi peggio non potrebbe andare. Non siamo sull’orlo
del baratro, stiamo precipitando
dentro il baratro. Siamo ormai in
caduta libera ed inarrestabile.
Certo non va bene ma, meno colpevoli di quanto si voglia far credere, non va peggio rispetto ad
altri, come ad esempio Francia e
Germania, per non parlare di chi
è veramente in crisi, come la Grecia, e della Spagna, che sembrava
sul punto di sorpassarci e poi ha
avuto un brusco arresto.
Ma c’è una differenza: noi amiamo denigrarci, parlarci addosso,
svilirci, in tutto ciò supportati
dalla magistratura (l’ultima è di
pochi giorni fa, quando un solito noto magistrato si è definitivo
“Partigiano della costituzione”.
Ma partigiano non vuol forse
dire essere di “parte”? Ma non
dovrebbe essere imparziale ed
obiettivo?), da stampa e tv, da
un’opposizione che, senza programmi alternativi, tresca sempre e comunque pur di abbattere l’odiato nemico, incurante ed
indifferente al fatto che con ciò
mette a rischio l’Italia.
Nel frattempo siamo nel bel mezzo di un ponte: non di quelli che
vanno giù con la piena dei fiumi
ma di quelli solidi che servono a
far festa, di quelli che, coniugando e collegando “il venerdì col
martedì, col giovedì e la domenica successiva”, permettono non
solo di non lavorare una settimana ma, finalmente, di potersene
andare in vacanza. Se si deve
credere alla televisione ed alla
stampa, vangelo e verità assoluta quando sparla e sproloquia di
certi personaggi ed argomenti
cui siamo tutti estremamente attenti, tra gite fuori porta, viaggi
un po più in là della porta, visite
a città d’arte, godimento della
natura nei paradisi agrituristici,
viaggi all’estero, tuffi nei mari
dei paesi tropicali e via oziando
e spendendo, quelli che scelgono di partire sono in numero
impressionante, roba da esodo
biblico. E non è ancora stagione
per le settimane bianche. Boh!
Crisi? Non capisco!
Per fortuna adesso abbiamo gli
indignati che ci riportano alla realtà e ci mostrano le cose nel loro
giusto valore e nella loro corretta
dimensione. Come? Ripensiamo
a Roma qualche giorno fa: tutti
abbiamo visto, inutile ripeterci.
Ma non sono loro! Sono i “neri
cattivi”! A parte il fatto che non
si capisce bene di che cosa siano indignati, mi domando dove
tanta gente trovi tempo e soldi
per viaggiare, mangiare, bere,
vivere, insomma partecipare ad
ogni manifestazione, sciopero,
corteo, agitazione. Ed è inoltre
ormai assodato per lunga esperienza che i “neri cattivi” sfruttano tutte queste occasioni per
fare ciò che abbiamo visto loro
fare, sicuri che nessuno torcerà
loro un capello, tollerati da Polizia e Carabinieri che ricevono
ordini dall’alto di non intralciare
troppo le loro bravate sanguinarie, magari di farsi ammazzare
piuttosto che far loro la “bua”,
DALLA CASA COMUNALE
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protetti in altissimo da qualcuno
che riserva loro mille riguardi, un
buffetto e via senza condanna. E
allora, se nonostante tutto ciò si
decide di mettere a repentaglio
la vita, la salute, i beni degli altri
per dimostrazioni di dubbio contenuto, allora sì è criminali complici dei criminali.
Giova peraltro rammentare che
la nostra situazione è determinata soprattutto dal debito pubblico accumulato da altri molto
tempo fa, anche con il voto di
scambio: posti pubblici, pensioni baby, privilegi a vario titolo in
cambio di voti - il tutto sponsorizzato dalla sinistra comunista
che oggi si straccia le vesti - oltre
che dallo scandalo della finanza
creativa soprattutto americana,
con la massima rappresentanza
in negativo della Lehman Brothers. Ci sono poi le agenzie di
rating (Moody’s, Standard & Poor’s, ecc.) che tutti ascoltiamo
terrorizzati e scandalizzati senza
sapere che cosa siano ma soprattutto chi siano; lobby finanziare
ed economiche, in sostanza gruppi d’affari che, anche ammesso
che si muovano nel lecito, agiscono nel loro interesse, con giudizi
che possono favorire aree di speculazione nelle quali intervenire
a loro vantaggio e naturalmente
a svantaggio dell’area colpita,
oppure ancora con giudizi che
possono screditare un governo,
a favore o vantaggio di un altro
a loro più gradito magari perché
più malleabile e manovrabile.
Dice niente la vicenda libica?
L’Italia aveva accordi vantaggiosi
che non andavano bene alla Francia che si è alleata all’Inghilterra,
anche lei in cerca di “spazi” e con
la complicità di un pavido, inetto
e incapace (o furbo complice) Barak Obama è successo quel che è
successo in nome della giustizia,
della libertà e della democrazia
ed intanto, al posto di un dittatore, abbiamo portato al potere
ancora non sappiamo chi. Forse
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DALLA CASA COMUNALE
l’integralismo islamico? L’importante è il “dagli all’untore”,
scagliarsi contro il demonio, insultare e colpevolizzare il capro
espiatorio, volutamente dimenticando che costui è stato trascinato per i capelli (si fa per dire, in
modo figurato) da fatti ed eventi superiori. Per inciso è da ricordare che la seria ed affidabile
Standard & Poor’s (e perché non
lo si dice?) alla vigilia dello scoppio della bolla finanziaria, aveva
pubblicamente promosso, in una
delle sue periodiche valutazioni
la Lehman Brothers, a pieni voti!
C’è poi il Made in Italy fabbricato
in Romania, dove il costo del lavoro è un quarto rispetto all’Italia;
la Cina che importa mafia e porcherie di ogni genere ma stiamo
zitti perché facciamo affari, ed
anche i prodotti di qualità, ce ne
sono, sono prodotti a paghe da
fame (quella vera) senza garanzie sindacali, con lavoro minorile e giornate da 12-14 ore per 7
giorni settimana, e la serafica Camusso non ha nulla da dire.
Ed ora la Cina interviene anche
in supporto ed a garanzia della
crisi europea! Come, non lo so,
ma così è.
Ma c’è anche vivaddio e viva
l’Italia, un Made in Italy che va
alla conquista dell’America, la
FIAT di Marchionne. Affrancata
da un passato dove con la complicità di partiti al potere, DC e
PCI, e potenti sindacati, la CGIL
di Luciano Lama, quando gli utili
erano privati e avviati in Svizzera e nei paradisi fiscali e le perdite erano sociali, quindi pagate
da tutti, oggi non è più a spese
delle tasche degli italiani. Oggi è
una realtà che investe, dà lavoro, produce e finalmente manda
all’inferno la Marcegaglia e la
Camusso, vecchi arnesi di un soviet ormai sorpassato e finito, se
si vuol stare al passo con i tempi
e competere veramente col mondo globale.
Per fortuna c’è anche un’Italia
che lavora e che lavora sodo. E’
l’Italia che commemora oggi,
nelle piazze all’ombra dei monumenti, i Martiri del passato e
plaude coloro che lottano lontano dalla nostra Patria per la Pace
e la Libertà nel mondo, che non
speculano, che soffrono e danno
anche la vita per questi ideali.
C’è per fortuna anche un’altra
Italia che va oltre la crisi e sa
già cosa fare, ed è l’Italia di tutti quegli Amministratori onesti
che sanno di non essere la causa dei costi della politica, anche
se ipocritamente così si maligna;
amministratori che continuano
ad amministrare pur nelle gravi
e pesanti difficoltà attuali e che
speriamo un giorno possano anche loro far vera politica.
Ringrazio tutti i presenti per la
partecipazione, le Autorità Civili,
Religiose, le Associazioni d’Arma
che con le loro Bandiere e Insegne hanno onorato questa ricorrenza. Ringrazio gli studenti
della Scuola Primaria e Media e
le loro insegnanti e i loro insegnanti.
Ringrazio il Corpo Musicale di
Loveno, quest’anno assurto agli
onori nazionali, che ci ha accompagnato in questa ravvivante mattinata ed invito tutti per
un brindisi “scaccia crisi”, detto
veramente col cuore, al bar del
campo sportivo.
Il Sindaco Alberto Bobba
PGT, “ok” la prima presentazione della VAS
L’Assessore Guaita commenta i risultati raggiunti
Nella giornata dell’11 novembre,
alla presenza di oltre 50 cittadini e di 11 associazioni su 60 invitate, presso la Sala Consiliare
di Menaggio si è tenuta la prima
presentazione della Vas (Valutazione Ambientale Strategica).
Un appuntamento importante,
introdotto dal Sindaco Alberto
Bobba che ha voluto ringraziare
gli operatori che hanno contribuito e stanno contribuendo alla
buona riuscita del Pgt (Piano di
Governo del Territorio).
L’Assessore all’Urbanistica Francesco Guaita è poi entrato nel
merito del Pgt, illustrandone innanzitutto la filosofia di fondo.
“Menaggio è punto centrale di
un’ampia area della sponda occidentale del nostro lago, dunque
la gestione del territorio non solo
deve tener conto dell’attuale realtà demografica ma soprattutto
deve prevederne il potenziale sviluppo territoriale – ha sottolineato Guaita - Proprio per questo il
Pgt che si va formando non è una
semplice continuazione, con una
sigla differente, del PRG (Piano
Regolatore Generale). Tutt’altro:
è uno studio molto approfondito che ha richiesto molti anni
di lavoro e che tiene conto anche di aspetti del passato, quale
ad esempio la carta del Catasto
Teresiano, che può fungere da
modello di vissuto storico, indispensabile per capire e pianificare il futuro. L’obiettivo è quello
di fermare il deterioramento del
territorio, senza però frenarne lo
sviluppo”.
Dopo l’Assessore, la Dott.ssa
Adriana Paolillo, Dirigente della
Provincia di Como, ha spiegato
in modo sintetico l’intera traccia
degli indirizzi e degli obiettivi
pianificati e condivisi con il Comune di Menaggio.
Gli Architetti Ivana Lucchesi e
Silvia Raitè, progettisti dell’intero Pgt, hanno invece illustrato
l’iter del Piano e gli spunti che
hanno portato alla formazione
dell’ossatura del Documento.
L’Architetto Lucchesi ha confermato la centralità e l’importanza
di Menaggio per il territorio del
centro ed alto lago, elencando
poi tutti gli studi paralleli finora svolti(Studio Geologico, Piano
Arboreo e Vegetazionale, Piano
Faunistico, Piano Climatico, Piano Illuminotecnico, Piano Cimiteriale, Piano Acustico, Piano Idrico
ed Approvvigionamento, ecc),
invitando di volta in volta ogni
professionista ad illustrare il proprio lavoro.
Devono invece essere ancora
completati il Piano della Sicurezza, il Piano dei Servizi del Sottosuolo, il Piano Ecologico, il Piano
Inquinamento Elettromagnetico,
il Piano Viario/Urbanistico ed il
Piano delle Perequazioni.
“L’importanza di Menaggio ci
ha spinto ad adottare per il Pgt
degli standard di qualità elevati.
Per questo ad ogni singolo settore sono stati dedicati studi spe-
cifici e dettagliati nei particolari
– continua l’Assessore Guaita - La
bontà della strutturazione del
Pgt è testimoniata anche dal fatto che la Provincia stessa ha elogiato il lavoro fin qui svolto. Siamo a buon punto e il cammino
prosegue spedito perché, entro il
31 marzo 2012, il Pgt deve essere adottato, questo è l’obiettivo
che il Sindaco e la Maggioranza
si sono dati.
Per quanto riguarda il Piano Urbanistico, dagli studi fatti è risultato che abbiamo ancora oltre
il 10% di edificabilità rispetto
all’attuale edificato. L’Architetto
Ivana Lucchesi, su nostre indicazioni, ha approntando uno studio volto a salvaguardare e contenere l’espansione edificatoria,
non per bloccarla ma per gestirla
correttamente e farla crescere in
armonia con il contesto territoriale.
Il Piano Idrico è stato particolarmente impegnativo, basti dire
che la relazione finale è di ben
86 pagine; lavoro, questo e quello finora completato dai vari professionisti, ben visibile e scaricabile dal sito del comune www.
DALLA CASA COMUNALE
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Menaggio e il suo territorio come
appare nel Catasto Teresiano del 1722
(fonte: Archivio di Stato di Como)
menaggio.com, nella sezione dedicata al Pgt.
Dal punto di vista geologico abbiamo delle criticità, costituite
in particolare dal fiume Sanagra, come per esempio la “forra
dell’orrido del Forno”, zona che
non deve essere sottovalutata a
causa dei suoi pendii molto franosi, così pure tutta l’area della
cava di Nobiallo, quest’ultima in
fase esecutiva del noto progetto
di bonifica, ma che in ogni caso
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DALLA CASA COMUNALE
dovrà essere perennemente monitorata.
Il Cnr (Centro Nazionale di Ricerca), ente con il quale il comune
di Menaggio ha un filo diretto,
ha proposto a scopo preventivo
il monitoraggio di tutte queste
aree sensibili. E’ un progetto
molto ambizioso e di estrema importanza, unico nel suo genere
in Europa, che, se andrà definitivamente in porto (come sempre,
finanziamenti
permettendo),
verrà addirittura presentato dal
nostro Sindaco e dal Presidente
della Provincia all’Expo 2015 in
Villa Erba.
Un altro studio fondamentale, in
fase di completamento, è quello
sui sottoservizi. Abbiamo assemblato un’analisi dettagliatissima
che si estende a tutto il territorio
comunale, comprese le frazioni
e i comuni confinanti. E’ fondamentale per sapere dove intervenire, data l’inadeguatezza di
carico meteorologico e fognario
degli impianti visti, in previsione
dello sviluppo abitativo contemplato nel Pgt.
Ci sarebbe poi da parlare del
Piano delle Perequazioni, dello
studio arboreo vegetativo del
territorio, fatto da Sauro Vable,
del Piano Faunistico, fatto dal
Dottor Attilio Selva e focalizzato
sulla Val Sanagra. Infine, tramite
il Professor Maurizio Caminada,
professionista e collaboratore del
Cnr, abbiamo redatto uno studio
climatico degli ultimi 10 anni. Ne
è emerso che Menaggio ha un
microclima particolarmente dolce e adatto anche a fini sanitari/
cardiovascolari.
Personalmente mi sto poi impegnando per compilare la relazione sull’inquinamento elettromagnetico, analizzando le linee di
trasporto dell’energia (bassa e
media tensione) in collaborazione con Enel e Terna, le antenne
ricetrasmittenti della telefonia,
per confrontare e percepirne le
potenziali discrepanze tra gli impianti, l’abitato e le prescrizioni
dettate dalla normativa Cee.
La cura quasi maniacale dei dettagli del Pgt nasce anche quale
risposta ad alcune criticità già
presenti sul territorio, quali ad
esempio le parabole sull’Ospedale di Menaggio, progetto non
sottoposto ad analisi da parte
dell’Amministrazione Comunale,
in quanto imposto ed avallato
dagli enti superiori quali l’Ente
Ospedaliero e la Sopraintendenza Paesaggistica. Come più volte ho avuto modo di rimarcare,
soprattutto a causa dell’assenza
della parte politica nelle Commissioni del Paesaggio ed Urbanistica, ci troveremo fra due anni, a
fine mandato, a dover giustificare opere da noi non condivise
e pareri forzati da parte di altri
enti superiori a quello comunale. Dunque con il Pgt intendiamo
lasciare ai cittadini una traccia
inconfutabile del buon lavoro
fatto. La seconda Vas è prevista
per il mese di gennaio 2012, nel
frattempo saranno completati i
Piani di Emergenza, Viabilistico e
l’intero quadro edificatorio volto
in particolare al recupero delle
aree dismesse ed abbandonate.
Invito sin d’ora tutti i cittadini a
partecipare alla seconda seduta
della Vas e ai vari incontri serali
che pubblicamente saranno di
volta in volta pianificati, per discutere apertamente con tutta la
comunità Menaggina il proseguo
del Pgt”, conclude l’Assessore
Guaita.
MENAGGIO È ANCORA UNA VOLTA BANDIERA ARANCIONE
Confermata al Comune di Menaggio la Bandiera arancione, il marchio di qualità-turistico ambientale del Touring Club Italiano.
La relativa certificazione, segnalata con lettera del 12 settembre
indirizzata al Sindaco e firmata da
Marco L. Girolami, Direttore Strategie Territoriali TCI, avrà validità
fino al 31 dicembre 2013.
Grande è la soddisfazione per la
conferma di questo riconoscimento, soprattutto perché assegnato considerando “l’impegno del
Comune nell’attivazione di interventi, iniziative sul territorio, i miglioramenti e i risultati conseguiti nel corso degli anni di validità del
marchio”.
Per maggiori informazioni vi invitiamo a consultare il sito www.
bandierearancioni.it
DALLA CASA COMUNALE
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Qui menaggio giorno per giorno
In distribuzione il Calendario 2012
Cari concittadini, anche quest’anno, in occasione delle festività
natalizie, il numero di fine anno
del nostro amato giornale “Qui
Menaggio” è accompagnato dal
calendario 2012, “Qui Menaggio
giorno per giorno”, utilissimo
strumento in cui sono ricordate
tutte le ricorrenze, festività e scadenze della prossima annata. Un
prezioso taccuino su cui segnare
o sottolineare tutti gli appuntamenti clou, mese per mese. Si
tratta ormai di due inseparabili
“compagni di viaggio” che da
diversi anni tutti i menaggini
aspettano con particolare curiosità e attenzione sotto l’albero di
Natale.
Confezionati insieme e recapitati in tutte le case dei residenti di
Menaggio, nelle sue circa 2000
copie (chi non li avesse ricevuti
può richiederne copia in Municipio), questi due preziosi strumenti di comunicazione ospitano
da tempo anche l’immagine e la
pubblicità di molteplici attività
commerciali e imprenditoriali del
territorio. Ritorno di immagine e
sostegno per l’informazione locale diventano così un contemporaneo doppio beneficio per quanti
scelgono di essere “sponsor” di
questa iniziativa editoriale che
vanta ormai una bella storia alle
proprie spalle, in un periodo in
TRIBUTI: NUOVE ATTIVITA’
DI CONTROLLO AL VIA
cui, più che mai, c’è bisogno di
fare “squadra” tutti insieme. Ringraziando tutti quelli che hanno
con generosità “sposato la causa”
e certi dell’apprezzamento per il
lavoro svolto, inviamo a tutti i
nostri migliori AUGURI DI BUON
NATALE E FELICE ANNO NUOVO!
La Redazione:
Ercole Spaggiari
Alessandro Gini
Domenico Rizzi
Davide Spaggiari
Raffaella Catarinicchia
Vania Catarinicchia
Gaia Giossi
Marcel Paolini
Marco Venturini
RINGRAZIAMENTO
Un doveroso pubblico ringraziamento alla Signora Carla
Savorani, per aver concesso gratuitamente la servitù di
passaggio di tubazioni per impianti civili di uso pubblico
attraverso terreni di sua proprietà.
Per il Comune di Menaggio
il Sindaco Alberto Bobba e l’Assessore Francesco Guaita
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DALLA CASA COMUNALE
AVVERTENZA
Comunicazione delle persone alloggiate: sussiste
l’obbligo anche per le
strutture ricettive non alberghiere
Con la circolare n. 557/
PAS.12388.12012(1)
il
Ministero dell’Interno ha
espressamente specificato
che l’obbligo di comunicare all’Autorità di Pubblica
Sicurezza le generalità delle persone alloggiate, così
come previsto dall’art. 109
del T.U.L.P.S., sussiste anche
per coloro che esercitano
l’attività ricettiva non alberghiera e precisamente:
- Case per ferie
- Ostelli per la gioventù
- Esercizi di affittacamere
- Case e appartamenti per
vacanze
- Bed & breakfast
Un anno positivo Commissione Anziani
Grandi soddisfazioni per il Presidente Paola Ponte
Un altro anno da incorniciare
per i nostri anziani. Un anno da
ricordare per le molte iniziative
svolte, alcune di grande importanza, che si ripeteranno senza
alcun dubbio anche nel 2012.
“La soddisfazione è grande: ancora una volta archiviamo un
anno estremamente positivo –
dichiara la signora Paola Ponte,
Presidente della Commissione
Anziani ed ex Vicesindaco di
Menaggio - E’ il settimo anno di
attività e registriamo una continua crescita”.
Come detto sono molte le iniziative messe in campo in questo 2011. Innanzitutto, è da
ricordare la riuscitissima festa
degli anziani, svoltasi lo scorso
15 ottobre presso il Grand Hotel
Victoria di Menaggio. Una giornata bellissima, quasi primaverile, ha fatto da sfondo a quella
che, da tempo, non è più solo
un’occasione conviviale ma un
punto di partenza per pianificare nuove iniziative e progetti.
La Commissione Anziani ha inoltre organizzato, nei mercoledì
di inverno e primavera, numerosi incontri presso l’auditorium,
su temi i più disparati, ma tutti
di grande interesse. I relatori
intervenuti hanno toccato argomenti in grado di coinvolgere il
pubblico, che non ha mai fatto
mancare la propria presenza.
Infine la Commissione ha organizzato due uscite, nel mese di
ottobre, nei prestigiosi siti della
Villa del Balbianello, a Lenno, e
della Villa Fogazzaro, a Valsolda, riaperta al pubblico solo nel
2010, dopo un lungo periodo di
oblio. In entrambe le occasioni
la partecipazione è stata numerosa, anche grazie a prezzi
molto favorevoli, in virtù di un
piccolo fondo proprio mantenuto con lo scopo di calmierare i
costi delle attività proposte dalla Commissione.
In generale tutta l’annata è stata dedicata all’Unità d’Italia,
con varie iniziative attinenti
l’importante ricorrenza.
In conclusione, Paola Ponte non
dimentica i protagonisti di questi successi: “Devo ringraziare
innanzitutto i vari relatori intervenuti, sempre molto competenti e in grado di appassionare
il pubblico, poi i volontari delle
Onlus del territorio che in più
di un’occasione hanno collaborato e ci hanno dato una mano,
quindi tutti i componenti della
commissione anziani. Soprattutto devo ringraziare le tante persone intervenute alle serate”.
La Commissione confida ovviamente in una buona partecipazione anche per gli appuntamenti a venire, sempre ben
pubblicizzati grazie a regolari
affissioni alle bacheche del comune, nelle frazioni, negli ambulatori e nei luoghi pubblici.
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“Premio S. Stefano”, niente nomi
Mancano i candidati: tutto rimandato di un anno
Quest’anno il “Premio Santo Stefano – Comune di Menaggio”,
consegnato ogni anno in occasione della Festa degli Anziani,
non è stato assegnato per totale
mancanza di segnalazioni.
Ricordiamo che presso il Municipio è a disposizione tutto l’anno
un’urna dove poter depositare la
propria scelta, anche anonima.
Invitiamo tutti a partecipare, anche perché non riteniamo possibile che in Menaggio non ci siano persone meritevoli, alle quali
sia giusto e doveroso assegnare
un riconoscimento espressione
dell’apprezzamento di noi tutti.
Di seguito trovate il testo con i
criteri d’assegnazione del premio.
Anche nel 2012
una serata pro Anffas
RIPORTIAMO DI SEGUITO I CRITERI DI ASSEGNAZIONE
DEL PREMIO SANTO STEFANO - COMUNE DI MENAGGIO
1. E’ istituito il “PREMIO SANTO STEFANO - COMUNE DI MENAGGIO”
2. Il premio consiste in:
•TARGAD’ARGENTO sulla quale sono incisi:
lo Stemma Comunale
l’Effige di Santo Stefano, Patrono di Menaggio
il Titolo del Premio
il Nome del premiato
l’anno di assegnazione
•PERGAMENA con le identiche immagini e scritte della Targa,
riportante le motivazioni dell’assegnazione.
3. Il premio verrà assegnato ogni anno e sarà consegnato in occasione della “Festa degli Anziani”, a due persone (una donna ed un
uomo) e/o ad uno/due Enti, Istituti, Associazioni, in riconoscimento
di opere di particolare rilevanza sociale, di volontariato, per meriti
e/o fatti di particolare significato o per aver contribuito ad illustrare il Nome di Menaggio al di fuori del suo territorio.
4. Il premio potrà essere assegnato a chiunque, indipendentemente dal luogo di nascita, residenza o domicilio.
5. La segnalazione dei Candidati al Premio è libera a tutti e può
essere notificata a mezzo posta o e-mail ai seguenti recapiti:
•Assessore ai Servizi Sociali e Pubbliche Relazioni
Municipio di Menaggio, Via Lusardi 26 - Menaggio (CO)
e-mail: [email protected]
•“Qui Menaggio”
Municipio di Menaggio, Via Lusardi 26 - Menaggio (CO)
e-mail: [email protected]
6. La scelta fra la rosa dei Candidati, come da segnalazioni raccolte
(vedi punto 5), sarà effettuata ad insindacabile decisione e giudizio da una Commissione composta da:
Arciprete di Menaggio
Assessore ai Servizi Sociali del Comune
Presidente della Commissione Anziani Comunale
Gli ultimi due assegnatari del Premio
10
INIZIATIVE
“Quest’estate, in agosto, siamo
stati ospitati al Pala Menaggio
per una serata di beneficenza pro
Anffas (Associazione Nazionale
Famiglie di Persone con Disabilità
Intellettiva e/o Relazionale) – ricorda Paola Ponte - A dire il vero
i partecipanti non erano molti
ma sono stati davvero generosi.
Abbiamo raccolto un contributo
importante per la realizzazione
del progetto della casa “La Rosa
Blu”.
La Casa della Solidarietà “La Rosa
Blu” è una nuova struttura sociosanitaria che sorgerà nel territorio di Grandola, per rispondere
alla sempre maggior richiesta di
alloggi e luoghi adatti ad accogliere disabili.
“E’ importante reperire i fondi
necessari nel più breve tempo
possibile. La serata pro Anffas
verrà ripetuta nell’estate 2012;
fisseremo la data già il prossimo
gennaio, quando la Pro Loco definirà l’intera programmazione estiva. Speriamo che i menaggini siano
più numerosi della volta scorsa,
perché l’iniziativa “La Rosa Blu” è
davvero importante”.
Siamo sicuri che non mancheranno.
Clima estivo per la sagra autunnale
“Biröll” a Paullo: un successo la Castagnata
Sole, allegria, tanta gente e buone caldarroste: tutti ingredienti
fondamentali per l’ottima riuscita della “Castagnata a Paullo
2011”, appuntamento autunnale ormai tanto atteso.
Edizione dopo edizione la festa
delle castagne sui nostri monti si
è ingrandita sempre più e quella di quest’anno, svoltasi il 2 ottobre, ha registrato il record di
presenze, richiamando tanti crocini, menaggini e non solo.
Complice l’insolito clima estivo,
elargito da uno strascico d’estate che si è fatta più sentire a settembre e a ottobre che non nei
mesi precedenti, la festa è potuta
incominciare già dalle prime ore
del mattino quando nella parte
alta del prato sono stati allestiti
diversi stand con esposti articoli
per i lavori all’aperto: numerosi
modelli di motoseghe, tagliaerba, decespugliatori e vestiario a
norma di sicurezza.
Dalle ore nove gli appassionati e
i più curiosi (tra cui tante donne!)
non solo hanno potuto assistere
a delle dimostrazioni sugli usi
degli attrezzi ma si sono cimentati in gare di abilità e di velocità
con le motoseghe, destreggiandosi nell’uso delle stesse con il
taglio di grossi tronchi e di ceppi
di legno.
La festa è poi decollata con il
tradizionale pranzo servito e
consumato sui prati di Paullo e
nel pomeriggio con la preparazione dei “biröll” accompagnati
dall’immancabile vin brulè.
Quello degli “Amici di Croce” è
un gruppo ormai consolidato di
volenterosi crocini che da parecchi anni si occupa di preparare
feste ed eventi in paese e che,
anche in questa occasione, ha organizzato la giornata; i “Scimiott
de Cruus” si sono dichiarati soddisfatti per la buona riuscita della festa e ringraziano tutti coloro
che hanno partecipato, condividendo insieme una bella giornata di sole a Paullo.
Non resta che darci appuntamento alla prossima festa, con l’augurio che presto si trovi un’efficace
soluzione contro il letale insetto
che purtroppo si sta diffondendo anche nella nostra zona, danneggiando gravemente i nostri
castagni.
Federica Scheggia
INIZIATIVE
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CSI, che derby tra Croce e Menaggio!
Risultati e problemi diversi per le 2 squadre a 7 giocatori
Dopo le prime otto giornate, difficile formulare una previsione
sui traguardi che riusciranno a
raggiungere quest’anno le nostre
due squadre di calcio iscritte al
C.S.I. La classifica vede il Fraquelli Ettore di Croce in testa con 17
punti, frutto di 5 vittorie, 2 pareggi e 1 una sola sconfitta di misura, subita ad opera di una delle
formazioni più insidiose. Non altrettanto favorevole il ruolino di
marcia della Polisportiva Menaggio che, nonostante ciò, si trova
comunque in posizione medioalta con 9 punti (2 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte), mantenendo
intatte le chance di rimonta, impresa già riuscita l’anno scorso. I
problemi del Croce non sembrano preoccupanti, mentre per il
Menaggio c’è da segnalare un
organico strettissimo.
Al di là dei neo-acquisti effettuati
dal Croce - il portiere Pippo Martinelli, i difensori Andrea Cereghini e Davide Della Torre, il mediano di fascia Maurizio Biacchi
e l’attaccante Mirko Sozzio – la
struttura portante rimane quella
dello scorso campionato. Fabrizio
Cereghini e il suo allenatore Nico
Butti possono contare ancora su
uomini collaudati come Christian
Signorini, Maci Ferrari, Beppe
Valsecchi e Carlo Cova, affiancati
da altri elementi più giovani e di
Capelli - Lanfranconi - Ortelli
12
SPORT E TEMPO LIBERO
Nico Butti e Fabrizio Cereghini
sicuro affidamento.
“Siamo partiti con una goleada in trasferta contro l’Ossuccio
(n.d.r. risultato 7-7) – dice il presidente Cereghini - poi abbiamo
perso una sola partita fuori casa
contro l’Oltrona, che è una delle
squadre più forti. Ci sono inoltre
mancati per infortunio Andrea
Castellini e Maci Ferrari, appena recuperato. Credo comunque
che Butti abbia schierato sempre
delle ottime formazioni, garantendo sempre equilibrio tattico.
In fin dei conti abbiamo segnato 41 gol, subendone appena 21,
con Miki Angelinetti che rimane
uno degli uomini d’area più forti
del girone. La difesa, nonostante qualche assenza, tiene bene.
Abbiamo alcuni giocatori un po’
avanti negli anni, ma il loro livello tecnico rimane fuori discussione. Il campionato è ancora lungo
e la squadra si allena con gran
serietà insieme allo staff”.
Più difficile la situazione del Menaggio, che dispone di giocatori – come Maxi De Bernardi e
Marco Capelli – fra i migliori in
assoluto a livello di C.S.I. provinciale ed ha aggiunto quest’anno
Michele Canzani, Ivan Locatelli
e Carlo Locatelli. Nell’insieme,
però, i giocatori disponibili sono
sempre pochi e la panchina è una
delle più “corte” del campionato.
Ineccepibili la difesa e il centrocampo, la maggiore sofferenza
si individua, invece, nell’attacco,
dove praticamente c’è il solo Fabio Costarelli. “Ci ha penalizzato
moltissimo - sostiene l’allenatore
Cechi Lanfranconi - il perdurare dell’assenza dell’attaccante
Fumagalli, che manca ormai da
mesi a causa di un serio infortunio. Con lui in avanti avremmo
avuto altre prospettive. Speriamo di recuperarlo nella seconda
fase. I punti fin qui raccolti non
sono molti ma neppure pochi e,
guardando alla classifica, la rimonta è alla nostra portata. Nel
derby contro il Croce, terminato 4-4, non abbiamo affatto sfigurato contro i nostri avversari:
quando possiamo disporre di Capelli, Ortelli e De Bernardi non è
facile superarci. Il nostro bilancio
fra gol fatti e subiti è quasi pari:
20 segnati e 19 incassati, quindi
non del tutto negativo”.
Entrambe le valutazioni ci sembrano equilibrate, costruttive e
improntate ad un prudente ottimismo, derivante anche dalla
constatazione che, finora, non si
sono viste formazioni irresistibili:
nessuna, in ogni caso, che possa equivalere la titolata e quotatissima AZ di Cucciago, squadra dell’altro girone, vincitrice
dell’ultimo campionato provinciale, che quasi inevitabilmente
disputerà i play off. Ma questo è
un problema che dovrà essere affrontato a tempo debito. Per ora
l’obiettivo di Croce e Menaggio è
riuscire ad entrare nella ristretta
cerchia delle squadre che andranno a disputare le finali provinciali
nel maggio 2012. Dunque, avanti
con fiducia.
Domenico Rizzi
CSI Oratorio Menaggio, realtà vincente
Felice binomio tra sport dilettantistico e valori oratoriali
Il C.S.I. (Centro Sportivo Italiano)
Oratorio Menaggio è un’associazione sportiva dilettantistica
fondata sul volontariato che promuove lo sport come momento
di educazione, di crescita, di impegno e di aggregazione sociale
e che cerca di avvicinare i ragazzi
a tutte le discipline sportive.
Fino a qualche anno fa, forse perché non la si conosceva o non si
credeva nella potenzialità dello
sport, la nostra Società ha conosciuto dei momenti in cui la partecipazione era a livelli minimi,
ma grazie all’impegno di genitori e volontari, che hanno dedicato molto del loro tempo libero,
si è visto concretizzare il sogno
di rilanciare lo sport come strumento oratoriale, rivolto soprattutto ai bambini e ragazzi. Infatti
in questo anno sportivo il C.S.I.
oratorio Menaggio è arrivato ad
avere una partecipazione di circa
90 iscritti che, con fatica e impegno, senza gelosie e senza screzi,
riescono a scoprire il meglio di sé
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divertendosi.
Non si punta al risultato immediato, ma anche questo può
servire per tenere alto il morale
dei ragazzi e la motivazione del
cammino. Grande soddisfazione,
ad esempio, nella scorsa stagione sportiva, dopo il successo per
il 1° posto del CSI Oratorio nel
Mini Volley, ottenuto nel torneo
del Polisportivo del Lago, al quale hanno partecipato 8 società
sportive dei vari Comuni Lariani.
Attualmente i nostri ragazzi sono
impegnati nelle seguenti attività
sportive:
Pallavolo, suddivisa in “palla rilanciata”, con 18 iscritti, e “mini
volley” con 20 iscritti;
Calcio, suddiviso in “mini calcio”,
con 33 iscritti, e “calcio a 7”, con
17 iscritti.
Il “calcio a 7” è la nuova attività
resa possibile grazie alla collaborazione con la Società Polisportiva Plesio, con la quale abbiamo
creato la squadra chiamata significativamente “La Grona”.
Partecipare al Polisportivo del
Lago significa anche avvicinare
e far conoscere ai nostri ragazzi
altre attività sportive quali corsa campestre su strada e ciclistica, staffetta, triathlon atletico e
nuoto. Queste attività sono il fiore all’occhiello del Centro Sportivo Italiano, naturale fucina dello
sport, poiché in questo Ente che
promuove lo sport per tutti, specie per i più piccoli, si respira tanto affiatamento, tanta comprensione, tanto sano protagonismo,
tanta voglia di partecipazione, di
collaborazione e di spirito educativo, essenziali requisiti sportivi.
Voglio concludere con il mio più
sincero e doveroso ringraziamento ai numerosi dirigenti ed allenatori che aiutano i nostri atleti
a migliorarsi, a responsabilizzarsi
sempre di più, in modo che sappiano cogliere la bellezza dello
sport.
Colgo quest’occasione per augurare a tutti Buone Feste e un sereno e prospero anno nuovo.
Fabrizio Confalonieri
Vice Presidente
www.csioratoriomenaggio.it
SPORT E TEMPO LIBERO
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LISTE
LISTE
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Prima la ricerca del bene, poi tutto il resto
Le parole di Don Gnocchi per gli auguri dell’Amministrazione
Una scelta, precisa e sentita. Quella di rispondere con poche parole, non le nostre ma quelle di un
“beato”, a polemiche che oramai
lasciano il tempo che trovano.
Il gruppo Vivere Menaggio
“E’ questo che ti rende e renderà
sempre più vicino a Dio, perchè
Dio è tutto qui: nel fare del bene a
quelli che soffrono ed hanno bisogno di un aiuto materiale o morale. Il Cristianesimo ed il Vangelo, a
quelli che lo capiscono veramente,
non comanda altro. Tutto il resto
viene dopo e viene da sè.”
Don Carlo Gnocchi
A VOI TUTTI, I NOSTRI SINCERI E SENTITI AUGURI PER
UN BUON E SERENO NATALE
E PER UN PROSPERO ANNO
NUOVO!
Alberto Bobba, Donata Venini, Fabrizio Cereghini, Luigi
Fraquelli, Francesco Guaita,
Gianpaolo Martinelli, Mario
Martinelli, Lorenzo Peroggi,
Emanuele Pitto, Giulio Pozzi,
Ercole Spaggiari, Fabrizio Visetti.
L’Amministrazione
Comunale augura
a tutti i cittadini
di Menaggio
Buone Feste
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LISTE
Società filarmonica di Menaggio
C’era una volta la banda: ecco come nacque
Nel 1836 la Lombardia, il
Lago di Como e quindi anche
Menaggio erano sotto la dominazione austriaca.
A quell’epoca Menaggio era
un piccolo borgo raccolto
attorno alla chiesa parrocchiale, al molo e all’attuale
Piazza Garibaldi, dove allora
vi era una bellissima chiesa
battistero detta di San Giovanni il cui campanile funzionava anche per la chiesa
parrocchiale. L’attuale campanile sarebbe stato costruito nel
1860 quando, purtroppo, venne
demolita la chiesa battistero.
Allora il borgo era abitato da
pescatori e operai addetti allo
scarico delle merci che i barconi,
con le caratteristiche arcate, portavano via lago da e per le città
di Como e Lecco, servendo così
anche la valle che qui da noi aveva il suo sbocco.
Al di là dell’attuale municipio e
del ponte sul Senagra solo qualche officina e tanti campi coltivati dagli agricoltori di Cheglio
che con Sonenga e Casate costituivano le frazioni di Menaggio,
mentre erano comuni autonomi
Croce e Loveno, ed era frazione
di quest’ultima Nobiallo.
Il turismo non era ancora sboc-
ciato sulle sulle sponde lariane, sarebbe arrivato con l’Unità
d’Italia. Nel maggio di quell’anno, Luigi Messa, notabile del
paese, raggruppò dei giovani e
fondò una banda musicale che
in seguito si chiamerà “Società
filarmonica di Menaggio”, una
delle prime nate nei paesi rivieraschi.
Si perde nella notte dei tempi
la storia di questa banda. Allora
nei piccoli borghi la storia non la
si scriveva ma la si raccontava di
padre in figlio, andando incontro ad un inevitabile oblio, perciò possiamo solo immaginare
l’attività della banda menaggina
in quegli anni. Quasi certamente il repertorio era composto da
valzer viennesi, belle musiche,
orecchiabili e ballabili nelle feste
popolari e soprattutto rispettose del quieto
vivere con l’occupante.
Nel periodo risorgimentale
sarà giunto fino
a qui il Nabucco di Giuseppe
Verdi e magari
i musicanti menaggini l’avranno suonato di
nascosto nei so-
lai per non farlo sentire ad
orecchie austriache, per poi
eseguirlo a tutto ottoni con
l’unità d’Italia.
Le prime immagini della
banda sono datate 1890, ed
i membri vestivano una divisa di tipo militare con cappello piumato quasi identico a quello dei bersaglieri,
mentre già nel 1901 la divisa
era cambiata, il cappello era
diventato simile a quello dei
gendarmi svizzeri, il nome della
banda era scritto sulla gran cassa e i musicanti erano 33. Negli
anni dal 1890, in assenza del
maestro titolare, la banda, nelle
festicciole paesane, era diretta
da un capo banda che indossava un cappello diverso dagli altri
componenti.
Singolare è la storia di uno di
questi che è giunta fino a noi.
Era un uomo sulla quarantina,
di professione conduttore delle carrozze dell’Hotel Victoria e
marito della bidella delle scuole.
Il suo attaccamento alla banda
era talmente forte che nel 1897
si rifiutò di farsi amputare un
dito della mano perché, a suo
dire, non avrebbe più potuto
suonare, sopraggiunse così una
grave infezione che lo portò alla
morte. Il suo nome era Giovanni
Barbaglia.
Nelle bande musicali di paese,
che rappresentavano uno dei pochi svaghi per la gente, era forte
la presenza di giovani e anziani,
spesso padri e figli o comunque
legati da parentela. Questo accadeva anche a Menaggio: a
Loveno i musicanti della banda
nell’800 erano familiari o parenti di Giuliano Tenzi, fondatore
nel 1843 della banda stessa, oggi
Corpo Musicale di Loveno.
Rossano Levan
IN BREVE
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Lettere in redazione
Riceviamo e pubblichiamo i vostri contributi
Spettabile Redazione “Qui Menaggio”,
Vi sembra corretto che un giornale (“La Provincia” di oggi)
(mart. 22 novembre 2011 – n.d.r.)
scriva che uno spacciatore riforniva mezza Menaggio? (titolo
dell’articolo). Cosa significa, letteralmente? Che 1.700 cittadini
su 3.400 si drogano? Io credo che
tutti debbano sentirsi gravemente offesi e che spetti al Sindaco
sporgere una querela chiedendo
i danni, perchè il giornale è diffuso in tutto il comprensorio provinciale ed anche oltre. Cosa
può pensare di noi un abitante
di Como, di Cantù, di Erba o di
Mariano Comense, se non uno di
Milano, Lecco, Varese o Sondrio,
dato che questo giornale vende
anche in quelle province? Questo è un gravissimo danno all’immagine, particolarmente perchè
la nostra è una cittadina turistica. Direi al Sindaco di valutare
l’azione da intraprendere.
Cordiali saluti.
(lettera firmata)
Caro Amico Lettore,
grazie per la segnalazione perché la notizia mi era sinceramente sfuggita.
E’ questione di misura e buon senso ma ti sembra che, da troppo
tempo a questa parte, la stampa
in particolare ma tutti i cosiddetti
media in generale (basti pensare
ad alcune trasmissioni televisive!), facciano uso di queste due
virtù? Ciò che fa aggio su tutto,
soprattutto sulla ricerca del vero
e del giusto, è la cassetta e quindi
la tiratura e tutto è sacrificato a
questo fine. Lo scoop che suscita
la reazione emotiva e la curiosità,
si spera porti il cittadino ad entrare nell’edicola e ad acquistare
il pezzo di carta. Gioco fatto e ri18
MENAGGIO MORMORA
Istruzioniperl’uso
1. Non saranno presi in considerazione scritti anonimi che verranno immediatamente cestinati
2. Chi scrive dovrà indicare chiaramente nome e cognome, recapito
postale completo, recapito telefonico fisso e/o cellulare, oltre a sottoscrivere la missiva; in mancanza di uno
o più dei citati requisiti, la lettera
uscito, scopo raggiunto, fine del
gioco; a domani, così come oggi.
Qualche esempio fra i ricordi
(tanti): una locandina che recitava “Menaggio: Sindaco indagato”.
La notizia riguardava un Sindaco
dell’alto Lario che presso il Tribunale di Menaggio era in causa
con un parente o un concittadino
per un problema di confini o di
capre, non ricordo.
Più recentemente un Consigliere
di Menaggio è stato citato nominativamente nel sottotitolo per
aver rivolto una frase irriguardosa ad un collega: peccato che nella registrazione della seduta del
Consiglio della cosa non si trovi
traccia. Ultimamente, a proposito del discorso del Sindaco in
occasione del 4 Novembre, si è
lasciato intendere un attacco nei
confronti di Polizia, Carabinieri e forze dell’ordine in genere,
cosa clamorosamente smentita
dal testo riprodotto in originale
in questo stesso numero di “Qui
Menaggio”, nella rubrica “Dalla
Casa Comunale” (così potrete voi
verrà considerata anonima e quindi
cestinata; è però possibile richiedere
l’anonimato in pubblicazione (“lettera firmata”), purché il mittente sia
identificato dalla redazione.
3. Gli scritti dovranno essere il più
possibile concisi e trattare un argomento alla volta; in caso contrario, verrà preso in considerazione il
primo argomento esposto mentre i
successivi verranno trattati solo se lo
spazio a disposizione lo consentirà.
4. Se gli scritti ricevuti fossero troppo numerosi, verranno trattati, a
insindacabile giudizio della redazione, quelli ritenuti di maggiore
importanza ed attualità. Gli altri,
compatibilmente con lo spazio a disposizione, potrebbero essere evasi
nel numero successivo.
stessi giudicare).
E allora? Inutile illudersi! Continuerà così finchè non si riacquisterà almeno un maggior senso
dell’etica professionale.
Circa il suggerimento, il Sindaco
è avvertito e deciderà nel merito
secondo una sua valutazione.
Personalmente non sono d’accordo perché la denuncia, la smentita, la replica è benzina sul fuoco,
fa il loro gioco e si innesca una
reazione a catena che non finisce
più e nella quale loro hanno sempre l’ultima parola.
C’è un’ultima considerazione ed
è la più importante: il lettore non
è più uno sprovveduto.
Mi è capitato più e più volte di
questi tempi, scambiando quattro parole all’edicola o al bar ed
anche ascoltando, senza origliare, discorsi ad alta voce fra persone terze, commenti di disagio, disaffezione, attenta prudenza nei
confronti di titoli e notizie della
stampa, con la conclusione :
“ ….. ma non si può vivere fuori
dal mondo, qualche informazione bisogna pure averla”
150° anniversario dell’unità d’Italia
Volti, nomi, battaglie e idee: per non dimenticare
1814 – 1918 Congresso di Vienna. Prima guerra mondiale
Si conclude con questo numero di dicembre il trittico celebrativo di
“Qui Menaggio” dedicato al Risorgimento, in occasione del 150°
anniversario dell’Unità d’Italia.
La testata, modificata per l’occasione, tornerà ad essere quella abituale e scompariranno le icone ai suoi lati che hanno ricordato ed
onorato i Personaggi celebrati per antonomasia come Padri della
Patria: Cavour, Garibaldi, Mazzini e Vittorio Emanuele II.
Con questo ultimo numero ci spingiamo un po’ più avanti nel tempo, andando al 1915 – 1918, alla Prima Guerra Mondiale, che con
la riconquista delle irredente Trento e Trieste ed il raggiungimento dell’unità territoriale, segna il compimento del disegno risorgimentale. Così le due icone che abbiamo scelto raffigurano due eroi
simbolo della “Grande Guerra”: Cesare Battisti e Francesco Baracca,
artefici, fra molti altri e in modi diversi fra loro, della vicenda eroica,
tragica e drammatica che conclude il Risorgimento Italiano, perché
solo il 4 Novembre 1918 l’Italia completa il suo disegno unitario.
Cesare Battisti (Trento, 4 febbraio 1875 - Trento, 12
luglio 1916), patriota, giornalista, geografo, politico
socialista e irredentista italiano, diresse giornali nella
Trento asburgica e fu deputato al Parlamento di Vienna. Allo scoppio della Grande Guerra combatté per
l’Italia, disertando la chiamata alle armi dell’Imperial Regio Esercito Austro-Ungarico. Catturato dagli
austriaci, fu processato e impiccato per tradimento.
Decorato di medaglia d’oro, insieme a Guglielmo Oberdan, Fabio
Filzi e Nazario Sauro è considerato tra le più importanti figure della
causa dell’irredentismo italiano.
Francesco Baracca (Lugo, 9 maggio 1888 – Nervesa della Battaglia, 19 giugno 1918) fu un asso dell’aviazione
italiana e medaglia d’oro nella prima guerra mondiale. Qualche anno dopo la fine della Prima guerra mondiale, nel 1923, la madre di Francesco Baracca donò
ad Enzo Ferrari il suo emblema che, modificato nella posizione della coda e del colore dello sfondo, ora
giallo (il colore della città di Modena), ornò le vetture
condotte dal pilota per la scuderia da corsa della Alfa Romeo e,
più tardi, le vetture della fabbrica che Ferrari fondò subito dopo
la Seconda Guerra Mondiale. Ancora oggi il cavallino rampante è
il simbolo dell’omonima casa automobilistica. Non spiace ricordare
che Enzo Ferrari, con i trionfi delle sue auto da corsa, è forse l’uomo
che ha fatto risuonare più volte di tutti le note dell’Inno di Mameli
sui circuiti di tutto il mondo.
VIVA L’ITALIA! VIVA IL RISORGIMENTO! “PER NON DIMENTICARE”!
Ancora il Manzoni scrive: “La villa
Tanzina, la casa Airoldi, la villa Ciani con la Tipografia della Svizzera
Italiana a Lugano e la Tipografia
Elvetica a Capolago, ecco le grandi
fucine, i formidabili arsenali della
rivoluzione italiana”. Luoghi sacri
alle memorie di un’epoca della
quale dovremmo andare più orgogliosi. Non che il Ticino si limitasse all’ospitalità degli esuli italiani: il giorno stesso che a Milano
scoppiò la rivolta popolare, il 18
marzo del ’48, prima delle Cinque
gloriose Giornate, una colonna di
volontari mosse da Lugano e partecipò attivamente alle battaglie.
Un esempio tra i molti: una lapide,
alla Malpensata, vicino alla scomparsa Tanzina, ricorda i nomi dei
Ticinesi caduti per la liberazione
d’Italia. Per testimonianza di Carlo
Cattaneo: “I Ticinesi furono i primi
a rompere il confine per soccorrerci e senz’altra mente che di soccorrerci”. Altissimo elogio dettato dal
Cattaneo, che poi doveva ripagare
generosamente il suo debito al Ticino, dove si stabilì durevolmente,
fino alla morte avvenuta nel 1869,
e dove per dodici anni insegnò filosofia nel liceo cantonale. Animoso incitatore di progresso, il CattaIL RISORGIMENTO
19
neo caldeggiò varie imprese, dalle
strade ferrate alle bonifiche del
suolo. E con lui molti altri rifugiati,
limitiamoci a ricordare il veneziano medico Giuseppe Pasqualigo,
che nel 1855 pubblicò un utile e
arguto “Manuale a uso del forestiero a Lugano”, e altri valentuomini e insegnanti come Pizzorno,
Olivetti, Rensi, Bignami, eccetera,
a rinsanguare la sempre un po’
anemica vita culturale nostrana. A
questi rifugiati sono dovute le riviste culturali luganesi del primo novecento, dopo la “Piccola Rivista”
del nostro (nota: Ticinese) Chiesa:
le “Pagine Libere” di Olivetti, il
“Coenobium” di Enrico Bignami,
del quale era redattore il filosofo
Rensi. Fallito il moto del ’48 e tornati gli austriaci, il Ticino fu invaso
da una folla di profughi e di soldati del disfatto esercito lombardo:
una spia austriaca così la descrive,
colorita stampa romantica: “Dal
semplice crociato con la blusa di
tela azzurra e la croce rossa, ai militi della Legione della Morte, col
teschio ricamato in argento sul
petto in nero, dalle semplicissime
uniformi della Legione Lombarda,
al più elegante costume calabrese
in divisa militare di velluto e cappello a pennacchio, tutto era ivi
rappresentato ….. Bisogna saper
unire l’utile col piacevole e così i
giovani ricchi, per non privarsi di
tutte le dolcezze della vita, avevano fatto venire a Lugano le loro
amanti …..”. Non certo tutti in così
agiate condizioni: per i profughi
bisognosi un comitato di soccorso organizzò, nel settembre, uno
spettacolo di beneficenza, con
musiche di Verdi e Donizzetti, al
quale partecipò Gustavo Modena:
che declamando una poesia del
Berchet, quando giungeva al verso
“esecrato Carignano”, mandava
in frantumi la sedia sulla quale si
appoggiava e in visibilio la folla
delirante; e con lui Giuditta Pasta,
ormai sul declino, osservata con
trepida attenzione da uno spettatore singolare, Giuseppe Mazzini:
“Povera vecchia... stavo proprio
tremando per lei quando è comparsa ma ha cantato in un modo
da farmi sentire l’eco di quello che
dev’essere stata un giorno...”. Ben
altro spettacolo le squallide colonne di profughi che fuggivano la
vendetta austriaca: tutta la via da
Chiasso a Lugano è sparsa d’uomini spossati, di donne anelanti, di
vecchi i quali appena si reggono,
di fanciulli. In quel drammatico
anno il Ticino seppe comportarsi in modo magnanimo, soccorse
generosamente esuli e rifugiati,
resistette all’aperta diffidenza a
non dire inimicizia dei Cantoni
tedeschi inquieti della reazione
dell’Austria che nel settembre dichiarò un blocco il quale costrinse
duemila ticinesi a rimpatriare dalla Lombardia. Difficile periodo, il
paese sotto la paternalistica tute-
la svizzera – commissari, sospetti,
diffidenze – che tende a negare al
Ticino il diritto di asilo e mette a
durissima prova la sovranità cantonale. Nel fatidico 1848 il Ticino si
sentì arditamente e vigorosamente italiano: umiliato e pur fiero,
seppe salvaguardare a un tempo la
sua fraternità di sangue con l’Italia
e la sua fedeltà Svizzera; rispettare le ragioni della politica e insieme quelle anche più imperiose del
sentimento. Dopo la delusione del
’48 l’attività dei profughi e delle
stamperie, superato un primo momento di scoramento, riprese animosamente. G.B. Passerini di Salò,
che era il consulente della Stamperia della Svizzera Italiana, scriveva a Ciani: “Ora che purtroppo la
reazione par destinata a vincerla,
conviene riprendere più che mai la
guerra della stampa per preparare gli spiriti e le idee alla prossima
lotta e perché possa riuscire meglio di quella del Quarantotto...
Provvediti dunque di carta, perché i tuoi torchi dovranno lavorare a tutto potere”. Così continuò
l’attività degli esuli con rinnovato
ardore, nel nostro Paese che l’Austria considerava un covo di serpi,
provocando altre e più crudeli angherie, e un nuovo durissimo blocco: pretesto lo sfratto dal Ticino di
ventidue cappuccini lombardi, in
realtà i moti milanesi del febbraio
1853, dall’Austria non infondatamente ritenuti tramati dai mazziniani di Lugano. Oltre seimila ticinesi dovettero rimpatriare dalla
Lombardia e dal Veneto, dall’oggi
al domani, lasciando negozi, interessi, commerci e lavoro; il blocco,
durato dal 1853 al 1855, provocò
un acuto stato di miseria nel Cantone e incalcolabili danni economici. Ma in questa occasione i Cantoni Confederati seppero essere
solidali con il Ticino e validamente
sostenerlo nella durissima prova.
riduzione da : LUGANO NOSTRA di
PIERO BIANCONI, edito a cura della
Città di Lugano, TIPOGRAFIA GRASSI VELADINI & CO. DI LUGANO
Giuditta Pasta
20
IL RISORGIMENTO
Giuseppe Mazzini
De Rudio, Italia e America nel cuore
Seconda parte del racconto di una vita divisa a metà
SECONDA PARTE
La Cayenna, dove i deportati
giunsero nel dicembre 1858, era
un luogo infernale. Una recente
epidemia di febbre gialla aveva
fatto morire 4.800 detenuti su
circa 9.000. I tentativi di evasione
venivano puniti con pene durissime e per i recidivi c’era la morte.
Nonostante ciò, De Rudio non vi
sarebbe rimasto molto a lungo.
Indomabile e incurante dei rischi, si mise subito all’opera per
tentare di evadere con qualsiasi
mezzo. Gomez invece, rimasto
scioccato dall’attentato e in uno
stato di depressione cronica, non
lo assecondò, tirandosi in disparte. Dopo un primo tentativo di
fuga – fallito perché la piena di
un fiume sommerse l’imbarcazione pazientemente scavata in un
tronco d’albero dai detenuti - il
“Moretto” ne mise in atto un secondo, impadronendosi una sera
di un peschereccio insieme ad altri detenuti, fra i quali un capitano di marina francese condannato all’ergastolo, per veleggiare
verso la Guyana Olandese, dove i
fuggitivi ottennero asilo. Alla fine
di gennaio del 1860, l’ex galeotto, imbarcatosi su un brigantino
come marinaio sotto falso nome,
approdò a Gravesend, dove poté
riabbracciare la moglie. In Inghilterra De Rudio non nascose la
sua vera identità, tenendo anzi
conferenze in varie località, fra
le quali Londra, Birmingham e
Manchester, riguardo alla fallita
congiura. C’era chi, come Simon
Bernard, aveva diffuso probabilmente voci false sul suo conto e
chi lo giudicava un personaggio
scomodo. Non potendo tornare
in Italia – avrebbe voluto partecipare alla spedizione dei Mille, che
Garibaldi stava preparando, ma
rischiava l’estradizione in Francia
e la pena di morte – confidò ad
alcuni esuli, fra i quali Giuseppe
Mazzini, di voler raggiungere
la Polonia per battersi in difesa
della libertà di quel Paese. Mentre le sue condizioni economiche
peggioravano ed egli non era
più in grado di provvedere alla
famiglia (la moglie Eliza, il figlio
Hercules ed un’altra figlia avuta
dopo il suo ritorno) fu lo stesso
Mazzini, che probabilmente intendeva prendere le distanze da
lui, a consigliarlo di emigrare in
America. Stilò di suo pugno alcune lettere di presentazione destinate a uomini importanti, quali
Horace Greeley, direttore del
Carlo De Rudio
maggior quotidiano statunitense
dell’epoca, il “New York Herald”.
De Rudio accettò la proposta e
raggiunse New York l’8 febbraio
1864, mentre la guerra di secessione divampava ormai da tre
anni.
Da questo momento iniziò la seconda vita di Carlo Camillo De
Rudio, che si fece registrare dalle
autorità statunitensi come Charles C. De Rudio. La raccomandazione di Mazzini gli servì a facilitargli l’arruolamento nell’esercito
nordista come soldato semplice,
ma di lì a poco la fortuna – che
lo aveva aiutato parecchie volte – gli tese nuovamente una
mano. Essendosi distinto in alcuni combattimenti, l’Italiano meritò il grado di sottotenente di un
plotone di truppe di colore, che
solitamente gli ufficiali bianchi
erano piuttosto restii a comandare. Pochi mesi prima della fine
dell’immane conflitto, costato oltre 600.000 morti, il neo-ufficiale
venne raggiunto in Florida dalla
moglie Eliza, che per poco non
perì in un naufragio durante la
IL RISORGIMENTO
21
navigazione fra New York e Key
West. Poco tempo dopo, tuttavia,
la figlia nata in Inghilterra, della quale non si conosce il nome,
morì di malattia. Inoltre De Rudio rischiò di essere congedato
per una malformazione congenita che gli era stata scoperta
alla visita di idoneità: se la cavò
ancora una volta grazie a Greeley, che conferì direttamente con
il ministro della Guerra Stanton.
Nel 1869, dopo essere stato adibito a servizi amministrativi e di
routine, venne assegnato al Settimo Reggimento Cavalleria del
tenente colonnello George A.
Custer, brevettato maggior generale al termine della guerra di
secessione.
Fra il conte bellunese e il suo comandante non corse mai buon
sangue, ma anche altri ufficiali lo
consideravano un “italiano fantasioso”: se avesse raccontato di
avere attentato alla vita dell’imperatore di Francia, non gli avrebbero sicuramente creduto. Nel
1870 De Rudio, posto al comando
interinale di una compagnia nel
Kansas, si segnalò brillantemente nella difesa di 150 coloni della Solomon Valley, derubati del
bestiame da una banda di Pellirosse. Per riconoscenza gli venne
regalata una sciabola con l’impugnatura decorata, che egli esibirà sempre orgogliosamente. Più
tardi tornò all’Est per proteggere la gente di colore minacciata
dalla setta xenofoba del Ku Klux
Klan e soltanto nel 1873 venne
rimandato nel territorio del Dakota, dove l’avanzata della ferrovia Northern Pacific aveva messo
in subbuglio gli indiani Sioux di
Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Assegnato nuovamente ad operazioni di polizia in Louisiana nel
1874, per garantire il regolare
diritto di voto agli ex schiavi, De
Rudio commise un’altra delle sue
frequenti impulsività, arrestando
un piantatore francese - ex ge22
IL RISORGIMENTO
Francesco Crispi
nerale nell’esercito napoleonico
– che intendeva proibire ai propri
servitori di andare a votare. La
notizia fece scalpore e De Rudio
attirò l’attenzione della stampa. In Italia, un cronista de “La
Provincia di Belluno” ricollegò il
nome dell’ufficiale italo-americano – che veniva variamente riportato come Di Rudio, De Rudio o
semplicemente Rudio - all’attentato di Napoleone III. Per fortuna
dell’interessato, i rapporti fra il
governo e gli Indiani del Dakota
si erano deteriorati e si profilava
ormai una campagna militare in
piena regola, che richiese il suo
trasferimento nella zona di operazioni. Nel Settimo Cavalleria
c’erano altri 5 Italiani. Due di essi
– il trombettiere Giovanni Martini
di Sala Consilina, arruolato come
John Martin e il capo-musica della
banda reggimentale Felice (Felix)
Vinatieri di Torino – erano stati
con Garibaldi durante le lotte del
Risorgimento. Qualche burlone
aveva messo in giro la voce che
Martini fosse stato cacciato dal
corpo per avere tentato di rubare
il cavallo dell’Eroe dei Due Mondi, forse durante la Terza Guerra
d’Indipendenza.
Raggiunto il Montana insieme
al suo reggimento, il 25 giugno
1876 il primo tenente De Rudio
– era stato promosso da pochi
mesi – si trovò nel bel mezzo della battaglia sul fiume Little Big
Horn, nel Montana, dove quasi
2.000 guerrieri guidati da Cavallo Pazzo, Gall e Due Lune massacrarono Custer e 264 uomini
del Settimo Cavalleria. Sebbene
avesse già chiesto parecchio alla
sua buona stella, questa protesse
ancora il conte italiano. Rimasto
tagliato fuori dalla ritirata del
suo battaglione sulle rive del corso d’acqua insieme ad un pugno
di uomini, De Rudio si difese dagli assalti nemici nascosto in un
canneto e a notte fonda risalì la
collina dove si erano trincerati i
superstiti del maggiore Marcus
Reno e dei capitani Benteen e Mc
Dougall. Alle tre di notte del 26
giugno, incolume nonostante lo
scontro a fuoco con i Sioux, egli
si presentò alle sentinelle gridando in inglese: “Non sparate!
Sono il tenente De Rudio insieme
al soldato O’Neill!” Veramente
una fortuna sfacciata che non
sembrava doversi esaurire mai. Il
capitano Frederick Benteen, sopravvissuto alla battaglia, mise in
dubbio, in una lettera indirizzata
alla propria moglie, il rapporto
fornito dall’Italiano, osservando
che De Rudio “si era preparata
una storia romantica e piena di
suspense, certamente caricata,
c’è da scommetterci!” Dunque
l’ufficiale veneto si era creato la
fama, se non proprio di bugiardo, di una persona che elaborava a proprio vantaggio i racconti
delle imprese vissute. Ciononostante, nessuno osava metterne
in dubbio il coraggio o le qualità
di comando.
Dopo la fine della campagna militare e l’inchiesta sulla strage, nella quale venne ascoltato da una
commissione militare a Chicago,
De Rudio ottenne un incarico
più tranquillo a Fort Meade, nel
Dakota, dove sarebbe rimasto 5
lunghi anni. Fu proprio durante
questo soggiorno che il suo nome
venne nuovamente accostato a
quello di Orsini e Pieri in un articolo apparso sul “New York Times”, ma l’autore dello scritto,
rimasto anonimo, non credeva
minimamente che il De Rudio
scampato all’eccidio del Little Big
Horn fosse la stessa persona che
aveva tirato una bomba contro
Napoleone III. “Un ufficiale del
Settimo Cavalleria, che afferma
di chiamarsi De Rudio” scrisse il
giornale “pretende di essere uno
dei tre complici di Orsini… Ma se
l’impostore fosse davvero l’assassino… farebbe molta attenzione
a nascondere il fatto”. Questa
storia sarebbe tornata a galla
anni più tardi, nel 1894, quando
De Rudio, avanzato al grado di
capitano e con altre 3 figlie avute
dalla moglie Eliza (le aveva chiamate Italia, Roma e America, per
ricordare le fasi più significative
della sua vita) si trovava ad espletare un incarico amministrativo
a New York. Questa volta la discussione si fece rovente, coinvolgendo vari organi di stampa, ma
senza che la carriera militare del
discusso personaggio ne risentisse in alcun modo.
De Rudio aveva ottenuto la cittadinanza americana nel 1866 e il
suo stato di servizio era sempre
stato impeccabile. Nonostante
l’esercito sapesse chi egli fosse
realmente e quale crimine avesse commesso, le sue note erano
eccezionali e la polemica si spense ancora una volta, per riaccendersi l’anno seguente, quando il
“Washington Post” avanzò l’ipotesi che l’evasione dalla Cayenna
fosse stata una messinscena, organizzata dalle stesse autorità
francesi quale ricompensa per la
delazione di De Rudio verso i compagni di congiura. Dunque, l’opinione pubblica conosceva ormai
l’intera vicenda, ma nonostante
ciò all’Italiano venne consentito di rimanere arruolato fino al
termine della carriera, in quanto
“considerato uno dei più risoluti
combattenti d’Indiani del nostro
intero esercito”. Probabilmente
però furono le stesse autorità militari a suggerirgli il collocamento
a riposo. Si congedò infatti il 26
agosto 1896, essendo sofferente
di una forma d’asma che rendeva
difficoltosa la sua permanenza in
servizio nelle polverose pianure
dell’Oklahoma e del Texas dov’era
stato destinato. Insieme alla famiglia emigrò allora a San Diego, in California, per stabilirsi più
tardi a Pasadena. Nell’aprile 1904
gli venne conferita la promozione a maggiore della cavalleria e
un anno e mezzo dopo festeggiò
con la consorte Eliza il cinquantesimo anniversario di matrimonio,
facendo pubblicare le foto della
famiglia sul “Los Angeles Times”.
Per l’occasione, De Rudio si fece
ritrarre nella sua alta uniforme
con i fregi dell’avanzamento ottenuto, del quale andava fiero.
A questo punto, dopo le infinite
peripezie vissute, avrebbe potuto
trasformarsi in un tranquillo pensionato e godersi il mite clima californiano. Invece il nostro “Moretto”, da uomo impetuoso quale
era sempre stato, aveva ancora in
serbo una sorpresa che avrebbe
stupito l’opinione pubblica mondiale. In risposta ad una richiesta
di informazioni ricevuta nel 1908
dal notaio Paolo Mastri di Gatteo
(Forlì), un appassionato studioso
di storia risorgimentale e biografo di Felice Orsini, De Rudio fece
una rivelazione sensazionale: il
giorno dell’attentato a Napoleone III, i congiurati erano 5 e non
4 come si era sempre creduto. Il
quinto era nientemeno che Francesco Crispi, con il quale Orsini
scambiò poche parole prima del
lancio delle bombe. De Rudio dichiarò di essere stato presente al
furtivo incontro e di avere rico-
nosciuto il Crispi, la cui identità
gli venne confermata dallo stesso
Orsini!
L’incredibile rivelazione finì su “Il
Resto del Carlino” di domenica 9
agosto 1908 e fu subito ripresa
dagli altri quotidiani nazionali e
locali. Ad accrescere la veridicità
della dichiarazione del conte bellunese, l’avvocato italiano Enrico
Comitti aggiunse, con una lettera indirizzata al giornale, che
parecchi anni prima aveva avuto
una confidenza da Cesare Orsini,
fratello di Felice, che confermava il racconto di De Rudio. Natu-
Anno IX n. 3 – novembre 2011
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Hanno collaborato: Benvenuto Manzoni,
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IL RISORGIMENTO
23
ralmente in Italia si scatenò una
polemica furibonda, perché Crispi, deceduto nel 1901, era stato
esponente della sinistra storica
presidente del consiglio dell’Italia
unificata dal 1887 al 1891, sotto
il regno di Umberto I. De Rudio
venne accusato di demenza senile e mania di protagonismo, ma
non ritrattò mai le proprie affermazioni. Al linciaggio morale cui
venne sottoposto da una parte
della stampa, sua sorella Luigia
rispose indignata con un’intervista su “La Gazzetta di Venezia”
definendo il fratello e la propria
famiglia gente che aveva sacrificato la propria vita alla causa
dell’indipendenza. Non aveva
tutti i torti, anche perché lei stessa era finita nelle carceri austriache insieme al padre Ercole, il fratello Achille era morto durante la
difesa di Venezia e Carlo aveva
combattuto in Lombardia, a Venezia, a Roma e nel Cadore per
un’Italia libera.
La questione della partecipazione o meno del Crispi alla congiura di Orsini è ancora avvolta nel
mistero. Che il patriota siciliano
si trovasse a Parigi quel giorno
è confermato dalla gendarmeria
francese che ne decise l’espulsione: ciò non significa, ovviamente,
che avesse lanciato la terza bomba contro la carrozza di Napoleone III, sebbene Orsini avesse
sempre negato di averla scagliata. L’unico interrogativo che ci
si potrebbe porre è: che motivo
avrebbe potuto avere De Rudio a
lanciare una simile accusa, esponendosi a nuovi attacchi da parte
della stampa? Ormai era vecchio
e malandato, si era ritirato dalla
vita militare e avrebbe potuto vivere i suoi ultimi anni in tranquillità. La domanda rimarrà sempre
senza risposta.
Nell’ottobre 1910 le condizioni
di salute dell’anziano conte si aggravarono improvvisamente. Da
anni soffriva di asma bronchiale e
recentemente anche il suo cuore
versava in pessime condizioni. Il
medico italiano Bartolomeo Sassella, che lo conosceva da molto
tempo, lo assistette fino all’ultimo giorno e lo vide spirare il 1°
MUSEO NAZIONALE DEL RISORGIMENTO ITALIANO
Il Museo Nazionale del Risorgimento
Italiano è ospitato a Palazzo Carignano nel cuore di Torino, con ingresso
da piazza Carlo Alberto, 8 - a pochi
passi da piazza Castello.
E’ aperto dal martedì alla domenica
dalle ore 9.00 alle ore 19.00. Per prenotare la visita occorre telefonare al
numero 011.562.37.19, oppure inviare una e-mail all’indirizzo [email protected].
Queste e altre notizie sono disponibili
sul nuovo sito del Museo all’indirizzo:
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Ufficio Stampa: Antonella Giordano
Mobile: 349.641.20.29
E-mail:[email protected]
24
IL RISORGIMENTO
novembre 1910 nella sua casa di
Pasadena. Erano presenti la fedele moglie Eliza, il primogenito
Hercules accorso dall’Arizona, le
tre figlie Italia, Roma e America.
Il suo corpo venne cremato a Los
Angeles e le ceneri sepolte nel
National Cemetery di Presidio, a
San Francisco.
Forse nessun uomo del suo tempo,
neppure l’ardimentoso Garibaldi,
aveva avuto un’esistenza tanto
avventurosa e travagliata. La sua
storia, ai limiti della credibilità, è
stata ricostruita minuziosamente
soprattutto dall’italo-americano
Cesare Marino nel libro ”Dal Piave al Little Big Horn”. Nella ricerca e nel confronto con altre fonti, l’autore di questo articolo ha
trovato molti riscontri a quanto
narrato nella citata biografia.
Quando ci si chiede come mai il
patriottismo avesse portato anche a certi eccessi, non è possibile
trovare altra risposta che il titolo del film di argomento risorgimentale diretto da Mario Martone nel 2010: “Noi credevamo”.
Domenico Rizzi
Una visita insolita a Sant’Ambrogio
Il Risorgimento visto dall’altra parte della barricata
Vostra Eccellenza, che mi sta in
cagnesco
per qu è pochi scherzucci di dozzina,
e mi gabella per anti–tedesco
perché metto le birbe alla berlina,
o senta il caso avvenuto di fresco,
a me che, girellando una mattina,
capito in Sant’Ambrogio di Milano,
in quello vecchio, là, fuori di mano.
M’era compagno il figlio giovinetto
d’un di qu è capi un po’ pericolosi,
di quel tal Sandro, autor d’un romanzetto
ove si tratta di promessi sposi...
Che fa il nesci, Eccellenza? o non
l’ha letto?
Ah, intendo: il suo cervel, Dio lo
riposi,
in tutt’altre faccende affaccendato,
a questa roba è morto e sotterrato.
Entro, e ti trovo un pieno di soldati,
di qu è soldati settentrionali,
come sarebbe Boemi e Croati,
messi qui nella vigna a far da pali:
difatto, se ne stavano impalati,
come sogliono in faccia a’ Generali,
co’ baffi di capecchio e con qu è
musi,
davanti a Dio diritti come fusi.
Mi tenni indietro; ché piovuto in
mezzo
di quella maramaglia, io non lo nego
d’aver provato un senso di ribrezzo,
che lei non prova in grazia dell’impiego.
Sentiva un’afa, un alito di lezzo:
scusi, Eccellenza, mi parean di sego
in quella bella casa del Signore
fin le candele dell’altar maggiore.
Ma in quella che s’appresta il sacerdote
a consacrar la mistica vivanda,
di sùbita dolcezza mi percuote
su, di verso l’altare, un suon di
banda.
Dalle trombe di guerra uscìan le
note
come di voce che si raccomanda,
d’una gente che gema in duri stenti
e d è perduti beni si rammenti.
Era un coro del Verdi; il coro a Dio
là d è Lombardi miseri assetati;
quello: O Signore, dal tetto natio,
che tanti petti ha scossi e inebriati.
Qui cominciai a non esser più io
e, come se qu è cosi doventati
fossero gente della nostra gente,
entrai nel branco involontariamente.
Che vuol ella, Eccellenza, il pezzo
è bello,
poi nostro, e poi suonato come va;
e coll’arte di mezzo, e col cervello
dato all’arte, l’ubbie si buttan là.
Ma cessato che fu,
dentro, bel bello
io ritornava a star
come la sa:
quand’eccoti, per
farmi un altro tiro,
da quelle bocche che parean di
ghiro
un cantico tedesco lento lento
per l’âer sacro a Dio mosse le
penne.
Era preghiera, e mi parea lamento,
d’un suono grave flebile solenne,
tal che sempre nell’anima lo sento:
e mi stupisco che in quelle cotenne,
in qu è fantocci esotici di legno,
potesse l’armonia fino a quel segno.
Sentìa nell’inno la dolcezza amara
d è canti uditi da fanciullo; il core
che da voce domestica gl’impara,
ce li ripete i giorni del dolore:
un pensier mesto della madre cara,
un desiderio di pace e di amore,
uno sgomento di lontano esilio,
che mi faceva andare in visibilio.
E quando tacque, mi lasciò pensoso
di pensieri più forti e più soavi.
«Costor», dicea tra me, «Re pauroso
degl’italici moti e degli slavi,
strappa a’ lor tetti, e qua senza
riposo
schiavi gli spinge per tenerci schiavi;
gli spinge di Croazia e di Boemme,
come mandre a svernar nelle maremme.
A dura vita, a dura disciplina,
muti, derisi, solitari stanno,
strumenti ciechi d’occhiuta rapina,
che lor non tocca e che forse non
sanno:
e quest’odio, che mai non avvicina
il popolo lombardo all’alemanno,
giova a chi regna dividendo, e teme
popoli avversi affratellati insieme.
Povera gente! lontana da’ suoi,
in un paese qui che le vuol male,
chi sa che in fondo all’anima po’
poi
non mandi a quel paese il principale!
Gioco che l’hanno in tasca come
noi».
Qui, se non fuggo, abbraccio un
caporale,
colla su’ brava mazza di nocciolo,
duro e piantato lì come un piolo.
Giuseppe Giusti
Monsumanno Terme 12.5.1809 –
Firenze 31.3.1850
IL RISORGIMENTO
25
Le coraggiose Madri della Patria
Il ruolo delle donne nel processo rivoluzionario
Una principessa fuori dal
comune
L’eroinadeiduemondi
L’eroina per eccellenza, la donna più conosciuta del Risorgimento, è senza dubbio Ana
Maria de Jesus Ribero de Silva,
nata il 30 agosto 1821, sposatasi a 14 anni e passata alla storia come Anita Garibaldi, che
conobbe l’eroe dei due mondi
nel 1839 e del quale diventò
amante e madre dei suoi figli,
nonché compagna di tutte le
sue battaglie. Pur di seguire il
marito si travestì da uomo, si
tagliò i capelli, indossò l’uniforme e combatté con tutte le
sue forze, dedicando l’intera
sua vita alla libertà e all’indipendenza dei popoli. Indebolita dalla quinta gravidanza e
provata dalle battaglie, morì
tra le braccia di Garibaldi in
fuga dalla polizia papalina e
dai soldati austriaci. Una donna che è diventata quasi una
leggenda del Risorgimento
Italiano con il suo coraggio e
la sua audacia, riveste l’ideale
di donna guerriera che non si
arrende mai, che combatte a
costo della propria vita per i
diritti dei popoli, per l’uguaglianza dei cittadini, per i propri ideali.
26
IL RISORGIMENTO
Una delle figure di maggiore
spicco, per l’ampia portata del
pensiero e l’influenza nella vita
culturale e politica dei decenni
coincidenti con le tappe dell’unificazione del Paese, fu sicuramente la Principessa Cristina Trivulzio di Belgiojoso che dimostrò
fin dall’infanzia una pura passione politica.
Nata a Milano nel 1808 in una famiglia dell’alta aristocrazia, ebbe
una vita familiare travagliata e
comportamenti per il tempo ritenuti spregiudicati e scandalosi:
sposata, lasciò il marito ed ebbe
una figlia da un nuovo compagno, fu in contatto con la Carboneria e in seguito fuggì in Francia,
intrattenne relazioni prestigiose
nel famoso salotto parigino, divenne giornalista. Tornata in Italia, si dedicò ai problemi sociali,
con uno spirito da vera riformista, aprì asili e scuole per figli e
figlie del popolo. Nel 1848-49 fu
in prima linea partecipando ad
alcuni episodi salienti: raggiunse
Milano guidando la “Divisione
Belgioioso” con 200 volontari da
lei reclutati e trasportati in piroscafo da Roma a Genova e da lì a
Milano.
A Roma, nei mesi della Repubblica guidata da Mazzini, lavorò
negli ospedali durante l’assedio
della città, creando le “infermiere” laiche e chiamando a questo
compito nobili, borghesi e prostitute. Alla caduta della Repubblica, dopo essersi battuta per
salvare feriti e prigionieri, fuggì
a Malta, ad Atene e infine a Costantinopoli.
A un’attiva partecipazione si accompagnò sempre la passione
per la scrittura, che si tradusse
in una vasta produzione giornalistica e saggistica, intervenendo
nei momenti decisivi della storia
nazionale. Iniziò anche a stampare un giornale, che non venne
molto apprezzato dal Mazzini, il
quale disse: “Non scriverei mai su
un giornale diretto da una donna!”.
Della presente condizione delle donne e del loro avvenire, un
saggio pubblicato nel 1866 in
“Nuova Antologia”, è un’analisi
lucida e chiara del problema del
diritto di voto femminile, negato dal recente codice Pisanelli,
che esprime un parere ragionato e avanza proposte concrete,
ma soprattutto lascia trasparire amarezza e delusione per gli
esiti moderati del Risorgimento
e l’esitazione nei confronti della
questione dei diritti delle donne
di una nuova classe politica conservatrice quanto la vecchia.
Una donna tra i mille
Rose Montmasson, detta
Rosalia, (Saint Orioz 1825 –
Roma 1904), è stata una patriota italiana. Era originaria
di una povera famiglia della
Savoia, allora parte del Regno di Sardegna, fu moglie
di Francesco Crispi ed è celebre in quanto prese parte
alla spedizione dei Mille.
Rose conobbe il futuro marito durante l’esilio piemontese, quando lei svolgeva le
umili mansioni di lavandaia
e stiratrice, mentre Crispi era
un giovane rivoluzionario. Si
recò a Malta per avvertire i
rifugiati Italiani dell’imminente spedizione e tornò a
Genova in tempo per unirsi
ai Mille, dei quali fu l’unica
partecipante femminile da
noi nota, oltre a Jessie Meriton White Mario. La leggenda vuole che si travestì
da militare per imbarcarsi sul
“Piemonte”, contravvenendo all’ordine del marito di
restare a Quarto.
Durante la spedizione dei
Mille si occupò prevalentemente della cura dei feriti,
già dalla battaglia di Calata-
fimi operò tra i combattenti
per portare in salvo i colpiti e,
nell’occasione, non disdegnò
di imbracciare il fucile. Incessante fu la sua opera nelle
ambulanze di Salemi ed Alcamo, dove i siciliani la ribattezzarono Rosalia. Dopo la nomina a deputato del marito,
seguirono alcuni anni di vita
relativamente tranquilla, terminata qualche tempo dopo
il trasferimento della coppia a
Roma, quando venne ripudiata da Crispi, il quale denunciò
l’irregolarità del matrimonio
contratto a Malta.
Il secondo matrimonio di
Francesco Crispi (divenuto nel
frattempo Presidente del Consiglio) con una nobile leccese
provocò un grande scandalo
che coinvolse anche la regina,
la quale si rifiutò pubblicamente di stringere la mano al
ministro Crispi dopo aver presa visione della copia fotografica dell’atto di matrimonio
celebrato a Malta. L’ex lavandaia ebbe un ruolo che, forse,
nessun’altra donna ebbe in
quelle pagine esaltanti della
nostra storia.
Vittima del perbenismo, del
pregiudizio di classe e di cultura che avevano indotto Francesco Crispi ad allontanarla da
sé, per vivere, nella maturità
degli anni e della sua carriera
politica, un’altra vita, Rosalia
rimase a Roma, sopravvivendo con la pensione assegnata
ai Mille, dove morì in povertà e dimenticata dal mondo
risorgimentale, tanto che la
sua salma venne tumulata in
un semplice loculo, concesso
gratuitamente dal comune
nel cimitero del Verano, dove
ancora riposa.
Federica Scheggia
“Vogliano le donne felici ed
onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni
delle donne che le precedettero
nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle
che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima
goduta, forse appena sognata,
felicità!”
Cristina Trivulzio di Belgiojoso,
1866
RINGRAZIAMENTI
Ai commercianti del Comune di
Menaggio
L’Amministrazione Comunale e la Pro
Loco Menaggio, riconoscenti per l’attenzione prestata alla proposta di
allestire un clima Natalizio nelle vie
del nostro Comune, ringraziano per la
fattiva collaborazione e il contributo
offerto, apprezzando la professionalità nel rendersi disponibili per la
crescita di uno sviluppo commerciale.
Con l’occasione Augurano buon lavoro e formulano sinceri Auguri di Buone
Feste.
Mario Martinelli, Roberta Iannazzo
IL RISORGIMENTO
27
Marzo 1821 - Marzo 1861
Apoteosi di un ideale
All’indomani del Congresso di
Vienna (1814-1815), quella che
noi oggi chiamiamo Italia era
divisa in una decina di Stati, ridottisi poi, in pochi anni, a sette:
Il Regno di Sardegna, il Regno
Lombardo-Veneto, il Granducato di Toscana, il Ducato di Modena, il Ducato di Parma, lo Stato
Pontificio, il Regno delle Due Sicilie. Era una divisione artificiale, scaturita dal Congresso, che
accese la reazione di una nuova classe politica cresciuta negli
ideali di libertà e fratellanza e
capeggiata da Giuseppe Mazzini. La lingua, la comune cultura
imponevano l’idea di un’Italia
unita, dalle Alpi alla Sicilia, e i
moti libertari cominciarono a
concretizzarsi in Piemonte nel
fatidico Marzo 1821. Altre date
significative, pietre miliari della
nostra storia, il 1848, il 1859 e infine il 1861 decretarono ciò che
si presentava ormai come ineludibile: l’unità d’Italia, sospinta sì
da soldati e valorosi guerrieri, sì
da canti popolari sgorgati nelle strade e nelle piazze (di cui
abbiamo trattato nel numero
precedente), ma anche e soprattutto negli immortali componimenti di immortali artisti: Giuseppe Verdi, Giovanni Berchet,
Goffredo Mameli, Giuseppe Novaro, Dall’Ongaro, Giosuè Carducci, il cosiddetto “Vate della
Terza Italia”. . Di questo tratteremo brevemente, onde evitare
il madornale errore di dipingere
il Risorgimento Italiano e la conseguente unità nazionale, come
conseguenza esclusiva di movimenti popolari oseremmo dire
“folkloristici”. Il popolo, con la
sua ferma volontà di cambiamento e il suo indiscutibile coraggio
creò le possibilità per un futuro
unitario, ma grandi ed illumina28
BIBLIOTECA: SPECIALE 150°
te menti politiche e artistiche lo
seppero guidare alla meta: l’uno,
senza l’altro, non avrebbe certo
sortito i risultati ottenuti.
Nel 1821, allorchè sembrò che i
soldati piemontesi potessero varcare il Ticino per liberare il Regno
dagli oppressori Austriaci, Alessandro Manzoni scrisse di getto
la famosa Ode dal titolo “Marzo
1821”. Fu però solo un’illusione,
Carlo Alberto aveva sì concesso
la costituzione, subordinandola
però al voto del Re Carlo Alberto, il quale, non appena rientrato a Torino, sconfessò l’operato
di Carlo Alberto e lo esiliò in Portogallo. L’Ode del Manzoni è un
appello alla libertà di tutti i popoli, insieme al riconoscimento
della presenza di Dio nelle vicende umane, e auspica un nuovo
mondo dove l’uomo sia in grado
di rispettare il prossimo, lasciando da parte, una volta per tutte,
l’egoismo e l’interesse personale.
Lo spirito dell’Ode non sarà mai
soffocato, Manzoni, tuttavia, per
timore della censura e di ripercussioni penali, la tenne nascosta e la pubblicò solo nel 1848,
all’indomani delle vittoriose Cinque Giornate di Milano. L’incipit
è inconfondibile:
Soffermati sull’arida sponda, vòlti i guardi al varcato Ticino…
Il celebre scrittore Giovanni Berchet, nel 1829, compose un poema dal titolo Fantasie, e in quegli
anni si trovava in esilio a Londra.
Prendendo spunto dalla sua condizione di esule e dall’anelito di
libertà del popolo, il poeta fonde
sentimenti epici e civili nell’idea
di patria. Per rendere ancor più
efficace l’impatto, Berchet revoca il Giuramento di Pontida, avvenimento accaduto nel piccolo
Comune in provincia di Bergamo
il 7 aprile 1167, nel quale benne
stabilita un’alleanza tra i Comuni Lombardi contro il potere del
Sacro Romano Impero di Federico Barbarossa. Il componimento
più importante di Berchet è però
All’armi! All’armi!, composto nel
1831 per celebrare le insurrezioni di Modena, uno dei componimenti poetici più intensi del
nostro Risorgimento, adottato
dalla Giovine Italia come Inno.
L’incipit è un’importante esortazione all’azione e al coraggio in
nome della nostra nazione:
Su. Figli d’Italia! Su, in armi! Coraggio! Il suolo qui è nostro […]
Al Teatro Alla Scala di Milano, il
9 Marzo 1842 fu rappresentata la
terza opera di Giuseppe Verdi: il
Nabuccodonosor, successivamente sintetizzata in Nabucco, vista
l’eccessiva lunghezza del nome
del Re assiro. La trama è la conquista di Gerusalemme da parte
di Nabucco (587d.C.), che mise
fine al regno di Giuda, e la deportazione degli Ebrei a Babilonia. Il
coro dei prigionieri, Va’ pensiero
sull’ali dorate (gli ebrei schiavi,
appunto) incatenati al lavoro che
rimpiangono la patria perduta è
divenuto in assoluto l’Inno del Risorgimento italiano e dell’unità
di Italia, talmente popolare che
causò a Giuseppe Verdi stesso
problemi con la polizia austriaca.
Il tempo ha poi consacrato definitivamente il componimento, e
tutt’oggi Va’ pensiero costituisce
un canto denso di trasporto e di
grande carica emotiva. Non si dimentichi, in tal proposito, che fu
in ballottaggio con Il canto degli
italiani di Mameli/Novaro per diventare il nostro Inno nazionale.
Giuseppe Verdi, avendo capito
che il filone degli ideali risorgimentali gli avrebbe assicurato un
nuovo grande successo, compose, subito dopo il Nabucco, l’opera I Lombardi alla prima Crociata, sempre su libretto di T. Solera,
basandosi su un poema di Tommaso Grossi. Nel coro O Signore,
dal tetto natio, che rese celebre
l’opera, le genti lombarde e delle
altre regioni del nord colsero un
segnale in favore del movimento risorgimentale, per la liberazione dell’Italia dall’oppressione
straniera.
Francesco Dall’Ongaro, patriota e poeta, prestò il suo talento
nella stesura di un Canto inneggiante la nostra bandiera; l’autore della musica è sconosciuto
(anche se alcuni attribuiscono il
merito ad un certo Cordigliani),
e le sue due versioni, una breve e
una lunga, videro la luce nel 148
e nel 1859. Il canto è La Bandiera
tricolore che, prendendo spunto
dalla declamata bellezza del nostro vessillo, svilisce le bandiere
dei Paesi oppressori dichiarando
che noi (Italiani) non dobbiamo
mai più vedere issare colori diversi dal nostro rosso bianco e
verde:
La bandiera dei tre colori è stata
sempre la più bella, noi vogliamo
sempre quella, noi vogliam la libertà
Sul finire del 1858, Garibaldi, lasciata Caprera, si trovava a Genova nel tentativo di costituire un
gruppo di volontari, i Cacciatori
delle Alpi, per attaccare gli austriaci nel nord sulle montagne.
In dicembre incontrò il poeta
Luigi Mercantini, già noto come
patriota, e gli chiese di comporre
un inno per i suoi cacciatori. Mercantini accettò con entusiasmo e
L’Inno di Garibaldi fu eseguito
per la prima volta nel 1858 al cospetto di Nino Bixio. Il successo
fu subito grandissimo, ne fu entusiasta lo stesso Garibaldi, ma la
cosa non piacque a Cavour, che,
in occasione dell’esecuzione di
Genova del 1858, scrisse:
Il Ministero sottoscritto invita
l’Intendente Generale [Garibaldi
nda] a cogliere tutte le occasioni per far capire agli uomini che
delle canzoni per liberare l’Italia
ce ne sono già un numero soverchio, che quindi il Ministero le
considera in chi le fa come indizio che non con i fatti ma con le
vane parole intende giovare alla
causa nazionale. Gli uomini seri
e i giornali dovrebbero volgere
in ridicolo questi vati, che senza
avere l ingegno di Triteo fuggono come lui.
L’irritazione di Cavour si comprende appieno se si pone attenzione alla data di quella lettera:
in quei si stavano concludendo,
in gran segreto, gli accordi per la
firma del trattato tra Francia e
Regno di Sardegna, e di lì a poco
la Lombardia sarebbe stata annessa al Regno di Sardegna; poco
dopo, con la Seconda Guerra di
Indipendenza, si sarebbero unite
altre regioni, iniziando concreta-
mente, e non con vane parole,
il processo che avrebbe portato
all’unità di Italia.
Giosuè Carducci, tra i principali
poeti italiani, professore presso
l’Università di Bologna dal 1860
al 1904, premio Nobel per la letteratura nel 1906, nella sua prima raccolta di poesie, Juvenilia,
riprese alcuni temi di carattere
Risorgimentale, ispirato senz’altro dal poeta Goffredo Mameli, e
compose l’Ode Il Plebiscito testimoniando la nostalgia del poeta
per l’antica civiltà italiana. Gli
ideali di romanità e di antichità
sono spesso presenti nelle composizioni di Carducci, nell’Ode
il poeta li porta a limiti estremi,
incarnando gli ideali risorgimentali in un concetto universale di
fratellanza e uguaglianza.
Abbiamo voluto riassumere al
massimo quel processo ideologico/politico che portò a quella
grande e straordinaria rivoluzione che il 17 marzo 1861 incoronò
il primo Re dell’Italia unita, proprio quell’Italia i cui confini la
circondano ancora adesso. Ci alziamo in piedi quando sentiamo
le note dell’Inno, ci emozioniamo quando vediamo il Tricolore, ci accendiamo di entusiasmo
quando vediamo il cielo solcato
dalle nostre amate Frecce, non
possiamo proprio dimenticare
quanti sacrifici umani, quanta fatica, quanto dolore ha costellato
quella strada irta che dal 1821 al
1861 ci ha portati ad ottenere il
premio più ambito, il risultato
più bello. Concludiamo, con le
parole di Carlo Azeglio Ciampi,
il quale, guardando all’appuntamento del 2011, sottolinea che è
cosa buona e giusta riproporre,
in ogni sua espressione, lo spirito degli ideali del Risorgimento.
Sono ideali ancora vivi, sono incisi sul marmo, sul frontone del
Vittoriano: “all’unità della Patria,
all libertà dei cittadini” Essi sono
il fondamento della Repubblica.
Marcel Paolini
BIBLIOTECA: SPECIALE 150°
29
Quando “la storia” fa la storia del Cinema
Garibaldi eroe dei due mondi e del grande schermo
Il Risorgimento non ha offerto
spunti soltanto alla letteratura classica italiana, con romanzi
quali “Piccolo mondo antico”
(1896) di Antonio Fogazzaro e “Il
Gattopardo” (1958) di Tomasi di
Lampedusa. Fin dalle origini del
cinema, le sue vicende sono state
infatti rappresentate anche sullo
schermo. Fra i primissimi film, “La
presa di Roma” del 1905, diretto
da Filoteo Alberini; “Garibaldi”
(1907) di Mario Caserini; “La battaglia di Palestro” (1908).
Nel 1910 il regista Caserini girò la
prima pellicola che aveva come
protagonista una donna: “Anita
Garibaldi”. L’eroina sarà ancora il
personaggio principale nel 1927
con “Anita o il romanzo d’amore
dell’Eroe dei due mondi”, di Aldo
de Benedetti. Due anni prima,
Carmine Gallone aveva diretto
un lavoro dal titolo che richiamava la serie salgariana dedicata al
western: “La cavalcata ardente”,
con il sottotitolo “Passione garibaldina”. Figura centrale di nuovo una donna, questa volta del
Regno delle Due Sicilie: Grazia
Montechiaro (l’attrice Soava Gallone) di famiglia filo-borbonica,
ma segretamente innamorata di
un seguace di Garibaldi. Era l’epoca in cui il cinema trionfava con
le struggenti storie passionali,
spesso inserite in contesti sociali
nei quali l’amore era contrastato
da ragioni economico-politiche e
il ruolo femminile rimaneva ancora fortemente subordinato.
Nel 1934 Alessandro Blasetti diede vita ad uno dei più classici film
sull’unificazione italiana: “1860”,
che impiegava un cast molto ampio nel quale i grandi personaggi
storici – a parte forse Nino Bixio,
interpretato da Arcangelo Aversa – rivestivano parti secondarie
o venivano semplicemente accen30
BIBLIOTECA: SPECIALE 150°
nati. Di impronta marcatamente
populista, subì forti tentativi di
condizionamento da parte del
regime, che Blasetti seppe aggirare abilmente, mantenendosi
fedele al proprio filo conduttore. In realtà “1860”, antiretorico
e ritenuto poco celebrativo dai
fascisti, scrisse una delle prime
pagine del neorealismo italiano.
Maestose alcune sequenze, come
la partenza dei Mille da Quarto.
Nel 1940, Mario Soldati diresse la
trasposizione cinematografica di
“Piccolo mondo antico”, interpretato da Massimo Serato (Franco) e Alida Valli (Luisa): romanzo
strappalacrime, con la tragedia
familiare – la morte accidentale della figlioletta annegata nel
lago - che divide i protagonisti
finchè la speranza nella vittoria
italiana e la placida attesa di una
nuova maternità non riconcilieranno Luisa con il marito patriota. Velleitariamente biografico
e romanzato “La contessa di Castiglione”, girato a Cinecittà in
pieno conflitto mondiale da Fabio Calzavara, con l’interpretazione principale affidata a Doris
Duranti, “diva del regime” (fu
l’amante di Alessandro Pavolini,
ministro della Cultura Popolare,
nonostante le sue sospette origini ebraiche) e prima attrice a
comparire a seno scoperto sugli
schermi.
Nel dopoguerra, la produzione di
film risorgimentali subì una contrazione, diventando più rarefatta, ma non per questo meno efficace. Nel 1954 Luchino Visconti
girò il discusso “Senso”, che in un
primo tempo aveva incautamente intitolato “Custoza”, un nome
infausto per l’Italia. Protagonista
ancora la bellissima Alida Valli, affiancata da Farley Granger
(Franz Mahler) e Massimo Girotti
(Roberto Ussoni) è permeato del
pessimismo del suo regista, che
di lì a qualche anno realizzerà
la versione cinematografica de
L’Autore dell’articolo sulla “Canzone
Popolare nel Risorgimento Italiano”
pubblicato nella rubrica “Biblioteca”
del precedente numero di “Qui Menaggio” è Marcel Paolini. Per un mio
errore nella correzione della bozza
finale non mi sono accorto che mancava la firma. Cerco di rimediare e
chiedo scusa.
E.S.
“Il Gattopardo”. Sia nell’uno che
nell’altro film, il sentimento e le
frustrazioni personali hanno il sopravvento sul fervore patriottico
e le vicende storiche sono avvertite prevalentemente per l’influsso che possono avere sui destini
individuali. La contessa veneziana Livia Serpieri (Valli), divenuta
amante di un ufficiale austriaco
(Granger) opportunista e dissoluto, alla fine lo denuncia mandandolo a morte, ma la sua decisione assume più il sapore della
vendetta di una donna umiliata
che di un tardivo ritorno all’amor
di patria. L’evento della sconfitta
di Custoza, magistralmente ricreato da Visconti ispirandosi ad un
dipinto di Giovanni Fattori (18251908) è rivisitato dal regista come
lo scenario marginale di un melodramma, nel quale la tormentata passione dei due protagonisti sovrasta e sbiadisce la storia.
Così pure “Il Gattopardo” è il ritratto malinconico e crepuscolare di un’aristocrazia al tramonto
- rassegnata ad adattarsi all’inevitabile trasformismo politico
“per non cambiare nulla” – che
si specchia, attraverso la figura
del conte di Salina (Burt Lancaster) nell’immagine del proprio
inesorabile declino, perché “anche se sarà scongiurata la rivoluzione popolare, cambieranno…
la cultura, lo stile, i cerimoniali
della classe dominante…” (Alessandro Bencivenni, “Luchino Visconti”, La Nuova Italia, Firenze,
1982, p. 53). Il principe “prende
le distanze, sia dalla vecchia aristocrazia… sia dai volgari profittatori del nuovo corso.” E’ ormai
un uomo solo, in un ambiente
dove “persone e cose appaiono
come sontuose nature morte.”
(Bencivenni, cit., pp. 53-54).
Il film del centenario fu “Viva
l’Italia!” di Roberto Rossellini,
che divise fortemente la critica
sul modo di interpretarlo. L’impresa dei Mille non è più vista
con il trionfalismo retorico di altre pellicole precedenti, ma induce ad azzardati parallelismi con i
più recenti avvenimenti (venne
girato nel 1960) della seconda
guerra mondiale. Le vicende che
seguono lo sbarco di Marsala
hanno qualcosa in comune con
quello alleato del 1943: se non
altro, la scarsa conoscenza della
realtà del profondo Sud. Comunque, “un grande affresco dell’impresa garibaldina, veduta con gli
occhi del cronista attento ai fatti minuti, quotidiani, o ai riflessi
secondari della grande avventura storico-politica…” (Gianni
Rondolino, “Roberto Rossellini”,
La Nuova Italia, Firenze, 1974, p.
101).
L’ambiente della Roma papalina del primo Ottocento, che
contiene già i germi della sua
prossima dissoluzione, forma il
background di “Nell’anno del
Signore”, di Luigi Magni, prodotto nel 1969, mentre quello
di “Allonsanfàn” di Paolo e Vittorio Taviani (1974) si svolge nel
periodo della Restaurazione. Entrambi mostrano, al di là delle
differenze tematiche, una singolare analogia: l’impreparazione
e l’incredulità di popoli oppressi
dinanzi alla prospettiva rivoluzionaria, che spingerà la gente
ad invocare la morte dei patrioti
o li sterminerà addirittura come
malfattori. Magni si ripete con
“In nome del Papa re” del 1977,
analisi amara di un’oppressione
politica esercitata dal sistema
teocratico nell’ultima fase della
sua sopravvivenza. Completerà
la trilogia nel 1990 “In nome del
popolo sovrano”, rievocazione
della breve esistenza della Repubblica Romana del 1849.
Infine, nel 150° anniversario
dell’unità d’Italia, Mario Martone
propone il suo “Noi credevamo”,
ispirato al romanzo di Anna Banti, narrando la lunga lotta che
conduce alla libertà di tre giovani patrioti del Sud approdati alla
Giovine Italia. L’impressione che
se ne ricava, è quella di un sogno
spezzato, di aspirazioni deluse e
di un Risorgimento tradito, dopo
avere suscitato enormi aspettative. L’esercito piemontese liberatore viene visto alla fine – quando ormai dilaga il brigantaggio
alimentato da Borbonici sconfitti, disertori e gente comune che
si ribella alla nuova oppressione
- come uno spietato conquistatore, strumento della nuova tirannide che è stata instaurata. Il
titolo stesso del film è assai significativo: la società ideale per cui
si è battuta un’intera generazione non è stata realizzata e l’Italia
è diventata soltanto un’unione
territoriale costruita sulle rovine
di altri Stati.
Come del resto ha dimostrato la
storia nazionale dell’ultimo secolo, perché il Risorgimento è stato
soltanto il punto di inizio di un
lungo, difficile cammino.
Domenico Rizzi
BIBLIOTECA: SPECIALE 150°
31
“Il Gattopardo”: un romanzo epocale
Un capolavoro unico, che ancora oggi è best seller
Anche in quest’ultimo numero
del 2011 “Qui Menaggo” continua a celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Proprio
per questo ho scelto di parlarvi
di uno dei capolavori della letteratura italiana ambientato in
quell’epoca: Il Gattopardo.
Il romanzo è opera di Giuseppe
Tomasi principe di Lampedusa e
duca di Palma Montechiaro, nato
a Palermo nel 1896, erede di una
delle famiglie più illustri dell’aristocrazia siciliana. Cominciò a
scrivere molto tardi, aveva quasi
sessant’anni, e dopo aver composto Il Gattopardo e pochi altri
scritti di narrativa e critica letteraria, si ammalò e morì a Roma
nel 1957, ancor prima di vedere
esposta nelle librerie la sua migliore opera.
Il Gattopardo venne pubblicato a Milano (ed. Feltrinelli) nel
1958 e da subito creò molto “rumore” nell’ambiente letterario e
non solo, fu un grande successo
in Italia e all’estero (Stati Uniti,
Francia, Inghilterra, Austria...).
Il Gattopardo è considerato un romanzo storico nel senso che l’autore ha creato dei personaggi e li
ha “fatti muovere” all’interno di
un periodo preciso, dandoci così
la sua personale interpretazione del momento storico in questione. Completamente errata è
perciò la tesi di molti critici che ci
videro un romanzo autobiografico, vista l’estrazione sociale che
accomuna Tomasi di Lampedusa
e il principe di Salina protagonista principale del romanzo.
La narrazione copre un arco temporale di un cinquantennio (maggio 1860-maggio1910), al centro
degli avvenimenti troviamo i
membri della nobile famiglia dei
Salina e in particolare la figura
di don Fabrizio, principe di Salina, che domina il romanzo sia da
32
FAHRENHEIT 451: SPECIALE 150°
vivo che da morto. La Sicilia sta
vivendo momenti cruciali: ai deboli tentativi delle forze locali di
opporsi ai Borboni si sovrappone
l’intervento di Garibaldi, destinato a sbaragliare l’esercito borbonico ed abbattere la monarchia,
la caduta della quale comporterà
anche il declino della nobiltà. E’
dunque in gioco il destino della
famiglia Salina e di tutta l’aristocrazia dell’isola.
Sullo sfondo di questa situazione
politica si inseriscono i temi della vita quotidiana: la giovinezza,
l’amore, le nuove classi in ascesa,
il ruolo della Chiesa e soprattutto lo stato tristissimo in cui versa
la Sicilia stessa (priva di strade,
in condizioni igieniche penose e
vittima di un’inezia che si trascina da secoli).
Accanto al personaggio del principe don Fabrizio, fulcro indiscusso
del libro, troviamo numerosi altri
personaggi che, ognuno a modo
suo, contribuiscono a creare il
fascino del romanzo: il nipote di
don Fabrizio, Tancredi Falconeri,
che si arruola nell’esercito garibaldino per frenare l’aria rivoluzionaria e crearsi le giuste condizioni per la sua futura carriera
diplomatica e nel frattempo, non
si lascia sfuggire né la bellezza né
la ricca dote di Angelica Sedara,
simbolo indiscusso di femminilità
e amore; poi troviamo Concetta,
figlia del principe, innamorata
da sempre di Tancredi e incapace
di conquistarlo, invecchierà nella
solitudine assediata da “un inferno di memorie mummificate”;
Maria Stella, la moglie del principe; Padre Pirrone, il Gesuita
di famiglia, osservatore acuto e
prudente; don Calogero Sedara,
padre di Angelica, contadino arricchitosi grazie alla sua astuzia
ed abilità, simbolo inequivocabile della nuova classe borghese in
ascesa; infine troviamo tutti gli
altri personaggi, definiti minori,
come Chevalley, il funzionario
piemontese, don Ciccio Tumeo
e don Onofrio Rotolo e l’indimenticabile cane di don Fabrizio,
Bendicò. In un romanzo così non
poteva mancare il personaggio
storico, il colonnello Pallavicino che colpisce tutti con le sue
lungimiranti profezie sulla futura storia d’Italia. Il Gattopardo
è un’opera davvero strepitosa,
l’autore la compose di getto nel
giro di un anno, tra il 1955 e il
1956. E’ vivace, scorrevole e mai
noiosa, ci offre “una finestra” sul
passato da cui possiamo osservare un pezzo della nostra storia
dimenticandoci tranquillamente
che qualcuno non è stato capace
di notare le stupefacenti qualità
artistiche del romanzo ma ha notato le presunte tendenze politiche di destra di Tomasi di Lampedusa! L’Arte
non può essere
qualificata con
definizioni che
appartengono
al linguaggio
politico.
Raffaella
Catarinicchia