La nozione di “vettore” - Dipartimento di Ingegneria e Architettura

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La nozione di “vettore” - Dipartimento di Ingegneria e Architettura
La nozione di “vettore”
20 settembre 2004
Indice
1 Introduzione
2
2 Vettore geometrico
2.1 Le operazioni sui vettori geometrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Le componenti di un vettore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2
3
4
3 Vettore algebrico
5
4 Il vettore in senso assiomatico
7
5 Grandezze vettoriali
9
6 Il prodotto scalare
6.1 Prima estensione della nozione di prodotto scalare. . . . . . . . . . .
6.2 Ulteriore estensione della nozione di prodotto scalare. . . . . . . . . .
9
10
13
7 Il prodotto vettoriale
7.1 Vettori assiali e vettori polari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
14
18
1
1
Introduzione
. Un vettore può essere definito essenzialmente in tre modi distinti: geometricamente,
algebricamente e assiomaticamente [4, p.2].
2
Vettore geometrico
La più antica nozione di vettore usata in fisica è quella di segmento orientato. Storicamente il vettore nasce dalla nozione di spostamento di un punto. Considerando un
punto che in un intervallo di tempo si sia spostato da una posizione ad un’altra, viene
spontaneo considerare il segmento di retta che unisce la posizione iniziale del punto
con la sua posizione finale. Anche se la traiettoria effettivamente descritta dal punto
nell’intervallo di tempo considerato è una linea curva, si può considerare il segmento
frecciato come il “veicolo” che porta il punto dalla posizione iniziale a quella finale.
È questo il senso dato al vettore dal fisico-matematico-astronomo irlandese Hamilton
(1805-1865) che introdusse il termine “vettore” nel 18451 .
z
B
B
v
A
A
y
x
Figura 1: La nascita del vettore: esso è stato concepito da Hamilton come il
“veicolo” che porta una punto A in un punto B.
Un vettore si indica di solito con la notazione v . Se A è il punto iniziale e B
il punto finale, il vettore si può indicare mediante la notazione B − A dovuta a
Grassmann che può essere vista come una “differenza” dei due punti B ed A.
Un segmento orientato può essere chiamato vettore geometrico. Le sue caratteristiche sono tre: un modulo, una direzione ed un verso. Alcuni autori aggiungono
anche nella definizione il punto di applicazione: quest’ultimo non deve considerarsi
come parte integrante della nozione di vettore2 . Quando necessita applicare il vettore
ad un punto di un corpo o in un punto dello spazio si parla di vettore applicato.
1
Si veda il Quarterly Journal of Mathematics (Cambridge), t.I (1845), p.56. Il termine viene dal
latino vehere che vuol dire trasportare. Infatti si usa il nome vettore nel senso di veicolo: cosı̀ si
parla di razzo vettore che porta in orbita un satellite, si parla dei moderni vettori acquistati da un
compagnia aerea, ecc.
2
Si veda [2, p.122].
2
La lunghezza del vettore v si chiama modulo del vettore e viene indicata con |v |.
Un vettore di modulo unitario prende il nome di versore3 .
Per i vettori nel piano la direzione orientata è precisata da un angolo rispetto ad
una direzione fissa, mentre per i vettori nello spazio occorrono due angoli formati con
due direzioni fisse.
2.1
Le operazioni sui vettori geometrici
La sola rappresentazione delle grandezze fisiche vettoriali con vettori geometrici non
servirebbe a nulla se non fossero definite su di essi delle operazioni. Le operazioni
fondamentali sono due:
1. il prodotto di un vettore geometrico per un numero;
2. la somma di due vettori geometrici con la regola del parallelogramma.
Il prodotto per un numero: fare il prodotto di un vettore geometrico per un
numero significa moltiplicare il modulo del vettore per il numero e, nel caso in cui il
numero fosse negativo, cambiare il verso del vettore.
C
C
u2
u
2
B
B
F2
1
u
F1 + F2
u1 +u
2
F1
A
a)
u1
1 +u
u
2
A
b)
c)
Figura 2: I due modi per sommare i vettori. a) La somma in cascata; b) la somma
in derivazione; c) la riduzione della somma in cascata a quella in derivazione.
La somma di due vettori: esistono due modi di fare la somma di due vettori:
1. Il primo modo è quello degli spostamenti di un punto: se un punto si sposta
da A a B e successivamente a C, i vettori spostamento si sommano secondo la
regola illustrata in Fig.(2a) ovvero si sommano in cascata. Quindi la somma di
due spostamenti presuppone che il secondo abbia il suo punto di applicazione
all’estremo finale del primo.
3
Si noti che in inglese non esiste un nome apposito per il versore che viene chiamato semplicemente
unit vector.
3
2. Il secondo modo è quello delle forze: questo presuppone che le forze abbiano
l’origine in comune, come mostra la Fig.(2b). Si dice allora che le forze si
sommano in derivazione.4
È immediato ridurre la somma in cascata a quella in derivazione: basta trasportare
uno dei due vettori parallelamente facendo coincidere le origini dei due vettori. In
questo modo si può usare sempre la regola del parallelogramma5 .
2.2
Le componenti di un vettore
Le due operazioni fondamentali di somma di vettori e di prodotto per un numero
consentono di introdurre la nozione di “componenti” di un vettore. Nel caso di vettori
nel piano si possono considerare due rette x e y passanti per l’origine del vettore come
mostra la Fig.(3). Usando la regola del parallelogramma si scrive
v = vx + vy .
(1)
Introducendo due vettori, êx ed êy di lunghezza arbitraria lungo le rette x e y, e che
chiameremo vettori base, si può scrivere
vx = vx êx
vy = vy êy
(2)
e quindi
v = vx êx + vy êy .
(3)
Le due rette possiamo vederle come assi cartesiani, non necessariamente ortogonali. I due numeri vx e vy , che possono essere positivi o negativi, si chiamano
componenti del vettore v rispetto ai vettori base êx ed êy .
Si constata che vale questa fondamentale proprietà: la somma di due vettori ha
come componenti la somma delle rispettive componenti dei due vettori. In simboli:
se
w
= u + v
(4)
allora
wx = ux + vx
wy = uy + vy .
(5)
Con questa regola ad ogni vettore del piano vengono associati due numeri (le sue
componenti) e, ovviamente, ad ogni vettore nello spazio sono associati tre numeri.
Ne viene che, d’ora in avanti, anche le coppie e le terne di numeri possono chiamarsi
“vettori”, precisamente vettori algebrici Se si considera un sistema di assi cartesiani,
un vettore geometrico può essere decomposto nella somma di tre vettori diretti come
4
Il termine “derivazione” è usato negli allacciamenti di cavi elettrici e di tubature: “fare una
derivazione in un punto” vuol dire attaccare un altro cavo (o un altro tubo) che si diparte dal punto.
5
L’espressione “in cascata” è sinonimo dell’espressione “in serie” e l’espressione “in derivazione”
è sinonimo dell’espressione “in parallelo”.
4
y
y
v
v
vy
vy
e y
x
x
e x
v x
a)
vx
b)
Figura 3: a) Un vettore nel piano può decomporsi in due vettori che hanno come
somma il vettore dato; b) ciascuno dei due vettori può esprimersi come prodotto
di un vettore base per un numero che è chiamato componente del vettore e può
essere positivo o negativo.
gli assi. Ciascuno di questi, a sua volta, può esprimersi come prodotto di un numero,
positivo, nullo o negativo, per il versore dell’asse. Quindi si può scrivere
v = vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂
(6)
Questa decomposizione utilizza entrambe le prerogative dei vettori, quella della somma e del prodotto per un numero. I tre numeri vx , vy , vz si chiamano le componenti
del vettore sui tre assi. La proprietà di additività e quella di prodotto per un numero
valgono anche per le componenti:









3
u + v = (ux ı̂ + uy ̂ + uz k̂) + (vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂)
= (ux + vx ) ı̂ + (uy + vy ) ̂ + (uz + vz ) k̂
λ u
(7)
= (λux ) ı̂ + (λuy ) ̂ + (λuz ) k̂.
Vettore algebrico
La nozione di vettore è rimasta legata per alcuni decenni alla nozione di segmento
orientato.
Nei primi decenni del ventesimo secolo è apparso sempre più manifesto che ciò
che rende preziosa la nozione di vettore non sono tanto la sua direzionalità, il suo
verso e la sua intensità quanto il fatto che sui vettori si possano fare due operazioni
fondamentali: quella di somma di due vettori e quella di prodotto di un vettore per
un numero. Questo ha portato ad abbandonare la definizione iniziale estendendo il
significato del termine “vettore” ben al di là del suo significato originario di segmento
orientato.
Le proprietà (7) suggeriscono di estendere la nozione di vettore in termini puramente algebrici chiamando vettore una n-pla ordinata di numeri, indicata con
5
Tavola I: La corrispondenza tra i vettori geometrici e quelli algebrici.
vettore geometrico
vettore algebrico
u
u1 , u2 , u 3
v
v 1 , v 2 , v3
λ u
λu1 , λu2 , λu3
u + v
u1 + v 1 , u2 + v 2 , u3 + v 3
Tavola II: Componenti cartesiane di un vettore.
z6
PP
x
PP
PP
PP
PPvz
P
PP
PP
P
PP
v
PP
PP
vy
PP
vx
PP
PP
PP
PP
y
PP
P
q
PP
PP
6
u = (u1 u2 ... un ) secondo le due regole seguenti:
u + v = (u1 + v1 u2 + v2 ...
λu = (λu1 λu2 ... λun )
un + v n )
(8)
y
uy+vy
v
vy
uy
α
u
β
ux+vx
ux
x
Figura 4: La somma di due vettori geometrici ha come componenti la somma
delle componenti dei due vettori.
Una n-pla ordinata di numeri sulla quale siano definite le due operazioni di somma
e di prodotto per un numero prenderà il nome di vettore algebrico6 .
Nella fisica si usano essenzialmente vettori geometrici in quanto si ha a che fare
con direzioni nello spazio mentre nell’analisi numerica si utilizzano vettori algebrici.
4
Il vettore in senso assiomatico
Si può procedere oltre nell’estensione della nozione di vettore osservando che le due
operazioni, quella di somma e quella di prodotto per un numero sono applicabili
ad altri enti matematici, ad esempio alle funzioni e alle matrici. Infatti, date due
funzioni f (x) e g(x) definite su uno stesso intervallo, ad esempio [0, 1], hanno senso
le due operazioni seguenti:
h(x) = f (x) + g(x)
k(x) = λ f (x)
(9)
Date due matrici, ad esempio 2×2 hanno senso le due operazioni
a b
c d
+
p q
r s
=
a+p b+q
c+r d+s
λ
a b
c d
=
λa λb
λc λd
(10)
Oggi si parte definendo come “spazio vettoriale” un insieme di “elementi”, non
meglio precisati, cosı̀ da lasciare ampia libertà di includervi gli enti più disparati, sui
6
Comunemente non si fa distinzione tra vettori geometrici e vettori algebrici: si trova in [1, p.50].
I vettori algebrici si possono indicare con una lettera senza il segno di vettore e senza il grassetto.
Cosı̀ si usa nei libri di algebra [3].
7
quali si possano istituire le due operazioni suddette, purché ci si assicuri che queste
due operazioni soddisfino certe proprietà, peraltro molto naturali, che costituiscono
gli assiomi dello spazio vettoriale. In questo modo anche le matrici o le funzioni
possono essere chiamate vettori.
Se questa generalizzazione può sembrare a prima vista troppo estesa, in realtà
realizza una tendenza della matematica che è quella di riunire sotto una stessa denominazione enti che godono delle stesse proprietà al di là della loro specifica forma o
della loro natura. Questa tendenza della matematica nasce dalla necessità di fare una
teoria unica valida per entità diverse sulle quali si possano stabilire delle stesse “regole
del gioco” realizzando cosı̀ una notevole economia di pensiero e quindi favorendo la
comprensione e lo studio. Insomma, alzandoci più in alto allarghiamo i nostri orizzonti e comprendiamo meglio le connessioni fra le cose anche se, in un primo tempo,
allontanandoci dalle cose familiari, avvertiamo una sensazione di disagio.
Pertanto alla domanda: cos’è un vettore? possiamo dare la seguente risposta:
Definizione 1. si chiamano vettori gli elementi di un insieme sui
quali si possano istituire due operazioni:
• la somma di due generici elementi che fornisce un altro elemento dell’insieme
(proprietà additiva)
• il prodotto di un elemento dell’insieme per un numero reale (proprietà moltiplicativa)
• queste due proprietà devono soddisfare gli otto assiomi seguenti [3, p.37]. Indicati con u, v, w tre elementi dell’insieme e con λ, µ dei numeri reali:





























(u + v) + w = u + (v + w)
esiste un elemento 0 tale che u + 0 = u
esiste un elemento −u tale che u + (−u) = 0
u+v =v+u
λ(u + v) = λ u + λ v
(λ + µ)u = λ u + µ u
λ(µ u) = (λ µu)
1u = u
(11)
Un insieme cosı̀ strutturato prende il nome di spazio vettoriale o anche di spazio
lineare.
Non c’è che dire: è una bella generalizzazione!
Esempi di vettori sono:
• i segmenti orientati (i primi “vettori” per eccellenza)
• le n-ple di numeri reali
• le successioni infinite di numeri reali
8
• le funzioni di una variabile
• le funzioni di n variabili
• le matrici m×n.
5
Grandezze vettoriali
Una grandezza fisica si dice vettoriale quando è descritta da una direzione orientata
e da una misura. Per contrapposizione una grandezza fisica caratterizzata solamente
da un numero relativo viene chiamata grandezza scalare.
Una grandezza vettoriale può essere rappresentata con un vettore geometrico solo
dopo aver convenuto una scala che assegna all’unità di misura una convenuta lunghezza. Cosı̀ lo spostamento di un punto è rappresentabile con un segmento frecciato
che va dalla posizione iniziale a quella finale: per fare questo occorre stabilire la scala
della rappresentazione, ad es. 1 cm del disegno corrisponde a 20 m della realtà, come
per le carte topografiche. Una forza si può rappresentare con un vettore geometrico
solo dopo aver deciso quanti centimetri corrispondono ad un newton ed una velocità si
può rappresentare con un vettore geometrico solo dopo aver deciso quanti centimetri
corrispondono ad un metro al secondo, ecc. In altri termini: se su uno stesso foglio
sono disegnati uno spostamento, una forza ed una velocità non si può risalire al loro
valore se non tramite la conoscenza dei corrispondenti fattori di scala.
6
Il prodotto scalare
Il prodotto scalare di due vettori nasce nella meccanica per descrivere il lavoro di una
forza. Consideriamo un corpo e applichiamo in un suo punto P una forza F . Se tale
punto subisce uno spostamento v , non importa se a causa della sola forza F o del
contributo di altre forze, si chiama lavoro della forza il prodotto della componente
della forza nella direzione dello spostamento per il modulo dello spostamento. Indicato
con W il lavoro7 , si ha la
W = (F cos α) s
(12)
essendo α l’angolo formato tra i due vettori. L’operazione di moltiplicare i moduli di
due vettori per il coseno dell’angolo si ritrova spesso in fisica per cui è stato istituito
un simbolo apposito: si tratta di inserire un puntino fra i due vettori. Quindi
W = F · s.
7
(13)
La lettera W per designare il lavoro è prescritta dalle convenzioni internazionali. I francesi
indicavano il lavoro con la lettera T iniziale di Travail; i tedeschi con la lettera A iniziale di Arbeit;
gli italiani con la lettera L iniziale di Lavoro; gli spagnoli con T iniziale di Trabaho; gli inglesi con
la lettera W iniziale di Work . Alla fine si sono messi d’accordo con quest’ultima notazione anche
perché la lettera T indica già altre grandezze di largo uso, quali la temperatura assoluta, l’energia
cinetica, il periodo.
9
Con riferimento alla figura (5) si dà la seguente
Definizione 2. Si chiama prodotto scalare di due vettori u e v
lo scalare
(14)
s = u v cos α.
e si indica con il simbolo u · v .
Il prodotto scalare di due vettori è uno scalare quindi il prodotto scalare di due
funzioni vettoriali è una funzione scalare.
6.1
Prima estensione della nozione di prodotto scalare.
Questa visione puramente geometrica è di immensa utilità nella fisica. Ciò non toglie
che essa può essere ampliata per includere “prodotti scalari” ugualmente utili nelle
applicazioni.
Consideriamo un vettore geometrico u nel piano e scomponiamolo usando un sistema di assi cartesiani. Siano ux , uy , uz le sue tre componenti. Potremo scriverlo
nelle due notazioni
notazione geometrica u = ux ı̂ + uy ̂
notazione algebrica
u = (ux uy )
(15)
Consideriamo un secondo vettore geometrico v e usiamo la definizione di prodotto
scalare classica:
u ·v = u v cos α
(16)
Dimostriamo che
u v cos α = ux vx + uy vy
(17)
Infatti, come si vede dalla Fig.(5), valgono le relazioni
ux = u cos β
vx = v cos(α + β)
uy = u sin β
vy = v sin(α + β)
(18)
donde
ux vx + uy vy = u v [cos β cos(α + β) + sin β sin(α + β)]
= u v cos(α + β − β)
= u v cos α.
(19)
La nozione di“ prodotto scalare” ha subito nel tempo un’evoluzione e la definizione
che si può dare oggi è diversa, pur comprendendo quella vecchia come caso particolare.
Per spiegare la nuova nozione, che si traduce in una nuova definizione, facciamo un
esempio. Supponiamo di andare al mercato a comperare frutta. Compero:
10
y
v
vy
u
uy
α
β
x
ux
vx
Figura 5: Raccordo tra la definizione geometrica e quella algebrica del prodotto
scalare.
3 chili di mele a 2 euro al kg;
5 chili di pere a 3 euro al kg;
2 chili di di banane a 2, 5 euro al kg
Il costo totale sarà quindi
c = 3×2 + 5×3 + 2×2, 5 = 26 euro
(20)
In generale se indichiamo con pk il prezzo della k-esima merce, con qk la quantità,
il costo è


1

 q 

c = (p1 p2 p3 ) q 2
(21)

 3 

q
Si vede che la terna dei prezzi può essere descritta da un vettore-riga e quella delle
quantità da un vettore-colonna. Il costo assomiglia quindi ad un prodotto scalare !
Eccoci al punto: oggi possiamo definire il prodotto scalare tra un vettore-riga ed un
vettore-colonna come il numero ottenuto eseguendo il prodotto
c=
pk q k
(22)
k
Si noti che gli indici di un vettore-riga sono stati posti in basso e quelli di un vettorecolonna in alto. Si tratta di una convenzione molto comoda usata nel “calcolo
tensoriale” e che viene invece pressoché ignorata nei libri di algebra.
Dalla definizione si deducono due proprietà interessanti:
• il prodotto scalare di un vettore per se stesso dà il quadrato del modulo del
vettore: u · u = u2 ;
• il prodotto scalare di due vettori perpendicolari è sempre nullo essendo cos( π2 ) =
0.
Indicati con ı̂, ̂, k̂ i tre versori degli assi cartesiani valgono le seguenti relazioni dette
relazioni di orto-normalità:




ı̂ · ı̂ = 1 ı̂ · ̂ = 0 ı̂ · k̂ = 0
̂
· ı̂ = 0 ̂ · ̂ = 1 ̂ · k̂ = 0


 k̂ · ı̂ = 0 k̂ · ̂ = 0 k̂ · k̂ = 1
11
(23)
La tavola (III) riassume le principali proprietà del prodotto scalare.
Tavola III: Proprietà del prodotto scalare.



λ (u · v )
≡ (λ u) · v ≡ u · (λ v )
(u + v ) · w
≡ u · w
+ v · w


u · v
≡ v · u
Applicando le proprietà dell’equazione (III) e utilizzando le relazioni (23) si può
scrivere
u · v = (ux ı̂ + uy ̂ + uz k̂) · (vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂) = ux vx + uy vy + uz vz .
(24)
che estende la relazione (17) ai vettori dello spazio tridimensionale. Questa formula
consente di valutare il prodotto scalare di due vettori utilizzando direttamente le
componenti cartesiane.
Mediante la nozione di prodotto scalare si possono dedurre facilmente alcune
conseguenze.
B
B
β
v
α
u
C
α
C
A
A
Figura 6: Deduzione vettoriale del teorema di Carnot
Teorema di Carnot. Consideriamo il triangolo ABC di Fig.(6): indicando con u
il vettore che va da A a B e con v quello che va da B a C si vede che il vettore che
va da A a C è u + v . Ne viene:











AC
2
=
=
=
=
[u + v ] · [u + v ]
u · u + 2 u · v + v · v
u2 + 2 u v cos β + v 2
2
2
AB + 2 AB BC cos β + BC
12
(25)
Dal momento che α = π − β ne viene che cos α = − cos β e quindi
2
2
AC = AB − 2 AB BC cos α + BC
2
(26)
che è la formula di Carnot. Essa afferma che in un triangolo generico il quadrato della
lunghezza di un suo lato è uguale alla somma dei quadrati delle lunghezze degli altri
due lati diminuiti del doppio prodotto delle stesse lunghezze per il coseno dell’angolo
fra essi compreso.
Equazione di un piano. Con riferimento alla Fig.(7a) ci proponiamo di scrivere
l’equazione di un piano passante per un punto P0 che ha come direzione orientata
quella di un versore n̂. Sia P un generico punto del piano. Osservato che il vettore
che va da è caratterizzato dal fatto che il vettore che va da P0 a P si può scrivere
come differenza dei due vettori raggio r ed r0 il luogo geometrico è caratterizzato dal
fatto che il vettore r − r0 è ortogonale ad n̂. Quindi
(r − r0 ) · n̂ = 0
(27)
Ne viene che l’equazione (27) può scriversi in coordinate cartesiane
(x − x0 ) nx + (y − y0 ) ny + (z − z0 ) nz = 0
(28)
che è appunto l’equazione di un piano passante per P0 con versore normale n̂.
Equazione di una retta. Con riferimento alla Fig.(7b) ci proponiamo di scrivere
l’equazione di una retta passante per un punto P0 che ha come direzione orientata
quella di un versore t̂. Un suo generico punto P è caratterizzato dal fatto che il
vettore che va da P0 a P è parallelo a t̂ ovvero
(r − r0 ) || t̂
(29)
per cui, indicando con λ un generico numero reale, potremo scrivere
r − r0 = λ t̂
donde
r(λ) = r0 + λ t̂
(30)
In coordinate cartesiane le equazioni parametriche della retta sono
x(λ) = x0 + λ tx
6.2
y(λ) = y0 + λ ty
z(λ) = z0 + λ tz .
(31)
Ulteriore estensione della nozione di prodotto scalare.
♣ [DA RIVEDERE] In matematica si usa considerare uno spazio (lineare) di funzioni
e definire un’ulteriore struttura, quella di prodotto interno di due funzioni. Siano
13
z
z
P
P
r
ro
x
r
ro
n
Po
y
x
a)
t
Po
y
b)
Figura 7: a) Piano passante per un punto con versore normale assegnato; b) retta
passante per un punto con versore tangente assegnato.
u(x) e v(x) due generiche funzioni di uno stesso spazio di funzioni U: a questa coppia
di funzioni si può associare il numero reale s definito dalla relazione
1
s=
v(x) u(x)dx.
(32)
0
L’operazione che associa alle due funzioni lo scalare s si indica con
s = (v, u).
(33)
In fisica capita di frequente il considerare funzioni u e v appartenenti a spazi funzionali
distinti, che indicheremo con U e V. Ad esempio v può essere la densità elettrica ρ
ed u il potenziale elettrico ϕ. In questo caso la grandezza s definita da
s=
ρ(P ) ϕ(P )dΩ
Ω
(34)
è utilizzata per introdurre l’energia elettrostatica del campo. In questo caso non si
parla di prodotto interno ma di prodotto scalare tra le due funzioni e si usa la
notazione
s = ρ, ϕ.
(35)
Quindi la nozione di prodotto interno è un caso particolare di quella di prodotto
scalare quando gli spazi di funzioni coincidono.
Faremo riferimento al caso in cui si abbiano due spazi di funzioni U e V e quindi
indicando con u e v due elementi di tali spazi considereremo il prodotto scalare
v, u =
7
Ω
v(P ) u(P )dΩ
(36)
Il prodotto vettoriale
Mentre la nozione di prodotto scalare nasce dallo spazio ordinario tridimensionale e
si può estendere ad uno spazio ad n dimensioni e persino ad uno spazio a infinite
14
dimensioni, tale essendo uno spazio di funcioni, quella di prodotto vettoriale nasce
e muore in uno spazio tridimensionale. In altre parole non si può estendere a spazi
ad n dimensioni con n = 3. Dati due vettori u e v nello spazio, si chiama prodotto
vettoriale il vettore n̂ S che abbia le seguenti caratteristiche:
1)
2)
sia ortogonale ai due vettori u e v ;
sia orientato in modo che i tre vettori u, v , n̂ S presi in quest’ordine,
formino una terna destra;
3) abbia modulo uguale all’area del parallelogramma formato dai due vettori.
Si scriverà
n̂ S = u ×v
(37)
La lettera S è stata usata per mettere in evidenza che questo vettore ha come modulo
l’area del parallelogramma. Di qui ne viene che il prodotto vettoriale di due vettori
paralleli è nullo. Dal momento che il vettore v si può decomporre in una componente
z
z
v
k
w
A
β
L
j
i
u
h
y
x
j
x
L
α
y
i
Figura 8: (sinistra) Il prodotto vettoriale di due vettori.(destra) L’area di un
triangolo è uguale alla metà del prodotto vettoriale dei vettori dei lati.
v ⊥ perpendicolare ad u ed una componente v parallela ad u, con riferimento alla
fig. (9) si può scrivere:
n̂ S = u ×v ≡ u ×(v ⊥ + v ) ≡ u ×v ⊥
(38)
Geometricamente questo significa che l’area di un parallelogramma è uguale a quella
di un rettangolo che ha la stessa base e la stessa altezza, cosa ben nota.
Dalla definizione dedurremo le le tre proprietà: emisimmetrica, omogenea e distributiva:
v ×u = −u ×v
proprietà emisimmetrica
(λu)×v = λ(u ×v )
proprietà omogenea
(u1 + u2 )×v = u1 ×v + u2 ×v proprietà distributiva
15
(39)
v ⊥
v
v ⊥
v
u
u
u
v Figura 9: Un parallelogramma ed il rettangolo equivalente.
2A
A
v
v
v
u
u
−A
2 u
Figura 10: Proprietà emisimmetrica e omogenea del prodotto vettoriale di due
vettori.
Le prime due proprietà sono ovvie. Per dimostrare la terza proprietà, quella distributiva, partiamo dalla relazione (38) e facciamo riferimento alla Fig. (11). Indicato
con v ⊥ un vettore perpendicolare al piano di u1 e u2 avremo
(u1 + u2 )×v ≡ (u1 + u2 )×v ⊥
(40)
D’altro canto i due vettori
n̂ S1 = u1 ×v ⊥
e
n̂ S2 = u2 ×v ⊥
(41)
essendo rispettivamente perpendicolari ad u1 ed u2 formano fra loro lo stesso angolo
formato tra i due vettori u1 ed u2 . Ciascuno di essi poi giace nello stesso piano di
u1 ed u2 . I loro moduli sono S1 = u1 v ⊥ e S2 = u2 v ⊥ , dunque proporzionali ai
moduli u1 ed u2 rispettivamente. Ne viene che il parallelogramma da essi formato è
simile a quello formato dai vettori u1 ed u2 . Quindi la diagonale del parallelogramma
n̂ S1 , n̂ S2 sta nella stessa proporzione con la diagonale del parallelogramma u1 , u2
vale a dire S = u v ⊥ . Ne viene
u1 ×v + u2 ×v ≡ u1 ×v ⊥ + u2 ×v ⊥ = n̂ S1 + n̂ S2 = n̂ S = u ×v ⊥ = (u1 + u2 )×v ⊥ (42)
Stabilita la definizione e le proprietà vediamo come si possano esprimere le componenti cartesiane del prodotto vettoriale n̂ S in termini delle componenti cartesiane
dei vettori u e v . Essendo
u = u ı̂ + v ̂ + uz k̂
v = vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂
16
(43)
v ⊥
u
u2
v
u1
2
A
1
A
A
Figura 11: La proprietà distributiva del prodotto vettoriale.
i possono utilizzare le proprietà distributiva e quella omogenea nonché le relazioni
ı̂×̂ = k̂
̂×ı̂ = −k̂
̂× k̂ = ı̂
k̂×̂ = −ı̂
k̂×ı̂ = ̂
ı̂× k̂ = −̂
(44)
per scrivere

















n̂ S =
≡
≡
≡
=
u ×v
(ux ı̂ + uy ̂ + uz k̂)×(vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂)
ux ı̂×(vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂) + uy ̂×(vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂) + uz k̂×(vx ı̂ + vy ̂ + vz k̂)
ux vy k̂ − ux vz ̂ − uy vx k̂ + uy vz ı̂ + uz vx ̂ − uz vy ı̂
(uy vz − uz vy )ı̂ − (ux vz − uz vx )̂ + (ux vy − uy vx )k̂
(45)
donde
Sx = vvz − uz vy
ovvero
Sy = −(uvz − uz vx )
v uz Sx =
vy vz Sy =
− n̂ S = Sx ı̂ + Sy ̂ + Sz k̂ =
u uz vx vz Il vettore n̂ S può allora scriversi
+ı̂ Sz = uvy − vvx
(46)
u v Sz =
vx vy (47)
u u u v v uz z − ̂ + k̂ .
vx vz vx vy vy vz (48)
Si può facilmente ricordare il tutto usando il determinante simbolico8
ı̂ ̂ k̂ n̂ S = u v uz .
vx vy vz (49)
Questa è l’espressione cartesiana del prodotto vettoriale. Si noti che, a differenza
del prodotto scalare, il prodotto vettoriale non è suscettibile di estensioni a spazi di
dimensioni superiori a tre.
8
“Simbolico” in quanto composto da numeri e da vettori ed ha come risultato un vettore: il
determinante è un numero ottenuto moltiplicando e sommando debitamente dei numeri.
17
7.1
Vettori assiali e vettori polari
Il prodotto vettoriale di due vettori è un terzo vettore il cui modulo è uguale all’area
orientata del parallelogramma formato dai sue vettori ed il cui verso è dato dalla regola
del cavatappi applicato ai due vettori. Quindi nella definizione del prodotto vettoriale
entra in modo fondamentale la scelta della regola del cavatappi o della mano destra.
Qualora si decidesse di usare la mano sinistra o la vite levogira 9 il prodotto vettore
cambierebbe nel suo opposto. A causa di questa dipendenza del prodotto vettoriale
da una convenzione sulla vite (destrogira o levogira) esso cambia segno al cambiare
della vite. Questo si esprime dicendo che il prodotto vettoriale di due vettori è un
vettore assiale. Per contrapposizione i vettori non assiali si chiamano vettori polari.
Esempi di vettori assiali sono: la velocità angolare ω
, il vettore induzione ma
gnetica B, il vettore intensità del campo magnetico H, il rotore di un vettore polare
il momento di una forza
v = rot u , il vettore vorticità w,
il momento angolare L,
M , il momento magnetico µ, il vettore magnetizzazione M . Il prodotto vettore di un
vettore assiale per uno polare è di nuovo un vettore polare in quanto per un cambiamento della orientazione della vite cambia sia il verso del vettore assiale che quello del
prodotto vettore: a causa di questo doppio cambiamento il vettore risultante è polare.
Ad esempio il vettore velocità di un corpo rigido, è dato dall’espressione v = ω
×r: ω
è assiale, r è polare quindi v è polare, come è giusto che sia. Analogamente mentre
v = rot u è un vettore assiale, w
= rot (rot u) è polare.
Si potrebbe obiettare che nessuno ha intenzione di cambiare la vite destrogira
con quella levogira! Senonché il diverso comportamento di un vettore a fronte di
un possibile cambiamento del senso della vite, anche se ipotetico, è la spia di una
differenza tra due tipi di vettori. I vettori assiali si comportano in modo diverso dai
polari e questa diversità di comportamento mette in luce una diversa natura dei due
vettori. I francesi hanno l’abitudine di distinguere un vettore assiale da uno polare
ponendo sopra il vettore una freccia curva. Questo simbolo, pregevole per un verso,
non è disponibile nella tipografia comune, ad esempio in Latex, e quindi finisce per
non essere usato.
I francesi usano distinguere i vettori assiali dai vettori polari mettendo sopra i
primi una freccia curva. Questa pratica non è seguita dalla letteratura internazionale. Se si dovessero rappresentare nella notazione di un vettore tutte le sue proprietà
occorrerebbe inventare parecchi simboli. Si pensi alla distinzione tra i vettori e le
densità vettoriali (alle quali non abbiamo fatto cenno in questo libro). In conclusione: non è consigliabile far apparire tutte le qualità di un vettore nel simbolo che lo
rappresenta perché la chiarezza che si può ottenere è offuscata dalla complessità della
lettura delle formule.
9
Con questo aggettivo si intende la vite che, ruotata in senso orario, anziché avanzare viene
indietro. La tradizionale vite destrogira è quella usata nelle comuni viti da legno e da ferro. Gli
agganci di due vetture ferroviarie sono provvisti di due viti alle estremità opposte: una destrogira
ed una levogira. Questo perché ruotando il gancio in un solo senso si possono agganciare fra loro le
due vetture e sganciarle ruotando in senso opposto.
18
Riferimenti bibliografici
[1] Elliott H.S.-Fryer K.D.-Gardner J.C.-Hill N.J., Vectors and Matrices, Holt
Rinehart and Winston, Canada (Toronto), 1966
[2] Giorgi G., Metodi di calcolo vettoriale e spaziale: notizie critiche e comparative.
Contenuto in: Enciclopedia delle matematiche elementari, v. 3, Parte I, Hoepli
editore, 1947.
[3] Lang S., Algebra lineare, Boringhieri, 1970.
[4] Young E.C., Vector and Tensor Analysis, Marcel Dekker, Inc, 1978.
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