La scoperta di alcuni cannoni del XVIII secolo, indizi di un relitto. 131
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La scoperta di alcuni cannoni del XVIII secolo, indizi di un relitto. 131
La scoperta di alcuni cannoni del XVIII secolo, indizi di un relitto. Sant’Antioco – Secca Isola della Vacca Ignazio Sanna* L a segnalazione di un pescatore subacqueo di Carbonia (CI)1 indicava la presenza di due cannoni e altri elementi metallici non identificati affioranti dai sedimenti tra le foglie della posidonia. Il luogo del rinvenimento, vicino alla secca della Vacca e all’omonima isola, si trova nel sud della Sardegna, in prossimità del tratto meridionale della marina di Sant’Antioco, ad una profondità di circa –14,00 m.. A seguito della importante scoperta, è stata pianificata una operazione congiunta tra Soprintendenza per i Beni Archeologici della Sardegna-Sede di Cagliari, Settore di Archeologia Subacquea, il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Roma2 e Sassari, il Nucleo I mezzi nautici ed il personale dell’Arma dei Carabinieri impegnati nel luogo delle opeCarabinieri Subacquei3, la Compagnia Carabinieri di razioni con i tecnici della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Sardegna. Carbonia, con propria motovedetta CC-213 e relativo equipaggio. Promotore principale dell’operazione il Sindaco del Comune di Sant’Antioco, ing. Mario Corongiu, che ha garantito tra l’altro l’appoggio logistico a terra4. Il contesto di giacitura. L’area marina in cui giacciono i cannoni è indubbiamente suggestiva, non molto distante dalla costa, unisce i colori e gli odori della macchia mediterranea al blu intenso e trasparente del mare. L’aspetto naturalistico è rafforzato dalla presenza di una secca semiemergente, la cui costituzione rocciosa declina gradualmente fino ai –16/-17 m. di profondità, dove sparisce sotto il fogliame rigoglioso della prateria di posidonia oceanica, che si interrompe in brevi radure di sabbia chiara, mista a resti conchigliari. La medesima secca può rappresentare tuttavia un pericoloso ostacolo alla navigazione, ancor più durante le ore notturne o in presenza di condizioni meteo marine sfavorevoli. Questo tratto di mare introduce all’ampio Golfo di Palmas, da sempre ricovero Ricerca del punto d’immersione. strategico per squadre navali di varia nazionalità e di varia epoca. Luogo di operazioni militari tra marinerie occidentali, ma anche di attacchi barbareschi provenienti dal nord Africa e di conseguenti azioni difensive, terrestri e navali5 (Anatra, Mattone, Turtas 1989). Alcuni episodi più rilevanti appartengono alla storia, altri meno eclatanti, per dimensione e numero di mezzi in campo, si possono ritrovare tra le fonti d’archivio. L’intervento subacqueo. Anno 1687, cronaca di un’azione navale tra l’isola di Sant’Antioco e l’isola della Vacca. (de La Croix 1688) La ricerca sul campo è stata ripartita in vario modo, potendo contare su un gruppo operativo subacqueo di ottima qualità ed il supporto dei mezzi nautici in superficie. Sono stati esplorati ampi tratti del fondale marino, precedentemente predeterminati, ricorrendo alla tecnica speditiva con l’uso dell’ala da Osservazioni e rilievi su Cn1. 131 La scoperta di alcuni cannoni del XVIII secolo, indizi di un relitto. Sant’Antioco – Secca Isola della Vacca 132 parte del ricognitore subacqueo, trainato a bassa velocità dal gommone appoggio in superficie. Contemporaneamente, altre coppie perlustravano zone più contenute, stando a diretto contatto con il fondale e utilizzando anche i rilevatori di metalli ed i sondaggi manuali con aste metriche. L’indagine si è rivelata complicata per la presenza diffusa della folta prateria di posidonia che nasconde e preclude alla vista il materiale giacente, già colonizzato da alghe, tanto da renderlo quasi irriconoscibile, in perfetta simbiosi con l’ambiente circostante. Le prospezioni sistematiche hanno consentito di scoprire un terzo cannone, distante dagli altri due circa 80 metri. L’aspetto interessante, dal punto di vista della ricerca, è rappresentato dalla posizione in cui i reperti sono disposti, praticamente allineati lungo una traiettoria pressoché rettilinea. Partendo dalla punta emergente della secca si intercetta il Dislocazione dei cannoni rispetto al capello della secca della Vacca. primo cannone a ca. 100 metri da essa, in direzione nord est, quindi proseguendo nella medesima direzione, dopo altri 13 metri, si trova il secondo cannone ed in fine, percorrendo altri 80 metri, si arriva al terzo cannone, parzialmente inglobato nel sedimento sabbioso, giacente a m. –16,00 di profondità. La disposizione dei materiali sembra indicare il tragitto percorso da una nave in difficoltà che ha perso parte del carico pesante, dopo avere impattato forse con la secca o per effetto di un’azione bellica, naufragando probabilmente a breve distanza dalla zona dei cannooni. Si tratta al momento di una ipotesi sulle possibili dinamiche che hanno portato all’affondamento dei reperti rinvenuti, utile tuttavia per il proseguo della ricerca subacquea e per la predeterminazione dei nuovi settori Ispezione nella folta prateria di poseidonia che colonizza gran parte dell’area marina di Sant’Antioco. da esplorare. I reperti. I primi due cannoni hanno dimensioni notevoli, raggiungono con il pomolo posteriore la lunghezza di metri 3,10, il diametro massimo della culatta è di ca. mm.600,00, quello esterno della bocca di ca. mm. 400,00. Il diametro interno della canna è di ca. mm. 150,006, che corrisponde anche al diametro dei supporti laterali (gli orecchioni), la cui misura doveva essere uguale per disposizioni imposte alle officine fusorie. Il terzo cannone risulta più corto dei primi due, misura ca. m. 1,80, il calibro e la forma sono simili ai precedenti, la culata ha un diametro di mm. 520,00. I tre cannoni sono di ferro, funzionavano ad avancarica, la forma e le dimensione si riscontrano nelle artiglierie navali di fine XVII secolo e perdurano per tutto il XVIII secolo (BOUDRIOT, BERTI, 1992)(CHAVES 1997). I due pezzi più grandi appartenevano alla batteria principale collocata nel ponte inferiore, dato il notevole peso in tale modo assicuravano il corretto baricentro della nave. Il pezzo più corto era ubicato nei ponti superiori. Le concrezioni impediscono di individuare alcuni dettagli tecnici e probabili marchi di fabbrica, tra cui la stessa data di fabbricazione, che di norma dovevano essere apposti su alcuni punti specifici dei manufatti. Note officine fusorie dell’epoca, come quella di Ruelle in Francia (H. VERGNAUD 1968) e La Cavada in Spagna (CHAVES 1997, pp.296-303) realizzavano armi molto simili a quelle rinvenute presso la Secca della Vacca, mentre gli esemplari inglesi contemporanei si distinguevano in modo abbastanza chiaro. E’ in programma un intervento subacqueo di micro rimozione meccanica localizzata della calotta di concrezione, in alcuni punti dove si suppone possano essere ancora presenti i marchi fusori. L’azione si completerà con la ricopertura e sigillatura del metallo esposto, onde evitare il reinnesto dei fenomeni ossidativi. A breve distanza dalla coppia di cannoni, ai piedi della secca, il metal-detector ha segnalato la presenza di altri metalli sotto il sedimento La scoperta di alcuni cannoni del XVIII secolo, indizi di un relitto. Sant’Antioco – Secca Isola della Vacca sabbioso, un breve saggio di scavo manuale ha permesso di individuare alcuni elementi metallici compositi. Si tratta di lacerti di lamina di rame accoppiata a lamina di piombo, che trattengono ancora conficcati numerosi chiodini di rame a testa larga e residui di legno ormai mineraRinvenimento di un frammento di lamina con i chiodi di fissaggio lizzato dall’ossidazio- ancora inseriti, utilizzata per il rivestimento esterno della carena lignea della nave. ne del metallo. La lunghezza dei chiodi, ca. mm. 30,00, indica che essi erano infissi su tavole abbastanza spesse, non inferiori a cm. 6,00. L’analisi autoptica preliminare dei legni, effettuata nel laboratorio della Soprintendenza Archeologica presso il Porto di Cagliari, ha permesso di riconoscere i legni di latifoglia, possibile Quercus sp. (GIORDANO 1981). Gli elementi costituivano il rivestimento esterno della carena di una nave dalle dimensioni importanti, la fodera metallica era funzionale alla protezione del legno dall’aggressione delle teredini marine. Questo importante accorgimento è stato utilizzato per la prima volta dalle navi inglesi appartenenti alla Compagnia delle Indie, a metà del XVII secolo, dopo alcuni decenni di sperimentazione positiva, il metodo venne adottato dalle marinerie occidentali verso la fine del XVII secolo, durò per tutto il XVIII secolo e buona parte del XX ( J.R. STEFFY 1994). Sembra possibile l’abbinamento tra i cannoni e gli elementi metallici di rivestimento rinveIn successione dall’alto, nuti, sia in termini cronologici, sia dal punto i tre cannoni: Cn1, Cn2 e Cn3. di vista funzionale, entrambi coerenti con l’architettura e all’armamento navale del XVIII secolo (F. CARDINI 1995). E’ altresì probabile che i reperti individuati rappresentino un concreto indizio sulla possibile presenza del relitto, obiettivo dell’indagine in corso. La situazione conservativa, la tutela del contesto. La profondità poco elevata unita all’ossigenazione ed alla trasparenza delle acque, crea Costa centro-meridionale dell’isola di condizioni non favorevoli alla conservazione di materiali organici, quali il legno e i tessu- Sant’Antioco, localizzazione dell’area di rinvenimento dei reperti. ti, se non protetti da spesse coltri sedimentarie. Un simile ambiente innesca sui metalli, in tempi relativamente brevi, fenomeni corrosivi dando luogo a consistenti concrezioni su tutta la superficie dei reperti, tanto da alterarne i volumi e le forme originali. I materiali metallici finora rinvenuti hanno subito gli effetti dei processi ossidativi presumibilmente nella prima fase di permanenza subacquea. Ai prodotti scaturiti dalla corrosione si è unita la sabbia, i ciottoli ed i resti conchigliari dell’ambiente di giacitura, formando un consistente involucro protettivo su tutta la superficie dei manufatti. Attualmente lo stato di degrado sembra comunque stabile, non si riscontrano tracce di riavvio del fenomeno corrosivo. Per tale motivo, data la notevole dimensione dei cannoni, il cui peso può superare i 2.500 chili per manufatto, e constatato il loro arroccamento al fondale roccioso, si ritiene non indispensabile l’operazione di recupero. L’intervento richiederebbe mezzi e risorse finanziarie elevate, sia per la rimozione subacquea dei reperti, sia per la sistemazione logistica a terra, che dovrebbe essere finalizzata prioritariamente Misurazioni dirette sul cannone Cn2. alla realizzazione degli indispensabili trattamenti di conservazione e 133 La scoperta di alcuni cannoni del XVIII secolo, indizi di un relitto. Sant’Antioco – Secca Isola della Vacca restauro. Inoltre, la durata di tali interventi richiederebbe tempi certamente lunghi e personale specializzato per tali lavorazioni. Se si optasse per il mantenimento dei reperti nel loro luogo di giacitura si potrebbe valorizzare il contesto e renderlo fruibile, sia a livello subacqueo, sia dalla superficie con apposite imbarcazioni fornite di carena trasparente. Il luogo archeologico si raccorderebbe al contesto naturalistico terrestre e marino, dove è possibile osservare, tra l’altro, esemplari di fauna marina di rara bellezza. Altre evidenze archeologiche subacquee già note, ma non ancora indagate dal punto di vista scientifico, come Capo Sperone, la Baia di Maladroscia, il relitto settecentesco di Is Pruinis, potrebbero fare sistema e costituire il primo segmento di un percorso marino e subacqueo che consenta lo sviluppo di frequentazioni organizzate turistico-didattiche dell’Isola di Sant’Antioco. Gallinella o Mazzola (Trigla lucerna) Bibliografia. B. ANATRA, A. MATTONE, R. TURTAS 1989, Storia dei Sardi e della Sardegna. L’età moderna. Dagli Aragonesi alla fine del dominio spagnolo, vol III, M. Guidetti (a cura di), Milano 1989. J. BOUDRIOT, H. BERTI, 1992, ARTILLERIE de mer France 1650 –1850, Paris 1992. F. CARDINI 1995, La tecnologia dinnanzi alla guerra, “Con la ruota, col compasso, col crogiolo” in Quell’antica festa crudele, guerra e cultura della guerra dal medioevo alla rivoluzione francese, Milano, 1995. 134 J. T. CHAVES 1997, La Artillería en la Marina española del siglo XVIII, in Militaria revista de cultura militar N° 10 , Madrid 1997, G. GIORDANO 1981, Tecnologia del legno, vol. I, Torino 1981. A. PHÉROTÉE DE LACROIX 1688, Relation Universelle De L’Afrique Ancienne Et Moderne/ 1. Lyon : Amaulry, J.R. STEFFY 1994, The age of global seafaring, in Wooden ship building and the interpretation of shipwreck, Texas A&M University 1994, pp. 128-186. H. VERGNAUD 1968, La Fonderie de Ruelle, in Etudes Charentaises, n. 8 avril, mai, juin, Angouleme 1968, pp. 392-399. NOTE * Responsabile tecnico per l’archeologia subacquea-conservazione e restauro dei reperti di provenienza subacquea, Soprintendenza per i beni archeologici della Sardegna-sede di Cagliari. 1Provincia di Carbonia-Iglesias. 2Ringrazio il Luogotenente Roberto Lai, del Reparto Operativo - Sezione Archeologia -TPC di Roma. 3Un ringraziamento sincero al personale del Nucleo Carabinieri Subacquei della Sardegna e al Comandante Luogotenente Osvaldo Colaci, per l’assistenza e la collaborazione pluriennale, sempre fornita con ampia disponibilità. 4I rilievi grafici subacquei sono stati eseguiti dalla sig.a Silvia Fanni, Tecnico Rilevatore Subacqueo. Le foto di superficie sono state realizzate dal sig. Claudio Buffa (Soprintendenza per i Beni Archeologici della Sardegna-Sede di Cagliari. Le foto subacquee sono state effettuate da chi scrive e dal Nucleo Carabinieri Subacquei della Sardegna. 5“...il 20 gennaio 1649 viene catturata nei pressi dell’isola di San Pietro una saetta francese; il 25 marzo 1650 è presa una barca provenzale nelle acque di Pula; nell’estate del 1653 è la volta di due bastimenti sempre francesi nei mari dell’isola di Sant’Antioco” (Anatra, Mattone, Turtas, p. 84). 6Le misure rilevate a cui si fa riferimento non possono essere precise a causa della spessa concrezione coprente.