Storia teoria e tecnica della scenografia virtuale

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Storia teoria e tecnica della scenografia virtuale
Università degli studi di Roma “La Sapienza”
Storia teoria e tecnica della scenografia virtuale
Prof. Luca Ruzza
Coll. Maia Borelli
L’orientamento didattico per la prima annualità ha privilegiato un approccio esperienziale alla materia.
Il criterio che è stato seguito è quello di fornire allo studente una terminologia di base necessaria per un
approccio consapevole ai materiali inerenti la disciplina stessa.
Le schede allegate vanno quindi intese come dispense e saranno oggetto di esame.
1 Verifica della terminologia e del contenuto delle dispense allegate
La verifica d’esame avrà come oggetto gli argomenti trattati durante il corso. Il contenuto degli
stessi è parte integrante delle pagine allegate
2 Discussione del progetto
Gli studenti che hanno frequentato il corso dovranno presentare il progetto dove siano utilizzate
tecniche di rappresentazione specifiche della scenografia virtuale e comunque tra quelle indicate
nelle dispense
Il progetto potrà essere presentato su supporto digitale o cartaceo
Il tema da sviluppare sarà legato alla lettura della lezione silla “Leggerezza” di Italo Calvino
tratta dalle Lezioni Americane dello stesso autore
L’esercitazione mira a contemplare tutti gli elementi insistenti in una breve sequenza sia da un
punto di vista tecnico-logistico, sia semantico. Nel caso la presentazione del progetto avverrà sul
supporto digitale la commissione terrà in considerazione la limitatezza degli strumenti e dei
mezzi avuti a disposizione. Scopo dell’esercitazione è infatti quello di rendersi conto e di essere
capaci di isolare ed enunciare tutti gli elementi corrispondenti alla realizzazione di una
scenografia virtuale.
1 Verifica della terminologia e del contenuto delle dispense allegate
La verifica avrà come oggetto gli argomenti trattati durante il corso. Il contenuto degli stessi è
parte integrante delle pagine allegate
A#01
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PARTE PRIMA
A cura di L.Ruzza
DESKTOP VIDEO E MULTIMEDIA PUBLISHING
Per prima cosa, onde evitare confusioni, si dovra' fare chiarezza su alcuni termini comunemente usati,
spesso gratuitamente, come sinonimi di Digital Video. Quest'ultimo e' il termine per identificare in generale
l'elaborazione e l'editing digitale delle sequenze video attraverso il computer o workstation dedicate,
indipendentemente dal fine che si vuole raggiungere e dal supporto sul quale renderlo fruibile. Un ramo piu'
specifico del Digital Video e' il Multimedia Publishing che compete quella fetta di autori che elaborano
filmati, animazioni ed immagini per confezionare software multimediale da distribuire su CD ROM o su
altri supporti multimediali e comunque non finalizzati al riversamento su videocassetta. Un ulteriore
sottogruppo, che la crescita di Internet ha dato alla luce si puo' identificare nel Web Publishing, ossia la
pubblicazione di documenti su Internet che sempre piu' spesso gestiscono il video on line. Infine, per
indicare l'elaborazione digitale dei filmati al fine di ottenere materiale in qualita' studio o broadcast da
riversare su un supporto video o da utilizzare su media quali la televisione, si usa comunemente il termine
Desktop Video. E' importante sottolineare come piu' le tecnologie divengano integrate ed evolute, piu' i tre
sottoinsiemi tendano a compenetrarsi, divenendo uno parte sostanziale dell'altro.
FORMATI ANALOGICI
Nell'avvicinarsi al digital video e' utile conoscere i piu' comuni standard di formato televisivo utilizzati nel
mondo. avremo a che fare con essi nell'accingerci a catturare riversare video su attrezzature analogiche:
• NTSC (National Television System Committee). Lo standard televisivo americano che prevede la
generazione di un quadro composto da 525 righe che viene trasmesso 30 volte al secondo. Viene
utilizzato negli USA, in Giappone, in Canada, nell'America Centrale e in circa metà dell'America
Latina.
• PAL (Phase Alternation Line). Uno standard europeo per la trasmissione televisiva che consiste nel
trasmettere un segnale analogico che rappresenta 625 linee sullo schermo alla velocità di 25
fotogrammi interlacciati al secondo (nella prima passata le righe dispari e nella seconda le righe
pari) cioè 50 mezzi quadri (fotogrammi) al secondo. La trasmissione del colore è accurata e non
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richiede la presenza sul televisore di una regolazione delle tinte. La tecnica PAL è nata in Gran
Bretagna nel 1961 ed è stata adottata anche in Italia.
• SECAM (Sequential Couleur Avec Memoire). E' usato in Francia, Russia e nell' est Europa. Possiede
625 linee a 25 fps,le stesse caratteristiche del PAL, ma codifica le informazioni video in maniera
differente.
E' opportuno ricordare che una videocassetta registrata in formato PAL non verra' riprodotta correttamente
da una macchina NTSC e viceversa. Per risolvere il problema si possono utilizzare i cosidetti VCR
multistandard, che sono in grado di leggere piu' formati.
Altre caratteristiche rilevanti di un formato video analogico possono essere i termini:
• Composito (YC) Sistema di codifica video in cui tutte le informazioni relative ai livelli di colore, alla
luminosità delle immagini e al sincronismo dei fotogrammi vengono raggruppate in un singolo
segnale. Viene utilizzato da videoregistratori e telecamere di tipo VHS. E' soggetto al
deterioramento della qualità dell'immagine e per questo motivo è stato soppiantato, per l'uso
professionale, dal sistema S-Video.
• S-Video Segnale video televisivo convogliato attraverso cinque fili che trasporta separatamente le
informazioni di colore e di luminanza (il livello di luminosità da attribuire a ciascun punto, cioè
l'intensità dei colori). Viene usato in alcuni lettori di dischi laser, sui videoregistratori Super-VHS
(presa SCART) e nelle videocamere Hi8. Evita la codifica delle varie informazioni in un segnale
singolo come avviene nel canale video composito (quello che arriva dall'antenna convenzionale).
Conosciuto anche come Y/C Video, cove Y sta per luminanza e C sta per colore.
• L'RGB invece trasporta segnale in termini di porzioni di tre colori (ReedGreenBlue) e ottiene la
migliore qualita'.
QUALITA' E STANDARD
Esistono varie classi di qualita' per il video digitale, che dipendono da risoluzione, transfer rate, livello di
compressione, ecc...possiamo assumere i seguenti come i principali:
Qualita' Multimedia: 12/15/25 fps , di solito inferiore ai 320x200 n.i. (non interpolati ), dai 256 colori al
True Color, compressione 1:20/1:120 con codec che non necessitano di hardware dedicato per il rendering.
Ultimamente anche questo standard ha subito un incremento, grazie anche alle macchine piu' potenti a
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disposizione degli utenti, diventando molto prossimo a quello "Studio". L'MPEG-2 e DIVX fanno la parte
del leone assieme all'MPEG-1.
Qualita' Studio: full frame (25 fps/50 semiquadri/sec ), pieno PAL, True Color, compressione 1: 8/1:20.
Ormai le schede di acqusizione M-Jpeg ottengono ottimi risultati a piena risoluzione e anche con il formato
DV si raggiungono risultati eccellenti anche a livello consumer.
Qualita' Broadcast: full frame (25 fps, 50 semiquadri), pieno PAL (768x576) non interpolati, True Color,
compressione 1:2,5/1:8 (1:5 qualita' DV). Qualita' televisive per la distribuzione di massa come per la TV
satellitare con l'MPEG-2 o i formati DV piu' qualitativi.
CATTURA DEL VIDEO
La cattura del video da un input, al fine di realizzare un file da salvare su hard disk, e' un' operazione
estremamente facile da attuare, a patto di avere installato sul proprio sistema un dispositivo di cattura.
Questo dispositivo puo' essere visto, in modo semplicistico, come un convertitore del segnale video da
analogico a digitale (passo questo necessario per lavorare col vide su PC) eventualmente corredato da una
compressione hardware che facilita e migliora la cattura. Le schede sono corredate da programmi che
permettono interfacciarsi con le entrate video e di effettuare effettivamente la cattura. Tutti i parametri di
cattura (fps, risoluzione, ecc...) sono in genere configurabili da questo software. In commercio vi sono vari
tipi di schede che promettono grandi funzionalita', ma spesso si deve prestare attenzione a cio' che si
acquistiamo. Alcune di queste schede hanno un ingresso video ma permettono soltanto il frame grabbing
insufficiente per catturare un filmato. Altre possiedono persino un sintonizzatore televisivo, che vi permette
di vedere la televisione su monitor, ma per catturare sequenze video necessitano di una scheda aggiuntiva
(add-on o daughter board) per realizzare la compressione hardware. Altre ancora permettono la cattura ma
non sono predisposte per il video overlay rendendo tutto piu' difficoltoso. La cosa importante per evitare
cocenti delusioni, e' stabilire prima cio' che si vuole realizzare. Il Desktop Video, per esempio, necessita di
un hardware potente e di un output video che non tutte le schede possiedono.
EDITING VIDEO
La fase di editing (montaggio) e' quella che si occupa della composizione dei filmati catturati. Comprende
quindi l'affiancamento coerente di singole sequenze, l'inserimento di effetti e di titoli, la sincronizzazione del
sonoro e in generale l'elaborazione digitale del video che, alla fine, verra' compilato in un unico file. E'
naturale che il montaggio richieda, in aggiunta alle tecniche legate al software, anche il buon gusto
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dell'autore. Il computer e il software, infatti, ci verranno in aiuto per realizzare le nostre idee ma sara'
l'autore a decidere come rendere chiaro, sintetico e diretto il filmato.
FORMATO E CODEC
Non si puo' pensare al Digital Video e a tutti suoi sottoinsiemi senza doversi porre il problema dei formati e
delle compressioni. Un video sul PC comporta un'enorme mole di dati e salta subito all'occhio che non
sarebbe possibile gestirla senza un formato che ordinasse le informazioni e un codec che le comprimesse.
Per questo e' fondamentale, prima di accingersi ad un qualsiasi progetto, stabilire il proprio target di
utenza e di conseguenza il formato/codec da usare. Sarebbe inutile, per esempio, creare un software
multimediale su CD ROM che comprimesse filmati in M-Jpeg (codec che spessissimo necessita di una
scheda hardware per il playback) come sarebbe ridicolo un video musicale da riversare su VHS compilato a
12 fps.
L'AUDIO NEL DIGITAL VIDEO
La componente audio di un filmato e' sicuramente importantissima ed e' per questo che la stragrande
maggioranza dei formati supporta una traccia audio (anche se non tutti a livello intrinseco). Per poter
utilizzare i moltissimi pacchetti software per l'elaborazione dei file audio (tra i quali sicuramente spicca
Cool Edit) e' importante conoscere le caratteristiche e i formati dei file, per poterli catturare, editare e
compilare alla qualita' che necessitiamo. Solo allora potremo, con ottimi risultati, creare effetti sonori,
ripulire dialoghi da fruscii e rumori di fondo, rallentare, sdoppiare, invertire e schiacciare il file audio
al fine di ottenere cio' che ci serve.
FORMATI VIDEO
La scelta del formato, e poi del codec di compressione, e' di vitale importanza per la buona riuscita del
progetto. Potremmo, a meta' del lavoro, accorgerci che il formato da noi scelto non ha le caratteristiche
adeguate alle nostre esigenze e di non avere la possibilita' di convertirlo in un altro. Per fortuna (o per
sfortuna) non vi sono molti formati coi quali si possa lavorare e ognuno di essi ha caratteristiche precise
che ci permettono una scelta quasi sicura. In questo elenco non ci dilungheremo sulla descrizione tecnica
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dei formati. Per alcuni di essi particolarmente importanti e' possibile seguire un link ad una pagina di
approfondimento.
TABELLA RIASSUNTIVA FORMATI
NOME
MS Video
Apple QuickTime
MPEG
MPEG2
DV
Adobe Filmstrip
Autodesk
Animation
ESTENSIONE
AVI
MOV
MPEG,DAT
MP2,DAT
AVI Type I e
II
FLM
CARATTERISTICA
Molto versatile ed ottimo per il video editing.
Ediding video da sistemi Apple a Windows.
Ottimo standard video per il multimedia a buona qualita'.
Editing e video digitale ad alta qualita'.
FLI,FLC
Formato proprietario per le animazioni, ormai in disuso.
RealMedia
RM,RAM,RA
MS Netshow
ASF
Ormai standard per la videoripresa digitale e l'editing non lineare.
Formato di rotoscoping proprietario, ormai in disisuso.
Diffuso formato proprietario (ormai standard) per streaming
audio/video.
Streaming e alta compressione da Microsoft.
MS Video for Windows [estensione: AVI]
Microsoft Video for Windows e' certamente il formato piu' conosciuto e piu' utilizzato dagli utenti del PC. E'
il primo pacchetto che ha introdotto le funzionalita' necessarie per il trattamento del video su PC. Il suo
nucleo centrale e' un driver MCI (Media Control Interface), interfaccia software che si inserisce tra
l'applicazione specifica e la scheda grafica/video, permettendo a dispositivi hardware di dialogare con il
software senza problemi. Il formato annesso a questo pacchetto risponde all'estensione AVI (Audio Video
Interleaved) e supporta la stragrande maggioranza dei codec di compressione in circolazione, quali
SuperMac Cinepak , MS Video 1 , MS RLE , Intel Indeo , M-Jpeg e DivX;-) tra i piu' noti. E' perfetto per
lavori di desktop video e multimedia publishing sia per la quantita' e la versatilita' dei codec supportati ma
soprattutto per la compatibilita' praticamente assoluta con software per l'editing non lineare.
Apple Quick Time for Windows [estensione: MOV]
Formato proprietario della Apple e principale estensione multimediale del S.O. Mac, passato in seguito su
PC, grazie la sua grande diffusione. Esso integra tipi di dati, come audio video e animazioni, in modo
dinamico, su base temporale, nelle applicazioni dedicate considerandole come "movies". Gli algoritmi di
compressione presenti in QuickTime (almeno nelle prime versioni 1.5/1.6) sono di varia natura e scopo; i
tre principali sono il Jpeg (photo compressor), il video compressor, proprietario Apple, e l'animation
compressor dedicato alla grafica e alle animazioni generate al computer. Il primo e' un codec per la
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compressione delle immagini PICT. Del secondo si puo' dire che permette un display interattivo di immagini
a 24 bt, e' in grado di processare immagini video a 8, 16, 24 bit, con supporto di entrambe le compressioni
in modo spaziale e temporale; il terzo e' basato invece su algoritmi ottimizzati per le animazioni in genere e
per la videografica generata al computer. Questo formato risulta ottimo per prodotti multimediali (quali CD
ROM o video interattivi) ma puo' assolvere anche a progetti di Digital Video, benche' privo di una variante
hardware, praticamente indispensabile per il full motion. In questi anni grossi miglioramenti hanno portato
questo formato ad un alto livello di performance. Streaming e desktop video ora si avvalgono anche di
questo strumento, soprattutto sul piattaforme Apple. Ora il pacchetto supporta i file MP3 a bit variabile, la
riproduzione di file MIDI (con suoni addizionali per il formato GS), nuovi codec, 3D Graphics e gli effetti e
le panoramiche a 360° (QTVR).
MPEG [estensione: MPG, DAT]
Formato che si avvale dell'algoritmo di compressione MPEG (Motion Picure Expert Group) ottimo per il
multimedia publishing e per la distrbuzione su internet.
MPEG 2 [estensione: MP2, DAT]
Un discorso a parte merita questo standard, sempre sviluppato dal Moving Picture Expert Group. E' adatto
a produzioni di tipo broadcast (pieni NTSC e PAL da 4 a 8 MBit) e necessita di hardware molto potente per
la cattura e la compressione. Non e' uno standard di fruizione di massa proprio per le sue esose richieste
hardware, ma raccoglie ugualmente utenti grazie alle televisioni, ai canali satellitari e ai recenti DVD.
Grazie alla sua grande qualita' e diffusione l'MPEG2 e' ora divenuto un punto di riferimento qualitativo nel
settore e i software che lo supportano (anche per l'editing) sono moltissimi. Le schede grafiche montate sui
PC sono molto performanti e sono in grado di riprodurre filmati compressi con questo standard (cosa fino a
poco tempo fa non possibile).
Formato DV [supportato da AVI o Quicktime]
Si tratta di un formato per la videoripresa completamente digitale che, grazie alle sue caratteristiche
particolarmente orientate al mondo informatico, si adatta benissimo all'editing non lineare di qualita'
prosumer.
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Adobe Filmstrip [estensione: FLM]
E' un vecchio formato prorietario della Adobe che raccoglie in un unico file grafico tutti i fotogrammi della
sequenza compilata, a varie risoluzioni. Le dimensioni dei file sono proibitive e la riproduzione a video e'
estremamente lenta. Se risulta quindi praticamente inutilizzabile in playback, e' al contrario utilissimo in
fase di montaggio per tecniche di fotoritocco frame-by-frame, quali il rotoscoping. Non e' possibile
integrare audio e ne' sarebbe utile, essendo questo un formato di solo passaggio. Lo sviluppo di software di
editing capaci di lavorare direttamente sui singoli fotogrammi di una clip compressa ha reso inutile e
macchinoso lavorare con questo formato.
Autodesk Animation [estensione: FLI/FLC ]
Questo era il vecchio formato proprietario dell'Autodesk per le animazioni dei software Animator Pro e
3DStudio, divenuto un diffuso standard ed ora quasi scomparso. Come l'Adobe Filmstrip, risultava spesso
utile per operazioni di fotoritocco o di transizione da un formato all'altro. Era perfetto anche per creare
particolari effetti 3D, per il bluescreen e
per le particolari titolazioni altrimenti realizzabili lavorando su fotogrammi singoli. Si trattava di un
formato voluminoso ma adatto alla riproduzione. L'integrazione dei pacchetti grafici che lo supportavano
con i sistemi multimediali come Windows ha deciso la discesa di questo formato. Infatti l'output, anche
grafico, di questi programmi puo' essere direttamente compilato e compresso in formati piu' versatili
(MPEG, AVI, Quicktime)
RealMedia Audio/Video [estensione: RA/RM/RAM]
Formato, diventato ormai standard, per lo streaming audio/video, molto diffuso sul WWW. Concepito
inizialmente per l'audio (RealAudio sino alla versione 3), questo formato e' stato adattato anche per la
compressione video, diventando un vero e proprio pacchetto per la creazione e la distribuzione del
multimedia sul web. La qualita' audio raggiunta e' eccezionale (16bit, 44Khz, Stereo) in rapporto alla
compressione ottenuta: 10:1. Per quanto riguarda il video, si deve tener conto delle limitate capacita' dei
sistemi che si adottano. La qualita' e la fluidita' che si ottengono dipenderanno dalla macchina di
riproduzione, dai settaggi di compilazione, dal soggetto del filmato e soprattutto dalla larghezza di banda
disponibile. Un modem a 33.6bps difficilmente raggiungera' uno streaming maggiore di un fotogramma al
secondo, mentre una connessione ISDN dovrebbe permettere maggiori flussi. Per avere ulteriori
informazioni sulle nuove versioni : Real Home Page
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Microsoft NetShow [estensione: ASF]
Formato di Microsoft nativo per il web, con il quale si possono ottenere buoni rapporti qualita'/dimensione
per una riproduzione off-line (oltre che in streaming).
CODEC DI COMPRESSIONE VIDEO
Il codec (COdec-DECoder o COmpressore DECompressore) e' un particolare software che contiene un
algoritmo costruito per codificare e decodificare, in questo caso, una sequenza video. Sappiamo che la mole
di dati che una sequenza video comporta e' molto elevata e quindi sarebbe improponibile realizzare un
filmato senza averlo prima compresso (e quindi codificato) con un algoritmo di compressione. A questa
mansione risponde il codec che, appunto, in fase di acquisizione trasforma le informazioni ricevute in un file
piu' piccolo e compatto, e in fase di riproduzione interpreta il codice nel file per poterlo mostrare integro.
TABELLA RIASSUNTIVA COMPRESSIONI
NOME
MPEG
MPEG2
CARATTERISTICA
Codec del relativo formato.
Codec del relativo formato.
Codec di compressione con alte prestazioni, quasi sempre supportato da
M-JPEG
hardware. Per il desktop video editing.
Codec semi-ilegale (e' una modifica dell'MPEG4 di MS) molto qualitativo e con
DVX;-)
alta compressione.
MainConcept M- Codec M-Jpeg software in grado di sfruttare i chip Zoran delle schede Fast Miro e
JPEG
Matrox.
Codec di Netshow
Codec M-Jpeg software.
MS RLE
Vecchio codec praticamente inutile per il desktop video. Bassa compressione.
Indeo
Vecchia gloria del multimedia. Ormai in disuso.
Indeo 4
Miglioramento del vecchi Indeo 3.5 con funzionalita' avanzate.
Indeo 5
Buona compressione e download progressivo.
MS Video 1
Primissimo codec di MS. Ormai in disuso.
Buon compromesso tra qualita' e compressione. E' Uno dei codec forniti con MS
MS MPEG4
Netshow.
M-Jpeg software
Codec M-Jpeg software.
Cinepack
Vecchio codec adatto al multimedia publishing.
MPEG
E' uno dei formati piu' acclamati negli ultimi anni grazie all'altissima compressione e alla qualita'
decisamente buona, nonostante il suo carattere lossy, che mantine sino rapporti di compressione di 200:1.
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La sua tipologia e' tipicamente asimmetrica (la compressione avviene in un tempo decisamente maggiore
della riproduzione benche', grazie ai nuovi processori, questa differenza sia diminuita) e cio' lo rende ottimo
sia per il multimedia publishing sia per il Desktop Video. Non di rado, infatti, i software di editing
supportano anche questo formato benche' la sua struttura interna (ridondanza spaziale, encoding
incrementale) impedisca l'elaborazione frame-by-frame. Infatti non tutti i fotogrammi vengono salvati nel
file video ma soltanto i cosi' detti "keyframe" (fotogramma chiave) grazie ai quali l'algoritmo riesce a
ricostruire i frame mancanti. Il codec orami e' tranquillamente gestito dai chip delle schede grafiche
montate sui PC. E' dunque divenuto uno standard di fruizione di massa e ovunque riproducibile.
MPEG2
Motion Jpeg
Il Motion JPEG (o M-Jpeg) e' diventato uno standard de facto per il digital video. La sua struttura e la sua
qualita' ne fanno uno strumento indispensabile per realizzare veri e propri video digitali da riversare su
nastro magnetico, almeno sino all'introduzione del DV. Questo codec gestisce le sequenze video come si
trattassero di un insieme di fotogrammi su una pellicola, legati uno all'altro da precisi intervalli di tempo.
Infatti, al contrario dell' MPEG, le informazioni su una singola immagine sono salvate indipendentemente
dalle altre. Questo codec, di tipo "intraframe" dunque, non solo permette l'accesso "random" (casuale) ad
ogni quadro video, in tempo reale, ma consente un vero e proprio editing non lineare (in full motion) da
hard disk, con la possibilita' di "srotolare" il file proprio come una sequenza di immagini altamente
compresse, eventualmente modificabili e sostituibili. Il codec si avvale quasi necessariamente di un supporto
hardware che permette una prefetta simmetria (il tempo impiegato alla compressione delle immagini e'
uguale a quello della fase di playback). Queste caratteristiche, unite ad un livello di compressione che varia
da chip a chip (da 3:1 a 100:1) fanno del M-Jpeg una soluzione ottimale per digital video a livello
prosumer. Con l'avvento delle videocamere DV e relative schede firewire, l'M-JPEG sta lentamente
lasciando il posto di soluzione ottimale anche perche' i nuovi processori sono in grado di sostituire
egregiamente le schede hardware che accompagnano questo codec, rendendo inutile il loro acquisto.
DivX;-)
Il formato DivX;-) (scritto proprio cosi'!) non è altro che un AVI in cui il video è l' MPEG4 di proprietà
Microsoft, il cui codec è stato modificato eliminando alcune limitazioni inserite dalla Microsoft (l'utilizzo
solo nel formato ASF con alcuni parmetri bloccati). Questo significa elevato livello di compressione (codec
super ottimizzato), elevatissima efficienza del codec (relativamente brevi tempi di codifica, real time per le
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macchine più potenti) e scalabilità sia in codifica (scelta del miglior livello di compressione), sia di
decodifica (le macchine più lente possono vedere ugualmente i filmati rinunciando un pò alla qualità).
Approfondimento:
M-Jpeg software
Questo e' un termine generico per indicare un gruppo di codec, recentemente introdotti da varie aziende,
che sono in grado di comprimere in M-Jpeg senza bisogno di utilizzare una scheda hardware, ma basando
tutto il calcolo sul processore centrale dei PC. Quindi si tratta di codec Motion Jpeg ad alte prestazioni di
natura esclusivamente software che si presenta come soluzione di editing video alternativa al l'M-Jpeg
hardware. Non e' possibile fare considerazioni sulle performance di questi codec poiche' esse dipendono dal
sistema su cui lavorano. puo' comunque essere una soluzione d editing a bassissimo costo, dovendo
l'operatore affrontare solo la spesa di una scheda di acquisizione video senza codec hardware. RealTime
MainConcept M-JPEG
Codec software che non solo promette di riprodurre video in M-Jpeg creati con dispositivi Miro
(DC10,DC20,DC30), FAST, Matrox and affini ma anche di sfruttare il chip Zoran delle schede sopra
menzionate per la riproduzione di video creati con questo codec. Ma ATTENZIONE: l'autore avverte di non
istallare il codec su macchine che hanno una scheda hardware M-JPEG poiche' altrimenti verra' cancellato
il codec hardware proprietario. La versione freewere e' limitata a 45 minuti dopo l'accensione del computer,
dopo di che verra' aggiunto un logo al video catturato. Sito Web
Microsoft RLE
Il Run-Lenght-Encoder (RLE) e' il piu' semplice dei vecchi codec di VfW e per la sua struttura interna e'
adatto alla compressione di immagini sintetiche generate al computer, e quindi praticamente inutilizzabile
per sequenze video. Richiede ridotta potenza di calcolo sia in case di compressione che di playback.
SuperMac Cinepak
E' uno dei primi codec di compressione, fornisce una buona qualita' video e altrettante prestazioni in fase di
playback. Tipicamente la sua finestra video utilizza i calssici 320*240 pixel variando dai 12 ai 30 fps. a
seconda della CPU e della velocita' del CD drive. Il rapporto di compressione e' mediamente di circa di
20:1, ma, essendo un codec lossy, questo valore dipende molto dalle caratteristiche delle immagini
compresse. E' inoltre altamente asimmetrico.
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Esistono piu' veloci varianti hardware ma non hanno avuto un successo commerciale a causa del dominio
pressoche' assoluto del Motion Jpeg. E' usato spesso per il multimedia publishing.
Intel Indeo
E' uno standard proprietario dell'Intel (INtel viDEO) molto simile, nei risultati, al Cinepak ma gode di una
velocita' inferiore in fase di compressione. La codifica e' lossy e in termini di algoritmo presenta delle
affinita' con l'MPEG, anche se la gestione del cosi' detto keyframe e' differente. Anche questo codec, infatti,
procede per differenze cromatiche rispetto ad un fotogramma campione, il keyframe appunto. Esistevano
parecchie schede hardware di compressione/decompressione che supportavano lo standard dell'Intel e
risultavano molto utili per la creazione o la lettura di software multimediale. La versione piu' performante
della vecchia serie e' certamente la 3.2, che padroneggiava tra i codec software per supporti multimediali.
Intel Indeo 4 Video Interactive
Versione 4.11 del codec video Intel che si puo' tranquillamente considerare un vero e proprio sistema di
sviluppo e controllo di file digitali. Esso gode di opzioni e miglioramenti degni di nota, che marcano la
distanza dall'ultima release del codec (3.2): la possibilita' di definire una trasparenza dello sfondo, la
scalabilita' prestazionale, differenziata a seconda della CPU, la riproduzione controllata di specifiche parti
del riquadro invece che dell'intero screen codificato. E' un'ottima scelta (anche se per ora non totalmente
supportata) sopratutto per prodotti multimediali. Non e' ancora prevista una versione hardware.
Intel Indeo 5.0 Progressive Download
Ulteriore release del codec Intel che stavolta unisce alle grandi capacita' di compressione la possibilita' di
download progressivo dal Web (del quale non ci occuperemo in questa sede). Altre caratteristiche da
evidenziare sono il detect di processori dotati di istruzioni MMX, la migliore qualita' di immagine e la
maggiore capacita' di compressione. Il codec in questione e' naturalmente utilizzabile con tutti i programmi
di editing compatibili con VfW ( Videdit , Premiere, ecc...). Per maggiori informazioni su questa release e'
consigliata una visita al sito Intel e, per scaricare il codec, al sito http://www.intel.com
MS Video 1
Vecchio codec adottato dalla Microsoft per il VfW su licenza della Media Vision, ha una qualita' inferiore
rispetto al Cinepak e all'Indeo e si dimostra piu' adatto a sequenze video contenenti poca dinamica nei
movimenti, anche se i tempi di elaborazione sono nettamente inferiori a quelli degli altri codec. I file sono
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leggermente piu' voluminosi di quelli dei codec antagonisti ma tutto sommato ha un ottimo rapporto
velocita'/prestazioni, sopratutto per software multimediali su CD ROM. E' stato uno dei piu' utilizzati ma ha
dovuto poi cedere la strada all'Indeo 3.2. Le schede hardware per la compressione di questo codec sono
sparite dal mercato.
Il FORMATO DV
Il formato DV e' stato creato per semplificare ed unificare il processo di ripresa / acquisizione / editino /
riversamento, oltre che per aumentare la qualita' del video rispetto ai sitemi consumer precedenti.
In questa sezione parleremo di formato DV riferendoci in realta' al miniDV, quello appunto destinato ad
una fruizione di massa. Esistono formati professionali sui quali per ora non ci soffermeremo (DVCPRO,
DVCAM, ecc...). Sia ben chiaro pero' che la qualita' dell'immagine e' esattamente la stessa per ogni
formato.
Il DV e' un formato digitale nativo; cio' vuol dire che, a meno che non ci adoperiamo altrimenti, nasce
digitale sin dal momento della ripresa e rimane tale sino al momento di riversare la clip, e anche oltre.
Infatti, quando andiamo a catturare una sequenza con la nostra scheda di acquisizione M-Jpeg, non
facciamo altro che trasformare un segnale analogico (che esce dalla videocamera VHS, Video8, ecc...) in un
segnale digitale (quello su cui faremo editing). Col DV questo non avviene piu'. Gia' al momento della
ripresa, sul nastro DV viene incisa una sorta di clip digitale, una sequenza di bit che dobbiamo soltanto
trasferire (in pratica copiare) su computer senza nessuna ricompressione e al massimo con l'aggiunta di un
header (intestazione) che permette al PC di riconoscere il file come multimediale. Un file DV potrebbe
presentarsi come un AVI, ma in realta' e' sempre un DV.
Il problema essenziale e' l'enorme quantita' di dati che il sistema deve contenere. Un file DV ha un data rate
di 3,6 Mbps e quindi e' molto esigente in fatto di spazio. Inoltre, visto il flusso da gestire, si deve ricorrere
ad un protocollo di trasmissione dati che la maggior parte dei PC non possiede (Firewire).
Col DV si puo' lavorare in due modi, a seconda della disponibilita' del nostro sistema:
CODEC HARDWARE: In questo caso dobbiamo possedere una scheda di acquisizione hardware per DV
che contiene lo stesso chip della videocamera DV. Ed e' proprio questo chip che vi permette di lavorare
sulle clip in maniera "trasparente", ovvero senza sforzo da parte del sistema. Si comporta esattamente come
il chip M-Jpeg delle schede di cattura video, tranne per il fatto che non deve digitalizzare le immagini ma
solo riprodurle ed elaborarle in fase di editing. Inutile sottolineare che l'alto costo di queste periferiche e'
dovuto essenzialmente al chip, vero cuore del DV.
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CODEC SOFTWARE: Il chip menzionato sopra e' lo stesso che e' contenuto dalla vostra videocamera DV.
Perche' allora non usare quello? Questo e' il concetto sul quale si basa un codec DV software. Esso infatti
prende in prestito il chip del dispositivo di input e lo usa per lavorare sul PC, come se si trovasse su una
scheda all'interno. In questo caso la scheda di cattura e' semplicemente una porta d'entrata per la
videocamera e costa molto meno.
E' ovvio che l'impiego di codec software e' piu' economico ma ha anche degli svantaggi. Primo tra tutti la
necessaria presenza della videocamera al momento della riproduzione. Non si puo' lavorare sulle clip senza
che il chip sia interfacciato.
DIFFERENZE TRA DV E M-JPEG
Abbiamo sempre detto che per fare desktop video occorre un codec hardware veloce che permetta di
ottenere risultati fluidi e qualitativamente buoni. L'M-Jpeg e' sicuramente la scelta migliore se lavoriamo su
segnale analogico. Nonostante cio', se riprendiamo in DV sarebbe sconveniente acquisire in M-Jpeg
poiche', come gia' detto, il DV e' gia' un formato digitale utilizzabile su PC che non ha bisogno di ulteriori
digitalizzazioni benche' la sua intrinseca qualita' lo renda comunque un'ottima sorgente.
Il problema nasce nel costo dell'attrezzatura. Nonostante il DV sia qualitativamente migliore, non e' ancora
diffuso a livello consumer e l'acquisto di una nuova videocamera DV certamente fa levitare i costi.
Qui di seguito troverete una tabella che confronta il formato DV con il codec M-JPEG sottolineando le
caratteristiche e le differenze piu' importanti.
DV
M-JPEG
Formato e codec digitali nativi.
Codec digitale utilizzato per l'editing non lineare.
Data rate piu' basso dovuto ad una maggiore Equivale al DV per flusso (3,6 Mbits) con un raporto
riduzione dell'informazione sul colore
5:1 ma per qualita' con 3:1
Si puo' lavorare sempre in DV, dalla ripresa Al massimo puo' essere impiegato dalla fase di
all'output finale.
E' possibile utilizzare una porta hardware poco
costosa e il chip sulla videocamera DV per fare
editing su PC.
cattura sino all'output analogico.
Necessita di un dispositivo di acquisizione hardware
aggiuntivo dotato di chip hardware.
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Vero e proprio standard sia per la videoripresa
che per l'editing non lineare.
Data rate fisso a 25 Mbits. Qualita' di immagine
uguale per tutti i formati DV
Non esiste un vero standard. Ogni produttore ha il
suo codec M-Jpeg proprietario e non esistono
versioni per la videoripresa.
Data rate e qualita' variabili con la compressione
Formati per videoripresa
Piccola rassegna di formati video analogici, ovvero quelli dai quali si parte per la cattura su computer.
Brevissima descrizione dei piu' comuni formati da telecamera ma anche quelli nuovi digitali, perche' e' con
loro che nel futuro avremo a che fare.
FORMATI ANALOGICI
VHS / VHSC
(Video Home System) E' lo standard (assieme alla sua versione compatta da videocamera VHS-C) piu'
diffuso a livello consumer e meno qualitativo dal punto di vista video.
Video 8
Standard introdotto da Sony, leggermente piu' qualitativo del VHS e presente solo nella versione compatta
(cassette molto ridotte).
S-VHS S-VHSC
(Super VHS) Migliora la qualita' e la risoluzione delle immagini rispetto alla versione precedente.
Video 8Hi
(HiBand Video 8) A livello consumer viene considerato il migliore come qualita' (e' la versione a più alta
definizione (circa 400 righe) del formato Video8), ma sta venendo soppiantato dai formati DV in ribasso coi
prezzi.
Betacam
E' un formato video con nastro di mezzo pollice sviluppato dalla Sony. Fu soppiantato dal VHS nel mercato
consumer dopo una dura lotta di standard, nonostante quest'ultimo sia tutt'oggi qualitativamente inferiore.
E' usato come standard broadcast.
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FORMATI DIGITALI
Digital 8
Il Digital8 (D8) è un formato introdotto esclusivamente da Sony e nasce dall'esigenza di incentivare il
passaggio al digitale, soprattutto per quei consumatori già utenti di videocamere analogiche basate sui
sistemi Video8 e Hi-8. In sostanza si tratta della possibilita' di registrare il formato DV (con conseguente
vantaggio qualitativo) sulle vecchie cassette Video 8, mantenendo quindi la compatibilita' con i vecchi
supporti e la meccanica delle videocamere analogiche. Si puo' dunque parlare di vero e proprio formato
digitale DV su cassette Video8.
MiniDV
Versione compatta del del formato DV, definita come "prosumer", ovvero come versione adatta sia al livello
consumer sia a quello professionale.
DVCPRO
Versione Panasonic del DV, completamente compatibile con la versione consumer, a parte le dimensioni
della cassetta. Ottima qualita'.
DVCam
Il formato broadcast DV prorietario Sony.
Digital-S
Sviluppato da JVC come antagonista dei formati professionali DVCPRO50 e DigiBeta. Basato sul
meccanismo S-VHS alcune macchine Digital-S sono in grado di riprodurre cassette S-VHS.
D-VHS
Formato sviluppato da JVC, che registra in digitale su comune nastro VHS. La trasmissione di dati sulla
quale si basa e' stata basata sul formato IEEE-1394 (Fireware) ma apparentemente non e' completamente
compatibile. E' stato dedicato alla registrazione di MPEG2 e DVD per uso consumer.
L'ultima frontiera della masterizzazione è rappresentata dai masterizzatori per DVD, che molto timidamente
(visto i costi ancora elevati) stanno facendo la loro comparsa sul mercato.
Il DVD ha una capacità molto più ampia dell'ormai sfruttato CD e le stesse garanzia di durata, inoltre oltre
ai DVD recordable sono già disponibili i media rewritable.
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Purtroppo la relativa giovinezza di questa tecnologia ha determinato la proliferazione dei formati, ed in
questa sede cerchiamo di fare il punto della situazione per poter avere un'idea più precisa di quello che sta
accadendo.
Vista la situazione ancora in evoluzione è possibile che alcune delle informazioni non tengano conto degli
ultimi sviluppi, comunque l'obiettivo rimane quello di dare una visione d'insieme delle principali tecnologie
oggi presenti.
Le tecnologie disponibili presentano ognuna interessanti caratteristiche, e sono appoggiate da diversi
colossi dell'industria elettronica, ma sono spesso incompatibili fra loro.
Per cercare di fornire delle linee comuni allo sviluppo del DVD (R e RW), molte aziende si sono unite per
formare un ente, il DVD forum con cui cercare di armonizzare le varie proposte e ridurre al minimo le
incompatibilità. Il DVD Forum (www.dvdforum.org) propone tre diversi tipi di media, a cui se ne aggiunge
un quarto, non supportato dal forum ma con buone prospettive e su questi porremo la nostra attenzione. Il
principale punto di forza del DVD è la capacità di memorizzazione, per cui contenuti multimediali o dati
possono essere registrati in gran quantità, ed il loro utilizzo può essere facilmente implementato nei juke
box per CD, dato che le dimensioni del supporto sono le stesse. Le tirature limitate a scopo di test o per
condividere un progetto ingombrante (come nel caso dei contenuti multimediali) sono facilmente realizzabili
usando un comune PC con masterizzatore ad un costo molto più appetibile rispetto ad un'azienda
stampatrice esterna. Senza contare anche la salvaguardia della sicurezza a livello dei contenuti, poiché la
masterizzazione può essere eseguita in house, senza varcare i confini dell'azienda o del dipartimento. La
possibilità di poter usare il supporto DVD per memorizzare i propri film delle vacanze, sfruttando la qualità
del digitale al posto dell'ormai datato VHS, soddisfa anche le aspettative del pubblico HOME. Quindi sul
DVD c'e' la convergenza sia a livello consumer che a livello professionale; si consideri ora la tecnologia
dietro a questo media. I supporti DVD hanno dimensioni di 120mm e spessore di 1,2mm, quindi sono
compatibili con gli attuali supporti CD, tuttavia esistono diversi media che si differenziano sia a livello
fisico che di applicazione. Di seguito l'elenco dei principali:
• DVD-R
• DVD-RW
• DVD-RAM
• DVD+RW
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DVD-R
La capacità del media varia da 4.7 a 3.95 GB per ogni faccia e la velocità di scrittura 1X di un DVD
corrisponde ad 11.08MB/s (equivalente a circa un 9x rispetto ad un CD) che permette di completare la
scrittura di un DVD da 4,7GB in circa un'ora, mentre alcune unità supportano la scrittura a 2X
(22.16MB/s) con tempo di scrittura pari a circa 30 minuti (da notare che la durata di un film non è
correlata al tempo di masterizzazione dipendente solo dalla dimensione in GB dei dati, poiché il materiale
audio/video è compresso e solo in fase di playback viene ricostruito il flusso dell'originale, attingendo via
via le informazioni dal supporto).
Nel caso di scrittura ad 1X, la velocità di rotazione varia da 1623 a 632 RPM per DVD 3.95GB e da 1475 a
575 RPM per dischi da 4,7GB.La distanza fra due tracce è circa la metà di un CD, e pari a 0,8 micron per
DVD da 3,9GB e 0,74 per DVD da 4,7GB.
Per raggiungere una capacità sei o sette volte superiore rispetto a quella di un CD di pari dimensioni, due
sono le grandezze su cui agire: la lunghezza d'onda del laser di scrittura e l'apertura della lente di
focalizzazione (numerical aperture indicata n.a.).
La lunghezza d'onda usata per incidere i CD-R è pari a 750 nanometri (nm), mentre per i DVD si usano due
lunghezze d'onda 650 nm e 635 nm. Allo stesso modo per un masterizzatore CD-R, il sistema di
focalizzazione del raggio laser, usa una lente di 0,5 n.a., mentre nei DVD si usano lenti con 0,6 n.a.
Combinando questi due fattori, la dimensione della zona marcata dal laser nei DVD-R è pari a 0,4
micrometri mentre nei CD-R è di circa 0,834 micrometri.
Nella tabella di seguito riassumiamo le principali caratteristiche dei DVD-R confrontate con quelle dei CDR:
Il processo di scrittura è analogo a quello dei tradizionali CD-R, dove uno degli strati più interni subisce
una trasformazione permanente delle proprie capacità di trasmettere la luce ad opera del raggio emesso dal
laser.
Il supporto è costituito da policarbonato, al cui interno sono presenti vari strati di materiale, ognuno con
una funzione specifica.
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Lo strato di policarboanto è ottenuto per stampaggio, ed al suo interno contiene la forma della spirale, che
sarà usata per guidare il laser durante il processo di registrazione delle informazioni.
Il solco ha un andamento ondulatorio, che serve per sincronizzare correttamente la velocità del motore
durante la scrittura, inoltre sono presenti dei Land-Pre-Pit (LPP) fra i solchi (groove), realizzati per
identificare gli indirizzi fisici dei blocchi dei dati memorizzati sul supporto.
Lo strato di materiale pigmentato (dye) che viene alterato dal laser è applicato sul substrato di
policarbonato e successivamente è applicato il materiale metallico riflettente, protetto a sua volta da una
resina.
Se il disco è a doppia faccia, allora vengono accoppiate due strutture come quelle indicate precedentemente
e mostrate nella figura di seguito.
La scrittura avviene esponendo il supporto alla luce del laser opportunamente focalizzato sulla superficie
con potenza adeguata (circa 8-10 mW).
In questo modo il laser altera permanentemente la superficie del dye, producendo delle impronte, che la
luce solare (in una certa misura) e il laser di lettura non sono in grado di alterare.
La struttura di un DVD scritto alterna zone marcate (che non sono in grado di riflettere la luce) a zone non
alterate (in grado di riflettere la luce); le variazioni d'intensità del raggio laser riflesso durante la lettura
sono interpretate dal sensore posto sul pickup e tradotte nei dati originali.
L'affidabilità del supporto garantisce la possibilità di conservare inalterate le informazioni memorizzate per
una durata superiore a 100 anni.
Per una maggiore compatibilità il DVD-R adotta un file system detto UDF Bridge, che fornisce in modo
ibrido la compatibilità con il sistema UDF (universal Disc Format) ed il tradizionale ISO-9600.
La registrazione di un DVD-R prevede la disponibilità, analogamente ai CD-R, di un masterizzatore e di un
software che gestisca il processo di masterizzazione e permetta di confezionare il layout del DVD in modo
appropriato secondo l'utilizzo. Tutti i DVD hanno tre aree principali che sono Lead-in, Dati, Lead-out.
Lead-In/out indicano l'inizio e la conclusione di una registrazione, non contengono informazioni accessibili
all'utente, ma sono fondamentali per il corretto funzionamento del disco.
I DVD-R possono essere scritti in due modi: disc-at-once e Incremental writing.Con Disc-at-once, il
processo di scrittura del disco avviene in un'unica volta e non è possibile aggiungere dati. In questo caso il
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computer deve fornire i dati garantendo un flusso costante pari alla velocità di registrazione usata (11.08 o
22.16Mb/s) per tutta la durata della registrazione onde evitare problemi di buffer underrun. Per questo
motivo i primi masterizzatori (fonte Pioneer) usavano buffer piuttosto grandi (6,75MB) per assorbire
eventuali interruzioni del flusso della durata max pari a circa 4 sec.
I masterizzatori di ultima generazione (fonte Pioneer) implementano tecnologie (seamlessly resume) atte a
scongiurare gli effetti del buffer underrun, potendo sospendere e riprendere il processo di scrittura in caso
di svuotamento del buffer. Grazie a questa tecnologia gli attuali DVD drive hanno buffer di dimensioni più
contenute pari a circa 2MB.
A differenza dei CD-R nei DVD-R scritti con il metodo disc-at-once, Lead-in, dati, Lead-out sono scritti
sequenzialmente (nei CD-R prima sono scritti i dati e poi lead-in, TOC, Lead-out).
La registrazione Disc-at-once è usata da software specializzati per la creazioni di titoli multimediali ed, in
generale, quando tutti i dati sono disponibili e organizzati su una memoria di massa pronti per essere
riversati sul supporto finale.
Incremental writing è un metodo molto simile al packet writing dei CD-R, per cui l'utente può aggiungere
anche un file per volta in tempi diversi, tenendo presente che la dimensione minima di registrazione è 32KB
anche se la dimensione del file è più piccola. In questo caso lead-in e lead-out sono creati solo al momento
di chiudere il DVD, che fino a questo momento si trova in uno stato "non finalizzato" e leggibile solo dal
masterizzatore.
Come abbiamo avuto modo di notare più indietro, esistono due supporti DVD-R chiamati General e
Autoring media.
Il primo è stato pensato per gli utilizzi consumer, e si diversifica dal secondo perché non può essere usato
per fare copie bit-a-bit di dischi protetti con l'algoritmo CSS per un blocco fisico inserito a livello di media.
I DVD-R per autoring, invece, sono pensati per l'uso professionale e tra l'altro la versione da 4,7GB
permette di memorizzare (in un'apposita area del Lead-in) il Cutting Master Format (che in questo caso è
chiamato Disc Description protocol), usato dagli apparecchi DTL per la duplicazione professionale.
Anche il processo di masterizzazione prevede l'uso di laser con diversa lunghezza d'onda 650 nm per i DVDR General e 635 per i DVD-R autoring, impedendo la scrittura di un media su un apparecchio compatibile
con l'altro supporto.
Il playback invece è possibile su tutte le apparecchiature.
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E' bene chiarire che entrambi i media possono essere usati per preparare contenuti multimediali da usare
con i DVD player, e solo l'algoritmo di criptazione CSS non può essere usato con entrambi i media.
DVD-RW
Vediamo adesso un'altro tipo di media, complementare al DVD-R ovvero il DVD-RW, che come traspare
dalla sigla è la versione riscrivibile. Questo supporto può essere riscritto fino a mille volte, ha una capacità
di 4,7GB (su singola faccia), è costruito per memorizzare Audio, Video ed altri tipi di dati e per garantire la
massima compatibilità con tutti i tipi di lettori. proprio per garantire la massima compatibilità non usa
cartridge, consentendo così l'utilizzo su tutti lettori DVD per PC e non. La struttura del supporto prevede 4
layer e la compatibilità meccanica con i CD permette di riutilizzare le attuali linee di produzione senza
modifiche troppo pesanti.
Il DVD-RW utilizza la tecnologia Phase-change per le operazioni di scrittura, lettura e cancellazione.
Tramite un raggio laser della lunghezza d'onda di 650 nanometri, si provvede al riscaldamento del
substrato fotosensibile del supporto, determinando il passaggio di fase dallo stato cristallino (riflettente)
allo stato amorfo (non riflettente) e viceversa. Questi passaggi di stato dipendono dalla temperatura e dalla
velocità di raffreddamento e permettono al lettore di riconoscere e riprodurre le informazioni memorizzate.
Il laser usa due livelli di potenza: uno per scrivere e l'altro per cancellare. La potenza più alta provoca la
diminuzione del potere riflettente della superficie colpita dal fascio opportunamente focalizzato. Comunque,
prima di raggiungere la potenza più alta, si procede al trattamento della zona con un fascio a potenza
intermedia che riporta il materiale nella situazione riflettente, cancellando le informazioni precdentemente
memorizzate.
In pratica prima di raggiungere la potenza massima si raggiunge un valore intermedio, che permette la
cancellazione del supporto che è uno dei punti di forza della tecnologia Phase ch'ange (cioè è possibile
cancellare e scrivere contemporaneamente). Come si può notare dalla figura qui sopra, il raggio laser è
opportunamente modulato con una serie d'impulsi, invece che un segnale continuo.
Così si ottiene un miglior controllo sul profilo della zona scura. Usando un fascio continuo il processo di
fusione del materiale potrebbe continuare anche quando il laser è spento, creando una distorsione del
profilo della zona scura.
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I parametri degli impulsi (durata, duty cycle, forma d'onda) possono essere variati dal masterizzatore così
da trovare la strategia migliore per la scrittura, adattando la qualità del segnale al tipo di supporto
utilizzato.
Con questa tecnologia si possono ottenere buoni rapporti di riflessione dell'ordine del 18% - 30%, che sono
precisamente quelli necessari per la lettura di un DVD-ROM dual layer.
Poiché ogni lettore è in grado di leggere DVD-ROM dual layer, teoricamente, possiamo pensare che tutti i
lettori siano in grado di leggere i DVD-RW.
La massima compatibilità è anche il criterio con cui sono stati progettati i DVD-RW, però possono
verificarsi delle eccezioni considerando l'attuale parco di DVD-players.
Visto il valore della riflettività del supporto riscrivibile può accadere che un lettore consideri il supporto
alla stregua di un DVD dual layer e cerchi invano di localizzare il secondo strato. Il risultato è che il
supporto non è letto. Alcuni lettori identificano il tipo di disco, leggendo il codice d'identificazione presente
su tutti i DVD. Poiché i DVD-RW sono un formato nuovo, questo potrebbe non essere riconosciuto dal
lettore che rifiuta la lettura del supporto.
Questi problemi possono essere risolti con un aggiornamento del firmware del lettore. Un altro problema
può verificarsi usando supporti RW versione 1.0, che fisicamente hanno una zona del disco (che contiene la
chiave per la decrittazione dei contenuti protetti) illeggibile. Questa contromisura è stata introdotta per
arginare la duplicazione illecita di materiale video, ma determina seri problemi di compatibilità con i
lettori, che non riescono ad accedere
a queste informazioni.
Per questo sono nati i supporti DVD-RW versione 1.1 che contengono un'area preincisa leggibile (non
alterabile), che migliora la compatibilità e protegge dalla duplicazione illecita.Vediamo adesso la differenza
fra Physical Layers e Application Layers.
Il primo definisce le caratteristiche del media, e permettono ad ogni dispositivo (sia di lettura che di
scrittura) d'identificare il supporto indipendentemente dai dati presenti.
Per poter interpretare correttamente i dati, occorre che il dispositivo sia conforme all'application layer, ad
es. i contenuti dei DVD video sono ottenuti con sofisticati programmi di autoring, che provvedono ad
organizzare i dati audio, video e la grafica in forma compressa, in modo tale che ogni lettore sia in grado di
riprodurli correttamente.
Il DVD video è un formato dedicato alla pubblicazione di contenuti, senza considerare un successivo editing
degli stessi.
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Per ovviare a questo esiste un altro application layer, noto come video recording (VR) format. L'obiettivo di
questo layer è riprodurre le funzionalità tipiche del videoregistratore, come ad esempio poter inserire nuovi
segmenti di filmato, in qualsiasi punto del disco.
VR realizza una flessibilità molto vicina a quella di un comune videoregistratore grazie a caratteristiche
come la ricerca automatica delle aree da registrare e una tabella visuale delle registrazioni effettuate sul
disco, non permesse dal formato DVD video.
Affinché un dispositivo (sia stand alone che per PC) possa riprodurre un DVD Video o VR, deve essere
compatibile con questi layer (e anche a livello di layer fisico) e dotato del software necessario per la
riproduzione.
Un particolare modo di scrittura dei supporti è l'incremental writing da non confondere con il packet
writing. Con un disco nuovo non registrato è possibile scrivere le informazioni creando un'unica sessione
disk-at-once, oppure aggiungere più sessioni consecutive. Se un disco era già stato registrato, nuovi
segmenti di registrazione possono essere inseriti ovunque nella parte preregistrata: questa caratteristica è
chiamata restricted overwriting. La registrazione non può essere fatta nelle zone non preregistrate, che di
fatto delimitano fisicamente i confini della zona scrivibile.
A differenza dei dischi scritti con la tecnica packet writing che possono essere letti dai DVD-ROM drive
solo quando viene finalizzato il CD (comunque il masterizzatore può leggere i dati), i cd prodotti con la
tecnica restricted overwriting possono essere letti da tutti i lettori (compatibili) senza dover per forza
finalizzare il CD. Quindi è possibile visualizzare il contenuto di un lavoro ancora non completo
aggiungendo via via altre informazioni e visionare per ogni passo l'evoluzione del contenuto con un lettore
compatibile con questo sistema di scrittura.
La protezione dei contenuti con DVD-RW agisce su due fronti. Il primo obiettivo è impedire la copia illegale
di video criptati con Content Scrambling System (CSS), il secondo è prevenire la copia di materiale
registrato con VR application layer.
Per raggiungere il secondo obiettivo si ricorre al Content Protection of Recordable Media (CPRM)
utilizzabile con i media compatibili con la revisione DVD-RW 1.1.
Riassumendo un DVD-RW ha le seguenti misure per proteggere i contenuti ivi registrati:
Un'area prestampata non alterabile per prevenire la registrazione della chiave di decrittazione CSS, che si
potrebbe ottenere facendo copie bit-a-bit dell'originale. Sia la versione 1.0 che la 1.1 usano un'area
prestampata in corrispondenza della zona dove è memorizzata la chiave CSS, però nella versione 1.0
quest'area non è leggibile, creando problemi di compatibilità con alcuni lettori per cui si è passati alla
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versione 1.1 dove il codice non alterabile, e però leggibile migliorando la compatibilità in lettura. Ogni
DVD ha un suo numero identificativo, situato nella parte più vicina la centro del media. Questo fornisce un
unico ID e fa parte della protezione CPRM e viene usato per generare la chiave con cui criptare i contenuti
presenti sul DVD. MKB sta per Media Key Block ed è stampata sul disco, questa permette la decriptazione
dei contenuti nei lettori CPRM compatibili. Come si può notare è stata posta molta attenzione, in fase di
progettazione, alla protezione del materiale registrato nei media con particolare riferimento ai contenuti
multimediali. La principale preoccupazione è quella di evitare la facile ploriferazione di copie illegali,
salvaguardando comunque la versatilità del supporto.
DVD-RAM
Il DVD-RAM è forse il più vecchio tra i supporti DVD che sono stati approvati da DVD-Forum nel lontano,
si fa per dire, 1998. Dietro DVD-RAM troviamo aziende del calibro di Panasonic ed Hitachi che hanno
spinto fin dalla nascita questo supporto. La prima versione di questo supporto prevedeva dimensioni di soli
2,6GB per lato, portate successivamente a 4,7GB per lato. La tecnologia usata per la scrittura è derivata
dalla dual phase-change (con alcune caratteristiche dei Magneto Ottici, MO) e garantisce fino a 100.000
cicli di lettura scrittura.
Fisicamente il supporto usa le tecnica Wobbled Land Groove, per cui la scrittura avviene sia nei solchi
(groove) che nelle piste fra i solchi (land), che possiedono un andamento ondulatorio (wobbled). Per
conoscere la posizione dei dati, si usa un sistema d'indirizzamento costituito da dei PIT prestampati sul
media.
Contrariamente ad altri media per cui da dimensione minima allocata è di 32KB (legata al sistema di
correzione), il DVD-RAM usa unità di allocazione da 2KB (settore fisico), ed adotta una strategia di
gestione dei difetti fisici del media che sposta i dati in presenza di settori difettosi (grazie ad opportune zone
riservate a questo scopo).
Il supporto è contenuto in un contenitore chiamato caddy, che deve necessariamente essere usato durante la
scrittura del media, e nel caso di sistemi singolo strato, è possibile estrarre il media dal caddy (i media type
1 sono non estraibili dal caddy, mentre i type 2 sono estraibili), così da poterlo inserire in tutte le unità che
non supportano il contenitore (sempre che siamo compatibili).
La scrittura dei supporti avviene usando la strategia ZCLV, per cui il disco è diviso in settori che sono pari
a 17 nella parte iniziale del disco e 40 nella parte più prossima al bordo esterno, mentre le zone a velocità
costante sono 24. Con questa tecnica si riesce ad ottimizzare la spazio utilizzato per la scrittura delle
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informazioni rispetto a sistemi CAV. Con il DVD-RAM i dati possono essere posizionati in ogni punto del
media senza seguire particolari strategie di riempimento (in modo analogo agli Hard disk).
Come si può intuire il DVD-RAM costituisce un po' una rivoluzione rispetto agli attuali supporti ottici.
Potremo paragonarlo a ragione ad un hard disk ottico, nato con la vocazione alla memorizzare dati, con
una connotazione più professionale dei supporti precedentemente analizzati. Rispetto ai supporti DVD-R e
DVD-RW, hanno più problemi di compatibilità con i riproduttori a causa del sistema di gestione dei settori
difettosi, del diverso potere riflettente ed altri fattori di minor importanza legati sempre alla struttura del
supporto (e non dimentichiamo il caddy).
DVD +RW
Questo formato si propone di garantire la massima compatibilità con i lettori DVD video ed il mondo PC,
utilizzando soluzioni tecnologiche ormai collaudate, però non è supportato dal DVD forum, anche se alcuni
sostenitori di questo media (Philips, Sony, Hewlett-Packard, Ricoh) sono membri di questa organizzazione.
La tecnologia impiegata deriva direttamente dai CD RW, per cui si parla ancora di tecnica Phase Change
con un supporto a 4 strati che sfrutta le proprietà della lega Ag-In-Te-Sb di cambiare il proprio stato fisico
(amorfo, cristallino) quando riscaldate da un raggio laser opportunamente modulato. In questo caso le
informazioni sono scritte nei solchi prestampati, che hanno un andamento ondulato (wobble). L'ondulazione
è sfruttata per il corretto posizionamento del pick-up ottico, in particolare, quando si sfrutta la tecnologia
Lossless Linking, che permette di sospendere e riprendere la scrittura, garantendo la compatibilità del
media con tutti i tipi di lettori.
Per ottenere ciò, è necessario una precisa conoscenza dei punti d'inizio e fine scrittura che è ottenuta grazie
all'andamento ondulatorio (ad alta freq. Pari a di 817KHz) dei solchi prestampati sul media, usato come
riferimento posizionale. Con questo sistema si ottengono precisioni dell'ordine del micron fra due scritture
diverse.
Il principale obiettivo di questo formato è la compatibilità con il maggior numero di riproduttori, ed in
particolare quelli dedicati alla riproduzione video. Una feature particolarmente attraente di questo formato
è la possibilità di scrivere dati (con riferimento al campo video), e poter utilizzare immediatamente il
supporto su un lettore senza necessariamente finalizzare il supporto. Anzi è possibile cancellare ed
aggiungere dati e poter utilizzare subito il supporto su un lettore, e vedere il risultato dell'editing come
farebbe un utente finale sul proprio apparecchio.
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Il formato DVD+RW prevede molte altre feature dedicate alla realizzazione e gestione del materiale
multimediale, che non approfondiremo in questo documento, ma che fanno intuire l'orientamento con cui è
stato concepito questo media.
Altre caratteristiche del DVD+RW sono la gestione dei settori difettosi ed il sistema Full CAV, per cui la
velocità lineare aumenta allentandosi verso il bordo esterno del disco, e che migliora i tempi da accesso ai
dati.
Al momento questo formato non ha fatto capolino sul mercato, a differenza dei suoi concorrenti (tra l'altro
esiste anche il DVD+R che ha la stesse caratteristiche del formato +RW tranne la riscrivibilità) quindi pur
essendo sulla carta uno dei favoriti parte in svantaggio a causa del ritardo di commercializzazione.
La sfida fra i vari formati è appena iniziata; come in passato (leggi VHS vs BETAMAX) anche oggi si
ripropone uno scontro sul formato (e per certi aspetti fra aziende), per cui solo a distanza potremo vedere
chi ne uscirà vincitore (magari saranno più di uno o qualcosa di nuovo). Siamo solo all'inizio di una nuova
rivoluzione che ci porterà ad abbandonare il classico supporto magnetico (sia floppy che videocassetta) in
favore del più moderno supporto ottico.
DOLBY DIGITAL
Dolby è un marchio registrato dei Laboratori Dolby e comprende una serie di standard di codifica audio,
evoluti nel corso degli anni, con un comune obiettivo: aumentare il coinvolgimento sonoro durante la visone
cinematografica. Inizialmente i sistemi Dolby venivano utilizzati esclusivamente per le sale
cinematografiche, con l'avvento dell'Home Theatre e soprattutto dei lettori DVD la tecnologia Dolby è
entrata anche nell'ambito della riproduzione domestica. La funzione del Dolby è quella di aggiungere ai
normali canali della stereofonia (destro/sinistro) uno o più canali aggiuntivi in modo da rendere il sonoro
più avvolgente e direzionale. Nell'ambito Home Theater la codifica Dolby più evoluta è attualmente la
Dolby Digital. Essenzialmente si basa sulla riproduzione dei canali destro/sinistro, di un canale centrale
che riproduce esclusivamente il dialogo, di due canali posteriori dedicati agli effetti e di un canale
subwoofer dedicato alla riproduzione delle frequenze medio/basse. Contando il numero di casse acustiche
necessarie alla riproduzione Dolby Digital si capisce facilmente perche' ci si riferisce a questo standard
anche come audio Dolby 5.1 dove il .1 è il canale del subwoofer che, contenendo una minore quantità di
informazioni audio, viene considerato come "canale addizionale".
Un altro tipo di standard per la decodifica Dolby utilizzato in ambito Home Theater è il Dolby Pro-Logic.
Dolby Pro-Logic prevede la riproduzione dei canali destro/sinistro, di un canale centrale e di un canale
effetti riprodotto da due casse acustiche ricavato da una serie di filtraggi a partire dai canali
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destro/sinistro.
Il sistema Pro-Logic può essere utilizzato con DVD, videocassette e Laserdisc, la codifica Pro-Logic
rispetto alla codifica Dolby Digital offre minore ampiezza di gamma dinamica ed essendo uno standard
analogico presenta una minore separazione dei canali audio. Per riprodurre audio Dolby Digital è
necessario in primo luogo che il DVD (solo i DVD grazie alla loro capacità possono essere codificati in
Dolby Digital) che si sta visionando sia codificato secondo questo standard, inoltre solitamente un DVD
presenta diverse codifiche a seconda del linguaggio selezionato. Può succedere quindi che un DVD presenti
audio Dolby Digital se visionato in lingua Inglese e audio Dolby Pro-Logic se visionato in Italiano. E'
sempre meglio controllare quindi le copertine dei vari titoli dove i tipi di codifica per le varie lingue sono
solitamente indicati.Appurato che il titolo che si sta visionando presenta Audio Dolby Digital il lettore DVD
deve essere collegato, solitamente mediante fibra ottica, ad un amplificatore Audio/Video in grado di
decodificare questo formato e pilotare quindi adeguatamente le varie casse acustiche.Un'altra possibilità è
che il lettore DVD presenti un decodificatore Dolby Digital integrato, in questo caso presenterà una uscita
audio per ogni canale, collegando queste uscite ad uno o più amplificatori sarà quindi possibile usufruire
del Dolby Digital anche senza un amplificatore predisposto.
TECNICHE VIDEO
• BLUESCREEN come realizzare set virtuali
• MORPHING per creare effetti efficaci
• ROTOSCOPING come lavorare fotogramma per fotogramma
• COMPOSITING VIDEO come comporre effetti e sorgenti in un unico lavoro
• ALPHA CHANNEL cos'è e come si usa il canale alpha
BLUESCREEN
Questa tecnica permette di "bucare" un ben determinato colore (od una gamma di colori) nel fotogramma,
permettendo in questo modo di sostituirlo con un'altro colore o, piu' precisamente, con un' altra clip. Un
classico esempio di bluescreen e' dato dai programmi televisivi di previsioni del tempo, nei quali l'esperto si
muove davanti ad uno schermo enorme, spesso animato, che rappresenta la zona geografica da
commentare. Non si tratta, come potrebbe sembrare a prima vista, di uno schermo televisivo o di una retro
proiezione, ma semplicemente di un set virtuale. In realta' dietro al metereologo si trova uno schermo di un
27
colore il piu' possibile uniforme e sapientemente illuminato. Sara' l'apparecchiatura lineare o il software del
sistema non lineare, come nel nostro caso, a provvedere alla sostituzione di tutti i pixel di colore uguale allo
schermo con l'immagine della cartina geografica.
MORPHING
Il termine morphing significa "metamorfosi" e viene introdotto per indicare quelle tecniche che permettono
di creare un'animazione di trasformazione tra un oggetto ed un altro. Gli oggetti possono essere di varia
natura, fotogrammi, immagini, elementi tridimensionali, ecc... e per ognuno di essi esistono software
specifici in grado di realizzare tale animazione. Nel campo del Digital Video sono due i tipi di morphing che
possono essere di nostro interesse: il morphing tra oggetti tridimensionali e tra fotogrammi.
ROTOSCOPING
Una delle cose che ha sempre affascinato il videoamatore nell'ambito del montaggio cinematografico, e' la
possibilita' di "srotolare" la pellicola per poterla utilizzare fotogramma per fotogramma, tagliando,
incollando e modificando i singoli riquadri. Bene, anche il montaggio non-lineare ci da la possibilita' di
realizzare qualcosa di simile, in maniera meno elaborata e molto piu' efficace. Questa tecnica viene
chiamata Rotoscoping. Essenzialmente consiste nel salvare un filmato (o meglio, alcuni secondi di filmato)
in un unico file grafico che contiene tutti i fotogrammi in fila, dall'alto verso il basso (vedi figura a lato). In
questo modo si ha la possibilita' di operare su un'unica enorme immagine composta da tutti i singoli
fotogrammi. Se pensiamo che ogni secondo di filmato e' composto da 25 fotogrammi, e' facile capire che
sarebbe proibitivo lavorare su sequenze lunghe; gia' una decina di secondi implicano parecchi Mb di
immagine. Per realizzare questa tecnica (che ormai e' stata superata da pacchetti realizzati ad hoc per il
rotoscoping) utilizzeremo Adobe Photoshop che, grazie al formato proprietario Photoshop Filmstrip
(estensione FLM), permette di importare sequenze di fotogrammi ed elaborarle singolarmente. Gli utilizzi
possono essere tantissimi: si va dalla correzione cromatica al ritocco somatico, dall'eliminazione di rumori
e difetti video al Croma Key. Una volta completati i lavori sul file, esso viene salvato dal Photoshop per poi
essere importato in Premiere (software della Adobe per il montaggio digitale) e compilato assieme al resto.
COMPOSITING
Il compositing video e' un ramo del desktop video che negli ultimi anni e' diventato praticamente
indispensabile nella gestione professionale del video digitale. Si tratta infatti di un procedimento che
permette la modifica degli aspetti visivi di un filmato attraverso l'aggiunta di effetti speciali e la
sovrapposizione di piu' sorgenti video. Il tutto viene eseguito utilizzando i cosidetti layer, canali video
aggiuntivi pensati come fogli lucidi trasparenti sovrapposti al filmato originale, sui quali si possono
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disporre ulteriori clip, originando effetti complessi ma semplici da gestire. Il layer si possono muovere,
ruotare, modificare a piacimento proprio come facciamo con una clip, col vantaggio che non influiamo sui
livelli che stanno sotto e sopra. Questo permette quindi di applicare effetti di prova, senza preoccuparci di
rovinare la clip di partenza. Inoltre, grazie alla timeline e alla tecnica dei keyframe, si ha un pieno controllo
di ogni modifica su ogni fotogramma.
ALPHA CHANNEL
Per ottenere effetti leggermente complessi ma di grande effetto si può utilizzare una tecnica che spesso viene
classificata impropriamente come una trasparenza, ma che in realtà è un metodo per specificare il grado di
opacità di una clip. Si tratta dell'alpha channel (canale alpha) detto anche “maschera”. Come abbiamo
detto, non si tratta di un vero e proprio filtro, ma di una tecnica applicabile agli oggetti grafici per ottenere
una grande varietà di effetti, tra cui le caratteristiche di opacità/trasparenza di una clip.
Questa tecnica si basa sulla possibilità di associare ad ogni elemento grafico (immagine o filmato) una
seconda entità (immagine o filmato) in bianco e nero che indichi quali porzioni del primo oggetto siano da
considerare trasparenti e quali opache. Più in dettaglio, se un pixel di un fotogramma del canale alpha è
nero, il rispettivo pixel sul fotogramma della clip dovrà essere considerato trasparente e quindi non
visualizzato. Naturalmente avviene il contrario per i pixel bianchi. È immediato comprendere che tutte le
sfumature di grigio sono considerate, a seconda dell’intensità, livelli differenti di trasparenza.
La trasparenza vera e propria verrà realizzata dal software, attraverso il canale superimpose. Il canale
alpha rimane soltanto un riferimento per il software che deve compiere la selezione dei pixel più o meno
opachi.
B#01
PARTE SECONDA
A cura di M.Borelli
Questa sezione riporta i temi trattati in classe. Le schede sono basate sugli appunti presi dagli studenti nel corso delle lezioni
GLI STRUMENTI DEL COMUNICARE
di Marshall McLuhan (Arnoldo Mondadori editore, Milano, 1990). Titolo originale dell’opera:
Understanding Media.
La prima edizione di questa opera esce nel 1964 (ma in Italia il libro viene pubblicato solo nel
1990). All’epoca i computer non costituivano ancora un fenomeno di massa, il loro utilizzo era
esclusivamente legato al campo militare e alla risoluzione di calcoli complessi.
29
•
McLuhan si è concentrato sugli effetti della comunicazione e sui modi con i quali i media
influenzano la comunicazione stessa (non parla di internet poiché ancora non esisteva).
Marshall McLuhan (1911-1980), sociologo canadese e critico della società contemporanea è
stato allievo di Harold A. Innis (1894-1952), fondatore della Scuola di Toronto, il quale si è
occupato in modo nuovo dei processi di comunicazione, studiando il legame tra sviluppo
economico delle società e modo di comunicare. Di Innis in italiano troviamo i seguenti libri: Le
tendenze della comunicazione (1982) e Impero e comunicazioni (2001).
Fra le altre opere di McLuhan citiamo: La sposa meccanica (1951), La galassia Gutenberg
(1962), Dal cliché all’archetipo (1970),
Medium (sing.) Media (plur.) vocabolo inglese derivata dal latino mezzo:
TUTTO CIÒ CHE ESTENDE LA POSSIBILITA’ DI COMUNICAZIONE
DELL’UOMO
Il medium è un mezzo di comunicazione, inteso sia come dispositivo tecnologico che come apparato
complesso di produzione e ricezione di informazioni. Possono essere considerati tali:
- voce /telefono
- scrittura/stampa
- ruota/strada
- radio/televisione
- fotografia/cinema
- manifesti/pubblicità
- arte/teatro
Il corpo stesso può essere considerato medium dell’attività mentale e artistica dell’uomo…
personal-media (es.telefono,voce..)
≠
la funzione nella comunicazione può invertirsi:
si puo’ essere sia produttori/emittenti che fruitori/riceventi
(media point to point)
mass-media (radio, televisione, cinema..)
maggioranza dei riceventi/pubblico rispetto agli
emittenti/produttori/autori
non c’è scambio paritario (anche detti media
point to many)
Appunti e commenti a due capitoli del libro GLI STRUMENTI DEL COMUNICARE di Marshall McLuhan
(Arnoldo Mondadori editore, Milano, 1990).
( Introduzione, capitoli: I “Il medium è il messaggio” e IV “L’amore degli aggeggi. Narciso come narcosi”)
B#02
Introduzione e Capitolo I: “Il medium è il messaggio”:
30
Nel corso del XX° secolo assistiamo ad un grosso cambiamento nella percezione che l’uomo ha dello
spazio e dell’ambiente; un suo estrovertersi attraverso l’elettricità, che gli permette di comunicare
oltre le sue capacita’ fisiche.
L’elettricità ha ridotto il globo a poco che un villaggio.
In una condizione da McLuhan definita di Villaggio globale, i gruppi sociali modificano le vite dei
singoli individui rendendoli omogenei nelle esperienze; tutti si conoscono, tutti sono stati alimentati
dagli stessi mezzi di comunicazione e dallo stesso modo di pensare, contemporaneamente le
esperienze sono ridotte e limitate dal “villaggio” stesso e da chi ne determina l’agenda.
In una società dominata dai mass media il carattere particolare di ogni singolo punto di vista viene
a mancare e prevale il p.d.v. di chi emette.
Nell’era elettrica abbiamo come pelle l’intera umanità, l’individuo si prefigura come parte di un
tutto e importante è solo la comunicazione di per sé.
L’estensione della società globale oltre i confini spazio-temporali ha esiti contraddittori dal
momento che, se da una parte si alza il livello di cultura generale, dall’altra le informazioni ricevute
attraverso i media portano con sé il torpore di una passività provocata dal forte dislivello tra
emittenti e riceventi.
Gli studiosi dei media negli anni 40 e 50 in Usa e in Europa sono stati i primi ad allarmarsi e a fare
una critica dei contenuti emessi da radio e televisione, chiedendone il controllo (teoria critica della
Scuola di Francoforte).
McLuhan sottolinea invece negli anni 60 la necessità di prestare attenzione al dispositivo stesso
della comunicazione, poiché agisce a livello percettivo alterando le capacità sensoriali dell’uomo.
E’ il mezzo usato, quindi, non i contenuti trasmessi, che predispone ad un nuovo stato fisico e
percettivo.
Il mezzo modifica le persone. The medium is the message.
Il messaggio muta la persona non tanto per il contenuto quanto per il mezzo con cui è giunto a noi. Il
media è il messaggio: controlla e plasma l’azione umana.
31
Per es. in Italia prima del ’75 la televisione non era a colori. Per quei tempi l’immagine in bianco e
nero trasmessa dalla tv era veritiera e realistica, dato che le persone avevano adattato la loro
percezione a questo dispositivo. Con i media non ci si avvicina dunque alla realtà, siamo noi che
accettiamo come realistica l’immagine proposta dai media in uso.
La televisione è in definitiva una branca dell’industria che si occupa di convincere la gente a
comprare il maggior numero di prodotti.
Per questo motivo si può definire la trasmissione tv, di qualsiasi genere, come un “momento di
pausa in mezzo alla pubblicità”, che ne è l’essenza principale.
La televisione è quindi un mass media che ci è stato raccontato in un modo ma che serve
principalmente ad altro: ad aumentare i consumi dell’audience. Questa funzione deriva dalla natura
dello stesso dispositivo televisivo, aldilà dei contenuti delle trasmissioni. Per questo Il mezzo è il
messaggio.
Per altri studiosi europei, contemporanei di McLuhan, è più utili concentrarsi sugli effetti che sul
dispositivo mediatico. Infatti chi fruisce dei media di massa può essere definito passivo, dato che non
è in grado di comunicare come chi emette il messaggio, ma, allo stesso tempo, è attivo in quanto
sono i suoi sensi e la sua mente a percepire attivamente la comunicazione: può decidere se e cosa
trarre dal media (per questo partecipa emotivamente all’azione, spegne il televisore, si distrae,
commenta, ecc.). Per questi studiosi il processo di ricezione della comunicazione e de suoi effetti è
un processo comunque attivo che dipende dalle capacità culturali dei singoli, i quali riconoscono nel
messaggio tv quello che è proprio del gruppo culturale di appartenenza, in un complesso processo di
codifica e decodifica (teorie culturali del Media Group del Centre for Contemporary Cultural
Studies dell’Università di Birmingham).
Ogni media è il risultato della combinazione e dello sviluppo di forme di comunicazione precedenti.
Le prime trasmissioni radiofoniche diffondevano gli spettacoli teatrali e le notizie dei giornali. Un
mezzo di comunicazione ne ingloba o ne soverchia un altro precedente per sopravvivere.
32
L’adattamento delle forme convenzionali alla nuova tecnologia ha comportato comunque
trasformazioni significative e differenze qualitative tra i media.
La luce elettrica non appare come media poiché sembra non avere contenuto ma il suo messaggio è
radicale e permeante; ha modificato la quotidianità delle persone e il tempo/spazio nel quale vivono
permettendo, inoltre, la nascita di tutti gli altri mezzi di comunicazione tecnologici.
Secondo McLuhan gli effetti della tecnologia (..) alterano costantemente e senza incontrare
resistenza, le reazioni sensoriali o le forme di percezione. Soltanto l’artista (quello autentico) può
essere in grado di fronteggiare impunemente la tecnologia (…)
L’artista fronteggia la tecnologia lavorando nel presente e ponendosi al di fuori dell’uso comune,
convenzionale del mezzo; la sua esperienza lo rende consapevole dei mutamenti che intervengono
nella percezione sensoriale, la sua arte mette in scena questa alterazione. L’artista capisce come
ogni nuovo dispositivo contribuisca inevitabilmente a modificarci nuovamente.
B#03
Capitolo IV “L’amore degli aggeggi. Narciso come narcosi”:
Il giovane Narciso scambiò la propria immagine riflessa nell’acqua per un’altra persona. E questa
estensione speculare di se stesso attutì le sue percezioni sino a fare di lui il servo meccanismo della
propria immagine estesa o ripetuta.
Narciso stesso diviene immagine e non vive se non per la sua stessa immagine; in egual modo noi
siamo servi dei media, invece di utilizzarli ne siamo utilizzati.
Attraverso l’estensione del proprio corpo, l’uomo compie un’auto-amputazione, imponendo nuovi
equilibri tra gli altri organi del corpo e la macchina di comunicazione tecnologica.
Per es. nel contesto dei media contemporanei esiste una predominanza del loro carattere visivo;
concentrandoci sull’immagine auto-limitiamo gli altri sensi (modello narcisista).
Ogni medium influenza contemporaneamente l’intero campo dei sensi. McLuhan nota come ogni
popolo attraverso la diffusione televisiva globale si sia avvicinato a modelli sensoriali contrari a
33
quelli propri: l’Europa avrebbe così abbandonato la tattilità per abbracciare la visività del modello
americano (modi di vestire, immagine cinematografica), mentre l’America, in modo opposto, si
sarebbe avvicinata alle attività tattili e non visive (es. linguaggi parlati, cucina, arti plastiche).
L’uomo è perpetuamente modificato dall’uso normale della tecnologia (o del proprio corpo
variamente esteso) e trova a sua volta modi sempre nuovi per modificarla. Diventa insomma, per
così dire, l’organo sessuale del mondo della macchina, come lo è l’ape per il mondo vegetale, gli
permette il processo fecondativo e l’evoluzione di nuove forme. L’uomo è la sessualità della
macchina; è il mezzo/dispositivo necessario alla sua riproduzione.
L’incremento della domanda di media e il conflitto tra uomo e tecnologia aumenta la produzione di
nuovi media, spinti dal bisogno di evolversi, consentendone esistenza e sviluppo.
L’uomo è l’organo sessuale della macchina e quindi è parte integrante di essa. Il corpo umano è
ormai un ibrido, carne fusa con la tecnologia che utilizza.
(appunti di Valentina Caja rivisti da Maia Borelli)
B#04
Magnifico Duchamp che dopo aver ornato la Gioconda, scrisse:
Ella ha caldo al culo
(L.H.O.O.Q in francese)
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2004/12_Dicembre/02/duchamp.shtml
Orinatoio (Fontana)
1917-1964
; Altezza 62,5
Collezione privata - private collection
Nel 1917, Duchamp decide d‚esporre l‚orinatoio di porcellana alla Società
degli artisti indipendenti a New York, ma a causa dell‚evidente funzione
polemica e del desiderio dell‚artista di sconvolgere l‚istituzione, l‚opera
viene rifiutata. Il ready-made può essere attuato attraverso lo spostamento
dell‚oggetto, o dal suo contesto fisico, come nel caso della Ruota di
bicicletta, oppure dall‚ordinario contesto logico, come avviene in
quest‚opera, ribattezzandolo, così da non avere più alcuna relazione con
l‚oggetto come era considerato ordinariamente. L‚artista pone una specie di
firma „R.Mutt‰, che racchiude la chiave di lettura dell‚opera. Anteponendo
34
il cognome all‚iniziale del nome R abbiamo la parola „Mutter‰, „madre‰ in
tedesco. La forma dell‚orinatoio ricorda, infatti, la forma di un bacino
femminile o di un vaso alchemico.
http://www.artonline.it/xx_opera.asp?IDOpera=836
DADA: M. Duchamp
"Per comprendere come è nato dada è necessario immaginarsi, da una parte,
lo stato d'animo di un gruppo di giovani in quella specie di prigione che
era la Svizzera all'epoca della prima guerra mondiale e, dall'altra, il
livello intellettuale dell'arte e della letteratura a quel tempo. Certo la
guerra doveva finire e noi ne avremmo viste delle altre. Tutto ciò è caduto
in quel semioblio che l'abitudine chiama storia. Ma verso il 1916/'17 la
guerra sembrava non dovesse più finire. In più, da lontano, sia per me che
per i miei amici, essa prendeva delle proporzioni falsate da una
prospettiva troppo larga. Di qui il disgusto e la rivolta. Noi eravamo
risolutamente contro la guerra, senza però cadere nelle facili piaghe del
pacifismo utopistico. Noi sapevamo che non si poteva sopprimere la guerra
se non estirpandone le radici" (Tristan Tzara). E' il carattere eversivo,
la rottura, che caratterizza da subito il movimento. Si rifiuta la società
senza mezzi termini: si deve ricominciare da zero, annullando tutti i
valori, i pregiudizi, le convenzioni sui quali si è fondata la società
borghese. E la negazione passa per la distruzione della cultura borghese e
di tutti i suoi canoni estetici: l'arte è "brutta" per principio, e per
principio si rinuncia all'armonia ed alla bellezza cromatica
dell'impressionismo, pur magari riconoscendosi in Cézanne e Van Gogh. Essa
rappresenta una fuga angosciosa di fronte ad ogni cosa che sia gradita e
piacevole, che risulti puramente decorativa e seducente.
http://digilander.libero.it/laboratoriostoria004/Dati/019dada.html#
________
http://www.rekombinant.org
http://liste.rekombinant.org/wws/subrequest/rekombinant
B#05
E' morto a Parigi Pierre Restany
Il 29 maggio 2003 è scomparso un grande critico, "una figura immensa della passione per l'arte del nostro
tempo".
"La vera realtà è il sogno". (Pierre Restany)
35
E' da poco scomparso, il 29 maggio scorso, all'età di 73 anni, Pierre Restany, teorico del Nouveau
Réalisme, padre spirituale e mentore degli artisti aderenti al movimento, critico acuto ed intelligente sempre
capace di stupirsi e di capire i giovani artisti, le personalità complesse, le idee rivoluzionarie, con
un'ammirazione senza limiti per Yves Klein, con il quale ebbe un eccezionale scambio intellettuale ed
umano, ed i suoi monocromi di International Klein Blue, "phénomènes de pure contemplation".
Orgogliosamente consapevole dell'importanza di un movimento innovativo e dirompente del quale fu
convinto artefice e, per tutta la vita, strenuo difensore, credendo in modo totale al potere di rinnovamento,
non solo nel campo dell'arte figurativa, di una poetica rivoluzionaria che instaurava nuovi sistemi percettivi
tra l'uomo e l'ambiente, affermava: "l'art a définitivement basculé dans la morale, et l'esthétique dans
l'éthique".
Morto a Parigi, Restany aveva passato l'infanzia in Marocco, soggiornando poi preferibilemnte tra la
Francia e l'Italia, spesso a Milano, dedicandosi all'attività di critico d'arte ed anche di scrittore scorrevole
e divertente (a lui si devono testi di importanza epocale come "Abstraction"), impostando sempre il suo
lavoro nell'ottica di un concetto di arte come utopia, come passione, come emozione.
Come tanti dei "suoi" artisti, Restany era animato da uno straordinario spiritualismo laico, capace di
cogliere il lato sentimentale della realtà senza cadere nel melenso ed in una sterile dietrologia, moderno,
aperto agli aspetti più entusiasmanti della modernità, capace di vederne con indulgente profondità i limiti
ed i difetti.
Valga, a definirne sinteticamente la personalità, la frase del ministro francese della Cultura Jean-Jacques
Aillagon, che ha annunciato la morte di "una figura immensa della passione per l'arte del nostro tempo".
Il concetto di base dal quale siamo partiti è quello di considerare l’IDEA, come elemento
fondamentale dell’opera: tutto ciò che ha dietro un’idea percepibile dallo spettatore ha valore in sé, perché
fonte di innovazione ed originalità. L’idea associata alla tecnica porta alla realizzazione di un prodotto
creativo che nel nostro specifico settore è un’opera artistica.
Per dare corpo a questo concetto fondamentale ci è stato portato ad esempio un film relativamente
recente, “Minority Report” di Steven Spielberg, dove il regista ha l’idea di far visualizzare allo spettatore le
varie scene dei crimini proposti durante il film, attraverso uno schermo trasparente, o meglio di riuscire a
materializzare l’immagine a prescindere dall’esistenza di uno schermo. Tutto ciò è ancora impossibile nella
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realtà quotidiana, tanto che per realizzare questo particolare obiettivo, la produzione del film ha dovuto
portare avanti degli studi sulla percezione umana dell’immagine che, come sappiamo, è da noi esperita
sempre attraverso il riflesso proiettato su una superficie o uno schermo ben visibili. L’originalità dell’idea
nel film quindi sta proprio nel modo in cui viene mostrata l’immagine/ricordo, simulando che il supporto
tecnico per poterla visualizzare sia inesistente. Oltre alla difficoltà di realizzazione dell’immagine stessa, il
tutto fu reso più complicato dal fatto che l’attore protagonista doveva riuscire a sincronizzare perfettamente
i suoi movimenti con quelli delle immagini proiettate davanti a lui.
Altro argomento affrontato nel corso della lezione è stato l’uso e l’applicazione del bluescreen.
Abbiamo potuto prenderne coscienza in modo teorico attraverso i contenuti speciali dei dvd dei film “Il
Quinto Elemento” e “Matrix”. Gli extra mostrati ci hanno permesso di destrutturare il film per
comprenderne le tecniche di produzione. La tecnica del bluescreen consiste sostanzialmente nel creare un
ambiente ricoperto completamente da teli blu, o all’occorrenza verdi, e nel far agire il personaggio da
riprendere all’interno del set così preparato. Nel caso di “Matrix”, ad esempio, i vari attori hanno potuto
compiere le loro evoluzioni attaccati a cavi blu e solo successivamente, attraverso un programma specifico,
si è potuto deselezionare il colore e inserire al suo posto una scenografia del tutto virtuale. Per questo è
assolutamente necessario che chi agisce sul set non abbia indumenti o altro dello stesso colore del telo
usato. L’uso esclusivo di questi due colori (in inglese blue e green) è dato dal fatto che, insieme al rosso
(red), sono i tre colori fondamentali dell’elettronica (RGB).
Terzo video del quale ci è stata proposta la visione è stato “Der lauf der dinge” (“The way things
go”, ossia “Il modo in cui vanno le cose”), diretto e prodotto da David Weiss e Peter Fischli, l’uno fisico
matematico, l’altro diplomato alle Accademie d’arte di Urbino e Bologna. Questo video ci ha aiutati a
comprendere meglio e a stabilire relazioni di tipo tecnico con un quarto film, “Arca Russa” di Alexander
Sokurov, girato a Pietroburgo nel 2002. Le due produzioni vogliono entrambe dare la percezione di
avvenimenti concatenati che accadono in un flusso continuo, senza possibilità di pause, e che si susseguono
con magistrale precisione. Sia Weiss e Fischli che Sokurov ci presentano quindi una unica sequenza
ininterrotta, anche se realizzata attraverso tecniche diverse e con l’utilizzo di soggetti molto distanti tra
loro. Per realizzare “Arca Russa”, unico film girato interamente con un piano sequenza della durata di due
ore, ci sono voluti circa due anni di preparazione. Questa lunga fase di preparazione ha permesso al regista
di curare ogni minimo particolare e gli ha reso quindi possibile questa eccezionale impresa. Inoltre Sokurov
si è avvalso di una particolare telecamera chiamata Steadycam, poderosa e pesante macchina da presa
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dotata di ammortizzatori che producono la sensazione di cui parlavamo poc’anzi, ossia lo scivolare
continuo e fluido delle immagini come se ci si avvalesse di un carrello per le riprese cinematografiche.
(appunti di Laura Quagliardi rivisti da Maia Borelli)
B#06
L’ALTRA FACCIA DELL’ARTE
di Pierre Restany (Editions Galilée, Parigi, 1979). Titolo originale dell’opera: L’autre face de l’Art.
Appunti e commenti sulla prima parte
Partendo dalla visione di “Anèmic Cinèma” (1926) di Marcel Duchamp si è affrontato il concetto di
“opera d’arte aperta”, riferendosi, in particolar modo, ai vettori che Pierre Restany, critico d’arte,
individua nella produzione artistica del ‘900.
Una data storica, importantissima per capire in che modo la concezione dell’arte mutò totalmente, è
il 1913, anno in cui l’artista francese creò l’opera “Ruota di bicicletta”. La tecnica artistica usata fu il
“ready-made”. La traduzione letteraria del sintagma è “subito pronto”, “già fatto”, implica quindi
l’utilizzo di un oggetto concreto, tridimensionale, di uso quotidiano, che viene collocato in un “contesto
artistico”. Fu quest’opera, o meglio, questo gesto compiuto volutamente dall’artista a rivoluzionare
totalmente il divenire dell’arte contemporanea. Per la prima volta sulla scena mondiale, si presentava un
“semplicissimo” oggetto come opera d’arte. L’operazione compiuta dall’artista fu quella di
“decontestualizzare” l’oggetto utilizzato (in tal caso la ruota di una bicicletta) eliminando, o meglio,
modificando totalmente la funzione che esso aveva in origine. Duchamp montò una semplice ruota su uno
sgabello; è come se, in qualche modo, avesse invitato l’oggetto a “posare” come una modella su un sedile o
addirittura su un piedistallo.
Il gesto compiuto, ed è questo in realtà il concetto principale, scatenò un turbinio di conseguenze: da
Duchamp in poi l’artista chiede un’esplicita e diretta partecipazione dello spettatore a completare il
prodotto artistico. È lo spettatore che fa di un oggetto quotidiano un oggetto artistico e ne determina il
valore. Lo spettatore fa l’arte.
Dopo l’opera di Duchamp codice e filosofia della visione risultano totalmente rivoluzionati. Vi è un
totale spostamento del punto di vista dall’estetica all’etica, un nuovo modo di considerare l’arte e di vedere
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la realtà. L’attenzione si sposta dall’oggetto artistico creato ex novo al “comportamento di un oggetto già
esistente in un diverso contesto” in modo da stimolare, inevitabilmente, il fruitore. L’arte diviene un
problema morale. È l’approccio a mutare: non conta solo l’opera in sé, ma anche il gesto; viene meno
un’oggettività artistica.
Basta considerare che non è più una tela, una pittura, una scultura o qualsiasi altra tecnica artistica
deputata ad essere opera d’arte, bensì l’impressione derivata da un oggetto; in tal caso, l’autore né dipinge,
né scolpisce. Si abbandona la pittura puramente retinica alla ricerca di una espressione intellettuale
dell’arte.
Stimolato dalla ruota, infatti, lo spettatore può immaginare una ciclista (la ruota è piccola, per bici
femminili), una gita in campagna, la leggerezza di un pomeriggio trascorso tra dissimulati gesti di
seduzione, tra leggerezze e ironie, tra slanci e scontrosità tipici della verde età. Propone un oggetto
suscettibile di allusioni e associazioni formulabili in piena libertà. La conseguenza è il battesimo artistico
dell’oggetto (come lo definisce Restany) sul quale si fonda l’intero umanesimo tecnologico, prefigurazione
ottimista di una società futura capace di dare una realtà tangibile al postulato teorico della creatività
generalizzata: tutti gli uomini sono (potenzialmente) creatori.
Un’altra opera dello stesso artista, stavolta datata 1917, può facilitare la comprensione della
portata di questa rivoluzione artistica, il titolo è: Fontana. Stavolta l’oggetto proposto è un orinatoio. Come
si può proporre tale oggetto come opera? Il residuo di un artigianato artistico ancora presente in una ruota
innestata su uno sgabello verniciato di bianco viene meno: Duchamp nega qualsiasi interesse alla
dimensione manuale dell’opera, si serve di uno squallido oggetto d’uso e lo firma con un buffo pseudonimo:
Richard Mutt (in slang americano Mutt corrisponde a scemo) - si ricordi che anche il film Anèmic Cinèma,
come altre opere di Duchamp, è firmato da lui con il nome “Rrose Sélavy” (il nome, femminile, suona come
Rosa è la vita). Anche l’uso di pseudonimi è una costante che gli serve a raggiungere il totale azzeramento
dei canoni artistici tradizionali da lui avviato. Qui l’invenzione, piuttosto che nell’opera, è nel travestimento
dell’autore: l’artista assume un’identità relativa, si sottrae a qualsiasi norma sociale, spiazza le attese,
rifiuta di concorrere, di contribuire allo spettacolo, di partecipare. Si diverte, anche abusando dello
spettatore e adoperando il turpiloquio, come si evince nella sua famosissima Monnalisa con i baffi del 1919,
che ha per titolo L.H.O.O.Q.(frase non troppo gentile se letta con la pronuncia francese); sta con se stesso,
è in ogni caso altrove.
Questi cambi di significato (detournement) dell’oggetto scelto da Duchamp come opera d’arte sono
esplosioni semantiche, che coinvolgono la parola e la visione insieme. I suoi ready made sono giochi di
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parole a tre dimensioni (calembours). Il gioco dell’artista consiste nel mettere fuori contesto sia la parola
che l’oggetto.
È doveroso ricordare che questo modo di fare di Duchamp, tipico dell’avanguardia artistica, è
simile a quello di una serie di movimenti artistici che agivano sul fiorire del Novecento: le Avanguardie
storiche, movimenti artistici di ricerca che proponevano soluzioni innovative e novità estetiche, Futurismo,
Surrealismo, Costruttivismo, e nel caso di Duchamp, Dadaismo. Caratteristica peculiare di tali movimenti
d’avanguardia fu la stesura di un manifesto programmatico con il quale erano fornite le motivazioni
dell’agire artistico e, eventualmente, il fine sociale del movimento. Un intento comune era presente: volontà
di rinnovamento nel settore artistico, proposto attraverso valori e comportamenti innovativi e di rottura
rispetto al passato. Le avanguardie storiche proponevano una tabula rasa, una negazione degli standard
accademici artistici passati e non solo, inventando nuovi rapporti con l’arte e, nel caso di Marcel Duchamp,
nuove tecniche artistiche a primo approccio ridicole.
Nello specifico: Tristan Ztara ed Hans Arp furono i promotori del Dadaismo, movimento che nacque
a Zurigo presso il Cabaret Voltaire, covo d’intellettuali irregolari emigrati in Svizzera per svariate ragioni
durante la Prima guerra mondiale. Nel 1918 venne pubblicato il loro Manifesto che, in estrema sintesi,
proponeva la totale negazione di qualsiasi convenzione artistica e stilistica (estesa ovviamente a tutti i
campi delle arti) “creandone” delle nuove, dando estrema importanza, quasi maniacale, al gesto,
all’azione, considerato come incipit di qualsiasi atto artistico. Se la produzione Dada è veramente un
“gesto” allora artisti dadaisti per eccellenza furono Duchamp, Picabia e Man Ray con le sue “rayografie”.
Altra data importantissima per la storia dell’arte è il 1924: Andrè Breton firmò in quell’anno il
primo manifesto del Surrealismo. È lo stesso Breton a dare una concisa e chiara definizione di tale
movimento; surrealismo è: ”[…] automatismo psichico puro mediante il quale ci si propone di esprimere
sia verbalmente, sia per iscritto o in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero, con assenza di ogni
controllo esercitato dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica e morale”.1
Anche qui si viene a delineare un nuovo approccio e un nuovo modo di fare arte: è il pensiero a
compiere l’opera con un coinvolgimento, psicologico e non solo, dello spettatore. Si esalta il dubbio
metodico per praticare senza costrizioni la ricerca pura sia per quanto riguarda l’immagine che la
scrittura. Ancora una tabula rasa, una negazione del passato.
1
Estratto dal Manifesto del Surrealismo di Andrè Breton, documento capitale del movimento, pubblicato nel 1924.
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Dadaismo e Surrealismo furono movimenti artistici indispensabili, inoltre, alla formulazione,
interpretazione e comprensione delle forme d’arte che si espansero a macchia d’olio in Europa e America a
partire dalla seconda metà del Novecento sino ai giorni nostri.
Il gestualismo di J. Pollock, (ci troviamo all’incirca nel 1955) inventore dall’action painting, pittura
azione, non avrebbe “giustificazione” se Dada e Duchamp non avessero lasciato un’ombra sulla
produzione artistica di tutto il Novecento. Con Pollock non è più tanto importante il prodotto estetico in sé,
ma il processo attraverso il quale viene prodotta l’opera d’arte, il processo attraverso il quale viene fatta
sgocciolare la vernice con il dripping su lenzuoli (da considerarsi come vere e proprie tele) per la prima
volta presentati appesi in mezzo allo studio o addirittura distesi per terra.
Le Avanguardie storiche prima citate sono i presupposti storici necessari a comprendere il totale
spostamento delle coordinate artistiche tradizionali che si compie nella seconda metà del secolo XX°. I
monocromi di Yves Klein, le “sculture viventi” di Piero Manzoni non esisterebbero se il “Nouveau
Realisme” non avesse assimilato e rifiltrato il pensiero di Duchamp e dei Dadaisti, dandosi, per conferma,
l’appellativo di neo-dada, andando a creare nuovi rapporti percettivi con il reale, con il quotidiano, di cui
l’oggetto è perfetta sintesi. L’inserimento di accessori all’interno di tele (combine-painting) da parte di
Rauschenberg nel 1960 come in “Bed” o “Cup” non avrebbero altrimenti radici storiche. L’artista, infatti,
divenne celeberrimo per aver adattato, o meglio trasformato un letto in tela sul quale gettare valanghe di
colore e presentarlo in verticale, non in orizzontale com’è la “natura” stessa di un letto.
Il “silenzio” volutamente prodotto dal musicista d’avanguardia John Cage in un suo concerto,
l’introduzione poi, come negli stessi anni Pierre Boulez stava compiendo in Francia, del caso, dell’alea,
all’interno di una composizione musicale, o gli happening di Allan Kaprow e di Fluxus risulterebbero
sicuramente più difficili da comprendere.
Denominatore comune di queste tendenze artistiche era, per consolidare il concetto, una sorta di
poetica dell’ object trouvè (oggetto trovato), prelevato dal contesto reale, dalla realtà e inserito, combinato,
nella situazione artistica. Musica concreta, combine painting, pop-art, cubismo, hanno fondato la loro
ricerca artistica su questo caposaldo.
Ciò che è necessario è impadronirsi del concetto che l’”opera d’arte aperta” è il passo finale di una
volontà di ricerca artistica che aveva come obiettivo quello di annullare totalmente la distanza, da sempre
esistente, tra arte e vita. L’oggetto divenuto opera d’arte è il quotidiano, il mondano, il reale che da nuova
vita all’arte.
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(appunti di Luigi Avantaggiato rivisti da Maia Borelli)
B#07
Visione del film di Duchamp Anemic Cinema
(Cinema all’incontrario). Il film è del 1926 ed è firmato da Rrose Sélavy, alter ego femminile di Marcel
Duchamp.
Marcel Duchamp (1887-1968) inizia la sua carriera di pittore nel 1902 sotto l’influenza dei cubisti, di
Cezanne e dei fauve.
Nel 1910 esegue il Ritratto del padre
1911crea Nudo che scende le scale, opera forse ispirata agli esperimenti cronofotografici di Étienne-Jules
Marey
1913crea Ruota di bicicletta, primo dei suoi ready-made, opere nel quale l’attenzione nell’opera è rivolta
allo spettatore. Si appassiona al gioco degli scacchi.
1919 crea L.H.O.O.Q. opera dissacratoria nella quale aggiunge alla Monna Lisa “un paio di baffi e una
barbetta a punta”.
1924 viene pubblicato a Zurigo il manifesto del surrealismo Dada. Nello stesso anno Duchamp emette delle
obbligazioni-collage fotografici da lui create per ottenere dei prestiti con i quali giocare al casinò secondo
un suo speciale sistema.
Da Duchamp in poi si abbandona la pittura puramente retinica alla ricerca di una espressione intellettuale
dell’arte.
Intellettualizzando la sua percezione Duchamp entra nel mondo contemporaneo dell’identità relativa.
Duchamp esce dagli schemi della pittura, è un’artista totale: si interessa di cinema, di scacchi, di gioco
d’azzzardo, il suo modo di vedere la realtà è totalmente cambiato rispetto a quello dei suoi predecessori.
Con l’evolversi dell’arte, l’opera perde la sua oggettività. È sul doppio rapporto arte/vita e
umanesimo/tecnica che si fonda il divenire della nostra cultura.
L’ ACTION PAINTING (arte americana del secondo Novecento) è la fusione dell’ESPRESSIONISMO e del
SURREALISMO. Con l’Action painting POLLOCK inventa la pittura gestuale, l’attenzione va alla traccia
che l’artista lascia sulla tela.
1949 Cage fa il suo ritorno a Parigi. JOHN CAGE, teorizza la musica casuale, esegue un pezzo con il
pianoforte che si intitola il silenzio. Il suono è importante non la musica.
1956 1959 Alan Kaprow partecipa ai corsi di musica tenuti da John Cage.
(appunti di Alessandro Salvitti riscritti da Maia Borelli)
B#08
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L’ALTRA FACCIA DELL’ARTE di Pierre Restany
(Editions Galilée, Parigi, 1979). Titolo originale dell’opera: L’autre face de l’Art.
Appunti e commenti sulla seconda parte
•
I punti nodali della ricerca artistica del ‘900 sono oggi condensati nella realtà digitale: opera d’arte
aperta, ruolo attivo dello spettatore, drammaturgia procedurale, smaterializzazione dell’oggetto d’arte,
sono tutti concetti nati dalla ricerca artistica del XX° secolo.
Gli artisti contemporanei, attraverso un processo di decontestualizzazione dell’arte, hanno operato un
forte cambiamento concettuale, spostandosi dall’idea di opera d’arte tradizionalmente intesa a quella di
opera d’arte aperta.
Nell’opera d’arte aperta lo spettatore assume un ruolo centrale diventando artefice dell’arte stessa;
quello che conta ora è il valore etico ed emozionale dell’opera d’arte e non l’apparenza o l’effetto più o
meno piacevole che essa produce.
Avviene quindi uno spostamento del contesto artistico sul piano emozionale-percettivo che l’oggettoimmagine suscita nell’osservatore, ovvero, uno spostamento determinante dall’estetica all’etica: l’arte
diviene una questione morale.
La pittura diviene una traccia che lascia trasparire il momento dell’azione, intesa come il processo
per arrivare al prodotto. Jackson Pollock (1912-1956), pittore esponente dell’action painting,
rinuncia sia al cavalletto sia alla parete per porre nello spazio o sul pavimento, i supporti su cui e
attorno a cui lavorare. Attraverso la nuova tecnica del dripping (cioè del «gocciolamento») l’artista
entra fisicamente all’interno della tela poggiata sul pavimento e guida con il proprio gesto lo
sgocciolare del colore facendo trasparire la sua stessa emozione. Il processo e non il prodotto
diventa centrale nell’opera d’arte.
Alan Kaprow nel 1959 pubblica Something to take place: a happening (possiamo tradurlo come “qualcosa
che deve succedere”). Happening diverrà il nome delle sue azioni performative.
•
Il titolo di questo testo sottolinea già di per sé il concetto di happening; la tela, prodotto fine a sé stesso,
viene sostituita da una serie di momenti performativi organizzati dall’artista, all’interno dei quali lo
spettatore potrà interagire con l’opera-spazio e con l’autore.
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Per esempio nel 1962 un allestimento-happening dal titolo “Words” vedeva lo spettatore collocato
all’interno di uno spazio riempito con parole di diverse provenienze(scritte,registrate, ecc.). Il pubblico
si trovava ad interagire direttamente con l’opera poiché era invitato a completarla (scrivendo a sua
volta sui grandi fogli appesi alla pareti), giocando in primis con le parole stesse.
Gli spazi tradizionali si rivelano insufficienti (galleria d’arte, sale teatrali, sale da concerto, ecc.);
esplode la necessità di fare del mondo stesso e degli spazi quotidiani il proprio palcoscenico
(strade,luoghi pubbblici, loft. ecc.).
John Cage propone gli Arranged Pianos (utilizzando pianoforti da lui modificati che producono suoni
diversi dal solito) per far comprendere la possibilità di produrre suono in modo anticonvenzionale. In
altre occasioni inserisce suoni quotidiani, o addirittura lunghi momenti di silenzio all’interno di concerti
che si svolgono in spazi tradizionali.
•
In un momento successivo, Kaprow abbandona il termine happening proponendone uno nuovo: activity.
In questo processo performativo non esiste una sceneggiatura completa da seguire: lo spettatore è attivo
in quanto tutto parte da un canovaccio che si limita a predisporre una struttura, un tema o un luogo, ad
indicare delle direttive su cui attori e spettatori possono improvvisare: nessuno saprà cosa succederà
prima della fine dell’azione, terminata la quale si svilupperà un dibattito su ciò che è avvenuto.
•
Yves Klein, pittore della seconda metà del Novecento attivo dal 1955 al 1962 a Parigi, attraverso la
monocromia, elimina le distanze tra arte e vita, sostenendo che l’arte non è più una funzione che
appartiene al nostro occhio ma alla nostra stessa vita: opera una smaterializzazione dell’oggetto d’arte,
intesa come perdita di concretezza. Ciò comporta un distacco fondamentale nell’economia dell’arte,
poiché il valore dell’opera non viene più attribuito al singolo oggetto ma alla capacità d’interazioneconnessione con l’osservatore che esso provoca. Ad esempio Klein poneva sé stesso in una galleria
d’arte dove le pareti erano da lui dipinte come monocromatiche, in una totale assenza di quadri. Per lui
la stessa vita dell’artista diviene oggetto d’arte acquistando un valore assoluto; non è più il gesto in sé
ma il contesto, il momento scelto dall’artista a fare l’arte.
•
Dal 1970 George Segal, artista- scultore statunitense riproduce, con l’utilizzo di materiali sofisticati,
personaggi comuni molto realistici, attraverso l’uso di silicone e di particolari accurati come veri
44
capelli e abiti. Introduce inoltre nelle sue esposizioni delle persone in funzione di comparse che restano
immobili riproponendo posizioni quotidiane.
Attraverso le sue installazioni ha creato delle situazioni di cortocircuito esperenziale, ovvero uno
spiazzamento da parte dello spettatore, che si trova ad ammirare insieme persone e sculture,
confondendole come fossero entrambi oggetto d’esposizone, opere d’arte.
George Segal ha trasformato il popolare in arte (molto più di quello che faceva Warhol nella sua pop
art!); le sue sculture fissate nel gesto, costituiscono partendo dal quotidiano un vero e proprio momento
metafisico, la metafisica del luogo comune.
•
In conclusione il concetto di virtualità nasce molto prima dell’invenzione del computer: nel racconto
orale così come nel teatro la virtualità è sempre stata implicita in quanto lo spettatore, attraverso i
sensi, si è sempre immedesimato nell’esperienza proposta dall’attore, esperienza che non avveniva nella
realtà ma veniva solo evocata.
Lo stesso avviene oggi con la multimedialità: il mezzo di comunicazione multimediale si rivolge a più
sensi e l’esperienza viene vissuta dall’utente attraverso la simulazione. È multimediale anche se in gradi
diversi quindi, sia il contesto audiovisivo che quello teatrale poiché i sensi coinvolti e i piani della
narrazione sono diversi e molteplici.
(appunti di Valentina Caja rivisti da Maia Borelli)
SUI TEMI QUI ESPOSTI SI CONSIGLIA DI ANDARE A VEDERE A MODENA L’ESPOSIZIONE “ACTION PANTING, ARTE
AMERICANA 1940-1970:DAL DISEGNO ALL’OPERA” AL FORO BOARIO FINO AL 27 FEBBRAIO 2005 INFO TEL 320
0452126
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