Materiali per il corso - Università degli Studi di Milano
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A.I.L.A. SCUOLA ESTIVA DI LOGICA 2009 Materiali per il corso STORIA E FONDAMENTI DELLA LOGICA (Prof. Ettore Casari) 1 INDICE I. Semiotica Modelli semiotici 4 Platone Aristotele 8 Megarico-Stoici Ockham 11 Bolzano Frege 25 II. La logica come teoria delle relazioni e delle operazioni su(lle estensioni de)i concetti Sillogistica categorica 27 Hobbes Leibniz 39 Preliminari algebrici Boole 46 Sviluppi Schröder 67 Huntington De Morgan 71 Peirce Tarski 80 Halmos Tarski-Thomson 88 Henkin Halmos 91 Weyl Bernays 94 Quine III. La logica come teoria delle relazioni e delle operazioni sulle proposizioni Megarico-Stoici 101 Ockham Wittgenstein 107 Post IIIA. La logica come teoria delle verità formali: storia del calcolo proposizionale Frege 110 Russell-Whitehead Sheffer 116 Nicod Russell-Whitehead 114 Post Bernays 121 Hilbert Hilbert-Bernays 126 Lukasiewicz-Tarski Gödel 130 Lukasiewicz-Tarski Fitelson 133 Kolmogorov Glivenko 141 Heyting Kolmogorov 146 Gödel Johansson 150 Lukasiewicz Post 154 Lukasiewicz-Tarski Kleene 157 Lewis III.B La logica come teoria delle inferenze valide: l'idea di sequenza Megarico-Stoici 162 Hertz 5 9 14 39 43 67 70 76 87 89 92 96 105 108 113 117 116 125 127 132 137 143 147 151 155 159 170 2 I. SEMIOTICA 3 MODELLO ‘TRIANGOLARE’ sfera verbale sfera cognitiva sfera ontologica MODELLO ‘TETRAEDRALE’ sfera verbale sfera cognitiva sfera lektologica sfera ontologica 4 Platone [428-348] Sofista (262 sqq.) La prima e per vari aspetti tuttora insuperata analisi della situazione semantica c che comprende nette distinzioni: [1] fra la sfera linguistica e quella ontologica; [2] fra i termini e gli enunciati nonché, entro i termini, fra i loro due tipi fondamentali; [3] fra le due fondamentali relazioni di denotazione e di enunciazione, ivi compresa la definizione di verità c è quella offerta da Platone nel Sofista (26le5sqq). Passando sopra a distinzioni minori quest'analisi può essere così presentata. Vi sono da un lato le entità linguistiche che Platone chiama le entità vocali, i segni della voce [t¦ fwnhqšnta, t¦ tÍ fwnÍ dhlèmata, t¦ shme‹a tÁj fwnÁj]. Dall'altro lato vi è la sfera ontologica dell'essere, delle cose e delle azioni [oÙs…a, pr£gmata, pr£xeij]. I rapporti che connettono la sfera linguistica con quella ontologica sono chiamati, in generale, di indicazione, di significazione [dhlo‹n, shma…nein]. I nostri termini di oggetto e di predicato sono qui, rispettivamente, i nomi [ÑnÒmata] e i verbi [·»mata] e sono definiti tramite la relazione di denotazione come quelli che denotano [denominano c Ñnom£zein] cose o agenti, rispettivamente denotano [significano c shma…nein] azioni. Si chiarisce che né una sequenza di nomi, né una sequenza di verbi determinano ancora un enunciato [lÒgoj]; questo nasce solo quando un nome sia mescolato, connesso, combinato [ker£nnumi, ¢rmÒzw, sumplškw] con un verbo. Un enunciato atomico [Ð ™l£cistÒj te kaˆ prîtoj lÒgoj] risulta così dalla combinazione [sumplwk»] di un nome con un verbo; chi lo forma, compone, tramite nomi e verbi, cose e azioni [sunqeˆj pr©gma pr£xei di'ÑnÒmatoj kaˆ ·»matoj]. Così questa combinazione [plšgma] non si limita a denotare ma determina qualcosa [oÙk Ñnom£zei mÒnon ¢ll£ ti pera…nei]; perciò si dice che esso enuncia e non solo denota [diÕ lšgein te aÙtÕn ¢ll'oÙ mÒnon Ñnom£zein e‡pomen] ed è perciò che viene chiamato enunciato [lÒgoj]. È caratterizzato da due fatti: [1] tratta sempre di qualcosa; [2] è sempre o vero [¢lhq»j] o falso [yeud»j]. È vero quando enuncia le cose che sono [t¦ Ônta] come sono [lšgei ... Ð m|n ¢lhq¾j t¦ Ônta æj œstin]; è falso quando enuncia cose diverse da quelle che sono [Ð d| yeud¾j ›tera tîn Ôntwn]. 5 Segni verbali { t¦ fwnhqšnta } } t¦ shme‹a tÁj fwnÁj y t¦ tÍ fwnÍ dhlèmata | ¨ Nomi Verbi @ ÑnÒmata A @ ·»mata A ¨ ¨ manifestano nominano dhlo‹ Ñnom£zei ¨ ¨ l'essere @ A t¾n oÙs…an ¨ ¨ Cose Agenti Azioni @ pr£gmata pr£ttontej A @ pr£xeij A x z z 6 Componendo nomi e verbi sumplškwn t¦ ·»mata to‹j ÑnÒmasi si genera una Proposizione (Atomica) lÒgoj (prîtoj, ™l£cistoj, smikrÒtatoj) che non solo denomina ma determina manifesta dice dhlo‹ l{gei oÙk Ñnom£zei mÒnon ¢ll£ ti pera…nei ¨ l'essere di ciò che è o non è ciò che è o diviene oÙsfan Ôntoj À m¾ Ôntoj o è divenuto o sarà perˆ tîn Ôntwn À gignomšnwn À gegonÒtwn À mellÒntwn sempre intorno a Qualcosa Vera o Falsa @ A @ peri tinÒj ¢lhq»j yeud»j A è vera è falsa x z se dice z z e„ lšgei z ciò che è ciò che non è z z come è come se fosse z z z t¦ Ônta æj œstin t¦ m¾ Ônta æj Ônta z (cose diverse z z da quelle che sono y ›tera tîn Ôntwn) { } } } } } } } } } } } } | 7 Aristotele [384-322 a.c.] De Interpretatione I, 16a3-8 (tr.lat. Boezio [480-524]) ”Esti m|n oân t¦ ™n tÍ fwnÍ Sono dunque le cose nella voce simboli Sunt ergo ea quae sunt in voce tîn ™n tÍ yucÍ paqhm£twn sÚmbola delle affezioni dell'anima earum quae sunt in anima passionum notae, kaˆ t¦ grafÒmena tîn ™n tÍ fwnÍ. e le cose scritte (simboli) delle cose nella voce. et ea quae scribuntur eorum quae sunt in voce. kaˆ ésper oÙd| gr£mmata p©si t¦ aÙt£, E come le lettere non (sono) uguali per tutti, Et quemadmodum nec litterae omnibus eaedem, oÙd| fwnaˆ aƒ aÙta…: (così) neppure le voci (sono) le stesse. sic nec eaedem voces; ïn mšntoi taàta shme‹a prètwn, Tuttavia queste (sono) segni delle prime quorum autem hae primorum notae, taÙt¦ p©si paq»mata tÁj yucÁj, (e) per tutti le affezioni dell'anima (sono) le stesse eaedem omnibus passiones animae sunt, kaˆ ïn taàta Ðmoièmata pr£gmata ½dh taÙt£. e ciò di cui queste (sono) imagini, le cose (sono) già le stesse. et quorum hae similitudines, res etiam eaedem. NB. Per Boezio: sÚmbola ~ notae ~ shme‹a 8 I Megarico-Stoici Sesto Empirico, Adversus Mathematicos, VIII, 10-13 10. Gli Stoici affermano che sono veri sia alcuni oggetti della sensazione [tîn a„sqhtîn] sia alcuni oggetti dell'intellezione [tîn noetîn]: non direttamente però sono veri gli oggetti della sensazione, ma in base al loro riferimento agli oggetti dell'intellezione come ad oggetti con loro strettamente connessi. Vero è infatti secondo gli Stoici ciò che sussiste [Øp£rcon] ed è opposto, di opposizione contraddittoria, a qualcosa, falso ciò che non sussiste ed è opposto, di opposizione contraddittoria, a qualcosa. E ciò che è vero o falso, essendo una proposizione incorporea, è un intelligibile. 11. Tale era la prima discordanza intorno al vero; vi è però tra i filosofi dogmatici anche un altro dissenso, per il quale gli uni pongono il vero ed il falso in ciò che viene significato [perˆ tù shmainomšnJ], gli altri nelle parole [perˆ tÍ fwnÍ], gli altri ancora nel movimento dell'intelletto [perˆ tÍ kin»sei tÁj diano…aj]. E di quella prima opinione si fecero alfieri gli stoici dicendo che ci sono tre cose interconnesse fra loro: ciò che è significato [tÕ shmainÒmenon], ciò che significa [tÕ shma‹non], ciò che si dà [tÕ tugc£non]; 12. che significante è la voce, per esempio, la parola ‘Dione’; ciò che è significato è quella cosa che viene indicata [dhloÚmenon] dalla voce e che noi comprendiamo quando si presenta al nostro intelletto, mentre i barbari non l'intendono, quantunque odano la voce; ciò che si dà è ciò che sussiste esternamente, per esempio, Dione stesso. E di questi tre correlativi due sono corpi, e cioè la voce e il ciò che si dà, uno è incorporeo e cioè la cosa significata o dicibile [lektÒn]; ed è questo che è vero o falso. Questo, però, non in tutti i casi; ma qualcuno è incompleto [™llipšj], qualche altro completo [aÙtotelšj] e, nel caso completo, quello che si chiama proposizione [¢x…wma], che anche descrivono dicendo ‘proposizione è ciò che è vero o falso’ [¢x…wma ™stin Ó ™stin ¢lhq|j À yeàdoj]. 13. Quelli invece vicinio a Epicuro e Stratone il fisico ammettendo solo due cose, il segno e la cosa che si dà, sembrano assumere la seconda posizione e lasciare il vero e il falso intorno alla voce. L'ultima opinione c intendo quella che pone il vero nel movimento dell'intelletto c sembra essere stata modellata solo a fini scolastici. 9 il significante (voce) tÕ shmalnon (fwnˇ) nome proprio nome comune verbo enunciato Ônoma proshgorfa rÁma lÒgoj f f f f manifesta significa dice dhlol shmafnei l{gei ¨ ¨ ¨ ¨ qualità individuale qualità comune predicato proposizione edfa poiÒthj koin¾ poiÒthj kathgÒrhma ¢xfwma incompleto completo œllip{j aÙtotel{j il significato, il detto, (la cosa) tÕ shmainÒmenon, tÕ lektÒn (pr©gma) f ? ¨ ciò che si dà l'oggetto esterno tÕ tugc£non tÕ œktÕj Øpokefmenon 10 Guillermus de Ockham [1300-49] Summa Logicae, I, 1 (2) Est autem sciendum, quod, sicut secundum BOETHIUM, in I Perihermenias, triplex est oratio, scilicet scripta, prolata et concepta, tantum habens esse in intellectu, sic triplex est terminus, scilicet scriptus, prolatus et conceptus. Terminus scriptus est pars propositionis descriptae in aliquo corpore, quae oculo corporali videtur vel videri potest. Terminus prolatus est pars propositionis ab ore prolatae et natae audiri aure corporali. Terminus conceptus est intentio seu passio animae aliquid naturaliter significans vel consignificans, nata esse pars propositionis mentalis et pro eodem nata supponere. Unde isti termini concepti et propositiones ex eis compositae sunt illa verba mentalia, quae beatus AUGUSTINUS, XV De Trinitate, dicit nullius esse linguae, quia tantum in mente manent et exterius proferri non possunt, quamvis voces tamquam signa subordinata eis pronuntientur exterius. Bisogna inoltre sapere che, come secondo Boezio in Peri hermeneias I, vi sono tre tipi di proposizione e cioè scritta, proferita e concepita (che esiste solo nell'intelletto), così vi sono tre tipi di termine e cioè scritto, proferito e concepito. Il termine scritto è una parte di una proposizione tracciata su un qualche corpo che è vista o può venir vista con l'occhio corporale. Il termine proferito è una parte di una proposizione proferita dalla bocca e nata per essere udita dall'orecchio corporale. Il termine concepito è una intenzione ovvero affezione dell'anima significante o consignificante per natura qualcosa, nata per essere parte di una proposizione mentale e per supporre per esso [sc. il qualcosa]. Per cui questi termini concepiti e le proposizioni con essi composte sono quelle parole mentali che il beato Agostino nel De Trinitate XV dice non essere la lingua di alcuno, perché rimangono soltanto nella mente e non possono venir esternate, ancorché si pronuncino all'esterno le voci come segni ad esse subordinati. 11 Dico autem voces esse signa subordinata conceptibus seu intentionibus animae, non quia proprie accipiendo hoc vocabulum ‘signa’ ipsae voces semper significent ipsos conceptus animae primo et proprie, sed quia voces imponuntur ad significandum illa eadem, quae per conceptus mentis significantur ita, quod conceptus primo naturaliter significat aliquid et secondario vox significat illud idem, in tantum quod voce instituta ad significandum aliquid significatum per conceptum mentis, si conceptus ille mutaret significatum suum, eo ipso ipsa vox sine nova institutione suum significatum permutaret. Et pro tanto dicit PHILOSOPHUS, quod voces sunt “earum, quae sunt in anima passionum notae”. Sic etiam intendit BOETHIUS, quando dicit voces significare conceptus. Et universaliter omnes auctores dicendo, quod omnes voces significant passiones vel sunt notae earum, non aliud intendunt, nisi quod voces sunt signa secundario signifìcantia illa, quae per passiones animae primario importantur, quamvis aliquae voces primario importent passiones animae seu conceptus, quae tamen secundario important alias animae intentiones, sicut i n f e r i u s ostendetur. Dico peraltro che le voci sono segni subordinati ai concetti o alle intenzioni dell'anima, non perché, prendendo in senso proprio il vocabolo ‘segni’, le voci significhino sempre in primo luogo e in senso proprio i concetti dell'anima, ma perché alle voci si impone di significare le medesime cose che vengono significate dal concetto della mente così che il concetto primieramente significa qualcosa e secondariamente la voce significa la stessa cosa, al punto che fissata la voce a significare qualcosa significata dal concetto mentale, se quel concetto mutasse il suo significato, immediatamente la stessa voce muterebbe senza nuova fissazione il suo significato. E per questo dice il Filosofo che le voci sono “note delle affezioni che sono nell'anima”. Così anche intende Boezio quando dice che le voci significano i concetti. E in generale tutti gli autori quando dicono che le voci significano le affezioni o sono note di esse, non intendono altro se non che le voci sono segni significanti secondariamente le cose che vengono primariamente importate attraverso le affezioni, sebbene alcune voci importino primariamente affezioni dell'anima o concetti che tuttavia secondariamente importano altre intenzioni dell'anima come più avanti si mostrerà. 12 Et sicut dictum est de vocibus respectu passionum seu intentionum seu conceptuum, eodem modo proportionaliter, quantum ad hoc, tenendum est de his, quae sunt in scripto respectu vocum. Inter istos autem terminos aliquae differentiae reperiuntur. Una est, quod conceptus seu passio animae naturaliter significat quidquid significat, terminus autem prolatus vel scriptus nihil significat nisi secundum voluntariam institutionem. Ex quo sequitur alia differentia, videlicet quod terminus prolatus vel scriptus potest mutare suum significatum, terminus autem conceptus non mutat suum significatum ad placitum cuiuscunque. E quanto si è detto delle voci rispetto alle affezioni o intenzioni o concetti, altrettanto, fatte le debite proporzioni, si deve ritenere delle cose scritte rispetto alle voci. Fra questi termini sono però rinvenibili certe differenze. L'una è che il concetto o affezione dell'anima significa per natura tutto ciò che significa, mentre il termine proferito o scritto non significa alcunché se non per istituzione volontaria. Dal che segue un'altra differenza, e cioè che il termine proferito o scritto può mutare per convenzione il suo significato, mentre il termine concepito non muta il suo significato per nessuna convenzione. 13 Bernard Bolzano [1781-1848] Distinzioni fondamentali Rappresentazione (soggettiva) [subiective Vorstellung] Giudizio [Urtheil] ha come materia [hat als Stoff] Rappresentazione in sé (idea) [Vorstellung an sich] oggettuale anoggettuale [gegenständlich] [gegenstandslos] Proposizione (in sé) [Satz an sich] vera [wahr] si riferisce a [bezieht sich auf] enuncia [sagt aus] Oggetti [Gegenstände] Circostanze [Umstände] falsa [falsch] 14 i l s i s t e m a l o g i c o b o l z a n i a n o ~ Ontologia Lectologia ~ % ha & %& conviene a & % ~ categoriale % è un oggetto 6²%³ % è una qualità 8²%³ ~ % è parte di & % & mereologica % differisce da & per avere ' /²%Á 'Á "Á &³ dove & ha " metafisica D % esiste, ha realtà +²%³ ~ % è un'idea di oggetto = ²%³ ~ morfologica % è un'idea di qualità )²%³ % è una proposizione :²%³ ~ % sottosta a & %E& & si riferisce a % semantica .²%³ % è oggettuale % è vero > ²%³ ~ % è ragione di & pura J & è conseguenza di % % y & Eziologia % è causa di & reale J %& è effetto di & % ~ % è materia di & % c& contiene & % Gnoseologia % è una rappresentazione 9²%³ < ²%³ % è un giudizio 15 Ontologia categoriale elementare Def. Un oggetto è qualcosa che ha qualcosa (cui qualcosa conviene) 6²%³ © E&²% &³ © E&²& %³ Def. Una qualità è qualcosa che conviene a qualcosa (che qualcosa ha) [Quodcumque habetur] 8²%³ © E&²& %³ © E&²% &³ categoriale superiore Ass. Le qualità sono oggetti 8²%³ ¦ 6²%³ Def. Un oggetto puro è un oggetto che non è qualità 6°²%³ © 6²%³ w F8²%³ mereologica Ass. La relazione di parte propria è un ‘ordine stretto’, ossia ariflessiva F²% %³ e transitiva % & w & ' ¦ % ' ÁÃÁ% Assiomi vari per /²%Á %' ÁÃÁ' Á '³ metafisica Def. Una sostanza è un oggetto puro esistente :!²%³ © 6°²%³ w +²%³ Def. Un'aderenza è una qualità esistente (²%³ © 8²%³ w +²%³ Ass. Esistere possono solo oggetti o qualità +²%³ ¦ 6²%³ v 8²%³ Ass. Le aderenze convengono solo a cose esistenti Ad²%³ ¦ D&²& % ¦ +²&³³ Ass. Le parti di cose esistenti sono a loro volta esistenti +²%³ w & % ¦ +²&³ Def. Un'aderenza singolare è un aderenza goduta da un'unica cosa ( °²%³ © (²%³ w E&D'²' % © ' ~ &³ 16 Lectologia morfologica elementare Def. Un lectòn è una cosa che è o un'idea di oggetto o un'idea di qualità o una proposizione 3²%³ © = ²%³ v )²%³ v :²%³ Ass. Le idee (di oggetto o di qualità) non sono proposizioni = ²%³ v )²%³ ¦ F:²%³ Ass. I lectà non esistono (non hanno realtà) 3²%³ ¦ F+²%³ Ass. I lectà non sono qualità 3²%³ ¦ F8²%³ morfologica superiore Teor. Le idee di qualità sono idee di oggetti )²%³ ¦ = ²%³ morfologica simbolica Ass. I lectà sono oggetti 3²%³ ¦ 6²%³ semantica elementare Ass. Sottostare possono solo oggetti o qualità e riferirsi possono solo idee; in particolare idee di oggetto a oggetti e idee di qualità a qualità; % E & ¦ ²6²%³ w = ²&³³ v ²8²%³ w )²&³³ Gnoseologia Ass. Solo le aderenze singolari possono avere materia % c & ¦ ( °²&³ Ass. Solo i lectà possono essere materia % c & ¦ 3²%³ Ass. Le materie di una cosa (quando ci sono) sono uniche. % c&w' c&¦%~' Def. Una rappresentazione di oggetto è una cosa avente come materia un'idea di oggetto 9²&³ © E%²% c & w = ²%³³ Def. Una rappresentazione di qualità è una cosa avente come materia un'idea di qualità 9 Z ²&³ © E%²% c & w )²%³³ Def. Un giudizio è una cosa avente come materia una proposizione < ²&³ © E%²% c & w :²%³³ 17 Wissenschaftslehre [1837] §285. Bezeichnung unserer Vostellungen «1. La peculiarità del nostro animo considerata nel §283 Legge del risveglio [Erweckung], rinnovo [Erneuerung], collegamento [Verknüpfung] o associazone [Association] delle nostre rappresentazioni [Vorstellungen]: Se una coppia di rappresentazioni si è prodotta una volta simultaneamente nel nostro animo e successivamente sorge in noi in un qualche modo una rappresentazione che è uguale (ha la stessa materia) a una di esse, allora, se pur non sempre, tuttavia molto spesso si rinnoverà anche l'altra, ossia sorgerà anche una rappresentazione che ha la stessa materia dell'altra. dà luogo a che noi si usino certe rappresentazioni che si lasciano facilmente provocare come mezzo per generare, talvolta in noi, talvolta in altri, attraverso la loro produzione altre rappresentazioni che sarebbero più difficilmente ottenibili ma che sono con esse associate [verknüpft]. 18 Un oggetto di cui ci serviamo per un tale scopo, ossia un oggetto attraverso la cui rappresentazione vogliamo saper rinnovata in un essere pensante una rappresentazione ad essa associata si chiama per noi un segno [Zeichen]. L'idea, la cui corrispondente soggettiva deve venir suscitata attraverso la rappresentazione del segno, si chiama l'idea designata [bezeichnete] o anche il significato [Bedeutung] del segno. Se l'idea designata è un'idea oggettuale, allora si usa talvolta anche chiamare il suo oggetto il designato [der Bezeichnete] o il significato del segno. Come equivalenti alla parola: significato, noi usiamo talvolta anche le parole senso [Sinn] e intendimento [Verstand]. Eppure tra queste e quella si potrebbe fare una differenza e precisamente così che significato di un segno si chiami soltanto quell'idea per suscitare la quale esso è già determinato e che di fatto è anche solito suscitare; senso o intendimento dello stesso, invece, quell'idea che noi in un singolo caso intendiamo con esso suscitare. Comprensibilmente qualcuno può, per esempio per ignoranza, prendere un segno in un senso o in un intendimento affatto diversi dal suo reale significato». ¦ rappresentazione rappresentazione c risveglia º (del segno) (del significato) O O O s O contiene contiene u O ¨ ¨ s O idea idea c O (del segno) (significato/senso) i O t O O º O a O si riferisce a significa in s.s. si riferisce a O ¨ ° ¨ ± oggetto oggetto (segno) c significa in s.l. ¦ (significato in s.l.) 19 Esempio di segno oggettuale rappresentazione c risveglia ¦ rappresentazione º di ‘SOCRATE’ dell'idea di Socrate O O O sO contiene contiene uO ¨ ¨ sO idea idea di cO di ‘SOCRATE’ Socrate iO tO O º O aO si riferisce a significa in s.s. si riferisce a O ¨ ° ¨ ± parola individuo ‘SOCRATE’ c significa in s.l. ¦ Socrate Esempio di segno anoggettuale rappresentazione c risveglia ¦ rappresentazione delº di ‘IPPOGRIFO’ l'idea di Ippogrifo O O O sO contiene contiene uO ¨ ¨ sO idea idea di cO di ‘IPPOGRIFO’ Ippogrifo iO tO O º aO si riferisce a significa in s.s. O ¨ ° ± parola ‘IPPOGRIFO’ 20 Servirsi di certi segni per suscitare in qualcuno delle rappresentazioni si chiama parlargli o dirgli [sprechen, reden] nel significato più lato di queste parole. Considerare segni dati per ricavarne quali rappresentazioni abbia voluto risvegliare in noi il loro autore si chiama leggerli [lesen], nel significato più ampio. Ricavare realmente da essi quali rappresentazioni abbia voluto produrre il loro autore si chiama comprenderli [verstehen]. Immaginarsi falsamente che essi abbiano questo e quest'altro senso mentre essi ne hanno un altro si chiama fraintenderli [missverstehen]. Infine una proposizione nella quale si enuncia che il senso di un certo segno è questo o quello si chiama un'interpretazione [Auslegung] di quel segno; questa può essere, a sua volta, o meramente pensata oppure espressa con segni di altro tipo, nel qual caso si chiama un'interpretazione verbale [sprachlich]. [à ] Nella misura in cui il segno è un oggetto esterno mentre la cosa designata è qualcosa che si trova nel nostro interno, per esempio un pensiero, una sensazione o simili, si usa anche chiamare il segno una espressione [Ausdruck]. Così si riguarda il battere delle mani come un'espressione (e precisamente naturale) della gioia. La maggior parte dei segni di cui ci serviamo in particolare per risvegliare rappresentazioni in altri uomini consiste in fenomeni che possono venir colti dal senso dell'udito oppure da quello della vista; quelli si chiamino segni dell'udito o acustici [Gehör-, hörbare Zeichen], questi segni visibili o della vista [sichtbare, Sichtzeichen]. I primi si è soliti produrli in particolare con gli organi della bocca, ossia mediante la voce [Stimme]». 21 «[à ] 10) Spesso invece che del segno fissato per una certa idea ( ci serviamo di un altro oggetto che è solo un segno dell'idea di . Così, ad esempio, la nota parola ‘Dio’ è un segno del concetto di un essere la cui realtà è incondizionata. Quando però colui nell'animo del quale vogliamo suscitare questo concetto è troppo lontano per udire la nostra voce, produciamo certi segni visibili (caratteri grafici) che designano i singoli suoni da cui è composta la parola: Dio e che quindi, nel loro collegamento, designano tutta intera questa parola. La vista di questi segni risveglierà dunque dapprima solo la rappresentazione della parola: Dio; successivamente, però, anche la rappresentazione dell'oggetto che questa parola designa. Segni di questo genere, segni dunque che sono segni di altri segni li chiamiamo, rispetto alle idee che questi ultimi designano, mediati [mittelbar]. Segni che non sono mediati li chiamiamo immediati [unmittelbar]. Significati mediati rappres. c risveglia ¦ rappres. c risveglia ¦ rappres. delº di ‘Dio’ di ‘DIO’ l'idea di Dio O O O O sO contiene contiene contiene uO ¨ ¨ ¨ sO idea idea idea di cO di ‘Dio’ di ‘DIO’ Dio iO tO O O º O a O si riferisce a sign. in s.s. º si riferisce a sign. in s.s. si riferisce a O ¨ ° ¨ ° ¨ ± scritto parola individuo ‘Dio’ c sign. in s.l. ¦ ‘DIO’ c sign. in s.l. ¦ Dio º º ± ± significa immediatamente significa immediatamente º ± significa mediatamente (s. e l.) 22 Abitudine Un segno che era inizialmente mediato, può spesso divenire, attraverso l'uso continuato, un segno immediato. Poiché infatti la rappresentazione del segno risveglia la rappresentazione del segno e questa quella dell'idea ( da essa designata, attraverso frequenti ripetizioni anche ed ( diventano simultanee e possono così associarsi immediatamente ossia in modo tale che la rappresentazione di risveglia quella di ( senza che debba prima interporsi la rappresentazione a. Gradualmente, quando essa non sia per noi rilevante, quest'ultima finisce per uscire completamente dalla nostra coscienza. rappres. c risveglia ¦ rappres. c risveglia ¦ rappres. delº di ‘Dio’ di ‘DIO’ l'idea di Dio O O O O sO contiene contiene contiene uO ¨ ¨ ¨ sO idea idea idea di cO di ‘Dio’ di ‘DIO’ Dio iO O O º O tO a O si riferisce a sign. in s.s. º si riferisce a sign. in s.s. si riferisce a O ¨ ° ¨ ° ¨ ± scritto parola individuo ‘Dio’ c sign. in s.l. ¦ ‘DIO’ c sign. in s.l. ¦ Dio ± º significa immediatamente 23 Significato delle espressioni proposizionali «Nota 1. [à ] Nella formulazione della definizione al nr.1 ho presupposto che, mediante segni nel senso qui accettato, noi presentiamo immediatamente solo idee e non anche proposizioni o giudizi. Tuttavia anche quest'ultimo caso sembra verificarsi, in quanto noi esprimiamo talvolta un'intera proposizione non soltanto mediante una combinazione di più parole ma addirittura mediante una sola parola, per esempio: morior. Io però ritengo che tali parole o combinazioni di parole non presentino in prima istanza la proposizione in sè, ma solo una idea di essa, e che solo mediatamente presentino la proposizione in sè ossia solo come ogni segno che presenti un'idea oggettuale può venir anche riguardato come un segno di questo stesso oggetto. Peraltro, quand'anche le cose stessero diversamente, la questione non dovrebbe essere importante». rappresentazione c risveglia ¦ rappr. dell'idea della º di ‘DIO ESISTE’ propos. che Dio esiste O O O sO contiene contiene uO ¨ ¨ sO idea idea della propos. cO di ‘DIO ESISTE’ che Dio esiste iO tO O º O aO si riferisce a significa in s.s. si riferisce a O ¨ ° ¨ ± espress. prop. proposizione che Dio esiste ‘DIO ESISTE’ c significa in s.l. ¦ O ± asserisce (?) enuncia » ¨ situazione che Dio esiste 24 Lettera di Frege a Husserl (24 maggio 1891) Stimatissimo dottore, [à ] vorrei solo accennare al fatto che sembra esistere una divergenza di opinione fra noi a proposito del modo di intendere la relazione sussistente tra il termine concettuale (il nome comune) e gli oggetti. La mia opinione può essere illustrata dallo schema seguente: Enunciato Nome proprio Termine concettuale ¨ ¨ ¨ Senso dell'enun- Senso del Senso del termiciato (pensiero) nome proprio ne concettuale ¨ ¨ ¨ Significato del- significato del significato del teroggetto che l'enunciato nome proprio mine concettuale ¦ cade sotto (valore di verità) (oggetto) (concetto) il concetto Per arrivare all'oggetto occorre fare, nel caso del termine concettuale, un passo in più rispetto a quelli occorrenti nel caso del nome proprio; l'ultimo passo può inoltre mancare c ossia il concetto può essere vuoto c , senza che per questo il termine concettuale cessi di essere scientificamente utilizzabile. Ho indicato l'ultimo passo che porta dal concetto all'oggetto lateralmente per indicare che avviene allo stesso livello, che cioè oggetti e concetti hanno la stessa oggettività [à ] Ho ora distinto in pensiero e valore di verità ciò che precedentemente chiamavo contenuto giudicabile. Si potrebbe caratterizzare il giudicare in senso stretto come un passaggio dal pensiero al valore di verità. Ora, mi pare che in Lei lo schema apparirebbe pressapoco così: Termine concettuale dove cioè i passaggi ¨ Senso del termine concettuale (concetto) ¨ Oggetto che cade sotto il concetto da fare per arrivare agli oggetti sarebbero nel medesimo numero tanto a partire dal nome proprio quanto a partire dal termine concettuale. L'unica differenza fra nomi propri e termini concettuali consisterebbe di conseguenza in questo, che l'uno potrebbe riferirsi a un solo oggetto, l'altro a più oggetti. Un termine concettuale, il cui concetto fosse vuoto, dovrebbe quindi essere rigettato dalla scienza proprio come un nome proprio al quale non corrispondesse alcun oggetto.[à ] Il Suo devoto Dr. G. Frege 25 II. LA LOGICA COME TEORIA DELLE RELAZIONI E DELLE OPERAZIONI SU(LLE ESTENSIONI DE)I CONCETTI 26 1. La sillogistica categorica tradizionale La prima distinzione fra le proposizioni è secondo modalità: ~ categoriche le proposizioni possono essere necessarie possibili . An. Pr. I,25a1-14: «2. Ogni proposizione [prÒtasij] è o dell'appartenere [toà Øp£rcein], o dell'appartenere necessario [toà ™x ¢n£gkhj Øp£rcein], o del poter appartenere [toà ™ndšcesqai Øp£rcein];» La seconda è quella secondo qualità: le proposizioni possono essere H affermative . negative «inoltre, fra le varie proposizioni c per ciascuna modalità [kaq’˜k£sthn prÒsrhsin] c le une sono affermative [katafatika…] e le altre negative [¢pofatika…];» [NB. si trova anche: affermative ~ kathgorika…; negative ~ sterhtika…] La terza è quella secondo quantità: le proposizioni possono essere ~ universali particolari indefinite singolari . «per un altro verso, tra le affermative e negative, alcune sono universali [kaqÒlou], altre particolari [™n mšrei], altre ancora indefinite [¢diÒristoi]». De Int. 7,17b28-9: «come quelle sugli individui [kaq’›kasta], ad es. : Socrate è bianco c Socrate non è bianco». 27 Trascurando le indefinite e le singolari si danno quattro possibili combinazioni qualità c quantità. In età medievale (ma l'iniziatore è ignoto) si diffuse l'uso delle quattro vocali {aÁ eÁ iÁ o} per esprimere queste quattro combinazioni; esse furono scelte per il loro essere le prime due vocali occorrenti rispettivamente nelle parole affirmo e nego. Così: Affermativa Negativa Universale Ogni : è 7 : a7 Nessun : è 7 : e7 Particolare Qualche : è 7 : i7 Qualche : non è 7 : o7 ‘Assioma di Aristotele’: : i: ossia: il soggetto non è mai vacuo Questo assioma, proposto da Lukasiewicz, risolve di forza l'intricatissima questione dell' ‘importo esistenziale delle proposizioni universali’. 28 Rapporti quantità c qualità 1. Contraddittorietà. Due proposizioni si oppongono contraddittoriamente quando l'una è universale affermativa e l'altra particolare negativa o l'una è universale negativa e l'altra particolare positiva; cioè : a7 e : o7 , rispettivamente : e7 e : i7 . De Int.7,17b16-20 (testo corr oe tto): «Dico che un'affermazione significante il sussistere o non sussistere universalmente si oppone contradittoriamente [¢ntike‹sqai ¢pofatikîj] a una negazione significante il non sussistere o non sussistere universalmente. Per esempio: ogni uomo è bianco c non ogni uomo è bianco; nessun uomo è bianco c qualche uomo è bianco». Caratteristica della contraddittorietà è che di due proposizioni contradictoriae l'una è vera sse l'altra è falsa; non possono cioè essere né entrambe vere né entrambe false. De Int.7,17b26-7: «Dunque di quelle asserzioni contraddittorie è necessario che siano siano l'una o l'altra vera o falsa [à ]». 2. Contrarietà. È il rapporto che sussiste fra : a7 e : e7 . È caratterizzato dal fatto che due proposizioni contrariae non possono essere entrambe vere pur potendo essere entrambe false. De Int.7,17b20-6. «Si oppongono invece in modo contrario [¢ntike‹sqai ™nant…wj] l'affermazione universale e la negazione universale, come: ogni uomo è giusto c nessun uomo è giusto. Perciò queste non possono essere contemporaneamente vere mentre le loro contraddittorie è possibile che lo siano, come: non ogni uomo è bianco c qualche uomo è bianco». 3. Subcontrarietà. È il rapporto che sussiste (implicitamente considerato nel passo precedente) fra : i7 e : o7 . È sua caratteristica che due proposizioni subcontrariae non possono essere entrambe false, pur potendo essere entrambe vere. 29 4. Subalternazione. È il rapporto che sussiste fra le universali e le particolari con la stessa qualità; dunque fra : a7 e : i7 da un lato e fra : e7 e : o7 dall'altro. Le particolari sono le subalternae o le subalternatae delle rispettive universali. Assumendo l'‘Assioma di Aristotele’ si possono legittimare le leggi di subalternazione [le reductiones ad subalternatam], ossia : a7 ¦ : i7 e : e7 ¦ : o7 . Per ‘quadrato (logico) aristotelico’ si intende (la rappresentazione de) il telaio di questi quattro rapporti: : a7 : e7 c o n t r a r i a e c s u b a l t e r n a t a e o a n s u b a l t e r n a t a i t r r o a t d c i d a r t n o c t o r i a c : i7 e s u b c o n t r a r i a e : o7 La prima presentazione del quadrato [‘quadrata formula’] sembra quella che si trova nel Perì Hermeneias, attribuito ad Apuleio di Madaura [II sec. d.C.], l'autore delle Metamorfosi (o L'asino d'oro) 30 Scambi soggetto-predicato 1. Conversione. È il rapporto che sussiste fra due proposizioni della stessa qualità quando il soggetto e il predicato dell'una sono rispettivamente il predicato e il soggetto dell'altra; la conversio può essere di due tipi: semplice [simplex] o accidentale [per accidens]. È semplice quando la quantità delle due proposizioni converse è uguale; è accidentale quando la quantità è diversa. Venivano riconosciute come leggi di conversione semplice: CS1. : i7 ¦ 7 i: e CS2. : e7 ¦ 7 e: . Venivano riconosciute come leggi di conversione accidentale: CA1. : a7 ¦ 7 i: e CA2. : e7 ¦ 7 o: . An Pr. I , 2, 25a5-13: «In tal modo, [CS1] per la proposizione universale negativa si dà necessariamente la conversione dei termini [to‹j Óroij ¢ntistršfein]; ad esempio, se nessun piacere è bene, nessun bene sarà piacere. D'altro canto, [CA1] la conversione è bensì necessaria per l'affermativa corrispondente, però lo è in forma non già universale, ma particolare; ad esempio, se ogni piacere è bene, è pure necessario che qualche bene sia piacere. Inoltre, delle premesse particolari, [CS2] l'affermativa si converte necessariamente in forma particolare c come, se qualche piacere è bene, anche qualche bene sarà piacere c mentre la conversione non è necessaria per la negativa, infatti non: se uomo non appartiene a qualche animale, animale non appartiene a qualche uomo». Da notare che le conversiones per accidens valgono solo sotto l'‘assioma di Aristotele’. Esse sono presentabili come composizione di conversioni semplici e subalternazioni. In particolare: CA1. equivale a : a7 ¦ 7 i: ¦ : i7 ; mentre CA2. equivale a : e7 ¦ 7 e: ¦ 7 o: . 31 2. Contrapposizione. La contrapositio, studiata da vari autori del XII e XIII secolo, fa uso della infinitazione (il passaggio da ( al suo complemento c (). Due leggi spesso accettate erano : a7 © c 7 a c : e : o7 © c 7 o c : . Ovvi i problemi con l'‘Assioma di Aristotele’. 3. Obversione. L'obversio è il rapporto che sussiste fra due proposizioni aventi stesso soggetto e stessa quantità ma differente qualità e predicati opposti. Si hanno così le leggi: : a7 © : e c 7 : e7 © : a c 7 : i7 © : o c 7 : o7 © : i c 7 . Ovvi i problemi con l'‘Assioma di Aristotele’. ---------------------- William of Sherwood [1190-1249] Introductiones in Logicam Aequivalent omnis, nullus-non, non-aliquis-non. D NF FEF Nullus, non-aliquis, omnis-non aequiparantur. N FE DF Quidam, non-nullus, non-omnis-non sociantur. E FN FDF Quidam-non, non-nullus-non, non-omnis adhaerent . EF FNF FD 32 Sillogismi An.Pr.I,1,24b18-20: «Il sillogismo è un argomento in cui poste certe cose qualcosa di diverso dalle cose poste di necessità segue per il fatto che quelle sono» xSullogismÕj d{ œsti lÒgoj œn ú{ zteq{ntwn tinîn ŸterÒn ti } z } tîn keim{nwn œx ¢n£gkhj ysumbafnei tù taàta eƒnai | Top.I,1,100a25-b19: «”Esti d¾ sullogismÕj lÒgoj œn ú teq{ntwn tinîn ŸterÒn ti tîn keim{nwn œx ¢n£gkhj sumbafnei di¦ tîn keim{nwn». Gli sviluppi successivi dell'opera di Aristotele, hanno determinato il fatto che il termine ‘sillogismo’ finisse con l'avere una valenza molto più ristretta di quanto implicito nella precedente definizione. I sillogismi aristotelici e poi della tradizione, sono casi particolari di quel concetto e precisamente i casi in cui si ha a che fare con tre proposizioni e tre termini in modo che ciascuna di tali proposizioni abbia uno e un solo termine in comune con le altre. Da un punto di vista astratto, si può dire che un sillogismo (tradizionale) è una legge della forma w ¦ dove e sono le premesse [praemissae] e la conclusione [conclusio]. Il predicato della conclusione è detto termine maggiore e il suo soggetto termine minore; la premessa che contiene il termine maggiore è detta premessa maggiore; quella che contiene il termine minore è detta premessa minore; il rimanente termine, quello posseduto in comune da maggiore e minore, è detto termine medio. 33 Poiché il termine maggiore può essere sia soggetto che predicato della premessa maggiore e altrettanto può il termine minore per quanto riguarda la premessa minore, si danno quattro possibili disposizioni del termine maggiore e del termine minore nelle premesse. Queste sono dette figure sillogistiche e distinte in prima, seconda, terza e quarta, come indicato nello schema: I 47 :4 :7 II 7 4 :4 :7 III 47 4: :7 IV 7 4 4: :7 Poiché fra quantità e qualità ciascuna delle proposizioni coinvolte può essere di quattro tipi diversi (aÁ eÁ iÁ o), in ogni figura sono possibili 4 d 4 d 4 ~ 64 combinazioni di questi tipi. Ognuna di queste combinazioni è possibile modo sillogistico. Essendo 4 le figure, si hanno evidentemente in tutto 4 d 64 ~ 256 possibili modi sillogistici. Accettando l'assioma di Aristotele, risulta che in ogni figura vi sono 6 modi validi, ossia sei leggi sillogistiche, (o sillogismi). In tutto, dunque, 6 d 4 ~ 24 sillogismi. Va però precisato che Aristotele, che non pensava i sillogismi nel modo puramente combinatorio qui usato, non considerò la IV figura (attribuita talvolta, senza alcun reale fondamento, a Galeno e detta quindi galenica) ma, al suo posto, quella che fu poi detta I figura conversa e che, astrattamente parlando, ha il soggetto della conclusione come predicato della maggiore e il predicato della conclusione come soggetto della minore, secondo cioè la figura: Ic : 4 : 7 4 : 7 Nella tabella seguente sono presentati i nomi più diffusi per i sillogismi delle figure (compresa la I conversa). La nota [ ] accanto ad alcuni indica il luogo degli Analitici Primi dove sono trattati. 34 I FIG. [C.4] II FIG. [C.5] III FIG. [C.6] IC FIG. [C.7] IV FIG. Barbara Cesare Darapti Baralipton MaP [26a1] PeM [27a5] MaP [28a18] MaS [-] SaM SaM MaS PaM SaP SeP SaP SiP Bramantip PaM MaS SiP (Barbari) rMaPu SaM s SiP v (Cesaro) rPeMu SaM s SoP v Celarent MeP [26a3] SaM SeP Camestres PaM [27a8] SeM SeP Felapton Celantes MeP [28a27] MeS [29a26] Mas PaM SoP SeP Disamis MiP [28b7] MaS SiP (Celantos) rMeSu PaM s Sop v Camenes PaM MeS SeP Fesapo PeM MaS SoP (Celaront) (Camestros) Datisi Dabitis rMePu rPaMu MaP [28b12] MaS [29a22] SaM SeM MiS PiM s SoP v s SoP v SiP SiP Dimaris PiM MaS SiP Darii Festino MaP [26a23] PeM [27a31] SiM SiM SiP SoP Calemos PaM MeS SoP Bocardo Fapesmo MoP [28b18] MaS [29a22] MaS PeM SoP SoP Ferio Baroco Ferison Frisesomorum Fresison MeP [26a25] PaM [27a36] MeP [28b33] MiS [29a22] PeM SiM SoM MiS PeM MiS SoP SoP SoP SoP SoP 35 Spiegazione dei nomi dei sillogismi 1. Ciascun nome comincia con una delle prime quattro consonanti, ossia con una consonante tratta da {BÁ CÁ DÁ F}; nel caso dei primi quattro sillogismi della I figura, tale consonante è solo un contrassegno per la loro identificazione; in tutti gli altri casi, tali consonanti indicano a quale dei primi quattro sillogismi della prima figura il sillogismo in questione deve venir ‘ricondotto’ ovvero attraverso quale dei primi quattro sillogismi della I figura può essere ‘distesamente’ giustificata l'inferenza ‘compendiosamente formulata’ nel sillogismo in questione. 2. Ciascun nome di un sillogismo di una figura diversa dalla prima contiene almeno una lettera tratta da {sÁ pÁ mÁ c}; tali lettere indicano le operazioni attraverso le quali si attua la riduzione di quel sillogismo a quello della prima figura che gli ‘corrisponde’ in base alla consonante iniziale. In particolare: 2.1. la lettera ‘s’ indica che la proposizione indicata dalla vocale che immediatamente la precede dev'essere convertita semplicemente [ s impliciter convertenda]; 2.2. la lettera ‘p’ indica che la proposizione indicata dalla vocale che immediatamente la precede dev'essere convertita accidentalmente [convertenda p er accidens]; 2.3. la lettera ‘m’ indica che dev'essere operato uno scambio di premesse [ m utatio praemissarum], ossia che la maggiore va presa come minore e viceversa la minore come maggiore; 2.4 la lettera ‘c’ indica che la riduzione è indiretta, avviene cioè per riduzione all'assurdo [per c ontradictionem]. 3. Ogni altra lettera presente nei nomi è priva di valore logico. NB: La validità dei sillogismi contenenti ‘p’[Darapti, Felapton, Bramantip e Fesapo] così come dei cosiddetti ‘sillogismi subalterni’ [Barbari, Celaront, Cesaro, Camestros, Celantos e Calemos] dipende dall'‘Assioma di Aristotele’. 36 Esempi di riduzione: Camenes è sillogismo della IV figura; è dunque: 7 a4 4 e: . : e7 Prendiamo le sue premesse 7 a4 e 4 e: e, considerando 7 a4 la minore e 4 e: la maggiore [Ca m enes], applichiamo Celarent [ C amenes]; otteniamo 7 e: ; convertiamo semplicemente quest'ultima [Camen es ] ottenendo, come desiderato, : e7 . Darapti è sillogismo della III figura; è dunque : 4 a7 4 a: . : i7 Prendiamone le premesse 4 a7 e 4 a: ; convertiamo accidentalmente la minore [Dar ap ti], ottenendo così 4 a7 e : i4 ; applicando a queste Darii [ D arapti] otteniamo, come desiderato, : i7 . Baroco è sillogismo della II figura; è dunque: 7 a4 : o4 . : o7 Prendiamone le premesse 7 a4 e : o4 e supponiamo che la conclusione : o7 non valga [Baro c o], che cioè valga la sua contraddittoria : a7 ; da : a7 e dalla premessa 7 a4 , otteniamo, per Barbara [ B aroco], : a4 che è la contraddittoria dell'altra premessa : o4 ; dunque : o7 deve valere. 37 Tutte le informazioni relative alla validità e alla riconducibilità dei sillogismi raccolte nei nomi venivano poi riassunte, a fini mnemonici, in brevi strofe di esametri. Ricordiamo, fra le prime, quella di Petrus Hispanus [XIII sec.] Tractatus (Summulae logicales) [ 1250] Barbara, Celarent, Darii, Ferio,| Baralipet Celantes, Dabitis, Fapesmo, Frisesmo, deinde. |Cesare, Camestres, Festino, Baroco.| Darapti Felapto, Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison. così esplicata: «[à ] primi duo versus deserviunt modis prima figurae, tertius [à ] versus, praeter eius ultimam dictionem, deservit modis secundae figurae [à ]. Ultima [à ] dictio tertii versus cum aliis dictionibus quarti versus derservit modis tertiae figurae». Una più tarda, molto usata, è stata: Barbara, Celarent, Darii, Ferioque prioris Cesare, Camestres, Festino, Baroco secundae Tertia grande sonans recitat Darapti, Felapton Disamis, Datisi, Bocardo, Ferison. Quartae Sunt Bamalip, Calames, Dimatis, Fesapo, Fresison Di essa Augustus DeMorgan parlò come delle «magiche parole con cui i diversi modi sono stati denotati per molti secoli, parole che ritengo essere le più piene di significato che mai siano state fatte» Regole generali di validazione sillogistica 1. Terminus esto triplex: maior, mediusque minorque. 2. Latius hos quam praemissae conclusio non vult. 3. Nequaquam medium capiat conclusio oportet. 4. Aut semel aut iterum medius generaliter esto. 5. Utraque si praemissa neget, nihil inde sequetur. 6. Ambae affirmantes nequeunt generare negantem. 7. Peiorem sequitur semper conclusio partem. 8. Nil sequitur geminis ex particularibus unquam. 38 2. Thomas Hobbes [1588-1679] De Corpore [1655] «Per ragionamento poi intendo il calcolo. Calcolare è cogliere la somma di più cose aggiunte insieme o conoscere il resto quando una cosa è sottratta da un'altra. Ragionare dunque è la stessa cosa che addizionare e sottrarre; se però qualcuno volesse aggiungervi il moltiplicare e il dividere, non avrei obiezioni, perché la moltiplicazione è lo stesso che l'addizione di termini uguali e la divisione la sottrazione di termini uguali tante volte quante è possibile. Ogni ragionamento si riduce quindi a queste due operazioni dell'animo: l'addizione e la sottrazione». 3. Gottfried Wilhelm Leibniz [1646-1716] De arte combinatoria [1666] «Quel profondissimo scrutatore dei principi in tutte le cose che fu Thomas Hobbes sostennne giustamente che ogni operazione della nostra mente è un calcolo e che da essa si ottiene o la somma addizionando o la differenza sottraendo. [à ] Come sono dunque due i segni primari degli algebristi e degli analisti, il b e il c , così due sono le copule, è e non-è: nel primo caso la mente compone, nel secondo divide». Nouveaux essais sur l'entendement humain [1702-4] «Dicendo ogni uomo è animale voglio dire che tutti gli uomini sono compresi in tutti gli animali, ma al tempo stesso intendo dire che l'idea di animale è compresa nell'idea di uomo. Animale comprende più individui di uomo ma uomo comprende più idee o formalità; l'uno ha più esempi, l'altro più gradi di realtà; l'uno ha maggiore estensione, l'altro maggiore intensione». 39 4. Gottfried Wilhelm Leibniz [1646-1716] Calculus coincidentium et inexistentium [ 1690] Riportiamo le definizioni e delle proposizioni contenute nel saggio: Def.1. Identiche o coincidenti sono quelle cose delle quali l'una può essere sostituita ovunque dall'altra, fatta salva la verità. ( B ) significa che ( e ) sono identici. % ~ & D7 ²7 ²%³ © 7 ²&³³ Def.2. Diverse sono quelle cose che non sono identiche ossia nelle quali la sostituzione talvolta non funziona. ( nonB ) significa che ( e ) sono diversi. % £ & F% ~ & Prop.1. Se è ( B ) , sarà anche ) B (. Se una cosa è identica a un'altra, anche l'altra sarà identica ad essa. %~&¦&~% Prop.2. Se ( nonB ) , sarà anche ) nonB (. Se una cosa è diversa da un'altra, anche questa sarà diversa da quella. %£&¦&£% Prop.3. Se ( B ) e ) B * , sarà ( B *À Cose identiche a una terza sono identiche fra loro. %~&w& ~' ¦%~' Prop.4. Se ( B ) e ) nonB * , sarà ( nonB*À Se di due cose che sono uguali fra loro una è diversa da una terza, anche l'altra sarà diversa dalla medesima. %~&w%£' ¦& £' Def.3. Che ( inerisce a 3 ossia che 3 contiene ( è lo stesso che se 3 viene posto come coincidente con più cose prese simultaneamente fra le quali c'è (. % & E'²% b ' ~ &³ Def.4. Tutte le cose prese assieme alle quali inerisce tutto ciò che è in 3 si diranno componenti rispetto al composto o costituito 3. ) l 5 B 3 significa che ) è in 3, ossia che 3 contiene ) mentre 5 ed 5 insieme costituiscono o compongono 3 (è lo stesso quando si hanno più cose). Def.5. Subalternanti chiamo quelle cose delle quali l'una inerisce all'altra come ( e ) , sia che ) inerisca ad ( sia che ( inerisca a ) . Def.6. Disparate sono le cose nessuna delle quali inerisce all'altra. Assioma 1. ) l 5 B 5 l ) , ossia la trasposizione qui non cambia alcunché. %b& ~&b% Postulato 1. Data una qualunque cosa se ne può prendere qualche altra, diversa da essa, se si vuole addirittura disparata, in modo che l'una non inerisca all'altra. D%E&²F% & w F& %³ 40 Postulato 2. Una qualunque pluralità di cose, come (, ) , possono essere prese insieme simultaneamente, in modo da comporre una sola ( l ) , cioè 3. D% à % E[[%²% b Ä b % ~ %³ Assioma 2. ( l ( B (. Se non si aggiunge niente di nuovo, non si ha neppure qualcosa di nuovo, ossia: la ripetizione, qui, non cambia niente. %b%~% Prop.5. Se ( è in ) e ( B * , anche * è in ) . Il coincidente con un inerente è inerente. % ~ & ¦ ²% ' ¦ & '³ Prop.6. Se * è in ) e ( B ) , anche * sarà in (. Ciò che inerisce a uno dei coincidenti inerisce anche all'altro. % ~ & ¦ ²' % ¦ ' &³ Prop.7. ( è in (. Ciascuna cosa è in se stessa. %% Prop.8. ( è in ) , se ( B ) . Dei coincidenti l'uno è nell'altro. %~& ¦%&w& % Prop.9. Se ( B ) , sarà ( l * B ) l * . Se al medesimo si aggiungono coincidenti, si ottengono coincidenti. % ~ & ¦ ²% b ' ~ & b '³ Scolio. Questa proposizione non può esser convertita. Prop.10. Se ( B 3 e ) B 4 , sarà ( l ) B 3 l 4 . Se a coincidenti si aggiungono coincidenti, si ottengono coincidenti. % ~ & w ' ~ " ¦ ²% b ' ~ & b "³ Scolio. Questa proposizione non può esser convertita. Prop.11. Se ( B 3 e ) B 4 e * B 5 , sarà ( l ) l * B 3 l 4 l 5 e così via. Data una quantità a piacere di cose e poste altrettante ad esse corrispondenti, coincidenti una a una, il composto di quelle coinciderà con il composto di queste. % ~ & w à w % ~ & ¦ % b Ä b % ~ & b Ä b & Prop.12. Se ) è in 3 sarà ( l ) in ( l 3. Se al contenuto e al contenente si aggiunge il medesimo, il risultato della prima somma inerisce al risultato della seconda. % & ¦ ²' b % & b '³ Scolio. Questa proposizione non può esser convertita. Prop.13. Se 3 l ) B 3, ) sarà in 3. Se una cosa aggiunta a un'altra non ne fa un'altra ancora, quella che è aggiunta inerisce a quella alla quale è aggiunta. %b& ~%¦& % 41 Prop.14. Se ) è in 3, 3 l ) B 3. I subalternanti non compongono niente di nuovo; ossia, se qualcosa che inerisce a un'altra è aggiunta a questa, non fa qualcosa di diverso. È la conversa della precedente. & %¦%b& ~% Prop.15. Se ( è in ) e ) è in * , anche ( è in * . Il contenuto del contenuto è contenuto nel contenente. %&w& ' ¦%' Scolio. Questa proposizione non può esser convertita e ancor meno la seguente. CorollÀ Se ( l 5 è in ) , anche 5 è in ) . %b& ' ¦%' Prop.16. Se ( è in ) e ) è in * e * è in +, anche ( è in +. E così via. Ciò che è contenuto dal contenuto di un contenuto è un contenuto del contente. % % w à w %c % ¦ % % Prop.17. Se ( è in ) e ) è in (, sarà ( B ) . Quelle cose che si contengono mutuamente coincidono. %&w& %¦%~& Prop.18. Se ( è in 3 e ) è in 3, anche ( l ) sarà in 3. Ciò che si compone di due inerenti a una medesima cosa inerisce alla medesima. %'w& ' ¦%b& ' Prop.19. Se ( è in 3 e ) è in 3 e * è in 3, sarà ( l ) l * in 3; e così via. Ossia, in generale, se più cose ineriscono a una, anche ciò che è composto da quelle inerisce a questa. % & w à w % & ¦ % b Ä b % & Scolio. È evidente che queste due ultime proposizioni e le loro analoghe possono essere convertite. Prop.20. Se ( è in 4 e ) è in 5 , sarà ( l ) in 4 l 5 . Se un precedente [prius] inerisce a un seguente [posterior] e un altro precedente a un altro seguente, il composto dei due precedenti inerisce al composto dei due seguenti. % & w ' " ¦ ²% b ' & b "³ Scolio. Questa proposizione non può esser convertita. Prop.21. Se ( è in 4 e ) è in 5 e * è in 7 , sarà ( l ) l * in 4 l 5 l 7 . E così via. Il composto da cose contenute inerisce al composto da cose contenenti. % & w à w % & ¦ % b Ä b % & b Ä b & Seguono (come Proposizioni 22-24) tre problemi. 42 5. Preliminari algebrici ANELLI di BOOLE (M. Stone, 1934 (?)) Def. Un B-anello è un'algebra = Á b Á h Á c Á tale che: [1.1 % b ²& b '³ ~ ²% b &³ b ' [1.2 % h ²& h '³ ~ ²% h &³ h ' [2.1 % b & ~ & b % [2.2 % h & ~ & h % [3.1 % b ~ % [3.2 % h ~ h % ~ % [4.1 % b c % ~ [4.2 % h % ~ % [5.1 % h ²& b '³ ~ ²% h &³ b ²% h '³ [5.2 ²& b '³ h % ~ ²& h %³ b ²' h %³ NB. [2.1 e [2.2 sono superflui. Teor. In ogni B-anello: 1. % h ~ ~ h % 2. ² c %³ h & ~ c ²% h &³ ~ % h ² c &³ 3. ~ ²% h &³ b ²& h %³ 4. % b % ~ 5. % ~ c % ALEBRE DI BOOLE Def. Una B-algebra è un'algebra = Á t Á u Á c Á Á tale che: \1À1 % t ²& t '³ ~ ²% t &³ t ' \1À2 % u ²& u '³ ~ ²% u &³ u ' \2À1 % t & ~ & t % \2À2 % u & ~ & u % \3À1 % t ²% u &³ ~ % \3À2 % u ²% t &³ ~ % \4À1 % t % ~ % \4À2 % u % ~ % \5À1 % t ~ % \5À2 % u ~ % \6À2 % u ~ \6À1 % t ~ \7À1 ²% u &³ t ' ~ ²% t '³ u ²& t '³ \7À2 ²% t &³ u ' ~ ²% u '³ t ²& u '³ \8À1 c ²% t &³ ~ c % u c & \8À2 c ²% u &³ ~ c % t c & \9À1 % t c % ~ \9.2 % u c % ~ \10 c c % ~ % NB. Il sistema di assiomi è molto ridondante. 43 ~% & © % t " ~ % o Teor. 1 In ogni B-algebra definendo si ha: % & © % u & ~ & 1.1 % % 1.2 % & w & ' ¦ % ' 1.3 % & w & % ¦ % ~ & 2.1 % 2.2 % 3.1 % & ¦ % t ' & t ' 3.2 % & ¦ % u ' & u ' 3.1 % & ¦ ' t % ' t & 3.2 % & ¦ ' u % ' u & 4. % & © c & c % 5.1 % t & ' © c ' t % c & 5.2 % t & ' © & t c ' c % 6.1. ' % u & © c & c ' u % 6.2 ' % u & © c % & u c ' 7.1 % t & ' © & c % u ' 7.2 ' % u & © ' t c % & 8.1. % & © % t c & ~ 8.2 % & © c % u & ~ ~ % cc & ~ % t c & e Teor. 2 In ogni B-algebra definendo si ha: % ¬ & ~ c % u & 9.1 % t ' & © ' % ¬ & 9.2 ' % u & © ' cc % & 10.1 % t ²% ¬ &³ & 10.2 % & u ²% cc &³ 11.1 % t ' & ¦ ' % ¬ & 11.2 % & u ' ¦ % cc & ' 12.1 ²% u &³ ~ ²% ¬ &³ ¬ & 12.2 ²% t &³ ~ % cc ²% cc &³ 13.1 % & ¬ ²% t &³ 13.2 ²% u &³ cc & % 14.1 % t & ~ % t ²% ¬ ²% t &³³ 14.2 % u & ~ % u ²²% u &³ cc %³ 15.1 % ¬ ²& ¬ '³ ~ & ¬ ²% ¬ '³ 15.2 % t ²& cc '³ ~ & t ²% cc '³ 16.1 % ¬ ²& ¬ '³ ~ ²% t &³ ¬ ' 16.2 % cc ²& cc '³ ~ % t ²& ¬ '³ 17.1 % ¬ & ~ % ¬ ²% ¬ &³ 17.2 % cc & ~ % cc ² cc ²% cc &³³ 18. % ¬ & ~ © % & © % cc & ~ 19.1 % ¬ % ~ 19.2 % cc % ~ 20. % ¬ & ~ © % ~ w & ~ © % cc & ~ 21.1 % ¬ ²& t '³ ~ ²% ¬ &³ t ²% ¬ '³ 21.2 c ²& t '³ ~ ²% cc &³ u ²% cc '³ 22.1 % ¬ ²& u '³ ~ ²% ¬ &³ u ²% ¬ '³ 22.2 % cc ²& u '³ ~ ²% cc &³ t ²% cc '³³ 23.1 ²% t &³ ¬ ' ~ ²% ¬ '³ u ²& ¬ '³ 23.2 ²% t &³ cc ' ~ ²% cc '³ t ²& cc '³ 24.1 ²% u &³ ¬ ' ~ ²% ¬ '³ t ²& ¬ '³ 24.2 ²% u &³ cc ' ~ ²% cc '³ u ²& cc '³ 25.1 ²% ¬ &³ t ²& ¬ '³ % ¬ ' 25.2 % cc ' ²% cc &³ u ²& cc '³ 26.1 ' t % ' t & © ' ¬ % ' ¬ & 26.2 ' t % ' t & © ' cc & ' cc % 27.1 % & ¦ ²& ¬ '³ ²% ¬ '³ 27.2 % & ¦ ²% cc '³ ²& cc '³ 28.1 % & ¦ ²' ¬ %³ ²' ¬ &³ 28.2 % & ¦ ²' cc &³ ²' cc %³ 29.1 c % ~ % ¬ 29.2 c % ~ cc % 30.1 % ¬ : ~ c % u & 30.2 % cc & ~ % t c & 31.1 % ¬ & ~ c ²% cc &³ 31.2 % cc & ~ c ²% ¬ &³ 32.1 % ¬ & ~ c & ¬ c % 32.2 % cc & ~ c & cc c % 44 ALGEBRE E ANELLI BOOLEANI Teorema Per ogni B-algebra ) = Á t Á u Á c Á Á , h Á Á così definita sia ²)³ l'algebra = Á b Á h Á c ~ %b& % h & ch % ²% t c &³ u ² c % t &³ %t& % h Á Á , e, per ogni B-anello ( = Á b Á h Á c sia ²(³ l'algebra = Á t Á u Á c Á Á così definita ~ %u& % t & c% ²% b &³ b ²% h &³ %h& %b allora: 1.1. ²)³ è un B-anello 2.1. ²²)³³ ~ ) 1.2. ²(³ è una B-algebra 2.2. ² ²(³³ ~ ( 45 6. George Boole [1815-1864] The mathematical Analysis of Logic. Being an Essay towards a Calculus of deductive Reasoning [1847] An Investigation of the Laws of Thought on which are Founded the Mathematical Theories of Logic and Probabilities [1854] Processo di ragionamento simbolico Premesse 7 Á à Á 7 cc traduzione ¦ Conclusioni ¥ interpretazione cc * Á à Á * Analisi del processo 1: Equazioni , Á à Á , O calcolo algebrico ¨ Equazioni - Á à Á - Traduzione Si traduce ogni premessa in un'equazione ! ~ à come simboli di classi). (usando %Á &Á 'Á LT p.57: «Regola. Nomi o qualità semplici si esprimano con i simboli %Á &Á 'Á ecc.; i loro contrari con c %, c &, c ' , ecc.; classi di cose definite da nomi o qualità comuni si esprimano connettendo i simboli corrispondenti, come nella moltiplicazione; collezioni di cose formate da porzioni differenti fra loro, si esprimano connettendo le espressioni di tali porzioni mediante il segno b . In particolare, l'espressione «% o &» si esprima %² c &³ b &² c %³, quando le classi denotate da % e & si escludano reciprocamente, con % b &² c %³ quando non si escludano». 46 Analisi del processo 2: Calcolo algebrico Regola Generale del Calcolo Si possono applicare alle equazioni le consuete procedure algebriche, solo quando tale trasformazione è compatibile con il fatto che le variabili coinvolte soddisfano la legge degli indici % ~ %; quindi, poiché gli unici numeri che la soddisfano sono e , quando esse sono compatibili con il fatto che tali variabili assumano soltanto i valori e . LT, pp. 37-8: «Non è comunque importante, se non per mera speculazioneÁ rintracciare tali affinità con i simboli di quantità in generale. Si è visto (Cap. II, §9) che i simboli della logica sono sottoposti alla legge speciale % ~ %. Ebbene, non ci sono che due simboli numerici, e cioè e , che sono sottoposti alla medesima legge formale. Sappiamo che ~ e che ~ ; e l'equazione % ~ %, considerata come equazione algebrica, non ha altre radici che e . Pertanto, invece di determinare la misura della concordanza formale che sussiste fra i simboli della logica e quelli numerici in generale, viene più immediato il paragonarli con i simboli di quantità che ammettono solo i valori e . Immaginiamo dunque un'algebra in cui i simboli %Á &Á 'Á ecc., ammettano indifferentemente i valori e e solo questi. Le leggi, gli assiomi e i processi di una tale algebra saranno in tutto e per tutto identici alle leggi, agli assiomi e ai processi di un'algebra della logica. Divideranno le due algebre soltanto differenze d'interpretazione. Il metodo di questo lavoro è fondato appunto su questo principio». Nel seguito contrassegnamo con * quei passi che richiedono questo caveat. NB. Ciò non significa affatto che si sta ragionando nell'anello booleano sullo ¸Á ¹ . 47 Sviluppo del calcolo 2.1. Si trasforma, mediante trasposizione, ogni equazione in un'equazione della forma = ~ : = ~ = = c = ~ . 2.2.* Si espande ogni equazione in una il cui membro sinistro è completamente sviluppato, in conformità al TEOREMA di espansione o sviluppo completo di una funzione ²%³ ~ ²³% b ²³² c %³ ²%Á &³ ~ ²Á³%& b ²Á³%² c &³ b ²Á³² c %³& b ²Á³² c %³² c &³ ²%Á &Á '³ ~ ²ÁÁ³%&' b ²ÁÁ³%&² c '³ b ²ÁÁ³%² c &³' b ²ÁÁ³%² c &³² c '³ b ²ÁÁ³² c %³&' b ²ÁÁ³² c %³&² c '³ b ²ÁÁ³² c %³² c &³' b ²ÁÁ³² c %³² c &³² c '³ ²%Á &Á 'Á #³ ~ ²ÁÁÁ³%&'# b ²ÁÁÁ³%&'² c #³ b ²ÁÁÁ³%&² c '³# b ²ÁÁÁ³%&² c '³² c #³ b ²ÁÁÁ³%² c &³'# b ²ÁÁÁ³%² c &³'² c #³ b ²ÁÁÁ³%² c &³² c '³# b ²ÁÁÁ³%² c &³² c '³² c #³ b ²ÁÁÁ³² c %³&'# b ²ÁÁÁ³² c %³&'² c #³ b ²ÁÁÁ³² c %³&² c '³# b ²ÁÁÁ³² c %³&² c '³² c #³ b ²ÁÁÁ³² c %³² c &³'# b ²ÁÁÁ³² c %³² c &³'² c #³ b ²ÁÁÁ³² c %³² c &³² c '³# b ²ÁÁÁ³² c %³² c &³² c '³² c #³ Å Å 48 Esempio. Si ha: Così: ossia: Sviluppo completo di ²%Á &³ ~ % b & c %& hb b ~ ~ ch c hb b ²Á ³ ~ ~ ~ ch c b hb ~ ~ ²Á ³ ~ ch c hb b ²Á ³ ~ ~ ~ ~ . ch c ²%Á &³ ~ %& b %² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³ ~ %& b %² c &³ b ² c %³&À ²Á³ ~ Termine Coefficiente Costituente ¨ ¨ ²Á Á ³ %² c &³' Lemma 1 % ~ % w & ~ & ¦ ²%&³ ~ %& . Dim. ²%&³ ~ % & ~ %& . Lo sviluppo completo di una funzione consta evidentemente di termini; quindi coefficienti e altrettanti costituenti. Proprietà dei costituenti C1. ! ~ !. Dim. Dal Lemma dato che un costituente è un prodotto di simboli logici C2. ! £ ! ¦ ! ! ~ Dim. In ogni coppia di costituenti c'è almeno un simbolo logico tale che compare nell'uno mentre nell'altro compare ² c %³. C3. ! ~ ~ Dunque i costituenti costruiti con gli simboli logici % Á à Á % determinano una partizione completa di . 49 LT pp. 75-6 «La regola generale di sviluppo consisterà pertanto di due parti, la prima delle quali si riferirà alla formazione dei costituenti dello sviluppo, la seconda alla determinazione dei rispettivi coefficienti. Ed ecco la regola: ) Sviluppare una qualsiasi funzione dei simboli %Á &Á ' . Si formi una serie di costituenti nella maniera seguente: il primo costituente è il prodotto dei simboli; per il secondo costituente si cambi in questo prodotto ogni simbolo ' in c ' . In entrambi questi si cambi poi ogni altro simbolo & in c &, per altri due costituenti. Quindi nei quattro costituenti così ottenuti si cambi ogni altro simbolo % in c %, per quattro nuovi costituenti; si proceda in questo modo fin quando non si sarà esaurito il numero dei cambi possibili. 2) Trovare il coefficiente di un qualsiasi costituente. Se questo costituente contiene % come fattore, si cambi, nella funzione originale, % in ; ma se come fattore contiene c %, si cambi, nella funzione originale, % in . Si applichi la stessa regola ai simboli &Á 'Á ecc. Il valore finale che si ottiene calcolando la funzione cosi trasformata sarà il coefficiente cercato. La somma dei costituenti, moltiplicati ciascuno per il rispettivo coefficiente, sarà l'espansione richiesta». 50 Interpretazione dei costituenti La partizione dell'universo del discorso indotta dai simboli logici % ² c %³ % % c% % & %& %² c &³ ² c %³& ² c %³² c &³ ² c %³² c &³ %² c &³ %& ² c %³& 51 % & ' %&' %&² c '³ %² c &³' %² c &³² c '³ ² c %³&' ² c %³&² c '³ ² c %³² c &³' ² c %³² c &³² c '³ ² c %³² c &³² c '³ %² c &³² c '³ %&² c '³ %&' ² c %³&² c '³ ² c %³&' %² c &³' ² c %³² c &³' 52 Teorema: Ogni equazione (logica) = ~ è equivalente a una i cui coefficienti sono tutti positivi ~ ~ Lemma: ² ³ ~ b ~ b ~ ~ ~ ² b ³ ~ b b ² b b ³ ~ b b b b b ² b b b b ³ ~ b b b b b b b b b 8 9 b b b b b Å Quindi 1. Si sviluppi completamente = ; così = ~ diviene ! b Ä b ! ~ , ossia ² ! ³ ~ 0. ~ 2. Si elevino al quadrato entrambi i membri; così ² ² ! ³³ ~ 2 ~ ~ e, per il Lemma, ² ! ³ b ² ! ³² ! ³ ~ . ~ ~ 3. Ma, per C2, ² ! ³² ! ³ è sempre ; quindi, anche ² ! ³² ! ³ ~ e dunque ² ! ³ ~ 0. ~ ~ 4. Allora anche ! ~ 0. ~ 5. Ma, per C1, è sempre ! ~ ~ ~ !; dunque ! ~ ! e così, finalmente ! ~ e, in tale equazione, i coefficienti sono ~ tutti positivi. 53 Risoluzione ‘logica ’ di un'equazione LT, p.87 : «[à ] un problema che, in logica, possiede la massima generalità e che può essere enunciato così: «Data un'equazione logica qualsiasi, che mette in relazione i simboli %Á &Á 'Á $ trovare un'espressione suscettibile d'interpretazione per la relazione che la classe rappresentata da $ ha con le classi rappresentate dagli altri simboli, %Á &Á 'Á ecc.». La soluzione di questo problema consiste in ogni caso nel determinare, partendo dall'equazione data, l'espressione del simbolo $ nei termini degli altri simboli e nel rendere interpretabile quest'espressione sviluppandola» 1) Data l'equazione = ~ che contiene, oltre a $, i simboli logici % Á à Á % , stabilire la relazione che quell'equazione determina fra $ e gli altri simboli logici. Data = ~ , sviluppando = rispetto a $, si ottiene ,$ b , Z ² c $³ ~ , con , ed , Z funzioni degli % Á à Á % che non contengono $. NB. , ~ = ²$°³ , Z ~ = ²$°³ Infatti: = ²$°³1 b = ²$°³ ~ = ²$°³ = ²$°³ b = ²$°³ ~ = ²$°³ Si calcola ,$ b , Z ² c $³ ~ ,$ c , Z $ b , Z ~ c ², c , Z ³$ ~ , Z ², Z c ,³$ ~ , Z ,Z $~ ², Z c ,³ NB. Per determinare la relazione di c $ con % Á à Á % si procede analogamente 54 2) Interpretazione generale di un'equazione del tipo $ ~ = LT p.88 : « Determinare l'interpretazione di un'equazione logica che abbia la forma $ ~ = , in cui $ è un simbolo di classe, e = una funzione, completamente indefinita quanto alla sua forma, di altri simboli di classe». 2.1) Sviluppare completamente = ²% Á à Á % ³ ~ Si ottiene = ²% Á à Á % ³ ~ ! dove è il coefficiente e ! il co~ stituente dell'-esimo termine dello sviluppo. 2.2) Si raggruppano i coefficienti in quattro classi: (A) quelli uguali a ; (B) quelli uguali a ; (C) quelli uguali a ; (D) gli altri (ossia quelli diversi da Á Á ³. Si sostituiscono questi ultimi ovunque con e, usando la distributività, si raggruppano i termini aventi lo stesso coefficiente. ~ Si ottiene $ ~ = ²% Á à Á % ³ ~ ! ~ ( b ) b * b + ~ dove (Á )Á *Á + sono le somme dei costituenti dei termini dello sviluppo i cui coefficienti sono rispettivamente in (A)Á (B)Á (C)Á (D). Regola di interpretazione: a) Il simbolo , in quanto coefficiente di un termine di uno sviluppo, indica che si deve prendere la totalità della classe che quel costituente rappresenta. b) Il coefficiente indica che di quella classe non si deve prendere nulla. e) Il simbolo indica che si deve prendere una porzione perfettamente indefinita della classe; cioè, si possono prendere alcuni dei suoi membri, tutti i suoi membri o nessuno di essi. d) Qualsiasi altro simbolo, impiegato come coefficiente, indica che il costituente al quale è stato premesso deve essere uguagliato a . Interpretazione finale di $ ~ = dopo il suo sviluppo 1) $ ~ ( b #* in $ ~ ( b ) b * b +: H ³ + ~ . 55 LT pp. 94-7 Esempio Definizione: «Esseri responsabili sono tutti gli esseri razionali che, o sono liberi di agire, o hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà» %: esseri responsabili, &: esseri razionali, ' : esseri liberi di agire, $: esseri che hanno rinunciato volontariamente alla libertà d'azione. Presupposto: «esseri razionali liberi di agire» e «esseri razionali che hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà d'azione» sono disgiunti. Così la definizione è tradotta dall'equazione % = &' b &$. Determiniamo la relazione che «esseri razionali» ha con «esseri responsabili», «esseri liberi di agire» ed «esseri che hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà d'azione: % = &' b &$ % = &²' b $³ % & ~ . 'b$ Sviluppiamo completamente il secondo membro dell'equazione 1) Determinazione dei coefficienti % ' $ % 'b$ b b b b % ' $ ~ ~ ~ ~ % 'b$ b b b b ~ ~ ~ ~ Eliminando i termini a coefficiente si ha così lo sviluppo %'$ b %'² c $³ b %² c ' )$ b & =J À %² c ' ) ² c $ ) b ² c % ) ² c ' ) ² c $ )) 56 Da & =J %'$ b %'² c $³ b %² c ' )² c $) b ² %² c ' )$ b c %)² c ' )² c $)) uguagliando a i termini che hanno per coefficiente e , si ha: & = %'² c $³ b %$² c ' ) b #² c %)² c '³² c $³ %'$ = 0 %² c '³² c $³ ~ ; Ossia, interpretando: Conclusione diretta. Esseri razionali sono tutti gli esseri responsabili, che, o sono liberi di agire non avendo rinunciato volontariamente alla propria libertà, o non sono liberi di agire, avendo rinunciato volontariamente alla propria libertà, insieme con un residuo indefinito composto da alcuni, nessuno o tutti quegli esseri non responsabili, non liberi che non hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà d'agire. Prima relazione indipendente. Nessun essere responsabile è, nel medesimo tempo, libero di agire e nella condizione di aver rinunciato volontariamente alla propria libertà. Seconda relazione indipendente. Non si dà il caso che un essere responsabile non sia libero di agire e nel medesimo tempo non si trovi nella condizione di avere rinunciato volontariamente alla propria libertà. Le relazioni indipendenti determinate possono però venir espresse in una forma diversa e più conveniente. Così, la %'$ = 0 dà luogo, per sviluppo, a 0 %$ = ~ ' b ² c ' ), ossia a %$ = #² c '³; ' analogamente, %² c '³² c $³ ~ dà luogo, per sviluppo, a %² c $³ ~ ~ ' b ² c '³; ossia a %² c $³ ~ #' ; c' che, interpretate, danno luogo alle seguenti proposizioni: a) Gli esseri responsabili che hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà d'agire non sono liberi. b) Gli esseri responsabili che non hanno rinunciato volontariamente alla propria libertà d'agire sono liberi. 57 Interpretazione di un'equazione della forma = ~ dove = contiene simboli logici in combinazioni non frazionarie. 1) Si sviluppa completamente = 2) Si eguagliano a i costituenti i cui coefficienti sono £ . Le equazioni così ottenute costituiscono l'interpretazione dell'equazione di partenza Esempio (di Boole) la definizione biblica di ‘animale mondo’: (D) Animali mondi sono quelli che hanno lo zoccolo fesso e ruminano % animali mondi & an. a zoccolo fesso ' an. ruminanti (D) % ~ &' 1.1) Per trasposizione si trasforma (D) in % c &' ~ 1.2) Sviluppo completo di % c &' 1.21 Determinazione dei coefficienti: % c &' % c &' c h ~ c h ~ c c h ~ c h ~ c h ~ c h ~ c h ~ c h ~ Quindi 1.22) ~ %&' b %&² c '³ b %² c &³' b % c &' ~ %² c &³² c '³ c ² c %³&' b ² c %³&² c '³ b ² c %³² c &³' b ² c %³² c &³² c '³ 2) ~ %&² c '³ b %² c &³' b %² c &³² c '³ c ² c %³&' Non ci sono animali mondi con %&² c '³ ~ 8 9 lo zoccolo fesso e non ruminanti Non ci sono animali mondi ruminanti %² c &³' ~ 8 9 ma che non hanno zoccolo fesso Non ci sono animali mondi non rumi%² c &³² c '³ ~ 8 9 nanti e che non hanno zoccolo fesso Non ci sono animali ruminanti con ² c %³&' ~ 8 9 lo zoccolo fesso ma non sono mondi 58 Eliminazione Il Problema. Un'equazione = ~ esprime una relazione sussistente fra le classi simbolizzate dai simboli logici presenti in = . Preso uno di questi simboli, per es. %, si vuole sapere quale è, in virtù di quell'equazione, la relazione sussistente fra le altre classi, a prescindere da %. Più in generale, presi di questi simboli, si vuole sapere quale è la relazione che, in virtù dell'equazione, sussiste fra i rimanenti. [Eliminazione del termine medio] Il Teorema (LT p. 101). Se ²%³ = è un'equazione logica qualsiasi, che contiene il simbolo di classe %, da solo o insieme con altri simboli di classe, allora l'equazione ²³ ²³ ~ sarà vera indipendentemente dall'interpretazione che si sarà data a %; essa rappresenterà anche il risultato completo, che si ottiene eliminando % dall'equazione precedente. In altre parole, l'eliminazione di % da una qualsiasi equazione data, ²%³ ~ Á si effettuerà sostituendo successivamente, in quest'equazione, a % e a %, e moltiplicando tra loro le due equazioni risultanti. Analogamente, il risultato completo dell'eliminazione di una qualsiasi classe di simboli, %Á &Á ecc., da una qualsiasi equazione, = ~ , si otterrà sviluppando completamente il primo membro di quell'equazione in costituenti dei simboli dati, moltiplicando tra di loro tutti i coefficienti di tali costituenti ed uguagliando a il prodotto risultante. Così: Eliminazione di %: ²%°³ ²%°³ ~ Eliminazione di %Á & : ²%°Á &°³ ²%°Á &°³ ²%°Á &°³ ²%°Á &°³ ~ Eliminazione di %Á &Á ' : ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ²%°Á &°Á '°³ ~ à 59 Eliminazione di # dalle categoriche universali A % ~ #& % c #& ~ ²% c &³²% c &³ ~ ²% c &³% ~ % c &% ~ % c &% ~ % c %& ~ %² c &³ ~ E % ~ #² c &³ % c #² c &³ ~ ²% c ² c &³³²% c ² c &³³ ~ ²% c ² c &³³% ~ % c ² c &³% ~ % c ² c &³% ~ % c %² c &³ ~ %² c ² c &³³ ~ %& ~ Riduzione Il problema. Si tratta di associare a ogni sistema finito di equazioni - ~ Á à Á - ~ , un'unica equazione - ~ equivalente al sistema. Chiaramente se tutti i coefficienti di ognuna delle - ~ sono positivi si può porre - ~ - b Ä b - ottenendo: - ~ © - ~ w à w - ~ . Quindi il problema si riduce al far vedere che ogni equazione è equivalente a una i cui coefficienti sono tutti positivi Lemma di Riduzione. ² ! b Ä b ! ³ ~ ! b Ä b ! Teorema di riduzione Se - ~ , allora - equivale a una funzione a una i cui coefficienti sono tutti positivi. Dim. Sia - ~ e sia ! b Ä b ! il suo sviluppo completo. Ovviamente [non ci sono divisori dello zero]: - ~ © ! b Ä b ! ~ © ² ! b Ä b ! ³ ~ e quindi, per il Lemma, - ~ © ! b Ä b ! ~ . 60 Esempio Sia ²%Á &³ ~ ²%& b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ³. Allora ²%& b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ³ ~ ²%&³ b ²%&´²%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ³ b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ ~ ²%&³ b ²%&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³³ b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ ~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³ b ´%² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³µ ~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³ b ²%² c &³³ b ²%² c &³´² c %³& b ² c %³² c &³µ³ b ´² c %³& b ² c %³² c &³µ ~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³ b ²%² c &³³ b ´%² c &³² c %³& b %² c &³² c %³² c &³µ³ b ´² c %³& b ² c %³² c &³µ ~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³ b ²%² c &³³ b %² c &³² c %³& b %² c &³² c %³² c &³ b ´² c %³& b ² c %³² c &³µ ~ ²%&³ b %&%² c &³ b %&² c %³& b %&² c %³² c &³ b ²%² c &³³ b %² c &³² c %³& b %² c &³² c %³² c &³ b ²² c %³&³ b ²² c %³&² c %³² c &³³ b ²² c %³² c &³³ ~ ²%&³ b %%&² c &³ b %² c %³&& b %² c %³&² c &³ b ²%² c &³³ b %² c %³² c &³& b %² c %³² c &³² c &³ b ²² c %³&³ b ² c %³² c %³&² c &³³ b ²² c %³² c &³³ ~ ²%&³ b %% b && b %² c %³ b ²%² c &³³ b ² c &³& b ² c &³² c &³ b ²² c %³&³ b ² c %³² c %³³ b ²² c %³² c &³³ ~ ²%&³ b b b b ²%² c &³³ b b b ²² c %³&³ b b ²² c %³² c &³³ ~ ²%&³ b ²%² c &³³ b ²² c %³&³ b ²² c %³² c &³³ ~ % & b % ² c &³ b ² c %³ & b ² c %³ ² c &³ ~ %& b %² c &³ b ² c %³& b ² c %³² c &³ 61 Esempio: il sillogismo Celarent Premesse c traduzione ¦ Nessun & è ' Tutti gli % sono & Conclusione Nessun % è ' Equazioni &' ~ %² c &³ ~ ¨ a) Riduzione del sistema &' b %² c &³ ~ ¨ b) Eliminazione di & (termine medio) calcolo ²' b %² c ³³ h algebrico ²' b %² c ³³ ~ ¨ calcolo ²' b ³² b %³ ~ '% ~ ¨ Equazion ¥ interpretazione c %' ~ 62 Logica proposizionale La distinzione: proposizioni H primarie secondarie (o concrete) (o astratte LT p.37: «Ogni nostra asserzione può venir riferita all'uno o all'altro dei due seguenti tipi. O essa esprime una relazione fra cose oppure esprime (o è equivalente all'espressione di) una relazione fra proposizioni. [à ] La prima classe di proposizioni, che si riferisce a cose, la chiamo ‘Primaria’, la seconda, che si riferisce a proposizioni, ‘Secondaria’». ~ ? è vera ? è falsa se ? vera, allora Y è vera o ? è vera o @ è vera Proposizioni secondarie ? e @ sono entrambe vere Å se ? è vera allora o @ è vera o A è vera Å LT. p.124: «Non esiste una qualsiasi proposizione di cui un competente grado di conoscenza non ci renda capaci di fare l'una o l'altra di queste due asserzioni e precisamente o che la proposizione è vera o che la proposizione è falsa e ciascuna di queste asserzioni è una proposizione secondaria. [à ] Le proposizioni secondarie includono anche tuttti i giudizi in cui esprimiamo una relazione o una dipendenza fra proposizioni. A tale classe o divisione possiamo riferire le proposizioni condizionali [à ]. Anche la gran parte delle proposizioni disgiuntive [à ]. Alla stessa classe delle proposizioni secondarie dobbiamo riferire anche tutte le proposizioni che asseriscono la verità o la falsità simultanee di proposizioni [à ]. Gli elementi di distinzione che abbiamo notato possono anche trovarsi assieme nella stessa proposizione secondaria. Essa può coinvolgere sia l'elemento disgiuntivo espresso da o c oppure e l'elemento condizionale espresso da se; oltre a ciò, la proposizioni connesse possono essere esse stesse di carattere composto». 63 Idea base di Boole Esiste una «connessione essenziale fra le proposizioni secondarie e l'idea di tempo» [p.127]; ogni proposizione secondaria coinvolge un riferimento esplicito o implicito a una durata temporale. Il proposito: «stabilire un sistema di notazione per l'espressione delle Proposizioni Secondarie e mostrare che i simboli che esso coinvolge sono soggetti alle stesse leggi di combinazione dei simboli corrispondenti usati nell'espressione delle Proposizioni Primarie» [p.128]. Fissato l'universo temporale ad ogni proposizione primaria ? viene associata la classe % degli istanti temporali in cui essa è vera. LT p. 128-9: «% denota il tempo in cui la proposizione ? è vera [à ]. % b & denoti l'aggregato di quelle porzioni di tempo in cui le proposizioni ? e @ sono rispettivamente vere, quei tempi essendo interamente separati fra loro. Similmente % c & denoti il resto di tempo che rimane quando togliamo dalla porzione di tempo in cui ? è vera la porzione (che è supposta inclusa) in cui è vera &. Chiameremo % il simbolo rappresentativo della proposizione ? , ecc. [à ] Nell'espressione di proposizioni secondarie, rappresenta il nulla rispetto all'elemento di tempo. [à ] nello stesso sistema rappresenta l'universo o la totalità del tempo cui il discorso è supposto in qualche modo riferirsi ». Su questa base Boole stabilisce la validità per questi simboli di una serie di equazioni già stabile nel caso delle proposizioni primarie. In particolare: «la fondamentale legge di dualità [à ] la cui espressione è % ~ % o %² c %³ ~ . » 64 Affrontando sistematicamente il problema della determinazione delle regole generali per l'espressione delle Proposizioni Secondarie, Boole premette (p.131): «Dato che denota l'intera durata di tempo e % la porzione di tempo in cui la proposizione ? è vera, c % denota la porzione di tempo in cui la proposizione ? è falsa. Inoltre, poiché %& denota la porzione di tempo in cui le proposizioni ? e @ sono entrambe vere, [à ] saremo portati alle seguenti interpretazioni. L'espressione %² c &³ rappresenterà il tempo durante il quale la proposizone ? è vera e la proposizione ? è falsa e l'espressione ² c %³² c &³ rappresenterà il tempo durante il quale le proposizioni ? e @ sono simultaneamente false. L'espressione %² c &³ b &² c %³ rappresenterà il tempo durante il quale o ? è vera o @ è vera, ma non entrambe le cose perché quel tempo è la somma dei tempi in cui esse sono singolarmente ed esclusivamente vere. L'espressione %& b ² c %³² c &³ esprimerà il tempo durante il quale ? e @ sono entrambe vere o entrambe false. [à ]» Poi prosegue: «Le leggi generali di espressione delle proposizioni possono ora venir esposte e studiate nei vari casi in cui esse si presentano. C'è però un principio di fondamentale importanza su cui desidero richiamare in primo luogo l'attenzione. Malgrado i principi di espressione stabiliti siano perfettamente generali e ci rendano capaci di limitare le nostre asserzioni di verità o falsità di proposizioni a una qualsiasi porzione dell'intero tempo che costituisce l'universo del nostro discorso (sia questo l'illimitata eternità, o un periodo i cui inizio e termine sono esattmente determinati, o il momento attuale), tuttavia nell'effettivo modo di procedere del ragionamento umano, una tale limitazione non è di solito impiegata. Quando asseriamo che una proposizione è vera intendiamo, in generale, che è vera lungo l'intera durata del tempo cui si riferisce il nostro discorso; e quando asserzioni diverse di verità o falsità incondizionate di proposizioni sono fatte come premesse di una dimostrazione logica è allo stesso universo di tempo che tali asserzioni si riferiscono, non a porzioni particolari e limitate di esso [à ]». Ciò detto, Boole passa (pp. 131-3) all'enunciazione delle regole. 65 «I. Esprimere la Proposizione “La proposizione ? è vera”. Ci si chiede qui di esprimere che, entro i limiti di tempo entro cui è confinata la materia del nostro discorso, la proposizione ? è vera. Ora, il tempo in cui la proposizione ? è vera è denotato da % e l'estensione temporale cui si riferisce il nostro discorso è rappresentato da . Quindi abbiamo, come espressione richiesta, %~ . II. Esprimere la Proposizione “La proposizione ? è vera”. Dobbiamo qui esprimere che, entro i limiti di tempo entro cui è confinata la materia del nostro discorso, la proposizione ? è falsa, ovvero che che, entro quei limiti non c'è alcuna porzione di tempo in ci essa è vera. Ora la porzione di tempo in cui essa è vera è %. Quindi l'equazione richiesta sarà %~ . [à ] III. Esprimere la Proposizione disgiuntiva: “O la proposizione ? è vera o la proposizione @ è vera”; essendo in ciò implicato che le due proposizioni sono reciprocamente esclusive, ossia che solo una di esse è vera. Il tempo in cui o la proposizione ? o la proposizione @ ma non entrambe sono vere è rappresentato dall'espressione %² c &³ b &² c %³. Perciò, come equazione richiesta avremo %² c &³ b &² c %³ . Se nella proposizione precedente si suppone che le particelle o .. o non abbiano un potere disgiuntivo assoluto, così da non escludere la possibilità della verità simultanea delle proposizioni ? e @ , dobbiamo aggiungere al primo membro della precedente equazione il termine %& . Avremo così %& b %² c &³ b &² c %³ ~ o % b ² c %³& ~ . IV. Esprimere la Proposizione condizionale: “se la proposizione @ è vera allora la proposizione ? è vera”. Poiché ogniqualvolta la proposizione @ è vera, è vera la proposizione ? , è qui necessario e suffciente esprimere che il tempo in cui la propsizione @ è vera è tempo in cui la proposizione ? è vera; vale a dire che esso è una qualche porzione indefinita di tutto il tempo in cui è vera la proposizione ? . Ora il tempo in cui la proposizione @ è vera & e l'intero tempo in cui è vera la proposizione ? è %. Sia # il simbolo di un tempo indefinito, allora #% rappresenta una porzione indefinita dell'intero tempo %. Pertanto avremo & ~ #% ». 66 7. Sviluppi William Stanley Jevons [1835-82] Pure Logic, or The logic of quality apart from quantity [1864] Charles Sander Peirce [1839-1914] An Improvement in Boole's Calculus of Logic [1867] Robert Grassman [1815-1901] Die Formenlehre oder Mathematik [1872] Ernst Schröder [1741-1902] Der Operationskreis des Logikcalculs [1877] Vorlesungen über die Algebra der Logik [1890-5]. John Venn [1834-1923] Symbolic Logic [1881, 18942 ] Alfred North Whitehead [1861-1947] A Treaise on Algebra Universalis with Applications [1898] ------------------------------------------------------------------------------------- Arthur Cayley [1821-95] Note on the calculus of Logic [ ] A. J. Ellis [1814-90] On the Algebraic Analogues of Logical Relations [1872] --------------------------------------------------------------------------- 8. Ernst Schröder [1741-1902] Der Operationskreis des Logikkalkuls [1877] «Malgrado sia ormai trascorso quasi un quarto di secolo da quando l'ideale di un calcolo logico proposto da Leibniz abbia trovato attraverso George Boole [à ] una sua realizzazione, sembra però che a questa nuova creazione siano state tributate così poche attenzione e ulteriore cura, che le brevi Note di Cayley e Ellis, come pure la trattazione apparentemente indipendente della stessa materia a opera di Robert Grassmann dovrebbero essere gli unici scritti in cui si sia fatto seriamente riferimento ad essa. 67 Una ragione di questo fenomeno la vedo nel fatto che la stessa teoria di Boole soffre di certe imperfezioni. Come più significativo fra i difetti che ho avvertito nel metodo di Boole, peraltro certo mirabile e oltre tutto presentato da lui in modo così attraente, voglio preliminarmente menzionare solo che Boole, per la risoluzione dei suoi problemi, ha introdotto nell'indagine un elemento completamente estraneo all'essenza della cosa. Come tale devo indicare (eccezion fatta per i simboli e , ai quali soli non si può disconoscere il diritto di cittadinanza anche nel calcolo della logica) l'intera zavorra dei numeri algebrici. La loro immissione ha di fatto comportato che in Boole bisogna rinunciare all'interpretabilità dei singoli passi e, in generale, che bisogna calcolare con simboli come Á c Á Á Á logicamente del tutto ininterpretabili. Mentre resta un'impresa disperata il prender coscienza di ciascuna delle operazioni intermedie lì eseguite, ci si vede portati, in modo sorprendente, ma intellettualmente non soddisfacente, al risultato desiderato e invero, a modo suo, corretto. Ciò viene per la verità più o meno trascurato in ogni calcolo, in quanto il vantaggio principale e le facilitazioni assicurati dal calcolo consistono proprio nel fatto che la mente viene per un certo tempo dispensata dal tener presenti direttamente le cose su cui verte l'indagine. Solo che bisognerà almeno pretendere la possibilità di poter controllare intuitivamente ogni passo, anche se, in ragione della complicazione, si evita volentieri l'esecuzione del controllo; in altre parole, da un metodo perfetto si richiederà la capacità di giustificare passo per passo le sue operazioni elementari e non solamente il loro complesso attraverso il successo. Anche se non disconosco che proprio l'audacia di usare nell'algebra certi simboli a tutta prima apparentemente insensati, come l c , ha spesso favorito in modo essenziale lo sviluppo di questa disciplina, credo però che nel caso presente ci sarà un progresso nel ritorno dall'astrusa artificiosità alla semplice naturalità e alla completa interpretabilità e ascrivo storicamente l'innecessaria messa in campo dell'elemento astruso soltanto alla circostanza che il creatore della nuova disciplina non riuscì a svincolarsi sufficientemente dalle regole dell'aritmetica, che proprio non valgono per le operazioni inverse della logica. [à ] 68 Attraverso il modo di trattazione qui intrapreso si ridurrà già notevolmente la lunghezza e ancor più la faticosità dei calcoli intermedi richiesti dai problemi; soprattutto, però, si semplificherà a tal punto l'intero apparato richiesto per la costruzione della teoria da non esservi bisogno di presupporre alcuna preconoscenza matematica, neppure del due più due [à ]. §1. Se ci rifacciamo alla più comune suddivisione secondo cui la teoria dei concetti, dei giudizi e delle inferenze esaurisce la problematica della logica (deduttiva), allora ciò che caratterizza in particolare la logica matematica o il calcolo logico, è che qui i concetti o anche i giudizi vengono in generale rappresentati mediante lettere e che le inferenze vengono elaborate in forma di calcoli che si eseguono su queste lettere secondo determinate, semplici regole. Pertanto una prima parte del calcolo logico è costituita dal calcolo dei concetti; per suo mezzo si riesce a eseguire quelle inferenze le cui premesse e conclusioni sono “giudizi di prima classe”, giudizi cioè nei quali si enuncia qualcosa delle cose stesse c brevemente giudizi categorici. La seconda parte comprende il calcolo dei giudizi e per suo mezzo riescono a trovare la loro veste quelle indagini nelle quali si giudica sulle nostre asserzioni sulle cose rispetto ai modi in cui la verità o la falsità dell'una appare dipendere da quelle dell'altra c relazioni, quindi, che trovano normalmente la loro espressione linguistica in proposizioni condizionali, in giudizi ipotetici o disgiuntivi cui vogliamo assegnare, con Boole, il nome di “giudizi di seconda classe”. Mentre in entrambe le parti il calcolo procede secondo le stesse regole, è solo l'interpretazione delle formule a essere in esse diversa. Perciò rivolgendo noi dapprima l'attenzione solo alla prima parte, troveremo che poi l'altra parte si liquida con una semplice osservazione, quella cioè c per anticiparla qui subito c che sotto le lettere che rappresentano i giudizi basta solo porre, al posto di questi, i tempi (o “classi di intervalli temporali” ) rispetto ai quali essi sono veri, per catalogare immediatamente l'indagine in una pertinente alla prima parte del calcolo logico». 69 9. Edward Vermilye Huntington [1874-1952] Sets of Independent Postulates for the Algebra of Logic [1904] «L'algebra della logica simbolica, come sviluppata da Leibniz, Boole, C.S. Peirce, E. Schröder ed altri è descritta da Whitehead come “il solo membro conosciuto del genere non-numerico dell'algebra universale”. Quest'algebra, sebbene originariamente studiata soltanto come strumento per trattare certi problemi nella logica delle classi e nella logica delle proposizioni, ha recentemente assunto una certa importanza come calcolo indipendente; può pertanto non essere privo di interesse il considerarla da un punto di vista puramente matematico o astratto e mostare come l'intera algebra, nella sua forma astratta, può venir sviluppata a partire da un insieme scelto di proposizioni fondamentali o postulati che siano fra loro indipendenti e da cui tutte le altre proposizioni dell'algebra possono venire dedotte mediante processi puramente formali. In altre parole ci accingiamo a considerare la construzione di una teoria puramente deduttiva, senza riguardo alle sue possibili applicazioni [à ]». Vengono dati tre sistemi di assiomi per i quali vengono anche date, in particolare, le dimostrazioni di indipendenza. 70 10. Augustus DeMorgan [1806-1871] On the Syllogism IV and on the Logic of Relations [186(0)4] «[à ] In questo quarto articolo entro inoltre nel tema della relazione come branca della logica. Molto è stato scritto sulla relazione in tutti i suoi aspetti psicologici a eccezione di quello logico, ossia dell'analisi delle leggi necessarie del pensiero connesse con la nozione di relazione. Il logico ha finora escluso accuratamente dalla sua scienza lo studio della relazione in generale: la pone fra quelle categorie eterogenee che trasformano il porticato di questo tempio in un magazzino di materiale greggio misto a scarti. Aristotele non dà a questa parte di logica un aspetto molto promettente quando (Cat., V o VII) non avanza una locuzione migliore di prÒj ti per denotare la sua idea astratta di relazione. [à ] Ora procedo a considerare le leggi formali della relazione nella misura in cui ciò è necessario per la trattazione del sillogismo. I nomi ?Á @ Á A siano singolari [à ]. Non uso i simboli matematici di relazione funzionale Á Á ecc. C'è più di una ragione per cui gli esempi matematici non sono molto adatti all'illustrazione. Gli esempi più adatti sono presi dalle relazioni fra esseri umani fra le quali le relazioni che hanno quasi monopolizzato il nome, quelle di consanguineità e affinità sono notevolmente convenienti in quanto di uso quotidiano. Come nella logica ordinaria l'esistenza è implicitamente predicata di tutti i termini, così in questo argomento ogni relazione impiegata sarà considerata come connettente davvero i termini di cui è predicata. ?ÀÀ3@ [%3& ] significhi che ? è uno degli oggetti di pensiero che sta con @ nella relazione 3, o che è uno degli 3 di @ . Invece ?À3@ [F%3& ] significhi che ? non è uno degli 3 di @ . Qui ? e @ sono soggetto e predicato: questi nomi fanno riferimento al loro modo di intervenire nella relazione, non all'ordine di menzione. Così @ è il predicato in 3@ À? come pure in ?À3@ . Quando il predicato è a sua volta il soggetto di una relazione, può esservi composizione: così se ?ÀÀ3²4 @ ³ [E'²%3' w '4 &³], se ? è uno degli 3 di uno degli 4 di @ , possiamo pensare di ? come un ‘3 di 4 ’ di @ , espresso da ?ÀÀ²34 ³@ o semplicemente da ?ÀÀ34 @ . 71 Una più ampia trattazione dell'argomento richiederebbe di fare una distinzione simbolica fra ‘? non è un 3 di un 4 di @ ’ e ‘? non è un 3 di qualcuno degli 4 di @ ’. Per gli scopi presenti ciò non è necessario: così ?À34 @ [FE'²%3' w '4 &³] può denotare il primo dei due. Né trovo per ora necessario usare relazioni che sono aggregati di altre relazioni come in ?ÀÀ²3Á 4 ³@ , ? è uno degli 3 di @ o uno degli 4 o entrambe le cose. Non possiamo proseguire senza porre attenzione a forme in cui la quantità universale è parte inerente della relazione composta, come parte della nozione stessa della relazione, intelligibile nel composto, inintelligibile nella componente separata. In primo luogo 34 Z [D'²'4 & ¦ %3'³] significhi un 3 di ogni 4 , essendo 34 Z ? un individuo che sta nella stessa relazione con molti. Qui l'accento è un segno di quantità universale che forma parte della descrizione della relazione: 34 Z non è un aggregato di casi di 34 . In secondo luogo 3Z 4 [D'²%3' ¦ '4 &³] significhi un 3 di un 4 in tutti in modi in cui esso è comunque un 3: un 3 di nessuno tranne gli 4 . Qui l'accento è anche un segno di quantità universale: e la logica sembra dettare alla grammatica che questo vada letto ‘un ogni-3 di 4 ’. [à ] Sarebbe assai conveniente se la distinzione fra 34 Z e 3Z 4 potesse farsi come in ‘3 di ogni 4 ’ e ‘ogni -3 di 4 ’. I simboli 3Z 4 ? e 34Z ? , di cui non avrò bisogno, interpretati per analogia significherebbero ‘ogni 3 di un 4 di ? ’ e ‘un 3 di 4 di nessuno tranne un ? ’. Il simbolo composto 3Z 4 Z ? significa un 3 di ogni 4 e di nient'altro; ed è di fatto il composto ²34 Z ?³²34 ? ³. Non ce ne occuperemo. Abbiamo così tre simboli di relazione composta; 34 , un 3 di un 4 ; 34 Z , un 3 di ogni 4 ; 3Z 4 , un 3 di nessuno tranne 4 . [à ] ¢ ] è definita come al solito: se La relazione conversa di 3, 3c [%3& ?ÀÀ3@ , allora @ ÀÀ3c ? , se @ è uno degli 3 di @ , @ è uno degli 3c di ? . [à ] Si assume che le relazioni esistono fra due termini qualsivoglia. Se ? non è uno degli 3 di @ , allora ? sta con @ in qualche relazione non-3; questa relazione contraria sia significata da ; così ?À3@ [F%3& © %& ] dà ed è data da ?ÀÀ@ ». 72 De Morgan illustra poi varie leggi che governano le interazioni fra queste operazioni e che egli stesso riassume nella tavola: ConvÀ di contrÀ Combinazione Conversa Contraria ContrÀ di convÀ 34 4 c 3 c 34 Z o Z 4Zc 3c Z o c c 3Z 4 o Z 4 c 3c o c c Z 4 Z o 3Z 4Zc c Z o c 3c 4 c c 34 c 3c Z De Morgan Schröder Logica dei Predicati ?ÀÀ3@ ?À3@ ?ÀÀ@ ?ÀÀ3c @ ?ÀÀ34 @ ?ÀÀ34 Z @ %3& F%3& %3& %3¢& %²3  4 ³& %²4 ¢ b Á 3¢³& © © © © © © ?ÀÀ3Z 4 @ 3³³4 3OO4 %²3 b Á 4 ³& 3M 3~4 © D'²3²%Á '³ ¦ 4 ²'Á &³³ © D%&²3²%Á &³ ¦ 4 ²%Á &³³ © D%&²3²%Á &³ © 4 ²%Á &³³ 3²%Á &³ F3²%Á &³ F3²%Á &³ 3²&Á %³ E' ²3²%Á '³ w 4 ²'Á &³³ D'²4 ²'Á &³ ¦ 3²%Á '³³ 73 Il Teorema 2 On the Syllogism IV ecc. «Se una relazione composta è contenuta in un'altra relazione [à ], lo stesso può dirsi quando una delle due componenti si converte e il contrario dell'altra componente e del composto cambiano posto. Cioè, se per qualsivoglia A ogni 3 di 4 di A è un 5 di A , ossia 34 ³³5 , allora 3c ³³ e 4 c ³³. [à ] Chiamerò questo risultato teorema 2 in ricordo del ruolo di questa lettera in Baroko e Bokardo; è il teorema su cui si basano quelli che ho chiamato sillogismi opponenti». ²% & '³ ¦ ²% ¢ ' &³ ²% & '³ ¦ ²' &¢ %³ Syllabus of a proposed System of Logic [1960] «162. Se due relazioni si combinano in ciò che è contenuto in una terza relazione, allora il converso di una delle due combinato, nello stesso ordine, con il contrario della terza è contenuto nel contrario dell'altra delle due. Così, prendendo superiore e inferiore come contrari (ossia considerando inesistente l'uguaglianza assoluta) le tre asserzioni che seguono sono identicamente la stessa. La combinazione sia ‘padrone di genitore’ e la terza relazione sia ‘superiore’. Ogni padrone di un genitore è un superiore %  & ' Ogni servo di un inferiore è un non-genitore % ¢ Â' & Ogni inferiore di un figlio è un non-padrone '  &¢ % . Da ognuna di queste le altre due seguono». ²%  & '³ © ²%¢  ' &³ © ²'  &¢ %³ NB ² w ¦ ³ © ² w F ¦ F³ © ²F w ¦ ³ 74 Nella sillogistica di De Morgan, le classi sono individui logici %³ ³& %² ³& %³h²& %²h²& : % è una specie [species] di & %[& : % e & sono compartecipi [partients] fra loro %c& %_& : % e & sono esterni [externals] fra loro : % è un fuoruscente [exient] da & %i& %[¢& : % è un genere [genus] di & %i¢& : % è un mancante [deficient] di & c¢ ~ c [~i _¢ ~ _ c~_ [ [ [ [ w [ ¦ [ BARBARA © & [% © &i% _~c i~[ [ [ [ Specie di specie è specie [ BOKARDO i i [ i i i w [ ¦ i [ w i ¦ i Applichiamo 2 a [ [ [ [ [¢ [ [ ¢Â [ [ cioè i [¢ i cioè [¢Â i i Fuoruscente di genere Genere di fuoruscente è fuoruscente è fuoruscente Sviluppiamo E ² i w [¢³ ¦ i E ² [¢ w i³ ¦ i i w [¢ ¦ i [¢ w i ¦ i i w [ ¦ i [ w i ¦ i BAROKO 75 11. Charles Sanders Peirce [1839-1914] Description of a Notation for the Logic of Relatives, resulting from an Amplification of the Conceptions of Boole's Calculus of Logic [1870] «I termini relativi ricevono di solito una trattazione limitata nei lavori di logica e l'unica indagine importante sulle leggi formali che governano le relazioni è contenuta in un pregevole lavoro di De Morgan [à ] Qui De Morgan impiega una notazione algebrica assai conveniente [segue illustrazione di tale notazione]. Questo sistema lascia ancora a desiderare. Inoltre, l'algebra della logica di Boole ha una tale singolare bellezza che è interessante domandarsi se essa non possa venir estesa a tutto il campo della logica formale, invece di essere ristretta alla sua parte più semplice e meno utile, la logica dei termini assoluti che, quando Boole scriveva, era la sola logica formale nota. Lo scopo di questo lavoro è di mostrare che a tale domanda può darsi una risposta affermativa. Penso non vi possano essere dubbi che un calcolo, ossia una tecnica di trarre inferenze basata sulla notazione che sto per descrivere, sia perfettamente possibile e anche praticamente utile in certi casi difficili e in particolare nell'indagine della logica. Mi rincresce di non trovarmi in una situazione che mi consenta di svolgere qui completamente tale lavoro; ma il resoconto qui dato della notazione fornirà da solo la base per un giudizio a proposito della sua probabile utilità». Cose particolarmente rimarchevoli in DNLR: 1) La teoria delle relazioni come espansione della logica booleana (quindi con intersezione [qui: h ], riunione [qui: b ], complementazione, relazione vuota e relazione totale) 2) L'introduzione oltre al prodotto relativo: un 9 di un : di [9: ] [DM: 9: ] delle due operazioni di De Morgan ribattezzate: involuzione o esponenziazione: un 9 di tutti gli : di [9 : ] [DM: 9: Z ] retroinvoluzione (o coinvoluzione): un 9 di nient'altro che : di [: 9 ] [DM: 9Z : ] con l'evidenziazione, nel caso dell'involuzione, delle leggi: 76 NB 9 :b8 9 : h9 8 b ~ h ²9 : ³8 9 :8 ² ³ ~ ²9h:³8 9 8 h: 8 ²h³ ~ h 3) La considerazione delle composizioni: termine relativo c termine assoluto di relativo con assoluto di relativo con relativo un 9 di un ( un 9 di un : di prodotto @ A @ un amico di una donna un amico di un servo diA un 9 di ogni ( un 9 di ogni : di involuzione @ A@ un amico di ogni donna un amico di ogni servo diA un 9 di un ( un 9 di soli : di coinvoluzione @ A @ un amico di sole donne un amico di soli servi diA Charles Sanders Peirce [1839-1914] NOTE B [1883] Peirce concepisce una relazione binaria individuale [«dual individual relative»] come come (il singoletto di) una coppia ordinata [«dei due membri della coppia, uno ben determinato è in generale il primo e l'altro il secondo; così che se si rovescia l'ordine, la coppia non è più considerata essere la stessa»] e una relazione binaria generale [«dual general relatives»] come una riunione (di singoletti) di coppie ordinate [«l'aggregato logico di un certo numero di tali relativi individuali»] «329. Siano (Á )Á *Á +Á ecc. tutti gli oggetti individuali nell'universo; allora tutte le coppie individuali possono essere schierate in un ( ¢ ( ( ¢ ) ( ¢ * ( ¢ + ecc. blocco così: ) ¢ ( ) ¢ ) ) ¢ * ) ¢ + ecc. * ¢ ( * ¢ ) * ¢ * * ¢ + ecc. + ¢ ( + ¢ ) + ¢ * + ¢ + ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. ecc. 77 Un relativo generale può essere concepito come l'aggregato logico di un certo numero di tali relativi individuali. Se denota ‘amante’, possiamo scrivere ~ ' ' ² ³²0 ¢ 1 ³ dove ² ³ è un coefficiente numerico il cui valore è nel caso in cui 0 è un amante di 1 , nel caso opposto e dove le somme vanno prese su tutti gli individui dell'universo». Nel nostro modo di parlare (forse): 1) A ogni relazione 9 su < è associata la funzione caratteristica , se 9²%Á &³ ²9³ definita, per %Á & < , da ²9³²%Á &³ ~ H ; , altrimenti 2) 9 ~ ²²9³²%Á &³¸ %Á & ¹³, dove %< &< ²9³²%Á &³¸ %Á & ¹ ~ H ¸ %Á & ¹, se ²9³²%Á &³ ~ , altrimenti J Si introduce la doppia serie delle operazioni divenuta standard: assoluta relativa somma 9b: 9b: Á somma prodotto 9h: 9Â: prodotto opposto 9 9¢ converso totale Á identità vuota Á diversità In particolare la somma relativa [Peirce la nota 9 †: ] ²9b:³²%Á &³ © D'²9²%Á '³ v :²'Á &³³ Á [cioè D'²F9²%Á '³ ¦ :²'Á &³³] un 9 di tutti tranne al massimo gli : di un amante di tutti tranne al massimo i benefattori di e le quattro relazioni privilegiate: totale, vuota, identità, diversità «339. C'è un solo relativo che accoppia ogni oggetto con se stesso e con ogni altro. È l'aggregato di tutte le coppie ed è denotato da B. È tradotto nel linguaggio ordinario da ‘coesistente con’. Il suo negativo è . C' è un solo relativo che accoppia ogni oggetto con se stesso e con nessun altro. È ²( ¢ (³ b ²) ¢ )³ b ²* ¢ *³ b ecc.; è denotato da e nel linguaggio ordinario è ‘identico a c ’. Il suo negativo, denotato da è ‘altro da c ’ o ‘non’». 78 Leggi algebrico-relazionali presenti nella Nota B %~% %¢¢ ~ % %¢ ~ %¢ %&¦&% % & ¦ %¢ &¢ % & ¦ %Â' &Â' % & ¦ ' % '  & % & ¦ %b % & ¦ 'b Á ' &b Á' Á % 'b Á & %b %  ²&  '³ ~ ²%  &³  ' Á ²& b Á '³ ~ ²% b Á &³ b Á' %  ²& b ²% b Á '³ ²%  &³ b Á' Á &³  ' % b² Á &  '³ ²% b &³ ; ' ~ ²%  '³ b ²&  '³ %  ²& b '³ ~ ²%  &³ b ²%  '³ ²% h &³b % b²& Á h '³ ~ ²%b Á &³ h ²% b'³ Á Á ' ~ ²%b'³ Á h ²&b'³ Á %b& %  & ~ %b& Á ~ %Â& Á ²% b &³¢ ~ %¢ b &¢ ²% h &³¢ ~ %¢ h &¢ ²%b&³ ²%  &³¢ ~ %¢  &¢ ¢ Á¢ Á ¢ ~ %b& %b % ~ ~ Â% Á ~ ~ b% Á Á Á Á Á %b % ~ % ~ Â% Á ~ % ~ b% Á Á Á %  %¢ %b Á %¢ Á Á Á Á &b % © %b& © & b% © %¢ b& ¢ ¢ Á Á Á Á¢ ²b Á %³b Á ~ v ²b Á %³b Á ~ ²b Á %³  ~ v ²b Á %³  ~ b Á ²%  ³ ~ v b Á ²%  ³ ~ ²Â %³  ~ v ²Â %³  ~ %b % % Á % ²'  %³ h ²'b ²%  '³ h ²& b Á '³ ²% h &³  ' Á &³ '  ²% h &³ ²b Á %b Á ³ h ²b Á &b Á ³ ~ b Á ²% h &³b Á 79 12. Alfred Tarski On the Calculus of Relations [1941] La svolta si ha nel 1941 con la publicazione sul JSL di un articolo di Tarski intitolato On the Calculus of Relations. In esso ci si propone la ripresa, dopo una quarantina d'anni, della ‘teoria delle relazioni com e disciplina deduttiva indipendente’ e tale ripresa viene presentata in tre forme. Una prima, più propriamente ‘logica’ nel senso oggi corrente del termine, che egli chiama ‘teoria elementare delle relazioni (binarie)’ una seconda, in qualche modo intermedia, ‘algebrica’ nel senso ‘classico’, che egli chiama ‘calcolo delle relazioni (binarie)’ e infine (sia pur solo accennata) una terza, ‘algebrica’ nel senso ‘moderno’, che qualche anno più tardi (1948) chiamerà espressamente ‘algebra delle relazioni (binarie)’. La Teoria delle relazioni binarie Consiste in un arricchimento espressivo e deduttivo di un'usuale teoria elementare su un linguaggio privo di costanti individuali e i cui simboli predicativi sono solo diadici. L'arricchimento espressivo: 1) Si introducono simboli atti a rappresentare le operazioni sulle relazioni considerate da Peirce e Schröder. In particolare: per le operazioni assolute o booleane le costanti ‘’ (relazione totale) e ‘’ (relazione vuota), l'operatore unario ‘ c ’ (complementazione), gli operatori binari ‘ b ’ (somma) e ‘ h ’ (prodotto); per le operazioni relative Á Á o peirceane, le costanti ‘ ’ (identità) e ‘ ’ (diversità), l'operatore unario ‘ ¢ ’ (converso) e gli operatori binari ‘ b Á ’ (somma) e ‘  ’ (prodotto). Si introduce ‘ ’ (ma Tarski usa ‘ ~ ’) per la relazione di identità fra relazioni. 2) Si amplia in modo ovvio il concetto di predicato (binario) in quello di termine predicativo (binario) ammettendo come proposizioni atomiche tutte e sole quelle della forma ‘%9&’ ri pettivamente ‘9 : ’, (con 9 e : termini predicativi). 80 L'arrichimento deduttivo: si assumono, come nuovi assiomi: 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. D%&²%&³ D%&F²%&³ Á D%²% %³ Á D%&'²%9& w & ' ¦ %9'³ Á Á D%&²% & © F²% &³³ D%&²%9& © F%9&³ D%&²%9 ¢& © &9%³ D%&²%²9 b :³& © %9& v %:&³ D%&²%²9 h :³& © %9& w %:&³ D%&²%²9 b Á :³& © D'²%9' v ':&³³ D%&²%²9  :³& © E'²%9' w ':&³³ 9 : © D'&²%9& © %:&³ Il Calcolo delle relazioni binarie Fra i teoremi della teoria elementare delle relazioni, ve ne sono di quelli nei quali non figurano né variabili individuali né quantificatori. Fra questi vi sono, in particolare i seguenti: 81 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 9 : w9 ; ¦: ; 9 : ¦ ²9 b ; : b ; ³ w ²9h; : h; ³ 9 b : : b 9 w 9h: : h9 ²9 b :³h; ²9h; ³ b ²: h; ³ w ²9h:³ b ; ²9 b ; ³h²: b ; ³ 9b9w9h9 9 b 9 w 9 h9 F 9¢ ¢ 9 ²9  :³¢ : ¢Â 9 ¢ ²9  :³Â ; 9  ²: ; ³ Á 9  9 9  v Â9 ²9  :³ h ; ¢ ¦ ²:  ; ³h9 ¢ Á Á 15. 9 b Á : 9 Â: Sono propriamente le proposizioni di questo tipo quelle che costituivano l'oggetto delle indagini degli ‘algebristi della logica’. Il ‘calcolo delle relazioni’ viene ora costituito innanzi tutto eliminando dal linguaggio della ‘teoria delle relazioni’ le variabili individuali e i quantificatori così che, dunque le formule del linguaggio del ‘calcolo’ sono tutte e sole quelle che si ottengono per connessione proposizionale a partire dalle formula atomiche della forma ‘9 : ’, che però, d'ora in poi scriveremo‘9 ~ : ’. L'apparato deduttivo si riduce alla disponibilità di un qualche sistema di postulati della logica proposizionale potenziato con l'assunzione, come nuovi assiomi delle quindici precedenti proposizioni. 82 Fra i teoremi del Calcolo delle relazioni Tarski dimostra 16. 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. ²9  :³h; ~ © ²:  ; ¢³h9 ¢ ~ © ²; ¢Â 9³h: ¢ ~ ³ 9 h : ~ ¦ 9 ¢ h: ¢ ~ 9 ~ : ¦ 9¢ ~ : ¢ ²9 b :³¢ ~ 9 ¢ b : ¢ ¢ ~ w ¢ ~ : h ; ~ ¦ ²9  :³ h 9  ; ~ : ~ ; ¦ 9 : ~ 9 ; 9  ²: b ; ³ ~ ²9  :³ b ²9 ; ³ 9 ~ 9 h : ~ ¦ ²9  ; ³ h :  ; ~ 9 ~ : ¦ 9Â; ~ : Â; ²9 b :³  ; ~ ²9  ; ³ b ²:  ; ³ Â9 ~ Á Á ¢~ Á h9 ~9 ²  :³ h ; ~ ¦ ²  ; ³ h : ~ . F²9 ~ ³ © ²  9³Â ~ Tarski dimostra poi (rilevando il ruolo essenziale in ciò di (32)) il ‘teorema di Schröder’ c Ogni proposizione del calcolo delle relazioni può venir trasformato in una proposizione equivalente della forma ‘9 ~ : ’, anzi della forma ‘; ~ ’ c e così conclude: «Questo teorema metalogico suggerisce ancora un'altra strada per la costruzione del calcolo delle relazioni. Esso infatti mostra che nello svilupparlo possiamo limitarci a proposizioni che hanno la forma di equazioni (o addirittura che hanno la forma ‘; ~ = ’) facendo a meno dei concetti e dei teoremi del calcolo proposizionale. A tal fine dovremmo mettere tutti gli assiomi in forma di equazioni e dare regole che ci permetterebbero di derivare equazioni da equazioni date. Malgrado tale piano non sia stato ancora elaborato in dettaglio, la sua realizzazione non presenta difficoltà essenziali». 83 L' Algebra delle relazioni binarie La prima formulazione di questa algebra Tarski la diede nel 1948 nella nota congiunta con Bjarni Jónsson [1920-2009] Representation problems for Relation Algebras: Poi la riprese e riformulò varie volte con maggiori o minori variazioni. L'ultima presentazione è quella contenuta nel Tarski-Givant: A formalization of Set Theory without variables, 1987. La logica è quella ‘equazionale’, studiata inizialmente (1935) da Garrett Birkhoff [1911-96], il cui linguaggio consta solo di equazioni e le cui regole primitive di inferenza sono: 9~: 9~: c; f e m\ . 9~9 ; ´< °9µ ~ ; ´< °:µ 9´; °< µ ~ :´; °< µ [ 9 ~ ;Á : ~ ; 9~: 9 ~ :Á : ~ ; _; m; n si eliminano] 9~: :~9 9~; ASSIOMI A1 ( b ) ~ ) b ( A2 ( b ²) b *³ ~ ²( b )³ b * A3 A4 A5 A6 A7 A8 A9 A10 ²( b )³ b ²( b )³ ~ ( (  ²)  *³ ~ ²(  )³  * ²( b )³Â * ~ ²( *³ b ²) *³ Á ( ~ ( (¢¢ ~ ( ²( b )³¢ ~ (¢ b ) ¢ ²(  )³¢ ~ ) ¢Â (¢ (¢Â ²(  )³ b ) ~ ) DEFINIZIONI D1 ( h ) ( b ) D2 ( b Á ) (Â) Á Á D3 b Á Á D4 b Á Á D5 D6 ( ) ( b ) ~ ) 84 A conclusione (del lavoro del 1941) Tarski discute alcuni «problemi metalogici» destinati ad avere un ruolo importante negli sviluppi successivi dell'algebra delle relazioni (e non solo). 1) Riguarda i rapporti fra teoria e calcolo. L'assiomatizzazione del calcolo è completa? Ossia «È ovvio che ogni teorema dimostrabile con il secondo metodo è anche dimostrabile con il primo [à ]. Non è però affatto ovvio che l'inverso sia vero e che di conseguenza i due metodi siano equivalenti». Tenuto conto del teorema di completezza di Gödel, «il problema può anche venir posto come segue: è vero che ogni proposizione del calcolo delle relazioni che è vera in ogni dominio di individui è derivabile dagli assiomi adottati con il secondo metodo? Il problema presenta certe difficoltà ed è tuttora aperto. Posso solo dire di essere praticamente sicuro di poter dimostrare con il secondo metodo tutte le centinaia di teoremi che si trovano nell'Algebra und Logik der Relative di Schöder» Risposta: No. Roger C. Lyndon [1950] 2) Riguarda il calcolo (anzi l'algebra). Ogni modello degli assiomi del calcolo è rappresentabile? Ossia, a meno di isomorfismi, gli unici modelli degli assiomi sono classi di relazioni che contengono «le Á Á relazioni Á Á Á e sono chiuse sotto tutte le operazioni considerate in questo calcolo»? Risposta: No. Roger C. Lyndon [1950] 3) Riguarda il calcolo. È decidibile? Ossia «c'è un metodo che ci metta in grado di decidere, in ogni caso particolare, se una data proposizione espressa nei termini del calcolo è un teorema di questo calcolo?» Risposta: No. Tarski conosce la risposta ottenuta appoggiandosi al teorema di Church. 85 4) Riguarda i rapporti fra teoria e calcolo. Teoria e calcolo si equivalgono dal punto di vista espressivo? Ossia «ogni proposizione formulata nella teoria elementare delle relazioni e riguardante solo proprietà di relazioni (contenente, cioè, libere solo variabili relazionali) può venir trasformata in una proposizione equivalente del calcolo? In forma meno esatta il problema può essere posto come segue: è vero che ogni proprietà di relazioni, ogni relazione fra relazioni, ogni operazione su relazioni, ecc. definibile nella logica dei predicati può venir espressa nel calcolo delle relazioni»? Risposta: No. Tarski conosce la risposta negativa di A. Korselt [1915]. La semplifica fornendo i due controesempi: D%&'E"²%9" w &9" w '9"³ E%&'"²%9& w %9' w %9" w &9' w &9" w '9"³ 5) Subordinato alla risposta negativa al precedente. Esiste un metodo che «ci metta in grado di decidere in ogni caso particolare se una tale trasformazione è possibile»? Risposta: No. M. Kwatinetz [1981] 86 13. Paul Halmos [1916-2006] The Basic Concepts of Algebraic Logic [1956] 1. Introduzione. È accaduto spesso che una teoria pensata originariamente come strumento per lo studio di un problema fisico, giungesse in seguito ad avere un interesse puramente matematico. Quando ciò accade, la teoria è di solito generalizzata ben al di là del punto necessario per le applicazioni; le generalizzazioni entrano in contatto con altre teorie (frequentemente in direzioni completamente inattese) e l'argomento viene istituito a nuova parte della matematica pura. La parte di matematica pura così creata non pretende, né ha bisogno di farlo, di risolvere il problema fisico da cui origina; deve stare o cadere per i suoi propri meriti. La fisica non è l'unica fonte esterna di teorie matematiche; altre discipline (come l'economia e la biologia) possono svolgere un ruolo simile. Una recente (e forse un po' sorprendente) aggiunta alla collezione dei catalizzatori matematici è la logica formale; la branca della matematica pura che ne è precipitata sarà qui chiamata logica algebrica. La logica algebrica parte da certe speciali considerazioni logiche, astrae da esse, le pone in contesto algebrico generale e, via generalizzazione, entra in contatto con altre branche della matematica (come la topologia o l'analisi funzionale). Non si può sottolineare a sufficienza che la logica algebrica è più algebra che logica. La logica algebrica non pretende di risolvere alcuna delle tormentate questioni fondazionali che talvolta occupano i logici. Tutto quel che si pretende per essa è che è una parte della matematica in cui i concetti che costituiscono l'ossatura della moderna logica simbolica possono venir discussi in linguaggio algebrico. La discussione serve a illuminare e chiarire quei concetti e a indicare la loro connessione con la matematica ordinaria. Se l'argomento nella sua totalità potrà mai venir considerato abbastanza interessante e abbastanza profondo da occupare un posto fra le teorie matematiche pure, resta da vedere. 87 14. A.Tarski e F. B. Thomson Some general properties of cylindric algebras [1952] «Dato un ordinale , sia un'algebra di Boole ~ (Á b Á h Á c Á Á con dei sistemi aggiuntivi di operazioni unarie * e di elementi privilegiati Á soddisfacenti (per %Á & ( e Á Á ) i postulati: P1. * ~ ; P2. % h * % ~ %; P3. * ²% h * &³ ~ * % h * & ; P4. * * % ~ * * %; P5. Á ~ ; P6. Á £ ¦ Á ~ * ²Á h Á ³; P7. £ ¦ * ²Á h %³ h * ²Á h c %³ ~ . è detta un'algebra cilindrica -dimensionale con elementi diagonali (una CA ). [à ] Un ideale in è un insieme ? che è un ideale booleano in e tale che * % ? ogniqualvolta % ? , . Le connessioni fra ideali e omomorfismi nelle CA sono le stesse che nelle algebre di Boole. Si dimostra che è semplice sse per ogni % £ esiste una successione finita Á à Á c tale che * à *c % ~ . Per % (, sia +% ~ ´ O* % £ %µ l'indice di dimensione. Si dimostra che i fattori diretti in sono gli insiemi della forma ´%O% µ dove + è vuoto. è direttamente indecomponibile sse, per ogni % £ Á , +% è non vuoto. Una CA in cui +% è finito per ogni % è detta a dimensione localmente finita (una FCA ). Le FCA semplici coincidono con le FCA direttamente indecomponibili. Quindi, per un teorema di Birkhoff, ogni FCA è un prodotto sottodiretto di FCA semplici». 88 15. Leon Henkin [1921-2006] La structure algébrique des théories mathématiques [1956] Cap. 2. «1. Introduzione. Dopo Cartesio si sa che si può studiare la geometria con metodi algebrici. È lui che che ci ha abituato a far corrispondere in modo sistematico un oggetto algebrico a ogni oggetto geometrico e a tradurre per questa via ogni problema geometrico in un problema algebrico. L'impiego di questo metodo si è generalizzato nella matematica e noi oggi vediamo svilupparsi delle nuove discipline il cui scopo è di isolare certi problemi geometrici che possono essere trattati con metodi algebrici speciali: per esempio, la topologia algebrica o la geometria algebrica. In generale questo svuluppo della matematica ha prodotto tre sorta di effetti: il ricorso a metodi algebrici per risolvere problemi geometrici; il ricorso a metodi geometrici per risolvere problemi algebrici; l'introduzione di nuovi tipi di strutture algebriche suggerite da problemi geometrici. Di fatto non è soltanto la geometria ma ogni branca della matematica a possedere una struttura algebrica. Noi ci proponiamo di presentare alcuni risultati recenti ottenuti in logica matematica grazie all'impiego di metodi algebrici. Questo studio ci farà constatare gli stessi tre fatti: ricorso a metodi algebrici per risolvere problemi logici; ricorso a metodi logici per risolvere problemi algebrici; introduzione di nuovi tipi di strutture algebriche suggerite da certe perticolari relazioni logiche». [à ] 89 Le algebre cilindriche concrete «Sia ? un insieme non vuoto ed 5 un intero positivo. Chiamiamo ? 5 l'insieme di tutte le 5 -ple ~ Á Á à Á c tali che ? ( ~ Á à Á 5 c ). È noto che una tale 5 -pla può identificarsi con una funzione definita sull'insieme dei numeri ¸Á Á à Á 5 c ¹ e assumente valori nell'insieme ? . Fra i sottinsiemi di ? 5 distingueremo gli insiemi diagonali tali che sse ? 5 e ~ ( Á 5 ). In altre parole è l'insieme di tutte le 5 -ple di ? 5 i cui b -esimo e b -esimo termini sono uguali. Fra le operazioni sui sottinsiemi di ? 5 distingueremo le cilindrificazioni * tali che, per ogni @ ? e ogni ? 5 si ha * @ sse esiste un @ tale che ~ per ogni £ Á 5 . In altre parole, * @ è l'insieme di tutte le 5 -ple di ? 5 che differiscono da una 5 -pla di @ al massimo per l' b termine. Sia ( una classe di sottinsiemi di ? 5 che contiene tutti gli insiemi diagonali, l'insieme vuoto, lo stesso ? 5 ed è chiusa rispetto alle operazioni booleane q Á r Á c e alle cilindrificazioni * ( ~ Á à Á 5 c ). (Á q Á r Á c Á * Á Á JÁ ? 5 sarà detta algebra cilindrica molto concreta di dimensione 5 . Il concetto di algebra cilindrica concreta di dimensione 5 è un po' più generale; invece di partire da un insieme della forma ? 5 si parte da un insieme 0 che è la riunione qualsiasi di insiemi disgiunti della forma ? 5 . Le definizioni di e * in 0 sono simili a quelle per ? 5 : (i) sse 0 e ~ ; (ii) * @ (per ogni @ 0 ) sse 0 ed esiste un @ tale che ~ per ogni £ Á 5 . Infine (Á q Á r Á c Á * Á Á JÁ 0 è un'algebra cilindrica concreta di dimensione 5 sse ( è una classe di sottinsiemi di 0 che contiene tutti gli insiemi Á JÁ 0 ed è chiusa rispetto a tutte le operazioni q Á r Á c e * . Queste algebre traggono il loro nome da una semplicissima interpretazione geometrica. Nel caso delle algebre molto concrete possiamo rappresentare l'insieme ? con un segmento di retta; ? 5 è allora rappresentato da un ipercubo di dimensione 5 . Si vede facilmente che gli elementi diagonali sono certi iperpiani di dimensione 5 c ; inoltre, per ogni sottinsieme @ di ? 5 , l'insieme * @ è il cilindro generato per traslazione dell'insieme @ parallelamente all' b -esimo asse. Per le algebre concrete quest'immagine va modificata rappresentanto l'intero spazio come una riunione di ipercubi disgiunti. 90 16. Paul Halmos [1916-2006] Polyadic Boolean Algebras [1954] «Questo lavoro si propone di definire e studiare una classe di sistemi algebrici la cui relazione con il calcolo funzionale del primo ordine è uguale a quella delle algebre di Boole con il calcolo proposizionale. [à ] Un quantificatore (propriamente: quantificatore esistenziale) su un'algebra di Boole A è una rappresentazione di A in sé tale che: (i) E ~ ; (ii) E, per ogni in A; (iii) EE ~ E, per ogni in A; (iv) se e sono in A e E ~ , allora E² w ³ ~ w E . Siano 0 un insieme ed la rappresentazione identica di 0 su di sé e sia ; il semigruppo di tutte le trasformazioni di 0 in sé che coincidono con al di fuori di un qualche insieme finito. Un'algebra di Boole poliadica è data da un'algebra di Boole A e un insieme 0 tali che ad ogni sottinsieme finito 1 di 0 corrisponde un quantificatore E su A e ad ogni in ; corrisponde un endomorfismo di A che soddisfano le seguenti condizioni: (1) se 1 è vuoto, allora E1 ~ , per ogni in A; (2) E1 E2 ~ E1 r2 ; (3) se è in A, allora esiste un sottinsieme finito 1 di 0 tale che E2 ~ ogniqualvolta 2 q 1 è vuoto; (4) ~ per ogni in A; (5) se e sono in ; e ~ , allora ~ ; (6) se è biunivoca su c 1 , allora E1 ~ E c 1 ; (7) se ~ fuori di 1 , allora E1 ~ E1 . Se ? e 0 sono due insiemi arbitrari e B è un'algebra di Boole (reticolarmente) completa, allora l'insieme A di tutte le funzioni da ? 0 in B come pure opportuni sottoinsiemi di A formano in modo naturale algebre di Boole poliadiche. Un teorema relativamente profondo afferma che ogni algebra poliadica di Boole semplice può ottenersi in questo modo con B ~ ¸Á ¹ [à ]. In considerazione di questo risultato, l'analogo algebrico del teorema di completezza di Gödel diventa l'asserzione che ogni algebra di Boole è semisemplice (che, cioè, l'intersezione di tutti gli ideali massimali consta soltanto dell'elemento zero). Via algebre poliadiche molti altri risultati della logica moderna (per esempio, il teorema di incompleteza di Gödel, la non cotraddittorietà dell'ipotesi del continuo e il lavoro di Shepherdson sui modelli interni) divengono suscettibili di una formulazione puramente algebrica». 91 17. Hermann Weyl [1885-1955] Über die Definitionen der mathematischen Grundbegriffe [1910] Lavoro oggi praticamente e ingiustamente dimenticato, in cui Weyl si propose di sviluppare, in stretto parallelismo a quanto si era fatto e si stava facendo per il processo dimostrativo, l'analisi logica del processo definitorio. Egli pensava, cioè, che come fin dall'antichità ci si era interrogati con successo sui modi attraverso cui a partire da certe proposizioni altre se ne ottengono, altrettanto si poteva e doveva fare per quanto riguarda i modi attraverso cui a partire da certi concetti se ne ottengono altri. Per evitare, però, di dover formulare queste considerazioni «in modo ancora più astratto di quanto già l'oggetto di per sé comunque comporta», Weyl prese le mosse dalla sistemazione assiomatica della geometria euclidea elementare data nel 1899 da Mario Pieri [1860-1915] e, dopo qualche illustrazione di esempi significativi di definizione esplicita, rispose positivamente alla domanda se queste definizioni si lascino «riportare tutte a un numero finito di applicazioni di pochi, ben determinati principi definitori» e avanzò, sostenendone la sufficienza, cinque principi che, nell'ovvia generalità da lui sottintesa, si possono così presentare: 1) Principio di permutazione [Permutation] (che generalizza il converso del caso binario): data una relazione -aria se ne possono definire altre [ c permutandone le coordinate. 2) Principio di negazione [Negation]: data una relazione -aria si può definire quella, essa pure -aria, che sussiste fra oggetti sse fra essi non sussiste la prima. 3) Principio di aggiunzione [Hinzufügung]: data una relazione aria si può definire la relazione b -aria che sussiste fra b oggetti sse la prima sussiste fra i primi di essi. 4) Principio di detrazione [Fortnahme]: data una qualsiasi relazione -aria ( ) si può definire la relazione c -aria che sussiste fra c oggetti sse esiste un oggetto con il quale essi si trovano nella prima relazione. 5) Principio di coordinazione [Koordination]: date due relazioni arie si può definire quella, ancora -aria, che sussiste fra oggetti sse fra essi sussistono entrambe le due prime. 92 Per ciascuna delle relazioni ottenute per applicazione di questi cinque principi, Weyl propone un'opportuna notazione; ma, «per evitare fraintendimenti, desidera espressamente sottolineare che non considera affatto un valore la rappresentazione in tali schemi simbolici di tutte le relazioni geometriche; basta la conoscenza che ciò è sempre possibile». La sistemazione di Weyl vale naturalmente solo per quanto riguarda le definizioni al livello logico del primo ordine, ma a questo livello, presenta al massimo una lacuna: quella di un 6) Principio di riflessività: data una relazione -aria ( ) si può definire la relazione c -aria che sussiste fra c oggetti sse la prima sussiste fra di essi e l'ultimo di essi. È detto ‘al massimo’ perché se si accetta, come verosimilmente avrebbe fatto anche Weyl, di poter disporre della relazione binaria dell'identità, quel principio risulta superfluo. Il lavoro (era sui Mathematische Annalen !) fu verosimilmente letto da John von Neumann [1903-57] che nella sua assiomatizzazione degli insiemi [1925] introdusse quello che nella riformulazione di Paul Bernays [1888-1977] divenne [1937] il ‘Teorema delle classi’ da cui lo stesso Bernays prese più tardi le mosse per il suo Eine natürliche Erweiterung des Relationenkalküls [1957]. 93 18. Paul Bernays [1888-1977] Eine natürliche Erweiterung des Relationenkalküls [1957] Il lavoro si contrappone (implicitamente) alle proposte delle algebre cilindriche e poliadiche e richiamandosi esplicitamente al ‘Teorema delle classi’ affronta la questione in un'ottica ‘terministica’, proponendo «un'estensione naturale del calcolo delle relazioni». Il modello di base può così riassumersi. Per data classe non vuota = , una famiglia di Bernays su = è una famiglia di relazioni su = che contiene = , la relazione (binaria) di identità 0 ed è chiusa rispetto alle quattro operazioni che seguono (la cui presentazione può giovarsi del riguardare una relazione -aria su = come una matrice a colonne le cui entrate sono elementi di = ). 1) La concatenazione o giustapposizione [Zusammenfügung] è l'operazione che alle matrici 9 ed : associa la matrice a b colonne 9 k : ottenuta giustapponendo a ogni riga di 9 tutte le righe di : (grosso modo: facendo il prodotto cartesiano (ma associativo!) delle due relazioni). 2) Lo scambio [Vertauschung] è l'operazione che alla matrice 9 ( ) e agli indici Á associa la matrice a colonne 9 ottenuta scambiando fra loro in 9 la -esima e la -esima colonna. 3) La cancellazione [Streichung] è l'operazione che alla matrice 9 ( ) associa la matrice a ² c ³ colonne ]9 ottenuta cancellando la prima colonna di 9 (si noti: in ]9 ci sono tutte le ² c ³-ple Á à Á c per le quali esiste almeno un = tale che 9 sussi te fra Á Á à Á c ; ]9 è cioè il ‘codominio’ della 9 ). 4) La differenza (booleana) [(Boole'sche) Differenz] è l'operazione h : otche alle matrici 9 e : associa la matrice a colonne 9 c tenuta da 9 eliminandovi tutte le righe presenti anche in : . A partire da questo bagaglio primitivo si generano altre operazioni. Intanto, poiché un vecchio teorema della teoria dei gruppi assicura che le trasposizioni (gli ‘scambi’) di un insieme finito di elementi bastano per generare tutte le permutazioni di questi elementi, si sa che mediante opportune composizioni delle si possono ottenere le matrici risultanti da 9 per permutazione arbitraria delle colonne. Fissiamo così: 94 5) per ogni permutazione di ¸Á à Á ¹, l'operazione di -permutazione associa alla matrice 9 la matrice 9 ottenuta da essa applicando alle sue colonne la permutazione . Spostando al primo posto una qualsiasi colonna e lì cancellandola, si può cancellare una qualsiasi colonna di 9 . Fissiamo così: 6) la -cancellazione di 9 è la matrice ] 9 che si ottiene cancellando la -esima colonna; ossia ] 9 ] 9 . Fissiamo ancora che: 7) l'-esima potenza della 9 è la matrice ² d ³-aria 9 ´µ ottenuta iterando volte la connessione di 9 con se stessa; ossia 9 ´µ 9 k Ä k 9 . In particolare: = ´µ = kÄk= . volte ´µ volte 8) Il complemento della 9 è la differenza fra = e 9 ; h 9 . ossia: c 9 = ´µ c 9) La relazione vuota -aria è il complemento di = ´µ ; ossia: c = ´µ . 10) L'intersezione di 9 e : è la relazione 9 q : ottenuta soth ² c : ³. traendo a 9 il complemento della : : 9 q : 9 c Se ¸ Á à Á ¹ ¸Á à Á ¹ allora il ² Á à Á ³-dominio di 9 è la matrice ^ à 9 che si ottiene cancellando in 9 tutte le colonne diverse dalla -esima,à , dalla -esima; ossia se ¸ Á à Á ¹ e ¸ Á à Á c ¹ costituiscono una partizione di ¸Á à Á ¹ , allora: 11) ^ à 9 ] à ]c 9 . Un'importante proprietà di queste operazioni, che generalizza l'analogo risultato di Schröder per il caso binario, è che ogni composizione di equazioni mediante F e v si lascia riportare a una equazione il cui membro destro è , per qualche . Infatti si ha: h : ³ q ²: c h 9 ³ ~ 1. 9 ~ : © ²9 c 2. 9 £ © ^ ²= k 9 ³ ~ = © c ^ ²= k 9 ³ ~ 3. 9 ~ v : ~ © ²9 k : ³ ~ b Riformulata in termini algebrici, questa proposta può considerarsi un naturale corrispettivo ‘terministico’ della logica dei predicati del primo ordine con identità. Idee vicine (e Bernays lo cita) sono esposte in: Louis Nolin, Sur l'algèbre des predicats [1955] 95 19. Willard van Orman Quine [1908-2000] Logica combinatoria elementare A parte un primo lavoro del 1936, che aprì il primo numero del neonato Journal of Symbolic Logic, [Toward a Calculus of Concepts], nel quale le idee di fondo sono già presenti ma presentano ancora certe inutili complicazioni, Quine propose più di vent'anni dopo un sistema che, attraverso varie rielaborazioni e perfezionamenti, finì con il chiamarsi Logica dei funtori di predicati (PFL). I lavori: Variables explained away, in «Proceedings of the American Philosophical Society »(1960), ristampato in Selected Logic Papers, Random House, New York, 1966, pp. 227-235. Nuova versione in W. V. Quine, The Ways of Paradox and Other Essays, revised and enlarged edition, Cambridge (Mass.), Harvard Univ. Press, 1976, pp. 283-307. Algebraic Logic and Predicate Functors, in R. Rudner & I. Scheffler (Eds.), Logic and Art. Essays in Honour of Nelson Goodman, Indianapolis, Bobbs-Merrill, 1972; riassunto in J. E. Fenstad (ed), Proceedings of the Second Scandinavian Logic Symposium, Amsterdam, North Holland, 1971, pp. 309-316. Assiomatizzazioni della PFL si trovano in Steven T. Kuhn, An Axiomatization of Predicate Functor Logic, «NDJFL» XXIV (1983), pp. 233-41 e in John Bacon, The Completeness of a PredicateFunctor Logic, «JSL» L(1985), pp. 903-26. Le idee sono state poi estese variamente alla logica del secondo ordineÀ 96 Con inessenziali variazioni i combinatori che Quine chiama funtori di predicato sono i seguenti: Nomi di Quine Ciclatore Permutatore maggiore t Traspositore Permutatore minore n Identificatore Riflessore c Espansore Imbottitore (Padding) p ^ Derelativizzatore Spuntatore (Cropping) h Negatore Complementatore e Congiuntore Intersettore . In un linguaggio elementare con combinatori il concetto di predicato è esteso in quello di termine predicativo -ario ( ) [F ]. 1. 7 F 5. 2. ; Fb ; Fb ; Fb 3. 4. t; Fb n; Fb c; Fb ; F ; Fb ; F 6. 7. p; Fb ^²; ³ F h; F 8. ; Á : F e²; Á :³ F Accanto agli usuali postulati del 1° ordine si assumono i combinatorici C1 t; ²% Á à Á %b ³ C2 n; ²% Á à Á %b ³ C3 c; ²% Á à Á %b ³ C4 p; ²% Á à Á % Á %³ C5 ^²; ³²% Á à Á % ³ C6 e²; Á :³²% Á à Á % ³ C7 h; ²% Á à Á % ³ © © © © © © © ; ²% Á à Á %b Á % ³ ; ²% Á à Á %b Á %b ³ ; ²% Á à Á %b Á %b ³ ; ²% Á à Á % ³ E%; ²% Á à Á % Á %³ ; ²% Á à Á % ³ w :²% Á à Á % ³ F; ²% Á à Á % ³ Primo teorema di astrazione Per ogni formula priva di combinatori e contenente libere tutte e sole le variabili % Á à Á % esiste un termine predicativo -ario tale che ; ²% Á à Á % ³ © . 97 Esempio 1. :²%Á &³ : % stima & ¢ Aldo stima Bruno :²Á ³ © t:²Á ³ ¢ Bruno è stimato da Aldo ¢ n:²Á ³ :²Á ³ ¢ Aldo si stima © c:²³ ¢ Aldo si stima Esempio 2. 7 ²%Á &Á '³ : % presenta & a ' ¢ Aldo presenta Bruno a Carlo 7 ²Á Á ³ © n7 ²Á Á ³ © tn7 ²Á Á ³ © tt7 ²Á Á ³ © t7 ²Á Á ³ © nt7 ²Á Á ³ ¢ Aldo presenta, a Carlo, Bruno ¢ Bruno viene presentato da Aldo a Carlo ¢ Bruno viene presentato a Carlo da Aldo ¢ a Carlo viene presentato, da Aldo, Bruno ¢ a Carlo viene presentato Bruno da Aldo 7 ²Á Á ³ © tct7 ²Á ³ © ct7 ²Á ³ 7 ²Á Á ³ © c c7 ²³ ¢ Aldo si presenta a Bruno ¢ Aldo si presenta a Bruno ¢ a Bruno si presenta Aldo ¢ Aldo si autopresenta ¢ Aldo si autopresenta 98 Esempio 3. Il predicato che tanto affascinava Peirce essere donatore di un cavallo a un amante di una donna +²%Á &Á '³: % dona & a ' (²%Á &³ : % è amante di & * ²%³: % è un cavallo - ²%³: % è una donna % dona un cavallo a un amante di una donna E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²- ²"³ w (²'Á "³³³³ E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²- ²"³ w (²'Á "³³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²p- ²"Á '³ w (²'Á "³³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"²tp- ²'Á "³ w (²'Á "³³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w E"e²tp- Á (³²'Á "³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w ^e²tp- Á (³²'³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²*²&³ w p^e²tp- Á (³²'Á %³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²p*²&Á '³ w pp^e²tp- Á (³²'Á %Á &³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²pp*²&Á 'Á %³ w tpp^e²tp- Á (³²&Á 'Á %³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²tpp*²%Á &Á '³ w ttpp^e²tp- Á (³²%Á &Á '³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w ²tpp*²%Á &Á '³ w ttpp^e²tp- Á (³²%Á &Á '³³³ © E&E'²+²%Á &Á '³ w e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³²%Á &Á '³³³ © E&E' e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%Á &Á '³ © E&^e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%Á &³ © ^^e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%³ % dona un cavallo a un amante di una donna ^^e²+Á e²tpp*Á ttpp^e²tp- Á (³³³²%³ 99 III. LA LOGICA COME TEORIA DELLE OPERAZIONI E DELLE RELAZIONI SULLE PROPOSIZIONI 100 1. Megarico-Stoici Sesto Empirico, Adversus Mathematicos, VIII, 93: «I dialettici presentano una prima e principale differenza fra le proposizioni secondo la quale le une sono semplici, le altre non sem~ semplice non è costituita da un'unica proposizione presa due volte [dˆj lambanomšnon] o da proposizioni di[¡ploàn] verse mediante uno o più connettivi [sundesmÒj] Es. È giorno, È notte, Socrate discorre plici» non semplice è costituita da una proposizione ripetuta [diafo [oÙc ¡ploàn] foroumšnon] o da proposizioni differenti e in cui governano [™pikr£tousin] uno o più connettivi Es. Se è giorno è giorno, Se è giorno è chiaro ~ congiuntiva e è giorno ed è giorno [sumpeplegmšnon] [ka…] è giorno ed è chiaro condizionale se se è giorno, è giorno [sunhmmšnon] [e„ o e‡per] se è giorno, è chiaro n disgiuntiva o o è giorno o è notte o [diezeugmšnon] [Àtoi o À] n o paradisgiuntivo s [paradiezeugmšnon] [Àtoi o À] e m giacché giacché (dal momento paracondizionale p [parasunhmmšnon] [™pe…] che) è giorno, è chiaro l i poiché poiché (per il fatto causale c [diÓti] che) è giorno, è chiaro [a„tiîdej] i comparativa di maggioranza più è più giorno che notte [diasafoàn tÕ m©llon] [m©llon] è meno giorno che notte comparativa di minoranza meno [Âtton] [diasafoàn tÕ Âtton] 101 Proposizione condizionale [sunhmmšnon ¢x…wma] se , antecedente o primo conseguente o secondo [¹goÚmenon o prîton] [lÁgon o deÚteron] annuncia [™paggšlletai] che il conseguente consegue [¢koluqe‹] al- l'antecedente ed è vero quando il suo conseguente consegue al suo antecedente. Callimaco: «Persino i corvi sulla sommità dei tetti gracchiano su quale condizionale sia vero» 1. (attribuita a Filone (F…lwn) in HP B 110) AM VIII 245 e 247: «ogni condizionale o ha un vero antecedente e un vero conseguente o un falso antecedente e un falso conseguente o un falso antecedente e un vero conseguente o un vero antecedente e un falso conseguente [à ] Poiché dunque vi sono quattro possibili combinazioni delle parti di un condizionale [à ] dicono che nei primi tre casi il condizionale è vero (cioè se l'antecedente è vero e il conseguente è vero, è vero; se falso e falso ancora vero; egualmente per falso e vero) mentre in un solo caso è falso e precisamente quando l'antecedente è vero e il conseguente è falso» 2. (attribuita a Diodoro (DiÒdwroj) in HP B 110) AM VIII 115: «dicono che il condizionale è vero quando non era possibile né è possibile che l'antecedente sia vero e il conseguente falso» 3. Crisippo (?) (attribuita a ‘quelli che introducono la connessione [oƒ t¾n sun£rthsin e„s£gontej]’) HP B 111: «dicono che il condizionale è vero [Øgišj] quando l'opposto del suo conseguente è in conflitto [m£cetai] con il suo antecedente» 4. (attribuita a quelli che giudicano con la manifestazione [oƒ tÍ ™mf£sei kr…nontej]) (scl. del conseguente da parte dell'antecedente) HP B 112: «dicono che il condizionale è vero [¢lhqšj] quando il suo conseguente è contenuto potenzialmente [perišcetai dun£mei] nel suo antecedente» 102 Congiunzione AM VIII 125-128: «125. Tuttavia, anche quando dicono che è proposizione congiuntiva vera quella che ha veri tutti i suoi membri (per esempio, ‘è giorno e c'è luce’), falsa quella che ha falso anche un sol membro, ancora una volta stabiliscono leggi solo per sé stessi. [à ] Ma c rispondono gli Stoici c come nella vita il mantello, che sia per la maggior parte sano ma per un poco lacerato, non diciamo, in base al maggior numero delle sue parti che sono sane, che è sano, bensì diciamo, in base alla piccola parte che è lacerata, che è lacero, così anche la proposizione non semplice congiuntiva, nel caso che abbia anche uno solo dei suoi membri falso, il maggior numero veri, sarà detta falsa nella sua totalità pur in base ad una sola parte falsa» Disgiunzione Vi sono motivi per ritenere che fossero note tutte e tre le caratterizzazioni tabulari [esclusiva (quella prevalente); non esclusiva; incompatibilità] come pure le relative modalizzazioni; ma la questione è assai intricata. Paracondizionale DL VII 74: «paracondizionale vero è quello il cui antecedente è vero e il conseguente segue dall'antecedente; [à ] falso quello il cui antecedente è falso o il cui conseguente non segue dall'antecedente» [ w ² ¦ ³] (NB: per ¦ filoniana: ³ Causale DL VII 74: «proposizione causale vera è quella il cui antecedente è vero e il conseguente segue dall'antecedente ma l'antecedente non segue dal conseguente; [à ] falsa quella che o ha l'antecedente falso o il cui conseguente non segue dall'antecedente o il cui antecedente segue dal conseguente [ w ² ¦ ³ w F² ¦ ³] (NB: per ¦ filoniana: ³ Comparative Documentazione del tutto insufficiente 103 Proposizioni semplici AM VIII 96-100 Tra le proposizioni semplici, poi, alcune sono definite [ærismšna], altre indefinite [¢Òrista], altre intermedie [mšsa]: sono definite quelle proferite mediante indicazione [kat¦ de‹xin], ad esempio ‘Costui passeggia’, ‘Costui siede’ (sto indicando, infatti, qualche uomo in particolare); sono indefinite, a parer loro, quelle in cui predomina qualche parte indefinita, ad esempio ‘Qualcuno siede’; sono, infine, intermedie le proposizioni così formulate: ‘(Un) uomo siede’ o ‘Socrate passeggia’. La proposizione ‘Qualcuno passeggia’ è indefinita, perché non determina alcuno dei passeggianti in particolare, potendo essa venir proferita a proposito di ognuno di essi; la proposizione ‘Costui siede’ è determinata, giacché determina il personaggio indicato; infine la proposizione ‘Socrate siede’ è risultata intermedia, perché non è né indefinita c essa determina, infatti, la specie c , né definita c non viene infatti proferita con indicazione c , ma sembra essere un qualcosa di intermedio fra entrambe le precedenti, ossia tra quella indefinita e quella definita. Essi affermano, inoltre, che la proposizione indefinita ‘Qualcuno passeggia’ o quella ‘Qualcuno siede’ diviene [g…nesqai] vera quando si trovi [eØr…skhtai] vera quella definita ‘Costui passeggia’ oppure ‘Costui siede’: difatti, se nessuna delle persone particolari sta seduta, la proposizione indeterminata ‘Qualcuno siede’ non può essere vera. [à ] Orbene: la seguente proposizione definita ‘questi siede’ o ‘questi passeggia’ essi affermano che è vera allorché a quel che cade sotto l’indicazione appartenga il predicato [sumbeb»kV tÕ kathgÒrhma], ad esempio lo star seduto o il passeggiare. AM VIII 308 [à ] nell'argomentazione [lÒgoj] seguente: ‘Se un dio ti ha detto che costui si arricchirà, costui si arricchirà; ma questo dio qui (e, per ipotesi, gli indico Zeus) ti ha detto che costui si arricchirà, E% ¦ Á ´%°µ dunque costui diventerà ricco’. [ ] In questo caso noi accettiamo la conclusione c ossia che costui si arricchirà c non perché essa sia stata stabilita dall'efficacia dell'argomentazione proposta, ma perché abbiamo fede nell'assicurazione del dio». 104 2. Gugliemo di Ockham [ 1280-1349] Summa Logicae [ 1323] «Pars II, Capp. 31-3. Sequitur modo videre de istis [scl. de propositione condicionali et aequivalente ei] in speciali. Sed quia condicionalis aequivalet uni consequentiae, ita quod tunc condicionalis est vera quando antecedens infert consequens et non aliter, ideo differatur usque ad tractatum de consequentiis. Hoc tamen sciendum quod illa hypothetica dicitur condicionalis quae componitur ex duabus categoricis, coniunctis mediante hac coniunctione ‘si’ vel aequivalenti ei. Propter istud ultimum est dicendum quod ista est condicionalis ‘Sortes non legit nisi sit magister’, quia aequivalet isti ‘si Sortes non sit magister, Sortes non legit’. Et universaliter, quando duae propositiones coniunguntur mediante aliqua coniunctione, et totum aequivalet uni condicionali, illa propositio dicetur hypothetica et condicionalis. Est etiam sciendum quod ad veritatem condicionalis nec requiritur veritas antecedentis nec veritas consequentis, immo est aliquando condicionalis necessaria et quaelibet pars eius est impossibilis, sicut hic ‘si Sortes est asinus, Sortes est rudibilis’.[à ] Copulativa est illa quae componitur ex pluribus categoricis coniunctis mediante hac coniunctione ‘et’ vel mediante aliqua parte aequivalente tali coniunctioni. [à ] Ad veritatem autem copulativae requiritur quod utraque pars sit vera, et ideo si quaecumque pars copulativae sit falsa, ipsa copulativa est falsa. [à ] Sciendum est etiam quod opposita contradictorie copulativae est una disiunctiva composita ex contradictoriis partium copulativae. ²F³² w ³ © ²F³ v ²F³ 105 [à ] Oportet autem scire quod semper a copulativa ad utramque partem est consequentia bona [à ] w ¦ ; w ¦ sed e converso est fallacia consequentis. ²² ¦ ³ w ³ ¦ Tamen sciendum est quod quandoque ab altera parte copulativae ad copulativam potest esse consequentia bona gratia materiae, puta si una pars copulative inferat aliam, tunc ab illa parte ad totam copulativam est consequentia bona. ² ¦ ³ ¦ ² ¦ w ³ Disiunctiva est illa quae componitur ex pluribus categoricis mediante hac coniunctione ‘vel’, vel mediante aliquo aequivalente sibi [à ] Ad veritatem autem disiunctivae requiritur quod aliqua pars sit vera; [à ] Sciendum est etiam quod opposita contradictorie disiunctivae est una copulativa composita ex contradictoriis partium ipsius disiunctivae, et ideo idem sufficit et requiritur ad veritatem oppositae disiunctivae quod sufficit et requiritur ad veritatem copulativae. ²F³² v ³ © ²F³ w ²F³ Sciendum est etiam quod ab altera parte disiunctivae ad totam disiunctivam est bonum argumentum, ¦v  ¦v et e converso est fallacia consequentis, v ¦ ; v ¦ nisi sit aliquando aliqua causa specialis impediens fallaciam consequentis. Similiter a disiunctiva cum negatione alterius partis ad alteram partem est bonum argumentum» ²² v ³ w F³ ¦ ; ²² v ³ w F ³ ¦ 106 3. Ludwig Wittgenstein [1889-1951] Tractatus logico-philosophicus. Logisch-philosophische Abhandlung (1918; ed. 1921) 5 La proposizione è una funzione di verità delle proposizioni elementari (La proposizione elementare è una funzione di verità di sé stessa). 5.01 Le proposizioni elementari sono gli argomenti di verità della proposizione. 5.101 Le funzioni di verità di ogni numero di proposizioni elementari si lasciano inscrivere in uno schema di questo tipo WWWW²Á ³ Tautologia (Se , allora e se , allora ) F WWW²Á ³ a parole: Non entrambe e W F WW²Á ³ " Se , allora WW F W²Á ³ " Se , allora o WWW F ²Á ³ " F F WW²Á ³ " Non F W F W²Á ³ " Non F WW F ²Á ³ " o , ma non entrambe W F F W²Á ³ " Se , allora e se , allora W F W F ²Á ³ " WW F F ²Á ³ " F F F W²Á ³ " Né , né F F W F ²Á ³ " e non F W F F ²Á ³ " e non W F F F ²Á ³ " e (?) F F F F ²Á ³ Contraddizione ² e non e e non ) À ² À ³ ² ³ ² ³ ² v ³ ² À ³ v ² À ³ ² À ³ o ² O ³ ² À ³ ² À ³ ² À ³ ²À À À ³ 107 4. Emile Post [1897-1954] Introduction to a General Theory of Elementary Propositions (1920; ed.1921) «Denotiamo il valore di verità di una proposizione qualsiasi con b se è vera e con c se è falsa. Conviene tenere a mente questo significato di b e c da un punto di vista intuitivo, ma nella trattazione effettiva che segue essi non devono essere pensati altrimenti che come puri simboli da manipolare in un certo modo. Allora se associamo a F e a v queste due tavole di verità primitive F Á v b c b b b c b b c b c b b c c c abbiamo un mezzo per calcolare i valori di verità di F e di v a partire da quelli dei loro argomenti. Consideriamo ora una qualsiasi funzione ² Á à Á ³ appartenente al nostro sistema di funzioni, sistema che indicheremo con - . Poiché è costruita attraverso combinazioni di F e di v , una volta assegnato un qualunque insieme particolare di valori di verità ai , saremo in grado, con reiterate applicazioni delle due tavole primitive di sopra, di calcolare il corrispondente valore di verità di . Così in corrispondenza a ciascuna delle possibili configurazioni di verità delle , viene determinato un valore di verità definito di . Chiameremo «tavola di verità di » la relazione così ottenuta. [à ] Chiameremo il numero di variabili che compaiono in una funzione l'ordine di quella funzione e della sua tavola di verità. È evidente che ci sono tavole di -esimo ordine. Ora dimostriamo il Teorema. A ogni tavola di verità di qualsivoglia ordine corrisponde almeno una funzione di F che ha quella come sua tavola di verità. [à ]» 108 IIIAÀ LA LOGICA COME TEORIA DELLE VERITÀ FORMALI (STORIA DEL CALCOLO PROPOSIZIONALE) 109 1. Gottlob Frege [1848-1925] Il sistema assiomatico della Begriffsschrift [1879] . Primi due assiomi della “condizionalità” 1. ¦ ² ¦ ³ 2. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ Teoremi 3. ² ¦ ³ ¦ ²²² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³³³ 4. ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³³³ 5. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ 6. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³³ 7. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ Terzo assioma della “condizionalità” 8. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ Teoremi 9. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ 10. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ²² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ³³ 11. ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ 12. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ 13. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ 14. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ 15. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ 16. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ 17. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ 18. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ 19. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ 20. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ 21. ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³³ 22. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³³ 23. ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³³ 24. ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ 25. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ² ¦ ³³³ 26. ¦ ² ¦ ³ 27. ¦ 110 Un fatto degno di menzione è che l'interpretazione del condizionale è in Frege guidata dall'idea ‘crisippea’ che ‘se allora ’ significhi ‘non si dà e non ’; così, per esempio (mutando i simboli) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ viene illustrato e giustificato come segue: Begriffsschrift, pp. 27-8: «² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ significa: “non si dà il caso in cui ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ è negato e ¦ ² ¦ ³ è affermato”. Ma ¦ ² ¦ ³ significa il fatto che è escluso il caso in cui è negato ma e sono affermati. La negazione di ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ dice che ² ¦ ³ è negato e ² ¦ ³ affermato. La negazione di ² ¦ ³, però, significa che è negato e affermato. La negazione di ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³, quindi, significa che viene negato, affermato e ² ¦ ³ affermato. L'affermazione di ² ¦ ³ e comporta però l'affermazione di . Quindi la negazione di ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ha come conseguenza la negazione di e l'affermazione di e . Questo caso esclude direttamente l'affermazione di ¦ ² ¦ ³. Quindi il caso in cui ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ è negato e ¦ ² ¦ ³ affermato non può darsi e questo è quanto asserisce il giudizio ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³». 111 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36. 37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48. 49. 50. 51. Primo assioma della negazione ² ¦ ³ ¦ ²F ¦ F³ Teoremi ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ²F ¦ F ³³ ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ²F ¦ F³³ Secondo assioma della negazione ¦ FF Teoremi ²²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ FF³³ ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³³ ²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³ ² ¦ ²F ¦ ³³ ¦ ² ¦ ²F ¦ ³³ ² ¦ ²F ¦ ³³ ¦ ²F ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²F ¦ ³ ²²F ¦ ³ ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ F ¦ ² ¦ ³ ²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³ F ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ³ Terzo assioma della negazione FF ¦ Teoremi FF² ¦ ³ ²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³ ²²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³³ ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³³³ ²F ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³ ²F ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³³ ² ¦ ²F ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ ²F ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³³³ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ³³³ ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ³³³ NB. 1) Il sistema proposizionale è completo (Frege usa MP); 2) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ è superfluo; 3) 1. e 2. determinano completamemte la ‘logica condizionale positiva’. 112 2. Bertrand Russell [1872-1970] e Alfred North Whitehead [1861-1947] Il sistema assiomatico dei Principia Mathematica [1910-3] §1 Definizione 1 h 01 ¦ F v Proposizioni primitive 1 h 1. Se e ¦ , allora . [«Qualsiasi cosa implicata da una proposizione elementare vera è vera. Pp. Questo principio verrà esteso nel §9 a proposizioni che non sono elementari. Esso non è la stessa cosa di “se è vero, allora se implica , è vero”. Questa è una proposizione vera, ma vale egualmente anche quando non è vera e quando non implica . Essa non ci autorizza, come il principio in discussione, ad asserire semplicemente , senza alcuna ipotesi. Non possiamo esprimere simbolicamente questo principio, in parte perché ogni simbolismo in cui è variabile dà solo l'ipotesi che sia vera, non il fatto che essa è vera»] 1 h 2. v ¦ 1 h 3. ¦v 1 h 4. v ¦v 1 h 5. v ² v ³ ¦ v ² v ³ 1 h 6. ² ¦ ³ ¦ ² v ¦ v ³ §2 Teoremi most important del § 2 h 02. ¦ ² ¦ ³ 2 h 03. ² ¦ F³ ¦ ² ¦ F³ 2 h 15. ²F ¦ ³ ¦ ²F ¦ ³ 2 h 16. ² ¦ ³ ¦ ²F ¦ F³ 2 h 17. ²F ¦ F³ ¦ ² ¦ ³ 2 h 04. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ 2 h 05. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ 2 h 06. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ 2 h 08. ¦ 2 h 21. F ¦ ² ¦ ³ 113 §3 Definizione 3 h 01 w F²F v F³ Teoremi most important del § 3 h 2. ¦ ² ¦ w ³ 3 h 3. ² w ¦ ³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ 3 h 26. w ¦ 3 h 27. w ¦ 3 h 31. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² w ¦ ³ 3 h 35. w ² ¦ ³ ¦ 3 h 43. ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦ w ³ 3 h 45. ² ¦ ³ ¦ ² w ¦ w ³ 3 h 47. ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ w ¦ w §4 Definizione 4 h 01 © ² ¦ ³ w ² ¦ ³ Teoremi most important del § 4 h 1. ² ¦ ³ © ²F ¦ F³ 4 h 11. ² © ³ © ²F © F³ 4 h 13. © FF 4 h 2. © 4 h 21. ² © ³ © ² © ³ 4 h 22. ² © ³ w ² © ³ ¦ ² © ³ 4 h 24. © w 4 h 25. © v 4 h 3. w ©w 4 h 31. v © v 4 h 32. ² w ³ w © w ² w ³ 4 h 33. ² v ³ v © v ² v ³ 4 h 4. w ² v ³ © ² w ³ v ² w ³ 4 h 41. v ² w ³ © ² v ³ w ² v ³ 4 h 71. ² ¦ ³ © ² © w ³ 4 h 73. ¦ ² © w ³ 114 5 h 1. 5 h 12. 5 h 14. 5 h 16. 5 h 17. 5 h 18. 5 h 21. 5 h 22. 5 h 23. 5 h 24. 5 h 25. 5 h 3. 5 h 31. 5 h 32. 5 h 33. 5 h 35. 5 h 36. 5 h 4. 5 h 41. 5 h 42. 5 h 44. 5 h 5. 5 h 53. 5 h 54. 5 h 55. 5 h 6. 5 h 61. 5 h 62. 5 h 63. 5 h 7. 5 h 71. 5 h 74. 5 h 75. §5 w ¦ ² © ³ 5 h 11. ² ¦ ³ v ²F ¦ ³ ² ¦ ³ v ² ¦ F³ 5 h 13. ² ¦ ³ v ² ¦ ³ ² ¦ ³ v ² ¦ ³ 5 h 15. ² © ³ v ² © F³ F²² © ³ w ² © F³³ ² v ³ w F² w ³ © ² © F³ ² © ³ © F² © F³ 5 h 19. F² © F³ F w F ¦ ² © ³ F² © ³ © ² w F³ v ² w F³ ² © ³ © ² w ³ v ²F w F³ F²² w ³ v ²F w F³³ © ² w F³ v ² w F³ v © ²² ¦ ³ ¦ ³ ² w ¦ ³ © ² w ¦ w ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦ w ³ ² ¦ ² © ³³ © ² w © w ³ ² w ¦ ³ © w ² w ¦ ³ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ² © ³³ w ² © ³ © w ² © ³ ² ¦ ² ¦ ³³ © ² ¦ ³ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ © ² ¦ ² ¦ ³³ ² ¦ ² ¦ ³³ © ² ¦ ² ¦ w ³³ ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ © ² ¦ w ³³ ¦ ²² ¦ ³ © ³ 5 h 501. ¦ ² © ² © ³³ ² v v ¦ ³ © ² ¦ ³ w ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ² w © ³ v ² w © ³ ² v © ³ v ² v © ³ ² w F ¦ ³ © ² ¦ v ³ ² v ³ w F © w F ² w ³ v F © v F v © v ²F w ³ ² v © v ³ © v ² © ³ ² ¦ F³ ¦ ²² v ³ w © w ³ ² ¦ ² © ³³ © ²² ¦ ³ © ² ¦ ³³ ² ¦ F³ w ² © v ³ ¦ ² w F © ³ 115 3. Henry Maurice Sheffer [1882 – 1964] A set of five independent postulates for Boolean algebras, with application to logical constants [1913] «[à ] §1. Insieme di postulati per algebre di Boole Assumiamo: I. Una classe 2 , II. Una 2 -regola di combinazione binaria O, III. Le seguenti proprietà di 2 e O: 1. Esistono almeno due -elementi distinti. 2. Ogniqualvolta e sono 2 -elementi, O è un 2 -elemento. Def. Z ~ OÀ 3. Ogniqualvolta e le indicate combinazioni di sono 2 -elementi, ²Z ³Z ~ À 4. Ogniqualvolta Á e le indicate combinazioni di e sono 2 elementi, O²OZ ³ ~ Z À 5. Ogniqualvolta Á Á e le indicate combinazioni di Á e sono 2 -elementi, ²O²O³³Z ~ ² Z O³O² Z O³. [à ] §2. Applicazione alle costanti logiche primitive [à ] Se 2 è la classe di tutte le proposizioni di un certo tipo logico, allora ogniqualvolta e siano proposizioni di questo tipo, O può venir interpretato come la proposizione né né ; in altre parole, O ha le proprietà della costante logica né-né. Possiamo simbolizzare tale costante logica con | [Sheffer usa w ] e per ovvie ragioni chiamarla rigetto [rejection]. Teorema 1. Se in una lista delle idee logiche primitive sono primitive sia la negazione che la disgiunzione, esse possono venir rimpiazzate dalla sola idea primitiva rigetto. Dim. In termini di negazione e disgiunzione, il rigetto è definito da [à ] O ~ F² v ³. In termini di rigetto la negazione è definita da [à ] F ~ O. In termini di rigetto la disgiunzione è definita da [à ] v ~ ²O³O²O³ ». Nota di Sheffer: «Per il “Principio di dualità” i risultati del §2 valgono anche quando O sia ovunque interpretato come la costante logica o non- o non-»À 116 4. Jean George Pierre Nicod [1893-1924] A Reduction in the number of the Primitive Propositions of Logic [1916] «Delle quattro funzioni elementari di verità di cui si ha bisogno nella logica, solo due sono prese come indefinibili nei Principia Mathematica. Queste due sono state ora definite da Sheffer in termini di una solo nuova funzione O “ sbarra ”. Mi propongo di fare uso della scoperta di Sheffer al fine di ridurre il numero delle proposizioni primitive di cui c'è bisogno per il calcolo logico. Ci sono due forme leggermente diverse della nuova indefinibile, perché possiamo trattare O come significante lo stesso di F w F o lo stesso di F v F . La definizione di F è la stessa in entrambi i casi e cioè O, mentre quella di v cambia semplicemente da ²O³O²O³ con la , -forma in ²O³O²O³ con la 6 -forma. A noi conviene però definire direttamente in termini della nuova tutte e quattro le funzioni di verità. Così facendo troviamo che mentre la definizione di F rimane la stessa e quelle di v e w semplicemente permutano, passando dalla , -forma alla 6-forma la definizione di ¦ è più semplice nell'ultima forma. È O²O³ di contro a ²²O³O³O²²O³O³. La 6-forma è quindi da preferire. [à ] La definizione delle due nozioni primitive dei Principia in termini di una sola tende a ridurre il numero delle proposizioni primitive necessarie. Ma fino a che punto si spinge di fatto questa riduzione? Si estende oltre l'ovvia sostituzione con “Se e sono proposizioni elementari, anche O è una proposizione elementare” di 1 h 7 e 1 h 71 che stabiliscono la stessa cosa per F e rispettivamente v ? La riduzione va, come ora vedremo, molto più in là. Va innanzi tutto detto, al fine di essere quanto più possibile esatti, che l'intero guadagno ottenuto applicando le sbarra-definizioni non può essere esse attribuito con completa sicurezza ad esse. Il sistema di Russell, infatti, non ha ancor detto l'ultima parola su questo tema». Nicod illustra al riguardo una semplificazione del sistema dei PM da lui “incidentally found” e successivamente illustra la sua riduzione. 117 5. B. Russell & A. N. Whitehead Introduzione alla seconda edizione dei PM [1927] «Il miglioramento più definito risultante dagli studi di logica matematica compiuti nei trascorsi quattordici anni sta nella sostituzione nella Parte I, Sezione A, dell'unico indefinibile « e sono incompatibili» (o, alternativamente, « e sono entrambe false») al posto dei due indefinibili «non-» e « o ». Tale risultato è dovuto a H. M. Sheffer; sulla scorta di esso, poi, Jean Nicod ha mostrato che un'unica proposizione primitiva potrebbe rimpiazzare le cinque proposizioni primitive. [à ] Introduciamo l'idea primitiva O , che può essere letta « è incompatibile con » e dev'essere vera ogniqualvolta una delle due è falsa oppure entrambe sono false. Pertanto la si può leggere anche « è falsa o è falsa »; oppure ancora « implica non- ». Tuttavia, poiché ci accingiamo a definire la disgiunzione, l'implicazione e la negazione nei termini di O , è meglio evitare da principio questi modi di leggere O . Il simbolo «| » va pronunciato « sbarra [stroke] ». Poniamo adesso: ~ . ~ . | Df, . ~ . O~ Df, v . ~ . ~ O~ Df, À . ~ . ~ ²O³ Df. In questo modo tutte le consuete funzioni di verità possono essere costruite per mezzo della sbarra. Si noti che per quanto precede, . ~ .O² O ) Df. Troviamo che À À À . ~ . O² O³. Pertanto è un caso degenere di una funzione di tre proposizioni. [à ] Se Á Á sono proposizioni elementari date e O² O³, possiamo inferire . Questa è una proposizione primitiva. 118 [à ] Nicod ha mostrato che la logica delle proposizioni (*1-*5) può essere dedotta, con l'ausilio della regola di inferenza, dalle due proposizioni primitive À|²|³ e ¢ À À O O Si può interpretare la prima di queste proposizioni come « è incompatibile con non-» o come « o non-», o come «non ² e non-³», o come « implica ». Si può interpretare la seconda come À ¢ ~ À À ~ , che è una forma del principio del sillogismo. Scritto per intero in termini di sbarra, tale principio diviene ¸pO² O³¹O´¸² O³O²²O ³O²O ³³¹O¸² O³O²²O ³|²O ³³¹µ. Nicod ha mostrato inoltre che questi due principi possono essere rimpiazzati da uno solo. Scritto per intero in termini di sbarra, quest'unico principio è ¸O² O³¹O´¸!O²!O!³¹O¸² O )O²²O ³O²O ³³¹µ. Si vedrà che, scritto in questa forma, il principio è meno complesso del secondo dei principi anzidetti scritto interamente in termini di sbarra. Quando venga interpretato nel linguaggio dell'implicazione, il principio unico di Nicod diviene À ¢ À! !À O O In questa forma esso sembra più complesso di À O O ma in se stesso è meno complesso. A partire dalla precedente proposizione primitiva, unitamente alla regola d'inferenza, si può dimostrare tutto ciò che la logica è in grado di accertare sulle proposizioni elementari purché si aggiunga un'ulteriore proposizione primitiva, vale a dire: [si introduce la regola di rimpiazzamento]». D. Hilbert [1862-1943]e Wilhelm Ackermann [1896-1962] Grundzüge der theoretischen Logik [1928(?); 1937(?); 1949] «Come curiosità sia menzionato che, come ha mostrato Sheffer, si può anche cavarsela con un unico segno logico. Egli usa come unico connettivo primitivo ?O@ , a parole: “? e @ non sussistono entrambi”» 119 6. Emile Post [1897-1954] Introduction to a General Theory of Elementary Propositions (1920; ed.1921) [à ] Denotiamo l'asserzione di una funzione scrivendo davanti ad essa. Allora la forza motrice per il processo deduttivo risultante è fornita dalle due regole di operazione: II. L'asserzione di una funzione che contiene una variabile permette l'asserzione di qualsiasi funzione sia ottenuta da quella data sostituendo a qualunque altra variabile , o F , o ² v ³; III. « 7 » e « F7 v 8 » produce « 8». Queste regole ci mettono in grado di asserire nuove funzioni a partire da precedenti, o meglio, nella forma in cui le abbiamo espresse, generano nuove asserzioni da vecchie asserzioni. E l'insieme completo delle asserzioni è ottenuto applicando sia II che III alle seguenti asserzioni, che ci danno il punto di partenza, e a tutte le asserzioni derivate che ne possono risultare: IV. F² v ³ v ´ v ¦ µ F² v ² v ³³ v ² v ² v ³³ ´ v ² v ³ ¦ v ² v ³µ F v ² v ³ ´ ¦ v µ F²F v ³ v ²F² v ³ v ² v ³³ ´² ¦ ³ ¦ ²² v ³ ¦ ² v ³³µ F² v ³ v ² v ³ ´² v ³ ¦ ² v ³µ Teorema fondamentale. Condizione necessaria e sufficiente perché una funzione di - sia asserita come risultato dei postulati II, III, IV è che tutti i suoi valori di verità siano b . [à ] Teorema. Il sistema delle proposizioni elementari dei Principia è consistente . [à ] Teorema. Ogni funzione del sistema o può essere asserita per mezzo dei postulati, oppure è inconsistente con essi. [à ] Corollario. Una funzione o è asserita come risultato dei postulati, oppure la sua asserzione darà luogo all'asserzione di ogni possibile proposizione elementare. [à ]. In conclusione notiamo che, mentre il teorema fondamentale dimostra che i postulati conducono all'asserzione di tutti e soli i teoremi che dovrebbero appartenere al sistema, quest'ultimo teorema ci mette in grado di dire che essi escludono anche automaticamente la stessa possibilità di aggiungere qualsiasi altra asserzione». 120 7. Paul Bernays [1888-1977] Beiträge zur axiomatischen Behandlung der Logik, (Habilitationsschrift 1918 - inedita) «Tra le espressioni [à ] ne vengono ora isolate alcune come «formule giuste». Ciò avviene postulando dapprima come formule giuste le cinque espressioni ( formule di base ) : 1. F² v ³ v ´ v ¦ µ 2. F v ² v ³ ´ ¦ v µ 3. F² v ³ v ² v ³ ´² v ³ ¦ ² v ³µ 4. F² v ² v ³³ v ²² v ³ v ³ ´ v ² v ³ ¦ v ² v ³µ 5. F²F v ³ v ²F² v ³ v ² v ³³ ´² ¦ ³ ¦ ²² v ³ ¦ ² v ³³µ e istituendo quindi le due regole seguenti: a) Regola di sostituzione: da una formula giusta si ottiene ancora una formula giusta quando una variabile venga sostituita in tutti i posti in cui essa occorra da una e una stessa espressione [à ]; b) Se e sono certe espressioni e sia che F v sono formule giuste, allora anche è una formula giusta. Con ciò il sistema assiomatico è già completamente costituito. Tuttavia, allo scopo di conseguire una migliore visione dei rapporti formali del sistema vogliamo introdurre le seguenti « abbreviazioni ». x ¦ F v { ( Nelle nostre notazioni: w F²F v F³ ) y © ² ¦ ³ w ² ¦ ³ | Il sistema assiomatico così costituito non potrebbe pretendere alcun particolare interesse se non fosse capace di una significativa interpretazione contenutistica. Una tale interpretazione è ottenuta nel modo seguente. Si concepiscano le variabili come simboli per proposizioni (enunciati). Quale proprietà caratteristica delle proposizioni dev'essere riguardato che esse siano o vere false, e non tutte e due le cose simultaneamente. 121 Si interpreti il prodotto logico [ v ] come la congiunzione di due proposizioni mediante «o», dove tale congiunzione non dev'essere intesa nel senso della vera e propria disgiunzione che esclude la sussistenza simultanea delle due proposizioni, ma piuttosto in modo tale che « o » sussiste se, e soltanto se, almeno una delle due proposizioni , sussiste. F deve significare l'«opposto di », e cioè una proposizione univocamente determinata da la quale sussiste se e solo se non sussiste. Da tale interpretazione delle operazioni di base si ottiene, per le abbreviazioni, la seguente interpretazione: ¦ significa una proposizione che sussiste quando sussiste l'opposto di o quando sussiste ; dunque, è falsa solamente quando è vera e simultaneamente è falsa. Linguisticamente questa congiunzione può venir resa mediante la connessioni «se allora », «da segue » (tale uso delle parole «se» e « segue » non è ovviamente in accordo completo con i modi usuali del loro impiego [à ]). w indica l'opposto di una proposizione che sussiste se e solo se una delle due proposizioni e è falsa; w significa dunque che sia che sono vere e può quindi venir espressa linguisticamente mediante « e ». In base a questa interpretazione della somma simbolica, © risulta essere l'asserzione della sussistenza congiunta di ¦ e ¦ . Tale proposizione è falsa se e solo se o sussistono e simultaneamente l'opposto di oppure e simultaneamente l'opposto di . Pertanto essa è vera se e solo se le due proposizioni e sono entrambe vere o entrambe false. Tale rapporto tra e costituisce l'opposto della congiunzione disgiuntiva. La rilevanza del nostro sistema assiomatico per la logica riposa ora sul seguente dato di fatto. Se per formula dimostrabile s'intende una formula che risulta giusta in conformità con gli assiomi [à ] e se per formula «universalmente valida» s'intende una formula che, nel senso dell'interpretazione sopra indicata, dà sempre una proposizione vera per qualsiasi scelta delle proposizioni da sostituire alle variabili (dunque, per qualsiasi «valore» delle variabili) allora vale il teorema: 122 Ogni formula dimostrabile è universalmente valida e viceversa. Per quanto concerne la prima metà di questa asserzione, essa può essere giustificata nel modo seguente. Si verifica dapprima che tutte le formule di base sono formule universalmente valide. [à ] Una volta riconosciute come universalmente valide le formule di base, basta convincersi che, attraverso l'applicazione delle due regole, da formule universalmente valide si derivano sempre e soltanto formule di questo genere.[à ] Con questo resta anche ad un tempo dimostrata la noncontraddittorietà del calcolo nel senso che di due formule dimostrabili l'una non può mai coincidere con la negazione dell'altra. Dalla definizione di formula universalmente valida risulta infatti immediatamente che e F non possono essere simultaneamente formule universalmente valide». -------------------------------------------------------------------------------------La dimostrazione bernaysiana dell'inverso, ossia di ciò che noi oggi chiamiamo la ‘completezza semantica’ della logica proposizionale, passa attraverso la dimostrazione di quella che noi oggi chiamiamo ‘completezza alla Post’ di quella logica e cioè: Aggiungendo agli assiomi una formula indimostrabile ogni formula diventa dimostrabile. Se infatti è universalmente valida ma indimostrabile, allora, aggiungendola agli assiomi, da un lato, ripetendo l'argomento usato sopra, si può vedere ancora che tutte le formule dimostrabili sono universalmente valide, mentre, dall'altro lato, per la completezza ‘alla Post’, si sa che ora tutte le formule sono dimostrabili. Dunque: ogni formula è universalmente valida; in particolare, per ogni , sia che F lo sono. 123 B. sviluppa come segue la dimostrazione della ‘Completezza alla Post’. A) Fase preliminare. 1) Stabilisce il ‘teorema di rimpiazzamento’: ² © ³ ¦ ² © ´°° µ³. 2) Per suo mezzo stabilisce il ‘teorema della forma normale congiuntiva’, ossia il fatto che per ogni formula esiste una formula i costituita da una congiunzione di disgiunzioni semplici (tali cioè che ogni loro disgiunto è una variabile proposizionale o la negazione di una tale variabile) tale che: © i À 3) Stabilisce poi: 3.1) una congiunzione di formule è dimostrabile se solo se tutte quelle formule lo sono; 3.2) ogni disgiunzione semplice che contenga sia una variabile che la sua negazione è dimostrabile. B) Dimostrazione. Sia una formula indimostrabile; allora, per (2) anche i è indimostrabile e quindi, per (3.1), almeno un suo congiunto deve essere indimostrabile e, essendo questo una disgiunzione semplice in essa non può esservi, per (3.2), alcuna variabile assieme alla sua negazione. Aggiungiamo come nuovo assioma; allora i diventa dimostrabile e tali diventano anche (per 3.1) tutti i suoi congiunti; in particolare, quindi anche la disgiunzione . Prendiamo una certa variabile, diciamo e, applicando la regola di sostituzione, sostituiamo in ogni variabile non negata con e ogni variabile negata con F. Otteniamo così, come formula dimostrabile, una disgiunzione i cui disgiunti sono tutti o FF. Rimpiazziamo in essa ogni FF con ottenendo così come formula dimostrabile una disgiunzione di soli . Ma questa implica (Cfr. l'assioma 1). Quindi e quindi anche, per la regola di sostituzione, per una qualsiasi formula . 124 8. David Hilbert [1862-1943] Die logischen Grundlagen der Mathematik [1922] Schema di inferenza ¦ Assiomi dell'implicazione ¦ ² ¦ ³ (Introduzione di premessa) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³ (Eliminazione di premessa) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ (Scambio di premesse) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ (Eliminazione di proposizione) Assiomi della negazione ¦ ²F ¦ ³ (Principio di contraddizione) ² ¦ ³ ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ³ (Principio del TND) Die Grundlagen der Mathematik [1928] Schema di inferenza ¦ I. Assiomi dell'implicazione ¦ ² ¦ ³ (Aggiunta di premessa) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³ (Omissione di premessa) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ (Scambio di premesse) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ (Eliminazione di proposizione) II. Assiomi su w e v w ¦ w ¦ ¦ ² ¦ w ³ ¦v ¦v ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² v ¦ ³ III. Assiomi della negazione (Principio di contraddizione) ²² ¦ ³ w F ³ ¦ F (Principio di doppia negazione) FF ¦ 125 9. D. Hilbert e Paul Bernays [1888-1977] Grundlagen der Mathematik I [1934] Regole ~ Sostituzione Separazione ~ Formule iniziali ´° µ Á ¦ I. Formule dell'implicazione 1) ¦ ² ¦ ³ 2) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³ 3) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ II. Formule della congiunzione 1) w ¦ 2) w ¦ 3) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ w ³³ III. Formule della disgiunzione 1) ¦ v 2) ¦ v 3) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² v ¦ ³³ IV. Formule dell'equivalenza 1) ² © ³ ¦ ² ¦ 2) ² © ³ ¦ ² ¦ ³ 3) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² © ³³ V. Formule della negazione 1) ² ¦ ³ ¦ ²F ¦ F³ 2) ¦ FF 3) FF ¦ 126 10. I Polacchi Jan Lukasiewicz [1878-1956] , Alfred Tarski [1902-83] Untersuchungen über den Aussagenkalkül [1930] «2. IL SISTEMA ORDINARIO (BIVALENTE) DEL CALCOLO PROPOSIZIONALE. [à ] Usando il metodo delle matrici il sistema 3 può così definirsi: Definizione 5. Il sistema ordinario 3 del calcolo proposizionale è l'insieme di tutte le proposizioni che sono soddisfatte dalla matrice 4 ~ ´(Á )Á Á µ, dove ( ~ ¸¹, ) ~ ¸¹ e le funzioni e sono definite dalle formule: ²Á ³ ~ ²Á ³ ~ ²Á ³ ~ Á ²Á ³ ~ ; ²³ ~ Á ²³ ~ . Da questa definizione si ricava facilmente che il sistema 3 è consistente [3 £ : ] e completo [se3 3Z , allora 3Z ~ 3 o 3Z ~ : ]. Il sistema 3 può essere definito anche col metodo assiomatico. [à ] Tale risultato può così essere formulato: Teorema 6. Sia ? l'insieme costituito dalle tre proposizioni: ² ¦ ³ ¦ 4² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³5 ‘CC CCC’, ²F ¦ ³ ¦ ‘CCN’, ¦ ²F ¦ ³ ‘CCN ’; allora ? assiomatizza 3. Secondo un metodo sviluppato da Bernays e Lukasiewicz [à ] Lukasiewicz ha dimostrato [à ] il seguente teorema: Teorema 7. L'insieme ? delle proposizioni date nel teorema 6 è indipendente; quindi ? è una base per 3. [à ] È dovuto a Tarski il seguente teorema generale: Teorema 8. Il sistema L, così come ogni sistema assiomatizzabile del calcolo proposizionale che contenga le proposizioni: ‘CC’, ¦ ² ¦ ³ ‘CC CCC’, ¦ ¸ ¦ ´4 ¦ ² ¦ ³5 ¦ µ¹ (o ‘CC CCCC ’) ¦ ¸ ¦ ´4 ¦ ² ¦ ³5 ¦ ² ¦ ³µ¹ possiede una base formata da una sola proposizione. La dimostrazione del teorema permette in particolare di dare effettivamente una base del sistema 3 che contenga un solo elemento. 127 Lukasiewicz ha semplificato la dimostrazione di Tarski e utilizzando lavori preparatori di Boleslaw Sobocimski, ha stabilito che: Teorema 9. L'insieme costituito dalla sola proposizione ‘CCCCCCCNC N!CCC "CC! C!"#C$#’ F4 ¦² ¦ ³5¦D<4F ¦ ² ¦ F!³5 ¦ ´4 ¦ ² ¦ "³5 ¦ 4²! ¦ ³ ¦ ²! ¦ "³5µ= ¦ #EG ¦ ²! ¦ "³ è una base del sistema 3. ´Ã µ Tale proposizione che consta di 33 lettere è la più corta nota finora che, presa come assioma, basti per sviluppare da sola il sistema 3. Essa non è organica rispetto al sistema 3; una proposizione, infatti, è detta organica rispetto a un sistema ? se nessuna sua parte di (fornita di significato) è un elemento di X (il termine organico deriva da Stanislaw Le.niewski e si deve a Wajsberg la definizione di proposizione organica). La precedente proposizione non è organica rispetto a 3 poiché contiene parti, come ‘CC’ [ ¦ ² ¦ ³], che sono elementi di 3. Sobocimski ha dato un assioma organico per il sistema 3 formato da 47 lettere. Il seguente teorema generalizza il teorema 8: Teorema 10. Il sistema 3, così come ogni sistema assiomatizzabile del calcolo proposizionale che contenga le proposizioni ‘CC’ e ¦ ² ¦ ³ ‘CC CCC’, ¦ ¸ ¦ ´4 ¦ ² ¦ ³5 ¦ µ¹ possiede, per ogni numero naturale , una base formata esattamente da elementi. Per il sistema 3 Sobocimski ha dimostrato questo teorema in maniera effettiva; la generalizzazione ad altri sistemi è dovuta a Tarski. In contrasto con questa proprietà del sistema 3, Tarski ha mostrato in modo effettivo che: Teorema 11. Per ogni numero naturale , esistono sistemi del calcolo proposizionale tali che ogni loro base contiene esattamente elementi. Le seguenti considerazioni di Tarski riguardano il caso speciale di questo teorema in cui = 1 (definizione 6 e teoremi 12-14). 128 Definizione 6. La proposizione % è detta indecomponibile se ogni base del sistema delle sue conseguenze consiste di una sola proposizione (se, cioè,nessun insieme indipendente di proposizioni contenente più di un elemento equivale all'insieme {%}). Se questa condizione non è soddisfatta, la proposizione % è detta decomponibile. Risulta che quasi tutte le proposizioni note del sistema 3 sono indecomponibili; in particolare: Teorema 12. Sono indecomponibili le proposizioni ‘C’, ¦ ‘CCC ’, ¦ 4² ¦ ³ ¦ 5 4² ¦ ³ ¦ 5 ¦ ‘CCC’, 4² ¦ ³ ¦ 5 ¦ 4² ¦ ³ ¦ 5 ‘CCC CC’, ‘CC CCC’, ² ¦ ³ ¦ 4² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³5 ‘CCCC C’ ² ¦ ³ ¦ 4² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³5 Teorema 13. [à ] Sono indecomponibili [à ] le proposizioni: FF ¦ ‘CNN’ ¦ FF ‘CNN’, F ¦ ² ¦ ³ ‘CNC ’, ¦ ²F ¦ ³ ‘CCN ’, ²F ¦ ³ ¦ ‘CCN’, ² ¦ F³ ¦ F ‘CCNN’. [à ] D'altra parte è stato dimostrato in modo effettivo il seguente: Teorema 14. Sono decomponibili le proposizioni: ¦ ² ¦ ³ ‘CC’, ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ‘CCCC’ ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ ‘CCCC C’ Wajsberg ha mostrato un notevole teorema sui sistemi d'assiomi per 3. Teorema 15. In ogni base (e in generale in ogni sistema di assiomi) del sistema 3, così come di ogni sottosistema di 3 che contenga la proposizione ‘CC C ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ compaiono almeno tre variabili proposizionali distinte. In altre parole se ? è l'insieme di tutte le proposizioni di 3 in cui compaiono al massimo due variabili distinte, allora l'insieme del sue conseguenze non esaurisce 3». 129 11. Kurt Gödel [1906-78 ] Eine Eigenschaft der Realisierungen des Ausssagenkalküls (1932) In risposta a una questione postami per lettera da Menger, si può dimostrare il seguente teorema. Sia dato un qualsiasi insieme ¡ di cose Á Á Á à Á in cui sono definite una operazione unaria F e una operazione binaria ¦ , rispetto alle quali l'insieme ¡ è chiuso. Sia inoltre ¢ un sottoinsieme proprio di ¡, che soddisfa le seguenti condizioni: I. Se Á Á sono cose arbitrarie in ¡, le seguenti tre cose appartengono sempre a ¢ : a) ²F ¦ ³ ¦ , b) ¦ ²F ¦ ³, c) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ II. Se sia che ¦ appartengono a ¢ , anche appartiene a ¢ . Sotto queste assunzioni c'è sempre una partizione di ¡ in classi disgiunte: ¡ ~ ¥ b , ¢ ¥ , tali che a) delle due cose e F ne appartiene sempre esattamente una a ¥ e una a , b) la cosa ¦ appartiene a - se e solo se appartiene a ¥ e appartiene a . Cioè: data una qualsiasi realizzazione degli assiomi del calcolo proposizionale, gli elementi («proposizioni») possono venire ripartiti in due classi disgiunte che si comportano proprio come le classi delle espressioni vere e delle espressioni false dell'usuale calcolo proposizionale. 130 Schizzo di dimostrazione. Si supponga ¡ bene ordinato; si associ allora a ogni ordinale una sottoclasse ¢ di ¡ ponendo : 1. ¢ = ¢ . 2. Se è un numero limite, ¢ ~ ' ¢ . 3. Se è il primo elemento di ¡ per cui né né F appartiene a ¢ : ¢b ~ insieme di quegli % ¡ per cui ² ¦ %³ ¢ . Nel caso che un tale non esista sia ¢b ~ ¢ . Per induzione trasfìnita si dimostra: A. Ogni ¢ soddisfa le condizioni I e II poste sopra per ¢ . B. ¢ ¢ , per . C. % e F% non appartengono mai entrambe a ¢ . Se è il più piccolo ordinale per cui ¢ ~ ¢ b , allora ¥ ~ ¢ , ~ ¡ c ¢ hanno le proprietà richieste. (B) si dimostra per esempio nel modo seguente: poiché (A) è soddisfatta per ¢ per ipotesi induttiva, per ogni % ¡ vale % ¦ ² ¦ %³ ¢ e perciò da % ¢ segue ² ¦ %³ ¢ , ossia % ¢b e dunque ¢ ¢b . Che la condizione (B) sia soddisfatta per ¥ ~ ¢ segue dal fatto che per (A) vale: % ¦ ²& ¦ %³ ¢ , F& ¦ ²& ¦ %³ ¢ , F% ¦ ²& ¦ F²& ¦ %³³ ¢ , e precisamente per ogni %Á & ¡. 131 12. J. Lukasiewicz, A. Tarski Untersuchungen à «4. IL CALCOLO PROPOSIZIONALE RISTRETTO. Nelle ricerche sul calcolo proposizionale ci si limita talvolta a quelle proposizioni in cui non occorre il segno di negazione. Questa parte del calcolo proposizionale può essere pensata come una disciplina deduttiva indipendente che chiamiamo ‘calcolo ristretto’ [à ]. Tale sistema 3b è stato studiato da Tarski [à ]. Teorema 29. L'insieme ? formato dalle tre proposizioni ¦ ² ¦ ³ ‘CC’, ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ‘CC CCC’ ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ‘CCC’ costituisce una base del sistema 3b . Il sistema è dovuto a Tarski, ma, nella formulazione data, contiene una semplificazione comunicataci da Paul Bernays in una lettera del 20.X.1928. Il sistema originale di Tarski, infatti, conteneva, la più complessa ‘CCCCC’ [²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³] al posto della ‘CCC’. Lukasiewicz ha stabilito l'indipendenza di entrambi i sistemi di assiomi. [à ] Tarski è riuscito a costruire una base del sistema 3b formata da una sola proposizione. I due esempi più semplici di proposizioni di questo genere finora conosciuti, contenenti ciacuna 25 lettere, sono presentati nel teorema seguente. La prima proposizione è organica ed è opera di Wajsberg, la seconda è dovuta a Lukasiewicz e non è organica. Teorema 30. L'insieme costituito da una sola fra le due proposizioni ‘CCC CC !CC"CC !CC"C !’ ´² ¦³ ¦²² ¦ ³ ¦!³µ ¦ ¸´" ¦²² ¦ ³ ¦!³³µ ¦´² ¦"³ ¦² ¦!³µ¹ o ‘CCCCCCCCC !"CC "C"##’ D² ¦² ¦³³ ¦¸<´²² ¦ ³ ¦!³ ¦"µ ¦´² ¦"³ ¦² ¦"³µ= ¦#¹E ¦# costituisce una base del sistema 3b ». NB. Nel 1930 e poi ancora nel '32, Lukasiewicz ne trovò di più brevi; finalmente nel 1936 trovò ‘la più breve possibile’: CCCCCC ²² ¦ ³ ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ “e così terminai l'esame del problema”. 132 13. Branden Fitelson [n.1969] New Elegant Axiomatizations of Some Sentential Logics, http://fitelson.org/ar.html «2. Classical Sentential Logic - In the Sheffer Stroke (D) In 1917, Nicod showed that the following 23-symbol formula (in Polish notation) is a single axiom for classical sentential logic (D is interpreted semantically as NAND, i.e., the Sheffer stroke): DDDDD!D!!DD DD D s The only rule of inference for Nicod's single axiom system is the following, somewhat odd, detachment rule for D: From DD and , infer . Lukasiewicz later showed that the following substitution instance (!° ) of Nicod's axiom (N) would suffice: DDDDD D DD DD D À Lukasiewicz's student Mordechaj Wajsberg later discovered the following organic 23-symbol single axiom for D: DDDDDD DD D DD Lukasiewicz later discovered another 23-symbol organic axiom: DDDDDDDD DD D À We have discovered many new 23-symbol single axioms, some of which are organic and have only 4 variables, e.g., DDDDDDDD DD D We can now report that the shortest single axioms for these Sheffer Stroke systems contain 23 symbols. No shorter axioms exist. 3. Classical Sentential Logic - In Implication (C) and The False () Meredith reports two 19-symbol single axioms for classical sentential logic (using only the rule of condensed detachment) in terms of implication C and the constant (semantically, is "The False''): CCCCC C !CC!C CCC CC CC C!C" . Meredith claims to have "almost completed a proof that no single axiom of (C,) can contain less than 19 letters.'' As far as we know, no such proof was ever completed (that is, until now...). We have performed an exhaustive search/elimination of all (C,) theorems with fewer than 19 symbols. We have proven Meredith's conjecture: no single axiom of (C,) can contain less than 19 letters. 133 4. The Implicational Fragment (C5) of the Modal Logic S5 In their classic paper, Lemmon, Meredith, Meredith, Prior and Thomas present several axiomatizations (assuming only the rule of condensed detachment) of the system C5, which is the strict implicational fragment of the modal logic S5. Bases for C5 containing 4Á 3Á 2 and a single axiom are presented in [6]. The following 2-basis is the shortest of these bases. It contains 20 symbols, 5 variables, and 9 occurrences of the connective C. C CCCC CC C!C À The following 21-symbol (6-variable, 10-C) single axiom (due to C.A. Meredith) for C5 is also reported in [6]: CCCCC!! C CC C"C. We searched both for new (hopefully, shorter than previously known) single axioms for C5 and for new 2-bases for C5. We discovered the following new 2-basis for C5, which (to the best of our knowledge) is shorter than any previously known basis (it has 18 symbols, 4 variables, and 8 occurrences of C): C CC CCCC C. Moreover, we discovered the following new 21-symbol (6-variable, 10-C) single axiom for C5 (as well as 5 others, not given here): CCCCCC CC!C"C!À No formula with fewer than 21 symbols is a single axiom for C5. And, no basis for C5 whatsoever has fewer than 18 symbols. 5. The Implicational Fragment (C4) of the Modal Logic S4 C4 is the strict-implicational fragment of the modal logic S4 (and several other modal logics in the neighborhood of S4 - see Ulrich's paper). As far as we know, the shortest known basis for C4 is due to Ulrich, and is the following 25-symbol, 11-C, 3-axiom basis: C CC CC CCCCC CÀ Anderson & Belnap state the finding of a (short) single axiom for C4 as an open problem (as far as we know, this has remained open). The following is a 21-symbol (6-variable, 10-C) single axiom for C4: CCCC CC CC !C"C! We have also the following 20-symbol 2-basis for C4: CC CCCCC C C No formula with fewer than 21 symbols is a single axiom for C4. And, no basis for C4 whatsoever has fewer than 20 symbols. 134 6. The Implicational Fragment (RM¦ ) of the "Classical" Relevance Logic RM The "classical'' relevance logic R-Mingle (RM) was first carefully studied by Dunn in the late 60's. Interestingly, the implicational fragment of R-Mingle (RM¦ ) has an older history. RM¦ was studied (albeit, unwittingly!) by Sobocimski in the early 50's. Sobocimski discusses a two-designated-value-variant of Lukasiewicz's three-valued implication-negation logic (I'll call Sobocimski's logic S). Sobocimski leaves the axiomatization of S¦ as an open problem. Rose solved Sobocinski's open problem, but his axiomatizations of S¦ are very complicated and highly redundant (see Parks' [23]). Meyer and Parks report an independent 4-axiom basis for S¦ . They also show that S¦ = RM¦ , thus providing an independent 4-basis for RM¦ . Meyer and Parks show that RM¦ can be axiomatized by adding the following "unintelligible'' 21-symbol formula to R¦ : CCCCCCCCCC In other words, the following is a 5-basis for RM¦ : C CCC CC CCC CCC C CCCCCCCCCCÀ The reflexivity axiom Cpp is dependent in the above 5-basis. The remaining (independent) 4-basis is the Meyer-Parks basis for RM¦ . After much effort (and, with valuable assistance from Bob and Larry), we discovered the following 13-symbol replacement for Parks' 21-symbol formula (we've also shown that there are none shorter): CCCCCC (or, alternatively, CCCCCC) The contraction axiom CCpCpqCpq is dependent in our new 4basis. The remaining (independent) 3-basis for RM¦ contains 31 symbols and 14 C's (the Meyer-Parks basis has 4 axioms, 48 symbols and 22 C's). 135 7. Single Axioms for the Implicational Fragments of Some Other Non-Classical Logics It was shown by Rezus (building on earlier seminal work of Tarski and Lukasiewicz) that the systems E¦ , R¦ , and L¦ have single axioms. However, applying the methods of Rezus yields very long, inorganic single axioms. As far as we know, these axioms have never been explicitly written down. Here is a 69-symbol (17-variable!) single axiom for the implicational fragment of Lukasiewicz's infinite-valued logic L¦ (obtained using the methods of Rezus): CCC C CCCCCCCCC CC C CCC'' CCC C%&&CC&%%$$CCCC!"C"!C"! CC C Single axioms of comparable length (i.e., containing fewer than 75 symbols) can also be generated for the relevance logics E¦ and R¦ (omitted). Here's what we know about the shortest single axioms for the systems E¦ , R¦ , L¦ , and RM¦ : The shortest single axiom for E¦ has between 25 and 75 symbols. The shortest single axiom for R¦ has between 25 and 75 symbols. The shortest single axiom for L¦ has at most 69 symbols. The shortest single axiom for RM¦ (if there is one7) has at least 25 symbols. 8 Automated Reasoning Techniques Used First, we wrote computer programs to generate a large list of candidate formulas which were to be tested as axioms. For most problems, it was practical to generate an exhaustive list of all formulas with up to twenty-one symbols (we can now do these through 23 symbols). All the formulas in the list would be tested (using matrices) to see which are likely to be tautologies in the system in question. We immediately eliminated large numbers of formulas by applying known results about axiomatizations in the various systems. For example, as reported by Lemmon et. al., every axiomatization for C5 must contain a formula with C as a (possibly improper) subformula. Another useful result for this purpose is the Diamond-McKinsey theorem that no Boolean algebra can be axiomatized by formulas containing less than three distinct propositional letters. A set of formulas was selected from the list at random. Using either SEM or a program written by the authors, we found a matrix that respects modus ponens, invalidates a known axiom-basis for the system, but validates the formulas selected from the list. Such a model suffices to show that the formulas are not single axioms for the system. All the remaining formulas in the list were then tested against that matrix. Every formula validated by that matrix would be eliminated. Steps 4 and 5 were repeated until the list of candidate formulas was down to a small number, or eliminated entirely. We then use OTTER ( b strategies!) to attempt to prove a known axiom basis from each of the remaining candidates. 136 14. Andrej Nicholaevic Kolmogorov [1903-87] -/'+!'-# Tertium non datur [1925] «I. Le prospettive formalista e intuizionista. [à ] 5. La differenza fra le due posizioni presentate si manifesta anche nell'ambito della logica dei giudizi. Nel seguito intenderemo per logica generale dei giudizi la scienza che studia le proprietà di giudizi arbitrari indipendentemente dal loro contenuto per quanto concerne la loro verità, la loro falsità e i modi in cui essi sono derivati. (In tale ricerca, ogni giudizio è considerato come un elemento non ulteriormente analizzabile). La logica generale dei giudizi è formalmente espressa per mezzo di simboli per giudizi arbitrari (, Á ,...), del simbolo per l'implicazione ( ¦ ), del simbolo per la negazione (F). Hilbert (1922, p. 153) ha presentato il seguente sistema d'assiomi per la logica dei giudizi: Assiomi dell'implicazione ¦ ² ¦ ³ (Introduzione di premessa) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³ (Eliminazione di premessa) ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ (Scambio di premesse) ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ (Eliminazione di proposizione) Assiomi della negazione ¦ ²F ¦ ³ (Principio di contraddizione) ² ¦ ³ ¦ ²²F ¦ ³ ¦ ³ (Principio del TND) La consistenza interna di questi assiomi può essere dimostrata in modo estremamente elementare. Dal punto di vista formalista ciò è sufficiente per accettarli come base della logica generale dei giudizi. Inoltre il sistema di Hilbert è completo: nessun nuovo assioma indipendente può essere aggiunto senza contraddizione». [à ] II. Assiomi della logica dei giudizi. 1. Gli assiomi della logica generale dei giudizi pretendono di avere significato per tutti i giudizi; essi devono quindi seguire dalle proprietà generali dei giudizi. Orbene, quanto segue non è affatto una definizione dei concetti fondamentali nè una dimostrazione degli assiomi della logica dei giudizi, ma una ricerca delle loro fonti intuitive che fa già uso di tutti i concetti e gli strumenti della logica. [à ] 137 2. Il significato di ¦ si esaurisce nel fatto che, una volta convinti della verità di , dobbiamo accettare anche quella di . Oppure, nell'interpretazione formalista: se viene registrata una formula , dobbiamo registrare anche la formula . Così la relazione di implicazione tra due giudizi non stabilisce alcuna connessione tra i loro contenuti. Il primo assioma hilbertiano dell'implicazione, il cui significato è «il vero segue da ogni cosa», risulta da questa interpretazione formalista dell'implicazione: se è vera per se stessa, allora dopo aver accettato dobbiamo anche considerare come vera. La verità degli altri tre assiomi dell'implicazione è vista con altrettanta facilità sulla base dell'interpretazione data all'idea di implicazione. Inoltre, non è fatto alcun riferimento al carattere dei giudizi considerati: quindi la possibilità di applicare questi assiomi a giudizi arbitrari è indubbia. È interessante il problema della completezza del sistema dei quattro assiomi dell'implicazione. Dopo quanto si è detto sulla completezza dell'intero sistema assiomatico hilbertiano per la logica dei giudizi, il problema va posto così. Diciamo “vera” una formula dimostrata mediante gli assiomi dell'implicazione e della negazione; una formula vera scritta con i soli simboli per giudizi arbitrari e per l'implicazione, senza il simbolo per la negazione, può essere dimostrata partendo solo dai quattro assiomi dell'implicazione? 3. Per quanto riguarda un giudizio considerato come un tutto, la sua negazione è semplicemente l'interdizione a considerarlo vero. Possiamo ottenere una comprensione più precisa della natura della negazione considerando il giudizio come un'asserzione che attribuisce un predicato a un soggetto; la negazione è allora l'asserzione che il predicato è incompatibile con il soggetto. Il simbolo F della logica di giudizi esprime, naturalmente, la prima interpretazione della negazione, cioè l'interdizione a considerare vero il giudizio . Tuttavia l'usuale tradizione della logica è stata quella di passare dalla prima alla seconda interpretazione, considerata più primitiva. Ma nell'applicazione ai giudizi matematici ciò risulta impossibile. 138 Nella misura in cui la negazione di un giudizio è il risultato di un esame diretto, la seconda interpretazione, che parte dall'idea dell'impossibilità della sintesi che crea il giudizio, è di fatto più vicina alla sostanza della cosa di quanto non lo sia la prima, che si fonda sull'idea puramente formale di interdizione. Ma quando una negazione è ottenuta come risultato di una derivazione, la riduzione della prima interpretazione alla seconda non è più necessaria e, nel caso dei giudizi matematici, è talvolta addirittura impossibile. Di fatto, nella matematica, molti giudizi negativi sono dimostrati per mezzo della riduzione ¡ ¦ ¢ Á F¢ a una contraddizione, secondo lo schema e non possono F¡ venir dimostrati in altro modo. Quindi la prima interpretazione della negazione è indipendente. Essa è stata introdotta per la prima volta da Brouwer (1923) che definisce la negazione come «assurdità». Essa si basa sulla seconda, poiché per derivare un giudizio negativo per riduzione a una contraddizione dobbiamo già avere qualche giudizio, ma è allo stesso tempo più ampia della seconda. 4. Il primo assioma hilbertiano della negazione («ogni cosa segue dal falso») fa la sua comparsa solo col sorgere della logica simbolica, cosa che vale, incidentalmente, anche per il primo assioma dell'implicazione. Ma mentre il primo assioma dell'implicazione discende con evidenza intuitiva da una corretta interpretazione dell'idea di implicazione logica, l'assioma ora considerato non ha né può avere alcun fondamento intuitivo poiché asserisce qualcosa sulle conseguenze di una cosa impossibile: «noi dobbiamo accettare se l'enunciato vero è considerato falso ». Quindi il primo assioma hilbertiano della negazione non può essere un assioma della logica intuizionista dei giudizi, qualunque sia l'interpretazione della negazione da cui si parte.[à ] 5. Il secondo assioma hilbertiano della negazione esprime il principio del terzo escluso. Esso viene espresso nella forma in cui è usato nelle derivazioni: se segue sia da che da F, allora è vero.[à ] Chiaramente, dalla prima interpretazione della negazione (cioè, interdizione di considerare vero il giudizio) è impossibile ottenere la certezza della verità del principio del terzo escluso: incidentamente, un tale tentativo non è stato mai compiuto. 139 Di conseguenza, per giustificare il principio dobbiamo considerare la struttura del giudizio, la relazione del predicato al soggetto. Anche nel semplicissimo caso di un giudizio del tipo «tutti gli ( sono ) » entrano inevitabilmente in gioco le relazioni di tutti i possibili ( (il cui numero può essere infinito) con il predicato ) . Brouwer ha mostrato che, proprio per questa ragione, nel caso di tali enunciati transfiniti il principio del terzo escluso non può essere considerato evidente. 6. Quindi, dal punto di vista intuizionista, nessuno dei due assiomi hilbertiani della negazione può essere assunto come assioma della logica generale dei giudizi. Noi presentiamo qui il seguente assioma, che chiameremo principio di contraddizione: ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ F ³ ¦ F³ Il suo significato è: se da segue sia la verità che la falsità di un giudizio , allora è lo stesso a essere falso. [à ] La verità dell'assioma proposto segue dalla interpretazione più semplice della negazione (interdizione di considerare vero un giudizio) e non dipende dalla considerazione del contenuto dei giudizi. Chiamerò il sistema dei cinque assiomi (i quattro assiomi dell'implicazione e l'assioma della negazione sopra adottato). Non conosciamo alcuna formula della logica generale dei giudizi che applicata a giudizi arbitrari possegga evidenza, ma non sia dimostrabile a partire da tale sistema. Nondimeno, la questione se tale sistema sia un sistema completo per la logica generale intuizionista dei giudizi resta aperto. 7. Benché (come si è visto) il principio del terzo escluso non possa essere considerato un assioma della logica generale dei giudizi, esso ha validità in quell'ambito limitato dei giudizi che Brouwer chiama finitari. Non indagheremo qui la delimitazione dell'ambito dei giudizi finitari: tale compito non è facile come potrebbe sembrare. Ci limitiamo quindi a riconoscere che di fatto un tale ambito esiste. Oltre al principio del terzo escluso, nell'ambito del finitario ha validità anche quello della doppia negazione, espresso simbolicamente da: FF ¦ . È ovvio che tutti i cinque assiomi della logica generale dei giudizi (il sistema ) sono validi anche nell'ambito del finitario. Chiameremo il sistema d'assiomi costituito dagli assiomi di e dall'assioma della doppia negazione. è equivalente al sistema di Hilbert. 140 15. Valery Ivanovich Glivenko [1897-1940] Sur la logique de M. Brouwer [1928] «[à ] Ci si sforza talora, come hanno fatto Barzin ed Errera, di interpretare il contenuto della logica brouweriana introducendo la nozione di proposizioni terze, ossia di proposizioni che non sono né vere né false. Io dimostrerò che l'introduzione nella logica brouweriana di proposizioni terze è altrettanto illegittima quanto lo è nella logica classica di modo che la logica brouweriana non è affatto una logica tripartita. Richiamiamo dapprima i principi noti della logica. [à ] I. ¦ II. ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ III. w ¦ IV. w ¦ V. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ w ³³ VII. ¦ v VI. ¦ v VIII. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² v ¦ ³ IX. ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ F³ ¦ F³ X. F v . [à ] Dai principi I-IX se ne possono dedurre altri due, detti principi di opposizione, che ci saranno utili in seguito: XI. ² ¦ F³ ¦ ² ¦ F³ XII. ² ¦ ³ ¦ ²F ¦ F³. La logica brouweriana rigetta il principio X ossia la verità della proposizione F v . Quanto ai principi I-IX e XI-XII essi non subiscono la critica brouweriana. Teorema. Nella logica brouweriana la proposizione “la proposizione F v è falsa” è falsa (Brouwer 1925). F²F v ³ [à ] Teorema. Nella logica brouweriana la falsità della falsità della falsità della proposizione implica la falsità della proposizione (Brouwer 1925). FFF ¦ F [à ]. Teorema. Nella logica brouweriana la proposizione “la proposizione F v implica la falsità della proposizione ” implica fa!à della proposizione À [²F v ¦ F³ ¦ F ]. Teorema. Nella logica brouweriana la proposizione “una proposizione è terza” è falsa». Sia Z è ‘ è terza’ e si assuma: (1) F ¦ FZ ; (2) ¦ FZ . Allora, per VIII, ²F ¦ FZ ³ ¦ ²² ¦ FZ ³ ¦ ²F v ¦ FZ ³ e, per (1-2) e RS, ²F v ¦ FZ ³. Allora, per il teorema precedente e RS, FZ . 141 16. Valery Ivanovich Glivenko [1897-1940] Sur quelques points de la logique de M. Brouwer [1929] Glivenko comincia richiamando i precedenti risultati poi aggiunge: «Ora non è priva d'interesse la messa in evidenza di relazioni molto più generali che si presentano fra logica classica e quella di Brouwer. Si ha: 1° Se un certa espressione della logica delle proposizioni è dimostrabile in logica classica, è la falsità della falsità di questa espressione che è dimostrabile nella logica brouweriana. ¬ 1 FF 2 2° Se la falsità di una certa espressione della logica delle proposizioni è dimostrabile in logica classica, questa stessa falsità è dimostrabile nella logica brouweriana. F ¬ 1 F ». 2 Alla dimostrazione Glivenko premette una discussione degli assiomi. Agli assiomi I-IX del saggio precedente aggiunge, al fine di «gettare i fondamenti completi di un calcolo logico», gli assiomi A. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ² ¦ ³³ B. ² ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³ intuizionisticamente del tutto non problematici e poi, considerandoli come «conseguenze immediate del principio v F ¦ ² ¦ ³ la cui ammissibilità è ben evidente» i due principi C. ¦ ² ¦ ³ e D. F ¦ ² ¦ ³. La dimostrazione di 1° procede per induzione. Per gli assiomi basta applicare le legge intuizionista ¦ FF e ricordare che intuizionisticamente vale FF²F v ³. «Non ci resta da dimostrare che se ha luogo la falsità della falsità di certe espressioni, allora la stessa proprietà è posseduta dalle espressioni che da queste si deducono con l'ausilio delle due regole di formazione di catene logiche. Per quanto riguarda la regola di sostituzione ciò è evidente. La regola di conclusione espressa dallo schema Á ¦ richiede un po' più ¦ ³ d'attenzione. Si tratta di verificare lo schema FFÁ FF² ». Segue la FF dimostrazione. Per quanto riguarda 2°: se F , allora, per 1°, 1 FFF; ma per 2 la legge di Brouwer, FFF ¦ F e quindi 1 F. 142 17. Arend Heyting [1898-1980] Die formalen Regeln der intuitionistischen Logik [1930] «Vengono introdotti quattro concetti fondamentali e cioè: ¦ , v , «da segue » « oppure » w , F, « e » «non » [à µ La logica intuizionista differisce da quella classica già per il fatto che in essa nessuno di questi quattro concetti può venir definito per mezzo degli altri. I seguenti teoremi sono invero validi, ma i loro inversi sono tutti indimostrabili. F v ¦ ² ¦ ³ v ¦ ²F ¦ ³ v ¦ ²² ¦ ³ ¦ ³ ² ¦ ³ ¦ F² w F³ v ¦ F²F w F³ w ¦ F²F v F³ . La formula ¦ in generale significa: «se vale, vale anche ». Questa espressione ha già un significato se e sono proposizioni costanti sulla cui verità non c'è bisogno di sapere alcunché; se e contengono anche variabili, la formula dice all'incirca questo: «se per una determinata sostituzione delle variabili vale , per la stessa sostituzione vale anche ». Si può pensare al caso in cui, dopo che la proposizione ¦ è stata dimostrata nel senso indicato, risulti più tardi che è sempre vera. La formula ¦ , una volta accettata, deve poi rimanere valida; ciò significa che dobbiamo attribuire al segno ¦ un significato tale che ¦ continui a valere anche adesso. La stessa cosa va osservata per il caso che successivamente si mostri che è sempre falsa. Su tali basi sono accettate le formule ¦ ² ¦ ³ F ¦ ² ¦ ³ [à ] 143 Regole di operazione 1.1. Per indicare che una formula è messa nella lista delle «formule valide» le verrà preposto il segno . Se la formula è un assioma, cioè se viene ad arbitrio accettata come valida, lo si indicherà raddoppiando il segno . 1.2. Se e sono formule valide, anche w è una formula valida. 1.3. Se e ¦ sono formule valide, anche è una formula valida. 1.4. La formula «cost. » all'inizio di un paragrafo significa che il segno è una costante. Ogni segno che non venga introdotto in questo modo come costante è una variabile. Da una formula valida si ottiene ancora una formula valida quando si sostituisca ovunque e simultaneamente una variabile con un'altra combinazione di segni. [à ]. cost. ¦ Á w Á ²Á ³À ¦w ² ¦ ³ ¦ ² w ¦ w ³ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ cost. v À ¦v cost. FÀ ² ¦ ³ w ² ¦ F³ ¦ F w ¦w ¦ ² ¦ ³ w ² ¦ ³ ¦ v ¦v F ¦ ² ¦ ³ 144 18. Arend Heyting [1898-1980] Sur la logique intuitionniste [1932] «[à ] Per gli intuizionisti la matematica costituisce un grandioso edificio costruito dalla ragione umana. Forse farebbero meglio a evitare completamente la parola “esistere”; se tuttavia essi continuano a impiegarla, essa non saprebbe avere alcun altro senso che quello di “essere costruito dalla ragione”. §2. L'affermazione. Una proposizione [à ] esprime un problema o meglio ancora un'aspettativa che potrà essere realizzata o delusa. L'affermazione di ha nella logica classica il significato “ è vera”; questa “affermazione classica” designa un fatto di natura trascendente, che non quadra con le idee intuizioniste. [à ] Per soddisfare le esigenze intuizioniste, l'affermazione deve essere la constatazione di un fatto empirico e cioè della realizzazione dell'aspettativa espressa dalla proposizione . Ecco dunque l'affermazione brouweriana di : Si sa dimostrare . Noi l'indicheremo con . La parola ‘dimostrare’ va presa nel senso di ‘dimostrare mediante costruzione’. [à ] Osserviamo ancora che nella logica classica come in qualla intuizionistica, l'affermazione di una proposizione non è essa stessa una proposizione, ma la constatazione di un fatto. In logica classica è un fatto trascendente; in logica intuizionista un fatto empirico. §3. La negazione. Sia data una proposizione ; la negazione classica “ è falsa” non può servire nella logica intuizionistica per le stesse ragioni dell'affermazione; la si deve rimpiazzare con “ implica contraddizione”. Designamo tale “negazione brouweriana” non F; allora F è una nuova proposizione esprimente l'aspettativa di poter ridurre a una contraddizione; la negazione è una funzione logica F significherà: “si sa ridurre a una contraddizione”. Evidentemente fra e F c'è un terzo caso, quello in cui non si sa dimostarre né nè F. Si potrebbe designare questo caso con Z , ma bisogna rendersi bene conto che Z non sarà quasi mai un enunciato definitivo, poiché va tenuto conto della possibilità che la dimostrazione di o di F un giorno riesca. Se non si vuole rischiare di dover ritrattare ciò che si è detto non si dovrà enunciare assolutamente nulla nel caso Z . È così che si ottiene la logica concepita da Glivenko e che io ho sviluppato con maggiori dettagli in un recente articolo». 145 19. Andrej Nicholaevic Kolmogorov [1903-87] Zur Deutung der intuitionistischen Logik [1932] «Il presente lavoro può venir considerato da due punti di vista completamente diversi. 1. Se non si riconoscono i presupposti epistemologici dell'intuizionismo, interessa solo il primo paragrafo, i cui risultati si possono riassumere come segue. Accanto alla logica teoretica, che sistematizza gli schemi dimostrativi delle verità teoretiche, si possono sistematizzare gli schemi di soluzione di problemi, per esempio di costruzione geometrica. Per es., in corrispondenza al principio del sillogismo compare qui il seguente principio: Se possiamo ricondurre la soluzione di ad e quella di a , allora possiamo anche ricondurre la soluzione di a quella di . Si può introdurre un oppotuno simbolismo e dare le regole formali di computo per la costruzione simbolica di tali schemi di soluzione di problemi. Si ottiene così, accanto alla logica teoretica, un nuovo Calcolo dei problemi. Ciò facendo, non si ha alcun bisogno di ipotesi epistemologiche particolari, per esempio intuizionistiche. Vale allora il seguente notevole dato di fatto: Formalmente il calcolo dei problemi coincide con la logica intuizionistica di Brouwer recentemente formalizzata da Heyting. 2. Nel secondo paragrafo, si esamina criticamente la logica intuizionistica, sulla base dell'accettazione delle ipotesi generali intuizionistiche; si mostra che tale logica può venir sostituita dal calcolo dei problemi, poiché i suoi oggetti non sono in realtà proposizioni teoretiche ma piuttosto problemi. §1. [à ] I problemi vengono d'ora in avanti designati con lettere minuscole corsive Á Á Á à Se e sono problemi, w designa il problema “risolvere entrambi i problemi e ” mentre v designa il problema “risolvere almeno uno dei problemi e ”. Inoltre ¦ è il problema “supposto risolto il problema , risolvere ” o, ciò che fa lo stesso, “ricondurre la soluzione di a quella di ”. Noi non abbiamo precedentemente presupposto che ogni problema sia risolubile. [à ] Corrispondentemente, F indica il problema “supposta data la soluzione di ricavare una contraddizione”. [à ] 146 20. Kurt Gödel [1906-78] Zum intuitionistischen Aussagenkalkül (1932) In risposta a una questione posta da Hahn, per il sistema / del calcolo proposizionale intuizionista costruito da Heyting valgono i seguenti teoremi : 1. Non c'è nessuna realizzazione con un numero finito di elementi (valori di verità) per la quale tutte e sole le formule dimostrabili in / sono soddisfatte, cioè danno valori privilegiati per ogni sostituzione. 2. Tra / e il sistema ( del calcolo proposizionale usuale si trova un numero infinito di sistemi, cioè esiste una successione monotona decrescente di sistemi tali che ognuno di essi contiene / ed è contenuto in (. La dimostrazione segue dai fatti seguenti: sia - la formula '² © ³ per dove ' indica la disgiunzione v iterata e le sono variabili proposizionali. - è soddisfatta da ogni realizzazione con meno di elementi per cui siano soddisfatte tutte le formule dimostrabili in / . Infatti, in ogni sostituzione, in almeno uno dei sommandi di - , e saranno sostituiti da uno stesso elemento ; e ² © ³ v per arbitrario dà un valore privilegiato, dato che la formula² © ³ v è dimostrabile in / . Sia poi : la realizzazione seguente: elementi: ¸1,2,à Á ¹; elemento privilegiato: 1; v ~ ²Á ³; w ~ %²Á ³; ¦ ~ , per ; ¦ ~ , per ; F ~ £ ; F ~ . In tal caso sono soddisfatte da : tutte le formule di / e la formula -b così come tutte le - con indice maggiore, mentre - e tutte le - con indice minore non sono soddisfatte. Da ciò risulta in particolare che nessuna - è dimostrabile in / . Vale d'altronde in maniera affatto generale che una formula della forma ( v ) è dimostrabile in / soltanto nel caso in cui o ( o ) è dimostrabile in / . 147 21. Kurt Gödel [1906-78] Zur intuizionistischen Arithmetik und Zahlentheorie (1933) «Se si fanno corrispondere ai concetti primitivi del calcolo proposizionale intuizionista quelli del calcolo classico con la stessa notazione e alla ‘assurdità’ (F) la negazione (), allora il calcolo proposizionale intuizionista / appare come un sottosistema proprio dell'usuale (. Con un'altra corrispondenza (traduzione) dei concetti è però inversamente quello classico un sottosistema dell'intuizionistico. Vale infatti: ogni formula costruita solo con congiunzioni ( w ) e negazioni (F) e valida in ( è dimostrabile anche in / . Ogni formula siffatta deve invero avere la forma F( w F( w à w F( e se è valida in (, allora lo è anche ogni singola F( ; allora, per Glivenko [1929], F( è anche dimostrabile in / e quindi tale è anche la congiunzione delle F( . Ne segue: Se si traducono i concetti classici Á ¦ Á v Á h con i seguenti intuizionisti FÁ F² w F³Á F²F w F³Á w allora ogni formula classica è valida anche in / . Scopo della presente ricerca è di mostrare che qualcosa di simile vale anche per l'intera aritmetica e teoria dei numeri, nella misura in cui questa è data, per esempio, dagli assiomi di Herbrand. [Nota di Gödel: Il risultato ricavato da Glivenko [1929] per il calcolo proposizionale non si lascia estendere alla teoria dei numeri]» 148 22. Kurt Gödel [1906-78 ] Eine Interpretation des intuizionistischen Aussagenkalküls (1933) Si può interpretare il calcolo proposizionale di Heyting per mezzo dei concetti del calcolo proposizionale usuale e del concetto « è dimostrabile» (indicato con )) assumendo per quest'ultimo il seguente sistema di assiomi ¡: 1. ) ¦ 2. ) ¦ ²)² ¦ ³ ¦ )³ 3. ) ¦ )). Oltre a ciò si devono assumere per i concetti ¦ Á FÁ w Á v gli assiomi e le regole di inferenza del calcolo proposizionale usuale, con in più la nuova regola di inferenza : da ( si può concludere )(. I concetti primitivi di Heyting si traducono in questo modo: F ¦ v w F) ) ¦ ) ) v ) w Con gli stessi risultati si potrebbero anche tradurre F con )F) e w con ) w ) . La traduzione di una qualsiasi formula valida nel sistema di Heyting segue da ¡, mentre non segue da ¡ la traduzione di v F e in generale di nessuna formula della forma )7 v )8 per la quale non sia già dimostrabile, a partire da ¡, )7 oppure )8. Presumibilmente una formula vale nel calcolo di Heyting se e solo se la sua traduzione è dimostrabile a partire da ¡. II sistema ¡ è equivalente al sistema dell'implicazione stretta di Lewis quando ) venga tradotto con 5 e il sistema di Lewis venga esteso con il seguente assioma aggiuntivo di Becker 5 5 5 À Bisogna notare che per il concetto «dimostrabile in un determinato sistema formale : » non valgono tutte le formule dimostrabili a partire da ¡. Per esempio per questo concetto non vale mai )²) ¦ ³, cioè non vale per nessun sistema : che contenga l'aritmetica. Infatti in caso contrario sarebbe dimostrabile in : per esempio )² £ ³ ¦ £ e Quindi anche anche F)² £ ³, cioè la consistenza di : sarebbe dimostrabile in : . 149 23. Ingebrigt Johansson [1904-87] Der Minimalkalkül, ein reduzierter intuitionistischer Formalismus [1937] «Fra gli assiomi logici posti da A. Heyting per la derivazione delle regole formali della logica intuizionistica ve ne sono due che destano sorpresa. ¦ ² ¦ ³ F ¦ ² ¦ ³ Il senso di questi assiomi è naturalmente solo che relazione di conseguenza ha nel calcolo un significato un po' diverso da quello che essa ha nell'uso corrente. Invero, si può scrivere ¦ nei tre casi seguenti: 1. Quando viene riconosciuto come conseguenza logica di . 2. Quando è riconosciuto come giusto. 3. Quando è riconosciuto come falso (assurdo). Con il secondo caso ci si può facilmente conciliare; il terzo, invece (che segue dal secondo assioma), significa un amplimento difficilmente calcolabile del concetto di conseguenza. Varrà la pena di indagare se lo si può evitare. V. Glivenko li difende entrambi in quanto seguono da (1) ²F v ³ ¦ ² ¦ ³ ed egli considera evidente questa formula. È però proprio la stessa formula che C. I. Lewis rigetta nel suo ‘calcolo dell'implicazione stretta’. Questi però ammette invece l'inverso (2) ² ¦ ³ ¦ ²F v ³, in quanto si muove per il resto nella visione classica. Nel calcolo classico valgono sia (1) che (2); in quello intuizionistico (1) vale, non però (2); e nel ‘calcolo dell'implicazione stretta’ vale (2) ma non (1). Nel calcolo minimale trattato in questo lavoro non valgono né (1) nè (2). [à ] Il calcolo minimale differisce da quello istituito da Heyting soltanto per il fatto che in esso manca il secondo assioma. È sorprendente quanto pochi teoremi vengano così a cadere». 150 24. Jan Lukasiewicz [1878-1956] Lezione di congedo (7.3.1918, in partenza per diventare Ministro) «[à ] Ho dichiarato una guerra spirituale contro ogni coercizione che restringa la libera attività creatrice dell'uomo. Ci sono due tipi di coercizione. L'una è fisica, e si manifesta o come forza esterna che blocca la libertà di movimento o come impotenza interiore che rende incapaci di qualsiasi azione. Possiamo liberarci da tale coercizione. Tendendo i nostri muscoli possiamo spezzare le catene ed esercitando la nostra volontà possiamo vincere l'inerzia del corpo. E quando ogni misura fallisce, c'è ancora, come grande liberatrice, la morte. L'altro tipo di coercizione è logico. Dobbiamo accettare principi autoevidenti e i teoremi che ne risultano. Tale coercizione è più forte di quella fisica; non c'è speranza di liberazione. Nessuna forza fisica o intellettuale può sconfiggere i principi della logica e della matematica. Questa coercizione cominciò con la nascita della logica aristotelica e della geometria euclidea. Ne nacque il concetto di scienza come sistema di principi e teoremi collegati da relazioni logiche. Il concetto è venuto dalla Grecia e ha regnato sovrano. L'universo fu concepito secondo il modello di un sistema scientifico: gli eventi e i fenomeni sono interconnessi da rapporti causali e seguono l'uno dall'altro come i teoremi di una teoria scientifica. Tutto ciò che esiste è soggetto a leggi universali. Nell'universo così concepito non c'è posto per un atto creativo risultante, non da una legge, ma da un impulso spontaneo. Anche gli impulsi sono soggetti a leggi, scaturiscono da necessità è possono essere previsti da un essere onnisciente. Prima che io venissi al mondo le mie azioni erano state previste fin nei dettagli più minuti. Quest'idea ha pervaso anche la vita pratica. [à ] La mente creativa si rivolta contro questo concetto di scienza, di universo, di vita. Una individuo audace, conscio del proprio valore, non vuole essere solo un anello di una catena di cause ed effetti ma desidera influenzare lui stesso il corso degli eventi. Questo è sempre stato lo sfondo dell'opposizione fra arte e scienza. Gli artisti sono lontani dai problemi scientifici e non avvertono coercizione logica. Ma uno scienziato, cosa può fare? Può scegliere fra due vie: sprofondare nello scetticismo e abbandonare la ricerca o venire alle prese con il concetto di scienza basato sulla logica aristotelica. Io ho scelto la seconda via. [à ] Nello sforzo per trasformare il concetto di scienza basato sulla logica aristotelica ho dovuto forgiare armi più forti di quella logica. Fu la logica simbolica a divenire per me una tale arma. 151 Ho esaminato i grandi sistemi filosofici proclamanti, alla luce di quella logica, la causalità universale dei fenomeni. Accertai che tutti essi, non escluso il criticismo kantiano, si riducono in nulla, se sottoposti a criticismo logico. Diventano una collezione di idee slegate, talora brillanti, ma prive di valore scientifico. Non costituiscono alcuna minaccia per la libertà. Le scienze empiriche pervengono a leggi generali attraverso ragionamenti induttivi. Ho esaminato la struttura logica delle conclusioni induttive. Sono partito dalle ricerche compiute da Jevons e Sigwart e ho cercato di dimostrare che l'induzione è un ragionamento riduttivo che cerca ragioni di date conseguenze. Un tale ragionamento non dà mai risultati affidabili, ma solo ipotesi. Così anche qui la coercizione logica cessa di operare. Essendo ipotesi, le leggi e le teorie delle scienze naturali non sono riproduzioni di fatti, ma prodotti creativi del pensiero umano. Vanno paragonati non a una fotografia, ma al quadro dipinto da un pittore. Lo stesso paesaggio può venir interpretato in modi diversi in opere di artisti diversi; analogamente, teorie diverse possono servire a spiegare gli stessi fenomeni. In ciò vidi per la prima volta una vicinanza fra il lavoro scientifico e quello artistico. La coercizione logica si manifesta nel modo più forte nella scienze a priori. [à ] Nel 1910 pubblicai un libro sul principio di contraddizione nell'opera aristotelica in cui mi sforzai di dimostrare che quel principio non è così autoevidente come si ritiene che sia. Tentai persino di costruire una logica non-aristotelica; ma invano. Ora credo di esserci riuscito. La via mi fu indicata dalla antinomie che provano che nella logica aristotelica c'è una lacuna. Il colmare quella lacuna mi portò a una trasformazione dei principi tradizionali della logica. [à ] Ho dimostrato che oltre alle proposizioni vere e false ci sono proposizioni possibili, alle quali corrisponde come terza, in aggiunta all'essere e al nonessere, la possibilità oggettiva. Ciò ha dato origine a un sistema di logica trivalente che ho elaborato in dettaglio nella scorsa estate. Tale sistema è coerente e autoconsistente tanto quanto la logica aristotelica ed è assai più ricco di leggi e di formule. Questa nuova logica, introducendo il concetto di possibilità oggettiva distrugge il precedente concetto di scienza basato sulla necessità. I fenomeni possibili non hanno causa, benché possano essere essi l'inizio di una catena causale. Un atto di un individuo creativo può essere libero e insieme influenzare il corso del mondo. La possibilità di costruire sistemi logici diversi mostra che la logica non è ristretta alla riproduzione di fatti ma è, al pari di un'opera d'arte, un libero prodotto dell'uomo. La coercizione logica svanisce alla sua stessa fonte. [à ] 152 La prima presentazione della logica trivalente di Lukasiewicz [L ] fu data in : O logice trójwarto.ciowej (1920) . In presentazione attuale: Alfabeto primitivo: ¸ ¹  FÁ ¦  ²Á ³À F Quindi: ¦ Definizioni v ² ¦ ³ ¦ w F²F v F³ © ² ¦ ³ w ² ¦ ³ w v © è legge logica di L sse, per ogni assegnazione, il valore di è Il valore era pensato come possibilità 153 25. Emile Post [1897-1954] Introduction to a General Theory à Sistemi di verità a -valori 11. Il sistema ²FÁ v ³ generalizzato. [à ] Ora presentiamo una nuova classe di sistemi, distinta dai sistemi a due valori della logica simbolica [à ]. In tali sistemi, invece dei due valori di verita + e c abbiamo «valori di verità» distinti ! Á ! Á à Á ! , dove è un intero positivo. Una funzione di ordine avrà ora configurazioni nella sua tavola di verità di modo che ci saranno tavole di verità di ordine . Chiamando completo un sistema che possiede tutte le possibili tavole di verità, dimostriamo adesso che le seguenti due tavole generano un sistema completo. v F ! ! ! ! ! à à à ! ! ! ! ! à à à à à ! ! ! ! ! à à à ! ! ! Vediamo che F , la generalizzazione di F, permuta ciclicamente i valori di verità, mentre v , la generalizzazione di v , assume il più alto tra i due valori di verità (NB. il valore di verità più alto ha qui l'indice minore)». [Post mostra come costruire la tavola di ogni funzione unaria.] c «Costruiamo ora una funzione per la tavola F e definia! ! ! !c à à ! ! c v c mo w c F ²F F ³ che è la generalizzazione di w e ha il minore tra i due valori di verità dei suoi argomenti». [Post mostra quindi come costruire la tavola di ogni funzione]. 154 26. J. Lukasiewicz, A. Tarski Untersuchungen à «3. SISTEMI POLIVALENTI DEL CALCOLO PROPOSIZIONALE Oltre al sistema ordinario del calcolo proposizionale esistono numerosi altri sistemi di questo calcolo che meritano di essere studiati. Ciò fu posto in rilievo per la prima volta da Lukasiewicz che evidenziò anche una classe particolarmente importante di tali sistemi [1922]. I sistemi fondati da Lukasiewicz saranno qui chiamati «sistemi a valori» del calcolo proposizionale e indicati col simbolo ‘3 ’ (dove è un numero naturale o ~ L ). Tali sistemi possono essere definiti col metodo matriciale nel seguente modo: Definizione 7. Il sistema a -valori L del calcolo proposizionale (dove è un numero naturale o ~ L ) è l'insieme di tutte le proposizioni soddisfatte dalla matrice ~ ´(Á )Á Á µ dove, per ~ , l'insieme ( è vuoto, per L , ( consiste di tutte le frazioni della forma c con c , e per ~ L , ( consiste di tutte le frazioni della forma con , inoltre l'insieme ) è ¸1¹ e le funzioni e sono definite dalle formule: ²%Á &³ ~ ²Á c % b &³Á ²%³ ~ % c . Come ha mostrato Lindenbaum, il sistema 3L non risulta modificato se, nella definizione del sistema, l'insieme ( di tutte le frazioni proprie viene sostituito da un altro sottoinsieme infinito dell'intervallo Á : [à ] Dalla definizione 7 si ottengono facilmente i seguenti risultati stabiliti da Lukasiewicz: Teorema 17. (a) 3 ~ :Á 3 ~ 3; (b) se L , L e c è un divisore di c , allora 3 3; (c) 3L ~ 3 À L Teorema 18. Tutti i sistemi 3 con L sono consistenti ma non completi [à ]. L'inverso del teorema 17 è stato dimostrato da Lindenbaum: 155 Teorema 19. Per L , L si ha 3 3 se e solo se c è un divisore di c . Il teorema 17(c) è stato rafforzato da Tarski mediante il teorema 16: Teorema 20. 3L ~ 3 per ogni successione crescente di di L numeri naturali. [à ] Per l'assiomatizzabilità dei sistemi 3 , vale il seguente teorema dimostrato prima da Wajsberg [1927] per ~ e per ogni tale che c sia primo e poi esteso da Lindenbaum a tutti i naturali: Teorema 22. Per ogni , L , Ln è assiomatizzabile. La dimostrazione effettiva del teorema consente di dare una base per ogni sistema 3 con L À In particolare Wajsberg ha stabilito: Teorema 23. L'insieme ? formato dalle proposizioni ¦ ² ¦ ³ ‘CC’, ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ‘CC CCC’ ²F ¦ F³ ¦ ² ¦ ³ ‘CCNN C’ ²² ¦ F³ ¦ ³ ¦ ‘CCCN’ costituisce una base per 3 . [à ] Teorema 25. Ogni sistema 3 , per L , possiede, per ogni numero naturale (e in particolare per ~ ), una base che ha esattamente elementi. Teorema 26. In ogni base (e in generale in ogni sistema di assiomi) del sistema 3 occorrono almeno tre distinte variabili proposizionali. II problema dell'assiomatizzabilità del sistema 3L non è stato ancora risolto. Lukasiewicz ha formulato l'ipotesi che il sistema sia assiomatizzabile e che una sua base sia data dall'insieme indipendente formato dalle seguenti proposizioni ¦ ² ¦ ³ ‘CC’, ² ¦ ³ ¦ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³ ‘CC CCC’ 4² ¦ ³ ¦ 5 ¦ 4² ¦ ³ ¦ 5 ‘CCC CC’ ²² ¦ ³ ¦ ² ¦ ³³ ¦ ² ¦ ³ ‘CCC CC’ ‘CCNN C’ ²F ¦ F³ ¦ ² ¦ ³». NB. L'ipotesi è vera: M. Wajsberg [1935, dimostrazione mai pubblicata]; A. Rose & J. B. Rosser [1958]; C. C. Chang [1958]. Il ° assioma è superfluo: C. A. Meredith [1958]; C. C. Chang [1958]. 156 27. Stephen Cole Kleene [1909-94] A notation for ordinal Numbers (1938) «Per ogni funzione ricorsiva parziale ²%³ e ²³ e ogni relazione ricorsiva parziale 9²%³, la funzione ²²³³ e la relazione 9²²³³ sono ricorsive parziali, (altrettanto quando o 9 hanno più argomenti). [à ] Per ogni relazione ricorsiva parziale 9²Á &³ la funzione &9²Á &³ è ricorsiva parziale [à ]. Date le relazioni parziali (²³ e )²³ che possono essere indefinite per qualche valore di intepreteremo F(²³Á (²³ v )²³Á (²³ w )²³Á (²³ ¦ )²³Á (²³ © )²³ come segue. F( (v) ( ! " ! " ( ) ! " (¦) ( ) ! " ! ! " ! ! ! ! ! ! ! ! " (w) " ! " " ( ) ! " ! ! " " " " (©) " ! " " ( ) ! " ! ! " ! " " " " " " ¢ undefined ! ¢ true ¢ false (Non valgono tutte le equivalenze del calcolo proposizionale classico). Se (²³ e )²³ sono ricorsive parziali, le relazioni composte sono ricorsive parziali». 157 Le più celebri logiche trivalenti L [J. Lukasiewicz (1920)] v ¦ F 7 [E. Post (1920)] w v ¦ F . [K. Gödel (1932)] w v ¦ 2 [S. C. Kleene (1938)] w v ¦ ) [D. A. Bocvar (1939)] w v ¦ F F F w 158 28. Charles Irving Lewis [1883-1964] A Survey of Symbolic Logic [1918] «Cap. V. Il sistema dell'implicazione stretta. I sistemi discussi nell'ultimo capitolo erano tutti basati sull'implicazione materiale, dove ¦ significa esattamente “ è vero e è falso è un'asserzione falsa”. [à ] questo non è il significato usuale di “implica”. La sua divergenza dall'“implica” dell'inferenza usuale si mostra in teoremi come “Una proposizione falsa implica ogni proposizione” e “Una proposizione vera” è implicata da ogni proposizione. Il presente capitolo intende presentare i lineamenti di un calcolo delle proposizioni che è basato su un significato di “implica” affatto diverso e più in accordo con gli usi abituali di quella relazione nell' inferenza e nella dimostrazione. Lo chiameremo il sistema dell'Implicazione stretta. [à ] Le idee fondamentali del sistema sono [à ]: 1. Proposizioni: Á Á Á ecc. 2. Negazione: c , che significa “ è falsa”. 3. Impossibilità: , che significa “ è impossibile”, o “È impossibile che sia vera”. 4. Prodotto logico: w , che significa “entrambe e ”, o “ è vera e è vera”. 5. Equivalenza: ~ , la relazione di definizione. I sistemi sinora sviluppati, a parte quelli di MacColl, hanno solo due valori di verità “vero” e “falso”. L'aggiunta dell'idea di impossibilità ci dà cinque valori di verità, che sono tutti idee logiche familiari: (1) , “ è vera”. (2) c , “ è falsa”. (3) , “ è impossibile”. (4) c , “È falso che sia impossibile”, (“ è possibile”) (5) c , “È impossibile che sia falsa”, (“ è necessariamente vera”). [à ] Le relazioni diadiche fra proposizioni possono venir definite in termini di questi valori di verità e del prodotto logico w : k ~ c ² w ³. 1-01) Consistenza. Def. ~ ² w c ³. 1-02) Implicazione stretta. Def. 1-03) Implicazione materiale. ¦ ~ c ² w c ³. Def. i ~ ² c w c ³. Def. 1-04) Somma logica stretta. ~ c ² w c ³. 1-05) Somma logica materiale. v Def. ² ~ ³ ~ ² ³ w ² ³. Def. 1-06) Equivalenza stretta. 159 Nella Symbolic Logic (1932) , C. I. Lewis e Cooper H. Langford introdussero cinque sistemi di implicazione stretta le cui denominazioni ‘S1’-‘S5’ sono diventate standard. I sistemi sono costituiti tutti sullo stesso linguaggio, hanno le stesse definizioni e le stesse regole di inferenza. Alfabeto primitivo: Á Á Á à  w Á FÁ Definizioni: Implicazione stretta. F j ² w F³ Equivalenza stretta. ~ ² ³ w ² ³ Regole di inferenza: Assiomi: j. S1 S2 S3 S4 S5 ´° µ Rimpiazzamento di equivalenti stretti ~Á ´°° µ Aggiunzione Á w Separazione stretta Á Sostituzione ² w ³ ² w ³ ² w ³ ² w ³ ²² w ³ w ³ ² w ² w ³³ ²² ³ w ² ³³ ² ³ ² w ² ³³ [ FF; superfluo (McKinsey, 1934)] ~ S1 b j ² w ³ j ~ S1 b ² ³ ²F j F j ³ ~ S1 b j j j ~ S1 b j F j F j Gli assiomi j j j e j F j F j furono avanzati da Oskar Becker [1889-1964] in Zur Logik der Modalitäten (1930) . 160 IIIB. LA LOGICA COME TEORIA DELLE INFERENZE VALIDE: L'IDEA DI ‘SEQUENZA’ 161 1. Megarico-Stoici Gli argomenti [lÒgoi] e i loro modi [trÒpoi] Un argomento [lÒgoj] è un complesso [sÚsthma] di premesse [l»mmata] e conclusione [™pifor£] (a volte si distingue fra premesse maggiori [tropik£, ¹gemonik£] e minori [proslambanÒmena, prosl»yeij]) Á à Á ¬ le nostre virgole : sundesmoˆ proslhptiko… la nostra ¬ : sundesmÕj ™piforikÒj Un modo è una forma [scÁma] di argomento; era presentato mediante ordinali. Un argomodo [logÒtropoj] contiene proposizioni e numeri. Es.1: se il primo allora il secondo, ma il primo; dunque il secondo. Es.2: se è giorno allora è chiaro, ma il primo; dunque il secondo. Un argomento è disposto [t£ttesqai] o è richiesto [™rwt©sqai o sunerwq©sqai] in un modo. Classificazione degli argomenti rispetto alla conclusività (DL VII 78) ~ indimostrabili [¢napÒdeiktoi] ~ sillogistici riconducibili [¢nagÒmenoi] [ sullogistiko… ] tramite regole ~ [qšmata] concludenti [perantiko…] specificamente [e„dikîj] inconcludenti [¢pšrantoi] (DL VII 78) Argomenti specificamente concludenti sono quelli con- cludenti ma non sillogistici. Es.: ‘È giorno ed è notte è falso, ma è giorno; quindi non è notte’ 162 Argomenti concludenti DL VII 77: «Un argomento è concludente quando l'opposto della sua conclusione [tÕ ¢ntike…menon tÁj ™pifor©j] non confligge [oÙ m£cetai] con la congiunzione delle sue premesse [tÍ di¦ tîn lhmm£twn sumplokÍ]». DL VII 73: «Un condizionale è vero [¢lhqšj] quando l'opposto del suo conseguente [tÕ ¢ntike…menon toà l»gontoj] non confligge [oÙ m£cetai] con il suo antecedente [tù ¹goumšnJ]». HP B 137: «Degli argomenti, gli uni sono corretti [sunaktiko…], gli altri scorretti [¢sÚnaktoi]; e corretti lo sono quando il condizionale che comincia dalla congiunzione delle premesse dell'argomento [tÕ sunhmmšnon tÕ ¢rcÒmenon ¢pÕ toà di¦ tîn toà lÒgou lhmm£twn sumpeplegmšnou] e il cui conseguente è la conclusione dello stesso [lÁgon e„j t¾n ™pifwr¦n aÙtoà] è vero [Øgišj]». Quindi: Un argomento è concludente quando il condizionale avente come antecedente la congiunzione delle sue premesse e come conseguente la sua conclusione è vero. Á à Á ¬ se e solo se ` w à w ¦ Gli indimostrabili [¢napÒdeiktoi] 1. 2. 3. 4. 5. ¦ Á ¬ ¦ Á ¬ F² w ³Á ¬ © O Á ¬ © O Á ¬ NB. Di fatto i tre ultimi ci dicono che cosa si può ricavare da una delle tre possibili disgiunzioni con l'aiuto di un'informazione aggiuntiva su uno dei dei disgiunti § Á ¬ § Á ¬ \ © O Á ¬ © O Á ¬ v Á ¬ © O Á ¬ \ 163 Le regole [qšmata] La prima è nota: (Pseudo?)Apuleio, in De interpretatione, 3, XII p. 191,5-25. «est et altera probatio communis omnium, etiam indemonstrabilium, quae dicitur per impossibile appellaturque a Stoicis prima constitutio vel primum expositum, quod sic definiunt: “Si ex duobus tertium quid colligitur, alterum eorum cum contrario illationis colligit contrarium reliquo”». si ex duobus ´Á µ tertium quid ´ µ colligitur ´ ¬ µ Á ¬ Á ¬ Á ¬ RI ´µ alterum eorum ´ µ cum contrario illationis ´µ colligit ´ ¬ µ ´ µ contrarium reliquo ´µ La seconda e la quarta non ci sono esplicitamente testimoniate. Ipotesi (Frede-Crivelli): La seconda regola La quarta regola ¬w ¬ Á Á ¬ Á ¬ RII RIV 164 La terza regola (Simplicio, De Coelo, SVF II, 256) «[à ] si compie secondo la cosiddetta terza regola degli Stoici la cui formulazione secondo gli antichi è la seguente: se da due [proposizioni] se ne inferisce una terza e da quella inferita assieme a qualche esterna se ne inferisce una, anche dalle prime due e da quella esterna aggiunta si inferirà la stessa» [« [à ] kat¦ tÕ tr…ton legÒmenon par¦ to‹j Stwiko‹j pera…netai oá lÒgoj kat¦ toÝj palaioÝj toioàtoj: ™¦n ™k due‹n tr…ton ti sun£ghtai, tÕ de sunagÒmenon met'¥llou tinÕj œxwqen sun£gV ti, kaˆ ™k tîn prètwn due‹n kaˆ toà œxwqen proslhfqšntoj sunacq»setai tÕ aÙtÒ]» Se [™¦n] (dal)la conclusione ´ µ [tÕ de sunagÒmenon] da due ´Á µ [™k due‹n] si inferisce ´ ¬ µ e [sun£ghtai] con una qualch'altra esterna [met'¥llou tinÕj œxwqen] ´ µ una terza ´ µ (se ne) inferisce ´ ¬ µ una ´µ [tr…ton ti] [sun£gV ti] Á ¬ Á ¬ (allora) anche [kaˆ] anche dalle due prime ´Á µ e da quella esterna aggiunta ´ µ [™k tîn prètwn due‹n kaˆ toà œxwqen proslhfqšntoj] si inferirà ´ ¬ µ la stessa ´µ sunacq»setai tÕ aÙtÒ Á Á ¬ Cioè: Á ¬ Á ¬ RIII Á Á ¬ 165 Esempi di analisi 1) SE AM 234-5: «[234] [à ] argomento che Enesidemo proponeva a proposito del segno e che suona così: “Se le cose apparenti appaiono allo stesso modo a quelli che si trovano in condizioni simili, e se i segni sono cose apparenti, allora i segni appaiono allo stesso modo a quanti si trovano in condizioni simili; ma le cose apparenti appaiono allo stesso modo a quanti si trovano in condizioni simili; i segni, invece, non appaiono allo stesso modo a tutti quelli che si trovano in condizioni simili; dunque i segni non sono cose apparenti”. Un tale argomento risulta composto dal secondo e dal terzo indimostrabile, come si ricava dall'analisi che diverrà più chiara quando se ne affidi la spiegazione al modo, che è il seguente: se il primo e il secondo, il terzo; ma non il terzo e però il primo; dunque non il secondo» w ¦ Á F Á ¬ F 2 3 w ¦ Á F ¬ F² w ³ F² w ³Á ¬ F RIII w ¦ Á F Á ¬ F 2) SE AM 230: «Se è giorno allora (se è giorno, allora è chiaro), ma è giorno, dunque è chiaro» ¦ ² ¦ ³Á ¬ 1 1 ¦ ² ¦ ³Á ¬ ¦ ¦ Á ¬ ¦ ² ¦ ³Á Á ¬ ¦ ² ¦ ³Á ¬ RIII RIV 166 3) Origene, Contra Celsum, VII 15: «Se sai che sei morto, sei morto, se sai che sei morto non sei morto; dunque non sai che sei morto» ¦ Á ¦ F ¬ F 1 ¦ F Á ¬ F 1 ¦ Á ¬ Á ¬ F² ¦ F ³ ¦ Á Á ¬ F² ¦ F ³ ¦ Á ¬ F² ¦ F ³ ¦ Á ¦ F ¬ F RI RIII RIV RI 4) SE HP A 69-70: «Secondo Crisippo poi che particolarmente si batte in difesa degli animali ¥logoi, anche il cane partecipa della tanto celebrata dialettica. Dice dunque costui che esso si appoggia a ripetute applicazioni del quinto indimostrato quando giunto ad un trivio ed annusate due vie per le quali non passò la fiera infila direttamente la terza senza annusare. Il vecchio filosofo dice che esso si comporta come se ragionasse: ‘la fiera o è passata per di qua o per di là o per quell'altra parte. Ma non per di qua; non per di là; dunque per quest'altra parte’». v v Á FÁ F ¬ 5 5 v v Á F ¬ v v Á F ¬ RIII v v Á FÁ F ¬ 167 Argomenti inconcludenti ~ per sconnessione [kat¦ di£rthsin] per ridondanza argomento inconcludente [¢pšrantoj lÒgoj] [kat¦ parolk»n] per formulazione in schema fallace [kat¦ tÕ ™n mocqhrù ºrwtÁsqai sc»mati] per deficienza [kat¦ œlleiyin] Esempi Per sconnessione. 1. Se è giorno, è chiaro; ma sul mercato si vende il grano; dunque è chiaro. 2. Se è giorno è chiaro; ma è giorno; dunque Dione passeggia. 3. Se è giorno, è chiaro; ma sul mercato si vende il grano; dunque Dione passeggia. Per ridondanza. 1. Se è giorno è chiaro; ma è giorno; ma anche la virtù è benefica; dunque è chiaro (NB. Rifiuto dell'attenuazione). Per formulazione in schema fallace. 1. Se è giorno è chiaro; ma non è giorno; dunque non è chiaro [la conclusione è falsa, quando, per esempio, vi sia una lucerna]. 2. Se ~ allora ~ ; ma non ~ ; dunque non ~ . [Questo argomento conclude il vero ma è formulato nello schema ¦ Á F ¬ F nel quale si possono dare argomenti che concludono il falso]. Per insufficienza. 1. O la ricchezza è un bene o è un male; ma la ricchezza non è un male; dunque la ricchezza è un bene [La premessa dovrebbe essere: O la ricchezza è un bene o essa è un male o essa è indifferente]. 168 Il sistema assiomatico stoico Assiomi 1. 2. 3. 4. 5. ¦ Á ¬ ¦ Á ¬ F² w ³Á ¬ O Á ¬ © O Á ¬ © Regole Á ¬ RI Á ¬ Á ¬ ¬w RII (?) ¬ Á ¬ Á ¬ RIII Á Á ¬ Á Á ¬ RIV (?) Á ¬ 169 2. Paul Hertz [1881-1940] Über Axiomensysteme für beliebige Satzsysteme [1929] pp. 460-1: «Pensiamo a un dominio [Bereich] finito o numerabile di complessi [Komplexe] elementi [Elemente]. [à ] Consideriamo di tali eleinsiemi menti, costituiti da un numero finito (anche singolare) di elementi, che chiamiamo antecedenti [Antezedentia]. Oggetto della considerazione sono ora coppie ordinate costituite da un antecedente e un elemento [Sukzedens] che, in quanto elemento della coppia, sia detto succedente conseguente . proposizioni [Sätze] sequenze . Denotiamo una sequenza scrivendo a sinistra del segno ¦ ¬ il simbolo dell'antecedente e " " à " ¦ # a destra quello del conseguente [à ] . !¬» Coppie siffatte le chiamiamo 3. Gerhard Gentzen [1909-45] Über die Existenz unabhängiger Axiomensysteme zu unendlichen Satzsysteme [1933] riprende e riassume varie proposte interpretative di Hertz: «Sotto questi elementi ci si possono per esempio rappresentare degli eventi e leggere la sequenza [“Satz”] così: Il verificarsi degli eventi " Á " Á à Á " condiziona il verificarsi di #. O si può concepire la sequenza anche così: Un dominio di elementi che contiene gli elementi " Á " Á à Á " contiene anche l'elemento #. O si possono anche pensare gli elementi come proprietà e interpretare la sequenza così: Una cosa con le proprietà " Á " Á à Á " ha anche la proprietà #. O come elementi ci si rappresenta “proposizioni” [Aussagen] nel senso del calcolo proposizionale e si legge la sequenza così: Se le proposizioni " Á " Á à Á " sono giuste, allora lo è anche la proposizione # ». in 170 Hertz, pp. 161-4: «[à ] Vogliamo ora considerare certi insiemi di tali sequenze che chiamiamo sistemi chiusi (di sequenze) [abgeschlossene Satzsysteme]. Con ciò intendiamo insiemi di sequenze tali che se contengono certe sequenze, allora ne contengono anche certe altre colVerknüpfungsregeln legate a quelle da certe regole di inferenza . [à ] Le regole di inferenza indicano come da certe sequenze, da chiamarsi premesse [Prämissen], se ne trova un'altra, la conclusione [Konklusion], che assieme a quelle costituisce un'inferenza [Schluß] [à ] intendiamo per inferenza una configurazione che è o un(a) Sillogismo [Syllogismus] inferenza immediata [unmittebarer Schluß] o un' e precisamente attenuazione multicesura chiamiamo 1. Multicesura una configurazione costituita da un numero finito di sequenze che può avere la forma ! ¬ Å ! ¬ "Á Á à Á ¬ "Á ! Á à Á ! ¬ 8 ! ¬  à  ! ¬  "Á Á à Á ¬ 9 "Á ! Á à Á ! ¬ Qui l'ultima sequenza è detta conclusione [Konklusion]; la penultima Obersatz Untersätze (premessa) maggiore ; tutte le altre (premesse) minori . [à ] Come si vede, gli elementi dei conseguenti delle minori devono essere tutti elementi dell'antecedente della maggiore. In quanto tali sono detti membri elementi principali [Hauptglieder]. Gli altri elementi eventualmente presenti nell'antecedente (cioè in ") della maggiore li diciamo accessori [akzessorisch] . [à ] laterali 171 2. Per attenuazione intendiamo una configurazione della forma !¬ "! ¬ dove ! e " sono entrambi finiti e contengono soltanto elementi appartenenti al dominio. [à ] Una sequenza tautologica è una sequenza della forma ¬ . [à ] Definiamo: per dimostrazione [Beweis] di una sequenza : da sequenze massime [oberste Sätze] un sistema di sequenze ¢ c dette della diassunzioni mostrazione c intendiamo una successione di inferenze l'ultima delle quali ha come conclusione ed è tale che ogni premessa è tautologica o appartiene a ¢ o coincide con una precedente conclusione. Una sequenza è detta dimostrabile da ¢ se esiste una sua dimostrazione da ¢. In una dimostrazione di una sequenza : chiamiamo eliminabile [entbehrlich] un'inferenza se, dopo il suo allontanamento, rimane ancora una dimostrazione di : . Una dimostrazione priva di inferenze eliminabili sia detta ridotta [reduziert]». Hertz introduce a questo punto, sotto il nome di sistemi inferenziali [Schlußsysteme], gli alberi dimostrativi e illustra la corrispondenza fra questi e le dimostrazioni (lineari). p. 465: «Definiamo: un sistema chiuso è un sistema di sequenze che contiene tutte le sequenze tautologiche costruibili con gli elementi del dominio ed è tale che ad esso appartiene la conclusione di ogni inferenza le cui premesse gli appartengano». 172 p. 473: «Per dimostrazione normale aristotelica vogliamo intendere una dimostrazione in cui tutte le premesse maggiori non tautologiche sono assunzioni e per dimostrazione goclenica una dimostrazione in cui tutte le premesse minori non tautologiche sono asssunzioni della dimostrazione. [à ] Si vede facilmente che per ogni dimostrazione normale aristotelica rispettivamente goclenica c'è un corrispondente albero dimostrativo in cui le maggiori, rispettivamente le minori sono assunzioni. Un tale albero lo chiamiamo albero normale aristotelico, rispettivamente goclenico». Hertz dimostra che: Ogni dimostrazione può venir trasformata sia in una dimostrazione normale aristotelica sia in una normale goclenica e inoltre che se ¢ è finito allora la dismostrabilità di una sequenza : da ¢ è decidibile. Le dimostrazioni di questi teoremi introducono tecniche che verranno poi sviluppate da Gentzen. Da notare che in questo contesto Hertz aveva già introdotto in Über Axiomensysteme für beliebige Satzsysteme Teil II: Sätze höheren Grades [1923] il concetto di sillogismo puro [reiner] ! ¬  à  ! ¬  Á à Á ¬ ! Á à Á ! ¬ e osservato che mediante l'aggiunta fra le premesse minori di tutte le sequenze tautologiche costruite con gli elementi di " ogni sillogismo può venir trasformato in un sillogismo puro. ¬  ¬ ¬  ¬  ¬ 8 9 ¬ ¬ 173 Dall'insieme ¸! ¬ Á ! ¬ Á ! ¬ Á ! ¬ ¹ si può dimostrare ! ! ! ! ¬ . Possibili dimostrazioni (senza attenuazioni) Aristotelica ! ¬ ! ¬ ! ! ¬ ! ¬ ! ! ! ¬ ! ¬ ! ! ! ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ! ¬ ! ! ¬ ! ! ! ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ! ¬ ! ! ! ¬ ! ¬ ! ! ! ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ! ! ¬ ! ! ! ! ¬ Goclenica ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ¬ ! ! ¬ ! ! ! ¬ ! ! ! ! ¬ 174 Paul Hertz Reichen die üblichen syllogistischen Regeln für das Schließen in der positiven Logik elementarer Sätze aus ? [1928] p. 272-4: «[à ] Ora Bernays ha osservato che queste regole sono state messe assieme in certo qual modo empiricamente e che manca la dimostrazione che altre non ne servono. Tale dimostrazione è l'oggetto della presente breve nota. [à ] Partiamo da un dominio di base contenente un numero finito di elementi e formiamo da questi delle sequenze. [à ] Di un dominio di elementi che appartengono a diciamo che soddisfa [genügt] una sequenza se o il suo conseguente è un elemento del dominio o non tutti gli elementi dell'antecedente appartengono a . [à ] Dato ora un sistema ¢ di sequenze, si può magari trovare una nuova sequenza : della quale possiamo sapere che è soddisfatta da ogni dominio che soddisfa ogni sequenza di ¢ . In questo caso diciamo che : è implicato [impliziert] da ¢ ». Hertz richiama a questo punto le sue regole (I e II) e il suo concetto di dimostrazione. p. 275: «Ora vogliamo mostrare che altre regole di inferenza non servono: Se tutti i domini che soddisfano un dato sistema di sequenze ¢ soddisfano una sequenza : , allora : si lascia dimostrare da mediante I e II». Segue la dimostrazione del ‘teorema di completezza’: Se ¢ implica : allora : è dimostrabile da partire da ¢ 175