Aprile def - Liceo ``E. Vittorini`
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Aprile def - Liceo ``E. Vittorini`
GORGIA POLIVALENTE FRANCOFONTE Il Giornale dell’Istituto “E. Vittorini” di Lentini (SR) Liceo scientifico - Liceo linguistico - Liceo delle Scienze Umane - Liceo Classico www.liceovittorini.net Aprile 2015 - N° 3 Il consiglio d’Egitto Mercoledì quattro marzo per gli alunni del liceo scientifico e del liceo classico è stata una giornata fuori dall’ordinario perché siamo andati a vedere, a “Città della notte”la rappresentazione teatrale de “Il consiglio d’Egitto” tratta dall’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia che narra la storia di un fracappellano che modifica e riinventa un testo arabo spacciandolo per “Il consiglio di Sicilia” e successivamente ne riscrive uno tutto suo intitolandolo “Il consiglio d’Egitto”. La nostra professoressa di lettere ci ha fornito il materiale necessario per poter studiare quest’opera e per essere pronti alla visione dello spettacolo. Le letture fatte ci hanno permesso di immaginare lo scenario e conoscere l’ambito sociale dove si sono svolti i fatti. Per completare la preparazione, lunedì due marzo abbiamo partecipato con interesse alla conferenza tenuta nella nostra scuola dal professore Sgroi che ci ha spiegato il motivo per cui Sciascia ha scritto quest’opera e ci ha fornito maggiori informazioni sulla vita e sui pensieri dell’autore. L’opera teatrale è stata interpretata da attori molto professionali che ci hanno fatto sia ridere che riflettere; lo spettacolo è stato decisamente coinvolgente perché gli attori sono riusciti a catturare l’attenzione degli spettatori e non è facile intrattenere un pubblico di giovani. Nonostante lo spettacolo fosse a sfondo comico è stato anche molto educativo perché secondo noi ragazzi, vedere spettacoli di opere famose contribuisce sicuramente alla nostra crescita. Serena Catania - Sara Messina 1A Liceo Scientifico Come avere successo a scuola Costruirsi una motivazione ad apprendere Spesso le capacità non bastano a determinare il successo scolastico di uno studente se non sono accompagnate dall’impegno. Ed è la motivazione ad alimentare l’impegno. La motivazione è la spinta che sta alla base dei nostri comportamenti e che mette in atto qualunque tipo di azione. La motivazione ad apprendere dipende da due fattori: personali e ambientali. I primi sono quelli legati alle caratteristiche dell’allievo e dipendono sia da fattori cognitivi (le attitudini, le abilità e le conoscenze che si possiedono) che da fattori emotivi (gli interessi, i gusti, l’autostima). I fattori ambientali son quelli legati alla scuola, che deve possedere buone strutture e fornire un’offerta forma valore del sapere e influenza il modo di vedere la scuola e gli insegnanti; infine quelli legati ai rapporti con i coetanei. Il gruppo dei pari infatti influenza molto la nostra motivazione: lavorare in una classe in cui la maggior parte degli alunni si impegna nello studio e ottiene bei voti, motiva a studiare. In un contesto, invece in cui nessuno ha voglia di lavorare, saremo influenzati negativamente e quindi demotivati. La voglia di studiare non nasce con noi, ma si acquisisce con il lavoro paziente di ogni giorno. Con il tempo infatti l’impegno viene gratificato dai successi, che aumentano la nostra autostima e costituiscono la motivazione a raggiungere altri successi e a migliorare il nostro modo di apprendere. Per auto-motivarsi è fondamentale avere fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, e non lasciarsi scoraggiare dagli insuccessi. Inoltre è necessario assumere un atteggiamento abitudinario verso i compiti di apprendimento: l’abitudine a studiare con costanza e a fare puntualmente i compiti, infatti, forma o rafforza il senso del dovere. Il nostro impegno allo studio dovrebbe essere alimentato da un giusto equilibrio tra motivazioni interne ed esterne. Le prime sono legate al desiderio di conoscere, alla curiosità per ciò che non sappiamo (motivazioni cognitive) o al bisogno di acquisire abilità che possiamo utilizzare nella vita concreta, quando stiamo con gli altri (motivazioni sociali). Le seconde sono legate al desiderio di prendere voti alti e di essere gratificati dagli insegnanti o La dieta mediterranea verso Sabato 11 aprile alle ore 17:30, presso il polivalente di Lentini, l’Associazione LIONS ha organizzato una conferenza sull’alimentazione legata all’avvenimento che inizierà l’1 maggio a Milano e si concluderà il 31 ottobre, per la durata complessiva di sei mesi: l’Expo 2015. Lo scopo primario di questa esposizione è quello di nutrire il pianeta, ma anche quello di salvaguardare l’ambiente, combattere la fame e la sete nel mondo e tutelare la biodiversità. Sono stati affrontati temi legati, oltre che all’avvenimento in se stesso, anche ai legami che il territorio siciliano ha con l’ambiente. I panifici lentinesi si sono organizzati con l’esposizione di varie forme di pane e di streghette, o chi, ad esempio, come l’Oranfrizer, ha scelto di esporre succhi d’arancia rossa. La Sicilia, quindi, si occuperà principalmente di agricoltura. “La Sicilia ha molto da offrire, ma bisogna farlo fruttare”, hanno poi aggiunto gli esperti. Il ruolo che svolge la terra è di fondamentale importanza, in quanto dà energie per la vita. Il pianeta non deve essere sfruttato completamente da chi lo vive nel presente, ma bisogna saper conservare le risorse anche per la generazioni future. L’obbiettivo di questa esposizione è quello di riuscire ad arrivare ad un’alimentazione sana, sostenibile. Il cibo è il nuovo petrolio, una risorsa che può dare veramente tanto se si riesce a farlo fruttare. L’Expo ha come protagoniste le nazioni. Esso è stato costruito su un’area nella quale prima di ciò, c’era solamente la Cascina Trivulsa, in uno spazio pari a centodieci ettari di terreno. L’edificio ha la forma di un pesce all’interno del quale si trovano i padiglioni che ospiteranno i 146 paesi. Quando questo enorme edificio verrà smontato, alla fine di ottobre, le uniche cose che resteranno saranno: la Cascina Trivulsa e il padiglione Italia. L’Expo non è la classica fiera, bensì un luogo e un momento di confronto fra i vari paesi, ma soprattutto un luogo di accoglienza. La dottoressa Alessandra Gentile ha introdotto il tema della biodiversità, affermando: “La biodiversità dà vita ad eccellenze”. Come esempi di biodiversità abbiamo le arance di Sicilia (quest’isola ne è un serbatoio), anche se i cambiamenti climatici potrebbero portare difficoltà negli anni a venire. Come varietà di arance abbiamo: l’arancia Gallo, Sant’Alfio, Meli, Ippolito Messina, Rosso, Dal muso, Scirè e 57-1E-1. L’arancia Sant’Alfio però, presenta delle caratteristiche insoddisfacenti, ma essendo un’eccellenza ci si può lavorare. Lo scopo di tutto ciò è quello di arrivare alla dieta mediterranea e quindi, salvaguardare la salute. In questo le donne giocano un ruolo molto importante, in quanto, hanno bisogno di sorveglianza nutrizionale quando sono in età fertile: i folati sono sostanze contenute all’interno delle arance e molto importanti per combattere l’anemia e il cancro all’utero. Le donne, come il cibo, sono biodiverse in quanto sono fondamentali nella famiglia, sia per il marito, che per i figli e anche per stili di vita alimentari. Una regola fondamentale della dieta mediterranea è quella di ridurre carni e formaggi che causano l’ipometilazione ovvero instabilità genomica, favorendo un maggior consumo di verdure, frutta secca e pesce che danno all’organismo ipermetilazione ovvero integrità genomica. La dieta è un farmaco naturale che ci aiuta a prevenire il cancro. L’esposizione che si terrà all’Expo, potrà anche essere un’opportunità per il rilancio delle attività economiche presenti in Italia. Ludovica Pulvirenti VD Liceo Scientifico dalla famiglia. Se prevalgono le motivazioni intrinseche di tipo sociale, di solito ci si interessa molto a certe tecniche di persuasione pensando di poterle usare in certe circostanze. Ma questo non è sufficiente ad assicurare il successo scolastico, se non si acquisiscono anche i contenuti, la comprensione concettuale e il linguaggio disciplinare. Se prevalgono le motivazioni interne, si privilegia l’attenzione verso ciò che si studia, ma si tende a trascurare il linguaggio e l’applicazione al concreto, avendo quindi una preparazione personale che non emerge all’esterno. Se prevalgono quelle esterne, infine, ci si preoccupa principalmente di figurare, senza curarsi di imparare davvero. Di conseguenza si ha un approccio superficiale, che porta ad acquisire informazioni e capacità solo per esibirle, senza un’elabora-zione profonda. L'equilibrio ideale tra queste tre motivazioni si verifica quando sono tutte ben rappresentate e le intrinseche superano di poco le altre due. Ai lettori che volessero approfondire l’argomento, consigliamo di leggere l’e-book “Insegnare ad apprendere e imparare a studiare”. In questo breve testo troveranno utili suggerimenti per migliorare il proprio metodo di studio o per “costruirsi” una motivazione ad apprendere e letture che potranno fornire interessanti spunti di riflessione e di discussione con i propri insegnanti. Martina Baudo - Luana La Ferla II S Liceo Scienze Umane www.liceovittorini.net Pagina 2 www.liceovittorini.net Questioni di antropologia Identità: un concetto controverso Il significato della difesa dell’identità nel mondo globalizzato I due saggi dell’antropologo Francesco Remotti “ Contro l’identità” e “L’ossessione identitaria” costituiscono una sorta di esortazione rivolta a coloro che si occupano di problemi di “identità” a riconoscere il carattere convenzionalistico dell’identità: essa infatti non è un’essenza data e immutabile della natura umana, ma il prodotto di scelte e opzioni culturali. Da cosa nasce il concetto di identità? Si chede Remotti. “L’identità egli afferma- non inerisce all’assenza di un oggetto, dipende invece dalla nostre decisioni”. Sulla parola decisione ruota la nascita di una qualsivoglia identità. Alla base vi è una sorta di purificazione dall’alterità mediante un processo di separazione del peggiore dal migliore, una vera e propria “catarsi” dove, per una propria decisione, si effettua un taglio dettato dalla disperata ricerca del “germe della pulizia”. “ Costruire l’identità” è un’esigenza naturale dell’uomo, ricollegabile alla sua particolare struttura biologica, che ben lontano dall’immagine di base “rocciosa” e solida, risulta carente e insufficiente; tali limiti e carenze determinano i processi di elaborazione culturale, sociale e quindi anche identitaria. La teoria dell’uomo come animale incompleto, di cui Geertz rappresenta il principale esponente (“noi siamo animali incompleti e non finiti che si completano e si ridefiniscono attraverso la cultura”), riconduce immediatamente, per Remotti, alla questione dell’identità: dal momento in cui l’essere umano esce dalla sua precarietà, egli affronta il problema dell’identità, ovvero di una sua specifica e peculiare identità culturale. Essa sarà inevitabilmente “particolare” in quanto costruita in ambienti sociali variabili nello spazio e nel tempo; la lezione antropologica è, in questo senso, molto chiara: “qualunque forma di organizzazione umana è ineluttabilmente ancorata all’adozione di criteri particolari che le rendono l’universalità strutturalmente impossibile” (Levi Strauss). La particolarità conferisce all’identità coerenza e continuità nel tempo, diventandone così condizione stessa di esistenza: ma se ciò è corretto a livello funzionale, diventa invece problematico quando il binomio particolaLe impressioni degli studenti sullo stage presso la scuola dell'infanzia del IV I.C. di Lentini INSEGNANTI PER UN GIORNO Quando ci fu comunicato che il progetto curricolare di uno stage formativo presso una scuola dell’infanzia che interessava la nostra classe era stato approvato, esultammo per la notizia. Ci piaceva pensare che da lì a poco avremmo avuto a che fare con dei bambini piccoli . Immaginare che noi potevamo, grazie all’opportunità che la scuola ci offriva, fare esperienza di come far conoscere ai bambini anche solo un pezzettino del mondo che loro ,ancora inconsapevoli, si accingono a comprendere, ci rendeva felici. La nostra classe è stata divisa in tre gruppi, in modo tale che ognuno potesse lavorare con bimbi di tre, quattro e cinque anni e ogni gruppo ha scelto la fascia d’età che preferiva . Il progetto è stato ripartito in due giornate. La prima dedicata, come direbbe la nostra insegnante Maria Panebianco, all’osservazione partecipante, ossia l’osservazione condotta all’ interno di un gruppo d’indagine, nel nostro caso, finalizzata rità e identità venga posto sul piano dell’autorappresentazione. Le due categorie, infatti, possono convivere armoniosamente fin quando il problema dell’identità non diviene particolarmente pressante: le società che accettano la propria particolarità riconoscono implicitamente i propri limiti e si aprono positivamente all’inclusione dell’alterità. Le società che intendono, invece, affermare in modo più vigoroso la propria identità, cercano di sganciarla in qualche modo dalla particolarità delle proprie condizioni storiche e culturali, rifacendosi a principi di legittimazione universali e non negoziabili. In tal senso, Remotti attribuisce alla religione, in particolare al monoteismo la responsabilità di aver costruito identità chiuse e rigide, avverse all’alterità. La tesi di Remotti a questo punto è chiara: se l’identità ha un carattere irrinunciabile, essa, da sola, rischia di essere troppo selettiva e riduttiva. Ciò che si perde è soprattutto l’apertura all’alterità, che spesso, in modo dialettico, si intreccia quasi inestricabilmente con l’esigenza di identità. Attingendo direttamente dalla propria esperienza di antropologo ed etnologo, Remotti porta ad esempio il rito del cannibalismo indigeno di alcune tribù africane: l’atto di cibarsi del nemico è l’estrema rappresentazione dell’annullamento dell’altro, della negazione dell’alterità. Tuttavia, la reciprocità della pratica da parte di tribù rivali, pone in rilievo un significato più profondo del rituale: cibandosi dell’alterità infatti, si realizza il recupero delle fonti della propria identità, in quanto la propria condizione consente di porsi in contatto con i propri antenati, di riappropriarsene e di riassimilarli. Il cannibalismo “tupunimba” dimostra come il recupero dell’integrità del “noi” si attui attraverso un meccanismo che riguarda allo stesso tempo sia l’identità che l’alterità, ponendo quest’ultima “nel cuore stesso dell’identità, nella sua formazione, nel suo destino”. Un ulteriore argomento “contro l’identità”, secondo Remotti, è dato dal fatto che, entrare in una logica identitaria, significa entrare in conflitto con gli altri, creare barriere nei confronti di chi è diverso. Remotti rileva infatti come spesso nei discorsi pubblici si è fatto ricorso all’idea di identità per fini politici, per contrapporsi a gruppi minoritari o diversi per cultura, che vengono considerati minacce alla propria integrità, con la conseguenza di alimentare forme di esclusione e di xenofobia. Emblematico in tal senso, è l’esempio dell’uso politico del concetto di identità da parte della lega Nord, in Italia, per giustificare le scelte fatte da alcuni sindaci leghisti di allontanare dai comuni tutti gli extracomunitari con i permessi di soggiorno scaduti. Questi fenomeni, che sfruttano il fertile terreno del debole senso ad osservare le attività didattiche, i comportamenti dei bambini delle varie fasce d'età, le modalità con le quali le maestre si rapportano con loro e gestiscono una classe e soprattutto le metodologie utilizzate. La seconda giornata è stata dedicata alla presentazione, da parte di ciascun gruppo, di un'attività didattica, frutto di un lavoro faticosamente studiato e preparato precedentemente, inerente al programma della classe assegnata. Questo ci ha consentito di diventare, almeno per un giorno, dei giovani insegnanti e di fare un'esperienza di lavoro con i bambini. Il primo giorno è stato davvero divertente e per certi aspetti anche comico . Quando siamo arrivati, i bimbi ci hanno guardato con sorpresa come a chiedersi << ma questi chi sono?>>. Ma in poco tempo quello sguardo è diventato più fiducioso e abbiamo potuto persino aiutare le maestre . La seconda giornata ci ha visti all’opera e, tra canti e tanti giochi, ci è sembrato di ritornare indietro nel tempo di fronte a quegli occhi che ci guardavano pieni di curiosità . Questa attività ha costituito un'esperienza didattica ma anche di appartenenza alla nazione di molti italiani e le paure nei confronti degli stranieri, giustificati ideologicamente dal “mito” dell’identità del popolo padano, alimentano e spesso sfociano in forme di vero e proprio razzismo. L’identità, secondo Remotti, è proprio questo: un mito, una finzione, costruita dagli uomini per vari scopi. Non esistono identità stabili e assolute. L’identità è una costruzione sociale creata dalla memoria e dall’immaginazione che interpreta e ricostruisce il passato in funzione del mantenimento dell’ordine sociale o per dare un orientamento alla vita di una collettività. Remotti rileva come sia la nozione di identità che quella di razza rimandano alla stessa idea di una realtà che deve essere difesa e ritiene che dietro l’identitarismo, ovvero la difesa della propria identità, ci sia una strategia di difesa dei propri interessi nel contesto attuale caratterizzato dall’affermazione del capitalismo individualistico e concorrenziale, dagli effetti della globalizzazione, che infittendo i rapporti tra i popoli aumenta i rischi di conflitti, e dalla paura di perdere i privilegi acquisiti nella spartizione delle risorse mondiali. Remotti propone di sostituire il concetto di identità con quello di riconoscimento, nozione meno pericolosa dell’idea di identità perché non crea “realtà”, rivendicate e difese, nelle quali i soggetti appartenenti ad un gruppo si identificano, ma comporta una semplice richiesta di riconoscimento: riconoscimento del diritto di esistere, di avere riconosciuta la propria dignità e le proprie peculiarità, e del diritto a potere soddisfare i bisogni connessi alla propria cultura (celebrare le proprie feste, avere un luogo di culto, etc.). Remotti osserva infine come rimanere nell’ottica dell’identità, comporta rapporti di coesistenza tra differenti culture che vivono in uno stesso territorio e la tolleranza nei confronti delle culture minoritarie. Ma la tolleranza ha una valenza negativa in quanto tollerare significa sopportare ciò che è diverso e in quanto tale ci disturba o viene considerato inferiore. E la coesistenza, anche quando è pacifica, comporta comunque la separazione, la reciproca indifferenza e non interferenza. Superare la logica identitaria consente di realizzare la convivenza tra culture differenti, che implica la costruzione di rapporti di interdipendenza pacifica, vantaggiosa, pur nel reciproco riconoscimento delle diversità. Rachele Vinci IVS Liceo Scienze Umane umana, che ci ha ricordato come non bisogna mai dimenticare il fanciullino che c’è in noi perchè per dirla alla maniera da Antoine de Saint-Exupèry: “Tutti i grandi sono stati bambini una volta . Ma pochi di essi se ne ricordano”. Elena Spagnolello IV S Liceo Scienze Umane www.liceovittorini.net www.liceovittorini.net Allergie e intolleranze alimentari Spesso si tende a confondere le allergie con le intolleranze alimentari. I concetti, però, sono molto diversi, nonostante i sintomi siano sovrapponibili. L’allergia è una reazione del sistema immunitario. Quando introduciamo nel nostro organismo un alimento a cui siamo allergici, il cosi detto allergene, il nostro sistema immunitario, in tutta risposta, mette in azione un antigene. L’alimento con i suoi allergeni può provocare una risposta sproporzionata che può sfociare anche in conseguenze dannose per il nostro organismo. Per quanto riguarda un’intolleranza alimentare, invece, il sistema immunitario non viene coinvolto. Già il termine “intolleranza” indica l’incapacità di sopportare Pagina perché in seguito ad una certa assunzione di un alimento, l’organismo si ribella, non essendo capace di digerirlo. Ecco perché l’intolleranza è una reazione tossica dell’organismo a differenza dell’allergia. Tra gli alimenti che presentano maggiori probabilità di essere associati alle reazioni allergiche vi sono frutta, legumi, uova, crostacei (gamberi di fiume e di mare, granchi e aragoste), pesce, ortaggi, semi di sesamo, semi di girasole, semi di cotone, semi di papavero e semi di senape. Il potenziale allergico di alcuni allergeni alimentari può essere eliminato mediante la cottura o la lavorazione industriale, come il trattamento ad alta pressione, la fermentazione e il trattamento con enzimi. Altri elementi distinguono le allergie dalle intolleranze: si classificano in base agli anticorpi, le intolleranze invece non coinvolgono il sistema anticorpale e si dividono in enzimati- A “LEZIONE” DI HUMOUR IN IA Sillogismo sullo studio Mi piace studiare quando piove. Io studio soprattutto quando piove Oggi c’ è una bella giornata. Quindi non ho voglia di studiare Sebastiano Lopilo “Perché andare a trovare i nonni? Non c’è niente da fare, niente di cui parlare,” “Ma che dici? Io con i miei nonni mi trovo benissimo, parliamo di tanto!” “Davvero? E di cosa parlate?” “Beh, per esempio di come mi sta bene il vestito che mi ha comprato abbinato alle scarpe e ai gioielli che mi ha com prato, di quanto sia bella la villa in campagna che mi ha regalato l’anno scorso…” Sara Strazzeri Lui dice: “Ehi ti piace l’acqua?” E lei: “certo!” Lui: “Perfetto, allora ti piace già il 70% di me!” Luca Grimaldi Liceo Scientifico LE NOSTRE SCELTE, IL NOSTRO FUTURO 3 che, quando si è sensibili ad alcune sostanze presenti nell’alimento. Ciò che accomuna allergie e intolleranze sono soprattutto questi sintomi: dolori addominali, nausea e arrossamento della cute, tuttavia, le allergie possono anche manifestarsi in forme più gravi come lo shock anafilattico. Oggi sempre più comunemente s’incontrano persone che soffrono di allergie o intolleranze; basti pensare al gran numero di celiaci o fabici. Se tra gli adulti l’incidenza è del 2%, tra i bambini e i giovani essa sale al 3-7%. Fortunatamente nella maggior parte dei casi esse vengono superate in età scolare. Claudia Pattavina - Carlotta Dote IIL Liceo Linguistico Gara di latino: sfida a tradurre Giorno 30 marzo cinque di noi della II A del Liceo Classico abbiamo partecipato a Siracusa alla gara di latino del Liceo Gargallo, nota come Certamen Syracusanum e prova di eccellenza. Il gruppo di noi cinque era composto da Flavia, Giorgia, Alessia, Aurora e Ottavia, accompagnate dalla docente preparatrice. La tensione di quel giorno era alle stelle, dopo mesi di esercitazioni, ansie e pensieri, ma sapevamo che era la prova finale ed eravamo pronte. Il liceo ospitante, l’Istituto Corbino - Gargallo di Siracusa, organizza da decenni questa gara per latinisti, stimolando la partecipazione dei licei italiani attraverso una capillare informazione che da quasi un trentennio promuove la cultura classica e la tradizione siracusana. Con noi partecipavano studenti di Torino, Altamura, Messina, Bari e Catania, nonché i licei delle province del siracusano. Le prove consistevano in due testi che approfondivano la storia di Siracusa suddivise tra biennio e triennio. Noi del biennio abbiamo tradotto un testo di Cornelio Nepote dedicato a Dione di Siracusa, e abbiamo poi redatto una parafrasi in latino sul testo in questione. Il tempo a disposizione per la gara era di sei ore a partire dalla consegna del testo; testo lungo, ma che abbiamo trovato interessante e stimolante. L'organizzazione e l'ospitalità siracusana sono state attente e premurose, pensando anche a rifocillarci con cibo sia durante la prova che dopo, a conclusione di tutto, quando stanchezza e tensione si erano finalmente allontanate. Esperienza intensa e da ripetere, per provare al triennio le nostre competenze e la nostra voglia di metterci in gioco. Flavia Brancato, Alessia Caracciolo, Giorgia Di Mauro, Aurora Marino Ottavia Vasile IIA Liceo Classico il senno di poi capisco che questo è il consiglio più giusto che si possa dare. Sono arrivata a questa considerazione essendo quasi vicina alla mia scelta, alla scelta che segnerà davvero la mia vita. È vero che anche a me mancano ancora un po’ di anni prima della fatidica scelta, ma essendo appunto una decisione di grande importanza, penso che la cosa più giusta sia documentarsi bene sulle proposte di vari atenei e capire quale sia la più adatta per noi. Per questo è anche necessario un’accurata analisi personale, una ricerca che ci faccia capire le nostre attitudini e le nostre aspirazioni e le nostre aspettative. Insomma, sono tutte azioni che sicuramente sono più facili a dirsi che a farsi, ma penso sia meglio provare ad intraprendere un giusto percorso per una decisione accurata, che fare una scelta sbagliata per pigrizia o per paura di guardare al nostro futuro. Penso che questo sia un altro dei problemi principali per cui non si sceglie accuratamente: la paura del nostro futuro. Questo timore non è una caratteristica appartenente all’adolescenza ma accomuna tutte le generazioni, penso che immaginare il futuro intimorisca un po’ tutti, pensare a quello che ci potrà accadere o sapere se le aspettative e i sogni che abbiamo avuto per una vita intera si siano realizzati o meno. Quello che ho capito da questa esperienza è che la nostra vita è fatta da decisioni, tutte più o meno importanti, ma in qualunque caso sono scelte che scriveranno la nostra vita, siamo noi quindi con esse a scrivere il nostro destino. Succede molto spesso di non riflettere sulle scelte che si prendono quotidianamente, a volte si sceglie di fare qualcosa non considerando cosa potrebbe causare questa nostra decisione. Un comportamento simile potrà essere giusto finchè non ci ritroveremo davanti a decisioni importanti che potranno cambiare la nostra vita. Avendo aiutato gli insegnanti nell’attività dell’orientamento delle terze classi della scuola superiore di primo grado, ho potuto notare la facilità con cui quei ragazzi prendono una delle decisioni più importanti della loro vita. Può pur sembrare esagerato, ma una scelta poco ponderata fatta ingenuamente a 13 o 114 anni potrà poi diventar un rimpianto dopo anni. Si pensi, infatti, che molte volte si è condizionati dalle esperienze raccontateci da fratelli o amici o anche da scelte prese da coetanei che in quel momento sembrano essere le più giuste anche per loro. Quello che si ripete sempre ai ragazzi è questa frase: “ scegliete in base alle vostre capacità e alle vostre aspirazione.” Inizialmente anche a me sembrava un po’ precoce come frase da dire ad adolescenti che hanno anco- Valeria La Ferla IIID Liceo Scientifico ra davanti anni prima di intraprendere un percorso universitario ma con www.liceovittorini.net Pagina 4 www.liceovittorini.net IL VERO DRACULA Flavia Brancato II A— Liceo Classico Chi di noi non conosce Dracula, il vampiro più famoso? Moltissime ne sono le versioni nella letteratura e nel cinema, tra cui molti adattamenti prodotti già dal 1927, con la prima versione hooywoodiana di Dracula, interpretato da Bela Lugosi. Tale adattamento si basa, come tutti i successivi, sul romanzo del 1897 di Bram Stoker, ideatore del personaggio di Dracula, che trasse però a sua volta ispirazione da un personaggio realmente esistito e principe cristiano della Valacchia contro i Turchi. Dalla prima a oggi, parecchie versioni cinematografiche hanno però considerevolmente alterato l’originale: da Dracula, il Vampiro (1958) di Christopher Lee, al più moderno e noto Edward di Twilight, al recentissimo Dracula Untold di Gary Shore del 2014. Quest’ultimo, mostra rispettando correttamente i canoni del vampiro, il lato più terrificante di esso, a differenza di Twilight che propone un vampiro dolce e di bell’aspetto e dunque sicuramente più amato dal pubblico, fino alla esilarante versione parodistica di Aldo, Giovanni e Giacomo in Tre uomini ed una gamba (1997). Ma chi era veramente Dracula? L’originale nome di Dracula è Vlad III Tepes (1431-1476), nobile condottiero appartenente alla ricca famiglia dei Basarab, originaria della Valacchia.Come suo padre, questi fu membro dell’Ordine del Drago, fondato con lo scopo di proteggere la religione Cristiana nell’Europa dell’Est e il popolo rumeno dai continui attacchi dei Turchi. La fama di Vlad III è dovuta alla sua spietatezza e al suo caratteristico e temutissimo modo di uccidere i nemici. Per incutere terrore, Vlad III usava l’impalatura, ovvero trafiggere per mezzo di un’asta i corpi dei nemici turchi e renderli visibili, piantando i pali sui punti più elevati delle colline circostanti al suo castello. Ecco il motivo per cui Vlad III era chiamato “Tepes”, (l’impalatore”). In seguito venne anche usato l’appellativo “Dracul”, da cui proviene il nostro Dracula, poiché egli era appunto, appartenente all’Ordine del Drago. E dunque è proprio dalle atrocità da lui commesse, vere o esagerate, che nasce la leggenda di Dracula, evolutasi e pervenutaci ben sei secoli dopo. IL SUPPLIZIO DI TANTALO Il supplizio di Tantalo è un’espressione che viene utilizzata quando si è posti dinnanzi ad un oggetto del desiderio che sembra a portata di mano e tuttavia non possiamo goderne, ad esempio abbiamo i biglietti per la partita, ma ci viene la febbre e non possiamo andare. Ma quale storia c’è dietro questa espressione? Le versioni del mito sono tante, la più diffusa racconta che Tantalo, re di Spilo e figlio di Zeus, veniva spesso invitato ai banchetti divini, un giorno però rubò agli dei il nettare e l’ambrosia, fonte di immortalità, per spartirli ai suoi amici mortali. Ma dice Pindaro, “Sbaglia un uomo se crede, agendo, di sfuggire all’occhio divino”, e così Tantalo riceve la sua punizione eterna: sta immerso in uno stagno con l’acqua che gli arriva fino al mento, ma appena si china per bere lo stagno si prosciuga e così, allo stesso modo, sulla sua testa pendono dagli alberi tanti frutti, ma appena tende le braccia per prenderli, il vento li fa volare in alto, lontani. Nonostante questo si ripeta tutte le volte che tenta di soddisfare fame e sete, Tantalo però non si rassegna e ci riprova sempre, cosi costretto a una fatica vana. Sara Messina - Francesca Di Mauro IA Liceo Scientifico L'opera del Bernini non tornerà più come prima! Lo sport è un' espressione di valori essenziali per la vita come l’impegno, lo sforzo, la competizione. L'esercizio di un'attività sportiva aiuta la mente, oltre che il fisico, perché è importante per ridurre lo stress, che l'uomo è portato ad accumulare ogni giorno, rendendo chi lo pratica più rilassato e tranquillo. Un altro fine dello sport è l’avvicinamento fra lo sportivo e le sue emozioni, aiutandolo ad esprimere i propri stati d'animo e relazionarsi con gli altri. Lo sport di squadra stimola i valori della fratellanza perché si fa parte di uno stesso gruppo unitario e bisogna unire le proprie forze per la vittoria. Ma quanto detto fin ora potrebbe sembrare vero se non vi fosse stata la distruzione in poche ore, di Roma, testimonianza ufficiale della storia italiana. L’accaduto avvenuto a Campo de’ Fiori, lascia la capitale violata per milioni di euro dati i danni riscontrati nei vari monumenti, strade, auto e tanto altro a causa dell’azione vandalica di una folla di ultrà, tifosi del Feyenoord. Pare, però, che i restauratori durante i vari sopraluoghi abbiano rilevato nella Fontana della Barcaccia (una fontana di Roma, situata in piazza di Spagna, ai piedi della scalinata di Trinità dei Monti) molti danni “irreparabili”. A riguardo molti sono i cittadini dispiaciuti che chiedono un risarcimento e giustizia per coloro che hanno compiuto tale gesto senza un motivo vero e proprio facendo restare codesti “uomini” in carcere. Ma a quanto pare il sindaco di Rotterdam si limita solo ad esprimere la vergogna e l’orrore con cui riceve questa notizia aggiungendo di collaborare con il sindaco di Roma affinché siano rintracciati i colpevoli. Per finire augura al sindaco e a tutta la città nel poter superare le conseguenze di questo brutto episodio. Tale evento ha scatenato polemiche anche nell’ambito politico: Matteo Salvini ha chiesto le dimissioni del ministro dell'Interno Angelino Alfano, lo stesso Nichi Vendola ha chiesto al questore di fare un passo indietro, il movimento 5 stelle ha portato il caso al Parlamento Europeo e il suo leader, Beppe Grillo, ha pubblicato sul blog le foto degli agenti feriti sotto il post: "Sono rimasto senza parole, adesso devono pagare i danni". Ma nessuno ha ancora parlato del valore che lo sport ormai ha perso. Esso viene visto solo come un modo per poter mettere in atto le proprie ostilità e pregiudizi verso le tradizioni, usi e costumi di una popolazione diversa dalla nostra e verso dei ragazzi che cercano di rappresentare nel miglior dei modi la Nazione volendoci trasmettere anche cosa loro stessi provano nel vedere tutta quella folla che li acclama e cosa li ha resi cosi uniti da diventare una squadra: la fratellanza. Martina Turco IIIA Liceo Scientifico GREETINGS FROM MALTA! dei quadri del Caravaggio, le città fortificate di Cospicua, Vittoriosa e Senglea dette “the three cities”. La scuola che abbiamo frequentato è l'istituto Berlitz a St. Julien luogo dove era situato anche l'Hotel. Le ore di studio sono state distribuite dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 12:00. Le classi sono state formate in base al livello di apprendimento dopo un test di ingresso. Naturalmente non sono mancate le occasioni di di divertimento, dalla cena all’ Hard Rock Cafè alle partite di pallone sulla spiaggia e per finire un giro panoramico su un battello by night. Lo stage a Malta è stato organizzato in due turni. Il primo dal 10 al 17 Aprile ed il secondo da 17 al 24. Una volta partiti da Lentini intorno alle 15,30 in autobus per raggiungere Pozzallo alle 18, 30, ci siamo imbarcati sul catamarano per Malta dove siamo arrivati intorno alle 21, 30 . A Malta siamo stato impegnati in un percorso di studio che ha previsto varie attività dall'approfondimento della lingua inglese ad una serie di escursioni nell'isola dei Cavalieri: M’dina, anche detta the silent city, St. John’s Cathe- Giorgia Di Mauro IIA Liceo Classico dral, dove abbiamo potuto ammirare alcuni www.liceovittorini.net