diplomazia dinastica
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COVER STORY Family business 2/ L’esperienza dei patti di famiglia Diplomazia dinastica Ci vogliono almeno sei mesi per preparare l’accordo che, fino alla successione, dovrà fissare i criteri dei rapporti tra azienda e clan familiare Giuseppe Aliverti U n vestito su misura. Tagliato e cucito in tutta segretezza. Nei primi anni Novanta, Studio Ambrosetti (ora Gruppo The European House-Ambrosetti) – una delle più note società di consulenza strategica nel nostro Paese – ha iniziato a occuparsi in maniera sistematica delle tematiche del rapporto famiglia-impresa, anche ai fini del processo di successione. “Fino a oggi – spiega Luca Petoletti, coordinatore della divisione imprese familiari del gruppo The European House-Ambrosetti – abbiamo collaborato con oltre Luca Petoletti, 120 famiglie imprenditoriali, coordinatore della finora soprattutto del Nord e del divisione Imprese Centro (circa il 20% attive nel familiari del gruppo European Housefood). Anche se nel nostro grup- The Ambrosetti po lavorano circa 180 persone, il team che si occupa di quest’ambito di consulenza è composto da non più di cinque-sei persone ed è tenuto alla massima segretezza sulle informazioni raccolte, anche nei confronti dei nostri colleghi”. L’asso nella manica di Ambrosetti si chiama ‘patto di famiglia’: una forma di approccio – il più possibile complessivo, sistematico e ‘su misura’ – alla corretta impostazione e regolamentazione dei rapporti tra famiglia e impresa. “La qualità delle relazioni tra famiglia e azienda – prosegue Petoletti – non va presa in considerazione e perseguita solo al momento della successione, ma va preparata e concordata per tempo. Così come lo intendiamo noi, il patto di famiglia va ben al di là degli aspetti legali e fiscali e serve a inquadrare e regolare tutta una serie di questioni imprescindibili per garantire continuità e ‘professionalizzazione’ ai rapporti tra famiglia e impresa”. 32 FOOD Giugno 2007 Nella fase di preparazione del patto – che può durare dai 6 ai 12 mesi –, sono concordati i criteri che stabiliscono accesso e presenza di familiari in azienda, prospettive di carriera e relativi percorsi, politica dei compensi, modalità di comunicazione interna, meccanismi che sovraintendono alla circolazione delle quote e delle azioni. “Un assunto di base del nostro lavoro – sottolinea Petoletti – è che famiglia e impresa sono due istituzioni con finalità diverse, per non dire L’opzione del private equity P er un’impresa familiare alle prese con le scelte fatali della successione generazionale, anche un fondo di private equity può fungere da catalizzatore del cambiamento e favorire l’evoluzione sia dell’organizzazione interna sia del business. “Ci è capitato di frequente – spiega Marco Fumagalli, amministratore delegato di 3i Sgr, gruppo attivo nel venture capital che in Italia ha collaborato con aziende come Onama, Mirato, Giochi Preziosi e, nel food, con Coelsanus, Monviso, Mionetto – di interagire con aziende familiari in tematiche di avvicendamento generazionale, anche perché le pmi sono al centro del nostro target: non solo in Italia, ma anche nel resto del mondo. Perciò abbiamo optato per uno stile d’investimento improntato alla collaborazione con l’imprenditore, a cui diamo anche la possibilità di appoggiarsi al network internazionale di 3i, che ha uffici un po’ in tutto il mondo”. Quali criteri sovraintendono alla selezione delle imprese interessanti per un accordo d’investimento? “Innanzitutto – spiega Fumagalli – bisogna cercare di capire se in un’azienda familiare esistono potenziali forme di discontinuità nella sua conduzione, St ia Stilati da gruppo The European House-Ambrosetti per oltre 120 imprese, dal 1990 a oggi opposte. La prima persegue protezione, solidarietà, fuori la considera, in un certo qual modo, come un’enrassicurazione: in sintesi, è il mondo degli affetti e tità da spremere il più possibile e, quindi, vorrebbe delle uguaglianze. In azienda, le parole chiave sono che tutti gli utili fossero distribuiti. Perciò bisogna competizione, rischio, professionalità: qui si mettono fare un piano d’azione con fasi e tempi stabiliti per in campo differenze e interessi. In famiglia si è parenti, attuare anche gli eventuali interventi correttivi con nell’impresa si è soci. Un approccio equilibrato a tale gradualità”. Un patto di famiglia ha senso e valore rapporto dovrebbe proteggere la famiglia dall’impresa, se è sottoscritto per lo meno dai componenti della e viceversa”. Invece, le interferenze tra i due ambiti famiglia che detengono la maggioranza del capitale fanno parte dell’esperienza comune. sociale. Dato che la sottoscrizione del Per esempio, in materia di com- Il patto deve essere patto interviene anche su situazioni pensi: spesso si applica una logica ancora in essere, è previsto anche familista, per cui ai diversi com- sottoscritto almeno un regime transitorio per regolare le ponenti della famiglia è garantita dai familiari che situazioni preesistenti. “Uno degli la stessa retribuzione a prescindere aspetti centrali del patto – risponde dai ruoli professionali. Una scelta hanno la maggioranza Petoletti – è proprio quello di prepache può essere dettata, oltre che del capitale sociale rare la successione, stabilendo i criteri dai rapporti parentali, anche da d’ingresso in azienda per i familiari e i eventuali convenienze fiscali, ma che non fa altro che percorsi di carriera coerenti, per assicurare la massima creare pericolosi precedenti. “Per prevenire conflitti professionalità delle nuove generazioni che occupano sui compensi e sui flussi finanziari a vantaggio dei posizioni di responsabilità. In genere, suggeriamo che familiari – nota Petoletti – la strada giusta è quella la valutazione dei candidati a lavorare in azienda sia di concertare una politica esplicita e condivisa dei condotta da un comitato di uno o più esperti, e non dividendi, perché in questo modo si evita un tiro alla dai familiari”. Tra i criteri di selezione, ci sono anche fune pericoloso, per cui chi lavora in azienda vorrebbe titolo di studio, esperienze lavorative in altre aziende, reinvestire gran parte degli utili, mentre chi ne è al di all’estero e un’ottima conoscenza della lingua inglese. Dopodiché è previsto un tirocinio in tutte le aree importanti in azienda, per una visione determinate da questioni di successione o da frammentazione della a 360° della realtà lavorativa. Al tirocinio base azionaria familiare. In seconda battuta, va stabilito qual è il deve seguire un programma di carriera, che timing giusto: spesso, su una serie di operazioni che riguardano il stabilisca un avanzamento di grado solo in proprio capitale, le aziende familiari hanno tempi decisionali molto base ai risultati conseguiti. “Nelle imprerallentati, rispetto a un’impresa quotata in Borsa o a una società se familiari da noi affrontate – conclude controllata da un fondo di private equity”. Possono passare anche Petoletti – abbiamo trovato anche tanta due-tre anni, infatti, da quando una famiglia focalizza le proprie passione da parte dei giovani eredi. Si può esigenze sul piano finanziario e s’impegna a trovare una soluzione a quando decide di realizzarla: in mezzo, c’è ancora essere ottimisti in questo senso. Ma un difficile percorso di diplomazia interna per gestire in c’è un aspetto critico, di cui non c’è ancora modo soft ed efficace una serie di equilibri familiari. “Ogni sufficiente consapevolezza in Italia. Man impresa fa storia a sé – commenta Fumagalli – ma c’è un mano che si passa di generazione in geneindicatore che va sempre tenuto d’occhio nella valutazione razione, la vera sfida per una famiglia delle potenzialità del family business: è la volontà imprenditoriale diventerà quella di e/o la capacità delle aziende familiari di attrarre e trasformarsi in proprietari-azioniconservare manager esterni competenti e abili. Se sti competenti e capaci: che vuol la famiglia proprietaria e imprenditoriale non sa dire saper scegliere, controllare motivare e incentivare un management esterno ed eventualmente indirizzaefficace, le prospettive di business si complicano: non solo per un’operazione di private equity, ma, re il top management, senza a lungo termine, proprio per l’azienda stessa”. voler entrare a tutti i costi nell’impresa anche a livello Marco Fumagalli, amministratore delegato di 3i Sgr operativo”. n Giugno 2007 FOOD 33 COVER STORY Family business 3/ L’approccio originale dell’economia Affari & affetti In Lazio, un’indagine pilota analizza i principali ostacoli per la continuità delle aziende familiari Giuseppe Aliverti Una legge innovativa, ma incompleta C on la legge 14 febbraio 2006, n. 55 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 50 del 1° marzo 2006) è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del ‘patto di famiglia’: consiste nella possibilità di accordo tra un imprenditore e uno dei propri discendenti che, nel rispetto di determinate condizioni e senza che vi possano essere contestazioni in sede di eredità, ha come oggetto il trasferimento dell’azienda o delle quote di partecipazione al capitale della ‘società di famiglia’. È un’innovazione di rilievo nel sistema del diritto successorio, voluta dal Governo Berlusconi per limitare i casi di disgregazione di aziende e patrimoni quando non è assicurata una certa continuità nella gestione. Con il patto di famiglia l’imprenditore può trasferire, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie può trasferire le proprie quote, a uno o più discendenti. “La legge 55/2006 – commenta Luca Petoletti, coordinatore della divisione Imprese familiari del gruppo The European House-Ambrosetti – è molto limitativa a nostro avviso: si occupa solo di regolamentare il trasferimento di quote e, cioè, solo dell’aspetto relativo all’assetto proprietario da parte dell’imprenditore a uno o più dei suoi successori. Un patto di famiglia non può fermarsi a questo: deve creare, piuttosto, uno schema comune di riferimento e prevedere soluzioni per neutralizzare in un’ottica complessiva i rischi a cui gran parte delle imprese familiari è soggetta”. A nche l’homo œconomicus può avere i nervi a fior ancora poco considerato, ma che ha già al suo attivo di pelle, e comportarsi nel business in maniera un premio Nobel, vinto nel 2002 dallo psicologo emotiva e irrazionale. Il cuore e il portafoglio israeliano Daniel Kahneman, che insieme ad Amos sono più a contatto di quanto ci s’immagini. E in Tversky, ha applicato brillantemente i princìpi nessun altro ambito, forse, quanto in quello delle della psicologia cognitiva alla comprensione delle imprese familiari emergono i riflessi che pregiudizi, decisioni economiche”. Sulla spinta dell’economia affetti ed emozioni possono avere su tante decisioni comportamentale, quindi, Trasversale ha utilizzato – in apparenza fredde e razionali – in materia di affari. “Negli Stati Uniti – conferma Luis Iurcovich, amministratore di Trasversale, società di congestione d’impresa e del ricambio otto una potente lente sulenza e assistenza tecnica di Roma, generazionale, nell’ambito del d’ingrandimento, anche una specializzata nell’affrontare i problemi progetto Epigono, finanziato dalla situazione locale può servire a Regione Lazio e dal Fondo sociale mettere più a fuoco le criticità legati alla gestione delle imprese e ai europeo (Misura D3-D4) a sostegno del passaggio generazionale conflitti – gli studi più recenti dedicati delle pmi che devono affrontare nelle pmi familiari. Lo scorso 10 al family business affrontano spesso gli la fase delicata della consegna maggio, Trasversale ha presentato aspetti cognitivi, relazionali ed emotivi dell’azienda dai genitori ai figli. un’indagine svolta a marzo presso del rapporto tra le diverse generazioni “Sono stati individuati cinque 500 pmi della provincia di Roma delle imprese familiari. Quello dell’ecocluster – spiega Luis Iurcovich, – il 52,6% familiari e il 47,4% nomia e della finanza comportamentale amministratore di Trasversale – non familiari – sui temi della è un campo d’indagine che in Italia è A Roma, le pmi sono eclettiche. O implosive S 34 FOOD Giugno 2007 co comportamentale applicato al tema del ricambio generazionale nel progetto ‘epigono’ Famiglia e impresa: un’evoluzione comparata Età dell’impresa Età dei genitori Età dei figli L e d ime n si o n i d ella sfi d a a 0-5 anni 25-35 anni 0-10 anni Esigenza principale Crescita rapida, dell’impresa reperire fondi, guadagnare tempo Carattere dell’organizzazione Snella, dinamica 10-20 anni 40-50 anni 15-25 anni 20-30 anni 55-70 anni 30-45 anni Maturazione, consolidamento di capitali ‘Rigenerazione’ strategica, ri–investimento In via di ampliamento e di complessificazione Stagnante Motivazione Orientato Desideroso di migliorare del proprietario all’affermazione il controllo dell’impresa nel mercato e di maggiore stabilità Aspettative finanziarie Limitata I bisogni si ampliano: familiari alla soddisfazione includono comfort, dei bisogni basilari affermazione di status, migliore educazione e formazione Obiettivi familiari Decollo dell’impresa In cerca di nuovi interessi o ‘semi-ritirato’. Intanto, la seconda generazione persegue crescita e cambiamento I bisogni si ampliano ancora: includono sicurezza e benessere consolidato Crescita e sviluppo personale della seconda generazione Armonia, coesione, serenità di rapporti Fonte: Luis Iurcovich e Lelio Cacciapaglia “Emotività e regola nel passaggio generazionale in azienda” le pmi familiari – in particolare del Lazio – come osservatorio-laboratorio nell’ambito del progetto Epigono, finanziato dalla Regione Lazio e dal Fondo sociale europeo per comprendere meglio cosa favorisce e cosa no il processo di ricambio generazionale all’interno delle imprese, conducendo una serie di indagini nella provincia di Roma, sia presso le aziende sia presso i figli degli imprendia seconda degli orientamenti strategici e gestionali emersi dalle risposte degli imprenditori. Tra le pmi familiari, il 25,8% del campione è costituito dalle ‘consolidate’ aziende in crescita, in cui i familiari adulti hanno mansioni manageriali, produttive e commerciali e spingono i figli a continuare la tradizione Sono presenti patti per regolare i comportamenti tra soci e familiari, ma le decisioni importanti sono prese in famiglia”. Il 26,8% delle pmi intervistate, invece, è costituito Luis Iurcovich, amministratore di Trasversale dalle ‘implosive’: aziende ancora giovani e caratterizzate da una certa debolezza sul mercato e da dèfaillances organizzative: vi è una buona presenza di familiari, che incoraggiano i figli a seguire le loro orme, benché non manchino le disparità di vedute per motivi caratteriali. Una posizione a parte, infine, è quella delle ‘eclettiche’, l’11,2% del campione: aziende in crescita, pochi familiari, centralità dell’imprenditore, che però non pensa a una successione generazionale. tori (il 70% dei quali dichiara di non voler proseguire l’attività dei genitori). “In particolare – precisa Iurcovich – ci siamo voluti concentrare sulle imprese a gestione familiare, nelle quali cioè la famiglia è proprietaria del business e lo gestisce anche, diversamente da quanto avviene in quelle a conduzione familiare, in cui il gruppo parentale è solo proprietario e non interviene sul piano operativo”. Dall’indagine di Trasversale su 500 pmi della provincia di Roma, risulta, tra l’altro, che nove aziende familiari su dieci non hanno previsto piani per la successione d’impresa. Nel gruppetto del 10% di società ‘previdenti’, domina la scelta di puntare sull’affiancamento dell’erede in posizioni chiave dell’azienda (84% dei casi): il 12% ha preferito ricorrere atutorship e coaching e solo il 4% a stage presso altre imprese. n Giugno 2007 FOOD 35 COVER STORY family business 4/ nove storie per nove imprese Frescobaldi, proprietà e business al bivio La dinastia fiorentina varerà un patto per guidare senza attriti l’ingresso in azienda dei giovani rampolli I l prossimo incontro del Cda di Compagnia de’ Frescobaldi, la holding di controllo dell’omonima famiglia di vitivinicultori, probabilmente non sarà un semplice passaggio di routine nella vita societaria. Oltre al rinnovo del cda, dove siedono i rappresentanti Una poltrona per 19? B en 19 rampolli che rappresentano il futuro di casa Frescobaldi. Tanta abbondanza, in un gruppo familiare impegnato a dare continuità alla proprietà, è una grande opportunità ma pone anche difficili questioni di scelta. Una tematica molto sentita all’interno dell’azienda fiorentina, che sta per varare un patto familiare per gestire in modo fluido i passaggi generazionali dei cinque rami della famiglia. Al momento solo quattro esponenti della 30a generazione – Diana, Tiziana, Lamberto Frescobaldi, e Stefano Benini – lavorano a tempo pieno: un’età media intorno ai 40 anni e studi negli Stati Uniti per la maggior parte di loro corredano il curriculum. I ruoli attuali? Dalla gestione della comunicazione esterna, alla produzione, allo sviluppo commerciale e dei wine bar. Sotto la responsabilità di Giovanni Geddes da Filicaia, amministratore delegato della società. dei cinque rami familiari, l’appuntamento sarà l’occasione per varare un patto di famiglia: un insieme di regole condivise e utili a risolvere gli eventuali conflitti interni, quando il ricambio generazionale si farà più pressante. I Frescobaldi contano infatti ben 16 rappresentanti nella generazione di Vittorio, attuale presidente della società, e 19 nella generazione seguente. Un clan in continua crescita, che si trova di fronte al problema di come gestire la continuità familiare nell’azienda senza pregiudicarne il corretto sviluppo e frenare l’azione del management esterno che, in questo momento, occupa un posto di rilievo nelle società operative. “La holding familiare – precisa Vittorio Frescobaldi, presidente della Compagnia de’ Frescobaldi – controlla interamente Marchesi de’ Frescobaldi, capogruppo operativa: una scelta 36 FOOD Giugno 2007 ■ I Frescobaldi. In azienda sono impegnati tre esponenti della 29 a generazione e quattro della 30a che suddivide i poteri tra la proprietà, a monte, e chi si occupa di portare avanti giorno dopo giorno l’impresa. Nelle società operative abbiamo inserito manager esterni in posizioni chiave: avevamo necessità di dare loro il necessario spazio per procedere allo sviluppo del business con la massima tranquillità. La holding è il luogo deputato alle scelte strategiche, espressione delle volontà della famiglia: ma il dibattito al suo interno deve mantenere il rispetto dell’autonomia dei manager esterni”. Alfredo Faieta La dinastia Frescobaldi Fonte: dati aziendali 1a generazione Berto Frescobaldi Periodo 1200 Periodo di fondazione azienda 1200-1300 29a generazione* Vittorio Frescobaldi Classe 1928 Anno d’ingresso in azienda 1950 Funzione attuale Presidente Ferdinando Frescobaldi Classe 1940 Anno d’ingresso in azienda 1964 Funzione attuale Vicepresidente, responsabile dei rapporti con enti e istituzioni Leonardo Frescobaldi Classe 1942 Anno d’ingresso in azienda 1964 Funzione attuale Vicepresidente, responsabile commerciale 30a generazione Lamberto Frescobaldi Classe 1963 Anno d’ingresso in azienda 1991 Funzione attuale Responsabile delle attività produttive Tiziana Frescobaldi Classe 1961 Anno d’ingresso in azienda 1993 Funzione attuale responsabile comunicazione e relazioni esterne Stefano Benini Classe 1968 Anno d’ingresso in azienda 1994 Funzione attualeresponsabile dei principali mercati esteri Diana Frescobaldi Classe 1970 Anno d’ingresso in azienda 1994 Funzione attualeresponsabile progetti speciali e Frescobaldi Wine Bar *Alla 29a generazione appartengono i fratelli Dino e Maria Frescobaldi, nel cda dell’azienda L’esperienza di Riso Gallo, giunta attualmente alla sesta generazione aziendale I Preve hanno sottoscritto un’intesa, stilata da Ambrosetti, per gestire il ricambio ai vertici privilegiando la valutazione delle competenze Q uanto ci vuole per cuocere un risotto al punto giusto? Secondo Riso Gallo, almeno 150 anni. Da tanto, infatti, si tramanda di padre in figlio l’azienda di Robbio (Pv), che ha raggiunto la sesta generazione. Accanto al presidente Mario Preve siedono il primogenito Carlo, responsabile per l’Italia, e Riccardo, il terzo figlio, che si occupa del business estero. Ma la squadra dei Preve non finisce qui: altri due fratelli – il secondogenito, Emanuele, e l’ultimo nato, Eugenio – lavorano in aziende esterne, e non escludono di entrare nel gruppo di famiglia, qualora si presentasse l’opportunità. L’ingresso nel management di Riso Gallo, infatti, non è un diritto acquisito, ma è regolamentato da un preciso patto di famiglia, stilato da Studio Ambrosetti circa dieci anni fa e sottoscritto da tutti e quattro i fratelli. “Muovendoci con grande anticipo – spiega Mario Preve, presidente di Riso Gallo – abbiamo definito i prerequisti essenziali per assicurare che la Se il nido è export oriented I n un contesto sempre più internazionale, le aziende di famiglia hanno parecchie carte da giocare. Ne sono convinti in Riso Gallo, dove la matrice familiare della proprietà non ha impedito all’azienda di sviluppare all’estero la maggior parte del business. “L’esterofilia – spiega Carlo Preve, responsabile per l’Italia per Riso Gallo – mi ha spinto a cogliere al volo l’occasione di gestire Riso Gallo Uk, dopodiché abbiamo aperto le filiali francese e spagnola. Dopo sette anni, comunque, era il momento di tornare a occuparsi del business nazionale”. All’estero ora pensa Riccardo, dopo un’esperienza in Germania per Ferrero e dopo essersi occupato dello sviluppo di Riso Gallo nei Paesi dell’Est. “Lo studio di tre lingue straniere – spiega Mario Preve, presidente di Riso Gallo –, previsto dal patto di famiglia redatto da Studio Ambrosetti, è un nodo cruciale: per me è importante quanto la laurea”. ■ La dinastia Preve 1a generazione Giobatta Preve Classe 1801 Anno di fondazione 1856 2a generazione Giovanni Preve Classe 1832 Anno d’ingresso in azienda 1865 3a generazione Cesare Preve Classe 1869 Anno d’ingresso in azienda 1913 Funzione direttore generale 4a generazione Riccardo Preve Classe 1892 5a generazione Mario Preve Classe 1941 Anno d’ingresso in azienda 1973 come amministratore delegato e dal 1996 diventa presidente Funzione attuale presidente 6a generazione Carlo Preve Classe 1971 Anno d’ingresso in azienda 1998 Funzione attuale responsabile mercato Italia Fonte: dati aziendali Accordo di merito Riccardo Preve Classe 1975 Anno d’ingresso in azienda 2003 Funzione attuale responsabile export gestione dell’azienda avvenisse su basi meritocratiche”. Per assumere responsabilità di management, alle nuove leve è richiesta una laurea e la conoscenza di tre lingue straniere. “Tagliato questo traguardo – spiega Mario Preve – è previsto un periodo di conoscenza più ravvicinata della nostra società, con una settimana in ogni divisione aziendale per complessive sette settimane”. Ultima condizione, un periodo di tre anni di lavoro in un gruppo esterno. Tutti i figli hanno accettato queste condizioni: Carlo e Riccardo sono Mario Preve, laureati in Economia all’Università presidente Cattolica di Milano e, prima che in di Riso Gallo Riso Gallo, hanno lavorato rispettivamente in Unilever e nella filiale tedesca di Ferrero. Emanuele è ingegnere e, dopo un’esperienza in Bmw, è responsabile finanziario di Gio’Style, mentre Eugenio, dopo la laurea in Bocconi, ha lavorato in Jp Morgan prima a Londra e ora a Milano, occupandosi di merger & acquisition. “Questo patto di famiglia – spiega Carlo Preve, responsabile Italia di Riso Gallo – non è stato solo firmato, ma direi condiviso giorno per giorno. Ci ha aiutato, infatti, a stabilire le regole del gioco su basi più razionali, attenuando gli inevitabili aspetti emotivi, e a non dare nulla per scontato, ma a lavorare per raggiungere le competenze adatte al ruolo richiesto”. Emanuela Taverna Giugno 2007 FOOD 37