Il diritto d`autore e la sua evoluzione. Percezione del copyright nell
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Il diritto d`autore e la sua evoluzione. Percezione del copyright nell
Rapporto di Ricerca 1 Il diritto d’autore e la sua evoluzione. Percezione del copyright nell’immaginario degli studenti della Sapienza 1 A cura del gruppo di ricerca composto da: Giovanni Prattichizzo, coordinatore del progetto di ricerca, Maria Romana Allegri, Paola Panarese, Luisa Chiellino, Maria Silvana Cutulli, Christian Ruggiero e Rosanna Consolo. Direzione scientifica prof. Mario Morcellini. 1 2 Indice Diritto d’autore. Un passaggio al futuro? Di Mario Morcellini Introduzione Capitolo Primo La fruizione dell’opera dell’ingegno nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale Di Maria Romana Allegri 1.1. Cenni storici 1.2. La protezione internazionale del diritto d’autore 1.3. La genesi e l’evoluzione della normativa italiana sul diritto d’autore 1.4. La normativa comunitaria sul diritto d’autore e il suo recepimento nell’ordinamento giuridico italiano 1.5. Il principio di territorialità 1.6. Le opere protette 1.7. L’autore 1.8. Il contenuto morale del diritto d’autore 1.9. La sfera patrimoniale del diritto d’autore 1.10. Alcuni tipi di opere protette (cenni) 1.11. I diritti connessi (cenni) 1.12. Il copyright (diritto di copia): nozione, eccezioni, limitazioni 1.13. La protezione del diritto d’autore nella società dell’informazione 1.14. La violazione dei diritti di utilizzazione economica e del diritto morale: tutela civile 1.1.14 I reati contro il diritto d’autore e le relative sanzioni 2.1.14 Le sanzioni amministrative 1.15 La S.I.A.E., l’AGCOM e gli altri enti pubblici che vigilano sul rispetto del diritto d’autore 1.16 Il ruolo dell’AGCom nella repressione della diffusione illecita di opere protette: le proposte più recenti Capitolo secondo 3 Tra legalità e illegalità. Percezioni e condotte degli studenti universitari della Sapienza sul diritto d’autore. Di Paola Panarese e Giovanni Prattichizzo 2.1.Il disegno della ricerca 2.2. Il profilo del campione 2.3. Una mappa delle risultanze Capitolo Terzo Zoom su conoscenze, percezioni e prassi relative al diritto d’autore. L’analisi bivariata. Di Paola Panarese 3.1. In profondità 3.2. La conoscenza delle norme 3.3. Le leggi desiderate 3.4. Accordi e disaccordi 3.5. Opinioni 3.6. Giustificazioni 3.7. I comportamenti online 3.8. Le condotte offline Capitolo quarto Il diritto d’autore nei vissuti giovanili Di Luisa Chiellino 4.1.L’analisi qualitativa: i focus group 4.2. I comportamenti culturali 4.3. Law e tech: il diritto d’autore come spartiacque 4.4. Comunicare il diritto d’autore: dubbi e proposte Capitolo quinto Frammenti di un discorso sul diritto d’autore. Dalla riproducibilità tecnica alla remixabilità digitale Di Giovanni Prattichizzo 4 5.1. Identikit dell’autore contemporaneo: un po’ narratore e un po’ tecnologo 5.2. Gli autori nelle reti 5.3. La Legge sul Diritto d’autore ai tempi della rivoluzione digitale 5.4. Comunicare il diritto d’autore. Tra apocalittici e integrati meglio impegnati 5.5. Verso un nuovo equilibrio? 5 Diritto d’autore. Un passaggio al futuro?2 Il dibattito scientifico sul diritto d’autore si sviluppa nel momento in cui si rompono i confini dell’autorialità e attraversa la società moderna essenzialmente dal momento in cui si moltiplica la possibilità della riproducibilità tecnica dell’opera d’arte. Il corpus di norme giuridiche finalizzate alla tutela dell’ingegno è un’invenzione relativamente recente di cui non si è avvertita l’esigenza fino alla diffusione della stampa nel XV secolo. È proprio grazie alla stampa che la comunicazione e conoscenza iniziano a smarcarsi dalla situazione concreta dell’interazione sociale. Il procedimento industriale che incoraggia la diffusione delle opere letterarie in serie sembra realmente garantire quel sapere alla portata di tutti: la conoscenza, così, viene ad assumere il carattere della disponibilità diffusa e questo permette modi sempre più fluidi e rapidi della diffusione del sapere. E la nostra era digitale produce una sostanziale desacralizzazione, smaterializzazione e liquidità dell’opera dell’ingegno che non è vissuta ma posseduta, è diffusa ma non comunemente distribuita. Come scrive Benjanim, opere e autori vanno considerati da quanto contribuiscono alla “produzione di altri produttori” e “al mutare degli apparati”. La diagnosi del pensatore tedesco in merito alla metamorfosi dell’arte nell’epoca della riproducibilità non significa una liquidazione, ma uno spostamento della problematica della sua validità e della sua funzione: dalla centralità dell’opera alla centralità della percezione e dunque dell’esperienza del fruitore3. E l’interesse delle scienze sociali per l’argomento si deve in primo luogo al tentativo di applicare il concetto di individuo (fruitore) alla nascita dell’autore e al suo riconoscimento come proprietario della sua opera. Si fa sempre più strada l’urgenza, da un lato, di salvaguardare il diritto di accessibilità ai testi culturali e informativi riducendo il divario digitale e, dall’altro, di ridefinire concetti tradizionali come autore, originalità, creatività grazie ad una lettura “sociologica” in grado di mettere in luce nuovi nessi e intersezioni. Tre sono gli aspetti che intendo affrontare e problematizzare in questo intervento: 1) L’individuo come autore al centro della modernità 2) Il rinnovo del diritto d’autore: nuovo equilibrio tra cultura della gratuità, della legalità e valorizzazione dell’autore 3) La “cultura convergente” della comunicazione per sensibilizzare ai diritti d’autore 2 3 A cura di Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale. W. Benjamin, 1966, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi. 6 L’evoluzione del concetto di individuo è andata di pari passo con il processo di affermazione della società moderna. Tale termine rappresenta il portato dell’organizzazione sociale della modernità. Per i sociologi, il concetto di individuo e di individualismo ha da sempre rappresentato uno degli elementi in grado di descrivere e raccontare la società moderna4. In particolare, i sistemi sociali organizzano la loro comunicazione in relazione all’individuo, che assume nella modernità una rilevanza che prima apparteneva a categorie sociali collettive. Ciò significa che all’individuo viene attribuita una libertà d’azione che in precedenza veniva fortemente condizionata dal contesto sociale. La moderna concezione del rischio ha sostituito la capacità esplicativa della razionalità rispetto allo scopo e l’individuo sembra più fragile, nella misura in cui non sembra in grado di legittimare l’ordine complessivo della società, avendo perduto la sua capacità di orientamento5. Come si legge dalla letteratura scientifica di riferimento, il mondo detradizionalizzato ha prodotto una caratteristica pluralizzazione dei percorsi biografici che può rappresentare occasione di maggiore libertà e autonomia. Gli individui, pertanto, sono in grado di porre al proprio centro la dimensione, prettamente moderna, della “propria vita”6. Al tempo stesso questi devono fare i conti con quello che è uno dei caratteri più tipici della modernità: l’instabilità. Se è vero che in linea di principio tutti gli individui sono inclusi nella società moderna, al tempo stesso si attiva una molteplicità di esclusioni, non ultime quelle digitali7. Incertezza e liquidità del tempo moderno producono una ricerca incessante e spasmodica da parte del soggetto sociale non affatto distaccato dagli accadimenti (blasè) ma partecipe e soprattutto curioso della realtà circostante. Curiosità da intendere come quella qualità da apprezzare e valorizzare nella società moderna in quanto premessa indispensabile per la creatività. A livello soggettivo, poi, la curiosità rappresenta la precondizione per il cambiamento e l’evoluzione sociale. Pertanto, l’invenzione e la creazione individuale diventano valori sociali che hanno bisogno di rispetto e protezione. Ciò significa che non solo la società si impegna a promuovere creatività e innovazione individuali ma anche che la stessa creatività e originalità devono essere protette legalmente. E il diritto d’autore, come protezione giuridica della creatività individuale, mostra conseguenze non solo ideologiche, ma anche economiche8. Esiste, poi, un comune sentire mondiale secondo cui non vi è un capitalismo accettabile e un’economia competitiva e sostenibile senza innovazione e creatività. 4 N. Elias, 1969, Über den Prozeß der Zivilisation, Bern, Francke, trad. it., Il processo di civilizzazione, Bologna, Il Mulino, 1988. 5 Z. Bauman, 2000, Liquid Modernity, Cambridge, Blackwell; trad. It., Modernità liquida, Roma-Bari, Laterza, 2000. 6 Beck, 2000, La società del rischio. Verso una seconda modernità, 1 ed., traduzione di Walter Privitera, Carlo Sandrelli, Carocci Editore. 7 N. Luhmann, 1987, Teoria politica nello stato del benessere, Milano, Franco Angeli. 8 G. Laroschelle, 2000, Da Kant a Foucault: che cosa resta del diritto d’autore, in “Bollettino telematico di filosofia politica”, http://bfp.sp.unipi.it/btfp/. 7 Ma qual è il confine oggi tra autore e fruitore? Il sistema culturale moderno fortemente democratizzato e la presenza delle tecnologie digitali hanno favorito la diffusione sociale sia della facoltà di comunicare che della creatività. E così nell’epoca della remixabilità digitale tutti diventano, o possono diventare, autori. Il remix è quello di consumatori che provano a cimentarsi nel ruolo di produttori culturali. E l’autore nelle reti vive del massimo della soggettività e della socialità; vive realtà multiple. Mondi paralleli che convergono e cooperano. Scriveva profeticamente Roland Barthes: “quando la scrittura comincia, l’autore entra nella propria morte”9. Oggi questa affermazione potrebbe suonare più o meno così: quando comincia la produzione digitale e partecipativa l’autore muore, viene meno, scompare. La morte dell’autore presenta due aspetti principali: uno più strettamente psicologico e filosofico, su ciò che esiste dentro l’individuo, e uno che riguarda il significato dei testi e il modo in cui essi vengono interpretati. Ma, nonostante la fragilità e morte dell’autore preconizzata da pensatori come Foucault (1969) e Barthes (1988), l’autore non scompare, continua a scrivere, viene tenuto in vita dal lettore, dal suo desiderio e dalla empatia che si viene a creare tra i due soggetti. Le tradizionali prerogative dell’autore quali autorità, autonomia dell’opera, proprietà intellettuale sembrano venir meno a causa delle possibilità che ha il lettore di scegliere il proprio percorso attraverso il metatesto, di annotare testi scritti da altri e di creare collegamenti tra essi. La produzione culturale predilige il network, la convergenza, la cooperazione interpretativa. Si parla di testi, metatesti, ipertesti, intertesti, di soggetti che dialogano e producono nuovi testi che si intrecciano e si fondono con altri testi ancora. Ma se l’autore sopravvive, difende la propria creatività ed unicità, crea, si ricrea nei movimenti cooperativi e costruttivi del testo multimediale, cosa accade ai diritti d’autore? Da Kant in poi, si è operata una distinzione tra un corpus mystichus, ossia l’opera come bene immateriale, e un corpus mechanicus, ossia il supporto attraverso cui l’opera viene distribuita e diffusa. Attribuire l’opera al suo autore significa operare nella direzione di una sovrapposizione sostanziale tra il contenuto dell’opera e lo spirito dell’autore: opera e spirito non sono distinguibili dal momento che sono intimamente connessi10. Se nel passato il diritto d’autore era legato alla necessità di garantire la creatività, traducendola in un diritto individuale alla proprietà intellettuale che permetteva all’autore di sfruttare il prodotto della propria genialità, oggi i nuovi media rendono sempre più veloce e semplice il lavorio di riproduzione e diffusione dell’informazione e della cultura. E viaggiando nel mondo virtuale l’opera diventa liquida, sfuggente. Nonostante i profondi e rapidi cambiamenti, il diritto d’autore è sempre e comunque il salario dei creativi, di coloro 9 R. Barthes, 1968, La morte dell’autore, trad. it., Il brusio della lingua, Torino, Einaudi, 1988. I. Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung (1784), trad. it. su http://bfp.sp.unipi.it/classici/illu.html 10 8 che creano opere da quelle più tradizionali come romanzi, poesie, canzoni, musiche, a quelle più moderne come possono essere i software e le banche dati. Senza dubbio, la disciplina attuale della proprietà intellettuale appare fortemente rigida e poco adattabile al nuovo contesto e si avverte da più parti la necessità di costruire un modello alternativo di gestione dei diritti d’autore. La normativa sul diritto d’autore si mostra anacronistica e nel tempo attuale deve far fronte a: Accesso libero e gratuito ai contenuti Superamento dei modelli classici di mercato Pirateria dei contenuti Oggi è necessario ed inevitabile un ripensamento dell’impianto normativo sul diritto d’autore che deve muovere da una necessaria riscrittura della legge, che abbia come obiettivo il giusto contemperamento degli interessi degli autori, che necessitano di ritrovare la loro centralità, dell’industria culturale, che deve essere tutelata nei suoi investimenti economici, e della collettività, la quale deve usufruire delle opere con regole certe e chiare. È arrivato il tempo, oramai, di costruire, con la collaborazione di tutti gli operatori e dei soggetti pubblici interessati, un differente impianto legislativo, moderno, meno ridondante, in grado di adattarsi alla tecnologia e alle inedite modalità di comunicazione multimediale e digitale, nell’ottica della tutela dei diritti degli autori e degli operatori nei nuovi mercati globali delle reti e dei servizi. È necessaria una tutela giuridica certa, ma al tempo stesso sostenibile ed efficace; pertanto bisogna muoversi nel segno della semplificazione e della chiarezza normativa, in particolar modo nelle definizioni di soggetti, forme creative tutelate, e specifiche metodologie di tutela. Si deve necessariamente giungere ad una nuova stagione di integrazione e di bilanciamento che, da un lato, tuteli l’opera dell’ingegno e dall’altro garantisca una più ampia e libera circolazione della conoscenza e del sapere tra diritto esclusivo e libertà d’accesso all’informazione e alla conoscenza. Come emerge dai dati della nostra ricerca, i giovani in generale, e gli studenti universitari della Sapienza in particolare, non percepiscono la differenza tra ciò che è legale e ciò che non lo è. Il prodotto digitale da la sensazione di qualcosa che in effetti non costa nulla; è volatile, non ha una sua materialità. Può essere riprodotto senza alcun problema e duplicato con semplicità. E i nativi digitali o non conoscono la legge o non si pongono assolutamente il problema delle violazioni. Eppure, in un ambiente quale quello digitale, dove quasi tutto è possibile, ma non sempre legale, è fondamentale insegnare alle nuove generazioni quali sono le loro responsabilità e i loro diritti. La vera scommessa, pertanto, consiste nel gettare un ponte tra le azioni d’uso delle tecnologie espresse dai ragazzi e le pratiche normative e legali. Oggi non è più possibile ignorare l’esistenza del copyright perché ognuno di noi può creare, distribuire e riutilizzare materiale presente in rete per dare vita ad opere nuove. 9 Si deve trovare un equilibrio tra educazione e responsabilità delle norme e spingere l’utente a fermarsi un secondo a riflettere, ma è difficile in quanto la tecnologia corre sempre più veloce delle leggi: quando basta un click è difficile fermarsi a riflettere un secondo prima. Siamo consapevoli, al tempo stesso, che indietro non si torna e che in qualche modo si deve adeguare la normativa ai nuovi e sempre più affascinanti dispositivi mediali e culturali. È fondamentale, allora, che gli utenti siano informati prima di tutto sui principi e le regole del diritto d’autore. Ciò può accadere solo comunicandolo in modo efficace ed efficiente. Spesso i soggetti istituzionali sembrano dimenticare che la comunicazione e la cultura rappresentino le forme più universali di partecipazione alla società11. La comunicazione può e deve fungere, nella società dell’informazione e della conoscenza, da straordinario strumento di formazione ed educazione. La prima rappresenta la forza basica, la rete inserita in un sistema evolutivo dinamico, la seconda permette all’uomo, soggetto personale e sociale, di reggere verso il cambiamento12. Perché, viene da chiedersi, le comunicazioni istituzionali sul diritto d’autore non iniziano a sfruttare le potenzialità offerte dalla cultura convergente? Perché non usare strategicamente le tecnologie comunicative per diffondere la cultura dell’autorialità? Servirsi delle possibilità offerte dalla comunicazione integrata “a due vie”, download e upload, ricezione e trasmissione, che caratterizza la rete e in generale le tecnologie ICT per formare alla cultura del diritto d’autore e ad una inedita sensibilità convergente. Sono opportuni gesti concreti perché se ci si abitua a fruire gratuitamente di qualunque prodotto della cultura, è evidente che il soggetto che cura quel prodotto fa poi fatica a mantenersi. Dobbiamo pensare alla comunicazione reticolare come amica della diffusione della cultura del diritto d’autore. E lo può essere ancor di più se gli esperimenti creativi e divertenti realizzati attraverso You Tube, ad esempio, possano servire per far conoscere le peculiarità e i processi che coinvolgono l’idea di soggettività creativa. Diffondere una sensibilità alla proprietà intellettuale attraverso la comunicazione ma anche la formazione, la scuola. Questa rappresenta il campo principale di elezione per l’educazione soprattutto delle nuove generazioni. Proprio nella scuola e nell’università si dovrebbe individuare il campo fisico nel qual far germogliare il seme della legalità. Appare interessante pensare ad un percorso di formazione ed educazione alla creatività in grado di offrire agli studenti la possibilità di acquisire le conoscenze necessarie per individuare le differenze tra diritto d’autore e copyright. Ma è soprattutto necessario sensibilizzare i giovani riaffermando quei principi che regolano la proprietà intellettuale e, al tempo stesso, giungere a forme di tutela aperte nella gestione del diritto d’autore, modalità di licenze alternative che il sistema non può ignorare. La metodologia della formazione 11 12 M. Morcellini, 2003, Lezione di comunicazione, Ellissi, Napoli. Ibidem. 10 permette di riflettere insieme agli studenti universitari sulle radici positive antropologiche, estetiche, filosofiche e giuridiche della proprietà intellettuale, e comprendere poi come il concetto di proprietà si sia evoluto e fornire, successivamente, gli strumenti del pensiero critico per fa capire quanto in realtà il diritto d’autore rappresenti una protezione ragionevolmente equilibrata e costituzionalmente concreta in quanto affonda le radici in quella che è la nostra identità per cui non esiste libertà senza diritto e non esiste una libertà senza proprietà. Esclusivamente nella cooperazione creativa e partecipativa di un mix integrato tra formazione e comunicazione si può ipotizzare il diffondersi di una consapevolezza attenta in merito agli aspetti critici e problematici del diritto d’autore. La sensibilizzazione e la formazione a queste tematiche rappresentano una delle sfide più stimolanti che si presentano ai nostri occhi. Spiegare cosa accade a colui che ha creato l’oggetto/opera e si vede defraudato fisicamente del proprio lavoro è compito principale che deve svolgere una società civile che crede che ogni lavoro abbia pari dignità. Non è più il tempo delle attese. Delle barriere o degli scontri. È, al contrario, arrivato il momento di costruire, con la partecipazione di tutti gli operatori e dei soggetti pubblici interessati, un diverso apparato normativo, moderno, chiaro e semplice che, al tempo stesso, difenda i diritti degli autori nei nuovi mercati globali delle reti e della comunicazione e che non escluda alcun individuo dalla possibilità di creazione, condivisione e cooperazione creativa dei prodotti digitali. Più che il file-sharing, il peer2peer o la pirateria è il parassitismo, le spinte pregiudiziali e l’incapacità di adeguarsi al mondo che cambia a danneggiare chi fa cultura nel paese. Una strada da percorrere tutta in salita, senza dubbio, che deve però superare i protezionismi, abolire i monopoli e garantire concorrenza e la più ampia condivisione della conoscenza e delle nuove forme di tutela dei diritti d’autore, valorizzando quelle pratiche che sappiano rispondere alle esigenze del palcoscenico digitale nel quale inesorabilmente siamo tutti autori. 11 12 Introduzione Cosa sanno i ragazzi del diritto d’autore? Ne conoscono la normativa, ne tengono conto o tendono a violarla? Quali opinioni hanno su ciò che dovrebbe o non dovrebbe essere tutelato e sul modo in cui farlo? E come si comportano nel caso della fruizione online di prodotti coperti dal diritto d’autore? Per rispondere a queste domande è stata realizzata un’indagine originale dal carattere esplorativo dal titolo “Il diritto d’autore e la sua evoluzione. Percezione del copyright nell’immaginario degli studenti della Sapienza”. L’intento della ricerca è stato quello di rilevare non solo conoscenze, atteggiamenti e comportamenti di rispetto e violazione del diritto d’autore, ma anche l’ambito specifico delle condotte online, nella convinzione che la Rete offra ai suoi utenti la possibilità di partecipare a un rinnovato processo di duplicazione, distribuzione e costruzione di prodotti immateriali. Nella prima fase del progetto di ricerca si è proceduto in una doppia direzione. In primo luogo è stata presa in esame la normativa esistente in materia con l’obiettivo di individuare lo stato dell’arte del dibattito sul diritto d’autore in Italia e tracciare un excursus storico e sociale e le evoluzioni narrative che hanno riguardato tale concetto. Le innovazioni tecnologiche impongono, infatti, una riflessione sui mutamenti nel modo in cui le opere dell’ingegno sono create e fruite nell’era digitale e, quindi, su come adeguare a tali cambiamenti la tradizionale disciplina in materia di diritto d’autore. La digitalizzazione, infatti, da un lato determina l’eliminazione del nesso fra opera dell’ingegno e supporto che la contiene, dall’altro rende estremamente agevole la duplicazione dell’opera e la sua distribuzione, soprattutto grazie all’uso che a tal fine può essere fatto della Rete Internet. Come emerge dal lavoro qui presentato i principali problemi consistono nella mancanza, a livello costituzionale, sia di una chiara definizione degli obiettivi sociali originari del diritto d’autore che di una gerarchia di diritti fondamentali che hanno la precedenza su quelli di utilizzazione economica delle opere intellettuali. In secondo luogo, prendendo come universo di riferimento la Sapienza Università di Roma, si è voluto indagare la percezione, valutazione e conoscenza che gli studenti hanno del diritto d’autore e le sue molteplici applicazioni. Nello specifico, sono stati selezionati, all’interno del primo Ateneo romano, quei corsi di laurea e quelle facoltà che più di altre sembrano essere coinvolte negli aspetti critici e problematici relativi alla tematica del copyright13. Sulla base del numero di iscritti è stato individuato un campione rappresentativo e si è proceduto alla somministrazione di un questionario. 13 Le facoltà prese in considerazione sono: Lettere e Filosofia, Giurisprudenza, Scienze della comunicazione Economia e Ingegneria dell’informazione. 13 I 554 studenti che compongono il campione analizzato si sono solo lievemente discostati dalla distribuzione ipotizzata tra facoltà in fase di progettazione. Si era immaginato, infatti, di registrare le opinioni e le condotte di 142 studenti di economia, 140 di giurisprudenza, 130 di lettere e filosofia, 122 di scienze della comunicazione e 20 di ingegneria dell’informazione, ma la disponibilità delle persone ha portato a un esito leggermente diverso, mantenendo però una buona approssimazione alle aspettative di ricerca. Si è rivelata superiore rispetto ai progetti iniziali la presenza e disponibilità degli studenti di comunicazione, 144, e ingegneria dell’informazione, 22, mentre leggermente inferiore è il numero d’intervistati tra i ragazzi di lettere, economia e giurisprudenza, rispettivamente 126, 129 e 129. 4 persone, poi, non hanno indicato la facoltà cui erano iscritti Tab. 1: Distribuzione dei soggetti nel campione FACOLTÀ NUMERO STUDENTI Economia 129 Giurisprudenza 129 Ingegneria dell’informazione 22 Lettere e filosofia 126 Scienze della Comunicazione 144 Nessuna facoltà 4 Per comprendere in profondità il senso di alcuni risultati e valutare i punti di convergenza e divergenza tra gruppi di ragazzi diversi, tuttavia, è parsa necessaria un’analisi bivariata. Essa ha permesso di fare uno zoom sulle esperienze e i punti di vista raccolti, focalizzando l’attenzione su temi specifici o sotto-insiemi del campione considerato. La raccolta e l’analisi quantitativa di dati relativi alla percezione del diritto d’autore nell’immaginario degli studenti della Sapienza si è accompagnata alla rilevazione di dati qualitativi, attraverso la conduzione di quattro focus group. In totale sono stati coinvolti trentadue studenti appartenenti a cinque facoltà dell’Ateneo romano. I focus group sono stati organizzati e condotti con due obiettivi specifici: da una parte, ottenere una prima validazione delle ricostruzioni quantitative dall’altra, raccogliere in modo approfondito informazioni non rilevabili attraverso una ricerca quantitativa favorendo, quindi, la comprensione delle motivazioni e l’approfondimento di aspetti ritenuti rilevanti ai fini dell’indagine. In particolare, si è voluto esplorare la percezione e la conoscenza che gli studenti hanno del diritto d’autore e le sue molteplici applicazioni. La non generalizzazione 14 dei risultati, che alcuni studiosi individuano come punto di debolezza dei focus group14, non era pertanto un obiettivo preposto dalla ricerca. L’ultima fase si è basata su una serie di interviste in profondità rivolte a testimoni privilegiati. Nella nostra ricerca questo tipo di interviste a élites, o osservatori privilegiati, è stata utilizzata a conclusione dell’indagine, per approfondire determinati temi e problematiche emerse dalle discussioni di gruppo e confrontare le opinioni e riflessioni della generazione di studenti con l’ambito artistico, legislativo e professionale. I soggetti intervistati sono stati Angela Benintende, Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti culturali e il Diritto d’autore, Stefania Ercolani, Ufficio Multimedialità Siae, Dacia Maraini, scrittrice, Giampiero Gramaglia, direttore dell'Agence Europe, Raffaella Messinetti, docente di diritto pubblico e dell’informazione presso la facoltà di Scienze della Comunicazione Sapienza, Paolo Talanca, critico musicale, Simona Molinari, cantautrice, Davide Rondoni, poeta e scrittore, Flavio Soriga, scrittore e il gruppo collettivo di scrittori WuMing. 14 D.l. Morgan, R. A. Kruger, “When to use focus group and why”, in D. L. Morgan, Successfull focus group. Advancing the state of art, London, Sage,1993. 15 16 Capitolo Primo La fruizione dell’opera dell’ingegno nel rispetto dei diritti di proprietà intellettuale 17 15 Premessa Per comprendere in pieno il diritto d'autore e la sua storia bisogna tenere presente la distinzione tra l'esistenza di un diritto di proprietà immateriale (corpus mysticum) e quello del possesso materiale del bene (corpus mechanicum). A chi possiede naturalmente il bene, infatti, possono essere riconosciuti esclusivamente diritti di natura patrimoniale, mentre all’autore dell’opera oltre ai diritti patrimoniali – che sono comunque alienabili e prescrittibili – spettano diritti morali inalienabili ed imprescrittibili. Questa tradizionale distinzione, però, è resa sempre più evanescente dall’avvento di nuove tecnologie grazie alle quali l’opera si smaterializza, ovvero diviene indipendente dal supporto materiale che la contiene. Cioè ha reso necessario procedere a progressivi adeguamenti della normativa vigente, con soluzioni però non sempre felici. Gli interventi del legislatore, infatti, appaiono cronicamente in ritardo nell’inseguire le problematiche derivanti dallo sviluppo tecnologico, via via sempre nuove e più complesse, contribuendo a delineare un impianto normativo che, nonostante i recenti interventi correttivi, rimane sostanzialmente inadeguato. Inoltre, l’interesse degli autori dell’opera dell’ingegno e di coloro che da essa possono trarre una qualche utilità economica appare sempre più in contrasto con la crescente tendenza a considerare il patrimonio culturale e intellettuale un bene collettivo, che deve poter essere fruito liberamente in modo condiviso. Si tratta di due pretese difficilmente conciliabili fra loro, e finora l’evoluzione della normativa non è riuscita a raggiungere un punto di equilibrio soddisfacente. Eppure, è a tale equilibrio che occorre tendere, attraverso soluzioni da elaborare in modo il più possibile condiviso, anche attraverso l’elaborazione di codici di autoregolamentazione, in modo da tenere conto delle ragioni dei titolari dei tradizionali diritti patrimoniali e morali sull’opera dell’ingegno, senza però che ciò comporti la sterile difesa di privilegi non più attuali. La difficoltà dell’impresa non può essere di giustificazione all’inerzia. Come ha giustamente evidenziato il presidente dell’AGCom Corrado Calabrò nell’audizione dinanzi alla settima e all’ottava Commissione del Senato, tenutasi il 21 luglio 2011, «che il principio della rete libera si risolva in un Far web, non è un esito degno di un Paese che creda nel diritto anziché nella sopraffazione del più svelto e del più spregiudicato». 1.1. Cenni storici Nell'antichità, non essendo possibile (se non in maniera limitata) la produzione di un numero rilevante di copie tratte dall'originale, non si poneva un problema di tutela 15 Il capitolo è stato scritto da Maria Romana Allegri. 18 economica: l'autore traeva i mezzi di sostentamento direttamente dai committenti dell'opera, o dalla città stessa che lo ospitava. I diritti erano quindi attinenti al supporto materiale dell’opera ed inscindibili da esso. Il reato di plagio (appropriazione indebita di paternità) era tuttavia condannato già nella Grecia antica, mentre nel diritto romano – sebbene non venisse riconosciuto alcun diritto patrimoniale all’autore dell’opera, ma soltanto al libraio o all’editore che aveva il possesso del manoscritto – erano contemplati il plagio, il diritto di non pubblicare l’opera e il diritto di inedito, tutelato attraverso l’actio iniurarum aestimatoria. Con l’invenzione della stampa a caratteri mobili nel XV secolo, si affermarono i privilegi concessi dal sovrano inizialmente ai soli stampatori ed editori e successivamente, in considerazione del lavoro creativo, dello studio e della fatica che comporta la genesi di un'opera, anche all'autore, cui venne riconosciuta la facoltà di prestare il consenso per la pubblicazione della propria opera. In Europa, le prime normative nazionali in tema di diritto d’autore si svilupparono nel diciottesimo secolo, a partire dall’Editto emanato nel 1709 dalla Regina Anna d’Inghilterra, cui fecero seguito la disciplina statunitense (1790) e francese (1791 e 1793). Mentre nel diritto anglosassone il fondamento del copyright è meramente utilitario, il diritto francese riconosce invece fondamento giusnaturalistico ai diritti di proprietà intellettuale. 1.2. La protezione internazionale del diritto d’autore Le opere dell’ingegno, avendo una naturale tendenza ad una diffusione estesa e potenzialmente senza limiti, richiedono una protezione che vada al di là di quella che può essere apprestata a livello nazionale e che soprattutto presenti un livello minimo di uniformità i tutti i paesi. Non a caso, il par. 2 dell’art. 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) riconosce il valore supremo dello sforzo dell’ingegno umano e sancisce quindi che «ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria ed artistica di cui egli sia autore». Il primo tentativo di apprestare una disciplina internazionale che proteggesse i diritti di proprietà intellettuale al di là di quanto sancito territorialmente dalle diverse discipline nazionali è costituito dalla Convenzione di Berna per la protezione del diritto d’autore sulle opere letterarie e artistiche, risalente al 1886 e più volte modificata e integrata nel corso del tempo16. I paesi aderenti alla Convenzione sono costituiti in “Unione per la protezione dei diritti degli autori sulle loro opere letterarie ed artistiche” e si impegnano ad addivenire ad una disciplina il più possibile uniforme in tale settore. In virtù del “principio di assimilazione” espresso nell’art. 5, le opere originarie di un paese unionista devono godere negli altri pesi La Convenzione fu firmata a Berna il 9 settembre 1886, completata a Parigi il 4 maggio 1986, riveduta a Berlino il 13 novembre 1908, completata a Berna il 20 marzo 1914, riveduta a Roma il 2 giugno 1928, a Bruxelles il 26 giugno 1948, a Stoccolma il 14 luglio 1947 e a Parigi il 24 luglio 1971. 19 contraenti dello stesso trattamento assicurato dalla legge nazionale ai propri cittadini, oltre a quelli minimi garantiti dalla Convenzione stessa (dei quali non si tratterà in questa sede). Tale protezione minima è garantita dalla Convezione agli autori di «tutte le produzioni nel campo letterario, scientifico ed artistico» e comprende la vita dell’autore ed un periodo di cinquanta anni dalla sua morte17, ferma restando la facoltà dei singoli paesi di prevedere una protezione dalla durata più estesa. Vengono inoltre protette, senza però arrecare pregiudizio all’autore dell’opera originale, «le traduzioni, gli adattamenti, le riduzioni musicali e le altre trasformazioni di un’opera letteraria o artistica». Successivamente, su iniziativa dell’Unesco è stata firmata a Ginevra (6 settembre 1952), la Convenzione universale del diritto d’autore. Revisionata nel 1971, la Convenzione è stata ratificata dall’Italia con legge 16 maggio 1977 n. 308, in vigore dal 25 gennaio 1980. Anche questa Convenzione protegge le opere letterarie, artistiche e scientifiche, sia edite che inedite, secondo il principio di assimilazione. L’art. III della Convenzione stabilisce la rilevanza a livello internazionale del simbolo © ai fini della protezione dei diritti d’autore. Il 14 luglio 1967 è stata firmata a Stoccolma la Convenzione istitutiva dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI o WIPO), ratificata in Italia con legge 28 aprile 1974 n. 424. L’OMPI si adopera per promuovere l’adozione di provvedimenti volti a migliorare la proprietà intellettuale nel mondo e ad armonizzare le legislazioni nazionali in tale campo, agevolando la cooperazione internazionale. L’art. 2 della Convenzione chiarisce che cosa debba intendersi per proprietà intellettuale, cioè la totalità dei diritti relativi ad opere letterarie, artistiche, scientifiche, alle prestazioni degli artisti interpreti o esecutori, ai produttori fonografici, alla radiodiffusione, alle invenzioni e scoperte scientifiche, ai marchi, ai disegni e modelli industriali. Il 1° gennaio 1995 è entrato in vigore l’Accordo TRIPs sugli aspetti relativi ai diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (legge di ratifica 29 dicembre 1974 n. 747), che è oggi allegato all’atto istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC o WTO). La sezione prima della parte seconda di tale Accordo è interamente dedicata al diritto d’autore e ai diritti connessi, stabilendo che le parti contraenti si conformano agli articoli da 1 a 21 della Convenzione di Berna del 1971 (quelli dedicati agli aspetti patrimoniali del diritto d’autore), pur non avendo né diritti né obblighi relativamente ai diritti morali, che la Convenzione di Berna sancisce all’art. 6 bis. Tale soluzione è frutto del tentativo di trovare un compromesso tra le due diverse concezioni del diritto d’autore nei paesi di common law e di civil law. L’Accordo TRIPs precisa inoltre che la protezione, di durata minima cinquantennale, copre le espressioni e non anche le idee, i procedimenti, i metodi di Per le opere cinematografiche, la protezione può essere estesa ai cinquanta anni dopo che l’opera sia stata resa accessibile al pubblico; la medesima durata è prescritta per la protezione delle opere anonime e pseudonime; per le opere fotografiche e delle arti applicate è invece prescritta una protezione almeno venticinquennale dalla data di realizzazione dell’opera. 20 funzionamento o i concetti matematici in quanto tali. In base al “principio del trattamento nazionale”, le parti contraenti devono riconoscere nel proprio territorio ai cittadini stranieri il medesimo trattamento accordato ai cittadini nazionali nel settore della tutela dei diritti di proprietà intellettuale. In base alla “clausola della nazione più favorita”, è imposto alle parti contraenti di accordare ai cittadini di tutti gli altri stati membri un trattamento almeno equivalente a quello eventualmente più favorevole accordato ai cittadini di uno stato terzo. 1.3. La genesi e l’evoluzione della normativa italiana sul diritto d’autore La prima disciplina italiana, su modello di quella francese, risale al 1799 (decreto del governo rivoluzionario piemontese) e al 1801 (legge della Repubblica cisalpina). Successivamente, dopo la restaurazione, furono emanati nei singoli Stati differenti provvedimenti legislativi; tuttavia, data l’estrema frammentazione politica della penisola, l’utilità di tali leggi era vanificata a causa del loro limitato ambito applicativo. Per ovviare in parte a questo inconveniente, la Toscana, il Regno sabaudo e l'Austria nel 1840 stipularono una convenzione per una protezione comune del diritto d'autore. L’art. 440 del codice civile albertino del 1838, in particolare, stabiliva per la prima volta sul suolo italico il principio per cui le produzioni dell’ingegno umano sono di proprietà dei loro autori, sebbene comunque i contratti di edizione, alla stregua dei contratti di compravendita, consentivano allo stampatore di acquisire la proprietà dell’opera. La legislazione piemontese appariva comunque più avanzata del codice napoleonico, che non prevedeva espressamente alcun diritto a favore dell’autore, e del codice civile austriaco, che collocava il diritto d’autore fra le norme dedicate alla locazione e conduzione di opere. La prima vera legge italiana risale al 1865, subito dopo l'unificazione della penisola, e poi, tradotta nel testo unico 19 settembre 1881 n. 1012, rimase in vigore fino al 1925, quando venne sostituita da una nuova normativa. Infine la legge 22 aprile 1941 n. 633 (Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio) e relativo regolamento del 18 giugno 1942 n. 1369, ha disciplinato più estesamente ed efficacemente la materia. Essa, con numerose successive modifiche e integrazioni, è tuttora in vigore. Inoltre disposizioni sul diritto d'autore si trovano nel nostro codice civile del 1942 agli articoli 2575-2583. Manca invece nella Costituzione italiana un qualsiasi accenno esplicito alla tutela del diritto d'autore, il cui fondamento può tuttavia essere rintracciato nei principi generali della Carta costituzionale. La Repubblica italiana, infatti, riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (art. 2 Cost. come “catalogo aperto” dei diritti), impegna ciascun cittadino a svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, una attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 Cost.), promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica (art. 9 Cost.). Le attività di creazione e 21 divulgazione dell'opera dell’ingegno avvengono nel rispetto della libertà di espressione (art. 21 Cost.) e della libertà dell'arte e della scienza (art. 33). Sotto l'aspetto patrimoniale, il diritto d'autore trova il suo fondamento giustificativo nella tutela del lavoro "in tutte le sue forme e applicazioni" (art. 35 comma 1). L'inclusione della disciplina dei diritti d'autore nel libro del lavoro del codice civile conferma questo assunto, in quanto la creazione dell'opera d'ingegno è considerata dalla legge come particolare espressione del lavoro intellettuale. In particolare, la Corte costituzionale ha ritenuto di collocare la disciplina della protezione delle opere intellettuali all’interno della libertà dell’arte e della scienza18. Nel corso del tempo, la disciplina sul diritto d’autore è stata modificata e integrata da vari interventi normativi, molti dei quali finalizzati al recepimento di direttive comunitarie, che sono menzionati nel paragrafo successivo. Oltre ad essi, ricordiamo: il d. l. n. 72/2004, convertito in legge n. 128/2004, recante interventi per contrastare la diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno; il d. l. n. 7/2005, convertito in legge n. 31/2005, che ha modificato la disciplina dettata dalla legge n. 128/2004; la legge n. 2/2008, che ha trasformato la SIAE in ente pubblico economico e ha consentito di pubblicare sulla rete internet immagini a bassa risoluzione o degradate; il d. lgs. n. 9/2008, relativo alla disciplina della titolarità e della commercializzazione dei diritti audiovisivi sportivi; la legge n. 48/2008, che ha reso esecutiva in Italia la Convenzione di Budapest sulla criminalità informatica del 23 novembre 2001. 1.4. La normativa comunitaria sul diritto d’autore e il suo recepimento nell’ordinamento giuridico italiano La Comunità europea è intervenuta più volte nel corso degli anni dettando norme a tutela della proprietà intellettuale, al fine di armonizzare gli ordinamenti nazionali e far sì che la circolazione delle opere dell’ingegno possa avvenire nel mercato unico senza discriminazioni, favorendone l’utilizzazione economica. Il progressivo recepimento delle direttive comunitarie ha comportato ripetute modifiche e integrazioni della legge italiana sul diritto d’autore. I più rilevanti interventi normativi comunitari, successivi all’emanazione da parte della Commissione europea del Libro verde sul diritto d’autore e le sfide tecnologiche del 198819, sono: la direttiva n. 91/250/CEE sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratori (recepita con d. lgs. n. 518/1992); Corte cost., sent. n. 361/1988. COM(88) 172. 22 la direttiva n. 92/100/CEE relativa al diritto di noleggio, di prestito e di diritti connessi al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale e di alcuni diritti connessi (recepita con d. lgs. n. 685/1994); la direttiva n. 93/83/CEE sul diritto d’autore nell’ambito della radiodiffusione via satellite e nella trasmissione via cavo (recepita con legge comunitaria 1994); la direttiva n. 93/98/CEE riguardante l’armonizzazione della durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi (recepita con legge comunitaria 1994); la direttiva n. 96/9/CE sulla tutela delle banche dati (recepita con d. lgs. n. 169/1999); la direttiva n. 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (attuata con d. lgs. 68/2003); la direttiva 2001/84/CE relativa al diritto dell’autore di un’opera d’arte sulle successive vendite dell’originale (recepita con d. lgs. 118/2006); la direttiva n. 2004/48/CE sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (attuata con d. lgs. 140/2006). Più recentemente, la direttiva n. 92/100/CEE è stata sostituita dalla direttiva n. 2006/115/CE concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d’autore in materia di proprietà intellettuale. Inoltre, la direttiva n. 93/98/CEE è stata sostituita dalla direttiva n. 2006/116/CE del 12 dicembre 2006 concernente la durata di protezione del diritto d’autore e di taluni diritti connessi. 1.5. Il principio di territorialità L’impianto sistematico della legge 633/1941 sancisce il principio della territorialità, per cui essa si applica a tutte le opere di autori italiani, dovunque pubblicate per la prima volta oppure alle opere di autori stranieri domiciliati in Italia, che siano state pubblicate per la prima volta in Italia (art. 185)20. Fuori dal suddetto caso, la legge italiana si applica alle opere di autori stranieri solo se ciò è prescritto dalle convenzioni internazionali sulla protezione delle opere dell’ingegno (art. 186) oppure qualora lo stato di cui è cittadino l'autore straniero conceda alle opere di autori italiani una protezione effettivamente equivalente a quella prevista dalla legislazione italiana (art. 187). Prima del 1995 non era chiaro se le opere di autori italiani pubblicate e/o circolanti all’estero godessero della protezione apprestata dalla legislazione italiana ovvero di quella dello stato di destinazione, sebbene la dottrina, applicando il vecchio art. 22 delle “preleggi”, sostenesse prevalentemente il criterio della lex rei sitae. Anche la Cassazione ribadiva il L’art. 189 prevede inoltre che le disposizioni dell'art. 185 si applicano all'opera cinematografica, al disco fonografico o apparecchio analogo, ai diritti degli interpreti , attori o artisti esecutori, alla fotografia ed alle opere dell'ingegneria, in quanto si tratti di opere o prodotti realizzati in Italia o che possono considerarsi nazionali a termini di questa legge o di altra legge speciale. 23 principio di territorialità, sostenendo che la legislazione italiana fosse applicabile unitamente nel territorio italiano e che quindi la condizione giuridica delle opere dell’ingegno fosse regolata dalla normativa in vigore nello stato di utilizzazione 21. Con la riforma del diritto internazionale privato, avvenuta nel 1995, è stato definitivamente stabilito che i diritti su beni immateriali sono regolati dalla legge dello Stato di utilizzazione (art. 54 l. 218/1995). Analogamente, la responsabilità per fatto illecito è regolata dalla legge dello Stato in cui si è verificato l’evento, anche se il danneggiato può chiedere l’applicazione della legge dello Stato in cui si è verificato il fatto (art. 62 l. 218/1995). Per quanto riguarda la giurisdizione, sussiste quella italiana quando il convenuto è domiciliato o residente in Italia oppure vi ha un rappresentante autorizzato a stare in giudizio (at. 3 l. 218/1995); negli altri casi, la Convenzione di Bruxelles del 1968 consente di citare in giudizio il convenuto dinanzi al giudice del luogo dove è avvenuto l’evento dannoso. Le norme fin qui descritte si applicano con estrema difficoltà alla rete Internet: infatti, considerando il carattere transnazionale e a-territoriale della rete, è assai complesso individuare tanto il luogo in cui l’opera dell’ingegno viene fruita quanto quello in cui si verifica l’evento dannoso o il fatto che ne è all’origine, con la conseguente difficoltà di individuazione della normativa applicabile e della giurisdizione competente. Occorrerebbe, dunque, una nuova convenzione di diritto internazionale privato per unificare le normative nazionali e fornire soluzioni adeguate ai succitati problemi. 1.6. Le opere protette La legge n. 633/1941 sul diritto d’autore accorda protezione alle opere dell'ingegno di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all'architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione (art. 1, comma 1). Sono altresì protetti i programmi per elaboratore, parificati alle opere letterarie ai sensi della convenzione di Berna, nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell'autore (art. 1, comma 2). In senso analogo si esprime l’art. 2575 del codice civile. Va sottolineato che il sorgere della tutela giuridica dipende dalla realizzazione o concretizzazione dell’opera e non è quindi relativa alla semplice idea: l’idea non esteriorizzata, quindi, non è tutelabile di per sé, ma è necessario che l’ideatore si trasformi in autore. Come evidenziato dalla costante giurisprudenza, poi, è necessario che l’opera dell’ingegno presenti carattere creativo, anche se minimo, intendendo per carattere creativo non la novità e l’originalità assolute, ma almeno un certo livello di personale e individuale espressione di un’oggettività22. Cass. Civ., 29 luglio 1958, n. 2754. Cass. civ., sez. I, n. 11953/2003 e n. 5089/2004. 24 L’art. 2 elenca a titolo esemplificativo23 dieci categorie di opere protette: 1) le opere letterarie, drammatiche, scientifiche, didattiche, religiose, in forma scritta o orale; 2) le opere e le composizioni musicali, con o senza parole, le opere drammaticomusicali e le variazioni musicali costituenti di per sé opera originale; 3) le opere coreografiche e pantomimiche, delle quali sia fissata la traccia per iscritto o altrimenti; 4) le opere della scultura, della pittura, dell'arte del disegno, della incisione e delle arti figurative similari, compresa la scenografia; 5) i disegni e le opere dell'architettura; 6) le opere dell'arte cinematografica, muta o sonora, purché non si tratti di semplice documentazione, cui è accordata la medesima protezione che la legge prevede per la semplice fotografia; 7) le opere fotografiche e quelle espresse con procedimento analogo a quello della fotografia, sempre che non si tratti di semplice fotografia24; 8) i programmi per elaboratore25, in qualsiasi forma espressi purché originali, quale risultato di creazione intellettuale dell'autore26; 9) le banche di dati di cui al secondo comma dell'articolo 1, intese come raccolte di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo27; 10) le opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico28. L’interpretazione dell’elenco di cui all’art. 2 in senso meramente esemplificativo consente di attribuire tutela giuridica anche a generi di opere non contemplate dal dato normativo. In tale ottica, ad esempio, è da intendersi che i programmi per elaboratore fossero protetti dalla legge anche prima della loro inclusione nell’elenco ad opera del d. lgs. n. 518/1992. Inoltre, potrebbero essere qualificati come opere dell’ingegno anche i Sebbene la dottrina assolutamente minoritaria ritiene di attribuire all’elenco carattere di tassatività. Ai sensi dell’art. 87 l.d.a. sono semplici fotografie le immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell'arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche. Ai sensi dell’art. 92 l.d.a., il diritto esclusivo sulle fotografie dura vent'anni dalla produzione della fotografia. Il diritto esclusivo di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia spetta al fotografo oppure, se l'opera è stata ottenuta nel corso e nell'adempimento di un contratto di impiego o di lavoro, al datore di lavoro (art. 88). Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso. Con la precisazione che restano esclusi dalla tutela accordata dalla legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso. Con la precisazione che la tutela delle banche di dati non si estende al loro contenuto e lascia impregiudicati diritti esistenti su tale contenuto. La protezione delle opere aventi un’applicazione industriale, invece, è disciplinata dagli artt. 1585 e ss. del codice civile, nonché dal codice della proprietà industriale (d. lgs. n. 30/2005). 25 personaggi di fantasia dotati di caratteristiche proprie ed originali29, le notizie di pubblico dominio la cui esposizione presenti caratteri di creatività30, i format televisivi, i siti Web, le tesi di laurea e così via. Le uniche opere per le quali è richiesto uno specifico valore artistico, oltre al carattere creativo, sono quelle del disegno industriale: tale precisazione è stata aggiunta con il d. lgs. n. 95/2001 onde evitare che tutti i disegni industriali possano accedere alla tutela offerta dalla l. n. 633/1941. L’art. 3 estende la protezione alle opere collettive31, costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i dizionari, le antologie, le riviste e i giornali. Tali opere sono protette come opere originali, indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono composte. Secondo l’art. 4 sono altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell'opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell'opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale. Ciò evidenzia come il requisito della creatività possa coincidere anche con la sola forma di espressione dell’idea e non necessariamente con l’idea in sé. L’art. 5, infine, specifica che le disposizioni fin qui esaminate non si applicano ai testi degli atti ufficiali dello stato e delle amministrazioni pubbliche, sia italiane che straniere. 1.7. L’autore Secondo l’art. 6 della legge n. 633/1941, il titolo originario dell'acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale. La creazione dell’opera, quindi, è condizione sufficiente per l’acquisizione dei diritti connessi, senza la necessità di ulteriori formalità o adempimenti, quali ad esempio il deposito dell’opera o la sua registrazione32. All’autore dell’opera spettano diritti di utilizzazione economica e diritti morali, indicati nel capo III della l.d.a. Per autore si intende, salvo prova contraria33, colui che è indicato nell’opera come tale nelle forme d'uso (quindi non solo con il nome vero, ma anche con lo pseudonimo, il nome d'arte, la sigla o il segno convenzionale, che siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero) ovvero Cass. civ. sez. I, n. 810/1978. Cass. civ. sez. I, n. 7397/1990. Nelle opere collettive, le singoli parti realizzate dai diversi autori rimangono distinte e autonome, a differenza delle opere composte, in cui i contributi dei diversi autori non sono distinti. I diritti di utilizzazioni economica relativi alle opere collettive spettano all’editore salvo patto contrario. A differenza di quanto accade, invece, per i diritti di proprietà industriale i quali, secondo il d. lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale) si acquisiscono mediante brevettazione o registrazione. E’ onere di chi contesta la presunta paternità dell’opera la dimostrazione della propria affermazione. 26 che è annunciato come tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione e radiodiffusione dell'opera stessa (art. 8). Nel caso delle opere collettive – ad esempio enciclopedie, dizionari, antologie, giornali, riviste, ecc. – è considerato autore chi organizza e dirige la creazione dell'opera stessa (art. 7, comma 1), senza tuttavia pregiudizio dei diritti delle opere o parti di opere che la costituiscono: le parti realizzate dai diversi autori, infatti, sono e rimangono distinte e autonome, conservando ciascuna le proprie caratteristiche di contributi creativi dell’ingegno. Nell'opera collettiva, salvo patto in contrario, il diritto di utilizzazione economica spetta all'editore dell'opera stessa, senza pregiudizio derivante dall'applicazione dell'art. 7, mentre ai singoli collaboratori dell'opera collettiva è riservato il diritto di utilizzare la propria opera separatamente, con l'osservanza dei patti convenuti, e in difetto, delle norme sancite dalla l.d.a. agli artt. 38-43. A differenza delle opere collettive, nelle opere composte i singoli contributi individuali si configurano come elementi essenziali di un insieme organico e unitario: si pensi, ad esempio, alle opere drammatico-musicali, a quelle coreografiche, a quelle cinematografiche. In questi casi, i diritti morali sull’opera spettano a ciascun autore, mentre quelli di utilizzazione economica devono risultare da accordi scritti fra i diversi autori. In difetto di tali accordi, si applica la disciplina generale prevista dalla l.d.a. agli artt. 33 ss. per alcune categorie di opere: quelle drammatico-musicali, le composizioni musicali con parole, le opere coreografiche e pantomimiche, le opere cinematografiche, le opere radiodiffuse, quelle registrate su qualsiasi supporto riproduttore di suoni, di voci o di immagini, i programmi per elaboratore, le banche-dati. Diverse da quelle collettive o composte sono le opere in comunione, create con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone. In tal caso, il diritto di autore appartiene in comune a tutti i coautori: le parti indivise si presumono di valore uguale, salvo prova contraria risultante da accordo scritto, e sono applicabili le disposizioni che regolano la comunione, sebbene la difesa del diritto morale possa essere sempre esercitata individualmente da ciascun autore e l’opera non possa essere pubblicata, se inedita, né modificata o utilizzata in forma diversa da quella della prima pubblicazione, senza l'accordo di tutti i coautori (art. 10). Ancora, è considerato autore delle elaborazioni l'elaboratore, nei limiti del suo lavoro (art. 7, comma 2). Anche gli enti pubblici della pubblica amministrazione statale o territoriale, gli enti privati non aventi scopi di lucro, le accademie e gli enti pubblici culturali sono considerati autori delle opere da essi create e pubblicate a proprie spese (art. 11). Infine, i diritti d’autore posso essere fatti valere da chi abbia pubblicato, eseguito o rappresentato un’opera anonima o pseudonima – nel caso in cui lo pseudonimo non sia considerato 27 equivalente al nome dell’autore e non serva quindi ad identificarlo – finché l’autore non si sia rivelato (art. 9). 1.8. Il contenuto morale del diritto d’autore Alcune disposizioni della legge n. 633/1944. attribuiscono all’autore dell’opera, in modo del tutto indipendente dai diritti di utilizzazione economica e dalla loro eventuale cessione, alcuni diritti legati alla protezione della paternità dell’opera, espressione del vincolo indissolubile che lega l’opera dell’ingegno a chi l’ha creata. In particolare, secondo l’art. 20 l.d.a. e l’art. 2577 c.c., l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera, potendo quindi scegliere se identificarsi con il proprio nome, mantenere l’anonimato o utilizzare uno pseudonimo (facoltà di identificazione) e potendo rivendicare la paternità dell’opera nei confronti di chiunque pretenda di esserne l’autore (facoltà di rivendicazione)34. L’autore può inoltre, ai sensi dei medesimi articoli di legge, opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione, pur con alcune eccezioni riferite alle opere architettoniche: l’autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione e non può opporsi a quelle altre modificazioni che si rendesse necessario apportare all'opera già realizzata, fatta salva la possibilità di effettuare lo studio e l'attuazione di tali modificazioni nel caso di opera cui sia riconosciuto dalla competente autorità statale importante carattere artistico. Inoltre, ai sensi dell’art. 21 l.d.a., l'autore di un'opera anonima o pseudonima ha sempre il diritto di rivelarsi e di far riconoscere in giudizio la sua qualità di autore (facoltà di rivelazione); pertanto, nonostante qualunque precedente patto contrario, gli aventi causa dell'autore che si sia rivelato ne dovranno indicare il nome nelle pubblicazioni, riproduzioni, trascrizioni, esecuzioni, rappresentazioni, recitazioni e diffusioni o in qualsiasi altra forma di manifestazione o annuncio al pubblico. L’autore dell’opera è anche titolare del diritto di pubblicazione e di inedito. Egli può infatti disporre liberamente della facoltà di pubblicazione, che sorge nel momento stesso dell’esteriorizzazione dell’opera, anche se questa rimane nella sfera privata del suo autore e non è quindi ancora suscettibile di utilizzazione economica effettiva. Ciò implica che l’autore possa vietare sine die la pubblicazione dell’opera, fissare un termine prima del quale l’opera non è pubblicabile, inibire la pubblicazione dell’opera a determinati soggetti o, al contrario, consentirla a chiunque. Laddove l’autore non ne abbia disposto, il diritto di pubblicare le Anche nel caso di opera di ingegno realizzata in esecuzione di un contratto d’opera, il diritto di rivendicare la paternità dell’opera non viene trasferito al committente. 28 opere inedite e di godere quindi dei connessi diritti di utilizzazione economica spetta agli eredi dell’autore e ai legatari delle stesse, a meno che l’autore non abbia espressamente vietato la pubblicazione dell’opera o ne abbia attribuito ad altri la facoltà (art. 24 l.d.a.). L’autore ha altresì il diritto esclusivo di tradurre l’opera, di elaborarla o trasformarla, di introdurre in essa qualsiasi modificazione, di pubblicare le sue opere in raccolta (art. 18 l.d.a.). Tali diritti, ai quali attengono ovviamente anche aspetti patrimoniali, tendono anche a tutelare l’interesse dell’autore che la propria opera sia percepita e comunicata in modo da non stravolgerne la natura e, conseguentemente, l’elemento creativo individuale che la caratterizza. L’unica eccezione al diritto di integrità dell’opera35 è previsto, relativamente alle opere di architettura, dalla già esaminata disposizione dell’art. 20 l.d.a. L’autore ha anche il diritto di prestare il consenso alla riproduzione del titolo della propria opera sopra altra opera, a meno che non si tratti di opere che siano di specie o carattere così diverso da risultare esclusa ogni possibilità di confusione (art. 100). Infine, l’art. 1582 c.c. e gli artt. 142-143 l.d.a. riconoscono all’autore il diritto di ritirare l’opera dal commercio quando incorrano gravi ragioni morali (diritto al pentimento), con obbligo di indennizzare chi abbia acquistato i diritti di riproduzione, diffusione, esecuzione, rappresentazione o commercializzazione dell’opera stessa. Si tratta di un diritto personale e intrasmissibile, che non può essere esercitato da alcuno dopo la morte dell’autore. Nel caso di opere collettive, i singoli autori delle parti distinte potranno ritirare le parti da essi create; nel caso, invece, di opere in comunione, sarà necessario il consenso unanime di tutti gli autori. Tali diritti, comunemente definiti come “diritti morali”, a differenza di quelli patrimoniali, sono irrinunciabili e inalienabili: ciò significa che l’autore non può spogliarsene, sebbene egli, una volta conosciute ed accettate le modificazioni della propria opera, non possa più impedirne l'esecuzione o chiederne la soppressione (art. 22), essendo nulli eventuali patti contrari. Ciò vale anche nell’ipotesi in cui la realizzazione dell’opera dell’ingegno avvenga in esecuzione di un contratto d’opera36. Questo elemento differenzia il sistema giuridico italiano dai sistemi di common law, che prevedono invece la possibilità di alienazione anche dei diritti morali in base all’accordo concluso fra le parti. Per questo motivo, l’accordo TRIPs si limita ad imporre alle parti contraenti l’adesione alla disciplina espressa dalla Convenzione di Berna unicamente in tema di diritti patrimoniali, senza alcun obbligo di uniformarsi anche alle disposizioni della stessa Convenzione inerenti i diritti morali. I diritti morali, inoltre, sono imprescrittibili, quindi non soggetti a termini di durata. Infatti, ad eccezione del diritto di ritirare l’opera dal commercio che, come si è detto, è impersonale e intrasmissibile, i diritti di paternità di cui all’art. 20 l.d.a. possono essere fatti Tale diritto può essere fatto valere dall’autore anche in caso di opera di ingegno in esecuzione di un contratto d’opera, dal momento che esso non si trasferisce al committente. Cass. civ., sez. I, n. 7109/1982. 29 valere dopo la morte dell’autore senza limiti di tempo dai suoi eredi diretti37 o, qualora finalità pubbliche lo esigano, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, sentita l'associazione sindacale competente. 1.9. La sfera patrimoniale del diritto d’autore Sebbene il diritto d’autore, nei suoi aspetti patrimoniali e morali, sorga all’atto della creazione dell’opera, la vita economica dell’opera ha inizio con la sua pubblicazione, che costituisce il primo atto del diritto di utilizzazione economica. Si intende per pubblicazione l’atto tramite il quale l’opera viene offerta alla conoscenza del pubblico per la prima volta, avvenendo così il passaggio dalla potenzialità di utilizzazione economica all’utilizzazione effettiva. Non a caso, il primo dei diritti di utilizzazione economica riconosciuti all’autore è il diritto esclusivo di pubblicare l’opera, con la precisazione che è considerata prima pubblicazione la prima forma di esercizio del diritto di utilizzazione (art. 12 l.d.a., commi 1 e 3); l’autore ha altresì il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l'opera in ogni forma e modo, originale o derivato, nei limiti fissati dalla legge (art. 12, comma 2). Gli articoli successivi della legge n. 633/1941 indicano i diritti di utilizzazione economica di cui l’autore è titolare esclusivo previsti dalla legge, ovvero: il diritto di riproduzione dell’opera in più esemplari con qualsiasi procedimento – “moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma di riproduzione” – e per qualsiasi finalità (art. 13)38. Rientrano in quest’ambito i diritti di cui all’art. 61 l.d.a., cioè di adattare e di registrare l'opera su qualunque supporto e con qualunque tecnologia, di riprodurre, di distribuire, di noleggiare e di dare in prestito gli esemplari dell'opera così adattata o registrata, di eseguire pubblicamente e di comunicare l'opera al pubblico mediante l'impiego di qualunque supporto39; va anche precisato che, secondo il comma 2 dell’art. 61, la cessione del diritto di riproduzione o del diritto di distribuzione non comprende, salvo patto contrario, la cessione del diritto di esecuzione pubblica o di comunicazione al pubblico; il diritto di trascrizione dell’opera orale, cioè il diritto di trasformare l’opera orale in opera scritta o riprodotta (art. 14); il diritto di esecuzione, rappresentazione o recitazione dell’opera in pubblico, sia gratuitamente che a pagamento (art. 15); non è però da considerarsi pubblica esecuzione, ed è quindi del tutto libera, quella che avviene senza fini di lucro entro la cerchia ordinaria In particolare, dal coniuge e dai figli e, in loro mancanza, dai genitori e dagli altri ascendenti e da discendenti diretti; mancando gli ascendenti ed i discendenti, dai fratelli e dalle sorelle e dai loro discendenti. Questo articolo è stato modificato dall’art. 1 del d. lgs. n. 68/2003, in attuazione della direttiva n. 2001/29/CE. I supporti fonografici, nei quali l'opera dell'ingegno è riprodotta, non possono essere distribuiti se non portino stabilmente indicato il titolo dell'opera riprodotta, il nome dell'autore, il nome dell'artista interprete od esecutore e/o del complesso orchestrale o corale, la data della fabbricazione (art. 62). I supporti devono essere fabbricati od utilizzati in modo che venga rispettato il diritto morale dell'autore (art. 63). 30 della famiglia, del convitto, della scuola, dell'istituto di ricovero, dei centri sociali o degli istituti di assistenza, nonché delle associazioni di volontariato (art. 15, commi 2 e 3); il diritto di comunicazione dell’opera con un qualsiasi mezzo di diffusione a distanza (art. 16)40; il diritto di distribuzione (art. 17)41: esso ha per oggetto qualsiasi forma di distribuzione al pubblico, con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi titolo, dell'originale o delle copie dell’opera e dell'opera comprende anche il diritto esclusivo di introdurre nel territorio degli Stati della Comunità europea le riproduzioni fatte negli stati extracomunitari; il diritto di elaborazione, di traduzione, di pubblicazione in raccolta e di modificazione dell’opera (art. 18); il diritto di pubblicazione delle opere in raccolta (art. 18); il diritto di autorizzare il noleggio dell’opera, cioè la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti dell’opera per un periodo limitato di tempo ed ai fini del conseguimento di un beneficio economico o commerciale diretto o indiretto (art. 18-bis, comma 1)42; il diritto di autorizzare il prestito dell’opera, cioè la cessione in uso degli originali, di copie o di supporti dell’opera da parte istituzioni aperte al pubblico, per un periodo di tempo limitato, a fini diversi da quelli di cui al comma 1 (art. 18-bis, comma 2)43; Tali diritti, che hanno per oggetto l’opera dell’ingegno sia nel suo insieme che in ciascuna delle sue parti, sono fra loro indipendenti e pertanto l'esercizio di uno di essi non esclude l'esercizio esclusivo di ciascuno degli altri diritti (art. 19). Nel caso di banche dati, programmi per elaboratore o disegni industriali creati dal lavoratore dipendente nell’ambito del rapporto di lavoro, è il datore di lavoro titolare esclusivo dei diritti di utilizzazione economica dell’opera, salvo patto contrario (artt. 12-bis e 12-ter l.d.a.) Mentre i diritti morali sono imprescrittibili, quelli patrimoniali sono soggetti ad un termine di durata. Essi infatti generalmente si estinguono, anche nel caso delle opere postume, settanta anni dopo la morte dell’autore (artt. 25 e 31 l.d.a.)44. La medesima durata di protezione è accordata all’opera fotografica (art. 32 bis), ma non alla semplice fotografia (rispetto alla quale i diritti patrimoniali sono protetti per soli venti anni dalla data di produzione). Nel caso delle opere postume pubblicate per la prima volta dopo il settantesimo Questo articolo è stato dapprima novellato con legge n. 248/2000 e poi modificato e integrato dall’art. 2 del d. lgs. n. 68/2003, in attuazione della direttiva 2001/29/CE. Questo articolo è stato modificato dall’art. 3 del d. lgs. n. 68/2003, in attuazione della direttiva 2001/29/CE. Questo articolo è stato aggiunto dall’art. 2 del d. lgs. n. 685/1994. Idem. Inoltre, l’art. 69, comma 1 precisa che il prestito di esemplari a stampa delle opere (esclusi spartiti e partiture musicali) e di i fonogrammi e i videogrammi contenenti opere cinematografiche o audiovisive o sequenze d'immagini in movimento eseguito dalle biblioteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici, ai fini esclusivi di promozione culturale e studio personale, non è soggetto ad autorizzazione da parte del titolare del relativo diritto, al quale non è dovuta alcuna remunerazione. Prima della modifica avvenuta con legge n. 52/1996, la durata ordinaria della protezione del diritto d’autore era di cinquanta anni dalla morte dell’autore. Nel caso delle opere postume, la durata decorreva dalla data di prima pubblicazione. Nel caso delle opere cinematografiche, la durata della protezione, sempre di cinquanta anni, decorreva dalla data della prima proiezione pubblica. 31 anno dalla morte dell’autore, quando cioè i diritti patrimoniali d’autore sono estinti, i diritti esclusivi di utilizzazione economica sono riconosciuti a che effettua la pubblicazione per venticinque anni dalla data della stessa (art. 85 ter). Nel caso delle opere anonime o pseudonime, la durata dei diritti di utilizzazione economica è di settant'anni a partire dalla prima pubblicazione, qualunque sia la forma nella quale essa sia stata effettuata; se però la rivelazione dell’autore avvenisse prima di detto termine, i diritti patrimoniali si estinguono, come nel caso generale, settanta anni dopo la morte dell’autore (art. 27). Nelle opere in comunione, nonché in quelle drammatico-musicali, coreografiche e pantomimiche, la durata dei diritti, utilizzazione economica spettanti a ciascuno dei coadiutori o dei collaboratori si determina sulla vita del coautore che muore per ultimo (art. 26, comma 1). Nelle opere collettive, invece, la durata dei diritti di utilizzazione economica dell'opera come un tutto è di settant'anni dalla prima pubblicazione, ma la durata dei diritti di utilizzazione economica spettante ad ogni collaboratore si determina sulla vita di ciascuno (art. 26, comma 2). Nel caso specifico di parti o volumi della stessa opera pubblicati separatamente in tempi diversi, la durata dei diritti di utilizzazione economica decorre per ciascuna parte o per ciascun volume dall'anno della pubblicazione; le frazioni di anno giovano all'autore (art. 30, comma 1). Analogamente, se si tratta di opera collettiva periodica, quale la rivista o il giornale, la durata dei diritti è calcolata egualmente a partire dalla fine di ogni anno dalla pubblicazione dei singoli fascicoli o numeri (art. 30, comma 2). Nelle opere cinematografiche o assimilate, i diritti di utilizzazione economica durano sino al termine del settantesimo anno dopo la morte dell'ultima persona sopravvissuta fra le seguenti persone: il direttore artistico, gli autori della sceneggiatura, ivi compreso l'autore del dialogo, e l'autore della musica specificamente creata per essere utilizzata nell'opera (art. 32). Tuttavia, occorre tenere in considerazione le disposizioni degli artt. 44 ss. l.d.a., che regolano la cessione dei diritti di sfruttamento economico dell’opera cinematografica da parte degli autori al produttore. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, gli enti pubblici culturali, le accademie e gli enti provati senza fini di lucro hanno diritto esclusivo di utilizzazione economica delle opere da essi prodotte per venti anni decorrenti dalla prima pubblicazione dell’opera (art. 11) L’art. 32 ter, infine, pone un principio generale per il calcolo dei termini finali di durata dei diritti di utilizzazione economica: il termine dovrà essere computato a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui si verifica la morte dell'autore o altro evento considerato dalla norma. A differenza dei diritti morali, che sono intrasmissibili, i diritti patrimoniali sono invece acquistabili, alienabili e trasmissibili: essi possono infatti essere trasferiti dallo stesso autore, che ne è titolare in via esclusiva, a terzi con atti inter vivos o mortis causa. Al compimento dei sedici anni, l’autore ne può disporre in tutti i modi e le forme consentiti dalla legge e può esercitare le azioni connesse (artt. 107 e 108). Per gli atti di trasferimento dei diritti 32 patrimoniali è prescritta la forma scritta ad probationem (artt. 110 l.d.a. e 2581 c.c.). I diritti di pubblicazione dell'opera dell'ingegno e di utilizzazione dell'opera pubblicata non possono formare oggetto di pegno, pignoramento e sequestro, né per atto contrattuale, né per via di esecuzione forzata, finché spettano personalmente all'autore; possono invece essere dati in pegno o essere pignorati o sequestrati i proventi dell'utilizzazione e gli esemplari dell'opera, secondo le norme del codice di procedura civile (art. 111). Inoltre, diritti spettanti all'autore, ad eccezione di quelli di pubblicare un'opera durante la sua vita, possono essere espropriati per ragioni di interesse dello stato (art. 112). Gli artt. 115-177 l.d.a. disciplinano e modalità di trasmissione dei diritti patrimoniali dopo la morte dell’autore, nel caso in cui questi non abbia disposto in merito. Per quanto riguarda, invece, il trasferimento di tali diritti tra vivi, occorre fare riferimento alle norme contenute negli artt. 118-135 l.d.a. che regolano il contratto di edizione, a quelle contenute negli artt. 136-143 l.d.a., che regolano i contratti di rappresentazione e di esecuzione, agli artt. 142-143 l.d.a. relativi al ritiro dell’opera dal commercio, alle norme contenute negli artt. 144-155 l.d.a., concernenti i diritti dell'autore sulle vendite successive di opere d'arte e di manoscritti. Tuttavia, in questa sede non verranno approfonditi i suddetti aspetti, non strettamente inerenti al tema centrale di questa ricerca. Analogamente, non verrà trattato il tema dell’attività di intermediazione per l’esercizio del diritto d’autore esercitata dalla S.I.A.E (artt. 180 ss. l.d.a. e legge n. 2/2008) né le recenti problematiche giurisprudenziali relative all’applicazione del contrassegno S.I.A.E45. 1.10. Alcuni tipi di opere protette (cenni) La legge sul diritto d’autore dedica disposizioni specifiche a talune particolari categorie di opere alle quali viene accordata una protezione particolare: le opere drammatico-musicali, le giornalistiche, le opere cinematografiche, le opere radiodiffuse. Le opere drammatico-musicali comprendono, ai sensi dell’art. 33, le opere liriche, le operette, i melologhi, le composizioni musicali con parole, i balli e balletti musicali. Dette opere sono caratterizzate dalla congiunzione di una parte musicale e di una letteraria. Pertanto, secondo l’art. 34, sebbene l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica spetti all'autore della parte musicale, il profitto della utilizzazione economica è ripartito in proporzione del valore del rispettivo contributo letterario o musicale, con la precisazione che nelle opere liriche si considera che il valore della parte musicale rappresenti la frazione di tre quarti del valore complessivo dell'opera, mentre nelle operette, nei melologhi, nelle composizioni musicali con parole, nei balli e balletti musicali, il valore dei due contributi si considera uguale. In linea generale, ciascuno dei collaboratori ha diritto di utilizzare Corte di Giustizia delle Comunità europee, 8 novembre 2007, causa C-20/05 e Cass. pen. sez. III n. 35562/2008. 33 separatamente e indipendentemente la propria opera. Tuttavia, l’autore della parte letteraria non può disporne per congiungerla ad altro testo musicale, salvo i casi previsti dagli artt. 35 e 36, sui quali qui non ci soffermeremo. Nelle opere in cui la parte musicale non ha funzione o valore principale (ad esempio le opere coreografiche o pantomimiche, le riviste musicali ed opere simili) l'esercizio dei diritti di utilizzazione economica, salvo patto contrario, spetta all'autore della parte coreografica o pantomimica e, nelle riviste musicali, all'autore della parte letteraria (art. 37). Le riviste e i giornali possono considerarsi opere collettive e pertanto, salvo patto in contrario, il diritto di utilizzazione economica spetta all'editore dell'opera stessa, mentre ai singoli collaboratori dell'opera collettiva è riservato il diritto di utilizzare la propria opera separatamente, con l'osservanza dei patti convenuti (art. 38). Laddove nulla sia stato pattuito a riguardo, soccorrono le disposizioni degli artt. 39-43, che non verranno esaminate in questa sede. Anche le opere cinematografiche hanno carattere collettivo, in quanto sono il frutto dell’apporto di più coautori: l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, l'autore della musica ed il direttore artistico (art. 44). Essi sono titolari del diritto morale e pertanto hanno diritto che i loro nomi, con l'indicazione della loro qualità professionale e del loro contributo nell'opera siano menzionati nella proiezione della pellicola cinematografica (art. 48). Gli autori delle parti letterarie o musicali dell'opera cinematografica possono riprodurle o comunque utilizzarle separatamente, purché non ne risulti pregiudizio ai diritti di utilizzazione il cui esercizio spetta al produttore (art. 49). Infatti è il produttore – cioè è indicato come tale sulla pellicola cinematografica – che può esercitare i diritti di utilizzazione economica (art. 45), salvo il diritto dei coautori di percepire un compenso calcolato in percentuale sulle proiezioni pubbliche dell’opera oppure – ma questo vale solo per gli autori del soggetto e della sceneggiatura e per il direttore artistico – determinato contrattualmente con il produttore (art. 46). Al produttore possono essere anche ceduti i diritti di diffusione dell’opera; in tal caso spetta agli autori di opere cinematografiche e assimilate un equo compenso a carico degli organismi di emissione per ciascuna utilizzazione delle opere stesse a mezzo della comunicazione al pubblico via etere, via cavo e via satellite (art. 46-bis). Se il produttore non porta a compimento l'opera cinematografica nel termine di tre anni dal giorno della consegna della parte letteraria o musicale, o non fa proiettare l'opera compiuta entro tre anni dal compimento, gli autori di dette parti hanno diritto di disporre liberamente dell'opera stessa (art. 50). Gli artt. 51-60 regolano il fenomeno della radiodiffusione di opere eseguite in luogo pubblico (teatri o sale da concerto). Per diffondere via radio le opere nuove e le prime rappresentazioni stagionali delle opere non nuove è necessario il consenso dell’autore, da cui si può invece prescindere per le opere non nuove. In ogni caso, il nome dell'autore ed il 34 titolo dell'opera devono essere radiodiffusi contemporaneamente all'opera. L'ente esercente è autorizzato a registrare su disco, o su altro supporto, l'opera stessa, al fine della sua radiodiffusione differita per necessità orarie o tecniche, purché la registrazione suddetta sia, dopo l'uso, distrutta o resa inservibile. L'autore dell'opera radiodiffusa ha il diritto di ottenere dall'ente esercente il servizio della radiodiffusione il pagamento di un compenso da liquidarsi in base al numero delle trasmissioni. 1.11. I diritti connessi (cenni) La legge sul diritto d’autore, pur riconoscendo all’autore dell’opera la titolarità esclusiva dei diritti di utilizzazione economica dell’opera stessa, tutela anche l’apporto creativo di coloro che con la loro attività sono in qualche modo intervenuti nella realizzazione o nella comunicazione al pubblico dell’opera. I diritti di tali soggetti, definiti “diritti connessi” sono oggetto di una disciplina speciale contenuta nel titolo secondo della legge sul diritto d’autore. I titolari dei diritti connessi sono: i produttori di fonogrammi (artt. 72 ss.), che hanno diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione, la distribuzione, il noleggio, il prestito, la messa a disposizione del pubblico dei fonogrammi stessi, nonché di percepire un compenso – così come anche gli artisti interpreti e gli artisti esecutori che abbiano compiuto l'interpretazione o l'esecuzione fissata o riprodotta nei fonogrammi – l'utilizzazione a scopo di lucro dei fonogrammi a mezzo della cinematografia, della diffusione radiofonica e televisiva, ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite, nelle pubbliche feste danzanti, nei pubblici esercizi ed in occasione di qualsiasi altra pubblica utilizzazione dei fonogrammi stessi; tali diritti si prescrivono in cinquanta anni dalla prima fissazione del fonogramma; i produttori di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento (artt. 78-bis ss.), che hanno diritto esclusivo di autorizzare la riproduzione, la distribuzione, il noleggio e il prestito, la messa a disposizione del pubblico degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni; la durata di tali diritti è di cinquanta anni dalla fissazione dell’opera, ma se essa è pubblicata o comunicata al pubblico durante tale termine, la durata è di cinquanta anni dalla prima pubblicazione o, se anteriore, dalla prima comunicazione dell’opera al pubblico; gli esercenti attività di emissione radiofonica o televisiva (artt. 79 ss.), che hanno diritto esclusivo di autorizzare la fissazione, la ritrasmissione, la comunicazione al pubblico, la messa a disposizione del pubblico e la distribuzione delle proprie emissioni; la durata di tali diritti è di cinquanta anni dalla prima diffusione; 35 gli artisti interpreti ed esecutori (artt. 80 ss.), cioè gli attori, i cantanti, i musicisti, i ballerini e le altre persone che rappresentano, cantano, recitano, declamano o eseguono in qualunque modo opere dell'ingegno, siano esse tutelate o di dominio pubblico. Essi hanno diritto esclusivo di autorizzare la fissazione, la riproduzione, la comunicazione al pubblico, la messa a disposizione del pubblico, la distribuzione delle fissazioni, il noleggio e il prestito delle fissazioni delle loro prestazioni artistiche. Essi possono inoltre opporsi alla comunicazione al pubblico o alla riproduzione della loro recitazione, rappresentazione o esecuzione che possa essere di pregiudizio al loro onore o alla loro reputazione. In particolare, gli interpreti ed esecutori che sostengono parti di notevole importanza nell’opera hanno diritto che il loro nome sia indicato nella comunicazione al pubblico della loro recitazione, esecuzione o rappresentazione e venga stabilmente apposto sui supporti contenenti la relativa fissazione, quali fonogrammi, videogrammi o pellicole cinematografiche; hanno inoltre diritto ad un equo compenso per ogni distinta utilizzazione economica dell’opera. I diritti degli artisti interpreti ed esecutori hanno una durata di cinquanta anni a partire dalla esecuzione, rappresentazione o recitazione dell’opera; se una fissazione dell'esecuzione, rappresentazione o recitazione è pubblicata o comunicata al pubblico durante tale termine, i diritti durano cinquanta anni a partire dalla prima pubblicazione, o, se anteriore, dalla prima comunicazione al pubblico della fissazione; gli editori di edizioni critiche e scientifiche di opere di pubblico dominio (artt. 85-quater ss.), che hanno diritto esclusivo utilizzazione economica dell'opera, quale risulta dall'attività di revisione critica e scientifica e diritto all’indicazione del proprio nome, per venti anni a partire dalla prima pubblicazione; gli autori di bozzetti di scene teatrali che non costituiscono opere dell’ingegno coperte dal diritto d’autore, i quali hanno diritto ad un compenso; il diritto si prescrive in cinque anni dalla prima utilizzazione del bozzetto per una rappresentazione teatrale (art. 86); i fotografi (artt. 87 ss.), cui spettano i diritti esclusivi di riproduzione, diffusione e spaccio della fotografia; tali diritti spettano al datore di lavoro se l'opera è stata ottenuta nel corso e nell'adempimento di un contratto di impiego o di lavoro, e al committente nel caso di fotografie di cose in possesso del committente medesimo e salvo pagamento a favore del fotografo; il fotografo ha altresì diritto all’indicazione del proprio nome sulle fotografie ed anche ad un equo compenso nel caso di riproduzione di fotografie nelle antologie ad uso scolastico ed in generale nelle opere scientifiche o didattiche; tali diritti durano venti anni dalla produzione della fotografia; gli autori di corrispondenze epistolari, di epistolari, di memorie familiari e personali e di altri scritti della medesima natura (art.. 93 ss.) che, qualora abbiano carattere confidenziale o si riferiscano alla intimità della vita privata, non possono essere pubblicati, riprodotti od in 36 qualunque modo portati alla conoscenza del pubblico senza il consenso dell'autore, e trattandosi di corrispondenze epistolari e di epistolari, anche del destinatario; i soggetti la cui immagine è riprodotta in ritratti (artt. 96 ss.), che hanno diritto a prestare il proprio consenso all’esposizione, riproduzione o commercializzazione del ritratto; tuttavia non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico; comunque il ritratto non può mai essere esposto o messo in commercio, quando ciò rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata; gli autori di progetti di lavoro di ingegneria (art. 99) che costituiscano soluzioni originali di problemi tecnici, cui compete, oltre al diritto esclusivo di riproduzione dei piani e disegni dei progetti medesimi, il diritto ad un equo compenso a carico di coloro che realizzino il progetto tecnico a scopo di lucro senza il suo consenso. i costitutori di banche-dati (art. 102-bis ss.), ovvero chi effettua investimenti rilevanti per la costituzione di una banca di dati o per la sua verifica o la sua presentazione, impegnando, a tal fine, mezzi finanziari, tempo o lavoro; essi hanno diritto, per quindici anni dal completamento della banca-dati, di vietare le operazioni di estrazione ovvero re-impiego della totalità o di una parte sostanziale della stessa. 1.12. Il copyright (diritto di copia): nozione, eccezioni, limitazioni L’art. 13 l.d.a, come si è visto, attribuisce all’autore il diritto di autorizzare o vietare la riproduzione dell’opera, cioè la sua moltiplicazione in copie diretta o indiretta, temporanea o permanente, in tutto o in parte dell'opera, in qualunque modo o forma, come la copiatura a mano, la stampa, la litografia, l'incisione, la fotografia, la fonografia, la cinematografia ed ogni altro procedimento di riproduzione. Tale diritto non viene di regola esercitato direttamente dall’autore, ma viene ceduto contrattualmente a terzi, secondo gli schemi del contratto di edizione per le stampe, il contratto di riproduzione fotografica e il contratto di edizione musicale. Peraltro, l’art. 2 della direttiva 2001/29/CE precisa che il diritto in oggetto va riconosciuto agli autori relativamente alle loro opere, agli interpreti o esecutori relativamente alla fissazione delle loro prestazioni artistiche, ai produttori di fonogrammi relativamente alle loro riproduzioni fonografiche, ai produttori delle prime fissazioni di una pellicola relativamente all’originale e alle copie delle loro pellicole, agli organismi di diffusione radiotelevisiva relativamente alle fissazioni delle loro trasmissioni. L’espressione “copia diretta o indiretta” è stata prevista dall’art. 1 del d. lgs. n. 68/2003, in esecuzione della direttiva 2001/29/CE, con l’intento di adeguarsi ai cambiamenti 37 dovuti ai nuovi mezzi di riproduzione tecnologica. Si intende per copia diretta la fissazione di un opera su un supporto materiale o la sua memorizzazione digitale o analogica effettuate nel luogo stesso nel quale avviene la rappresentazione, recitazione esecuzione o, comunque, prima comunicazione al pubblico dell’opera. Si intende invece per copia indiretta la riproduzione effettuata da altra riproduzione o da trasmissione a distanza (radiodiffusione, internet, ecc.). L’espressione “qualunque modo o forma” sottolinea che l’esercizio del diritto è del tutto indipendente dal mezzo utilizzato per la riproduzione ovvero dall’oggetto materiale che incorpora l’opera. A differenza della copia tradizionale di tipo meccanico, infatti, che non può mai essere identica all’originale, le copie digitali riproducono fedelmente ed esattamente l’opera copiata e rompono il legame fra l’opera e il supporto che la contiene, mettendo così in crisi gli stessi concetti di “originale” e di copia”. Tuttavia, non può dubitarsi che la copia immateriale, al pari di quella tradizionale, sia una forma di riproduzione dell’opera che, in quanto tale, deve essere autorizzata dall’autore, nonostante le evidenti difficoltà incontrate dal legislatore nella regolamentazione di tale aspetto. L’art. 9 del d. lgs. n. 68/2003, che ha integrato la l.d.a. con l’art. 68-bis, specifica che sono consentiti gli atti di riproduzione che non abbiano un valore economico proprio, che siano transitori o accessori, che siano parte integrante ed essenziale di un procedimento tecnologico e che, infine, vengano eseguiti all'unico scopo di consentire la trasmissione in rete tra terzi con l'intervento di un intermediario o un utilizzo legittimo di un'opera o di altri materiali. La norma si riferisce ai procedimenti che facilitano la navigazione in rete e la realizzazione di copie cache: di qui il riferimento all’accessorietà e alla transitorietà dell’atto di riproduzione nonché all’assenza si un valore economico proprio, in quanto tali copie non sono utilizzabili di per sé in alcun modo. Oltre a questo specifico caso, la legge consente di riprodurre e in taluni casi anche di divulgare, prescindendo dall’autorizzazione dell’autore: i programmi per elaboratore, nei limiti in cui l’attività di riproduzione sia necessaria per l'uso del programma stesso conformemente alla sua destinazione da parte del legittimo acquirente, comprese le copie di riserva del programma necessarie per l’uso (art. 64-ter); il codice del programma per elaboratore, qualora la riproduzione sia indispensabile per ottenere le informazioni necessarie per conseguire l'interoperabilità, con altri programmi, di un programma per elaboratore creato autonomamente; gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere, purché la riproduzione o l'utilizzazione non sia stata espressamente 38 riservata e purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell'autore, se riportato (art. 65, comma 1)46; opere o materiali protetti utilizzati in occasione di avvenimenti di attualità, ma ai fini dell'esercizio del diritto di cronaca e nei limiti dello scopo informativo, sempre che si indichi, salvo caso di impossibilità, la fonte, incluso il nome dell'autore, se riportato (art. 65, comma 2); i discorsi su argomenti di interesse politico o amministrativo tenuti in pubbliche assemblee o comunque in pubblico, nonché gli estratti di conferenze aperte al pubblico, nei limiti giustificati dallo scopo informativo, purché indichino la fonte, il nome dell'autore, la data e il luogo in cui il discorso è stato tenuto (art. 66)47; opere o brani di opere a fini di pubblica sicurezza, nelle procedure parlamentari, giudiziarie o amministrative, purché si indichino la fonte e, ove possibile, il nome dell'autore (art. 67); singole opere o brani di opere per uso personale dei lettori, purché la riproduzione sia fatta a mano o con mezzi non idonei a spaccio o diffusione dell'opera nel pubblico (art. 68, comma 1); la disposizione, quindi, non può trovare applicazione nel caso di riproduzioni in copia fotostatica o in copia digitale; opere esistenti nelle biblioteche accessibili al pubblico o in quelle scolastiche, nei musei pubblici o negli archivi pubblici, purché la riproduzione sia fatta dai predetti organismi per i propri servizi, senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto (art. 68, comma 2); opere a stampa mediante fotocopia/xerocopia o sistemi analoghi48, ad esclusione degli spartiti e delle partiture musicali, però entro il limite del quindici per cento di ciascun volume o fascicolo (art. 68, comma 3)49; la violazione di questa norma comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da 1032 a 5164 euro (art. 171 u.c.); opere esistenti nelle biblioteche pubbliche, sempre limite del quindici per cento (che non si applica nel caso di opere rare e fuori dai cataloghi editoriali), purché le riproduzioni siano ad uso personale e fatte all'interno delle stesse biblioteche mediante fotocopia, xerocopia o sistemi analoghi (art. 68, comma 5)50. Questo articolo consente la riproduzione delle opere indicate in altre riviste o giornali, anche radiotelevisive; la disposizione, però, non menziona esplicitamente il caso di riproduzione su giornali telematici. Questo articolo consente la riproduzione dei discorsi su riviste o giornali, anche radiotelevisivi o telematici. Prima delle modifiche intervenute con la legge n. 248/2000 e il decreto legislativo n. 68/2003 in materia di fotocopie di opere a stampa, vigeva la legge n. 159/1993, che sanzionava chi riproduceva abusivamente opere a stampa mediante fotocopiatura o simili procedimenti con finalità lucrative. Il comma 4 dell’art. 68 prescrive a coloro che mettono a disposizione del pubblico i macchinari per la riproduzione di corrispondere un compenso agli autori ed agli editori delle opere che vengono riprodotte, che non può essere inferiore per ciascuna pagina riprodotta al prezzo medio a pagina rilevato annualmente dall'ISTAT per i libri. Questa disposizione ha fatto si che frequentemente i gestori di esercizi commerciali che prestano servizi di fotocopiatura rifiutino di fotocopiare libri, tanto più che l’ultimo comma dell’art. 171 prescrive una sanzione amministrativa pecuniaria da 1032 a 5164 euro nel caso di omissioni nella corresponsione del compenso. Le biblioteche sono tenute a corrispondere annualmente alla S.I.A.E. una somma forfettaria che la S.IA.E. provvederà a ripartire fra gli autori. 39 un unico esemplare dei fonogrammi e dei videogrammi contenenti opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, siano esse sonore o meno, esistenti presso le biblioteche, cineteche e discoteche dello Stato e degli enti pubblici, purché la riproduzione avvenga per i servizi delle medesime biblioteche/cineteche e senza alcun vantaggio economico o commerciale diretto o indiretto (art. 69, comma 2); brani o parti di opera per riassunto o citazione, se effettuati per uso di critica o di discussione oppure fini di insegnamento o di ricerca scientifica, purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera (art. 70, comma 1)51; a tale proposito va segnalato che il proliferare su siti internet di riproduzioni di materiali protetti, sia pure per un mero fine didattico, senza rispettare i diritti patrimoniali degli autori ha dato luogo ad una serie di denunce che hanno spinto il legislatore (legge n. 2/2008) a regolare con maggiore attenzione il fenomeno; immagini e musiche a bassa risoluzione o degradate attraverso la rete internet e a titolo gratuito, per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro (art. 70, comma 1-bis inserito con legge. n. 2/2008); tale disposizione, tuttavia, non chiarisce affatto che cosa debba intendersi esattamente con l’espressione “a bassa risoluzione o degradate” (il formato mp3, ad esempio, può tecnicamente considerarsi una degradazione); inoltre, il riferimento unicamente agli scopi scientifici e/o didattici esclude usi di tipo diverso, ad esempio quelli di carattere divulgativo tout court (es. enciclopedie online); brani musicali o parti di opere in musica eseguiti da bande musicali e le fanfare dei corpi armati dello Stato, purché l'esecuzione sia effettuata senza scopo di lucro (art. 71); opere protette, purché la riproduzione o la comunicazione al pubblico siano effettuate da portatori di handicap per uso personale, siano direttamente collegate all’handicap e non abbiano carattere commerciale (art. 71-bis); opere o altri materiali contenuti nelle collezioni di biblioteche, istituti di istruzioni, musei, archivi, purché si tratti di materiali non soggetti a vincoli derivanti da atti di cessione o da licenza e purché la riproduzione avvenga a scopo di ricerca o di attività privata di studio, su terminali aventi tale unica funzione situati nei locali di detti enti (art. 71-ter); emissioni radiotelevisive effettuate da ospedali pubblici e da istituti di prevenzione e pena, per un utilizzo esclusivamente interno, purché i titolari dei diritti ricevano un equo compenso determinato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali (art. 71-quater); fonogrammi e videogrammi su qualsiasi supporto, purché si tratti di una copia privata effettuata da una persona fisica per uso esclusivamente personale (la copia non può quindi Nelle antologie ad uso scolastico la riproduzione non può superare la misura determinata dal regolamento, il quale fissa la modalità per la determinazione dell'equo compenso (art. 70, comma 2). Il riassunto, la citazione o la riproduzione debbono essere sempre accompagnati dalla menzione del titolo dell'opera, dei nomi dell'autore, dell'editore e, se si tratti di traduzione, del traduttore, qualora tali indicazioni figurino sull'opera riprodotta (art. 70, comma 3). 40 essere effettuata da terzi), senza scopo di lucro e senza fini direttamente o indirettamente commerciali (art. 71-sexies)52. Il medesimo articolo precisa (comma 3) le eccezioni al diritto di copia privata: non è mai ammessa in caso di opere o di materiali protetti con misure tecnologiche, messi a disposizione dei pubblico in modo che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente: qui il riferimento è alle opere protette da dispositivi di accesso o procedimenti quali ad esempio la cifratura, oppure a quelle soggette a un meccanismo di controllo delle copie effettuate (art. 102-quater), oppure ancora quelle cui è possibile accedere solo in base a misure contrattuali (es. pay-per-view). Tuttavia (comma 4), anche nel caso di opere o materiali protetti con le suddette tecniche, la copia privata è sempre consentita per uso solo personale unicamente alla persona fisica che abbia acquisito il possesso legittimo di esemplari dell'opera o del materiale protetto, ovvero vi abbia avuto accesso legittimo, a condizione che tale possibilità non sia in contrasto con lo sfruttamento normale dell'opera o degli altri materiali e non arrechi ingiustificato pregiudizio ai titolari dei diritti. 1.13. La protezione del diritto d’autore nella società dell’informazione Le innovazioni tecnologiche impongono una riflessione sui cambiamenti nel modo in cui le opere dell’ingegno sono create e fruite nell’era digitale e, quindi, su come adeguare a tali mutamenti la tradizionale disciplina in materia di diritto d’autore. La digitalizzazione, infatti, da un lato determina l’eliminazione del nesso fra opera dell’ingegno e supporto che la contiene e, dall’altro, rende estremamente agevole la duplicazione dell’opera e la sua distribuzione, soprattutto grazie all’uso che a tal fine può essere fatto della rete Internet. Come ha ben evidenziato l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom) nell’allegato B alla delibera n. 668/2010/CONS, «la criticità dell’attuale impianto normativo sul diritto d’autore nasce dal fatto che la possibilità di distribuire e scambiare contenuti attraverso canali digitali di fatto permette che il contenuto venga distribuito senza che i legittimi titolari siano in condizione di esercitare un effettivo controllo e di percepirne l’adeguata remunerazione, con grave pregiudizio per lo sviluppo della creatività e, quindi, per le scelte a disposizione del pubblico dei consumatori/utenti». Nel tentativo di arginare l'utilizzo abusivo di materiali protetti, la legge sul diritto d'autore contiene alcune norme – introdotte con il d. lgs. n. 68/2003 in attuazione della direttiva n. 2001/29/CE e contenute nel Titolo II-ter – dedicato alle misure tecnologiche di protezione, ossia a quegli accorgimenti atti ad impedire o l'accesso a materiale protetto o la Però gli autori ed i produttori di fonogrammi, nonché i produttori originari di opere audiovisive, gli artisti interpreti ed esecutori ed i produttori di videogrammi, e i loro aventi causa, hanno diritto ad un compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi di cui all'articolo 71-sexies. Tale compenso, che viene corrisposto tramite la S.I.A.E. (art. 71-octies), è costituito da una quota del prezzo di apparecchi di riproduzione o di supporti per riprodurre, pagato dall'acquirente finale al rivenditore (art. 71-septies). 41 copia dello stesso. Tali misure possono essere apposte dai titolari del diritto d'autore ovvero dai costitutori di banche-dati (artt. 102-bis e 102-quater l.d.a.), ma devono essere rimosse obbligatoriamente dietro richiesta dell'autorità competente per fini di sicurezza pubblica o per assicurare il corretto svolgimento di un procedimento amministrativo, parlamentare o giudiziario (art, 71-quinques). Peraltro, ai sensi dell'art. 171-ter è sanzionato penalmente chi fabbrica, importa distribuisce, vende, noleggia, cede a qualsiasi titolo o semplicemente pubblicizza strumenti o componenti che abbiano la prevalente finalità di eludere le misure tecnologiche di protezione; analogamente è punito chi presta servizi finalizzati a tale rimozione; la sanzione si estende anche a chi rimuove o altera le informazioni di cui all'art5. 102-quinquies (cioè le informazioni elettroniche sul regime dei diritti, che contengono anche i termini o le condizioni d'uso dell'opera) nonché a chi divulga in qualsiasi modo materiali protetti da cui siano state rimosse tali informazioni. Il software deve essere tutelato come opera dell’ingegno a prescindere dal supporto su cui è registrato, unicamente in virtù del suo contenuto creativo. Fin dagli anni ottanta del secolo scorso, in effetti, la dottrina dominante e la giurisprudenza italiane tendevano ad estendere al software i principi generali di tutela del diritto d’autore53, traendo ispirazione dal Computer Software Amendment Act statunitense del 1980, che è stata la prima legislazione nazionale in materia. Conseguentemente, fin dal 1985 è stato possibile depositare presso la S.I.A.E., con validità quinquennale, i programmi per elaboratore inediti, pur in assenza di qualsiasi valutazione circa l’originalità e il contenuto creativo dell’opera. Successivamente, in base alla direttiva n. 91/250/CEE, al d. lgs. n. 518/1992 e al d. lgs. n. 685/1994, i “programmi per elaboratore come opere letterarie” sono stati inclusi fra le opere protette ai sensi dell’art. 1 l.d.a. L’art. 2 l.d.a., al punto 8, precisa che sono protetti “i programmi per elaboratore, in qualsiasi forma espressi purché originali quale risultato di creazione intellettuale dell'autore. Restano esclusi dalla tutela accordata dalla presente legge le idee e i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce. Il termine programma comprende anche il materiale preparatorio per la progettazione del programma stesso”. Dal 199454, quindi, esiste un registro pubblico speciale per i programmi per elaboratore, la cui tenuta è affidata alla S.I.A.E.: la registrazione, che è facoltativa ed onerosa, riguarda i soli programmi pubblicati (cioè quelli per i quali sia già iniziato l’esercizio dei diritti di utilizzazione economica) e richiede l’indicazione nominativa di tutti gli autori del programma; occorre inoltre che il programma presenti requisiti minimi di originalità e creatività. La tutela prevista dalla legge comporta che all’autore del software spettino i diritti esclusivi di effettuare o autorizzare la sua riproduzione, la sua trasformazione o il suo Si vedano in particolare le sentenze della Corte di cassazione civile n. 6904/1986 e n. 1956/1987 (I sez.). D.P.C.M. n. 244 del 3 febbraio 1994. 42 adattamento, la sua distribuzione al pubblico in qualsiasi forma (art. 64-bis l.d.a.). Tuttavia, chi ha il diritto di utilizzare il programma legittimamente conserva la facoltà – salvo patto contrario – di realizzarne copia in quattro casi (artt. 64-ter e 64-quater): 1) riproduzione o modificazione necessarie all’uso del programma; 2) copia di riserva del programma necessaria all’uso; 3) copia necessaria per osservare, studiare o sottoporre a prova il funzionamento del programma; 4) riproduzione o modificazione necessarie per garantire l’interoperabilità del programma con altri programmi. I diritti di cui sopra sono riconosciuti ai titolari delle licenza d’uso del software, cioè a coloro che hanno acquisito legittimamente il diritto di utilizzare il programma. Esistono vari tipi di licenze, la cui titolarità può acquistarsi onerosamente o gratuitamente a seconda dei casi. Le licenze open source55, ad esempio, sono basate sul principio del libero accesso al codice sorgente del programma per elaboratore, in modo che chiunque possa implementare il programma. L’open source pone interessanti problemi sotto l’aspetto della proprietà intellettuale, anche se sembra ormai consolidata la teoria in virtù della quale, dato l’apporto costante fornito da più soggetti, questo particolare software andrebbe inquadrato nella categoria delle opere collettive e, in quanto tale, tutelabile ai sensi dell’art. 10 l.d.a. Le licenze freeware, invece, particolarmente comuni per il software che circola in rete, prevedono che il programma possa essere liberamente copiato e utilizzato gratuitamente, pur rimanendo inaccessibile il codice sorgente salvo consenso dell’autore, al quale vengono riconosciuti i diritti di proprietà intellettuale. Le licenze cardware, muovendo da analoghi presupposti, consentono che il software venga copiato e utilizzato da chiunque a condizione che all’autore venga inviata una comunicazione nonché una somma simbolica quale compenso del proprio sforzo creativo. Le licenze shareware consentono la libera utilizzazione del software nel rispetto di alcuni limiti indicati dalla licenza stessa; detti limiti possono riguardare, ad esempio, l’utilizzo del programma entro un certo termine oppure l’utilizzo di una sola parte dello stesso oppure ancora il suo utilizzo in forma disturbata (ad esempio da messaggi pubblicitari). L’art. 181-bis l.d.a., introdotto dalla legge n. 248/2000, prescrive l’apposizione da parte della S.I.A.E. di un contrassegno su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, destinati ad essere posti comunque in commercio o ceduti in uso a qualunque titolo a fine di lucro. Evidentemente sfuggono all’applicazione di tale disposizione in programmi che possono essere distribuiti gratuitamente (open source) e quelli che circolano liberamente in rete senza copyright. Il regolamento di esecuzione di tale disposizione è stato Nel 1985 Richard Stallman, fondatore della Free Software Foudation (ESF), lanciò il modello del software open source imponendo il modello della general public licence (GPL), che prevede che i produttori aderenti al progetto debbono rilasciare i programmi per elaboratore completi dei codici sorgente e di tutte le informazioni necessarie alla loro compilazione (copyleft). 43 emanato con d.P.C.M. n. 338/2001 e poi modificato con d.P.C.M. n. 296/2002. Senza soffermarsi sul contenuto di tali regolamenti, va tuttavia segnalato che la Corte di Giustizia delle Comunità europee, con sentenza 8 novembre 2007, causa C-20/2005, ha reso inapplicabili le norme in tema di contrassegno S.I.A.E. sui prodotti della società dell’informazione in mancanza di previa notifica alla Commissione europea, in quanto il contrassegno è da considerarsi una misura tecnica che andrebbe notificata, appunto, alla Commissione. Tra gli illeciti tipici della società dell’informazione, la duplicazione e la distribuzione abusiva di software sono fra quelli ritenuti meno gravi nella coscienza comune. Tuttavia, tale condotta è punita ai sensi dell’art. 17-bis l.d.a., introdotto con il d. lgs. n. 518/1992 in recepimento della direttiva n. 91/250/CEE. La norma punisce con pene ingenti (reclusione da sei mesi a tre anni e multa fino a 15.493 euro) chi duplica abusivamente programmi per elaboratore o importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE). La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratore. Per l’individuazione della condotta illecita, la formulazione originaria della norma richiedeva il fine di lucro; la disposizione è stata però novellata con legge n. 248/2000, che ha sostituito al dolo di lucro il dolo di profitto56, estendendo così moltissimo l’area dell’illecito penale. Comunque, va sottolineato che il comportamento penalmente rilevante non è la riproduzione o detenzione o distribuzione del programma in sé considerate – che sono anzi consentite dalla legge nell’ambito del diritto di copia privata – ma le condotte sorrette dal dolo specifico di profitto. Dal 1999 (d. lgs. n. 169/1999 che ha recepito la direttiva n. 96/9/CE) la legislazione sul diritto d'autore considera esplicitamente anche la protezione delle banche-dati, precedentemente garantita solo in via giurisprudenziale. La direttiva europea qualifica le banche-dati come una raccolta di opere letterarie, artistiche, musicali o di altro genere, oppure di materiali quali testi, suoni, immagini, numeri, fatti o dati. Tali elementi devono essere disposti in maniera sistematica o metodica, nonché individualmente; la definizione, quindi, non ricomprende anche le opere cinematografiche, audiovisive, letterarie o musicali, in cui non è presente il carattere della sistematicità e della connotazione individuale dei singoli elementi. La banca-dati deve essere protetta poiché il sistema o criterio utilizzato per la raccolta dei singoli elementi, nonché la sua eventuale successiva informatizzazione, Con il termine “lucro” si intende un guadagno patrimoniale, ossia un accrescimento positivo del patrimonio consistente nell’acquisizione di uno o più beni. Il termine “profitto”, invece, ha un significato ben più ampio, implicando sia il lucro – ossia l’accrescimento patrimoniale – sia il mancato depauperamento del patrimonio derivante, ad esempio, dal risparmio di spesa. 44 costituiscono un quid dotato di autonomo ed originale contenuto. La l.d.a, pertanto, attribuisce all'autore della banca-dati il diritto esclusivo di autorizzarne l'utilizzo e la riproduzione (artt. 64-quinquies e 64-sexies), mentre il costitutore della banca-dati, indipendentemente dalla protezione accordata all'autore, ha il diritto di vietare le operazioni di estrazione ovvero di reimpiego della totalità della banca-dati o di una sua parte sostanziale (art. 102-bis). Inoltre, l'utente legittimo di una banca-dati messa a disposizione del pubblico non può eseguire operazioni che siano in contrasto con la normale gestione della banca-dati o arrechino un ingiustificato pregiudizio al suo costitutore (art. 102-ter). Sebbene la rete Internet sia percepita dagli utenti come una sorta di “ambiente”, il cyberspazio in realtà non è un’entità geografica, non è un luogo fisico, ma è un mezzo di comunicazione che, per sua natura, rende assai difficile, se non addirittura impossibile, la collocazione geografica dei soggetti che utilizzano il Web. Questo rende problematica l’applicazione di quelle disposizioni della legge sul diritto d’autore basate sul concetto di luogo. Si pensi ad esempio all’art. 196 l.d.a., che fa riferimento al luogo di prima pubblicazione dell’opera identificandolo con il luogo in cui sono esercitati per la prima volta i diritti di utilizzazione economica: nel caso di un opera pubblicata per la prima volta in internet, come può essere identificato questo luogo? Si pensi, inoltre, a tutte le disposizioni della legge sul diritto d’autore relative alle sanzioni penali e alla conseguente difficoltà ad applicare, nel caso di reati commessi attraverso la rete Internet, le norme del codice di procedura penale relative alla determinazione della competenza del giudice in base al criterio del locus commissi delicti. Peraltro, poiché alla rete Internet non sono sovrapponibili i confini territoriali nazionali, la difficoltà di individuare il foro competente si arricchisce di implicazioni transnazionali, non solo per quanto riguarda la giurisdizione applicabile, ma anche e soprattutto relativamente alla garanzia di esecuzione delle sentenze dei giudici nazionali. A livello europeo, quindi, si è avvertita la necessità di una specifica direttiva – la n. 2000/48/CE – che si occupasse dei diritti di proprietà intellettuale con riferimento agli aspetti processuali della tutela, nel tentativo di assicurare almeno un livello minimo di omogeneità nelle normative nazionali in materia di strumenti atti ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Infine, poiché gli utenti di Internet sono sovente protetti dall’anonimato, può risultare addirittura impossibile individuare i soggetti responsabili di eventuali violazioni. La soluzione di questi problemi non può passare attraverso un’attribuzione di responsabilità all’Internet Service Provider, poiché ciò è esplicitamente escluso dalla direttiva europea sul commercio elettronico (n. 2000/31/CE) e dal decreto legislativo di recepimento (n. 70/2003), in considerazione del fatto che gli ISP non hanno la materiale possibilità di controllare il flusso delle informazioni che gli utenti immettono in rete attraverso i servizi da essi offerti né la veridicità delle informazioni di carattere personale fornite dai destinatari dei loro servizi. Se, quindi, gli ISP non possono essere assoggettati ad un obbligo 45 generale di sorveglianza sulle informazioni che essi trasmettono o memorizzano né ad un obbligo di ricercare attivamente fatti o circostanze indicanti la presenza in rete di attività illecite, ad essi può essere unicamente richiesto, secondo le disposizioni vigenti: 1) di informare senza indugio le competenti autorità giudiziarie o amministrative qualora vengano a conoscenza di fatti o attività illeciti; 2) di fornire, su richiesta delle competenti autorità, tutte le informazioni in loro possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei loro servizi; 3) di impedire l’accesso, sempre su richiesta delle competenti autorità, ai contenuti illeciti. Sempre a livello europeo, inoltre, si è cercato di realizzare un livello minimo di armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione attraverso la già menzionata direttiva n. 2001/29/CE, che attribuisce agli autori e ad altri soggetti esclusivo (artisti interpreti o esecutori, produttori di fonogrammi, produttori delle prime fissazioni su pellicola, organismi di diffusione radiotelevisiva) il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico delle opere originali o delle loro copie, prevedendo però alcune eccezioni al generale divieto basate sul concetto di copia per uso privato, in assenza di finalità anche solo indirettamente commerciali. La finalità di tale direttiva è quella di evitare che le disparità nel livello di protezione delle opere dell’ingegno riscontrabili nei diversi ordinamenti nazionali possano generare restrizioni alla libera circolazione nel mercato interno di servizi o prodotti basati sul principio di protezione della proprietà intellettuale. In assenza di specifiche disposizioni legislative, la giurisprudenza si è talvolta occupata di protezione dei siti internet come opere di carattere creativo, a prescindere dal linguaggio utilizzato. E' stata inoltre considerata, sempre in via giurisprudenziale la questione della tutela dei meta tag, della liceità della pratica del linking e, viceversa, dell'illiceità di quella del framing, della protezione del contenuto delle e-mail come opera dell'ingegno di carattere creativo. Nonostante tali interventi, il proliferare di strumenti informatici e telematici in grado di riprodurre, comunicare e diffondere opere dell’ingegno con crescente facilità continua ad essere al centro del dibattito. La particolare preoccupazione destata dal fenomeno delle reti peer-to-peer (P2P) – un’architettura di rete decentrata che consente la condivisione delle risorse fra utenti – ha spinto il legislatore italiano ad intervenire con il d.l. n. 72/2004, convertito in legge n. 128/2004 (c. d. legge Urbani, contenente misure di contrasto alla diffusione telematica abusiva di opere dell’ingegno) e successivamente con il d.l. n. 7/2005, convertito in legge n. 43/2005, recante modifiche alla precedente disciplina. Tali interventi normativi hanno riguardato l’art. 171-ter l.d.a., che sanziona penalmente (reclusione da sei 46 mesi a tre anni e multa da euro 2.582 a euro 15.49357) la condotta di chi duplica, riproduce, trasmette, diffonde o pone in commercio diversi tipi di opere dell’ingegno protette con svariati sistemi, anche implicanti l’utilizzo di nuove tecnologie. Le condotte sanzionate devono avvenire “per uso non personale” e, secondo quanto previsto originariamente dalla legge n. 128/2004, “a fini di profitto”. Con particolare riferimento al fenomeno P2P, la legge n. 128/2004 ha integrato il comma 2 dell’art. 171-ter con il punto a-bis, che nella versione originaria puniva chi, sempre per fini di profitto, comunicasse al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore o parte di essa (upload). A parte l’oggettiva difficoltà di individuare i responsabili delle condotte illecite attraverso le reti P2P – sebbene la stessa legge abbia previsto un obbligo in capo agli ISP di comunicare alle autorità di polizia le informazioni in loro possesso utili a tal fine – la novella del 2004, introducendo il dolo specifico di profitto, sanzionava penalmente una vastissima gamma di comportamenti e giungeva fino a considerare quale illecito penale praticamente qualsiasi tipo di scambio di files in rete che avvenisse per uso non personale. Tale precisazione non è comunque irrilevante, se si considera che nella maggior parte dei casi il download di files attraverso reti P2P avviene in effetti per uso personale e quindi avrebbe potuto essere fatto rientrare all’interno del diritto di copia privata di cui all’art. 71-sexies. Comunque, date le polemiche sorte a seguito dell’entrata in vigore della legge Urbani, la successiva legge n. 43/2005 ha sostituito il dolo di lucro al dolo di profitto per i reati previsti dall’art.171-ter, comma1 e comma 2 lettera a-bis, restringendo così l’area dell’illecito58. Quindi attualmente la comunicazione al pubblico di opere protette tramite reti telematiche è punita ex art. 171-ter nel caso in cui la condotta avvenga a fini di lucro e per uso non personale. L’ipotesi di reato qui considerata, quindi, è il comportamento chi diffonde opere protette mediante reti telematiche allo scopo di trarne un guadagno patrimoniale. Questo tipo di comportamento, assai frequente tramite la rete Intenet, non è tuttavia quello tipico degli utenti delle reti peer-to-peer, i quali solitamente condividono files di vario genere del tutto gratuitamente (quindi senza alcun fine di lucro) e per uso personale (per avere la possibilità di partecipare a loro volta alla comunità P2P). Nella nuova versione, quindi, la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 171-ter, lettera a-bis, non è più applicabile alle reti peer-topeer. Tuttavia, proprio per questo, la stessa legge n. 43/2005 ha integrato l’art. 171 con un ulteriore punto a-bis, secondo cui è punito chiunque metta a disposizione del pubblico, E inoltre l’applicazione delle pene accessorie di cui agli articoli 30 e 32-bis del codice penale (interdizione temporanea da professione o arte e interdizione temporanea dagli uffici direttivi), la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati, la sospensione per un periodo di un anno della concessione o autorizzazione di diffusione radiotelevisiva per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale. Sulla differenza fra profitto e lucro si veda la nota n. 40. 47 immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta, o parte di essa. Le due disposizioni appaiono simili, ma in quest’ultima si utilizza l’espressione “mettere a disposizione del pubblico” e non quella “comunicare al pubblico”, individuando così più precisamente la condotta tipica degli utenti delle reti P2P. Inoltre, i reati di cui all’art. 171, a differenza di quelli di cui all’art. 171-ter, non richiedono alcun tipo di dolo specifico (dolo o profitto). Le condotte illecite sono quindi qui punite a prescindere dalla finalità del dolo, ma solo in quanto comportamenti praticati da “chiunque, senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma”. Di conseguenza, è sanzionata anche la condotta che avvenga a fini personali e in modo del tutto gratuito. Però le pene sono più lievi rispetto ai reati di cui all’art. 171-ter: non è prevista alcuna pena detentiva, ma solo una sanzione pecuniaria da 51 a 2065 euro, che è comunque oblazionabile59. La musica in rete può comunque essere legittimamente messa a disposizione degli utenti da quei content provider ai quali la S.I.A.E. rilascia la c.d. licenza sperimentale, della durata di un anno, grazie alla quale le opere del repertorio musicale tutelate dalla S.I.A.E. possono essere messe a disposizione del pubblico e riprodotte con qualsiasi protocollo di trasmissione (streaming o download), indipendentemente dall'eventuale natura commerciale del sito o dell'attività di riproduzione, in cambio del versamento da parte del contraente di quote forfetarie alla S.I.A.E.. Per quanto riguarda il nome a dominio – che solitamente non viene scelto a caso, ma tende a rispecchiare un'attività economica o un marchio o il nome di una persona o il titolo di un'opera – in assenza di una disciplina legislativa apposita la giurisprudenza ha talvolta ritenute applicabili le norme in materia di protezione del diritto d'autore nei casi in cui, ad esempio, il nome a dominio riproduce il titolo di un'opera o riveste comunque un apprezzabile carattere creativo. Infatti, l’art. 100 l.d.a. prevede che il titolo di un’opera, quando individui l'opera stessa, non possa essere riprodotto sopra altra opera senza il consenso dell'autore. Analogamente l’art. 102 vieta, come atto di concorrenza sleale, la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima specie, delle testate, degli emblemi, dei fregi, delle disposizioni di segni o caratteri di stampa e di ogni altra particolarità di forma o di colore nell'aspetto esterno dell'opera dell'ingegno, quando detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore. Questa norma può essere quindi applicata anche nel caso di riproduzione del nome a dominio. Il codice della proprietà industriale, invece, reca il divieto di adottare come nome a dominio un segno uguale o simile all'altrui marchio (art. 22). Chiunque commette la violazione di cui al primo comma, lettera a-bis), è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima dell'emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della pena stabilita dal primo comma per il reato commesso, oltre le spese del procedimento. Il pagamento estingue il reato (art. 171, comma 1-bis). 48 1.14. La violazione dei diritti di utilizzazione economica e del diritto morale: tutela civile I diritti di utilizzazione economica riconosciuti dalla legge possono essere fatti valere in giudizio dal titolare degli stessi (solitamente l’autore dell’opera), da chi si trovi nel possesso legittimo dei diritti stessi o anche da chi possa agire in rappresentanza del titolare dei diritti (art. 167 l.d.a.). Quindi, chi ha ragione di temere la violazione di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante, oppure intende impedire la continuazione o la ripetizione di una violazione già avvenuta sia da parte dell'autore della violazione che di un intermediario i cui servizi sono utilizzati per tale violazione, può agire in giudizio per ottenere che il suo diritto sia accertato e sia vietato il proseguimento della violazione (art. 156, comma 1). Inoltre, chi venga leso nell'esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante può agire in giudizio per ottenere, oltre al risarcimento del danno, anche che sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione a spese dell'autore della violazione stessa (art. 158, comma 1). Però la rimozione o la distruzione non possono essere domandate nell'ultimo anno della durata del diritto; in tal caso, deve essere ordinato il sequestro dell'opera o del prodotto sino alla scadenza della durata medesima (art. 160). Nello specifico caso della rappresentazione o esecuzione abusiva di un’opera adatta a pubblico spettacolo, compresa l’opera cinematografica, o di un’opera o composizione musicale, chi si trova nell'esercizio dei diritti di rappresentazione o di esecuzione può richiedere al prefetto della provincia la proibizione della rappresentazione o della esecuzione, ogni qualvolta manchi la prova scritta del consenso da esso prestato (art. 157, comma 1). Infine, secondo le norme del codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari, il titolare di un diritto di utilizzazione economica può chiedere che sia disposta l'inibitoria di qualsiasi attività che costituisca violazione del diritto stesso e il giudice può fissare una somma dovuta per ogni violazione o inosservanza successivamente constatata o per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento (art. 163, commi 1 e 2). Ai fini dell’esercizio delle azioni suindicate, l’autorità giudiziaria può ordinare la descrizione, l'accertamento, la perizia od il sequestro di ciò che si ritenga costituire violazione del diritto di utilizzazione; è inoltre possibile ricorrere ai procedimenti d'istruzione preventiva (art. 161, comma 1). In casi particolarmente gravi, l’autorità giudiziaria può anche ordinare il sequestro dei proventi dovuti all'autore dell'opera o del prodotto contestato. I suddetti provvedimenti sono disciplinati dalle norme dei codice di procedura civile concernenti i procedimenti cautelari di sequestro e di istruzione preventiva (art. 162, comma 1). 49 L’art. 168 l.d.a. prevede che le norme fin qui descritte, relative alla violazione dei diritti di utilizzazione economica, siano applicabili anche nei giudizi concernenti l'esercizio del diritto morale, per quanto lo consenta la natura di questo diritto. Però l'azione a difesa dell'esercizio dei diritti che si riferiscono alla paternità dell'opera può dar luogo alla sanzione della rimozione e distruzione solo quando la violazione non possa essere convenientemente riparata mediante aggiunte o soppressione sull'opera delle indicazioni che si riferiscono alla paternità dell'opera stessa o con altri mezzi di pubblicità (art. 169). Inoltre l'azione a difesa dei diritti che si riferiscono all'integrità dell'opera può condurre alla rimozione o distruzione dell'esemplare deformato, mutilato o comunque modificato dell'opera, solo quando non sia possibile ripristinare detto esemplare nella forme primitiva a spese della parte interessata ad evitare la rimozione o la distruzione (art. 170). 1.1.14 I reati contro il diritto d’autore e le relative sanzioni Gli articoli 171 ss. della legge sul diritto d’autore prevedono specifiche fattispecie di reato, configurando le relative sanzioni. Il dettato normativo originale è stato più volte modificato e integrato nel tempo – ad esempio tramite la legge n. 248/2000 – con un crescente inasprimento delle sanzioni. Comunque, le sanzioni previste negli artt. 171 ss. si applicano quando il fatto non costituisca reato più grave previsto dal codice penale o da altre leggi (art. 173). L’art. 174 prevede inoltre che nei giudizi penali per le violazioni degli artt. 171 ss. la persona offesa, costituitasi parte civile, può sempre chiedere al giudice l'applicazione dei provvedimenti e delle sanzioni previsti dagli articoli 159 e 160 (rimozione o distruzione di esemplari o copie illecitamente riprodotti e diffusi; aggiudicazione al danneggiato, a titolo di risarcimento, di esemplari, copie e apparecchi soggetti alla distruzione; sequestro dell’opera o del prodotto). Per quanto riguarda, dunque, i reati contro il diritto d’autore, l’art. 171, che apre la relativa sezione, punisce con multa da 51 a 2065 euro talune condotte illecite senza richiedere il dolo specifico (lucro o profitto). La sanzione pecuniaria, infatti, grava su chiunque si renda responsabile di tali condotte “senza averne diritto, a qualsiasi scopo e in qualsiasi forma”. Inoltre, la pena è aggravata (reclusione fino a un anno e multa non inferiore a 516 euro) quando alla violazione dei diritti di utilizzazione economica si aggiunge anche quella dei diritti morali, ossia qualora i medesimi reati siano “commessi sopra una opera altrui non destinata alla pubblicità, ovvero con usurpazione della paternità dell'opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell'opera medesima, qualora ne risulti offesa all'onore od alla reputazione dell'autore”. I reati previsti dall’art. 171 sono: 50 la riproduzione, trascrizione, pubblica recitazione, diffusione, vendita, commercializzazione di un'opera altrui, o la rivelazione del suo contenuto prima che sia reso pubblico, o l’introduzione e la messa in circolazione nello Stato di esemplari prodotti all'estero contrariamente alla legge italiana; la messa a disposizione del pubblico, immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, di opera dell'ingegno protetta o di parte di essa60; la rappresentazione, esecuzione o recitazione in pubblico o la diffusione, con o senza variazioni od aggiunte, di un'opera altrui adatta a pubblico spettacolo o di una composizione musicale61; la riproduzione di un numero di esemplari dell’opera superiore a quello cui si ha diritto; l’esecuzione o rappresentazione dell’opera un numero di volte maggiore rispetto a quelle alle quali si ha diritto; la trasmissione o ritrasmissione abusiva di musica su filo o per radio; la registrazione abusiva di musica su dischi o altri apparecchi e lo smercio di tali indebite registrazioni. Tutti i comportamenti indicati sono considerati penalmente illeciti anche se compiuti mediante una delle forme di elaborazione previste dalla legge sul diritto d’autore. Se gli illeciti indicati nell’art. 171 sono commessi a titolo colposo e non doloso si applica solo una sanzione amministrativa fino a 1.032,00 euro. Il primo comma dell’art. 171-bis tutela l’integrità dei programmi per elaboratore e dunque punisce (reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 2.582 a euro 15.493 62) le seguenti condotte abusive poste in essere a fini di profitto: duplicazione, importazione, distribuzione, vendita, detenzione a scopo commerciale o imprenditoriale, concessione in locazione di programmi per elaboratore contenuti in supporti privi di contrassegno S.I.A.E.; analoghi comportamenti riguardanti qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l'elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori. Il secondo comma dell’art. 171-bis si riferisce invece alle banche-dati e punisce con reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 2.582 a euro 15.49363 le condotte abusive di chi, a fini di profitto: Disposizione aggiunta con la l. n. 43/2005 con specifico riferimento è alla circolazione delle opere mediante reti peer-to-peer. Con riferimento alla pena applicabile a tale ipotesi di reato, il comma 1-bis dell’art. 171 prevede la possibilità di oblazione. Si veda a tale proposito il paragrafo dedicato alla protezione del diritto d’autore nella società dell’informazione e la nota n. 44. La rappresentazione o esecuzione comprende la proiezione pubblica dell'opera cinematografica, l'esecuzione in pubblico delle composizioni musicali inserite nelle opere cinematografiche e la radiodiffusione mediante altoparlante azionato in pubblico. Nelle due precedenti ipotesi, per fatti di rilevante gravità la pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493. 51 riproduce su supporto privo di contrassegno S.I.A.E., trasferisce su altro supporto, distribuisce, comunica, presenta o dimostra in pubblico il contenuto di una banca di dati in violazione dei diritti del suo autore; esegue l'estrazione o il reimpiego della banca di dati in violazione dei diritti del suo costitutore; distribuisce, vende o concede in locazione una banca di dati. L’art. 171-ter, al primo comma, punisce con reclusione da sei mesi a tre anni e multa da euro 2.582 a euro 15.49364 una serie di comportamenti, per lo più connessi alla riproduzione e diffusione radiotelevisiva di prodotti audiovisivi, aventi la caratteristica di essere posti in essere per uso non personale e a fini di lucro. Le sanzioni indicate sono applicabili: a chiunque abusivamente duplichi, riproduca, trasmetta o diffonda in pubblico con qualsiasi procedimento, in tutto o in parte, un'opera dell'ingegno destinata al circuito televisivo, cinematografico, della vendita o del noleggio, dischi, nastri o supporti analoghi ovvero ogni altro supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive assimilate o sequenze di immagini in movimento; a chiunque abusivamente riproduca, trasmetta o diffonda in pubblico, con qualsiasi procedimento, opere o parti di opere letterarie, drammatiche, scientifiche o didattiche, musicali o drammatico-musicali, ovvero multimediali, anche se inserite in opere collettive o composite o banche dati; a chiunque, pur non avendo concorso alla duplicazione o riproduzione dell’opera, introduca nel territorio dello Stato, detenga per la vendita o la distribuzione, o distribuisca, ponga in commercio, conceda in noleggio o comunque ceda a qualsiasi titolo, proietti in pubblico, trasmetta a mezzo della televisione con qualsiasi procedimento, trasmetta a mezzo della radio, faccia ascoltare in pubblico le duplicazioni o riproduzioni abusive di cui ai precedenti punti65; La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità. Le sanzioni sono diminuite per fatti di particolare tenuità. Però le condanne per i reati di cui al primo comma dell’art. 171-ter comportano anche le pene accessorie di cui agli articoli 30 e 32-bis del codice penale (interdizione temporanea da professione o arte e interdizione temporanea dagli uffici direttivi), la pubblicazione della sentenza in uno o più quotidiani, di cui almeno uno a diffusione nazionale, e in uno o più periodici specializzati, la sospensione per un periodo di un anno della concessione o autorizzazione di diffusione radiotelevisiva per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale. In tema di trasmissione o ri-trasmissione di opere protette dal diritto d’autore per mezzo della radio o della televisione, va segnalato che il d. lgs. n. 44/2010, con cui è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano la direttiva europea sui servizi di media audiovisivi (2007/65/CE), modificando così il precednte Testo Unico sulla radiotelevisione (d. lgs. n. 177/2005) ha previsto all’art. 6 il divieto per i fornitori di servizi di media audiovisivi – cioè la persona fisica o giuridica cui e' riconducibile la responsabilità editoriale della scelta del contenuto audiovisivo del servizio di media audiovisivo e che ne determina le modalità di organizzazione – di trasmettere o ri-trasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi piattaforma e qualunque sia la tipologia di servizio offerto, programmi oggetto di diritti di proprietà intellettuale di terzi, o parti di tali programmi, senza il consenso di titolari dei diritti. Il medesimo articolo ha previsto altresì l’obbligo per i fornitori di servizi di media audiovisivi di trasmettere le opere cinematografiche nel rispetto dei termini temporali e delle condizioni concordate con i titolari dei diritti. Il potere di vigilare sul rispetto di tale norma è attribuito, al comma 3 del 52 a chiunque detenga per la vendita o la distribuzione, ponga in commercio, venda, noleggi, ceda a qualsiasi titolo, proietti in pubblico, trasmetta a mezzo della radio o della televisione con qualsiasi procedimento, videocassette, musicassette, qualsiasi supporto contenente fonogrammi o videogrammi di opere musicali, cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento, od altro supporto per il quale è prescritta, ai sensi della presente legge, l'apposizione di contrassegno da parte della Società italiana degli autori ed editori (S.I.A.E.), privi del contrassegno medesimo o dotati di contrassegno contraffatto o alterato; a chiunque, in assenza di accordo con il legittimo distributore, ritrasmetta o diffonda con qualsiasi mezzo un servizio criptato ricevuto per mezzo di apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni ad accesso condizionato; a chiunque introduca nel territorio dello Stato, detenga per la vendita o la distribuzione, distribuisca, venda, conceda in noleggio, ceda a qualsiasi titolo, promuove commercialmente, installi dispositivi o elementi di decodificazione speciale che consentono l'accesso ad un servizio criptato senza il pagamento del canone dovuto. a chiunque fabbrichi, importi, distribuisca, venda, noleggi, ceda a qualsiasi titolo, pubblicizzi per la vendita o il noleggio, o detenga per scopi commerciali, attrezzature, prodotti o componenti ovvero presta servizi che abbiano la prevalente finalità o l'uso commerciale di eludere efficaci misure tecnologiche di cui all'art. 102-quater ovvero siano principalmente progettati, prodotti, adattati o realizzati con la finalità di rendere possibile o facilitare l'elusione di predette misure. Fra le misure tecnologiche sono comprese quelle applicate, o che residuano, a seguito della rimozione delle misure medesime conseguentemente a iniziativa volontaria dei titolari dei diritti o ad accordi tra questi ultimi e i beneficiari di eccezioni, ovvero a seguito di esecuzione di provvedimenti dell'autorità amministrativa o giurisdizionale; a chiunque abusivamente rimuova o alteri le informazioni elettroniche di cui all'articolo 102quinquies, ovvero distribuisca, importi a fini di distribuzione, diffonda per radio o per televisione, comunichi o metta a disposizione del pubblico opere o altri materiali protetti dai quali siano state rimosse o alterate le informazioni elettroniche stesse. Le medesime pene si applicano anche, ai sensi dell’art. 171-septies, ai produttori o importatori dei supporti non soggetti al contrassegno S.I.A.E., i quali non comunicano alla S.I.A.E. entro trenta giorni dalla data di immissione in commercio sul territorio nazionale o di importazione i dati necessari alla univoca identificazione dei supporti medesimi, come pure, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, a chiunque dichiari falsamente l'avvenuto assolvimento degli obblighi necessari per l’apposizione del contrassegno S.I.A.E. medesimo articolo, all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCom). Questo articolo è stato inserito nel Testo unico della radiotelevisione (d. lgs. 177/2005) come art. 32 bis. 53 In aggiunta a ciò, il secondo comma dell’art. 171-ter punisce ancora più gravemente (reclusione da uno a quattro anni e multa da euro 2.582 a euro 15.49366) chiunque: promuova e organizzi le attività illecite di cui al primo comma dell’art. 171-ter; si renda colpevole dei fatti previsti al primo comma dell’art. 171-ter mediante l’esercizio in forma imprenditoriale di attività di riproduzione, distribuzione, vendita, commercializzazione, importazione di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi; riproduca, duplichi, trasmetta o diffonda abusivamente, venda o ponga altrimenti in commercio, ceda a qualsiasi titolo o importi abusivamente oltre cinquanta copie o esemplari di opere tutelate dal diritto d'autore e da diritti connessi; a fini di lucro, comunichi al pubblico immettendola in un sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un'opera dell'ingegno protetta dal diritto d'autore, o parte di essa67. Pene assai più lievi (arresto sino ad un anno o ammenda da euro 516 a euro 5.164) sono invece previste dall’art. 171-quater, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, per chiunque abusivamente e a fini di lucro conceda in noleggio68 o comunque in uso a qualunque titolo originali, copie o supporti lecitamente ottenuti di opere tutelate dal diritto di autore oppure esegua la fissazione su supporti audiovisivi delle prestazioni artistiche di interpreti ed esecutori. Secondo l’art. 171-nonies, la denuncia spontanea dei reati di cui agli articoli 171-bis, 171-ter e 171-quater, come pure la collaborazione spontanea con l’autorità giudiziaria fornendo tutte le informazioni in proprio possesso atte ad individuare i responsabili dei reati di cui sopra o il sequestro di strumenti e materiali connessi alla commissione di tali reati comporta una diminuzione di pena (da un terzo alla metà) e la non applicazione delle pene accessorie69. È sempre ordinata la confisca degli strumenti e dei materiali serviti o destinati a commettere i reati di cui agli articoli 171-bis, 171-ter e 171-quater nonché dello videocassette, degli altri supporti audiovisivi o fonografici o informatici o multimediali abusivamente duplicati, riprodotti, ceduti, commerciati, detenuti o introdotti sul territorio nazionale, ovvero non provvisti di contrassegno S..IA.E., ove richiesto, o provvisti di contrassegno S.I.A.E. contraffatto o alterato, o destinato ad opera diversa (art. 171-sexies, comma 2). L’autorità giudiziaria può anche ordinare il sequestro di tali strumenti o materiali, Le sanzioni sono diminuite per fatti di particolare tenuità. In riferimento a tale ipotesi di reato si veda il paragrafo dedicato alla protezione del diritto d’autore nella società dell’informazione. Ai fini delle disposizioni di cui alla presente legge è equiparata alla concessione in noleggio la vendita con patto di riscatto ovvero sotto condizione risolutiva quando sia previsto che nel caso di riscatto o di avveramento della condizione il venditore restituisca una somma comunque inferiore a quella pagata oppure quando sia previsto da parte dell'acquirente, al momento della consegna, il pagamento di una somma a titolo di acconto o ad altro titolo comunque inferiore al prezzo di vendita (art. 171-quiques). Questa condotta però non si applica ai reati di cui al primo comma dell’art. 171-bis e primo comma dell’art. 171ter. 54 ma qualora il materiale sequestrato sia, per entità, di difficile custodia, l'autorità giudiziaria può ordinarne la distruzione (art. 171-sexies, comma 1). Ciò vale anche se i beni appartengono ad un soggetto giuridico diverso, nel cui interesse abbia agito uno dei partecipanti al reato (art. 171-sexies, comma 3). Secondo l’art. 171-octies, chiunque a fini fraudolenti produca, ponga in vendita, importi, promuova, installi, modifichi, utilizzi per uso pubblico e privato apparati o parti di apparati atti alla decodificazione di trasmissioni audiovisive ad accesso condizionato 70 effettuate via etere, via satellite, via cavo, in forma sia analogica sia digitale, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 25.82271. Va notato a tale proposito che la pena prevista, piuttosto ingente, è connessa strettamente con il fine fraudolento delle condotte, in assenza del quale la punibilità è esclusa. 2.1.14 Le sanzioni amministrative La legge sul diritto d’autore prevede anche talune sanzioni amministrative, talvolta in aggiunta a quelle penali di cui agli artt. 171 ss., talaltra invece applicabili autonomamente al di fuori delle ipotesi di reato. L’ultimo comma dell’art. 171, ad esempio, prevede una sanzione amministrativa pecuniaria dal 1032 a 5164 euro per chi riproduce per uso personale opere dell’ingegno mediante fotocopia, xerocopia o sistema analogo in misura superiore al quindici per cento dell’opera stessa72 e per i responsabili dei centri di riproduzione che omettano di corrispondere il compenso agli autori ed agli editori delle opere che vengono riprodotte (art. 68 commi 3 e 4). Inoltre, se tutti gli illeciti indicati nell’art. 171 sono commessi a titolo colposo e non doloso si applica solo una sanzione amministrativa fino a 1.032,00 euro (art. 172, comma 1). La medesima sanzione si applica a chi eserciti abusivamente l’attività di intermediario in luogo della S.I.A.E. (art. 172, comma 2). In ogni caso, ferme le sanzioni penali applicabili, tutte le condotte illecite di cui agli artt. 171 ss., esaminate nel paragrafo precedente, sono punite anche con la sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio del prezzo di mercato dell'opera o del supporto oggetto della violazione, in misura comunque non inferiore a euro 103,00. Se il prezzo non è facilmente determinabile, la violazione è punita con la sanzione amministrativa da euro 103,00 a euro 1032,00. La sanzione amministrativa si applica nella misura stabilita per ogni violazione e per ogni esemplare abusivamente duplicato o riprodotto (art. 174-bis). Inoltre, Si intendono ad accesso condizionato tutti i segnali audiovisivi trasmessi da emittenti italiane o estere in forma tale da rendere gli stessi visibili esclusivamente a gruppi chiusi di utenti selezionati dal soggetto che effettua l'emissione del segnale, indipendentemente dalla imposizione di un canone per la fruizione di tale servizio. La pena non è inferiore a due anni di reclusione e la multa a euro 15.493 se il fatto è di rilevante gravità. Cui si aggiunge la sospensione della attività di fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione da sei mesi ad un anno. 55 per tutti i reati non colposi di cui agli artt. 171 ss. commessi nell'ambito di un esercizio commerciale o di un'attività soggetta ad autorizzazione, senza pregiudizio del sequestro penale eventualmente adottato, l’art. 174-quinques dispone la sanzione amministrativa accessoria della cessazione temporanea dell'esercizio o dell'attività e, in caso di recidiva specifica, la revoca della licenza di esercizio o dell'autorizzazione allo svolgimento dell'attività stessa. Una sanzione amministrativa pecuniaria di euro 154 e le sanzioni accessorie della confisca del materiale e della pubblicazione del provvedimento su un giornale quotidiano a diffusione nazionale si applicano a chiunque, al di fuori delle ipotesi di reato di cui agli artt. 171 ss., abusivamente utilizzi, anche via etere o via cavo, duplichi, riproduca, in tutto o in parte, con qualsiasi procedimento, anche avvalendosi di strumenti atti ad eludere le misure tecnologiche di protezione, opere o materiali protetti, oppure acquisti o noleggi supporti audiovisivi, fonografici, informatici o multimediali non conformi alle prescrizioni di legge, ovvero attrezzature, prodotti o componenti atti ad eludere misure di protezione tecnologiche (art. 174-ter, primo comma). La pena è aumentata in caso di recidiva o fatto grave in termini quantitativi: sanzione amministrativa fino ad euro 1032, confisca degli strumenti e del materiale, pubblicazione del provvedimento su due o più giornali quotidiani a diffusione nazionale o su uno o più periodici specializzati nel settore dello spettacolo, se si tratta di attività imprenditoriale revoca della concessione o dell'autorizzazione di diffusione radiotelevisiva o dell'autorizzazione per l'esercizio dell'attività produttiva o commerciale (art. 174-ter, secondo comma). Va segnalato che i proventi derivanti dalle sanzioni amministrative di cui agli articoli 174-bis e 174-ter affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere assegnati, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ad un Fondo iscritto allo stato di previsione del Ministero della giustizia destinato al potenziamento delle strutture e degli strumenti impiegati nella prevenzione e nell'accertamento dei reati previsti dalla legge sul diritto d’autore e ad un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per la promozione delle campagne informative volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sull’illiceità dell’acquisto di prodotti delle opere dell’ingegno abusivi o contraffatti (art. 174-quater). 1.15. La S.I.A.E., l’AGCom gli altri enti pubblici che vigilano sul rispetto del diritto d’autore Poiché l’autore non è in grado di controllare da solo l’utilizzazione delle sue opere a livello nazionale e internazionale, la legge sul diritto d’autore contiene, al Titolo V, alcune 56 norme dedicate agli enti di diritto pubblico preposti alla protezione e all’esercizio del diritto d’autore. Nata a Milano nel 1882, la Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.), che ora ha sede a Roma, è un ente pubblico economico a base associativa (legge n. 2/2008) che svolge in via esclusiva l’attività di intermediazione nel settore della proprietà intellettuale, potendo agire con ogni mezzo per la tutela degli interessi degli autori (art. 180. l.d.a.). Gli autori non hanno obbligo di affidarsi alla S.I.A.E. per la gestione e la tutela dei propri diritti, ma se intendono rivolgersi ad un ente di intermediazione non possono fare altro che associarsi alla S.I.A.E., poiché essa opera in regime di monopolio legale. Sebbene in varie occasioni siano state presentate questioni di legittimità costituzionale dell’at. 180 l.d.a., la Consulta le ha sempre giudicate inammissibili73. L’attività della S.I.A.E. comprende: la concessione, per conto e nell'interesse degli aventi diritto, di licenze e autorizzazioni per l'utilizzazione economica di opere tutelate; la percezione dei proventi derivanti da dette licenze ed autorizzazioni; la ripartizione dei proventi medesimi tra gli aventi diritto74. Alle attività elencate nell’art. 180 l.d.a. si aggiunge quella, prevista dall’art. 180-bis, dell’intermediazione per l‘autorizzazione alla ritrasmissione via cavo di opere protette. L’esclusività dei poteri della S.I.A.E., che sono esercitati sotto ogni forma diretta o indiretta di intervento, mediazione, mandato, rappresentanza ed anche di cessione per l'esercizio dei diritti di rappresentazione, di esecuzione, di recitazione, di radiodiffusione ivi compresa la comunicazione al pubblico via satellite e di riproduzione meccanica e cinematografica di opere tutelate, comunque non pregiudica la facoltà spettante all'autore, ai suoi successori o agli aventi causa, di esercitare direttamente i diritti loro riconosciuti dalla legge. In base al suo statuto, la S.I.A.E. può esercitare altri compiti connessi con la protezione delle opere dell'ingegno (art. 181, comma 1). Ad esempio, essa si occupa della tenuta del pubblico registro cinematografico, del pubblico registro per il software e del deposito delle opere inedite. Inoltre, l'ente può assumere per conto dello stato o di enti pubblici o privati servizi di accertamento e di percezione di tasse, contributi, diritti (art. 181, comma 2): si ricorda, a tale proposito, l’attività svolta per conto dell’erario per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione delle imposta sugli spettacoli. L’art. 181-bis riguarda il contrassegno che la S.I.A.E. appone su ogni supporto contenente programmi per elaboratore o multimediali nonché su ogni supporto contenente suoni, voci o immagini in movimento, recante la fissazione di opere o di parti di opere protette, destinati ad essere commercializzati o comunque ceduti in uso a fini di lucro. Il contrassegno deve avere, comunque, caratteristiche tali da non poter essere trasferito su altro supporto. Deve contenere elementi tali da permettere la identificazione del titolo Corte Cost. nn. 25/1968, 65/1972, 361/1988, 241/1990, 198/1998 In particolare, le modalità con cui la S.I.A.E. riscuote e ripartisce fra gli aventi diritto, al netto di una provvigione, i proventi derivanti dalla riproduzione delle opere protette sono regolate dall’art. 181-ter. 57 dell'opera per la quale è stato richiesto, del nome dell'autore, del produttore o del titolare del diritto d'autore. Deve contenere altresì l'indicazione di un numero progressivo per ogni singola opera riprodotta o registrata nonché .della sua destinazione alla vendita, al noleggio e a qualsiasi altra forma di distribuzione. Sebbene la diffusione di opere su supporti privi di contrassegno o con un contrassegno contraffatto sia penalmente illecita ai sensi degli artt. 171-bis e 171-ter l.d.a., la Corte di Giustizia europea nel 2007 (Causa C-20/05 dell’8 novembre 2007) e la terza sezione penale della Corte di Cassazione nel 2008 (n. 35562 del 24 giugno 2008 e n. 27764 dell’8 luglio 2008) hanno notevolmente ridimensionato l’importanza del contrassegno S.I.A.E. nella lotta contro la pirateria, anche se nell’aprile 2008 il governo italiano ha provveduto ad effettuare la notifica alla Commissione europea prevista dalla direttiva n. 98/34/CE75. Secondo l’art. 1, comma 1, della l. n. 272008, la S.I.A.E., di intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali, promuove studi ed iniziative dirette ad incentivare la creatività di giovani autori italiani e ad agevolare la fruizione pubblica a fini didattici ed educativi delle opere dell’ingegno diffuse attraverso reti telematiche. Peraltro, il Ministero per i beni e le attività culturali, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri, esercita attività di vigilanza sulla stessa S.I.A.E. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, poi, approva con decreto lo statuto della S.I.A.E. su proposta del Ministero per i beni e le attività culturali e di concerto con il Ministro dell’economia e propone al Presidente della Repubblica, sempre proposta del Ministero per i beni e le attività culturali e di concerto con il Ministro dell’economia, la nomina del Presidente della S.I.A.E. Il Titolo VII della l.d.a. (artt. 190 ss.), infine, è dedicato al Comitato consultivo permanente per il diritto d’autore, un organo collegiale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, che provvede allo studio delle materie attinenti al diritto di autore o ad esso connesse e da pareri sulle questioni relative quando ne sia richiesto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o quando sia prescritto da speciali disposizioni. Esso inoltre esperisce il tentativo di conciliazione nel caso in cui non si trovi un accordo fra i titolari dei diritti di utilizzazione economica che non intendano rimuovere le misure tecnologiche di protezione apposte sugli esemplari dell’opera stessa e i soggetti – quali ad esempio i portatori di handicap o gli ospedali pubblici o gli istituti di detenzione e pena – che, avendo acquisito il possesso legittimo dell’opera, intendano invece riprodurla eludendo tali misure tecnologiche, beneficiando del regime delle eccezioni loro garantito per legge. Il Comitato è composto da membri76 nominati per un quadriennio dal Presidente del Consiglio dei ministri. Secondo la citata direttiva europea, il contrassegno S.I.A.E. è da considerarsi una misura tecnica che, come tale, andrebbe previamente notificata alla Commissione europea. In mancanza di tale notifica, le disposizioni della l.d.a. che sanzionano la mancata apposizione o la contraffazione del contrassegno sono inapplicabili. Secondo l’art. 191 l.d.a. il Comitato è composto: a) di un presidente designato dal Presidente del Consiglio dei Ministri; b) dei vice presidenti delle associazioni delle categorie interessate; c) [soppresso]; d) di un rappresentante dei ministeri degli affari esteri, di grazia e giustizia, delle finanze, dell'industria e del commercio e 58 Data la necessità di adeguare le norme sul diritto d’autore allo sviluppo tecnologico e alle mutate modalità di fruizione dei contenuti da parte degli utenti, con una serie di interventi normativi successivi, il legislatore ha identificato l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni come il soggetto più adatto a favorire l’azione di sintesi tra gli interessi degli autori, da un lato, e quelli dei consumatori/utenti dall’altro, alla corretta fruizione dei contenuti sulle reti di comunicazione elettronica, affidando ad essa ampi poteri in termini di prevenzione, anche generale, e accertamento delle violazioni della disciplina che tutela la proprietà intellettuale. Quindi, secondo l’art. 182-bis, introdotto dalla l. 248/2000, compete oggi all'AGCom ed alla S.I.A.E., in coordinamento fra loro, la vigilanza: sull'attività di riproduzione e duplicazione con qualsiasi procedimento e su qualsiasi tipo di supporto, su impianti di utilizzazione in pubblico, via etere e via cavo, nonché sull'attività di diffusione radiotelevisiva con qualsiasi mezzo effettuata; sulla proiezione in sale cinematografiche di opere e registrazioni tutelate dalla normativa sul diritto d'autore e sui diritti connessi al suo esercizio; sulla distribuzione, la vendita, il noleggio, l'emissione e l'utilizzazione in qualsiasi forma dei supporti di cui al primo punto; sui centri di riproduzione pubblici o privati, i quali utilizzano nel proprio ambito o mettono a disposizione di terzi, anche gratuitamente, apparecchi per fotocopia, xerocopia o analogo sistema di riproduzione; sull'attività di fabbricazione, importazione e distribuzione degli apparecchi e dei supporti alla registrazione analogica o digitale di fonogrammi o videogrammi. Sempre in coordinamento fra loro, i due enti possono attribuire a propri funzionari compiti ispettivi per lo svolgimento dei compiti suddetti. In ottemperanza a tale prescrizione normativa, l’AGCom e la S.I.A.E. hanno sottoscritto un primo accordo per il coordinamento delle loro attività in materia il 6 luglio 2001, successivamente integrato in data 10 maggio 2007 da una nuova convenzione. Con tale ultimo accordo i due enti si sono impegnati a pianificare congiuntamente e a coordinare attività ispettive ad hoc, cooperando altresì al costante ed efficace interscambio di dati e di informazioni utili ai fini dell'attività di prevenzione e repressione degli illeciti amministrativi e penali in tema di diritto di autore, anche avvalendosi del personale dei nuclei speciali delle Forze di Polizia e della Guardia di Finanza. di due rappresentanti del ministero della pubblica istruzione; e) dei direttori generali per il teatro, per la cinematografia, per la stampa italiana, dell'ispettore per la radiodiffusione e la televisione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e del capo dell'ufficio della proprietà letteraria, scientifica ed artistica; f) dei presidenti delle confederazioni dei professionisti ed artisti e degli industriali, e di tre rappresentanti per ciascuna delle confederazioni suddette particolarmente competenti in materia di diritto di autore, nonché di un rappresentante della confederazione dei lavoratori dell'industria, designato dalla confederazione nazionale dei lavoratori dello spettacolo; g) del presidente della Società italiana degli autori ed editori (SIAE); h) di tre esperti in materia di diritto di autore designati dal Presidente del Consiglio dei Ministri. 59 Il d. lgs. n. 70/2003, che ha recepito nell’ordinamento giuridico italiano la direttiva europea sul commercio elettronico (n. 2000/31/CE), come si è detto esclude che gli Internet Service Provider siano assoggettati a un obbligo generale di vigilanza sulle informazioni trasmesse o memorizzate sulla propria rete e, parallelamente, prevede che l’autorità “amministrativa avente funzioni di vigilanza”, al pari di quella giudiziaria, possa esigere che il prestatore di servizi impedisca o ponga fine alle violazioni commesse. Quindi, in virtù di tale disposizione, l’AGCom è legittimata, impregiudicato l’intervento dell’autorità giudiziaria, ad intervenire, in un tempo ragionevole, nei riguardi dei gestori dei siti internet sui quali dovessero essere ospitati contenuti digitali coperti da copyright, senza l’autorizzazione del titolare. 1.16 Il ruolo dell’AGCom nella repressione della diffusione illecita di opere protette: le proposte più recenti Il ruolo dell’AGCom è stato recentemente potenziato dall’art. 6 del d. lgs. n. 44/2010, con il quale è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano la direttiva europea sui servizi di media audiovisivi (2007/65/CE), modificando il Testo unico sulla radiotelevisione del 2005. Tale disposizione, che figura oggi nel Testo unico della radiotelevisione all’art. 32 bis, ha attribuito all’AGCom il compito di emanare le disposizioni regolamentari necessarie per rendere effettiva l'osservanza della norma. Con la delibera n. 668/2010/CONS l’AGCom ha definito le proprie competenze in tale ambito, sottoponendole a consultazione pubblica secondo le modalità indicate nell’allegato A alla delibera stessa. La procedura, delineata nell’allegato B, prevedrebbe la facoltà per i titolari dei diritti di proprietà intellettuale di segnalare ai gestori dei siti internet la presenza in rete di contenuti lesivi dei loro diritti, chiedendo la loro rimozione entro quarantotto ore; in caso di mancata rimozione, la facoltà per i titolari dei diritti di proprietà intellettuale di rivolgersi l’AGCom che, dopo una breve verifica effettuata in contraddittorio fra le parti, da concludere entro cinque giorni, potrebbe ordinare al gestore del sito o al fornitore del servizio di media audiovisivo l’immediata rimozione del materiale trasmesso in violazione dei diritti di proprietà intellettuale, riservandosi di verificare l’effettivo rispetto della prescrizione e di sanzionare pecuniariamente le condotte inadempienti. Nel caso in cui il sito internet abbia come unico fine quello di diffondere contenuti illeciti sotto il profilo del rispetto del diritto d’autore, l’AGCom potrebbe avviare un procedimento in contraddittorio affinché tutti i contenuti illeciti siano cancellati o, in casi estremi, affinché il nome del sito web o l’indirizzo IP vengano inibiti. La posizione dell’AGCom non ha mancato di suscitare vivaci polemiche fra coloro che contestano il fatto che la procedura sopra descritta affidi ad un’autorità amministrativa poteri ispettivi, inibitori e sanzionatori indipendentemente da qualsiasi accertamento di carattere giurisdizionale e prescindendo del tutto dalla valutazione degli elementi soggettivi del reato, 60 quali il dolo e la colpa. Inoltre, il descritto procedimento di notice and take down si svolgerebbe in modo da escludere completamente il consumatore finale, che verrebbe privato del diritto di difesa in contraddittorio. Addirittura, gli utenti potrebbero vedersi sbarrato l’accesso a fonti informative online che siano solo sospettate di aver violato la disciplina del diritto d’autore: poiché tali limitazioni insisterebbero solo sul territorio italiano e non in altri stati membri dell’UE, si ha una evidente disparità fra cittadini dell’Unione europea. Infine, è verosimile presumere che gli ISP introdurranno clausole blindate nei contratti con gli utenti che consentiranno loro di esonerarsi da responsabilità e risolvere il contratto con gli utenti che abbiano leso il diritto d'autore altrui. Il problema è anche quello di individuare il quantum, cioè l’entità dell’illecito che consentirebbe all’Autorità di intervenire. Infatti, la disciplina italiana non recepisce l’art 5.3 della direttiva 2001/29/CE riguardante l’inclusione occasionale o accidentale di opere altrui (il c. d. fair use), se non nei limiti del diritto di cronaca e nei limiti del fine informativo. Pertanto, potenzialmente anche la riproduzione all’interno di un filmato o di una immagine amatoriale di una qualsiasi opera protetta, anche solo accidentalmente per pochissimi secondi, potrebbe determinare le previste sanzioni. Gli esempi di questo genere possono essere tantissimi: dal filmato amatoriale che riproduce casualmente una fotografia protetta o un oggetto di design a quello della festa di compleanno in cui i presenti cantano Happy Birthday. Le riflessioni fin qui esposte, molte delle quali emerse nel corso della consultazione pubblica relativa alla delibera n. 668/2010/CONS, hanno spinto l’AGCom ad emanare il 6 luglio 2011, con delibera n. 398/11/CONS, uno Schema di regolamento in materia di tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica, che è stato sottoposto a una nuova consultazione pubblica di sessanta giorni. Come già previsto nella delibera del 2010, anche nello schema proposto le procedure di enforcement a tutela del diritto d’autore si articolerebbero in due fasi: la prima, relativa al cosiddetto notice and take down, che si svolgerebbe dinanzi al gestore del sito; la seconda, da esperire entro sette giorni, dinanzi all’Autorità: il deferimento della questione all’Autorità potrebbe avvenire solo dopo che le parti (o il titolare dei diritti o colui che ha caricato il contenuto che si ritiene lesivo del diritto d’autore) si siano rivolti al gestore del sito senza ottenere soddisfazione e solo se – e in questo consiste la novità del provvedimento – non abbiano già adito per la medesima questione l’autorità giudiziaria. In ogni momento della procedura davanti all’AGCom è fatta salva la possibilità di rivolgersi all’autorità giudiziaria, con conseguente archiviazione del procedimento innanzi all’Autorità. La proposta in consultazione quindi – a fronte del doppio binario giudiziario o amministrativo previsto dal decreto legislativo n. 70/2003 – si attesta quindi sulla primazia dell’autorità giudiziaria rispetto a quella amministrativa. Lo schema di regolamento prevede anche una procedura di contro-notifica: il soggetto che ha caricato il contenuto asseritamente illegale (uploader) che ricevesse dal gestore del sito 61 l’avviso di notifica della rimozione, potrebbe fare opposizione alla rimozione di tale contenuto (counter notice). Qualora l’esito della procedura davanti al gestore non risultasse soddisfacente, sarebbe possibile anche in questo caso rivolgersi entro sette giorni all’Autorità. Il procedimento davanti all’AGCom – sia che riguardi il titolare del diritto sia l’uploader – avrebbe una durata complessiva di trenta giorni, prorogabile di altri quindici giorni, prevedendo al suo interno anche la possibilità di un adeguamento spontaneo senza alcuna conseguenza sul piano sanzionatorio. All’esito di tale istruttoria l’AGCom potrebbe impartire, a seconda dei casi, un ordine di rimozione selettiva dei contenuti illegali o di ripristino di tali contenuti. Nei caso di inottemperanza, le sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili dall’AGCom sarebbero quelle previste dalla legge 31 luglio 1997, n. 249. Nel caso di siti esteri, qualora, in esito all’attività istruttoria svolta, l’Agcom chieda la rimozione dei contenuti destinati al pubblico italiano in violazione del diritto d’autore e il sito non ottemperi alla richiesta, il caso verrebbe segnalato alla magistratura per i provvedimenti di competenza. In linea con la disciplina del fair use, il procedimento proposto prevederebbe alcune significative eccezioni, che si applicherebbero: a) all’uso didattico e scientifico; b) al diritto di cronaca, commento, critica e discussione nei limiti dello scopo informativo e dell’attualità; c) in caso di assenza della finalità commerciale e dello scopo di lucro; d) in relazione alla occasionalità della diffusione, della quantità e qualità del contenuto diffuso rispetto all’opera integrale, che non pregiudichi il normale sfruttamento economico dell’opera. In quest’ultima veste, la procedura fin qui delineata sembra aver corretto i principali profili di inadeguatezza della precedente proposta, specialmente in relazione all’introduzione di clausole di fair use (fra cui, però, non compare il principio generale dell’uso amatoriale dell’opera), alla possibilità di contro-notifica consentita all’uploader e alla valorizzazione del ruolo della magistratura, considerando che la procedura dinanzi all’AGCom si configura come alternativa – e non sostitutiva – alla via giudiziaria. Permangono però alcuni dubbi di legittimità costituzionale, a partire dalle stesse norme attributive del potere che l’Autorità ritiene poste a fondamento della propria azione. Infatti, a parte il fatto che l’art. 32 bis del decreto Romani - a cui l’AGCom trae le proprie prerogative in materia di tutela della proprietà intellettuale, si applica tecnicamente ai fornitori di servizi di media audiovisivi e non ai siti privati, non può sottacersi il fatto che la repressione del fenomeno della violazione della proprietà intellettuale attraverso la via amministrativa sfugge, da un lato, al controllo preventivo del Parlamento e, dall’altro, può sottrarre gli illeciti al controllo del giudice naturale costituzionalmente previsto. 62 Per concludere, va segnalato che la delibera n. 398/11/CONS contiene, nella sua prima parte, l’individuazione di alcune misure da sviluppare per favorire l’offerta legale e la promozione effettiva dell’accesso ai contenuti da parte degli utenti – fra cui la progressiva riduzione delle barriere normative, l’elaborazione di codici di condotta, la promozione di accordi tra operatori volti a semplificare la filiera della distribuzione e a consentire la riduzione del prezzo finale del prodotto, l’individuazione di criteri e procedure per l’adozione di accordi collettivi di licenza, la realizzazione di campagne di educazione alla legalità nella fruizione dei contenuti e di un osservatorio per monitorare i miglioramenti della qualità e le riduzioni dei prezzi dell’offerta legale di contenuti digitali. 63 Bibliografia Bellani V. (a cura di), Le leggi sul diritto di autore, in “Il diritto di autore”, 2007, 3. Bonfanti A., Le licenze free e open source: profili di giurisdizione e diritto applicabile, in “Rivista di diritto internazionale privato e processuale”, 2008, 2. Chimenti L., Lineamenti del nuovo diritto d’autore, Milano, Giuffrè, 2006. D’Annibale M., La classificazione delle opere multimediali nella legge sul diritto d'autore, in “Il diritto di autore”, 2007, 3. Di Amato A., Musica on-line e tutela penale, in “Diritto dell'internet”, 2007, 4. Ercolani S., Il diritto d’autore e i diritti connessi, Torino, Giappichelli , 2004. Fabiani M., Opere orfane, diritti orfani, in “Il diritto di autore”, 2009, 2. Farina M., Diritto e nuove tecnologie, Forlì. Experta, 2007. Ferretti A., Diritto d’autore, Napoli, Simone, 2008. Forner E. M., A proposito di software libero, in “Giurisprudenza italiana”, 2009, 5. 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Sirotti Gaudenzi A., Il nuovo diritto d’autore, Rimini, Maggioli, 2009. Sorbello P., Musica in rete tra pirateria e uso personale: profili penalistici, in “Rivista di diritto industriale”, 2008, 1, pt. 2. 65 Capitolo Secondo Tra legalità e illegalità. Percezioni e condotte degli studenti universitari della Sapienza sul diritto d’autore. 66 2.1. Il disegno della ricerca77 Cosa sanno i ragazzi del diritto d’autore? Ne conoscono la normativa? La rispettano o tendono a violarla? Quali opinioni hanno su ciò che dovrebbe o non dovrebbe essere tutelato e sul modo in cui farlo? E come si comportano nel caso della fruizione online di prodotti coperti dal diritto d’autore? Per rispondere a queste domande è stata realizzata un’indagine originale dal carattere esplorativo. L’intento della ricerca è stato quello di rilevare non solo conoscenze, atteggiamenti e comportamenti di rispetto e violazione del diritto d’autore, ma anche l’ambito specifico delle condotte online, nella convinzione che la Rete offra ai suoi utenti la possibilità di partecipare a un rinnovato processo di duplicazione, distribuzione e costruzione di prodotti immateriali da cui tradizionalmente sono stati esclusi, influenzando piuttosto radicalmente le industrie culturali tradizionali.78 Per i produttori e distributori di contenuti del XX secolo, Internet appare simile, infatti, a ciò che la radio FM fu per la radio AM, o l'industria del traffico pesante per la ferrovia nel XIX secolo: l'inizio della fine, o quantomeno la causa di trasformazioni sostanziali, in parte già evidenti. Per questo, una parte consistente della ricerca ha cercato di rilevare dimensioni, caratteristiche, costi e benefici delle pratiche d’uso della Rete, con un’attenzione particolare al fenomeno del file-sharing, tentando di fare chiarezza tra i dati delle tante analisi esistenti e ricavandone di nuovi, con l’obiettivo di individuare l’eventuale esistenza di prassi di violazione del diritto d’autore e gli atteggiamenti e le percezioni sottostanti. Nel panorama dei field methods, sono stati selezionati due approcci: uno di tipo quantitativo (un questionario sottoposto agli studenti di diverse facoltà della Sapienza Università di Roma), e uno di tipo qualitativo (focus group e interviste). Tale scelta riflette un’esigenza conoscitiva collocata ancora nel campo della scoperta. L’oggetto di indagine analizzato è, infatti, poco esplorato dalle scienze sociali e sommariamente studiato in Italia. Ciò ha reso impossibile, quindi, sia l’utilizzo di un modello teorico di riferimento, sia il confronto con risultati certi e consolidati. Il questionario e le tracce dei focus group sono stati modellati alla luce di stimoli concettuali provenienti dalla letteratura sul diritto d’autore, sulle prassi di produzione e consumo di prodotti culturali e sull’uso della Rete. Se l’approccio quantitativo ha avuto una funzione tendenzialmente esplorativa, dal momento che intendeva rilevare abitudini, dimensioni, convinzioni e motivazioni legate alla relazione tra Web e diritto d’autore, l’approccio qualitativo è sembrato necessario per fare un passo in avanti rispetto a risultati il cui significato non può essere colto appieno con il solo strumento del questionario. La scelta dei dati survey, infatti, è al tempo stesso un valore e un disvalore: 77 A cura di Paola Panarese. 78 P. Panarese, I nodi etici della rete. Condivisione e proprietà intellettuale, Milano, Guerini, 2006. 67 ha il vantaggio di ottenere una conoscenza semplificata di fenomeni ampi e articolati e di arrivare ad alcune generalizzazioni; ha il limite di non consentire di descrivere in dettaglio fenomeni che presentano aspetti storici e individualità non afferrabili al livello di generalità in cui è costretta a muoversi un’indagine quantitativa. Utilizzando le lenti di ingrandimento degli strumenti di ricerca di tipo qualitativo, quindi, è stato possibile sostenere e interpretare con più precisione i dati del questionario. Come in ogni ricerca, prima di procedere alla costruzione degli strumenti d’indagine, sono stati selezionati alcuni specifici “problems”. Tale selezione ha determinato inevitabilmente una rinuncia di alcuni aspetti dell’oggetto di analisi, necessaria per focalizzare meglio il tema. D’altronde, il problema della concettualizzazione nella costruzione degli strumenti di indagine è cruciale e le procedure di “indicazione” e “definizione operativa o semi-operativa”79 sono parte fondamentale del disegno della ricerca80. In seguito a scelte e abbandoni, dunque, le aree individuate sono state le seguenti: - percezione della liceità/illiceità di alcune azioni - valutazione dell’opportunità che alcune prassi illegali non debbano esserlo - danni ipotizzati e vittime di diverse violazioni del diritto d’autore - dimensioni e prassi caratteristiche del file-sharing - conoscenza delle leggi che regolano il settore - uso della Rete - violazioni del diritto d’autore online (ricorso al file-sharing) - violazioni del diritto d’autore offline (fotocopie di libri) - eventuali soluzioni per ridurre i danni di violazioni del diritto d’autore - dati socio-demografici Ovviamente, tali temi sono stati identificati dopo un’analisi della letteratura sul diritto d’autore e sui problemi posti a tale ambito, in particolare, dall’avvento delle nuove tecnologie. 79 Cfr. P.F. Lazarsfeld, Evidence and Inference in Social Research, in “Daedalus”, LXXXVII, 1958, 3, pp.99-130; P.F. Lazarsfeld, Dai concetti agli indici empirici, in R. Boudon e P. Lazarsfeld (a cura di), L'analisi empirica nelle scienze sociali Vol. 1, Bologna, Il Mulino, 1969; A. Marradi, Concetti e metodi per la ricerca sociale, Firenze, Giuntina, 1980. 80 Aspetti semantici e questioni sintattiche s’intrecciano e rinviano a scelte epistemologiche e metodologiche più generali, relative anzitutto all’attribuzione o alla divisione di un concetto in aree problematiche secondo criteri strumentali e convenzionali, e all’individuazione, poi, di variabili osservabili riferite alle aree individuate. Il passaggio dal concetto generale all’indicatore specifico è un processo di riduzione “incompleta”, come nota Lazarsfeld, e l’estensione semantica dell’indicatore rispetto al concetto originario è parziale, come rileva Marradi. L’ampiezza del dominio semantico di un concetto viene infatti coperta solo in parte da un indicatore che si pone, in una ipotetica scala di generalità, più a valle. Cfr. I. Mingo (a cura di), Il tempo del loisir, Media, new media e altro ancora, Milano, Guerini e associati, 2003. 68 Dopo una prima fase di predisposizione della ricerca esplorativa, è stato possibile definire alcune ipotesi di lavoro. Così, l’analisi si è concentrata, in primo luogo, sulla volontà di comprendere la percezione dell’utilità del diritto d’autore, le conoscenze sulle leggi che lo regolano, le considerazioni sull’impatto delle violazioni di quelle che lo tutelano. In secondo luogo, sono state indagate le condotte di infrazione e rispetto delle norme che si verificano online, soprattutto nel caso della pratica del file-sharing (inteso in senso estensivo, come l’insieme di prassi messe in campo dagli utenti della Rete che “scaricano file da Internet”, qualunque sia lo strumento utilizzato e il tipo di file acquisito). Di quest’ambito sono state indagate le caratteristiche, in riferimento a ciò che viene scaricato, alle sue modalità legali/illegali, alle ragioni che ne sono alla base e alle prospettive di utilizzo. L’ipotesi che ha guidato la raccolta di tali dati è legata, però, soprattutto all’intenzione di verificare l’esistenza di un eventuale punto di vista condiviso e di una prassi diffusa alla base dell’acquisizione e dell’uso di prodotti culturali coperti dal diritto d’autore, a dispetto delle leggi esistenti. 2.2. Il profilo del campione81 I 554 studenti che compongono il campione analizzato si sono solo lievemente discostati dalla distribuzione ipotizzata tra facoltà in fase di progettazione. Si era immaginato, infatti, di registrare le opinioni e le condotte di 142 studenti di economia, 140 di giurisprudenza, 130 di lettere e filosofia, 122 di scienze della comunicazione e 20 di ingegneria dell’informazione, ma la disponibilità delle persone ha portato a un esito leggermente diverso, mantenendo però una buona approssimazione alle aspettative di ricerca. Si è rivelata superiore rispetto ai progetti iniziali la presenza degli studenti di comunicazione, 144, e ingegneria dell’informazione, 22, mentre leggermente inferiore è il numero d’intervistati tra i ragazzi di lettere, economia e giurisprudenza, rispettivamente 126, 129 e 129. Quattro persone, poi, non hanno indicato la facoltà cui erano iscritte (cfr. Fig. 1). 81 A cura di Paola Panarese. 69 Fig. 1. Facoltà di appartenenza degli studenti del campione (v.a.) 22 4 126 144 economia giurisprudenza lettere scienze della comunicazione ingegneria dell'informazione 129 non risponde 129 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) Base dati: 554 Degli studenti raggiunti, oltre la metà appartiene a un corso di laurea triennale (il 55,8%), seguono i frequentanti corsi magistrali, quelli di ordinamenti quinquennali, precedenti cioè all’entrata in vigore della cosiddetta riforma del 3+2 e, infine, gli iscritti a un corso a ciclo unico, probabilmente di giurisprudenza, la facoltà che, tra quelle considerate, non ha subito una revisione radicale della durata dei propri studi in seguito alle riforme universitarie dell’ultimo decennio (cfr. Fig. 2). Per quanto riguarda gli anni di iscrizione, prevale nettamente il primo. Tale esito, però, non permette di distinguere (se non con ulteriori approfondimenti) se si tratti di studenti appena immatricolati all’università o di laureati in corsi di studio triennali, appena iscritti ad una laurea magistrale. 70 Fig. 2. Corso di laurea di appartenenza degli studenti del campione (v. %) Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 In ogni caso, seguono, nell’ordine, gli studenti iscritti al secondo e terzo anno, quelli che si dichiarano fuoricorso, i frequentanti il quarto (probabilmente di un corso a ciclo unico) e quelli del quinto (presumibilmente di un corso di studio di vecchio ordinamento, dunque in esaurimento e certamente fuoricorso) (cfr. Fig. 3). Fig. 3. Anno di iscrizione degli studenti del campione (v. %) Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 A proposito dell’età, poi, prevalgono i ventenni, seguiti dai ventiduenni e poi dai ventunenni. Tali risultati sono coerenti con il dato relativo all’anno di iscrizione prevalente nel campione: il primo, sia del corso di laurea triennale, in misura leggermente maggiore, sia di quello 71 magistrale. Ne deriva che, nel nostro campione, sono più numerosi i ventenni immatricolati a corsi di laurea triennale, seguiti dai ventiduenni neoiscritti a un corso magistrale (cfr. Fig. 4). Piuttosto coerente con le aspettative e i trend nazionali sul lavoro giovanile è il dato relativo alla quota del campione occupato. Complessivamente il 67,7% degli studenti intervistati non ha alcun impiego, a fronte del 30% che lo ha. Tra i disoccupati, però, solo il 26,6% è in cerca di occupazione. Il restante 41,2% del campione, poi, si dedica allo studio a tempo pieno, dunque non lavora e non ha intenzione di farlo, almeno durante il proprio percorso di studi. L’esigenza di avere del tempo da dedicare alle lezioni e allo studio giustifica probabilmente la percentuale di ragazzi che lavora part time, pari quasi a quella di chi è in cerca di occupazione. I lavoratori a tempo pieno, invece, che dedicano presumibilmente all’università uno quota residuale della propria quotidianità, costituiscono meno del 4% del campione. Per quanto riguarda la più generica distribuzione per genere, si nota che la maggior parte degli studenti intervistati è composta da donne, il 55,8% (cfr. Fig. 5), coerentemente con i dati rilevati dall’Istat sul totale degli studenti universitari italiani. Secondo l’istituto di statistica nazionale, infatti, le donne prevalgono sugli uomini sia nelle immatricolazioni a corsi universitari, che sul totale degli studenti iscritti nell’anno accademico 2009-2010: nel primo caso, sono pari al 55,9% del totale delle matricole universitarie, nel secondo, la quota è del 56,9%82. Fig. 4. Età degli studenti del campione (v.a.) 120 109 100 72 80 81 61 60 48 40 20 49 36 31 28 9 7 3 6 3 3 2 1 2 2 1 0 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 82 Cfr. <http://statistica.miur.it> 72 Fig. 5. Genere degli studenti del campione (v. %) Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 Uno sguardo complessivo al nostro campione rivela un quadro piuttosto vicino alle aspettative: i ragazzi intervistati sono tendenzialmente giovani, iscritti soprattutto al primo anno di corsi di laurea triennale, dunque neo-immatricolati, sono in maggioranza donne prive di occupazione, anche se, in buona parte dei casi, per scelta. I giovani raggiunti dalla ricerca non sono troppo distanti nemmeno dai loro coetanei della scena nazionale. Sebbene il nostro non sia un campione rappresentativo, il gruppo di intervistati ha caratteristiche strutturalmente simili a quelle dei ragazzi italiani della stessa fascia d’età considerati nel loro complesso. Si tratta, infatti, di un insieme equilibrato per età e genere, composto da studenti che, se lavorano (ma lo fanno raramente), svolgono generalmente attività part-time e forse anche occasionali. Fig. 6. Attività lavorativa degli studenti del campione (v. %) Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 73 L’età prevalente del campione considerato (tra i 19 e i 26 anni) è ancora legata a una condizione transitoria che, perlomeno nel panorama italiano, solo in futuro tende a caratterizzarsi per l’abbandono di ruoli e comportamenti tipici dell’adolescenza e per la contemporanea assunzione delle funzioni e delle responsabilità del mondo adulto. E se i tempi e i modi del passaggio verso la maturità sono scanditi dal superamento di soglie quali l’uscita dal circuito formativo, l’entrata stabile nel mondo del lavoro e l’affrancamento dalla famiglia d’origine - che ipotizziamo non sia ancora pienamente avvenuto, perlomeno a giudicare dal ridotto numero di lavoratori, - allora i ragazzi considerati dimostrano di essere a pieno titolo e senza eccezioni in una condizione esistenziale “tipicamente” giovanile. 2.3. Una mappa delle risultanze83 Partiamo subito da un dato abbastanza evidente: l’85,2% degli studenti utilizza Internet tutti i giorni; mentre il 10,8% lo usa qualche volta a settimana. Ciò conferma la presenza di una «gioventù che, a causa della velocità delle trasformazioni sociali e tecnoeconomiche, enfatizza l’immediatezza e il presente, poiché il futuro è pervaso da un senso di nebulosità e d’incertezza»84. Fig. 7. Uso di Internet 85,2 9,8 Tutti i giorni Qualche volta a settimana 2,2 Qualche volta al mese 1,5 1,3 Qualche volta l’anno Mai Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 83 A cura di Giovanni Prattichizzo. 84 Per l’8° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’infanzia e dell’adolescenza di Eurispes e Telefono Azzurro, l’incertezza determina una condizione esistenziale a tinte fosche, quella di bambini e ragazzi doppiamente padroni: padroni delle nuove tecnologie, che rovesciano il loro sapere su genitori poco avvezzi all’uso di internet e dei moderni strumenti di comunicazione, ma anche figli-padroni, aggressivi con il gruppo dei pari e con gli adulti di riferimento. Cfr. Eurispes, Telefono Azzurro, 8° Rapporto Nazionale sulla Condizione dell’infanzia e dell’adolescenza, su http://www.azzurro.it/site/medias/PDFS/rapporto8.pdf. 74 Dati che vengono a confermare le riflessioni precedenti sull’uso sociale della Rete che si rappresenta come grande biblioteca, un contenitore di offerte divertenti ed evasive o, in senso negativo, come un contenitore vuoto. Addirittura il 93,9% della popolazione intervistata scarica file da Internet. Anche se le connessioni sono meno frequenti di quello che ci si può aspettare. Infatti la percentuale più alta è di coloro che scaricano file “qualche volta alla settimana” (il 31,9%) seguiti da quelli che effettuano il download qualche volta al mese (il 25,4%) e poi coloro che scaricano tutti i giorni (24,3%). Fig. 8. Scarichi file da Internet? 6,1 Si No 93,9 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 9. Con quale frequenza scarichi file da Internet? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 75 Indagando i gusti di coloro che scaricano file da Internet si riscontra come la musica rappresenti il principale oggetto dei loro desideri (62,8%), seguito dai film (15,1%) e dai software (6,5%). Fig. 10. I file più scaricati da Internet: Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Se andiamo a vedere il tipo di prodotto scaricato, vediamo che i brani musicali sono sicuramente il prodotto di maggiore di successo (62,8%), mentre tra i contenuti audiovisivi sono i film ad essere il prodotto che suscita maggiore interesse (15,1%) piuttosto che i serial televisivi (6,2%). Il motivo per i quali si scaricano file dalla Rete è essenzialmente perché sono gratis e quindi in sostituzione di un eventuale acquisto (83,4%). Fig. 11. Motivo principale per cui si scaricano i film, musica o libri da internet non risponde Per acquisire prodotti che non sono protetti dal diritto d’autore 0,1 0,2 Per acquisire prodotti che sono fuori mercato 7,6 Per valutare la possibilità di acquistarli 8,7 Perché sono gratis, quindi in sostituzione di un eventuale acquisto 83,4 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 76 La musica è sicuramente il tipo di contenuto che più è legato alla pratica di filesharing per via della sua facilità di consumo e per la sua abbondanza nelle reti fra utenti. Infatti l’88,4% scarica musica da Internet. Fig. 12. Scarichi musica da Internet? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Se il 83,4% scarica musica perché è gratis, il 7,6% lo fa perché su Internet sono presenti brani introvabili e il 8,7% cerca di avere un suggerimento dalla Rete per un possibile acquisto futuro. Da segnalare che il 76,6% del nostro campione non ha mai scaricato musica a pagamento dalla Rete. Fig. 13. Hai mai scaricato musica a pagamento da Internet? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 L’80.2% ha scaricato film da Internet mentre solo il 35,6% ha scaricato un libro dalla rete. 77 Fig. 14. Hai scaricato mai film da Internet? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 15. Ha mai scaricato libri da Internet? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Secondo gli studenti intervistati nel caso di fotocopie di un libro i soggetti maggiormente danneggiati sono gli editori per il 49,6%; mentre gli autori vengono danneggiati per il 38,1% del campione. L’autore che scrive, crea, inventa tende quasi a scomparire, a morire inesorabilmente. Abbandonare, dimenticare la figura dell’autore non è facile, poiché, oltre alla familiarità che ci lega a questa categoria di cui difficilmente riusciamo a mettere in dubbio l’evidenza, essa “costituisce il punto forte dell’individualizzazione nella storia delle idee, delle conoscenze, delle letterature, nonché nella storia della filosofia e in quella delle scienze”85. 85 M. Foucalt, Che cos’è un autore?, in Scritti letterari, Milano, Feltrinelli, 1971, p.2. 78 Fig. 16. Chi viene maggiormente danneggiato nel caso di fotocopie del libro? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Solo l’etica può riempire quel diaframma che c’è tra la norma e la coscienza sociale, tra la consapevolezza diffusa di una esigenza di tutela e il bisogno di conoscere che può creare, talvolta, nella comunità una domanda deviata e deviante, che non riconosce o ignora i legittimi titolari dei diritti sulle opere:. autori e coautori. Occorre prendere atto della realtà tecnologica che garantisce un rapporto diretto autore- pubblico. Proprio le tecnologie digitali si strutturano come quelle in grado di garantire un nuovo e moderno sistema di distribuzione dei contenuti e di poter assicurare ad autori e imprese produttrici nuove forme di diffusione editoriale che non possono ricalcare i modelli tradizionali dell’editoria classica. Il vero punto centrale è che le relazioni economiche nella produzione culturale, e quindi nella gestione dei diritti degli autori, basate su posizioni di forza precostituite, non possono rappresentare l’unico elemento condizionante e che sembra arrivato il momento di rilanciare il ruolo e l’identità dell’industria culturale nella produzione e diffusione dei contenuti digitali. In tal senso risulta comprensibile il grado di estremo e completo accordo che hanno gli studenti nei confronti dell’affermazione che "Internet offre evidenti vantaggi nella promozione di nuove realtà creative" (Lawrence Lessig, Free Culture. How Big Media Uses Technology and the Law to Lock Down Culture and Control Creativity, The Penguin Press, New York, 2004). Fig. 17. Grado di accordo con l’affermazione: "Internet offre evidenti vantaggi nella promozione di nuove realtà creative" (Lawrence Lessig, Free Culture. How Big Media Uses Technology and the Law to Lock Down Culture and Control Creativity, The Penguin Press, New York, 2004) 79 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 18. Grado di accordo con l’affermazione: "Scaricare file da Internet danneggia gravemente chi lavora con la propria creatività, come musicisti, registi, attori, scrittori" Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Al tempo stesso gli studenti, come emerge dal grafico qui sopra, si dichiarano abbastanza d’accordo (31,8%) e poco d’accordo (36,5%) con l’idea che scaricare da Internet danneggi gravemente quei soggetti che lavorano con la propria creatività. Anche l’idea che scaricare sia come rubare (spot antipirateria della Presidenza del Consiglio dei Ministri) non trova assolutamente accordo tra gli studenti (43,3%). Non si percepiscono come criminali ma 80 quasi eroi pioneristici che agiscono al di fuori della legalità per desiderio di cultura e disprezzo nei confronti del sistema economico nato attorno alla produzione culturale. I soggetti intervistati da un lato riconoscono i danni che possono derivare da azioni non propriamente considerate lecite, dall’altro però si pongono in una prospettiva di forte modernizzazione e partecipazione predisponendo meccanismi di apertura sociale e di condivisione che muovono comunque dal riconoscimento delle nuove figure dell’autore fino a sfruttare totalmente le opportunità che offrono la Rete e le nuove tecnologie della comunicazione interattiva per diffondere in modo globale i contenuti. Fig. 19. Grado di accordo con l’affermazione: "Scaricare da Internet è come rubare" (spot antipirateria - Presidenza del Consiglio dei Ministri): Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Gran parte del successo della Rete e del suo straordinario sviluppo sono proprio dovuti all’assenza di regolamenti e norme che ne limitano il libero accesso. Ma la YouTube Generation conosce la normativa italiana? 81 Fig. 20. Conoscenza della legge Urbani (n. 128 del 21 maggio 2004) contro la diffusione telematica abusiva di materiale audiovisivo: Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Come emerge da questo grafico, il 62,5% del nostro campione non è a conoscenza della Legge Urbani (n.128 del 21 maggio 2004). Questa norma prevede una serie di “misure di contrasto alla diffusione telematica abusiva di opere di ingegno”. Dall’indagine si rileva che tale legge è considerata ingiusta perché mette sullo stesso piano coloro che tramite la pirateria si arricchiscono e coloro che ne traggono semplicemente un vantaggio culturale: l’idea di fondo è che sono state messe allo stesso livello persone con responsabilità del tutto differenti e, per alcuni versi, contrapposte. Infatti per il 55,1% dei soggetti intervistati è da considerarsi pratica illegale quella di scaricare file protetti da copyright per fini di lucro. Mentre le altre due modalità come condividere file protetti e scaricare file per ottenerne profitto non sono considerate illegali dalla maggior parte dei rispondenti al questionario. Nell’ultima parte del questionario si è indaga la pratica dell’upload. Quindi non solo scaricare da Internet materiali protetti da copyright ma anche la possibilità di caricare e mettere in Rete prodotti culturali tutelati dal diritto d’autore. Si tratta, però, di una pratica ancora poco diffusa. Infatti solo il 33,8% ha svolto tale attività contro un 60,2% che non la svolge. 82 Fig. 21. Quali, tra le seguenti pratiche legate all’uso della Rete, sono considerate illegali dalla normativa attualmente in vigore: Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 22. Ha mai caricato su Internet file coperti da copyright? Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 L’indagine, come quelle condotte in passato, mostra con evidenza che le nuove generazioni che scaricano illegalmente, al contrario di ciò che si può pensare, hanno un’alta considerazione della cultura e dei suoi autori, ma non dell’industria culturale che trovano soffocante e restrittiva. Secondo il campione di studenti della Sapienza lo strumento principale che può limitare gli eventuali danni prodotti dal file-sharing al mercato dei prodotti culturali (libri, CD musicali, film, ecc.) è proprio quello della riduzione dei costi dei CD, dei libri e dei DVD. 83 Fig. 23. È opinione comune che alcuni strumenti possano limitare gli eventuali danni prodotti dal file-sharing al mercato dei prodotti culturali (libri, CD musicali, film, ecc.). Quale tra questi ritiene possa essere il più efficace: Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione. (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 L’industria culturale ha bisogno, pertanto, di garanzie da parte dello Stato perché si continui a tutelare la proprietà intellettuale che dà valore economico all’ingegno e garantisce l’innovazione; ma ha anche necessità di ammettere cambiamenti che la rimodellino e la rinnovino aiutando la cultura stessa a rigenerarsi attraverso i nuovi mezzi tecnologici86. Sulla base di queste prime risultanze sembra che i giovani e, in particolar modo gli studenti universitari, richiedano un differente impianto normativo, moderno, meno ridonante, capace di adattarsi alla modernità multimediale. Se è vero che serve tutela giuridica, certa, forte ed efficace, bisogna però che le istituzioni formino al concetto di autorialità e di proprietà intellettuale. È dal confronto e dalla condivisione che possono essere messe in luce nuove forme e formule della cultura del diritto d’autore che possono costituire un salto in avanti nell’accesso al capitale umano e culturale definito come istruzione, conoscenze, competenze scientifiche e tecnologiche. 86 J. M. Lotman, La cultura e l’esplosione. Prevedibilità e imprevedibilità. Milano, Feltrinelli, 1993. 84 85 Capitolo Terzo Zoom su conoscenze, percezioni e prassi relative al diritto d’autore. L’analisi bivariata. 86 3.1. In profondità87 L’analisi dei dati presentata nelle pagine precedenti offre una panoramica generale della percezione che gli studenti della Sapienza hanno del diritto d’autore, della loro conoscenza delle leggi e delle condotte di tutela o violazione delle norme, sia online che offline. Per comprendere in profondità il senso di alcuni risultati e per valutare i punti di convergenza e divergenza tra gruppi di ragazzi diversi, è parsa necessario un ulteriore livello di analisi, un’indagine bivariata. Essa ha permesso di fare uno zoom sulle esperienze e i punti di vista raccolti, focalizzando l’attenzione su temi specifici o sotto-insiemi del campione considerato. Abbiamo cioè messo in relazione le risposte degli studenti con alcune variabili specifiche, tra cui il genere, l’età, l’anno d’iscrizione all’università, il ciclo di studi frequentato, l’eventuale attività lavorativa e la facoltà di appartenenza, ma anche l’uso dei new media e alcune condotte relative all’utilizzo della Rete. L’intenzione era di cogliere punti di convergenza o divergenza nella conoscenza delle leggi sul diritto d’autore, nella percezione delle norme che lo regolano e nei comportamenti d’uso o scambio di prodotti culturali tutelati. Abbiamo immaginato, per esempio, che la facoltà d’appartenenza potesse condizionare il punto di vista, le conoscenze e le condotte del campione. Abbiamo ipotizzato, nello specifico, che uno studente di lettere o scienze della comunicazione, possibile forte fruitore di opere letterarie, cinematografiche, televisive, radiofoniche o teatrali, avesse una prospettiva e una sensibilità diverse, rispetto a quelle di altri studenti. Forse più aperte a una maggiore libertà di circolazione dei prodotti culturali fruiti. Abbiamo ipotizzato poi che un iscritto a giurisprudenza potesse essere più attento alla dimensione della legalità di alcune azioni o che uno di economia fosse sensibile all’impatto di pratiche come il file-sharing sul mercato dell’industria culturale. Abbiamo pensato anche che un aspirante ingegnere informatico, possibile utente esperto della Rete, avesse una visione dell’ambito non distante da quella dei sostenitori della cultura dello scambio e della condivisione, tipica dell’etica hacker.88 Così, per cogliere queste 87 Il capitolo è stato scritto da Paola Panarese I concetti di etica e hacker potrebbero sembrare inconciliabili, se per hacker si intendono oscuri personaggi intenti a sfruttare le proprie conoscenze informatiche per violare sistemi informativi di banche e governi, rubare segreti di memorie digitali, danneggiare o sabotare siti Web. Gli hacker, in realtà, sono figure molto diverse dai pirati informatici che popolano il nostro immaginario (per questi ultimi andrebbe piuttosto usato il termine cracker). Secondo una certa letteratura, i veri hacker sono persone appassionate di computer e programmazione che considerano doveri etici la condivisione delle proprie competenze e la libera diffusione di strumenti informatici. Pekka Himanen nel suo saggio L’etica hacker e lo spirito dell’età dell’informazione riconosce per la prima volta in ambito accademico l’esistenza di una vera e propria etica hacker, e la descrive come presenta come una nuova etica del lavoro, contrapposta all’etica protestante descritta da Max Weber. Se i valori fondamentali dell’etica protestante sono denaro, lavoro, ottimizzazione, stabilità, determinazione e misurabilità dei risultati, i valori dell’etica hacker sono passione, libertà, apertura, attività e responsabilità. Essi rivestono un ruolo fondamentale nella formazione della società contemporanea e rappresentano la base di quello che Castells chiama lo spirito dell’informazionalismo. L'etica hacker è dunque uno stile di vita, secondo Himanen, guidato da una filosofia riconoscibile. Secondo alcuni è una vera e propria poetica. Secondo altri è una visione del mondo che ruota attorno al sapere pratico, il know-how. Cfr. Panarese P., op. cit. 88 87 differenze e verificare le nostre prime ipotesi, abbiamo messo in relazione i risultati ottenuti con alcune variabili socio-demografiche e d’uso dei new media. L’obiettivo era di analizzare in profondità gli orientamenti emersi sulla conoscenza delle leggi relative al diritto d’autore, quelli sulla percezione di liceità o illiceità di alcune azioni e quelli sulle prassi di rispetto o violazione delle norme. Ne sono emersi risultati interessanti, talvolta inaspettati. 3.2. La conoscenza delle norme Una prima lettura dei dati rileva che solo il 37% del campione ammette di conoscere la cosiddetta legge Urbani e che per il 55,2% essa sanziona l’atto di scaricare file per fini di lucro. In realtà, com’è ben spiegato nella prima parte del report, la L. 128/04 stabilisce l’illegalità del download di opere coperte da diritto d’autore per chi ne tragga anche solo un profitto indiretto. Così, nella prima versione della legge, anche un utente della Rete che scarichi un file per uso personale può incorrere in una sanzione penale, perché il suo comportamento potrebbe essere considerato volto a ottenere un risparmio economico (e dunque un profitto). La norma, modificata dopo sei mesi dalla sua entrata in vigore, ha stabilito che a chi si limita a scaricare da Internet materiale protetto potrebbero essere comminate solo sanzioni amministrative, mentre è la condivisione di tale materiale e, quindi, il caricamento/upload, oltre al download, che attiva sanzioni penali. Tuttavia, nella maggior parte dei software di file-sharing, come eMule, Kazaa o BitTorrent, per scaricare materiale è necessario condividerlo. Ne deriva che chiunque usi tali piattaforme per acquisire prodotti culturali protetti si trova a violare la legge. Non stupisce, comunque, che ciò sia poco noto agli studenti che compongono il nostro campione, convinti che sia illegale “condividere file protetti da copyright su internet” solo quasi in un quarto dei casi. La normativa, in fondo, non è né semplice, né stabile, né ampiamente comunicata. La domanda posta in modo così diretto e puntuale, poi, potrebbe aver condizionato in negativo le risposte. Piuttosto buona è, tuttavia, la conoscenza di ciò che è lecito o illecito fare a proposito di prodotti tutelati dal diritto d’autore. Il 92,8% del campione sa che è legale registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv, ma forse non sa che non è sempre stato così e che tale questione è stata dibattuta per lungo tempo. Il 79,1% è consapevole che la legge sanziona chi fotocopia più del 15% di un libro. Il 68,8% sa che non si possono scaricare documenti audio/video (coperti da diritto d’autore) da siti di file-sharing come eMule o Bit Torrent, pur non conoscendone la normativa nei dettagli. Ben il 97,1% del campione, poi, è a conoscenza del fatto che si può proiettare un film regolarmente acquistato in casa propria, durante una serata tra amici e il 96,9% sa che si può condividere allo stesso modo 88 l’esperienza di ascolto di un CD di musica. Oltre i tre quarti del campione sono consapevoli che non esiste (ancora) un vero e proprio divieto di vedere film in streaming, perlomeno per gli utenti finali. E se il 72% conosce le norme sulla liceità di copie private di CD o DVD, l’88,8% è al corrente di quelle sulla riproducibilità dei file mp3. Una modesta maggioranza del campione (il 52,5%), invece, è consapevole dell’illegalità della proiezione di un film in un evento a pagamento, senza le debite autorizzazioni e senza corrispondere i relativi diritti. Contenute, ma maggioritarie (pari rispettivamente al 56,1% e al 57,9%), sono le quote di chi sa che non si possono pubblicare foto/testi/video/musica coperti da copyright sul proprio sito Web personale o su un proprio libro. Tuttavia, la maggioranza del campione è convinta che sia lecito far ascoltare un CD di musica regolarmente acquistato in un evento a pagamento (57,8%) e che lo sia anche pubblicare spezzoni di film su YouTube (79,2%). A una prima battuta, questo esito lascerebbe intendere che le convinzioni sulla liceità di alcune prassi siano lontane dalla realtà. In verità, è possibile che queste risposte siano condizionate da una formulazione della domanda che lascia aperta qualche possibilità d’interpretazione. È lecito, infatti, far ascoltare un CD di musica regolarmente acquistato in un evento a pagamento, a patto che si chiedano le debite autorizzazioni e si paghino i diritti relativi. Non è illecito in assoluto, in altre parole. È possibile anche pubblicare spezzoni di film coperti da copyright su YouTube, se non più lunghi di trenta secondi. Anche in questo caso il divieto esiste, ma in circostanze che andrebbero specificate. C’è, dunque, la possibilità che le risposte errate non rivelino necessariamente una conoscenza limitata delle leggi, ma solo un’interpretazione estensiva della domanda. Resta il dubbio, tuttavia, che si tratti di conoscenze condizionate dalla diffusione di pratiche che influenzano le percezioni di ciò che è lecito e ciò che non lo è, come quella di caricare file su YouTube senza preoccuparsi dei diritti che li coprono o di far ascoltare musica in feste a pagamento, senza provvedere alla corresponsione dei diritti SIAE. Pratiche forse sostenute dall’ipotetica convinzione che i comportamenti comuni e diffusi non possano essere illegali. Questa ipotesi potrebbe essere smentita se trovassimo conoscenze diverse in facoltà differenti e a prescindere dalle condotte condivise. Potremmo rilevare, per esempio, una maggiore padronanza delle norme tra gli studenti di giurisprudenza, e una competenza differente, influenzata da prassi forse più libertarie, tra gli studenti di informatica o, comunque, tra i forti fruitori di contenuti culturali online. In realtà, gli orientamenti degli studenti sono piuttosto bilanciati e gli elementi di distanza tra facoltà sono in parte diversi dai trend attesi. Appare quindi ancora più solida l’idea che studenti di facoltà diverse abbiano condotte piuttosto affini e che queste condizionino le loro competenze e percezioni. A proposito della conoscenza delle leggi sulla tutela di prodotti veicolati da media “classici”, come libri, radio, tv o cinema, i punti di divergenza sono piuttosto limitati. Sono i ragazzi di 89 economia e informatica a distaccarsi dagli altri, anche se con margini contenuti e in direzioni diverse: gli aspiranti ingegneri informatici dimostrano, infatti, una competenza diffusa e in alcuni casi inaspettata, ma non costante, i ragazzi di economia rivelano qualche incertezza in più. A proposito della conoscenza delle norme relative alla proiezione di film regolarmente acquistati/noleggiati in serate tra amici, per esempio, quasi tutti i rispondenti, indipendentemente dalla facoltà di appartenenza, dimostrano la propria competenza (cfr. Fig. 24). Fig. 24. Numero di studenti per facoltà che considera illegale proiettare un film regolarmente acquistato/noleggiato a una serata tra amici (v.a.) 160 140 120 100 No 80 60 142 121 126 127 5 3 Giurisprudenza 2 Lettere Sì 40 20 21 0 Economia 2 Comunicazione 1 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Molto simile è la distribuzione delle risposte a proposito della possibilità di ascoltare un CD di musica tra amici. Quasi tutti i rispondenti conoscono le leggi in materia, o perlomeno le immaginano correttamente, e solo una manciata di studenti di economia e ingegneria informatica conferma la propria indecisione sul tema (Cfr. Fig. 25). Simile è l’andamento delle risposte alla domanda sulla registrazione di spezzoni di musica, film o programmi televisivi da radio o tv: la quasi totalità degli studenti dimostra di conoscere la normativa. Uniche eccezioni sono quelli di informatica, con il 100% delle risposte esatte, ed economia, con qualche incertezza non irrilevante (Cfr. Fig. 26). 90 Fig. 25. Numero di studenti per facoltà che considera illegale far ascoltare un CD di musica regolarmente acquistato a un gruppo di amici (v.a.) 160 140 120 100 No 80 141 60 119 128 Sì 127 40 20 21 0 7 Economia 1 Giurisprudenza 2 Lettere 3 Comunicazione 1 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Maggiori difficoltà si colgono nelle conoscenze sulla liceità della proiezione di film o dell’ascolto di musica in eventi a pagamento. Nel primo caso, la maggioranza che dimostra di conoscere la legge è esigua (cfr. Fig. 27). Nel secondo, la quota degli informati è addirittura minoritaria (cfr. Fig. 28). 91 Fig. 26. Numero di studenti per facoltà che considera illegale registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv (v.a.) 160 140 120 100 No 80 106 138 121 60 Sì 126 40 20 0 22 20 Economia 8 Giurisprudenza 3 Lettere 6 Comunicazione 0 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 27. Numero di studenti per facoltà che considera illegale proiettare un film regolarmente acquistato/noleggiato a un evento a pagamento (v.a.) 160 140 120 73 100 63 63 61 No 80 Sì 60 40 20 63 66 68 71 2 20 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 92 Fig. 28. Numero di studenti per facoltà che considera illegale far ascoltare un CD di musica regolarmente acquistato a un evento a pagamento (v.a.) 160 140 120 100 78 78 80 74 90 No Sì 60 40 20 51 48 55 2 54 20 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 A proposito dei film, sono gli ingegneri informatici a dimostrare la competenza più solida. Seguono gli studenti di lettere e giurisprudenza. Gli aspiranti economisti rivelano anche in questo caso la loro indecisione, dividendosi esattamente a metà tra chi conosce la legge in materia e chi non la conosce. I ragazzi di comunicazione, invece, esibiscono le maggiori incertezze. Nel caso dell’ascolto pubblico di musica a un evento a pagamento, la maggior parte del campione crede che sia lecito, forse intendendo che lo è a fronte del pagamento dei relativi diritti. Solo gli studenti d’informatica, in oltre il 90% dei casi, rispondono correttamente. I frequentanti altre facoltà, invece, comunicazione in testa, danno una risposta sbagliata, probabilmente interpretando la domanda in maniera estensiva, oppure svelando semplicemente una minore conoscenza dl tema. L’inaspettata maggiore conoscenza delle leggi sul diritto d’autore tra gli studenti di informatica per i media vecchi, come tv, cinema o CD, o semi-nuovi, come DVD o mp3, si nota anche a proposito delle domande sulle copie private di prodotti regolarmente acquistati. In entrambi i casi, si registra una maggioranza schiacciante di competenze rispetto alle altre facoltà. Per quanto riguarda le conoscenze sulle possibilità stabilite dalla legge di fare copie private di CD e DVD, il fanalino di coda dei saperi è giurisprudenza (cfr. Fig. 29); a proposito delle copie di file mp3, l’ultimo posto è occupato da economia (cfr. Fig. 30). 93 Fig. 29. Numero di studenti per facoltà che considera illegale effettuare una copia privata di un DVD/CD regolarmente acquistato (v.a.) 160 140 120 100 98 82 80 94 No 107 Sì 60 40 20 0 47 35 46 19 Comunicazione 3 Informatica 19 Economia Giurisprudenza Lettere Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 30. Numero di studenti per facoltà che considera illegale effettuare una copia privata di un file mp3 (v.a.) 160 140 120 100 80 No 130 109 116 114 Sì 60 40 20 0 22 17 13 15 14 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione 0 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 94 Decisamente equilibrata, ma solo moderatamente corretta, è la distribuzione delle conoscenze sull’illegalità della pubblicazione di prodotti coperti da diritto d’autore su un proprio libro o su una pagina Web personale, con l’unica eccezione del gruppo di informatici che si divide a metà (cfr. Fig. 31-32). Lo stesso vale per il divieto di fotocopiare più del 15% di un libro, noto in maniera più o meno equilibrata (ma con quote inferiori alle attese), con qualche incertezza in più tra gli studenti di informatica (cfr. Fig. 33). Anche per quanto riguarda le domande specifiche relative al diritto d’autore nel Web, si registrano conoscenze piuttosto condivise, con qualche peculiarità degli iscritti a giurisprudenza, economia e informatica. La consapevolezza dell’illegalità del download da piattaforme di file-sharing, per esempio, è più diffusa tra gli studenti di economia, lettere e comunicazione. Seguono i frequentanti giurisprudenza e, in coda, quelli di informatica, che per la prima volta nell’analisi dei dati, danno in maggioranza una risposta sbagliata (cfr. Fig. 34). Fig. 31. Numero di studenti per facoltà che considera illegale pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su un proprio libro (v.a.) 160 140 120 63 100 51 57 52 No 80 Sì 60 40 75 72 77 81 20 10 12 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 95 Fig. 32. Numero di studenti per facoltà che considera illegale pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright sul proprio sito Web personale (v.a.) 160 140 120 63 100 54 61 54 No 80 Sì 60 40 72 68 75 81 20 11 11 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 33. Numero di studenti per facoltà che considera illegale fotocopiare più del 15% di un libro (v.a.) 160 140 120 33 20 32 23 100 No 80 Sì 60 106 97 106 111 40 20 8 14 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Questi due casi sembrerebbero falsificare la nostra ipotesi che la facoltà d’iscrizione condizioni la conoscenza delle leggi: ci si aspettava, infatti, che gli studenti di giurisprudenza 96 fossero più informati sulle norme e quelli di informatica le interpretassero con una maggiore libertà, alla luce dell’esperienza proveniente dall’uso avanguardistico e talvolta non convenzionale del Web. Sarebbe così confermata l’idea di una certa omogeneità di condotta e forse una cultura comune, in parte trasversale alla facoltà d’appartenenza, in grado di condizionare conoscenze e percezioni. Fig. 34. Numero di studenti per facoltà che considera illegale scaricare file audio-video da siti di file-sharing come eMule o Bit Torrent (v.a.) 160 140 47 120 33 100 44 36 No 80 Sì 60 40 93 85 93 97 20 13 9 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 A proposito dell’eventuale illegalità di condividere file su piattaforme di file-sharing, invece, solo economisti e informatici segnalano in maggioranza la risposta corretta (cfr. Fig. 35). Mentre a proposito della legittimità di vedere in streaming eventi sportivi, film e serie tv, una maggioranza consistente di studenti di tutte le facoltà dimostra di conoscere la legge, con una piccola eccezione per economia, in cui la quota di risposte corrette è più contenuta (cfr. Fig. 36). 97 Fig. 35. Numero di studenti per facoltà che considera illegale condividere prodotti culturali con gli utenti di un sito di file-sharing (v.a.) 160 140 120 100 73 54 78 80 81 No Sì 60 40 72 71 51 20 48 9 12 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Sono soprattutto gli studenti di informatica e comunicazione a dimostrarsi più competenti a proposito di una pratica recente di fruizione di film e fiction (nella maggior parte dei casi coperti da copyright) che ha affiancato e talvolta sostituito il download tipico del file-sharing. Non stupisce, dunque, che la conoscano (e conoscano le norme che la regolano) gli ingegneri informatici in erba. Non colpisce neanche la posizione degli studenti di comunicazione, avvezzi all’uso dei new media. Sorprende piuttosto che un quarto degli studenti di giurisprudenza risponda in modo scorretto, performance peggiore solo di quella dei ragazzi di economia. Ulteriore conferma della distanza tra risultati raccolti e attese. Simile il trend relativo alla conoscenza delle norme di pubblicazione di video su YouTube: la quota di studenti che considera illegale pubblicare spezzoni di film sul canale Web è minoritaria in tutti i casi (cfr. Fig. 37), i più competenti, tuttavia, sono gli studenti di informatica ed economia, i meno informati quelli di giurisprudenza e lettere. Anche la domanda specifica relativa alla conoscenza della legge Urbani rivela una distanza tra economisti e ingegneri da un lato e altri studenti dall’altro. Solo gli ingegneri informatici, per esempio, ammettono di conoscere la legge in maggioranza. Gli economisti conoscono meno le norme, ma lo scarto tra chi si dice informato e chi non lo fa è più contenuto di quello delle altre facoltà (cfr. Fig. 38). Quelli che meno conoscono le più recenti norme sul diritto d’autore sono, invece, gli studenti di lettere. 98 Fig. 36. Numero di studenti per facoltà che considera illegale vedere in streaming eventi sportivi, film, serie tv prodotti culturali (v.a.) 160 140 120 100 75 97 80 104 123 No Sì 60 40 20 51 32 25 21 19 Comunicazione 3 Informatica 0 Economia Giurisprudenza Lettere Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 37. Numero di studenti per facoltà che considera illegale pubblicare spezzoni di film su YouTube (v.a.) 160 140 120 100 80 82 121 112 No 112 Sì 60 40 20 13 44 0 Economia 17 17 23 9 Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 99 Fig. 38. Numero di studenti per facoltà che dichiara di conoscere la legge Urbani (v.a.) 160 140 120 100 67 80 94 83 93 No Sì 60 40 20 59 46 36 50 10 12 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Diverso è però l’esito della domanda di controllo che chiedeva di indicare quali fossero i comportamenti illeciti previsti dalla legge Urbani (cfr. Fig. 39-40-41). Sono infatti gli studenti di comunicazione e dimostrare di conoscere meglio i contenuti delle norme sulla tutela del diritto d’autore online. Seguono i ragazzi di informatica e lettere. In coda economia e giurisprudenza. Questi esiti presentano alcuni elementi d’interesse: gli studenti di giurisprudenza riconoscono e dimostrano di avere conoscenze limitate a proposito delle norme sul diritto d’autore. I ragazzi di economia e informatica si considerano più esperti di altri, ma alla prova dei fatti rivelano competenze inferiori di quelle dichiarate. Gli studenti di comunicazione appaiono più competenti e vicini agli ingegneri informatici. Sembra ancora una volta confermata l’idea che le conoscenze in materia discendano più dalle prassi d’uso dei new media, della Rete in particolare, che dagli studi universitari effettuati. Ancora diverso è l’orientamento delle conoscenze sul divieto di download per fini di lucro. Prevalgono gli studenti di informatica ed economia, che per oltre due terzi rispondono correttamente. Seguono gli altri. 100 Fig. 39. Numero di studenti per facoltà che crede che la legge Urbani vieti la condivisione di file protetti dal copyright su internet (v.a.) 160 140 2 120 2 41 9 100 80 98 Nr 89 No 64 94 Sì 60 40 20 23 29 38 39 15 Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica 7 0 Economia Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Fig. 40. Numero di studenti per facoltà che crede che la legge Urbani vieti il download di file protetti dal copyright per fini di lucro (v.a.) 160 140 120 100 2 1 24 30 35 23 9 23 Nr 80 No Sì 60 40 94 97 93 97 20 7 15 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Non a caso, sull’illiceità dello scaricare file protetti per trarne un profitto proprio i futuri comunicatori dimostrano di conoscere quasi tutti una normativa non semplice e ignota ai più. 101 Al secondo posto si collocano i ragazzi di informatica, una cui modesta maggioranza indica la risposta corretta. Segue giurisprudenza, che si divide quasi a metà. A lettere ed economia, invece, (la seconda con 2/3 del campione in errore) prevale la quota di chi fornisce la risposta sbagliata. Sono sempre i comunicatori i primi a riconoscere l’illiceità della condivisione di file online. Non stupisce, quindi, che primeggino anche nella percezione dell’illiceità del download per fini di lucro, conseguenza logica delle risposte precedenti. Fig. 41. Numero di studenti per facoltà che crede che la legge Urbani vieti il download di file protetti dal copyright trarne un profitto (v.a.) Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Guardando agli esiti complessivi delle domande sulle conoscenze del nostro campione, si nota una tendenziale omogeneità delle risposte di studenti di lettere e comunicazione, tranne eccezioni non irrilevanti relative alla pratica del file-sharing e alla conoscenza delle norme d’uso del Web per la fruizione di prodotti culturali coperti da diritto d’autore. Queste facoltà dimostrano di avere iscritti con percezioni e conoscenze piuttosto simili, ma meno aperte al cambiamento di quelle immaginate. La somiglianza tra i ragazzi dei due diversi corsi di laurea non stupisce del tutto, poiché avevamo ipotizzato una certa familiarità nella fruizione di prodotti culturali di vario tipo (cinematografici, teatrali, letterari, musicali) per entrambi i subcampioni. Ciò che si discosta dalle nostre aspettative è l’interpretazione libertaria delle norme sul diritto d’autore, minore di quella attesa. Colpisce, invece, l’orientamento complessivo degli studenti di giurisprudenza, che immaginavamo più competenti in materia. La ragione di tale esito, soprattutto a proposito del 102 più difficile ambito dei new media (le cui norme – lo abbiamo detto – non sono ancora del tutto stabili, né note ai più) potrebbe essere legata al fatto che i ragazzi intervistati siano soprattutto all’inizio del loro percorso di studi, dunque ancora lontani dall’acquisizione di una conoscenza approfondita delle norme sul diritto d’autore. Oppure potrebbe discendere da una minore incidenza della facoltà frequentata rispetto a quella di prassi condivisa piuttosto trasversalmente. Non è sempre chiaro, poi, l’orientamento dei ragazzi di economia, talvolta vicini a una conoscenza delle norme estremamente approfondita, altre volte molto distanti dalla consapevolezza del corretto funzionamento del diritto d’autore, soprattutto nei casi in cui appaiono preoccupati per circostanze che altri considerano pienamente legittime, come la proiezione di un film o l’ascolto di un CD ad una serata tra amici, o la registrazione di musica, film o programmi televisivi da radio o tv. Originale poi è l’esito delle posizioni degli studenti d’ingegneria informatica, che dimostrano una conoscenza piuttosto buona delle norme relative non solo ai media nuovi, ma anche ai “vecchi”, pur rivelando in alcuni casi conoscenze drasticamente inesatte. In particolare, dichiarano di conoscere la legge Urbani più di altri e sono più puntuali e compatti nell’individuazione della legittimità o illegittimità di alcune condotte legate ai nuovi media come il caricamento di materiali protetti su YouTube, lo streaming video, le copie private di prodotti regolarmente acquistati. Si rivelano più competenti anche a proposito delle norme su media vecchi, come la proiezione a pagamento di un film o la registrazione di contenuti da radio o tv. Conoscono poco, però, le leggi che riguardano la reprografia e hanno qualche dubbio sulla legittimità della condivisione di film o musica in una serata tra amici. Non riconoscono, poi, l’illegalità della condivisione di materiale su piattaforme di file-sharing, forse perché attribuiscono, come avevamo ipotizzato, al termine condivisione (soprattutto online) un’accezione positiva e libertaria. Certo, le differenze percepite potrebbero essere condizionate dall’età dei ragazzi intervistati, dalla loro maturità, dal livello di avanzamento nel percorso di studi o da una diversa propensione ad interpretare le domande in modo estensivo o restrittivo. In ogni caso, sembra si possa affermare che, tranne le eccezioni degli studenti di economia e informatica (più preoccupati, i primi, per l’impatto di azioni che ragazzi diversi reputano – correttamente – lecite, più consapevoli, i secondi, dei meccanismi che regolano il diritto d’autore di alcuni media vecchi e nuovi) non si registrano grandi distanze nei sottogruppi del campione, a dimostrazione del fatto che il tema è conosciuto più o meno trasversalmente (ma non sempre approfonditamente), probabilmente più in virtù di esperienze dirette che non per l’acquisizione di conoscenze universitarie. 103 3.3. Le leggi desiderate La batteria di domande appena illustrata permette di comprendere il livello di conoscenza delle norme sul diritto d’autore tra gli studenti intervistati. Poco dice però sulla percezione della legittimità delle leggi nella prospettiva dei ragazzi della Sapienza. Ancora meno permette di dedurre lo scenario normativo ideale, che potrebbe lasciar intendere molto più di quanto non possano rilevare le prime risposte analizzate. Per registrare proprio le percezioni sui desiderata degli intervistati, è stata prevista una domanda specifica: Secondo lei, quale delle seguenti azioni (il riferimento è alle stesse condotte citate nella domanda precedentemente analizzata) NON dovrebbe essere considerata illecita dalla legge. Nel campione complessivo emergono alcune indicazioni piuttosto chiare (cfr. Fig. 42). Per una maggioranza moderata dei ragazzi dovrebbe essere lecito fotocopiare più del 15% di un libro, effettuare il download di un file audio/video da siti di file-sharing, vedere in streaming eventi sportivi, film e serie tv, condividere film, libri, serie tv o canzoni. Proiettare un film o far ascoltare un CD di musica regolarmente acquistato o noleggiato a una serata tra amici, ma anche a un evento a pagamento, sono azioni che raccolgono, per esempio, una quota minoritaria di segnalazioni. Si tratta in parte di attività già lecite (come lo streaming), in parte di attività illegali. L’assimilazione delle une con le altre sembra legittimare l’idea che il nostro campione approva la libertà d’azione prevista in alcuni casi e ne desidera una maggiore in altre circostanze. Minoritaria è anche la percezione del bisogno di una maggiore apertura a proposito di attività come effettuare una copia privata di un DVD/CD o di un file mp3 regolarmente acquistati, registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv, pubblicare spezzoni di film su YouTube o pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su propri siti Web o libri. Sebbene queste pratiche siano in parte lecite e in parte illecite, le risposte date lasciano immaginare che quando anche i ragazzi sappiano che non sono legali (e abbiamo visto che ciò non si verifica per tutti) non pensino che la legge debba essere riformata, forse per abitudine o per la mancanza di timore per eventuali sanzioni previste in caso di violazione. Così, ciò che gli intervistati desiderano esplicitamente, sebbene con maggioranze piuttosto deboli, sono norme diverse. Primeggia la reprografia, esperienza che coinvolge forse molti degli studenti intervistati, per il loro ruolo di acquirenti e studiosi di un numero consistente di testi. Segue la speranza che sia lecito condividere e scaricare file da piattaforme di filesharing, pratica piuttosto diffusa tra i ragazzi con un livello socio-culturale medio alto e in età da università, sulla quale si è concentrata - non a caso - buona parte della nostra analisi quantitativa. A ciò si affianca il desiderio che sia libero lo streaming, che al momento non è regolamentato. 104 La tendenza complessiva è comunque molto più moderata delle attese, anche se potrebbero essere diverse le posizioni distinte per facoltà, supponendo sempre che gli studi di informatica, ma anche di comunicazione e lettere, possano orientare verso maggiore apertura le percezioni dei loro studenti (fosse anche per un uso del Web più frequente e sperimentale). Fig. 42. Percentuale di studenti che crede che le azioni indicate non debbano essere illegali (v.%.) Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 Proprio informatica dimostra la sua distanza dalle altre facoltà, ma lo fa anche a proposito di un contesto lontano dall’ambito del dilemma digitale. I suoi studenti, infatti, sono gli unici a registrare una maggioranza di no (anche se moderata) a proposito del desiderio che sia lecito fotocopiare più del 15% di un libro. Gli altri, invece, sono tutti a favore della maggiore libertà di riproduzione di testi scritti, con gli studenti di comunicazione in testa (cfr. Fig. 43). 105 Questi esiti sono legati probabilmente alle diverse prospettive provenienti dal frequentare corsi di studio differenti su supporti differenti. Gli informatici utilizzano forse un numero inferiore di libri tradizionali, avendo a disposizione una maggiore quantità di materiali multimediali. In ogni caso, sono ancora una volta gli aspiranti ingegneri informatici a distaccarsi dagli altri. E colpisce la posizione dei futuri giuristi, a favore di una legalizzazione della reprografia in tre quinti dei casi, dato che rivela un’apertura maggiore al cambiamento rispetto a quella immaginata. Diverso è il caso del download di un file audio/video da siti come e-Mule o Bit Torrent (Cfr. Fig. 44). La maggior parte degli studenti di economia, informatica e giurisprudenza vorrebbero il download libero. È questo un risultato che non sorprende, alla luce degli esiti già discussi, e conferma il desiderio di legacci meno stretti nella regolamentazione delle condotte di scambio e condivisione in Rete di contenuti protetti dal diritto d’autore. Lettere e comunicazione, invece, registrano un trend simile tra loro, ma leggermente diverso dai precedenti: se nella prima facoltà il numero di chi è contrario a una più ampia libertà in Rete è maggiore rispetto a quello dei favorevoli, nella seconda gli studenti si dividono perfettamente a metà. È un esito questo che andrebbe approfondito, ma che rileva ancora una volta una distanza rispetto alle attese. Abbastanza simile è il trend di chi vorrebbe la libera condivisione di file protetti dal diritto d’autore sulle piattaforme di file-sharing (cfr. Fig. 45). Quasi tre quarti degli ingegneri informatici sono a favore di una maggiore libertà, seguiti rispettivamente dai ragazzi di economia e giurisprudenza. Anche a questo proposito sembra rilevabile una certa affinità tra lettere e comunicazione, ma in una direzione diversa da quella ipotizzata. Ci attendevamo, infatti, una loro maggiore apertura legata allo scambio e al download di file protetti quasi al pari degli informatici, immaginando un comune sostegno all’idea della libera circolazione di materiali online. L’inaspettato orientamento degli esiti, tuttavia, potrebbe essere legato al fatto che nelle due facoltà considerate si registra un numero di “autori” di prodotti culturali di vario tipo (scrittori, registi, musicisti) superiore rispetto a quello di altri corsi di laurea. Così, se gli informatici sostengono la libera circolazione di file, in accordo con l’idea di essere utenti esperti del Web e forti consumatori di prodotti culturali in rete, i ragazzi di lettere e comunicazione potrebbero percepirsi come autori (da tutelare), prima ancora che come fruitori (desiderosi di maggiore libertà nel “consumo” di file online). Di qui una sensibilità inaspettata verso la protezione del diritto d’autore. È come se i comunicatori e gli studenti di lettere riconoscessero nel Web un importante e irrinunciabile strumento di diffusione delle loro opere, che non prescinde, tuttavia, dal bisogno di tutelarle. Convive con tale percezione, però, la volontà di garantire una maggiore libertà nella circolazione della conoscenza, liberalizzando le fotocopie di libri. E forse tale desiderio discende dalla consapevolezza di avere maggiore difficoltà nell’accedere come autori a un 106 contesto economico di tipo tradizionale, rispetto a quello online. Dunque, per alcuni studenti, ben vengano le fotocopie di testi, ma non lo scambio e il download di file su internet. Per quanto riguarda, invece, la fruizione di contenuti video in streaming, è maggioritaria la posizione di chi ne vorrebbe l’apertura tra gli studenti di tutte le facoltà (più accentuata tra quelli di informatica, meno tra quelli di economia), fatta eccezione per comunicazione. (cfr. Fig. 46). Anche in questo caso, non sappiamo se l’anomalia dipenda dal sapere che si tratta di una pratica legale (perlomeno per il momento) o dalla volontà di un giro di vite della normativa in materia. Fig. 43. Numero di studenti per facoltà che desidera la liceità delle fotocopie di più del 15% di un libro (v.a.) 160 140 1 4 1 56 50 53 33 120 100 Nr 80 No Sì 60 40 111 69 75 75 20 12 10 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 544 107 Fig. 44. Numero di studenti per facoltà che desidera la liceità del download di file protetti da siti di file-sharing (v.a.) 160 140 1 3 120 100 45 72 60 67 Nr 80 No Sì 60 40 80 66 62 72 20 8 14 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 546 Fig. 45. Numero di studenti per facoltà che desidera la liceità della condivisione di file protetti su siti di file-sharing (v.a.) 160 140 1 3 53 58 120 100 78 75 Nr 80 No Sì 60 40 72 68 54 20 66 6 16 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 546 108 Fig. 46. Numero di studenti per facoltà che desidera la liceità dello streaming online (v.a.) 160 140 1 3 120 100 59 58 54 80 Nr 80 No Sì 60 40 66 68 75 64 20 6 16 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Considerando i dati per singola facoltà, emerge qualche elemento in più per completare l’interpretazione dei trend registrati. Gli studenti di economia, per esempio, appaiono aperti soprattutto alla maggiore libertà di condivisione e download di file protetti, ma anche alla possibilità di fruire di contenuti tutelati in streaming, di fotocopiare più del 15% di un libro e di vedere un film con un gruppo di amici senza dover pagare dazi (cfr. Fig. 47). Si tratta di azioni in parte già lecite (lo streaming e la visione di un film in compagnia), in parte vietate (download e condivisione su piattaforme di peer to peer e fotocopie). In ogni caso, si ha la sensazione che gli aspiranti economisti auspichino una generica maggiore apertura nelle norme oggi esistenti, che favorisca una più ampia circolazione di prodotti culturali da fruire con costi contenuti o gratuitamente. Al tempo stesso, però, riconoscono il valore delle leggi che limitano la pubblicazione di materiale protetto da copyright su siti o libri, leggi ormai consolidate che la maggior parte degli studenti tende a non mettere in discussione, soprattutto se non contrastano con prassi di consumo culturale diffuse sia online che offline. Diverso è il caso delle condotte che sono già lecite (come l’ascolto di un CD tra amici o la possibilità di fare una copia privata di un file mp3 o di un CD), per le quali probabilmente gli studenti di economia non esprimono, comprensibilmente, il desiderio di una maggiore legittimità. 109 Fig. 47. Quota di studenti di economia che vorrebbe la legalità delle seguenti azioni (v.%) Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su un proprio libro Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright sul proprio sito web personale 31% 69% 40,5% 59,5% Effettuare una copia privata di un file mp3 24% 76% Pubblicare spezzoni di film su Youtube 44,8% 55,2% Registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv 25,6% 74,4% Effettuare una copia privata di un DVD/CD acquistato 36,4% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad un evento a pagamento 63,6% 25,6% 74,4% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad amici 19,2% Proiettare un film acquistato/noleggiato ad un evento a pagamento Proiettare un film acquistato/noleggiato ad una serata tra amici 80,8% 25,6% 74,4% 52,8% 47,2% Vedere in streaming eventi sportivi, film, serie tv 57,6% Condividere film, libri, serie tv o canzoni tra gli utenti di un sito di file-sharing 64% 42,4% 36% Scaricare file audio/video da siti di file-sharing 54,8% 45,2% 54,8% 45,2% Fotocopiare più del 15% di un libro Sì No 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 125 110 Molto simile è il trend relativo ai desiderata degli studenti di giurisprudenza, anche più cauto a proposito di ciò che dovrebbe essere lecito e più critico a fronte di attività che si vorrebbe restassero illegali, come la pubblicazione di documenti tutelati su un proprio libro, ma anche la trasmissione di musica o film in eventi a pagamento (cfr. Fig. 48). Si desidera però una maggiore apertura a proposito di prassi più recenti legate al Web, come la condivisione e il download di file online, la visione di contenuti in streaming, ma anche la possibilità di fotocopiare quote maggiori di libri rispetto a ciò che oggi stabilisce la legge. Dunque, sebbene gli studiosi di diritto tendano a confermare generalmente la legittimità delle norme esistenti, ci sono ambiti, quale quello della fruizione di contenuti in Rete e quello della reprografia, che si vorrebbero meno rigidi, forse in virtù di esigenze derivanti da esperienze dirette. Gli studenti di lettere, invece, appaiono meno sensibili degli altri alla libera circolazione di file protetti sul Web (cfr. Fig. 49), ma preferirebbero poter proiettare film o far ascoltare musica in eventi a pagamento, al di là delle norme attuali. Vorrebbero anche poter fotocopiare più del 15% di un libro. E desidererebbero poter registrare programmi televisivi o radiofonici, o poter pubblicare senza limiti spezzoni di file video su YouTube e contenuti protetti sui propri libri, senza incorrere in sanzioni. Proprio queste risposte sembrano confermare la nostra ipotesi che giustifica l’eccentricità degli studenti di lettere rispetto agli altri. Li avevamo immaginati come forti consumatori di contenuti culturali, pensandoli più aperti di altri alla libera circolazione di materiali protetti, ma sono apparsi come poco critici nei confronti dello status quo, lontani dal desiderio di volere nulla di più della possibilità che resti libero ciò che già lo è già (fatta eccezione per le fotocopie di libri o per l’uso di materiali altrui nei propri prodotti o attività culturali). È una posizione, questa, più conservatrice di quella attesa, piuttosto rispettosa delle norme esistenti, forse in virtù di una prospettiva differente da quella di altri ragazzi, una percezione legata alla propria attività di autori, attuali o potenziali, che s’intende tutelare. Non è un caso che la maggiore libertà desiderata riguardi non tanto le condotte online (come per altri studenti) e non solo l’ambito della reprografia (che accomuna probabilmente tutti i ragazzi per esperienza diretta), quanto quello della possibilità di proiettare o utilizzare prodotti altrui per eventi o contenuti culturali autoprodotti. 111 Fig. 48. Quota di studenti di giurisprudenza che vorrebbe la legalità delle seguenti azioni (v.%) Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su un proprio libro Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright sul proprio sito web personale 20,6% 79,4% 31% 69% Effettuare una copia privata di un file mp3 41,3% 58,7% 40,5% 59,5% 38,1% 61,9% Pubblicare spezzoni di film su Youtube Registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv Effettuare una copia privata di un DVD/CD acquistato 42,9% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad un evento a pagamento 24,6% 57,1% 75,4% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad amici 42,1% Proiettare un film acquistato/noleggiato ad un evento a pagamento Proiettare un film acquistato/noleggiato ad una serata tra amici 24,6% 57,9% 75,4% 46,8% 53,2% Vedere in streaming eventi sportivi, film, serie tv Condividere film, libri, serie tv o canzoni tra gli utenti di un sito di file-sharing 54% 46% 54% 46% 52,4% 47,6% Scaricare file audio/video da siti di file-sharing Fotocopiare più del 15% di un libro 59,6% Sì 40,4% No 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 126 112 Fig. 49. Quota di studenti di lettere che vorrebbe la legalità delle seguenti azioni (v.%) Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su un proprio libro Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright sul proprio sito web personale 58,1% 48,1% 41,9% 51,9% Effettuare una copia privata di un file mp3 41,9% 58,1% Pubblicare spezzoni di film su Youtube 58,1% 41,9% 60,5% 39,5% Registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv Effettuare una copia privata di un DVD/CD acquistato 33,3% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad un evento a pagamento 66,7% 57,4% 42,6% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad amici 32,6% Proiettare un film acquistato/noleggiato ad un evento a pagamento Proiettare un film acquistato/noleggiato ad una serata tra amici 67,4% 53,5% 46,5% 48,8% 51,2% 48,8% 51,2% 48,1% 51,9% Vedere in streaming eventi sportivi, film, serie tv Condividere film, libri, serie tv o canzoni tra gli utenti di un sito di file-sharing Scaricare file audio/video da siti di file-sharing 34,9% 65,1% Fotocopiare più del 15% di un libro 28,7% Sì 71,3% No 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 129 113 Non distante è l’orientamento degli studenti di comunicazione (cfr. Fig. 50), che sostengono in maggioranza solo la libertà di fotocopiare più del 15% di un libro e quella di scaricare file da siti di file-sharing. Su questo secondo desiderio, comunque, i comunicatori si distaccano dagli studenti di lettere, rivelando di essere forse più fruitori di prodotti culturali, che autori. A proposito degli altri item, poi, indicano sempre un certo accordo con norme esistenti come quelle relative al divieto di pubblicazione di prodotti tutelati su libri o siti o quello di proiezione di film o trasmissione di musica in eventi a pagamento. In altri casi, non segnalano il desiderio che attività come l’ascolto di musica o la proiezione di video tra amici possano essere liberi, così come anche la copia privata di CD/DVD/mp3, probabilmente perché sanno che si tratta di azioni che sono già lecite. Comunque, l’orientamento complessivo degli studenti di comunicazione colpisce. Dopo aver dimostrato di conoscere piuttosto bene le norme relative al diritto d’autore in Rete, danno prova di non immaginare né desiderare una situazione legislativa radicalmente diversa, se non per quegli ambiti vicini alla loro esperienza diretta. Ancora una volta anomalo è l’orientamento degli studenti di informatica. Il loro numero non permette generalizzazioni, né autorizza al calcolo di percentuali, tuttavia, in questo come in altri casi, tali ragazzi dimostrano di avere percezioni e conoscenze divergenti da quelle degli altri, e in una certa misura inaspettate. Valutando i dati in percentuale, pur conoscendo i limiti e le distorsioni portate da una percentualizzazione di un numero inferiore a cento, per visualizzare più chiaramente gli orientamenti emersi, si nota che il più radicale desiderio di apertura è quello relativo al filesharing e allo streaming. Segue, tra le attività che oggi non sono lecite, il download di file protetti da siti peer-to-peer e la pubblicazione di spezzoni di video su YouTube (immaginiamo che sia sottinteso il riferimento ai video coperti da copyright). Sono indicate, poi, attività già libere, che probabilmente si vorrebbero mantenere tali. Minore è la sensibilità relativa a proiezioni di film o ascolto di musica in eventi a pagamento, che rivela una certa affinità con il resto del campione, ma dimostra anche una maggiore sensibilità alla fruizione di contenuti online piuttosto che offline. In generale, comunque, l’analisi per facoltà permette di rivelare che gli studenti di informatica sono, come immaginato, desiderosi di “liberare” alcune prassi di scambio e fruizione di contenuti in Rete dai vincoli del diritto d’autore tradizionale, pur riconoscendone il valore e l’utilità in circostanze specifiche legate al mondo “offline”, come l’utilizzo di contenuti coperti dal copyright in eventi a pagamento e, in parte, la riproduzione di libri in fotocopia. Gli studenti di economia e giurisprudenza mostrano più punti di contatto di quanto non fosse emerso in precedenza, rivelando un discreto desiderio di libertà nell’uso di prodotti culturali di altri, sia online che offline, a dimostrazione del fatto che sono più fruitori, che autori o produttori. 114 Fig. 50. Quota di studenti di comunicazione che vorrebbero la legalità delle seguenti azioni (v.%) Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su un proprio libro Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright sul proprio sito web personale 27,8% 72,2% 35,4% 64,6% Effettuare una copia privata di un file mp3 31,9% 68,1% 30,6% 69,4% Pubblicare spezzoni di film su Youtube Registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv 34,7% 65,3% 34,7% 65,3% Effettuare una copia privata di un DVD/CD acquistato Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad un evento a pagamento 20,8% 79,2% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad amici 37,5% Proiettare un film acquistato/noleggiato ad un evento a pagamento Proiettare un film acquistato/noleggiato ad una serata tra amici 21,5% 62,5% 78,5% 37,5% 62,5% Vedere in streaming eventi sportivi, film, serie tv Condividere film, libri, serie tv o canzoni tra gli utenti di un sito di file-sharing 44,4% 55,6% 45,8% 54,2% Scaricare file audio/video da siti di file-sharing 50,7% 49,3% Fotocopiare più del 15% di un libro 53,5% Sì 46,5% No 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 144 115 Fig. 51. Quota di studenti di informatica che vorrebbero la legalità delle seguenti azioni (v.%) Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright su un proprio libro 31,8% Pubblicare foto/testi/video/musica protetti da copyright sul proprio sito web personale 68,2% 40,9% 59,1% Effettuare una copia privata di un file mp3 59,1% 40,9% Pubblicare spezzoni di film su Youtube 63,6% 36,4% Registrare musica, film o programmi televisivi da radio o tv 54,5% 45,5% Effettuare una copia privata di un DVD/CD acquistato 68,2% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad un evento a pagamento 18,2% 31,8% 81,8% Far ascoltare musica regolarmente acquistata ad amici 63,6% Proiettare un film acquistato/noleggiato ad un evento a pagamento Proiettare un film acquistato/noleggiato ad una serata tra amici 18,2% 36,4% 81,8% 63,6% 36,4% Vedere in streaming eventi sportivi, film, serie tv Condividere film, libri, serie tv o canzoni tra gli utenti di un sito di file-sharing 72,7% 27,3% 72,7% 27,3% Scaricare file audio/video da siti di file-sharing 63,6% 36,4% Fotocopiare più del 15% di un libro 45,5% Sì 54,5% No 0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 22 116 Gli studenti di lettere, poi, appaiono meno aperti alla liberalizzazione della circolazione di prodotti culturali online in spazi che forse considerano come utili per la diffusione delle proprie ”opere”, mentre non desiderano la tutela dei libri dalle fotocopie. Tendenzialmente, dunque, si dimostrano più aperti per quegli ambiti dell’industria culturale che considerano inespugnabili, come l’editoria cartacea, e più conservatori, invece, a proposito dell’uso della Rete. In ogni caso, perde di forza l’idea che studenti di lettere, comunicazione e informatica possano essere accomunati dallo stesso desiderio di una maggiore libertà di movimento in Rete. Se gli aspiranti ingegneri, infatti, confermano tale ipotesi con le loro dichiarazioni, i ragazzi di lettere si dimostrano diversi, più tradizionalisti del previsto, forse perché calati nel ruolo di ipotetici autori, che vorrebbero tutelare i propri prodotti soprattutto online, prima che fruire liberamente di quelli altrui. 4.3. Accordi e disaccordi Se quello descritto finora è l’orientamento emerso a proposito delle conoscenze e dei desideri sul diritto d’autore dei ragazzi di diverse facoltà, differente è la direzione delle opinioni raccolte sulla percezione di specifiche norme. L’intenzione di una precisa batteria di domande del questionario, infatti, era quella di capire il punto di vista dei ragazzi intervistati a proposito di ambiti peculiari di applicazione delle leggi legati al cosiddetto dilemma digitale. Con questa espressione s’intende la contrapposizione tra chi vuole proteggere l’attuale produzione e distribuzione culturale, difendendo interessi acquisiti anche a dispetto dei cambiamenti indotti dall’evoluzione tecnologica, e chi vorrebbe tutto “libero”, ossia la massima circolazione dei contenuti tutelati dal diritto d’autore, al di là del rispetto delle leggi esistenti.89 Così, sono state poste domande volte a rilevare il grado di accordo o disaccordo con affermazioni diversamente orientate nel dibattito sul dilemma digitale. In particolare, una sezione del questionario indagava la percezione del fenomeno del file-sharing, attraverso la rilevazione della condivisione o meno di affermazioni come: “Internet offre evidenti vantaggi nella promozione di nuove realtà creative", tratta dal testo Free Culture di Lawrence Lessig 90 , o il più neutro passo dell’art. 171 del d.l n. 7 del 2005, che recita “si prevede una responsabilità penale per chiunque mette a disposizione del pubblico, immettendola nel sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta o parte di essa”. Tra le altre affermazioni considerate ricordiamo quella tratta dal sito della Federazione dell’Industria Musicale italiana: “Scaricare file da Internet danneggia 89 P.Panarese, op. cit. 90 Cfr. L. Lessig, Free Culture, op. cit. 117 gravemente chi lavora con la propria creatività, come musicisti, registi, attori, scrittori”; 91 “Il reato di violazione di copyright non è un crimine”, una frase estratta dal sito p2pforum.it; 92 e “Scaricare è come rubare”, slogan di uno spot antipirateria della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il diverso orientamento di queste affermazioni era funzionale a rilevare il posizionamento di intervistati diversi in un continuum che avesse per estremi da un lato la massima apertura al cambiamento portato dalla nuove tecnologie anche nel campo del diritto d’autore, dall’altro la massima chiusura. Le opzioni di risposta si articolavano in quattro item. Gli utenti potevano dichiarare di essere completamente, abbastanza, poco o per nulla d’accordo. La scelta di un numero pari di opzioni di risposta era funzionale a non indurre una più “semplice” collocazione al centro del continuum indagato. L’esito di questa batteria di domande rivela uno schieramento piuttosto radicale, posizionato sul versante della libera circolazione di contenuti e prodotti culturali in Rete, più di quanto non emerga dagli esiti descritti nelle pagine precedenti. Abbiamo già visto, infatti, che il oltre il 40% del campione è completamente d’accordo con la frase di Lessig e quasi la metà la condivide abbastanza. Dunque, meno del 10% dei ragazzi coinvolti nella ricerca non la condivide, dimostrando di avere un punto di vista critico sulle potenzialità offerte dal Web alla creatività. Un esito prevedibile, considerata la genericità dell’affermazione, ma significativo. Più equilibrata è la ripartizione degli intervistati a proposito del d.l. 171: se quasi il 40% lo condivide poco, un terzo del campione lo approva, forse perché si tratta di una norma già in vigore, di cui si riconosce il potere consolidato o la difficoltà di metterla in discussione. Più sfumate le posizioni degli intervistati rispetto all’affermazione successiva, continuando a propendere per Internet nell’ipotetico conflitto tra Rete e diritto d’autore. Oltre un terzo del campione crede poco che scaricare file danneggi gravemente chi lavora con la propria creatività, un quinto non lo crede affatto e poco meno di un terzo degli internauti condivide moderatamente tale posizione. Così, è evidente che il campione sia tendenzialmente critico nei confronti di chi nell’industria culturale intende tutelare vecchi diritti acquisiti, ma al tempo stesso appare preoccupato per l’eventuale impatto di un moto di libertà incontrollato. Forse, come abbiamo ipotizzato nelle pagine precedenti, gli intervistati sono almeno in parte autori o aspiranti tali, timorosi per le conseguenze di un download generico e incontrollato di lavori propri e altrui. Piuttosto equilibrato, ma sempre leggermente sbilanciato sul versante libertario delle posizioni presenti nel dibattito sul dilemma digitale, è il grado di accordo con la frase: Il reato di violazione di copyright non è un crimine. Si tratta di un’affermazione in parte contraddittoria e volutamente ambigua. È contraddittoria perché la violazione del copyright è 91 Cfr. http://www.fimi.it 92 Cfr. http://www.p2pforum.it 118 un reato e dunque anche un crimine, se tale termine è considerato come sinonimo di violazione della legge. È ambigua, però, perché sappiano che l’espressione crimine è connotata in maniera tendenzialmente negativa e si applica generalmente a reati gravi. Non stupisce, quindi, che nel campione prevalga un disaccordo moderato. Più radicale è invece la posizione rispetto all’affermazione Scaricare è come rubare, slogan di una campagna antipirateria della presidenza del Consiglio dei Ministri. In questo caso, quasi la metà del campione non è affatto d’accordo con l’affermazione e oltre un terzo la condivide poco. È un orientamento, questo, piuttosto netto, che letto accanto agli altri lascia intendere che i ragazzi intervistati abbiano qualche difficoltà a riconoscere il file-sharing come una prassi dannosa in assoluto, e ancor più come un reato vero e proprio. Certamente, poi, non la considerano assimilabile al furto e guardano al Web più come a un’opportunità che come una minaccia per la proprietà intellettuale, pur non avendo un punto di vista totalmente acritico nei confronti delle violazioni online delle norme sul diritto d’autore. A proposito della relazione tra tale esito complessivo e le facoltà di appartenenza dei ragazzi del campione, immaginavamo che ci fosse un più radicale schieramento degli studenti di informatica verso il polo libertario del continuum relativo al dilemma digitale e una posizione più conservatrice degli iscritti a giurisprudenza e, in parte, a economia. Pensavamo poi che come forti fruitori di contenuti culturali anche online, i ragazzi di lettere e comunicazione avessero una prospettiva tendenzialmente aperta alla libera circolazione di prodotti dell’ingegno. Come nelle pagine precedenti, però, l’analisi rileva qualche sorpresa. A proposito dell’idea che Internet offra vantaggi evidenti nella promozione di nuove realtà creative, si nota, come in altri casi, una certa apertura nei confronti della Rete e delle sue potenzialità da parte dei futuri ingegneri informatici, accompagnati in questo caso anche dagli studenti di comunicazione. Economisti e giuristi in erba sono meno aperti alla condivisione. Gli studenti di lettere, come per altri item, sono più portati al cambiamento rispetto ai ragazzi di economia e giurisprudenza, ma più conservatori di quelli di informatica e comunicazione (Cfr. Fig. 52). 119 Fig. 52. Grado di accordo di studenti di diverse facoltà con l’affermazione di Lessig: Internet offre evidenti vantaggi nella promozione di nuove realtà creative (v.a.) 160 140 120 5 8 2 5 1 7 2 1 16 Per niente d'accordo 69 100 80 69 74 57 48 53 Nr Poco d'accordo 60 40 20 44 67 1 7 14 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 L’accordo con la punibilità penale della condivisione online di opere dell’ingegno è piuttosto lontano dagli studenti di informatica, tra i quali non figura nessun ragazzo completamente d’accordo, mentre tre quarti del gruppo si schiera contro tale principio (cfr. Fig. 53). Piuttosto simile è, ancora una volta, l’orientamento di aspiranti giuristi ed economisti, sebbene i secondi si dimostrino meno portati alla condivisione della legge. Divisi quasi a metà, invece, sono gli studenti di lettere e comunicazione, che confermano l’ambivalenza dei loro atteggiamenti. Questi ragazzi appaiono, infatti, in bilico tra apertura alla libera circolazione di prodotti culturali protetti e rispetto delle leggi esistenti, probabilmente per il loro doppio ruolo di fruitori di opere dell’ingegno e autori in erba. In ogni caso, non esiste in tali subcampioni un orientamento omogeneo a proposito di percezioni e condotte che toccano l’ambito del diritto d’autore. Conferma questo trend l’esito dell’accordo con l’affermazione: Scaricare file da Internet danneggia gravemente chi lavora con la propria creatività, come musicisti, registi, attori, scrittori. Se gli studenti di economia e informatica contestano piuttosto radicalmente tale frase, quelli di lettere e comunicazione mostrano un disaccordo prevalente, ma moderato, mentre i ragazzi di giurisprudenza tendono a condividerla. Ancora una volta, quindi, gli ingegneri informatici si dimostrano insofferenti all’associazione della Rete con i rischi per la creatività e il diritto d’autore. Gli economisti non si discostano da tale posizione. Gli studenti di lettere e comunicazione sono più libertari che conservatori. I 120 ragazzi di giurisprudenza, infine, rivelano piuttosto nettamente la loro propensione per la tutela delle vecchie leggi sul copyright e il loro ruolo di garanti delle norme esistenti, considerando meno di altri l’impatto del vento di cambiamento portato dai new media (cfr. Fig. 54). Non è un caso, quindi, che alla richiesta di indicare la propria opinione a proposito dell’affermazione “Il reato di violazione di copyright non è un crimine” registrino il più alto numero di disaccordi. Fig. 53. Grado di accordo di studenti di diverse facoltà con l’affermazione tratta dal d.l. 171 del 2005: si prevede una responsabilità penale per chiunque mette a disposizione del pubblico, immettendola nel sistema di reti telematiche, mediante connessioni di qualsiasi genere, un’opera dell’ingegno protetta o parte di essa (v.a.) 160 Nr 140 2 120 19 18 1 18 Per niente d'accordo 19 Poco d'accordo 100 53 36 80 49 65 60 48 40 20 44 28 26 0 59 12 Economia Giurisprudenza 17 14 8 9 5 Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 547 L’interpretazione letterale della frase è in questo caso piuttosto evidente, così come l’intenzione di ribadirne la veridicità, senza sbilanciarsi nell’indicazione di pareri personali o desiderata. Potenziali economisti e ingegneri informatici sono accomunati ancora una volta da un evidente consenso. Mentre i ragazzi di comunicazione, in questo caso più che in altri, si distaccano da quelli di lettere, rivelando una posizione maggiormente critica (cfr. Fig. 55). 121 Fig. 54. Grado di accordo di studenti di diverse facoltà con l’affermazione della FIMI: Scaricare file da Internet danneggia gravemente chi lavora con la propria creatività, come musicisti, registi, attori, scrittori (v.a.) 160 Nr 140 2 120 100 1 10 Per niente d'accordo Poco d'accordo 40 43 50 50 80 60 1 18 26 46 48 40 20 0 49 53 22 16 Economia 11 15 8 12 2 Lettere Comunicazione Informatica 27 Giurisprudenza Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 546 Fig. 55. Grado di accordo di studenti di diverse facoltà con l’affermazione del p2p forum: Il reato di violazione di copyright non è un crimine (v.a.) 160 2 140 120 2 1 13 26 12 100 Per niente d'accordo Poco d'accordo 41 40 80 24 Nr 52 50 60 40 56 56 48 35 1 8 20 0 15 17 20 18 9 4 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 545 122 Gli studenti di informatica sono radicalmente sbilanciati verso il polo libertario, in merito al dilemma digitale, anche di fronte all’affermazione “Scaricare è come rubare”. Tra loro, nessuno si dichiara minimamente d’accordo con l’idea che il download di file da internet sia equiparabile al furto. Comunque, è numerosa la frangia di studenti di lettere e comunicazione che la pensa allo stesso modo. I comunicatori, in particolare, raccolgono il maggior numero di persone radicalmente in disaccordo. Un po’ più moderata, ma sempre tendenzialmente critica, è invece la posizione dei frequentanti i corsi di lettere. Sempre più reazionario di altri, poi, è l’orientamento dei futuri giuristi, che sembrano rispondere esprimendo non tanto le proprie opinioni, quanto comunicando le conoscenze acquisite in materia di leggi dello stato (cfr. Fig. 56). Fig. 56. Grado di accordo di studenti di diverse facoltà con l’affermazione della PCM: Scaricare è come rubare (v.a.) 160 140 2 1 Nr 120 63 40 52 Per niente d'accordo Poco d'accordo 100 Abbastanza d'accordo 69 80 49 60 40 44 41 31 20 0 57 11 3 8 Economia Giurisprudenza 31 22 2 2 Lettere Comunicazione 13 9 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 545 In generale, dunque, l’orientamento complessivo del nostro campione nel dibattito sul dilemma digitale è più vicino al polo della libertà che a quello del controllo. Sono gli informatici i più rivoluzionari, seguiti (talvolta inaspettatamente) dagli economisti. Gli studenti di comunicazione e lettere si collocano in una posizione intermedia, ma leggermente sbilanciata verso il polo della libera circolazione di materiale protetto (soprattutto nel caso dei primi). Più conservatori, conformemente alle nostre attese, appaiono infine gli studenti di 123 giurisprudenza, paladini delle norme esistenti, poco aperti a leggi più libertarie e ancor meno alla modifica dello status quo legislativo. Ne deriva che l’ipotetica posizione reazionaria degli autori inclusi tra i ragazzi si stempera nel caso di affermazioni radicalmente pro o contro la libertà in Rete. Si deduce anche che la posizione degli ingegneri informatici è molto più radicale delle altre. E si nota una parziale conferma delle nostre ipotesti iniziali, che legavano le opinioni dei ragazzi alle facoltà di appartenenza, o quantomeno alle condotte più diffuse tra studenti con percorsi di studi affini. 5.3. Opinioni Sempre coerente con l’intenzione di registrare pareri di subcampioni diversi è la domanda relativa all’impatto che la violazione del diritto d’autore avrebbe su alcuni operatori dell’industria culturale. Tale quesito si articola in diverse sotto-domande riguardanti il mercato dell’editoria, della cinematografia e della musica: Secondo Lei, chi potrebbe essere danneggiato maggiormente nel caso in cui si fotocopi un libro? Secondo Lei, chi potrebbe essere danneggiato maggiormente nel caso in cui si scarichi un film da internet o si acquisti un DVD pirata? Secondo Lei, chi potrebbe essere danneggiato maggiormente nel caso in cui si scarichi musica da internet o si acquisti un CD pirata? Ogni domanda prevede la possibilità di segnalare una sola opzione di risposta a scelta tra quattro o cinque e l’intenzione di ognuna è quella di cogliere tra le possibili “vittime” delle violazioni alle norme sul diritto d’autore figure diverse rispetto agli “autori”. Per quanto riguarda gli esiti registrati a proposito dei “danni da fotocopie”, il campione nella sua interezza è convinto che questi riguardino soprattutto gli editori, nel 49,6% dei casi, seguiti dagli autori a una certa distanza. E la pirateria cinematografica e quella musicale danneggiano soprattutto i produttori (rispettivamente nel 51,6% e nel 38,3% dei casi). Così, per il nostro campione, i danni da violazioni delle leggi sul diritto d’autore colpiscono soprattutto soggetti diversi dagli autori, tra cui produttori o editori. Per andare in profondità nell’analisi di tale risultato abbiamo incrociato le risposte degli intervistati con la loro facoltà di appartenenza. La lettura degli orientamenti di studenti differenti a proposito dell’impatto della reprografia conferma i trend già rilevati: economia e informatica appaiono più distanti dalla visione classica del diritto d’autore, riconoscendo con scarti maggiori rispetto agli altri ragazzi che le principali vittime delle fotocopie sarebbero gli editori, non gli autori. Tuttavia, questa posizione è diffusa anche tra gli altri intervistati, che indicano gli autori sempre in quote minoritarie (cfr. Fig. 57). 124 Solo giurisprudenza registra una distanza ridotta tra chi crede che la pirateria colpisca gli editori e chi pensa che danneggi gli autori. Si tratta di uno di quei casi, già rilevati in precedenza, d’interpretazione letterale delle norme, probabilmente influenzata almeno in parte dal corso di studi frequentato. Lettere e comunicazione appaiono, ancora una volta, piuttosto consonanti: i loro studenti riconoscono che l’impatto più grave del fotocopiare libri sia quello subito da editori, ma non escludono ripercussioni anche sugli autori, con cui potrebbero identificarsi. Fig. 57. Soggetti maggiormente danneggiati, per facoltà, dalle fotocopie di libri (v.a.) 160 1 140 120 3 17 1 1 11 3 10 Nr altro 12 i distributori 100 72 55 80 gli editori gli autori 63 71 60 40 61 20 51 61 5 14 35 0 3 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 Non dissimile è l’esito dell’incrocio tra le opinioni sui danni portati al cinema dalla pirateria e facoltà di appartenenza degli intervistati (cfr. Fig. 58). Anche in questo caso, infatti, tra le principali vittime si citano produttori, distributori e sale cinematografiche. Sono soprattutto i ragazzi di comunicazione e giurisprudenza a mettere in evidenza i danni per i produttori, mentre quelli di ingegneria informatica propendono per l’impatto sulle sale cinematografiche. Più equilibrata è invece la distribuzione degli effetti del mercato pirata tra i ragazzi di lettere, preoccupati per i produttori poco di più di quanto non lo siano per i distributori. Sono poi gli studenti di comunicazione quelli che più sottolineano i danni economici per i finanziatori del film, rendendo evidente quello che pare essere il fil rouge delle percezioni del nostro campione: il diritto d’autore inteso come diritto patrimoniale è una cosa diversa dal diritto commerciale, che tutela non tanto gli autori dei vari ambiti considerati, quanto chi finanzia le loro opere e le immette sul mercato. 125 In tutti i casi, comunque, i registi sono tra le vittime meno citate, probabilmente per la consapevolezza che il loro guadagno su un film non dipende tanto o solo dagli incassi al botteghino. Fig. 58. Soggetti maggiormente danneggiati, per facoltà, dal download di un film da internet o dall’acquisto di un DVD pirata (v.a.) 160 1 140 120 100 2 18 1 3 18 20 19 72 77 nr altro 2 14 31 le sale cinematografiche i distributori i produttori 42 27 i registi 80 60 47 40 80 20 0 14 11 Economia Giurisprudenza 24 5 Lettere Comunicazione 9 5 7 1 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 La pirateria musicale è letta invece secondo prospettive diverse e meno solide. I ragazzi del campione, infatti, ne considerano gli effetti sui produttori come meno radicali che per editoria e cinema (cfr. Fig. 59). Se tutti gli studenti credono che siano soprattutto i produttori discografici ad essere colpiti dal download illegale, non pochi rilevano un certo impatto sui musicisti e sui distributori - come nel caso degli studenti di lettere e comunicazione - o sugli autori - come per i ragazzi di giurisprudenza ed economia. Gli aspiranti ingegneri informatici, invece, dopo i produttori indicano come categoria a rischio quella dei distributori. È questo un caso in cui al di là dell’omogeneità della prima risposta, le seconde opzioni si distanziano piuttosto nettamente, accomunando lettere e comunicazione da una parte, economia e giurisprudenza dall’altra e lasciando informatica, ancora una volta, in una posizione eccentrica. 126 Fig. 59. Soggetti maggiormente danneggiati, per facoltà, dal download di musica da internet o dall’acquisto di CD pirata (v.a.) 160 140 3 120 19 1 22 1 1 nr 26 altro i distributori 33 i produttori 100 80 58 45 gli autori 38 58 i musicisti esecutori 60 40 28 20 20 26 33 34 32 23 27 Lettere Comunicazione 0 Economia Giurisprudenza 7 11 1 3 Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 In generale, si nota che la maggiore preoccupazione per gli autori si concentra nel campo dell’editoria, mentre è piuttosto bassa nel caso del cinema. La spiegazione appare intuitiva: quando si parla di autori nell’immaginario collettivo è piuttosto solida la posizione degli scrittori di libri, mentre è più difficile l’attribuzione unica della paternità di un film o di una musica. In ambito cinematografico, infatti, hanno un ruolo creativo autorale gli sceneggiatori, ma anche i registi e, in parte, i direttori della fotografia. Per la musica, invece, si sa che non sempre il cantante o il musicista performer coincide con l’autore della canzone. Fatti salvi i casi di noti cantautori, dunque, il ruolo dell’autore di musiche è meno definito rispetto a quello dello scrittore di libri. Per questo, forse, la preoccupazione per gli autori e l’impatto che su di loro può avere la pirateria è percepito come maggiore laddove più forte è la riconoscibilità della loro funzione produttiva e creativa. Più complesso è il caso del cinema, in cui l’autorialità diffusa e condivisa da figure diverse è contribuire a spostare l’attenzione degli intervistati sugli investitori, i produttori, i distributori e le sale. Il settore cinematografico, poi, è piuttosto particolare, se confrontato con quello musicale ed editoriale. Il film ha una natura diversa rispetto a quella di un libro o di un CD. A differenza di un libro, a proposito del quale è piuttosto condiviso lo scontento per la bassa qualità delle copie digitali e diffuso il piacere del possesso, per il prodotto cinematografico la questione è diversa. E non lo è tanto perché un DVD non possa essere un oggetto da collezione, quanto perché la qualità del digitale è spesso molto vicina a quella del prodotto 127 originale e ciò rende le copie di film scaricati non troppo dissimili da quelle acquistabili in un negozio. Inoltre, a differenza della musica, caratterizzata da una fruizione ripetuta, ma anche dalla possibilità di scaricare una canzone per testarne lo stile e valutare la possibilità d’acquisto di un intero CD, un film è visto di solito non più di una volta. Solo in alcuni casi, come i classici o le pellicole particolarmente apprezzate, alla fruizione segue l’acquisto del DVD. Ne deriva che, per ragioni di qualità o di modalità di fruizione, la visione di film pirata possa essere più frequente e potenzialmente dannosa rispetto a quella di altri prodotti culturali. Comunque, i danni sono attribuiti a produttori, distributori e sale cinematografiche, con sensibilità diverse tra studenti di facoltà differenti. I ragazzi di lettere, per esempio, forse per immedesimazione nel ruolo, si preoccupano per i registi (ma anche per i distributori) più di quanto non facciano gli altri. Quelli di informatica sono i più sensibili all’impatto della pirateria sulle sale cinematografiche, considerando probabilmente la pirateria online come alternativa alla frequentazione di cinema, piuttosto che all’acquisto o noleggio di DVD. Per quanto riguarda la musica, gli studenti di lettere ripartiscono gli effetti del download su tutta la filiera del comparto, dall’autore al distributore, passando per produttori e musicisti. Minore è la preoccupazione per gli esecutori tra gli ingegneri informatici, più attenti, semmai all’impatto su produttori e distributori. Lettere, giurisprudenza ed economia, invece, sono piuttosto vicine nel distribuire i danni tra tutti, con qualche preoccupazione in più per i produttori e qualcuna in meno per gli autori. Ne emergono alcuni esiti interessanti: la quota piuttosto contenuta di timori per gli autori e la concentrazione dei danni immaginati tra produttori e distributori. In generale, è piuttosto chiaro che, tranne l’ambito dell’editoria, in cui l’autore è meglio definito e percepito come più esposto al rischio pirateria, sono soprattutto i soggetti che investono per la produzione, commercializzazione e distribuzione di un’opera dell’ingegno a essere considerati a rischio di effetti collaterali della pirateria. E ciò è evidente soprattutto nell’orientamento di economisti e informatici. Se i primi sono generalmente più preoccupati per l’impatto sui produttori, dunque su chi ha investito in un progetto, i secondi considerano gli effetti sui distributori, immaginandoli forse sostituiti da sistemi alternativi di diffusione delle opere dell’ingegno, come la Rete. In ogni caso, tutti gli intervistati tendono a sminuire l’impatto della violazione del diritto d’autore proprio sugli autori, pensando piuttosto che siano altri i soggetti danneggiati: quelli che commercializzano i prodotti di autori di vario genere per trarne profitto. È un esito questo che affianca i due ambiti del diritto d’autore e del copyright, rivelando tra gli intervistati una certa confusione e conoscenze specifiche piuttosto modeste. La risposta a un’altra domanda permette di comprendere qualcosa in più. Il quesito riguarda gli strumenti che possono limitare gli eventuali danni prodotti dalla pirateria (soprattutto 128 online) al mercato dei prodotti culturali (libri, CD musicali, film, ecc.). L’intenzione era duplice: raccogliere proposte per superare i problemi riscontrati dagli intervistati in termini di impatto della violazione delle norme sul diritto d’autore e comprendere il punto di vista sull’accettabilità o meno di tale violazione. Le opzioni di risposta erano: L’imposizione di sanzioni per gli utenti che scaricano file L’imposizione di sanzioni per i produttori di software di file-sharing L’imposizione di sanzioni per i produttori di software per duplicare CD o DVD L’imposizione di sanzioni per gli utenti che immettono file in Rete L’implementazione dei siti da cui scaricare contenuti a pagamento La maggiore diffusione di sistemi di protezione dei contenuti (i DRM) La riduzione dei costi dei CD, libri o DVD nei negozi o del biglietto del cinema A ciò si aggiungeva la possibilità d’indicare una risposta libera non inclusa tra le precedenti. La scelta degli item era volutamente ricca e sbilanciata verso la possibilità di inasprire le sanzioni, per verificare la tenuta di eventuali proposte alternative. Gli esiti complessivi e quelli divisi per facoltà si sono rilevati piuttosto interessanti. Nell’intero campione, infatti, una netta maggioranza, il 63,7%, ha indicato come soluzione ai danni da pirateria non tanto la maggiore durezza dell’applicazione delle norme esistenti o l’incremento dei sistemi di controllo e protezione, quanto la riduzione dei costi dei prodotti culturali copiabili. La risposta lascia intendere una chiara dichiarazione d’insoddisfazione per l’attuale funzionamento del mercato, che rischia di spingere i potenziali acquirenti a ripiegare su pratiche di acquisizione di prodotti alternative all’acquisto e talvolta illecite. Gli item che suggerivano l’inasprimento delle sanzioni pecuniarie per gli utenti che scaricano file, per i produttori di software di file-sharing o di duplicazione dei DVD o, ancora, la maggiore diffusione di sistemi di protezione tecnica dei contenuti sono stati, invece, tendenzialmente ignorati. Tra le altre soluzioni proposte e non incluse tra le risposte codificate ricordiamo: «il sussidio statale alla diffusione libera di cultura (per i produttori)», «meno gente che ne approfitti più del necessario», ma anche «nessuna» proposta, un’indicazione che forse presuppone la convinzione che la pirateria non vada fermata, né limitata. Così, file-sharing e download dalla Rete sembrerebbero pratiche giustificabili, almeno agli occhi di una parte degli utenti di Internet, dal malfunzionamento dell’industria culturale e dai costi eccessivi dei suoi prodotti. Alla luce di questo risultato generale, ci si aspettano orientamenti diversi tra studenti di facoltà differenti: più attenti alla filiera commerciale gli economisti, più vicini al rispetto delle norme i giuristi e più aperti alla libera circolazione di materiali online gli ingegneri informatici (cfr. Fig. 60). 129 Fig. 60. Strumenti che possono limitare gli eventuali danni prodotti dalla pirateria (soprattutto online) al mercato dei prodotti culturali per facoltà (v.a.) 160 Nr 140 120 9 2 15 2 13 2 Altro 9 1 La riduzione dei costi dei CD, libri o DVD nei negozi o del biglietto del cinema 100 La maggiore diffusione di sistemi di protezione dei contenuti (i DRM) 93 80 73 L’implementazione dei siti da cui scaricare contenuti a pagamento 87 81 60 L’imposizione di sanzioni per gli utenti che immettono file in rete 40 20 0 2 1 5 6 7 7 Economia 7 4 7 5 13 5 Giurisprudenza 3 8 2 6 13 Lettere 8 7 1 4 12 8 Comunicazione 1 1 19 1 Informatica L’imposizione di sanzioni per i produttori di software per duplicare CD o DVD L’imposizione di sanzioni per i produttori di software di filesharing L’imposizione di sanzioni per gli utenti che scaricano file Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 A giudicare dal grafico 60, la tendenza a privilegiare la riduzione dei costi di CD, libri, DVD e cinema è diffusa trasversalmente a tutte le facoltà, con una discreta preponderanza tra gli studenti di informatica, che non segnalano nessun’altra risposta se non l’implementazione dei siti da cui scaricare contenuti a pagamento, indicata da un solo intervistato. Non stupisce il fatto che siano solo gli studenti di giurisprudenza a indicare altre soluzioni, relative soprattutto al maggior rigore delle norme. Colpisce poi la radicalità degli orientamenti di comunicatori ed economisti, più sensibili al costo dei prodotti dell’industria culturale e alle distorsioni del funzionamento della filiera produttiva e distributiva. Comunque, il risultato, di per sé è chiaro: sono soprattutto gli informatici a credere poco nelle norme esistenti, che considerano forse anacronistiche rispetto ai cambiamenti portarti dal Web all’industria culturale e ai suoi meccanismi. I giuristi sono invece i più attenti alle leggi e al loro rispetto, pur condividendo in maggioranza l’orientamento degli studenti di altre facoltà. La sensibilità alla dimensione economica lascia immaginare che, forse, più che la sola iscrizione a una facoltà conti l’anno di iscrizione all’università o il ciclo di studi, e dunque l’età degli intervistati, oppure la loro condizione di studenti o lavoratori. 130 È facile ipotizzare, infatti, che la loro dipendenza economica possa contribuire a desiderare costi inferiori per prodotti culturali che altrimenti non potrebbero permettersi. Considerando però il ciclo di studi degli intervistati, più significativo dell’anno d’iscrizione che potrebbe riferirsi sia a corsi di laurea triennale che a corsi di specialistica (e dunque a ragazzi di età e maturità piuttosto diversi), questa ipotesi appare confermata solo parzialmente. Infatti una quota più o meno costante e sempre nettamente maggioritaria in tutti i cicli di studio indica la riduzione dei costi dei prodotti culturali come una possibile soluzione alla pirateria. Tale quota è leggermente prevalente nei corsi di laurea triennale, ma non tanto da evidenziare una distanza radicale dagli altri. Potrebbe essere comunque un’altra la variabile che incide su questo trend, ossia la condizione di studenti o lavoratori. Gli studenti “puri”, infatti, a qualunque ciclo siano iscritti, potrebbero risentire delle difficoltà di acquistare, per ragioni economiche, tutti i prodotti culturali che vorrebbero. Anche in questo caso, però, l’ipotesi è verificata solo in parte. Se è vero, infatti, che tra i lavoratori la quota di chi propone soluzioni alternative rispetto alla riduzione dei costi di CD, DVD, libri o biglietti del cinema è maggiore rispetto a quella degli studenti non lavoratori, è anche vero che tale proposta resta nettamente minoritaria. E lo stesso si verifica tra i lavoratori part time (cfr. Fig. 61). Fig. 61. Strumenti che possono limitare gli eventuali danni prodotti dalla pirateria (soprattutto online) al mercato dei prodotti culturali per condizione di studente o lavoratore (v.a.) 400 33 4 350 Nr 300 Altro 250 231 200 150 11 2 100 103 50 0 53 3 9 6 Lavora part time 2 1 14 11 Lavora full time 17 15 9 11 28 La riduzione dei costi dei CD, libri o DVD nei negozi o del biglietto del cinema La maggiore diffusione di sistemi di protezione dei contenuti (i DRM) L’implementazione dei siti da cui scaricare contenuti a pagamento 26 Non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 540 131 Ne deriva che si tratta probabilmente di una percezione diffusa, che non dipende tanto dalla disponibilità economica, quanto da un più generico orientamento culturale, o un tentativo di giustificare una condotta, quella dell’acquisizione di prodotti pirata, che si percepisce come illecita e per la quale si sente il bisogno di una ragione che la legittimi almeno parzialmente. 6.3. Giustificazioni Per fare ulteriore chiarezza sul rapporto tra utenti di Internet e legalità e per verificare la misura in cui gli intervistati tentino di legittimare i propri comportamenti illegali, abbiamo posto altre due domande specifiche. La prima è: Secondo lei, qual è la principale ragione per cui si scaricano film, musica o libri da internet? L’intenzione era quella di capire se la quota di chi scarica file in sostituzione dell’acquisto sia dominante rispetto alle altre categorie di downloaders indicate da Lawrence Lessig, ossia quella di chi scarica per valutare l’opportunità di acquisto, chi lo fa per acquisire prodotti che sono fuori mercato, e chi si limita al download di file non coperti dal diritto d’autore. 93 La differenza ovviamente è chiara: solo la prima categoria è quella che trae un profitto economico. Le altre possono giovare o perlomeno non danneggiare l’industria culturale “piratata”. La questione non è irrilevante. Qualsiasi dibattito sul file-sharing e, a maggior ragione, qualunque riforma legislativa dovrebbe prendere in considerazione le differenti modalità di utilizzo della Rete per l’acquisizione di prodotti culturali. Potrebbe cioè non colpire il gruppo di chi scarica file non protetti da copyright, anche se mira a eliminare quegli utenti che ricorrono al download per non acquistare i prodotti originali. La volontà di liberarsi di quest’ultima categoria, inoltre, potrebbe dipendere anche dall’estensione del gruppo di chi scarica file per valutare l’opportunità di procedere all’acquisto.94 Se l'impatto della condivisione non è molto dannoso per l’industria culturale considerata o è bilanciato da effetti positivi sul mercato, la necessità di regolamentazione potrebbe attenuarsi in maniera significativa. 93 Cfr. L. Lessig, Free Culture, op. cit. L'effetto della guerra dichiarata alla condivisione di file in sostituzione dell’acquisto ha avuto conseguenze che vanno oltre questa categoria di file-sharing. È evidente fin dal caso Napster. Quando fu spiegato alla corte distrettuale che Napster aveva messo a punto una tecnologia capace di bloccare il trasferimento del 99,4% del materiale identificato in violazione del copyright, i giudici risposero ai legali che il 99,4% non era sufficiente. Napster doveva ridurre tali violazioni "a zero". Ma, ricorda Lessig, non esiste alcuna possibilità di garantire che si possa usare un sistema peer-to-peer il 100% delle volte nel rispetto delle norme, esattamente come non esiste un modo per garantire che il 100% dei videoregistratori o delle fotocopiatrici Xerox o delle pistole vengano usati nel rispetto della legge vigente. Cfr. L. Lessig, Free Culture, op. cit. 94 132 Sono diverse le voci di chi crede, poi, che il danno concreto derivante dalla condivisione sia discutibile e, anche ammesso che sia reale, dipenda dalla categoria di file-sharers effettivamente prevalente.95 Consideriamo, per esempio, il caso di chi scarica materiale che l'artista intende condividere. Il “problema” in questo caso è assicurarsi che la tecnologia che serve ad attivare tale tipo di condivisione non diventi illegale. D’altronde, qualunque mezzo può essere usato con finalità poco pregevoli, ma ciò non vuol dire che debba automaticamente essere considerato illecito. Diverso è la circostanza in cui chi scarica materiale pubblicato, ma non più disponibile. Qualunque sia la ragione per cui l’opera è irreperibile, la legge potrebbe facilitare l'accesso a quei contenuti, possibilmente procurando qualche ritorno all'artista. Il modello cui ispirarsi potrebbe essere quello della libreria dell'usato: una volta che un testo va fuori catalogo, può ancora essere reperibile nelle biblioteche e in alcuni punti vendita. Quella di chi scarica materiale in sostituzione dell’acquisto e quella di chi lo fa per valutare l’opportunità di comprarlo non sono categorie del tutto equiparabili. Se la prima preoccupa, comprensibilmente, i produttori di contenuti culturali, la seconda, pur dando vita a comportamenti illeciti, potrebbe essere sfruttata per scopi promozionali. In ogni caso, nel nostro campione prevale la categoria di downloaders che crede che i file si scarichino perché sono gratis, quindi in sostituzione di eventuali acquisti (cfr. Fig. 62). L’83,4% afferma di immaginare che film, musica o libri siano presi dalla Rete perché sono gratis. L’8,7% crede, invece, che si ricorra al download per capire se vale la pena di acquistare un prodotto, discorso probabilmente legato più all’ambito della musica che a quello cinematografico o editoriale. Il 7,6% immagina che il file-sharing sia legato a un uso del Web come grande archivio di materiale altrimenti disperso. Solo un irrilevante 0,2% suppone che ciò che viene scaricato non sia tutelato dal diritto d’autore e dunque sia legittimamente condiviso. In questo come in altri casi, la distribuzione delle opinioni varia (anche se poco) tra facoltà differenti (cfr. Fig. 63). Sono soprattutto gli studenti di comunicazione a credere quasi all’unanimità che il download discenda dalla possibilità di acquisire un risparmio immediato. I ragazzi di informatica, invece, sono convinti più degli altri che esistano casi in cui si scaricano file per reperire prodotti altrimenti introvabili. E questo è certamente vero per alcuni software che probabilmente è difficile trovare in commercio, ma non vale forse non per tutti i comparti dell’industria culturale. Sono gli studenti di economia, seguiti da quelli di giurisprudenza a credere che talvolta si cerchino file online per capire se vale la pena di acquistare l’originale, dunque come prova. 95 Cfr. L. Lessig, Free Culture, op. cit. 133 Fig. 62. Ragioni del download di file da internet (v.%) 0,2% 7,6% 0,1% perché sono gratis 8,7% per valutare la possibilità di acquisto per acquisire prodotti che sono fuori mercato per acquisire prodotti che non sono protetti dal diritto d'autore 83,4% nr Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 Fig. 63. Ragioni del download di file da internet per facoltà (v.a.) 160 Nr 140 120 Altro 9 2 15 2 13 2 9 1 La riduzione dei costi dei CD, libri o DVD nei negozi o del biglietto del cinema La maggiore diffusione di sistemi di protezione dei contenuti (i DRM) L’implementazione dei siti da cui scaricare contenuti a pagamento 100 93 80 73 87 81 L’imposizione di sanzioni per gli utenti che immettono file in rete 60 40 20 0 2 1 5 6 7 7 7 4 7 5 13 5 3 8 2 6 13 Economia Giurisprudenza Lettere 8 7 1 4 12 8 Comunicazione 1 1 19 1 L’imposizione di sanzioni per i produttori di software per duplicare CD o DVD L’imposizione di sanzioni per i produttori di software di filesharing L’imposizione di sanzioni per gli utenti che scaricano file Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 550 134 Complessivamente, comunque, emergono orientamenti piuttosto radicali. Oltre tre quarti degli intervistati credono che il download sia associato alla pratica più dannosa e certamente illegale, quella dell’acquisizione di prodotti culturali protetti per ottenere un risparmio, dunque un vantaggio economico. Tuttavia, la domanda chiede genericamente non ciò che gli intervistati fanno, ma ciò che immaginano si faccia. Sebbene sia plausibile pensare che una percentuale non troppo distante da quella rilevata corrisponda alla quota di studenti che scaricano effettivamente prodotti culturali dalla Rete in sostituzione dell’acquisto, gli esiti raccolti vanno integrati con altri risultati, quelli tratti dall’esperienza diretta degli intervistati. I ragazzi, comunque, immaginano siano soprattutto i software ad essere scaricati perché gratis e facilmente accessibili, un po’ più della musica e molto più dei libri. Ma sono i libri a essere ricercati online soprattutto perché introvabili, seguiti dai film. La musica, invece, viene presa dalla Rete soprattutto per la sua gratuità, ma anche (più di libri e film) per valutarne l’opportunità di acquisto (cfr. Fig. 64). È questo un esito interessante che descrive scenari immaginati di impatto del file-sharing diversi. Fig. 64. Ragioni del download di file da internet per tipologia di file (v.%) 100% 90% 0,8% 1,4% 3,5% 1,9% 22,6% altro 14,4% 60% 41,7% 50% per capire se vale la pena di acquistare l'originale 40% 30% nr/nd 15,1% 22,6% 80% 70% 1,7% 2,7% 6% 60,8% 67% 20% 37,8% 10% perché su internet si trovano prodotti introvabili perché sono gratis 0% Musica Film Libri Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 554 Se quella cinematografica appare la più esposta a rischi, perché consistente è la quota di chi scaricherebbe film in sostituzione dell’acquisto di un biglietto del cinema o di un DVD, quella editoriale potrebbe essere la meno danneggiata dal file-sharing. Si pensa, infatti, che i libri vengano ricercati online perché non si trovano sul mercato e per valutarne l’acquisto, oltre 135 che per la loro gratuità. La musica, poi, potrebbe essere scaricata per la sua diffusione e gratuità, ma anche per valutare la possibilità di acquistare il CD che la contiene. Forse, come per il libro, la musica stimolerebbe la collezione degli originali più di quanto non faccia il comparto cinematografico. Così, possiamo dedurre che una maggioranza consistente - ma non schiacciante - del nostro campione pensa si scarichino prodotti diversi per ragioni differenti, anche se tra queste primeggia la gratuità e il risparmio che ne deriva. Proprio per questa ragione abbiamo messo in relazione i motivi del download di file da internet, ma anche con la condizione di lavoratori full time, part time o di studenti a tempo pieno. Ne emerge, come per la percezione dei rimedi ai danni da pirateria, una differenza così contenuta tra lavoratori e non lavoratori da non permettere di sostenere l’idea che i lavoratori, con un reddito che consentirebbe loro di acquisire prodotti culturali senza troppe rinunce, pensano che si scarichino per ragioni diverse dal risparmio (cfr. Fig. 65). Anzi, è proprio il gruppo di lavoratori part time che più crede che si possano piratare film, libri o musica perché la Rete li offre gratuitamente. E questo risultato, insieme ai precedenti, rivela la trasversalità della pratica di scaricare dalla Rete, soprattutto per la gratuità dei suoi contenuti, che lasciano pensare alla diffusione nel nostro campione di una “cultura pirata” indipendente da età, reddito, genere o facoltà d’appartenenza. Fig. 65. Ragioni del download di file da internet per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 2 30 350 33 300 nr/nd 250 per capire se vale la pena di acquistare l'originale 200 150 309 10 9 perché sono gratis 100 50 perché su internet si trovano prodotti introvabili 127 0 Lavoratori part time 3 2 15 Lavoratori full time Non lavoratori Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 540 136 7.3. I comportamenti online Per approfondire non tanto le percezioni su prassi immaginate, quanto i comportamenti reali dichiarati dai nostri intervistati, il questionario chiedeva di fornire alcune informazioni sulle modalità e l’entità d’uso del Web. È lì, infatti, che sembrano risiedere alcune delle condotte più innovative e diffuse di aggiramento delle norme. Per questo, abbiamo domandato quanto spesso gli intervistati usassero la Rete, rilevando che - come abbiamo visto - l’85,2% degli studenti vi accede quotidianamente e il 10,8% qualche volta a settimana. Possiamo quindi considerare il nostro campione piuttosto anomalo rispetto alla media della popolazione italiana,96 perché composto quasi per intero da utenti abituali in un contesto nazionale in cui i naviganti quotidiani sono nel 2010, secondo l’Istat, il 26,4% della popolazione e quelli connessi una o più volte a settimana il 17,7%.97 Il dato non sorprende del tutto: sappiamo di avere a che fare con un ”èlite”, quella di studenti universitari, il cui status socio-culturale è generalmente medio-alto e la fascia d’età non è distante da quella dei più forti utenti del Web. Esistono però delle differenze (contenute ma non irrilevanti) nell’uso della Rete tra ragazzi diversi per età e facoltà d’appartenenza. Non si rilevano distanze significative, invece, a proposito della distribuzione per genere (cfr. Fig. 66). Per quanto riguarda la relazione tra frequenza d’uso di internet e facoltà d’appartenenza, gli utenti più attivi della Rete sono gli studenti di comunicazione, che sopravanzano inaspettatamente quelli di informatica. 96 I dati sul numero di utenti della Rete nel mondo e in Italia sono estremamente eterogenei. Molte delle ricerche che li registrano sono segnate da problemi di interpretazione e significatività dei risultati, che non derivano solo dalla validità statistica del campione, ma anche (e spesso in misura più rilevante) dal modo in cui l’indagine è condotta. Ciò non vuol dire che tali analisi non siano metodologicamente corrette, ma piuttosto che partano da condizioni di partenza differenti arrivando quindi a esiti diversi e spesso non comparabili. Nel caso di Internet, poi, argomento per lungo tempo considerato “di moda”, ha inciso spesso un fattore di esagerazione difficile da scovare. Si notano poi differenze sensibili fra ricerche diverse realizzate apparentemente con gli stessi parametri. Il fattore di esagerazione è tanto più forte quanto meno approfondita è la tecnica di intervista e meno precisi i controlli. Per esempio, è ragionevole supporre che i dati sul numero di utenti di Internet siano il più delle volte sbagliati “per eccesso”. 97 http://www.istat.it/dati/catalogo/20101119_00/PDF/cap8.pdf 137 Fig. 66. Frequenza d’uso di internet per sesso (v. %) 100% 90% 0,7% 1,7% 1,7% 10,9% 0,3% 1% 2,6% 11% nr/nd 80% 70% qualche volta l'anno 60% 50% 40% qualche volta al mese 85% 85,1% 30% qualche volta a settimana 20% 10% tutti i giorni 0% maschi femmine Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 548 Fanalini di coda sono i ragazzi di lettere, che tuttavia non si distaccano molto dalle altre facoltà (cfr. Fig. 67). E se non si rilevano distanze siderali a proposito dell’ordinamento frequentato (cfr. Fig. 68), che svela un maggiore attivismo online dei ragazzi iscritti a corsi a ciclo unico (così pochi da non permettere generalizzazioni) e triennali, qualche differenza si registra a proposito della relazione tra lavoro e uso del Web (cfr. Fig. 69). Sembra molto più attivo online il sottogruppo dei lavoratori part time, che probabilmente concilia un impiego che non lo impegna tutta la giornata con l’attività universitaria. Una categoria che usa la Rete forse non solo al lavoro (altrimenti avremmo registrato un valore d’uso più alto tra i lavoratori a tempo pieno), ma anche per svago e studio. L’uso del Web di per sè, però, non comporta necessariamente violazioni delle norme sul diritto d’autore. Così, per avvicinarci all’ambito indagato, abbiamo posto una domanda ulteriore: Ha mai scaricato file da Internet?. La genericità del quesito includeva un range di possibilità particolarmente esteso cui lo “scaricare file da Internet” poteva riferirsi. Non riguardava solo il file-sharing, ma tutte le modalità di acquisizione di documenti tramite la Rete. Forse anche per questo quasi il 94% del campione ha risposto affermativamente. È interessante notare che una piccola quota di intervistati, circa un ventesimo, dichiara di non scaricare nulla. Ciò lascia immaginare un uso del Web legato alla sola consultazione di documenti e informazioni o forse, all’opposto, un’interpretazione restrittiva del concetto di download, legato alle sole piattaforme di file-sharing, che gli utenti esperti tendono ad abbandonare in favore dello streaming o di modalità alternative di fruizione. 138 Fig. 67. Frequenza d’uso di internet per facoltà (v.a.) 160 140 120 2 14 14 3 5 15 2 8 2 3 nr qualche volta l'anno qualche volta al mese 21 qualche volta a settimana 100 tutti i giorni 80 134 60 103 108 103 40 2 20 20 0 economia giurisprudenza lettere comunicazione informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 526 Fig. 68. Frequenza d’uso di internet per ordinamento (v.a.) 350 300 nr 1 44 qualche volta l'anno 34 250 qualche volta al mese 200 qualche volta a settimana tutti i giorni 150 266 21 4 19 100 127 50 1 61 34 4 32 quinquennale ciclo unico 0 triennale specialistica/magistrale Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 540 139 Fig. 69. Frequenza d’uso di internet per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 4 5 10 350 48 nr 300 250 qualche volta l'anno 200 qualche volta al mese 150 2 10 307 100 50 qualche volta a settimana tutti i giorni 134 1 2 17 0 lavora part time lavora full time non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 540 Una prima relazione tra download e variabili come il genere, lo svolgimento di un’attività lavorativa e la facoltà frequentata rivela già qualche esito interessante. Si nota, per esempio, che la totalità degli studenti di informatica scarica file dalla Rete e che lo fa anche quasi tutto il sottogruppo di studenti di comunicazione. Alte, tuttavia, sono anche le quote dei ragazzi delle altre facoltà, con giurisprudenza in coda, con una percentuale comunque estremamente elevata (cfr. Fig. 70) Si rileva poi che i ragazzi si dedicano al download poco più delle ragazze (cfr. Fig. 71). Così, tra gli studenti che hanno ammesso di non scaricare nulla da internet ci sono più donne che uomini, e più studenti di giurisprudenza che di altre facoltà. I lavoratori scaricano file più dei non lavoratori e quelli che hanno impieghi part time superano gli impiegati a tempo pieno (cfr. Fig. 72). La ragione non si può dedurre da questo solo dato. Si può supporre, però, che il download sia legato più ad attività ludiche o connesse con il tempo libero che ad attività lavorative, e forse anche che tra i lavoratori ci siano più utenti abituali del Web. 140 Fig. 70. Download di file dalla Rete per facoltà (v.a.) 160 140 120 6 2 11 6 2 7 100 nr 80 non scarica file 137 60 120 116 120 scarica file 40 20 22 0 economia giurisprudenza lettere comunicazione informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 549 Fig. 71. Download di file dalla Rete per sesso (v.%) 100% 1,6% 3,8% 6,8% 90% 80% 70% 60% 50% nr 94,6% 93,2% 40% non scarica file scarica file 30% 20% 10% 0% maschi femmine Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 548 A proposito, poi, della relazione tra download di file ed eventuale svolgimento di un’attività lavorativa, si registra un esito simile a quello della frequenza d’uso del Web. Gli studenti lavoratori scaricano file più degli studenti non lavoratori e quelli che hanno impieghi part time 141 superano i lavoratori a tempo pieno (cfr. Fig. 72). La ragione non si può dedurre da questo solo dato. Si può supporre, però, che il download sia legato più ad attività ludiche o connesse con il tempo libero che ad attività lavorative, e forse anche che tra i lavoratori ci siano più utenti abituali del Web. È interessante notare poi che tra le ragioni per cui una piccola minoranza del campione non scarica file ce ne sono diverse a seconda di differenti variabili considerate. Per esempio, sono gli studenti di giurisprudenza a scrivere che non scaricano file perche è illegale, non ne sono capaci, non ne hanno bisogno. È un ragazzo di lettere a dichiarare di non ricorrere al download perché la connessione che usa è lenta. È uno di economia ad affermare che trova inutile farlo. È uno studente di comunicazione a sostenere che se un articolo (di qualsiasi natura) lo interessa preferisce acquistarlo. Le ragioni della scelta di non scaricare file da internet, dunque, sono diverse e vanno dalla volontà di rispettare le norme, al desiderio di acquistare il prodotto culturale desiderato, fino al riconoscimento dei propri limiti nell’uso del Web. In ogni caso, tutti i ragazzi intervistati dimostrano di aver interpretato la generica domanda sul download in modo non estensivo, riconducendola allo specifico ambito del file-sharing da piattaforme online. Per quanto riguarda la frequenza di download, i maschi scaricano più spesso delle ragazze, che si dedicano a tale attività qualche volta al mese o qualche volta a settimana (cfr. Fig. 73). Sono poi gli studenti di informatica i downloaders più assidui e quelli di lettere i meno regolari. Fig. 72. Download di file dalla Rete per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 4 24 350 300 250 nr 200 346 150 non scarica file scarica file 5 100 50 141 1 19 0 lavora part time lavora full time non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 540 142 Fig. 73. Frequenza di download di file dalla Rete per sesso (v. %) 100% 90% 80% 0,6% 0,8% 11,6% 0,4% 0,7% 15,0% 20,2% 70% 31,7% 60% 50% mai qualche volta l'anno 34,9% qualche volta al mese 40% 31,7% 30% 20% nr qualche volta a settimana 31,9% 10% 20,5% tutti i giorni della settimana 0% maschi femmine Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 430 Colpisce comunque il dato relativo a comunicazione, che spiccava per entità e frequenza di accesso a internet, ma non brilla per cadenza del download, a dimostrazione del fatto che l’uso del Web può non essere strettamente legato con la pratica di scaricare contenuti digitali (cfr. Fig. 74). Complessivamente, comunque, economia, comunicazione e lettere sono caratterizzate da una frequenza d’uso di piattaforme di file-sharing più o meno simile, soprattutto a proposito della cadenza quotidiana e settimanale. Sorprende, poi, il dato relativo alla frequenza di download degli studenti puri o dei lavoratori a tempo pieno (cfr. Fig. 75). Se i lavoratori full time registrano un tasso complessivo di scaricamento di file e di accesso al Web leggermente inferiore rispetto a quello dei part-time, diverso è il caso del download dalla Rete. I lavoratori a tempo pieno sono infatti i più assidui downloders, probabilmente per il più facile accesso a internet. 143 Fig. 74. Frequenza di download di file dalla Rete per facoltà (v.a.) 160 140 120 1 11 3 22 100 35 21 mai qualche volta l'anno 32 qualche volta al mese qualche volta a settimana tutti i giorni della settimana 44 39 34 40 20 1 18 27 80 60 nr 1 59 33 39 38 19 27 3 9 10 comunicazione informatica 0 economia giurisprudenza lettere Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 525 Fig. 75. Frequenza di download di file dalla Rete per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 1 350 47 300 104 250 nr mai qualche volta l'anno 200 qualche volta al mese 150 100 50 120 1 20 qualche volta a settimana tutti i giorni 34 46 40 0 lavora part time 3 25 9 lavora full time 82 non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 518 144 Ne emerge, quindi, un quadro un pò distante da quello dipinto dall’analisi precedente, quello di un nucleo attivo di studenti lavoratori, che usano il Web meno assiduamente degli altri, ma che quando vi accedono si dedicano con una frequenza quasi quotidiana alla ricerca di file da scaricare. Il tipo di documenti selezionati, poi, varia anche in questo caso in funzione di alcune variabili, tra cui il sesso degli intervistati. Le donne scaricano più musica degli uomini, ma meno software, film e fiction (cfr. Fig. 76). Ricercano dunque prodotti di una delle prime industrie culturali saccheggiate dai siti di file-sharing. Inoltre, prevalgono nel download di immagini e documenti di testo, dimostrando di intendere l’atto dello scaricare file in senso estensivo. Per quanto riguarda la distribuzione delle preferenze tra diverse facoltà, gli studenti di economia amano la musica più degli altri, pur essendo in buona compagnia (cfr. Fig. 77). Quelli di lettere scaricano più film. Quelli di informatica preferiscono software, documenti di testo e programmi tv. Quelli di comunicazione primeggiano nella ricerca di fiction televisive. Ne emerge un panorama composito in cui, pur privilegiando tutti soprattutto musica, film e software, studenti diversi svelano preferenze differenti, che non si esclude siano legate anche all’ambito universitario frequentato, come sembra dimostrare la dominanza degli studenti di informatica nel dowload dei software. Fig. 76. Tipo di file scaricati dalla Rete per sesso (v. %) 100% 90% 80% 0,4% 1,7% 1,4% 9,4% 0,7% 1,6% 0,7% 2,7% 4,1% 0,7% 13,3% 17,9% 70% 60% 1,0% 4,1% videoclip immagini 9,3% documenti di testo 50% programmi televisivi 40% 30% nr 72,1% fiction televisiva film 58,9% 20% software 10% musica 0% maschi femmine Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 430 145 Fig. 77. Tipo di file scaricati dalla Rete per facoltà (v.a.) 160 140 120 3 9 111 17 100 18 80 1 1 3 12 11 11 5 3 27 nr 23 videoclip 8 immagini documenti di testo 4 8 programmi televisivi 60 40 fiction televisiva 95 91 film 77 73 software 1 22 4 12 20 0 economia giurisprudenza lettere comunicazione musica informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 527 È questo un risultato decisamente interessante. La facoltà di appartenenza, infatti, non sembrava condizionare le conoscenze sul diritto d’autore, né le opinioni degli intervistati. sembra però avere una certa influenza sulla frequenza e le modalità d’uso della Rete. Lo dimostrano, in particolare, l’attivismo avanguardistico dei ragazzi di informatica e comunicazione e le scelte di fruizione di prodotti culturali online per tutti gli altri. Interessante, è anche la relazione tra eventuale studio puro, non associato ad alcuna attività lavorativa, e studio associato a impieghi part time e full time (cfr. Fig. 78). In questo caso, si registra una distanza significativa tra lavoratori a tempo pieno e non lavoratori o impiegati part time. Se studenti puri e lavoratori a tempo determinato preferiscono la musica in una maggioranza consistente di casi, e sono accomunati da un simile misura del download di film o software, i lavoratori a tempo pieno prediligono in maniera molto evidente prodotti cinematografici e televisivi, si dedicano ai software più degli altri, ma scaricano meno musica. Una ragione potrebbe essere forse nella diversa fascia d’età d’appartenenza. I lavoratori a tempo pieno potrebbero essere più maturi e dedicare meno tempo alla musica di quanto non facciano i giovanissimi. In ogni caso, il risultato è interessante e potrebbe anche spiegare la maggiore frequenza del download tra i lavoratori, sia per la durata maggiore dello scaricamento delle opere video rispetto a quelle audio, sia per la possibile tendenza a usare il Web come un’alternativa alla tv, un archivio di contenuti che sostituiscono o affiancano quelli fruiti attraverso il televisore. Un’attività, questa, per la quale serve una costanza maggiore rispetto alla ricerca di musica nuova da ascoltare. 146 Fig. 78. Tipo di file scaricati dalla Rete per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 2 9 25 350 300 250 53 videoclip 23 immagini documenti di testo 200 150 100 50 nr programmi televisivi fiction televisiva 1 7 3 20 8 238 film software musica 97 2 7 26 0 lavora part time lavora full time non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 517 E se i programmi usati per scaricare sono condivisi da molti intervistati in maniera trasversale a età, sesso o facoltà di appartenenza, e la tendenza a ricercare contenuti a pagamento è decisamente minoritaria, più eterogenee sono le argomentazioni a sostegno della scelta diffusa di non acquistare materiali online. C’è infatti chi riconduce la predilezione per il file-sharing illegale a questioni economiche, scrivendo: la vita costa già troppo, 30 euro per un CD???, non scarico perché non voglio pagare, è meglio gratis, sono senza una lira, sono tirchio, ho salari bassi e la fame bussa, ecc. C’è chi legittima la scelta in pieno accordo con l’etica hacker, ossia sostenendo l’idea della libera circolazione di contenuti online (anche se protetti dal diritto d’autore). Così, alcuni invocano la libera condivisione di cultura e di arte, altri affermano: la cultura deve essere gratuita perché apporta benessere sociale; la musica è cultura e la cultura deve essere gratuita; su internet deve essere tutto a disposizione di tutti. C’è poi chi si limita semplicemente a stupirsi della domanda, come se non avesse alcun senso. Tra questi, qualcuno si chiede: perché pagare se posso avere contenuti gratis? Qualcun altro dice: A quel punto comprerei l’originale… oppure Così si perderebbe il vantaggio attuale… 147 In ogni caso, il motore del download dalla Rete è il risparmio economico, insieme alla percezione che il pagamento della connessione autorizza alla libera acquisizione di (quasi) tutto ciò che si trova online. La disponibilità e accessibilità di molti materiali chiaramente favorisce lo sviluppo di una sorta di cultura della gratuità, che sembra piuttosto consolidata e trasversale a gruppi di studenti diversi. Si tratta della sensazione che i meccanismi di Internet siano potenzialmente a disposizione di tutti i suoi fruitori. Essa si muove poi verso la prospettiva della gratuità della cultura, ovvero la percezione che non solo i software che regolano la Rete o si trovano in essa sono liberi, ma lo sono, o almeno dovrebbero esserlo, anche tutti gli altri file. Per questo, il pagamento di contenuti online appare a molti come un controsenso, in uno scenario in cui molto è disponibile gratis e accessibile facilmente per tutti. 8.3. Le condotte offline Pur concentrando l’attenzione soprattutto sulle relazioni tra diritto d’autore e comportamenti di acquisizione dalla Rete di prodotti culturali, un paio di domande del questionario avevano l’intenzione di rilevare anche le condotte offline. Si riferivano, infatti, alla possibilità che gli intervistati possedessero CD o DVD pirata, a proposito dei quali si cercava di indagare l’eventuale acquisto da rivenditori abusivi. Una prima domanda filtro, generica, era: Possiede CD musicali masterizzati?, cui seguiva una domanda gemella sui video: Possiede copie di film masterizzate? La risposta affermativa conduceva al quesito successivo: Come si procura principalmente un CD/DVD masterizzato? Tra le opzioni di risposta, erano previsti copie private o acquisti dalla rete, dunque eventualità legali, ma anche lo scambio di prodotti culturali tra amici o parenti, spesso oltre il limite della legalità, oppure azioni illecite come l’acquisto da venditori ambulanti o la duplicazione dopo il noleggio, oltre al già analizzato download dalla rete. L’esito generale rivela che solo il 7,5% del campione afferma di non avere alcun CD musicale masterizzato e l’8,7 di non possedere alcun video (cfr. Fig. 79-80). Quote consistenti, in entrambi i casi, che non permettono però di rilevare l’entità della dimensione illecita del fenomeno. Questa può essere colta considerando i risultati alla domanda successiva e aggregando in parte i dati relativi a diverse modalità di risposta. Al quesito relativo alla modalità di acquisizione di CD o DVD masterizzati, infatti, oltre il 40% del campione risponde affermando che le copie in suo possesso sono duplicate da amici e parenti, mentre quasi il 37% dice di scaricare file da internet per poi masterizzarli (cfr. Fig. 81). 148 Fig. 79. Quota di intervistati che possiede un CD musicale masterizzato (v.%) 0,9% 7,5% 91,6% Sì No Nr Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 534 Fig. 80. Quota di intervistati che possiede un DVD masterizzato (v.%) 3,4% 8,7% 87,9% Sì No Nr Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 515 Se la seconda condotta è affine a quelle già indagate a proposito del file-sharing, la prima non ci permette di capire se la musica o i video masterizzati siano stati scaricati dalla Rete o siano copie di prodotti regolarmente acquisitati. In entrambi i casi, comunque, si tratta di pratiche al di là della legge. Prima ancora che attraverso l’acquisizione di materiali dalla rete sembra diffuso lo scambio di copie di prodotti culturali tra amici e parenti, ancora più evidente se si somma la quota (che arriva quasi al 50%) di chi ammette di ricevere CD o DVD da conoscenti e chi dice di copiarli da sè una volta ricevuti in prestito. 149 Così, sebbene il Web sia riconosciuto come un bacino ricco e facilmente accessibile di materiale acquisito gratuitamente, i conoscenti restano la fonte privilegiata di scambio e condivisione di prodotti culturali, prima offline che online. In questo come in altri casi è interessante incrociare i dati con alcune variabili strutturali come il sesso, l’età, il livello di avanzamento nel percorso universitario o la facoltà di appartenenza degli intervistati. Come per altre domande, la differenziazione per genere non sembra rivelare distanze considerevoli tra i subcampioni maschile e femminile (cfr. Fig. 82-83). Si nota, comunque, che è complessivamente più diffuso il possesso di CD musicali, rispetto ai DVD, probabilmente anche per la fruizione ripetuta e variegata della musica rispetto alla visione di film. In entrambi i casi, i maschi superano le femmine, ma lo scarto è tutto sommato contenuto e i comportamenti piuttosto affini. Diversa e più variegata è la distribuzione delle condotte di studenti di facoltà differenti. Le copie di CD sono diffuse soprattutto tra i ragazzi di lettere e informatica, seguiti da quelli di giurisprudenza (cfr. Fig. 84). I film masterizzati sono posseduti in particolare da studenti di lettere ed economia (cfr. Fig. 85). Fig. 81. Modalità di acquisizione di CD o DVD masterizzati (v.%) Lo duplicano amici e /o parenti 5,2% Amici e/o parenti glielo prestano e lei lo duclica 40,7% 36,9% Lo acquista da venditori ambulanti Lo acquista nei negozi Lo acquista da amici o parenti Lo acquista su internet 7,9% 0,6% 2,5% 0,6% 2,7% 2,9% Lo noleggia in negozi e poi lo duplica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 482 150 Fig. 82. Possesso di CD masterizzati per sesso (v.%) 100% 7,7% 90% 1% 8,2% 80% 70% 60% 50% Nr 92,3% 90,8% 40% No Sì 30% 20% 10% 0% Maschi Femmine Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 528 Fig. 83. Possesso di DVD masterizzati per sesso (v.%) 100% 90% 2,2% 9,5% 3,8% 8,7% 80% 70% 60% Nr 50% 40% 88,3% 87,4% No Sì 30% 20% 10% 0% Maschi Femmine Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 509 151 Fig. 84. Possesso di CD masterizzati per facoltà (v.a.) 160 140 7 16 120 100 7 4 2 17 1 5 nr 80 No Sì 60 40 105 117 112 95 20 5 17 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 530 Fig. 85. Possesso di DVD masterizzati per facoltà (v.a.) 160 140 7 16 120 100 7 4 2 17 1 5 nr 80 No Sì 60 40 105 112 117 95 20 5 17 0 Economia Giurisprudenza Lettere Comunicazione Informatica Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 510 152 Colpisce la quota di diffusione di copie di musica e film tra i giovani di comunicazione, meno attivi degli informatici nel download. Si nota anche la diversa condotta dei ragazzi di informatica, che privilegiano gli archivi di musica più di quelli di film. In ogni caso, questo dato completa il quadro dipinto dagli esiti delle risposte precedenti, svelando un forte interesse per prodotti culturali di ogni tipo tra gli studenti di lettere, disposti a copiarli e scambiarli soprattutto con amici e parenti, più che online. Il dato relativo al possesso di copie masterizzate tra studenti appartenenti a diversi cicli di studio, invece, ci dice poco. Rivela, infatti, che il possesso di CD e DVD registra percentuali molto alte, superiori al 90% soprattutto tra gli studenti all’inizio del proprio percorso di studio. Ma mostra anche che i ragazzi dell’ordinamento quinquennale, ormai in via di esaurimento, superano i più giovani per quanto riguarda il possesso di copie di CD, mentre si collocano all’ultimo posto a proposito della collezione di DVD (cfr. Fig. 86-87). Più significativo, probabilmente, è il fatto che sono soprattutto gli studenti lavoratori part time a copiare musica e film, mentre erano gli impiegati a tempo pieno a scaricare file dalla Rete (cfr. Fig. 88-89). In ogni caso, è piuttosto evidente che il possesso di CD o DVD sia diffuso e trasversale a categorie diverse. È un fenomeno in cui il ruolo di amici o parenti come distributori di contenuti supera quello della pirateria online e della vendita abusiva. Una prassi illecita piuttosto estesa, ma non nuova (si pensi allo scambio di musicassette registrate tra amici), che dimostra come la condivisione di prodotti culturali (protetti e non) giochi un ruolo fondamentale presso i giovani studenti, caratterizzati da un attivismo culturale al di sopra della media. Fig. 86. Possesso di CD masterizzati per ciclo di studi (v.a.) 350 300 Nr No Sì 1 19 250 200 150 279 15 100 50 0 132 2 5 31 2 34 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 520 153 Fig. 87. Possesso di DVD masterizzati per ciclo di studi (v.a.) 350 Nr 300 8 19 No Sì 250 200 150 6 16 264 100 119 50 2 6 27 0 4 30 Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 501 Fig. 88. Possesso di CD masterizzati per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 1 32 350 300 250 Nr 200 150 No 325 2 7 Sì 100 50 134 4 15 0 Lavora part time Lavora full time Non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 520 154 Fig. 89. Possesso di DVD masterizzati per attività di studio esclusiva o combinata con il lavoro (v.a.) 400 350 13 33 300 250 Nr 200 No 150 2 10 299 Sì 100 126 50 2 14 0 Lavora part time Lavora full time Non lavora Fonte: Il diritto d’autore e la sua evoluzione (SAPIENZA - CRUI- SIAE – AIE) - Base dati: 501 È questo un caso che svela piuttosto chiaramente che la Rete e i new media non hanno fatto altro che amplificare comportamenti già diffusi prima della rivoluzione portata dal Web e dal file-sharing. Ulteriore esempio di distanza tra condotte giovanili e norme a tutela del diritto d’autore. In generale, comunque, l’analisi bivariata premette di rilevare che non si registrano grandi distanze nei sottogruppi del campione a proposito delle conoscenze sul diritto d’autore, a dimostrazione del fatto che il tema è conosciuto più o meno trasversalmente, probabilmente più in virtù di esperienze dirette che non per l’acquisizione di conoscenze universitarie. Diverso è il caso delle opinioni: sono gli informatici i più critici nei confronti delle leggi esistenti, seguiti (talvolta inaspettatamente) dagli economisti. Gli studenti di comunicazione e lettere si collocano in una posizione intermedia, mentre quelli di giurisprudenza sono, prevedibilmente, più conservatori. Tutto il campione, comunque, crede che il diritto d’autore tuteli più produttori, editori o distributori che autori. E una netta maggioranza di intervistati di facoltà diverse indica come soluzione ai danni da pirateria non tanto la maggiore durezza dell’applicazione delle norme esistenti o l’incremento dei sistemi di controllo, quanto la riduzione dei costi dei prodotti culturali copiabili. 155 Non a caso, oltre tre quarti degli intervistati scaricano prodotti protetti per ottenere un risparmio. Sono soprattutto i film a essere acquisiti perché gratis, ma i libri sono ricercati online soprattutto perché introvabili e la musica, oltre che per la sua gratuità, per valutarne l’opportunità di acquisto. Il possesso di copie pirata, infine, è trasversale a categorie diverse. È un fenomeno in cui il ruolo di amici o parenti come distributori di contenuti supera quello della pirateria online e della vendita abusiva. Un caso che svela una diffusione di comportamenti di violazione già diffusi prima dell’avvento del Web, anche se in misura diversa. 156 Capitolo Quarto Il diritto d’autore nei vissuti giovanili 157 4.1. L’analisi qualitativa: i focus group98 La raccolta e l’analisi quantitativa di dati relativi alla percezione del diritto d’autore nell’immaginario degli studenti della Sapienza si è accompagnata alla rilevazione di dati qualitativi, attraverso la conduzione di quattro focus group99. In totale sono stati coinvolti trentadue studenti appartenenti a cinque facoltà dell’ateneo romano100. I focus group sono stati organizzati e condotti con due obiettivi specifici: da una parte, ottenere una prima validazione delle ricostruzioni quantitative dall’altra, raccogliere in modo approfondito informazioni non rilevabili attraverso una ricerca quantitativa favorendo, quindi, la comprensione delle motivazioni e l’approfondimento di aspetti ritenuti rilevanti ai fini dell’indagine. In particolare, si è voluto esplorare la percezione e la conoscenza che gli studenti hanno del diritto d’autore e le sue molteplici applicazioni. La non generalizzazione dei risultati, che alcuni studiosi individuano come punto di debolezza dei focus group101, non era pertanto un obiettivo preposto dalla ricerca. Dal punto di vista metodologico, tenendo conto delle finalità d’indagine, si è assunto come unico criterio di partecipazione ai focus quello di aver intrapreso il proprio percorso di studi presso l’Ateneo romano e in una delle facoltà individuate nella fase di ricerca di sfondo. I gruppi risultano, invece, disomogenei per quanto riguarda l’età e il genere in modo tale da creare quel tanto di differenza interna da permettere l’emergere di posizioni differenti e anche in opposizione102. Ogni incontro è stato aperto presentando i risultati delle mappature quantitative e indicando una serie di questioni/stimolo per la discussione, riguardanti: i consumi mediali e il diritto d’autore; le credenze e i valori sul diritto d’autore; le prospettive di rinnovamento/cambiamento. Il punto di forza del focus group consta proprio nell’interazione che si crea tra i partecipanti e che permette di produrre idee in misura assai maggiore rispetto all’intervista singola sia a 98 Il capitolo è stato scritto da Luisa Chiellino. Secondo la definizione fornita da Corrao, il focus group è “una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità”, Cfr. S. Corrao, Il focus group, Milano, Franco Angeli, 2000, p. 25. 100 Lettere e Filosofia, Giurisprudenza, Scienze della comunicazione, Economia e Ingegneria dell’informazione. 101 D.l. Morgan, R. A. Kruger, “When to use focus group and why”, in Morgan D. L., Successfull focus group. Advancing the state of art, London, Sage, 1993. 102 R.A. Krueger, Focus groups. A pratical guide for applied research, Thousand Oaks, Sage, 1994, p. 77. 99 158 livello di quantità che a livello di qualità di approfondimento. Come sostiene anche Corrao103, il grande vantaggio dell’interazione è quello di riprodurre in modo più realistico il processo che presiede alla formazione delle opinioni. Questo avviene in misura maggiore quando l’interazione è personale e meno strutturata, proprio come nel focus group. Il gruppo come unità di analisi è sicuramente più complesso e difficile del singolo individuo, ma le dinamiche che si creano all’interno di esso sono in grado di far emergere nuovi punti di vista e prospettive non valutate a priori104. È stata predisposta una traccia d’intervista costituita non da vere e proprie domande, ma da richiami ad argomenti inerenti l’oggetto d’indagine. L’ordine degli stimoli ha seguito una sequenza “a imbuto”: il dibattito ha avuto inizio da stimoli generali fino ad arrivare ad argomenti più specifici. I temi inerenti al nucleo della ricerca sono stati affrontati nella fase centrale della discussione105 lasciando aperta l’ultima parte del confronto per contribuire a far emergere eventuali nuovi elementi. Nel corso dei focus sono stati inseriti, inoltre, due stimoli di tipo visivo: una campagna di sensibilizzazione antipirateria e un video diffuso prevalentemente in rete che ricalca la struttura dello spot realizzato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri nel 2006 “La pirateria è un reato” con lo slogan scaricare è come rubare, ma che ne ribalta totalmente il significato. I focus sono stati gestiti da due figure con funzioni tra loro complementari: il moderatore e l’osservatore. La prima ha svolto il compito di introdurre il tema dell’indagine e guidare gli intervistati nella discussione attraverso uno stile di conduzione semi-direttivo, lasciando cioè spazio all’interazione spontanea, ma intervenendo, di tanto in tanto, per equilibrare gli interventi dei partecipanti; la seconda figura ha avuto il compito di registrare l’incontro e annotare le dinamiche e il clima instaurato all’interno del gruppo. Entrambe le figure sono parte attiva del gruppo di ricerca e quindi pienamente a conoscenza delle finalità dell’indagine. Le discussioni sono state registrate su supporti audio e successivamente trascritte. Considerato lo scopo esplorativo della ricerca, l’analisi effettuata sul materiale prodotto ha seguito un approccio strettamente etnografico valorizzata da osservazioni sul tema oggetto d’indagine e supportata da stralci di citazioni registrate nel corso dei focus group. 4.2. I comportamenti culturali La moltiplicazione dei canali, il coinvolgimento crescente degli utenti finali nei processi di produzione e condivisione delle informazioni e l’abbattimento dei costi di produzione e di distribuzione di contenuti hanno determinato negli ultimi anni una metamorfosi strutturale non solo nei settori della comunicazione e dell’informazione, ma anche nelle abitudini culturali. 103 S. Corrao, op. cit. G. Statera, La ricerca sociale. Logica, strategie, tecniche, Milano, Seam, 1997, p. 287. 105 M. Colombo, (1997), Il gruppo come strumento di ricerca sociale, dalla comunità al focus group, in “Studi di sociologia”, XXXV, 2, aprile-giugno, pp. 205-218. 104 159 La generazione che oggi ha fra diciotto e trent’anni ha avuto maestri cresciuti nel mondo analogico, ma si è formata in autonomia sul digitale. È una generazione “di passaggio” che permette di intravedere l’evoluzione dei settori della comunicazione e dell’informazione nel prossimo futuro. Una socializzazione di corsa106 che testimonia la presenza di confini labili nella trasmissione del sapere tra le diverse generazioni, ma conferma un’importante inversione di tendenza nel rapporto con i media: il passaggio da una dieta comunicativa “alla carta” fino alla costruzione di personali percorsi mediali che presuppongono un’enorme competenza d’uso. Dall’analisi condotta, a conferma anche dei dati Istat107, emerge una frequenza assidua al cinema Fabio: anche a me piace molto il cinema e, se posso, scelgo proprio la sala e se trovo il film in lingua mi piace vederlo in lingua originale. Roberto: io sono un grandissimo spettatore di cinema. Vado minimo una volta a settimana. Mi piace guardarlo in sala, forse perché sono stato abituato da piccolo. Mi piace lo schermo, l’audio, anche il brusio in sala. Inoltre, il tempo dedicato ai media generalisti risulta prepotentemente affiancato da pratiche di consumo outdoor come il teatro, i concerti, le mostre e i musei. È certamente presente un tempo dedicato al consumo televisivo, ma risulta residuale e discontinuo. Cristiana: la televisione la guardo solo per vedere alcune serie tv. Ultimamente la vedo solo la domenica quando c’è NCIS. Per il resto la vedo, ma in modo distratto. Non riesco a star seduta davanti la tv. La tengo accesa, ma faccio altre cose. Benedetta: a me piace moltissimo andare in giro per le mostre di arte moderna, contemporanea, visitare palazzi storici visto che la città permette (Roma). Gran parte del tempo lo utilizzo per questo, oppure per andare a vedere presentazioni di libri o film. Valerio: il tempo libero lo dedico alla musica. Vado a vedere concerti, ascolto album, suono. Enrico: se potessi permettermelo andrei anche a tre concerti a settimana. I social network sembrano giocare un ruolo cruciale nel processo dell’informazione, di costruzione partecipata dei contenuti e di aggregazione. Facebook, Twitter, Youtube non sono descritte unicamente come piattaforme di contenuti, ma come veri e propri spazi di azione sociale per la condivisione delle esperienze vissute. 106 M. Morcellini, Media e Minori: luoghi (non) comuni, “In-formazione”, n. 1, Reggio Calabria, Falzea editore, 2006, pp. 8-11. 107 Si veda indagine multiscopo sulle famiglie “I cittadini e il tempo libero”, anno 2006. 160 Enrico: conosco un gruppo di ragazzi di Napoli che girano dei video, li diffondono attraverso you tube e altre piattaforme relative ai social network. Se non ci fosse stata la rete, you tube nel caso specifico, loro non sarebbero mai riusciti a uscire dalla cerchia amicale. Io li conosco da quando facevo le scuole elementari e girano video da tanto tempo. Hanno dai venti ai venticinque anni. Secondo me, si tratta di non avere paura delle nuove tecnologie, dei nuovi supporti, ma semplicemente cogliere l’opportunità e saperla sfruttare. Anche perché il tutto avviene a costi veramente irrisori. Andrea: a volte ho voglia di mettermi al computer e stare sui social network, che sia Messenger o Facebook. Roberto: mi capita di caricare video di canzoni. Può capitare che un giorno mi sveglio con una canzone, prendo e metto il link su Facebook, voglio condividere questa canzone con altri, e poi ci sono apprezzamenti, commenti, ma su questo non ho aspettative. O anche immagini che trovo nella Rete, che colpiscono, che fanno notizia. Frasi famose. Le notizie dei quotidiani on line, questo non mi capita, ma vedo che molti altri lo fanno. Benedetta: sui social network a me piace caricare film e anche link a gruppi che organizzano serate, eventi, manifestazioni. Soprattutto gruppi musicali che mi piacciono, così posso tenermi aggiornata sulle date, i biglietti, i prezzi, i concerti, oppure festival a cui partecipano questi gruppi, che diffondono tutte le informazioni che vogliono, ogni volta che vogliono. Anche video di un concerto a cui sono stata, video fatti con il cellulare. Dalle risposte dei soggetti emerge la costruzione di un sistema autonomo di comunicazione. Gli studenti coinvolti si mostrano come veri e propri prosumer108: fruiscono dei contenuti mediali, ma allo stesso tempo sperimentano e producono nuovi prodotti. partecipativa e il coinvolgimento diretto sembrano essere due La logica dimensioni che contraddistinguono i comportamenti culturali e dalle quali le pratiche comunicative non possono prescindere. 4.3. Law e tech: il diritto d’autore come spartiacque La delibera dell'Autorità garante per le Comunicazioni prevista per il prossimo sei luglio ha riacceso, negli ultimi giorni, un animato e rinnovato dibattito sul diritto d’autore. Molte le iniziative che vedono coinvolti giornalisti, esperti, associazioni, esponenti politici per protestare contro la disposizione dell’Agcom che, in presenza di violazioni del copyright, prevede l'oscuramento dei siti Internet. Il provvedimento, pensato per “contrastare la pirateria”, rischia di portare alla “censura” di contenuti che, pur violando il diritto d'autore, risultano ugualmente di pubblico interesse. Il progresso tecnologico ha indubbiamente amplificato la problematica relativa al diritto di autore modificando gli strumenti normativi a disposizione dei proprietari delle creazioni intellettuali per la tutela dei propri diritti. Creatività, 108 La figura del Prosumer è stata teorizzata da Toffler negli anni Ottanta. Cfr. A. Toffler, La terza ondata, Milano,Sperling & Kupfer, 1987. 161 libertà e accessibilità sono dimensioni strettamente connaturate al mondo della rete, ma la duplicità dei concetti si presta a interpretazioni antitetiche fino a giustificare l’abuso e la violazione della proprietà intellettuale delle opere on line109. Il diritto d’autore è, dunque, un tema fortemente complesso e centrale nel dibattito pubblico. “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”, scritto nel 1936 da Walter Benjamin, è il titolo di un saggio in qualche modo emblematico delle complesse contraddizioni del nostro tempo. Entrambi i percorsi indicati dallo studioso, la diffusione dell’arte e la sua strumentalizzazione per usi consumistici, hanno avuto il loro sviluppo e, almeno in parte, il loro compimento. Inoltre, l’affermazione della rete ha contribuito al delinearsi di nuovi soggetti economici. Come afferma Rifkin «ci stiamo affacciando a una nuova era dominata dalle tecnologie di comunicazione e dal commercio culturale: i due fondamentali elementi del nuovo, potentissimo paradigma economico. […] Nell’era prossima ventura, il potere apparterrà ai cosiddetti gatekeepers: coloro che controllano l’accesso sia alla cultura popolare sia alle reti geografiche e ciberspaziali che espropriano, confezionano e mercificano la cultura in forma di intrattenimento ed esperienze personali a pagamento»110. In tutti i focus group sono emersi alcuni aspetti di criticità rispetto alla legge sul diritto d’autore. La conoscenza è frammentaria e confusa e, così come è emerso nell’indagine quantitativa, anche gli studenti coinvolti nei focus considerano una pratica illegale scaricare file protetti da copyright per fini di lucro, ma non risultano chiare le sanzioni alle quali si può andare incontro. Inoltre, riconoscono il diritto d’autore come una legge rigida e obsoleta che dovrebbe essere rinnovata tenendo conto dei cambiamenti sociali ed economici innescati dalla rete. Daniela: a me sembra una cosa obsoleta, soprattutto in Italia. È un freno incredibile. lo identifico proprio con la Siae che sta lì e preme. La vivo come un’imposizione, una tassa che tu crei un qualcosa e c’è lo sceriffo lì, pronto a guadagnare lui e non tu che l’hai fatta.[…] Allora è meglio far circolare i contenuti per altri circuiti, è molto più facile. Oppure aderire a Creative Commons o ad altre tipologie di diritto d’autore che permettono la condivisione oppure la rielaborazione. Benedetta: […] Sulla rete ormai è ridicolo parlare di diritto d’autore perché tutti possono scaricare film, musica, documenti di vario genere. […] Penso che il sistema debba essere ripensato sicuramente, anche perché è obsoleto, non è al passo con quelli che sono i tempi di oggi, le modalità con cui si fruisce di un film o di un libro, o di musica o di qualsiasi cosa. Roberta: mi fa pensare alla tutela giuridica di chi scrive e compone un’opera, dell’autore di un libro, di un film. 109 110 M. Masi, L’autore nella rete, Milano, Guerini e Associati, 2000. J. Rifkin, L'era dell'accesso. La rivoluzione della new economy, Milano, Mondadori, 2000. 162 Antonella: mi fa pensare alla legge, alla normativa che riguarda la salvaguardia dell’opera. Inizialmente lo collegavo ai libri, al materiale cartaceo. Adesso si è esteso come concetto più che altro al Web. Enrico: so che [le sanzioni] sono molto restrittive, severe, ma non ricordo sinceramente. Cristiana: io una volta conoscevo le sanzioni, ma poi scarico così tanto che ho pensato “è inutile sapere tutte queste cose”. Roberto: io so che c’è una multa e persino la galera per chi ci lucra sopra. Roberta: io penso che ci sia una certa consapevolezza sul fatto che sia un reato, ma non su quello che questo comporti o significhi. Per certi versi le persone si sentono legittimate, non ci danno molto peso. Anche a me capita di scaricare canzoni e nel contesto universitario, un conto è comprare un libro, ma quando si tratta di trenta, cinquanta pagine allora c’è una sorta di incentivo a non considerare il discorso del diritto d’autore anche perché comprare tutte le varie parti, i vari libri per una sola parte diventa costoso. Scaricare e masterizzare musica e film gratis da internet sembra essere la pratica più diffusa tra gli studenti che, seppur con qualche eccezione, non pensano più a collezionare cd o dvd, ma conservano nel proprio hard disk innumerevoli file che andranno a costituire la loro mediateca virtuale. Situazione diversa si delinea nel rapporto con i libri. Claudia: […] Un libro di lettura te lo compri, è un piacere averlo, un cd non serve. Benedetta: se mi compro il cd che ci faccio? Come computer ho il notebook piccolo e il cd non entra. Quando esco ho il lettore. Che cosa me ne faccio di un cd a casa? Io ho i cd di quando avevo quindici anni. […] Nel caso dei libri qualche volta mi è capitato di leggere parte di qualche libro su Internet, e comunque è anche il modo in cui leggi: io non potrei mai leggere un ebook perché diventerei pazza dopo dieci minuti, quindi dico ok il libro mi piace, esco e vado a comprare il libro cartaceo e lo leggo. Diverse, però, sono le motivazioni che spingono gli studenti a scaricare contenuti culturali. La maggior parte utilizza la rete come input all’acquisto, altri per recuperare prodotti non più in commercio. Roberto: in questo periodo scarico film. Soprattutto quelli che non ho possibilità di vedere. Ci sono film che non sono mai arrivati in Italia, altri che non sono mai arrivati in dvd o in blu ray. Per la tesi sto analizzando alcuni film di fantascienza degli anni Cinquanta che altrimenti non saprei come vedere. Mi è capitato anche di scaricare un film e poi di comprarlo. Mi è capitato con un film sugli zombie. La videoteca vicino casa ha chiuso, l’ho scaricato, mi è piaciuto, Blockbuster lo metteva al 50% e l’ho comprato a due euro. Paolo: anch’io scarico dei film che è impossibile trovare in commercio. Quando dovevo fare l’esame di storia del cinema scaricavo film per necessità. In generale scarico più musica. 163 Elisa: per la tesi, per esempio, invece di comprare cinquantamila libri, ho cercato di capire quali realmente mi servivano. Internet è quindi il mezzo per trovare degli stralci del libro, ma sarebbe uguale se venisse sotto casa qualcuno a darmi un volantino con delle parti del libro Roberto: internet può aiutare all’acquisto. Ho comprato libri perché ho conosciuto autori grazie a internet. Sul fatto di sfogliarlo è più facile con la rete, ma si può fare anche in libreria. La prospettiva cambia nel momento in cui ai partecipanti viene chiesto di immedesimarsi nel ruolo di autore. In questo caso la tutela del proprio lavoro appare necessaria e i diritti di chi produce cultura devono essere garantiti. Alfonso: io personalmente sarei indignato, perché se vivo di quello, vorrei che ci fosse un tornaconto. Magari sbaglio. Magari il diritto d’autore nei termini in cui è conformato oggi, di norme, di leggi, andrebbe rivisto, anche perché ci ritroviamo con dei parametri che sono completamente cambiati. Di fatto, io non mi sento di condannare totalmente la categoria del mondo degli autori che vogliono che siano riconosciuti determinati diritti su determinati guadagni. Correggere quelle devianze, sì, ma il dato di fondo, cercare di guadagnare sulle proprie opere, personalmente non lo reputo sbagliato. Andrea: se creo qualcosa di originale, che sia un film, che sia una tesi, che sia un qualsiasi prodotto fatto da me, musicale, di qualsiasi genere, e poi me lo vedo copiato da altri fino a un certo punto può far piacere, però poi certo dà fastidio, perché sapendo che quello che ho creato ha riscosso tanto successo e io non ne sono “tutelato”, che vada via così, mi dà fastidio. Benedetta: supponiamo il caso che finisco la mia tesi, e metto una parte delle mia tesi su Internet, perché può essere di aiuto, metto la bibliografia, benissimo. Però trovare tutta la mia tesi messa da qualcun altro su Internet, che poi se la può copiare… Posso darla a una mia amica e dirle: copiatela, ma sono io che faccio questa scelta. Nel momento in cui vedo qualcun altro con il mio lavoro che non menziona neanche quello che è il frutto della mia attività, io mi seccherei. Valerio: secondo me bisognerebbe far capire che il lavoro dell’artista è un lavoro come un altro. Tutti pensano che il musicista, il cantante siano hobby, invece sono lavori. Gli artisti seri ci arrivano dopo aver fatto la gavetta. 4.4. Comunicare il diritto d’autore: dubbi e proposte Durante i focus sono emerse da parte degli studenti proposte e ipotesi di azione concrete. Queste “intenzioni” testimoniano la disponibilità e il desiderio di fondo degli attori coinvolti di potersi confrontare in modo costruttivo, superando la conoscenza superficiale del tema in questione. La richiesta di chiarezza è dichiarata in modo forte dagli stessi ragazzi come la forma più efficace di tutela del diritto d’autore. Gli interventi proposti si sviluppano su tre fronti in particolare: lo snellimento delle procedure burocratiche della Siae, i cambiamenti strutturali e funzionali del sistema attualmente in 164 vigore, le modalità di comunicazione sia per quanto riguarda il linguaggio che i canali e gli strumenti da utilizzare. Giulia: […] avevo un’associazione culturale e quindi mi occupavo anch’io dei permessi e di registrare i testi alla Siae. La prima cosa che farei è snellire queste procedure e, inoltre, le persone con cui devi relazionarti sono proprio… non hanno pazienza, sono scortesi. La Siae ha poi mille sedi sparse per il territorio, se vuoi fare uno spettacolo in un teatro devi andare in quella sede. Da quando l’hanno unita con l’Enpals ancora peggio. La prima cosa che farei è mettere ordine all’interno della Siae e snellire le procedure, prima di fare le campagne, e poi chiedersi veramente se la Siae tutela veramente questi diritti. Per quanto costa tutela veramente i diritti? Secondo me no perché conosco compositori, iscritti alla Siae, che per quanto spendono non sono tutelati. Conosco compositori di musica classica contemporanea che si sono ritrovati le loro musiche in giro sotto il nome di altri autori, registrati alla Siae. Andavano a vedere spettacoli, con regolare permesso di spettacolo Siae, e c’erano le proprie musiche. Benedetta: creare un sistema che sia totalmente a pagamento, ma a basso prezzo. Perché funzioni però si deve eliminare tutto quello che è gratuito, perché nel momento in cui dici: io per scaricare questo video da questo sito devo pagare un euro, però poi ci sono siti dove io me lo scarico gratis, nessuno, ma neanche la persona più corretta di questo mondo, ma neanche chi fa il film paga! Non è una cosa logica! Se il sistema fosse impostato su un costo che sia comunque a basso prezzo forse la cosa potrebbe funzionare, ma fin quando esiste la libertà di avere i contenuti gratis, le persone non lo faranno mai. Per questo non vedo soluzione, ormai è troppo entrato nella logica delle persone, neanche ci pensano: lo scarico, poi te lo passo, un film per arrivare a me è passato per dieci mani. A questo punto sono d’accordo con Daniele: si deve un po’ ripensare il modo per guadagnare sul diritto d’autore. [Senza eliminare la figura dell’autore] No è ovvio, l’autore deve essere riconosciuto e deve guadagnare per quello che fa, sicuramente. Non possiamo eliminare la figura dell’autore, non si guadagna nulla. Nel corso dei focus sono stati proiettati due spot111 al fine di stimolare opinioni e riscontri sulle modalità di comunicazione del diritto d’autore. Nei vari gruppi i contenuti degli stimoli visivi proposti non hanno trovato molto consenso: né il tono né il messaggio sembrano essere adeguati. Isabella: io la prima volta che ho visto lo spot originale ho pensato che mi stessero prendendo in giro. Mi sono messa a ridere. Alla fine dello spot ho pensato “no, non ci credo che alla fine di tutta ‘sta storia mi volevano dire che non devo scaricare i cd da internet”. La comunicazione dovrebbe utilizzare un tono più ironico, il punto di vista dovrebbe essere quello di una persona comune e far comprendere le conseguenze dell’azione. I canali di distribuzione di un eventuale spot non dovrebbero essere, secondo i partecipanti, la 111 Il falso è un peccato originale, campagna di sensibilizzazione al valore dell'originale prodotto e diretto da Roberto Barone, Art Director e fondatore del network Radioart Lo spot è stato diffuso a partire da febbraio 2008 in 1000 sale cinematografiche nazionali; La pirateria è una necessità, video diffuso prevalentemente in rete che ricalca la struttura dello spot realizzato dalla Presidenza del Consiglio nel 2006, ma che ne ribalta totalmente il significato. 165 televisione o il cinema bensì i social network: Facebook, Twitter, ma anche You Tube sono gli spazi sociali nei quali poter dialogare con i giovani. Ciò è confermato anche dall’8° Rapporto sulla comunicazione112: nove giovani su dieci, di età compresa dai 14 ai 29 anni, non solo conoscono i principali social network, ma emerge un utilizzo forte e costante, in particolare il 67,8% utilizza You tube mentre il 56,8% usa Facebook. Benedetta: io non guardo la televisione, e non ho un amico che guarda la televisione, ma proprio niente. Io sto tre settimane senza guardare la televisione, non me ne frega, perché o sono cose che non mi piacciono, o le cose che mi interessano le posso trovare in modo più approfondito su Internet, quindi a me che mi frega di guardare la televisione? Allora mettere uno spot del genere in Tv non ha senso, perché trova una percentuale di telespettatori che hanno tra i quaranta e i cinquant’anni in media ed è difficile che i miei genitori si mettano a scaricare i film. Non gliene frega niente, vanno al cinema al massimo. Non lo sanno fare, e comunque vanno al cinema o guardano quel che c’è in televisione. Nicola: secondo me sembrano spot girati più per venderti qualcosa, invece dovrebbero convincerti a fare qualcosa. Dovrebbero presentarli in maniera più asettica del tipo “se tu fai questo, comporta questo e questo”. Magari dovrebbero presentarli secondo la realtà, senza prese di parte. Antonella: secondo me, facendo riferimento al linguaggio, servirebbe qualcosa di più ironico, più sarcastico. Si rivolgono a ragazzi, servirebbe quindi qualcosa di più allegro, utilizzando i social network. Dagli spot che abbiamo visto mi è piaciuto il doppio senso finale, però visto e rivisto. Isabella: secondo me potrebbero farlo [lo spot] non mettendosi troppo dall’altra parte, ma da quello di una persona comune che ha i suoi motivi per scaricare e poi scherzare dicendo «però non lo fare» e spiegare i motivi. Benedetta: la comunicazione della legge deve avvenire in modi e con strumenti che utilizzano i giovani, anche in modo congeniale per viaggiare su Twitter, su Facebook, su Youtube. Non dire “no, perché è la legge che dice così”, dare la legge, ma inventare una maniera perché i ragazzi la possano capire. Pensano che noi siamo veramente degli stupidi, che non sappiamo capire che cosa dice una legge? Ma veramente? Non è possibile una cosa del genere! Non dire “no, perché lo dice la legge”, ma “no, perché di dico cosa dice la legge”. Su Facebook gira di tutto, girano tante cavolate, però qualcosina di interessante c’è anche, si trattano anche temi importanti, non è vero che i ragazzi se ne fregano. E il fatto di condividere rende una cosa diffusa, da una persona la fa arrivare a mille persone. Anche perché se tu metti la legge, un tuo amico te la posta, anche con un’occhiata veloce, magari un amico suo lo vede, lo condivide, e il messaggio gira. Poi è chi riceve il messaggio che lo interpreta e lo diffonde, lo fa un po’ suo in un certo senso. Alfonso: Io se fossi il Ministro la prima cosa che fare è sbobinarmi tutta la normativa, voltarla in maniera più semplice, meno formale, e diffonderla il più possibile. Perché uno dei problemi del diritto d’autore è proprio che ci sia una normativa, che poi magari deve essere rivisitata, ma che di fatto non è conosciuta a livello nazionale. Se io che studio Comunicazione dovessi andare a spiegare a qualcuno che ho di fronte a me la normativa inerente al copyright io dico… boh! Perché non lo so. E tantomeno nel momento in cui si va a fruire della normativa hai la 112 Censis, Ottavo rapporto sulla comunicazione, Milano, Franco Angeli, 2009. 166 possibilità di capire di che cosa si sta parlando, perché è tutto talmente impostato male. Farei prima di tutto in modo che la normativa venisse recepita, diffusa e compresa il più possibile Alcuni dei soggetti coinvolti ritengono che la comunicazione non ha il potere di modificare degli atteggiamenti e incidere, quindi, sull’azione dei soggetti e, inoltre, non sono in pochi a pensare che sia proprio l’attuale corpo legislativo a impedire un processo di rinnovamento educativo. Roberta/: penso che sia un problema più di contenuti che di forme. Per trasmettere un’idea ci vuole prima una certa educazione. Gli spot che abbiamo visto sono entrambi carini, forse il primo un po’ stucchevole, un po’ più pesante, però è carino anche il gioco di parole. Secondo me, però, è un problema proprio di contenuti. Finché c’è l’idea diffusa che non acquistare un libro o un cd a un determinato prezzo è un furto, cambia poco la forma attraverso cui si tenta di persuadere le persone ad acquistarli, o a non fotocopiarli. Elisa: forse bisogna lasciare decidere le persone. È come le pubblicità antidroga. Se non mi drogo è perché non voglio farlo e sono intelligente, non perché me lo dicono quelle pubblicità penose che lasciano il tempo che trovano. Lo spot non dissuade. Naima: sono d’accordo che è molto difficile e che bisogna fare una giurisprudenza sulle nuove tecnologie. Il problema è che cercheranno sempre di aggirarla. Napster è stato chiuso ed è nato Emule, lo streaming. I software sono sempre più avanti rispetto a quello che c’è di legale, quindi è un circolo vizioso. Glauco: forse lo spot può invogliare la persona a informarsi sul diritto d’autore, ma non incide sull’azione. Non si rinuncia alla comodità di avere tutto a disposizione su internet. Roberta: secondo me non c’è soluzione. In linea teorica il diritto d’autore è bello e bravo, ma a livello pratico non riusciranno mai, anche attraverso la conoscenza, a convincerci tutti quanti, o almeno una parte consistente, che sia più giusto comprare un cd a trenta euro piuttosto che scaricarlo. Sarò pessimista, ma secondo me è una battaglia persa in partenza. Non riesco proprio a immaginare un modo nuovo. Il linguaggio mi rendo conto che è importante, ma è confinato a dire «sì, è carino», ma io intanto il cd lo scarico lo stesso. Gli studenti coinvolti sono consapevoli delle infinite opportunità offerte dalla rete sia per quanto riguarda le dimensioni relazionali che l’uso del tempo libero. Dalle opinioni emerse sembra chiaro che questo sia il punto di partenza per trovare un equilibrio tra il diritto d’autore e il mercato digitale. Non è possibile ignorare e tantomeno respingere tali cambiamenti, la tutela non può divenire un deterrente per il progresso. L’opera sembra aver cambiato abito e non si rileva tanto in quanto prodotto (libro, disco, dvd) ma, mutuando le parole di Pascuzzi, come flusso di bit che può essere fruito in ragione di una relazione che intercorre tra autore e utilizzatore113. Appare, dunque, necessario un adattamento ai tempi e 113 G. Pascuzzi, Il diritto dell’era digitale, Bologna, Il Mulino, 2002. 167 ai media. Inoltre, risulta funzionale l’aggiornamento della normativa, un’educazione al tema e la sua comunicazione semplice e diretta ai giovani: modalità d’intervento necessarie per aprire un dialogo proficuo tra tecnologia e diritto. 168 Bibliografia Censis, Ottavo rapporto sulla comunicazione, Franco Angeli, Milano 2009. Colombo M., Studi di sociologia, XXXV, 2, aprile-giugno 1997. Corrao S., Il focus group, Franco Angeli, Milano 2000. Istat, Indagine multiscopo sulle famiglie “I cittadini e il tempo libero”, 2006. Krueger R.A., Focus groups. A pratical guide for applied research, Sage, Thousand Oaks 1994. Masi M., L’autore nella rete, Guerini e Associati, Milano 2000. Morcellini M., Media e Minori: luoghi (non) comuni, “In-formazione”, n. 1, Falzea editore, Reggio Calabria, 2006. Pascuzzi G., Il diritto dell’era digitale, Il Mulino, Bologna 2002. Rifkin J., L'era dell'accesso. La rivoluzione della new economy, Mondadori, Milano 2000. Statera G., La ricerca sociale. Logica, strategie, tecniche, Seam, Milano 1997. Toffler A., La terza ondata, Sperling & Kupfer, Milano 1987. 169 Capitolo Quinto Frammenti di un discorso sul diritto d’autore Dalla riproducibilità tecnica alla remixabilità digitale 170 Se tu hai una mela, e io ho una mela e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un’idea e io ho un’idea e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee. George Bernard Shaw 5.1. Identikit dell’autore contemporaneo: un po’ narratore e un po’ tecnologo114 Il diritto d’autore è una creatura del recente passato, un concetto evolutosi con la possibilità della riproducibilità tecnica. Il corpus di norme giuridiche finalizzate alla tutela delle opere dell'ingegno, quindi, è un'invenzione relativamente recente di cui non si è sentita l'esigenza fino almeno alla diffusione della stampa nel XV secolo. Nell’antichità, nella gran parte dei casi, le opere letterarie venivano riprodotte da scribi e amanuensi, in limitate copie su commissione, ed era un’opera che ipotizzava una tal fatica da acquisire un valore fortemente intrinseco di per sé. In tal senso gli artisti, gli autori vivevano della loro arte senza bisogno di ottenere delle percentuali sulle vendite delle copie delle proprie opere anche se alcune embrionali tracce del diritto d’autore è possibile rintracciarle già nell’antichità. Virgilio, Marziale, Cicerone affermarono più volte la necessità di assicurare una tutela contro il plagio delle proprie creazioni, sostenendo di fatto le ragioni del diritto morale d'autore. Nello specifico, nella Roma antica si riconosceva il plagio, il diritto di non pubblicare l'opera e il diritto di inedito. Un diritto patrimoniale era riconosciuto solo al libraio o all'editore che possedeva il manoscritto, ma non agli autori di opere dell'ingegno. Una volta pubblicata l'opera (lettura in pubblico o diffusione tramite manoscritto), i diritti riguardavano la cosa materiale che ne costituiva il supporto. Anche nell'antica Grecia veniva condannato il plagio (l'appropriazione di paternità). Gli autori erano tenuti in grande considerazione e ottenevano generosi compensi ma, in mancanza di disposizioni legislative, le opere erano liberamente riproducibili. Con la nascita della stampa tutto comincia a cambiare. Il libro rappresenta un lusso, un opera artigianale ma di enorme valore. Il procedimento industriale che incoraggia la diffusione delle opere letterarie in serie sembra garantire il sapere alla portata di (quasi) tutti. Se da un lato ciò contribuì all'alfabetizzazione della società, dall'altro diede inizio al fenomeno delle ristampe: chiunque poteva prendere una copia di un'opera e ristamparla per proprio conto (anche apportando delle modifiche), abbassarne i costi e riproporla in commercio. Nasce, in pratica, una versione primitiva del “copia e incolla”115. 114 Il capitolo è scritto da Giovanni Prattichizzo Cfr. Artisti e intellettuali, la “protezione” cominciò fin dall’antichità in “Il diritto d’autore nell’era digitale”, Dire, 2009. 115 171 Fondamentali sono gli scritti di Locke che con i “due trattati sul governo116” del 1690 va a modificare le condizioni economiche degli autori. La concezione del filosofo inglese era quella di congiungere lo stato delle cose esistenti in natura al lavoro dell’uomo. In pratica, porre l’individuo come unico proprietario di se stesso, il quale si appropria anche di ciò che il suo lavoro produce. Si tratta di idee che sviluppano e rafforzano il tema dell’individualismo possessivo, idee sostenute e condivise nel Leviatano di Hobbes. L’idea di proprietà promossa da Locke offre un solido fondamento ideologico al concetto di un diritto che compete all’autore, colui che ha creato l’opera dal nulla, mettendo a frutto la sua fatica intellettuale117. Lo sviluppo delle industrie culturali produce, poi, una profonda crisi nel paradigma creativo/ispirazionale dell’autorialità. Un intenso dibattito scientifico ha affrontato la questione della trasformazione dell’opera d’arte nell’era dei mass media, focalizzando l’attenzione sulla necessità di ridefinire concetti tradizionali come autore, originalità, creatività grazie ad una lettura “sociologica” in grado di mettere in luce nuovi nessi e intersezioni. Ai tempi di Kant i filosofi raccontavano: se io prendo una matita, la vedo. Se con la matita spingo un bicchiere, il bicchiere lo vedo, e se lo spingo verso il bordo del tavolo alla fine cade. Ma la causa per la quale il bicchiere cade non la vedo. Pertanto vuol dire che c’è, ma è confinata in ognuno di noi: sappiamo che esiste una causa, che ci sono cause, molteplici, che non vediamo ma che abbiamo dentro di noi. Nasciamo con il concetto di causa. Oggi conviviamo con il concetto di diritto immateriale, che è diventato uno strumento della nostra quotidianità al punto tale da connettersi con un altro concetto immateriale che è la creatività. Posso creare elementi immateriali così come costruisco case o mobili. La svolta concettuale più significativa in tal senso riguarda la questione del passaggio da una concezione autoriale dell’opera ad una contestuale118: l’individuo che crea l’opera d’arte ha perso l’aura di decadente geniale, al di fuori delle regole e la sua esperienza è stata legata alle condizioni socio-culturali in cui vive. Si viene a verificare una progressiva e sempre più ampia desacralizzazione della figura dell’artista-genio legata alla normalizzazione e quotidiniazzazione del processo di produzione artistica. In tal modo, la riproducibilità tecnica permette di avvicinare l’arte a coloro i quali fino a quel momento era stata negata119. La posizione dell’autore nei processi produttivi cambia in relazione alla sua capacità di comprendere il suo rapporto con i mezzi di produzione, di rielaborare e ripensare 116 Il titolo completo del libro è “secondo trattato del governo civile. Saggio concernente la vera origine, l'estensione ed il fine del governo civile”. Il fine di questo trattato è quello di esporre la sua teoria sullo stato, ricercando le basi dell’associazione politica, delimitandone la sfera, cogliendo le leggi della sua conservazione. 117 In realtà il pensiero di Locke continua ad essere attuale nella riflessione contemporanea in tema di copyright, non solo in riferimento al fondamento della tutela autoriale, ma anche riguardo la legittimazione filosofica del concetto di pubblico dominio e ai limiti che questo pone. 118 In Uno sguardo sociologico sull’arte, Francesca Rizzuto, in Morcellini M., Rizzuto F., Prattichizzo G., (a cura di) La situazione economica e sociale dell’artista in Italia, Rapporto di Ricerca, 2010. 119 W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino,Einaudi, 1966. 172 il suo lavoro e la sua tecnica. Come scrive Benjamin, opere e autori vanno considerati da quanto e come essi abbiano contribuito alla “produzione di altri produttori” e al mutare degli apparati120. La diagnosi del pensatore tedesco in merito alla trasformazione dell’arte nell’epoca della riproducibilità non significa una liquidazione, bensì uno spostamento della problematica della sua validità e della sua funzione. Tale spostamento potrebbe riassumersi in una formula: dalla centralità dell’opera alla centralità della percezione e dunque dell’esperienza del fruitore. La riproduzione tecnica dell'opera d'arte è invece qualcosa di nuovo, che si afferma nella storia a intermittenza, a ondate spesso lontane l'una dall'altra, e tuttavia con una crescente intensità. I greci conoscevano soltanto due procedimenti per la riproduzione tecnica delle opere d'arte: la fusione e il conio. […] Con la fotografia, nel processo della riproduzione figurativa, la mano si vide per la prima volta scaricata delle più importanti incombenze artistiche, che ormai venivano ad essere di spettanza dell'occhio che guardava dentro l'obiettivo121. Secondo Benjamin la democratizzazione dell’arte coeva della società di massa ha emancipato le opere in termini di espositività, ma, al contempo, ne ha svalutato la ieraticità ed ha soppresso il raccoglimento rituale dell’osservatore. A distanza di un secolo dalle riflessioni di Benjamin il livello di riproducibilità tecnica che si è toccato nell’epoca del bit ha portato persino ad abolire ogni distinzione qualitativa tra originale e copia. Il formato digitale ha reso accessibile a chiunque il processo di copia e ha ridefinito lo stesso concetto di creatività. E quale senso assume oggi, nell’epoca della remixabilità digitale122, il termine autore? Perché si parla sempre più di morte o di scomparsa dell’autore? Si può ritenere che l’autore rappresenti un dispositivo discorsivo prima ancora che una figura empirica. Ciò è attestato dal fatto che, in fasi storiche e contesti diversi, la figura autoriale è stata incarnata in vari soggetti empirici individuali e collettivi. Ma autore è anche un concetto che, liberando la produzione intellettuale dai vincoli che la legavano alle classi nobiliari, rende possibile lo sfruttamento economico delle idee, creando un pubblico di lettori attento e consapevole. Ciò porta ad un aumento della produzione e ad una velocizzazione dei processi di diffusione della conoscenza che comportano la necessità di un principio di selezione tra la molteplicità dei testi prodotti: l’autore appare allora non solo come referente per il diritto, ma anche come uno strumento per dare ordine nella 120 W. Benjamin, L’autore come produttore, in Avanguardia e Rivoluzione. Saggi sulla letteratura, Torino, Einaudi, 1973. 121 W. Benjanim, op. cit., Torino, Einaudi, 1966. 122 L. Lessing, Remix: Making Art and Commerce Thrive in the Hybrid Economy, United States of America, The Penguin Press, 2008. 173 conoscenza socialmente prodotta, consentendo una fruizione strutturata sulla base del riferimento di chi ha prodotto l’opera123. Le teorie letterarie degli ultimi decenni, dallo strutturalismo alla semiotica, dall’ermeneutica al decostruzionismo, fino alle nuove teorie dell’ipertesto informatico, sostengono che l’autore si è oramai eclissato dietro la presenza anonima dei testi e delle “reti creative”, che quel che conta per il lettore non è l’autore ma il testo, nella sua architettura interna e nei suoi rimandi ad altri testi. L’autore continua a fare comunque da pilastro all’istituzione letteraria, e a sorreggerne i vari momenti, dalla produzione alla promozione, dalla critica alla fruizione. A facilitare il congedo dalla centralità imperante dell’autore e dalle interpretazioni in termini di soggettività come interiorità nascosta interviene il discorso già consolidato dello strutturalismo. La critica letteraria di matrice strutturalista, all’interno della quale Roland Barthes incarna la voce più eloquente, ruota intorno all’idea di intransitività della letteratura, principio che postula l’assenza di un senso originario di cui l’intenzione dell’autore sarebbe la fonte, per dare spazio al proliferare di un linguaggio infinito, di cui la letteratura rinnova eternamente il commento. Barthes ha mostrato quanto fragile sia la figura dell’autore e il concetto correlato di diritto d’autore. E la “morte dell’autore” è l’idea secondo cui non esiste alcuna intenzione privata e indipendente dall’uso concreto dei segni, né tanto meno alcuna soggettività trascendentale a cui attribuire il senso di un enunciato o di un testo. La “morte dell’autore” rappresenta allora il contrario della “fallacia intenzionale” e dichiara una stretta interdipendenza tra intenzioni e senso, tra quello che una persona “vuol dire” e quel che un testo “vuol dire”. L’autore, l’opera, sono solo il punto di partenza di un’analisi il cui orizzonte è il linguaggio (Critique et vérité, p. 42): all’ispirazione e il genio personale, Barthes oppone la grande logica dei simboli, le forme vuote come vere fonti del parlare in cui il soggetto è sempre confuso124. Secondo Barthes, l’autore è un’invenzione moderna, legata alla scoperta dell’individualità e dell’individualismo: la conseguenza di un pensiero dell’individuo come una totalità coerente di idee, azioni, atteggiamento. In tal senso, l’opera letteraria può essere intesa come prodotto di una singola voce, in grado di comunicare le sue confidenze al pubblico di lettori125. Al tempo stesso, l’età contemporanea, caratterizzata dalla messa in discussione della soggettività e del carattere antropologico delle scienze ha prodotto un discorso letterario di cui gli autori, in quanto individui, non sono i principali artefici. Si enfatizza, al contrario, la funzione del linguaggio che produce una de-personalizzazione dell’autore; questa ha come conseguenza il fatto che è il linguaggio, e solo il linguaggio, che si manifesta 123 In Fossili autoriali. Sull’obsolescenza del diritto d’autore, a cura di Mariano Longo, in Rovine future. Contributi per ripensare il presente, (a cura di) Borrelli D., Di Cori P., s.l., Lampi di Stampa, 2010. 124 R. Barthes, 1966, Critique et vérité, Seuil, Paris, tr. it. Critica e verità, Torino, Einaudi, 1969. 125 R. Barthes, La morte dell’autore, in Id., Il brusio della lingua, Saggi critici IV, Torino, Einaudi, pp.51-56, 1988. 174 attraverso il testo e rende meno plausibile l’idea che l’autore sia all’origine del testo. E si enfatizza il ruolo cooperativo del lettore nel processo comunicativo che, secondo Barthes, può dare al testo unitarietà, non nel senso della creazione di significati sociali coerenti e condivisi, ma all’interno del processo individuale e di interpretazione. L'autore è morto, afferma ancora Roland Barthes, non esiste, è ridotto a mero luogo di incontro di linguaggio, citazioni, ripetizioni, echi e referenze, per cui il lettore è libero di aprire e chiudere processi di significato del testo, senza nessun riguardo per i significanti. Il problema più grande della “morte dell’autore” deriva, paradossalmente, dal voler fare del tutto a meno di qualsiasi concetto di autore e con esso di ogni limite all’interpretazione. Sembra necessario trovare un concetto d’autore senza per questo attribuire ad esso il pieno controllo su quel che dice o scrive. Si avverte l’esigenza, con Barthes ma anche Derrida, di formulare un nuovo concetto d’autore che mostri l’intenzione di dire qualcosa e al contempo non voglia intendere tutto quel che dice. La morte dell’autore presenta pertanto due aspetti principali: uno più strettamente psicologico e filosofico, su ciò che esiste “dentro” l’individuo, e uno che riguarda il significato dei testi e il modo in cui essi vengono interpretati. Anche Michel Foucault si è interrogato sul concetto di autore. Dietro questo concetto, in apparenza di senso comune, si nascondono una molteplicità di problemi: prima di tutto, il problema della sua storicità. Foucault delinea l'autore nei termini di una funzione del discorso. Funzione senza la quale un testo non può legarsi alla propria cultura e avere un senso determinato. Foucault suggerisce di analizzare come i discorsi, le rappresentazioni, e tra queste anche quella della figura dell’autore, vengono storicizzati. Il tempo moderno ha definito un nuovo modo di fare riferimento alle opere dell’ingegno, connessa all’idea di una forte correlazione tra autore e opera. Pertanto, per comprendere un’opera si deve fare riferimento all’autore (e viceversa)126. L’autore, inteso come funzione epistemica, non ha nulla a che vedere con la persona concreta, ha invece molto a che vedere con l’organizzazione della conoscenza e con il suo status sociale. Un testo è accettato perché dotato di un valore o artistico o cognitivo. La funzione dell’autore legittima alcuni testi, escludendone altri, attribuendo ai testi inclusi rilevanza sociale. Ma, probabilmente, Foucault non intende sigillare con la propria firma la morte dell’autore, ma vuole suggerire una linea d’azione diversa. Lo statuto di autore comporta innanzitutto un sistema di differenziazione e di relazioni a diversi livelli: con altri individui che hanno anch’essi lo stesso statuto, con il potere politico o, come si è visto, con quello giuridico. In realtà, la stessa nozione di opera presuppone quella di autore127. E persino la scrittura, che avrebbe dovuto deporre l’autore dal suo trono, ne arresta invece la scomparsa, conservando essa stessa “i privilegi 126 M. Foucault, 1969b, Qu'est-ce qu'un auteur?, Bulletin de la Société française de philosophie, 63 (3), pp. 73104, tr. it. Che cos'è un autore?, in Scritti letterari, Milano, Feltrinelli, 1971, pp. 1-22. 127 C. Benedetti, L'ombra lunga dell'autore: indagine su una figura cancellata, s.l., Feltrinelli, 1999. 175 dell’autore sotto l’egida dell’a priori”128. Barthes e Foucault procedono entrambi nella direzione di una de-individualizzazione e de-umanizzazione della comunicazione. Poiché l’idea di autore è il risultato di un processo storico di costruzione, l’autore viene considerato non come una persona concreta, un individuo reale, ma nella sua funzione storica e funzionale. In tal modo sia Barhes che Foucault mettono in dubbio la relazione tra individuo e opera del suo ingegno129. Se Barthes, come si è visto, rifiuta l’intenzione univoca dell’autore, opponendo autore e senso, Umberto Eco la ridefinisce: l’intenzione è un’altra cosa rispetto a quel che spesso si ritiene: ad una fruizione aperta deve coincidere una intenzione aperta. Intenzione e apertura non sono contrari, vi è un autore tanto in opere chiuse che aperte. E qualificare come intenzionale o meno un'ambiguità in un testo, serve a comprendere il testo stesso. L’apertura, pertanto, è intenzionale: le opere aperte sono tali perché chi le produce pensa già alla libertà del fruitore, libertà regolata che non si oppone ma richiede l’intenzione dell’autore. L’autore non è indesiderato ma funzionale alla libertà di fruizione130. In Italia Carla Benedetti ha approcciato alcuni anni fa la questione dal punto di vista della critica letteraria. La sua posizione è che la morte dell’autore è un mito tardo-moderno che giustifica “un’idea epigonale di letteratura, che ha teorizzato e normalizzato il labirinto, […] facendo della sua contingenza storica un destino irreversibile”131. Si avverte l’esigenza di riconoscere e accettare un nuovo concetto d’autore: un autore con un intenzione pubblica ed aperta. Come scrive Foucault alla fine dell’introduzione di L’archeologia del sapere: «non domandatemi chi sono e non chiedetemi di restare lo stesso: è una morale da stato civile; regna sui nostri documenti. Ci lasci almeno liberi quando si tratta di scrivere»132. L’autore pertanto non scompare, continua a scrivere, nonostante la sua individualità sia stata travolta dal partage tra il desiderio, che moltiplica i discorsi, e il potere, che li limita. L’autore è quindi la figura che costruisce intanto una verosimiglianza testuale, delimitando una prima volta le ipotesi dell’interprete attraverso la relazione di accessibilità tra il presente della fabula (presente all’interprete a un certo momento della lettura) e alcuni suoi possibili stati futuri; e che poi asserisce una realtà testuale, sanzionando definitivamente le previsioni erronee per mezzo dell'asserzione narrativa che sceglierà uno dei percorsi leciti sulla struttura modale”133. La funzione dell’autore, pertanto, lungi dal permanere come mera imposizione dell’industria editoriale, è, secondo la Benedetti, una condizione necessaria per 128 M. Foucault, ibidem, 1969. In Fossili autoriali. Sull’obsolescenza del diritto d’autore, a cura di Mariano Longo, op. cit. , s.l., Lampi di Stampa, 2010. 130 U. Eco, Opera aperta, 2a ed., Milano, Bompiani, 1967. 131 C. Benedetti, (1999), L’ombra lunga dell’autore, Milano, Feltrinelli, pag. 3. 132 M. Foucault, L’archeologia del sapere (1969), Milano, Rizzoli, 1997p. 20. 133 U. Eco, Lector in fabula, Milano, Bompiani, 1979. 129 176 la fruizione del testo letterario: «L’autore moderno altro non è che quell’istanza o ipostasi a cui viene attribuita quell’intenzione artistica senza la quale non si dà opera d’arte»134. Il diritto d’autore è legato quindi alla necessità di garantire la creatività, convertendola in una sorta di valore economico: e così la creatività era tradotta giuridicamente in un diritto individuale alla proprietà intellettuale, il che permetteva all’autore di sfruttare il prodotto del proprio intelletto. I nuovi media rendono sempre più semplice e veloce il processo di riproduzione e diffusione dell’informazione e della cultura. Il contesto in cui si muove l’autore oggi è caratterizzato da mutabilità, liquidità, variabilità. Scriveva Roland Barthes: “quando la scrittura comincia, l’autore entra nella propria morte”135. Oggi questa affermazione potrebbe suonare più o meno così: quando comincia la produzione digitale e partecipativa, l’autore muore, viene meno, scompare. Ed è proprio l’idea dell’intertestualità che fa da pendant al tema della morte dell’autore: essa certifica la non pertinenza del soggetto creatore, e dunque la sua eclisse. Il concetto di cultura che si diffonde è quello di una fitta rete di testi che rimandano l’uno all’altro, colti in una intertestualità dialogante136. Ciò produce una “spersonalizzazione” del processo creativo in quanto la figura autoriale risulta marginale nella costruzione stessa del testo. L’immagine del lettore interattivo, digitale, immerso nelle culture partecipative, per dirla con Jenkins, sembra aver dato il colpo mortale alla figura agonizzante dell’autore. Le tradizionali prerogative dell’autore quali autorità, autonomia dell’opera, proprietà intellettuale sembrano venir meno a causa delle possibilità che ha il lettore di scegliere il proprio percorso attraverso il metatesto, di annotare testi scritti da altri e di creare collegamenti tra di essi137. È il network, la convergenza, la cooperazione interpretativa il futuro della scrittura e, più in generale, della produzione culturale. Oramai si parla solo di testi, metatesti, ipertesti, intertesti, di lettori che dialogano e producono nuovi testi, testi che si intrecciano e si fondono con altri testi ancora. E l’autore? L’autore non c’è più. O sembra ben nascosto. Si è venuta a creare, come si è visto, una frattura tra la cultura della rete come luogo di condivisione e l’utilizzo della stessa come strumento ulteriore per incrementare il profitto. Se il diritto d’autore è nato a livello storico come tentativo di proteggere la creatività individuale dall’attività imprenditoriale delle copie private, permettendo al tempo stesso di tutelare l’autore e la diffusione dei contenuti della sua opera, l’inasprimento delle norme legate alla proprietà individuale sembrano oggi difendere in maniera esclusiva i grandi gruppi imprenditoriali, piuttosto che il singolo autore, la sua genialità, il diritto diffuso alla condivisione delle opere d’ingegno. Il richiamo all’autore risulta essere, pertanto, ideologico; 134 Ibid. p. 18. R. Barthes, op. cit., p. 51. 136 C. Benedetti, op. cit., Milano, Feltrinelli, 1999. 137 Cfr. G. P. Landow, Hypertext - The Convergence of Contemporary Critical Theory and Technology, Baltimore and London, Johns Hopkins U. P., 1992 (tr. it. Ipertesto. Il futuro della scrittura, Bologna, Baskerville, 1993). 135 177 l’autore viene concepito come una sorta di fossile intellettuale, privo di plausibilità sociale e tuttavia dotato di una grande forza di persuasione ideologica138. Si ritiene che l’autore sia solo la conseguenza del sistema economico-giuridico basato sui diritti di proprietà delle opere, sopprimendo i quali si abolirebbe anche l’autore. L’autore, poi, sembrerebbe il frutto della vecchia tecnologia del libro a stampa e degli interessi editoriali che le sono legati, e dunque in procinto di eclissarsi con la diffusione delle nuove tecnologie. La figura dell’autore e la sua persistenza in immagine, ci dice Calvino, non sono solo un fenomeno di mercato, o del copyright, ma sono insite e radicate negli stessi meccanismi della fruizione e della lettura139. Allora l’autore non muore, non scompare ma viene tenuto in vita proprio dal lettore, dal suo “desiderio” e dalla empatia che si viene a creare tra i due soggetti. Anche se la profonda crisi dell’autore deve essere inserita nei processi che coinvolgono l’idea di soggettività creativa e connessa con la sempre maggiore pervasività delle nuove tecnologie digitali. Queste attivano potenzialità, promuovendo una nuova intelligenza collettiva che ha la possibilità di strutturarsi in reti di condivisione delle competenze e dei contenuti140. Con l’arrivo dell’opera digitalizzata, che è scorporata dal suo supporto fisico e si è trasformata in un flusso di dati, le cose sono molto cambiate: c’è una trasmissione immediata, a basso costo, con un’ottima qualità dove la centesima copia vale come la prima. Nel frattempo si è diffusa nell’opinione pubblica, soprattutto tra i giovani, l’idea che copiare opere coperte dal copyright non sia un illecito, sia al più una cosa non giusta sul piano della correttezza, ma non illecita (cfr. cap II parte quantitativa). Le nuove tecnologie di comunicazione e i nuovi supporti multimediali hanno introdotto “notevole entropia nel mondo consolidato di autori, editori e broadcaster” sovvertendo l’intero ambiente dei media attraverso l’affermazione di un inaspettato paradigma commerciale e di fruizione di beni intangibili. E la riproducibilità digitale viene vissuta come democratica e vantaggiosa per la diffusione del sapere e della conoscenza. Un ulteriore rischio è rappresentato dall’autorialismo. Si tratta di un particolare investimento sulla funzione autore che fa si che un’opera d’arte non possa esistere se non in quanto prodotto di un autore. Non è semplicemente la questione della paternità dell’opera, né della sua corretta comprensione, ma di una sua valorizzazione artistica. Le opere d’arte, perché tali siano, devono essere frutto di un’intenzione artistica. In un contesto di questo tipo, è ancora possibile pensare all’autore come criterio fondamentale di selettività delle informazioni, come mezzo per dare ordine ad una 138 In Fossili autoriali. Sull’obsolescenza del diritto d’autore, a cura di Mariano Longo, op. cit. , Lampi di Stampa, 2010. 139 I. Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Milano, Mondadori, 2000. 140 P. Levy, Cyberculture. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Milano, Feltrinelli, 1999. 178 comunicazione sempre più ampia? Ed è possibile concepire il diritto d’autore come diritto del singolo di partecipare agli utili della commercializzazione della propria creatività? È concepibile superare la contrapposizione tra vecchio e nuovo? Tra i profeti della tecnologia (techies) e i fautori di un vecchio umanesimo (humies)? È sensato immaginare un inedito equilibrio tra tutela del diritto d’autore e l’accesso pubblico alla conoscenza socialmente prodotta in grado di superare il cosiddetto dilemma digitale? 5.2. Gli autori nelle reti Come si è detto nel capitolo precedente la seconda fase della ricerca si è basata su una serie di interviste in profondità rivolte a testimoni privilegiati. La presenza di tale tecnica di rilevazione è una prova della sua universalità e del suo essere la via regia della ricerca sociale pratica141. Questo strumento metodologico si fonda su uno stile che raccomanda di rivolgersi, tenuto conto degli obiettivi dello studio, a un intervistato esperto o ben informato sull’argomento in questione, allo scopo di fornire uno sguardo dall’alto relativo ad uno specifico contesto e a particolari problemi. Come afferma Corbetta: saper condurre “una buona intervista qualitativa è un’arte difficile”142. Nella nostra ricerca questo tipo di interviste a élites, o osservatori privilegiati, è stata utilizzata a conclusione dell’indagine, per approfondire determinati temi e problematiche emerse dalle discussioni di gruppo e confrontare le opinioni e riflessioni della generazione di studenti con l’ambito artistico, legislativo e professionale. Si tratta di un tipo di intervista nel quale l’intervistatore lascia parlare molto l’intervistato stando attento però a: enfatizzare la definizione della situazione da parte dell’intervistato stesso, stimolarlo a strutturare l’esposizione, permettergli di introdurre (in misura considerevole) le informazioni da lui considerate rilevanti143. I soggetti intervistati sono stati Angela Benintende, Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti culturali e il Diritto d’autore, Stefania Ercolani, Ufficio Multimedialità Siae, Dacia Maraini, scrittrice, Giampiero Gramaglia, direttore dell'Agence Europe, Raffaella Messinetti, docente di diritto pubblico e dell’informazione presso la facoltà di Scienze della Comunicazione Sapienza, Paolo Talanca, critico musicale, Simona Molinari, cantautrice, Davide Rondoni, poeta e scrittore, Flavio Soriga, scrittore e il gruppo collettivo di scrittori WuMing. Il primo aspetto affrontato nelle interviste ha riguardato il valore dell’autorialità oggi e il concetto di diritto d’autore soprattutto tenendo conto delle giovanili culture partecipative. Come si è detto in precedenza, l’autore oggi resiste. Ciò che lo mantiene in vita sono 141 Crf. R. Konig, Das Interview – Formen, Technick, Auswertung, Colonia - 1957, p.27. P. Corbetta, La ricerca sociale:metodologie e tecniche, III. Le interviste qualitative, Bologna, Il Mulino, 2003. 143 G. Gianturco, L’intervista qualitativa. Dal discors o al testo scritto, s.l., Guerini e Associati, 2005. 142 179 essenzialmente le modalità stesse della valorizzazione artistica. Ma come cambia l’immagine e la figura autorale nel nostro tempo? Il sistema culturale appare fortemente democratizzato e la presenza delle tecnologie digitali hanno favorito la diffusione sociale sia della facoltà di comunicare che della creatività. L’autore oggi, come ci dice la Molinari: è colui che sceglie di fare un’impresa e che ha bisogno di comunicare, di dire qualcosa. Che sia il comunicare uno stato d’animo o il comunicare qualcosa di più significativo […] ed è qualcuno che vive per questo, fondamentalmente. L’autore di romanzi, di racconti, di sceneggiature per il cinema, di film per la tv è qualcuno, come ci racconta Soriga: che quando gli altri la mattina si preparano e vanno a fare i lavori normali come insegnare la matematica, costruire ponti, asfaltare le strade, salvare l’economia in crisi, rilanciare l’economia di un paese, amministrare un negozio o una serie di negozi, lui si sveglia, si prepara ed accende un computer e crea un mondo che non c’è, un mondo parallelo che lui deve far esistere con la forza delle storie che inventa. Questo è un lavoro apparentemente a costo zero, mentre per fare un film bisogna pagare sarti, macchinisti, comparse, cuochi, tantissime altre persone che lavorano per quel film e quindi i costi sono altissimi ed è evidente, altrimenti il film non esiste non lo si può vedere. In teoria quelli come me, romanzieri e scrittori di fiction, possono completare il libro a costo zero, soltanto mettendosi a lavorare, in teoria, nella sostanza però per giorni, mesi, anni, dobbiamo stare davanti ad un computer e mantenerci, vivere, pagare le bollette, senza guadagnare niente molto a lungo. E Talanca: L’autore oggi è un soggetto strano, poi dipende da che autore, da che arte, insomma, di che arte si tratta. Se parliamo di canzoni è un soggetto particolare, varia ovviamente il soggetto da genere a genere. Chi è l’autore colui che scrive le canzoni e, quindi, che crea la struttura della canzone, cioè, quello che fa melodia ed armonia e testo, oppure colui che ne crea la struttura d’arrangiamento la musica, la musica che c’è intorno, la musica che crea la canzone, un motivo importante per quella canzone perché entra nello immaginario collettivo? A questa domanda se ne deve affiancare un'altra: la funzione-autore è ancora responsabile delle informazioni sociali selezionate, o è stata sostituita dalle funzioni di ricerca dei browser più potenti? 180 Nell’epoca della remixabilità digitale tutti diventano, o possono diventare, autori. Il remix è quello di consumatori che provano a cimentarsi nel ruolo di produttori culturali. E l’autore nelle reti vive del massimo della soggettività e del massimo della socialità e, soprattutto, vive realtà multiple. Mondi paralleli che convergono e cooperano. Come scrive Benjamin, l’elemento nuovo legato all’avvento delle tecnologie della riproducibilità, così ricco di possibilità di emancipazione sociale, è che grazie ad esse non è più il fruitore a doversi muovere con reverenza verso l’arte, ma è l’opera che va incontro al suo fruitore e si immerge nella sua quotidianità144. In pratica, la riproducibilità “sottrae il riprodotto all’ambito della tradizione” e lo attualizza nel contesto della vita del fruitore, facendo si che l’arte si configuri come oggetto di consumo e di intrattenimento piuttosto che di muta ed estasiata contemplazione. E l’autore non è più il soggetto isolato che crea e si rivolge ad un determinato pubblico. È l’autore della società della conoscenza e della condivisione. Il valore aggiunto delle piattaforme comunicative digitali è che i consumatori non si sentono esclusi dai beni comunicativi e culturali di cui fruiscono, ma imparano a percepirli come contenuti le cui condizioni di produzione non sono più completamente al di fuori della portata della propria intelliggibilità e operabilità, il che costruisce proprio i presupposti di una cultura democratica a base partecipativa, per dirla con Jenkins145. Una cultura che si candida a diventare comune nel senso di condivisa e non nel senso di ordinaria e banale. Senza dimenticare, come ci ricorda Toffler, che la conoscenza rappresenta oggi il principale motore della creazione della ricchezza ed è sostanzialmente inesauribile146. La conoscenza, poi, è in assoluto il prodotto più facile da trasportare. Può essere compressa in simboli e astrazioni. Tende a diffondersi ed è difficile da occultare e proteggere. Non è lineare e, soprattutto, è intangibile. Eppure, nonostante le nuove tecnologie, le culture partecipative, la condivisione delle conoscenze, l’autore, come ci racconta Rondoni: è qualcuno che aumenta in qualche modo la mia vita. Io mi ricordo che quando ho fatto il mio primo libro di poesia a 18 anni e iniziavano ad arrivare a casa gli inviti per i primi premi letterari, c’era scritto “Gentile Autore” e giustamente il mio fratello più grande mi prendeva in giro “e l’autore che vuol dire?”. Beh, autore è una parola tremenda se ci pensiamo… ti puoi considerare autore perché alla lettera R di una biblioteca c’è qualche tuo librino oppure ti puoi considerare autore perché attraverso il lavoro che fai, le tue parole, aumenti in un qualche modo la vita degli altri. Quindi, non è caso poi che gli antichi dividevano tra scritto e 144 W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Arte e società di massa, Torino, Einaudi, 1991. 145 H. Jenkins, Culture partecipative e competenze digitali. Media education per il XXI secolo, Guerini Studio, 2010. 146 A. Toffler, H. Toffler, Revolutionary wealth: how it will be created and how it will change our lives, Broadway Business, 2007. 181 compilato, commentato e Dante li chiama la commedia, per cui l’autore è ad un livello più alto della scrittura. Oggi sicuramente tante cose sono cambiate rispetto ai tempi di Dante. Questo problema qui rimane. Cosa è che ti dà l’autorevolezza? Il successo? Le copie vendute? La fama? O che cosa? È una questione rilevante. Rondoni si chiede, quindi, cosa ti fa essere oggi autore. È identico il valore di un poeta e di un ragazzo che scrive poesie su un sito? Quale differenza corre tra il giornalista tradizionale e un blogger? Come si rapporta uno scrittore al diritto d’autore? Per Soriga: il rapporto con il diritto d’autore è molto semplice, io vivo di quello che riesco a guadagnare per la vendita delle mie storie, per cui, a volte questo mi sembra impossibile, probabilmente lo è e presto finirò in rovina e affamato, ma a volte mi dico anche che non è una cosa così strana, ognuno di noi credo che abbia un dovere verso la società. La società ti permette di vivere, di avere un maglione, di pranzare, di andare al cinema, quindi di coprire le tue spese, in cambio tu devi dare qualcosa alla società in cui vivi, e questo qualcosa può essere la tua cultura, il tuo sapere, se sai appunto costruire ponti o fare conti, può essere il tuo lavoro fisico, se lavori i campi o in una fabbrica, oppure può essere quella che viene detta creatività, che vuol dire questo: io ti offro qualche ora a te lavoratore in un altro campo, qualche ora la sera in cui puoi viaggiare, sognare, conoscere un mondo che io ho inventato, quindi puoi passare tre o quattro ore con leggerezza o comunque coinvolto in una storia appassionante, e per questo paghi una piccola cifra; se io penso che mi toccasse di rivivere la stessa vita che ho vissuto però senza i romanzi, questa vita mi sembrerebbe terribile, cioè le ore che ho passato in maniera piacevole, magari quando vado in ospedale o quando viaggio, grazie ai gialli di Sciascia o alle storie di Pirandello o di Philip Roth, se all’improvviso mi fosse impedito di avere questo aiuto in cambio del quale io ho dato dei soldi, non tanti per altro, la vita sarebbe molto meno bella, quindi il diritto d’autore è questo, la gente mi paga, il pubblico mi paga in base a quello che ho scritto, se scrivo bene mi paga molto, molto è molto raro, ma abbastanza da viverci. Nel mare apparentemente indifferenziato del Web si va sempre più alla ricerca di quelle isole che garantiscano credibilità informativa. Anche se come afferma Dave Winer: il giornalismo contagiato dai blog “diventerà un requisito essenziale per le figure pubbliche e quelle private”147. 147 Dave Winer in L. Lessig, Cultura libera. Un equilibrio tra anarchia e controllo. Contro l’estremismo della proprietà intellettuale, s.l., Apogeo, 2005. 182 Mark Warschauer e Douglas Grimes, dal canto loro, occupandosi della semiotica del Web 2.0, riportano uno studio su blog e autorialità148: «L’autorialità nei blog tende a essere fortemente identificata con la persona reale o pseudonima attraverso un nome utente per ogni blog o articolo di blog, o attraverso una sezione “chi sono” o profilo che dà maggiori informazioni sullo scrittore [...] Chesher concluse che la “morte dell’autore” che era stata inizialmente predetta dai post-strutturalisti (Barthes, 1977), e che si supponeva sarebbe stata accelerata dalla natura collaborativa e decentrata dell’ipertesto (Landow, 1992; Poster, 1990), è stata fortemente esagerata. Affermò che “l’autore è vivo e sta bene, e ha un blog”»149. Anche se, a proposito della paternità dell’opera come quella giornalistica, la situazione è fortemente nebulosa come ci racconta Gramaglia: l’autore è quello che acquisisce l’informazione e per prima le dà la forma di una notizia, ovviamente può darsi che l’autore non sia uno solo, può darsi che anche in questo processo semplice ci sia qualcuno che acquisisce l’informazione e qualcuno che la mette sotto forma di notizia o scritta o video o audio e quindi è difficile identificare un unico autore di una notizia e poi l’autore perde rapidamente o può arricchirsi di altri coautori man mano che la notizia si amplia, quindi nel suo percorso che oggi è molto rapido, una notizia può nascere già con due padri e acquisire altri padri rapidamente nel corso del processo; c’è poi, rispetto all’autore iniziale, quello che accumula le informazioni che servono a costruire una notizia nel suo percorso; c’è quello che rielabora tutte queste informazioni e sua volta diventa autore di un prodotto che ha la sua autonomia, e di cui a volte il valore aggiunto rispetto ai singoli pezzi dell’informazione che sono stati forniti dall’altro autore può essere semplicemente il modo di impacchettare le informazioni, oppure un’idea, un’interpretazione che aggiungono qualcosa ai contenuti. Non è nello spirito dell’opera affrontare in maniera dettagliata le problematiche che sta attraverso il settore giornalistico a proposito del riconoscimento dei diritti d’autore e del confine tra libertà d’espressione e difesa della proprietà intellettuale. Si deve riconoscere che, a differenza dei beni materiali, l’informazione, quale che sia il supporto nel quale è incorporata, non può essere posseduta di per sé fisicamente, non può essere conformata e nemmeno descritta senza comprometterne allo stesso momento una parte del valore. L’informazione è un bene il cui consumo presuppone la descrizione; e la descrizione ne importa, in qualche modo, il consumo. 148 C. Chesher, (2005), Blogs and the crisis of authorship. Intervento presentato alla Blogtalk Downunder Conference, <http://incsub.org/blogtalk/?page_id=40>, agg. 2008. 149 M. Warschauer, D. Grimes, (2007), Audience, Authorship, and Artifact: the Emergent Semiotics of Web 2.0, Annual Review of Applied Linguistics, 27, p. 8. 183 Ciò che è oramai evidente è che le piattaforme comunicative digitali pongono all’ordine del giorno il tema di una nuova concezione dello spazio pubblico150. Sui media partecipativi a base digitale il pubblico non è più concepito come l’insieme degli spettatori di cui catturare l’attenzione; su Internet, “pubblico” ritorna al suo originario significato di “comune, condiviso, partecipato”: non più soggetti da persuadere, ma reti di persone che dialogano tra loro; non più target da colpire, ma comunità di relazioni. Tutto ciò provoca l’eliminazione delle barriere e la diffusione del citizen journalism: un esercito di singole persone dotate di telefoni cellulari, videocamere e blog sta sostituendo rapidamente i media tradizionali come fonte di informazione affidabile ad ampio raggio. I weblog o blog, come sono comunemente conosciuti, rappresentano l'espressione più attiva e più sorprendente di questa tendenza alla partecipazione. Tali sistemi di editoria personale hanno dato avvio ad un fenomeno che mostra i segni di una rivoluzione - offrendo ad ognuno con il giusto talento e la giusta energia - la possibilità di essere ascoltato e letto ovunque nel Web151. Eppure per il giornalismo dal basso non mancano le critiche di quanti lamentano il pressappochismo e la scadente professionalità con cui vengono confezionate le informazioni da una massa di dilettanti che si improvvisano giornalisti senza averne la formazione e la cultura adeguata. Ma il vero problema non è valutare se le notizie prodotte rappresentino informazione di qualità ma si tratta di verificare se la quantità possa trasformarsi in qualità. L’informazione consuma attenzione. Quindi l’abbondanza di informazione genera una povertà di informazione e induce il bisogno di allocare quell’attenzione efficacemente tra le molti fonti di informazione che la possono consumare152. Come si è detto la diffusione di cultura e conoscenza, con ogni mezzo, in ogni contesto, rende tutti più consapevoli e liberi di fare e di scegliere. Anche se non sempre le leggi la riconoscono sbilanciate, spesso, a favore della tutela della proprietà privata del sapere come unico sistema in grado di assicurarne la produzione attraverso la remunerazione economica dell’autore. Le comunità che aderiscono all’idea di autore collettivo e alla cultura della condivisione hanno dimostrato, attraverso il software e l’editoria liberi, la comunicazione indipendente e la produzione di beni comuni digitali, di riuscire a promuovere modelli sociali ed economici in grado di “produrre ricchezza”, crescita e benessere, in antitesi al paradigma della “proprietà intellettuale”, rimodulando quest’ultima 150 J. Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica, Roma-Bari, Laterza, 1995. Si tratta di un contesto che non presenta ancora una precisa qualificazione giuridica dal momento che la legge n. 62 del 2001 (introduttiva della nozione di prodotto editoriale) non ha sancito una reale equiparazione tra stampa cartacea e stampa telematica, in parte per volontà dello stesso legislatore che con il successivo d.lgs. n. 70 del 2003 ha ritenuto opportuno specificare che la registrazione della testata giornalistica on line è obbligatoria solo se l’editore intende richiedere le provvigioni statali sulla stampa; in parte perché la Corte di Cassazione ha deciso in alcune sentenze e, in particolare nell’ultima (n. 7155 del 2011, V sez. pen.), di non ritenere applicabile all’informazione on line la disciplina prevista dalla legge sulla stampa. 152 Herbert Simon citato in L. De Biase, Il giornale non è la sua carta, in Problemi dell’Informazione, numero 3, dicembre 2009. 151 184 nel concetto di patrimonio intellettuale e considerando l’assenza di scambio e cooperazione come antisociale e contraria all’etica153. La cultura libera riguarda ogni espressione dell’ambiente sociale di cui gli autori consentono la diffusione e la manipolazione da parte di altri autori e fruitori che ne diventano coautori in maniera consapevole oppure no. Nell’epoca della cultura partecipativa e del Web 2.0, si ricorre al racconto come strategia di resistenza culturale, un rito di aggregazione da cui possano germogliare riflessione e consapevolezza. La natura collettiva del Web, in quanto prodotto, deriva semplicemente dalla sua natura intertestuale. I primi studi sull’ipertesto, come “Hypertext” di Landow, sottolinearono da subito che una delle principali differenze tra questo e il testo “classico” era la sua natura collaborativa. Tuttavia, la collaboratività dell’ipertesto fu analizzata soprattutto dal punto di vista del lettore/fruitore il quale facendo gioco sulla possibilità di costruire percorsi (appunto) intertestuali individualizzati, richiedeva all’autore di rivedere profondamente lo statuto del proprio lavoro: la perdita di controllo sulla fruizione, caratterizzata da Landow con l’espressione «erosione del sé»154, lo costringeva a mettere in discussione l’idea di poter continuare a considerarsi un produttore individuale in un contesto in cui ogni lemma può essere in ogni momento appropriato da chiunque con un semplice link, per scopi anche completamente diversi da quelli originariamente intesi. Un’idea di narratività e di collaboratività che è alla base del progetto innovativo di Luther Blissett. Una rivoluzione che utilizza le narrazioni, la capacità di diffonderle attraverso canali inediti e di costruirle fondendo realtà e fiction, per elaborare una nuova mitopoiesi e determinare un cambio di atteggiamento nei fruitori della comunicazione155. Un costante invito a rifiutare la passività imposta da un sistema informativo e di intrattenimento unidirezionale attraverso il ribaltamento dei ruoli: “l’unica alternativa per non subire una storia è raccontare mille storie alternative”. Il collettivo di scrittori Wu Ming nacque nel 2000, poco dopo la pubblicazione del romanzo Q a firma proprio di Luther Blissett, nome a utilizzo multiplo impiegato dal 1994 da numerosi artisti e attivisti politici soprattutto in Europa e Sud America. Wu Ming è attualmente composto da quattro scrittori; ha pubblicato quattro romanzi (Q, Asce di guerra, 54 e Manituana) e numerosi racconti e articoli. In rifiuto della spettacolarizzazione della figura dell’autore, i componenti del gruppo evitano ogni apparizione in foto o in video sui mezzi di comunicazione di massa. Le loro opere sono pubblicate con licenza Creative Commons e scaricabili gratuitamente dal sito wumingfoundation.com. Il romanzo Q fu il primo romanzo pubblicato in copyleft a 153 N. Vallinoto, S. Vannuccini, (a cura di), Europa 2.0. Prospettive ed evoluzioni del sogno europeo, Ombre corte, 2010. 154 Landow (2006), cit., pp. 125-143. 155 La distruzione del mito dell’autore nella scrittura collettiva in www.storiacontinua.com. 185 raggiungere un pubblico ampio. Il collettivo Wu Ming si è contraddistinto negli anni per la sua opera combattiva di critica dall’interno dell’industria culturale, figlia di una concezione militante dell’intellettuale, che si manifesta anche nella natura esplicitamente politica dei suoi romanzi. Il collettivo è l’esempio paradigmatico della scrittura collettiva in piccoli gruppi di natura volontaria e non gerarchica, e il suo lavoro ha convinto molti scrittori, tra cui il collettivo Kai Zen e la Scrittura Industriale Collettiva, della possibilità di scrivere opere letterarie anche in gruppo. E a proposito di autore, il collettivo Wu Ming ci racconta nella nostra intervista: penso che è una riflessione che non parte da oggi e che comporterebbe tutta una serie di passaggi anche filosofici, però cercando di restare sul lato pratico, l’idea che oggi abbiamo sul diritto d’autore è sempre più condivisa, cioè come di un soggetto che in qualche modo è attraversato dalla collaborazione con alti soggetti, perché il più delle volte l’autore agisce attraverso la rete, attraverso internet, ha contatti, frequentazioni, riceve commenti, contributi, a sua volta rilascia commenti e contributi e di conseguenza si fa attraversare da tutta una serie di flussi, di informazioni, di creatività, di storie, di nuove azioni, che inevitabilmente lo rendono un soggetto più plurale di quanto non fosse in un’epoca di minore interazione con il lettore, con il pubblico, con la società o comunque in un’epoca in cui l’interazione era più diversificata. Il collettivo evidenzia propria la natura cooperativa del testo; sono i movimenti cooperativi che inducono e producono il piacere del testo, per dirla con Barthes. Si sta verificando una scossa. La particolarità oggi è che questo tipo di interazione che l’autore ha sempre avuto diventa sempre testo, cioè nel momento in cui io rispondo a dei commenti li metto magari online, lo racconto, parlo magari di un mio romanzo, delle critiche a un mio romanzo, rispondo ad una recensione ecc., tutto questo non avviene più a livello dell’oralità ma diventa a sua volta contesto, quindi in qualche modo si affianca in maniera molto evidente; poi se anche il testo che è stato prodotto è digitale si affianca al testo autoriale, per cui il testo autoriale in qualche modo viene contornato da tutte queste altre manifestazioni che però sono contestuali da tutti questi altri contatti e dinamiche sociali che poi diventano a loro volta testo. Penso che tutto ciò renda il concetto d’autore più aperto, più attraversato dalla dinamica sociale e culturale che l’opera produce e sempre di più l’autore si avvale anche di questo processo, dell’intelligenza diffusa e collettiva disponibile in rete. 186 L’autore si trasforma in cacciatore, in raccoglitore di conoscenze in quanto le sue opere diventano attrattori culturali e la sua funzione è sempre più quella di filtrare in un certo modo questo materiale e di restituirlo con una complessità non diminuita ma maggiormente fruibile. Ma l’autore collettivo rischia di abbassare il livello dell’autorialità ed eliminare l’unicità, l’imprevedibilità e la creatività che sono caratteristiche imprescindibili di qualsiasi autore. Come afferma la Ercolani: è l’unicità che fa l’autore, non è la sommatoria di tanti frammenti rielaborati e ricostruiti grazie ad uno strumento tecnologico […] Il discorso dell’autorialità è uno dei discorsi più delicati ed è un discorso culturale, quando andiamo a parlare di Legge il discorso è molto delicato, perché chiaramente la Legge, il sistema di diritto d’autore, si basa su una concezione quasi ottocentesca di autore che dà qualche problema con le possibilità della tecnologa odierna. Ma se l’autore sopravvive; difende la propria creatività ed unicità; crea o si ricrea nei movimenti cooperativi e costruttivi del testo multimediale cosa accade ai diritti d’autore? Come si è detto nel primo capitolo, il diritto d’autore viene tutelato dagli Stati da circa tre secoli. In passato veniva protetto con particolare efficacia perché le normative si basavano sulle difficoltà tecniche di riproducibilità delle copie illegali. Fotocopiare un libro, ad esempio, non era semplicissimo così come non lo era la riproduzione di musica in casette soprattutto per la scarsa qualità che venivano ad avere le copie. Nel tempo attuale le culture partecipative, come le chiama Jenkins, stanno crescendo all’interno di un ecosistema in cui le tecnologie interattive e bidirezionali abilitano e rafforzano la diffusione e l’adesione a queste culture156. E così vecchi e nuovi media si scontrano, dove forme mediali generate dal basso e dall’alto si incrociano, dove il potere della produzione mediale e quello del consumo interagiscono in modi imprevedibili157. Nella websfera le informazioni non sono più prerogativa di ristretti organi sociali separati ma viene diffusa ovunque, integrandosi nella complessità delle azioni umane in modo da poter essere gestita da ognuno con competenza e libertà. Ogni soggetto, sulla base dei suoi interessi, frequenta un numero variabile di piccoli mondi digitali dove è al tempo stesso fruitore e autore. Internet appare assolutamente identico alle caratteristiche strutturali proprie della società contemporanea priva di gerarchie nei processi comunicativi158. Da un lato, nel mondo ipergeneralizzato della rete possiamo trovare qualunque tema, trattato da una molteplicità di punti di vista a volte anche in contraddizione tra loro. 156 H. Jenkins, Culture partecipative e competenze digitali. Media education per il XXI secolo, Guerini Studio, 2010. 157 H. Jenkins, Convergence Culture: Where Old and New Media Collide, New York University Press, New York 2006, tr. It., Cultura Convergente, Apogeo, Milano 2007, p.12. 158 N. Luhmann, Die Gesellschaft der Gesellschaft, Frankfurt a/M, Suhrkamp, 1997. 187 In secondo luogo, si verifica una sempre maggiore personalizzazione nell’uso della rete159. L’informazione scelta può essere utilizzata dall’utente in una molteplicità di modi, connessi con la struttura ipertestuale della comunicazione nella rete160. La funzione creativa, immaginifica e costruttiva dell’utente è un ulteriore elemento che indica un potenziale e concreto declino dell’autore: è il fruitore che, scegliendo nella comunicazione ipergeneralizzata informazioni specifiche, produce e crea i suoi testi. Ci si trova nel paradosso di una comunicazione più anonima e sempre più individualizzata; creativa e fortemente generalizzata. In che modo, allora, il diritto d’autore può essere applicato alla rete? E come coniugare la funzione partecipativa del fruitore e il ruolo selettivo dell’autore? Se nel passato la disciplina del diritto d’autore era un argomento che interessava solo l’industria culturale e i professionisti di questo settore, oggi le nuove forme di authoring esigono una conoscenza più ampia del diritto d’autore per ciascuno di noi, in quanto possibile autore e co-autore dei contenuti in rete. Si deve dire che la nostra cultura non sostiene per nulla la diffusione della cultura del diritto d’autore. E così accade che gran parte degli utenti delle piattaforme User Generated Content spesso non conosce la disciplina e non possiede competenze giuridiche, sociali e tecniche per muoversi nei sentieri della proprietà intellettuale ai tempi del 2.0. In senso letterale il diritto d’autore, come afferma Angela Benintende, è: il potere che la legge attribuisce ad un singolo per l’utilizzo dei frutti del proprio ingegno. Quindi è una legge che tutela oltre che offrire garanzie a chiunque, qualsiasi autore crei un’opera, che sia un’opera d’arte, pittorica, di scultura, uno scritto, un pezzo cinematografico, una piece teatrale. Quindi è una norma che tutela e contemporaneamente permette il godimento dei frutti non solo etici, morali, ma anche economici dell’ingegno dell’uomo. In piena sintonia con quanto appena espresso, l’art. 1 della LDA ripete, nel suo primo comma, pedissequamente il testo dell’art. 2575. Al secondo comma richiama espressamente, tra le opere meritevoli di tutela, anche “i programmi per elaboratore […] nonché le banche di dati che per la scelta o la disposizione del materiale costituiscono una creazione intellettuale dell’autore” (art. 1, Legge n. 633 del 22 aprile 1941). Ebbene, creatività ed originalità sono due aspetti complementari ma autonomi e distinti. L’opera deve rappresentare un qualcosa di “innovativo” (originale) e “non meramente ripetitivo” (creativo) rispetto alla realtà preesistente. Tali caratteristiche conferiscono all’opera un’autonoma capacità distintiva in modo tale da non creare confusione, presso i fruitori, in 159 E. Esposito, Interaktion, Interaktivitat und Personalisierung der Massenmedien, in “Soziale Systeme”, vol. 1, n.2, pp.225-259. 160 G. P. Landow, op. cit., 1993. 188 relazione al vero autore. La Suprema Corte di Cassazione ha, inoltre, chiarito che originalità e creatività non devono intendersi in senso esclusivamente sostanziale ossia con esclusivo riferimento al contenuto dell’opera. Pertanto, possono anche riferirsi alla forma espositiva e/o organizzativa del lavoro intellettuale. Il diritto d’autore è il salario dei creativi, quindi, di coloro che creano opere da quelle più tradizionali come romanzi, poesie, canzoni, musiche, a quelle più moderne come possono essere i software e le banche dati. Esiste, al tempo stesso, come ci dice la Ercolani: una parte del diritto d’autore che va a remunerare l’investimento di coloro che favoriscono la circolazione delle opere e quindi gli editori, i discografici ecc, però il nucleo forte del diritto d’autore, quello per cui chi come me che lavora alla SIAE ritiene di operare, è proprio il salario degli autori, cioè delle persone che in via originaria sono titolari del diritto. Anche se diventa sempre più necessario distinguere tra il livello della comunicazione normativa, come viene considerato il diritto d’autore dal sistema giudiziario, e il significato che viene ad avere l’espressione oggi, alla luce dei cambiamenti attraversati dall’industria culturale. Come evidenzia la Messinetti: dal primo punto di vista direi che il modello giuridico è l’unica forma che noi abbiamo per riconoscere e tutelare la paternità intellettuale, e quindi il significato complesso in cui il linguaggio giuridico cerca di comminare la tutela dei valori esistenziali evidentemente, non patrimoniali, cioè l’autorialità come paternità intellettuale; l’opera è il risultato di una peculiare forma di lavoro, il lavoro intellettuale, quindi in questo senso la proiezione della personalità dell’autore, personalità che l’art. 2 della nostra Carta Costituzionale mette al vertice dei valori fondanti della Stato Costituzionale. Al tempo stesso l’opera d’arte ha senso se circola. Mettere in circolazione opere dell’ingegno significa contribuire allo sviluppo culturale, all’innovazione tecnologica, mettere in gioco quel processo di libera circolazione delle idee e delle opinioni che è sicuramente il valore fondante della nostra democrazia. Ed appare urgente ripensare il diritto d’autore cercando proprio di far convivere gli aspetti individuali e collettivi: il diritto d’informare del singolo giornalista, del singolo medium, cui corrisponde il diritto ad essere informata dell’intera opinione pubblica. La rivoluzione digitale impone una ampia revisione dell’attuale apparato normativo ancora basato sui precetti fondamentali posti dalla legge n. 633/1941. Molti interventi di aggiornamento sono stati fatti nel corso degli anni in modo disorganico e scoordinato, sulla spinta soprattutto dei cambiamenti richiesti dalle Direttive europee in materia di diritto d’autore. Il mondo digitale non rappresenta solo nuove minacce di possibili 189 violazioni del diritto d’autore, ma apre le porte a nuove forme di creatività e a nuovi modelli di produzione, distribuzione e rielaborazione dell’informazione, più congeniali al sistema Internet. Non si può evitare questa apertura; non si ignorare la popolarizzazione del diritto d’autore; è opportuno allora trovare un altro modo di calcolare e di far avere all’autore dei diritti. Come ha affermato Dacia Maraini: attraverso l’elasticità della tecnologia bisogna trovare dei modi per far si che questo prodotto che viene popolarizzato e liberalizzato non passi più attraverso il diritto d’autore, la SIAE insomma, ma passi attraverso altri strumenti, attraverso la pubblicità che coincide con la diffusione del testo. Un diritto d’autore che viene percepito in modo differente a seconda dei linguaggi mediali e dei prodotti culturali che coinvolge. Il “diritto d’autore giornalistico”, ad esempio, è in piena espansione considerando tutti quanti coloro che collaborano ad una opera collettiva qualificata “giornale”. La Cassazione, ad esempio, ha definito giornalistica quell’opera che sia «svolta in favore di editori di quotidiani e periodici, di agenzie d’informazione o di emittenti televisive, ove esplicata con energie prevalentemente intellettuali e consistente nella raccolta, elaborazione o commento della notizia destinata a formare oggetto di comunicazione di massa» (Cassazione 1 giugno 1998, n. 5370). Riguardo la forma si deve escludere come discriminatorio l’aspetto cartaceo, ben potendosi parlare di “giornale” anche avendo presente quello pubblicato esclusivamente via Web (per altro nell’ordinanza del 18 giugno 1998 il Tribunale di Bari sosteneva la stretta equiparazione tra «un giornale telematico […] alla stregua di un’opera intellettuale di carattere creativo»), mentre un elemento distintivo è il lavoro svolto in prevalenza (l’oggetto della comunicazione tipica del giornalista): raccogliere, rielaborare e commentare le notizie. Come evidenzia Giampiero Gramaglia: il diritto d’autore dal punto di vista intellettuale, non dal punto di vista economico o giuridico, è la capacità di acquisire l’informazione, di coglierne il valore come tale, e di adattarla, renderla percepibile ed interessante per il proprio pubblico. Questo in qualche modo va riconosciuto, chi viene dopo l’autore primario dovrebbe comunque rendere merito o citandolo come propria fonte o associandolo, nei titoli di attribuzione del prodotto che fa, a se stesso; questo avviene in molte reti, in molte catene d’informazione, ma accade soprattutto nelle catene d’informazione che si muovono all’interno della stessa struttura aziendale e appena si esce dalla struttura aziendale e ci si trasferisce in un’altra, molto spesso le prime catene di produzione sono azzerate e uno acquisisce ex novo il merito di un’informazione che semplicemente rielabora, o di cui in buona parte utilizza le elaborazioni precedenti. 190 Il diritto d’autore fornisce, pertanto, lo strumento attraverso il quale coloro che investono tempo e lavoro nella produzione di beni culturali e informativi possono essere sicuri che saranno in grado non solo di recuperare l’investimento, ma anche di ottenere un profitto proporzionale alla popolarità della loro opera161. Il diritto d’autore, quindi, protegge la “forma espressiva” di un opera. Non protegge l’idea, il principio, il concetto su cui l’opera è basata. Ed, in effetti, emergono delle differenze per quel che riguarda il diritto d’autore nella narrativa poetica: come ci racconta Davide Rondoni: il diritto d’autore per i poeti è qualcosa a metà tra il sogno e una cosa da ridere. Nella poesia il diritto d’autore un po’ mi fa ridere perché la poesia non è solo un diritto ma nemmeno un dovere. Il diritto d’autore credo che possa essere con una certa elasticità inteso come il frutto del lavoro e quindi come ogni lavoro che si fa, ci dà il suo frutto. Tenendo conto che è un lavoro che dà un frutto che dà un esito da un’opera talmente sfuggente come sono le parole, come la composizione di parole, per cui esercitare un diritto in maniera molto precisa è molto difficile. È giustamente molto difficile. Un autore contemporaneo, ad esempio, che scrive una poesia in cui canta le stelle nel cielo non potrà impedire ad un altro poeta di scrivere e pubblicare un’altra poesia dedicata allo stesso argomento, né una canzone, un dipinto, una coreografia e così via. Se però l’altro poeta dovesse utilizzare le stesse identiche e precise parole utilizzate dal primo poeta, starebbe violando il suo diritto d’autore, probabilmente sia dal punto di vista morale che economico. Nessun autore, pertanto, può appropriarsi della forma espressiva di un argomento, di un’idea, di una nozione: essi sono liberamente utilizzabili da chiunque. Spostando lo sguardo, per un momento, sull’industria discografica si pensi che gran parte dei proventi arriva sempre più da altri segmenti di business rispetto alla classica vendita del supporto: diritti connessi, digitale, concerti, merchandising. Oggi la quantità di musica disponibile gratuitamente e legalmente in rete è enorme. Il diritto d’autore nella musica è oggi, come ci racconta la Molinari: qualcosa che è un po’ bistrattato, un po’ a causa della pirateria, un po’ per la facilità di ascoltare, un po’ per prendere musica di tutti i tipi e liberamente. Diritto d’autore è quello che dovrebbe aiutare l’autore a vivere e a continuare a scrivere ed è qualcosa che oggi viene sempre meno perché col fatto che si scarica molta musica e col fatto che viene sempre meno rispettato il diritto d’autore è un po’ più difficile. 161 W. M. Landes, R. A. Posner, The economic structure of intellectual property law, Washington, AEI Press, 2004. 191 Eppure piuttosto che parlare di riforme delle leggi in materia di proprietà intellettuale, che nel momento in cui vengono applicate risultano inefficaci, bisognerebbe attivare un mix di politiche pubbliche e di investimenti privati che favoriscano la penetrazione della banda larga e dei pc nella popolazione italiana elaborando una strategia Paese per il decollo dell’offerta dei prodotti culturali in rete. La scommessa sulle infrastrutture non riguarda la costruzione del Ponte sullo Stretto, ma consiste nel ridurre il divario digitale che rischia di escludere in futuro la maggioranza della popolazione dai prodotti on line. L’esigenza che si sta sempre più diffondendo a livello globale è proprio quella di fronteggiare il forte sviluppo del mercato dei contenuti162. Il diritto d’autore è ovviamente un problema perché la trasmissibilità senza oneri dell’opera dell’ingegno pone interrogativi e anche necessità rispetto alle industrie che su questi diritti vivono. Storicamente il diritto d’autore ha manifestato spesso un atteggiamento ambivalente nei confronti della tecnologia. Atteggiamento causato dal fatto che il progresso tecnologico, da un lato, minaccia i diritti fino a quel momento riconosciuti all’autore, dall’altro aumenta le possibilità di sfruttamento dell’opera, dalla qual cosa può trarre vantaggio il titolare dei diritti, moltiplicando il valore della propria privativa163. Un esempio: i-Tunes ha dimostrato che i diritti musicali possono essere regolati e ha proposto alla pirateria devastante che c’era sulla Rete, in relazione allo scambio non legale di musica, un modello che ha consentito di preservare il diritto d’autore per le case discografiche e per i musicisti. I creative commons danno la possibilità all’autore che mette in circolazione una propria opera creativa di dichiarare in prima persona se l’uso è libero, parziale, o consentito solo citandone il vero autore e la Rete questo lo ha inglobato e accettato. E Talanca a proposito dei libri afferma: non so se c’è più merito per quello che riguarda l’autorialità di certe opere: in chi crea proprio l’opera in sé oppure in chi la distribuisce nei canali giusti, nei canali in cui quella determinata opera può trovare riscontri, ecc. Anche per i libri succede così. Non tutti i libri devono essere pubblicizzati allo stesso modo, non tutti hanno lo stesso target. L’autore ovviamente è un radar che deve cercare di trovare la giusta strada all’interno della decriptazione del mondo per ricreare un codice artistico ed essere convincente dal lettore. Sembra quasi che venga meno l’idea di letteratura, il suo considerarla come un secolare privilegio della dignità umanistica. La scrittura, ad esempio, lavora già da tempo sui modi di 162 163 N. Lucchi, I contenuti digitali. Tecnologie, diritti e libertà, Springer Verlag, 2009. M. Fabiani, La sfida delle nuove tecnologie ai diritti degli autori, in Il Diritto d’Autore, 1993, p.532. 192 vita digitale, s’interroga sulle nuove temporalità, sulle modificate distanze, sulle figure che emergono dalle nuove maglie della Rete. La paura era di “restare indietro”, ma la letteratura degli ultimi decenni ha risposto all’appello trovandosi avanti: le soggettività dell’immaginario collettivo contemporaneo vengono a trovare nell’occhio della letteratura un riflesso reale della loro condizione164. E così possono venir fuori nuovi modi di pensare, interpretare e immaginare la realtà circostante. Il libro rimane sempre e comunque un’azione comunicativa dello scrittore nei confronti del pubblico. Per dirla con Kant, lo spazio dei libri e dei discorsi forma una sfera pubblica165 diversa dal mercato, anche se, a certe condizioni, del mercato può fare uso. Questa sfera è l'ambito in cui ciascuno impara a scegliere e pensare da sé; è lo spazio dell'uso pubblico della ragione, del sapere libero, dell'innovazione scientifica e sociale. A volte non è possibile applicare la pura logica del rendimento economico assoluto – la prospettiva del valore di scambio – al settore editoriale, se pensiamo come alcune opere di scrittori fondamentali – cioè con elevato valore d'uso nella prospettiva sociale – in tale logica non sarebbero state stampate. Parafrasando le parole dell’editore tedesco Klaus Wagenbach, (pp. 72-73): «le piccole case editrici […] sono condotte da persone che fanno libri dalla passione o dalla forza delle loro convinzioni e certamente non dalla prospettiva di profitti […] Se i libri a piccola tiratura [e quindi di scarsi profitti, ndr] scomparissero è il futuro che risulterebbe compromesso. Il primo libro di Kafka fu stampato in 800 copie e quello di Brecht in 600. Che cosa sarebbe successo se qualcuno avesse deciso che non valeva davvero la pena di pubblicarli?» o di scriverli?. Nessun autore realizza un opera solo ed esclusivamente per motivi economici. Anche gli autori come Wu Ming che distribuiscono il loro libro sul sito per consumo personale e ovviamente non può essere ristampato e rivenduto, però poi percepiscono i loro guadagni dall’Einaudi che fa un investimento sui loro libri e ricava dei soldi. Come ha affermato Soriga: tu scrivi non certo per guadagnarci, non certo per il mercato, tu scrivi perché ne hai una passione, perché ne hai quasi bisogno, ed è vero. Credo che nessuno, neanche gli autori schifosamente commerciali, scrivano mai un romanzo perché hanno bisogno di centomila euro o di diecimila, non ci posso credere, non ci credo neanche se lo vedo; io penso che anche il più commerciale scrive quei libri e li scrive e li pubblica quando è convinto di aver scritto la cosa migliore che poteva scrivere, sarà un’illusione ma sono convinto che è così, 164 A. Mazzarella, La grande rete della scrittura. La letteratura dopo la rivoluzione digitale, Bollati Boringhieri, 2008. 165 I. Kant, Beantwortung der Frage: Was ist Aufklärung (1784), trad. it. su http://bfp.sp.unipi.it/classici/illu.html. 193 anche se poi sono libri facili, commerciali, scritti per un pubblico di massa, ma probabilmente è quello che a loro piace scrivere. Come dire: oggi il prodotto culturale deve trovarsi a metà strada tra ottimo artigianato e mercato in espansione digitale. Per rimanere ai soli autori che abbiamo intervistato quanto sono stati danneggiati dalle nuove tecnologie? La loro tutela è venuta meno con la diffusione gratuita e libera della rete? Dalle loro risposte sembrerebbe che la rete rappresenti più un alleato che un nemico da combattere o da eliminare. Come la Maraini che non è assolutamente contraria alla diffusione gratuita dei libri attraverso la rete anche se è necessario trovare nuovi strumenti per fare avere all’autore una qualche ricompensa per il suo lavoro: ci sono tanti modi, vediamo che per esempio ci sono tanti motori come Google, loro non fanno pagare, però ottengono dei soldi attraverso la diffusione e la pubblicità e detengono poi una forza economica. Quindi anche uno scrittore può avere una sua forza economica, attraverso una diffusione gratuita del suo prodotto, attraverso un altro modo di raccogliere qualcosa dal consenso del pubblico. Internet appare fondamentale quindi per la promozione e il contatto con i lettori riuscendo ad avere continuamente un’opinione sulle letture, sui reading, sugli spettacoli, sui festival, sui racconti. Come racconta Soriga: è una cosa meravigliosa per cui ringrazio il cielo di essere nato in questi tempi; poi non mi sento di pubblicare un romanzo su Facebook, un capitolo al giorno, non ho neanche mai avuto un blog da aggiornare con periodicità, con costanza, però mi piace molto l’idea che un mio lettore mi possa trovare e dire quello che pensa dei miei libri e dei miei articoli. La tecnologia moltiplica le opportunità e determina nuove modalità fruitive. Il fruitore può interagire con il mondo. E questo può dar vita ad un giornalismo multicanale, ad esempio. La stessa qualità del giornalismo dipenderà dalla professionalità dei singoli. La libertà di manifestazione del pensiero è inscindibile dalla possibilità della sua divulgazione. Se l’informazione è potere, la libertà della sua acquisizione da parte dei cittadini significa libertà di partecipazione al potere166. La tecnologia del contropotere rende difficile, però, la tracciabilità della notizia. Come ci dice Gramaglia: 166 G. Jacobini, L'informazione digitale. Le esperienze di AdnKronos, Ansa, BBC, CBS, Corriere della Sera, The Economist, International Herald Tribune, Mediaset, Rainews 24..., Soveria Manelli, Rubbettino, 2002. 194 da una parte troviamo l’estrema rapidità di diffusione, di disseminazione dell’informazione e dall’altra l’estrema difficoltà anche per il giornalista o per l’autore in buona fede di risalire alla vera fonte dell’informazione, cioè al vero autore di questa. Faccio un esempio banale: se io lavoro per l’agenzia e mando in giro un’informazione sull’agenzia, quell’informazione appartiene all’agenzia e all’autore che è indicato in calce alla notizia, sia pure magari soltanto con la sua sigla; ma se quella notizia dopo un minuto che è stata data dall’agenzia è presente sui grandi e importanti siti internet senza traduzione di fonte e se viene poi ripresa da blog o da altri siti man mano perdendo la caratteristica della sua origine, se io la intercetto su uno di questi strumenti, ho oggettivamente difficoltà a sapere a chi appartiene e posso anche ritenere che appartenga alla fonte su cui la intercetto, per cui posso citare un blog, o un sito internet ignorando qual è la storia per cui quell’informazione è giunta su quel sito, quindi la tracciabilità dell’informazione è possibile con una ricerca tecnologica, ma può risultare difficile per l’autore che sta cercando informazione, le assembla, sa dove le ha trovate, ma non sa e ha difficoltà a risalire a come sono arrivate lì dove lui le ha trovate. E così il modo di cercare e consumare informazione cambia rapidamente. Nell’era dell’accesso, per dirla con Rifkin, siamo immersi in un flusso poderoso e continuo di informazioni reperibili sempre e ovunque da tutti167. Sinergie, convergenze, interazioni, sono processi che si controllano solo se si hanno conoscenze ben precise. E il soggetto che lavora con l’informazione deve acquisire una capacità nuova di muoversi tra reale e virtuale. È necessaria una padronanza di tutti i sistemi di produzione e diffusione delle notizie. Senza dubbio la rete è una grandissima risorsa. Di informazioni, come si è visto. Ma anche di promozione e di conoscenza indipendente. Come afferma la Molinari: oggi se vuoi farti un’idea indipendente che non sia imposta dai media, vai su internet e ascolti più cose possibili, leggi più cose possibili da diverse fonti. Hai la possibilità di avere un pensiero indipendente, e quindi, per me, che scrivo, è importante avere un pensiero indipendente perché quella cosa, magari diversa, in tv non si dice, o in radio non passa ed è più difficile da fare arrivare ad un pubblico. Possiamo notare una interessante inversione di tendenza nell'impostazione culturale. Fino a qualche anno fa gli autori di opere creative nutrivano una certa diffidenza nella divulgazione attraverso Internet delle proprie produzioni, poiché la consideravano come qualcosa di pericoloso, che avrebbe impedito la giusta remunerazione del loro lavoro: in sostanza, mettere una propria creazione in rete veniva avvertito come un ingiustificato regalo senza 167 J. Rifkin, L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, Mondadori, Milano, 2000. 195 alcuna contropartita. Di recente, invece, condividere le proprie esperienze creative è ritenuto un modo per farne accrescere il valore sociale e culturale; dunque, più il sito di un artista viene visitato, linkato, commentato, e più i contenuti ivi presenti acquisiscono visibilità e quindi valore168. Gli artisti vivono pienamente nei luoghi della intermedialità che comporta l’attraversamento dei confini tra i singoli media, e pertanto riguarda le relazioni “etero-mediali” tra complessi semiotici differenti o tra parti diversificate di un complesso semiotico. Ad esempio, nel villaggio poetico la rete ha due effetti, come ci racconta Rondoni: uno è, per esempio, tutto il lavoro della conoscenza della poesia internazionale reso più facile. Mentre prima dovevi aspettare che la libreria ordinasse un libro di un poeta finlandese, adesso è più facile e viceversa. Io ho avuto in alcuni casi, traduzione dei miei testi, adesso usciti in Siria e in molti casi questo è stato grazie alla conoscenza nella rete. Cioè, conoscevano il nome dell’autore questo sicuramente è un vantaggio per la poesia. […] In negativo c’è un fatto che un poeta come me, che è anche esposto pubblicamente, scrive sui giornale e viene raggiunto più facilmente da offese e contumelie. Polemiche a volte un po’ ridicole che forse una maggior selezione potrebbe favorire. Pertanto, per il poeta, la rete permette una facilità di trasmissione e di diffusione dei testi poetici difficilmente realizzabile nel passato. Senza intervenire linguisticamente la poesia varca i confini spaziali e i limiti temporali per diffondersi nei non luoghi ramificati, reticolati e ipertestuali. Per dirla con Lessig, internet offre evidenti vantaggi nella promozione e diffusione di nuove realtà creative169. Nella remixing culture, nella cultura del riuso, tutto può essere preso, modificato, cambiato, rielaborato e ripubblicato in rete. Sono cambiati gli autori e sono mutati, come si è visto, i modi di creazione e di fruizione dei contenuti in rete. Il formato digitale ha instaurato una democrazia creativa in grado di favorire la circolazione delle idee sino a coinvolgere il pubblico nella produzione culturale e incrementare il numero degli artisti. Come afferma Talanca: oggi in Italia un buono 80% della musica di qualità è reperibile esclusivamente in rete. C’è un’artista come Max Manfredi che è uno dei principali cantautori italiani, l’anno scorso ha vinto la Targa Tenco, che è la seconda che vince, fino adesso ha pubblicato cinque album… beh, tre sono introvabili nei negozi di dischi e si possono solo scaricare da internet. Addirittura fece un duetto con Fabrizio de Andrè, nella canzone “La fiera della Maddalena”, 168 169 S. Aliprandi, Capire il copyright. Percorso guidato nel diritto d'autore, disponibile su www.copyleft-italia.it, 2007. L. Lessig, op. cit., 2009. 196 inserita nel suo secondo album “ Max”, che è introvabile. Su internet questa canzone è segnata come di De Andrè e Guccini, semplicemente perché Max Manfredi ha la erre moscia. Se questo può far sorridere, fa anche riflettere sul fatto che alcuni dischi di Max Manfredi sono assolutamente introvabili e senza la rete non potrebbe essere ascoltato, quindi in questo caso ovviamente, la rete non ha sostituto. Anzi una rete che si fa complice e strumento di conoscenza per la collettività. Ri-mediazioni, ri-scritture, continue modalità di organizzazione dei contenuti che sottolineano la necessità di costruire un modello alternativo di gestione dei diritti d’autore. Consapevoli che si sta verificando, con sempre maggiore forza, uno spostamento dalla vendita dei beni alla vendita dell’accesso ai servizi resi da tali beni e che va nella direzione di considerare il diritto d’autore non un diritto di proprietà sulle idee, ma solo sulla forma in cui esse si esprimono. 5.3. La Legge sul Diritto d’autore ai tempi della rivoluzione digitale Le norme sul diritto d’autore hanno mostrato e continuano a mostrare questioni irrisolte nei rapporti economici e sociali e appaiono soggette ad una duplice confusione: da un lato, si pretende una comunicazione senza garanzie per i creatori e gli ideatori della produzione intellettuale dall’altro si immaginano misure repressive spinte sino alla individuazione di ogni singolo uso non autorizzato e insensibili alle esigenze di natura sociale. La rivoluzione digitale, come si è visto, impone tuttavia una completa revisione dell’attuale apparato normativo, tuttora basato sui precetti fondamentali posti dalla legge 633/1941, modificata finora con interventi di aggiornamento disorganici e scarsamente coordinati. Come ci racconta la Benintende: la normativa sul diritto d’autore risale al 1941, quindi siamo nella prima metà del secolo scorso, e nacque per tutelare questa particolare categoria di soggetti. Fu attuata con un regio decreto, c’era ancora il re. Questa norma a causa della sua vetustà, ha più di sessant’anni, ha avuto necessità di diverse modifiche, di diverse integrazioni, prime fra tutti quelle attuate negli anni novanta con il recepimento di alcune normative, direttive comunitarie, in particolare quattro: una nel ‘91, una nel ‘92, e due nel ‘93 (settembre e ottobre) che hanno permesso di inglobare nella normativa italiana tutta una serie di specifiche che hanno migliorato e ampliato il diritto d’autore e hanno definito alcune caratteristiche; per esempio sul software, sulla radiodiffusione via satellite e la ritrasmissione via cavo; una specifica sulle norme che riguardano il noleggio o il prestito e la distribuzione del materiale oggetto del diritto d’autore. Passati questi anni, veniamo all’epoca recente, nel 2004, cito una delle più importanti e conosciute, abbiamo la legge, cosiddetta legge Urbani, 197 che ha regolamentato la parte riguardante la pirateria informatica. È logico che non sono solo io a dare un parere, ma è il mondo degli autori e degli editori che si è resa conto della necessità di un aggiornamento di questa norma, di una norma che sta cercando di adeguarsi ai tempi ma ha dei ritardi di attuazione specialmente perché le nuove tecnologie ci danno giornalmente spunti e metodi di lavoro di utilizzo e di espressione dell’ingegno umano che possono facilmente sfuggire ad una norma che non è pedissequa, che non viene ad aggiornarsi costantemente. Una corretta lettura della Legge dovrebbe scontare due passaggi fondamentali. In primo luogo, la proprietà che nasce come l’unico modello di protezione della libertà non è un diritto assoluto e sacro ma deve avere una funzione sociale, può quindi essere limitata quando si verificano derive liberistiche o neoliberistiche. In secondo luogo, dal punto di vista dell’autonomia privata, lo Stato può limitare la libertà dell’iniziativa economica e privata quando si tratta di coordinare le iniziative economiche dei privati a fini sociali. Come afferma la Messinetti: io penso che si potrebbero tranquillamente trovare i parametri nella nostra Carta Costituzionale per correggere alcune zone della normativa sul diritto d’autore che consentono di bloccare la libera circolazione delle opere a fronte appunto di stime egoistiche e idiosincratiche del cosiddetto autore, immagino forme di circolazione che trascendano la volontà, il consenso dell’autore. Una normativa, come ci rivela ancora la Ercolani, che ha subito numerosi restyling e molti lifting, mantenendo una grande capacità di aderire anche a modelli di business che erano totalmente imprevedibili, assolutamente fantascientifici al momento in cui la Legge è stata impostata. E’ evidente che in un settore come quello del diritto d’autore che s’interseca sempre più spesso con la tecnologia, il pericolo d’invecchiamento è diventato particolarmente veloce, ma in realtà grazie proprio a questa impostazione originaria, particolarmente efficace, in larga misura la Legge è ancora in grado di fare, di svolgere bene il suo lavoro, se un difetto questa Legge ha è forse la grande complessità nel mondo contemporaneo. Nessuna altra legge come la nostra sul diritto d’autore ha subìto così molteplici e rilevanti interventi, ma questi l’hanno mutata in un ordito in alcuni punti inestricabile, che rende dubbia la sua applicazione170. Prosperano, in tale realtà, le iniziative di vera offesa ai diritti 170 G. Corasaniti, Prospettive di rinnovamento della Legge sul diritto d’autore, in Digitalia. 198 degli autori e degli editori, e, nell’incertezza legislativa del testo, ormai incongruo e inadeguato nelle definizioni normative, vengono ad essere colpite le categorie più deboli o più difficilmente organizzate, impotenti di fronte al fatto compiuto. Non si può non riconoscere dignità, nel mondo digitale contemporaneo, ai diritti dei fruitori delle produzioni intellettuali, consumatori di cultura, nativi digitali, che devono poter essere messi nella condizione di dialogare rispetto a misure spesso approssimative e genericamente repressive. Il decreto non considera, ad esempio, le trasformazioni sociali, temendo solo gli effetti delle trasformazioni tecnologiche. In realtà, oggi è necessario e inevitabile un ripensamento del sistema del diritto d’autore, che deve muovere da una necessaria riscrittura della legge, che abbia come obiettivo il giusto contemperamento degli interessi degli autori, che necessitano di recuperare la loro centralità, dell'industria culturale, che deve essere tutelata nei suoi investimenti economici, e della collettività, la quale deve usufruire delle opere con regole certe e chiare. Sono state così intense e profonde le evoluzioni della tecnologia che, per quanto il diritto cerchi di distinguere le norme dai mezzi e dagli strumenti per evaderle o farle rispettare, non è più possibile applicare quel modello alla modernità. Per tre ordini di motivi: la rivoluzione informatica ha messo nelle mani di ciascuno potenti media digitali, i personal media, con i quali è possibile registrare, manipolare e veicolare qualsiasi aspetto della realtà e dell'esperienza; gli strumenti e le infrastrutture di comunicazione sono diventati digitali, ubiqui, spesso gratuiti; è cresciuta l'esposizione degli individui a questi strumenti e insieme l'attitudine al loro uso creativo e collettivo. Che oggi viene anche insegnato a scuola e nelle università. La flessibilità, volatilità e permanenza del digitale sono tali che chiunque può manipolare un'opera digitalizzata e, grazie ad Internet, spostarla con un click da un lato all'altro del globo, conservarla indefinitamente in numeri incalcolabili, in differenti formati e differenti supporti, anche sfruttando la memoria lunga dei motori di ricerca come Google. La disponibilità di mezzi per la copia di film, musica e testi, presenti in qualsiasi casa, ufficio, biblioteca, centro sociale, rende difficile se non impossibile controllarne gli abusi e l'unico freno alla pirateria rimane una forte opera di contrasto e repressione. Se non bastasse, a scompigliare lo scenario tradizionale, interviene il fatto che nel momento in cui ottengo la copia digitale di un'opera non ne privo l'autore, e così salta anche il concetto di possesso, ovvero di proprietà e disponibilità, che sono alla base dell'idea stessa del furto dell'opera d'ingegno. Internet e il digitale hanno così profondamente modificato i concetti di autore, di opera, di creatività. Perciò il loro utilizzo non è indifferente rispetto alle norme che tutelano il diritto d'autore. 199 Agli aspetti connessi con l’evoluzione tecnologica, si affianca l’esigenza di accesso che deriva dalla comunità della ricerca e della scienza, riguardo alla diffusione e la fruizione operate, senza scopo di lucro, per finalità di studio, ricerca, insegnamento. Il problema che si pone è quello relativo alle modalità attraverso cui stabilire un nuovo ed inedito equilibrio tra i molteplici interessi. In tal senso le risposte non possono e non devono essere esclusivamente di ordine giuridico ma devono coinvolgere pienamente l’attuale scenario sociale, economico e tecnologico. L’approdo di una traiettoria normativa riformatrice – comunitaria e poi nazionale – deve poggiare sul riconoscimento, forte e chiaro, che quegli spazi di “libera utilizzazione” non si riconducono alla prospettiva della “eccezione”, bensì, tutto all’opposto, a quella del “principio”. Di uno dei più alti principi libertari delle Costituzioni democratiche. È proprio il riferimento alla Carta Costituzionale può correggere alcune zone della normativa sul diritto d’autore che consentono di bloccare la libera circolazione delle opere a fronte appunto di stime egoistiche e idiosincratiche del cosiddetto autore. Come afferma la Messinetti: forme di circolazione che trascendano la volontà, il consenso dell’autore, si potrebbe pensare a questo: a forme di compensazione legale sicuramente dello sfruttamento dell’opera, con limitazioni della proprietà privata e del potere contrattuale dell’autore evidentemente, per effettuare un ragionevole bilanciamento tra il suo diritto soggettivo e il diritto della collettività. Da un punto di vista giuridico, quindi, realizzare tale equilibrio significa contemperare i due interessi: quello dell’autore e l’interesse generale alla diffusione delle informazioni e della cultura. Se la bilancia pende a favore dell’uno si sacrifica il diritto dell’altro. Ad esempio, il punto di equilibrio tra i due interessi in conflitto può essere ritrovato nel principio dell’uso personale che include la libertà di riprodurre per fruire dell’opera. Dietro il concetto di proprietà intellettuale si cela infatti un conflitto di difficile soluzione, che contrappone la sfera pubblica, propria del sapere, a quella privata, propria dei mercati. Le idee sono un bene pubblico nel senso ampio che le lega alla dimensione collettiva e sociale, ma lo sono anche nell'accezione economica che rimanda a particolari tipi di beni i quali non sono rivali al possesso – tutti ne possono avere senza pregiudizio per alcuno – né si esauriscono al consumo. I mercati, invece, sono luoghi economici in cui vengono allocate in modo efficiente risorse scarse e private. Data la natura pubblica delle idee, dunque, la funzione allocativa del mercato sembrerebbe superflua171. La normativa fornisce un incentivo economico per creare e diffondere un ampia quantità di opere dell’ingegno; sostiene autori ed editori affinché non siano soggetti ai finanziamenti 171 G.B. Ramello, (2002), Il diritto d'autore tra creatività e mercato, Economia Pubblica, 22, 1, 37-66. 200 governativi; evidenzia il valore delle espressioni originali e del contributo singolo alla cultura e al dibattito pubblici. Come racconta la Ercolani: l’intero sistema di diritto d’autore è stato concepito come una delle componenti di un’attività imprenditoriale, l’apporto creativo degli autori era una componente in una filiera produttiva che portava dalla sceneggiatura al film, dal manoscritto al romanzo, dallo spartito al concerto, quindi parlavamo e fino agli anni novanta abbiamo sempre parlato di una Legge che veniva conosciuta e applicata da professionisti del mondo in larga misura della cultura e dello spettacolo, quindi chiaramente una Legge concepita in un ambito industriale sostanzialmente che presenta le sue complessità. Ad un certo punto ci siamo trovati in modo imprevisto a vedere la necessità che questa Legge fosse rispettata direttamente da consumatori, cioè dagli utenti finali, da quelli che non partecipavano alla filiera produttiva ma ne erano solo i fruitori finali e questo pone un problema molto serio, nel senso che questa Legge rimane in moltissime circostanze, direi nella maggior parte delle circostanze, legata all’attività produttiva. Ed, in effetti, la maggior parte delle problematiche arriva dal mondo degli utenti e dei consumatori che, in parte, evidenziano la complessità obiettiva della situazione e, a causa di una forte disinformazione, ritengono il diritto d’autore non qualcosa di complicato ma anche di vessatorio. Continua ancora la Ercolani: noi stiamo parlando comunque, e anche nel caso del Web e nel caso di tutti quei prodotti che l’utente per motivi di tecnologia riesce a fruire gratuitamente e poi più o meno illegalmente, di imprese come quelle telefoniche (google, apple ecc.) che da questo sfruttamento traggono un vantaggio economico, magari l’utente ha la sensazione che sia gratis ma è più una sensazione che una realtà. È giunto il tempo,oramai, di costruire, con la collaborazione di tutti gli operatori e dei soggetti pubblici interessati, un differente impianto legislativo, moderno, meno ridondante, in grado di adattarsi alla tecnologia e alle inedite modalità di comunicazione multimediale e digitale, nell’ottica della tutela dei diritti degli autori e degli operatori nei nuovi mercati globali delle reti e dei servizi. È necessaria una tutela giuridica certa, definita ma al tempo stesso forte ed efficace, pertanto bisogna muoversi nel segno della semplificazione e della chiarezza normativa, in particolar modo nelle definizioni di soggetti, forme creative tutelate e peculiari metodologie di tutela. A fronte del quadro internazionale comune, stabilito in ambito WIPO, la direttiva 2001/29/CE sul diritto d’autore e i diritti connessi nella Società dell’informazione, lascia ampi margini di 201 discrezionalità ai legislatori nazionali circa l’adozione di sistemi normativi, amministrativi e giurisdizionali adeguati alla finalità di assicurare un’efficace tutela delle opere protette, in contemperamento con i diritti fondamentali in materia di riservatezza delle comunicazioni e accesso ad Internet. In ambito OCSE, ad esempio, tutti gli ordinamenti statali prevedono rimedi di tipo civilistico per le violazioni del copyright e, in tale ambito, non sono previste differenziazioni per gli illeciti commessi attraverso l’utilizzo di reti. Nel luglio 2008, la Commissione europea ha redatto un Libro Verde sul diritto d’autore nell’economia della conoscenza, in cui ha analizzato la problematica delle eccezioni e delle limitazioni al diritto d’autore rilevanti per la diffusione della conoscenza nell’era digitale. In particolare, si è posta l’attenzione su: a) le eccezioni per le biblioteche e gli archivi; b) l’eccezione che consente la diffusione delle opere per scopi didattici e di ricerca; c) l’eccezione nell'interesse dei portatori di handicap; d) l’eventuale eccezione per i contenuti creati dagli utenti. Dal Libro Verde e dalla relativa consultazione pubblica, si è giunti quindi alla conseguente Comunicazione del 19 ottobre 2009, nella quale la Commissione ha indicato le linee operative che seguirà su questi temi nel prossimo futuro, attraverso la supervisione di un dialogo costante fra i portatori d’interessi rilevanti. In data 22 ottobre 2009, con specifico riguardo alla sfida costituita dalla creazione di un mercato unico del digitale a livello europeo per i contenuti creativi, come i libri, la musica, i film o i videogiochi, la Commissione ha pubblicato un documento di riflessione172. Dall’analisi svolta dal lavoro istituito dall’AGCOM emerge con forza che il richiamo operato dalla legge n.248/00 al coordinamento tra l’attività dell’Autorità e della SIAE nella tutela del diritto d’autore (“nell’ambito delle rispettive competenze”) deve essere interpretato unicamente nel senso che l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni rappresenta l’Organo deputato a svolgere l’attività di vigilanza a tutela del diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica che si realizza in azioni di prevenzione – in tutte le forme possibili – e di verifica degli illeciti e che la competenza della SIAE attiene allo svolgimento di attività di tipo operativo, sulla base di uno schema di collaborazione investigativa definito in ultima analisi dall’Autorità. La SIAE si ritrova, pertanto, sul fronte per quel che riguarda il declino di certi modelli di consumo perché nel momento in cui le vendite calano del 40% rispetto a tre/quattro anni fa la SIAE vive alcune difficoltà oggettive come ci ha raccontato la Ercolani: la SIAE ha la difficoltà nel far capire a tutto il mondo internet sia il diritto d’autore che le modalità di gestione del diritto d’autore perché chiaramente al di fuori di tutta la filiera produttiva. L’altro problema è poi quello della globalizzazione e non voglio usare una parola grossa perché stiamo parlando di diritto d’autore, che porta anche a una forma di omologazione per cui uno dei problemi della SIAE è che ci sono sempre meno investimenti 172 AGCOM, Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica. Indagine conoscitiva, 2010. 202 sulla musica o sulla produzione tra virgolette autoctona e siamo sempre più un mercato di vendita di prodotti e di creazioni, quindi di prodotti culturali che vengono da altri paesi e che usufruiscono di investimenti spalmati se posso dire così su una base di consumatori molto più ampia. Secondo tale prospettiva si viene a creare un impoverimento economico della cultura originale ed un inaridimento culturale proprio a causa dell’omologazione globale del sistema. La rete consente una dematerializzazione di alcuni beni; ciò sottrae allo Stato territoriale la concreta possibilità che può invece esercitare sugli oggetti. Uno Stato può vietare l’ingresso nel suo territorio di una merce ma molto difficilmente può impedire a chi disponga di un accesso ad Internet di collegarsi al sito di un periodico o di acquisirne articoli o immagini, ad esempio. Ciò significa che il prodotto dell’informazione e il relativo metodo di diffusione sono separabili. Senza la mediazione di un supporto materiale, le restrizioni poste dal contesto tecnologico potrebbero avere l’effetto di conferire sostanza al prodotto offerto: il risultato è un’equazione in cui il contratto è il prodotto, o parte del prodotto173. Ad esempio, il business model di I Tunes ha saputo adattarsi al cambiamento del mercato con rapidità ed efficienza attraverso la creazione di un modello di downloading legale e a basso costo, divenendo leader del suo settore e aprendo nuovi scenari per le industrie culturali. Il successo dell’Apple iTS è certamente dipeso, in primo luogo, dalla decisione di integrare il proprio negozio virtuale con i dispositivi portatili (iPod, iPhone, iPad) commercializzati in tutto il mondo174. Ma il reale motivazione del successo di Apple risiede nel particolare modello business adottato: gli introiti di Apple derivano soprattutto dalla commercializzazione dei propri dispositivi. Tale modello dispiega effetti favorevoli anche nei confronti delle stesse major175. Come afferma nell’intervista la Ercolani: anche da parte di giganti del settore si stanno verificando tentativi per trovare dei modelli di business che non siano semplicemente la vendita digitale tipo ITunes, che in fondo è solo un succedaneo della vendita dei cd, ma modelli di business effettivamente innovativi e quindi io sono convinta che ci sarà un’evoluzione. Nel momento in cui ci sarà anche un consolidamento di sistemi di consumo che non siano semplicemente gratuiti, probabilmente 173 N. Lucchi, I contenuti digitali. Tecnologie, diritti e libertà, Springer Verlaq, 2009. I consumatori che acquistano i device di Apple, grazie alla stretta integrazione con il negozio virtuale, con ogni probabilità si avvarranno della suddetta piattoforma, nel caso in cui intendano acquistare contenuti digitali on line. Cfr.: “i Tunes drives online movies sales; Apple’s dominance in digital movies wxpected to continue”, in Screen Digest, luglio 2008. 175 Gli analisti di mercato hanno stimato che il mercato della distribuzione on line dei prodotti audiovisivi negli USA è destinato a superare il miliardo di dollari già dal 2013 e circa l’87% della predetta cifra verrà devoluta interamente alle industrie cinematografiche. 174 203 sarà possibile anche guardare con più serenità a questa complessità della Legge e semplificarla per quello che riguarda determinati settori. Una normativa, come si è visto dalle risposte ai questionari, che rimane comunque oscura, poco conosciuta dalla gran parte degli studenti universitari della Sapienza. Come racconta la Messinetti: non mi stupisce affatto e spesso non la conoscono neanche gli operatori di settore perché il nostro Legislatore della postmodernità è un Legislatore disordinato, disattento; è un Legislatore che inonda di regole complicando la vita sociale, ma mi preoccuperei di più del fatto che non c’è percezione in generale della legalità e del senso profondo del diritto d’autore come tutela di chi produce con il proprio intelletto e come tutela della possibilità di una cultura indipendente. Gli studenti non percepiscono la differenza tra ciò che è legale e ciò che non lo è, come si è visto nel terzo capitolo. E la libera circolazione delle idee e delle opinioni a cui la produzione delle opere dell’ingegno indubbiamente si ricollega è qualcosa che attraverso due concetti fondamentali della nostra Costituzione, libero sviluppo della personalità dell’uomo e partecipazione democratica, incidono nello specifico sulla possibilità di esistenza del cittadino democratico. Di un ragazzo consapevole. Di un uomo libero e informato. Ma la legge da sola non basta. E non è sufficiente neanche l’apparato sanzionatorio. È necessario che l’intera società sia invasa da una capillare informazione sull’esistenza delle norme. Come afferma la Benintende: non è soltanto necessario spiegare che cosa è la norma e che esiste la norma ma è importante far comprendere perché la norma è stata creata, a cosa serve, cioè far passare dall’altra parte della barricata coloro che dovrebbero imparare e rendersi conto di come rispettare questa legge. Quindi far comprendere che dall’altra parte c’è il lavoro e tutti i lavori hanno pari dignità e pari diritto compreso quello dell’autore e hanno pari dignità sia nella tutela del lavoro sia nel riceverne i frutti anche economici. Si tratta di un problema di educazione e di formazione alla cultura del diritto d’autore. Come prosegue la Benintende: la norma è stata fatta avendo anche sentito le associazioni di categoria. Perché l’autore è importantissimo ma senza il distributore, l’editore, non va da nessuna parte. L’opera non ha 204 gambe. È vero che è un’opera dell’ingegno ma questa ha bisogno di gambe per muoversi e camminare e questo fanno i produttori, lo fanno i riproduttori. È un circolo vizioso. Pertanto diventa centrale diffondere una sensibilità alla proprietà intellettuale attraverso la scuola. Questa rappresenta il campo principale di elezione per l’educazione soprattutto delle nuove generazioni. Si dovrebbe individuare proprio nella scuola il campo fisico dove fare nascere il seme della legalità. Nell’opinione pubblica, soprattutto tra i giovani, è oramai diffusa l’idea che copiare opere coperte dal copyright non sia un illecito, sia al più una cosa giusta sul piano della correttezza, ma non illecita. Come ci raccontano i Wu Ming: le persone che oggi violano il diritto d’autore attraverso le piattaforme di file sharing, ad esempio, hanno magari la consapevolezza di fare qualcosa che non è esattamente legale, ma gli attribuiscano un valore molto basso come crimine, quando la percezione sociale di un crimine, diciamo un crimine sarebbe una violazione della Legge, scende in maniera così netta, e molto difficile rovesciare il punto di vista e la sensibilità delle persone. Il prodotto digitale da la sensazione di qualcosa che in effetti non costa nulla; è volatile, non ha una sua materialità. Può essere riprodotto senza nessun problema e può essere duplicato con facilità. E i nativi digitali o non conoscono la legge o non si pongono assolutamente il problema delle violazioni. In genere i giovani credono che praticamente tutte le forme di copiatura privata e non commerciale di opere protette da copyright sono o dovrebbero essere consentite; mancano di interesse per le questioni giuridiche e pensano che copiare online non sia come rubare. Come afferma Rondoni: la rete è una grande piazza selvaggia, come il mondo, non è che sia un’altra cosa che è virtuale ma è sempre una realtà. Non è che chi l’ha inventato è un altro dio, è sempre la stessa cosa, per cui lì valgono gli stessi problemi e le stesse leggi del mondo reale, come in piazza uno può dire quello che vuole, nella rete succede lo stesso. E in piazza se uno va lì e si mette a recitare a voce alta una poesia di Leopardi, e non dice che è di Leopardi, può succedere. Oppure un altro si sveglia e dice “guarda che questa l’hanno già scritta”. In un ambiente, quale quello digitale, dove quasi tutto è possibile, ma non sempre legale, è fondamentale, pertanto, insegnare ai nativi digitali quali sono le loro responsabilità, ma anche i loro diritti e aiutare i nativi a distinguere e riconoscere risorse di qualità relativamente all’accuratezza, attendibilità, correttezza, moralità, sicurezza, ecc. 205 La vera scommessa consiste nel gettare un ponte tra le pratiche d’uso delle tecnologie espresse dai ragazzi e le pratiche normative e legali. Oggi non è più possibile ignorare l’esistenza del copyright perché ognuno di noi può creare, distribuire e riutilizzare materiale preesistente in rete per creare opere nuove. Per dirla con Soriga: credo che su internet bisognerebbe, come anche nella vita reale, educare, trovare un equilibrio tra il bisogno di educare, di spiegare che se prendi qualcosa devi pagare qualcosa e il bisogno poi di un controllo e di una punizione, però c’è stato un periodo di tale euforia anarchica su internet che chiunque compreso il sottoscritto scaricava tantissima musica. Spesso colui che scarica materiale illegalmente è considerato una persona “furba” che gabba con successo il “sistema”. Bisogna trovare un equilibrio tra educazione e punizione e spingere l’utente a fermasi un secondo a riflettere, ma è difficile perché la tecnologia va più veloce delle leggi e del nostro cervello, quando basta un click è difficile fermarsi a riflettere un secondo prima del click. È fondamentale quindi che gli utenti siano informati prima di tutto sui principi e le regole del diritto d’autore. Ciò può avvenire solo comunicandolo in modo efficace ed efficiente. 5.4.Comunicare il diritto d’autore. Tra apocalittici e integrati meglio impegnati Il sistema tradizionale di tutele della proprietà intellettuale è diventato un tema sempre più discusso che ha coinvolto anche le campagne di comunicazione e di informazione. In Italia, ad esempio, le campagne sul diritto d’autore hanno sempre lavorato sul registro della repressione e della punizione delle violazioni. Una comunicazione estremamente minacciosa, apocalittica che, nella gran parte dei casi, ha prodotto effetti contrari a quelli sperati. Spesso si dimentica che la cultura e la comunicazione rappresentano le forme più universali di partecipazione alla società176. La relazione tra formazione e comunicazione non si situa allora semplicemente sulle loro reciprocazioni, ma fonda la costruzione della cognitività umana. Obiettivo della formazione non è quello di conoscere l’estensività della comunicazione, bensì quello di approfondire e operare quella trasformazione connettiva di cui la comunicazione è portatrice. Pertanto la comunicazione può e deve rappresentare, nella società dell’informazione e della conoscenza, uno straordinario strumento di formazione ed educazione. Se la comunicazione rappresenta la forza basica, la rete impermanente inserita in un sistema evolutivo dinamico, 176 M. Morcellini, Lezione di comunicazione, Napoli, Ellissi, 2003. 206 la formazione permette all’uomo, soggetto personale e sociale, di reggere verso il cambiamento. Nel caso specifico del diritto d’autore è opportuno attivare pratiche comunicative nei confronti dei ragazzi utilizzando i loro linguaggi e le loro piattaforme. Utilizzare scuola e comunicazione: due canali fondamentali. Come afferma la Benintende: la pubblicità non deve essere tenuta in poco conto perché il potere di persuasione e l’utilizzo che ne fanno i media è veramente importante, specialmente in questo campo. Immaginerei una campagna di pubblicità con degli slogan semplici utilizzando delle parole e dei modi di dire che sono vicini ai ragazzi (fascia dei teenager) che non è l’unica fascia a rischio; è logico che l’attività di pirateria non la fanno solo i ragazzi di 14 anni. Le generazioni giovani sono quelle su cui bisogna investire maggiormente per avere poi una società legalitaria che abbia il rispetto di alcuni principi fondamentali che fanno girare e muovere il consorzio civile. Quindi una campagna mediatica affidata con parole chiare, semplici, di impatto immediato nei confronti di questo target (giovani e teenager) fatta da testimonial particolari che siano vicini alla sensibilità dei ragazzi (deejay, corridori, motociclista che ha vinto l’ultimo premio internazionale, l’attore, il cantante che ha una particolare sensibilità) hanno una capacità di sfondamento tale che possono veicolare i contenuti seri e importanti riguardanti la tutela di questi diritti; quindi la comprensione della necessità del rispetto di questi diritti. Appare interessante pensare ad un percorso di formazione ed educazione alla creatività in grado di offrire agli studenti la possibilità di acquisire le conoscenze necessarie per individuare le differenze tra diritto d’autore e copyright. Muovendo le azioni comunicative sulla base dell’equazione educare uguale prevenire. Ma soprattutto è necessario sensibilizzare i giovani riaffermando quei principi che regolano la proprietà intellettuale e, al tempo stesso, giungere a forme di tutela aperte nella gestione del diritto d’autore, forme di licenze alternative che il sistema non può ignorare. Come è emerso dalla nostra ricerca sono proprio i giovani ad utilizzare le molteplici forme di “downloading” a causa di una scarsissima conoscenza del tema e delle sue declinazioni. Al contrario utilizzando la metodologia della formazione è possibile riflettere insieme agli studenti universitari sulle radici positive antropologiche, filosofiche e giuridiche della proprietà intellettuale, e poi comprendere come il concetto di proprietà si sia evoluto e fornire, in seguito, gli strumenti del pensiero critico anche per comprendere che cosa realmente ci sia dietro questa comunicazione di demonizzazione estrema dell’autorialità, del diritto d’autore. Ad esempio, la prof.ssa Messinetti nelle sue lezioni: 207 riflette con gli studenti sulle origini della nostra identità giuridica dove è molto difficile parlare di una libertà senza proprietà, in fondo la proprietà e il diritto d’autore c’entra in questo senso come proprietà intellettuale. Si tratta del modello concettuale che noi abbiamo utilizzato per costruire la tutela del diritto e quindi per costruire la tutela dell’individuo e per costruire la tutela della persona, noi non abbiamo esperienza e il mondo non mi sembra che ci aiuti a trovare esperienze alternative, né di una libertà senza diritto, né tantomeno di una libertà senza proprietà. Il diritto di proprietà ha avuto la sua funzione straordinaria e rivoluzionaria con la rivoluzione francese, consentendo proprio la transizione da un modello feudale ed organizzato per status dei rapporti socioeconomici al sistema che conosciamo oggi. Ciò è necessario per offrire agli studenti gli strumenti per decriptare le trasformazione che stanno coinvolgendo il mercato culturale: per dare gli strumenti per comprendere che se il capitalismo finanziario che altro non fa se non subordinare tutto alla produzione del denaro, si appropria del mondo culturale. Alla persona libera e al cittadino democratico che sceglie e forma la sua opinione liberamente si sostituisce un consumatore che al massimo potrà scegliere i prodotti culturali attraverso i meccanismi della comunicazione pubblicitaria e consumarli. Al contrario, fornire un sapere critico ai studenti universitari, come accade in modo sperimentale nei corsi della prof.ssa Messinetti, serve per far capire quanto in realtà il diritto d’autore rappresenti una protezione ragionevolmente equilibrata e costituzionalmente corretta in quanto da un lato affonda le radici in quella che è la nostra identità per cui non esiste libertà senza diritto e non esiste una libertà senza proprietà, e dall’altro lato, come ci dice ancora la Messinetti: faccia anche capire che diritto a tutelare in maniera equilibrata e ragionevole il diritto d’autore significa anche salvaguardare la possibilità di una cultura indipendente dal capitalismo finanziario dai meccanismi del denaro, cioè consentire alla persona di sviluppare la propria personalità liberamente e al cittadino democratico di fare le proprie scelte in maniera consapevole ed effettiva così come la Costituzione chiede. Un diritto d’autore importante, centrale, fondamentale per evitare che al cittadino democratico e consapevole venga sostituito un consumatore di prodotti culturali preconfezionati da altri. Solo nella cooperazione creativa e partecipativa di formazione e comunicazione si può ipotizzare il diffondersi di una consapevolezza critica in merito agli aspetti critici e problematici del diritto d’autore. 208 Spesso lo spot, la comunicazione pubblicitaria da sola non basta. Negli ultimi anni, ad esempio, nelle sale cinematografiche le proiezioni vengono anticipate da uno spot antipirateria che si conclude in questo modo: “scaricare film piratati da Internet è come rubare. Rubare è contro la legge”. Eppure l’equiparazione tra file sharing e furto non sembra essere convincente per il consumatore medio. E ancor meno per il giovane studente. L’industria pubblicitaria ha recepito rapidamente il comune sentire nei confronti del file sharing ma lo ha raccontato utilizzando un immaginario negativo, minaccioso e controproducente. Non sarebbe più efficace,come dice Rondoni, immaginare una comunicazione che coinvolga lo spettatore in modo positivo? Vuoi essere pagato per una buona idea? Tu, se hai una buona idea vuoi essere pagato per questo? Per una buona composizione, un buono pezzo musicale? Se tutti dicono di si allora credo che si ponga il problema di come si fa a fare questo. O ancora, come afferma la Molinari, uno spot può costruirsi narrativamente: facendo capire come vive l’artista, come vive l’autore, e facendo capire che se l’autore può vivere di quello che scrive e può andare avanti, continua a scrivere altrimenti si blocca un’intera industria, quella degli scrittori e degli autori. Forse, facendo capire questo alle persone, si responsabilizzerebbero più le masse ad acquistare più che a scaricare o a prendere illegalmente del materiale di qualsiasi tipo. Io parlo di musica ma lo stesso vale per gli scrittori e per il film. Ed ecco che con un cambio di prospettiva, di punto di vista è possibile individuare un nuovo e differente modo di comunicare il diritto d’autore. Secondo la Ercolani: nel campo della comunicazione del diritto d’autore sono stati fatti tantissimi tentativi, alcuni molto carini, devo dire c’è un video fatto dall’UNESCO con un famosissimo mimo, o ci sono degli spot fatti dalla società britannica che fanno vedere un mondo senza musica, perché nel momento in cui non c’è l’autore ha finito di esserci anche la musica. Sembrerebbe però che gli spot non abbiano il respiro sufficiente per spiegare e raccontare qualcosa di più. Di evidenziare che, ad esempio, ciascuno di noi può diventare autore e produttore di testi mediali. Soggetti privati e non professionisti che, come si è detto, possono creare e diffondere in rete opere creative che spesso possono raggiungere livelli di qualità e utilizzabilità molto elevati. Gli attuali user vivono ormai perfettamente ambientati nello 209 scenario del Web 2.0 dove applicazioni come Flickr, MySpace, YouTube, Facebook, Wikipedia ecc, permettono di essere contemporaneamente produttori e consumatori. In tal senso i ragazzi e i giovani adulti possono comprendere la tutela del diritto d’autore solo se, per prima cosa, sono essi stessi autori. Se avessimo scuole e università dove viene incentivata la creatività e l’espressione creativa da parte degli studenti, probabilmente quegli stessi studenti si renderebbero conto meglio del perché una canzone una volta creata, cantata, organizzata e incisa, non necessariamente possa andare in giro gratuitamente senza aver mai la possibilità di rientrare delle spese affrontate o essere remunerato dell’impegno che quella canzone ha richiesto. Come afferma ancora la Ercolani: un discorso di rispetto del diritto d’autore parte anche dalla capacità di valorizzazione di un patrimonio di creatività e dell’incremento di un patrimonio di creatività, in realtà questo discorso purtroppo secondo me in Italia non si fa. Quello che manca, non solo nel settore del diritto d’autore, è la volontà di incentivare i talenti, perché ci sono; perché poi sono un fenomeno di natura, ringraziando il cielo e quindi ci sono, probabilmente si capirebbe il senso del diritto d’autore se il diritto d’autore servisse sempre di più, o come è servito in altre epoche, anche negli anni 60 o 70 (oggi molto meno) a trovare nuove forme espressive, nuovi talenti, la capacità di interpretare il tempo, la contemporaneità. Io mi spavento sempre quando vedo che tra le canzoni più scaricate da i Tunes o tra i dischi più venduti una decina di anni fa ci sono ancora le canzoni dei Beatles che a me piacciono moltissimo ma sono della mia epoca, il che non suona esattamente contemporaneo purtroppo. Così come è necessario separarsi dall’idea che il diritto d’autore valga solo ed esclusivamente per il vitalizio che da questo deriva. Al contrario come afferma Talanca: il diritto d’autore è un qualcosa che va oltre, che ci difende dell’omologazione imperante. Questa deve essere la filosofia del diritto d’autore, purtroppo è un’informazione del genere che non passa all’interno dei media generalisti ma nemmeno all’interno di internet e delle rete. Proprio la rete, i social network, i blog possono rappresentare un ulteriore strumento di sensibilizzazione alla tematica del diritto d’autore. Creativi, immediati, attivi sono i nuovi soggetti consumatori mentre il sistema mediale rappresenta l’unica colonna sonora del mutamento. In tale scenario come afferma la Maraini: gli strumenti tecnologici sono degli strumenti, non bisogna dimenticarlo, non devono diventare dei feticci, quindi possono essere usati in maniera equilibrata, in maniera savia, in 210 maniera intelligente, sta a noi. Se noi ad un certo punto protestiamo contro un uso mortificante, contro un uso reificante dello strumento tecnologico, lo possiamo modificare, perché la tecnologia, io ci credo nella tecnologia, credo che abbia delle grandissime possibilità, però bisogna utilizzarla bene, in maniera umanistica e non in maniera feticistica. Pertanto, le istituzioni dovrebbero cogliere le potenzialità delle tecnologie della comunicazione e il passaggio ad una situazione in cui la connettività di rete è ubiqua e accessibile; un entità estensibile a piacere. Immergersi pienamente in questo nuovo tipo di spazio dove “la comunicazione avviene” ininterrottamente e il tempo assume le forme contratte e intensificate proprie del multitasking177. Perché, viene da chiedersi, le comunicazioni istituzionali sul diritto d’autore non iniziano a sfruttare la cultura convergente? Servirsi delle possibilità offerte dalla comunicazione integrata “a due vie”, download e upload, ricezione e trasmissione, che caratterizza la rete e in generale le tecnologie ICT per formare alla cultura del diritto d’autore e ad una nuova sensibilità convergente. Sono necessari gesti concreti perché se ci si abitua a fruire gratuitamente di qualunque prodotto della cultura è evidente che chi quel prodotto lo cura, fa poi fatica a mantenersi; magari dovrà mettersi sotto la protezione di qualche mecenate e questo potrebbe portare al rischio di una privatizzazione della cultura. Come afferma il collettivo Wu Ming: credo che si debbano mettere in piedi dei progetti, ad esempio fare in modo che l’e-book sia un oggetto digitale appetibile con dei contenuti differenti rispetto al libro cartaceo, con dei contenuti interessanti che uno non troverebbe su carta, e con un prezzo giusto, giustificato. Le proposte che ho sentito fare nel mondo dell’editoria rispetto ai libri digitali, cioè che vengono venduti ad un prezzo che si aggira sui dieci euro, mi sembra vadano in questa direzione. In effetti, questa modalità è già comunicazione. Ed è, al tempo stesso, formazione. La rete, pertanto, deve essere considerata amica della diffusione della cultura del diritto d’autore. E lo può essere ancor di più se gli esperimenti creativi e divertenti realizzati attraverso YouTube, ad esempio, possono servire per far conoscere le peculiarità e i processi che coinvolgono l’idea di soggettività creativa. Non dimentichiamoci che il file sharing, ad esempio, è stato utilizzato anche come struttura utile per progetti scientifici e di ricerca che non avrebbero mai potuto vedere la luce senza l’aiuto di questa nuova tecnologia. Lo scambio di file tramite le reti P2P è sicuramente un 177 A. Marinelli, Multitasking generation. Contrazione del tempo e dislocazione dell’attenzione, in In-Formazione. Studi e ricerche su giovani, media e formazione, n.4, 2009, Falzea Editore. 211 mezzo innovativo il cui uso ha dimostrato di portare vantaggi indiscussi alla scienza e alla cultura in generale. Internet ha mostrato di essere un mezzo innovativo per distribuire e condividere file e ha evidenziato che molti giovani artisti non sono spinti dalla volontà di guadagno ma dalla necessità di comunicare. E allora perché non utilizzare strategicamente le tecnologie per diffondere la tutela dell’autorialità? 5.5.Verso un nuovo equilibrio? Come è emerso dall’analisi presentata in queste pagine, non esistono formule magiche per inventare un compromesso, per trovare un nuovo equilibrio tra gli interessi dei molti e dei pochi e ogni soluzione proposta, letta ed elaborata va valutata con attenzione e nella sua dimensione sia tecnica che sociale. I consumatori digitali amano la rete libera e gratuita. Questo è un dato di fatto. I soggetti che agiscono sulla rete o che la subiscono come una necessità inevitabile, desidererebbero una rete a pagamento con servizi monetarizzati. I content provider forse non amano la rete. La classe politica non ha ancora compreso appieno il valore e l’importanza dell’accesso aperto e pieno alle informazioni e ai dati di interesse generale. Come si legge lo scenario sembra davvero abbastanza contradditorio e complesso e non pare possibile (o peggio non si vuole) trovare o individuare una via d’uscita. Superare le tutele restrittive del diritto d’autore può rappresentare un beneficio per la società? È possibile raggiungere un nuovo equilibrio tra il diritto d’autore, il diritto esclusivo che il titolare detiene sulle proprie opere e quella che è la libertà d’accesso all’informazione e alla conoscenza? Secondo i professionisti intervistati si giungerà, prima o poi, ad un nuovo sistema integrato di tutele e libere utilizzazioni, di diritti e forme inedite di diffusione delle informazioni e della cultura. La strada da percorrere è quella di proporre una valida alternativa che rappresenti un punto di equilibrio tra i diversi interessi in gioco e che garantisca i giusti diritti ai soggetti interessati e sia promotrice al contempo di una più ampia e libera circolazione dei saperi. Come ha detto la Benintende: internet può aiutare la cultura a diffondersi. Negli ultimi dieci anni anche soltanto pensare alla diffusione delle informazioni, parliamo della memoria scritta, dei libri, del cartaceo, delle riviste e di tutta la documentazione che vive su supporto cartaceo pensare che fino a venti anni fa chiunque avesse necessità di un libro, di un volume, di una rivista doveva alzarsi, uscire di casa e andare in biblioteca mentre da pochissimo grazie ai progetti di biblioteca digitale e di digitalizzazione di massa è il libro che va a casa dell’utente: questa è una rivoluzione. Come dire che Internet non ci ha potuti aiutare. È nella radice, nella ragione stessa della cosa. Che poi ci siano una serie di mode veicolate da Internet nel mondo della 212 cultura che alcune delle quali attecchiscono e altre no questo è anche indubbio. Noi oggi non sappiano se la moda dell’ipod o dell’ipad continueranno tra venti o trent’anni. Molte delle biblioteche italiane si stanno già adeguando: ad esempio, se fino a qualche anno fa si prestavano libri o riviste, ovviamente fuori dai diritti d’autore, perché siamo nel campo del pubblico dominio in questo caso, su supporto cartaceo. Il libro usciva dalla biblioteca che lo consegnava all’utente che lo utilizzava per i 15 giorni e poi lo riportava adesso diverse biblioteche stanno utilizzando il prestito tramite e book. Senza dubbio la disciplina attuale della proprietà intellettuale si mostra fortemente rigida e poco adattabile al nuovo contesto e si avverte da più parti la necessità di costruire un modello alternativo di gestione dei diritti d’autore. Il diritto d’autore è anacronistico e nel tempo attuale deve far fronte a: accesso libero e gratuito ai contenuti; superamento dei modelli classici di mercato; pirateria dei contenuti e file sharing. Il caso delle licenze Creative Commons, ad esempio, rappresentano un diritto d’autore flessibile. Si tratta di una corporation non-profit registrata in Massachusetts ma di casa presso la Stanford University. Il suo obiettivo è realizzare un livello di copyright ragionevole, al di là degli estremi che regnano oggi. Essa cerca di facilitare la creazione di opere sulla base di lavori altrui, rendendo semplice agli autori sostenere che altri siano liberi di attingere al loro lavoro e di creare su di esso. Tutto grazie a semplici tag [nel codice HTML], legati a descrizioni che le persone possono leggere e vincolati a licenze a prova di bomba. Semplice non vuol dire senza mediatori o senza avvocati. Sviluppando una serie di licenze libere che la gente può vincolare ai propri contenuti, le Creative Commons puntano ad etichettare una gamma di materiali su cui sia possibile costruire in modo facile e affidabile. Questi tag, o contrassegni, vengono poi collegati alle versioni delle licenze che il computer è in grado di leggere e che gli permettono di identificare automaticamente il contenuto per cui è possibile la condivisione. L'insieme di questi tre elementi - una licenza legale, una descrizione che le persone possono leggere e tag che la macchina può leggere costituiscono una licenza Creative Commons. La quale rappresenta una garanzia per la libertà di chiunque vi abbia accesso e, cosa più importante, un'espressione del fatto che la persona associata a quella licenza crede in qualcosa di diverso dagli estremi del “tutto” o “niente”. Il contenuto viene contrassegnato dal marchio CC, che non sta a significare l'eliminazione del copyright, ma la concessione di determinate libertà178. Come afferma la Messinetti: 178 L. Lessig, op. cit., 2005. 213 non sono una soluzione del problema perché condividono la logica del diritto d’autore, cioè il principio è sempre l’autorizzazione dell’autore, è sempre il consenso del titolare del diritto, quindi vanno benissimo, dimostrano appunto come sia possibile trarre profitto in maniera diversa da quella che tradizionalmente ci viene presentata, dall’utilizzazione dell’opera dell’ingegno, però sicuramente non è una via rivoluzionaria come quella di limitare il diritto di proprietà e il potere contrattuale dell’autore, perché passa sempre attraverso il consenso. In tal modo l’autore opera alcune scelte ben precise in quanto può selezionare una licenza che consenta qualsiasi utilizzo, purché venga dichiarata la paternità; può scegliere una licenza che permetta esclusivamente l’uso non commerciale o l’utilizzo di estratti parziali senza ricavarne copie integrali; può optare per una che consenta qualsiasi uso escludendo quello derivato; o infine, che accordi qualunque utilizzo in campo didattico. L’obiettivo delle Creative Commons è quello di dare vita a un movimento di “gestori di contenuti” che contribuisca alla costruzione del pubblico dominio e, con il loro impegno, ne dimostrino l'importanza per la creatività altrui. Come si può agevolmente notare, esse costituiscono uno strumento particolarmente flessibile: il titolare dei diritti riservati su un’opera audiovisiva può utilizzare la licenza più restrittiva CC-by-nc-nd, in base alla quale per gli utenti è possibile liberamente condividere l’opera a condizione di menzionare la paternità dell’autore, senza facoltà di rielaborarla o utilizzarla per fini commerciali; oppure può distribuire l’opera in base alla licenza CC-by, consentendo all’utente di utilizzarla, ridistribuirla e modificarla, sia per finalità commerciali che non. Senza dubbio, tali licenze si configurano come uno strumento di gestione dei diritti sulle opere dell’ingegno, alternativo, innovativo e, anche, giuridicamente riconosciuto179. Se è vero che sono necessarie nuove regole con libertà differenti, le Creative Commons offrono una modalità efficace per iniziare a costruire queste regole. Il collettivo Wu Ming ha dichiarato che: con le Creative Commons si riescono a conciliare tutti questi diritti, diritto della comunità ad avere accesso alla sua cultura in maniera gratuita, il diritto all’autore, in quanto filtro di questi materiali culturali, ad essere retribuito per il lavoro che fa, e di un eventuale editore che trasformi questo lavoro in una forma concreta, in un oggetto che può essere il libro, che può essere un oggetto di un altro genere, a essere anche lui a percepire un ritorno dall’investimento che viene fatto. 179 E. De Tullio, (a cura di), La ricchezza intangibile. Proprietà intellettuale e competitività del settore audiovisivo, Zone –Rai Eri, Roma, 2011. 214 L’autore può graduare la libertà di utilizzo dell’opera, chiarendone le condizioni. Ultimamente, poi, si sono diffuse ulteriori forme di licenze come il digital code: sistema di metadati che agevola la diffusione e il riconoscimento dell’opera in formato digitale; il common deed: condensa in poche parole il senso pratico e giuridico della licenza e il legal code: rappresenta la licenza vera e propria che fa testo giuridicamente. Una chiave di volta di nuove ed inedite politiche pubbliche “aperte”, “mobili” e realmente europee potrebbe consistere proprio nell’ampliamento dei diritti connessi e delle forme anticipate e forfettarie di equo compenso per gli autori e il potenziamento del ruolo e della funzione pubblica di garanzia della Siae, sia pure in una prospettiva di forte modernizzazione e di partecipazione, l’estensione delle possibili licenze multimediali, la pratica intelligente del “fair use” e dei “common contents”, la capacità di predisporre congegni di apertura sociale e di condivisione che muovano dall’individuazione di nuove figure di autore (nel cinema e nella televisione in primo luogo, ma anche nella editoria tradizionale e multimediale) e la possibilità di sfruttare fino in fondo le opportunità che offrono la rete e le nuove tecnologie della comunicazione multimediale e convergente per diffondere in modo globale i contenuti180. La disposizione, ad esempio, stabilisce che, in deroga alle previsioni della section 106, il fair use di un’opera protetta da copyright – compresa la riproduzione in copie dell’opera stessa, per finalità critica, recensione, informazione, insegnamento, studio e ricerca – non costituisce una violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Il file sharing, probabilmente, è tra i fenomeni della società dell’informazione quello che più di tutti ha inciso sul diritto d'autore. Con questo termine - che letteralmente significa "condivisione di file" - s'intende un particolare sistema di interconnessione telematica fra i computer dei singoli utenti. Come afferma la Benintende: il file sharing è una delle categorie di utilizzo di Internet per conoscere, per informarsi e purtroppo anche per godere dei frutti del famoso ingegno umano molto cliccata e a cui si ricorre molto. Una pratica che trova la sua origine nelle BBS, o Bulletin Board System: un’interfaccia testuale che, tramite un software, permette agli utenti di connettervi sfruttando la linea telefonica e utilizzando forme di condivisione centralizzate, ovvero passanti per un server centrale. Sistemi già presenti negli anni Settanta ma che raggiungono la forma moderna con la nascita del formato di compressione mp3. Nei primi mesi del 1999, Shawn Fanning crea un software per il file sharing dell’era di Internet. Nasce Napster181. 180 G. Corasaniti, Prospettive di rinnovamento della Legge sul diritto d’autore, in DigItalia: rivista del digitale nei beni culturali, Edizioni 0-2, 2005. 181 Napster utilizzava un sistema di server centrali che mantenevano la lista dei sistemi connessi e dei file condivisi, mentre le transazioni vere e proprie avvenivano direttamente tra i vari utenti. Si calcola che alla fine del 215 Non si deve dimenticare, poi, che il download gratuito il più delle volte favorisce la vendita del prodotto culturale, crea interesse, rappresenta un valido passaparola oltre che una scintillante vetrina sociale. Nel 2004 Felix Oberholzer e Koleman Strumpf, docenti all’Harvard Business School ed alla University of North Carolina, pubblicarono una ricerca in cui stimavano l’influenza della pirateria sulla discografia uguale a zero182. I due studiosi, oltre ad affermare che sarebbe stato necessario scaricare oltre 5000 brani per influire negativamente sulle vendite di una sola copia di un Cd, ipotizzarono anche alcuni effetti positivi per artisti di maggior successo. Tale dato si sposa perfettamente con la tesi per cui gli utenti scaricherebbero prevalentemente musica che comunque non comprerebbero o canzoni utili per decidere l’eventuale acquisto di un album. In tale studio erano, infine, sottolineate le potenzialità promozionali del file sharing che, senza dubbio, permetteva e permette ai naviganti di avvicinarsi a musiche altrimenti sconosciute183. Eppure secondo il decreto Urbani scaricare, utilizzare o ancora peggio condividere opere protette da copyright con programmi di file sharing è di sicuro un reato. Pertanto lo scambio di opere protette come avviene tecnicamente nella maggior parte dei sistemi di file sharing sarebbe ricaduto nelle sanzioni penali, poiché i sistemi di condivisione di file più diffusi utilizzano reti peer to peer nelle quali ciascun nodo (utente) è al tempo stesso client (un downloader che scarica) e server (un uploader che condivide). Inoltre, l’applicazione del decreto Urbani e la criminalizzazione della tecnologia peer to peer sono state intese da molti come un freno dell’espansione della banda larga in Italia. Senza dubbio il file sharing crea enorme danno al mercato regolare, perché non esiste al mondo una concorrenza che si possa fare in modo gratuito, eppure come sostiene la Ercolani: esito sempre a definire il filesharing come furto, che è la definizione classica che danno i discografici, per vari motivi. Uno è anche di gioco perché ho sperimentato direttamente: un giorno ho visto una quantità di file scaricati sul computer di mio figlio, che erano tutte le sigle dei cartoni animati degli anni 70, e lui mi ha detto “ ah si però io non li sento ma sai erano i cartoni animati che vedevo da piccolo”, allora diciamo è vero si forse è un furto, ma è evidente che mai sarebbe andato a comprare un disco con tutte le sigle dei cartoni animati da piccolo, per cui non tutto il filesharing rappresenta una mancata vendita. E ancora la Benintende: 2000 gli utenti fossero circa settantacinque milioni. E già dalla fine del 1999 le major discografiche intrapresero azioni collettive di giudizio per condannare Napster. Il giudice, nel luglio del 2001, ne ordinò la chiusura totale a causa delle ripetute violazioni di copyright. 182 I risultati della ricerca “The effect of file Sharing on record Sales. An Empirical Analysis” sono consultabili all’indirizzo www.unc.edu. 183 Cfr. Mirabella M., Lo spettatore vitruviano. Appunti per migliori visioni, Armando Editore, 2011. 216 Il file sharing è uno strumento fantastico per condividere documenti e informazioni ma dobbiamo dire quali sono i problemi e le difficoltà e ce ne son tre primarie che nell’ambiente giuridico di attuazione della normativa sul diritto d’autore ci poniamo e contro cui sbattiamo quotidianamente. 1. Il conflitto del file sharing e del contrasto al file sharing con le libertà fondamentali. 2. La non percezione da parte dell’utente dell’illeceità di quello che sta facendo, dello scarico con file sharing. 3. L’inesistenza nel file sharing di seconda generazione di sistemi generalizzati, centralizzati su cui poter intervenire con la sanzione. In primo luogo, in tutte le convenzioni internazionali e in tutte le carte costituzionali dei paesi democratici il file sharing è considerato un diritto fondamentale. Nella nostra carta costituzionale l’articolo 15 sostiene la libertà di espressione e di accesso alla cultura e all’informazione e l’articolo 21 sancisce la inviolabilità delle corrispondenze private e di ogni altra forma di comunicazione. Tali diritti fondamentali possono essere violati quando danneggiano diritti di pari forza giuridica e il diritto d’autore non è un diritto fondamentale. In secondo luogo, scambiare file è comodo, facile, economico. Il file sharing rappresenta una rete formata da una molteplicità di soggetti che scaricano in maniera diversificata e non sempre per un utilizzo massiccio delle documentazioni, ma periodico, soltanto una tantum in modiche quantità. Altra cosa è ovviamente il soggetto che scarica per pirateria, quindi criptando i dati, non rendendosi riconoscibile per i riscontri che sono necessari scaricando enormi quantità di dati a fini di profitto. Nonostante le iniziative delle major e l’affermazione di operatori innovativi e rispettosi dei diritti d’autore, la condivisione rimane molto popolare. Il fenomeno continua a crescere, anche se la minaccia di azioni legali ha portato recentemente alla chiusura di operatori come BearShare, WinMX e i2Hub. Ma bloccare ed eliminare il filesharing cosi come oggi li si conosce ed utilizza è praticamente impossibile. La possibilità, poi, di non passare più da un server centrale che gestisce i trasferimenti rende quasi inattuabile la possibilità di individuare le violazioni del copyright e tenere sotto controllo reti di scambio risulterebbe incredibilmente difficoltoso in quanto le leggi sul diritto d’autore sono diversificate nei diversi Paesi. Ma anche servizi legali, come YouTube, hanno sollevato perplessità e critiche in merito a supposte violazioni del diritto d’autore. Si pensi alla controversia intercorsa nel 2009 tra Mediaset e Google avente come oggetto la presenza non autorizzata di una serie di filmati del Grande Fratello, reality show di proprietà di Mediaset. Il gruppo del Biscione ha richiesto di rimuovere dal portale tutti i contenuti della trasmissione e il giudice, con ordinanza 15 dicembre 2009, ha accolto tali richieste dichiarando che il provider va considerato 217 responsabile laddove non si limiti a fornire la connettività alla rete, ma eroghi anche servizi aggiuntivi (come hosting) che lo rende consapevole della presenza di contenuti illeciti. In linea di principio, è molto semplice connettersi ad un servizio del genere e mostrare, o caricare, materiale protetto da diritto d’autore. You Tube stessa, ad esempio, si impegna unicamente a rimuovere materiale illegale dalle proprie pagine, nel caso in cui vengano notificate violazioni del diritto d’autore. Per rafforzare la propria posizione, You Tube non permette il download dei file, ma solamente lo streaming184. Questo rappresenta la possibilità di fruire di un contenuto multimediale (audio o video) attraverso Internet, sia esso archiviato su un server o trasmesso in diretta. Il flusso video è riprodotto da un programma multimediale detto media player. Come ha dichiarato la Messinetti: penso che il diritto possiede tutti gli strumenti per guardare con favore a questo fenomeno e per bilanciare tranquillamente la tutela del diritto d’autore con la libera circolazione della cultura, un atteggiamento ragionevole che ricordi che non siamo un ordinamento liberista. Se appare necessario produrre leggi per regolamentare lo sviluppo di cultura libera e aperta al tempo stesso, come già qualche anno fa preconizzava Rifkin, la nostra società sta rapidamente abbandonando la logica proprietaria, su cui è stata fondata, per diventare società dell’accesso (ad informazioni, servizi, opere dell’ingegno, dati). È evidente che quanto si trova in Internet, essendo più accessibile, apparirà di più, sarà meglio da tutti percepito, e dunque, in definitiva, “esisterà di più”185. Le nuove tecnologie, pertanto, mettono profondamente in discussione uno dei principi fondamentali del diritto d’autore, quello di “territorialità” in base al quale la tutela è affidata alla legge in vigore nel luogo in cui l'opera è destinata a essere divulgata o commercializzata. Nel cyberspazio l'opera perde qualsiasi caratteristica spaziale, appunto. Siamo profondamente immersi in un’era in cui l’informazione è vissuta ma non posseduta, è diffusa ma non comunemente distribuita, ma soprattutto è riproponibile in nuove forme dotate di autonomia. È questa l’era digitale. L’epoca dell’abbondanza. I saperi e le conoscenze sono come Lego che smonti, trasporti e ricomponi. A tal proposito nel finale dell’intervista è chiesto ai nostri professionisti quali azioni legislative e culturali avrebbero messo in campo nel caso in cui svolgessero il compito di Ministro per i Beni e le attività culturali (autorità preposta a regolamentare l’ambito dei diritti d’autore). A partire da Soriga che non vorrebbe mai essere ministro: 184 A. Preta, Economia dei contenuti: l'industria dei media e la rivoluzione digitale, Vita e Pensiero, Milano, 2007. J. Rifkin, The Age of Access, New York, 2000, pubblicato in italiano con il titolo L’era dell’accesso, Milano, 2000, 6-7, sostiene che nella nuova era i mercati tradizionali cederanno il passo alle reti e il diritto di proprietà sarà progressivamente sostituito dal diritto di accesso. Ciò perché, «nella new economy sono le idee, i concetti, le immagini – non le cose – i componenti fondamentali del valore». 185 218 credo che si possano fare tante cose in questo paese per educare la gente al fatto che chi fa fiction, artigianato artistico o arte in campo culturale, dello spettacolo o dell’intrattenimento, ha il normale diritto di veder riconosciuto questo lavoro, ma non credo che questo sia molto chiaro a chi ci governa in questo. Chi ci governa in questo momento crede che l’arte, la cultura, addirittura la formazione, anche lo studiare fisica sia una cosa da fighetti che non danno niente alla società, perché studiare se si possono costruire ottime scarpe come si fa in Italia, è ovvio che in questo contesto finché c’è quest’idea a governare in questo paese, questi discorsi sono molto velleitari […] direi che scaricare illegalmente è l’ultimo dei problemi di questo paese, riguardo la cultura e la realizzazione artistica. Dello stesso parere anche Talanca che nell’intervista che ci ha rilasciato ha sottolineato l’indignazione che proverebbe come Ministro se un collega gli dicesse che con la “Divina Commedia” non si mangia e non ci si può fare un panino. Anche se non è facile occuparsi istituzionalmente di diritto d’autore, un’azione, ad esempio, Talanca la farebbe: non far ricadere sugli autori minori i diritti degli autori maggiori, mi spiego meglio: non si dovrebbe in nessun caso anteporre i diritti aziendali a quelli che sono i diritti, in realtà, artistici e della singola opera. Questo credo che si debba fare, si debba poter fare e soprattutto se lo si fa a livello istituzionale si riesce a dare anche l’esempio, perché poi, chiaramente, quello che funziona per il meccanismo superiore va automaticamente a riversarsi nell’istituzione inferiore. Ugualmente appare urgente e necessaria da parte governativa una sensibilizzazione integrata e convergente nei confronti delle tutele degli autori che può partire dalle scuole, ad esempio, e si potrebbe ipotizzare una collaborazione tra il Ministero e le scuole attraverso l’ideazione di una campagna di comunicazione sul senso e sulle motivazioni del principio di legalità. Come afferma la Messinetti: ciò che farei nelle scuole è riflettere con i ragazzi su ciò che significa essere cittadini di uno Stato Costituzionale e quindi su che cosa hanno significato anche storicamente le forme di libertà che questo ordinamento giuridico è riuscito a elaborare, solo in questo modo si possono fare delle scelte consapevoli, non soltanto rispetto al file-sharing, che è anche un fenomeno interessante e carino per quanto mi riguarda, ma rispetto ad ogni forma di esercizio dei diritti di cittadinanza. 219 Una strada percorribile sembra essere, senza dubbio, quella della sensibilizzazione, della formazione e della collaborazione tra tutti i soggetti interessati. È opportuno adeguarsi ai tempi rispettando tutti gli attori in campo, comprendendo bene quali sono i fenomeni e le tendenze tecnologiche. Nulla è ancora scritto o definito ma si può partire, ad esempio, dal riequilibrio tra cultura della gratuità e della legalità. Se è vero come ha affermato la Molinari: il problema è proprio internet perché scaricando la musica non si paga automaticamente il diritto d’autore, è come andare in un negozio e prendere una qualsiasi cosa e non pagarla. Forse si dovrebbe sfruttare meglio internet e trovare comunque un modo per pagare gli autori. In realtà, l’infinito ed affascinante mondo della rete non è del tutto gratuito. Se è vero che i contenuti pirati lo sono, bisognerà pure che gli utenti del P2P paghino gli abbonamenti per navigare ad alta velocità. I film gratuiti e i file di musica rappresentano vetrine di fascinazione per spingere il comune utente verso le molteplici forme di abbonamento. Esiste quello che gli economisti definiscono “effetto rete”: alcuni beni o servizi sono tanto più utili ai consumatori quanto più questi sono numerosi186. Denis Olivennes ha dedicato al tema un pamphlet che ha intitolato, con una rielaborazione delle più conosciute affermazioni proudhoniane, “La grutuité c’est le vol”: la gratuità, dice, è un furto, compiuto in rete in nome di un culto che contrappone la libertà e il progresso all’avidità del mondo commerciale. Secondo l’autore, la battaglia per il consumo libero dei contenuti on line è sostenuta da una “Santa Alleanza” in cui i contestatori del capitalismo vanno a braccetto con i sostenitori dell’assolutismo di mercato. E afferma che il download di contenuti protetti non sottende necessariamente il proposito di rifiutare la società dei consumi187. È la pirateria che sta uccidendo la cultura, sostiene Olivennes, e nonostante le utopie della condivisione del cyberspazio arricchisce gli operatori della Rete e i fabbricanti dei software. Come possiamo notare sono contrastanti e contrapposte le interpretazioni in merito alla gratuità o meno della rete e alla diffusione libera e aperta della cultura e delle informazioni. Siamo, però, consapevoli che indietro non si torna e che in qualche modo bisogna adeguare la normativa ai nuovi e sempre più affascinanti dispositivi mediali e culturali. Non esistono ovviamente formule magiche ma ogni proposta va verificata in concreto, anche nella sua dimensione tecnica. 186 O. Bomsel, A. G. Geoffry, Le biens culturels a l’heure d’Internet, in “Alternatives économiques”, 234, marzo 2005. 187 D. Olivennes, La gratuità è un furto. Quando la pirateria uccide la cultura, Libri Scheiwiller, 2008. 220 Rondoni, ad esempio, vorrebbe addirittura abolire il diritto d’autore lasciando libero l’autore di scegliere quale strada percorrere e in che modo ottenere la giusta ricompensa per il lavoro creativo. Credo che un autore possa trovare degli accordi con il proprio editore e con chi, come dire, diffonde la sua opera tale che li permettano di vivere. Ma forse abolirei il concetto in generale normativo del diritto d’autore, lasciando libero ciascuno di dire “vuoi pubblicare il mio libro? Mi dai dei soldi? E viceversa. Senza fissare come un concetto un po’ astratto di diritto d’autore, che è anche difficilmente racchiudibile. L’abolirei come diritto e lo farei rientrare come uno che gli dai 5 euro per una fetta di prosciutto, ad un autore gli dai 5 euro per ogni 10 pagine scritte. Se quel prosciutto è buono, se 10 parole sono buone e vengono diffuse, questo è un bene per tutti. Iniziative che semplificherebbero le azioni di tutela e liberebbero la condivisione e il mercato. Così come, secondo il collettivo Wu Ming, si dovrebbero depenalizzare i reati legati alla pirateria e al file sharing e poi vorrebbero che venisse data al Ministero per i Beni e le attività culturali una percentuale della Finanziaria come quella che viene data in Francia o in Germania. Inoltre: credo che una risposta che potrebbe arrivare dal mondo culturale: una maggiore presenza sul territorio, quindi tanto più la cultura si digitalizza, tanto più gli scrittori, attori, musicisti devono, come diciamo noi Wu Ming, tenere il cuore in strada, incontrare direttamente il pubblico, fare spettacoli, confrontarsi in conferenze, assemblee, letture e quanto altro, quindi io potenzierei molto questo aspetto dando la possibilità, per esempio, di organizzare festival. C’è stata una drastica riduzione dopo che erano esplosi negli anni scorsi, ora si stanno molto contraendo iniziative di questo genere. E poi a livello del diritto d’autore credo che per il momento vada lasciata la scelta al singolo autore, il singolo autore pensa che le sue opere e il suo lavoro possano ricevere un aiuto dal fatto di privatizzarne la fruizione, penso che debba comunque essere libero di farlo. Una interessante soluzione, poi, consisterebbe nel diminuire drasticamente il numero di anni nel quale è possibile mantenere o usufruire del diritto d’autore. Come afferma ancora il collettivo Wu Ming: farei in modo che comunque le opere entrino nel pubblico dominio molto prima, oggi assistiamo a casi di figli e nipoti che vivono dei diritti d’autore dei padri anche cinquant’anni dopo della morte degli stessi. Questo sinceramente mi sembra inutile, perché se appunto 221 come dicevamo prima il diritto d’autore ha il suo senso del fatto di fornire il sostentamento ai progetti di un artista, nel momento in cui quei progetti in qualche modo sono stati fatti, sono passati ed è passato un po’ di tempo in un certo modo l’artista è rientrato del tempo che ci ha messo per metterlo in atto, penso che a quel punto debbano diventare totalmente di dominio pubblico anche per quegli artisti che vorrebbero mettere la C del copyright sulle loro opere. Ormai è evidente che la durata del diritto d’autore è troppo estesa rispetto alle dinamiche del mercato del XXI secolo: una sua riduzione dunque è non solo auspicabile ma doverosa188. Tuttavia sussiste la consapevolezza che si tratta di un processo di riforma necessitante di un respiro sovranazionale, essendo la materia ormai regolata nei suoi principi fondanti da disposizioni che trascendono i singoli Stati. Occorre, ad esempio, farsi promotori di una linea di indirizzo volta a conseguire la riduzione dell'imposizione automatica del copyright (tutela passiva) a 14 anni per tutte le opere ad eccezione: delle opere che richiedono grossi investimenti (film, enciclopedie ecc.), a cui sarà permessa un'eventuale estensione gratuita a 28 anni (tutela attiva); delle opere strumentali soggette a frequente revisione come il software, (l'hardware) la documentazione tecnica, i manuali scolastici, i saggi ecc. a cui è consentita la tutela per un massimo di 3 anni per ogni versione rilasciata, senza possibilità di ulteriori estensioni; i diritti sulla versione precedente decadono e l'opera diventa di pubblico dominio. Allo scadere di tali termini, il rinnovo dei diritti d'autore avrà luogo esclusivamente dietro pagamento di una tassa fissa e non trascurabile, calcolata annualmente sulla base della stima dei costi di gestione. In ogni caso la durata dei diritti d'autore (tutela attiva + tutela passiva) non potrà superare i 50 anni. L'obiettivo è disincentivare la pratica diffusa di bloccare la diffusione di un prodotto tutelato da copyright senza peraltro utilizzarlo a fini economici. La durata rappresenta un limite nella fruizione collettiva delle opere. Nel momento in cui questa si estingue, l’opera appartiene al pubblico: tutti possono utilizzarla gratuitamente, per qualunque scopo. Oltre alla durata della protezione, francamente eccessiva, esistono altre limitazioni legislative come l’impossibilità di leggere in pubblico un’opera protetta, di modificarla o di tradurla senza autorizzazione. E Gramaglia come Ministro dei Beni e le attività culturali si sarebbe posto il problema di creare: 188 Come si legge dall’articolo 25 della legge 633/41: i diritti di utilizzazione economica dell’opera durano tutta la vita dell’autore e sino al termine del settantesimo anno dopo la sua morte. 222 un sistema di diritti d’autore che dia un riconoscimento, una soddisfazione alla proprietà intellettuale del bene di cui si gode, ma nel contempo non ne renda troppo difficile o non ne ostacoli la fruizione, perché poi abbiamo l’altro problema, se io pongo con il diritto d’autore degli sbarramenti toppo alti alla fruizione del bene, va a finire che il bene che hai creato per essere fruito non è più fruito. A chiusura di queste proposte vi è segnalare quella della Messinetti che ci ha detto che: come primo intervento chiamerei il Prof. Lessing come mio consulente e dopo di che lavorerei su quei principi di limitazione sicuramente della libertà, della proprietà e dell’autonomia privata dell’autore e introdurrei strumenti per controllare appunto il mercato; l’evoluzione del mercato che mi sembra pericolosamente andare verso una deriva monopolistica e quindi di assicurare il pluralismo e un margine per la cultura indipendente. Lawrence Lessig, giurista dell'università di Stanford e grande divulgatore delle nuove istanze del diritto d'autore e del diritto dell'informatica (nonché fondatore del Progetto Creative Commons), nel suo libro Cultura libera evidenzia le potenzialità di un sistema propenso alla coesistenza e alla convivenza. In particolare, l’intera opera del giurista americano ha profondamente influenzato non solo il dibattito sul diritto nell’era digitale, ma più in generale la teoria contemporanea del diritto. La riflessione in area statunitense sul tema del cyberlaw ha focalizzato l’attenzione su una serie di questioni la cui rilevanza, per dirla con Lessig, «illumina l’intero diritto»189. Uno dei tratti più originali della teoria di Lessig risiede nella consapevole messa a fuoco dei possibili intrecci fra le diverse modalità di regolamentazione. Nel suo pensiero il codice informatico può regolamentare compiutamente l’intera architettura della rete, con un impatto maggiore di quella che può avere la legge stessa. Pertanto, l’architettura digitale è formata essenzialmente dal suo codice. Con questo termine Lessig si riferisce «al software e all’hardware che costituiscono il cyberspazio per ciò che è – o, più precisamente, le regole e le istruzioni presenti nel software cyberspazio» e nell’hardware che insieme costituiscono il 190 . Tuttavia, sostenere che il codice in Internet sia il diritto non significa indebolire o eliminare la funzione delle norme giuridiche nello spazio digitale. Anche se, afferma Lessig, la proprietà privata non sempre svolge un ruolo di protezione e tutela nei confronti del potere statale. In secondo luogo, appare del tutto urgente affrontare alcuni 189 L. Lessig, The Law of the Horse. What Cyberlaw Might Teach, in «Harvard Law Review», 113, 1999, pp. 501549; tr. it. Il diritto del cavallo, in L. Lessig et al., I diritti nell’era digitale. Proprietà intellettuale e libertà di espressione, a cura di V. Colomba, Reggio Emilia, Diabasis, 2006 (ristampa). In questo saggio Lessig risponde al giudice Easterbrook, per il quale il diritto di Internet non è una vera disciplina, poiché non è in grado di insegnare qualcosa sul diritto in generale. 190 L. Lessig, Il diritto del cavallo, op. cit.. 223 assetti proprietari che riguardano i beni immateriali e il loro impatto sulla cultura. Una cultura che Lessig vede declinata come libertà di appropriarsi delle informazioni; cultura che vive e si alimenta del libero utilizzo delle risorse disponibili191. La proposta di Lessig presuppone una relazione complessa tra diritto e tecnologia e mantiene aperto il dibattito normativo su Internet e sulla sua regolamentazione. Contrariamente al determinismo tecnologico192, Lessig preferisce sottolineare il carattere, l’aspetto politico ed istituzionale dell’innovazione193. Una volta riconosciuto il fatto che l’architettura può essere sempre modificata e che l’ambiente digitale non può essere considerato naturale (almeno nel senso attribuito a questa parola dal senso comune), si afferma la natura istituzionale del codice (natura che non lo sottrae ad un possibile impiego in termini meramente tecnici), strutturalmente aperto a soluzioni diverse e non predestinate. Ad ogni cambiamento tecnologico corrisponde una sollecitazione all’universo giuridico e sociale, ma i due fattori (diritto e tecnologia) si influenzano a vicenda. Come afferma lo studioso americano: Un aspetto meraviglioso della democrazia […] è che quando il mercato dimostra la sensatezza di una determinata libertà i politici (perlomeno a volte) prestano ascolto. A mano a mano che il mercato degli ibridi acquisterà un maggior rilievo, le libertà su cui essi sono fondati diventeranno sempre più importanti per le autorità politiche e legislative194. Nell’ottica di una riflessione che si interroghi sul ruolo del software e del diritto nelle tecnologie delle società democratiche, l’opera di Lessig rappresenta una testimonianza straordinaria dell’inevitabile articolazione da parte del ragionamento pratico e normativo di una “politica del codice” capace di tenere in considerazione, oltre ai tradizionali aspetti giuridici, ciò che le riflessioni dell’informatica giuridica possono dare in termini di comprensione della realtà al giurista contemporaneo195. Lessig, pertanto, ha una posizione articolata e profonda, in equilibrio fra anarchia e controllo: difende l'idea di un creative commons, uno spazio pubblico di libertà, ed è a favore di licenze limitate, in cui non "tutti", ma solo "alcuni diritti" sono riservati. Per combattere l'estensione illimitata dei diritti di proprietà, che porterebbe a una "feudalizzazione" della cultura. E 191 L. Lessig, Code and Other Laws of Cyberspace, Basic Books, New York, 1999, p. 87. Recentemente, Lessig ha pubblicato una nuova versione di questo volume dopo averlo modificato con un metodo “wiki”, ossia aprendone i contenuti ai lettori e raccogliendone i suggerimenti: id., Code. Version 2.0, Baisc Books, New York, 2006, p. 122. Cfr., inoltre, id., The Regulation of Social Meaning, in «University of Chicago Law Review», 62, 1995, p. 950. 192 M. McLuhan, Understanding Media, New American Library, New York, 1964; tr. it. Gli strumenti del comunicare. Mass media e società moderna, Milano, Il Saggiatore, 1967. 193 Un lavoro sensibile alla dimensione politica della tecnologia è L. Winner (ed.), The Whale and the Reactor: A Search for Limits in an Age of High Technology, Chicago, University of Chicago Press, 1986. Cfr. il recente P. Starr, The Creation of the Media: Political Origins of Modern Communications, Basic Books, New York, 2004. 194 Lessig L., Remix. Il futuro del copyright (e delle nuove generazioni), Etas, 2009. 195 Cfr. M. Goldoni (a cura di), Politiche del codice. Architettura e diritto nella teoria di Lessig, Licenza CC, 2007. 224 soprattutto ha sottolineato l’esigenza, come arriva da più parti, di nuove regole, con libertà differenti, con tutele differenziate e percorsi in grado di superare l’ormai famoso “dilemma digitale”. Come è emerso anche dalle interviste della nostra ricerca, oggi è necessario un ripensamento del sistema del diritto d’autore, che deve muovere da una urgente riscrittura della normativa (in grado di adeguarsi alle tecnologie digitali), che abbia come obiettivo il giusto contemperamento degli interessi degli autori che devono ritrovare la propria centralità, dell’industria culturale, che deve essere tutelata nei suoi investimenti monetari ma deve anche individuare nuove forme di servizio, e della collettività che deve poter fruire ed utilizzare le opere con regole definite e chiare nella tutela dei diritti di ognuno. Ma un nuovo equilibrio sarà possibile? Quali sono al momento i cambiamenti più profondi che stanno attraversando il campo dei diritti d’autore? I nostri testimoni privilegiati ritengono, con i doverosi distinguo, che si giungerà necessariamente ad una stagione di integrazione e bilanciamento tra diritto esclusivo e libertà d’accesso all’informazione e alla conoscenza. È arrivato il tempo di mettere in campo la giusta maturità da parte di tutti i soggetti coinvolti nel dibattito che deve necessariamente muovere dalla presa di coscienza della conoscenza come principale forza produttiva la quale da vita ad un mercato dove il valore di scambio dei prodotti è essenzialmente legato alla capacità pratica di limitarne la libera diffusione. Il sistema dei diritti di proprietà intellettuale è sotto pressione soprattutto a causa delle turbolenze portate dalle nuove tecnologie. In tale scenario è inevitabile che si giunga (e si deve giungere) a profonde modifiche delle norme sul diritto d’autore. È evidente che bisognerà trovare un accordo tra i puristi di Internet (la rete è totalmente libera) e i conservatori di tutti i diritti riservati. Come afferma Gramaglia: io credo che ci si arriverà e che alcuni magari non sono i percorsi giusti, magari andranno rivisti, però mi sembra che sempre di più degli editori, anche importanti, che pure avevano fatto una scelta inizialmente di un accesso libero alla loro informazione online, stiano cercando un punto di mediazione, libero qualcosa ma altro, magari l’approfondimento di quello che tu hai visto liberamente, se lo vuoi lo paghi, con formule volta a volta diverse, o su abbonamento. Io credo che un percorso di questo genere vada fatto e che i puristi di internet che sostengono che la rete deve essere libera, difendono una posizione che può avere poi delle conseguenze fortemente negative su tutta la catena dell’informazione, perché se tutta l’informazione su internet è libera, prima o poi non ci sarà più e già adesso stiamo assistendo a questo problema, bisogno di informazione altrove e quindi avremo una decadenza e tendenzialmente un rischio di scomparsa della stampa scritta, una decadenza 225 dell’informazione televisiva di qualità. Pertanto il voler affidare tutta l’informazione ad uno strumento libero su cui non si paga nulla, può avere dei grossi impatti negativi. Abbiamo detto in precedenza che il controllo dell’accesso alle informazioni diviene “la forma privilegiata di capitalizzazione delle ricchezze immateriali196. L’accesso e i mezzi di accesso alla conoscenza rappresentano l’ambito cruciale su cui si gioca il conflitto che vive di un vero e proprio spostamento di poteri. Nello specifico, nell’ambiente dell’informazione gli individui assumono un ruolo più attivo rispetto al passato dando vita ad una cultura più critica e autoriflessiva197. Si pensi a quello che sta facendo Google in bilico tra diritti e gratuità. La biblioteca del mondo digitale sarà Google Books, l’editoria di quarta generazione, come la definita Giovanni Ragone: “un (non) luogo dove i prodotti sono sempre presenti e accessibili, sfruttando le caratteristiche del testo digitale (multimedialità, ipertestualità, interattività)”198. Infatti, Google sta dando vita alla più grande biblioteca di libri digitali su Internet (ne ha 10 milioni e l’obiettivo è arrivare a 15). Due milioni sono stati digitalizzati in accordo con gli editori e 1,5 milioni sono di pubblico dominio. Fino ad oggi Google Books ha permesso di avere un accesso digitale a milioni di libri scansionati dal motore di ricerca. Esistono diverse modalità di accesso. Per i libri coperti da diritto d’autore ancora in commercio sono presenti solo alcune pagine. I libri non coperti da copyright, al contrario, possono già essere letti, scaricati e stampati. Cosa si fa con quei libri non più in commercio ma ancora coperti da diritto d’autore? Proprio per questo motivo il servizio ha incontrato alcune opposizioni per le presunte violazioni del copyright199. Google non si è arresa e ha continuato a digitalizzare e indicizzare pagine di libri on line. In realtà, il mondo dell’editoria non riesce ancora a comprendere lo straordinario valore commerciale e promozionale che può avere la Rete. Google Book Search oltre a rappresentare un fattore in grado di innescare il cambiamento, nel momento in cui si trasformerà in piattaforma distributiva potrebbe costituire un modello interessante di business in grado di consentire anche alle piccole case editrici di distribuire i propri prodotti garantendo comunque il riconoscimento dei diritti a chi ha realizzato quell’opera. Si viene ad offrire un’opportunità “promozionale” come ha ben compreso il collettivo Wu Ming che vede la situazione dei libri ancora in equilibrio: 196 Cfr. A. Gorz, L’immateriale: Conoscenza, Valore, Capitale e Rifkin J., L’Era dell’accesso, Milano, 2001, p.1545 e ss. Gli autori segnalano come le moderne economie siano caratterizzate dalla vendita dell’accesso a servizi resi dai beni piuttosto che dalla vendita di tali beni. 197 Y. Benkler, La ricchezza della Rete: la produzione sociale trasforma il Mercato e aumenta la Libertà, Milano, 2007, p.1-2. 198 G. Ragone, L' editoria in Italia. Storia e scenari per il XXI secolo, Liguori, Napoli, 2005. 199 Il 10 ottobre 2005 l’associazione degli autori americani, Authors Guild, e cinque membri dell’Association of American Publishers hanno intentato una class action contro Google Books. Anche Microsoft ha accusato il motore di ricerca di rendere disponibili on line i libri digitalizzati senza l’autorizzazione da parte degli aventi diritto e di provvedere alla eventuale rimozione solo su richiesta diretta dei suddetti. 226 nel senso che chi come noi ha una clausola che permette la libera riproducibilità dei propri testi, la sua diffusione con qualunque mezzo, gratuita da parte di chiunque perché non ha scopo di lucro, è in qualche modo garantito perché i romanzi ancora si pubblicano, si comprano e si acquistano in un formato che è quello cartaceo che consente di guadagnare una percentuale sul prezzo di copertina, la quale permette di rientrare della fatica fatta per scrivere il libro se le vendite del libro siano sufficienti perché nel caso contrario non lo permette; ci sono tanti scrittori di grande valore che anche col prezzo di copertina non rientrano delle loro fatiche e magari devono fare altro per sostenersi. Ecco nel caso dei libri questo è perfettamente compatibile, dall’altra parte il testo è in rete scaricabile gratuitamente, chi vuole lo scarica, chi vuole lo legge, poi magari se il libro gli piace, regalerà delle copie ai suoi amici, ed ecco che la copia scaricata nel caso dei libri corrisponde spesso a più copie vendute in libreria e quindi in realtà ad un guadagno per l’autore e non ad una perdita. L’esempio dei libri ci fa capire che il vero equilibrio si ottiene agendo sui prodotti digitali. Il libro digitale spesso può avere qualcosa in più ad un prezzo minore ed eliminando il costo della distribuzione, della carta, delle tipografie l’autore otterrebbe un giusto guadagno. Nel futuro si dovrà lavorare su come potenziare il prodotto digitale affinché non sia una semplice copia volatilizzata del prodotto materiale ma che sia qualcosa che fornisce un’esperienza in più, dei contenuti in più, e che quindi, ad un prezzo limitato, può essere interessante per i lettori che possono mostrarsi incentivati anche a pagare. Non solo editoria, però. Google vuole mettere in rete tutti i giornali del Nord America e poi del mondo a partire dal 1764. Si chiama Google News Archive e si propone di divenire la memoria storica delle notizie, rendendo fruibili sul Web milioni e milioni di pagine di quotidiani, settimanali, mensili e periodici esistenti. E già si è incominciato dal Quebec Chronicle Telegraph, il più vecchio giornale d’America. A proposito del futuro del libro e del possibile equilibrio tra diritti e libertà d’accesso, Soriga ha evidenziato la presenza di due aspetti: uno è la produzione per la quale ci sono possibilità future molto entusiasmanti: l’idea che in futuro, ma in un futuro prossimo, su supporti molto semplici sarà possibile e facile leggere dei libri, questi libri possono anche essere influenzati dal mezzo. Immagino che si possa scrivere in un futuro prossimo un racconto in cui però compaiono anche video, musica, magari non prenderanno il posto dei romanzi classici, che continueranno ad esistere, ma potrebbero essere dei nuovi campi in cui gli scrittori si possono esercitare, questo mi sembra meraviglioso. 227 In secondo luogo, non bisogna pensare che la rete è la strada, se uno trova un computer per strada che nessuno reclama, non ha l’impressione di averlo rubato, anche una persona che non ruberebbe mai in un supermercato se trova qualcosa per strada abbandonata tendenzialmente la prende. L’idea che la rete sia come la strada e non come un supermercato, un negozio, è molto diffusa ma a volte è sbagliata, se uno vede un film deve pagare una piccola cifra o una cifra equa per vedere quel film, certo c’è anche il problema che chi produce i film, i racconti, i libri, deve anche capire che i prezzi forse variano a seconda di come uno lo ha comprato; io posso spendere due euro per vedere un film dalla rete e posso spenderne dieci o quindici per acquistare un cofanetto carino da regalare o da conservare. Pertanto, l’idea di trovarsi per strada permette di prendere qualsiasi cosa senza conoscerne la provenienza. Eppure anche in strada dovrebbe valere quel senso civico al quale siamo formati fin da piccoli. Ciò significa che la sensibilizzazione e la formazione alle tematiche del diritto d’autore rappresentano una delle sfide più stimolanti che si presenta ai nostri occhi. Probabilmente, l’ostacolo alla diffusione della cultura è la scarsa cura che si mette nell’educazione. Come ci ha detto la Benintende: la scuola dovrebbe assolvere a questo compito, molto delicato, e ha spesso difficoltà ad attuare. […] È importante battere su questo punto: che le nuove generazioni sappiano cosa c’è dietro la fatica della creazione e comprendano l’importanza di remunerare un lavoro che ha pari dignità degli altri, che magari è il più bello del mondo ma deve essere tutelato e deve essere remunerato economicamente come gli altri. Educare il cittadino all’acquisto attento di opere firmate o originali è importante. Se si compra un cd falsificato il primo danno ce l’ha il budget della persona che ha acquistato perché non ha acquistato un oggetto originale. Questo acquisto incauto si può ritorcere contro di lui. L’oggetto comprato dovrebbe avere una certificazione di durata dovuto al prezzo che è stato utilizzato per scambio e acquisto. Sensibilizzare a questo; spiegare cosa accade a colui che ha creato l’oggetto e si vede defraudato fisicamente del proprio lavoro è il compito principale che deve svolgere una società civile che crede che ogni lavoro abbia pari dignità. Nel contempo, una società civile e digitalizzata deve riconoscere e garantire le pratiche comunicative, creative e relazionali proprie delle culture partecipative. Padroneggiare le capacità tecniche, espressive e cooperative della cultura abilitata dalle nuove tecnologie della comunicazione significa, pertanto, assicurare le condizioni di base per l’esercizio dei diritti di cittadinanza nel mondo in cui viviamo. 228 Ancora una volta è necessario trovare un compromesso. Individuare un percorso armonico da seguire e perseguire. Non si può tenere in conto che i problemi conseguenti alla frammentazione e alla complicazione della normativa sul diritto d’autore sono aggravati dal fatto che la mancanza di punti fermi univoci a livello internazionale si riflette in una pari ambiguità a livello dei differenti ordinamenti nazionali. Anche se è possibile, ad esempio, individuare un primo punto di equilibrio nella liceità della copia privata, nell’ambito dell’uso personale e nel favorire la costituzione di “syndacate” agenti di rete. L’uso personale, nella nuova dimensione del mondo tecnologico, include la libertà di riprodurre per fruire l’opera. Il principio per cui chiunque, per uso personale, può riprodurre per sé l’opera protetta senza corrispondere all’autore diritti di natura economica e senza incontrare limitazioni alla fruizione dell’opera appartiene all’essenza stessa della protezione del diritto d’autore. Tale diritto si traduce, nell’era tecnologica, nel diritto alla copia privata200. La legge italiana sul diritto d’autore fissava il principio della liceità dell’uso personale accanto alle ipotesi delle libere utilizzazioni. Queste comprendono, da un lato, le eccezioni ai diritti d’autore o diritti connessi, dall’altro le limitazioni dei diritti i quali prevedono un equo compenso. In particolare, l’art. 70 consente la libera riproduzione o comunicazione al pubblico quando tali usi vengano effettuati a scopi di critica o di discussione e non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera. Se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica, gli utilizzi devono inoltre avvenire per finalità illustrative e non per fini commerciali. Libera utilizzazione che però non sempre coincide con la libera circolazione delle informazioni e dei prodotti digitali. Come ha dichiarato Talanca: la libera circolazione non è un argomento facile d’affrontare, nel senso che tutto è libero, tutto dovrebbe essere libero. In un’intervista con uno dei cantautori più meritevoli tra gli italiani, ma non molto conosciuto, Marco Vongaro, io facevo presente che delle sue canzoni solo il dieci per cento sono all’interno dei dischi, immagino che un trenta per cento siano depositate alla SIAE, insomma, è che ogni volta che andavo a vedere un concerto lui cantava una canzone più bella della precedente e lui mi disse: “la mia forza non è nel depositare le canzoni alla SIAE, la mia forza è quello che faccio, quello che faccio io non è capace di farlo un’altra persona.” Quindi, da quella idea si dovrebbe modellare poi una giurisdizione che ovviamente tende a difendere il diritto d’autore, l’autorialità e tende a difendere la bravura degli artisti. Io sono un po’ scettico che la diffusione si possa fare attraverso le risorse della rete. 200 V. Franceschelli, Convergenza. La “convergenza” nelle telecomunicazioni e il diritto d’autore nella società dell’informazione, s.l., Giuffrè, 2009. 229 La necessità di un contemperamento tra esigenze di tutela e interessi dei singoli fruitori e della collettività alla circolazione delle opere d’ingegno è oggi fortemente sentito nel contesto digitale, come stiamo vedendo. Se è vero che la tecnologia cammina sempre su binari paralleli dobbiamo riconoscere un ulteriore tentativo per restaurare l’equilibrio giuridico tra titolari di copyright e utenti: la gestione dei diritti digitali (Digital Right Management, DRM)201. L’industria dell’intrattenimento si avvale di queste misure nella convinzione che si possa arginare il fenomeno dell’abuso di materiale protetto solo attraverso una attenta prevenzione sulle possibili azioni dell’utente finale. La caratteristica peculiare dei sistemi DRM consiste nella loro modularità, in quanto chi detiene i diritti di sfruttamento economico dell’opera protetta può preventivamente stabilire le modalità attraverso le quali il fruitore potrà utilizzare l’opera rispettando le relative restrizioni. Si tratta, quindi, di sistemi che si basano sulle tecniche di cifratura asimmetrica e a doppia chiave utilizzate per la sicurezza dei pagamenti on line o delle transazioni digitali. Il procedimento è il seguente: il produttore di contenuti riceve da un authority di certificazione indipendente una chiave privata con cui può crittografare il file contenente l’opera protetta, assegnandogli un determinato livello di protezione. Durante la transazione il server autentica l’utente, verifica che tutte le condizioni siano state ottemperate e genera ed invia al client una chiave che permette di accedere al file protetto. Paradossalmente tale processo impone dei vincoli che non esistono nei prodotti culturali tradizionali. Infatti, quando noi acquistiamo un libro nulla ci vieta di prestarlo ad un amico, di leggerlo quando e dove vogliamo; un file protetto con un sistema DRM, al contrario, è di norma accessibile solo su un numero limitato di postazioni rischiando anche di scoraggiare gli utenti finali ed impedire lo sviluppo delle nuove tecnologie di distribuzione dei prodotti intellettuali. È, dunque, evidente come il flusso ed il controllo delle informazioni sia essenzialmente basato sui seguenti strumenti: contratto, tecnologia e diritto d’autore202. Una disciplina, quella del DRM, comunque rivoluzionaria che innova e cambia il sistema protettivo del diritto d’autore così come lo conosciamo. Si pensi che anche Apple, che aveva fatto del sistema Fairplay l’elemento chiave del proprio modello di business rendendo inseparabile il legame tra il music store iTunes e l’iPod, ha 201 Alcuni autori rivelano, in realtà, che i DRM rappresentano una soluzione tecnica a una carenza di regolamentazione. Si verifica, anche, che alcune aziende applicano indiscriminatamente attraverso i DRM limitazioni che impediscono all’utente di compiere qualche attività che le norme non vietano. 202 S. Bechtold, Digital Rights Management in the United States and Europe, in American Journal of Comparative Law 323-382, 2004. 230 scelto di proporre un catalogo DRM-free, riscontrando notevole successo anche rispetto ad un’offerta con prezzi leggermente più elevati dei brani contenenti la protezione 203. I tatuaggi elettronici, poi, rappresentano una sorta di “impronta digitale” che viene impressa sull’opera per fornire dati relativi ai diritti patrimoniali d’autore. Sostanzialmente un tatuaggio elettronico consente di individuare il titolare del diritto, anno e luogo di realizzazione dell’opera e le sue modalità di distribuzione a livello internazionale. Una delle tecniche più diffuse per l’applicazione dei tatuaggi elettronici è quella del Digital Watermarking. La parola watermark significa filigrana e, proprio come le banconote, questo garantisce integrità e autenticità alle opere digitali. Si tratta di una protezione passiva nel senso che non interferisce in alcun modo nella fruizione di un’opera da parte degli utenti, e viene utilizzato dal titolare dei diritti unicamente per monitorare il consumo e la circolazione del prodotto digitale. Un ulteriore forma di tutela è rappresentata dal codice seriale: un insieme di numeri combinati tra loro in modo da formare una sequenza contenente informazioni utili riguardanti l’identificazione e la diffusione dell’opera. I codici più comuni sono quelli propri dell’industria dell’editoria, gli ISBN e gli ISSN42. Gli strumenti di codifica che si integrano in maniera più appropriata con il mondo delle nuove tecnologie sono i DOI, gli ISAN e gli ISRC204. Gli strumenti tecnici, quindi, esistono, ci sono, in alcuni casi frammentari, in altri si deve constatare che al momento non è presente una soluzione tecnologica definitiva e universalmente accettata. Eppure chi vuole, colui che li può legittimamente e legalmente usare, li utilizzi. Chi sceglie il no deve rispettare la libera diffusione della cultura, delle informazioni e delle opere205. Si può ritenere che nel futuro contesto commerciale e normativo la gestione delle informazioni si evolverà rispondendo alle esigenze di tutela dei diritti e garantendo la più ampia flessibilità di utilizzo e interoperabilità offerta dal prodotto o dal servizio commercializzato. In una prospettiva di forte aumento della domanda e di straordinaria diffusione delle nuove tecnologie di comunicazione fissa e mobile di nuova generazione, in diretta concorrenza con le piattaforme media tradizionali, verrà meno l’idea della scarsità delle risorse e prenderà forma un’espansione del mercato mai vista, consentendo la crescita di un mercato legale, concorrenziale e in grado di sfruttare in modo totalmente favorevole le tecnologie e la gestione dei diritti. Non è più il tempo delle attese. Delle barriere o degli scontri. 203 B. Lamborghini, (a cura di), L’impresa Web: Social Networks e Business Collaboration per il rilancio dello sviluppo, Franco Angeli, 2009. 204 Un DOI identifica qualsiasi forma di proprietà intellettuale presente in ambienti di tipo digitale. L’ISAN è un codice ideato con lo scopo di identificare contenuti audiovisivi su Internet. L’ISRC rappresenta un metodo globale per lo scambio di informazioni, per l’utilizzo delle registrazioni e l’amministrazione dei diritti. 205 V. Franceschelli, op. cit., 2009. 231 È, invece, arrivato il momento di costruire, con la partecipazione di tutti gli operatori e dei soggetti pubblici interessati, un differente impianto normativo, moderno, meno ridondante, capace di adattarsi alla tecnologia e alle nuove forme di comunicazione multimediale, nel segno della difesa dei diritti degli autori e degli operatori nei nuovi mercati globali delle reti e dei servizi ma che non escluda alcun individuo dalla possibilità di creazione e condivisione dei prodotti digitali. Serve una tutela giuridica, certa, ma anche forte ed efficace, perciò bisogna muoversi nel segno della semplificazione e della chiarezza normativa, soprattutto nelle definizioni di soggetti, forme creative tutelate e specifiche metodologie di garanzia. È necessaria un’opera attenta di sensibilizzazione e formazione per le giovani generazioni che sappiano cosa c’è dietro la fatica della creazione e comprendano l’importanza di remunerare un lavoro che ha pari dignità degli altri. Più che la pirateria, il file sharing o il peer2peer è il parassitismo, le spinte pregiudiziali e l’incapacità di adeguarsi al mondo che cambia a danneggiare chi fa cultura nel paese. La strada da percorrere è senza dubbio in salita e va nella direzione di superare il dogma della gestione collettiva dei diritti d’autore, abolire i monopoli, i protezionismi e promuovere la concorrenza, la corretta condivisione del sapere e le nuove forme di gestione dei diritti d’autore, valorizzando le aggregazioni più flessibili e che meglio riescono a rispondere alle esigenze del palcoscenico digitale nel quale inesorabilmente siamo tutti autori. 232 233 Bibliografia AGCOM, Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica. Indagine conoscitiva, 2010. 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