ora - Stop`ndrangheta.
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24 ore Mercoledì 1 febbraio 2012 Nuovi incarichi alla Questura di Reggio. Il capo della Mobile parte dopo 4 anni e mezzo da incorniciare Cortese a Roma e Silipo a Torino Al posto di Casabona arriva Longo, noto la caccia al boss dei casalesi PRAIA A MARE di GIUSEPPE BALDESSARRO REGGIO CALABRIA - Andrà alla Direzione centrale dello Sco (Servizio centrale operativo), ma solo per qualche tempo. Poi, per il prossimo giro d’incarichi, le indiscrezioni, dicono che sarà destinato a guidare la Squadra mobile di Roma. Renato Cortese ha ufficialmente chiuso il suo periodo calabrese. Era arrivato a Reggio il 15 giugno del 2007. Due mesi esatti prima della strage di Duisburg in Germania. Alle spalle un’importante stagione siciliana e la medaglia per la cattura di Bernardo Provenzano. Alla guida della Mobile dello Stretto, in quattro anni e mezzo, di soddisfazioni ne ha avute tante. Lo dicono le statistiche, a partire dalla cattura di alcuni latitanti di primissimo piano, come Peppe De Stefano e Giovanni Tegano. Senza dimenticare Giovanni Strangio e l’intero gruppo di fuoco che entrò in azione in Germani il 15 agosto del 2007. Poi un miriade di inchieste su tutti i fronti. Tra le più importanti (ma solo per citarne alcune), oltre al contributo che i suoi uomini diedero a “Crimine”, l’inchiesta contro i Piromalli “Cento anni di storia”, “Arca”(sulle infiltrazioni nei lavori dell’A3), “Recupero” contro i Commisso di Siderno, “Circolo formato” contro i clan di Marina di Gioiosa Jonica. E poi ancora “Agathos” contro i Tegano, e gli ultimi arresti che hanno coinvolto anche il consigliere comunale Giuseppe Plutino. Indagini spinose, come quella sulla cosca “Lo Giudice”. Sua anche l’inchiesta sul numero due della Dda Alberto Cisterna. La Squadra mobile di reggio è stata negli ultimi anni uno degli incubi peggiori per la ‘ndrangheta di Reggio e provincia. Il trasferimento di Cortese era atteso da alcuni mesi, non è piaggeria dire che è stato un buon dirigente per la Squadra mobile. Uno con una marcia in più, che ha portato in Questura un metodo di lavoro diverso. Cortese parte, ma a Reggio resta l’esperienza fatta dai suoi uomini. Non è l’unica novità. Cambierà a stretto giro di boa anche il questore. Carmelo Casabona è destinato ad un alto incarico al Ministero, mentre in città dovrebbe ar- Quattro anni all’omicida PRAIA A MARE – Il delitto di Giovanni Isolani è stato compiuto senza l'intenzione di uccidere. Si è conclusa così la vicenda giudiziaria di fatti che si sono consumati a Sanremo, ma che vedono quali protagonisti due cittadini di Praia a Mare, nell'alto Tirreno cosentino. La morte di Giovanni isolani è avvenuta il 16 dicembre del 2010 in un negozio di ortofrutta nella città ligure. Nicola Trazza, 25 anni, anch'egli di Praia a Mare aveva esploso un colpo di pistola calibro 7.65 a distanza ravvicinata. Ieri si è tenuta l'udienza del processo con rito abbreviato. E' passata la tesi della difesa. Nicola, Niki, Trazza è stato condannato a quattro anni di reclusione. È, dunque, omicidio colposo. Giovanni Isolani è caduto sotto un colpo accidentale di pistola. Gli avvocati Nicola Guerrera e Luigi Patrone, legali di fiducia del giovane praiese hanno dimostrato che non c'era l'intenzione di uccidere. Il Pubblico Ministero Antonella Politi aveva chiesto la condanna a 24 anni di reclusione che, con lo sconto di un terzo della pena per il rito abbreviato sarebbero scesi a 17 anni e 4 mesi. In pratica sono stati chiesti 16 anni per l'omicidio e un anno e 4 mesi per l'illecita detenzione dell'arma del delitto, una pistola calibro 7.65 mai ritrovata. m. c. Il questore Guido Longo Gennaro Semeraro Renato Cortese rivare Guido Longo, questore di Caserta, noto per aver dato la caccia, con successo, ai boss dei casalesi. Nel segno della continuità, alla Mobile arriverà Gennaro Semeraro, un interno della Questura, che fino a ieri occupava il posto di dirigente della sezione anticrimine. Cambiano i capi e cambiano anche i vice. Con Cortese parte il suo numero due Luigi Silipo, che andrà a guidare la Mobile di Torino. Il suo posto a Reggio sarà preso da Francesco Rattà, dirigente del commissariato di Gioia Tauro. Nella Piana l’incarico svolto da Rattà verrà occupato da Stefano Dodaro, in arrivo dal commissariato di Siderno. Due volti nuovi andranno a ricoprire i posti vuoti. A Siderno ci sarà a dirigere Carmine Soriente che arriva dalla questura di Salerno. Mentre il posto lasciato libero dal nuovo capo della mobile di Reggio sarà occupato da una donna. Marina D’Anna, in servizio fino a oggi a Montecatini Terme, andrà infatti ad occupare il posto di dirigente all’anticrimi- ne. Nel giro di valzer delle postazioni, la polizia reggina perde due pezzi importanti come Cortese e Silipo, tuttavia la squadra resta sostanzialmente immutata, cambiano le postazioni c’è qualche innesto, ma in linea di massima i dirigenti che hanno ben fatto fino ad oggi a Reggio e provincia resta- All inside. Al processo in corso a Palmi ricostruiti anni di violenza e segregazione Il dramma di Ilaria rivive in aula La testimonianza a viso aperto della ex giovane moglie di Francesco Pesce di MICHELE ALBANESE PALMI - Dalla spensieratezza adolescente all'incubo della segregazione e della violenza. Il racconto di Ilaria La Torre, ex moglie di Francesco Pesce classe 84, testimone nel processo con il rito ordinario “ All Inside” che si sta celebrando davanti al Tribunale di Palmi è stato di un'intensità emotiva profonda. Uno spaccato di realtà agghiacciante. La ragazza , 25 anni, rispondendo alle domande del Pm della Dda di Reggio Calabria Alessandra Cerreti ha ripercorso le fasi drammatiche della sua breve relazione con il presunto esponente della potente famiglia Pesce, figlio di Salvatore e fratello della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce. Due donne legate da contesti e drammi analoghi. Il racconto di Ilaria ha assunto toni drammatici come drammatico è stato quel rapporto. «Avevo 16 anni e frequentavo il Liceo di Rosarno, quando conobbi il mio ex marito - ha raccontato la ragazza in aula - e quasi subito ci fidanzammo». Ilaria che oggi ha un altro compagno dopo che la Sacra Rota ha annullato nel 2007 il suo precedente matrimonio con Pesce per «maltrattamenti e perché non volevo figli da lui», non si è nascosta e non ha nascosto nulla di quegli anni della sua breve vita che adesso vorrebbe Francesco Pesce cancellare. Dopo pochi mesi di fidanzamento osteggiato apertamente dai suoi genitori, la “fujtina”. Una scelta quasi obbligata. Lei era an- cora minorenne. « Tornammo dopo due giorni e andammo a vivere per un periodo di tempo dai suoi genitori e successivamente con sua sorella Giuseppina Pesce. Ero infatuata, ero troppo piccola e non capivo cosa stessi facendo» - ha ammesso Ilaria. Sono andati a vivere in un appartamento preso in affitto e li inizia il suo calvario. «Ho subito maltrattamenti, violenze infinite - ha raccontato nell'aula bunker ieri la ragazza - il suo unico linguaggio erano le mani. Il mio ex marito assumeva un comportamento. Non c'era dialogo e quando mi permettevo di dire qualcosa alzava le mani. Una volta per le botte sono finita in ospedale. Ero svenu- La sentenza del gup Daniela Oliva nella parte di processo in abbreviato Batosta contro i pentiti Lo Giudice e Villani I due collaboratori di giustizia condannati rispettivamente a 10 e 9 anni di reclusione L’arresto del pentito Antonino Lo Giudice no in circolano, garantendo così continuità. I nuovi incarichi saranno ricoperti nell’arco della prossima settimana. Già lunedì ci saranno i primi passaggi delle consegne in provincia, entro fine settimana prossima si parte con la nuova squadra. Per il questore ci vorrà forse qualche giorno in più. REGGIO CALABRIA - Il Gup Daniela Oliva, non ha fatto sconti a nessuno. Neppure con il rito abbreviato. Neanche ai due pentiti dell’inchiesta contro la coscha Lo Giudice. Ieri sera, il Giudice per l’udienza preliminare ha condannato a oltre mezzo secolo di carcere gli imputati “minori” del processonato dalledichiarazioni del boss Nino Lo Giudice e di suo cugino Consolato Villani. Dieci anni di carcere al primo e nove al secondo, senza soluzione di continuità ha poi inflitto dieci anni di reclusione a Giuseppe Demetrio Gangemi detto “Mimmo”, ritenuto l’armiere della cosca, cinque anni a Giuseppe Perricone, otto anni a Consolato Antonio Romolo, sette anni e quattro mesi a Madalina Turcanu (la donna del boss Luciano Lo Giudice) e cinque anni e quattro mesi a Paolo Sesto Cortese. A questo si aggiunga che il Gup Oliva si è anche pronunciato sui patteggiamenti avanzati molti mesi fa, che riguardavano Pasquale Cortese, Paolo Gatto, Antonio Giordano, Florinda Giordano e Vincenza Mogavero, su cui accusa e difesa avevano trovato un punto d’incontro per la condanna a due anni di reclusione e la sospensione della pena. Fugure minori nell’economia di un’inchiesta ben più ampia. Il Gup ha dunque avvalorato l’impianto accusatorio portato avanti dal pm della Dda, Beatrice Ronchi, che l’11 ottobre 2011 aveva invocato la condanna di tutti i soggetti alla sbarra. Per alcuni degli imputati, infatti, la pena disposta dal Gup è conforme alla richie- sta avanzata dall’accusa. Arriva dunque la prima sentenza in un procedimento articolatissimo, in cui risultano imputati personaggicome LucianoLo Giudice, considerato l’anima imprenditoriale della cosca, Antonio Cortese, arrestato dalla Polizia al confine, essendo ritenuto il responsabile degli attentati subiti, in tutto il 2010, dalla magistratura reggina. Coinvolti negli accertamenti degli inquirenti anche personaggi chiave come il Capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi e l’imprenditore Antonino Spanò, considerati dall’accusa i trait d’union tra il clan Lo Giudice e la zona grigia delle istituzioni. Questi e altri imputati hanno però scelto di essere giudicati con il rito ordinario in un processo che è ancora alle battute iniziali. Nel corso di questa parte del processo, la corte vedrà sfilare tra gli altri, nell’ambito di una lunga serie di testimonianze, i magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace, che con il clan Lo Giudice avrebbero avuto tutta una serie di contatti nel corso degli anni. g. bal. ta e lui portò a Polistena e disse ai medici che ero caduta dalla scale, ma in realtà lui mi aveva presa a pugni in testa». Con voce pacata ma ferma Ilaria ha continuato il suo racconto di « segregata in casa». Solo raramente poteva uscire per fare la spesa o andare a trovare i suoi genitori ai quali non raccontava nulla di quell'inferno che stava vivendo per paura. «Potevo usare il cellulare solo quando lui non era in casa. Mio marito aveva timore che potessi raccontare quanto mi stava accadendo ai miei genitori i quali non sapevano ne pensavano che mio marito potesse arrivare a tal punto». Ilaria ha raccontato di aver pensato di fuggire ma desistette per paura. Lo fece la sera del 2 settembre del 2005. Francesco Pesce era andato insieme ad altri amici a Polsi in Aspromonte. «Quella sera ho trovato la forza di farmi venire a prendere. Venne mio padre e mi portò da lui». Pesce dopo la decisione della moglie andò a trovarla pretendendo che tornasse a casa. Ilaria poco tempo dopo raccontò tutto ai genitori e decise di non voler rivedere quell'uomo che le aveva rubato la libertà. Pochi mesi dopo il 10 febbraio del 2006 due persone con il volto coperto da una calzamaglia ed armate di pistola tentarono di sequestrala. Non ci riuscirono perché quella sera lei non era in casa. Particolari questi resi noti da Giuseppina Pesce in uno dei suoi tanti verbali. Ilaria a luglio dello scorso anno si è risposata ed adesso aspetta un figlio. Dopo anni di terrore riassapora il gusto della libertà e della vita. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 14 Calabria 23 Mercoledì 1 febbraio 2012 REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected] Roccella Jonica Cinquefrondi Donna malmenata e rapinata in casa da tre individui Scoperto il business dei veicoli rubati a pagina 33 a pagina 38 Stangata in abbreviato contro il clan Lo Giudice dal gup Daniela Oliva Dieci anni a Nino “il nano” Condannato anche il boss pentito e il collaboratore Consolato Villani di CLAUDIO CORDOVA «VERGOGNA, avete condannato degli innocenti che hanno sempre lavorato con onestà. Ma ciascuno risponde delle proprie azioni e anche voi risponderete delle vostre». L’urlo riecheggia all’interno dell’aula bunker di Reggio Calabria dove il Gup Daniela Oliva ha appena letto il dispositivo che fa piovere oltre mezzo secolo di carcere sul clan Lo Giudice di Reggio Calabria. I detenuti dall’interno delle celle e i parenti e gli amici dalla tribuna commentano duramente la decisione del Gup che ha condannato tutti gli imputati del processo celebrato con rito abbreviato. Dieci anni di reclusione sono stati inflitti Giuseppe Demetrio Gangemi detto “Mimmo”, ritenuto l’armiere dellacosca, cinque anni aGiuseppe Perricone, otto anni a Consolato Antonio Romolo, sette anni e quattro mesi a Madalina Turcanu e cinqueanni equattro mesia PaoloSesto Cortese. Condannati anche i due collaboratori di giustizia che hanno permesso agli investigatoridistringereil cerchiosulclantornatoalla ribalta dopo gli attentati alla magistratura avvenuti nel corso del 2010: Consolato Villani è stato infatti punito con nove anni di reclusione, mentre l’imputato più noto, Antonino Lo Giudice, ex capo della cosca, passato dalla parte degli inquirenti dopo l’arresto avvenuto nell’ottobre 2010, ha rimediato una condanna a dieci anni. Il Gup ha dunque avvalorato l’impianto accusatorio portato avanti dal pm della Dda, Beatrice Ronchi, che l’11 ottobre 2011 aveva invocato la condanna di tutti i soggetti alla sbarra. Per alcuni degli imputati, infatti, la pena disposta dal Gup è conforme alla richiesta avanzata dall’accusa. Un successo per l’Ufficio di Procura, in attesa che anche da Catanzaro arrivino risposte sulla stagione degli attentati in danno della magistratura, iniziata il 3 gennaio 2010 con la bomba alla Procura Generale, un episodio per il quale, prima del pentimento di Nino Lo Giudice, gli inquirenti avevano imboccato la pista che conduceva al clan Serraino. Arriva dunque la prima sentenza in un procedimento molto più ampio in cui risultano imputati personaggi come Luciano Lo Giudice, considerato l’anima imprenditoriale della cosca, Antonio Cortese, arrestato dalla Polizia al confine, essendo ritenuto il responsabile degli attentati subiti, in tutto il 2010, dalla magistratura reggina. Coinvolti negli accertamenti degli inquirenti anche personaggi chiave come il Capitano dei Carabinieri, Saverio Spadaro Tracuzzi e l’imprenditore Antonino Spanò, considerati dall’accusa i trait d’union tra il clan Lo Giudice e la zona grigia delle istituzioni. Questi e altri imputati hanno però scelto di esseregiudicati conil ritoordinarioin unprocesso che è ancora alle battute iniziali ma che, nel corso del dibattimento, vedrà sfilare tra gli altri, nell’ambito diunalungaserie diinterrogatori, i magistrati Alberto Cisterna e Franco Mollace, che con il clan Lo Giudice avrebbero avuto dei contatti nel corso degli anni. Accanto alle dure condanne inflitte al clan, il Gup Oliva si è anche pronunciato sui patteggiamenti avanzati molti mesi fa: quelli di Pasquale Cortese, Paolo Gatto, Antonio Giordano, Florinda Giordano e Vincenza Mogavero, sucui accusaedifesaavevano trovatounpunto d’incontro per la condanna a due anni di reclusione e la sospensione della pena. Una decisione che ha acuito ancor di più la rabbia dei condannati. Antonino Lo Giudice Demetrio Gangemi Giuseppe Perricone Antonio Romolo Madalina Turcanu Paolo Cortese La sentenza accolta in aula tra le urla dei parenti IL PUNTO La variante Caterpillar SIAMO alla follia! In una regione soffocata dal cemento, deturpata da orrende costruzioni non finite e con il paesaggio caratterizzato dagli ecomostri, si approva una legge (il Piano casa) che “aumenta la volumetria per rilanciare l’edilizia”. Una politica folle e criminale (attuata anche dal passato centrosinistra) che non vuole capire che l’unica variante seria ai piani regolatori in Calabria è la “Variante Caterpillar”. Demolire per restituire decoro a una terra distrutta. Palizzi-Pietrapennata 25 chilometri dimenticati da quasi mezzo secolo di EMANUELE GIACOIA QUASI 25 chilometri di strada da fare – forse sarebbe meglio a dorso di mulo come suggeriscono, e son tanti i residenti che la percorrano – ovvero la provinciale che va da Palizzi Marina a Pietrapennata. Prima osservazione: a quanto ci informano lo strato di asfalto - posto ancora che ci siano tracce –non viene più rimesso addirittura dal 1965 (quasi da mezzo secolo!), di striscia bianca non se ne parla proprio, guard rail (cosa sono?), lecunette laterali sono tuttuno con la strada, le buche sono poi la maggior parte di questo incredibile “tratturo”. Negliultimichilometri, infine, all’altezza della Chiesetta del Carmine, gran finale con la quasi impraticabilità da percorso di guerra. Lungo questa strada moltissimi abitati, masserie, frazioni e accessi a proprietà coltivate. In cima, a Pietrapennata, (oltre ottocento metri sul livello del mare) c’è anche il ripetitore della Rai. A parte questo lungo elenco di denunce, c’è da aggiungere che d’inverno, e ci siamo in pieno, ecco sul percorso nebbia e ghiaccio, sperando che non nevichi a rendere ancora più pericolosi i chilometri di questa pseudostrada. Da tutte queste constatazioni negative ci giunge un pressante appello da parte della popolazione rivolto all’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria per un doveroso quanto necessario e improrogabile intervento. LA MISSIONE Specialisti reggini al Giglio di PINO ALBANESE ANCHE i sommozzatori di Reggio Calabria vanno al Giglio. E’ il “Polo” specialistico regionale per la ricerca strumentale in acqua. Un nucleo composto da uomini esperti in forza al dipartimento dei Vigili del Fuoco del soccorso pubblico e della difesa civile del comando provinciale di Reggio Calabria che è stato chiamato a partecipare, con due unità, da domani fino al sette febbraio, alle attività di perlustrazione dei fondali marini nei pressi del relitto della nave da crociera Costa Concordia, affondata di fronte le coste dello Giglio, l’isola dell’arcipelago toscano della provincia di Grosseto. Il nucleo di esperti del settore, da settimane si sta preperando con estrema precisione per sostenere l’attività di ispezione nelle acque dove è affondata la maestosa nave da crociera. Gli uomini in organico sono tutti preparati per affrontare compiti difficili in condizioni difficili e sono anche dotati di una strumentazione all’avanguardia per questo tipo di attività. Il fiore all’occhiello del nucleo sommozzatori dei Vigili del Fuoco è un veicolo filoguidato chiamato Remotely operated vehicles (Rov) che agisce anche a 600 metri profondità ed utilizzato per le ricerche mirate ad attività di recupero. Naturalmente la dotazione strumentale del nucleo sommozzatori reggino non sarà portata all’isola toscana perché le attrezzature necessarie alle attività sono già presenti sul luogo del disastro e utilizzati dai Vigili del Fuoco del nucleo sommozzatori inviati dal dipartimento nazionale che già si trovano sul posto. I due esperti che saranno in attività dal due al sette febbraio daranno il cambio ai colleghi presen ti nell’isola dell’arcipelago toscano, nel frattempo hanno già terminato la fase preparatoria e da domani saranno operativi per l’attività. Il personale reggino del nucleo subacqueo ha svolto più volte attività dimostrando di avere una competenza ed una professionalità adatta per compiere le azioni di ricerca sui fondali per le attività di soccorso speciali d’acqua. Durante l’addestramento con questo tipo di strumentazione i due membri del nucleo reggino hanno sopportato duri allenamenti, partendo dall'analisi dei fondamenti di acustica fino alle prove pratiche nel mare che permettono ai palombari dei Vigili del Fuoco di perfezionare l’azione di osservazione e di ricerca marina. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Reggio 33 Redazione: via D. Correale, 13 - 89048 Siderno (Rc) - Tel/Fax 0964.342451 - E-mail: [email protected] Una donna di Roccella svegliata nella notte da tre malviventi che forzano la porta dell’abitazione Rapinata e malmenata in casa Imbavagliata e legata al letto: rubati mille euro nascosti un un armadio di FRANCESCO SORGIOVANNI ROCCELLA JONICA - Una donna di 58 anni, P.A., residente in via Ruga Grande, nel centro di Roccella Jonica, a circa duecento metri dall’auditorium comunale, la notte scorsa è stata rapinata da tre malviventi che si sono introdotti nella sua abitazione. Era da poco passata la mezzanotte e la donna, che vive da sola, si era messa da un pezzo a letto. Nel pieno del sonno è stata svegliata dai rumori provenienti dal portone di casa sua. Non ha fatto in tempo a rendersi conto, che ancora in dormiveglia, s’è vista di fronte tre uomini incappucciati con un piede di porco in mano. Lo stesso arnese con il quale i malviventi sieranoaiutati perforzarela porta dell’abitazione della donna. I tre rapinatori hanno preso subito a minacciare la 58enne, che è stata immobilizzata nel letto. La donna pare sia stata pure legata e, per non farla gridare, è stata imbavagliata con del nastro adesivo. Oltretutto, la malcapitata, soffre di problemi di deambulazione e non è completamente autonoma. Sempre sotto minaccia i malviventi chiedevano di farsi indicare il luogo dove era custodito il denaro. Hanno messo tutto sopra. Hanno rovistato in tutti i mobili della casa. Alla fine, i tre malviventi riuscivano ad appropriarsi di circa mille euro in contanti, trovati nell’armadio. Solo a quel punto i delinquenti si sono repentinamente allontanati dall’abitazione, perdendosi nel buio della notte. Prima di scappare hanno tirato il nastro adesivo che prima avevano applicato sulla bocca della don- Controlli dei carabinieri che stanno indagando sull’episodio criminale na per non farla gridare. E sono state proprio le grida della stessa ad allertare, a fatto ormai compiuto, i propri vicini di casa. Questi ultimi hanno dato l’allarme e sul posto sono giunti i carabinie- ri della locale stazione. I militari sperano di potere giungere in tempi brevi ad individuare e acciuffare i responsabili, partendo dalla collaborazione della vittima, dalla quale cercheranno di ave- Intervento dei carabinieri in Municipio. Scatta una denuncia Minaccia la dirigente comunale SIDERNO - Volano parole grosse in comune e sono costretti ad intervenire i carabinieri. E' successo ieri nel Palazzo Municipale di Siderno quando un cittadino si è presentato nell'ufficio della dirigente del settore urbanistica per chiedere il disbrigo di una pratica ed è andato in escandescenza dopo che l'impiegata del comune gli ha prospettato degli intoppi nell'i- Il Municipio ter burocratico della sua pratica. Da qui il putiferio, il cittadino ha iniziato pesantemente ad insultare e minacciare la dirigente dell'ufficio urbanistica. Una veemenza che ha attirato l'attenzione di quanti erano presenti ed ha visto anche l'inter- vento dei carabinieri di Siderno, comandati dal maresciallo Luigi Zeccardo, che hanno prima cercato di calmare gli animi e poi hanno tentato di riportare la calma. Calma che è tornata per tutti tranne che per il cittadino che non ne voleva sapere di “mollare la presa” a suon di parole verso la dipendente del comune. E’ stato comunque provvidenziale l’intervento degli uomini dell’Arma dei carabinieri che hanno accertato il comportamento irruento del cittadino. Un comportamento che lo ha portato a beccarsi una denuncia per minacce aggravate per cui risponderà a piede libero. Il monito del parroco di Bombile: «Sito pericoloso» «Sacrilegio al Santuario la cura spetta al Comune» di NATALINO SPATOLISANO ARDORE - Probabilmente è stato recepito dai fedeli il messaggio di speranza, “che trasforma lo sdegno in azione”, secondo le parole di S. Agostino, lanciato dal rettore e parroco di Bombile don Bruno Cirillo, che, durante l’omelia, non ha potuto esimersi dal commentare i fatti sacrileghi verificatisi, nei giorni addietro, a danno del santuario della Madonna della Grotta. “Al momento”, ha esordito, “non me la sento di attribuire delle responsabilità precise per gli episodi registratisi nel luogo di culto mariano che vanta 5 secoli di storia religiosa. Tuttavia”, ha soggiunto, “quel che è certo è che la cura del sito, dal punto di vista amministrativo, è di competenza della locale amministrazione comunale, essendo l’area di proprietà della parrocchia dello Spirito Santo di Bombile. In ogni caso appare opportuno rilevare l’esistenza di un dato oggettivo che racchiude, per un verso, una situazione dove predominano l’incuria e l’abbandono, per l’altro, la pericolosità del sito e l’accesso re per quanto possibile una buona descrizione fisica e somatica dei tre malviventi, e con un’appropriata attività investigativa. In un territorio fragile, come quello della Locride, a cominciare dal settore sicurezza, è in continuo aumento la paura dei furti e delle rapine in abitazione, visti i recenti fatti di cronaca registratisi in alcuni centri dell’Alto Jonio reggino. Cose che fanno salire la tensione e il senso di preoccupazione dei cittadini, soprattutto di quelli delle fasce più deboli, come gli anziani e i disabili. E l’allarme è stato lanciato recentemente da qualche amministratore pubblico, che ha chiesto al Prefetto di Reggio Calabria, di fare attenzionare di più il territorio da parte delle forze dell’ordine. aperto a tutti. Aggiungo, pertanto, nonostante gli ottimi rapporti che intercorrono col primo cittadino del comune Giuseppe Campisi che, al momento, c’è da registrare la sospensione degli interventi di messa in sicurezza del costone, in attesa del completamento del progetto di consolidamento intrapreso”. Ma il parroco di Bombile, nella piccola chiesa dallo stile austero e dal portone d’ingresso con portale lapideo, ha voluto anche sensibilizzare le coscienze della comunità ecclesiale, affinché non si perda la memoria del santuario mariano più accorsato, dopo quello sanluchese della Madonna di Polsi, della diocesi di Locri –Gerace. “Mi corre l’obbligo di richiamare l’attenzione di tutti in merito a quanto è successo, considerato che il santuario di Bombile appartiene alla memoria collettiva. Quindi”, ha sottolineato don Bruno Cirillo, “il fatto che sia stato asportato, dall’altare marmoreo risalente al 1751, il capitello di destra di inestimabile valore, realizzato in marmo intarsiato e posto tra la colonna di destra e la trabeazione (arco in marmo), il rinvenimento della presenza di bovini a stabulazione fissa installati proprio nella grotta e la scoperta delle tracce del passaggio di ovini lungo la scalinata del santuario, non possono che rappresentare dati inopinabili che toccano la coscienza di tutti, offendendo la memoria e l’identità storica e spirituale di un luogo oggetto di venerazione”. CARERI Intimidazione in un cantiere UNDICI rotoli di biostuoia e 7 rotoli di tnt sono stati incendiati da ignoti introdottisi all’interno del cantiere della società C. spa di Careri. L’attrezzatura oggetto dell’intimidazione è formata da materassini in fibre di paglia utilizzati per il controllo dell'erosione e la stabilizzazione dei terreni e alcuni prodotti “non tessuto” usato come substrato nelle costruzioni edili. Sull’episodio Indagano i carabinieri. Locri. L’ira di Unsa «Palazzo di giustizia poco sicuro» LOCRI - Il sindacato Confsal Unsa, attraverso il segretario regionale Antonino Iannò, ha chiesto al Procuratore generale di Reggio Calabria, un intervento per garantire la sicurezza dei lavoratori che operano presso il Palazzo di Giustizia di Locri – settore civile –sito in Piazza San Giovanni Bosco –Palazzo Parasporo, atteso che nel corso degli ultimi anni ed anche di recente, alcuni episodi spiacevoli, hanno messo a rischio l’incolumità dei dipendenti. «Solo per fare qualche esempio, circa due anni fa, un signore ha preso a calci una porta e rotto la tastiera di un computer e nel corso del corrente mese, un’altra persona ha sbattuto una scrivania sollevandola in parte da terra, minacciando di buttare i fascicoli fuori dalla finestra - si legge nella nota sindacale - All’interno degli uffici, si aggirano mendicanti in cerca di elemosina e pure qualche ubriaco. Il Palazzo di Giustizia è privo di stabile sorveglianza e di sistemi di videosorveglianza, che possano consentire al personale di lavorare in sicurezza». LO SFOGO DEL BOSS Strage di Duisburg Nirta: «Sto troppo male, curatemi» più attiva in terra tedesca. di PASQUALE VIOLI Parliamo di oltre 220 clan SIDERNO - E’ da mesi che presenti sul territorio e chiedo aiuto per il mio sta- circa 900 membri operatito di salute ma nessuna co- vi. Ha di gran lunga supesa è stata fatta per aiutar- rato la mafia e anche altre mi. E’ inutile che io mi pre- realtà criminali internasenti in aula se non sono in zionali, che oramai sono condizione di seguire il quasi agli ordini delle faprocesso a mio carico . So- miglie calabresi. Ma tra no alcune delle parole pro- tutti i clan radicati oramai nunciate ieri in aula da in Germania, sembra che Giuseppe Nirta, alias quelli più attenzionati da“Charlie”, uno degli impu- gli investigatori tedeschi tati principe, insieme a Se- siano quelli della Locride, bastiano Nirta, del proces- in particolare di San Luca. so “Fehida 3”che dovrebbe I clan piu' pericolosi prefare luce sui possibili ese- senti sul territorio tedesco cutori, insieme a Giovan- sono quelli delle famiglie e ni Strangio già condanna- Romeo-Pelle-Vottari Nirta-Strangio to all’ergastolo, insieme alle fadella strage di miglie Farao e Duisburg, avCarelli. venuta il 15 Le attivita' agosto del delle ndrine ca2007. labresi in GerIl secondo mania coprono stralcio del proun ampio vencesso sulla mattaglio, che comtanza di ferraprende il traffigosto dove rico di droga e di masero uccisi 6 armi, la richieitaliani, quattro sta del pizzo e lo di San Luca e smaltimento due giovani di dei rifiuti tossiSiderno, è saltaci. I proventi otto più volte in tenuti da quequesti mesi a Giuseppe Nirta ste attivita' cricausa delle assenze dall’aula proprio di minali, secondo i rapporti Giuseppe Nirta che per della Bka, vengono ricimotivi di salute non ha clati con investimenti nel presenziato alle udienze. settore della gastronomia Non chiedo di essere tra- ed in quello alberghiero. Il sferito a casa o in un’ospe- rapporto del Bka rivela dale - ha riferito ieri con anche che dal 1997 sono delle dichiarazioni spon- stati arrestati in Germatanee l’imputato - ma chie- nia 77 affiliati alla 'ndrando solo di poter andare in gheta, un numero consiuna struttura carceraria stente che ha fatto accenche abbia un centro di assi- dere i riflettori sul fenostenza medica dove posso meno anche agli investicurare i miei prolemi ga- gatori tedeschi. Sempre il strointestinali. Intanto ie- rapporto della BKA stima ri dopo le parole di Giusep- in più di 200 le persone pe Nirta la Corte d’Assise che da San Luca si sono di Locri, presieduta da Al- trasferite in Germania, fredo Sicuro, ha fissato prendendo la residenza, per il prossimo 14 feb- negli ultimi cinque anni. braio l’audizione dei teste Naturalmente non tutti del pubblico ministero Fe- sono necessariamente afderico Perrone Capano, filiati alla malavita. E sempre il 14 febbraio che ha chiesto di sentire il capo della polizia tedesca prossimo saranno sentiti che Sprenger che condus- davanti alla Corte d’Assise se le indagini all’indoma- di Locri altri poliziotti di ni della strage di Dui- Duisburg che hanno consburg. Sprenger, che co- dotto le indagini dopo la manda il gruppo investi- strage di ferragosto. In gativo di Duisburg era già particolare riferiranno delle tracce di polvere da stato sentito dalla Corte d’Assise di Locri in merito sparo che sono state rinveal processo “Fehida” dove nute sulla Renault Clio riera imputato Giovanni conducibile alla vettura Strangio. Sprenger allora che Giovanni Strangio e riferì che da almeno una gli altri presunti killer di decina di anni la polizia te- Duisburg, Giuseppe e Sedesca stava monitorando bastiano Nirta, avrebbero l'affermazione delle fami- usato per allontanarsi doglie calabresi sul territo- po l'eccidio di ferragosto. Ma anche altre sarebbero rio della Germania. Ad oggi, stando anche le tracce che la polizia teal rapporto dello scorso desca avrebbe ritenuto imanno della BKA, la 'ndran- portanti per arrivare all'igheta e' l'organizzazione dentificazione degli ascriminale più radicata e sassini. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Locride Mercoledì 1 febbraio 2012 Piana Mercoledì 1 febbraio 2012 Monsignor Bux chiarisce l’uso delle chiese di Sant’Antonio Taurianova e Madonna di Lourdes di Molochio Sì solo per le messe pubbliche Disciplinate le funzioni religiose: no a matrimoni, prime comunioni e battesimi di SALVATORE LAZZARO TAURIANOVA – Con una lettera indirizzata al parroco di Molochio, don Giovanni Battista Villici, e a frate Francesco Mazzeo, amministratore della parrocchia di San Giuseppe di Taurianova, il vescovo della diocesi di Oppido-Palmi, monisgnore Luciano Bux, chiarisce ufficialmente il ruolo e le funzioni che possono svolgere, a norma del canone ecclesiatico, la chiesa dedicata al Santo di Padova, a Taurianova, e quella dedicata alla Vergine di Lourdes, di Molochio. Come si ricorderà, in un primo tempo era stato lo stesso monsignor Luciano Bux ad aver deciso di chiudere al culto esterno i due edifici in quanto all’origine erano delle cappelle private a uso esclusivo dei frati dimoranti nel Convento dei Cappuccini di Taurianova e nel Santuario di Molochio. Una decisione che aveva scatenato un’ondata di polemiche e mugugni nei cittadini e soprattutto nei fedeli che abitualmente frequentavano le due chiese. In seguito all’allarme e alle proteste dei tantissimi devoti, il vescovo ha sospeso la decisione in attesa di approfondirla con un esperto di diritto canonico. Cosa che è avvenuta nei giorni scorsi, come fa sapere l’alto prelato nella sua missiva. Sicché, a parere dell’esperto - fatto proprio da monsignor Luciano Bux -, le due chiese possono essere sì usate come oratori pubblici (anche se quando edificate non lo erano) ma con delle limitazioni. Come puntualizza monsignor Bux nel suo scritto, “i fedeli possono in tali chiese partecipare a messe feriali e festive, confessarsi, parteci- pare ad Adorazioni eucaristiche, chiedere le esequie funebri”. Mentre “non vi sono consentiti Battesimi, Prime Comunioni. Matrimoni”. Inoltre, si precisa ancora nell’epistola, “senza il consenso del vescovo non si può celebrare il Triduo Sacro con la Veglia Pasquale”. Il permesso del vescovo è altresì necessario per “organizzare processioni nelle strade della parrocchia”. Dopo aver affermato che tale nuovo provvedimento è stato comunicato anche al padre provinciale dei Cappuccini, che provvederà a sua volta a darne notizia al frate responsabile delle due chiese conventuali (si tratta di padre Benigno Mora- bito, ndc), monsignor Luciano Bux termina il suo dire auspicando che “su questo chiarimento cessino le difficoltà di quei fedeli legati a luoghi particolari per la loro personale vita di fede”. Polemica chiusa, dunque. Anche se non si possono escludere mugugni o aperte lamentele da parte di coloro che si erano prenotati – o avevano in mente di farlo – per celebrare il proprio matrimonio o il battesimo di qualche figlio presso una delle due chiese, luoghi spiritualmente ambiti dai fedeli per la forte suggestione religiosa e per la palpabile aurea mistica che promanano da esse. Una scelta per favorire i fedeli Monsignore Luciano Bux Il prestigioso incarico al patron della Pro loco di Palmi Rocco Deodato eletto presidente degli ’mbuttaturi della “Varia” di GIUSEPPE BOVA PALMI – E’ Rocco Deodato il nuovo presidente degli ‘mbuttaturi della “Varia”: è stato eletto nel corso dell’ultima assembleagenerale. Deodato,già allaguida della Pro loco di Palmi, assumerà un compito particolarmente importante quest’anno, poiché l’ultima domenica di agosto è prevista la popolare manifestazionedella “Varia”,svoltasi l’ultima volta nel 2008. La scelta del presidente è avvenuta seguendo i criteri dell’alternanza e della rotazione fra le corporazioni; negli ultimi quattro anni infatti la guida dell’associazione palmese era stata affidata a rappresentanti di Contadini, Ma- rinai, Bovari e Carrettieri. La corporazione degli Artigiani ha scelto come candidato Rocco Deodato che ha poi ricevutoil consenso unanime dell’assemblea riunita nella sede di via Pizi. Con questa nomina è iniziato ufficialmente il nuovo anno per l’associazione di cui sono membri centinaia di giovani palmesi. Deodato prende il posto di Enzo Ricciardi. Nel discorso di insediamento, il nuovo presidente ha evidenziato la necessità di risvegliare l’entusiasmo attorno alla festa della “Varia”. È stato messo in risalto anche il valore religioso della festa, a cui tutte le iniziative sociali e culturali devono essere legate primariamente, ol- tre all’aspetto folkloristico e popolare della manifestazione. Dopo le vicende che hanno portato alla caduta dell’amministrazione Gaudio, l’anno scorso è sfumata la possibilità che l’evento, molto sentitotra ipalmesi enoto alivello nazionale, potesse realizzarsi. Deodato ha quindi chiamato a raccolta gli ‘mbuttaturi nell’anno cruciale, che dovrebbe rivedere finalmente il carro della “Varia” lungo tutto il corso Garibaldi, trainato dallo sforzo dei centinaia di ‘mbuttaturi. Tutti i soci saranno quindi impegnati a pieno nell’organizzazione, soprattutto dopola firmadelprotocollo conl’Amministrazione comunale che ha ufficializzato il loro ruolo nell’evento. La preferenza della commissione è andata all’associazione “Il mio amico Jonathan” Affidata la gestione della tendopoli Sorgerà nell’area industriale di San Ferdinando per dare alloggio agli immigrati di KETY GALATI SAN FERDINANDO – Toccherà al “Il mio amico Jonathan” gestire la tendopoli per gli immigrati africani costruita nella seconda zona industriale di San Ferdinando. Lo ha deciso, ieri a Palazzo del Buon Cammino, un’apposita commissione, che ha aperto le buste della gara, analizzando le offerte pervenute dalle associazioni di volontariato “Il mio amico Jonathan” e dal “Centro di Aggregazione Sociale Onlus Casa di Accoglienza Il Cenacolo di Maropati”. La commissione composta dai responsabili dell’area amministrativa del Comune di San Ferdinando, Maria Cimato e Annunziata Luci, dal segretario comunale Giuliana Cosentino e dal geometra dell’ufficio tecnico Domenico Romeo dello stesso ente ha ritenuto più vantaggiosa l’offerta del “Il mio amico Jonathan” per quanto riguarda i servizi, non tenendo conto del ribasso economico offerto dal “Cenacolo di Maropati” 33 mila euro contro 35 mila dell’associazione vincitrice. Alla liquidazione delle spese provvederà la regione Sono già impegnati nel campo di Rosarno La tendopoli Calabria. “Il mio amico Jonathan” attualmente dirige anche il campo di accoglienza containers di contrada Testa dell’Acqua a Rosarno. La buona notizia è che nelle prossime ventiquattro ore dovrebbero arrivare i primi immigrati nelle quaranta tende allestite in due settimane, dopo la decisone del prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta di requisire l’area di proprietà dell’Asi, do- ve sorge una sorta di secondo campo di accoglienza per stranieri dopo quello di Testa dell’Acqua. Si è conclusa in tal modo la trattativa tra Prefettura, Regione, Provincia, Protezione Civile Regionale, diocesi di OppidoPalmi, Forze dell’ordine ed i sindaci di Rosarno e di San Ferdinando. A tal proposito, il sindaco di San Ferdinando Domenico Madafferi, ha riferito che stamattina dovrebbe già ricevere il decre- to prefettizio per trasferire definitivamente l’incarico di gestione della tendopoli al “Il mio amico Jonathan” presieduta da Michelangelo Rosarno. Ricordiamo che l’area in questione è stata dotata di una cucina e di dieci container igienico sanitari. Ciò permetterà ai migranti di vivere decorosamente in una tenda riscaldata piuttosto che nei ghetti di Rosarno, senza acqua, corrente elettrica e tra i rifiuti. C’è da osservare che non è questa la risoluzione del problema sull’emergenza immigrazione che si scatena nella Piana durante il periodo della stagione agrumaria, ma è un piccolo aiuto per migliaia di extracomunitari, i quali vivono letteralmente in condizioni al limite. Quello della Prefettura è stato infatti un intervento del tutto umanitario. La ragione per cui il sindaco del piccolo centro, Domenico Madafferi è fiero di aver sposato la stessa causa del responsabile dell’Ufficio territoriale del Governo, Luigi Varratta, sottolineando che «di fronte ad una situazione di emergenza il Comune di San Ferdinando è pronto a fare la sua parte per garantire agli immigrati un tetto dignitoso, sia pure in via provvisoria, tre mesi, la sicurezza sanitaria e un pasto caldo. Non possiamo fare di più». A Cittanova Cade in un fosso e rischia la vita di ANTONINO RASO CITTANOVA – Tragedia sfiorata nel tardo pomeriggio di domenica scorsa in località “Torre” a Cittanova. Un uomo, F. C. di 40 anni, uscendo da un casolare dove si stava svolgendo un ritrovo tra parenti, è scivolato accidentalmente in un fosso profondo circa due metri che percorre un’area immersa in un bosco di ulivi secolari. Allertati i soccorsi, l’uomo è stato trasportato nel nosocomio Santa Maria degli Ungheresi di Polistena dove è stato sottoposto ad esami. La ferita alla testa, tuttavia, ritenuta da subito estremamente grave, ha reso necessario nelle ore successive un trasferimento d’urgenza all’ospedale Riuniti di Reggio Calabria nel reparto di neurochirurgia. Le condizioni di F.C. starebbero migliorando con il passare delle ore anche se la prognosi non è ancora stata sciolta dai sanitari reggini. L’uomo, in compagnia di amici all’interno del casolare, intorno alle 18,00 di domenica scorsa si trovava a percorrere la strada comunale che attraversa località “Torre”. La zona di campagna teatro dell’incidente, situata nell’immediata periferia cittadina, non gode di un impianto di illuminazione, né il fosso è segnalato da una barriera di protezione. Nella mattinata di ieri, dopo aver sottoposto F.C. ad una Tac (tomografia assiale computerizzata) di controllo, i medici hanno risvegliato l’uomo dal coma farmacologico. Sulla vicenda stanno indagando le autorità locali per chiarire le dinamiche dell’incidente che stava per costare la vita al quarantenne cittanovese. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 40 Reggio Ripartono da oggi a Reggio i convegni organizzati per il secondo anno del Museo di DOMENICO GRILLONE REGGIO CALABRIA - A novembre scorso l'attenzione si focalizzò su incontri e seminari tematici come la realtà e prospettive dei beni confiscati e sequestrati alla ndrangheta. Ma anche sulle azioni di contrasto, sull'associazionismo antimafia e vari altri temi che hanno visto confrontarsi studiosi, esperti, professori universitari, rappresentanti delle Forze dell'Ordine e della Magistratura. Oggi invece inizia la seconda parte del convegno organizzato per il secondo anno dal Museo della ndrangheta sul tema “La ferita. L'area grigia della ndrangheta”. Il convegno si svolgerà fino al tre febbraio prossimo all'auditorium Nicola Calipari del Consiglio regionale calabrese con il coinvolgimento di numerose personalità: procuratori, docenti, studiosi, sindacalisti, giudici, forze dell'ordine. L'intento dei responsabili del Museo è sempre quello di affrontare la fenomenologia mafiosa nel suo complesso e nei suoi singoli aspetti criminali, sradicandola dagli aspetti mitici e acritici con cui la questione è spesso affrontata dai media e di conseguenza nel sentire comune. Il convegno, “La ferita”, infatti, secondo gli organizzatori, intende ancora una volta “mantenere una linea di discussione rigorosa e una elevata soglia critica, senza cedere a facili mitizzazioni del fenomeno criminale”. In questa nuova edizione, infatti, si è adottata una linea meno generalista, proponendo un convegno tematico con la prospettiva di coniugare sempre gli aspetti di analisi con quelli riguardanti le politiche e le attività di contrasto. E l'area grigia della ndrangheta rappresenta un aspetto di scottante attualità viste le numerose indagini ed arresti da parte delle forze dell'Ordine che hanno coinvolto politici, L’area grigia della ’ndrangheta imprenditori in una sorta di collusione certa ed altre volte dai contorni ambigui e sfumati come può essere appunto l'area grigia”. Si comincia domani, quindi, alle ore 10 con la discussione sul tema riguardante le “Relazioni di complicità e collusione fra cultura, economia a politica”, moderata dal coordinatore del Museo Claudio La Camera e con gli interventi del procuratore Giuseppe Pignatone, del prefetto di Genova Francesco Musolino, di Rocco Sciarrone dell'Università di Torino e Fulvio Librandi dell'Università della Calabria. Nel pomeriggio tavola rotonda sulla “Dimensione criminale dell'area grigia e i reati dei colletti bianchi” con gli interventi di Giovanni Fiandaca (Università di Palermo), Piergiorgio Morosini, giudice per le indagini preliminari di Palermo, Fulvio Rizzo, Sosti- Giuseppe Pignatone In alto a destra Librandi, in alto a sinistra Musolino Nella foto grande il logo dell’iniziativa tuto presso la Procura generale di Reggio Calabria, Il 2 febbraio sarà la volta di “Relazioni e affari nell'area grigia” con Ivan Cicconi, Michele Prestipino, Ivan Lo Bello, Lucio Dattola, Luigi Lombardi Satriani e Tano Grasso. La sessione pomeridiana si occuperà del tema riguardante le “immagini e rappresentazioni sociali della ndrangheta”. Il convegno si concluderà venerdì prossimo con la discussione su “la criminalità dei potenti tra mafia e politica” con gli interventi, fra gli altri, del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, Nando Dalla Chiesa ed Enzo Ciconte. ARTE SESSUALITÀ Sopraffaction, il contemporaneo in expo Alla Galleria nazionale di Cosenza 36 opere connotate dalla sperimentazione Troppo tempo sui siti porno cala il desiderio tra i giovani ferma che il museo, in quanto luogo che ospita l'arte, al pari dell'arte, deve incessantemente ridefinire il suo ruolo, sperimentando percorsi alternativi e sollecitando fruizioni innovative». Interverranno all'iniziativa, moderata da Giulia Fresca, Mario Bozzo; Fabio De Chirico; Alessandro D'Ercole; Carmela Infarinato; Francesco Iorio; Giordano Pierlorenzi; Giuseppe Salerno; Pietro Lecce e Davide Vena. La mostra resterà aperta fino al 19 febbraio dalle 10.00 alle 18 dal martedì alla domenica. Espingono le loro operere Maria Credidio, Alfredo Granata, Luigia Granata, Anna Massinissa, Gabriele Mazzara, Franco Zingaretti, Luigi Ballarin, Gerardo Di Salvatore, Lughia. Curatore della mostra è Giuseppe Salerno PADOVA - Un giovane su caratteristiche di questi quattro, che fa un uso mas- ragazzi rispetto a quelli siccio di pornografia in re- meno fedeli al porno, sono te, rischia di incorrere in un autoerotismo molto patologie quali il calo del spinto, fino a dichiarare desiderio sessuale e l’eia- oltre 30 masturbazioni al mese. Un seculazione precocondo aspetto ce. Ad affermarpiù importante lo uno studio sta nel fatto che medico condotto più del 12% di dall’equipe del questo campioprofessor Carlo ne di giovani Foresta, docente non cerca rapall’Università di porti reali. Il Padova di an25% dei ragazzi drologia, presiha dichiarato dente della Socambiamenti cietà di androlodel proprio gia e medicina comportamendella sessualità. to sessuale che Lo studio ha va- Una coppia prevedono rilutato 500 giovani ventenni che hanno di- duzione dell’interesse reachiarato tutti di conoscere le ed eiaculazione precoce. bene i siti pornografici. La deduzione, sarebbe che Più del 50% passa almeno l’eiaculazione si manifesta 45 minuti o un’ora per se- nei tempi dei filmati che duta due volte alla settima- generalmente in internet na davanti al pc assistendo si riassumonoin pochimia filmati pornografici, le nuti. COSENZA - Sabato prossimo, alle ore 18, a Cosenza, Palazzo Arnone, la Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Calabria e l'associazione socio culturale Proposta Universitaria Libera inaugurano la mostra Sopraffactions Cosenza. Sopraffactions, progetto nato nel 2009, giunge alla Galleria Nazionale di Cosenza dopo le fortunate tappe di Roma e di Fabriano. Trentasei le opere esposte, tra queste le tele degli artisti cosentini Maria Credidio, Alfredo Granata e Luigia Granata, frutto di una ricerca orientata al confronto, allo scambio e alla contaminazione. «La Galleria Nazionale precisa il soprintendente Bsae della Calabria, Fabio De Chirico - prosegue nella sua apertura verso le espressioni e le ricerche del contemporaneo, a con- Una delle opere in mostra E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Idee e società 51 Mercoledì 1 febbraio 2012 34 Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected] Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected] San Lucido Email [email protected] Scalea Email [email protected] Belvedere Email [email protected] Cetraro. Torna d’attualità la proposta di potenziare il posto di polizia: se ne discuterà a Roma? Regione: Consiglio su don Ennio Guccione, Talarico e Censore chiedono garanzie sulla sicurezza del sacerdote di GAETANO BENCIVINNI CETRARO – Approda in consiglio regionale il caso Stamile, che continua a tenere banco nel dibattito politico cetrarese. I consiglieri regionali Carlo Guccione, Domenito Talarico e Bruno Censore hanno presentato un ordine del giorno nel quale si chiede al Governo regionale ed al Presidente della Giunta regionale “di attivarsi presso i competenti organi di sicurezza affinché sia garantita adeguata tutela a don Ennio Stamile, parroco della chiesa di San Benedetto in Cetraro.” Domenica scorsa i consiglieri regionali Gianpaolo Chiappetta, Rosario Mirabelli e Salvatore Magarò hanno testimoniato a don Ennio Stamile la solidarietà, partecipando alla santa messa celebrata dallo stesso parroco all’indomani della nota minaccia perpetrata nei confronti dell’uomo di chiesa. Piovono gli attestati di solidarietà da parte delle forze politiche, delle associazioni culturali e delle istituzioni a tutti i livelli. Un fatto positivo, che trasmette alla città la percezione di non essere sola nella lotta contro la recrudescenza malavitosa, esplosa con forza in questi mesi con una imprevedibile escalation. Si ripropone a Cetraro con rinnovata determinazione la richiesta di potenziare il posto di polizia al fine di assicurare la vigilanza notturna. In questa ottica si sta anche valutando l’ipotesi, dopo il no del Prefetto di Cosenza, di investire la deputazione calabrese con l’obiettivo di trasferire l’esigenza della città al ministro degli Interni. Cetraro non demorde e continua l’impegno contro la criminalità con l’auspi- cio di mantenere accesi i riflettori sulla drammatica situazione sociale che si è venuta a creare dopo i numerosi episodi malavitosi che l’hanno colpita. Il rischio concreto è che tra i cittadini prevalga la paura con le conseguenze che un evento di questo tipo comporta. Bisogna evitare che si ripropongano le condizioni degli anni Ottanta e ciò può avvenire solo se le Istituzioni e lo Stato nel suo complesso sapranno svolgere una efficace azione repressiva e preventiva. Don Ennio Stamile, parroco di Cetraro, ha subito due intimidazioni Paola. Cortese, segretario di Rifondazione: «No alla lista con Sel» Il centrosinistra resta diviso Il Prc ha scelto: correrà da solo. E il Psdi stila un suo programma di FRANCESCO STORINO PAOLA – Attesa nel centrosinistra per la riunione del Pd che avrà luogo oggi pomeriggio. Ma nel frattempo i partiti che appoggiano il sindaco incassano il no del Prc. Il partito di Lucio Cortese ha deciso. «Il Prc a Paola – si legge in una nota della segreteria non costruirà una lista in comune con Sel, e non sosterrà la candidatura a sindaco del (recente ex Pdl) dottor Carlo Gravina. E ci auguriamo che non lo faccia neanche Sel. Ci stupirebbe infatti se chi dovrebbe avere ben chiari i valori della sinistra italiana si adattasse a sostenere esponenti storici della destra paolana. Siamo bene predisposti verso l’unità, ma se fosse davvero a sinistra, e ci sarebbe tutta la nostra disponibilità nel concordare eventualmente anche insieme a Sel, ma non solo, le modalità di aggregazione». Il Prc coglie l’occasione inoltre per ribadire che: «Per tanti motivi, consideriamo irricevibili anche le altre proposte messe in campo dalle forze che dicono di far parte del centrosinistra. Rifondazione sta infatti da lungo tempo lavorando ad un progetto politico nuovo e diverso, che dia respi- ro alla sinistra storica, sociale, radi- la sua adesione alla candidatura di cale, plurale e diffusa della nostra cit- «una personalità che sappia bene tà, insieme al mondo delle associazio- esprimere le esigenze, e le aspettative ni pluraliste e progressiste, del volon- di questa fase storica, che vengono tariato sociale, di tanti settori demo- fuori da quel variegato universo socratici, dei lavoratori, dei precari, dei pra indicato e che non trova, al modisoccupati, dei pensionati, dei ra- mento, alcuna voce che la possa in qualche modo rappresengazzi e delle ragazze, di sintare». gole personalità indipenIntanto il Psdi è al lavoro denti. Vogliamo fare sinteper stilare il programma. si – si aggiunge - con tutti Molto spazio sarà dato alle coloro che comprendono proposte dei giovani. Tra l’importanza di difendere queste alcune idee origiun punto di vista sociale e nali e nuove. «La creazione comunitario nel pieno di (ad esempio) di due uffici questa globalizzazione, che comunali staccati dal musegna il dominio della finicipio. Uno posto a nord e nanza e dei poteri criminali l’altro a sud. Attenzione ai danni di immense moltisarà data all’Ici (e alla ritudini, gente in carne e osmodulazione delle tariffe), sa con tutto il suo disagio, al wi-fi libero sul territole sue preoccupazioni e, a Lucio Cortese (Prc) rio. Su corso Roma, ci spievolte, la sua disperazione, che passano direttamente da una con- gano dal Psdi, «siamo contrari all’isodizione di cittadinanza a quella di la pedonale». Capitolo centrosinistra. «Mentre sudditanza». Nel quadro di queste determinazioni che la segreteria consi- gli altri partiti –ci spiegano i socialdedera «assolutamente inalienabili per mocratici - si azzuffano per far passachi lavora con l’obiettivo della costru- re i loro nominativi noi ci stiamo imzione di un mondo diverso, che non pegnando seriamente. Il nostro cansolo è possibile, ma addirittura neces- didato è il programma. E ci stiamo lasario», il Prc a breve renderà pubblica vorando sodo». San Lucido. In agitazione i dipendenti di Casa Serena Ancora niente stipendio di SETTIMIO ALO’ SAN LUCIDO – Da oggi 1 febbraio 2012, si potrà ridiscutere con tavoli tecnici ad hoc, in merito alla concessione di fondi regionali verso gli istituti di previdenza e le strutture ricettive e assistenziali per anziani. La vicenda Casa Serena di san Lucido che rientrerebbe a pieno diritto tra questi, resta invece inchiodata immobile, ai 750 mila euro circa, che l’ente locale proprio non riesce ad incassare dalla stessa Regione Calabria. Se ne è discusso e se ne discute all’infinito, una vera telenovela intricata ed incresciosa il cui contenzioso però si riversa sulle casse familiari di dipendenti, ormai segnati, provati, che si indebitano, e che cominciano a chiedersi più frequentemente, se i numerosi ed interminabili viaggi a Catanzaro, di politici locali, assessori, sindacati, e rappresentanti di partiti più o meno interessati alla vicenda, abbiano nel tempo creato più ruggine e contrasti con l’ente superiore che benefici. Insomma niente stipendio ma l’ente è riuscito a sopperire per i mesi scorsi facendo i salti mortali, dissanguando casse già precarie ed in preda ad un palese ed evidente simil dissesto, ma nessuna garanzia per i prossimi tempi e per i prossimi contributi regionali di quest’anno solare, quando ancora non sono stati incamerati quelli precedenti. Dif- Casa Serena a San Lucido ficile la prosecuzione ad oltranza di tale precarietà economica, un senso di responsabilità che è mancato, un’ interruzione di pubblico servizio che i dipendenti hanno sempre accantonato come iniziativa, cortei e manifestazioni caduti nel vuoto, un futuro di Casa Serena Silvano De Rango sempre più incerto, passerelle di politici regionali(Mancini, Trematerra, Orsomarso) tutti con il solo scopo di salvare la struttura, ma a ben vedere i risultati appaiono ad oggi assolutamente scadenti. Ed intanto si continua a parlare di privatizzare la struttura. Il bando al Liceo scientifico-Ipsia di Amantea Percorsi di apprendimento per gli adulti e i migranti AMANTEA - Tre percorsi di apprendimento da destinare prioritariamente ai “migranti”e agli adulti usciti da tempo dall’ambiente scolastico, ed ai giovani che hanno necessità di eliminare gli “analfabetismi di ritorno” che impediscono a molti di loro l’esercizio di una piena cittadinanza ed un inserimento più qualificato nel mondo del lavoro. È quanto si propone il progetto denominato “Il cittadino digitale”, finanziato con il Fondo Sociale Europeo, nell’ambito delle attività riguardanti i Piani Integrati d’Istituto per le annualità 2011-2013. Il bando di reclutamento, indetto dal dirigente scolastico del Liceo Scientifico-Ipsia di Amantea, Vincenzo Rainò, è rivolto a migranti, adulti e giovani adulti. «I percorsi formativi – è spiegato in una nota - comprendono lo studio della lingua italiana, l’alfabetizzazione informatica e la conoscenza del pacchetto avanzata di alcuni software di Office e sof- tware per la gestione del fotoritocco e videoediting (per gli allievi che hanno già una certa dimestichezza con il computer). Attraverso una pratica laboratoriale e, tenendo conto della eterogeneità dei discenti, si mirerà soprattutto a rendere “visibile” l’insegnamento, facendo cogliere loro lo stretto legame tra i contenuti di studio e l’uso che ne potranno fare nel lavoro o, in generale, nella vita sociale». Al termine dei corsi sarà rilasciato, a quanti avranno frequentato con regolarità, un attestato di partecipazione con l’indicazione delle competenze acquisite. Per maggiori informazioni sul progetto, osugli orari delle lezioni – che comunque si svolgeranno di pomeriggio o di sera, secondo le esigenze dei partecipanti – ci si può rivolgere all’Ufficio di Dirigenza dell’Istituto. Per iscriversi c’è tempo sino al prossimo 10 febbraio (ore 13). b. p. LE REAZIONI Masciari «Continui senza paura» CATANZARO – «E' bello leggere le parole di don Stamile, è bello vedere che ci sono ancora persone che come lui non si piegano e proseguono per la loro strada, una strada fatta di buone pratiche e di legalità». È quanto afferma il testimone di giustizia Pino Masciari in riferimento alle intimidazioni subite nei giorni scorsi da don Ennio Stamile. «Oramai il termine “eroe” è sulla bocca di troppe persone - prosegue Masciari – oramai “eroe” può diventare chiunque, per aver svolto anche il più normale dei compiti. Ebbene, io credo che il nostro Paese adesso abbia bisogno non di eroi, ma di persone normali. Penso che il Paese abbia la necessità stringente di un risveglio culturale, sociale ed etico. Auguro a Don Stamile di proseguire senza paure il suo cammino, così come mi auguro che i vigliacchi che hanno tentato di intimidirlo si rendano conto della pochezza delle proprie idee e dei propri gesti. Noi non abbiamo paura». «L'ultimo ignobile atto consumatosi a Cetraro e che ha visto colpita la Chiesa in uno dei suoi più autorevoli rappresentanti a livello regionale, il parroco Don Ennio Stamile a cui esprimiamo la nostra vicinanza e solidarietà, offende la dignità del popolo cetrarese». E' quanto scritto in una notacongiunta della Cgil del Comprensorio Pollino-Sibaritide-Tirreno e della Camera del Lavoro di Cetraro. «La turpe azione – prosegue – di alcuni delinquenti, che non hanno nulla a che vedere con i tanti cittadini onesti e laboriosi di Cetraro, vuole far sprofondare la città nel terrore e nell’omertà, per poter così darecampo libero ai loschi affari che hanno arrestato, e che stanno operando per distruggere definitivamente, quella crescita e quello splendore che la nostra città aveva acquisito anni addietro». Il parlamentare del Pd Franco Laratta ha presentato una interrogazione al ministro dell’Interno. «Nei giorni scorsi - scrive Laratta – don Ennio Stamile, parroco della parrocchiadi SanBenedetto aCetraro è stato destinatario di alcune gravi intimidazioni. Il governo è a conoscenza di quali iniziative sono state poste in essere per individuare i responsabili delle gravissime intimidazioni e quali iniziative intende assumere per garantire al sacerdote la sicurezza necessaria». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Tirreno Mercoledì 1 febbraio 2012 Scalea, Belvedere, Cetraro e costa tirrenica Mercoledì 1 febbraio 2012 Praia a Mare. Il delitto secondo il giudice è avvenuto per fatalità Omicidio Isolani, derubricato Nicola Trazza condannato a quattro anni al processo abbreviato PRAIA A MARE – Reato derubricato da omicidio volontario in omicidio colposo. Così si è conclusa l'udienza con il rito abbreviato sull'omicidio del ventunenne Giovanni isolani, avvenuto il 16 dicembre del 2010 in Liguria, a Sanremo.Per tale motivo, Nicola Trazza, 25 anni, unico imputato, è stato condannato a quattro anni di reclusione. Il Gup del tribunale di Sanremo, Maria Grazia Leopardi, ha ritenuto fondate le tesi degli avvocati Nicola Guerrera del foro di Paola e Luigi Patrone del foro di Sanremo. Il Pubblico ministero, Antonella Politi, aveva chiesto 24 anni di condanna che attraverso lo sconto di un terzo della pena per il rito abbreviato sarebbero scesi a 17 anni e 4 mesi. In effetti, 16 anni per l'omicidio e 1 anno e 4 mesi per l'illecita detenzione dell'arma del delitto, la pistola calibro 6.75, mai ritrovata. Il giudice ha quindi dichiarato Niki Trazza colpevole dei reati ascrittigli ritenuta la continuazione tra i due capi, concesse le circostanze attenuanti generiche e la riduzione per il rito abbreviato. Ha poi dichiarato Trazza interdetto dai pubblici uffici per la durata di 5 anni. Ha condannato il giovane praiese al pagamento delle spese processuali e di quelle relative alla propria custodia cautelare, al risarcimento dei danni patiti dalle parti civili legittima- mente costituite. La determinazione della somma è demandata al giudice civile. Il giudice ha condannato Trazza, infine, al pagamento in favore delle parti civili della provvisionale immediatamente esecutiva di 50mila euro a testa, oltre che alla rifusione sempre in favore delle parti civili delle spese sostenute per la propria costituzione e difesa che equitativamente liquida in complessivi 5mila euro, oltre spese generali ed accessori di legge. Fra novanta giorni la motivazione. «Bisogna ora attendere il deposito della motivazione per conoscere in punto di diritto se l’onere della prova sulla intenzionalità dell'evento spetti o meno all’accusa o vicever- sa alla difesa dell’imputato», per come sostenuto dal difensore delle parti civili, avvocato Agostino Fortunato. Di diverso avviso i difensori di Trazza, Nicola Guerrera e Luigi Patro- Nicola Trazza ne, che hanno chiesto la derubricazione del reato in omici- scorso un anno e mezzo in carcedio colposo. «E' una grande vitto- re. Come aveva sostenuto la diferia - hanno detto i legali -. Anche i sa, il delitto avvenuto nell'Ortofamiliari del giovane hanno ac- frutta di strada San Martino fu socolto con tono liberatorio la sen- lo un tragico incidente tra due compaesani che stavano litigantenza del giudice». Già oggi, Guerrera e Patrone do. Nessuna parola per i genitori presenteranno una nuova istan- e la sorella di Giovanni Isolani che za per ottenere la libertà di Nicola hanno abbandonato velocemente Trazza o in subordine gli arresti il palazzo di giustizia. domiciliari. Trazza ha già tram.c. Praia a Mare. Sui settanta posti letto si possono fare verifiche Praia a Mare. Manca una firma Chirurgia rischia la chiusura L'allarme lanciato da Praticò Primarie, Cedolia replica al candidato Pasquale Fortunato di MATTEO CAVA PRAIA A MARE – C'è allarme a Praia a Mare per la paventata chiusura di chirurgia all'ospedale. Il consigliere Antonio Praticò sottolinea la difficile situazione e la analizza anche dal punto di vista politico. «Più volte – afferma - abbiamo discusso del decreto di riordino della rete ospedaliera calabrese, dal quale si evince in maniera chiara ed inequivocabile che l’area nord della Calabria è soggetta ad una eccessiva penalizzazione di posti letto rispetto al centro e sud della Regione. Ciò perché nell’Asp di Cosenza, con fare irresponsabile, è stata prevista la riconversione di 7 presidi ospedalieri. E tutto questo nonostante il fatto che l’area maggiormente estesa e con il maggior numero di abitanti e di comuni sia proprio quella dell’Asp di Cosenza. La drastica riduzione dell’offerta di posti letto, 102 in meno, e quindi della possibilità diricovero, in particolare nell’estremo nord della Calabria dove si registra l’assoluta mancanza di presidi ospedalieri per acuti sul versante tirrenico, comporterà disagi notevoli e gravosi per la popolazione, se si pensa che nel solo ospedale di Praia a Mare sono stati eliminati 70 posti letto. Quanto da noi messo semprein lucenel passato– sostiene Praticò - oggi viene riconosciuto anche dal Tavolo L'ospedale di Praia a Mare Massicci, che sconfessa il Commissario Scopelliti e mette in evidenza i limiti della riorganizzazione della rete ospedaliera, riconosce la carenza dei posti letto nella provincia di Cosenza, che ricomprende quelli dell’ospedale di Praia a Mare». Praticò, definisce un fallimento la programmazione contenuta nel piano di risanamento, che è contraddittoria in quanto tra il primo Decreto sulla riorganizzazione (n.18 del 2010) ed il successivo (106 del 2011) vengono fatti sparire nell’Asp di Cosenza 70posti letto, «Sui qualiè lo stesso Tavolo Massicci che chiede conto, in quanto in mancanza di tali posti letto non viene garantito pienamente il diritto alla salute dei cittadini del territorio». I 70 indicati dal Tavolo sono quelli sottratti a Praiaa Mare. «Quale credibilità – si chiede Praticò - hanno quei Decreti di Scopelliti se è lo stesso Tavolo Massicci che li critica? Non sarebbe più giusto che, nell’ottemperare alle disposizioni del Tavolo, venissero integrati i Decreti riorganizzando così la Rete ospedaliera per come giorni addietro è stato proposto dal Consigliere regionale Mirabelli? Atteso che la popo- Diamante. Albanese scagionato completamente Accusato di omicidio DIAMANTE –Un ulteriore elemento aiuterà il cinquantaduenne albanese, ricercato per un omicidio che forse non ha mai commesso, a rifarsi una vita e a riprendere il lavoro. Rinxhi Sefquet alias Rinxhi Zyhdi da oltre dieci anni residente in Italia era stato arrestato lo scorso mese di dicembre dagli agenti della Questura di Cosenza in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, e nei giorni scorsi la Corte d’Appello di Catanzaro ne aveva disposto la liberazione. L'avvocato Italo Guagliano che lo difende, volendo approfondire la vicenda giudiziaria s’era rivolto anche alle Autorità Albanesi che hanno riesaminato la posizione del Rinxhi emettendo una sentenza che dichiara definitivamente la prescrizione di tutti i reati per i quali era stato con- dannato dalla Corte d’Appello di Tirana. Grande è la soddisfazione del difensore Italo Guagliano, ma ancora di più è la gioia del suo assistito che vuole ringraziare pubblicamente tutte le Autorità italiane ed albanesi, per i cordiali trattamenti ricevuti durante la sua permanenza in Italia e soprattutto in occasione della sua terribile esperienza giudiziaria. Rinxhi Sefquet che viene definito un lavoratore serio adesso dovrà cercare di cancellare quell'ombra che aveva rischiato di oscurare il suo futuro di lavoro in questa zona del Tirreno. L'albanese rischiava quindici anni di reclusione perché accusato del reato di omicidio. Ora che è riuscito a dimostrare l'innocenza è uomo libero. m. c. Potrà tornare a lavorare lazione della provincia di Cosenza risulta di circa 735.000 abitanti e che i posti letto devono essere accreditati nel rispetto del parametro del 2,5 per mille, così come a suo tempo imposto dallo stesso commissario Scopelliti, i 70 posti letto mancanti a Praia a Mare riscontrati dal Tavolo Massicci devono essere ripristinati, anche alla luce del fatto che quello di Praia a Mare è un ospedale di confine, che a differenza degli altriospedali calabresi, ha sempre attirato un’alta percentuale di pazienti provenienti dalle Regioni limitrofe, quali la Basilicata e la Campania, che rappresentano circa il 15% dell’utenza di Praia.Conil suoassurdocomportamento sugli ospedali di confine, Scopellitista impoverendo la sanità calabrese, e contribuisce a risanare quelle lucana e campana, perché non solo i pazienti di fuori regione non arriveranno più in Calabria, ma i cittadini del nostro territorio saranno costretti a rivolgersi a tali strutture. Ci duole – conclude Praticò - che il sindaco di Praia a Mare, di fronte a tanto, rimanga in assoluto silenzio, finanche di fronte al fatto che dal giorno 6 febbraio 2012 la sala operatoria dell’Ospedale di Praia a Mare resterà chiusa, tranne che nei giorni martedì e venerdi dalle 8 alle 14. Ma forse di tale fatto non ne è neanche a conoscenza». Rubati a Scalea i pacchi del gratta e vinci Indagini dei carabinieri SCALEA – Scomparsi venticinque pacchi di Gratta e vinci da un camion che li trasportava. Il conducente del mezzo, dopo essersi accorto dell'accaduto ha subito fatto la comunicazione. L'uomo, un corriere di una nota ditta di trasporti ha scoperto la mancanza dei tagliandi mentre stava scaricando. Sono scomparsi in pratica 25 pacchi diversi per un valore commerciale stimato sui 7.500 euro. Da quanto si è appreso, in seguito alla denuncia, si sono attivati i carabinieri della locale stazione che stanno effettuando le indagini sul caso. Pare che alcuni elementi potrebbero aiutare all'individuazione. Intanto, fra l'altro, i talloncini del gratta e vinci non sono utilizzabili in quanto sono stati bloccati i numeri di serie e non sono più validi. Al momento non sono altro che pezzi di carta con polvere argentata. Bisognerà attendere gli sviluppi delle indagini per capire se si sia trattato di una ragazzata o di un colpo messo a segno con l'obi diettivo di poter guadagnare una serie vincite. m. c. PRAIA A MARE – Le Prima- la competizione ed addiritturie sono ancora al centro delle ra arrecato danno al paese polemiche. Pasquale Fortu- nell’ipotesi di una sua evennato, solo ieri ha spiegato le tuale aggiudicazione elettoragioni dell'abbandono del- rale, è davvero fuori luogo ed l'incontro organizzato per insussistente, per la ragione dettare le regole della “pree- che; sia nel regolamento da lezione”. Ora interviene il me proposto il 7 gennaio, che movimento Rappresentia- nella versione modificata moci, organizzatore di tali at- dell’accordo da noi sottoscrittività. «Debbo purtroppo con- to, è bene evidenziato il ristatare –scrive Massimiliano spetto dell’articolo di legge, Cedolia - che la versione dei quale requisito indispensafatti, riferita da Pasquale bile per la partecipazione alla Fortunato, non corrisponde competizione, con l’accertaal reale accadimento dei fatti. mento formale e documentaCon ciò non intendo asso- le dei requisiti di Legge per lutamente entrare in polemi- ogni candidato, da rilevarsi a ca con lui, che è persona ri- cura della Commissione eletspettabilissima, ma il mio in- torale il giorno 3 marzo 2012, tervento è finalizzato ad evi- in tempo debitoper escludere tare che si inneschino equi- automaticamente dalla celebrazione dell’elevoci atti a generare zioni primarie fisstrumentalizzasate in data 11 zioni per confondemarzo 2012 chi re l’opinione dei citeventualmente tadini praiesi. Innon fosse in regonanzitutto, preciso la. che insieme agli alNon mi appartri tre partecipanti: tiene l’arbitrio di Pietro De Paola, arrogarmi il diritAnna MariaDepreto di escludere alsbiteris e Gino Spocuno sulla base di litu, abbiamo convenuto sulla dira- Massimiliano Cedolia opinioni o informazioni ufficiose, mazione della nota mi attengo solo alstampa per divulle disposizioni vigare l’esito della genti in materia ed riunione sulla quaall’accertamento le era riposta gransu base documende aspettativa da tale, tale verifica parte della cittadirisulta tanto più nanza e l’abbandogarantita quando no del tavolo di conmaggiormente fronto da parte di prossima alla data Fortunato costituidell’evento da tutesce un fatto sgradelare». In ogni caso, vole dell’incontro uno degli aspiranche non poteva esti è colpito da un sere omesso, a maggior ragione, che dopo provvedimento di sorveaverlo trattenuto per farlo glianza speciale. «Per quanto desistere, comunque abbia- concerne invece la storia delmo dovuto continuare la di- la consegna del documento scussione per raggiungere con l’indicazione delle sue unanimemente l’accordo pregiudiziali al tavolo di conelettorale sul quale, ad oggi fronto, mentre lo abbandonamanca soltanto la sua firma. va, è un’altra vicenda indeliNon sussiste –spiega Cedolia cata – secondo Cedolia - in - alcuna involontaria inten- quanto ai tavoli, le proprie zione di tralasciare da parte opinioni si discutono, valutamia la ragione dell’abbando- no e decidono a maggioranno di Fortunato, appunto za, non si lasciano scritte al perché nonè emersoalcun le- pari degli editti cui gli altri gittimo motivo per lasciarsi, debbono sottostare. Con cortese urgenza quineccetto un banale alterco di carattere personale sfociato di gli chiedo anche a nome di De Paola, Depresbiteris e con Spolitu. Nel merito, invece debbo ri- Spolitu, cosa intende fare, levare che il drammatico sce- specificatamente se condivinario rappresentato da Pa- de il regolamento redatto e squale Fortunato, circa la sottoscritto da noi quattro possibilità di partecipazione durante la maratona domealle primarie da parte di qual- nicale o meno, aggiungo che che aspirante candidato pri- sul rispetto delle regole sono vo dei requisiti previsti dalla integerrimo e concreto». legge, che avrebbe invalidato m. c. Uno degli aspiranti sottoposto a misura di sorveglianza E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 36 Cosenza Appello alla Regione perché si attivi a dare battaglia con il ricorso davanti alla Corte costituzionale Il no delle Province a Monti Accogliendo l’invito dell’Upi consiglio provinciale sulla riforma degli enti di EDVIGE VITALIANO UN no fermo a quel comma, il 23,del decretoleggecon cuisi sancisce lo svuotamento dell'Ente intermedio col trasferimento sostanziale di importanti funzioni a Regioni e Comuni e il dislocamento del personale in altri enti, ma non solo. Ecco perchè si invitano il presidente della Giunta ed il presidente del Consiglio a valutare l'opportunità, in accordo con le altre Regioni, di ricorrere alla Corte Costituzionale affinché sia dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 23 del decreto Monti. E' battaglia senza soluzione di continuità a difesa delle Province. Così ieri mattina in ottemperanza ad una direttiva nazionale dell'Upi (ne parliamo anche in primo piano) anche nel capoluogo Consiglio provinciale dedicato ad un unico punto all'ordine del giorno: l'oramai famigerato art 23 del “Decreto Monti”, che contiene le norme taglia Province. Norme che, a sintetizzare gli umori diffusi anche tra i rappresentanti catanzaresi dell'Ente intermedio sotto diversi aspettisono incontrasto con il dettato della Carta Costituzionale; intanto, perchè le Province sono organi costituzionalmente previsti la cui modifica è regolata da procedimenti di natura altrettanto costituzionale. Ad aprire i lavori - che si sono conclusi con la’pprovazione all’unanimità del documento “No all’Italia senza Province”, il presidente del Consiglio Peppino Ruberto cheha sottolineatola portata “storica” dell'iniziativa dell'Upi ribadendo che le province non sono enti inutili, tutt'altro: «Sono a servizio del territorio e della collettività». Nessuno spreco, dunque, nè una battaglia per la poltrona piuttosto la difesa ad oltranza di un organismo previsto dalla Costituzione e per la cui difesa anche Ruberto si appella al governatore Scopelliti all'indomani tra l'altro della discussione anche in in Consiglio regionale da parte di consiglieriappartenenti adiversi gruppi politici, di un ordine del giorno con il quale è stata invitata la Regione a ricorrere alla Corte costituzionale contro l'abolizione delle Province. A seguire l'intervento del vice presidente dell'Ente intermedio Emlio Verrengia che sulla stessa lunghezza d'onda del presidenteRuberto hasottolineato l'importanza dell'assise e della necessità di intervenire su tre livelli: regionanle col ricorso alla Consulta, nazionale Il presidente della Provincia Wanda Ferro con la discussione in Senato sul possibile commissariamento delle Province che andranno al voto nella prossima tornata elettorale e europeo tenendo alta l'attenzione presso il Consiglio Europeo. A Bruxelles, infatti, il 14 febbraio si riunirà la Confederazione europea delle Province. Duro quindi l'attacco di Verrengia all'indirizzo del governo Monti per quella che non è «la battaglia di una casta». Articolatol'intervento di Piero Amato nella sua qualità di vice presidente del Consiglio regionale e di consigliere provinciale. Amato ha ribadito con forza che nei confronti degli Enti intermedi esiste una sorta di atavico pregiudizio ricordando anche la tripartizione avvenuta 20 anni fa con la spartizione di Catanzaro, Crotone e Vibo. Nel dibattito si sono inseriti altresì i consiglieri provinciali Santo Sestito, Pietro Putame, Franco Conidi che ciascuno per proprio conto hanno inserito altri elementi di riflessione sullo spinoso argomento così come il capogruppo Pd Enzo Bruno. A volerli sintetizzare dagli interventi sono emerse alcune priorità come quella di capire come e chi e in quali tempi sidovrebbero trasferire le deleghe di alcuni settori vitali fin qui gestiti dalle Province a Comuni e regioni: dalle infrastrutture alle scuole. Come e in che modi sarà gestito il trasferimento del personale ad altri enti, E ancora perchè le Province sono state oggetto dei primissimi interventi del governo Monti. Enti che a loro avviso sono capri espiatori di un momento storico in cui i tagli alla politica fanno il paio con l'antipolitica diffusa. A chiudere gli interventi il presidente della Provincia e al vertice dell'Upi Calabria Wanda Ferro che da subito ha definito il provvedimento di ridimensionamento delle Province una “legge aborto” ricordando come almeno fin dal 2009 si sia lavorato a sminuirne il ruolo che, invece, a suo giudizio è di fondamentale importanza. «Restiamo fiduciosi in un intervento della Regione Calabria sulla scia di quanto già annunciato dalla Regione Piemonte» ha detto anche il presidente Ferro chiudendo con una frase di Seneca: «Non c’è vento a favore per chi non sa dove andare». IL DOCUMENTO Le contestazioni mosse al decreto legge ECCO alcuni stralci del documento “No all’Italia senza Province” approvato ieri all’unanimità a Palazzo di Vetro al termine della seduta consiliare. Stralci che ben riassumono lo stato dell’arte della protesta. «Premesso che la grave situazione economica e finanziaria impone che tutte le istituzioni si facciano carico dell'equilibrio dei conti pubblici e, allo stesso tempo, di rilanciare la crescita del Paese; che solo attraverso l'impegno e il concorso di tutte le istituzioni della Repubblica è possibile coniugare risanamento, equità e crescita in una prospettiva di coesione sociale e territoriale - si legge nel documento - che l'Italia ha oggi bisogno di un profondo processo di riordino istituzionale con un percorso di riduzione degli sprechi nella spesa; che il Parlamento il 28 dicembre 20 Il ha approvato in via defini- tiva la legge di conversione del decreto legge 201/2011 che contiene, nell'art. 23, commi 14 22, disposizioni che prefigurano uno svuotamento dell'istituzione Provincia, fino alla scomparsa della stessa». «Considerato che il Governo ha definito e varato norme che impattano direttamente su istituzioni che sono previste come elementi costitutivi della Repubblica dalla Costituzionesenza prevedere,anzi volutamente escludendo, qualunque forma di confronto e preventiva condivisione con i rappresentanti delle Province -Le Province richiedono unitariamente alle Regioni di promuovere i ricorsi di fronte alla Corte Costituzionale Le Province richiedono unitariamente al Governo e al Parlamento di approvare una riforma organica delle istituzioni di governo di area vasta». Il governatore a colloquio con Pionati (Adc): «Confermiamo l’alleanza di maggio 2011» Summit Pdl, «il nome entro 48 ore» Scopelliti, di nuovo alla carica su Tallini e Ferro, chiede di stringere i tempi di GIULIA VELTRI Giuseppe Scopelliti L’UFFICIALE DISCESA in campo di Salvatore Scalzo per il centrosinistra imprime un’accelerata anche in casa del centrodestra. Nella giornata di ieri ci sono state una serie di interlocuzioni e di contatti fra il coordinatore provinciale, Maurizio Vento, e il presidente della Regione, GiuseppeScopelliti, efra ilgovernatore e i rappresentanti istituzionali più importanti del partito - gli assessori regionali Mimmo Tallini e Piero Aiello, il consigliere regionale, Claudio Parente, e il presidente della Provincia, Wanda Ferro - con la dichiarata finalità di stringere i tempi, in modo taleda avereentrola finedella settimana il nome del candi- dato a sindaco del Pdl da proporre al resto della coalizione. Molto probabilmente fra domani e dopodomani,infatti, ci sarà un vertice ristretto del partito, al quale sarà presente oltre a Scopelliti lo stato maggiore del Pdl catanzarese e che andrà avanti ad oltranza, fino a quando non uscirà il nome del candidato. La sensazione che si percepisce negli ambienti cittadini del centrodestra è che ci sarà una stretta finale sui rappresentanti istituzionali, in questo momento più esposti sono Mimmo Tallini e Wanda Ferro. Il primo, assessore regiona- le al Personale e capogruppo uscente del Pdl, ha più volte spiegato a Scopelliti di voler concludere la sua esperienza alla Regione, proponendo più volte in alternativa il nome dell’ex sindaco Sergio Abramo. La candidatura di Abramo, però, a causa dei veti incrociati non decolla e, dunque, il governatore preferisce battere la via istituzionale. Ecco perché, anche a margine del funerale del padre del consigliere regionale Nazareno Salerno a Serra San Bruno, c’è stato un nuovo colloquio tra Scopelliti e Tallini. Ma in primo piano c’è anche il presidente della Provincia, Forse domani l’ufficialità del candidato L’assessore regionale indica una nuova modalità per superare la fase di stallo Aiello: «Pensiamo prima alle liste» «Preferisco un candidato a primo cittadino che sia politico ma per tutti è arrivato il momento delle responsabilità» E’TEMPO di riflessioni e di strategia dentro al centrodestra e tutti i maggiorenti sono chiamati a uno sforzo di responsabilità per riuscire a trovare la quadra all’interno per poter dare il via alla campagna elettorale per le amministrative. Per l’assessore regionale, Piero Aiello, ad esempio un ottimo criterio di lavoro è quello di concentrare le energie di queste ore alla preparazione dell liste, aspettando di trovare i giusti incastri per la candidatura più importante che ancora manca,. ed è quella a sindaco. Sentito dal portale web del “Quotidiano della Calabria”, l'attuale componente dell'esecutivo propone infatti un iter diverso da adottare all’interno del Pdl nell’individuazione del candidato a sindaco: «Ritengo importante e predominante l’organiz- zazione seria e concreta delle liste, così come ha dimostrato l’esperienza dello scorso anno, quando le liste hanno preso ancora più voti del candidato sindaco». Una posizione, quella dell’esponente della Giunta Scopelliti, che permette anche di prendere tempo, utile per superare le divisioni che ancora ci sono all’interno del partito nell’individuazione del nome da lanciare nell’arena. «Rispetto ai mal di pancia interni di cui si sta scrivendo in questi giorni – ha aggiunto l’assessore regionale – come gruppo non mi interessano, serve invece una scelta dignitosa per la città di Catanzaro». Rispetto al primo cittadino, Aiello ha un identikit chiaro: «Preferisco un politico e che abbia ruoli istituzionali». Il cer- chio si stringerebbe intorno ai papabili Aiello, Tallini, Ferro e all’ex primo cittadino Sergio Abramo. E su questi nomi, Aiello conferma: «Tallini non si è ancora espresso e lo farà nei prossimi giorni; Ferro è una delle papabili; Abramo ha ricoperto in passato il ruolo di sindaco e adesso guida la Sorical, quindi ha una grande esperienza. Per quanto mi riguarda - aggiunge infine Aiello - se dovessero chiedermi di candidarmi lo farò, ed ognuno dovrà fare così. Sono convinto che alla fine uscirà una posizione unanime». La parola, dunque, passa a Scopelliti per la scelta finale sul destino del capoluogo di regione. Piero Aiello assessore regionale all’Urbanistica Wanda Ferro. Anche lei, da quel che è dato sapere, non è entusiasta dall’idea discendere in campo per palazzo De Nobili, ma è vero che di fronte a un ordine perentorio del partito, nessuno si potrà tirare indietro e non sono contemplati i“no, grazie”. Ieri mattina, intanto, Scopelliti, proprio in funzione della tornata elettorale delle amministrative, ha avuto un incontro con il leader nazionale di Adc, Francesco Pionati. «Sono qui con il presidente Scopelliti – ha detto Pionati per ribadire la volontà di Alleanza di Centro soprattutto dopo gli ottimi risultati avuti nelle passate elezioni, ricordo il 6% a Catanzaro, nel costruire un’alleanza vincente anche nelle prossime amministrative di primavera nonostante le difficoltà che nessuno può negare. Alleanza di Centro intende crescere e stiamo proponendo un modello di politica radicata sul territorio e improntataad unrinnovamento radicale di classe dirigente chesialo strumentochechela gente vuole per riavvicinarsi alla politica». «Con Scopelliti – ha detto ancorail leaderdiAdc –siamo d’accordo nella metodologia di lasciare le decisioni alle classi dirigenti locali per riportare la politica ai livelli a cui deve andare e cioè che ognuno decide per il proprio ambito territoriale. È chiaro che ci sarà una scelta dei livelli dirigenziali perchè bisogna compiere scelte oculate e le più efficaci possibili. Penso che in Calabria e soprattutto a Catanzaro ci sia un eccesso di ottimicandidati. Nonvedodifficoltà, bisogna solo organizzare una coalizione che supporti un candidato condiviso da parte di tutti per andare a vincere le elezioni comunali di maggio». E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Catanzaro 27 Mercoledì 1 febbraio 2012 37 Mercoledì 1 febbraio 2012 REDAZIONE: via Vittorio Emanuele, 32 - 88900 Crotone - Tel. 0962/901334 - Fax 0962/905185 - e-mail: [email protected] La decisione del Tribunale penale. Agli imputati veniva contestato di aver agevolato la cosca Efesto, soltanto tre condanne Il processo contro il locale di ’ndrangheta di Cirò si conclude con 15 assoluzioni di ANTONIO ANASTASI TRE CONDANNE e 15 assoluzioni. E' la decisione del Tribunale penale di Crotone, nei confronti degli imputati del maxiprocesso Efesto, a carico di presunti esponenti del “locale” di 'ndrangheta di Cirò, rimbalzato dopo otto anni, nel maggio scorso, davanti al Tribunale presieduto da Massimo Forciniti (e composto ancheda Giulia Proto e Franco Russo Guarro). La Corte d'appello di Catanzaro, accogliendo il ricorso del pg, ritenne utilizzabili le intercettazioni che erano cadute al vaglio del gup distrettuale nell'ambito di una vecchia inchiesta antimafia. In particolare, la Corte d'Appello confermava soltanto 12, tra i quali spiccava il nome di Silvio Farao, ritenuto uno dei capi del locale di Cirò, dei 32 proscioglimenti disposti nel dicembre 2003 dal gup distrettuale. Stiamo parlando del procedimento che racchiudeva le indagini che avevano portato alle operazioni “Efesto” e “Conte di Melissa”, indagini coordinate dal pm Pierpaolo Bruni all'epoca in cui era applicato alla Dda di Catanzaro (oggi è uno dei sostituti della Procura antimafia). Il gup aveva condannato soltanto tre imputati per estorsione e aveva prosciolto tutti gli altri, fatta eccezione per alcuni reati per i quali dispose la competenza della Procura di Crotone in ordine alla posizione di sei persone. Il proscioglimento di massa era una conseguenza della dichiarazione di inutilizzabilità di numerosissime intercettazioni, telefoniche e ambientali, su cui si basava gran parte delle accuse formulate contro i presunti affiliati alla criminalità organizzata del Cirotano. Tra gli imputati che furono allora prosciolti anche alcuni che successivamente morirono in agguati di mafia, come Natale Bruno,freddato nel settembre 2004, e Antonio Fortino, ucciso nell'aprile 2006, per i quali fu dichiarato il non luogo a procedere per morte del reo. Nessuno degli imputati giudicati ieri era accusato di associazione mafiosa, essendo quest'ipotesi già caduta al vaglio del gup, ma venivano contestati i reati fine - dalle estorsioni allo spaccio e alla coltivazione di stupefacenti ai BREVI FURTO In tre sorpresi a rubare al “GP” Napoleone Vulcano Pantaleone Russelli Umberto Santoro furti - con l'aggravante di aver agevolato il “locale”di Cirò. LA SENTENZA Il pm Antimafia Salvatore Curcio avevachiestoundici condanneeaveva proposto l'assoluzione per sette imputati. Alla fine sono stati condannati soltanto Napoleone Vulcano, 49 anni, diSavelli a13anni(ne eranostatichiesti 24); Umberto Santoro, 53 anni, di Umbriatico, a 4 anni e 6 mesi (chiesti 12); Pantaleone Russelli, di 38 anni, del quartiere Papanice di Crotone, a 5 anni (chiesti 12). Santoro e Vulcano sono stati peraltro scagionati da alcune delle accuse. Il pm ha chiesto e ottenuto l'assoluzione per Francesco Amantea, di 49 anni, di Cirò, Agostino Russano, 38, di Melissa, Cataldo Grisafi, 59, Cirò, Giuseppe Spagnolo, 42, Cirò Marina, Salvatore Cerminara, 33, Savelli, Giuseppe Mangone, 39, Leonardo Mangone, 43, entrambi di Cariati. Assolti anche NicolaCapalbo, 36 anni, di Savelli (chiesti 12 anni); Vito Castiglione, 58 anni, di Roccabernarda (chiesti 12 anni); Antonio Nucera, 36 anni, di Condofuri (chiesti 10 anni e 6 mesi); Domenico Nucera, 60 anni, di Condofuri (chiesti 10 anni); Salvatore PasqualeSantoro, 28anni, diUmbriatico (chiesti 5 anni); Vincenzo Santoro, 46anni,di Umbriatico(chiesti5anni); Giuseppe Sestito, 48 anni, di Umbriatico (chiesti 10 anni); Vincenzo Gangale, 48 anni, di Carfizzi (chiesti 8 anni). L'INCHIESTA L'operazione dei carabinieri scattò nelfebbraio2002 neiconfrontidiindiziati accusati di far parte di un'associazione mafiosa di tipo armato finalizzata alla coltivazione di stupefacenti e al narcotraffico, con collegamenti con ambienti malavitosi del Reggino, e alle estorsioni ai danni di imprenditori. I “reati fine” contestati alle presunte nuove leve del clan Farao-Marincola riflettevano il collaudato modus operandi della 'ndrangheta; ma gli inquirenti scrissero pagine con un prologo simile a quello di storie più “antiche”. Tra i reati anche il furto di bestiame e le estorsioni agli allevatori costretti a pagare in seguito all'abbattimento di vari capi. Le tesi accusatorie traevaono origine dalle captazioni a bordo del veicolo di uno degli imputati. Nell'auto di Napoleone Vulcano, di Savelli, ritenuto l'esecutore materiale di numerosi reati fine - quello che per conto della co- sca avrebbe “regolato” affari come i danneggiamenti a colpi d'arma da fuoco e i furti a scopo estorsivo - era stata piazzata una microspia. Da qui il nome dell'operazione.Seguendo Vulcano-il nome latino di Efesto, dio del fuoco - gli inquirenti scoprirono tutto. I fatti contestati vanno dal gennaio all'aprile 2001. Li avrebbe deliberati tutti il vertice del “locale”, secondo l'originario impianto accusatorio. Le attività illecite di una zona che comprende il Cirotano, l'Alto Marchesato crotonese e il Cosentino jonico sarebbero state appannaggio della cosca cirotana. Le accuse vanno dall'associazione mafiosa alla coltivazione di stupefacenti - ben tre piantagioni, di cui due a Savelli e una a Umbriatico - a numerosi episodi di compravendita di droga al fitto capitolo delle estorsioni condito di furti e danneggiamenti. LA DIFESA Folta la pattuglia degli avvocati: Francesco Laratta, Mario Bombardiere, Luigi Scaramuzzino, Giuseppe e Nuccio Barbuto, Giuseppe Malena, Gianni Russano, Tiziano Saporito, Rocco Carellino, Sergio Rotundo, Vittorio Gangale. LE ACCUSE Tra estorsioni, droga e furti di bestiame ECCO i reati fine che erano contestati agli imputati del processo Efesto. Originariamente a una folta schiera di indagati veniva mossa l’accusa di aver partecipato ad un’associazione mafiosa, denominata “locale di Cirò”, che dagli anni ‘80 e sino al ‘95, avrebbe egemonizzato le attività criminose nel comprensorio della provincia di Crotone. In questo contesto, alcuni affiliati, secondo l’accusa, mantenevano i collegamenti con la cosca madre. Ma l’associazione mafiosa era già caduta al vaglio del gup; restava in piedi l’aggravante del metodo mafioso. STUPEFACENTI Francesco Amantea, Natale Bruno, Cataldo Grisafi, Antonio Fortino, Giuseppe Sestito, sono accusati in qualità di promotori e organizzatori di coltivazione e traffico di stupefacenti. Napoleone Vulcano, Salvatore Cerminara erano accusati di aver coltivato per conto della cosca canapa indiana ed in particolare: 1) una coltivazione in Savelli scoperta dalla Guardia forestale ed estirpata l'8 giugno 2000 (circa 700 piante); 2) coltivazione di canapa indiana a Savelli distrutta da una grandinata nel giugno 2001; Napoleone Vulcano, Umberto e Salvatore Pasquale Santoro erano indiziati di aver coltivato una terza piantagione di stupefacenti a Umbriatico; Napoleone Vulcano, Giuseppe Sestito, Cataldo Grisafi, Umberto Santoro erano accusati di aver acquistato 500 grammi di cocaina e una cassetta di canapa indiana da Domenico e Antonio Nucera a Condofuri, in provincia di Reggio Calabria; Napoleone Vulcano avrebbe acquistato da Vito Castiglione, a Roccabernarda, 20 chili di marijuana per il tramite di Pantaleone Russelli per poi ricedere la sostanza a terzi; Napoleone Vulcano avrebbe ceduto 20 grammi di eroina a un soggetto non identificato; Napoleone Vulcano e Umberto Santoro avrebbero detenuto a fine di spaccio e coltivato canapa indiana; Napoleone Vulcano, Umberto, Domenico e Salvatore Pasquale Santoro, Salvatore Cerminara erano accusati di aver coltivato altre 700 piante di canapa indiana a Savelli. ESTORSIONI Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano, Umberto e Salvatore Pasquale Santoro erano accusati di concorso in estorsione per aver costretto l'imprenditore Antonio Aloisio di Casabona a consegnare in un'occasione - il 2 aprile 2001 - la somma di 500mila lire da destinare al mantenimento degli affiliati detenuti e in un'altra occasione - 2000 - 10 milioni di lire. Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano, Umberto Santoro erano accusati di concorso in estorsione in quanto avrebbero sparato colpi di fucile contro mezzi in un cantiere di proprietà dell'imprenditore Flavio De Bonis e in quanto avrebbero costretto quest'ultimo ad assumere fittiziamente Vulcano al quale sarebbe stata versata la somma di un milione di lire al mese. Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano (quest'ultimo quale esecutore materiale), Giuseppe Sestito erano accusati di concorso in estorsione con l'accusa di essersi appropriati indebitamente di tori da monta di proprietà di Antonio Aiello il quale sarebbe stato costretto, per ottenere la restituzione degli animali, a versare la somma di 12 milioni di lire. Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giuseppe Sestito, Napoleone Vulcano (quest'ultimo quale esecutore materiale) sono accusati di concorso in estorsione per essersi appropriati di alcuni trattori di proprietà di Francesco Bruni il quale sarebbe stato costretto a versare otto milioni di lire per ottenere la restituzione dei veicoli. Francesco Amantea, Cataldo Grisafi, Giusepe Sestito, Napoleone Vulcano, Salvatore Cerminara erano accusati di concorso in estorsione per aver costretto gli imprenditori Pasquale e Salvatore Scarpino, che gestiscono un'attività di produzione di porte in legno a Cutro, a versare loro la somma di 200mila lire. Il capitolo delle estorsioni era ancora fitto e comprende altri episodi. Ma nell'inchiesta erano contestate dalla Dda anche accuse di furto. a. a. I CARABINIERI li hanno beccati mentre, secondo l'accusa, prelevano 3200 euro dalle slot machines del bar Gp, alle spalle della centralissima piazza Pitagora. Per questo il pm Rosalba Lastoria aveva chiesto la custodia in carcere per tutti e tre gli indagati. Ma il giudice Raffaele Lucente, accogliendo le richieste dei difensori, gli avvocati Francesca Parise, Fabio Mungari e Pietro Durante, che hanno puntato sull'incensuratezza dei loro assistiti e sulla tesi del tentativo non consumato, ha rimesso in libertà due 22enni, ai quali ha comunque inflitto l'obbligo di firma, e ha disposto gli arresti domiciliari per un diciottenne già noto alle forze dell'ordine. Il giudice ha comunque convalidato gli arresti scattati con l'accusa di furto aggravato. All'interno del locale, infatti, i militari hanno rinvenuto un “piede di porco” utilizzato presumibilmente per forzare il locale. Il processo per direttissima è slittato al prossimo 28 febbraio avendo i legali chiesto un termine a difesa. SCARCERAZIONE I testi negano e torna in libertà TORNA in libertà, anche se gli è stato imposto l'obbligo di firma, l'uomo arrestato per furto e tentta estorsione nell'aprile scorso poiché, secondo l'accusa, si sarebbe messo sull'auto Fiat “Punto” del 54enne L. R. appena entrato in una pizzeria, sarebbe stato raggiunto, nel quartiere Fondo Gesù, dopo un breve inseguimento a piedi, prima dalla vittima, colpita con un pugno in seguito al diniego opposto alla richiesta di 500 euro per la restituzione del veicolo, e dopo dalla polizia, allertata dallo stesso L. R. L'accusa è quella di furto e tentata estorsione. Ma nel corso del processo a carico di Carmine Perri, 54 anni, di Crotone, alcuni testimoni hanno affermato di non aver visto lui entrare nell'auto ma soltanto di averlo sentito dire. In seguito a quanto emerso dall'istruttoria dibattimentale, il giudice Bianca Maria Todaro ha accolto l'istanza dell'avvocato Nando Pantuso e ha revocato a Perri la custodia cautelare domiciliare. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone Cutro. L’impresa dei Todaro ha avuto revocati lavori nel Reggiano per l’interdizione prefettizia Mafiosi in Emilia, non in Veneto La ditta del genero del boss vince un appalto nel Veronese tra le polemiche di ANTONIO ANASTASI CUTRO- In Emilia appalti revocati per infiltrazioni mafiose, in Veneto polemiche politiche per l'assegnazione di un appalto che, secondo il Comune di Direzione Garda, in provincia di Verona, ha le carte a posto. Sempre nella bufera gli imprenditori cutresi Francesco e Raffaele Todaro, fratelli, legali rappresentanti del Consorzio Primavera. Tar dell'Emilia Romagna e Consiglio di Stato hanno confermato il blocco di un subappalto di lavori di manutenzione di impianti ed edifici aziendali confermando l'impianto di un'interdizione antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Emilia nel 2010. Ma l'approdo sul lago di Garda è stato più benefico per i Todaro, uno dei quali, Raffaele, il procuratore del Consorzio, era genero del boss Antonio Dragone, ucciso nel maggio 2004 in un agguato in cui fu utilizzato un bazooka. Eppure in Veneto la ditta ha vinto la gara per la costruzione del centro ecologico del paese indetta dal Comune, per un valore di oltre mezzo milione di euro, incassato il 20 marzo dell'anno successivo, data in cui il fabbricato è stato consegnato. «Siamo fortemente preoccupati che una ditta rappresentata dalla famiglia Todaro, originaria di Cutro in provincia di Crotone e che nel 2010 ha ricevuto le interdittive antimafia dal prefetto diReggio Emilia,dal Tare la scorsa settimana anche dal Consiglio di Stato, abbia potuto aggiudicarsi un appalto a Garda», hanno detto i consiglieri d'opposizione al Corriere del Veneto. «Ci sono costruzioni dove girano milioni di euro in un momento di forte crisi, che ci sembrano molto sospette», ha affer- mato, in particolare, la capogruppo Anna Codognola. Sembra che il Comune sostenga che le carte, comprese quelle antimafia, sono a posto. Quelle che però, a qualche centinaio di chilometri più a sud, non sono assolutamente a posto, e non solo per la parentela acquisita di Todaro, ad avviso degli inquirenti, della prefettura di Reggio Emilia e dei giudici amministrativi di primo e secondo grado. L'ex genero di Dragone è stato più volte sottoposto a intercettazioni ambientali relative a colloqui in carcere con il suocero che esplicitava i suoi disegni criminosi e i suoi obiettivi nel conflitto con la cosca Grande Aracri. Peraltro nei primi anni '80 Todaro è stato inquisito per estorsione insieme al suoceroanchese neuscìfuori «per insufficienza di prove». C'è anche un'intercetta- zione in cui Todaro avrebbe contattato un affiliato al clan Dragone per conto del suocero «anche se poi la vicenda penale si era conclusa con l'assoluzione per “non avere commesso il fatto». E c'è persino la constatazione della sua «presumibile vicinanza alla cosca vincente Grande Aracri, a fronte dell'adesione al Consorzio Primavera di imprenditori riconducibili a detto gruppo criminale, anche in considerazione di una situazione di verosimile accordo tra il clan Dragone e la cosca avversaria per il più fruttuoso esercizio delle attività illecite in ambito reggiano». Insomma, «nonostante l'assenza di pronunce penali di colpevolezza a carico di Todaro», da risultanze investigative, accertamenti amministrativi e intercettazioni emergerebbe la sua «contiguità mafiosa». Scavi a Punta Alice, la palla passa alla Procura di PATRIZIA SICILIANI CIRÒ MARINA- Uno scavo clandestino ha riportato alla luce la casa di epoca romana, che si estende nel sottosuolo della pineta di Punta Alice. A questa conclusione sono giunti gli addetti ai lavori, dopo il rituale sopralluogo di verifica. Insomma, prima della scoperta, mani esperte hanno aperto “un saggio di scavo, procedendo per trincee”. Chiunque l’abbia fatto, ha commesso un reato. Con malcelata indignazione, la funzionaria di zona, Maria Grazia Aisa, ha confermato: “Siamo in presenza di uno scavo clandestino, la Soprintendenza per i beni archeologici della Calabria ha presentato alla Procura della Repubblica una denuncia contro ignoti, il sito deve essere lasciato così com’è stato trovato, per consentire alle forze dell’ordine di fare dei rilievi”. E’ falsa la storia della buca scavata per prelevare del terriccio? “Certo, certo, c’è tanta confusione nella cittadina, che non aiuta il nostro lavoro” - ha risposto l’archeologa Ai- sa. Per converso, consultato sul “thriller”, lo scopritore della casa di epoca romana, il maestro Elio Malena, ha minimizzato: “La denuncia è unaprassi, in effetti loscavo l’hanno fatto, meno male che non hanno distrutto quanto è emerso, ossia le fondazioni di un muro di un edificio, di un’abitazione sicuramente”. Lui ha inviato una relazione descrittiva della struttura muraria, “costruita con mattoni di epoca ellenistica e databile tra la fine del II°inizio I° secolo a. C.”, alla soprintendente Bonomi. L’ha scritta al suo ritorno dalla pineta, “dove sono accorso – ha spiegato - perché mi hanno chiamato per farmi vedere il sito, mi chiamano sempre in casi simili”. Alla domanda successiva, però, Malena è sbottato: “Ma quali tombaroli? Hanno scavato una buca di 30 cmcon unavanga, hannovisto l’angolo di muro e l’hanno pulito”. I tombaroli - ha chiarito - vanno alla ricerca delle tombe etrusche, che custodiscono ori, in loco le tombe sono sepolte a 3 m. di profondità e restituiscono “roba rotta, senza valore di mercato”. Cirò Marina. I titolari della struttura puntano il dito contro la decurtazione dei fondi «Costretti ai tagli da crisi e budget» La famiglia Caparra interviene in merito alla vertenza della clinica Santa Rita CIRÒ MARINA- Rotto il silenzio, la proprietà della casa di cura “Santa Rita”ha reso noto, in un comunicato stampa, che sta proseguendo nel suo impegno di tutelare i propri dipendenti e che “è necessaria la collaborazione delle Istituzioni per mantenere i livelli occupazionali”. Fino a ieri, del temuto taglio occupazionale, che pende (come minimo) su 19 lavoratori, hanno parlato il dg dell’Asp, Rocco Antonio Nostro, e il sindacalista della Uil, Franco Ierardi. Dunque, i Caparra, nella loro qualità di proprietari della clinica cirotana, hanno ribadito di essere stati costretti ad avviare la procedura di mobilità per i loro dipendenti a causa delle difficoltà economico - finanziarie. Che originano dal taglio dei budget 2010 e 2011, nella misura del 70%, operato dall’Asp di Crotone. Stante lo stato d’impasse, l’Amministrazione della Santa Rita ha avvertito “il dovere morale di parlare il linguaggio della verità, così da non nascondere, ma rappresentare chiaramente ai propri dipendenti le incer- tezze sul loro futuro lavorativo”. Lo stesso dovere morale l’ha indotta ad utilizzare “tutti gli strumenti previsti dall’ordinamento per gestire con una corretta programmazione le conseguenze di una difficile situazione economico - finanziaria”. Peraltro, i Caparra hanno evidenziato che “l’ordinamento impone espressamente di affrontare tali situazioni di difficoltà con una gestione corretta, trasparente e sana”. Facendo la cronistoria dell’attuale crisi, gli scriventi sono riandati agli anni 2010 e 2011, quando il budget assegnato dall’Asp alla casa di cura “Santa Rita” è stato ridotto del 70%, una misura percentuale che “evidentemente impedisce qualunque corretta programmazione dell’attività economica”. Sin da subito, i Caparra hanno ritenuto “illegittima” la suddetta decurtazione e l’hanno contestata davanti al Tar, chiedendo ai giudici amministrativi l’annullamento della deliberazione con cui il direttore ge- Rocca di Neto. Marangolo punta su una base logistica per penetrare nei mercati europei «Vogliamo un mercato all’ingrosso» Il sindaco: «La struttura ortofrutticola sarà una grande opportunità» di SALVATORE FABIANO ROCCA DI NETO - «Il Comune di Rocca di Neto è stato ammesso ad un finanziamento regionale di 100 mila euro (fondi Fesr) che prevede la sostituzione di tutte le lampade dell’illuminazione pubblica ed allo stesso tempo si candida ad avere una struttura ortofrutticola di mercato all’ingrosso». Queste le due novità importanti annunciate dal sindaco Luigi Marangolo. «Appena ci siamo insediati uno dei nostri obiettivi principali era quello di ridurre le spese per l’illuminazione pubblica che grava sulle casse comunali per una cifra di 200mila euro l’anno – spiega il primo cittadino – questa operazione ci consentirà un risparmio di circa il 50%, poiché le nuove lampade a basso consumo energetico assorbiranno meno corrente dalle singole cabine elettriche e ciò permetterà di sviluppare nuovi tratti di illuminazione pubblica senza alcuna spesa aggiuntiva, come magari potrebbe richiedere il potenziamento delle cabine stesse». Il sindaco esprime riconoscenza ai propri amministratori che hanno compreso da subito l’im- Il Comune ottiene fondi per i lampioni Il sindaco Marangolo portanza del progetto e si sono adoperati alacremente per reperire quelle risorse che permetteranno al Comune di portare a compimento il finanziamento, in quanto i nuovi bandi pubblici prevedono una compartecipazione dell’ente comunale del 25% rispetto alla cifra complessiva. Il primo cittadino sottolinea come l’ammissione a questo finanziamento regionale stia a testimoniare che il bilancio del Comune di Rocca di Neto è “in regola” e dispone delle risorse ne- cessarie per aderire ai bandi pubblici. Un altro progetto di fondamentale importanza per la vita economica rocchitana è rappresentato dalla possibilità di avere nel proprio territorio una struttura ortofrutticola di mercato all’ingrosso. Marangolo si dichiara veramente entusiasta per questa grande opportunità ed allo stesso tempo intravede grandi vantaggi per i cittadini. «Un mercato all’ingrosso per l’ortofrutta permetterebbe di accorciare la filiera di mercato e in questo modo il consumatore avrebbe una maggiore possibilità di scelta a prezzi veramente competitivi. Inoltre la struttura rappresenterebbe una base logistica di intelligence per poter individuare nei mercati europei nuovi sbocchi per i nostri prodotti che, pur di qualità eccelsa, spesso rimangono invenduti». Il sindaco spera di riuscire a convincere, avvalendosi del prezioso contributo dei suoi amministratori, gli attuali vertici politici ad investire su una struttura che «potrebbe costituire un volano importante per l’economia locale soprattutto nell’ambito dei fondi Pisl». Il primo cittadino conclude esprimendo gratitudine verso i propri cittadini che stanno dimostrando grande pazienza nei confronti della serrata lotta all’evasione fiscale che l’Amministrazione Comunale in carica sta portando avanti. «Non siamo dei vessatori, né pensiamo di poter infastidire i nostri cittadini a cuor leggero, ma oggi non far pagare le tasse equivarrebbe a non amministrare. Noi vogliamo un Comune ordinato che possa avvalersi di proprie risorse per esprimere tutte le sue potenzialità. Il nostro punto di riferimento devono essere i paese scandinavi dove, a fronte di un sistema fiscale rigido, lo Stato offre ai propri cittadini ogni servizio». nerale dell’Asp assegnò il budget 2010 alla Santa Rita. La loro sottolineatura è che se “i lunghi tempi della giustizia hanno impedito un annullamento delle predette decisioni”, si è rivelato altresì “impossibile raggiungere un accordo con l’Asp per concordare un budget diverso, e non per volontà dei proprietari”. Guardando al presente, i Caparra si sentono obbligati a rappresentare che, “con la nuova programmazione della struttura commissariale per il piano di rientro, il numero dei posti letto da attribuire ai soggetti erogatori privati della provincia di Crotone, tra cui la casa di cura “Santa Rita”, è stato ridotto notevolmente”. Essi hanno aggiunto che, allo stato, non si riesce ancora a sapere “quale sia il numero dei posti letto attribuiti alla Santa Rita per il futuro”, malgrado la stessa “abbia presentato dei piani di riconversione finalizzati ad assicurare specificamente l’erogazione delle prestazioni sanitarie che la programmazione regionale ha ritenuto prioritarie per la provincia di Crotone”. Detto questo, a beneficio (forse) del dg Nostro, i Caparra hanno ribattuto: “l’avvio della procedura non è in alcun modo la conseguenza di un presunto progetto di dismettere la gestione di una attività che, ci sia consentito l’orgoglio di questa rivendicazione, è inscindibilmente legata alla tradizione della nostra famiglia”. La quale ha manifestato, pertanto, “l’intenzione ferma di continuare a gestire la Santa Rita e di archiviare le procedure di mobilità poste in essere”. L’appello finale lo hanno rivolto al Servizio sanitario regionale, affinché faccia “rapida chiarezza sulla revisione dei budget già assegnati per 2010 e 2011 e sui posti letto che saranno attribuiti per il futuro”. Ma anche al direttore generale Nostro, affinché crei le condizioni per consentire alla Santa Rita di andare avanti. p. s. E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro Crotone 41 Provincia Mercoledì 1 febbraio 2012 Mercoledì 1 febbraio 2012 Low Cost. Alla sbarra cinque persone accusate di usura e altro Concluse le indagini “Sud Concerti” Distratte risorse Il principale con quello in cui è imputato Monardo milionarie Un solo troncone di GIANLUCA PRESTIA UN unico procedimento. Questa la decisione del tribunale collegiale che accoglie la richiesta del pubblico ministero Giampaolo Boninsegna in merito alla riunione del processo stralcio in cui è imputato Domenico Monardo con il troncone principale di “Low Cost” che vede alla sbarra quattro persone: Vincenzo Bartone, Francesco La Bella, Angelo Andracchi e Girolamo Macrì. Tutti accusati, a vario titolo di usura nei confronti dell'imprenditore sorianese Domenico Antonio Esposito, testimone di giustizia, unitamente alla compagna Pierina Cominelli, e parte offesa. Entrambi, nel procedimento secondario, in video conferenza da un sito riservato, hanno confermato le dichiarazioni rilasciate lo scorso anno nell'udienza relativa al filone principale. Esposito, però, si è sottoposto al controesame dell'avvocato Diego Brancia, legale di Monardo, che ha chiesto chiarimenti in merito ad una serie di particolari emersi nella sua escussione del 4 maggio 2011. L'imprenditore ha riferito di conoscere l'imputato da molti anni in quanto compaesano e di aver avviato il rapporto di prestito di denaro dal 2008 quando, dopo aver chiuso nel 2007, «con perdite ripianate solo in parte», il precedente negozio che si occupava della vendita di prodotti per l'igiene della casa, stava cercando di avviarne un'altra. Precisamente nel settembre del 2008. In questo lasso di tempo «non ho svolto alcuna attività in quanto avevo avuto un impedimento dal Comune inerente al rilascio della Il palazzo di giustizia di Vibo Valentia licenza». Esposito ha riferito quindi che il primo rapporto dare/avere con Monardo faceva riferimento ad un prestito di 1500 euro avvenuto all'incirca nel gennaio del 2008. Somma di cui «restituì una cifra comprensiva del 20%. L'importo mi venne dato da mia madre alla quale mi rivolsi successivamente perché prima non volevo dar loro preoccupazioni». Rispondendo sempre ad una domanda dell'avvocato Brancia inerente un prestito di 3000 euro da parte dell'imputato ha affermato di non ricordare la data precisa precisando, comunque, «che tutte le somme restituite, di cui buona parte le ho chieste ai miei familiari, sono state conteggiate con gli interessi». In merito, inoltre, ad una richiesta al fondo antiusura della prefettura, Esposito ha dichiarato di non averla ancora Le parti offese confermano le accuse presentata In riferimento a Bartone, la parte offesa ha risposto di conoscerlo solo di vista e di averci avuto a che fare «solo in quel periodo (quello relativo ai fatti contestati, ndr), quando fui chiamato da lui stesso». Come detto, anche la Cominelli, con cui la parte offesa ha riferito di avere una relazione da 14 anni, ha confermato le accuse nella sua deposizione del 5 ottobre 2011, così come i marescialli Vito Calisto e Tommaso Casella e il carabiniere scelto Antonio Candarella che si era recato da Monardo per aggiustare la sua auto e di aver saputo solo dopo gli arresti che era coinvolto in un presunto giro di usura. Successivamente si è celebrato il troncone principale del processo Low Cost nel corso del quale il pm ha chiesto al tribunale collegiale (Presidente Giancar- lo Bianchi, a latere i giudici Manuela Gallo e Alessandro Piscitelli) l'acquisizione dell'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Bartone ed inerente alla recente operazione denominata “Lights in the woods” nella quale risulta accusato a vario titolo unitamente ad altre 30 persone del reato di associazione mafiosa ed altro. Richiesta alla quale si è opposto il legale dell'imputato, l'avvocato Bruno Ganino, motivandola col fatto che riguarda una contestazione ancora in fase d'indagine e per fatti diversi da quelli del procedimento in questione e che è stata accolta dall'organo collegiale il quale, infine, ha sospeso il dibattimento rinviando il processo all'udienza del 21 febbraio prossimo che vedrà l'escussione di quattro testi a discarico della difesa di Domenico Monardo. Prossima udienza il 21 febbraio Accolta l’eccezione dell’avvocato Pizzonia. Indagate 19 persone HANNO sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, scritture contabili al fine di occultare beni materiali e distrarre risorse finanziarie milionarie. Questa nella sostanza l'accusa che viene formulata dalla procura, in particolare dal sostituto Santi Cutroneo, titolare dell'inchiesta, nei confronti di due imprenditori ai quali è stata data comunicazione di conclusione delle indagini e contestuale informazione di garanzia. I due indagati sono Luigi Pisciottano di 37 anni originario di Vibo ma residente a Roma e Nicola Fiarè di 47 anni anche lui residente a Roma ma originario di San Gregorio D'Ippona. L'inchiesta ha riguardato la “Sud Concerti” srl, società che poi sarebbe stata dichiarata fallita dal tribunale di Vibo Valentia della quale Pisciottano era legale rappresentante e Fiarè l'amministratore di fatto. Secondo l'accusa i dueavrebbero, come si diceva, sottratto, distrutto o falsificato in tutto o in parte le fatture degli acquisti e delle vendite, i conti mastro e il libro dei beni ammortizzabili per gli anni 2006 e 2007. E ancora, per gli anni 2008 e 2009, i libri o le altre scritture contabili obbligatorie, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonioo del movimento degli affari e allo scopo di occultare beni materiali per euro 11521,99 e distrarre risorse finanziarie per euro 4.075.831,63. Inoltre, Luigi Pisciottano è accusato, sempre nella sua qualità di rappresentante legale della “Sud Concerti” srl, di non aver ottemperato all'ordine, impartito dal giudice delegato per la procedura fallimentare, di depositare i bilanci, le scritture contabili obbligatorie e l'elencodei creditori, nei tre giorni prescritti dalla legge. I fatti sono stati accertati a Vibo Valentia, dove ha sede la “Sud Concerti” l'8 aprile 2010 e in date successive. d. m. L’EVENTO Domani Iniziativa del Sbv per i bimbi IL Sistema bibliotecario vibonese in collaborazione con la Scuola dell’Infanzia di Bivona Direzione Didattica Statale IV circolo Vibo Marina, presentano domani mattina dalle 10,00 alle 12,00 al polo Santa Chiaral’iniziativa “Quando il cuore parla” con “Nati per leggere”. Lettura di storie di emozioni per mamme (e anche papà), nonni, e tutti gli adulti che si prendono cura dei piccolissimi da 0 a 3 anni. Due le storie che saranno narrate: “Il grande libro di Mattia - Le mie emozioni di Liesbet Slegers” e “Attenti al gatto” di John Yeoman e Quentin Blake. Dalla necessità di restituire ai cittadini l'uso di luoghi altrimenti esclusivi, il Sistema bibliotecario apre, quindi, le porte alla creatività dei cittadini e delle associazioni locali, presso il Polo culturale Santa Chiara con lo “Spazio ragazzi” un’area interamente dedicata a laboratori, incontri e mostre per bambini e ragazzi. Giovedì parte, come detto, la rassegna inserita all’interno del progetto “Quando il cuore” parla con “Nati per Leggere” che presenta un ciclo di iniziative dedicate alla lettura per bambini da 0 a 5 anni accompagnati dai loro genitori in collaborazione con le insegnanti Adriana Barbi, Concetta Malta, Giuseppina Barbieri e Claudia Garreffa della Scuola dell’Infanzia di Bivona. Al mattino l'ingresso è riservato alle scuole dell'infanzia e scuola primaria, su prenotazione; ai bambini da 0 a 3 anni accompagnati. Nel pomeriggio le letture, sono aperte a gruppi di bambini accompagnati da genitori. A febbraio il calendario. LA LETTERA Truffa, gli atti tornano al pm Volete il turismo? Mettetevi d’accordo NUOVA udienza, ieri mattina, davanti al tribunale monocratico, nella persona del giudice Violetta Romano, del processo che vede imputate 19 persone accusate di truffa ai danni dello Stato. Per la precisione dell'Istituto di previdenza sociale di Vibo. Nel corso del dibattimento sono state accolte le eccezioni preliminari presentate dall’avvocato Giuseppe Pizzonia, che rappresenta 10 posizioni, inerenti il fatto che quel tipo procedimento non potesse essere portato avanti con la citazione diretta a giudizio in quanto bisognava passare dall’udienza preliminare. E così, il tribunale monocratico ha rispedito gli atti al pm Cutroneo. Adesso dovrà tenersi una nuova udienza preliminare davanti al gup. La vicenda risale al 2006 quando a seguito di una visita degli ispettori dell'Inps presso l'azienda di Vincenzo De Masi, erano state rilevate presunte irregolarità inerenti le ore di lavoro concesse ai lavoratori e realmente godute da questi ultimi. Il personale dell'Istituto avrebbe acclarato che i 18 dipendenti avessero svolto un numero inferiore di giornate calcolate dal Servizio ispezione del lavoro di Vibo inducendo, così, in errore gli or- La sede dell’Istituto di previdenza sociale di Vibo gani di controllo e procurati agli stessi «l'ingiusto profitto dei benefici previdenziali ed assistenziali da parte dell'Inps stesso a titolo di disoccupazione agricola e creando un danno all'Ente nazionale». Chiamati a rispondere del reato di truffa in concorso sono Vincenzo De Masi, 57 anni di Sorianello; Brunella Andreacchi, 41 anni di Sorianello; Daniela Cambareri, 29 anni, di Sorianello; Vincenzina Ceravolo, 50 anni di Soriano; Giuseppe Chiera, 56 anni, di Gerocarne; Ourdia Chourak, 42 anni, nato in Marocco; Francesca Criniti, 35 anni di Soriano; Elisabetta Daffinà, 51 anni, di Soriano; Nicolina Cosmina Franzé, 30 anni di Chiaravalle Centrale (Cz); Lucia Fuscà, 33 anni, di Jonadi; Salvatore Fuscà. 65 anni, di Sorianello; Laura Gastaldi 32 anni, di Soriano; Francesco Giurlanda, 66 anni di Soriano; Angelo Nesci, 49 anni di Sorianello; Rosanna Pisani, 67 anni, di Serra San Bruno; Bruno Sabatino, 34 anni di Vibo Valentia; Rosa Tassone, 34 anni, di Serra San Bruno; Angelina Urzia, 39 anni, di Soriano e, infine, Marianella Valelà, 62 anni, di Simbario. gl. p. SONO amico della Calabria, e di Capo Vaticano in particolare, da molto tempo, da quando cioè, fin dai primi anni ’80, ho scoperto questo posto incantevole. Da allora ci sono tornato ogni anno per le mie vacanze, che trascorro in un villaggio camping della zona del Tono. Tutto bene, dunque, con un unico neo: in tutti questi anni, da quando l’uso del cellulare è diventato per tutti un’abitudine e una necessità, durante quei 20 giorni di mare se volevo telefonare ai miei parenti, agli amici, alla Uno scorcio di località Tono nella zona di Capo Vaticano mia azienda, dovevo semmanifestazioni, costa meravigliosa ma pre uscire dalla struttura ciano e salire in paese. Lì dove pensano forse che noi tu- quale danno irreparabile mi trovavo, infatti, di ave- risti che veniamo giù da all’ambiente può arrecare re linea neanche a parlar- voi possiamo fare a meno un’antenna, a fronte oltre del cellulare? Non è un no- tutto del beneficio che porne. Da Milano, dove risiedo, stro diritto poter comuni- ta a tanti turisti? È davvemi tengo in contatto con la care agevolmente, o que- ro giustificabile questo Calabria tramite il sito del sto è un diritto che spetta “integralismo ambientaQuotidiano ed è stato così solo a loro che protestano lista” che non tiene conto che ho letto la notizia delle e a tutti gli altri turisti che minimamente del rapporpolemiche suscitate non stanno al Tono? Per- to costo-benefici? E, infidall’ipotesi dell’installa- ché noi, e solo noi, dobbia- ne: è così che questi integralisti ciechi e sordi vozione, proprio in località mo essere penalizzati? Capirei la mobilitazio- gliono difendere e proTono, di un’antenna per ne, e l’appoggerei senza la muovere il turismo nel votelefonia mobile. Sono rimasto esterre- minima esitazione, se si stro territorio? fatto: quanti protestano, trattasse d’impedire che il Fernando Marini fanno comitati e minac- cemento deturpi quella Milano E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro 26 Vibo dal POLLINO alloSTRETTO calabria ora MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 5 Terminator verso l’epilogo: chiesto un secolo di carcere Mano pesante della Dda contro le “famiglie” del Cosentino Invocato l’ergastolo per Ettore Lanzino e Domenico Cicero Ettore Lanzino: chiesto l’ergastolo Domenico Cicero: chiesto l’ergastolo Vincenzo Dedato: chiesti 14 anni PAOLA (CS) Due ergastoli e 120 gli anni di carcere. Sono queste le richieste formulate dal pm della Dda di Catanzaro a carico di boss e picciotti, cosentini e tirrenici, nel corso del processo ordinario scaturito dall’operazione Terminator, la cui udienza si è svolta lunedì pomeriggio presso la Corte d’Assise di Cosenza. L’inchiesta tenta di far luce sugli omicidi dei boss Marcello Calvano e Vittorio Marchio, avvenuti a San Lucido e Cosenza tra luglio e novembre del 1999 nonché su un’estorsione ai danni di un imprenditore consumata nello stesso periodo. Gli imputati di questo processo sono Ettore Lanzino, Vincenzo Dedato, Domenico Cicero, Francesco Amodio, Antonio Pignataro, Giuliano e Ulisse Serpa. Il pm, nel formulare le richieste, si è così espresso: ergastolo per Domenico Cicero e Ettore Lanzino; Francesco Amodio, 20 anni di carcere; 4 anni di carcere rispettivamente per Giuliano e Ulisse Serpa; 14 anni per Vincenzo Dedato. Una nota a parte meritano le posizioni di Giuliano e Ulisse Ser- pa, e di Vincenzo Dedato per i quali sono state riconosciute le attenuanti di cui all’articolo 8 (collaboratori di giustizia). Al pentito Francesco Amodio, invece, è andata male. Considerando, infatti, le dichiarazioni contrastanti rilasciate durante il processo, il pm ha chiesto al Tribunale di non concedere le attenuanti per la collaborazione e che, in virtù di ciò, venga emessa sentenza di condanna a 20 anni di carcere. Un punto sul quale ha espresso disaccordo l’avvocato difensore dell’imputato il quale, nell’arringa conclusiva, ha chiesto al giudice una pena più lieve. Sempre nel corso della stessa udienza, sono stati ascoltati i difensori dei due fratelli Serpa nonché l’avvocato di parte civile del Comune di San Lucido (che ha sostituito anche gli altri colleghi) Anna Di Santo. Il Municipio tirrenico ha chiesto un risarcimento danni pari a 500mila euro. Al termine dell’udienza il giudice ha calendarizzato le altre udienze (entro i primi 15 giorni di febbraio) per sentire i restanti avvocati e per procedere con la sentenza definitiva di primo grado. Il rinvio a giudizio di tutti gli imputati, lo ricordiamo, era stato sentenziato il 29 luglio del 2009 e, nella stessa udienza, erano state avanzate le richieste di rito alternativo per diversi imputati. Nel caso specifico, a finire nella lista degli imputati da giudicare con rito alternativo, sono Luigi Muto, 47 anni, di Cetraro, considerato il “reggente” dell’omonimo clan nei periodi di detenzione del padre Franco, boss della cosca tirrenica; Mario Scofano, di Paola, di 49 anni, ritenuto il “reggente” del clan denominato Scofano-Martello-Ditto; Guido Giacomino il Pantera, di 42 anni, braccio destro del boss Gentile; Andreoli Domenico alias zio Mimmo di Cetraro; Guido Africano, 43 anni, di Amantea, figlio del defunto capo clan amanteano don Ciccio Africano; Dino Posteraro, laghese di 50 anni. Diverse le ipotesi di reato contestate agli imputati. Stando all’accusa, ad esempio, Lanzino, Dedato, Cicero e altri, in concorso tra loro, cagionato la morte del boss sanlucidano, Marcel- lo Calvano, nei cui confronti esplodevano più colpi di pistola cal. 38 special che lo attingevano al fegato, al cuore e ai polmoni. Agli stessi imputati, e questa volta con la collaborazione anche di Amodio, è stato, altresì, contestato l’omicidio di Vittorio Marchio nei cui confronti esplodevano più colpi, esplosi da una pistola cal. 9x21 e da altra pistola cal. 38 special che lo attingevano al torace ed all’addome. Per non parlare della ingente richiesta estorsiva avanzata nei confronti dell’imprenditore amanteano Antonio Coccimiglio. «Avvalendosi della Nessuno sconto forza di intimidazione deper Amodio e rivante dal vincolo associativo - specificava l’ordiDedato: il pm nanza - il Lanzino, ed il Civuole 20 e 14 cero quali capi, il Dedato anni di galera quale contabile dell’organizzazione di stampo mafioso Lanzino/Cicero, Muto, Andreoli e Pignataro quali componenti dell’organizzazione di stampo mafioso capeggiata in quel periodo storico da Muto Luigi in Cetraro, Mario Scofano, quale responsabile dell’associazione di stampo mafioso operante in Paola, Giuliano e Ulisse Serpa Ulisse, quali esponenti di altra associazione di stampo mafioso operante in Paola, Tommaso Gentile e Guido Africano, quali componenti di associazione di stampo mafioso, capeggiata dal Gentile, operante in Amantea, mediante minacce, esplicite ed implicite, consistite nelVa meglio ai l’imporre la loro volontà, fratelli Serpa: utilizzando, in particolare, la caratura criminale loro 4 anni perché pubblicamente ricono“dissociatisi” sciuta, sfruttando il metoda tutti gli altri do mafioso e la capacità di intimidazione implicita nell’atteggiamento, ed anche con la minaccia, posta in essere attraverso il collocamento di un ordigno esplosivo in data 24.12.1999 nei pressi dell’abitazione del Coccimiglio sita in Amantea, materialmente collocato da Gentile su mandato di Dedato, costringevano Coccimiglio a loro corrispondere la somma di denaro una tantum di lire 100 milioni, la somma di lire sette milioni mensili pari a circa 90 milioni l’anno per la protezione dei cantieri, nonché il tre per cento dell’importo di ogni appalto assegnato allo stesso Coccimiglio». STEFANIA SAPIENZA [email protected] corigliano/il fatto CORIGLIANO (CS) Un fatto di cronaca ancora dai risvolti poco chiari e, comunque, al vaglio dei carabinieri della locale Compagnia, si è verificato ieri mattina nella frazione marina di Schiavonea. Dalle scarne notizie che siamo riusciti a reperire pare che ieri mattina è scoppiato un litigio tra una coppia di cittadini rumeni. Litigio che sarebbe sfociato in un gesto d’ira da parte dell’uomo che avrebbe brandito una sedia di ferro e l’avrebbe scagliata con violenza contro la donna. La donna colpita è caduta a terra e pare che a questo punto l’uomo l’avrebbe colpita più volte in varie parti del corpo sempre con la stessa sedia. Le urla d’aiuto della donna sarebbero state udite dai vicini, che prontamente avrebbero chiamato i carabinieri e i medici del “118”. Giunti sul posto i sanitari hanno caricato la donna sull’ambulanza e l’hanno trasportata presso l’ospedale “Guido Compagna”. Qui Litiga con la compagna e la riduce in fin di vita INDAGINI IN CORSO I militari dell’Arma di Corigliano, impegnati a fare luce sul nuovo fatto di cronaca che stavolta vede quali protagonisti due giovani rumeni i camici bianchi hanno riscontrato alla rumena trauma cranico, toracico e contusioni in varie parti del corpo, oltre anche ad alcuni tagli provocati dal corpo contundente. Per fortuna la donna non sarebbe in pericolo di vita, anche se le sue condizioni di salute meritano gran- de attenzione. Fino a ieri sera tardi che avrebbe portato all’arresto di ali carabinieri, coordinati dal capita- cune persone, ma anche in questo no Pietro Paolo Rubbo, erano impe- caso, dalla Compagnia di contrada gnati nel completare le indagini at- San Francesco non trapela nulla, in traverso l’interrogatorio di alcune quando solo a tarda sera sarebbero persone; da qui l’impossibilità da state ultimate le attività investigatiparte degli inquirenti di fornire al- ve. Di certo se ne saprà molto di più, cun particolare sull’accaduto, anche su entrambe le vicende, nella giorperché sarà necessario vagliare at- nata di oggi. Per tornare alla vicenda dei due rumeni tentamente la posipare che la lite tra zione dell’autore La donna è l’uomo e la donna della presunta agricoverata in sarebbe scoppiata gressione, per deciper futili motivi. I dere se chiedere o ospedale: i due prima che l’uomeno al magistrato medici non mo prendesse la di turno l’arresto disperano sedia, avrebbero (cosa che potrebbe avuto una colluttaaccadere alla luce delle gravi lesioni procurate alla zione, e qui la donna si sarebbe didonna). Per i carabinieri della Com- fesa energicamente, dopodiché sotpagnia ausonica, quella di ieri, è sta- to i colpi inferti dall’uomo è stata ta l’ennesima giornata di intenso la- vinta da ogni resistenza. Per fortuvoro, anche perché pare che oltre na, come detto, che le sue condizioalla vicenda dei due rumeni, i mili- ni non sono gravi. tari dell’Arma avrebbero portato a GIACINTO DE PASQUALE termine una brillante operazione [email protected] 6 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O Ecco il verbale shock dell’ultimo pentito figlio del capomafia Faida jonica, parla l’erede di Fiore Procopio: «Così ho visto seppellire Giuseppe Todaro» TRA I BOSCHI DI SAN SOSTENE Il cadavere di Giuseppe Todaro per un periodo fu seppellito nei pressi del parco eolico CATANZARO «Buon vespero», disse don Damiano. Non il prete ma il mammasantissima. Quel giorno, nel dicembre del 2007 quando la guerra di mafia che stava per sconvolgere la jonica calabrese al confine tra le province di Catanzaro, Vibo e Reggio non era ancora iniziata -, in località Galioti di Davoli Marina teneva a battesimo tre picciotti: uno è in galera, il secondo l’hanno già ammazzato, il terzo è l’ultimo pentito di ’ndrangheta. Si chiama Bruno Procopio, ventiquattro anni, nato a Chiaravalle Centrale, rampollo di Fiorito Procopio, il presunto capomafia di Davoli e San Sostene. È Bruno che oggi racconta tutto. Sin dalla sua iniziazione, sin da quando, assieme al fratello Agostino, poi trucidato nell’incedere della faida, comparve davanti a quegli «uomini d’onore disposti a ferro di cavallo». E il bagno di sangue che iniziò otto mesi dopo, con l’assassinio mi- CATANZARO Un anno e otto mesi di reclusione. È la richiesta di formulata dal pm Giampaolo Boninsegna all’epilogo della sua requisitoria nel processo in abbreviato a carico di Giuseppe De Vito, 58 anni di Jacurso, dirigente dell’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro, imputato nella sua veste di direttore dell’Unità operativa di Igiene e sanità pubblica in seno al Dipartimento di prevenzione dell’Asp. Risponde di presunti illeciti connessi nell’affidamento dell’incarico di referente per il coordinamento del suo ufficio: atti persecutori, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico e rifiuto d’atti d’ufficio. All’udienza dello scorso 6 maggio era stato invece pro- lanese del boss Carmelo Novella, non risparmiò neppure i blasonati malandrini che portava in “copiata”: il primo a cadere fu proprio don Damiano Vallelunga, il capo dei “viperari delle Serre” giustiziato il 27 settembre 2009 davanti al Santuario di Riace, poi Vittorio Sia, boss di Soverato falciato nel suo feudo il 22 aprile 2010. In mezzo, e pure dopo, quella che l’ultimo collaborante chiama «la carneficina». È il 16 dicembre del 2011, ore 21.51. Chiede garanzie di protezione al pm antimafia Vincenzo Capomolla e ai carabinieri del Nucleo investigativo di Catanzaro e della Compagnia di Soverato. Nomina l’avvocato Aurelia Rossitto suo legale di fiducia e si autoaccusa prima di accusare. È un uomo della ’ndrangheta, dice. E guidava la moto dalla quale il 22 agosto 2010 scese Antonio Gullà, facendosi largo tra i bagnanti per eseguire la condanna a morte di Ferdinando Rombolà, sulla spiaggia di Soverato. Racconta chi è suo padre, chi era suo fratello, chi erano gli uomini «in testa all’associazione», chi erano «le braccia». Conosce e racconta i retroscena di diversi omicidi consumati tra il litorale jonico e la dorsale delle Serre. Quello dei gemelli Grattà, commesso materialmente - riferisce richiamandone le ammissioni in confidenza - sempre da Gullà. I Grattà, come Rombolà, come Pietro Chiefari e come Giuseppe Todaro, tutti massacrati per aver ucciso e, prima ancora, per aver tentato di uccidere, Vittorio Sia. Racconta, Bruno Procopio, chi ha ammazzato chi, e perché. Offre indizi utili affinché si recuperi quel cadavere che non si trova, il cadavere di Giuseppe Todaro, inghiottito dalla lupara bianca il 23 dicembre del 2009: «È stato occultato in un primo momento in San Sostene Superiore presso il parco eolico, successivamente è stato spostato in quanto si riteneva che il luogo potesse essere individuato a causa dei telefonini posseduti dai partecipanti all’azione. Ho assistito all’occultamento del cadavere perché ero presente alla fase del primo seppellimento. Successivamente il cadavere è stato dissotterrato e messo a bordo di un mezzo di Giuseppe Santo Procopio. Ero presente anche in quell’occasione. Non so dove sia stato ulteriormente occultato». Dice di sapere chi ha partecipato all’agguato. C’è chi è stato arrestato nel corso dell’operazione “Showdown”, con la quale il pm Capomolla ed i carabinieri del colonnello Giorgio Naselli e del capitano Emanuele Leuzzi, hanno gettato un primo fascio di luce sulla faida delle tre province: Michele Tripodi. C’è quindi un “omissis” nel verbale redatto il 16 dicembre. E poi ci sono due che sono morti: suo fratello Agostino, che partecipò personalmente - racconta Bruno Procopo - al rapimento del giovane scomparso; e Vittorio Sia, il capo. Todaro raggiunto a sotto la sua abitazione di Soverato Marina, fatto salire a bordo di un Doblò, quindi ucciso e messo sotto terra dove nessuno l’avrebbe più trovato. Un capitolo, centrale e cruento, di una guerra di mafia che sin qui ha mietuto trenta morti. Una guerra apparentemente finita dopo gli arresti eccellenti di Milano e Catanzaro. Dopo i pentimenti eccellenti, dell’ex padrino Antonino Belmone, prima di Bruno Procopio e dopo i familiari di Todaro. Una guerra che lentamente, e progressivamente, si dipana a ritroso. Senza risparmiare un contorno di loschi traffici, infiltrazioni nel tessuto economico e politico-istituzionale, armi, droga, slot machine e tutto ciò che significava affari e, quindi, potere. PIETRO COMITO [email protected] PM Vincenzo Capomolla AGGUATO Il luogo dell’omicidio dei fratelli Grattà È stato occultato in un primo momento in San Sostene Superiore presso il parco eolico, successivamente è stato spostato in quanto si riteneva che il luogo potesse essere individuato a causa dei telefonini posseduti dai partecipanti all’azione. Ho assistito all’occultamento del cadavere perché ero presente alla fase del primo seppellimento. Successivamente il cadavere è stato dissotterrato... Abusi d’ufficio, falso e mobbing Catanzaro, il pm: condannare il dirigente Asp a un anno e 8 mesi sciolto dall’accusa di concorso in abuso d’ufficio Guglielmo Merante, 60 anni di Catanzaro, che delle asserite condotte illecite di De Vito avrebbe, secondo l’accusa, tratto beneficio. Secondo il compendio probatorio acquisito dalla Procura di Catanzaro, il funzionario dell’Asp avrebbe proceduto alla nomina di Merante in violazione di leggi e contratti di lavoro che avrebbero richiesto per la qualifica di referente per il coordinamento dell’ufficio il possesso del master in mana- gement di primo livello. La nomina, sempre secondo l’accusa, avrebbe penalizzato un dipendente in possesso dei re- ora S T R E T T O quisiti previsti che, invece, sarebbe stato sottoposto ad un ordine di servizio per rotazione di personale ritenuto dal pm immotivato e privo di preventiva comunicazione alle rappresentanze sindacali. Anche l’accusa di atti persecutori ipotizzata a carico di De Vito deriva dalla constatazione secondo la quale l’imputato avrebbe sottoposto il dipendente che non ebbe la nomina ed un suo collega ad una serie di presunte vessazioni, non impiegandoli nelle mansioni superiori cui avrebbero avuto diritto, disponendone più volte il trasferimento e contestando violazioni disciplinari che la Procura di Catanzaro ritie- ne prive di fondamento. Per ritorsione, inoltre, i due dipendenti sarebbero stati impiegati in mansioni mortificanti come il controllo delle deiezioni canine e minacciati allusivamente di essere danneggiati professionalmente. Una situazione di tensione all’interno dell’ufficio che, secondo la pubblica accusa, avrebbe costretto i due dipendenti a sottoporsi anche a cure farmacologiche. L’ipotesi di falso e rifiuto di atti d’ufficio, infine, è legata all’elaborazione di relazioni di competenza dell’ufficio diretto da De Vito ed a presunti mancati interventi di controllo sulle condizioni igieniche di una struttura dell’Asp in via Acri. p. com. 7 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O Condanne per 54 anni al clan Lo Giudice Il risultato ottenuto grazie alle dichiarazioni del “nano” LE CONDANNE Antonino Lo Giudice Consolato Villani Demetrio Gangemi Consolato Romolo Madalina Turcanu Giuseppe Perricone Paolo Sesto Cortese 10 anni 9 anni 10 anni 8 anni 7 anni e 4 mesi 5 anni 5 anni e 4 mesi I PATTEGGIAMENTI REGGIO CALABRIA Mano pesante del giudice per l’udienza preliminare Daniela Oliva nei confronti degli appartenenti alla cosca Lo Giudice. Nel tardo pomeriggio di ieri, infatti, il gup ha emesso il dispositivo di sentenza con il quale ha inflitto oltre 54 anni totali di carcere ai presunti affiliati al clan un tempo capeggiato dal collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice. Proprio quest’ultimo (difeso dall’avvocato Fernando Catanzaro) ha rimediato la condanna più pesante a 10 anni di prigione, accogliendo in pieno le richieste del sostituto procuratore della Dda, Beatrice Ronchi. Nove anni, invece, sono stati inflitti all’altro collaboratore di giustizia, Consolato Villani (difeso dall’avvocato Guarino). Entrambi, è bene ricordarlo, beneficiano della legge sui collaboratori, che permette di ottenere una riduzione sulle condanne. Pena pesantissima anche per Demetrio Gangemi (difeso dagli avvocati Giulia Dieni e Biagio Di Vece). Per lui condanna a 10 anni di reclusione. Gangemi, secondo il costrutto accusatorio, è colui il quale custodiva le armi della cosca Lo Giudice. Solo poco più bassa, invece, la condanna che il gup ha inflitto nei confronti di Consolato Romolo, titolare di un’armeria poi chiusa proprio perché al proprio interno venivano tenute delle armi per conto della famiglia Lo Giudice. Romolo dovrà scontare ben 8 anni di reclusione. Per lui il pm ne aveva chiesti addirittura 10. Mano pesante anche per Madalina Turcanu (difesa Paolo Gatto Antonio Giordano Florinda Giordano Vincenza Mogavero Pasquale Cortese PENTITO Il collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, detto il “nano” dall’avvocato Domenico Mandalari) che è stata condannata a 7 anni e 4 mesi di prigione, a fronte dei 10 anni e 4 mesi chiesti dall’accusa. Andando a scendere con le pene inflitte, arrivano delle condanne anche per Giuseppe Perricone (difeso dagli avvocati Fabio Tuscano e Ida Arcadu), che ha rimediato una pena di 5 anni di reclu- sione e 1800 euro di multa. Cinque anni e quattro mesi, invece, per Paolo Sesto Cortese. Per quest’ultimo, giusto ieri, è intervenuto l’avvocato Giuseppe Nardo che ha sostenuto, nel corso della sua arringa, come la posizione di Paolo Sesto Cortese sia da ritenersi totalmente estranea rispetto alle accuse contestate. Il gup, però, è stato di av- viso diverso ed ha disposto la condanna di Cortese a 5 anni e quattro mesi di reclusione. Sono state ritenute attendibili, dunque, le dichiarazioni dei due collaboratori di giustizia, Nino Lo Giudice e Consolato Villani. È stato soprattutto grazie alle loro propalazioni, se è stato possibile arrivare ad identificare gli af- filiati alla consorteria dei Lo Giudice. Dapprima Villani e poi lo stesso Nino Lo Giudice hanno tracciato un organigramma preciso dei soggetti che fanno parte del clan che un tempo operava nel territorio di Santa Caterina. Ma non vi è soltanto l’accusa di associazione mafiosa. Per alcuni degli imputati, vi è quella di intestazione fittizia di beni. Proprio sotto questo profilo, sono da ritenersi ormai consolidati i patteggiamenti che erano stati già annunciati la scorsa estate e cioè quelli concernenti Paolo Gatto, Antonio Giordano, Florinda Giordano, Vincenza Mogavero e Pasquale Cortese, tutti condannati a due anni di reclusione. Gli avvocati difensori, tuttavia, già nella stessa giornata di ieri, pur riservandosi di leggere le motivazioni della decisione del gup, hanno già annunciato il ricorso in appello. È bene ricordare che in 2 anni 2 anni 2 anni 2 anni 2 anni questo processo non sono soltanto in gioco pesanti condanne (che è il dato più rilevante), ma anche le dichiarazioni di due nuovi collaboratori di giustizia, forse alla prima vera prova processuale della tenuta delle proprie propalazioni. Sta di fatto che il gup Oliva ha sposato integralmente il costrutto accusatorio, pronunciando una sentenza pesantissima nei riguardi dei presunti affiliati alla consorteria mafiosa capeggiata da Antonino Lo Giudice. Bisognerà adesso vedere la tenuta delle dichiarazioni di quest’ultimo con riferimento al movente delle bombe ai magistrati. È lì che si gioca buona parte della credibilità di questo collaboratore che fino ad oggi ha offerto propalazioni in parte riscontrate ed in parte rimaste senza alcun particolare seguito. CONSOLATO MINNITI [email protected] operazione “u cinese” Traffico di droga Chiesto il carcere per 18 persone CATANZARO Diciotto richieste di condanna, a pene variabili dai 5 ai 18 anni, sono state avanzate dal pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Vincenzo Capomolla, nel processo con rito abbreviato scaturito dall’operazione chiamata “U Cinese” contro un’organizzazione che gestiva il traffico di sostanze stupefacenti in Calabria. La condanna maggiore, a diciotto anni di reclusione, è stata chiesta per Sergio Rubino, ritenuto uno dei capi dell’organizzazione. Al termine della requisitoria del pubblico ministero, il giudice per le udienze preliminari, Emma Sonni, ha aggiornato il processo al 14 febbraio prossimo, quando inizieranno le arringhe difensive. Nell’ambito dell’inchiesta erano coinvolte altre otto persone, sette delle quali sono state rinviate a giudizio mentre una ha patteggiato la pena. Le indagini dei carabinieri del comando provinciale di Catanzaro hanno portato a scoprire un ingente traffico di droga tra il capoluogo calabrese, Napoli e la provincia di Latina. il killer di duisburg «Soffro di gastrite Trasferitemi in clinica» LOCRI (RC) Il detenuto Giuseppe “Charlie” Nirta, il narcos condannato a 14 anni di prigione per droga, il fuggiasco di San Luca catturato in Olanda dopo nove anni di latitanza, soffre di gastrite. «Chiedo di essere ricoverato in una struttura clinica adeguata, sto male», ha ripetuto ieri ai giudici della Corte d’assise di Locri, dove si svolge il processo ai presunti esecutori materiali della strage consumata in Germania nell’agosto 2007, sei italiani della Locride morti ammazzati sul piazzale del ristorante “Da Bruno”, a Duisburg. Quel giorno, secondo la Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, tre fedelissimi del boss Gianluca Nirta portarono a termine la vendetta: la moglie del capo, otto mesi prima, era stata uccisa da un commando dei Pelle-Vottari, a San Luca. Quando entrarono in azione, Giovanni Strangio, Sebastiano Nirta e il latitante Charlie spararono senza pietà. Morì il minore Francesco Giorgi. Morì Sebastiano Strangio. Morì Marco Marmo. Morì Tommaso Venturi. Morirono i fratelli Francesco e Marco Pergola. Tutti giovanissimi. Un massacro. L’imputato Charlie Nirta, nel corso dell’udienza di ieri, si è collegato in videoconferenza con il tribunale di Locri. In mano teneva un foglio. Soffre, ha riferito ai giudici, di «disturbi gastrointestinali». Gli hanno dato la caccia per quasi un decennio, ma era divenuto il superlatitante imprendibile. Nel novembre del 2008, però, gli investigatori chiudono il cerchio. Lo arrestano nei paraggi di Amsterdam, quando nei suoi confronti pendeva una condanna per narcotraffico. Gli inquirenti avevano tenuto d’occhio la moglie, Giuseppe “Charlie” Nirta pedinata per lungo tempo. Durante il blitz, eseguito dallo Sco, dall’Interpol e dalla Squadra mobile di Reggio Calabria, vennero ammanettate per favoreggiamento anche le sorelle di Giovanni Strangio. Gli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria, due anni dopo, gli notificarono in carcere un mandato di cattura per la strage di Duisburg: le tracce biologiche intercettate sul luogo dell’eccidio, risultate «compatibili» con il suo dna, si incastravano perfettamente con le confessioni del pentito Vincenzo Consoli. Charlie e Sebastiano Nirta, ora, sono due imputati coinvolti nel processo scaturito dal massacro in terra tedesca. Giovanni Strangio, considerato loro complice, è già stato condannato all’ergastolo. La Corte d’assise di Locri gli ha inflitto il massimo della pena. Anche lui è stato catturato dopo un lungo periodo di latitanza. Gli uomini del commissario Renato Cortese lo scovano in Olanda. Si era tinto i capelli e se ne stava al sicuro con la moglie. Dopo il suo arresto, il capo della Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, disse: «Rappresenta un risultato di eccezionale spessore». Al termine del dibattimento, il presidente della Corte, il giudice Alfredo Sicuro, ha fissato la data della prossima udienza. Si terrà il 14 febbraio. Quel giorno saranno sentiti gli investigatori tedeschi. ILARIO FILIPPONE [email protected] 8 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 D A L LAMEZIA TERME (CZ) Buste con proiettili calibro 38 indirizzate al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, alla presidente nazionale di Confindustria, Emma Marcegaglia, ed ai segretari generali di Cgil e Cisl, Susanna Camusso e Raffaele Bonanni, sono state intercettate ieri nel centro meccanografico postale di San Pietro Lametino a Lamezia Terme. All’interno delle buste, “segnalate” dalla macchina che procede al controllo della posta e che, appena registra un’anomalia soprattutto nello spessore delle buste o dei plichi, si blocca in automatico dando la possibilità, nell’immediatezza di scoprire situazioni similari, c’era anche una lettera contenente minacce con in calce la firma del “Movimento Fronte rivoluzionario”. Nelle lettere, il cui testo sarebbe uguale per tutti, si fa riferimento a questioni legate al lavoro che, in questi giorni, sono al centro del dibattito politico. Una volta allertata del ritrovamento, dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, retta da Salvatore Vitello, con qualche esperienza anche nel campo del terrorismo che risale al periodo in cui era in servizio a Roma, il sostituto procuratore Domenico Galletta ha immediatamente disposto il sequestro di tutto il materiale, prima di passare il fascicolo alla Dda di Catanzaro, competente per materia in quanto si contesta l’aggravante del terrorismo. Al vaglio degli inquirenti, comunque, sia il contenuto delle lettere, che la firma di rivendicazione oltre che il luogo da cui sarebbero partite le buste in quanto nel centro meccanografico di San Pietro lametino confluisce la posta da tutta la Calabria. Non è la prima volta, comunque, che a Lamezia vengono rinvenute buste con proiettili e minacce indirizzate ad esponenti del mondo politico. Il sedici dicembre dello scorso anno, infatti, erano state bloccate dieci buste gialle con all’interno di ciascuna un proiettile ed una let- Le lettere di minacce sono firmate dal “Fronte rivoluzionario” CITTA’ DI REG G IO CALABRIA SETTORE RISORSE EUROPEE E NAZIONALI Bando di gara Il Comune di Reggio Calabria Settore Risorse Europee e Nazionali sito in via Vicenza n.2 (Palazzo ex Onmi) 89125 Reggio Calabria. Tel: +39 0965.312728 - Fax: +39 0965.324204- e-mail: [email protected] indirizzo internet: http://www.reggiocal.it indice bando di gara per l’appalto del servizio di indagine, campionamento ed analisi finalizzato alla definizione dello stato ambientale del suolo e del sottosuolo relativi all'area ubicata nella zona Stadio a valle ex proprietà FF.SS. di Reggio Calabria. ENTITA': euro 94.380,00. Procedura: aperta Criterio: prezzo più basso TERMINE OFFERTE: entro le ore 12.00 del ventesimo giorno successivo alla data di pubblicazione su http://www.reggiocal.it; Il Responsabile del Procedimento: Ing. Giovanni Festa Il dirigente avv. Francesco Barreca P O L L I N O calabria A L L O S T R E T T O Buste con proiettili a Fornero e Marcegaglia Intercettate a Lamezia. Minacce anche a Camusso e Bonanni Elsa Fornero Emma Marcegaglia Susanna Camusso Raffele Bonanni tera, che, questa volta a firma del “Movimento armato proletario”, erano indirizzate al presidente del Consiglio Mario Monti (con un proiettile calibro 9), all’ex premier Silvio Berlusconi ma anche al segretario nazionale del Pd Pierluigi Bersani (calibro 7.65) ed allo stesso ministro del Welfare Elsa Fornero (calibro 9.21). Plichi con un proiettile per fucile calibro 12, invece, erano indirizzate al presidente dell’Udc Pierferdi- nando Casini e ai direttori di giornali Ferruccio De Bortoli (Corriere della Sera), Ezio Mauro (La Repubblica), Maurizio Belpietro (Libero), ora Le indagini sono adesso in mano alla Dda di Catanzaro Leonardo Boriano (La Padania), Mario Sechi (Il Tempo). Anche in quella circostanza, i temi del lavoro erano quelli dominanti. In particolare, nel chiedere la modifica della manovra finanziaria, si sottolineava che «le misure prese per colpire sempre i più deboli non devono essere approvate se non con modifiche radicali a difendere quel poco che le fasce deboli hanno […]. Ma vi rendete conto – era scritto - che colpite gli operai con le loro famiglie che sono già sul lastrico». Quindi, le minacce non certamente velate: «Ve la faremo pagare a tutti […] Vi colpiremo […] Sarà una guerra all’ultimo sangue […] Vi faremo maledire queste misure col sangue […] Non dovete più dormire sonni tranquilli […] La finanziaria è pronta come è pronto il loro funerale […] Ci vedremo a Roma». SAVERIA MARIA GIGLIOTTI [email protected] in aula l’ex moglie di uno dei pesce «Francesco mi picchiava e non mi faceva uscire» PALMI (RC) Botte e vessazioni, soprusi fa- della teste, è solo la paura cieca. «Al telefono mi miliari e violenza cieca: nella testimonianza di diceva un sacco di cose e mi ripeteva sempre che Ilaria Latorre c’è tutta la pochezza umana di un se lo avessi rifiutato non avrei mai avuto una mia rapporto forzatamente intrecciato tra una ragaz- vita privata. Scappammo insieme, e dopo la fuga zina ingenua e impaurita e un esponente dei Pe- abbiamo convissuto per circa un anno prima del matrimonio. Ma Francesco si dimostrò subito sce. Una storia drammatica quella racconper quello che era: ora, a distanza tata dall’ex moglie di Francesco di tempo, posso dire che sembraPesce, che ha raccontato al presiva malato». dente del collegio giudicante ConUna vita impossibile quella che cettina Epifanio della sua persoviene fuori dal racconto della Lanale discesa all’inferno coincisa torre; una vita rinchiusa in casa, con la breve fase di innamoraad aspettare un marito che dormento tra i due. Una storia iniziame fino al pomeriggio ed esce di ta come tante altre prima, fatta di casa subito dopo mangiato per belle parole in lunghe telefonate tornarvi poi solo a notte alta. E adolescenziali: poi la “fuitina”, la nessuna possibilità di discussioconvivenza dentro la casa della ne, visto che «il dialogo, per cocollaboratrice di giustizia Giusep- Prima del me la vedeva lui, era costituito sopina Pesce, il matrimonio sfarzomatrimonio avevo lo dalle botte che mi dava». Botte so a Bovalino, e la fuga dal tetto già deciso di lasciarlo per una risposta “sbagliata” della coniugale verso la casa paterna. moglie, botte per uno sguardo di Ilaria Latorre (che si è presen- ma venne a casa sbieco, botte «per non essere una tata col pancione nell’aula buna riprendermi e mi buona moglie. Ma io sono stata ker del tribunale di Palmi dopo una buona moglie – dice sicura la avere saltato l’udienza preceden- picchiò in bagno Latorre – cucinavo, pulivo casa, te, nella quale avevano deposto il Non potevo dirgli gli stiravo i vestiti. Il problema padre e la madre, giustificandosi non sono mai stata io. Era lui che con un certificato medico) rispon- di no: avevo paura non mi consentiva di fare nulla. de con un filo di voce alle domanAvevo le chiavi di casa quando lui de dei sostituti procuratori Alesandava a sbrigarsi le sue faccende, sandra Cerreti e Giulia Pantano: tiene gli occhi bassi, e un profilo distaccato men- ma potevo uscire solo per fare le spesa e per una tre ripercorre i due anni che le hanno cambiato la breve visita ai miei genitori». Una non vita che era cominciata già prima del vita. «Non sapevo che Francesco Pesce avesse problemi giudiziari, lo seppi solo dopo il matri- matrimonio e a cui la teste non è riuscita a sottrarmonio. Ci siamo conosciuti a Rosarno, lui si era si per lungo tempo. «Prima del matrimonio io innamorato di me; da ragazzina io non uscivo avevo già deciso di lasciarlo e andai a Bologna molto e all’inizio il nostro rapporto si basava so- con i miei genitori per qualche giorno ma appelo su lunghissime telefonate. Era innamorato di na tornai a Rosarno venne a casa dei miei per rime, ma io non l’ho mai amato, ero solo invaghita prendermi. Mi picchiò in bagno, sbattendomi la di lui ma il sentimento passò in fretta». A tenere testa contro il muro e prendendomi a calci. Non unita la coppia infatti, a sentire le dichiarazioni potevo dirgli di no: avevo paura per me e paura Il tribunale di Palmi per quello che sarebbe potuto accadere ai miei genitori. Loro sapevano qualcosa dei miei problemi, ma io sono stata sempre brava a nascondere i miei sentimenti». E poi il falso conto corrente aperto a suo nome in favore del suocero Salvatore Pesce (conto poi chiuso a causa di assegni emessi senza copertura finanziaria che finirono col provocare il protesto della donna) che spinge la teste ad abbandonare il tetto coniugale per riparare definitivamente a casa dei genitori. E ancora il blitz a mano armata che il marito abbandonato organizza per rapire la sposa fuggiasca – irruzione alla quale la Latorre riesce a sfuggire per puro caso visto che al momento dell’irruzione della banda si trovava fuori con degli zii per una rappresentazione teatrale – e il lento ritorno alla normalità, con l’annullamento del matrimonio e il tentativo di una nuova vita, con un nuovo compagno. Lontana da Francesco Pesce e dalla sua ingombrante famiglia. VINCENZO IMPERITURA [email protected] 9 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 D A L P O L L I N O calabria A L L O ora S T R E T T O l’amico dei servizi Zumbo mediatore tra cosche e Stato La “confessione shock” nel corso dei colloqui in carcere con la moglie ga. Lei, del resto, era anche il suo avvocato. Fino al giorno «Ho lavorato tanti anni fa- dell’arresto. E così, da un focendo da tramite tra le co- glio manoscritto, che Zumbo sche e lo Stato». Giovanni legge alla Toscano il 24 ottoZumbo si confessa. Lo “spio- bre del 2011, viene fuori una ne” amico dei servizi, tratto verità assai interessante, sepin arresto nell’ambito del- pur costellata da una serie di l’operazione “Il Crimine” per “incomprensibile” per la basaver rivelato informazioni ri- sa qualità dell’audio e delle servate ai boss della ’ndran- immagini: «Ho lavorato tangheta, si sfoga e mette a nu- ti anni facendo da tramite tra do le sue verità. Verità che fi- le cosche e lo Stato – afferma no ad oggi erano state taciu- Zumbo – ho fatto tante cose, te e che per la prima volta il mio errore della mia vita è vengono fuori dai colloqui in di garantire un patto a garancarcere tra lo stesso Zumbo e zia di un altro, ed è stato semsua moglie, Maria Francesca pre così. Ecco la mia delinToscano, anche lei raggiunta quità??? (letterale, ndr) Tanda provvedimento restrittivo ti mi dicono (inc.) ora sono nell’ambito dell’operazione quasi tutti (inc.) e molti sono “Astrea”. Ed è proprio nei fal- stati facilitati, nutro dispiadoni di quest’inchiesta che si cere per chi dice (inc.) li ha trovano gli dati in mano stralci dei a me… tranArrestato colloqui tra i che a voi, per aver rivelato ne due, che ma non in aprono uno questa letteai boss squarcio inra (si rivolge informazioni quietante su alla moglie) e riservate una delle ficose… Conogure più consco D’Antotroverse degli ultimi anni. ni… Mancini, conosco GiarZumbo si racconta, tra un dina, altri e tantissimi altri memoriale e qualche confi- delle forze dell’ordine». Zumbo non le manda a didenza. La moglie lo interro- «Il mio errore è stato garantire un patto a garanzia di un altro...» REGGIO CALABRIA Da sinistra, Giovanni Zumbo e la moglie Maria Francesca Toscano, arrestata nell’ambito dell’operazione “Astrea” re e spiega: «Io ti rispondo a lampo!... Perché ora mi sono rotto le palle! Io voglio andare via, no che voglio stare qua». Poi la Toscano allude ad un amico, verosimilmente delle forze dell’ordine, che le avrebbe detto, relativamente al marito: «Gli devi dire che è lui che ha il coltello dalla parte del manico!». Sarebbe Zumbo, dunque, ad avere la possibilità di “colpire”. Ma chi? Per capire la centralità della figura della “talpa” è necessario fare un passo indietro ed andare a due giorni prima, quando sempre durante un colloquio in carcere tra lui e la moglie, si parla di rapporti che Zumbo ebbe con i servizi di sicurezza nazionali e con le forze dell’ordine in genere. Passa soltanto qualche settimana ed i due parlano nuovamente. È il 7 novembre scorso ed in tale occasione arriva una nuova ammissione di Zumbo. Lo stralcio del colloquio lo chiarisce in modo netto. Toscano: Io me lo chiedo il sospetto ancora il perché, il perché di questa tua scelta. Zumbo: Quale? Toscano: Di (inc.) insieme a questa gente. Zumbo: Quale gente, io lavoravo per lo Stato; e forse… Toscano: eh, a gratis? Zumbo: sì. Toscano: per questo si chiedono tutti il perché… ma me lo chiedo pure io… il perché. Il colloquio va avanti e si affrontano vari argomenti. Ma Zumbo tiene a ribadire un concetto chiave: lui era uno di loro. E per loro intende lo Stato. Zumbo: ormai si sono accaniti figuriamoci. Toscano: non è che si sono accaniti. Zumbo: si ho capito Francesca, ho capito. Ma in qualunque caso sono sempre stato uno che ha lavorato… ho lavorato con loro, gli ho fatto le misure di prevenzione (inc.le), mi hanno accusato delle cose peggiori… mi hanno abbandonato, cioè a sto punti dimmi tu che cosa devo far, allora lo faccio… Toscano: ti sei messo in questa situazione senza nessuna necessità. Zumbo: senza nessuna necessità (omissis) devi capire che se io sono qua dentro è perché pure non voglio mettere in mezzo determinate persone e tu mi dici (inc.le) cioè se no io lo dico perché mi hai portato con questo… allora stai pensando male di me… omissis Toscano: dico sempre perché lo hai fatto. Zumbo: perché sono una testa di cazzo. Toscano: ti prendi la colpa? Zumbo: che cosa? Toscano: per che cosa? Visto che tu (inc.le) Non mi dire… Zumbo: perché ero rimasto… un’altra cosa… mi hanno promesso… sì per te, per i bambini. CONSOLATO MINNITI [email protected] ipotesi depistaggio Vittima di un doppio gioco? Bomba alla procura generale Lo “spione” smentito dal “nano” Microspia in casa Pelle, Zumbo: mi hanno incastrato REGGIO CALABRIA «Lo che lo ritraevano a casa di Pelle sahanno fatto per bruciarmi. Mi ave- rebbero state cancellate. Lui ne era vano garantito che non doveva sicuro. Ma poco dopo il detenuto uscire questa cosa». Giovanni introduce un argomento nuovo e Zumbo ha un’idea precisa: chi l’ha riguardante presunti attriti tra gli mandato a casa Pelle lo ha fatto ufficiali del Ros, Russo e Giardina. per incastrarlo. Un doppio gioco, Secondo gli agenti di pg che regicosì viene definito. È quel che strano, dalla risposta di Zumbo si emerge dai colloqui in carcere che evince che la causa di tutto potreb“la talpa” ha avuto con la moglie be essere scaturita proprio da queMaria Francesca Toscano. Zumbo sta circostanza, ovvero, dal fatto non si fa troppi problemi nell’af- che ad un certo punto uno non ha fermare che «io ho riferito in pro- più assecondato il volere dell’altro. Toscano: non è che probabilcura, ora non voglio sapere nulla, io non copro a nessuno». Lo “spio- mente c’erano… uhm… due fazione” riferisce poi alla moglie che la ni tra di loro? Zumbo: uuu… da morire! Ecco questione della videosorveglianza a casa Pelle «me la sono inventata. perché ti dico… può anche darsi Perché io se sapevo che c’era la vi- che quello gli ha detto: «A me non deosorveglianza non entravo, che ne fotte niente… arrestiamolo!» e ero pazzo». È in questo passaggio quindi viene a cadere l’ipotesi che che accade qualcoin effetti c’era sa di assai interesSecondo la talpa qualcuno che volesante. «Però c’è un va dire: «no figliodeterminanti li… vedete che la altro discorso che secondo me – affurono gli attriti cosa è giusta» e gli ha detto: ferma Zumbo – nel Ros tra Russo quello «no, non è giusto quando io (inc.le) e Giardina niente! perché telecamera lui è quand’era così, covenuto da me e mi ha detto che mi avevano visto e che sì e così a me non mi hanno (ha) sapevano tutto (…) perché lui ha chiamato mai» quindi, può essere detto che li cancellava veramente tutto e il contrario di tutto, lo sai Francesca». Zumbo, insomma, era come vanno queste cose no? stato rassicurato da qualcuno (eviSecondo Zumbo, dunque, qualdentemente un esponente delle cuno non meglio identificato lo forze dell’ordine) che le immagini avrebbe mandato a casa Pelle. A Giuseppe Pelle posteriori, però, la “talpa” pensa che «volevano sicuramente fottermi (…) e poi ci sono riusciti: oppure volevano arrivare a qualche altro obiettivo che io non riesco a capire… veramente non riesco a capire neanche io i fatti, comunque sono questi… che io dovevo andare là per arrivare a quella famosa (inc.le)». L’incomprensibile non consente di capire a cosa Zumbo dovesse arrivare. Di certo era qualcosa di molto importante. Un gioco dalla posta altissima, finito con l’arresto del collaboratore dei servizi segreti. cons. min. REGGIO CALABRIA «Se prima dici che sono attendibile e dopo una settimana si pente Lo Giudice…». Quella collaborazione Giovanni Zumbo non l’ha proprio digerita. In ben due occasioni, nel corso dei colloqui con la moglie parla di Nino Lo Giudice come di colui che lo ha smentito. Ma su cosa? È lo stesso “spione” a rivelarlo e l’argomento non può che essere la bomba alla procura generale. Prima parla di Ioppolo, poi di Rappoccio, infine di Roccella e spiega che «la mia conoscenza con Roccella (appuntato dei carabinieri, ndr) non è casuale…». Secondo la lettura data dai verbalizzanti, Zumbo risponde alle dichiarazioni rese dallo stesso Roccella in merito ai suoi rapporti con la ’ndrangheta e collegamenti con la cosca Serraino. E proprio su questo Zumbo afferma di essere stato smentito da Lo Giudice. «Poi perché io dovrei fare un’affermazione del genere? Io conosco la famiglia Serraino dai tempi scolastici, in quanto compagno di classe di Serraino Antonio, figlio di Serraino Francesco, quando morì il suo papà io ho conosciuto tutta la famiglia, zii e cugini compresi». La Toscano, allora afferma che «questo qua serve a minare la credibilità di Roccella». E la situazione si fa più chiara in un altro colloquio con la moglie, quando Zumbo spiega che lui si difenderà «da tutte le porcherie che sono state dette sulla mia persona» e poi aggiunge: «un avvocato e un giudice, sono corrotti?». Non si può non pensare alla prima pista seguita dagli investigatori per la bomba in procura e cioè quella relativa al processo Rende. Ma allora, attenendosi scrupolosamente alle risultanze investigative sino al momento emerse, prenderebbe sempre più corpo l’ipotesi di un depistaggio iniziale riferito al ruolo della cosca Serraino ed al processo Rende quale movente della bomba. (cons. min.) 14 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 calabria ora R E G G I O Quattrocento firme per il Consiglio aperto Comune, “Reggio non tace” rivendica trasparenza l’appello Emergenza carceri: «È ora di agire» Gianni Nucera «È ormai indifferibile ed urgente una complessiva revisione del sistema carcerario calabrese». E’ quanto afferma in una nota il segretario questore del consiglio regionale Gianni Nucera. «La situazione delle carceri calabresi – ribadisce l’esponente Pdl – è giunta ormai a livelli drammatici. Una vicenda che avevamo ripetutamente denunciato. Ora è la stessa dirigente della casa circondariale di Reggio di Calabria, Maria Carmela Longo, a confermare e rilevare le pesanti ed insopportabili problematiche esistenti nel carcere reggino che rappresentano il paradigma dello stato delle carceri calabresi: sovraffollamento di detenuti, oltre ogni limite; carenze ed insufficienze strutturali, inadeguatezza degli organici di Polizia Penitenziaria». «Il quadro complessivo denunciato dalla dottoressa Longo – ancora Nucera – è ormai giunto ad un livello insostenibile che regge grazie allo spirito di collaborazione tra Uffici di Procura e struttura carceraria. Ma è evidente che la buona volontà presto non basterà più a risolvere i problemi, a fronte di già gravi carenze di personale, e quel che è peggio, dei tagli al trasferimento dei fondi destinati al funzionamento ed all’espletamento dei servizi di istituto». Per Nucera «è ora di prendere veramente atto dell’esistenza in Calabria di una emergenza carceri». Nell’agosto 2010 Nucera, sul problema, aveva presentato apposito Ordine del giorno a palazzo Campanella. L’esponente Pdl infine ricorda il sostegno «alle tante segnalazioni ed alle numerose richieste di interventi straordinari che in questi anni il Sappe ha inviato ai Ministri di Giustizia e dell’Interno ». Una raccolta firme per chiedere un' assemblea comunale aperta. Il movimento Reggio Non Tace, ha lanciato questa sfida, provare a raccogliere le quattrocento firme necessarie a richiedere una riunione aperta del civico consesso, come recita lo stesso statuto comunale. Nella conferenza stampa indetta dal movimento, sono intervenuti Giuseppe Angelone, Francesco Perrelli ed Emanuele Zupi. Ogni tre del mese, ormai diventato un appuntamento fisso del movimento, questa volta si preoccuperà di raccogliere quante più firme possibili, come ha ricordato Giuseppe Angelone che ha sottolineato come l’assemblea pubblica sia necessaria «per discutere di legalità, dato l’invio della commissione d’accesso da parte del Viminale affinchè verifichi eventuali infiltrazioni mafiose in consiglio» . «Vorremmo interrogarci sulle misure da mettere in campo per contrastare il fenomeno mafioso – ha proseguito Angelone – e per conoscere le misure che il sindaco e la giunta intendono intraprendere». Altro interrogativo che il movimento si pone, e che vorrebbe porre anche al civico consesso reggino riguarda la situazione debitoria del Comune. «Si tratta di cifre enormi delle quali e come cittadini vorremmo sapere che fine hanno fatto i nostri soldi». Francesco Perrelli nel suo in- La conferenza stampa di “Reggio non tace” tervento ha sottolineato come «se c'è un punto di contatto tra la commissione d’accesso e la mancata approvazione del bilancio consuntivo 2010, questo è rappresentato dalle società miste,che hanno situazione economica di dissesto grave». Un esempio concreto è la Leonia che ha un costo annuale per il Comune di 14 milioni di euro, a fronte di entrate dalla riscossione della Tarsu per 11 milioni, con un disavanzo di circa 3 milioni di euro. «La nostra proposta – ha concluso Perrelli – è quella di coinvolgere i cittadini, per auspicare un salto di qualità per la nostra città». La raccolta firme promossa dal movimento Reggio Non Tace, dunque, si terrà il prossimo mercoledì tre febbraio sulla scalinata del teatro comunale Francesco Cilea e proseguirà per tutto il mese di febbraio. L’auspicio è quello di raccogliere molte più firme delle 400 necessarie alla richiesta di assemblea pubblica, dove il movimento intende approfondire gli aspetti della in merito a quanto accaduto in seno al Consiglio Comunale e alle Società partecipate, causa dell’invio della Commissione d’accesso da parte del Ministero degli Interni e per conoscere quali azioni l’amministrazione comunale ha intrapreso o intende intraprendere per far fronte al gravissimo disavanzo di bilancio accertato dagli Ispettori del Ministero dell’Economia e dagli Esperti incaricati dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria. palazzo san giorgio Il Nuovo Psi con Arena «Basta giudizi affrettati» Il Nuovo Psi solidale con il sindaco Demetrio Arena. Il motivo secondo il coordinatore provinciale, Bruno Arichetta, e il subcommissario regionale, Massimo Lo Faro, è dato da fatto che il primo cittadino sarebbe stato «sottoposto sino ad oggi ad attacchi d’ogni tipo, a seguito dell’arrivo della Commissione di Accesso al Comune di Reggio». I toni assunti, per il Npsi, «rappresentano il chiaro segno della sconfitta della dialettica politica». Il Nuovo Psi attacca chi ha già emesso la sua personale sentenza. «Il Nuovo Psi invita accusatori e cassandre a non esprimere giudizi affrettati e a lasciare lavorare la commissio- ne con serenità di giudizio, senza evocare processi di piazza». «Il Nuovo Psi in tal senso ha ritenuto opportuno seguire attentamente tutte le iniziative politiche della giunta presieduta dal Sindaco Demetrio Arena, amministratore che non solo reputiamo qualificato e serio, ma uomo di elevato spessore umano, che si è costruito cristianamente e che sta vivendo ogni giorno il suo ruolo istituzionale come servizio alla propria comunità, malgrado i grandi e piccoli problemi ancora irrisolti che attanagliano tanti settori, compresa la grave crisi di liquidità che, ricordiamo, investe la stragrande maggioranza delle città italiane». Quartuccio delegato Asp La soddisfazione di Raso Il sindaco Demetrio Arena ha delegato il consigliere comunale Antonio Quartuccio a partecipare, in sua rappresentanza, alla Conferenza dei sindaci dell’Asp. Decisione accolta con soddisfazione dal capogruppo della Scopelliti presidente in consiglio comunale Michele Raso. «A nome del gruppo ha detto Raso - esprimo grande soddisfazione per la scelta del primo cittadino. Il giovane collega Quartuccio, possiede le qualità personali e professionali per interpretare al meglio il compito assegnatogli. Quanto deciso dal sindaco - ha aggiunto il capogruppo Michele Raso - vuole inserirsi in una logica ben più ampia che vede il coinvolgimento dei consiglieri comunali nelle diverse attività portate avanti dall’amministrazione comunale, in un momento storico particolarmente delicato». ANTONIO MORELLI [email protected] azienda sanitaria provinciale aeroporto Denunciata la Squillacioti Il Pdci “chiama” Pelaggi La Cgil chiede l’attivazione del Contratto integrativo Uffici doganali, Tripodi chiede al dg di chiarire La Cgil ha presentato una denuncia penale nei confronti del direttore generale dell’Asp 5 Rosanna Squillacioti. L’accusa è quella di non aver rispettato una sentenza del Tribunale che imponeva l’avvio delle procedure per la stipula del contratto integrativo aziendale. A renderlo noto, tramite una nota congiunta, sono il segretario generale della Fp Cgil Giuseppe Gentile e il segretario della Fp Medici Cgil Francesco Loschiavo. «Il presidente della Giunta Regionale Scopelliti - partono da lontano i due sindacalisti - ha affermato che il “Modello Reggio” è frutto di responsabilità dirigenziali e non della gestione politica da lui diretta (sic!) come se lui stesse da tutt’altra parte. L’espressione diretta di Scopelliti (vedi il gioco delle 3 carte), nella persona del direttore generale dell’Asp Squillacioti, ci consegna l’ennesima forma di arroganza politica/gestionale, con la semplice variante ascrivibile alla gestione e non più ai dirigenti. L’esempio è il silenzio arrogante del direttore generale dell’Asp, di fronte a una sentenza del Giudice». «Tanto arrogante - dice la Cgil che non offende nessuno ma ci obbliga a procedere con una denuncia penale per inottemperanza ai termini perentori assegnati da Giudice per rimuovere l’atteggiamento antisindacale e avviare le procedure necessarie alla stipula del contratto integrativo aziendale dei lavoratori dell’Asp». «I fatti - precisano Gentile e Loschiavo - sono riferiti al decreto del Tribunale di Palmi, ex articolo 28 della legge 300/70, notificato all’Asp il 29 dicembre 2011. L’ASP veniva condannata per condotta antisindacale e, alla Squillacioti veniva ordinato di ottemperare, entro il termine di 20 giorni dalla comunicazione del decreto, a tutti gli adempimenti previsti per avviare la procedura di contrattazione integrativa aziendale, in conformità a quanto previsto dal Ccnl». Davanti all’inadempienza la Cgil ha sporto denuncia e invitato alla mobilitazione le altre sigle sindacali «per evitare di inabissare l'Azienda di decreti ingiuntivi che pagherebbero solamente i cittadini attraverso disservizi e malasanità». Dopo la sua recente denuncia, Ivan Tripodi mantiene alta l’attenzione sul pericolo di soppressione delle Sezione doganale dell’Aeroporto dello Stretto sollecitando il direttore generale dell’Agenzia delle dogane Giuseppe Peleggi ad esprimersi in merito. «Una serie soggetti politici e vertici istituzionali ci hanno pedissequamente seguito e si sono semplicemente puliti la coscienza con la diffusione di un semplice comunicato stampa che ricalcava pari pari la nostra denuncia – afferma in un comunicato il segretario cittadino dei Comunisti italiani – un puro esercizio demagogico». Per Tripodi «il tentativo di sopprimere la sezione è tutt’altro che archiviato o dimenticato: fino ad oggi, Peleggi non ha speso una sola parola per smentire o ritirare ufficialmente il grave disegno». Quindi, «l’attenzione deve rimanere altissima e le istituzioni locali dovrebbero smuoversi e operare concretamente». Secondo l’esponente del Pdci, «il disegno è in pieno svolgimento e parte da molto tempo». Tripodi spiega. «Questa cervellotica idea è transitata dalla sede di Napoli della Direzione interregionale delle dogane di Campania e Calabria. Ricordiamo che la Calabria ottenne, qualche anno fa, il tanto agognato riconoscimento dell’autonomia: fu, infatti, per breve tempo, Compartimento doganale indipendente – argomenta il comunista – purtroppo questo meritato riconoscimento fu cancellato in un batter d’occhio dalla vergognosa decisione del governo Berlusconi: Brunetta decise, vergognosamente, che la Calabria, nonostante i numeri positivi da capogiro e il contestuale federalismo fiscale, non doveva avere un compartimento. Pertanto, oggi, Napoli ha la responsabilità della sezione reggina». «Non più rinviabile una parola definitiva che possa tranquillizzare Reggio e i reggini – termina Tripodi – ci permettiamo, garbatamente e formalmente, di sollecitare Peleggi». Luca Assumma MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 13 l’ora di Cosenza Tel. 0984 837661-402059 Fax 0984 839259 Mail: [email protected] COSENZA Blitz e bonifica tra le baracche del ghetto > pagina 14 SPEZZANO A. Furto da 20mila euro in un’abitazione > pagina 21 ACCADDE UN SECOLO FA A CURA DI LUIGI MARIA CHIAPPETTA 1 febbraio 1912 - C’è chi dice che è solo routine. E c’è chi invece inizia a sospettare qualcosa. Fatto sta che la sua “visita” ha destato l’attenzione della città. Proprio ieri mattina è giunto a Cosenza il cavalier Paolo Donati, ispettore centrale al ministero degli Interni, incaricato di svolgere un’inchiesta sull’andamento generale dell’amministrazione comunale. Donati è stato accompagnato al palazzo municipale dal cavalier Cardamone, quest’ultimo in rappresentanza del prefetto. L’ispettore, appena insediatosi, ha subito iniziato il suo lavoro. LONGOBUCCO PAOLA Chiude il vivaio del Centro sperimentale L’omicidio fu una disgrazia: 4 anni a Trazza > pagina 24 > pagina 28 Omicidio Pezzulli L’inchiesta è chiusa Tre indagati per il delitto commesso in viale Cosmai Quasi dieci anni dopo, l’inchiesta sull’omicidio di Carmine Pezzulli è arrivata alla svolta. Le indagini preliminari – condotte dal sostituto procuratore cosentino Salvatore Di Maio, applicato alla Dda – sono chiuse. Gli avvisi saranno notificati nelle prossime ore alle tre persone accusate del delitto. Sono il presunto esecutore materiale Davide Aiello, la persona che avrebbe esploso i colpi di pistola fatali e i presunti mandanti: Domenico Cicero, boss dell’omonima cosca di ’ndrangheta e Francesco Chirillo, capo del gruppo di Paterno Calabro. Ci sarebbe anche il fratello Carmine, tra gli indagati, se non fosse morto in carcere qualche anno fa. Il delitto Pezzulli è una storia di cronaca abbastanza nota. Quello che sanno in pochi è che quel giorno altre due persone rischiarono di morire: due bambini. Il retroscena La mattina del 22 luglio del 2002 Domenico, 12 anni, esce dal cortile di casa sulla sua mountain bike bianca nuova fiammante. Simone, che di anni ne ha 8, è appollaiato sul telaio della stessa bici: sfoggia la divisa della Roma dello scudetto col numero 10 e il nome di Totti stampigliati sopra. So- no davanti al distributore Carmine Pezzulli. Il cassiere inaugurato da poco quando della cosca Cicero è stato amsentono gli spari. Domenico si mazzato. Domenico raccoglie ferma e si volta ma non fa in quel che resta della sua bici, se tempo a capire bene che suc- la butta in spalla e corre a casa cede: vede una Panda bianca chiudendosi in bagno. Le indagini apparentemente senza guidaLa Dda è arrivata a indivitore che salta lo spartitraffico e duare mangli piomba danti e esecuaddosso. Il Il fatto risale tore grazie alragazzino real 22 luglio 2002 le dichiarasta paralizzazioni di sei to dal terrore Quel giorno Frane chiude gli rischiarono la vita pentiti: cesco Amoocchi... anche due bimbi dio, Antonio Quando li Di Dieco, riapre è seduto a terra senza un graffio. Si- Vincenzo Dedato, Oreste Di mone è più avanti: miracolo- Napoli, Oliva e Angelo Colossamente illeso pure lui. L’auto so, che hanno raccontato agli impazzita si è schiantata con- investigatori i dettagli deltro i cassonetti della spazzatu- l’omicidio di Carmine Pezzulra. Dentro c’è il cadavere di li e il contesto nel quale matu- rò. E poi ci sono i riscontri contenuti nelle intercettazioni: pochi giorni prima del delitto i fratelli Chirillo vengono ascoltati mentre pianificano l’agguato. Gli inquirenti, inoltre, avrebbero le prove del fatto che al momento dell’agguato Francesco Chirillo era sul posto. Manca all’appello solo la persona che guidava la motocicletta usata per compiere il delitto e per la successiva fuga. Il pm Di Maio e i colleghi della Procura antimafia di Catanzaro finora non sono riusciti a raccogliere elementi sufficienti per incriminarlo. Per il resto si tratta di una indagine blindata. La dinamica Alle 11 del 22 luglio del 2002 Pezzulli si ferma al semaforo Davide Aiello, 58 anni Francesco Chirillo Domenico Cicero Il luogo dell’agguato. Nel tondo, il pm Salvatore Di Maio di viale Cosmai (dove oggi c’è la rotonda) con la sua Fiat Panda. È diretto verso Cosenza. I sicari del clan, a bordo di una moto enduro di grossa cilindrata, lo affiancano: quello seduto sul sellino posteriore smonta e spara a Pezzulli con una pistola semiautomatica calibro 3.80 (l’equivalente di una 9x21 col sistema metrico anglosassone). Il killer esplode 11 colpi, 7 dei quali vanno a segno. Pezzulli fa appena in tempo a dare gas nel disperato tentativo di salvarsi la pelle. Ma ormai è troppo tardi: una palla gli ha trapassato il cranio. L’uomo si accascia sul sedile ma ha ancora il piede poggiato sul pedale dell’acceleratore e la piccola vettura riparte a razzo scavalcando lo spartitraffico, travolgendo i due bambini in bici e schiantandosi contro i cassonetti. Il movente Ma perché Carmine Pezzulli è stato ucciso dai suoi stessi “amici”? Sembra che l’uomo si fosse appropriato di una cospicua somma di denaro frut- to delle attività illecite della cosca, prelevandola dalla cassa comune, della quale era il responsabile: la cosiddetta bacinella. L’esecuzione di Pezzulli suggellò la ritrovata intesa tra i Cicero, i Chirillo e i Lanzino per il terzo millennio; gli altri stavano tutti con loro. Furono i Chirillo a pianificare l’esecuzione benedetta da Cicero. È lo stesso Francesco Chirillo a inchiodarsi in alcune intercettazioni ambientali che finirono con lo smascherare anche il falso alibi fornitogli da un testimone escusso subito dopo il fatto di sangue. I pentiti hanno rivelato il resto. Luciano Oliva raccontò di aver accompagnato Aiello a «ripulire la moto», a sotterrare gli stracci usati e la pistola dell’agguato. Gli altri pentiti aggiunsero ulteriori conferme: dichiarazioni che coincidono e si integrano disegnando un quadro probatorio organico, ulteriore tappa del percorso tracciato con “Terminator”. ALESSANDRO BOZZO [email protected] il fatto Non paga il parcheggio Aggredito dagli abusivi Un parcheggiatore abusivo di no- Amendola, nei pressi del cinema Itame Filippo Mancuso, 32 anni, e altri lia. Era le otto e mezza del mattino tre “colleghi” faranno i conti con la quando, dopo aver fatto una visita, giustizia per aver malA. D, 54 anni, di menato un signore di Montalto Uffugo e Posteggiatore Montalto che si era sua moglie tornaarrestato per giustamente rifiutato vano alla loro di pagare il parchegtentata estorsione macchina pargio. Mancuso è stato in piazDenunciati per cheggiata arrestato con l’accusa za Amendola. Al lesioni i complici momento di mondi tentata estorsione e lesioni. I suoi tre amitare a bordo si avci se la sono cavata con una denun- vina un tizio che chiede il compenso cia a piede libero per lesioni. Il fatto per aver “custodito” l’auto parchegè successo ieri mattina in piazza giata. L’uomo ha risposto che non gli avrebbe dato un bel niente, visto che non ci sono cartelli che segnalano aree di sosta a pagamento. Ne è nata una discussione. Ma il signore di Montalto non si è lasciato intimorire dalla prepotenza del parcheggiatore nonostante dopo un po’ si fossero avvicinate altre tre persone. All’ennesimo rifiuto di pagare il parcheggio i quattro hanno cominciato a spintonare e colpire l’uomo,. facendolo cadere a terra e provocandogli un leggero trauma cranico. La vittima dell’aggressione è stata soccorsa e portata in ospedale. Questo non gli Piazza Amendola ha impedito di chiamare i carabinieri. Sul posto è giunta una pattuglia dell’aliquota operativa della Compagnia di Cosenza diretta dal maggiore Matteo Salvatori, che poco più tar- di ha arrestato Mancuso e denunciato i tre complici. Il parcheggiatore abusivo sarà processato per direttissima in mattinata. a. b. MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 27 l’ora di Paola Redazione viale Ippocrate (ex Madonna della Grazie) - Telefono e fax 0982583503 - Mail: [email protected] SANITÀ & FARMACIE ospedale civile pronto soccorso guardia medica centro trasfusionale farmacia Arrigucci farmacia Cilento farmacia Sganga EMERGENZA tel. 0982/5811 tel. 0982/581224 tel. 0982/581410 tel. 0982/581286 tel. 0982/587316 tel. 0982/612439 tel.0982/582276 PAOLA Nell’ambito delle richieste di condanna del processo ordinario denominato “Terminator” (altri imputati hanno scelto i riti premiali), il pubblico ministero d’udienza della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, ha chiesto alla Corte d’Assise di Cosenza di condannare Giuliano e Ulisse Serpa, collaboratori di giustizia paolani, a quattro anni di carcere ciascuno. Una richiesta mite alla cui base vi è l’attendibilità dei due pentiti di Paola dimostrata in relazione alla collaborazione offerta alla giustizia. Il riferimento è per le cosiddette attenuanti di cui all’articolo 8 del codice applicati in merito a Terminator. L’accusa ha dunque chiesto circa 120 anni di carcere complessivi, a carico di soli cinque imputati, limitandosi a richiedere solo quattro anni ciascuno per gli altri due imputati, i collaboratori di giustizia ed ex uomini d’onore della cosca di Paola. Ma andiamo ai dettagli. Gli imputati che hanno scelto di essere giudicati con il processo ordinario, e che saranno giudicati nelle settimane a venire, sono i seguenti: Ettore Lanzino, Vincenzo Dedato, Domenico Cicero, Francesco Amodio, Antonio Pignataro, Giuliano e Ulisse Serpa. Tra loro ben quattro collaboratori di giustizia: oltre a Giuliano e Ulisse Serpa, anche Vincenzo Dedato e Francesco Amodio, nonchè due boss di peso della mala cosentina: Micuzzo Cicero ed Ettoruzzo Lanzino. Diversi altri “uomini d’onore” coinvolti nella maxi inchiesta anti-’ndrangheta denominata Terminator, imboccarono, anni addietro, il rito abbreviato, ossia il cosiddetto rito premiale, ritenuto strategicamente opportuno dai difensori di fiducia Quattro i pentiti al fine di intanell’ambito scare, in caso di condanna di Terminator dei loro assiC’è anche il rito stiti, lo sconto abbreviato sulla pena di un terzo. Gli altri imputati, invece, saranno giudicati a breve col rito tradizionale, la cui ultima udienza in ordine di tempo si è tenuta lunedì scorso. Il Pm, in tale contesto, nel formulare le proprie richieste di condanna, si è così espresso: ergastolo per Domenico Cicero e Ettore Lanzino; Francesco Amodio, 20 anni di carcere; 4 anni di carcere rispettivamente per Giuliano e Ulisse Serpa; 14 anni per Vincenzo Dedato. E se Giuliano e Ulisse Serpa, e Vincenzo Dedato, hanno visto - nell’ambito delle richieste del pm - riconosciute le attenuanti di cui all’articolo 8 (collaboratori di giustizia), la stessa pubblica accusa ha “bocciato” il pentito Francesco Amodio. Considerando, infatti, le dichiarazioni contrastanti rilasciate durante il processo da quest’ultimo collaboratore di giustizia, il pubblico ministero ha chiesto alla Corte d’Assise di non concedere le attenuanti per la collaborazione, auspicando una sentenza di condanna a 20 anni di carcere. Nel corso della stessa udienza sono stati ascoltati i difensori dei due fratelli Serpa nonchè l’avvocato di parte civile del Comune di San Lucido (che ha sostituito anche gli altri colleghi) Anna Di Santo. Il Municipio tirrenico, lo ricordiamo, ha chiesto un risarcimento danni pari a cinquecento mila euro. Al termine dell’udienza il giudice ha calendarizzato le altre udienze (entro i primi 15 giorni di febbraio) per sentire i restanti avvocati e per, procedere con la sentenza definitiva di primo grado. Il rinvio a giudizio di tutti gli impu- COMUNE tel. 0982/582301 tel. 0982/622311 tel. 0982/622211 tel. 0982/582622 tel. 0982/613477 tel. 0982/582516 tel. 0982/582519 tel. 0982/613553 carabinieri commissariato polizia stradale polizia municipale guardia di finanza corpo forestale vigili del fuoco croce rossa italiana (112) (113) centralino ufficio tributi bibioteca comunale ufficio relazioni pubblico ufficio presidenza consiglio ufficio affari generali ufficio contenzioso (117) (1515) (115) tel. 0982/58001 tel. 0982/5800301 tel.0982/580307 tel. 0982/5800314 tel. 0982/5800212 tel. 0982/5800218 tel. 0982/5800207 I due Serpa “attendibili” Il pm chiede le condanne Totale di 120 anni di carcere a carico di sette tra boss e picciotti Giuliano Serpa Ulisse Serpa tati, lo ricordiamo, era stato sentenziato il 29 luglio del 2009 e, nella stessa udienza, erano state avanzate le richieste di rito alternativo per diversi imputati. Nel caso specifico, a finire nella lista degli imputati da giudicare con rito alternativo, sono: Luigi Muto, 47 anni, di Cetra- Un posto di blocco sul Tirreno cosentino ro, considerato il “reggente” dell’omonimo clan nei periodi di detenzione del padre Franco, boss della cosca tirrenica; Mario Scofano, di Paola, di 49 anni, ritenuto il “reggente” del clan denominato Scofano-Martello-Ditto; Guido Giacomino il Pantera, di 42 anni, braccio destro del boss Gentile; Andreoli Domenico alias zio Mimmo di Cetraro; Guido Africano, 43 anni, di Amantea, figlio del defunto capo clan amanteano don Ciccio Africano; Dino Posteraro, laghese di 50 anni. Guido Scarpino PAOLA/CETRARO Droga, cetrarese preso con 250 grammi Nella serata di lunedì 30 gennaio scorso, personale della squadra senza. Si tratta di indagini operate nell’ambito dell’attività di contradi polizia giudiziaria del commissariato di pubblica sicurezza di Pao- sto del fenomeno delinquenziale nell’hinterland cetrarese e scattate la unitamente a personale del reparto prevenzione crimine di Cosen- specificatamente nel corso delle indagini sulle intimidazioni a carico za, all’esito di una puntigliosa perquisizione personale e domiciliare, del sacerdote cetrarese don Ennio Stabile. Quest’ultimo, com’è noto, hanno proceduto alla denuncia a piede libero del cetrarese Giuseppe per una semplice e scontata omelia sul rispetto delle regole in una società cosiddetta civile, s’è visto priAntonuccio, di venti anni. Nelma danneggiare la propria auto e, l’ambito di tale attività di indagisuccessivamente, ha ricevuto anne, infatti, gli specialisti della Poche una intimidazione macabra: lizia di Stato hanno posto sotto sela testa di un maiale con un bavaquestro sostanza stupefante del tiglio arrotolato e infilato nella bocpo marijuana per complessivi 250 ca. Insomma, a qualche delingrammi, in parte confezionata in quentello del luogo non è andata dosi di droga e quindi pronte alla giù la strigliata del prete che, dal cessione, nonchè un bilancino di canto suo, ha fatto sapere attraprecisione elettronico. In particoverso Radio Vaticana che non tielare, l'intero quantitativo di sone ad essere apostrofato come stanza rinvenuta sarebbe servito a “eroe” o “prete antimafia”. Ciò in confezionare 500 spinelli. La droquanto, a giusta ragione, le battaga e' stata trovata in una pertinenglie antimafia sono altre, mentre za dell’abitazione del denunciato, appare scontata la critica di un uogià soggetto all'obbligo di dimora mo di chiesa a chi non rispetta le per altra vicenda delittuosa legata regole della civile convivenza. Le allo smercio della droga sul terriindagini, comunque, proseguono torio. Il risultato di servizio è staincessanti in quanto la notizia to raccolto nell’ambito di numerodelle due intimidazioni a un sase perquisizioni operate, su dispo- La droga posta sotto sequestro dagli specialisti della Polizia cerdote ha fatto scalpore sopratsizione del questore di Cosenza, a carico di soggetti nei cui confronti sono in atto misure cautelari e di tutto negli ambienti politici, dove in tanti hanno fatto a gara per maprevenzione. Ma anche a carico di pregiudicati. Le operazioni di po- nifestare la propria solidarietà al religioso. In questi ultimi anni, inlizia sono state coordinate dall'ispettore capo Giuseppe Sciacca, in fatti, le intimidazioni erano toccate solo agli amministratori a vari lisintonia con il dirigente del locale commissariato, il vice questore ag- velli, ma anche ai dirigenti dell’Asp, ai professionisti ed ai politici del giunto Raffaella Pugliese e con il reparto prevenzione crimine di Co- territorio. (g. s.) 28 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 calabria PAOLA - PRAIA A MARE - VERBICARO - TORTORA Omicidio, solo 4 anni per il praiese Trazza COSENZA Il pm aveva chiesto 17 anni. Il delitto a Sanremo Passa la tesi della difesa, Nicola, Niki, Trazza condannato a quattro anni di reclusione. È, dunque, omicidio colposo. Giovanni Isolani è caduto sotto un colpo accidentale di pistola. Gli avvocati Nicola Guerrera e Luigi Patrone, legali di fiducia del giovane praiese sono riusciti a dimostrare che non c'era l'intenzione di uccidere. E' stato condannato per omicidio colposo a 4 anni, dal giudice per le udienze preliminari del tribunale di Sanremo, Maria Grazia Leopardi, Nicola Trazza, che tramite i legali Guerrera e Patrone ha scelto il rito abbreviato. Il pm Antonella Politi aveva chiesto la condanna a 24 anni di reclusione che, con lo sconto di un terzo della pena per il rito abbreviato sarebbero scesi a 17 anni e 4 Nicola Trazza mesi. In pratica sono stati chiesti 16 anni per l'omicidio e un anno e 4 mesi per l'il- di pistola per sbaglio, rischiava una pena lecita detenzione dell'arma del delitto, una tra 6 mesi e 5 anni. Nicola Trazza, ha confessato di aver sparato pistola calibro 7.65 mai per sbaglio, ed è stato ritrovata. Di diverso avviI legali condannato a 4 anni. so i difensori di Trazza, presenteranno Soddisfazione ha espresl'avvocato Nicola Guerreso dopo la sentenza l'avra del foro di Paola- Scanuova istanza vocato Nicola Guerrera: lea e Luigi Patrone del foper ottenere la «E’ una grande vittoria. ro di Sanremo, i quali libertà La nostra tesi si è dimoavevano chiesto la derustrata aderente a quanto bricazione del reato in omicidio colposo. In questo modo Trazza, è accaduto realmente». Nella sentenza che ha confessato di aver esploso il colpo pronunciata dal gup Maria Grazia Leo- TORTORA Municipio, iniziativa contro la ’ndrangheta Anche a Tortora la ‘ndrangheta non entra. Venerdì 27 gennaio è stata infatto affissa la targa “Qui la ‘ndrangheta non entra” davanti le porte del Municipio. La targa è stata donata dalla commissione contro la ‘ndrangheta del Consiglio regionale della Calabria, nella persona del presidente Salvatore Magarò. A scoprila gli alunni delle scuole medie superiori e gli studenti dell’Istituto tecnico per il turismo. Diversi interventi delle personalità che hanno partecipato all’incontro. Il primo cittadino del Comune, Pasquale Lamboglia, ha aperto il dibattito: “È un impegno che vogliamo portare avanti con orgoglio e attenzione. Due gli aspetti più importanti che voglio sottolineare: il coinvolgimento dell’Associazione Libera, con don Marcello Cozzi e Gerardo Melchionda, che da sempre si occupa di queste tematiche, ma soprattutto la partecipazione delle scuole”. “La ‘ndrangheta ha più paura della cultura che della magistratura - ha concluso il Sindaco – e, anche se il nostro è un territorio che subisce poco la mano delle organizzazioni a stampo mafioso, dobbiamo comunque guardarci dalle infiltrazioni e dalle raccomandazioni”. Gerardo Melchionda, presi- pardi, viene confermata la colpevolezza di Trazza, ma in sostanza il caso viene nettamente ridimensionato. Come avevano sostenuto i legali Guerrera e Petrone, quel che avvenne quel giorno nell'Ortofrutta di strada San Martino fu solo un tragico incidente tra due amici che stavano litigando. Nessuna parola per i genitori e la sorella di Giovanni Isolani che hanno abbandonato velocemente il palazzo di giustizia sanremese. I parenti di Isolani si erano costituiti parte civile nel processo a carico di Trazza, per loro il giudice Leopardi nella sentenza ha condannato l'imputato al pagamento immediato della provvisionale quantificato in 50mila euro per ciascuna delle parti civili. Inoltre Trazza è stato condannato al pagamento di 5mila euro per le spese legali sostenute dalle parti civili anche se il risarcimento e la sua quantificazione effettiva viene di fatto demandato al giudice civile. Ora gli avvocati presenteranno una nuova istanza per ottenere la libertà di Trazza o, in subordine, gli arresti domiciliari. Trazza era stato arrestato il giorno stesso della morte di Giovanni Isolani, avvenuto il 16 dicembre 2010 in un negozio di ortofrutta a Sanremo ed è rimasto in carcere per un anno e mezzo. M. FIORELLA SQUILLARO [email protected] PRAIA A MARE Cedolia sulle primarie Ribatte a Fortunato «Massimiliano Cedolia, presidente del movimento Rappresentiamoci, espone quanto accaduto domenica scorsa durante la riunione operativa per definire il Piano Politico per Praia. «Preciso – dichiara Cedolia - che insieme agli altri tre partecipanti: Pietro De Paola, Anna Maria Depresbiteris e Gino Spolitu, abbiamo convenuto la diramazione della nota stampa per divulgare l’esito della riunione sulla quale era riposta grande aspettativa da parte della cittadinanza e l’abbandono del tavolo di confronto da parte di Fortunato costituisce un fatto sgradevole dell’incontro che non poteva essere omesso, a maggior ragione, che dopo averlo trattenuto per farlo desistere, comunque abbiamo dovuto continuare la discussione per raggiungere unanimemente l’accordo elettorale sul quale, ad oggi manca soltanto la sua firma. Non sussiste alcuna involontaria intenzione di tralasciare da parte mia la ragione dell’abbandono di Fortunato, appunto perché non è emerso alcun legittimo motivo per lasciarci, eccetto un banale alterco di carattere personale sfociato con Spolitu. Nel merito, invece – continua Cedolia - debbo rilevare che il drammatico scenario rappresentato da Pasquale Fortunato, circa la possibilità di partecipazione alle primarie da parte di qualche aspirante candidato privo dei requisiti previsti dalla legge, che avrebbe invalidato la competizione ed addirittura arrecato danno al paese nell’ipotesi di una sua eventuale aggiudicazione elettorale, è davvero fuori luogo ed insussistente, per la ragione che; sia nel regolamento da me proposto il 7 gennaio, che nella versione modificata dell’accordo da noi sottoscritto, è bene evidenziato il rispetto del requisito indispensabile per la partecipazione alla competizione». Eugenio Orrico L’opposizione e le mamme contro il provvedimento del sindaco “Dobbiamo protestare fortemente nei confronti dell’amministrazione comunale di Verbicaro, perché con la chiusura del plesso scolastico “Pantano “ sta compiendo un atto incivile”. Lo ha dichiarato Mario Franchino, consigliere regionale nel corso dell’incontro organizzato ieri dai consiglieri comunali di minoranza di Verbicaro, per protestare contro l’ordinanza di chiusura da parte del sindaco, Felice Spingola, del plesso scolastico “Pantano“. “Il Prefetto e le autorità scolastiche debbono essere a conoscenza di un torto che si fa ai cittadini di Verbicaro e che dobbiamo assolutamente scongiurare. C’è una forte preoccupazione per il futuro dei bambini e di spopolamento in quanto molti insegnanti potrebbero essere spostati in altre scuole”. All’incontro, che ha visto la massiccia presenza di genitori, hanno PAOLA/2 dente di Libera del Lagonegrese e di Don Marcello Cozzi di Libera Basilicata ha aggiunto: “Rappresentano un messaggio chiaro da parte di tutte le Amministrazioni che vi aderiscono e contro tutti i tipi di mafie. Comuni che, in ogni caso vanno coadiuvati nella lotta, per stare lontani dal mirino delle organizzazioni mafiose”. A conclusione della giornata, il discorso di Salvatore Magarò: “Un atto simbolico che deve essere accompagnato dal coraggio dei cittadini e dei politici – commenta sempre Magarò – che non devono pensare solo nell’ottica delle elezioni, ma devono mirare ogni giorno al benessere generale, dando il buon esempio ogni giorno e ripudiando ogni forma di atteggiamento che possa attirare queste piaghe sociali”. Giuseppe Miraglia Massimiliano Cedolia Scuola chiusa, è polemica VERBICARO Un momento dei lavori ora Ss18, tentato furto in un bar Ladro ripreso dal video Ieri mattina, intorno alle ore 4,30, è scat- mere di sorveglianza a circuito chiuso instaltato l’allarme per un tentativo di furto ai dan- late all’interno del locale, preso di mira dai lani del bar pizzeria “Free Time”, sito sulla dri in altre circostanze. Sul posto, dopo l’arstrada statale 18 nel terririvo degli specialisti deltorio comunale di Paola. l’istituto di vigilanza La L’autore del raid delinRonda, è stato chiesto quenziale è stato messo anche l’ausilio dei militain fuga dagli uomini delri dell’Arma della compal’istituto di vigilanza “La gnia di Paola, agli ordini Ronda”, nelle persone di del capitano Luca AcPaolo Orlando e Pietro quotti. E’ stato quindi Boito, giunti sul posto a operato un puntiglioso seguito dell’allarme scatsopralluogo nel corso del tato presso la centrale quale è stato accertato lo operativa. stato dei luoghi. I carabiIl malvivente, che pare nieri hanno quindi asessere un recidivo, ha cosunto la direzione delle munque provocato danindagini e, secondo ni a una finestra e ad un Una gazzella dei carabinieri quanto si è appreso, moldistributore di sigarette. to presto dovrebbero deLo stesso ladruncolo sarebbe stato anche nunciare a piede libero il presunto autore identificato in quanto ripreso dalle teleca- dell’illecito. partecipato il professor Giorgio Franco; l’assessore alla Pubblica Istruzione di Diamante, Battista Maulicino e il consigliere comunale all’opposizione Francesco Silvestri. L’incontro è stato moderato da Anna Casella. “La revoca della delibera riguardante la soppressione del plesso scolastico di via Mancini – ha affermato Francesco Silvestri – è assolutamente fondamentale in quanto anche alla luce di quanto dichiarato dai genitori, sta dando molto ai loro figli sia in termini di educazione che di formazione. È grave chiudere un plesso scolastico, quando ci sono tutti i numeri per poterlo mantenere operativo. Questo ci suona strano. Di solito i sindaci scendono in piazza con i genitori per difendere i plessi scolastici e invece caso anomalo a Verbicaro il sindaco Felice Spingola attraverso un’ordinanza di chiusura. A giorni – ha dichiarato Silvestri - ci recheremo anche dal Prefetto per contestare la decisione del sindaco. E’ un atto di arroganza e di prepotenza – conclude Silvestri - di un’amministrazione che ha deliberato la chiusura della scuola senza sentire né i genitori, né i docenti, né il consiglio comunale, e che continua a rimanere sorda verso la protesta giusta, forte, legittima ed unanime del consiglio d’istituto e del comitato dei genitori”. (e. o.) 31 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 calabria ora AMANTEA - CAMPORA SAN GIOVANNI La Rupa, c’è la pista estorsiva L’attentato collegato alle attività commerciali gestite dall’ex sindaco AMANTEA Attentato a Franco La Rupa: si indaga sulla pista estorsiva. Proseguono incessanti, infatti, le indagini sull’attentato perpetrato nei giorni scorsi ad Amantea, alla villa dell’ex consigliere provinciale e sindaco di Amantea, Franco La Rupa. Attesa la mancanza di testimonianze, dirette e indirette (videocamere di sorveglianza), gli investigatori stanno seguendo diverse piste e, con il trascorrere dei giorni, si sta delineando un quadro molto chiaro per contestualizzare il fattaccio di cronaca. Non va dimenticato, infatti, che molte persone - direttamente collegate alla famiglia La Rupa e non - sono state convocate e sentite in caserma subito dopo l’evento delittuoso. Altre informazioni, invece, sono state rese spontaneamente da qualche confidente. Ebbene, tra le tante ipotesi avanzate si sta lentamente abbandonando la pista politica, anche perchè - a causa di alcuni procedimenti penali in corso - La Rupa è da tempo (ma ancora per poco) lontano dall’attivismo sul campo. Restano ancora da chiarire, però, due situazioni legate all’attività imprenditoriale della famiglia La Rupa che configurano scenari locali legati alle estorsioni o, meno probabile, al dispetto. Nel primo caso, considerando che La Rupa ha acquistato di recente uno stabile di fronte il Polo scolastico, e che al suo interno è stato aperto un bar, è proba- controlli incrociati dalla dda Due le ipotesi che potrebbero aver spinto gli ignoti a fare esplodere una bomba carta a casa del politico amanteano La caserma dei carabinieri di Paola Franco La Rupa bile che la bomba sia stata fatta esplodere per avvisare il proprietario che presto sarà presentato il “conto” da pagare; nel secondo caso, invece, micamente, potrebbe aver voluto lanciare un avvertimento. Ovviamente queste sono solo alcune delle ipotesi al vaglio degli investigatori, e per sarebbe implicato un “cane sciolto” amanteano, ben noto alle forze dell’ordine per spaccio di droga e estorsioni, il quale, sentendosi leso econo- le quali si stanno raccogliendo elementi utili per poter dare una svolta al caso. In tale contesto resta, comunque, da chiarire chi sia stato l’esecutore materiale dell’attentato. E, anche in questo caso, le ipote- si potrebbero essere due: all’interno del clan amanteano esiste un picciotto molto abile a confezionare le bombe carta, quindi la cosca potrebbe aver usato tale specialista; oppure, così come è già accaduto in passato, la consorteria locale potrebbe aver chiesto l’ausilio di un soggetto lametino, finito in carcere proprio per aver fatto saltare in aria la casa di un amanteano che aveva dato “fastidio” (oggi in libertà). Ad ogni modo, per ulteriori sviluppi del caso, si dovrà attendere ancora un pò di tempo. Sia i dati raccolti dai carabinieri, sia quelli della Dda, infatti, dovranno essere incrociati. STEFANIA SAPIENZA [email protected] AMANTEA/2 Acqua, serbatoio sabotato Forzate le porte d’entrata. Sospesa l’erogazione del liquido Allarme, ieri mattina, al serbatoio Il primo passaggio effettuato daldell’acqua potabile ubicato nella lo- l’amministratore comunale è stato calità Salice, al confine tra Campora quello di chiamare i carabinieri della San Giovanni e e Serra d’Aiello. Un Compagna di Paola, comandata dal tecnico comunale, capitano Luca Acinfatti, dopo aver quotti, nonchè i verE’ stato constatato di buon tici dell’Arpacal afchiesto ora che le due porte finchè inviassero red’ingresso erano stapentinamente delle l’intervento te forzate (sia quella persone per fare dei dei carabinieri principale, sia quella prelievi atti ad accere dell’Arpacal laterale) ha contattatare eventuale contato il vice sindaco, Miminazione del prechele Vadacchino, che si è recato tem- zioso liquido. Anzi, proprio per evipestivamente sul posto per valutare il tare pericoli di sorta per la salute dei cittadini, lo stesso Vadacchino ha ordafarsi. dinato la chiusura del serbatoio (fino alle ore 21 di ieri sera) per permettere ai tecnici comunali di svuotarlo, disinfettarlo e riempirlo nuovamente. Una procedura piuttosto lunga considerando che all’interno della mega cisterna erano contenuti circa cento metri cubi di acqua. Il perché ignoti abbiano preso di mira il serbatoio dell’acqua potabile non è dato saperlo. Sicuramente, ad aiutare gli investigatori a fare luce sulla vicenda, potrebbero contribuire in modo determinante le anlisi effettuate dall’Arpacal. Se dovesse emergere inquinamento la situazione, infatti, AMANTEA/3 potrebbe complicarsi. e, colui (o coloro) che non sono riusciti a portare a termine la propria azione illecita grazie alla tempestività dell’Ente - potrebbero riprovarci. s. s. AMANTEA/4 Province accorpate alle Regioni: Morelli non ci sta Numeri alla mano il consigliere chiede una mobilitazione per scongiurarne la chiusura Le Province italiane, stando alle intenzioni del Governo, potrebbero molt presto svanire nel nulla. Da qui l’intervento del consigliere provinciale, Giovanni Battista Morelli. «Le Province - scrive Morelli - rappresentano appena l'1,5% della spesa pubblica complessiva del Paese. Il costo degli eletti in Provincia è pari al 5,5% del totale, contro il 20,3% degli eletti in Parlamento, il 44,2% degli eletti nelle Regioni e il 30% degli eletti nei Comuni. In Europa, 23 Paesi su 25 prevedono le Province come ente intermedio tra Regioni e Comuni». Se i dipendenti provinciali dovessero passere alla Regione, come viene prospettato, «il costo del personale crescerà del 20 per cento rispetto a quello odierno (600 milioni di euro in più per lo Stato, secondo lo studio Upi)». E, ancora: «Le Province si occupano di circa 125 mila chilometri di strade nazionali provinciali. Ogni anno investono oltre 1 miliardo e 500 milioni di euro per mantenere le strade sicure, soprattutto nei tratti lontani dai grandi centri abitati. Grazie ai 2 miliardi e mezzo che le Province destinano alle scuole, ogni giorno 2 milioni e 500 mila ragazzi possono studiare nei 5000 edifici scolastici aperti su tutto il territorio, nelle piccole comunità Michele Vadacchino G. B. Morelli come nelle grandi città». A garantire questi servizi sono «i 56.000 dipendenti provinciali, la parte più giovane, moderna ed efficiente della pubblica amministrazione, quella che si è strutturata più di recente, senza i fardelli del passato. Chi deciderà - si domanda Morelli - senza le Province, quali scuole tenere aperte e quali chiudere, quando bisogna liberare una strada dalla neve, quali buche tappare o quali tratte rendere più sicure?». Insomma, «senza le Province, la viabilità, l’urbani- stica, l’edilizia scolastica, la tutela dell’ambiente, la caccia e la pesca, saranno gestite non a garanzia del territorio, ma sulla base di convenienze che premieranno gli interessi più influenti e le grandi aree urbane, sempre più distanti dai cittadini, i quali non potranno controllare e interloquire con chi assume decisioni che incidono pesantemente sulla loro quotidianità». Cosa fare? «Puntare all'abolizione di tutti quelle istituzioni intermedie che fungono da Enti parassiti ed alla promozione di nuove modalità organizzative: a cominciare dai Consorzi di bonifica; ai bacini imbriferi montani; agli Enti parco regionali; agli Ato acque e rifiuti; all'istituzione della stazione unica appaltante; alla previsione dell'applicazione della legge anche alle Regioni a Statuto speciale. Confermare i tre livelli, Regioni, Province e Comuni, eliminando tutto quello che è in mezzo, che pesa notevolmente sulle finanze dello Stato, affidando le loro funzioni agli enti locali provinciali».Cosa si deve chiedere? «L’intervento di: parlamentari, di farsi promotori di iniziative per garantire l’esistenza delle Province; dei sindacati per mobilitarsi; delle forze economico sociali; dei cittadini». s. s. Casa delle Culture Conclusione a breve «La conclusione dell’iter che porterà, nel giro di qualche mese, all’inaugurazione del teatro auditorium conferma la nostra attenzione alla politiche culturali come settore strategico per lo sviluppo della città. In un momento di crisi, parlare di una nuova struttura che apre al pubblico e di una stagione teatrale alle porte è un segnale importante. Investire in cultura, infatti, significa anche investire sulla qualità della vita dei cittadini e sulla crescita economica di Amantea e del vasto comprensorio». E’ questa, in sintesi, la dichiarazione dell’assessore Sante Mazzei alla vigilia del sopralluogo che la commissione comunale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo compirà stamattina. La commissione è chiamata alla verifica tecnica di tutta una serie di caratteristiche di sicurezza (rispetto delle norme an- tincendio, conformità degli impianti elettrici, aria condizionata, norme igienico sanitarie, impatto acustico) della sala auditorium annessa alla Casa delle Culture. La struttura, considerata dagli esperti tra le migliori esistenti nel Meridione, è dotata di una sala platea con 450 posti, un palcoscenico, video e impianto fonico computerizzato, dieci camerini, guardaroba e bar bistrot. Il completamento e la fruibilità del teatro auditorium, il cui progetto risale al 2006, rientra fra i punti qualificanti il programma elettorale della lista Primavera e partendo dalla “considerazione della cultura non come un costo, bensì come un investimento” mira non solo agli eventi teatrali e musicali di grande pregio, ma anche alla convegnistica con relativa destagionalizzazione dell’attuale offerta turistica. 16 MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 calabria ora C A T A N Z A R O “U cinese”, chieste diciotto condanne LA SCHEDA Il pm Capomolla: pene comprese tra i 5 e i 18 anni Pene comprese tra i cinque ed i diciotto anni di reclusione. Mano pesante, per il pm antimafia Vincenzo Capomolla, all’epilogo della sua requisitoria pronunciata al secondo filone del processo “’U Cinese” che si celebra con rito abbreviato davanti al gup distrettuale Emma Sonni. In particolare il titolare dell’accusa ha chiesto - considerata la diminuente determinata dalla scelta del rito operata dagli imputati - le pene più pesanti per coloro i quali sono considerati i capo promotori di un’associazione finalizzata al narcotraffico sgominata all'alba del 2 marzo 2011 tra Catanzaro, Roma, Napoli e Latina in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Catanzaro, su richiesta dello stesso pm Capomolla, grazie alle indagini prodotte dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro. L’indagine ha fatto breccia in un sistema interregionale dedito al traffico di ha- Stuprata nel buio della pineta di Giovino, sotto lo sguardo terrorizzato del fidanzato rimasto chiuso in macchina sotto la minaccia di una pistola poi rivelatasi giocattolo. Ion Gheorghe Ciceu, 31 anni, romeno, fu il colpevole di quell’orrore di violenza e degrado umano. Anche secondo la Corte d’appello di Catanzaro (Marcianò presidente, consiglieri Caré e Marrazzo) che ieri ha confermato la sentenza di condanna emessa il 27 luglio del 2010 dal gup Emma Sonni. Otto anni di reclusione, considerata la diminuente di un terzo in ragione della scelta del rito abbreviato, oltre le pene accessorie dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici, da qualsiasi ufficio attinente alla tutela e alla curatela, e legale per la durata della pena, più il risarcimento del danno a beneficio delle costi- shish e marijuana in un arco temporale compreso tra il dicembre 2006 ed il febbraio 2009. L’organizzazione, secondo la prospettazione accusatoria, sarebbe stata diretta da quattro persone, primus inter pares il catanzarese Sergio Rubino, 34 anni, detto “U Cinese” (e da qui il nome in codice attribuito all’operazione), assieme a Domenico Rizza, 55 anni, di Catanzaro, ed i coniugi Biagio Chianese, 39 anni, vigile del fuoco, e sua moglie, Ida Pirozzi, 37 anni, entrambi della provincia di Latina. Il procedimento si è poi diviso in due filoni. Il primo lo scorso 23 gennaio ha visto un patteggiamento a due anni di reclusione per l’imputato Danilo Lo Scavo, e sei rinvii a giudizio Aurelia Chianese, Angelo Donato, Alessandro Foglia, Felice Foglia, Costantino Lionetti e Domenico Rizza - per un processo dibattimentale che inizierà il 23 marzo. Per difetti di notifica nell’avviso di chiusura delle indagini preliminari sono state stralciate invece le posizioni di Ettore Greco e Ida Pirozzi. Il secondo filone, che si celebra in abbreviato, è quello che ieri ha visto il pm Capomolla formulare le sue richieste di pena. Le arringhe dei difensori saranno avviate il prossimo 14 febbraio, con la discussione dell’avvocato Enzo De Caro, difensore dell’imputato Salvatore Cosimo. r. c. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. Sergio Rubino Francesco Aiello Gennaro Foglia Biagio Chianese Luigi Ciccarelli Salvatore Cosimo Cinzia De Vuono Vincenzo Domanico Francesco Donato Mariano W. Forbitti Cristian Franzi Salvatore Paciullo Marco Riccelli Pasquale Rubino Stefano Rubino Michele Fodaro Nicola Tavano Rhama Ungaro Stupro, confermata la pena Violenza in pineta, otto anni di reclusione per Ion Gheorghe Ciceu tuite parti civili. Ciceu, in attesa ora dell’eventuale ricorso in Cassazione che potrà essere formulato dalla sua difesa rappresentata dall’avvocato Michele Stranieri, è ritenuto colpevole nello specifico di violenza sessuale aggravata, porto illegale d’arma e rapina. Sono i reati che gli vennero contestati sin da quando venne arrestato dagli agenti della Squadra mobile di Catanzaro, in esecuzione del fermo d’indiziato di delitto emesso dal pm Alberto Cianfarini. Secondo la ricostruzione formulata dall’accusa - poi convalidata dal gip Tiziana Macrì che dispose la custodia cautelare in carcere dell’indagato, e riscontrata all’esito del primo e del secon- do grado di giudizio - il romeno, armato di una pistola a salve dalla quale rimosse il tappo rosso di riconoscimento, sorprese la coppietta mentre era appartata in auto nella pineta. Costrinse la ragazza, ventenne, a scendere dal mezzo, ed il fidanzato, trentenne, a restarci a bordo, puntandogli 18 anni 7 anni 12 anni 18 anni 18 anni 6 anni e 8 mesi 5 anni e 4 mesi 10 anni 8 anni e 4 mesi 5 anni e 4 mesi 6 anni e 8 mesi 10 anni 10 anni 5 anni e 4 mesi 10 anni 10 anni 10 anni 10 anni l’arma in viso. Quindi stuprò la giovane, portando via anche tre banconote da venti euro. Fu proprio grazie a quei soldi che i poliziotti, verbalizzata la denuncia dei due fidanzati, riuscirono ad arrivare al romeno. Il compendio indiziario si arricchì con il ritrovamento della pistola giocattolo nella roulotte all’interno della quale viveva e, soprattutto, con il riconoscimento dell’aggressore da parte delle vittime. Accusa schiacciante visto il materiale probatorio utile a suffragare in ogni aspetto la denuncia delle vittime. La difesa chiese il rito abbreviato ottenendo pertanto lo sconto di un terzo della pena inflitta sulla scorta dell’esame del materiale acquisito nel corso delle indagini preliminari. Pena ieri confermata al giudizio d’appello. r. c. Lavoro è vita, parte il progetto della Cgil provinciale Arte, cultura e una borsa di studio per far avvicinare i cittadini ad un tema importante Un progetto per far avvicinare i più giovani al mondo del lavoro. Il lavoro che rappresenta la vità. Con questa idea la Cgil Catanzaro guidata da Giuseppe Valentino lancia il progetto “Lavoro è vita” che si terrà da oggi al Caffè delle Arti. Esposizioni di quadri di otto artisti con al centro il tema del lavoro a cura di Antonio Pugliese, spazio all’arte per la manifestazione della Cgil e inoltre la presentazione di tre libri. Domani sarà presentato alle ore 18 il libro Arrovescio di Francesca Chirico, interverranno l’autrice, e Massimo Covello, venerdì “Salari, il decennio perduto”, a cura di Agostino Megale, alle ore 18 Un momento della conferenza stampa la presentazione del libro di Paolo Pollichieni “Casta calabra”, interverrà oltre all’autore anche Salvatore Scalzo del Pd. Inoltre è stato presentato anche un bando con una borsa di studio per i giovani studenti delle scuole superio- ri del comprensorio. Giuseppe Valentino spiega l’iniziativa “Lavoro è vita” evidenziando il fatto che «il lavoro è vita perché condiziona l’esistenza dell’uomo, la sua crescita sociale, economica e culturale. Dal lavoro si realizza il futuro: un giovane precario non costruirà una famiglia se il lavoro non gli offre sicurezza; un genitore non potrà garantire l’istruzione ai propri figli se il suo salario non glielo permette». L’iniziativa della Cgil anche a detta di Massimo Covello segretario regionale Cgil «mira a ricostruire un rapporto con il tessuto sociale». MAURIZIO CACIA [email protected] ora calabria M & MERCOLEDÌ 1 febbraio 2012 PAGINA 32 ACONDO tutto quanto fa spettacolo Redazione centrale: c.da Lecco, 8 - 87030 Rende (Cs) • mail: [email protected] LE ORIGINI DELLA CASTA U n’opera di narrativa, scritta da un calabrese e ambientata in Calabria alla sfida del mercato nazionale. Si tratta de “Il monocolo” di Luigi Michele Perri, libro che ha vinto la seconda edizione del Premio letterario “NarreRai”, indetto dalla Rai in collaborazione con la sua casa editrice, la Eri. Il romanzo, edito dalla stessa Rai Eri, da ieri è nelle librerie di tutta Italia ed è segnalato, tra le “novità”, sul sito on line della Feltrinelli. Si profila un successo editoriale. Autori teatrali hanno già mostrato vivo interesse per la trasposizione teatrale del racconto. L’attualità del romanzo si lega alle origini della casta, di cui l’autore spiega i processi di formazione e le logiche di degenerazione e che considera fenomeno di condizionamento della società e della vita pubblica e politico-istituzionale. A decodificarne gli sviluppi, il racconto di un matrimonio combinato in un intreccio gattopardesco maturato, drammaticamente, in Calabria, nel clima postunitario. Una saga baronale fatta di sfrenati interessi familiari, che non impediscono l’innamo- Il romanzo di Perri vincitore del NarreRAI potrebbe diventare una piéce teatrale ramento della giovane coppia, destinata alle migliori fortune. Il patto tra i casati si rompe. La frattura potrebbe ricomporsi alla notizia della nascita del primogenito. Il parto, però, invece di favorire la riconciliazione, aggrava i dissidi. Il dramma che ne scaturisce è struggente, sconvolgente sino a produrre colpi di scena del tutto sorprendenti e inverosimili. Lo scrittore, nella postfazione, afferma che la storia, pur incredibile, è del tutto vera. E che, più marcatamente, dispiega le profonde motivazioni della “questione meridionale”, richiamandone le scaturigini in un’indagine che, come il resoconto del Premio registra, “diventa un’opera di scavo destinata a rinvenire inediti elementi costitutivi della questione meridionale con una singolare tecnica di narrazione che descrive la straordinaria versatilità di una scrittura elegante e convincente”. Pasquino Crupi, autore di una monumentale opera sulla storia della letteratura calabrese, si è così espresso:” Luigi Michele Perri e “Il monocolo” entrano di diritto negli spazi d’avanguar- dia della letteratura calabrese e meridionale, fermo restando che autore e libro possono legittimamente aspirare alla competizione del mercato nazionale con indubbie prospettive di affermazione e di consacrazione”. Rai Eri ha collocato il libro nella collana della narrativa, puntualizzando come l’opera rientri nei canoni più classici del romanzo storico. Il presidente della giuria, Fabrizio Maffei, ha sottolineato “l’eccellenza letteraria” dell’opera. Pasquale D’Alessandro, attuale direttore di Raidue e già direttore di Rai Storia, ne ha dato una lettura storica e meridionalistica e ne ha marcato la “elevata caratura letteraria”, “tutte qualità - ha aggiunto che accompagnano il plot del romanzo attraverso una singolare e appassionante vicenda, emblematica della società meridionale postunitaria”. Oltre a Maffei e a D’Alessandro, hanno fatto parte della giuria: Francesco Devescovi, Roberto Giacobbo, Franco Matteucci, Barbara Scaramucci e Marino Sinibaldi. m.m.p. LA QUESTIONE MERIDIONALE Luigi Michele Perri (in alto nella foto; in basso la cover) ha scritto il romanzo “Il monocolo” vincitore del premio NarreRAI