ritorno - CAI Treviso

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Club Alpino Italiano
Sezione di Treviso
RITORNO
Laggiù, Nane, era ormai entrato nel bosco. La debole luce della frontale non si vedeva più.
Appoggiato allo stipite della porta, ne aveva seguito il ballonzolare sul sentiero ripido, fino al
termine delle ghiaie, tra cespugli di salice e mugo, neri nella lieve chiarità del largo macereto
sotto la grande spalla su cui poggiava il rifugio. Le rocce più alte, volte ad Ovest, riflettevano
una leggera luce che scemava rapidamente. La valle, lontana, era già buia e ornata dalle luci
dei paesi appiccicati alla statale.
Il Nane. Era, anzi, era stato il più forte alpinista che avesse conosciuto. Silenzioso, bisognava
tirargli fuori le parole di bocca. Mai ostile o duro però, sempre con un'espressione bonaria,
anche con l'escursionista cittadino che gli raccontava, con enfasi, della sua salita al Santuario.
Lo aveva salvato - sì, non si poteva che definire così quel che Nane aveva fatto per lui. Si
erano conosciuti al mare, loro, due montanari ... lo aveva trattenuto dal saltare addosso al
cliente del bar e poi lo aveva aiutato ad uscire da quella violenta crisi di nervi che lo aveva
ridotto al pianto e al balbettio. Tanti anni prima, via dal paese, via da quei muri, dalle persone,
da quelle cose divenute orribili. I ricordi però se li era portati dietro, quasi un alibi, una
giustificazione per la propria sofferenza: la piccola figura di lei, laggiù, ormai immobile in
fondo alla gola del Rionero, i paesani più volenterosi che cercavano di recuperane il corpo, il
padre di lei, autore segreto di quell'immondo stupro, che lo guardava impassibile ... "A chi
pensi crederanno?"
Lei aveva trovato la forza di scrivergli quelle poche parole, vergogna disperazione e amore,
che il fratello minore, la mattina presto, gli aveva recato di nascosto prima che si accorgessero
della sua scomparsa. Più di uno sapeva ma la violenza, lo stupro familiare non esisteva. Non
doveva.
C'era una soluzione più comoda e il suo andarsene aveva salvato la faccia al paese.
Anni senza radici. Alla fine aveva rilevato la gestione di un discreto bar in un piccolo centro
dell'alta riviera adriatica. Sembrava il principio di un armistizio tra lui e la vita, ma montanaro
era e restava. Se d'estate il lavoro lo impegnava, nella stagione morta i fantasmi riprendevano
vigore.
Concorso per un racconto sul tema:
Terzo Classificato, Alessandro Bimbatti
“Dalla vetta o dalla valle, il senso del rifugio”
Rifugio Antelao, 22 luglio 2006
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Il ricordo del verdenero dei boschi, del levarsi dolce e severo delle montagne, lo annegava in
una nostalgia combattuta dai sentimenti di rancore e frustrazione nati proprio in quel quadro.
Una sera di settembre, nel bar, alcune persone discutevano, allegre, ad un tavolo d'angolo.
Mentre li serviva sentì che parlavano di montagne e notò che gli era sfuggito il loro
abbigliamento. Certo non era quello che s'usava ai suoi tempi, tutto più tecnologico e alla
moda, ma non c'era dubbio che vestito così davi l'idea che in montagna ci sapessi fare ... lì poi
... Aveva iniziato a seguire ciò che dicevano. In sostanza, la vita sui monti meritava di esser
vissuta, i prati, i boschi, le vette, tutto era creato per fornire l'occasione ai montanari di vivere
in paradiso a dispetto di chi, in pianura, sfortunato ... La giornata per lui non era delle migliori
e ora ... cosa ne sapevano, quelli, della fatica su per i prati dove l'unica tecnologia è la falce e
le braccia bruciano per la stanchezza e il sole, dove ad ogni temporale l'orto rischia di finire a
valle, dove andare e tornare dal lavoro, quando lo hai, ti costa più tempo e denaro e pericolo,
altrimenti fai il manovale nel bosco ... dove si ricordano che esisti solo quando ci sono le
elezioni. Gli montava dentro la rabbia. Aveva perso una parte del discorso, era cambiato, dalla
natura erano passati alla gente dei monti. A sentirli, coloro che vivevano in montagna erano
degli eroi, puri e generosi, esempi di rettitudine e moralità che la Natura, ora maestra di vita,
forgiava da generazioni. Fece qualcosa di estraneo alla sua natura, entrò nei loro discorsi
dicendo che la realtà era un poco diversa, che la vita dura e la miseria difficilmente creano
eroi e che troppe volte la miseria e l'ignoranza hanno per figlio il buio morale. La reazione fu
immediata e violenta: "cosa vuol sapere lei, qui al mare" ... finì a pugni, quasi, se non fosse
stato per il Nane che da un tavolo più in là, era in vacanza, intervenne e li calmò. Lo ascoltò e
continuò ad ascoltarlo fino a notte, mentre lui parlava come se dentro si fosse spaccato, e le
parole uscivano insieme alle lacrime.
Così si trovò con la proposta per la gestione di un rifugio, lassù in alto, e un amico.
Si scostò dallo stipite di pietra e chiuse la porta per la notte, non a chiave però. Nel camino
rimaneva solo qualche brace. Sul tavolo c'erano i resti della cena che una famiglia di
occasionali escursionisti aveva consumato. Erano già saliti in camerata e lui si accinse a
ripulire e a preparare il tavolo per la prima colazione. Aveva spento il gruppo elettrogeno e
lavorava a lume di candela. Non per economia, gli piaceva così. La luce calda e debole
illuminava la stanza solo per un breve tratto lasciando in ombra le zone più lontane dalla
fiammella. Tornavano alla mente immagini di quadri, viste in rare visite ai musei, nei quali i
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volti e le figure emergevano alla luce dal fondo notturno, i particolari, una mano con il pane
spezzato o il riflesso di un vaso nascosto nel buio di un angolo ... no, forse era qualcosa di più
lontano, che ritornava dalla sua fanciullezza. L'angolo della cucina con il lume poggiato sul
tavolo, le parole di sua madre mescolate al sordo urtare dei piatti di legno, il colore, l'odore di
un tempo che non ricordava se felice o no, ma rimpianto, questo sì. Ecco, quei muri, quel
rifugio erano divenuti Rifugio più per lui che per i suoi occasionali ospiti. Loro, a volte, erano
quasi un fastidio. Era geloso di quel suo mondo che condivideva con Nane e pochi altri, quei
pochi che, entrando bagnati dalla pioggia o accaldati e stanchi, escursionisti, rocciatori o
sciatori che fossero, si fermavano sulla porta prima di entrare, con delicatezza, quasi a
chiedere permesso, che chiedevano sottovoce se si poteva mangiare e se magari ci fosse un
po' di vino o posto per dormire, anche in terra, non importava ... Non servivano tante parole.
Parlava il modo di fare, il rispetto. E quei quattro di sopra! Beh, però erano simpatici, vestiti
da capo a piedi di loden, nuovissimo e costoso. Gli veniva il pensiero che anche le mutande
fossero di loden! Erano arrivati due giorni prima, verso mezzogiorno. Aveva udito, con
fastidio, le voci ben prima del loro arrivo. Possibile gridare così? Padre, madre e due ragazzi,
quattro che sembravano otto. Lo avevano sommerso con il racconto dell'impresa, due ore di
sentiero parevano l'Esplorazione delle Terre Selvagge! Mentre serviva il pranzo l'uomo gli
chiese se potevano fermarsi per un paio di giorni e se, magari, avesse un rosso migliore di
quello che aveva portato in tavola. Certamente, quattro clienti per due giorni a metà settimana,
tutto sommato ... poi in cucina travasò il vino in una caraffa diversa e lo riportò in tavola.
Stavolta sì, andava bene, occhiata d'intesa con la moglie, era senz'altro il vino che il gestore
teneva per sé. La moglie, gran sorriso ed occhi spalancati, chiese se al mattino, per colazione,
fosse possibile avere dello Yogurt delle Valli ... mancò un pelo che gli cadesse di mano il
tagliere con tutto il salame. Il Nane, ancora una volta, salvò la situazione. Sulla porta, appena
arrivato, aveva ascoltato e intervenne in tempo. Era salito dall'altro versante, di là della
forcella Alta, e si era fermato per salutarlo. Stava scendendo a valle, disse all'amico strizzando
l'occhio, e lungo il sentiero si sarebbe volentieri fermato alla malga di Tin per dirgli di mandar
su, al mattino con la teleferica, un secchio di yogurt appena fatto. La malga? Tin? Ma il Nane
continuava a strizzare l'occhio e allora ... Al mattino presto, quando arrivò la teleferica, nel
carrello trovò un bel secchio di legno, uguale a quelli che si vendevano lungo la statale, in
paese, sulle bancarelle per i turisti. Era pieno di yogurt, protetto con un bel pezzo di stoffa a
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quadretti, ma non solo, c'era anche una scatola di cartone chiusa alla meglio e dentro ...
almeno una ventina di barattoli di yogurt, vuoti, con il marchio dell'hard discount del paese ...
Nane, Nane ...
Finì di apparecchiare ponendo al centro del tavolo il tagliere della polenta con su il secchi o di
legno pieno di yogurt coperto dal panno e, per completare, vi pose un mestolo di legno. In
cucina, sul gas, erano già pronte le pentole con il latte e l'acqua per il tè a fianco della
caffettiera. L'indomani i quattro se ne sarebbero andati, avevano già pagato il conto e lasciata
una bella mancia.
Prese la candela e fece per avviarsi sulle scale. Si guardò intorno, il muoversi dava vita a
ombre che ruotavano sui muri. Alla debole luce le foto, i quadri, le varie cose appese alle
pareti apparivano e scomparivano, rivelate o coperte da quelle ombre che sembravano non
poggiarsi sulle superfici ma aprire un taglio netto, nero e profondo nell'infinito, attraverso il
muro, il bosco e la Montagna. Salì le scale, strette, proteggendo la fiammella con la mano.
Immerso in quella piccola sfera di luce si sentiva protetto mentre andava ai suoi momenti
d'intimità. Nella piccolissima camera si spogliò lentamente badando a non far rumore.
Sedutosi sulla branda, aprì il cassetto del comodino, come sempre, traendone una minuscola
cornice d'argento. La posò vicina alla luce in modo da ben vederla. In essa era racchiusa una
fotografia, in bianco e nero, modesta e consunta. Era evidente che il vetro non l'aveva sempre
protetta. Nel viso ovale, giovanissimo, gli occhi scuri di una ragazza lo guardavano. Le labbra
erano atteggiate in un sorriso incerto e imbarazzato. Bellissimo e remoto, quel viso era
l'ultima cosa che vedeva prima di addormentarsi e la prima al risveglio. Un muto arrivederci.
Calma gioia e calmo dolore ai quali si era legato. Quella sera i suoi occhi sostarono più a
lungo sul viso di lei, la testa come svuotata, stupita. Non c'era più la tristezza solita che
accompagnava l'addormentarsi. Come mai prima, quel viso, quegli occhi, quell' accenno di
sorriso entrò in lui sciogliendo l'amarezza, compagna di tanti anni. Nasceva nell'anima
qualcosa di simile alla serenità mentre gli occhi si chiudevano.
La fiammella della candela quietamente si spense. Nel buio un'altra la seguì.
A mezza mattina, giù al parcheggio, Nane incontrò i quattro che stavano riponendo gli zaini
nella grossa Mercedes scura. Lo salutarono calorosamente, ringraziandolo ancora per lo
Yogurt delle Valli e alla sua domanda risposero che no, non avevano visto il gestore.
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Pensavano fosse andato a far legna o altro e, siccome era già tutto pronto, si erano serviti loro
stessi e poi erano usciti.
Nane proseguì rapido, prendendo le scorciatoie. Da sotto la grande spalla vide la bandiera al
pennone ma le finestre sembravano ancora chiuse. Appena dentro il silenzio assoluto lo
preoccupò.
Tolti gli scarponi salì le scale lentamente e in silenzio ...
Si sedette accanto al corpo dell'amico. La luce del piccolissimo abbaino illuminava quel viso
bianco sul quale un'espressione distesa aveva sostituito l'abituale piega amara. Lo vestì con gli
indumenti migliori che trovò e lo distese supino. Tolse delicatamente la piccola fotografia
dalla cornice. Quell' accenno di sorriso sembrava tracimare sull' altro viso immobile.
Fuori, ammainò la bandiera e s'incamminò, con passo pesante e lento. Giù, nel bosco, il
sentiero in piano contornava il torrentello. Si volse. Lassù, nel suo castello, scuro contro il
sole del primo pomeriggio, il guerriero aveva cessato la lotta. La piccola foto galleggiò
sull'acqua per un attimo, poi la corrente la prese e Loro si persero tra i sassi lucidi, i muschi e
le ombre verdi.
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