Il Telegrafo Musicale (Elisha Gray, USA 1876)

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Il Telegrafo Musicale (Elisha Gray, USA 1876)
Il Telegrafo Musicale (Elisha Gray, USA 1876)
Elisha Gray, nato a Barnesville, Ohio, nel 1835, sarebbe stato noto come inventore del telefono se
A.G.Bell non avesse brevettato l’invenzione un’ora prima di lui…Invece Gray è passato alla storia
come l’inventore, per altro accidentale, del primo strumento elettronico musicale. Come molte delle
invenzioni nel campo degli strumenti elettronici, la sua fu l’effetto collaterale della tecnologia
telefonica che in quel momento stava studiando.
Gray scoprì accidentalmente che era possibile controllare il suono generato da un circuito
elettromagnetico auto-oscillante e nel fare questo inventò un elementare oscillatore monofonico. Il
‘Telegrafo Musicale’ usava delle canne d’acciaio, le cui oscillazioni venivano create e trasmesse da
elettromagneti sulla linea telefonica. Gray costruì anche un semplice dispositivo altoparlante,
implementato nei modelli successivi della macchina, che consisteva di un diaframma vibrante in un
campo magnetico.
Figura 1: Il Telegrafo Musicale.
L’invenzione del telefono venne in ogni caso attribuita a Bell, dopo una disputa legale durata
parecchi anni. Gray continuò le sue ricerche e la sua attività di docente presso l’Oberlin College. Fu
il fondatore della Western Electric Company, tuttora esistente.
‘The Singing Arc’ (William Du Bois Duddel, 1899)
Prima che Thomas Alva Edison inventasse la lampadina ad incandescenza (electric light bulb),
l’illuminazione delle strade era già molto diffusa in Europa. La lampada ad arco produceva luce
creando una scintilla fra due nodi di carbone. Il problema di questa tecnologia d’illuminazione era,
a parte l’inefficienza dello sfruttamento dell’energia, il costante rumore di hum generato dall’arco
voltaico. Il fisico William Duddle fu incaricato di risolvere il problema nella città di Londra nel
1899 e durante i suoi esperimenti, volti alla risoluzione del problema (che non trovò…), egli ,
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ancora una volta accidentalmente!, notò che variando la tensione applicata fra i due elettrodi di
carbone, poteva creare una sorta di VCO: in pratica riusciva a controllare il pitch delle frequenze
udibili generate dal dispositivo.
Collegando una tastiera alla lampada ad arco, Duddell creò uno dei
primi strumenti elettronici e il primo strumento elettronico udibile senza
l’uso della linea telefonica come sistema d’amplificazione/diffusione.
Quando egli presentò la sua invenzione al London Institute of Electrical
Engineers, fu notato che le lampade ad arco, alimentate dallo stesso
circuito in altre costruzioni vicine, interferivano con lo strumento
musicale. Questo aprì una polemica sul fatto se il Singing Arc potesse o
meno essere utilizzabile. Di fatto lo stesso Duddell non tentò mai di
commercializzare la sua invenzione, e non la brevettò neanche.
Figura 2: Una Lampada a Carbone.
Il principio di funzionamento del Singing Arc fu sfruttato da Thaddeus
Cahill durante la dimostrazione pubblica del Thelarmonium (vedi) 10
anni più tardi.
Il Thelharmonium/Dinamofono (Thaddeus Cahill, USA 1897)
Nel 1897 Thaddeus Cahill brevettò quello che divenne il “Thelarmonium” o “Dinamofono”, che
può essere considerato il primo strumento elettronico musicale significativo. Il primo modello
completo fu presentato al pubblico nel 1906, a Holyoke, Mass.
Il Thelarmonium era costituito essenzialmente da 145 dinamo modificate,
che impiegavano degli alberi di trasmissione collegati ad induttori per
produrre delle correnti alternate sinusoidali a differenti frequenze audio.
Questi segnali erano controllati da set multipli di tastiere da sette ottave,
sensibili alla dinamica (velocity). La novità ulteriore era costituita dal fatto
che le tastiere erano microtonali, con 36 note per ottava, accordabili su di
un range di frequenze da 40Hz a 4KHz.
Figura 3: Thaddeus Cahill.
Il suono prodotto era udibile attraverso trombe acustiche nei primi modelli.
Nei modelli successivi si sfruttò la linea telefonica, oppure una serie di ricevitori telefonici, dotati di
speciali trombe acustiche (questa era l’unico modo di amplificare il suono nell’era preamplificatore- l’invenzione di Cahill anticipò l’invenzione degli ampli di circa 20 anni!).
Lo strumento era usualmente suonato a quattro mani (2 strumentisti…) ed usualmente veniva usato
per suonare musica classica: Bach, Chopin, Grieg, Rossini etc.
Lo strumento era costituito da un’enorme struttura di 200 tonnellate di peso e 60 piedi in lunghezza,
assumendo le fattezze di una centrale elettrica…Il costo era di circa 200K$. Il “mostro” occupò per
circa vent’anni un intero piano del “Thelarmonic Hall” a Broadway, N.Y.C.
A dispetto delle proporzioni eccessive dello strumento, era in grado di produrre un suono versatile e
moderno, ad un grado non uguagliato dai successivi strumenti almeno fino agli anni 50’.
Paradossalmente era trasportabile, anche se necessitava di una trentina di vagoni ferroviari. Per la
sua prima dimostrazione pubblica, fu portato da Holyoke, Mass a NYC.
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Figura 4: Il Telharmonium.
La microtonalità, caratteristica peculiare dello strumento, supportata dalla visionaria tastiera di 36
note per ottava, progettata attorno all’idea di giusta intonazione dello stesso Cahill, sebbene molto
avanti nel tempo, si rivelò impopolare presso gli esecutori, che avevano poco tempo per
familiarizzare con l’inusuale tastiera. Questo determinò si sommò ad altri fattori che provocarono il
declino dello strumento. Il suono prodotto dal Thelarmonium era inficiato da errori d’esecuzione
degli strumentisti e da problemi di natura tecnica, quali il drop nel livello d’uscita dovuto
all’aggiunta di voci ulteriori e ad un suono abbastanza acido sulle basse frequenze, che era definito
addirittura irritante.
Cahill ultimò il terzo e finale progetto del Thelarmonium nel marzo del 1911: la macchina era
addirittura più grande e più costosa delle precedenti. Il terzo Thelarmonium era dotato di un set
d’alternatori interamente ridisegnato, con alternatori più potenti, magneti più forti per aumentare la
resa alle basse frequenze e controlli di volume. Fu installato al 535 west 56th street a NYC.
Cahill e la ‘New England Electric Music Company’ pianificarono la trasmissione della
‘Thelarmony’ usando il Dinamofono in hotel, teatri, ristoranti, teatri e abitazioni private attraverso
la rete telefonica. Questo progetto visionario fallì a causa delle spese d’installazione proibitive e di
un problema tecnico abbastanza grave: il funzionamento della macchina interferiva seriamente con
la trasmissione telefonica locale. L’avventura ebbe fine prima del’inizio della prima guerra
mondiale. Si sostiene che un uomo d’affari di New York, infuriato per la continua interferenza della
macchina sulla rete telefonica, irruppe nella costruzione che ospitava lo strumento, e lo distrusse,
gettandone i pezzi nel vicino fiume Hudson. L’ultima macchina sopravvisse al crash della borsa di
Wall Street ed alla prima guerra mondiale, rimanendo operativa fino al 1916. Il colpo di grazia le fu
dato dall’avvento della radio e dell’amplificazione.
A dispetto del suo declino, il Thelarmonium diede
l’impulso alla nascita della musica elettronica. Il
compositore italiano Ferruccio Busoni, ispirato
dalla macchina, scrisse nel 1907 il saggio “Schema
di una nuova estetica della musica”. Tale saggio
divenne a sua volta fonte d’ispirazione per tutta
una nuova generazione di compositori operante
nell’ambito della musica elettronica ed elettroacustica, come Edgar Varèse e Luigi Russolo.
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Figura 5: Dentro il Telharmonium.
Non sono sopravvissute registrazioni del Telharmonium, e fallì anche il
tentativo di Arthur T.Cahill di trovare un posto dove conservare la
macchina, che pertanto è scomparsa. Il principio di funzionamento del
Dinamofono fu sfruttato più tardi e lo è ancora nel progetto dell’Organo
Hammond (1930).
Figura 6: Un rotore del Telharmonium.
Il ChoralCello (Melvin Every, USA 1888)
Il Choralcello (le voci del paradiso) fu uno dei primi esempi di strumento ibrido elettronicoelettroacustico. Fu progettato e sviluppato da Melvin Severy ad Arlington Heights, Mass USA. La
macchina prodotta dalla ‘Choralcello Manufacturing Co’ con sede a Boston come un costoso organo
da casa. Il progetto fu migliorato per circa 10 anni, fino al 1909, quando venne presentato a Boston.
Almeno sei strumenti furono venduti e usati fino al 1950.Ne sono sopravvissuti due. Era un diretto
contemporaneo del Thelarmonium, e, sebbene non tanto ingombrante, era in ogni caso una
macchina molto grande. Usava una generazione del suono elettromagnetica basata su tone wheels,
dedicata alla sezione dell’organo, mentre la parte elettroacustica era costituita da un set di corde da
piano fatte vibrare in maniera elettromagnetica. Era dotato di due tastiere: la tastiera superiore
(piano) da 64 tasti e quella
inferiore (piano e organo) da 88
tasti, dedicata al controllo, nei
modelli più recenti, di 88 tone
wheels e di un set di corde per
piano che, oltre ad essere fatte
vibrare elettromagneticamente,
erano percosse dagli usuali
martelletti. Era presente anche
una sezione per il controllo del
timbro, ed un certo numero di
risuonatori a molla, di diversi tipi
di materiale, che caratterizzavano
fortemente il suono.
Figura 7: Il Choralcello
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L’intonarumori (1913), il Rumorarmonio (1922), Il Piano Enarmonico (1931)
Il musicista e pittore futurista Luigi Russolo creò numerosi strumenti che, sebbene non elettronici,
giocarono un ruolo fondamentale nell’incorporazione del rumore e del suono ambientale (vedi l’uso
del field recording nella musica elettronica attuale) nella musica moderna e furono fonte di
ispirazione primaria per compositori importantissimi come Varèse, Cage, Schaeffer, solo per citarne
alcuni.
I tentativi di Russolo di mettere in pratica le teorie Futuriste sulla musica e sull’arte, portarono ad
alcuni dei più straordinari esperimenti musicali in Europa, prima della Guerra Mondiale. In
particolare l’Intonarumori costituì uno strappo netto
con l’idea della musica che si era avuta fino a quel
momento.
Ne “L’arte dei Rumori”, opera del 1913, Russolo
descrive il passaggio attraverso la storia dal silenzio al
suono, ed espone le sue idee, rivoluzionarie per il
tempo, ma attualissime ancora oggi, sul rapporto fra
rumore e musica. Egli sosteneva che il numero
limitato di strumenti musicali utilizzati all’epoca non
avrebbe soddisfatto ancora a lungo le necessità
acustiche dell’uomo moderno. Il suo saggio dava
dignità musicale ad ogni sorta di rumore proveniente
dalle strade, dalle macchine, dall’industria allora
nascente, da un treno in corsa, creando le basi per la
nascita della musica concreta.
Gli Intonarumori, o Macchine da Rumore costituivano una famiglia di generatori di suono
progettati da Russolo per creare una palette di suoni quale quella teorizzata nel suo saggio del 1913.
Le singole macchine erano ridicolamente elementari in apparenza: scatole solide di varia grandezza,
ognuna collegata ad un grande diffusore acustico di metallo. Russolo ed il suo assistente Piatti
lavorarono al perfezionamento delle macchine fino al primo concerto basato sugli Intonarumori, del
1914.
Marinetti, poeta futurista e scrittore del famoso Manifesto del Futurismo, descrisse l’esperienza
della dimostrazione degli Intonarumori al pubblico incredulo come il “mostrare il primo motore a
scoppio ad una mandria di vacche ”.
Nel 1914 Russolo e Marinetti si esibirono in 12 performance dell’Intonarumori al London
Coliseum. Le esibizioni furono accolte, almeno in apparenza, con calore e Marinetti disse a tal
proposito che 30000 persone avevano ascoltato la musica del futuro.
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Dopo la prima Guerra Mondiale, Marinetti si stabilì a Parigi per continuare i suoi esperimenti con le
macchine intonarumori. I suoi concerti, tenuti durante il 1920 nella città, provocarono entusiasmi
ma anche e soprattutto feroci polemiche. Resta comunque il fatto che l’esperienza futurista
influenzò enormemente il lavoro di molti compositori delle avanguardie che seguirono, in
particolare il lavoro di Edgar Varèse.
1900 Gli Strumenti Protoelettronici
L’Audion Piano (Lee De Forest, USA 1915)
Lee De Forest può essere considerato il padre della radio. Fu inventore (oltre 300 brevetti) e
progettista elettronico. In particolare invento la valvola triodo, detta Audion Valve, nel 1906. Il
triodo fu uno degli sviluppi più importanti del Diodo a Valvola Termoionica di J.A.Fleming.
Figura 8: La Valvola Triodo di Lee De Forest.
L’applicazione più immediata della scoperta di De Forest fu nella tecnologia radiofonica, ma egli
scoprì anche che la valvola triodo era capace di creare frequenze in banda audio utilizzando una
tecnica chiamata ‘Eterodinamica’: combinando due segnali con frequenze RF vicine, si generavano
dei battimenti (come quelli che si creano fra due corde di una chitarra, lievemente scordate), ossia
segnali in banda audio e perciò udibili.
De Forest creò nel 1915 l’Audion Piano, il primo strumento elettronico a valvole. L’Audion Piano
era un semplice strumento a tastiera, ma fu il primo a sfruttare il principio dell’interferenza
Eterodinamica per creare un oscillatore in banda audio, e la capacità del corpo umano per creare
variazioni nel pitch e nel timbro (principio largamente usato da Teremen e Martenot nei rispettivi
strumenti).
L’Audion Piano usava una singola valvola triodo per ottava, controllata da una tastiera, permettendo
di suonare una nota per ogni ottava. L’output dello strumento era inviato ad un sistema di diffusori
che potevano creare una sorta di configurazione surround.
De Forest pianificò la costruzione di uno strumento dotato di una valvola per tasto, che avrebbe
permesso una piena polifonia, ma non venne mai realizzato.
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Figura 9: De Forest al lavoro nel 1948.
L’Optophonic Piano (Vladimir Baranoff Rossinè, Russia 1916)
L’Optophonic Piano fu lo strumento elettronico creato dal pittore Futurista russo Vladimir Baranoff
Rossinè. Rossinè iniziò a lavorare al suo strumento nel 1916, e lo usò nelle mostre dei suoi stessi
dipinti e nei suoi rivoluzionari eventi artistici nella Unione Sovietica. Inoltre, Rossinè diede due
concerti usando l’Optophonic Piano (assieme a sua moglie Pauline Boukour), nei teatri Meyerhold
e Bolchoi nel 1924. Rossinè lasciò l’Unione Sovietica nel 1925, emigrò a Parigi dove continuò a
tenere esibizioni di pittura e musica usando il suo strumento.
L’Optofonic piano può essere
considerato il primo strumento
elettronico generativo, un precursore
di software come *****. Esso
generava suoni e proiettava pattern
visivi che ruotavano sul muro o sul
soffitto, puntando una sorgente
luminosa attraverso una serie di
dischi di vetro ruotanti (dipinti da
Rossinè), filtri, specchi e lenti. La
tastiera controllava la combinazione
dei vari dispositivi ottici. Le
variazioni in opacità dei dischi dipinti
e dei filtri erano raccolte da un
fotosensore (cellula foto-elettrica)
che controllava il pitch di un singolo
oscillatore. Lo strumento produceva
un tono continuo che variava in pitch, accompagnato da proiezioni caleidoscopiche rotanti.
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Figura 10: Un disco dipinto dell'Optophonic Piano.
Il Theremin (Lev Sergeivitch Termen, Russia 1917)
Il principio dei battimenti o degli oscillatori eterodina fu scoperto per caso durante la prima decade
del ventesimo secolo da radio ingegneri operanti nel campo dei tubi a vuoto. L’effetto eterodina è
creato da due alte frequenze radio di frequenza leggermente diversa, che combinandosi genera un
tono a frequenza in banda audio, data dalla differenza fra le due radio frequenze. Il potenziale
musicale dell’effetto fu notato da molti ingegneri e progettisti compresi Maurice Martenot, Nikolay
Obukhov, Armand Givelet, e Lev Sergeivitch Termen, clavicembalista e ingegnere elettronico russo.
Uno dei problemi nell’utilizzo dell’effetto eterodina negli strumenti
musicali era che quando il corpo del musicista si avvicinava alla
valvola a vuoto, si comportava come un enorme condensatore, e la
capacità offerta dal corpo faceva variare il pitch dell’onda generata
dalla valvola. Termen realizzò che, piuttosto che essere un
problema, la capacità del corpo poteva essere utilizzata come
meccanismo di controllo del pitch, e liberava finalmente il
performer dalla tastiera e dall’intonazione fissa.
La prima macchina realizzata da Termen, costruita in USSR nel
1917, fu chiamata “Theremin” o “Aetherophone” e fu il primo
strumento ad utilizzare il principio dell’eterodina, in maniera
complessa.
Figura 11: Termen suona il Theremin.
Il progetto originale utilizzava un pedale per controllare il volume e
un meccanismo a switch per alterare il pitch. Da questo prototipo si passò ad un modello messo in
produzione nel 1920, racchiuso nel cabinet di un grammofono, con un’antenna telescopica ed una
ad anello. Lo strumento era suonato muovendo le mani attorno all’antenna ad anello per la
modulazione di ampiezza (volume) ed attorno a quella telescopica per la modulazione in frequenza
(pitch). l’uscita era un tono singolo modulato in pitch e volume dal performer. Il timbro era statico e
assomigliava a quello di un violino. Il suono era prodotto direttamente dalla combinazione eterodina
di due oscillatori a radio frequenza: uno oscillava alla frequenza fissa di 170KHz, l’altro aveva una
frequenza variabile da 168KHz a 170KHz, modulata dalla prossimità della mano del performer
all’antenna telescopica. Perciò la fondamentale del suono prodotto dallo strumento variava fra 0Hz
e 2KHz. Il suono era amplificato, nei modelli più recenti, e riprodotto da un diffusore triangolare.
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Il modello del Theremin fu mostrato per la prima volta al pubblico nel 1920, alla fiera industriale di
Mosca e fu molto apprezzato da Lenin, che richiese delle lezioni sullo strumento. Lenin
commissionò in oltre la costruzione di 600 pezzi, perché fossero fatti girare nell’Unione Sovietica.
Termen lasciò l’USSR nel 1927, e si recò negli USA, dove nel 1929 brevettò il Theremin. Fu
prodotto fino al 1930 dalla RCA, e continuò ad essere prodotta, nella sua forma a transistor, da Bob
Moog.
L’oscillatore a valvola basato sulla tecnica eterodina divenne la tecnica standard
per la produzione elettronica di suono fino all’avvento dei transistor nel 1960 e
fu largamente usato nel progetto di strumenti elettronici del periodo. Il Theremin
divenne noto negli USA come strumento casalingo, e fu utilizzato per la
realizzazione di molte delle colonne sonore per film negli anni 40’ e 50’.Fu
utilizzato anche in numerosi dischi pop negli anni 60’ (l’esempio più famoso è
“Good vibrations” dei Beach Boys), ma non divenne mai uno strumento
consolidato, e venne ed è usato per lo più per la generazione d’effetti che come
vero e proprio strumento. Termen sviluppò numerose versioni e variazioni sul
tema dello strumento originalmente concepito; le più note sono il “Terpistone”, il
“Rhythmicon”, il Theremin a tastiera e l’”Electronic Cello”.
Figura 12: Il modello del Theremin del 1920.
L’Electrophon, lo Spharaphon,il Partiturophon e il Kaleidophon (Jorg Mager,
Germania, 1921-1930)
Il gruppo di strumenti del tipo Sparaphon fu sviluppato dal musicista Jorg Mager per l’utilizzo nella
musica microtonale a Berlino dal 1921 al 1928. Lo strumento iniziale venne chiamato Electrophon,
costruito con l’assistenza della Lorenz, ed era uno strumento basato su di un generatore eterodina.
L’Electrophon era controllato da una manovella che il musicista muoveva su di un disco
semicircolare graduato, in modo da produrre un glissando continuo. Non aveva una tastiera.
Il KurbelSpharaphon era un Electrophon migliorato con l’aggiunta di filtri per la variazione del
timbro e, per evitare il glissando continuo, era dotato di due manovelle di tuning switchabili. Per il
controllo del volume erano implementati due pedali. Il progetto venne completato nel 1923 e
Georgy Rimsky-Korsakov (nipote del compositore russo) scrisse alcuni pezzi microtonali (quarti di
tono) per lo strumento.
Con il supporto della città di Darmstadt (Heinrich Hertz
Institut für Schwingungsforschung e Reichsrundfunk
radio station) e con l’assistenza di Oscar Vierling,
Mager continuò il lavoro sul suo strumento creando il
KlaviaturSparaphon nel 1928, rimpiazzando le
manovelle dei modelli precedenti con due piccole
tastiere monofoniche dotate di testi più corti, che
permettevano al performer di suonare entrambe le
tastiere, ottenendo una rudimentale duofonia. Le
tastiere era accordabili sui microtoni. Vennero anche
aggiunti dispositivi per la variazione del timbro come
risonatori meccanici e diffusori dalla forma particolare.
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Figura 13: Jorg Mager suona il Kurbel-Spharaphon (1923).
Il Partiturophon era un modello di KlaviaturSparaphon a cinque voci e quattro tastiere (cinque nei
modelli recenti), prodotto nel 1930. Lo strumento permetteva di suonare parti a cinque voci
contemporaneamente. Erano sfruttati ancora una volta dei tasti molto piccoli, permettendo di
suonare accordi a più voci, usando una tastiera per ogni voce. Il Kaleidophon fu completato nel
1939, è descritto come “uno strumento monofonico con una mistura caleidoscopica di suono”. La
costruzione dello strumento venne influenzata dalle idee tonali di A.Schoenberg e Ferruccio Busoni.
Gli strumenti di Mager venne usati in
numerose produzioni teatrali tedesche,
nessuna delle quali è sopravvissuta alla
seconda guerra mondiale. Nel 1929 Mager
fondò, in un piccolo castello nella città di
Darmstadt, lo Studiengesellschaft für Elektro
Akustische Musik.
Figura 14: Mager e il Partiturophon.
L’Ondes-Martenot (Maurice Martenot, Francia 1928)
Maurice Martenot, clavicembalista e radiotelegrafista, incontrò Lev Termen nel 1923. L’incontro lo
portò a progettare uno strumento basato sulle idee di Theremin: il primo modello, l’“OndesMartenot” fu brevettato il 2 aprile 1928, sotto il nome di "Perfectionnements aux instruments de
musique électriques". Il suo obiettivo era produrre uno strumento elettronico versatile e familiare ai
musicisti orchestrali. Le prime versioni dello strumento hanno ben poca somiglianza con le
successive: consistevano di due unità montate table-top controllate dal performer che manipolava
una corda attaccata ad un anello da dito (utilizzando la capacità del corpo in una maniera molto
simile al Theremin). I modelli più recenti utilizzavano una tastiera.
L’Ondes-Martenot divenne il primo strumento
elettronico di successo, e l’unico della sua
generazione ancora utilizzato nelle orchestre. Lo
stesso Martenot divenne insegnante di OndesMartenot presso il Conservatorio di Parigi, 20 anni
dopo l’invenzione dello strumento.
Figura 15: Una Versione da concerto dell'OndesMartenot.
Il successo dell’Ondes-Martenot divenne la fine del Theremin. Sebbene entrambi gli strumenti
fossero basati su oscillatori valvolari e monofonici, mentre il Theremin era molto difficile suonare,
l’Ondes-martenot era dotato di tastiera e di un controllo a strip per il glissando e il vibrato.
Soprattutto aveva un’apparenza familiare al musicista!
Era inoltre dotato di un banco di tasti di espressione, con i quali il musicista poteva cambiare il
timbro e il carattere del suono. Una versione successiva (1938) implementava un’intonazione
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microtonale secondo le specifiche
del poeta Hindu Rabindrabath
Tagore e del musicista Alain
Danielou.
Figura 16: Una dei primi prototipi
dell'Ondes-Martenot.
Lo strumento fu accettato
velocemente nella musica classica, e
guadagnò un repertorio di tutto
rispetto: per lo strumento scrissero
Varèse, Olivier Messian, Darius
Milhaud, Arthur Honegger, Maurice Jarre.
Figura 17: L'Ondes-Martenot (circa 1940).
Il Clavier à Lampes (1927), l’Orgue des Ondes (1929), il Givelet (1930)
Armand Givelet, ingegnere e fisico al radio
laboratorio della Torre Eiffel, in collaborazione con
il costruttore di organi Eduard Eloi Coupleaux,
produsse il loro primo strumento, uno strumento
monofonico basato su un oscillatore a tubi a vuoto,
il Clavier a Lampes.
Nel 1928 Givelet dimostrò le possibilità della
registrazione in linea (direct injection, che chiamò
‘silent recording’). Questa tecnica, del tutto
scontata ai nostri giorni, risolveva non pochi
problemi, vista la scarsa qualità dei microfoni del
periodo.
Figura 18: Armand Givelet e il suo 'Wave
Organ', 1933.
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Il secondo strumento ideato da Givelet e Coupleaux fu l’Orgue des Ondes o Wave Organ nel 1929.
Il Wave Organ fu progettato come rimpiazzo economico degli organi a canna, usati per suonare
musica popolare dell’epoca e come modo di aggirare il problema della registrazione e la
trasmissione di musica attraverso la radio usando i microfoni, abbastanza di bassa qualità al tempo:
il Wave Organ ha poteva essere collegato direttamente ad un amplificatore o ad un radio
trasmettitore, bypassando completamente i microfoni.
Lo strumento di Givelet era basato sulla stessa tecnologia, oscillatori valvolari, del Theremin e
Ondes-Martenot, ma il Wave Organ era dotato di un oscillatore per ogni tasto, perciò era polifonico.
La polifonia si pagava con l’ingombro: l’organo aveva oltre 700 oscillatori a valvole, coprendo un
range di 70 note; disponeva di 10 timbri differenti- per ogni timbro si usava un set diverso di
oscillatori. Poteva essere espanso, arrivando ad usare fino a mille valvole per gli oscillatori e gli
amplificatori. Il suono era considerato particolarmente ricco, grazie a piccole variazioni
nell’intonazione fra ogni nota differente (generata da un oscillatore dedicato), che creavano un
effetto tipo chorus. L’organo era capace di effettuare una proto-sintesi additiva e proto-sottrattiva.
Il Wave Organ cedette il passo all’organo Hammond.
Il Piano Radio-Electrique era un piccolo
strumento tipo organo elettrico, dotato dello
stesso meccanismo dell’Orgue-des-Ondes
che controllava un set di oscillatori montato
in un cabinet separato.
Figura 19: Il set di oscillatori dell’'Orguedes-Ondes'.
L’ultimo strumento progettato dal duo
Givelet-Coupleaux è il ‘Givelet’. Il Givelet
era uno strumento unico che combinava oscillatori a valvola con un sistema per il controllo del
suono implementato a schede perforate poste su un tamburo rotante (1930).
Il pitch, il volume, l’inviluppo, il tremolo, il tipo di sintesi erano programmati perforando le schede
secondo un codice prestabilito. Come gli strumenti precedenti, anche il Givelet era polifonico. La
tecnica di programmazione a schede perforate non venne ulteriormente esplorata fino al 1950,
quando venne ampiamente usata nel RCA Synthesiser.
Il Trautonium, Mixtur-Trautonium, Radio-Trautonium e Concert-Trautonium
(F.A.Trautwein, Germania 1930)
Il Trautonium fu sviluppato dall’ingegnere elettrico tedesco Dr. Freidrich Adolf Trautwein e fu
mostrato al pubblico per la prima volta nel 1930 in Germania. La versione domestica dello
strumento fu prodotta e commercializzata dalla Telefunken fra il 1932 e il 1935.Un buon numero di
compositori scrissero opere per Trautonium, compreso Paul Hindeminth, che imparò a suonare lo
strumento e produsse ‘Concertina per Trautonium e Orchestra. Altri furono Hoffer, Genzmer, Julius
Weismann e soprattutto Oskar Sala, che divenne il virtuoso per eccellenza sulla macchina e
successivamente intervenne nello sviluppo dello strumento, producendo le sue personali variazioniil Mixtur-Trautonium, il Concert-Trutonium e il Radio-Trautonium. Oscar Sala ha continuato a
lavorare con il Trautonium fino ad oggi. Trautwein progettò anche una versione amplificata del
clavicembalo e le Campane Elettroniche, rispettivamente nel 1936 e nel 1950. Nel 1950 fondò a
Dusseldorf una scuola per ingegneri del suono. Produsse il suo ultimo strumento elettronico,
l’Elettronische Monochord, nel 1952.
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Figura 20: Il Trautonium con la tastiera a fili e le guide di metallo.
La versione originale del Trutonium aveva una tastiera che consisteva in una resistenza a filo
disposta su una guida metallica, marcata con la scala cromatica, e accoppiata con un oscillatore a
valvola al neon. Il performer, premendo sul filo, chiudeva il circuito e l’oscillatore era amplificato
tramite un diffusore acustico. Naturalmente, il punto in cui il filo era premuto variava la resistenza
elettrica offerta dal filo, e ciò agiva sul pitch della nota eseguita dall’oscillatore. Il Trautonium
aveva un range di tre ottave, che poteva essere trasposte attraverso uno switch. Una serie di circuiti
opzionali poteva essere aggiunta per controllare il timbro della nota, amplificando le armoniche
della fondamentale; le parziali non armoniche potevano essere aggiunte attraverso un filtraggio
selettivo. Questa forma paricolare di sintesi
sottrattiva produceva un timbro che era
caratteristico e inusuale se comparato con
gli strumenti degli anni 20’-30’ che
sfruttavano la tecnica eterodina a valvole.
La macchina era anche dotata di un pedale
volume.
Figura 21: Uno dei primissimi modelli del
Trautonium con pedaliera e diffusore
acustico.
Uno sviluppo successivo della macchina fu
il Mixtur-Trautonium, ad opera del virtuoso
dello strumento Oskar Sala. Il MixturTrautonium usava la stessa tecnologia dello
strumento originale, ma nei modelli
successivi (anni 60’) venne introdotto l’uso dei transistor, che sostituirono le valvole triodo, per
dare una risposta più precisa alle frequenze sub-armoniche. Dopo la guerra Sala creò una scuola per
la produzione di colonne sonore per il cinema a Berlino, dove registrò la musica per “Gli uccelli” di
Hitchcock. Il suo lavoro continua tutt’oggi.
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Figura 22: Il MixturTrautonium con i consueti fili resistivi
dotati però di linguette di pelle.
I principi di progetto della macchina originale furono mantenuti
nello sviluppo del Mixtur-Trautonium, al versione a
semiconduttore del Trautonium: la generazione del suono basata
sul mix di armoniche della fondamentale con parziali subarmoniche e le due resistenze a filo. Nei modelli successivi venne
introdotta la possibilità di suonare lo strumento secondo la
consueta scala temperata, aggiungendo delle linguette d i metallo,
foderate di pelle, poste lungo il filo secondo la scala cromatica. La
possibilità di generare microtoni era comunque mantenuta:
bastava far scivolare le dite sulle linguette.
Figura 23: Il ConcertTrautonium
Il Rhythmicon o Polyrhytmophone (H. Cowell,
USA 1930)
Nel 1916 il compositore Henry Cowell, esponente di
rilievo dell’Avanguardia Americana, stava lavorando al
controllo elettronico di ritmi e sequenze tonali attraverso
una tastiera. Scrisse molti pezzi per quartetto che usavano
combinazioni di ritmi e sovratoni che non era possibile
eseguire, se non attraverso l’uso di un qualche tipo ci
controllo meccanico. Nel 1930 Cowell parlò della sua idea
a Leon Termen, l’inventore del Theremin, e gli
commissionò la costruzione di una macchina capace di
trasformare dati di natura armonica in dati di natura
ritmica e viceversa.
La macchina venne battezzata Rythmicon e si può
considerare il primo strumento elettronico a generare
sequenze ritmiche. Era uno strumento a tastiera, basato sul
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Theremin: usava infatti lo stesso sistema di generazione del suono- oscillatori valvolari eterodina.
La tastiera polifonica a 17 tasti produceva una singola nota, ripetuta secondo una data sequenza
ritmica, per tutto il tempo che il tasto veniva premuto. Il contenuto ritmico della sequenza era
generato da dischi rotanti che interrompevano un fascio di luce, il quale a sua volta generava un
segnale d i trigger captato da una cellula fotoelettrica. La tastiera poteva essere trasposta, e veniva
intonata su di un pitch particolare, secondo la velocità della sequenza. Tempo e pitch di base erano
regolabili attraverso un certo numero di potenziometri. Cowell scrisse due opere per la macchina:
“Rythmicana” e “Music for violin and Rythmicon”. Una versione (non funzionante) della macchina
è conservata allo Smithsonian Institute.
Figura 24 : Cowell e Il Rhythmicon nel 1932.
Il Rythmicon fu riscoperto dopo circa più di 20 anni dalla sua creazione, e fu utilizzata per la
generazione di effetti nel cinema e nella musica. Ad esempio S.Kubrick la utilizzò nella colonna
sonora del film “Dr. Stranamore”, mentre si sostiene che venne usata dai Pink Floyd in “Atom
Heart Mother” e dai Tangerine Dream in “Rubicon”.
L’Organo Hammond (L.Hammond, USA 1930)
L’organo Hammond originale venne progettato e costruito dall’ex orologiaio Laurens Hammond
nell’aprile del 1935. Hammond fondo la sua ‘Hammond Organ Company’ nell’Illinois (Evanston)
per produrre organi elettronici per il mercato casalingo, e nel fare questo creò uno dei più popolari e
longevi strumenti elettronici mai costruiti.
La macchina fu progettata impiegando una tecnologia che si rifaceva direttamente al Telharmonium
di Cahill, ma su scala più piccola. La generazione del suono era praticamente identica a quella del
suo antenato, ossia attraverso delle tone wheel: il generatore del suono era costituito da un motore
asincrono in alternata connesso ad un albero che pilotava una serie di tone wheel, ognuna delle
quali ruotava vicino ad una bobina. Il numero di denti della ruota, assieme alla velocità di rotazione
determinava il pitch prodotto da un dato insieme di tone wheel. La scala era quella cromatica.
L’organo Hammond è dotato di un particolare
sistema di leve, dette drawbar, che rendono
possibile una sorta di sintesi additiva e
un’intonazione stabile- problema sempre
presente negli strumenti elettronici basati su
generazione del suono analogica. Una nota
nell’organo consisteva della fondamentale e di
un certo numero di armoniche, o multipli della
fondamentale. Nell’organo Hammond erano
disponibili la fondamentale e fino a otto
armoniche in più, controllabili dalle drawbar cui
si è accennato oppure da preset, richiamabili
con tasti o bottoni.
Figura 25: L'Organo Hammond modello B3,
circa 1950.
Lo strumento era dotato di due tastiere o
manuali da 61 tasti: la tastiera superiore, detta Great, e quella inferiore, detta Swell. Disponeva
inoltre di una pedaliera a 25 tasti (32 nei modelli da concerto), per i pedali bassi.
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Hammond brevettò anche il famoso spring reverb, noto come riverbero a molla, usato ampiamente
negli ampli per chitarra.
L’organo Hammond, nato come strumento per l’intrattenimento domestico, divenne strumento culto
per generi quali jazz, blues e rock. Il suo contributo alla musica colta lo ha dato in “Microphonie II”
di Stockhausen.
L’Univox (Univox Company, UK 1940)
Sviluppato dalla compagnia inglese Univox, lo strumento usava un generatore a dente di sega
valvolare modulato da un circuit o waveshaper a diodi. Il pitch range era esteso a cinque ottave
usando una tecnica a divisione di frequenza, che permetteva anche di suonare la stessa nota su più
ottave, premendo un unico tasto della tastiera. L’Univox era dotato di una tastiera che implementava
un controllo per l’inviluppo del suono, attraverso un sistema a doppio contatto: esercitando una
forte pressione veniva triggerato un inviluppo con decay veloce, generando una sorta di staccato,
esercitando una pressione debole, l’inviluppo del suono era caratterizzato da un decay lungo, fino a
due secondi. Era implementato anche un LFO che modulava l’output in frequenza, per l’effetto
vibrato, e poteva anche re-triggerare il gate dell’inviluppo, per simulare, ad esempio, le pennate
ripetute di un mandolino.
Il pannello frontale dello strumento aveva 15 switch per il controllo del timbro, 3 controlli per il
vibrato, un controllo per la modulazione e uno per il volume globale dello strumento. Era possibile
usare un’unità di amplificazione dedicata, dotata di speaker da 10 pollici.
L’Univox era considerato un ottimo strumento per il realismo con cui poteva riprodurre il suono di
archi e fiati, in particolare ottoni, quali clarinetto e sax.
Il Multimonica (H.Bode, Germania 1940)
Il Multimonica era uno strumento commerciale ibrido elettronico-acustico. Prodotto dall’azienda
tedesca Honer GmBh, fu progettato da Harold Bode, designer tedesco. Era dotato di una
combinazione di due tastiere, ognuna delle quali pilotava un diverso generatore. Il primo, un
Harmonium (strumento acustico a fiato, vicino agli ottoni), era pilotato dalla tastiera inferiore a 41
tasti, mentre il secondo, un generatore a dente di sega monofonico, era pilotato dalla tastiera
superiore. Venne commercializzato nel 1940 in Europa.
Figura 26: Il Multimonica della Hohner.
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L’Ondioline (G.Jenny, Francia 1940)
Georges Jenny sviluppò il primo Ondioline nel 1938, continuando a riprogettarlo e modificarlo fino
al 1976.Lo strumento veniva costruito da Jenny stesso oppure venduto in kit di montaggio. Negli
USA soltanto ne vennero venduti più di un migliaio. Nel tentativo di mantenere i costi di
produzione bassi, venivano spesso installati componenti di bassa qualità, rendendo lo strumento
inutilizzabile dopo pochi anni di utilizzo, se non opportunamente mantenuto.
L’Ondioline è uno strumento monofonico valvolare. Era costituito da un oscillatore pilotato da una
piccola tastiera sensibile al tocco di otto ottave. Era possibile creare forme d’onda di una certa
complessità attraverso una serie di filtri, e la forma d’onda poteva essere modellata attraverso una
sorta di proto-touchpad, che rendeva possibile il controllo di attacco con movimenti verticali del
dito, e modulazione o glissando con movimenti orizzontali. Il volume globale era controllato
attraverso una leva per il ginocchio, simile a quella presente negli organi Farfisa.
L’Ondioline divenne molto popolare in Europa, largamente usato nella produzione di colonne
sonore per film e teatro, o nella musica leggera e nel cabaret. Una versione microtonale dello
strumento venne costruita per il compositore Jeanne-Etienne Marie durante gli anni 60’. Era usata
una tastiera da quattro ottave, che poteva essere accordata su vari sistemi microtonali.
1950 La Computer Music
L’RCA Mark Synthesizer (Harry Olsen & Hebert Belar, USA 1952)
Il sintetizzatore RCA fu inventato dagli ingegneri elettronici Harry Olsen e Helbert Belar, e fu
impiegato nei Princeton Laboratories dell’RCA. L’obiettivo iniziale era quello di creare una
macchina elettronica che generasse musica pop. Sebbene questo obiettivo non venne mai
conseguito, la macchina fu fonte di ispirazione per molti compositori elettronici degli anni 50’, e
gettò le basi per la moderna computer music.
La pubblicazione del saggio “A mathematical theory of music” del 1949 ispirò belar e Olsen a
creare una macchina che generasse musica basandosi su di un sistema probabilistico. L’idea era che
variazioni pseudo-casuali di canzoni pop già esistenti, potessero creare nuove canzoni vendibili.
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La sorgente del suono era ancora una volta costituita da un set di oscillatori valvolari (12 per l’Mki
e 24 per l’MKII) ma la parte di controllo costituiva una novità rivoluzionaria: la programmazione
attraverso schede perforate permetteva al programmatore di predefinire un complesso set di
parametri del suono. Questo permetteva il mixing di suoni, e il processing del suono attraverso vari
moduli, quali divisori di frequenza, filtri, inviluppi di ampiezza, envelope followers, modulatori e
risuonatori. Per di più il controllo del suono poteva
avvenire in maniera dinamica, programmando il
succedersi degli eventi di controllo nel tempo.
Il risultato finale era monitorato attraverso due speaker
e registrato attraverso un cutter per lacche interno alla
macchina, dando un totale di sei solchi concentrici,
della durata di 3 minuti ognuno, che potevano essere
eventualmente riversati su un disco di lacca di
appoggio (la registrazione su nastro magnetico venne
adottata dal 1959 in poi). Attraverso ripetuti bounce si
poteva arrivare a circa 216 tracce.
Figura 27: La tastiera perforatrice a nastro per la programmazione dell'RCA MKII.
Nel 1957, grazie ad una donazione della Fondazione Rockfeller , la Columbia University fu in
grado di up-gradare l’MKI alla versione MKII, e creò il Columbia-Princeton Electronic Music
Center. Questa organizzazione divenne uno dei più importanti centri per la musica elettronica degli
anni 50’.Compositori come Otto Luening, Vladimir Ussachevsky, Milton Babbit e numerosi altri
poterono sperimentare la programmazione di complesse partiture di musica seriale sull’MKII RCA
Synthesiser, altrimenti impossibili da far suonare a interpreti o orchestre.
Figura 28: Diagramma a Blocchi dell'RCA Synthesizer.
IL Composer-Tron (O.Kendall, Canada 1953)
Sviluppato nei primi anni 50’ da Osmond Kendall per la Canadian Marconi Company, il ComposerTron era uno strumento per la sintesi analogica e la composizione che utilizzava un sistema di
controllo innovativo e originale. Il sistema di immissione dei dati per il controllo dei parametri del
suono e degli eventi relativi alla composizione era costituito da un tubo a raggi catodici, che era
capace di leggere e interpretare i pattern o le forme disegnate su di esso con una penna dedicata. Le
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forme disegnate potevano definire il timbro della
nota o l’inviluppo del suono. Potevano essere
immesse sequenze ritmiche marcando una specie
di pellicola cinematografica, il cui scorrimento
definiva la scansione temporale degli eventi.
Il Siemens Synthesizer (Siemens Studio
for Electronic Music) (Germania, 1959-69)
Figura 29: L'editing room del Siemens
Electronic Music Studio (1962).
Il Siemens Synthesizer o ‘Siemens Studio for Electronic Music’ era il parallelo tedesco del MKII
RCA, originariamente creato per comporre colonne sonore per i film documentari promozionali
della Siemens. Lo studio era un sistema modulare di composizione e sintesi, capace di generare
sequenze musicali , e di sintetizzarne e registrarne i risultati. Il Siemens Synthesizer fu sviluppato
da Helmut Klein e W. Schaaf al Siemens Halske di Monaco, in Germania attorno al 1959, per lo
Studio Fur Electronische Music di Monaco. Il sistema controllava lo studio usando un sistema a
schede perforate simile a quello dell’RCA, usando un sistema di quattro lettori di nastri perforati a
velocità variabile che controllavano timbro, inviluppo, pitch e volume di un set di 20 oscillatori, un
generatore di rumore bianco, un Hohnerola (uno strumento ibrido commercializzato dalla Hohner,
simile alla Multimonica) e un generatore di impulsi. Il range de l sintetizzatore era di sette ottave.
Furono aggiunti ulteriori dispositivi di ingresso, implementando una tecnica che permetteva di
disegnare la forma d’onda (suono generato fotoelettricamente), ottenuto attraverso lo scanning di
slide fotografici, utilizzando una tecnica sviluppata dalla stessa Siemens, detta Bildabtaster.
Il pittore tedesco Gunter Maas usò il dispositivo per tradurre molti dei sui dipinti in composizioni
musicali. I modelli successivi implementavano anche un vocoder della Siemens, permettendo al
musicista di dare al suono l’inviluppo di ampiezza della voce.
Lo sviluppo del sistema continuò fino al 1969, anche dopo che lo studio fu trasferito da Monaco a
Ulm. Venne utilizzato da numerosi compositori europei negli anni 50’ e 60’, fra gli altri: Mauricio
Kagel, Bengt Hambreus, Milko Kelemen e dal direttore dello Studio di monaco, Josef Anton Riedl.
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Figura 30: Sistema di controllo a nastro perforato della Siemens.
Side Man (Wurlitzer Co., USA 1959)
Il Side Man fu la prima batteria elettronica commerciale,
progettata e costruita dalla Wurlitzer nel 1959. Il
Sideman era concepito come accompagnamento
percussivo per gli organi elettronici della Wurlitzer.
Permetteva la scelta fra 12 ritmi elettronici predefiniti,
con la possibilità di variarne il tempo. La sorgente del
suono era costituita da una serie di tubi a vuoto che
creavano 10 suoni percussivi predefiniti. I suoni di
batteria erano messi in sequenza (da qui la parola
‘sequencer’, ossia generatore di sequenze ritmiche) da
un insieme di dischi rotanti con contatti metallici sui
bordi spaziati secondo un certo pattern per generare un
ritmo particolare. Le combinazioni di questi particolari
ritmi di base e dei suoni disponibili creavano pattern
ritmici popolari del tempo: waltzer, fox-trot, etc. la
selezione della combinazione era fatta attraverso una
manopola, mentre uno slider controllava la velocità della
rotazione dei dischi e dunque il tempo dei pattern.
Figura 31: Il Panello del Sideman.
Il Side Man aveva un pannello con 10 bottoni per il
trigger manuale dei suoni ,ed era disponibile un remote
controller, per fare sì che si potesse controllare la drummachine mentre si suonava l’organo.
L’Oramics (D.Oram, UK 1959)
La tecnica dell’Oramics fu sviluppata da Daphne Oram, una compositrice elettronica che lavorava
al BBC Radiophonic Workshop, in Inghilterra dal 1959 in avanti. Consisteva nel disegnare su un set
di 10 strisce sincronizzate di pellicola da 35mm che copriva una serie di cellule fotoelettriche che a
loro volta generavano una tensione di controllo della frequenza, del timbro, del livello e della durata
del suono. Tale tecnica aveva strette parentele con quella usata nel Variofono di Yevgeny Sholpo e
nel sintetizzatore RCA. L’uscita dello strumento era monofonica; per ottenere la polifonia si doveva
ricorrere ai consueti bounce su nastro.
Daphne Oram continuò a usare il processo durante tutti gli anni 60’ in lavori per il cinema e il
teatro.
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Figura 32: Daphne Oram all'Oramic Studio, 1959.
1960 L'era del Transistor
Sintetizzatori Moog (Bob Moog, USA 1963)
Robert Moog sviluppò le sue idee sugli strumenti elettronici iniziando a costruire e vendere
Theremin, in una versione transistorizzata da lui stesso sviluppata, in kit di montaggio, nel
1961.Intanto iniziò ad assorbire le idee del progettista tedesco Harold Bode riguardo a sistemi
modulari a transistor. Dopo la pubblicazione di un articolo sulla rivista Electronics World nel
gennaio del 1961, Moog vendette circa un migliaio di Theremin dal 1961 al 1963, direttamente dal
suo appartamento. Decise dunque di iniziare a produrre strumenti progettati d lui stesso. Dopo aver
indugiato un po’ sull’idea di un amplificatore per chitarra portabile, si concentrò sui sintetizzatori.
Mentre assisteva ad un convegno nell’inverno del 1963, Moog fu
introdotto all’idea di costruire nuovi circuiti per la generazione del
suono. Nel settembre del 1964 fu invitato a mostrare le sue
invenzione al convegno dell’AES. Poco dopo iniziò a produrre i suoi
sintetizzatori. Le sue macchine vennero progettate in collaborazione
con i compositori Herbert A. Deutsch e Walter (ora Wendy) Carlos.
Dopo il successo del disco di Carlos “Switched on Bach”, registrato
interamente utilizzando il sistema modulare Moog, gli strumenti di
Moog fecero il passo decisivo dall’elettronica di avanguardia verso al
musica pop. I Beatles ne comperarono uno, e così fece Mick Jagger,
che acquistò un costoso sistema modulare nel 1967 (sfortunatamente
lo strumento fu usato solo una volta, come elemento decorativo per il
set di un film, poi venduto al gruppo dei Tangerine Dream).
Figura 33: Robert Moog.
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L’invenzione che costituì la novità rivoluzionaria nell’ambito degli strumenti elettronici, fu
l’introduzione dei circuiti (oscillatori, filtri, amplificatori) controllati in tensione (voltage
controlled). Questo permise il controllo dinamico del suono in tutti i suoi parametri da parte di
dispositivi dedicati.
Figura 34: Il Sistema Modulare Moog, 1967.
Sebbene Moog stabilì lo standard per i sintetizzatori analogici, al Moog Synthesiser Company non
sopravvisse al decennio degli anni 70’, e compagnie più grandi come ARP e Roland svilupparono i
prototipi di Moog in macchine più sofisticate e più economiche.
Figura 35: Moog Modular.
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Figura 36: Poly-Moog.
Figura 37: Moog Prodigy.
Il Mellotron (Leslie Bradley & Bros, 1963 UK)
I Mellotrons furono prodotti in Inghilterra dalla Streetly Electronics dall’inizio degli anni 60 fino ai
primi anni 80’ dai fratelli Bradley. Il primo Mellotron fu progettato e pensato come uno strumento
per uso domestico.
Figura 38: Il Mellotron.
Il Mellotron può essere considerato a
buon diritto il diretto antenato del
campionatore digitale. Sotto ogni tasto
era posta una testina di riproduzione e
un a striscia di nastro magnetico, sul
quale era stato registrato un suono di
un dato strumento con intonazione
corrispondente al pitch della nota
generata dal tasto. Lo strumento
iniziava a leggere il nastro quando il
tasto veniva premuto e, al rilascio del
tasto, la testina di lettura ritornava
all’inizio del nastro. Questo tipo di
design permetteva di riprodurre un
suono molto naturale, mantenendo
intatte le caratteristiche del sustain
naturale (molto meglio di un loop), ma aveva una durata limitata a circa 8 secondi. La maggior
parte dei Mellotron aveva 3 tracce con nastro da 3/8’’, selezionabili dal pannello frontale . Ad ogni
traccia era associato un timbro differente.
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I timbri più utilizzati e diventati ormai storici e ricercati (è stata creata una versione software plugin del mellotron, che ne simula il timbro…) sono i violini (David Bowie in Space Oddity) e i flauti
(Beatles in Strawberry Fields forever).
Buchla Synthesisers (Donald Buchla, 1963 USA)
Donald Buchla iniziò a costruire e progettare i suoi strumenti elettronici nel 1960, il compositore
d’avanguardia Morton Subotnik gli commissionò uno strumento per i live electronics e la
composizione. Con fondi e donazioni della Rockfeller Foundation, Buchla iniziò a costruire il suo
primo sistema modulare nel 1963 sotto il nome di ‘San Francisco Tape Music Center’, il nome dello
studio di Subotnik.
Gli strumenti di Buchla erano decisamente sperimentali e innovativi nel design e nelle interfacce di
controllo, per venire incontro alle esigenze della musica per la quale erano stati creati. Le novità
principali furono i controlli ‘touch sensitive’ e i sequencer analogici.
I primi modelli commerciali risalgono al 1969, grazie ad un contratto con la CBS/Fender. Oggi
Buchla continua a progettare e produrre strumenti elettronici e controller MIDI.
Figura 39: Buchla Electric Music Box 101.
Figura 40: Electric Music Box 200.
Tonus/ARP Synthesisers (Philip Dods, 1964 USA)
Figura 41: ARP 2500.
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L’ARP 2600 fu progettato come versione semplificata dell’ARP 2500, destinata all’uso nelle scuole
e nelle università. Il 2600 aveva un pannello frontale serigrafato, che mostrava il routing del segnale
in vari tipi di configurazioni. Comprendeva tutte le funzioni di un synth in un unico case di metallo,
compresi gli speakers e l’unità di riverberazione. Era anche dotato di una tastiera esterna. Rimase in
produzione dal 1971 al 1981.
Figura 42: ARP 2600.
L’ARP Odissey, sviluppato nei primi anni ’70, era un popolare sintetizzatore a tre oscillatori. Due
VCO erano syncabili, e un LFO dedicato era la sorgente di una modulazione PWM. Era dotato di
una tastiera duofonica, di ring-modulator e di circuito di S/H.
Figura 43: ARP Odissey.
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L’ARP AXXE era un synth a singolo VCO, sviluppato negli anni ’70, per competere con il
MicroMoog, l’entry level della MOOG. Era in pratica una versione ridotta e semplificata
dell’Odissey.
Figura 44: ARP AXXE.
EMS Synthesisers (Peter Zinovieff, 1969 UK)
Nel 1969 il compositore e ingegnere elettronico inglese Peter Zinovieff creò la EMS Ltd (Londra)
per entrare nel fiorente mercato degli strumenti elettronici. La EMS creò alcuni fra i più innovativi
strumenti elettronici del tempo. Lo strumento sicuramente più famoso era il VCS3, un sintetizzatore
monofonico a 3 oscillatori con matrice d’assegnazione a pin e un joystick, il tutto racchiuso in un
case di legno, caratteristico per la sua forma ad angolo. Il VCS3 venne progettato da David
Cockerell, oggi progettista AKAI.
Il modello portatile del VCS3,
il SinthI A “Portabella”,
racchiudeva la circuiteria del
VCS3 in una valigetta, ed
alcuni modelli erano dotati di
una tastiera di vetro con tasti
blu a sfioramento.
Oltre a sviluppare hardware per
la sintesi analogica, la EMS
creò uno dei primi esempi di
software per la sintesi: il
MUSYS, un linguaggio di
programmazione per la sintesi
al calcolatore.
Figura 45: VCS3.
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Ancora oggi la EMS produce strumenti elettronici,
come il VCS3, il SinthI A e i vocoders analogici, a
prezzi estremamente alti.
Figura 46: il Sinthi A "Portabella".
Figura 47: L'Optigan.
1970 Il Sintetizzatore Moderno
L’Optigan (Mattel Inc. , 1971 USA)
L’Optigan era uno strumento progettato per il mercato casalingo, e messo in commercio dalla
Optigan Corporazione (sussidiaria della Mattel), negli USA attorno al 1970. La caratteristica
inusuale dello strumento era il tipo di sintesi implementata; l’Optigan leggeva otticamente la
rappresentazione grafica delle forme d’onda da una serie di dischi di celluloide da 12’’, da qui il
nome Optigan- Optical_Organ. La lettura avveniva tramite il passaggio di un fascio luminoso
attraverso i dischi trasparenti; la luminosità del fascio veniva modulata dalla forma d’onda stampata
sul disco, e produceva una tensione variabile raccolta da un diodo fotoelettrico, che a sua volta era
amplificata e mandata alle casse.
L’Optigan era essenzialmente un campionatore ottico, i dischi contenevano 57 loops di suoni di
strumenti reali, 37 dedicati a suoni di tastiera e i rimanenti a effetti e pattern ritmici.
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Sintetizzatori Roland (1972 Giappone)
La Roland Corporation venne creata nel 1972 e rilasciò il suo primo strumento musicale, ‘il primo
sintetizzatore Giapponese’, l’SH1000, nel 1973. L’SH1000 era un sintetizzatore analogico portatile
ed abbastanza economico. Nello stesso anno la Roland fece uscire un combo-piano elettrico.
Nel 1976 venne rilasciato il System 700, un grosso sistema modulare studiato per il broadcast, ed
utilizzato dalla BBC (UK) e dalla NHK (Giappone).
La Roland continuò a produrre strumenti innovativi, nel 1977 con il guitar-synth analogico della
serie GR500 e con la prima batteria elettronica, il “CompuRhythm” CR78. Nei primi anni 80’ inizia
ad uscire tutta una serie di sintetizzatori, sequencers, drum-machine economici, come il sequencer
MC202, il synth-sequencer TB303, il monosynth SH101 e la batteria elettronica TR808. Tutte
queste macchine erano economiche, portatili, compatte e versatili, e alcune sono diventate veri e
propri oggetti di culto nella scena dance elettronica degli anni 80’ e 90’.
Il Roland System 700 modular synth e il System 100
Il sistema 700 fu il primo
sistema modulare rilasciato
dalla Roland nel 1976,
destinato al broadcast ad
alto livello.
Figura 48: Roland System
700 (1976).
Il System 100 era un synth
modulare analogico monofonico, una versione più economica del 700. Era dotato di un VCO per
voce (o 2 con una espansione), ed era controllato da una tastiera a 37 tasti. Il modello del 1976 era
costituito dalle seguenti unità:
 101: synth.
 102: expander.
 103: mixer.
 104: sequencer.
 109: monitors.
 Unità di riverbero, phasing
stereo, EQ grafico.
Figura 49: System 100.
Roland SH101 e SH102, CR78
Il Roland SH101 era un synth
monofonico analogico, diventato molto popolare, dotato di un VCO (con un sub-oscillatore per la
modulazione) controllato da un tastiera a 32 tasti. Era alloggiato in un case di plastica, con un
controller opzionale tipo chitarra.
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Figura 50: SH101.
L’SH102 era la versione del
101 con due VCO ed una
tastiera a 37 tasti. La CR78 fu
una delle prime drum-machine
commercialmente prodotte; era
dotata di un certo numero di
ritmi presettati con voci
selezionabili.
Figura 51: CR78.
Roland Jupiter 8 Polyphonic Synth
Il Jupiter 8 è un synth polifonico a 8 voci, con 2 VCO per voce, tastiera da 61 note. Il VCO può
generare onde triangolari, sega, pulse, square e può essere trasposto su 4 ottave. Il VCO2 ha le
stesse opzioni con l’aggiunta di un generatore di rumore. Permetteva il sync degli oscillatori.
Il Jupiter 8 ha due filtri, un VCF LP risonante , ed un HP non risonante e non modulabile. Le
sorgenti di modulazione del VCF sono: LFO, EG e Keyboard Tracking. Era anche dotato di
arpeggiatore.
La serie Juno, che uscì pochi anni dopo, era costituita da polifonici con VCO controllati
digitalmente.
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Figura 52: TB303
"BassLine".
Figura 53:
Roland TR808.
Il Synclavier (New
England Digital
Corporation, USA 1975)
Il prototipo del Synclavier
(1975) venne sviluppato al
Dartmouth College, New Hampshire, USA
da Sydney Alonso, Cameron Jones e Jon
Appleton. Era un sintetizzatore digitale
basato su una rete di circuiti integrati e
microprocessori. Nel 1976 venne messo in
commercio. L’utente era aiutata
nell’altrimenti complessa programmazione
da una tastiera a bottoni. I modelli successivi vennero dotati di tastiera, monitor e hard-disc. Una
touch-strip rendeva possibile un controllo continuo del pitch.
Figura 54: Il Synclavier (1975).
Sintetizzatori Korg (Keio Lab., Giappone 1975)
Il Korg MS10 fu il primo
sintetizzatore monofonico costruito
dalla Korg nel 1975. Era dotato di
un VCO, patchabile attraverso jack
standard da 1/4’’ ad un VCF e ad un
VCA, ed era miscelabile con un
generatore di rumore (rosa o
bianco). Il modello successivo,
l’MS20, era dotato di due VCO.
Figura 55: MS10.
Il PS300 era un sintetizzatore polifonico
modulare analogico. Possedeva un VCO,
30
un VCF, un VCA ed un EG per ognuno dei tasti della tastiera, per un totale di 48 circuiti di sintesi!
includeva inoltre un ring modulator, un tremolo e tre filtri risonanti. I moduli del synth erano
completamente indipendenti e patchabili attraverso il sistema standard della Korg.
Figura 56: PS300.
Il PS3300 era il top della
serie di polifonici
analogici PS, e fu venduto
come il primo
sintetizzatore
completamente polifonico.
Molto simile al modello
precedente, era dotato in
più di un circuito di S/H e
la tastiera era intonabile in
microtoni.
Figura 57: PS3300.
Sintetizzatori Yamaha
(Giappone)
La Yamaha ha fatto della diversificazione
industriale dei prodotti un marchio di fabbrica. È
nota, infatti, per la produzione di strumenti
musicali, pianoforti, racchette, macchinari
industriali…
Ha iniziato a produrre pianoforti nei primi del ‘900,
mentre il primo strumento elettronico vero e
proprio risale al 1959: un organo elettronico
chiamato Electone D-1.
Il primo sintetizzatore prodotto fu il GX1 (1974).
Lo strumento era polifonico e molto innovativo. Il
prezzo elevato (30000£ nel 1976) causò la vendita
di pochi modelli.
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Il CS80 era uno sviluppo del GX1, ad un prezzo più contenuto ($5000 nel 1976) e competitivo
rispetto ai primi synth polifonici
del tempo, come i modelli della
ARP, MOOG. Il CS80 era
piuttosto complesso per il tempo,
con 16 oscillatori, 32 filtri, 32
inviluppi. Permetteva split e layer
di voci, e aveva una memoria a 6
parti, per l’allocazione delle
patch. La tastiera era velocity
sensitive e poly-aftertouch
sensitive.
Figura 58: Il CS80.
Il CX5 Music Computer era un sintetizzatore digitale multi-timbrico in FM, controllato da una
tastiera e dotato di monitor video. Il sintetizzatore poteva essere editato dallo schermo dell’unità
video, attraverso il software proprietario, che includeva anche software per la composizione ed il
sequencing multitimbrico. Inoltre era possibile programmare in sintesi FM il CX5,ma anche il DX7
(vedi sotto), editandone le patches. Il modello CX5M era un vero e proprio desktop pc, con la
possibilità di avere software per il word-processing, giochi e software general purpose di ogni
genere. Al tempo era l’unico sintetizzatore basato su computer con un prezzo raggiungibile dai più.
Figura 59: CX5 (senza l'unità video).
Il sintetizzatore DX7 fu il
primo sintetizzatore
completamente digitale e
ottenne un enorme consenso
all’uscita, nel 1983,
vendendo oltre 180000
unità. Il DX7 usava una
tecnica di sintesi chiamata
FM (Frequency
Modulation), sviluppata dal
Prof. John Chowning
all’università di Stanford,
nel 1970. Era dotato di 6
operatori, che potevano essere connessi secondo 32 algoritmi. Erano disponibili un gran numero di
parametri e inviluppi molto complessi .
La programmazione dello strumento, complice lo schermo LCD molto piccolo, e l’unico data entry
slider di cui la macchina disponeva, era molto complessa. Perciò le possibilità dello strumento non
sono state ampliamente esplorate. Lo strumento disponeva anche di Breath Control e fu uno dei
primi ad essere dotato di una completa implementazione MIDI.
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Figura 60: DX7.
Il DX7 aveva una polifonia a 16 note, 32 banchi di memoria e uno slot per cartucce opzionali, che
contenevano patches aggiuntive.
Un’ottima implementazione plug-in del DX7 è FM7 della Native Instruments, che ne simula
completamente la programmazione ad algoritmi (oltre che l’interfaccia grafica).
Il Fairlight CMI (Peter Vogel & Kim Ryie, Australia 1979)
La Fairlight era una compagnia australiana che produceva effetti per i light show , verso la fine
degli anni ’70. Nel 1978 gli ingegneri Peter Vogel e Kim Ryie svilupparono un prototipo di
sintetizzatore/campionatore con il nome di Quasar M8. Poco dopo realizzarono il Fairlight CMI
(Computer Musical Instrument). Il CMI fu il primo campionatore digitale presente sul mercato. Il
modello originale dispone di due processori a 8 bit, della serie 6800. I successivi dispongono di un
architettura a 16 bit, con processori 68000.
Figura 61: Fairlight CMI IIx.
Le forme d’onda potevano essere create e modificate
attraverso uno schermo speciale ed una penna ottica
(precorrendo di parecchio tempo soluzioni software
avanzate come Absynth della NI). Tutto il sistema era
pilotato da un software proprietario che permetteva di
editare loop, creare sequenze, mixare suoni.
Durante i primi anni ’80 il Synclavier e il CMI erano
la scelta High End per la sintesi ed il campionamento.
La ditta australiana chiuse i battenti con l’avvento dei
primi campionatori economici quali AKAI S950,
Emulator, Mirage della Ensonique.
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EMU Systems (USA 1980)
La EMU Systems, sussidiaria della Creative, è una delle industrie leader nel campo degli strumenti
basati su campionamento digitale del suono. La sede è nella Scott Valley, California.
Figura 62: EMU Modular System.
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Sintetizzatori Casio (1981, Giappone)
La Casio, compagnia che produce prodotti elettronici per il mercato consumer, produsse
sintetizzatori professionali fino al 1992. Tutti i sintetizzatori della Casio erano digitali, e facevano
uso di una programmazione a menu. La linea CZ usava quella che era definita la ‘Sintesi a
Distorsione di Fase’. La linea VZ utilizzava la distorsione di fase interattiva, mentre la linea FZ era
costituita da unità di campionamento a 16 bit. La linea CZ fu una fra le prime ad implementare il
MIDI.
Il modello CZ101 utilizzava una tastiera a 49 tasti (mini), 16 ROM Patches, 16 RAM patches,
polifonico, non velocity-sensitive, mono, slot per cartucce preset, interfaccia per registratore a
cassetta, come la serie Juno della Roland.
Figura 63: CZ101.
Il CZ1000 era come il 101, ma con una tastiera full size. Il CZ5000 era costituito da due CZ101,
con tastiera full-size, step-sequencer, unità effetti chorus, interfaccia per cassette.
Tra gli altri strumenti:
 FZ10M: Campionatore a Rack.
 SZ1: MultiTrack Sequencer.
 RZ1: Drum Machine.
 Casio Guitar Synth.
 DH 100 Fiato Digitale.
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