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istituto statale d’arte a. venturi modena molteplice un percorso di ricerca sulla cittadinanza attiva e l’intercultura La collana dedicata ai progetti di ricerca didattica è stata avviata nel 2000, a cura dell’Istituto d’Arte: il primo quaderno,“Lasciate una traccia del vostro passaggio”, si è occupato di progettazione del libro - in particolare del libro d’artista - e di storia della scrittura, il secondo, “Immagine>Parola”, ha approfondito la dimensione figurativa della scrittura. Il terzo quaderno documenta un percorso che è ‘molteplice’ per definizione e per intenti: l’obiettivo principale è quello di avviare gli adolescenti alla comprensione dei mutamenti identitari generati dall’intreccio ibrido ed eterogeneo delle culture locali e quelle dei migranti. La molteplicità è il concetto chiave che attraversa il percorso, ponendosi sia come modalità di interpretazione della propria identità sia come articolazione espressiva del linguaggio visuale, dall’illustrazione al video al reportage fotografico, con cui raccontare storie, fiabe, luoghi, oggetti con lo ‘sguardo dell’altro’. Hanno partecipato i docenti: Alberto Artioli, progettazione (progetto design) Antonella Battilani, progettazione grafica, coordinatrice del progetto Annamaria Janni Janez, religione Paola Macchi, progettazione grafica Maria Menziani, laboratorio (grafica e comunicazione visiva) Antonella Molinari, progettazione grafica Gennaro Pisco, progettazione grafica Rita Secchia, progettazione (design ceramico) Andrea Tedeschi, progettazione grafica In collaborazione con: Francesca Banzi, laboratorio (grafica) Alessandra Bergamini, laboratorio e discipline pittoriche Anna Lisa Campioli, laboratorio (comunicazione visiva) Luigi Cappelli, laboratorio (grafica) Italo Consorti, laboratorio (ceramica) Daniela Dallari, chimica e tecnologia Saverio Giannatempo, discipline geometriche Eugenia Martini, laboratorio (grafica e comunicazione visiva) Margherita Mantovani, discipline pittoriche Stefano Meschiari, discipline geometriche Felice Perna, laboratorio (ceramica) Alessandra Zagni, laboratorio (grafica) Molteplici sguardi e pensieri; molteplici storie e viaggi; molteplici idee e visioni del mondo; molteplici narrazioni di sé. In un mondo senza centro nel quale il globale si mescola al locale ed il locale si delocalizza in luoghi improbabili, quella della molteplicità è forse la cifra con cui la scuola può opportunamente accostarsi alle molteplici presenze che accoglie. La presenza di ragazzi venuti d’altrove costituisce ormai un dato strutturale nella città e nella scuola e impone a tutti - decisori politici, insegnanti, intellettuali, cittadini - di assumere le responsabilità conseguenti. Tre sono, a mio parere, le idee forti di riferimento che dovrebbero orientare queste scelte. Le politiche per l’immigrazione e l’accoglienza vanno affrontate in termini di diritti e non di pubblica sicurezza: diritti, pur tutti, al voto, al lavoro, all’istruzione, alla salute, alla casa. Al minorenne straniero deve essere riconosciuta la prevalenza giuridica dello stato di minore su quello di straniero: egli è cioè, prima di tutto, un bambino o un ragazzo e deve poter usufruire delle tutele e dei diritti che questa condizione impone. L’approccio interculturale alla costruzione del sapere è l’unico, tra quelli oggi conosciuti, che sa porsi come evolutivo e coerente rispetto a una società multiculturale ma ancora statica. Chi conosce il mondo della scuola dall’interno può facilmente comprendere che le esperienze presentate in questo volume e costruite attraverso laboratori di ricerca, dei linguaggi e progettuale, si muovono nella cornice definita da queste idee che suggeriscono pratiche educative attente alle persone, alle relazioni, alle differenze, alle specificità, alla concretezza, al fare come luogo simbolico dell’essere e del lasciare traccia di sè. Chi conosce il mondo della scuola dall’interno può facilmente comprendere che ciò è possibile se la scuola - come avviene in questo caso – si apre al territorio e sa cogliere da esso, valorizzandoli, i saperi informali, storicizzati, contestuali. Quando la scuola lavora così, libera le energie dei ragazzi accompagnandoli nella costruzione delle identità e degli apprendimenti, pur senza negare le loro vulnerabilità che sono, ancora una volta molteplici. Un adolescente oggi è comunque, italiano o straniero che sia, ponte e lacerazione: rispetto alla cultura di provenienza, alla cultura dominante, alla cultura del pensiero unico, alla cultura degli adulti… E nel caso di adolescenti stranieri ci sono altre vulnerabilità. Se sono nati in Italia hanno sperimentato non di rado carenze di cure connesse alla assenza di reti familiari di supporto. Se sono ricongiunti hanno vissuto il doppio distacco dal/dai genitori partiti dal paese e successivamente dalle figure che si sono occupate di loro nel periodo di lontananza dei genitori. Se sono profughi o rifugiati hanno sperimentato, oltre che la violenza, la guerra o la fuga anche un’esperienza di rottura drammatica rispetto alla propria storia. Se infine sono minori non accompagnati, oltre alla perdita di ogni riferimento sociale ed affettivo, vivono sulla propria pelle la necessità di produrre reddito per sé e per altri rischiando di scivolare nelle aree della marginalità o della devianza.Ma occorre avere sempre presente che il rapporto con tutti gli studenti è complesso non tanto per questioni astrattamente interculturali o intergenerazionali, ma per questioni interpersonali: sono infatti le persone più che le culture ad incontrarsi nella concretezza dei rapporti. Ed è evidente che incontrare ragazzi di cui non conosciamo la storia complessa, di cui non comprendiamo fino in fondo le contraddizioni, a cui non siamo in grado di “dare parole” è difficile e faticoso. Il lavoro documentato da questo volume ci dice però che questo incontro, se è autentico e rispettoso, può generare linguaggi nuovi, bellezza, fiducia e crescita in ciascuna delle molteplici direzioni che una vita, degna di essere vissuta, sa indicare. Adriana Querzè Assessore all’Istruzione, Politiche per l’Infanzia, Autonomia Scolastica e Rapporti con l’Università In Italia spesso si considera l’immigrato come un intruso e si collega la presenza degli stranieri unicamente al tema della sicurezza e della paura. Occorre invece accettare l’idea di avere il mondo in casa, una ricchezza che forse non tutti sono pronti a vedere e a capire. In un mondo molteplice dove convivono tante culture, etnie, popoli non c’è posto per una mentalità chiusa. Conoscere chi ti sta accanto fa vivere meglio tutti. Non ci vuole molto, basta non girarsi dall’altra parte quando il colore della pelle o la lingua di quello che ti sta parlando non è la tua. La conoscenza ci renderà liberi. Liberi dai pregiudizi. Liliana Bushi, Comunità Albanese di Modena “… Scrivere è cercare di guardarsi allo specchio del nostro divenire, alla luce del nostro presente e del nostro passato, è rimettere l’essere umano al centro delle nostre preoccupazioni…” Scrivere, interpretare e valorizzare l’essere umano attraverso lo sguardo dei giovani è ciò che propone questo quaderno e il progetto intrapreso dall’Istituto d’Arte. La percentuale di migranti presenti a Modena ha ormai raggiunto la soglia del 10% della sua popolazione; tale soglia è da considerarsi critica per una integrazione senza problemi. Questo progetto focalizza la propria attenzione sulla nostra città in relazione alle tematiche dell’integrazione, ponendo la stessa quale obiettivo primario. Non si tratta di un percorso a senso unico: sia i migranti sia i cittadini italiani tendono verso un modello che mira, attraverso lo strumento dell’incontro, ad esaltare i punti di contatto, a capire e smussare le differenze. Diversi ma uguali è uno slogan di non facile comprensione, ma è su di esso che si basa il nostro futuro. Molteplici sguardi, molteplici culture, molteplici linguaggi, molteplici religioni, ma un solo punto di riferimento: l’essere umano. Un vecchio detto recita: “Per stare bene al mondo, bisogna conoscere il mondo”. Se lo penso riferito all’immigrazione credo che non si parli solo di conoscere culture ed etnìe diverse, spesso pittoresche, curiose e così diverse fra loro, ma, prima di tutto, riuscire ad accettarle; cercare di approfondirle, capire ogni essere umano, le difficoltà della sua scelta di vita, la storia che si porta dietro e i motivi che determinano le sue reazioni e i suoi comportamenti. Non giriamo lo sguardo: molti cittadini lo fanno, chi per pigrizia, chi per difficoltà, chi per mancanza di tempo. Spalanchiamo gli occhi, guardiamoci intorno, e cerchiamo di capirlo, il mondo. In fondo, se è bello lo è perché è pieno delle diversità dei singoli… e quindi anche noi immigrati rendiamo questa città, e anche l’Italia, un po’ più belli! Cécile Kashetu Kyenge, Associazione DAWA Ewa Weremij, Leader Comunità Polacca Provincia di Modena Thomas McCarthy, Presidente Ghanacoop e dell’Associazione Nazionale del Ghana L’iniziativa che propone il progetto del Venturi è a mio avviso un esempio di integrazione che può aiutare la conoscenza verso culture, tradizioni, lingue, religioni, comportamenti diversi. Credo che sia proprio la scuola oggi a svolgere un ruolo centrale per l’integrazione: a Modena è infatti il luogo dove il 35% dei figli degli immigrati, nati qui, possono incontrarsi e progettare un futuro multicolore e interculturale. Ci auguriamo anche che nella nostra città e, più in generale nell’intero paese, vi sia sempre maggior attenzione verso le politiche rivolte alla realizzazione di una vera integrazione e che vi siano i necessari investimenti culturali ed economici: il nostro mondo globalizzato può solo arricchirsi se è un mondo di diversi, ma uguali. L’incrocio fra storie, culture e persone diverse può produrre un paese felice, oppure un inferno di domini separati e fortificati: l’Italia ha bisogno degli stranieri, ma ne ha timore, anche per la quantità degli arrivi, considerando che nell’arco di un secolo il paese campione dell’emigrazione è divenuto il leader dell’immigrazione. Il cambio di rotta culturale e sociale deve essere evidente a tutti: non basta che “le varie comunità si configurino come un parcheggio dove le auto sono accostate, ma non si mescolano. In una società multiculturale ognuno vive accanto all’altro e lo osserva.” Magari si allestiscono mostre e festival su mondi ‘altri’ e si osservano usi e tradizioni come turisti con la mania dell’esotico, con l’effetto di considerare le diverse culture come gabbie. Dimenticando che anche noi stessi non siamo il prodotto della nostra cultura d’appartenenza, ma che “ciascuno di noi è l’effetto di continue contaminazioni. Non è la multiculturalità a definirci, ma l’intercultura: una condizione consapevole dell’ibridazione” dove oggetti, cibi, letture, musiche, espressioni artistiche e modi d’essere coabitano in un ordine felicemente incerto e casuale (da “Siamo italiani” David Bidussa, Chiarelettere 2007). Continueremo ad esistere “se si riuscirà ad armonizzare il consueto con l’esotico, se il presente affonderà nel passato per suscitare un futuro aperto ma integrato, per un agire fondato sulla tradizione e coniugato con il mutamento” (da “Il mondo in casa”, Luigi Caracciolo, Limes 2007). A Modena l’immigrazione da Paesi extra-UE è un fenomeno relativamente recente, ma rilevante per consistenza e rapidità di sviluppo. Infatti, nonostante esso sia iniziato soltanto alla fine degli anni ‘80, i residenti stranieri nel territorio provinciale costituiscono oggi una considerevole porzione della comunità locale. Solo negli ultimi anni si è iniziata a sperimentare una presenza significativa di minori figli di immigrati nelle scuole secondarie di secondo grado destinata a crescere nel futuro immediato: all’Istituto d’Arte stesso la presenza di alunni stranieri è in costante aumento. In generale il contesto locale non è caratterizzato da conflittualità violente o situazioni di estrema esclusione sociale, ma sono evidenti alcuni segni di potenziale disagio: i giovani ‘stranieri’ tendono a frequentare le scuole meno qualificanti, a evitare la partecipazione alla vita associativa e civica e non conoscere le istituzioni locali. La molteplicità, la complessità e l’instabilità dell’attuale quadro sociale e culturale non devono però essere pensate come caratteristiche negative, ma come qualità che possono aprire nuovi scenari culturali, distruggere stereotipi, creare nuove possibilità espressive, nuovi orizzonti d’incontro, di scelta, di libertà e di autodeterminazione. Occorre che si impari a rapportarci e ad interagire con nuove identità nomadi, temporanee, e flessibili: l’incertezza della più generale condizione giovanile può essere una risorsa educativa che anche la scuola può sperimentare dopo che la riflessione filosofica postmoderna (Deleuze, Guattari, Lacan) ha disintegrato ogni stabilità di significato e, comunque, fatto crollare l’idea di una interpretazione stabile della realtà. L’obiettivo principale del progetto è quello di contribuire a creare una ‘società dell’immigrazione’ aprendo un confronto fra adolescenti appartenenti a più culture per promuovere nuove forme di partecipazione alla vita della città, fondate sulla complessità dei contesti contemporanei, prevenendo la loro marginalizzazione dalla vita politica e sociale locale, ma, al contempo, evitando di proporre un processo integratore che appare sempre più utopico e irrealizzabile. Fase 1. Il laboratorio della ricerca Molteplicità dunque come modalità di interpretazione del sé e della propria identità, molteplicità come incontro e ascolto dell’altro e infine molteplicità come varietà di linguaggi artistici ed espressivi: il percorso traduce operativamente tali concetti nella produzione di storie, fiabe e racconti raccolti attraverso ricerche personali degli studenti coinvolti o scaturite dalla conoscenza di esperienze artistiche ed espressive appartenenti ad altre culture, ampliando la visione della storia dei fenomeni estetici, ancora proposta con uno sguardo troppo ‘eurocentrico’. L’attività di ricerca delle classi coinvolte ha attraversato ambiti specifici e differenziati, identificati anche attraverso la discussione con gli studenti stessi: l’attività è gestita prevalentemente dai docenti di materie artistiche e in particolare il percorso coinvolge discipline progettuali e laboratori. A partire dai materiali narrativi (fiabe e favole, trascrizioni di narrazioni autobiografiche) e dalle produzioni estetiche di altri paesi si innervano le singole ricerche visive: ad esempio, i decori tradizionali dei tessuti o di manufatti africani diventano materiali di ricerca per oggetti d’uso o materiali narrativi per fiabe o progetti di libri illustrati). In questa fase ogni studente, individualmente o a piccolo gruppo, definisce il proprio obiettivo di lavoro e ipotizza un progetto attraverso cui organizzare tempi, spazi e necessità varie. Il mondo artistico - progettuale, da quando l’arte è un fenomeno sociale diffuso è, attualmente, un mondo popolato di parole plurali: la costruzione di un percorso che metta a contatto gli studenti con una grande varietà di produzioni artistiche, anche provenienti da esperienze diverse e lontane, può costituire un vaccino contro ogni visione uniforme del mondo. Attraverso la pedagogia dell’ascolto, che percorre ogni momento del progetto e ne è l’anima metodologica, si propongono sia le lezioni frontali sia i laboratori, cioè i momenti operativi in cui si sperimentano e si scambiano saperi e competenze: tutti i momenti dell’educare dovrebbero infatti essere capaci di mettere in risalto le potenzialità e le differenze di ciascuno, partendo dall’ascolto reciproco. I materiali narrativi, le suggestioni estetiche e le ricerche avviate nella prima fase sono poi rielaborati e proposti attraverso la ‘molteplicità’ espressiva che il linguaggio visuale e progettuale consente, scelto dagli studenti stessi, a seconda delle loro abilità, dei loro interessi e delle loro passioni. Fase 2. Il laboratorio dei linguaggi Oltre al tema della città sono state declinate altre ricerche più attinenti ai temi dell’identità, dal volto al corpo, alla maschera, fino ad un percorso monografico sulla fotografia come laboratorio multiculturale. Alcuni percorsi fotografici sono presentati in forma di libro o finalizzati al campo grafico attraverso lo studio progettuale di artefatti specifici. I percorsi individuati si traducono in sottoprogetti coordinati dai docenti di materie artistiche, e destinati alle classi e ai gruppi coinvolti. In questa fase si sviluppano i vari aspetti della ricerca, identificati attraverso le dinamiche del linguaggio visivo, in particolare attraverso l’uso della fotografia, del video, dell’illustrazione fino alla progettazione di oggetti ceramici e di arredo. Molte ricerche si sono concentrate sulle forme artistiche dell’Africa sub-sahariana, per la loro ricchezza espressiva ma anche per la presenza di numerosi studenti africani e per la particolare collaborazione con le cooperative sociali Ghanacoop, Arcadia e Oltrelab, che hanno favorito il contatto della scuola con i rappresentanti delle varie comunità presenti in città. d- Ricerca video: alcuni temi sono stati affrontati mediante la produzione di documentari e videoclip che, attraverso interviste e il montaggio di vari materiali visivi, raccontano realtà particolarmente complesse, dalla storia del mercato cittadino al racconto di riti africani. e- Il design: una serie di percorsi di ricerca su materiali e decori tipici dell’arte africana. Gli studenti sono poi guidati nella progettazione di oggetti, decori, ambienti attraverso il filtro di altre culture, che possano produrre una rinnovata coscienza dell’uso di materiali, forme e strutture. a- Ricerche grafico-progettuali: dallo studio di un logo per un prodotto tipico o per un evento rappresentativo della propria terra d’origine, fino alla produzione di un allestimento narrativo per un museo dell’immigrazione. Fase 3. Il laboratorio progettuale b- Illustrazione: la progettazione di un prodotto editoriale per bambini, preceduto dall’analisi e dalla scelta di fiabe e favole africane, offre la possibilità di esercitare tecniche e linguaggi espressivi diversi. c-Ricerca fotografica: il percorso si snoda tra le discipline di progettazione e di laboratorio e propone la ricerca fotografica come mezzo per per raccontare aspetti della città, dai mercati alle periferie, attraverso i quali leggere le tracce dei cambiamenti dovuti all’arrivo di persone straniere. I luoghi sono a loro volta materiale narrativo, mappa e misura di come gli spazi che abitiamo e attraversiamo assumono identità. La fase ha il compito di realizzare e produrre le idee selezionate nelle fasi precedenti: attraverso momenti di studio, approfondimento ed elaborazione, quest’ultima fase conduce alla produzione dei prodotti secondo una precisa scansione dei tempi, usando spazi e attrezzature a disposizione della scuola. Più in generale, l’obiettivo specifico della scuola è lo sviluppo di una cultura del progetto e della capacità di organizzare ricerche, di produrre artefatti in modo autonomo e con un linguaggio espressivo personale: il percorso affrontato dà modo di esplorare la pluralità dei linguaggi attraverso una molteplicità di stimoli culturali, di esercitare la creatività e l’immaginazione nella loro capacità di ‘fabbricare’ mondi e di dare visibilità alle idee. Alcune considerazioni Attraverso la realizzazione di ‘molteplice’ si è avuto un sensibile miglioramento delle relazioni interne alla scuola, sia tra studenti (accettazione e valorizzazione delle differenze), sia tra docenti. In particolare poi il rapporto tra studenti e docenti risulta più fluido e dinamico grazie al particolare tipo di didattica progettuale, in cui il docente diviene guida e accompagnatore di un’esperienza creativa che appartiene ai singoli studenti e/o ai gruppi che partecipano alle attività e realizzano i prodotti finali. Un elevato numero di docenti ha partecipato alla realizzazione del progetto, arricchendolo con una vasta gamma di articolazioni tematiche: ciò ha determinato una maggiore collaborazione e un frequente scambio di idee, migliorando così il clima di lavoro complessivo e la qualità della comunicazione interpersonale. Lo svolgimento di qualche momento laboratoriale comune ha permesso il lavoro per classi aperte, con un maggior coinvolgimento dei partecipanti. In generale la maggior parte degli studenti ha partecipato in modo propositivo, aggiungendo apporti personali e mostrando una piena accettazione delle diversità. Inoltre, grazie alla struttura progettuale del lavoro e alle necessità di rispettare tempi precisi, si preparano i ragazzi a confrontarsi con il mondo del lavoro che li attende, pur in un ambito protetto come quello scolastico, in cui l’errore non è punito ma valorizzato come percorso esperienziale. Occorre però migliorare la qualità delle sperimentazioni trasversali tra gli insegnamenti delle diverse aree disciplinari per valorizzare le potenzialità di una scuola che si colloca in ambito artistico - progettuale: il Venturi presenta ancora una notevole frattura tra insegnamenti di indirizzo e le discipline teoriche e di studio, i cui docenti faticano a creare un approccio realmente integrato: solo n qualche caso si registra una partecipazione di docenti appartenenti ad aree diverse che hanno allargato il proprio campo d’azione. Si sottolinea inoltre che, per sviluppare in pieno le potenzialità del lavoro per progetti, occorrerebbe sperimentare lo scardinamento temporale e logistico del ‘normale’ orario scolastico per evitare frammentazioni di percorsi e attività. Infine, la possibilità che gli studenti hanno di esporre alla cittadinanza e alle varie istituzioni i prodotti del loro operato li potenzia come singoli e come gruppi, valorizzandone linguaggi e capacità espressive, facendoli sentire ‘autori’ del proprio percorso: il contatto con la realtà locale, favorisce occasioni di incontro e di socializzazione e cerca di contrastare possibili situazioni di disagio. Uno degli obiettivi del progetto era proprio quello di ribadire la pratica della ‘costruzione sociale’ degli apprendimenti, rispondendo anche a sollecitazioni provenienti sia dall’ambiente scolastico sia da quello extrascolastico, attraverso percorsi, ormai consolidati, che vedono l’Istituto in stretta relazione con enti e istituzioni operanti nel territorio. La città e la realtà esterna alla scuola sono qui considerate ‘territorio educante’ del quale riscoprire dimensioni simboliche e aprire riflessioni sul significato dell’identità, della memoria e dell’appartenenza. In tal senso il progetto ha sviluppato numerose collaborazioni con il territorio e si segnalano le collaborazioni con il Comune di Modena, Assessorato all’Istruzione,con l’Assessorato ai Servizi Sociali, in particolare il Centro Stranieri, con la Casa delle Culture, le cooperative sociali Oltrelab, Arcadia e Ghanacoop, il Coordinamento provinciale delle Associazioni di Volontariato, il Centro Servizi per il Volontariato, il Consorzio Il Mercato: ciò ha favorito mediazioni culturali e supporti organizzativi di vario tipo senza le quali il necessario contatto tra la scuola, gli studenti e i rappresentanti delle varie comunità non avrebbe avuto luogo. indice tematico Ricerche grafico-progettuali Storie, favole e racconti Segni dal mondo Produzioni varie: libri illustrati, fumetti e video animazioni Classi: 2G, 5M, 5P, 4E, 4N, 5C, 5D comunicazione visiva e grafica Docenti: A. Battilani, P. Macchi, A. Molinari, G. Pisco, L. Cappelli, M. Menziani, A. Tedeschi Classi: 1D e 1F grafica Docenti: P. Macchi, A. Bergamini, L. Cappelli, M. Mantovani, D. Dallari Alla scoperta dei simboli Adinkra Fotografia Classi: 4E grafica, 5N comunicazione visiva Docente: A. Janni Janez Album di famiglia: un archivio familiare Classe: 2F grafica Docente: M. Menziani, in collaborazione con F. Banzi Consukente esterno: Mara Montorsi MOlteplice: studio di un logo L’immagine per un prodotto (Miss Ghananas) L’immagine per un evento (50° Indipendenza del Ghana) Percorsi fotografici sull’identità In collaborazione con Oltrelab e Ghanacoop Classi: 4P, 4N comunicazione visiva, 5C, 5D grafica Docenti: A. Battilani, A. Molinari, G. Pisco, A. Tedeschi Esposizione multipla Classe 2F grafica Volti, corpi, maschere, segni Classi: 3D grafica, 3N com. visiva Ghanatelei: colori e geometrie dell’Africa 4M comunicazione visiva Docenti: A. Battilani, E. Martini, M. Menziani Una valigia lunga un secolo: da Ellis Island a Lampedusa Produzione di un allestimento ‘narrativo’ Classi: 4M comunicazione visiva, 5C grafica Docente: G. Pisco Il senso del viaggio La città che cambia Classe: 4E grafica Docenti: P. Macchi, L. Cappelli La cultura dell’incontro Classi: 2G, 3G grafica, 4P comunicazione visiva Docenti: A. Molinari, F. Banzi, S. Meschiari Referenti esterni: Associazione Donne nel mondo Progetto a cura di Zighereda Tesfamariam, Maria Elena Murcia Il Mercato: mondi in città Tempo reale Artisti di strada Classi: 3N, 4M, 5M, 5P comunicazione visiva, 5D grafica Docenti: A. Battilani, A. Campioli, M. Menziani Video Design Il mercato: appunti per una storia Afrodesign Un documentario sulla storia e i cambiamenti del mercato cittadino attraverso la voce di alcuni testimoni Classe: 5D grafica Docente: A. Battilani In collaborazione con il Consorzio “Il mercato” La casa con le ruote: un viaggio tra i sinti modenesi Un documentario con interviste alla famiglia Triberti e a Giacomo De Barre Classi: 3D, 5D grafica Docente: A. Battilani In collaborazione con il Centro Stranieri Comune di Modena Maschere e riti Progettazione di elementi d’arredo derivati dall’analisi di materiali e oggetti tipici di culture diverse Classe: 4H progetto design Docente: A. Artioli Mondi paralleli Progettazione di oggetti comunicativi Classe: 4M, comunicazione visiva Docente: S. Giannatempo La cultura dell’incontro Progettazione di oggetti legati all’uso quotidiano, attraverso cui rinvenire rapporti tra forme, decori, materiali e usi rituali. Classe: 4L design ceramico Docenti: R. Secchia In collaborazione con Zighereda Tesfamariam, Maria Elena Murcia Un documentario sul rito nigeriano della maschera Classe: 5D grafica Docente: A. Battilani In collaborazione con la comunità nigeriana di Modena Laboratorio interculturale Racconto per ombre e colori. La Porta della Pescheria del Duomo di Modena Classi: 3G, 3M, 4M, grafica e comunicazione visiva Docente: A. Janni Janez F. Manicardi, E. Boschetti, (cl. 5D 2005-2006) Docente: A. Battilani In collaborazione con Memo Esseri umani multidimensionali o creature a un’unica dimensione? Il quaderno presenta una sintesi dei progetti mentre il dvd allegato permette una visione più esauriente dei vari prodotti realizzati dagli studenti e offre i necessari approfondimenti dei percorsi più articolati. ricerche grafico-progettuali Segni dal mondo Attraverso la conoscenza del significato del segno scopriamo e incontriamo l’uomo seguendo le tracce del suo passaggio. Classi: 1D e 1F grafica Docenti: coordinamento Paola Macchi in collaborazione con: Alessandra Bergamini, Luigi Cappelli, Margherita Mantovani, Daniela Dallari. Finalità educative - Conoscenza di sé, conoscenza e accoglienza dell’altro - Conoscenza e rispetto delle altre culture. Obiettivi didattici generali - Conoscenza del valore comunicativo di un segno/simbolo/linea nelle varie discipline - Capacità espressive, grafiche, pittoriche, tecnologiche - Capacità tecnico - operative, esecutive, pratiche, tecniche - Organizzazione dello spazio di lavoro e primo approccio al metodo progettuale. Disegno dal vero Plastica Fotografia Tecniche grafiche Storia dell’arte Tecnologia Disegno professionale Il segno è una linea Il segno è una impronta Il segno nell’ambiente Segno/scrittura Il segno nell’arte I supporti del segno Segno e simbolo Simboli e culture L’India e il batik I segni sulla pelle Gli ideogrammi giapponesi La Cina e l’invenzione della carta l’Iran e il telaio Lascia il segno La scrittura araba Pigmenti naturali e loro estrazione Alfabeto delle emozioni 10 Simbolo Disegno dal vero: Il segno è una linea con il laboratorio di Fotografia Lettura dell’immagine: il segno come carattere distintivo dell’autore Attività propedeutiche al disegno: sensibilizzazione della linea Impariamo a riconoscere la linea nell’ambiente. Disegno professionale: Segno e simbolo MODULO 1 Il segno è il punto di partenza del corso di grafica. Gli studenti sono portati a riflettere sulle molteplici implicazioni, potenzialità comunicative e modalità espressive del segno attraverso tecniche pittoriche, geometriche, informatiche. Discipline plestiche: Il segno è un’impronta con il laboratorio di Fotografia La manipolazione della creta: le impronte digitali, la forma della mano impressa, i segni dell’identità. Attività: Percorso di presentazione storico, sociologico, culturale sul significato di segno grafico. Percorso di presentazione sul segno e la linea nelle arti grafiche. Sperimentazione delle possibilità espressive di un segno astratto. Caccia alla linea. Fotografia: Caccia alla linea Ricerca della linea nel paesaggio attraverso la fotografia Il segno è una linea: indagine fotografica per le vie della città con Discipline pittoriche Lascia il segno: le impronte digitale e la forma della mano disegnata con la luce e con i materiali per la fotografia, creazione della propria impronta della mano, senza l’uso della macchina fotografica con Discipline plastiche Segni sulla pelle: ricerca fotografica su segni proiettati sui corpi per scoprirne il potere comunicativo. MODULO 2 L’alfabeto delle emozioni Segni alfabetici: rapporti sintattici e sematici, Dalla ricerca storica sulle origini dell’alfabeto fonetico alla creazione di un alfabeto delle emozioni. Attività: La storia dei caratteri e della scrittura. Invenzione di un alfabeto delle emozioni ed elaborazione di un ‘abbecedario’. Laboratorio sulla scrittura giapponese. Laboratorio sulla scrittura araba. MODULO 3 Simboli e culture Rapporto segno-significato. Storia dei simboli, significati dei simboli nella nostra cultura e in altre. Attività: Percorso di presentazione di simboli africani, loro significato e utilizzo. Ricerca sui simboli della nostra cultura e di altre culture. Laboratorio di Batik (Ghana). Laboratorio di tessitura a telaio (Iran). Laboratorio sulla creazione della carta. Laboratorio sull’estrazione dei pigmenti naturali. Tecniche grafiche: Il segno è una lettera con Disegno professionale Il Giappone e gli ideogrammi. Laboratorio di scrittura giapponese. L’Islam e la scrittura sacra. Laboratorio di scrittura araba. Alfabeto delle emozioni Storia dell’arte: Il segno nell’arte Il segno come carattere distintivo della personalità di un’artista. Il segno e i simboli nel mondo con Disegno professionale La Cina e la storia della carta con Disegno professionale e Discipline pittoriche. MODULO 4 I NOSTRI SIMBOLI Percorso di presentazione sulla regole della Gestalt e della percezione Progettazione di simboli pittogrammatici per identificare aule e laboratori della scuola. Attività: applicazione del metodo progettuale. Tecnologia: I supporti del segno I pigmenti naturali e loro estrazione. I colori nel mondo e nelle diverse tradizioni. con Disegno professionale e Discipline pittoriche 11 Alla scoperta dei simboli Adinkra Classi: 4E grafica, 5N comunicazione visiva Docente: Anna Maria Janni Janez Il gruppo della classe 4E, coinvolto durante la lezione settimanale di religione, nel corso di quest’anno scolastico ha affrontato il concetto di “Simbolo, carta d’identità dell’uomo”, su cui aveva lavorato negli anni passati, ampliandolo con la conoscenza dei simboli Adinkra, desunti dall’antico sistema africano di decorazione delle stoffe. Alla base della scelta di questi argomenti stanno alcune considerazioni: la scuola, vista come organismo con al centro le persone (piuttosto che solo un servizio in funzione di un’utenza), con la possibilità di accogliere e di ascoltare a condizione di riconoscere l’alterità come valore e l’incontro come evento arricchente, l’arrivo di migranti legati a simboli propri per la loro forza di evocazione, la nostra generale indifferenza per modi di pensare diversi (l’altro sentito come estraneo),il riconoscimento del diritto per tutti, autoctoni e migranti, alla libertà religiosa ma anche alla sua visibilità ed esplicitazione (nel limite del rispetto dei diritti costituzionali, della dignità della persona, della memoria, dell’integrità fisica), la centralità del simbolo non solo nello spazio del sacro e del religioso, ma anche del pubblico e della vita quotidiana (il modo in cui preghiamo, facciamo festa, ed anche come mangiamo, come ci vestiamo), la consapevolezza di un possibile arricchimento per tutti nella reciproca conoscenza e nella esperienza dei simboli di diverse culture, tenendo conto del modo dinamico di guardare la realtà da parte delle persone che oggi si muovono da un paese all’altro (compresi i nostri giovani verso altri paesi), la necessità di preparare il terreno, cioè le mentalità e gli atteggiamenti, per una convivenza nel rispetto e nelle promozione della compresenza dei simboli nostri e degli altri, nell’ottica di un dialogo interculturale ed interreligioso, per costruire insieme il futuro di tutti. Nel primo incontro, proposto come laboratorio di comunicazione espressiva, sono state presentate senza spiegazioni immagini simboliche sconosciute (simboli adinkra). Gli allievi, affascinati dalla loro bellezza, sono stati quindi invitati a sceglierne tre in base alla suggestione personale e ad elaborarne una composizione grafica personale. Nel secondo incontro ciascuno di loro ha spiegato le motivazioni della propria scelta ed i significati attribuiti ai simboli selezionati. Al lavoro di classe era stato precedentemente invitato un allievo di origine ghanese della classe 5N, Daniel Yeboah Amankwaa, che ha illustrato i significati reali di alcuni simboli adinkra, tramandati da secoli di padre in figlio dal popolo Ashanti, e ne ha raccontato il contesto di utilizzazione. Di fatto i simboli adinkra sono circa quattrocento, con continue aggiunte di nuovi elementi elaborati dalla vitalità della tradizione artigianale, quasi una sorta di alfabeto simbolico in continua costruzione. Gli alunni di 4E sono poi intervenuti chiedendo chiarimenti ed ulteriori informazioni, particolarmente incuriositi dalla scoperta di quale significato corrispondesse ai simboli prescelti. Nel terzo incontro è stato proposto il laboratorio di body painting, per stabilire un contatto, un legame con il popolo Ashanti, con l’Africa in generale e con se stessi, durante il quale gli allievi, divisi a coppie, hanno dipinto sul corpo del compagno l’immagine da lui stesso elaborata. Nell’ultimo incontro si è partiti nuovamente dalla scelta di un simbolo, consapevoli questa volta del suo significato reale, ed ognuno ha raccontato ai compagni un episodio della sua storia personale collegato a quel simbolo. Si è passati infine ad un feedback conclusivo, con la raccolta dei pareri dei ragazzi, che hanno apprezzato questa “esplorazione simbolica” di una delle massime espressioni della saggezza e dell’arte degli Ashanti ed hanno scoperto di poter raccontare se stessi attraverso questi simboli. MOlteplice: studio di un logo L’immagine per un prodotto (Miss Ghananas) L’immagine per un evento (50°Indipendenza del Ghana) Classi: 4P, 4N comunicazione visiva, 5C, 5D grafica Docenti: Antonella Battilani, Antonella Molinari, Gennaro Pisco, Andrea Tedeschi Ad alcuni studenti di classi diverse è stato affidato il compito di ideare applicativi grafici tesi a pubblicizzare i prodotti di un prodotto etnico (Miss Ghananas) commercializzato da Ghanacoop, appartenente al gruppo cooperativo Oltrelab, uno dei partner del progetto che ha favorito la mediazione con persone appartenenti a diverse comunità. Inoltre la stessa cooperativa ci ha proposto di realizzare la grafica per l’indipendenza del Ghana, favorendo così la conoscenza di avvenimenti storici di un paese dal quale provengono buona parte degli studenti stranieri del Venturi. Tali progetti sono da intendersi come una introduzione propedeutica verso temi interculturali che in seguito sono stati maggiormente approfonditi, un’esercizio grafico per riflettere sulle dinamiche e sugli stili ‘comunicativi’. Il percorso propedeutico alla ricerca ha previsto inoltre una visualizzazione grafica di alcuni termini chiave: viaggio, accoglienza, diversità, molteplicità, reciprocità, integrazione, vincolo, permettendo così di rintracciare e di rendere consapevoli gli studenti degli stereotipi culturali di cui spesso facciamo uso senza rendercene conto. Molteplice: studio di un logotipo. Giulia Cavaliere, Sara Campani, Luana Verucchi, Nicole Ciamaroni. 13 Una valigia lunga un secolo: da Ellis Island a Lampedusa almeno 26 milioni di italiani. Un secolo dopo è un’altra isola, Lampedusa, ad essere teatro di un’ondata migratoria che porta con sé le medesime sofferenze e le stesse speranze. La ricerca interpreta per immagini e per suggestioni visive condensati in una serie di pannelli, realizzati con tecniche pittoriche, ciò che molti poeti, scrittori e registi (da Joseph Roth a Ignazio Silone fino al Nuovomondo di Crialese) ci hanno raccontato: le immagini ci restituiscono i grumi dolorosi del viaggio di una umanità senza tempo in cui ognuno si può identificare e i cui spostamenti creano luoghi e società multietniche tuttora difficili da riconoscere ed accettare. Classi: 4M e 5C, comunicazione visiva e grafica Docente: Gennaro Pisco Un percorso per ricordare le sofferenze di tutti coloro che furono costretti ad abbandonare il proprio paese: gli italiani, infatti, non devono dimenticare di essere stati emigranti e solo in questo modo possono comprendere le ragioni che spingono gli altri a cercare in Italia e in Europa condizioni di vita migliori. Ellis Island, chiamata l’isola delle lacrime, per oltre sessant’anni (dal 1892 al 1954) ospitò una grande massa di emigranti: in un secolo si conta l’arrivo di 14 Disegno di Maria Elena De Villaris Il senso del viaggio Estetica del viaggio Ogni studente viene invitato a riflettere sull’idea del viaggio e sul significato di esperienza estetica, usando soprattutto il cinema come riferimento (Viaggio a Khandahar, I diari della motocicletta, Monsieur Ibhraim e i fiori del Corano, Powaqqatsi, 2001 Odissea nello spazio...) scrivendo una breve descrizione del viaggio che ogni giorno devono compiere per venire a scuola, proponendo una riflessione sulle modalità di scrittura come esercizio di esplorazione estetica del reale. L’esercitazione può anche essere realizzata mediante un diario fotografico che registri le esperienze del risveglio e dell’inizio della giornata. Classe: 4E grafica Docenti: Paola Macchi, in collaborazione con Luigi Cappelli Nel nostro immaginario l’idea di viaggio è sinonimo di vacanza, di luoghi esotici da visitare, di fuga dalla realtà, mentre dai luoghi esotici e da altri mondi approdano sulle nostre coste migliaia di disperati che fuggono dalla propria terra in cerca di una vita migliore. Il senso del viaggio è comunque molto di più di un giro alle Maldive o della settimana bianca: è il passaggio da uno stato all’altro, da un luogo all’altro, da una condizione all’altra. Il viaggio è anche uno stato d’animo, è la ricerca di se stessi e della propria identità. Tema progettuale Si chiede la progettazione di un artefatto comunicativo sul tema dell’intercultura, pensata anche come installazione interattiva che deve poter essere percorsa e sperimentata da un pubblico di bambini e adulti. In particolare si richiede l’approfondimento del tema del “viaggio” con tutte le possibili direzioni di senso che si vogliano estrapolare (viaggio come fuga dalla realtà, come scelta migratoria, viaggio interiore, viaggio come speranza di vita, viaggio nella storia, etc.). Il progetto, realizzabile con qualunque dimensione o tecnica, deve potere essere trasportabile, ripetibile, realizzabile. Si richiede una prima indagine esplorativa delle ipotesi operative attraverso l’esecuzione di schizzi, bozzetti, testi, etc. Il percorso proposto agli studenti parte dalla loro realtà quotidiana di pendolari per poi allargare lo sguardo sul senso più ampio del viaggio, passando in modo privilegiato dall’esperienza dei sensi, quella che il corpo e la mente interiorizza più profondamente perché coinvolge la nostra memoria e la nostra identità. Le esperienze personali vengono integrate da approfondimenti relativi al mondo del cinema e dell’arte (le mappe come luoghi antropologici, il paesaggio nell’arte) dal punto di vista esecutivo, l’obiettivo finale è la costruzione di un evento comunicativo che possa essere proposto alla città, e in particolare ai bambini delle scuole primarie e secondarie di primo grado: laboratori simili vengono proposti in occasione del FestivalFilosofia che si svolge ogni anno a Modena e che già dalle prime edizioni ci ha visto coinvolti fattivamente in laboratori dedicati ai bambini. Mediante tale proposta si intende approfondire la capacità di sviluppare riflessioni e percorsi culturali trasversali a più discipline e, nello specifico della sezione di grafica, le capacità progettuali mediante l’uso di varie tecniche espressive e lo sviluppo di modellizzazioni tridimensionali. 15 I progetti realizzati Leyla (progetto per un cortometraggio). Una ragazza filippina si trasferisce in Italia con la famiglia, ma l’inserimento in classe fra i ragazzi italiani non è dei migliori. Per fortuna trova un’amica che l’aiuterà nel farsi accettare. Il divino viaggio (prodotto interattivo multimediale). Un viaggio attraverso gli elementi naturali, terra, acqua, aria, fuoco, paragonato al viaggio di Dante Alighieri. La Sicilia: un popolo accogliente (percorso interattivo). La Sicilia, da sempre crocevia di popoli rappresenta un esempio di integrazione. e accoglienza. Un percorso storico- artistico che culmina con una riflessione sui centri di accoglienza per stranieri di Lampedusa. Gli ambienti della terra (percorso interattivo). Percorso dei sensi attraverso gli ambienti naturali del nostro pianeta. La valigia dei sogni (valigetta laboratorio per le scuole). Kit di scoperta degli altri mondi per i viaggiatori virtuali. L’oggetto realizzato è un prototipo da offrire alle scuole contenente un concentrato di stimoli sensoriali (musica, profumi, materie, etc) che aiutano ad evocare atmosfere di diversi paesi e continenti. Viaggio nello spazio (allestimento interattivo). Il sogno di ogni uomo è la conquista dello spazio: l’oggetto realizzato è un prototipo di un’aula laboratorio che dovrebbe simulare la struttura della nostra galassia per la navigazione fisica. Un due tre… per le vie del mondo (percorso espositivo). Camminando su un planisfero viaggiamo alla ricerca di nuovi mondi Dimmi chi sei (Mostra sulle culture legate ai continenti). Cinque continenti, cinque mondi da scoprire. Le scatole dei ricordi (gioco). Attraverso un labirinto che rappresenta un viaggio si arriva a scoprire l’icona del movimento attraverso una rivisitazione dell’opera di Boccioni. Il tunnel dei sensi (installazione). L’installazione è una esperienza sensoriale da sperimentare attraversando tre tunnel che rappresentano situazioni ambientali differenti. Presentazione del progetto “Un due tre... per le vie del mondo” Particolare del progetto “Le scatole dei ricordi” 16 La cultura dell’incontro Classi: 2G, 3G grafica, 4P comunicazione visiva, Docenti: Antonella Molinari in collaborazione con Francesca Banzi, Alessandra Zagni, Stefano Meschiari. Referenti esterni: Associazione Donne nel mondo Progetto a cura di Zighereda Tesfamariam, Maria Elena Murcia. Il percorso di valorizzazione delle diverse culture presenti nella scuola e nel territorio si è sviluppato intorno al tema della festa, avvalendosi del confronto tra abitudini di persone di diversa provenienza, alla ricerca delle affinità di “sentimento”. La festa e la condivisione di un momento ricreativo in ogni paese rafforza un’identità, porta al confronto con le esperienze di altri e crea un’alchimia di nuovi incontri e vecchie tradizioni; è il luogo dell’amicizia, quello in cui le differenze si apprezzano perché lo scambio è più ricco. Si sono svolti alcuni incontri–guida fra gli studenti con Maria Elena Murcia è stata presentata la preparazione del mate argentino, un’usanza poco conosciuta, un gioco per immedesimarsi nel commiato di un migrante dal suo paese e del successivo ritorno; Zighereda ha ‘celebrato’ il rito del caffè in Eritrea, un momento d’incontro e d’augurio d’abbondanza. Gli incontri sono serviti per coinvolgere direttamente gli adolescenti, tramite la testimonianza di donne immigrate di diversa nazionalità, cultura, religione e tradizione, esempi positivi di continuità con la propria cultura di appartenenza e di apertura alla nuova società. Gli incontri sono stati documentati con riprese video e fotografie dagli studenti stessi e hanno stimolato le successive ricerche le cui tematiche sono state scelte in modo autonomo e condotte individualmente o per piccoli gruppi. I progetti realizzati La classe 2G ha realizzato impaginati che raccolgono materiali vari, in particolare fotografie e interviste su ricette di cucina provenienti da varie parti del mondo, dal Sud italia alla Moldavia, all’Albania, operando confronti, in qualche caso lavorando sui diversi dialetti. 17 Altri studenti hanno poi rintracciato nella fiaba un ponte tra culture e nel rave un tentativo di incontro trasversale alle culture. La classe 4P ha elaborato una serie di fascicoli su diversi luoghi, dall’Egitto, al Marocco, alla Cina allo Sri-Lanka e una raccolta di cartoline ‘multietniche’. Benvenuto/bentornato La classe 3G, in seguito agli incontri, ha intrapreso una particolare riflessione sul senso della partenza e dell’arrivo, della crescita e del rinnovamento: in particolare sono state realizzate ricerche fotografiche sul ritratto, sugli abiti per la festa tipici di altre culture, sul gioco come momento di scambio; a livello grafico è stato approfondito l’uso del lettering che augura “buon anno” in diverse lingue e con diverse scritture. Con tali materiali sono stati realizzati, nel dicembre 2006, una serie di pannelli decorativi per l’atrio dell’ospedale di Baggiovara, con lo scopo di condividere il senso di festa in un luogo ‘complesso’ e nel rispetto delle diverse provenienze. Alcuni momenti degli incontri con Maria Elena Murcia per la preparazione del mate e con Zighereda Tesfamariam per il rito del caffè storie, favole e racconti Il tema ha interessato in modo trasversale studenti di classi diverse che, in relazione ai propri interessi e alle capacità di sviluppare ricerche personali ed autonome, hanno scelto le narrazioni più adatte alle loro capacità espressive e le hanno trasformate in libri illustrati, storie a fumetti e animazioni, attingendo per lo più dal vasto repertorio della narrativa popolare dell’Africa nera che rappresenta stili, linguaggi e tradizioni diversissime, pur mostrando una evidente unità culturale di base. Il percorso mette in evidenza il ruolo della creatività e dell’immaginazione, termini spesso abusati, ma che qui sono da intendersi proprio come scoperta della molteplicità, studio e sperimentazione di infinite varianti, produzione del nuovo, ricerca della forza narrativa di immagini e parole che provengono da mondi lontani o che abitano con noi da sempre. Chezia Pinna, Lia Poggi, Asabea Siaw Nada. Una raccolta di favole africane con gli animali come protagonisti Beatrice Bellettini e Valentina Sala: copertina di “La bella figlia del re”, una favola africana realizzata con collage polimaterico 18 Jessica Bignami, Sharon Greco, Valentina Silvestro: studio di personaggi Giacomo Venturelli: “Hamed l’ambulante”, storia a fumetti liberamente ispirata da una canzone dei Modena City Ramblers fotografia Album di famiglia coloro che hanno condiviso gli eventi raffigurati: genitori, nonni, zii. Associando la fonte orale a quella iconografica (attraverso un questionario sottoposto ai parenti) è stato possibile per gli studenti dare voce alle immagini e attribuire loro un senso: quello dei propri luoghi, della propria famiglia e della sua cultura. Seguendo la metodologia di schedatura, opportunamente semplificata, utilizzata negli archivi fotografici, ogni immagine è diventata un documento attendibile sul piano scientifico, uno strumento di analisi sociale, testimone di molteplici culture e di differenti contesti di origine. Riconducendo lo studio delle immagini a uno specifico fotografico è stato inoltre possibile considerare le modalità di ripresa e le tecniche di stampa in rapporto alle innovazioni in campo ottico e chimico, all’avvento del colore e del digitale. Il racconto per immagini, che è il risultato conclusivo del lavoro, pur mantenendo, attraverso le didascalie, i requisiti di una ricerca storico-fotografica, propone molteplici livelli di lettura e costituisce un invito alla riflessione sui possibili sviluppi della fotografia quale medium multiculturale. Il percorso presenta momenti di lavoro individuale e collettivo e, per la sua complessità ed è stato sviluppato mediante i seguenti passaggi metodologici: - ricerca negli archivi familiari da parte degli studenti; - verifica del materiale raccolto, scelta della direzione di ricerca (insegnanti, studenti); - questionario-intervista da sottoporre ai parenti; - incontro sulla metodologia di compilazione della scheda di catalogazione; - scansione digitale delle immagini; - impaginazione grafica delle schede; - presentazione della sequenza fotografica; - dibattito finale. Classe: 2F grafica Docente: Maria Menziani, in collaborazione con Francesca Banzi Consulente esterno: Mara Montorsi Mai dire: “Si tratta soltanto di una fotografia”. Le fotografie rivelano molto più di ciò che già pensiamo di conoscere, forse è per questo che si fanno fotografie, per vedere cosa è vero e cosa non lo è. Oggi scattare una fotografia è molto semplice, anzi banale, e perciò si tende a sottovalutarne il valore: il percorso vuole far riflettere sull’importanza del linguaggio fotografico che, se correttamente decodificato, ci porta alla conoscenza dei suoi molteplici significati culturali. Le immagini scattate dalla macchina fotografica, anche attraverso la sensibilità del fotografo, documentano luoghi, fatti e persone, ci raccontano il nostro passato, fermano un momento della nostra vita e lo conservano, arricchendo l’immenso album della nostra esistenza. L’esplorazione parte proprio dagli album di famiglia, in un viaggio fotografico a ritroso nella nostra storia e in quella degli altri, alla scoperta di differenze e similitudini documentate da un solo e comune linguaggio: quello della fotografia. Sulla base del materiale raccolto si è scelta come direzione di ricerca iconografica quella delle cerimonie di matrimonio che, per la loro ritualità e tradizione, possono costituire un territorio di indagine multiculturale. La presenza nella classe di studenti stranieri ha offerto, infatti, l’opportunità di scoprire frammenti di vita che a una lettura distratta possono apparire distanti, mentre dopo un’analisi attenta si rivelano come appartenenti a un unico, collettivo album familiare. Un archivio fotografico familiare Ogni famiglia possiede fotografie che testimoniano la propria storia, e dunque ogni studente ha a disposizione un archivio fotografico familiare. Abbiamo utilizzato questo materiale privato coinvolgendo 19 A sinistra: Gruppo, con sposi al centro, sulla scalinata della chiesa al termine della cerimonia nuziale, Chiesa di S.Agnese Modena, 1958 Archivio: Simona Iannotti A destra: Ritratto in studio degli sposi, Elbasan (Albania)1986 Archivio: Adelajda Veizi. Gruppo con sposi nel giardino della chiesa al termine della cerimonia, chiesa protestante Pilgrim Christian Ministries International, Modena 1999 Archivio: Kwaku Yeboah Sposi sull’auto al termine della cerimonia nuziale, chiesa di S.Faustino Modena 1961 Archivio: Francesca Pieri A destra: Sposi su portantina, Sale (Rabat, Marocco) 2003 Archivio: Sara Hamid. Un’auto e una portantina in argento sono semplicemente due mezzi di trasporto che evidenziano la distanza tra culture? Sia che si alluda alla voglia di modernità nell’Italia degli anni Sessanta o al rispetto delle tradizioni nel Marocco del XXI secolo, entrambe le coppie di sposi si presentano, comunque, all’interno del loro cocchio nuziale, scintillante. Uno status symbol similmente esibito, un oggetto prezioso e magico che, come nelle fiabe, permette di raggiungere la felicità: il sogno si trasforma in realtà che è inverata nel tempo dallo scatto fotografico. (Testo tratto dalle osservazioni di Mara Montorsi) Momenti del dibattito finale: “Mia nonna si ricorda che di fianco alla chiesa era esposto un manifesto di un film con Jonny Dorelli con due sposini disegnati” (tratto dall’intervista di Valentina Giuliano alla nonna). 20 La scheda utilizzata per l’archiviazione semplificata elaborata da Mara Montorsi ha previsto l’analisi dei seguenti punti: numerazione, serie, numero scatti, autore, tipologia della fotografia, datazione, località, genere, soggetto, tecnica, formato, stato di conservazione, note, ubicazione/archivio familiare, ubicazione archivio, proprietà/provenienza e data archiviazione. Percorsi fotografici sull’identità Esposizione multipla Classe 2F grafica Volti, corpi, maschere, segni Classi: 3D grafica, 3N comunicazione visiva Ghanatelei: colori e geometrie dell’Africa 4M comunicazione visiva Docenti: Antonella Battilani, Eugenia Martini, Maria Menziani La città che cambia Il Mercato: mondi in città. Luna Park. Tempo reale Artisti di strada Classi: 3N, 4M, 5M, 5P comunicazione visiva, 3D, 5D grafica Docenti: Antonella Battilani, Anna Lisa Campioli, Maria Menziani Identità delle persone e dei luoghi: una complessa e articolata trama di ricerche per approfondire le trasformazioni del sè attraverso abiti, corpi, maschere e segni e per riflettere sui cambiamenti dei luoghi: il percorso sulla maschera, realizzato con la collaborazione dell’Associazione Akilibò, ha avviato gli studenti alla scoperta del suo significato in alcune culture africane e ha permesso l’attivazione di un laboratorio per l’edizione 2007 del FestivalFilosofia sul sapere. Artisti di strada: Laura Sgarbi Luna Park: Diana Fresta Ghanatelei: Chezia Pinna, Lia Poggi Il mercato: particolari dal reportage della classe 3N Tempo reale: Mattia Polisena video Il mercato: appunti per una storia Un breve documentario (12’ 58) per tratteggiare la storia e l’evoluzione del mercato cittadino attraverso la voce di alcuni testimoni; il video è stato realizzato da Jessica Cocchi che ha curato riprese, interviste e montaggio, in collaborazione con Gabriele Mainardi, (classe 5D) con il coordinamento di Antonella Battilani. Inoltre nel video sono state utilizzate immagini tratte dai reportages realizzati dagli studenti della classe 3N. Il video racconta la storia del mercato cittadino attraverso la testimonianza di Mauro Manfredini che in passato ha gestito il Consorzio “Il Mercato” e Guido Sirri, attuale presidente: ci si sofferma su alcuni aspetti del suo presente, fra nostalgie o aperture verso l’arrivo di nuovi cittadini che ne stanno cambiando radicalmente la fisionomia. Un luogo che ci dà la misura del cambiamento della nostra società, un viaggio da fermi per farsi attaversare dal mondo. La casa con le ruote: un viaggio tra i sinti modenesi Un documentario (25’) con interviste alla famiglia Triberti e a Giacomo De Barre, realizzato in collaborazione con il Centro Stranieri del Comune di Modena, con il coordinamento di Antonella Battilani. Le interviste alla famiglia Triberti sono condotte da Diana Fresta, classe 3D, che ha curato anche il montaggio e la regia. Le interviste a Giacomo De Barre sono state realizzate da Chiara Soave e Jessica Miot, classe 5D. Con sensibilità e freschezza Diana presenta aspetti del quotidiano delle ragazze Triberti alternandoli con i racconti dal sapore epico di De Barre, narratore istrionico e appassionato, che attraversano il suo passato da circense fino alle discriminazioni e alle generalizzazioni che tuttora accompagnano la vita dei nomadi. Il documentario ha proprio lo scopo di far conoscere meglio un popolo dalle antiche origini che continuiamo a trattare con ostilità e a considerare come materiale di scarto. Di seguito si propone un breve testo che affronta uno dei pregiudizi più radicati, quello degli zingari che rubano i bambini, scritto da Giacomo De Barre per prepararsi all’intervista e proposto anche nel filmato. 22 Gli zingari rapiscono i bambini? Questa è la verità che vi dico: non erano gli zingari che rubavano i bambini gagé ma erano i gagé che portavano via i bambini ai sinti. In tante nazioni portavano via i bambini sinti a chilometri di distanza dai loro genitori; i genitori giravano molto per trovare i loro figli, ma quando li trovavano anche dopo mesi e mesi se li portavano via, cioè li riportavano indietro: così è nata la leggenda che sono gli zingari a rubare i bambini. In tante nazioni adoperavano i sinti come schiavi: gli uomini domavano i cavalli, le donne custodivano e pulivano le stanze e le cucine dei grandi palazzi, i bambini a lavorare nei campi a raccogliere le verdure e tutto quello che c’era in campagna. E poi, è pura verità che vi dico, molti sinti sono stati castrati per non procreare più. Nel parmense le autorità mettevano dei manifesti ai muri dove c’era scritto “uccidere uno zingaro non si commette alcun delitto”. Nei secoli passati in Italia non c’erano tanti sinti. E mi riferisco al 1600 e al 1700. Solo dalla fine del 1700 e con l’inizio del 1800 molti sinti sono venuti dalla Francia e dal resto d’Europa. Giustizia per i sinti non c’è mai stata. Anche quando è arrivato il XX secolo. Mio nonno mi raccontava questa storia vera: un giorno un sinto era fermo in un paese, ma fuori dall’abitato. Sarà stato il 1910 o il 1912, ed era intorno alle 9 di sera. Prese la sua bugli. Per chi non lo sa la bugli era un recipiente ricavato da una zucca perché a quel tempo i sinti non avevano recipienti di vetro, perché anche solo una bottiglia di vetro era un lusso. Allora: mentre portava la bugli gli sanguinava il naso e ogni tanto si ripuliva con uno straccetto. Entrò dentro l’osteria e comprò mezzo litro di vino e si avviò a casa, cioè verso la sua caravana. Dopo circa mezz’ora arrivano i carabinieri, lo perquisirono e gli chiedono dove ha messo il coltello! Quale coltello?, chiedeva il sinto. Quello con cui hai ucciso un uomo! rispondeva il carabiniere. “Io non ho ucciso nessuno!” “Come?! Ecco questo straccio sporco di sangue!” “L’ho usato per pulirmi il sangue dal naso. Vedete: mi sanguina ancora!” Niente: i carabinieri lo presero e lo portarono all’osteria e chiesero all’oste: “È questo lo zingaro che ha preso il vino?” L’oste disse di sì, e subito il carabiniere disse: “Allora è lui l’assassino. Ha ucciso per rubare i soldi, ha pulito il coltello con lo straccio, la buttato via, poi è venuto a comprare il vino”. Anche se il suo naso ancora gocciolava sangue, per quel povero sinto non ci fu niente da fare. È morto in galera. Di questi casi ne potrei raccontare a centinaia. C’è stato un caso clamoroso di qualche tempo fa. Una signora sul letto di morte chiama suo figlio e confida la verità: “Guarda che tu non sei il mio vero figlio, io ti ho rapito quando eri un bambino da una carovana di giostrai il tal giorno, il tal mese e il tal anno a Colorno in provincia di Parma.” Io mi ricordo quando a quella famiglia di giostrai scomparve quel bambino: io con mio nonno e mio padre e i miei zii siamo andati là sul posto e mi ricordo bene che le carovane erano ferme vicine ad un grande canale. I genitori che piangevano, avevano già chiamato i pompieri sommozzatori che avevano cercato fino ad una chiusa grande che va nel Po e che si divide in tanti canali che vanno sotto il castello. Dopo cinque giorni di ricerche senza nessuna traccia, i pompieri presero da parte un parente per dire: “Purtroppo le chiuse dei canali che vanno sotto al castello avranno distrutto il corpo, in più ci sono pesci grossi da prendere paura: bisogna dirlo al papà ed alla mamma”. I genitori per la sofferenza non sono mai andati più in quel paese. Ecco quello che accade a noi sinti. Io ho parlato con altri sinti di questo fatto bruttissimo: si è saputo che la gagi che ha rapito il bambino, che ora è un uomo, in casa ha tenuto tutti i giornali del tempo che parlavano del bambino scomparso. E questi giornali li teneva tutti nascosti. Sul letto di morte invece ha detto al ragazzo anche dove teneva i giornali, e il ragazzo ha saputo tutta la verità leggendo i giornali, persino il suo vero nome e tutto questo brutto fattaccio. Da noi sinti si ricordava come questa signora, prima di rapire il bambino, tutti i giorni girava attorno alle carovane tutta vestita di nero, con un cappello nero e con intorno un velo, che i sinti quando la vedevano prendevano paura per le idee che una vestita così poteva portare. Il rapimento era successo così: la sorellina aveva preso per mano il fratellino, che era di due anni più piccolo, per andare in negozio a prendere le caramelle. La sorellina gli ha detto “Aspettami qua fuori che ti porto delle caramelle”. Poi quando è uscita il fratellino non c’era più: è andata a casa a dare l’allarme così che sono arrivati i carabinieri. Ai carabinieri i genitori hanno parlato di questa signora, tutta vestita di nero che girava attaccata alle carovane alla sera, ma i carabinieri dissero che dal dolore erano diventati pazzi. Giacomo De Barre, marzo 2007 23 Maschere e riti Un documentario su un rito nigeriano (etnia Ibo) realizzato da Federica Camurri, classe 5D, in collaborazione con Alessia Cuoghi che ha curato l’intervista a Reginald Ihebom, con il coordinamento di Antonella Battilani, in collaborazione con la comunità nigeriana di Modena. Il video (14’) documenta la festa del Ringraziamento, organizzata a Modena nell’ottobre 2006, che intreccia aspetti della religione tradizionale africana con la religione cattolica: è un rito legato alla fertilità della terra durante il quale danze e musiche accompagnano l’apparizione di una maschera dall’aspetto grottesco. Attraverso le interviste a Reginald e a Samuel Umoette si att alcuni aspetti della forza e della potenza evocativa delle maschere, mettendo in evidenza le differenze culturali tra l’Occidente e l’Africa subsahariana. La festa ha anche il duplice scopo di riaffermare il senso dell’identità degli Ibo fuori dalla loro terra e contemporaneamente coinvolge la comunità modenese per favorire la conoscenza del valore trasmesso da culture diverse. Racconto per ombre e colori. la Porta della Pescheria del Duomo di Modena La lettura di un patrimonio artistico è stata sviluppata attraverso un apprendimento basato sul ‘fare’ e con la partecipazione attiva degli studenti: il Duomo non è un monumento da ‘imparare a memoria’, ma diventa un generatore di storie e di narrazioni, una finestra dalla quale affacciarsi e scoprire mondi fantastici, un motore di ricerca dell’immaginazione. Inoltre la ricchezza delle storie dipinte e scolpite e l’inesauribile repertorio di creature e simboli che animano l’architettura ci riportano spesso a mondi lontani offrendoci l’occasione per individuare connessioni con il patrimonio figurativo di altre culture, anche per valorizzare le diverse provenienze dei nuovi cittadini. Per la realizzazione del corto, della durata di 08’ 31, è stata scelta la tecnica orientale del teatro delle ombre per raccontare una storia, anch’essa proveniente da mondi lontani, che la Porta della Pescheria offre ogni giorno ai nostri occhi distratti. Il video è stato realizzato nel 2006 da Federico Manicardi ed Erica Boschetti. design Afrodesign Mondi paralleli Progettazione di elementi d’arredo derivati dall’analisi di materiali e oggetti tipici di culture diverse, a cura di Francesco Gibertini, Francesco Scacchetti, Elisa Davoli, Martina Malavasi studenti della classe 4H, progetto design. Docente: Alberto Artioli Progettazione di oggetti comunicativi 4M, comunicazione visiva Docente: Saverio Giannatempo Dalle relazioni progettuali degli studenti: Gioco dei mondi paralleli: lastra metallica di forma ovale; sagome dei continenti. Le sagome sono fornite di calamite e il giocatore può spostarle per creare mondi paralleli. (Juri Corradi) Dalle relazioni progettuali degli studenti: Questo oggetto è stato ripreso da un manufatto nigeriano in legno intagliato: si tratta di un contenitore decorato usato per trasportare l’acqua. Da ciò deriva l’idea di realizzare una specchiera, tramutando concettualmente l’acqua in vetro e mantenendo invece inalterata la struttura circolare e il materiale. Il legno usato, l’iroko, è lo stesso usato per il manufatto originale. (Martina Malavasi) Cubi corrotti: il gioco consiste nell’assemblare i cubi per formare immagini previste ma anche creare immagini impreviste, nelle quali il giocatore può riconoscersi. (Lia Poggi) Panchina in legno di forma circolare suddivisa in otto parti, componibili in diverse forme. Il legno Afrormosia è una valida alternativa al teak, in quanto anch’esso è molto resistente agli agenti atmosferici. Il motivo decorativo a linea spezzata è uno dei simboli caratteristici della civiltà Dogon del Mali. (Francesco Gibertini) 24 Anche la progettazione di un semplice oggetto come un bollitore richiede conoscenze, capacità di ricerca e in generale un approccio culturale e una metodologia analitica su cui innestare la successiva sintesi creativa. La cultura dell’incontro Progettazione di oggetti legati all’uso quotidiano, attraverso cui rinvenire rapporti tra forme, decori, materiali e usi rituali. Classe: 4L design ceramico Docenti: Rita Secchia, in collaborazione con Italo Consorti e Felice Perna, con la partecipazione di Zighereda Tesfamariam La ricerca ha riguardato la produzione ceramica, in particolare dell’Africa (Eritrea) e dell’America meridionale (Argentina) per gli aspetti attinenti alla storia delle produzioni tipiche, dei soggetti, delle tecniche, dei decori e dei colori. La classe ha condiviso gli incontri preparati dalle rappresentanti dell’Associazione Donne nel mondo (cfr. pag. 17) nel corso dei quali gli studenti hanno realizzato fotografie degli oggetti usati per il rito eritreo del caffè, una elaborata cerimonia che è metafora dell’ospitalità e dell’accoglienza, animata con vivacità da Zighereda Tesfamariam; dalle fotografie si è ottenuta una lettura-rilievo del bollitore per caffé, per la successiva rappresentazione in proiezioni ortogonali dell’oggetto. Nel laboratorio di formatura e foggiatura si sono effettuate prove di realizzazione del bollitore per caffé e di semplici oggetti di uso comune con foggiatura al tornio ed applicazione di decori graffiti della tradizione africana. Nel laboratorio di tecniche decorative si sono sviluppate le prove di rivestimento, colorazione e cottura di oggetti ceramici con le tecniche e i colori (non industriali) della tradizione africana, sperimentando le indicazioni riportate su testi di documentazione; con l’aiuto dell’insegnante di inglese si è tradotto un testo sulla lavorazione della ceramica in Africa. Gli studenti sono stati particolarmente coinvolti, interessati e disponibili nell’interagire durante gli incontri con le rappresentanti dell’Associazione Donne nel Mondo e anche per le realizzazioni di laboratorio, in particolare per la sperimentazione di tecniche di foggiatura e di decorazione diverse da quelle usuali. 25 Rilevo del bollitore e rappresentazione dell’oggetto Sotto: foggiatura al tornio dei bollitori e sperimentazione di tecniche decorative Realizzazione di oggetti diversi con graffiti Il bollitore: prima cottura laboratorio interculturale Esseri umani multidimensionali o creature a un’unica dimensione? sei frecce indicanti sei spazi, da riempire con i corrispondenti elementi caratterizzanti la propria persona. In un momento successivo è stato chiesto agli allievi di eliminare progressivamente i vari elementi, fino a mantenerne uno soltanto. A questo punto il confronto si è concentrato sulle emozioni provocate dalla precedente operazione di tagli progressivi. Nella quasi totalità dei casi è uscita una reazione di disagio, malessere, abbattimento, rabbia, rifiuto, non riconoscimento di sé. Con l’aiuto di brani tratti dal libro di Amartya Sen “Identità e Violenza” ho ampliato la rflessione sulle loro diverse appartenenze e sulla pericolosità del classificare gli altri unicamente sulla base della religione o della cultura, in quanto fonte di conflitto potenziale nel mondo contemporaneo. Infine, per agganciare le conclusioni ad un elemento più concreto, possibilmente in grado di suscitare emozione, ho proposto un’ elaborazione cartotecnica tridimensionale, rappresentante la loro identità, illustrata dai singoli ragazzi con tecniche grafiche di loro scelta, che potesse risultare schiacciata con un semplice movimento, tendente a rendere l’analogia con le situazioni in cui etichettiamo gli altri o ci sentiamo etichettati per un unico aspetto, in cui non ci riconosciamo, pur rappresentando una parte di noi. “Le prospettive di pace nel mondo contemporaneo possono nascere dal riconoscimento delle nostre tante identità comuni e nel ricorso alla discussione ragionata in quanto semplici abitanti di un vasto mondo, invece di fare di noi stessi tanti detenuti rigidamente imprigionati in angusti contenitori.”(A. Sen) Classi: 3G, 3M, 4M, grafica e comunicazione visiva Docente: Anna Maria Janni Janez Si è tentato un approccio al tema dell’intercultura per riuscire ad aprire una prospettiva nuova, decentrando il punto di vista, affrontando in modo critico termini e problematiche finora dati per scontati. Dati i limiti istituzionali dell’insegnamento della religione “cattolica”, gli alunni avvalentisi sono solo una parte delle classi; spesso non coincidono con coloro che si presentano come credenti, ma raramente presentano esperienze religiose non cristiane e altrettanto raramente sono migranti. Di conseguenza viene a mancare la ricchezza della diversità e del confronto. Altra difficoltà è rappresentata dall’età degli allievi, che vivono un periodo di forte conflittualità o di indifferenza rispetto al tema “religione-religioni”, e che faticano a raccontarsi e a confrontarsi su di esso. Pertanto ho pensato che fosse particolarmente interessante, proprio dato il contesto della lezione di religione, ridimensionare l’”ottica religiosa” all’interno di un quadro variegato di altri aspetti, riguardanti l’identità degli individui e dei popoli, ed invitare quindi i ragazzi a riflettere sul tema della multidimensionalità degli esseri umani, a partire dal confronto sulla loro stessa identità. Dopo una breve conversazione iniziale sul loro concetto spontaneo di multidimensionalità, ho proposto un primo “esercizio”: in piedi, riuniti a un lato dell’aula, ho chiesto loro di raggrupparsi a seconda delle mie richieste, su possibili caratteristiche di tipo anagrafico, esperienziale, di interessi e passioni personali, di carattere, ecc. Ne sono risultate appartenenze a diversi raggruppamenti, a volte con alcuni compagni, a volte con altri. Il secondo esercizio richiedeva invece la costruzione personale, fatta su un foglio, di uno schema con al centro il proprio “io” e intorno 27 Diana Fresta Nell’anno scolastico 2006-2007 il progetto MOlteplice ha ricevuto un finanziamento regionale per le azioni a sostegno di misure per l’antidispersione scolastica e di formazione del personale (Delibere di Giunta regionale n. 1397/06 e n. 1953/06 Rif. 2006-1039/Rer). In particolare è stato selezionato per la valorizzazione le capacità espressive degli studenti, con particolare riferimento allo sviluppo di linguaggi espressivi molteplici, volti a integrare le diversità culturali e favorire il benessere a scuola. Complessivamente le classi coinvolte sono 11, mentre altre 8 classi hanno aderito attraverso la partecipazione di gruppi o singoli per la natura degli interventi didattici e per la tipologia dei prodotti realizzati. Sono stati coinvolti 314 alunni, 89 maschi, 225 femmine, 28 studenti stranieri, 6 allievi diversabili. La scuola dedica il quaderno alla memoria di Sara Hamid, studentessa sedicenne scomparsa tragicamente il 31 ottobre 2007. Sara ha saputo mettere a disposizione le tradizioni e la cultura del suo paese d’origine con l’entusiasmo e l’intraprendenza che le erano proprie, lasciandoci una sensibile traccia della sua umanità. Si ringrazia il dirigente scolastico dell’Istituto d’Arte, prof. Eugenio Sponzilli per il pieno appoggio all’iniziativa, il personale della segreteria amministrativa Paola Zoboli e Lorenza Benzi e tutti coloro che a vario titolo hanno collaborato, rendendo possibile la piena attuazione del progetto, in particolare: Associazione Akilibò Grazia Ansaloni Michelina Borsari Memi Campana Casa delle Culture Giacomo De Barre e famiglia Daniela Giuliani, Luca Puggioli, Lucia Bosi, Centro Stranieri Comune di Modena Gruppo di danza Ibo della Nigeria Orientale Roberta Golfieri Lilya Hamadi Rita Malavolta Saneo Mbaye e Abdoul Mbaye Enrico Messora, Gruppo Cooperativo Oltrelab Thomas McCarthy, Ghanacoop Samuel Umoette Reginald Ihebom e la comunità nigeriana di Modena Mauro Manfredini Moka: Margherita Barbieri, Annalisa Donà Francesco Botti Memo, Multicentro Educativo Modena Mara Montorsi Museo della Figurina di Modena Marcello Neri Guido Sirri, Consorzio Il Mercato Emanuela Spaggiari Carlo Stagnoli Luciana Torricelli, Assessorato all’Istruzione Comune di Modena La famiglia Triberti Marzia Zoboli Progetto grafico: Antonella Battilani Stampato nel mese di febbraio 2008 da TEM Produzione del dvd: Studio Moka Immagine di copertina: Armando Buonanno, (si ringrazia Jason Sagmayao); le immagini delle pagine introduttive sono di Stefano Gardinali e Olimpia Quartieri.