quaderno

Transcript

quaderno
istituto statale d’arte a. venturi modena
molteplice
un percorso di ricerca sulla cittadinanza attiva e l’intercultura
La collana dedicata ai progetti di ricerca didattica è stata avviata nel 2000,
a cura dell’Istituto d’Arte: il primo quaderno,“Lasciate una traccia del vostro
passaggio”, si è occupato di progettazione del libro - in particolare del
libro d’artista - e di storia della scrittura, il secondo, “Immagine>Parola”,
ha approfondito la dimensione figurativa della scrittura. Il terzo quaderno
documenta un percorso che è ‘molteplice’ per definizione e per intenti:
l’obiettivo principale è quello di avviare gli adolescenti alla comprensione
dei mutamenti identitari generati dall’intreccio ibrido ed eterogeneo delle
culture locali e quelle dei migranti. La molteplicità è il concetto chiave che
attraversa il percorso, ponendosi sia come modalità di interpretazione della
propria identità sia come articolazione espressiva del linguaggio visuale,
dall’illustrazione al video al reportage fotografico, con cui raccontare storie,
fiabe, luoghi, oggetti con lo ‘sguardo dell’altro’.
Hanno partecipato i docenti:
Alberto Artioli, progettazione (progetto design)
Antonella Battilani, progettazione grafica, coordinatrice del progetto
Annamaria Janni Janez, religione
Paola Macchi, progettazione grafica
Maria Menziani, laboratorio (grafica e comunicazione visiva)
Antonella Molinari, progettazione grafica
Gennaro Pisco, progettazione grafica
Rita Secchia, progettazione (design ceramico)
Andrea Tedeschi, progettazione grafica
In collaborazione con:
Francesca Banzi, laboratorio (grafica)
Alessandra Bergamini, laboratorio e discipline pittoriche
Anna Lisa Campioli, laboratorio (comunicazione visiva)
Luigi Cappelli, laboratorio (grafica)
Italo Consorti, laboratorio (ceramica)
Daniela Dallari, chimica e tecnologia
Saverio Giannatempo, discipline geometriche
Eugenia Martini, laboratorio (grafica e comunicazione visiva)
Margherita Mantovani, discipline pittoriche
Stefano Meschiari, discipline geometriche
Felice Perna, laboratorio (ceramica)
Alessandra Zagni, laboratorio (grafica)
Molteplici sguardi e pensieri; molteplici storie e viaggi; molteplici idee e visioni del
mondo; molteplici narrazioni di sé. In un mondo senza centro nel quale il globale
si mescola al locale ed il locale si delocalizza in luoghi improbabili, quella della
molteplicità è forse la cifra con cui la scuola può opportunamente accostarsi alle
molteplici presenze che accoglie. La presenza di ragazzi venuti d’altrove costituisce
ormai un dato strutturale nella città e nella scuola e impone a tutti - decisori politici,
insegnanti, intellettuali, cittadini - di assumere le responsabilità conseguenti.
Tre sono, a mio parere, le idee forti di riferimento che dovrebbero orientare queste
scelte. Le politiche per l’immigrazione e l’accoglienza vanno affrontate in termini di
diritti e non di pubblica sicurezza: diritti, pur tutti, al voto, al lavoro, all’istruzione,
alla salute, alla casa.
Al minorenne straniero deve essere riconosciuta la prevalenza giuridica dello stato di
minore su quello di straniero: egli è cioè, prima di tutto, un bambino o un ragazzo e
deve poter usufruire delle tutele e dei diritti che questa condizione impone.
L’approccio interculturale alla costruzione del sapere è l’unico, tra quelli oggi
conosciuti, che sa porsi come evolutivo e coerente rispetto a una società
multiculturale ma ancora statica.
Chi conosce il mondo della scuola dall’interno può facilmente comprendere che le
esperienze presentate in questo volume e costruite attraverso laboratori di ricerca,
dei linguaggi e progettuale, si muovono nella cornice definita da queste idee che
suggeriscono pratiche educative attente alle persone, alle relazioni, alle differenze,
alle specificità, alla concretezza, al fare come luogo simbolico dell’essere e del
lasciare traccia di sè.
Chi conosce il mondo della scuola dall’interno può facilmente comprendere che ciò
è possibile se la scuola - come avviene in questo caso – si apre al territorio e sa
cogliere da esso, valorizzandoli, i saperi informali, storicizzati, contestuali.
Quando la scuola lavora così, libera le energie dei ragazzi accompagnandoli nella
costruzione delle identità e degli apprendimenti, pur senza negare le loro vulnerabilità
che sono, ancora una volta molteplici. Un adolescente oggi è comunque, italiano
o straniero che sia, ponte e lacerazione: rispetto alla cultura di provenienza, alla
cultura dominante, alla cultura del pensiero unico, alla cultura degli adulti…
E nel caso di adolescenti stranieri ci sono altre vulnerabilità. Se sono nati in
Italia hanno sperimentato non di rado carenze di cure connesse alla assenza di
reti familiari di supporto. Se sono ricongiunti hanno vissuto il doppio distacco
dal/dai genitori partiti dal paese e successivamente dalle figure che si sono occupate di loro nel periodo di lontananza dei genitori. Se sono profughi o rifugiati
hanno sperimentato, oltre che la violenza, la guerra o la fuga anche un’esperienza
di rottura drammatica rispetto alla propria storia. Se infine sono minori non accompagnati, oltre alla perdita di ogni riferimento sociale ed affettivo, vivono sulla
propria pelle la necessità di produrre reddito per sé e per altri rischiando di scivolare nelle aree della marginalità o della devianza.Ma occorre avere sempre presente
che il rapporto con tutti gli studenti è complesso non tanto per questioni astrattamente interculturali o intergenerazionali, ma per questioni interpersonali: sono
infatti le persone più che le culture ad incontrarsi nella concretezza dei rapporti.
Ed è evidente che incontrare ragazzi di cui non conosciamo la storia complessa, di
cui non comprendiamo fino in fondo le contraddizioni, a cui non siamo in grado
di “dare parole” è difficile e faticoso. Il lavoro documentato da questo volume ci
dice però che questo incontro, se è autentico e rispettoso, può generare linguaggi
nuovi, bellezza, fiducia e crescita in ciascuna delle molteplici direzioni che una
vita, degna di essere vissuta, sa indicare.
Adriana Querzè Assessore all’Istruzione, Politiche per l’Infanzia,
Autonomia Scolastica e Rapporti con l’Università
In Italia spesso si considera l’immigrato come un intruso e si collega la presenza
degli stranieri unicamente al tema della sicurezza e della paura. Occorre invece
accettare l’idea di avere il mondo in casa, una ricchezza che forse non tutti sono
pronti a vedere e a capire. In un mondo molteplice dove convivono tante culture,
etnie, popoli non c’è posto per una mentalità chiusa. Conoscere chi ti sta accanto
fa vivere meglio tutti. Non ci vuole molto, basta non girarsi dall’altra parte quando
il colore della pelle o la lingua di quello che ti sta parlando non è la tua.
La conoscenza ci renderà liberi. Liberi dai pregiudizi.
Liliana Bushi, Comunità Albanese di Modena
“… Scrivere è cercare di guardarsi allo specchio del nostro divenire, alla luce del nostro presente e del nostro passato, è rimettere l’essere umano al centro delle nostre
preoccupazioni…” Scrivere, interpretare e valorizzare l’essere umano attraverso
lo sguardo dei giovani è ciò che propone questo quaderno e il progetto intrapreso dall’Istituto d’Arte. La percentuale di migranti presenti a Modena ha ormai
raggiunto la soglia del 10% della sua popolazione; tale soglia è da considerarsi
critica per una integrazione senza problemi. Questo progetto focalizza la propria
attenzione sulla nostra città in relazione alle tematiche dell’integrazione, ponendo la stessa quale obiettivo primario. Non si tratta di un percorso a senso unico:
sia i migranti sia i cittadini italiani tendono verso un modello che mira, attraverso
lo strumento dell’incontro, ad esaltare i punti di contatto, a capire e smussare le
differenze. Diversi ma uguali è uno slogan di non facile comprensione, ma è su di
esso che si basa il nostro futuro. Molteplici sguardi, molteplici culture, molteplici
linguaggi, molteplici religioni, ma un solo punto di riferimento: l’essere umano.
Un vecchio detto recita: “Per stare bene al mondo, bisogna conoscere il mondo”.
Se lo penso riferito all’immigrazione credo che non si parli solo di conoscere culture
ed etnìe diverse, spesso pittoresche, curiose e così diverse fra loro, ma, prima di
tutto, riuscire ad accettarle; cercare di approfondirle, capire ogni essere umano,
le difficoltà della sua scelta di vita, la storia che si porta dietro e i motivi che
determinano le sue reazioni e i suoi comportamenti.
Non giriamo lo sguardo: molti cittadini lo fanno, chi per pigrizia, chi per difficoltà,
chi per mancanza di tempo.
Spalanchiamo gli occhi, guardiamoci intorno, e cerchiamo di capirlo, il mondo. In
fondo, se è bello lo è perché è pieno delle diversità dei singoli… e quindi anche noi
immigrati rendiamo questa città, e anche l’Italia, un po’ più belli!
Cécile Kashetu Kyenge, Associazione DAWA
Ewa Weremij, Leader Comunità Polacca Provincia di Modena
Thomas McCarthy, Presidente Ghanacoop e dell’Associazione Nazionale del Ghana
L’iniziativa che propone il progetto del Venturi è a mio avviso un esempio di integrazione che può aiutare la conoscenza verso culture, tradizioni, lingue, religioni, comportamenti diversi. Credo che sia proprio la scuola oggi a svolgere un ruolo centrale
per l’integrazione: a Modena è infatti il luogo dove il 35% dei figli degli immigrati,
nati qui, possono incontrarsi e progettare un futuro multicolore e interculturale.
Ci auguriamo anche che nella nostra città e, più in generale nell’intero paese, vi sia
sempre maggior attenzione verso le politiche rivolte alla realizzazione di una vera
integrazione e che vi siano i necessari investimenti culturali ed economici: il nostro
mondo globalizzato può solo arricchirsi se è un mondo di diversi, ma uguali.
L’incrocio fra storie, culture e persone diverse può produrre un paese
felice, oppure un inferno di domini separati e fortificati: l’Italia ha
bisogno degli stranieri, ma ne ha timore, anche per la quantità degli
arrivi, considerando che nell’arco di un secolo il paese campione
dell’emigrazione è divenuto il leader dell’immigrazione.
Il cambio di rotta culturale e sociale deve essere evidente a tutti:
non basta che “le varie comunità si configurino come un parcheggio
dove le auto sono accostate, ma non si mescolano. In una società
multiculturale ognuno vive accanto all’altro e lo osserva.” Magari
si allestiscono mostre e festival su mondi ‘altri’ e si osservano usi
e tradizioni come turisti con la mania dell’esotico, con l’effetto
di considerare le diverse culture come gabbie. Dimenticando
che anche noi stessi non siamo il prodotto della
nostra cultura d’appartenenza, ma che
“ciascuno di noi è l’effetto di continue
contaminazioni. Non è la multiculturalità a
definirci, ma l’intercultura: una condizione
consapevole dell’ibridazione” dove oggetti,
cibi, letture, musiche, espressioni artistiche
e modi d’essere coabitano in un ordine
felicemente incerto e casuale (da “Siamo
italiani” David Bidussa, Chiarelettere 2007).
Continueremo ad esistere “se si riuscirà
ad armonizzare il consueto con l’esotico,
se il presente affonderà nel passato per
suscitare un futuro aperto ma integrato,
per un agire fondato sulla tradizione
e coniugato con il mutamento” (da
“Il mondo in casa”, Luigi Caracciolo,
Limes 2007).
A Modena l’immigrazione da Paesi extra-UE è un fenomeno
relativamente recente, ma rilevante per consistenza e rapidità di
sviluppo. Infatti, nonostante esso sia iniziato soltanto alla fine
degli anni ‘80, i residenti stranieri nel territorio provinciale
costituiscono oggi una considerevole porzione della comunità locale.
Solo negli ultimi anni si è iniziata a sperimentare una presenza
significativa di minori figli di immigrati nelle scuole secondarie di
secondo grado destinata a crescere nel futuro immediato: all’Istituto
d’Arte stesso la presenza di alunni stranieri è in costante aumento.
In generale il contesto locale non è caratterizzato da conflittualità
violente o situazioni di estrema esclusione sociale, ma sono evidenti
alcuni segni di potenziale disagio: i giovani ‘stranieri’ tendono a
frequentare le scuole meno qualificanti, a evitare la partecipazione
alla vita associativa e civica e non conoscere le istituzioni locali.
La molteplicità, la complessità e l’instabilità dell’attuale quadro
sociale e culturale non devono però essere pensate come
caratteristiche negative, ma come qualità che possono aprire nuovi
scenari culturali, distruggere stereotipi, creare nuove possibilità
espressive, nuovi orizzonti d’incontro, di scelta, di libertà e di
autodeterminazione. Occorre che si impari a rapportarci e ad
interagire con nuove identità nomadi, temporanee, e flessibili:
l’incertezza della più generale condizione giovanile può essere una
risorsa educativa che anche la scuola può sperimentare dopo che
la riflessione filosofica postmoderna (Deleuze, Guattari, Lacan)
ha disintegrato ogni stabilità di significato e, comunque, fatto
crollare l’idea di una interpretazione stabile della realtà.
L’obiettivo principale del progetto è quello di contribuire a
creare una ‘società dell’immigrazione’ aprendo un confronto fra
adolescenti appartenenti a più culture per promuovere nuove
forme di partecipazione alla vita della città, fondate sulla
complessità dei contesti contemporanei, prevenendo la loro
marginalizzazione dalla vita politica e sociale locale, ma, al
contempo, evitando di proporre un processo integratore che
appare sempre più utopico e irrealizzabile.
Fase 1. Il laboratorio
della ricerca
Molteplicità dunque come modalità di interpretazione del sé e della
propria identità, molteplicità come incontro e ascolto dell’altro e
infine molteplicità come varietà di linguaggi artistici ed espressivi:
il percorso traduce operativamente tali concetti nella produzione
di storie, fiabe e racconti raccolti attraverso ricerche personali
degli studenti coinvolti o scaturite dalla conoscenza di esperienze
artistiche ed espressive appartenenti ad altre culture, ampliando
la visione della storia dei fenomeni estetici, ancora proposta con uno
sguardo troppo ‘eurocentrico’.
L’attività di ricerca delle classi
coinvolte ha attraversato ambiti
specifici e differenziati, identificati anche
attraverso la discussione con gli studenti
stessi: l’attività è gestita prevalentemente
dai docenti di materie artistiche e in
particolare il percorso coinvolge discipline
progettuali e laboratori.
A partire dai materiali narrativi
(fiabe e favole, trascrizioni di
narrazioni autobiografiche) e
dalle produzioni estetiche
di altri paesi si innervano
le singole ricerche visive:
ad esempio, i decori
tradizionali dei tessuti o di
manufatti africani diventano
materiali di ricerca per oggetti
d’uso o materiali narrativi per fiabe
o progetti di libri illustrati).
In questa fase ogni studente,
individualmente o a piccolo gruppo,
definisce il proprio obiettivo di
lavoro e ipotizza un progetto
attraverso cui organizzare
tempi, spazi e necessità varie.
Il mondo artistico - progettuale, da quando l’arte è un fenomeno
sociale diffuso è, attualmente, un mondo popolato di parole plurali:
la costruzione di un percorso che metta a contatto gli studenti con
una grande varietà di produzioni artistiche, anche provenienti da
esperienze diverse e lontane, può costituire un vaccino contro ogni
visione uniforme del mondo.
Attraverso la pedagogia dell’ascolto, che percorre ogni momento
del progetto e ne è l’anima metodologica, si propongono sia le
lezioni frontali sia i laboratori, cioè i momenti operativi in cui si
sperimentano e si scambiano saperi e competenze: tutti i momenti
dell’educare dovrebbero infatti essere capaci di mettere in risalto
le potenzialità e le differenze di ciascuno, partendo dall’ascolto
reciproco.
I materiali narrativi, le suggestioni estetiche e le ricerche avviate
nella prima fase sono poi rielaborati e proposti attraverso la
‘molteplicità’ espressiva che il linguaggio visuale e progettuale
consente, scelto dagli studenti stessi, a seconda delle loro abilità,
dei loro interessi e delle loro passioni.
Fase 2. Il laboratorio dei linguaggi
Oltre al tema della città sono state declinate altre ricerche più
attinenti ai temi dell’identità, dal volto al corpo, alla maschera,
fino ad un percorso monografico sulla fotografia come laboratorio
multiculturale. Alcuni percorsi fotografici sono presentati in forma
di libro o finalizzati al campo grafico attraverso lo studio
progettuale di artefatti specifici.
I percorsi individuati si traducono in sottoprogetti coordinati
dai docenti di materie artistiche, e destinati alle classi e ai
gruppi coinvolti. In questa fase si sviluppano i vari aspetti
della ricerca, identificati attraverso le dinamiche del linguaggio
visivo, in particolare attraverso l’uso della fotografia, del video,
dell’illustrazione fino alla progettazione di oggetti ceramici e
di arredo.
Molte ricerche si sono concentrate sulle forme artistiche dell’Africa
sub-sahariana, per la loro ricchezza espressiva ma anche per
la presenza di numerosi studenti africani e per la particolare
collaborazione con le cooperative sociali Ghanacoop, Arcadia e
Oltrelab, che hanno favorito il contatto della scuola con
i rappresentanti delle varie comunità presenti in città.
d- Ricerca video: alcuni temi sono stati affrontati mediante la
produzione di documentari e videoclip che, attraverso interviste
e il montaggio di vari materiali visivi, raccontano realtà
particolarmente complesse, dalla storia del mercato cittadino
al racconto di riti africani.
e- Il design: una serie di percorsi di ricerca su materiali e decori
tipici dell’arte africana. Gli studenti sono poi guidati nella
progettazione di oggetti, decori, ambienti attraverso il filtro di altre
culture, che possano produrre una rinnovata coscienza dell’uso di
materiali, forme e strutture.
a- Ricerche grafico-progettuali: dallo studio di un logo per un
prodotto tipico o per un evento rappresentativo della propria terra
d’origine, fino alla produzione di un allestimento narrativo per un
museo dell’immigrazione.
Fase 3. Il laboratorio progettuale
b- Illustrazione: la progettazione di un prodotto editoriale per
bambini, preceduto dall’analisi e dalla scelta di fiabe e favole
africane, offre la possibilità di esercitare tecniche e linguaggi
espressivi diversi.
c-Ricerca fotografica: il percorso si snoda tra le discipline di
progettazione e di laboratorio e propone la ricerca fotografica come
mezzo per per raccontare aspetti della città, dai mercati alle periferie,
attraverso i quali leggere le tracce dei cambiamenti dovuti all’arrivo
di persone straniere. I luoghi sono a loro volta materiale narrativo,
mappa e misura di come gli spazi che abitiamo e attraversiamo
assumono identità.
La fase ha il compito di realizzare e produrre le idee selezionate
nelle fasi precedenti: attraverso momenti di studio, approfondimento
ed elaborazione, quest’ultima fase conduce alla produzione dei
prodotti secondo una precisa scansione dei tempi, usando spazi e
attrezzature a disposizione della scuola.
Più in generale, l’obiettivo specifico della scuola è lo sviluppo di
una cultura del progetto e della capacità di organizzare ricerche, di
produrre artefatti in modo autonomo e con un linguaggio espressivo
personale: il percorso affrontato dà modo di esplorare la pluralità dei
linguaggi attraverso una molteplicità di stimoli culturali, di esercitare
la creatività e l’immaginazione nella loro capacità di ‘fabbricare’
mondi e di dare visibilità alle idee.
Alcune considerazioni
Attraverso la realizzazione di ‘molteplice’ si è avuto un sensibile
miglioramento delle relazioni interne alla scuola, sia tra studenti
(accettazione e valorizzazione delle differenze), sia tra docenti.
In particolare poi il rapporto tra studenti e docenti risulta più fluido
e dinamico grazie al particolare tipo di didattica progettuale, in cui
il docente diviene guida e accompagnatore di un’esperienza creativa
che appartiene ai singoli studenti e/o ai gruppi che partecipano alle
attività e realizzano i prodotti finali.
Un elevato numero di docenti ha partecipato alla realizzazione
del progetto, arricchendolo con una vasta gamma di articolazioni
tematiche: ciò ha determinato una maggiore collaborazione e
un frequente scambio di idee, migliorando così il clima di lavoro
complessivo e la qualità della comunicazione interpersonale.
Lo svolgimento di qualche momento laboratoriale comune ha
permesso il lavoro per classi aperte, con un maggior coinvolgimento
dei partecipanti.
In generale la maggior parte degli studenti ha partecipato in modo
propositivo, aggiungendo apporti personali e mostrando una piena
accettazione delle diversità. Inoltre, grazie alla struttura progettuale
del lavoro e alle necessità di rispettare tempi precisi, si preparano
i ragazzi a confrontarsi con il mondo del lavoro che li attende, pur
in un ambito protetto come quello scolastico, in cui l’errore non è
punito ma valorizzato come percorso esperienziale.
Occorre però migliorare la qualità delle sperimentazioni trasversali
tra gli insegnamenti delle diverse aree disciplinari per valorizzare
le potenzialità di una scuola che si colloca in ambito artistico
- progettuale: il Venturi presenta ancora una notevole frattura tra
insegnamenti di indirizzo e le discipline teoriche e di studio, i cui
docenti faticano a creare un approccio realmente integrato: solo
n qualche caso si registra una partecipazione di docenti appartenenti
ad aree diverse che hanno allargato il proprio campo d’azione.
Si sottolinea inoltre che, per sviluppare in pieno le potenzialità
del lavoro per progetti, occorrerebbe sperimentare lo scardinamento
temporale e logistico del ‘normale’ orario scolastico per evitare
frammentazioni di percorsi e attività.
Infine, la possibilità che gli studenti hanno di esporre alla
cittadinanza e alle varie istituzioni i prodotti del loro operato li
potenzia come singoli e come gruppi, valorizzandone linguaggi e
capacità espressive, facendoli sentire ‘autori’ del proprio percorso:
il contatto con la realtà locale, favorisce occasioni di incontro e di
socializzazione e cerca di contrastare possibili situazioni di disagio.
Uno degli obiettivi del progetto era proprio quello di ribadire la
pratica della ‘costruzione sociale’ degli apprendimenti, rispondendo
anche a sollecitazioni provenienti sia dall’ambiente scolastico sia
da quello extrascolastico, attraverso percorsi, ormai consolidati,
che vedono l’Istituto in stretta relazione con enti e istituzioni
operanti nel territorio.
La città e la realtà esterna alla scuola sono qui considerate
‘territorio educante’ del quale riscoprire dimensioni simboliche
e aprire riflessioni sul significato dell’identità, della memoria e
dell’appartenenza. In tal senso il progetto ha sviluppato numerose
collaborazioni con il territorio e si segnalano le collaborazioni con
il Comune di Modena, Assessorato all’Istruzione,con l’Assessorato
ai Servizi Sociali, in particolare il Centro Stranieri, con la Casa delle
Culture, le cooperative sociali Oltrelab, Arcadia e Ghanacoop, il
Coordinamento provinciale delle Associazioni di Volontariato,
il Centro Servizi per il Volontariato, il Consorzio Il Mercato: ciò ha
favorito mediazioni culturali e supporti organizzativi di vario tipo
senza le quali il necessario contatto tra la scuola, gli studenti e i
rappresentanti delle varie comunità non avrebbe avuto luogo.
indice tematico
Ricerche grafico-progettuali
Storie, favole e racconti
Segni dal mondo
Produzioni varie: libri illustrati, fumetti e video animazioni
Classi: 2G, 5M, 5P, 4E, 4N, 5C, 5D comunicazione visiva e grafica
Docenti: A. Battilani, P. Macchi, A. Molinari, G. Pisco, L. Cappelli,
M. Menziani, A. Tedeschi
Classi: 1D e 1F grafica
Docenti: P. Macchi, A. Bergamini, L. Cappelli, M. Mantovani, D. Dallari
Alla scoperta dei simboli Adinkra
Fotografia
Classi: 4E grafica, 5N comunicazione visiva
Docente: A. Janni Janez
Album di famiglia: un archivio familiare
Classe: 2F grafica
Docente: M. Menziani, in collaborazione con F. Banzi
Consukente esterno: Mara Montorsi
MOlteplice: studio di un logo
L’immagine per un prodotto (Miss Ghananas)
L’immagine per un evento (50° Indipendenza del Ghana)
Percorsi fotografici sull’identità
In collaborazione con Oltrelab e Ghanacoop
Classi: 4P, 4N comunicazione visiva, 5C, 5D grafica
Docenti: A. Battilani, A. Molinari, G. Pisco, A. Tedeschi
Esposizione multipla
Classe 2F grafica
Volti, corpi, maschere, segni
Classi: 3D grafica, 3N com. visiva
Ghanatelei: colori e geometrie
dell’Africa
4M comunicazione visiva
Docenti: A. Battilani, E. Martini,
M. Menziani
Una valigia lunga un secolo: da Ellis Island a Lampedusa
Produzione di un allestimento ‘narrativo’
Classi: 4M comunicazione visiva, 5C grafica
Docente: G. Pisco
Il senso del viaggio
La città che cambia
Classe: 4E grafica
Docenti: P. Macchi, L. Cappelli
La cultura dell’incontro
Classi: 2G, 3G grafica, 4P comunicazione visiva
Docenti: A. Molinari, F. Banzi, S. Meschiari
Referenti esterni: Associazione Donne nel mondo
Progetto a cura di Zighereda Tesfamariam, Maria Elena Murcia
Il Mercato: mondi in città
Tempo reale
Artisti di strada
Classi: 3N, 4M, 5M,
5P comunicazione visiva,
5D grafica
Docenti: A. Battilani,
A. Campioli, M. Menziani
Video
Design
Il mercato: appunti per una storia
Afrodesign
Un documentario sulla storia e i cambiamenti del mercato
cittadino attraverso la voce di alcuni testimoni
Classe: 5D grafica
Docente: A. Battilani
In collaborazione con il Consorzio “Il mercato”
La casa con le ruote: un viaggio tra i sinti modenesi
Un documentario con interviste alla famiglia Triberti
e a Giacomo De Barre
Classi: 3D, 5D grafica
Docente: A. Battilani
In collaborazione con il Centro Stranieri
Comune di Modena
Maschere e riti
Progettazione di elementi d’arredo
derivati dall’analisi di materiali e oggetti tipici di culture diverse
Classe: 4H progetto design
Docente: A. Artioli
Mondi paralleli
Progettazione di oggetti comunicativi
Classe: 4M, comunicazione visiva
Docente: S. Giannatempo
La cultura dell’incontro
Progettazione di oggetti legati all’uso quotidiano, attraverso cui
rinvenire rapporti tra forme, decori, materiali e usi rituali.
Classe: 4L design ceramico
Docenti: R. Secchia
In collaborazione con Zighereda Tesfamariam, Maria Elena Murcia
Un documentario sul rito nigeriano
della maschera
Classe: 5D grafica
Docente: A. Battilani
In collaborazione con la comunità
nigeriana di Modena
Laboratorio interculturale
Racconto per ombre e colori.
La Porta della Pescheria
del Duomo di Modena
Classi: 3G, 3M, 4M, grafica e comunicazione visiva
Docente: A. Janni Janez
F. Manicardi, E. Boschetti,
(cl. 5D 2005-2006)
Docente: A. Battilani
In collaborazione con Memo
Esseri umani multidimensionali
o creature a un’unica dimensione?
Il quaderno presenta una sintesi dei progetti mentre il dvd allegato
permette una visione più esauriente dei vari prodotti realizzati dagli
studenti e offre i necessari approfondimenti dei percorsi più articolati.
ricerche grafico-progettuali
Segni dal mondo
Attraverso la conoscenza del significato del segno scopriamo
e incontriamo l’uomo seguendo le tracce del suo passaggio.
Classi: 1D e 1F grafica
Docenti: coordinamento Paola Macchi
in collaborazione con:
Alessandra Bergamini, Luigi Cappelli,
Margherita Mantovani,
Daniela Dallari.
Finalità educative
- Conoscenza di sé, conoscenza e accoglienza dell’altro
- Conoscenza e rispetto delle altre culture.
Obiettivi didattici generali
- Conoscenza del valore comunicativo di un segno/simbolo/linea
nelle varie discipline
- Capacità espressive, grafiche, pittoriche, tecnologiche
- Capacità tecnico - operative, esecutive, pratiche, tecniche
- Organizzazione dello spazio di lavoro e primo approccio
al metodo progettuale.
Disegno
dal vero
Plastica
Fotografia
Tecniche
grafiche
Storia
dell’arte
Tecnologia
Disegno
professionale
Il segno
è una linea
Il segno
è una
impronta
Il segno
nell’ambiente
Segno/scrittura
Il segno
nell’arte
I supporti del segno
Segno e simbolo
Simboli e culture
L’India e il batik
I segni sulla pelle
Gli ideogrammi
giapponesi
La Cina e l’invenzione
della carta
l’Iran e il telaio
Lascia il segno
La scrittura araba
Pigmenti naturali
e loro estrazione
Alfabeto delle emozioni
10
Simbolo
Disegno dal vero: Il segno è una linea
con il laboratorio di Fotografia
Lettura dell’immagine: il segno come carattere distintivo dell’autore
Attività propedeutiche al disegno: sensibilizzazione della linea
Impariamo a riconoscere la linea nell’ambiente.
Disegno professionale: Segno e simbolo
MODULO 1
Il segno è il punto di partenza del corso di grafica. Gli studenti sono portati
a riflettere sulle molteplici implicazioni, potenzialità comunicative e modalità
espressive del segno attraverso tecniche pittoriche, geometriche, informatiche.
Discipline plestiche: Il segno è un’impronta
con il laboratorio di Fotografia
La manipolazione della creta: le impronte digitali, la forma della mano
impressa, i segni dell’identità.
Attività: Percorso di presentazione storico, sociologico, culturale sul
significato di segno grafico. Percorso di presentazione sul segno e la linea
nelle arti grafiche. Sperimentazione delle possibilità espressive di un segno
astratto. Caccia alla linea.
Fotografia: Caccia alla linea
Ricerca della linea nel paesaggio attraverso la fotografia
Il segno è una linea: indagine fotografica per le vie della città
con Discipline pittoriche
Lascia il segno: le impronte digitale e la forma della mano disegnata con la
luce e con i materiali per la fotografia, creazione della propria impronta
della mano, senza l’uso della macchina fotografica
con Discipline plastiche
Segni sulla pelle: ricerca fotografica su segni proiettati sui corpi per
scoprirne il potere comunicativo.
MODULO 2
L’alfabeto delle emozioni
Segni alfabetici: rapporti sintattici e sematici, Dalla ricerca storica sulle
origini dell’alfabeto fonetico alla creazione di un alfabeto delle emozioni.
Attività: La storia dei caratteri e della scrittura.
Invenzione di un alfabeto delle emozioni ed elaborazione di un ‘abbecedario’.
Laboratorio sulla scrittura giapponese. Laboratorio sulla scrittura araba.
MODULO 3
Simboli e culture
Rapporto segno-significato.
Storia dei simboli, significati dei simboli nella nostra cultura e in altre.
Attività: Percorso di presentazione di simboli africani, loro significato
e utilizzo.
Ricerca sui simboli della nostra cultura e di altre culture.
Laboratorio di Batik (Ghana). Laboratorio di tessitura a telaio (Iran).
Laboratorio sulla creazione della carta. Laboratorio sull’estrazione dei
pigmenti naturali.
Tecniche grafiche: Il segno è una lettera
con Disegno professionale
Il Giappone e gli ideogrammi. Laboratorio di scrittura giapponese.
L’Islam e la scrittura sacra. Laboratorio di scrittura araba.
Alfabeto delle emozioni
Storia dell’arte: Il segno nell’arte
Il segno come carattere distintivo della personalità di un’artista.
Il segno e i simboli nel mondo con Disegno professionale
La Cina e la storia della carta con Disegno professionale e Discipline pittoriche.
MODULO 4
I NOSTRI SIMBOLI
Percorso di presentazione sulla regole della Gestalt e della percezione
Progettazione di simboli pittogrammatici per identificare aule e laboratori
della scuola.
Attività: applicazione del metodo progettuale.
Tecnologia: I supporti del segno
I pigmenti naturali e loro estrazione.
I colori nel mondo e nelle diverse tradizioni.
con Disegno professionale e Discipline pittoriche
11
Alla scoperta dei simboli Adinkra
Classi: 4E grafica, 5N comunicazione visiva
Docente: Anna Maria Janni Janez
Il gruppo della classe 4E, coinvolto durante la lezione settimanale di
religione, nel corso di quest’anno scolastico ha affrontato il concetto
di “Simbolo, carta d’identità dell’uomo”, su cui aveva lavorato negli
anni passati, ampliandolo con la conoscenza dei simboli Adinkra,
desunti dall’antico sistema africano di decorazione delle stoffe.
Alla base della scelta di questi argomenti stanno alcune
considerazioni: la scuola, vista come organismo con al centro le
persone (piuttosto che solo un servizio in funzione di un’utenza), con
la possibilità di accogliere e di ascoltare a condizione di riconoscere
l’alterità come valore e l’incontro come evento arricchente, l’arrivo
di migranti legati a simboli propri per la loro forza di evocazione,
la nostra generale indifferenza per modi di pensare diversi (l’altro
sentito come estraneo),il riconoscimento del diritto per tutti,
autoctoni e migranti, alla libertà religiosa ma anche alla sua visibilità
ed esplicitazione (nel limite del rispetto dei diritti costituzionali,
della dignità della persona, della memoria, dell’integrità fisica),
la centralità del simbolo non solo nello spazio del sacro e del
religioso, ma anche del pubblico e della vita quotidiana (il modo in
cui preghiamo, facciamo festa, ed anche come mangiamo, come ci
vestiamo), la consapevolezza di un possibile arricchimento per tutti
nella reciproca conoscenza e nella esperienza dei simboli di diverse
culture, tenendo conto del modo dinamico di guardare la realtà
da parte delle persone che oggi si muovono da un paese all’altro
(compresi i nostri giovani verso altri paesi), la necessità di preparare
il terreno, cioè le mentalità e gli atteggiamenti, per una convivenza
nel rispetto e nelle promozione della compresenza dei simboli nostri
e degli altri, nell’ottica di un dialogo interculturale ed interreligioso,
per costruire insieme il futuro di tutti.
Nel primo incontro, proposto come laboratorio di comunicazione
espressiva, sono state presentate senza spiegazioni immagini
simboliche sconosciute (simboli adinkra).
Gli allievi, affascinati dalla loro bellezza, sono stati quindi invitati
a sceglierne tre in base alla suggestione personale e ad elaborarne
una composizione grafica personale.
Nel secondo incontro ciascuno di loro ha spiegato le motivazioni
della propria scelta ed i significati attribuiti ai simboli selezionati.
Al lavoro di classe era stato precedentemente invitato un allievo
di origine ghanese della classe 5N, Daniel Yeboah Amankwaa, che
ha illustrato i significati reali di alcuni simboli adinkra, tramandati
da secoli di padre in figlio dal popolo Ashanti, e ne ha raccontato
il contesto di utilizzazione. Di fatto i simboli adinkra sono circa
quattrocento, con continue aggiunte di nuovi elementi elaborati
dalla vitalità della tradizione artigianale, quasi una sorta di
alfabeto simbolico in continua costruzione. Gli alunni di 4E sono
poi intervenuti chiedendo chiarimenti ed ulteriori informazioni,
particolarmente incuriositi dalla scoperta di quale significato
corrispondesse ai simboli prescelti.
Nel terzo incontro è stato proposto il laboratorio di body painting,
per stabilire un contatto, un legame con il popolo Ashanti, con
l’Africa in generale e con se stessi, durante il quale gli allievi,
divisi a coppie, hanno dipinto sul corpo del compagno l’immagine
da lui stesso elaborata. Nell’ultimo incontro si è partiti nuovamente
dalla scelta di un simbolo, consapevoli questa volta del suo
significato reale, ed ognuno ha raccontato ai compagni un episodio
della sua storia personale collegato a quel simbolo. Si è passati infine
ad un feedback conclusivo, con la raccolta dei pareri dei ragazzi,
che hanno apprezzato questa “esplorazione simbolica” di una delle
massime espressioni della saggezza e dell’arte degli Ashanti ed hanno
scoperto di poter raccontare se stessi attraverso questi simboli.
MOlteplice: studio di un logo
L’immagine per un prodotto (Miss Ghananas)
L’immagine per un evento
(50°Indipendenza del Ghana)
Classi: 4P, 4N comunicazione visiva, 5C, 5D grafica
Docenti: Antonella Battilani, Antonella Molinari,
Gennaro Pisco, Andrea Tedeschi
Ad alcuni studenti di classi diverse è stato affidato il compito
di ideare applicativi grafici tesi a pubblicizzare i prodotti di un
prodotto etnico (Miss Ghananas) commercializzato da Ghanacoop,
appartenente al gruppo cooperativo Oltrelab, uno dei partner del
progetto che ha favorito la mediazione con persone appartenenti
a diverse comunità. Inoltre la stessa cooperativa ci ha proposto di
realizzare la grafica per l’indipendenza del Ghana, favorendo
così la conoscenza di avvenimenti storici di un paese dal quale
provengono buona parte degli studenti stranieri del Venturi.
Tali progetti sono da intendersi come una introduzione propedeutica
verso temi interculturali che in seguito sono stati maggiormente
approfonditi, un’esercizio grafico per riflettere sulle dinamiche
e sugli stili ‘comunicativi’.
Il percorso propedeutico alla ricerca ha previsto inoltre una
visualizzazione grafica di alcuni termini chiave: viaggio,
accoglienza, diversità, molteplicità, reciprocità, integrazione,
vincolo, permettendo così di rintracciare e di rendere
consapevoli gli studenti degli stereotipi culturali di cui spesso
facciamo uso senza rendercene conto.
Molteplice: studio di un logotipo.
Giulia Cavaliere, Sara Campani,
Luana Verucchi, Nicole Ciamaroni.
13
Una valigia lunga un secolo:
da Ellis Island a Lampedusa
almeno 26 milioni di italiani.
Un secolo dopo è un’altra isola, Lampedusa, ad essere teatro di
un’ondata migratoria che porta con sé le medesime sofferenze e le
stesse speranze.
La ricerca interpreta per immagini e per suggestioni visive condensati
in una serie di pannelli, realizzati con tecniche pittoriche, ciò che
molti poeti, scrittori e registi (da Joseph Roth a Ignazio Silone
fino al Nuovomondo di Crialese) ci hanno raccontato: le immagini
ci restituiscono i grumi dolorosi del viaggio di una umanità senza
tempo in cui ognuno si può identificare e i cui spostamenti creano
luoghi e società multietniche tuttora difficili da riconoscere ed
accettare.
Classi: 4M e 5C, comunicazione visiva e grafica
Docente: Gennaro Pisco
Un percorso per ricordare le sofferenze di tutti coloro che furono
costretti ad abbandonare il proprio paese: gli italiani, infatti, non
devono dimenticare di essere stati emigranti e solo in questo modo
possono comprendere le ragioni che spingono gli altri a cercare in
Italia e in Europa condizioni di vita migliori. Ellis Island, chiamata
l’isola delle lacrime, per oltre sessant’anni (dal 1892 al 1954) ospitò
una grande massa di emigranti: in un secolo si conta l’arrivo di
14
Disegno di
Maria Elena De Villaris
Il senso del viaggio
Estetica del viaggio
Ogni studente viene invitato a riflettere sull’idea del viaggio e sul
significato di esperienza estetica, usando soprattutto il cinema come
riferimento (Viaggio a Khandahar, I diari della motocicletta, Monsieur
Ibhraim e i fiori del Corano, Powaqqatsi, 2001 Odissea nello spazio...)
scrivendo una breve descrizione del viaggio che ogni giorno devono
compiere per venire a scuola, proponendo una riflessione sulle
modalità di scrittura come esercizio di esplorazione estetica del reale.
L’esercitazione può anche essere realizzata mediante un diario
fotografico che registri le esperienze del risveglio e dell’inizio della
giornata.
Classe: 4E grafica
Docenti: Paola Macchi, in collaborazione con Luigi Cappelli
Nel nostro immaginario l’idea di viaggio è sinonimo di vacanza, di
luoghi esotici da visitare, di fuga dalla realtà, mentre dai luoghi
esotici e da altri mondi approdano sulle nostre coste migliaia di
disperati che fuggono dalla propria terra in cerca di una vita migliore.
Il senso del viaggio è comunque molto di più di un giro alle Maldive
o della settimana bianca: è il passaggio da uno stato all’altro, da un
luogo all’altro, da una condizione all’altra. Il viaggio è anche uno
stato d’animo, è la ricerca di se stessi e della propria identità.
Tema progettuale
Si chiede la progettazione di un artefatto comunicativo sul tema
dell’intercultura, pensata anche come installazione interattiva che
deve poter essere percorsa e sperimentata da un pubblico di
bambini e adulti.
In particolare si richiede l’approfondimento del tema del “viaggio”
con tutte le possibili direzioni di senso che si vogliano estrapolare
(viaggio come fuga dalla realtà, come scelta migratoria, viaggio
interiore, viaggio come speranza di vita, viaggio nella storia, etc.).
Il progetto, realizzabile con qualunque dimensione o tecnica, deve
potere essere trasportabile, ripetibile, realizzabile. Si richiede
una prima indagine esplorativa delle ipotesi operative attraverso
l’esecuzione di schizzi, bozzetti, testi, etc.
Il percorso proposto agli studenti parte dalla loro realtà quotidiana
di pendolari per poi allargare lo sguardo sul senso più ampio del
viaggio, passando in modo privilegiato dall’esperienza dei sensi,
quella che il corpo e la mente interiorizza più profondamente perché
coinvolge la nostra memoria e la nostra identità. Le esperienze
personali vengono integrate da approfondimenti relativi al mondo del
cinema e dell’arte (le mappe come luoghi antropologici, il paesaggio
nell’arte) dal punto di vista esecutivo, l’obiettivo finale è la
costruzione di un evento comunicativo che possa essere proposto alla
città, e in particolare ai bambini delle scuole primarie e secondarie
di primo grado: laboratori simili vengono proposti in occasione
del FestivalFilosofia che si svolge ogni anno a Modena e che già
dalle prime edizioni ci ha visto coinvolti fattivamente in laboratori
dedicati ai bambini.
Mediante tale proposta si intende approfondire la capacità di
sviluppare riflessioni e percorsi culturali trasversali a più discipline
e, nello specifico della sezione di grafica, le capacità progettuali
mediante l’uso di varie tecniche espressive e lo sviluppo di
modellizzazioni tridimensionali.
15
I progetti realizzati
Leyla (progetto per un cortometraggio).
Una ragazza filippina si trasferisce in Italia con la famiglia, ma
l’inserimento in classe fra i ragazzi italiani non è dei migliori. Per
fortuna trova un’amica che l’aiuterà nel farsi accettare.
Il divino viaggio (prodotto interattivo multimediale).
Un viaggio attraverso gli elementi naturali, terra, acqua, aria, fuoco,
paragonato al viaggio di Dante Alighieri.
La Sicilia: un popolo accogliente (percorso interattivo). La Sicilia,
da sempre crocevia di popoli rappresenta un esempio di integrazione.
e accoglienza. Un percorso storico- artistico che culmina con una
riflessione sui centri di accoglienza per stranieri di Lampedusa.
Gli ambienti della terra (percorso interattivo).
Percorso dei sensi attraverso gli ambienti naturali del nostro pianeta.
La valigia dei sogni (valigetta laboratorio per le scuole).
Kit di scoperta degli altri mondi per i viaggiatori virtuali. L’oggetto
realizzato è un prototipo da offrire alle scuole contenente un
concentrato di stimoli sensoriali (musica, profumi, materie, etc)
che aiutano ad evocare atmosfere di diversi paesi e continenti.
Viaggio nello spazio (allestimento interattivo). Il sogno di ogni
uomo è la conquista dello spazio: l’oggetto realizzato è un prototipo
di un’aula laboratorio che dovrebbe simulare la struttura della nostra
galassia per la navigazione fisica.
Un due tre… per le vie del mondo (percorso espositivo).
Camminando su un planisfero viaggiamo alla ricerca di nuovi mondi
Dimmi chi sei (Mostra sulle culture legate ai continenti). Cinque
continenti, cinque mondi da scoprire.
Le scatole dei ricordi (gioco). Attraverso un labirinto che
rappresenta un viaggio si arriva a scoprire l’icona del movimento
attraverso una rivisitazione dell’opera di Boccioni.
Il tunnel dei sensi (installazione).
L’installazione è una esperienza sensoriale da sperimentare
attraversando tre tunnel che rappresentano situazioni ambientali
differenti.
Presentazione del progetto “Un due tre... per le vie del mondo”
Particolare del progetto “Le scatole dei ricordi”
16
La cultura dell’incontro
Classi: 2G, 3G grafica, 4P comunicazione visiva, Docenti: Antonella
Molinari in collaborazione con Francesca Banzi, Alessandra Zagni,
Stefano Meschiari. Referenti esterni: Associazione Donne nel mondo
Progetto a cura di Zighereda Tesfamariam, Maria Elena Murcia.
Il percorso di valorizzazione delle diverse culture presenti nella
scuola e nel territorio si è sviluppato intorno al tema della festa,
avvalendosi del confronto tra abitudini di persone di diversa
provenienza, alla ricerca delle affinità di “sentimento”.
La festa e la condivisione di un momento ricreativo in ogni paese
rafforza un’identità, porta al confronto con le esperienze di altri e
crea un’alchimia di nuovi incontri e vecchie tradizioni; è il luogo
dell’amicizia, quello in cui le differenze si apprezzano perché lo
scambio è più ricco.
Si sono svolti alcuni incontri–guida fra gli studenti con Maria Elena
Murcia è stata presentata la preparazione del mate argentino,
un’usanza poco conosciuta, un gioco per immedesimarsi nel
commiato di un migrante dal suo paese e del successivo ritorno;
Zighereda ha ‘celebrato’ il rito del caffè in Eritrea, un momento
d’incontro e d’augurio d’abbondanza.
Gli incontri sono serviti per coinvolgere direttamente gli adolescenti,
tramite la testimonianza di donne immigrate di diversa nazionalità,
cultura, religione e tradizione, esempi positivi di continuità con la
propria cultura di appartenenza e di apertura alla nuova società.
Gli incontri sono stati documentati con riprese video e fotografie
dagli studenti stessi e hanno stimolato le successive ricerche le
cui tematiche sono state scelte in modo autonomo e condotte
individualmente o per piccoli gruppi.
I progetti realizzati
La classe 2G ha realizzato impaginati che raccolgono materiali vari,
in particolare fotografie e interviste su ricette di cucina provenienti
da varie parti del mondo, dal Sud italia alla Moldavia, all’Albania,
operando confronti, in qualche caso lavorando sui diversi dialetti.
17
Altri studenti hanno poi rintracciato nella fiaba un ponte tra culture
e nel rave un tentativo di incontro trasversale alle culture.
La classe 4P ha elaborato una serie di fascicoli su diversi luoghi,
dall’Egitto, al Marocco, alla Cina allo Sri-Lanka e una raccolta di
cartoline ‘multietniche’.
Benvenuto/bentornato
La classe 3G, in seguito agli incontri, ha intrapreso una particolare
riflessione sul senso della partenza e dell’arrivo, della crescita e
del rinnovamento: in particolare sono state realizzate ricerche
fotografiche sul ritratto, sugli abiti per la festa tipici di altre
culture, sul gioco come momento di scambio; a livello grafico è stato
approfondito l’uso del lettering che augura “buon anno” in diverse
lingue e con diverse scritture. Con tali materiali sono stati realizzati,
nel dicembre 2006, una serie di pannelli decorativi per l’atrio
dell’ospedale di Baggiovara, con lo scopo di condividere il senso di
festa in un luogo ‘complesso’ e nel rispetto delle diverse provenienze.
Alcuni momenti degli incontri con Maria Elena Murcia per la preparazione del
mate e con Zighereda Tesfamariam per il rito del caffè
storie, favole e racconti
Il tema ha interessato in modo trasversale studenti di classi diverse
che, in relazione ai propri interessi e alle capacità di sviluppare
ricerche personali ed autonome, hanno scelto le narrazioni più adatte
alle loro capacità espressive e le hanno trasformate in libri illustrati,
storie a fumetti e animazioni, attingendo per lo più dal vasto
repertorio della narrativa popolare dell’Africa nera che rappresenta
stili, linguaggi e tradizioni diversissime, pur mostrando una evidente
unità culturale di base. Il percorso mette in evidenza il ruolo della
creatività e dell’immaginazione, termini spesso abusati, ma che qui
sono da intendersi proprio come scoperta della molteplicità, studio
e sperimentazione di infinite varianti, produzione del nuovo, ricerca
della forza narrativa di immagini e parole che provengono da mondi
lontani o che abitano con noi da sempre.
Chezia Pinna,
Lia Poggi,
Asabea Siaw Nada.
Una raccolta di
favole africane
con gli animali
come protagonisti
Beatrice Bellettini e Valentina Sala: copertina di “La bella figlia del re”,
una favola africana realizzata con collage polimaterico
18
Jessica Bignami, Sharon Greco,
Valentina Silvestro: studio
di personaggi
Giacomo Venturelli: “Hamed l’ambulante”,
storia a fumetti liberamente ispirata
da una canzone dei Modena City Ramblers
fotografia
Album di famiglia
coloro che hanno condiviso gli eventi raffigurati: genitori, nonni,
zii. Associando la fonte orale a quella iconografica (attraverso un
questionario sottoposto ai parenti) è stato possibile per gli studenti
dare voce alle immagini e attribuire loro un senso: quello dei propri
luoghi, della propria famiglia e della sua cultura.
Seguendo la metodologia di schedatura, opportunamente
semplificata, utilizzata negli archivi fotografici, ogni immagine
è diventata un documento attendibile sul piano scientifico, uno
strumento di analisi sociale, testimone di molteplici culture e di
differenti contesti di origine.
Riconducendo lo studio delle immagini a uno specifico fotografico è
stato inoltre possibile considerare le modalità di ripresa e le tecniche
di stampa in rapporto alle innovazioni in campo ottico e chimico,
all’avvento del colore e del digitale.
Il racconto per immagini, che è il risultato conclusivo del lavoro,
pur mantenendo, attraverso le didascalie, i requisiti di una ricerca
storico-fotografica, propone molteplici livelli di lettura e costituisce
un invito alla riflessione sui possibili sviluppi della fotografia quale
medium multiculturale.
Il percorso presenta momenti di lavoro individuale e collettivo e,
per la sua complessità ed è stato sviluppato mediante i seguenti
passaggi metodologici:
- ricerca negli archivi familiari da parte degli studenti;
- verifica del materiale raccolto, scelta della direzione di ricerca
(insegnanti, studenti);
- questionario-intervista da sottoporre ai parenti;
- incontro sulla metodologia di compilazione della scheda di
catalogazione;
- scansione digitale delle immagini;
- impaginazione grafica delle schede;
- presentazione della sequenza fotografica;
- dibattito finale.
Classe: 2F grafica
Docente: Maria Menziani, in collaborazione con Francesca Banzi
Consulente esterno: Mara Montorsi
Mai dire: “Si tratta soltanto di una fotografia”. Le fotografie rivelano
molto più di ciò che già pensiamo di conoscere, forse è per questo
che si fanno fotografie, per vedere cosa è vero e cosa non lo è.
Oggi scattare una fotografia è molto semplice, anzi banale, e perciò
si tende a sottovalutarne il valore: il percorso vuole far riflettere
sull’importanza del linguaggio fotografico che, se correttamente
decodificato, ci porta alla conoscenza dei suoi molteplici significati
culturali. Le immagini scattate dalla macchina fotografica, anche
attraverso la sensibilità del fotografo, documentano luoghi, fatti e
persone, ci raccontano il nostro passato, fermano un momento della
nostra vita e lo conservano, arricchendo l’immenso album della nostra
esistenza. L’esplorazione parte proprio dagli album di famiglia, in un
viaggio fotografico a ritroso nella nostra storia e in quella degli altri,
alla scoperta di differenze e similitudini documentate da un solo e
comune linguaggio: quello della fotografia. Sulla base del materiale
raccolto si è scelta come direzione di ricerca iconografica quella
delle cerimonie di matrimonio che, per la loro ritualità e tradizione,
possono costituire un territorio di indagine multiculturale.
La presenza nella classe di studenti stranieri ha offerto, infatti,
l’opportunità di scoprire frammenti di vita che a una lettura distratta
possono apparire distanti, mentre dopo un’analisi attenta si rivelano
come appartenenti a un unico, collettivo album familiare.
Un archivio fotografico familiare
Ogni famiglia possiede fotografie che testimoniano la propria storia,
e dunque ogni studente ha a disposizione un archivio fotografico
familiare. Abbiamo utilizzato questo materiale privato coinvolgendo
19
A sinistra: Gruppo, con sposi al
centro, sulla scalinata della chiesa
al termine della cerimonia nuziale,
Chiesa di S.Agnese Modena, 1958
Archivio: Simona Iannotti
A destra: Ritratto in studio degli
sposi, Elbasan (Albania)1986
Archivio: Adelajda Veizi.
Gruppo con sposi nel giardino della
chiesa al termine della cerimonia,
chiesa protestante Pilgrim
Christian Ministries International,
Modena 1999
Archivio: Kwaku Yeboah
Sposi sull’auto al termine della cerimonia nuziale, chiesa di
S.Faustino Modena 1961 Archivio: Francesca Pieri
A destra: Sposi su portantina, Sale (Rabat, Marocco) 2003 Archivio: Sara Hamid.
Un’auto e una portantina in argento sono semplicemente due mezzi di trasporto
che evidenziano la distanza tra culture? Sia che si alluda alla voglia di modernità
nell’Italia degli anni Sessanta o al rispetto delle tradizioni nel Marocco del XXI secolo,
entrambe le coppie di sposi si presentano, comunque, all’interno del loro cocchio
nuziale, scintillante. Uno status symbol similmente esibito, un oggetto prezioso
e magico che, come nelle fiabe, permette di raggiungere la felicità: il sogno si
trasforma in realtà che è inverata nel tempo dallo scatto fotografico.
(Testo tratto dalle osservazioni di Mara Montorsi)
Momenti del dibattito finale: “Mia nonna si ricorda che di fianco alla chiesa era
esposto un manifesto di un film con Jonny Dorelli con due sposini disegnati”
(tratto dall’intervista di Valentina Giuliano alla nonna).
20
La scheda utilizzata per l’archiviazione semplificata elaborata da Mara Montorsi
ha previsto l’analisi dei seguenti punti: numerazione, serie, numero scatti, autore,
tipologia della fotografia, datazione, località, genere, soggetto, tecnica, formato,
stato di conservazione, note, ubicazione/archivio familiare, ubicazione archivio,
proprietà/provenienza e data archiviazione.
Percorsi fotografici sull’identità
Esposizione multipla Classe 2F grafica
Volti, corpi, maschere, segni
Classi: 3D grafica, 3N comunicazione visiva
Ghanatelei: colori e geometrie dell’Africa
4M comunicazione visiva
Docenti: Antonella Battilani, Eugenia Martini, Maria Menziani
La città che cambia
Il Mercato: mondi in città. Luna Park. Tempo reale
Artisti di strada
Classi: 3N, 4M, 5M, 5P comunicazione visiva, 3D, 5D grafica
Docenti: Antonella Battilani, Anna Lisa Campioli, Maria Menziani
Identità delle persone e dei luoghi: una complessa e articolata trama
di ricerche per approfondire le trasformazioni del sè attraverso abiti,
corpi, maschere e segni e per riflettere sui cambiamenti dei luoghi:
il percorso sulla maschera, realizzato con la collaborazione
dell’Associazione Akilibò, ha avviato gli studenti alla scoperta del
suo significato in alcune culture africane e ha permesso l’attivazione
di un laboratorio per l’edizione 2007 del FestivalFilosofia sul sapere.
Artisti di strada: Laura Sgarbi
Luna Park: Diana Fresta
Ghanatelei: Chezia Pinna, Lia Poggi Il mercato: particolari dal reportage della classe 3N
Tempo reale: Mattia Polisena
video
Il mercato: appunti per una storia
Un breve documentario (12’ 58) per tratteggiare la storia e l’evoluzione
del mercato cittadino attraverso la voce di alcuni testimoni;
il video è stato realizzato da Jessica Cocchi che ha curato riprese, interviste e montaggio, in collaborazione con Gabriele Mainardi, (classe 5D)
con il coordinamento di Antonella Battilani. Inoltre nel video sono state
utilizzate immagini tratte dai reportages realizzati dagli studenti della
classe 3N. Il video racconta la storia del mercato cittadino attraverso la
testimonianza di Mauro Manfredini che in passato ha gestito il Consorzio
“Il Mercato” e Guido Sirri, attuale presidente: ci si sofferma su alcuni
aspetti del suo presente, fra nostalgie o aperture verso l’arrivo di nuovi
cittadini che ne stanno cambiando radicalmente la fisionomia. Un luogo
che ci dà la misura del cambiamento della nostra società, un viaggio da
fermi per farsi attaversare dal mondo.
La casa con le ruote: un viaggio tra i sinti modenesi
Un documentario (25’) con interviste alla famiglia Triberti e a Giacomo De
Barre, realizzato in collaborazione con il Centro Stranieri del Comune di
Modena, con il coordinamento di Antonella Battilani.
Le interviste alla famiglia Triberti sono condotte da Diana Fresta, classe 3D,
che ha curato anche il montaggio e la regia. Le interviste a Giacomo De
Barre sono state realizzate da Chiara Soave e Jessica Miot, classe 5D. Con
sensibilità e freschezza Diana presenta aspetti del quotidiano delle ragazze
Triberti alternandoli con i racconti dal sapore epico di De Barre, narratore
istrionico e appassionato, che attraversano il suo passato da circense fino
alle discriminazioni e alle generalizzazioni che tuttora accompagnano la
vita dei nomadi. Il documentario ha proprio lo scopo di far conoscere meglio un popolo dalle antiche origini che continuiamo a trattare con ostilità
e a considerare come materiale di scarto.
Di seguito si propone un breve testo che affronta uno dei pregiudizi più
radicati, quello degli zingari che rubano i bambini, scritto da Giacomo
De Barre per prepararsi all’intervista e proposto anche nel filmato.
22
Gli zingari rapiscono i bambini?
Questa è la verità che vi dico: non erano gli zingari che rubavano i bambini
gagé ma erano i gagé che portavano via i bambini ai sinti.
In tante nazioni portavano via i bambini sinti a chilometri di distanza dai loro
genitori; i genitori giravano molto per trovare i loro figli, ma quando li trovavano anche dopo mesi e mesi se li portavano via, cioè li riportavano indietro: così
è nata la leggenda che sono gli zingari a rubare i bambini.
In tante nazioni adoperavano i sinti come schiavi: gli uomini domavano i cavalli, le donne custodivano e pulivano le stanze e le cucine dei grandi palazzi,
i bambini a lavorare nei campi a raccogliere le verdure e tutto quello che c’era
in campagna.
E poi, è pura verità che vi dico, molti sinti sono stati castrati per non procreare
più.
Nel parmense le autorità mettevano dei manifesti ai muri dove c’era scritto
“uccidere uno zingaro non si commette alcun delitto”.
Nei secoli passati in Italia non c’erano tanti sinti. E mi riferisco al 1600 e al
1700. Solo dalla fine del 1700 e con l’inizio del 1800 molti sinti sono venuti
dalla Francia e dal resto d’Europa.
Giustizia per i sinti non c’è mai stata. Anche quando è arrivato il XX secolo.
Mio nonno mi raccontava questa storia vera: un giorno un sinto era fermo in un
paese, ma fuori dall’abitato. Sarà stato il 1910 o il 1912, ed era intorno alle 9
di sera. Prese la sua bugli. Per chi non lo sa la bugli era un recipiente ricavato
da una zucca perché a quel tempo i sinti non avevano recipienti di vetro, perché
anche solo una bottiglia di vetro era un lusso. Allora: mentre portava la bugli
gli sanguinava il naso e ogni tanto si ripuliva con uno straccetto. Entrò dentro
l’osteria e comprò mezzo litro di vino e si avviò a casa, cioè verso la sua caravana. Dopo circa mezz’ora arrivano i carabinieri, lo perquisirono e gli chiedono
dove ha messo il coltello! Quale coltello?, chiedeva il sinto. Quello con cui hai
ucciso un uomo! rispondeva il carabiniere.
“Io non ho ucciso nessuno!”
“Come?! Ecco questo straccio sporco di sangue!”
“L’ho usato per pulirmi il sangue dal naso. Vedete: mi sanguina ancora!”
Niente: i carabinieri lo presero e lo portarono all’osteria e chiesero all’oste:
“È questo lo zingaro che ha preso il vino?” L’oste disse di sì, e subito il carabiniere disse: “Allora è lui l’assassino. Ha ucciso per rubare i soldi, ha pulito il coltello
con lo straccio, la buttato via, poi è venuto a comprare il vino”.
Anche se il suo naso ancora gocciolava sangue, per quel povero sinto non ci fu
niente da fare. È morto in galera.
Di questi casi ne potrei raccontare a centinaia.
C’è stato un caso clamoroso di qualche tempo fa. Una signora sul letto di morte
chiama suo figlio e confida la verità: “Guarda che tu non sei il mio vero figlio, io
ti ho rapito quando eri un bambino da una carovana di giostrai il tal giorno, il tal
mese e il tal anno a Colorno in provincia di Parma.”
Io mi ricordo quando a quella famiglia di giostrai scomparve quel bambino: io
con mio nonno e mio padre e i miei zii siamo andati là sul posto e mi ricordo
bene che le carovane erano ferme vicine ad un grande canale. I genitori che
piangevano, avevano già chiamato i pompieri sommozzatori che avevano cercato fino ad una chiusa grande che va nel Po e che si divide in tanti canali che
vanno sotto il castello. Dopo cinque giorni di ricerche senza nessuna traccia, i
pompieri presero da parte un parente per dire: “Purtroppo le chiuse dei canali
che vanno sotto al castello avranno distrutto il corpo, in più ci sono pesci grossi
da prendere paura: bisogna dirlo al papà ed alla mamma”.
I genitori per la sofferenza non sono mai andati più in quel paese. Ecco quello
che accade a noi sinti.
Io ho parlato con altri sinti di questo fatto bruttissimo: si è saputo che la gagi
che ha rapito il bambino, che ora è un uomo, in casa ha tenuto tutti i giornali
del tempo che parlavano del bambino scomparso. E questi giornali li teneva
tutti nascosti. Sul letto di morte invece ha detto al ragazzo anche dove teneva
i giornali, e il ragazzo ha saputo tutta la verità leggendo i giornali, persino il
suo vero nome e tutto questo brutto fattaccio.
Da noi sinti si ricordava come questa signora, prima di rapire il bambino, tutti
i giorni girava attorno alle carovane tutta vestita di nero, con un cappello nero
e con intorno un velo, che i sinti quando la vedevano prendevano paura per le
idee che una vestita così poteva portare.
Il rapimento era successo così: la sorellina aveva preso per mano il fratellino,
che era di due anni più piccolo, per andare in negozio a prendere le caramelle.
La sorellina gli ha detto “Aspettami qua fuori che ti porto delle caramelle”.
Poi quando è uscita il fratellino non c’era più: è andata a casa a dare l’allarme
così che sono arrivati i carabinieri. Ai carabinieri i genitori hanno parlato di
questa signora, tutta vestita di nero che girava attaccata alle carovane alla
sera, ma i carabinieri dissero che dal dolore erano diventati pazzi.
Giacomo De Barre, marzo 2007
23
Maschere e riti
Un documentario su un rito nigeriano (etnia Ibo) realizzato da
Federica Camurri, classe 5D, in collaborazione con Alessia Cuoghi
che ha curato l’intervista a Reginald Ihebom, con il coordinamento di
Antonella Battilani, in collaborazione con la comunità nigeriana di Modena. Il video (14’) documenta la festa del Ringraziamento, organizzata a
Modena nell’ottobre 2006, che intreccia aspetti della religione tradizionale
africana con la religione cattolica: è un rito legato alla fertilità della terra
durante il quale danze e musiche accompagnano l’apparizione di una
maschera dall’aspetto grottesco. Attraverso le interviste a Reginald e a
Samuel Umoette si att alcuni aspetti della forza e della potenza evocativa
delle maschere, mettendo in evidenza le differenze culturali tra l’Occidente
e l’Africa subsahariana. La festa ha anche il duplice scopo di riaffermare il
senso dell’identità degli Ibo fuori dalla loro terra e contemporaneamente
coinvolge la comunità modenese per favorire la conoscenza del valore
trasmesso da culture diverse.
Racconto per ombre e colori.
la Porta della Pescheria del Duomo di Modena
La lettura di un patrimonio artistico è stata sviluppata attraverso un
apprendimento basato sul ‘fare’ e con la partecipazione attiva degli
studenti: il Duomo non è un monumento da ‘imparare a memoria’, ma
diventa un generatore di storie e di narrazioni, una finestra dalla quale
affacciarsi e scoprire mondi fantastici, un motore di ricerca dell’immaginazione. Inoltre la ricchezza delle storie dipinte e scolpite e l’inesauribile
repertorio di creature e simboli che animano l’architettura ci riportano
spesso a mondi lontani offrendoci l’occasione per individuare connessioni
con il patrimonio figurativo di altre culture, anche per valorizzare le
diverse provenienze dei nuovi cittadini. Per la realizzazione del corto,
della durata di 08’ 31, è stata scelta la tecnica orientale del teatro delle
ombre per raccontare una storia, anch’essa proveniente da mondi lontani,
che la Porta della Pescheria offre ogni giorno ai nostri occhi distratti. Il
video è stato realizzato nel 2006 da Federico Manicardi ed Erica Boschetti.
design
Afrodesign
Mondi paralleli
Progettazione di elementi d’arredo derivati dall’analisi di materiali
e oggetti tipici di culture diverse, a cura di Francesco Gibertini,
Francesco Scacchetti, Elisa Davoli, Martina Malavasi studenti della
classe 4H, progetto design. Docente: Alberto Artioli
Progettazione di oggetti comunicativi
4M, comunicazione visiva
Docente: Saverio Giannatempo
Dalle relazioni progettuali degli studenti:
Gioco dei mondi paralleli: lastra metallica di forma ovale; sagome dei
continenti. Le sagome sono fornite di calamite e il giocatore può spostarle
per creare mondi paralleli. (Juri Corradi)
Dalle relazioni progettuali degli studenti:
Questo oggetto è stato ripreso da un manufatto nigeriano in legno intagliato:
si tratta di un contenitore decorato usato per trasportare l’acqua. Da ciò deriva
l’idea di realizzare una specchiera, tramutando concettualmente l’acqua in
vetro e mantenendo invece inalterata la struttura circolare e il materiale.
Il legno usato, l’iroko, è lo stesso usato per il manufatto originale.
(Martina Malavasi)
Cubi corrotti: il gioco consiste nell’assemblare i cubi per formare immagini
previste ma anche creare immagini impreviste, nelle quali il giocatore può
riconoscersi. (Lia Poggi)
Panchina in legno di forma circolare suddivisa in otto parti, componibili in diverse
forme. Il legno Afrormosia è una valida alternativa al teak, in quanto anch’esso
è molto resistente agli agenti atmosferici. Il motivo decorativo a linea spezzata è
uno dei simboli caratteristici della civiltà Dogon del Mali. (Francesco Gibertini)
24
Anche la progettazione di un
semplice oggetto come un bollitore
richiede conoscenze, capacità di
ricerca e in generale un approccio
culturale e una metodologia analitica
su cui innestare la successiva
sintesi creativa.
La cultura dell’incontro
Progettazione di oggetti legati all’uso quotidiano, attraverso cui
rinvenire rapporti tra forme, decori, materiali e usi rituali.
Classe: 4L design ceramico
Docenti: Rita Secchia, in collaborazione con Italo Consorti
e Felice Perna, con la partecipazione di Zighereda Tesfamariam
La ricerca ha riguardato la produzione ceramica, in particolare
dell’Africa (Eritrea) e dell’America meridionale (Argentina) per gli
aspetti attinenti alla storia delle produzioni tipiche, dei soggetti,
delle tecniche, dei decori e dei colori. La classe ha condiviso gli
incontri preparati dalle rappresentanti dell’Associazione Donne nel
mondo (cfr. pag. 17) nel corso dei quali gli studenti hanno realizzato fotografie degli oggetti usati per il rito eritreo del caffè, una
elaborata cerimonia che è metafora dell’ospitalità e dell’accoglienza,
animata con vivacità da Zighereda Tesfamariam; dalle fotografie si è
ottenuta una lettura-rilievo del bollitore per caffé, per la successiva
rappresentazione in proiezioni ortogonali dell’oggetto.
Nel laboratorio di formatura e foggiatura si sono effettuate prove di
realizzazione del bollitore per caffé e di semplici oggetti di uso comune con foggiatura al tornio ed applicazione di decori graffiti della
tradizione africana. Nel laboratorio di tecniche decorative si sono
sviluppate le prove di rivestimento, colorazione e cottura di oggetti
ceramici con le tecniche e i colori (non industriali) della tradizione
africana, sperimentando le indicazioni riportate su testi di documentazione; con l’aiuto dell’insegnante di inglese si è tradotto un testo
sulla lavorazione della ceramica in Africa.
Gli studenti sono stati particolarmente coinvolti, interessati e disponibili nell’interagire durante gli incontri con le rappresentanti dell’Associazione Donne nel Mondo e anche per le realizzazioni di laboratorio, in particolare per la sperimentazione di tecniche di foggiatura e
di decorazione diverse da quelle usuali.
25
Rilevo del bollitore e rappresentazione dell’oggetto
Sotto: foggiatura al tornio dei bollitori
e sperimentazione di tecniche decorative
Realizzazione di oggetti diversi con graffiti
Il bollitore:
prima cottura
laboratorio interculturale
Esseri umani multidimensionali
o creature a un’unica dimensione?
sei frecce indicanti sei spazi, da riempire con i corrispondenti elementi
caratterizzanti la propria persona. In un momento successivo è stato
chiesto agli allievi di eliminare progressivamente i vari elementi, fino a
mantenerne uno soltanto. A questo punto il confronto si è concentrato
sulle emozioni provocate dalla precedente operazione di tagli progressivi. Nella quasi totalità dei casi è uscita una reazione di disagio,
malessere, abbattimento, rabbia, rifiuto, non riconoscimento di sé.
Con l’aiuto di brani tratti dal libro di Amartya Sen “Identità e Violenza”
ho ampliato la rflessione sulle loro diverse appartenenze e sulla pericolosità del classificare gli altri unicamente sulla base della religione
o della cultura, in quanto fonte di conflitto potenziale nel mondo
contemporaneo. Infine, per agganciare le conclusioni ad un elemento più concreto, possibilmente in grado di suscitare emozione, ho
proposto un’ elaborazione cartotecnica tridimensionale, rappresentante
la loro identità, illustrata dai singoli ragazzi con tecniche grafiche di
loro scelta, che potesse risultare schiacciata con un semplice movimento, tendente a rendere l’analogia con le situazioni in cui etichettiamo
gli altri o ci sentiamo etichettati per un unico aspetto, in cui non ci
riconosciamo, pur rappresentando una parte di noi.
“Le prospettive di pace nel mondo contemporaneo possono nascere
dal riconoscimento delle nostre tante identità comuni e nel ricorso alla
discussione ragionata in quanto semplici abitanti di un vasto mondo,
invece di fare di noi stessi tanti detenuti rigidamente imprigionati in
angusti contenitori.”(A. Sen)
Classi: 3G, 3M, 4M, grafica e comunicazione visiva
Docente: Anna Maria Janni Janez
Si è tentato un approccio al tema dell’intercultura per riuscire ad
aprire una prospettiva nuova, decentrando il punto di vista, affrontando in modo critico termini e problematiche finora dati per
scontati. Dati i limiti istituzionali dell’insegnamento della religione
“cattolica”, gli alunni avvalentisi sono solo una parte delle classi;
spesso non coincidono con coloro che si presentano come credenti,
ma raramente presentano esperienze religiose non cristiane e altrettanto raramente sono migranti. Di conseguenza viene a mancare la
ricchezza della diversità e del confronto. Altra difficoltà è rappresentata dall’età degli allievi, che vivono un periodo di forte conflittualità
o di indifferenza rispetto al tema “religione-religioni”, e che faticano
a raccontarsi e a confrontarsi su di esso. Pertanto ho pensato che
fosse particolarmente interessante, proprio dato il contesto della lezione di religione, ridimensionare l’”ottica religiosa” all’interno di un
quadro variegato di altri aspetti, riguardanti l’identità degli individui
e dei popoli, ed invitare quindi i ragazzi a riflettere sul tema della
multidimensionalità degli esseri umani, a partire dal confronto sulla
loro stessa identità.
Dopo una breve conversazione iniziale sul loro concetto spontaneo
di multidimensionalità, ho proposto un primo “esercizio”: in piedi,
riuniti a un lato dell’aula, ho chiesto loro di raggrupparsi a seconda
delle mie richieste, su possibili caratteristiche di tipo anagrafico,
esperienziale, di interessi e passioni personali, di carattere, ecc.
Ne sono risultate appartenenze a diversi raggruppamenti, a volte con
alcuni compagni, a volte con altri.
Il secondo esercizio richiedeva invece la costruzione personale, fatta
su un foglio, di uno schema con al centro il proprio “io” e intorno
27
Diana Fresta
Nell’anno scolastico 2006-2007 il progetto MOlteplice ha ricevuto un finanziamento regionale per le azioni a sostegno di misure per l’antidispersione scolastica e di formazione del personale (Delibere di Giunta regionale n. 1397/06
e n. 1953/06 Rif. 2006-1039/Rer). In particolare è stato selezionato per la
valorizzazione le capacità espressive degli studenti, con particolare riferimento allo sviluppo di linguaggi espressivi molteplici, volti a integrare le diversità
culturali e favorire il benessere a scuola. Complessivamente le classi coinvolte
sono 11, mentre altre 8 classi hanno aderito attraverso la partecipazione di
gruppi o singoli per la natura degli interventi didattici e per la tipologia dei
prodotti realizzati. Sono stati coinvolti 314 alunni, 89 maschi, 225 femmine,
28 studenti stranieri, 6 allievi diversabili.
La scuola dedica il quaderno alla memoria di Sara Hamid, studentessa sedicenne scomparsa tragicamente il 31 ottobre 2007.
Sara ha saputo mettere a disposizione le tradizioni e la cultura del suo paese
d’origine con l’entusiasmo e l’intraprendenza che le erano proprie, lasciandoci
una sensibile traccia della sua umanità.
Si ringrazia il dirigente scolastico dell’Istituto d’Arte, prof. Eugenio
Sponzilli per il pieno appoggio all’iniziativa, il personale della segreteria
amministrativa Paola Zoboli e Lorenza Benzi e tutti coloro che a vario titolo
hanno collaborato, rendendo possibile la piena attuazione del progetto, in
particolare:
Associazione Akilibò
Grazia Ansaloni
Michelina Borsari
Memi Campana
Casa delle Culture
Giacomo De Barre e famiglia
Daniela Giuliani, Luca Puggioli, Lucia Bosi, Centro Stranieri Comune di Modena
Gruppo di danza Ibo della Nigeria Orientale
Roberta Golfieri
Lilya Hamadi
Rita Malavolta
Saneo Mbaye e Abdoul Mbaye
Enrico Messora, Gruppo Cooperativo Oltrelab
Thomas McCarthy, Ghanacoop
Samuel Umoette
Reginald Ihebom e la comunità nigeriana di Modena
Mauro Manfredini
Moka: Margherita Barbieri, Annalisa Donà Francesco Botti
Memo, Multicentro Educativo Modena
Mara Montorsi
Museo della Figurina di Modena
Marcello Neri
Guido Sirri, Consorzio Il Mercato
Emanuela Spaggiari
Carlo Stagnoli
Luciana Torricelli, Assessorato all’Istruzione Comune di Modena
La famiglia Triberti
Marzia Zoboli
Progetto grafico: Antonella Battilani
Stampato nel mese di febbraio 2008 da TEM
Produzione del dvd: Studio Moka
Immagine di copertina: Armando Buonanno, (si ringrazia Jason Sagmayao);
le immagini delle pagine introduttive sono di Stefano Gardinali e Olimpia Quartieri.