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FAMIGLIE IN GIOCO Report di ricerca “l’uomo è veramente tale solo quando gioca” (R. Schiller) 1 Introduzione Per l’importanza che riveste in chiave di crescita e di sviluppo dei soggetti in età evolutiva, il gioco identifica un ambito di ricerca e di sperimentazione che da sempre incontra l’interesse di educatori, insegnanti, animatori. Il gioco, innanzitutto, contribuisce a rivelare l’interiorità del bambino. Osservandolo giocare è possibile cogliere aspetti della sua vita interiore, della sua intimità, che altrimenti rimarrebbero latenti, nascosti. Attraverso il gioco, che si configura come la propria naturale modalità di vita, il bambino esprime il suo variegato mondo interiore. E, in questo senso, il gioco stesso diventa, per noi adulti, da un lato, un utile strumento diagnostico che ci consente di cogliere ansie, difficoltà, aspirazioni; e, dall’altro, uno strumento terapeutico: nel dinamismo ludico il bambino riesce a superare eventuali nodi, complessi legati alla crescita e allo sviluppo della personalità. In secondo luogo, il gioco esprime e manifesta la capacità creativa, la fantasia e l’immaginazione del bambino. E’ attraverso il gioco che il bambino sviluppa quello spirito d’iniziativa, d’intraprendenza, d’innovazione grazie al quale trasformare il mondo circostante in quello che liberamente la sua fantasia gli suggerisce. Una bottiglietta può diventare un’astronave, un veicolo o qualsiasi altro oggetto che difficilmente la mente di un adulto riuscirebbe a “vedere”. Ogni generazione, ogni individuo ha la vocazione di migliorare il mondo che gli è stato affidato. Questa capacità innovativa nasce e si rafforza proprio durante l’infanzia, quando il bambino naturalmente “immagina” e “crea” attraverso il gioco. Impegnandosi a svolgere un compito che implica concentrazione, finalizzazione, impegno e conclusione, il bambino sviluppa quelle capacità e competenze essenziali nella formazione dell’uomo che sarà in futuro. In terzo luogo, il gioco prepara ai ruoli della vita, esercitando una funzione sociale. Pensiamo ai giochi di finzione (“io sono il fruttivendolo tu sei il cliente” oppure “io sono la maestra tu sei il bambino”) nei quali il bambino immagina di essere qualcun altro, si mette nei panni dell’altro, sviluppando quel senso di empatia e di apertura così importanti per imparare a socializzare, a comprendere e conoscere il mondo che lo circonda. Socializzare significa, infatti, sapersi riconoscere, comprendere i compiti e il ruolo di ciascuno, le regole e i linguaggi, le relazioni tra i personaggi interpretati. 2 Il gioco diventa, dunque, occasione per uscire da un approccio individualista – nel quale io sono al centro del mondo e tutti girano intorno – e assumere, invece, una posizione copernicana – in cui sono uno tra tanti – passando dall’egocentrismo all’altruismo e riconoscendo l’importanza dell’altro. Ambito della ricerca Con l’affermazione dei media digitali e il conseguente imporsi dei videogiochi all’interno dei consumi culturali dei più giovani, è iniziato a cambiare anche il panorama educativo. A molti è sembrato che i videogiochi portassero via spazio al gioco all’aria aperta, ponessero problemi dal punto di vista della socializzazione sostituendole una dimensione di consumo esclusivamente individuale; ancora, ci si è domandati in che misura il videogioco inducesse regressione dal punto di vista motorio, favorendo la tendenza all’obesità insieme alle mutate abitudini alimentari; infine, si è riproposto – come a proposito di tanti altri fenomeni della tarda modernità – il classico tema del “noi e loro”, contrapponendo a una passata età dell’oro (quella in cui eravamo piccoli) dove il gioco era sinonimo di creatività, libertà, immaginazione, movimento, l’età attuale in cui i ragazzi “non sanno più divertirsi”, “non hanno più capacità immaginativa”, “si sono ritirati in loro stessi”, “non giocano più”. Inoltre, sulla base delle considerazioni precedenti relative all’importanza del gioco, ci siamo interrogati su quale ruolo abbiano i genitori; qual è l’importanza, non teorica, ma pratica in termini di vissuti e di tempo dedicato, che papà e mamma dedicano ai loro figli. La famiglia deve riappropriarsi di un ruolo educativo centrale nel percorso di crescita dei propri figli e questo processo non può non passare (e oseremmo dire iniziare) proprio dal momento del gioco. Da queste domande, da questi sospetti, da questi luoghi comuni, ha preso quota la nostra idea di andare a vedere come e con che cosa “giocano” i ragazzi di oggi, se le pratiche moderne siano veramente così diverse da quelle di “prima” e, soprattutto, quali conseguenze i giochi moderni abbiano prodotto su quelle modalità educative (es. giochi di ruolo, simulazioni) che proprio attraverso il gioco si esprimono. La nostra indagine parte dai dati di una ricerca congiunta tra il CREMIT dell’Università Cattolica e la Cooperativa sociale Pepita dal titolo “A che gioco giochiamo” condotta due anni fa su un campione di 2000 soggetti e i cui obiettivi erano: • Studiare il significato del gioco e del tempo libero per bambini, preadolescenti e adolescenti; 3 • Conoscere le modalità con cui i bambini e i ragazzi si rapportano con il gioco, indagandone tempi e modi, spazi e modelli; • Attivare riflessioni critiche sul valore del gioco, soprattutto in relazione alla possibilità di integrarlo all’interno dei contesti educativi informali. L’intento che qui ci proponiamo è da un lato aggiornare, sulla base del nuovo campione considerato (500 ragazzi di cui 250 al nord e 250 al sud), integrare e approfondire i risultati emersi in precedenza con particolare attenzione al ruolo genitoriale; e dall’altro soffermarsi su un aspetto specifico del fenomeno, ossia la conoscenza e diffusione di una particolare tipologia di giochi quali quelli in scatola. Qualche dato statistico può a questo punto essere utile. Esaminati su base nazionale (prendendo in considerazione la sola Europa) i genitori italiani sono quelli che trascorrono il minor tempo insieme ai propri figli. Uno studio di qualche tempo fa, condotto dalla European Psychoanalytic and Psychodynamic Association, ha indagato sul tempo trascorso a giocare con i propri bambini e il quadro che ne esce non è certo roseo: in media, quindici minuti al giorno. Alla domanda su quanto tempo passano insieme ai figli fra costruzioni, trenini, palloni e bambole i genitori hanno mentito clamorosamente: il 19% ha risposto 1 ora al giorno, il 27% 45 minuti, il 33% 30 minuti, il 18% 15 minuti. I ricercatori sono riusciti a risalire alla realtà interrogando i figli, i quali hanno fornito risposte ben diverse da quelle dei genitori. Di loro solo il 12% ha risposto un’ora, il 18% ha dichiarato 45 minuti, il 23% 30 minuti, il 27%15 minuti. Negli altri paesi europei, i genitori si dimostrano molto più attenti: in Norvegia, per esempio, giocano con i figli circa 30 minuti al giorno, in Spagna 35. Secondo l’identikit ricostruito dall’Associazione, i genitori italiani, quando arrivano a casa, con l’alibi della stanchezza a causa del lavoro, invece di dedicarsi ai figli, si siedono davanti alla televisione (nel 37% dei casi), oppure si collegano a internet o iniziano a giocherellare con il cellulare (nel 22% dei casi). La televisione finisce poi, in molti casi, per sostituire il gioco vero e proprio: il 48% dei bambini intervistati afferma, infatti, di passare davanti alla Tv il tempo trascorso con il papà. In tutta Europa, rivela inoltre lo studio, le nuove tecnologie rischiano di inquinare il valore stesso del gioco con i figli: un’ora alla settimana viene dedicata alla Playstation, 50 minuti al Game-boy, 45 minuti a Pokèmon, 30 minuti a giochi sul computer e 25 a quelli sul cellulare. Per i giochi tradizionali, più stimolanti e creativi rimane così poco tempo: 15 minuti a settimana per le costruzioni, 12 minuti per la pista delle automobiline, 10 minuti per i soldatini, 8 minuti per il calciobalilla. 4 Da questa sconcertante analisi sociale emerge come il gioco, quello tradizionale, quello di cui Platone diceva “si possono scoprire più cose su una persona in un’ora di gioco che in un anno di conversazione” stia lentamente scomparendo. Giocare ha un valore conoscitivo importantissimo nei bimbi più piccoli, che attraverso le modalità ludiche offerte da automobiline, costruzioni, pupazzi esplorano la realtà che li circonda, la fanno propria e tutto questo li aiuta a crescere. In tale processo evolutivo la presenza dei genitori è di fondamentale importanza; se la vicinanza della figura paterna, che stimola allo sperimentalismo, che sprona, infonde nel bambino sicurezza e fiducia in se stesso; il gioco con la mamma rappresenta un complemento diverso e insostituibile: la mamma è il “primo compagno di giochi”. Con il passare degli anni, la necessità di giocare con i genitori diminuisce sempre di più e dopo i dodici-tredici anni, i ragazzi iniziano a preferire il gioco con i propri coetanei. Come anticipato in precedenza, questa ricerca è stata eseguita su un campione di circa 500 ragazzi, equamente divisi tra nord e sud. A ciascuno di essi è stato somministrato un questionario di 17 domande che si proponeva di stabilire: • Che tipo di attività svolgono genitori e figli quando giocano insieme; • Se il tempo che i figli trascorrono con i propri genitori è sufficiente; • La conoscenza e l’utilizzo dei giochi in scatola. La scelta di porre l’attenzione sul gioco in scatola, elemento tradizionalmente presente nelle famiglie italiane, è stata dettata dal fatto che questo fondamentale strumento di aggregazione e di intrattenimento, da alcuni anni, sta cedendo il passo alle nuove tecnologie. L’obiettivo della ricerca è, tra le altre cose, evidenziare come e in che misura questo si sia verificato. Nella nostra epoca dove i giochi per i bambini tendono a svilupparsi sempre più verso lo scontro piuttosto che l’incontro (i.e. i giochi e i videogiochi di combattimento) oppure a caratterizzarsi per l’autonomia piuttosto che per l’interazione (i.e. videogiochi e giochi che si muovono da soli), i bambini dovrebbero riscoprire il piacere di giocare in compagnia, in particolar modo con i propri genitori. Un gioco in scatola pensato per almeno quattro giocatori, permette alla famiglia di ritrovarsi e di condividere un momento ludico in cui le differenze di età e di ruoli si appianano nel rispetto di regole (del gioco) uguali per tutti. I bambini hanno così le stesse probabilità di vittoria e di sconfitta dei genitori, imparano a gestire la frustrazione, sono stimolati a trovare nuove soluzioni, a ingegnarsi per giungere alla vittoria. Allo stesso 5 tempo imparano il concetto di “regola” quale strumento di convivenza civile e quello di “rispetto” delle stesse, che si traduce nel rispetto degli altri. Attendere il proprio turno, rispettare le penalità, accettare la sconfitta, sono principi che valgono anche nella vita reale e che risultano tanto più naturali e facili da comprendere tanto più se appresi in momenti ludici. Esaminati da questo punto di vista, si può certamente affermare che i giochi in scatola sono utili alla crescita e allo sviluppo dei bambini perché: • Insegnano a stare in società con altri individui, a fare gruppo e a darsi, in quanto comunità, regole condivise da rispettare per garantire l’armonia dei rapporti; • Contribuiscono a sviluppare il linguaggio mimico-gestuale, stimolando l’intelletto e l’immaginazione; • Contribuiscono alla costruzione e al rafforzamento delle relazioni socio-affettive. 6 Analisi dei risultati Nelle tabelle riportate di seguito sono illustrati in maniera dettagliati i risultati della nostra indagine. In Figura 1 – Età dei soggetti intervistati si riporta il campione utilizzato nella ricerca. Il diverso colore indica la provenienza geografica. In blu è raffigurato il Nord; in verde il Sud. Figura 1 – Età dei soggetti intervistati 7 La tabella seguente (Figura 2 – Preferisci giocare: in casa o all’aperto?) analizza il luogo in cui normalmente i bambini svolgono attività ludica. Dai dati emerge una netta preferenza per i giochi all’aperto (Nord 72%; Sud 68,4%) rispetto a quelli in casa (Nord 28%; Sud 31,6%) e una sostanziale uniformità di risposte tra le diverse aree geografiche. 200 180 171 150 100 79 70 50 0 in casa nord sud all'aperto Figura 2 – Preferisci giocare: in casa o all'aperto? La tabella successiva (Figura 3 – Compagni di gioco) analizza quali siano i compagni di gioco preferiti all’interno del nucleo familiare: mamma e papà (Nord 17,6%; Sud 18,4%), i fratelli (Nord 23,2%; Sud 27,6%), tutti insieme (Nord 48%; Sud 29,6%), nessuno (Nord 11,2%; Sud 24,4%). Dai dati è possibile evincere una preferenza per il gioco con i fratelli al Sud (27%) e per il gioco con tutti i membri del nucleo familiare al Nord (48%). 120 120 90 60 30 44 46 58 69 74 61 28 0 con m e p coi fratelli insieme con nessuno nord sud Figura 3 – Compagni di gioco 8 La Figura 4 – Quanto tempo giocano con te i tuoi genitori? evidenzia il tempo che i genitori trascorrono con i propri figli. 150 121 113 75 101 66 66 83 38 40 23 0 meno di 1 h più di 2 h appena possono mai nord sud Figura 4 – Quanto tempo giocano con te i tuoi genitori? Analizzando i dati per area geografica emerge che al Nord il 26,4% dei genitori dedica meno di 1 ora al giorno al gioco con i figli. Il 9,2% vi dedica più di 2 ore; il 16% non gioca mai con i figli e il 48,4% vi ci si decida “appena può”. Quest’ultimo dato, apparentemente positivo, potrebbe però riferirsi a un genitore che dedica solo 5 minuti sparsi all’interno di una giornata. Quindi va valutato con attenzione, soprattutto perché il tempo da dedicare al gioco è uno spazio che ha bisogno di essere strutturato, organizzato, atteso. Senza una pianificazione, un appuntamento condiviso, il bambino potrebbe non cogliere il piacere e il desiderio che il proprio genitore ha di giocare e di passare del tempo con lui. La situazione al Sud non sembra essere diversa: 40,4% dei genitori dedica meno di 1 ora al giorno al gioco con i figli; 26,4% più di 2 ore; 33,2% appena può. Unico dato che segna una netta differenza è quello riguardante la riposta “mai”. Nessuno dei ragazzi intervistati ha dichiarato che i propri genitori non passano mai del tempo a giocare con loro, diversamente da quanto invece affermato dai ragazzi del nord (16%). Nel complesso, purtroppo, il dato che emerge dalle risposte date a questa domanda è preoccupante: il tempo che i genitori trascorrono con i propri figli è veramente insufficiente. Analizzando poi nel dettaglio le tipologie di giochi (Figure 5, 6 e 7) cui i ragazzi si dedicano di preferenza, emergono le maggiori differenze tra le due aree geografiche. 9 150 122 113 100 75 78 70 72 44 38 14 0 videogames giochi società altro niente nord sud Figura 5 – A che cosa giocate? Secondo i dati espressi in tabella (Figura 5 – A che cosa giocate?) i videogames prevalgono al Sud (40%, contro il 28% al nord) mentre al Nord si preferiscono i giochi di società (48,8%, contro il 31,2% al sud). Al Sud è alta (28,8%) la percentuale di chi dichiara di giocare con “altro”; mentre al Nord è più esigua (5,6%). Dato preoccupante: il 17,6% di intervistati (Nord), che dichiara di non giocare a niente. I giochi in scatola (Figura 6 – Giocate mai ai giochi in scatola?) sono più diffusi al Nord (SI: 71,6%; NO: 28,4%) che al Sud (SI: 54,4%; NO: 45,6%); 200 179 150 136 114 100 71 50 0 si no nord sud Figura 6 – Giocate mai ai giochi in scatola? 10 e sono più conosciuti al Nord che al Sud (sono stati indicati soltanto 3 giochi) come evidenziato nella tabella seguente (Figura 7 – Sapresti indicare i nomi di almeno 5 giochi in scatola a cui hai giocato o che conosci bene?) non conosco cuponk twister tabu pictureka saltimente labirinto scacchi trivial risiko gioco dell'oca indovina chi cluedo monopoly 0 38 75 113 150 sud nord Figura 7 – Sapresti indicare i nomi di almeno 5 giochi in scatola a cui hai giocato o che conosci bene? Infine, le ultime due domande (Figure 8 e 9) poste agli intervistati hanno riguardato la percezione che gli stessi hanno del tempo che i genitori trascorrono con loro. Alla domanda se il tempo trascorso con i genitori fosse per loro sufficiente (Figura 8 – Il tempo che trascorri giocando con i tuoi genitori è sufficiente?) ha risposto NO una rilevante percentuale sia al Nord (74%) sia al Sud (55,6%). Questo denota, a nostro avviso, un bisogno non soddisfatto dei bambini: giocare con i propri genitori. 11 170 165 139 128 111 85 85 43 0 si nord sud no Figura 8 – Il tempo che trascorri giocando con i tuoi genitori è sufficiente? Alla domanda sull’importanza di trascorrere del tempo giocando in famiglia (Figura 9 – Pensi sia utile e importante trascorrere del tempo giocando in famiglia?) ha risposto SI il 75,2% al Nord e il 64,8% al Sud. 200 188 162 150 100 88 62 50 0 si no nord sud Figura 9 – Pensi sia utile e importante trascorrere del tempo giocando in famiglia? 12 Conclusioni In chiusura della nostra analisi proviamo a definire alcuni punti fermi utili per ulteriori spunti di riflessione. Giochi preferiti: videogiochi e giochi di società. La diversa area geografica segna certamente un discrimine tra i ragazzi intervistati, con una preferenza dei primi al sud e dei secondi al nord. Tuttavia, a prescindere dalla dimensione geografica, l’analisi di questo dato nel suo complesso è importante perché pone in evidenza due categorie di giochi a prima vista in contrasto tra loro. I videogiochi evocano una situazione di consumo individuale, da una postazione; non sono giochi che prevedono movimento; si giocano sostanzialmente al chiuso (anche se la portabilità della console, dalla PSP ai game–boy Nintendo può configurare il consumo di videogiochi anche all’aria aperta). I giochi di società, invece, sono propri di una situazione collettiva, possono basarsi sul movimento e sulla realizzazione all’aperto (si pensi alla caccia al tesoro). In una prospettiva pedagogica, videogiochi e giochi di società sono agli antipodi: verso gli uni ci sono molte riserve, si ritiene che non favoriscano la socializzazione, che per i loro contenuti producano valorizzazione ed emulazione di quadri tendenzialmente negativi; degli altri si è soliti sottolineare il valore formativo del sacrificarsi per il collettivo, rispettare i compagni, educarsi ad accettare le regole e la sconfitta. Logiche ed esperienze diversissime. Eppure i ragazzi li scelgono entrambi. Perché? Tra le tante possibili ipotesi di spiegazione ne isoliamo due. In primo luogo, in entrambi i casi, il plot c’è già: la struttura narrativa, la sceneggiatura del gioco, con tutte le mosse che i giocatori sono chiamati a fare, è predisposta. Nel videogioco è la logica della conversazione che esso contiene, con i suoi mandati pragmatici (ti richiede di acquisire certe competenze, se vuoi essere capace di svolgere la performance e di meritare una sanzione positiva); nel gioco di società sono il regolamento e gli schemi di azione. Questo rende il gioco un’attività facile, familiare, ripetitiva, senza chiedere particolari sforzi all’immaginazione o alla costruzione. D’altra parte, tanto nel videogioco quanto nel gioco di società il fare è al centro dell’azione e risponde alla stessa logica agonistica: c’è competizione, si vince e si perde, ci si confronta, c’è il senso della sfida e della lotta. In secondo luogo, contrariamente a quanto temuto e annunciato, il videogioco non toglie spazio agli altri giochi. Al contrario, old e new games, giochi individuali e giochi sociali convivono in uno stesso contesto modificando/integrando 13 le abitudini di consumo dei ragazzi senza però sovrapporsi gli uni agli altri. Per usare una metafora alimentare, la dieta è molto articolata e questo forse tranquillizza le ansie dell’adulto (eccessivamente) preoccupato che la tecnologia saturi il tempo dei più giovani. Interazione con gli adulti. La ricerca restituisce un quadro ancora una volta in linea con i dati più recenti sul tema: l’adulto, genitore, tendenzialmente non condivide il gioco con il minore, anche quando ne condivide il tempo (come le mamme al parco). Nel caso dei videogiochi, i genitori controllano il tempo ma non i contenuti, con il risultato che i ragazzi ricevono regole nel non protrarre il tempo del gioco oltre un certo limite, ma in compenso hanno la massima libertà di giocare con qualsiasi tipo di gioco. Infine, l’attività di controllo decresce con il crescere dell’età dei ragazzi cosicché più sono grandi e meno si ritiene che siano da controllare. Il rovescio della medaglia è dato dalla richiesta/bisogno dei figli di passare più tempo con i genitori. I dati emersi non danno adito a dubbi. I ragazzi percepiscono come insufficiente il tempo loro dedicato dai genitori e un programma televisivo guardato assieme non vale certo a rimpiazzare una partita al pallone o qualsiasi altra esperienza ludica familiare. Hanno collaborato: Laura Scorti, Miriana Terlizzi, Imma Zoppi, Ivano Zoppi. ©2011 Pepita onlus. All rights reserved. 14